Corso Di Chimica Analitica e Complementi Di Chimica

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Corso di Chimica analitica e Complementi di chimica Dott.ssa Claudia Pelosi UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELLA TUSCIA FACOLTA’ DI CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI CORSO TRIENNALE IN BENI CULTURALI DISPENSE PER CHIMICA ANALITICA COMPLEMENTI DI CHIMICA 5 CFU DOTT.SSA CLAUDIA PELOSI 1

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Dott.ssa Claudia Pelosi

UNIVERSITA DEGLI STUDI DELLA TUSCIA FACOLTA DI CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI CORSO TRIENNALE IN BENI CULTURALI

DISPENSE PER CHIMICA ANALITICA COMPLEMENTI DI CHIMICA 5 CFU DOTT.SSA CLAUDIA PELOSI

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INTRODUZIONEI primi 5 CFU del corso di Chimica analitica e Complementi di chimica hanno lo scopo di fornire le conoscenze e i concetti di base della chimica moderna indispensabili per approfondire lo studio dei materiali di interesse storico-artistico e archeologico con i quali lo studente del corso triennale in Beni culturali si trover ad operare. Il campo della conservazione e del restauro si trova ad affrontare i materiali pi svariati: inorganici e organici, elementi semplici e composti dalla struttura complessa, sostanze naturali e di sintesi, prodotti di alterazione che si originano da trasformazioni chimicofisiche della materia. quindi indispensabile conoscere le propriet fondamentali della materia e le sue principali trasformazioni sia per affrontare correttamente lo studio di un manufatto di interesse storico-artistico e archeologico, ma anche per programmare nella maniera migliore la sua conservazione nel tempo. Le conoscenze di base fornite dai primi 5 CFU sono necessarie per lo sviluppo della seconda parte del corso di Chimica analitica che verter sullo studio delle principali tecniche di indagine impiegate nel settore dei beni culturali. Il corso di Chimica analitica, partendo da queste premesse, sar quindi articolato in una serie di argomenti fondamentali, che saranno di seguito elencati, con esempi e riferimenti ai settori di interesse dello studente in Beni Culturali. Il corso partir dalla conoscenza e la lettura della tabella periodica degli elementi, strumento fondamentale del chimico per affrontare poi la materia e le sue propriet. Nel primo capitolo, infatti, verranno fornite le basi per luso della tabella periodica insieme con alcuni concetti generali quali le unit di misura internazionali, le espressioni delle concentrazioni e la struttura dellatomo. Largomento successivo sar costituito dai legami chimici che, unendo gli elementi, portano alla formazione dei composti e quindi a tutte le forme di materia che noi conosciamo; anche in questo caso gli esempi saranno riferiti ai beni culturali. In questa parte del corso (capitolo 2) verranno forniti anche i concetti fondamentali legati alle geometrie molecolari con esempi di composti inorganici e organici; , infatti, particolarmente importante conoscere, anche se in maniera generale, il legame che esiste tra le strutture molecolari e le propriet e applicazioni dei diversi materiali. Largomento successivo, trattato nel capitolo 3, sar a questo punto logicamente costituito dalle forme di aggregazione dei composti chimici, ovvero gli stati della

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materia: gassoso, liquido, solido. Nel capitolo 4 verranno forniti alcuni concetti di base della termodinamica, una parte della chimica molto importante per comprendere la stabilit dei sistemi chimico-fisici e delle leggi che regolano gli equilibri. Nel capitolo 5 verranno trattati gli equilibri acido-base, il significato dei pH, la sua misura e alcuni esempi di titolazioni acido-base. Nel capitolo 6 saranno affrontati gli equilibri chimici in sistemi eterogenei: equilibri di solubilit; equilibri di ossido-riduzione. In questo capitolo verranno dati anche alcuni concetti di base di elettrochimica, sia per comprendere il funzionamento di alcuni semplici strumenti di laboratorio, come il pH-metro, sia per comprendere fenomeni importanti come quello della corrosione dei metalli. Lo studio degli equilibri eterogenei molto importante per il settore dei beni culturali, perch strettamente connesso sia con le trasformazioni e le alterazioni che i materiali possono subire sia come metodi applicabili nel restauro. Infine, il settimo e ultimo capitolo stato dedicato alla chimica organica e fornisce alcuni concetti di base per comprendere questa grande branca della chimica. In questo capitolo sono trattati anche i polimeri sia di sintesi che naturali (proteine, polisaccaridi, lipidi) e alcuni materiali organici importanti per il settore dei beni culturali (cere e resine naturali).

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CAPITOLO 1 1.1 Elementi chimici e tabella periodica degli elementi La chimica la scienza che studia le propriet delle sostanze e delle reazioni che le trasformano in altre sostanze. Il metodo scientifico seguito nella chimica, come in altre scienze, per verificare una ipotesi che, sottoposta a prove rigorosamente controllate negli esperimenti, si trasforma in legge scientifica quando riesce a mantenersi valida in tutte le prove effettuate. Due tradizioni si intrecciano lungo la storia della chimica: lanalisi (attraverso la decomposizione delle sostanze) e la sintesi (attraverso lunione delle sostanze). La chimica parte dunque dal processo di analisi ovvero di determinazione della materia. La materia si presenta in vari stati (liquido, solido, gas) e pu essere eterogenea o omogenea a seconda che presenti rispettivamente zone con propriet differenti o uguali in ogni punto (Figg. 1-3)

Fig. 1 Classificazione della materia in base alle sue propriet caratteristiche (da R.C. Smoot, J.S. Price, R.G. Smith, D. Cacciatore, Corso di Chimica Moderna, Le Monnier, 1991).

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Fig. 2 Esempio di un materiale eterogeneo (da R.C. Smoot, J.S. Price, R.G. Smith, D. Cacciatore, Corso di Chimica Moderna, Le Monnier, 1991).

La fase una porzione di materia che presenta propriet costanti in ogni suo punto (Fig. 3).

Fig. 3 Esempio di sistemi eterogenei costituiti da pi fasi (da R.C. Smoot, J.S. Price, R.G. Smith, D. Cacciatore, Corso di Chimica Moderna, Le Monnier, 1991).

Le sostanze sono costituite da elementi i quali non possono essere ulteriormente decomposti in entit pi piccole se non attraverso il decadimento radioattivo o le reazioni nucleari che sono in grado di trasformare un elemento in un altro. Il termine composto in chimica viene utilizzato per indicare sostanze costituite da due o pi elementi. Gli atomi che costituiscono gli elementi chimici e quindi la materia non sono entit indivisibili ma sono costituite da particelle pi piccole, levidenza delle quali si ebbe dagli studi effettuati a cavallo tra il 1800 e il 1900 sugli effetti di campi elettrici

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sufficientemente intensi sugli atomi e le molecole. Nel 1897 il fisico britannico J.J. Thomson condusse una serie di esperimenti schematizzati in fig. 4.

Fig. 4 - Un apparecchio come quello usato da Thomson nel 1897 per scoprire lelettrone (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Quando si applica una differenza di potenziale tra gli elettrodi montati in un tubo di vetro con vuoto parziale, lo spazio tra gli elettrodi diventa luminescente. Thomson mostr che tale scarica luminosa consisteva di un fascio di particelle identiche cariche negativamente ora chiamate elettroni. Egli riusc a determinarlo deflettendo il fascio di particelle con campi elettrici e magnetici. Lesperimento di Thomson permise di determinare soltanto il rapporto carica/massa. Nel 1906 il fisico americano Robert Millikan con il suo studente H. A. Fletcher misur il valore assoluto della carica elettrica elementare con un elegante esperimento. Il valore oggi accettato per la carica elementare, ovvero la carica dellelettrone, e = 1,6021773 x 10-19 C. Il valore della massa dellelettrone me = 9,109390 x 10-31 kg. Quasi contemporaneamente alla scoperta dellelettrone, Henri Becquerel scopr la radioattivit il processo per cui certi atomi si disintegrano spontaneamente. Egli scopr che gli atomi di uranio sono radioattivi. Poco pi tardi Marie e Pierre Curie scoprirono altri elementi radioattivi come il radio, il polonio. Fu scoperto che le radiazioni emesse dalle sostanze radioattive sono di tre tipi: Nome originale Raggi Raggi Nome moderno Particelle Massa* 4,00 Carica +2 -1

Particelle (elettroni) 5,49x10-4

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Raggi

raggi

0

0

*in unit di massa atomica

Nel 1911 Ernest Rutherford e un suo studente, Ernest Marsden, allestirono un esperimento in cui un sottile foglio doro veniva bombardato con particelle . La maggior parte delle particelle passava senza apprezzabile deflessione attraverso il foglio. Alcune venivano deflesse solo leggermente, passando vicino ad un nucleo contenuto nel foglio, e solo poche erano deflesse allindietro, quando collidevano direttamente con il nucleo. Quindi Rutherford scopr che un atomo prevalentemente spazio vuoto e che la carica positiva e praticamente tutta la massa si trovano concentrate in un volume molto piccolo al centro dellatomo, che chiam nucleo. Rutherford scopr in seguito che la carica positiva in un atomo dovuta ai protoni, particelle subatomiche con carica uguale a quella degli elettroni ma di segno opposto e massa pari a circa 1836 volte la massa di un elettrone. Nel 1920 Ernest Rutherford propose lesistenza dei neutroni per spiegare la massa osservata del nucleo dellatomo. Nel 1932 James Chadwick verific sperimentalmente che nel nucleo vi era un altro tipo di particella con praticamente la stessa massa del protone ed elettricamente neutra. Rutherford propose quindi un modello atomico in cui il nucleo possiede una carica complessiva pari a +Ze con Z elettroni attorno al nucleo ad una distanza di circa 10-10 m. Questo tuttora il modello base accettato per la struttura atomica. Le propriet della materia si originano dalla carica +Ze del nucleo e dalla presenza di Z elettroni attorno al nucleo. Il numero Z si chiama numero atomico dellelemento. Il numero di massa invece rappresenta il totale di protoni pi neutroni e viene indicato con la lettera A. Molti elementi sono formati da due o pi isotopi, atomi che contengono lo stesso numero di protoni ma un diverso numero di neutroni. Per esempio, nel caso dellidrogeno lisotopo pi comune contiene un protone e un elettrone (H). C un altro isotopo, meno comune, che contiene un protone, un elettrone e un neutrone: questo isotopo pi pesante detto comunemente deuterio ed indicato con il simbolo D.

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Il peso atomico di ciascun elemento dato dalla somma dei pesi di ciascun isotopo, ciascuno moltiplicato per la sua abbondanza naturale.

(Da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Ad esempio il peso atomico del cloro si calcola nel modo seguente: peso atomico Cl = 34,97 (75,77/100) + 36,97 (24,23/100) = 35,45 Il numero dei composti chimici noti molto ampio e continua ad aumentare rapidamente con la ricerca. Il numero delle reazioni chimiche di questi composti praticamente illimitato, certamente il loro studio agevolato dallosservazione che le propriet degli elementi mostrano delle regolarit che permettono di classificarli in famiglie i cui membri manifestano propriet chimiche e fisiche simili. Gli elementi sono elencati secondo il numero atomico Z e proprio in funzione di Z ricorrono regolarmente i comportamenti chimici degli elementi. La legge periodica dice che: LE PROPRIETA CHIMICHE DEGLI ELEMENTI SONO FUNZIONI PERIODICHE DEL NUMERO ATOMICO Z

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Quindi gli elementi possono essere sistemati in una tabella, detta Tavola Periodica, che visualizza immediatamente le similarit chimiche (fig. 5).

Fig. 5 Tavola periodica degli elementi

La tavola periodica ordina gli elementi in gruppi (sistemati verticalmente) e in periodi (sistemati orizzontalmente). Vi sono otto gruppi di elementi principali (IA-VIIIA), dieci gruppi (tre periodi) di elementi metallici di transizione, un periodo di elementi con numero atomico da 57 a 71 detti terre rare o lantanidi e un periodo di elementi con numero atomico da 89 a 103 chiamati attinidi che risultano poco stabili e generalmente devono essere preparati artificialmente. Gli elementi sono classificati come metalli o non metalli in base alla presenza o assenza di lucentezza metallica, di una buona o scarsa capacit di condurre elettricit e calore, la malleabilit o la fragilit. Alcuni elementi presentano caratteristiche in parte simili ai metalli (antimonio, arsenico, boro, silicio e tellurio) e per questo vengono anche detti semimetalli o metalloidi. Le propriet fisiche e chimiche degli elementi variano sistematicamente lungo la tavola periodica; importanti propriet fisiche sono: il punto di fusione, il punto di ebollizione,

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la conducibilit termica ed elettrica, la densit, le dimensioni atomiche, la variazione di energia che si ha quando si aggiunge o si rimuove un elettrone dallatomo neutro. Storicamente la tavola periodica degli elementi fu introdotta nel 1869-1870 dal russo Dmitri Mendeleev insieme al chimico tedesco Lothar Mayer, quando si conoscevano appena un terzo degli elementi oggi noti. 1.2 Concetto di mole Le masse atomiche sono costituite da una serie di numeri relativi i cui valori assoluti dipendono da uno standard definito, la massa dellisotopo 12C. Ad essa viene assegnata la massa esatta 12 ed 1/12 di questa massa viene definito unit di massa atomica unificata, abbreviata u. Lunit di massa atomica unificata viene anche chiamata dalton in onore di uno dei chimici pi importanti della storia. stato determinato sperimentalmente che una mole di qualsiasi sostanza contiene 6,022x1023 unit formula. Questo numero detto numero di Avogadro, da Amedeo Avogadro, uno scienziato italiano (1776-1856) che fu tra i primi sostenitori della teoria atomica. La definizione ufficiale di mole secondo il Sistema Internazionale di misura (SI) : LA MOLE LA QUANTIT DI SOSTANZA DI UN SISTEMA CHE CONTIENE TANTE ENTIT ELEMENTARI QUANTI SONO GLI ATOMI PRESENTI IN 0,012 KG ESATTI DI CARBONIO-12. QUANDO SI USA LA MOLE DEVONO ESSERE SPECIFICATE LE ENTIT ELEMENTARI, CHE POSSONO ESSERE ATOMI, MOLECOLE, IONI, ELETTRONI, ALTRE PARTICELLE PARTICELLE In altre parole una mole di sostanza la quantit di materia che contiene un numero di Avogadro di particelle che possono essere atomi, molecole, ioni, elettroni, ecc., (fig. 6). O GRUPPI DIVERSAMENTE SPECIFICATI DI TALI

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A F G E D C B

Fig. 6 Quantit corrispondenti ad una mole di varie sostanze. A: grafite (C); B: permanganato di potassio (KMnO4); C: solfato di rame pentaidrato (CuSO4 5H2O); D: rame (Cu); E: cloruro di sodio (NaCl); F: bicromato di potassio (K2Cr2O7); G: antimonio (Sb), (da David W. Oxtoby, H.P. Gillis, Norman H. Nachtrieb, Chimica Moderna, EdiSES, 2001).

1.3 Sistema Internazionale di misura Il sistema di misura standard, adottato su scala mondiale, conosciuto come Systme International dUnits. Le unit fondamentali da cui derivano tutte le altre sono: per la lunghezza il metro (m) per la massa il kilogrammo (kg) per il tempo il secondo (s) per la corrente elettrica lampere A per la temperatura il kelvin (K) per la quantit di sostanza la mole (mol) Le rimanenti grandezze fisiche (come energia, forza, carica, intensit di un campo magnetico, ecc.) vengono espresse in base alle unit fondamentali. La densit di un materiale, in particolare, una grandezza derivata che si ottiene dal rapporto tra la massa e il volume: massa densit = volume

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La massa generalmente nei calcoli chimici si esprime in grammi (g) mentre il volume in centimetri cubici (cm3) oppure millilitri (ml). Quindi la desnit sar espressa in grammi su centimetrocubo (g/cm3) 1.4 Espressioni della concentrazione Per concentrazione si intende la quantit di una sostanza contenuta in un determinato volume o in una determinata massa. Per esprimere la composizione di materiali che non siano costituiti da un singolo elemento o composto puro si impiegano quattro tipi fondamentali di espressioni: Misure massa-su-massa (m/m) Misure massa-su-volume (m/v) Misure volume-su-volume (v/v) Misure numero-su-volume (M,N) Misure massa-su-massa Una misura massa-su-massa esprime il rapporto fra la massa di un componente e la massa complessiva del campione. La massa percentuale, abbreviata in m% o %(m/m), il rapporto, espresso in percentuale, fra la massa di un componente e la massa complessiva del campione. La percentuale %(m/m) viene denominata parti per cento. Frazioni pi piccole vengono indicate utilizzando le parti per mille (ppt, ), le parti per milione (ppm), le parti per bilione (ppb) e le parti per trilione (pptr). Dicendo una parte per milione, ad esempio, si intende che un grammo della sostanza in questione presente in un milione di grammi di soluzione o di miscela totale ppt = g di sostanza/g di campione ppm = ng di sostanza/g di campione pptr = pg di sostanza/g di campione Misura massa-su-volume Una misura massa-su-volume esprime il rapporto fra la massa di un componente e il volume totale del materiale. Dal momento che la densit dei solventi varia con la temperatura, una misura precisa massa-su-volume dipende dalla temperatura della soluzione.

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Misura volume-su-volume Una misura volume-su-volume esprime il rapporto fra il volume di un componente e il volume totale del materiale. Di solito questa unit di espressione della concentrazione viene utilizzata per miscele di sostanze che sono tutte allo stato liquido, ad esempio miscele di solventi utilizzati nella pulitura. Dal momento che la densit dei solventi varia con la temperatura, una misura precisa massa-su-volume dipende dalla temperatura della soluzione. Misure numero-su-volume: MOLARIT (M) e NORMALIT (N) Lunit pi frequentemente utilizzata per esprimere la concentrazione la molarit (M, moli per litro). Come gi visto, una mole si definisce come il numero di atomi di 12C contenuti in 12 g esatti di 12C. Questo numero di atomi detto numero di Avogadro ed il valore attualmente riconosciuto 6.0221438 1023. Il peso molecolare (P.M.) di una sostanza il numero di grammi che contengono un numero di Avogadro di molecole. Il peso molecolare si ottiene sommando i pesi atomici degli atomi costituenti. I termini massa e peso sono in genere utilizzati indifferentemente anche se il peso si riferisce alla forza esercitata da una massa in un campo gravitazionale. Molarit (M) Si prepara una soluzione sciogliendo 12,00 g di benzene, C6H6, in una quantit di esano sufficiente a dare 250,0 ml di soluzione. Trovare la molarit del benzene. P.M. del benzene = 6 (peso atomico del carbonio) + 6 (peso atomico dellidrogeno) = 6 (12,011) + 6 (1,008) = 78,114 g/mol Lunit relativa al peso molecolare, ovvero grammi per mole, spesso non viene espressa ma semplicemente sottintesa. Il numero di moli in 12,00 g : 12,00 g/ 78,114 g/mol = 0,1536 mol La molarit (moli per litro) si ottiene dividendo il numero di moli per il numero di litri: 0,1536 mol/0,250 L = 0,6144 M

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Normalit (N) La normalita viene usata nelle reazioni acido-base e in quelle di ossido-riduzione ed una misura di equivalenti. Il numero di equivalenti presenti in una mole di acido o di base il numero di moli di protoni che pu essere donato o accettato da una mole dellacido o della stessa base. La normalit di una soluzione pu essere messa in relazione alla molarit moltiplicando il valore della molarit per il numero di equivalenti presenti in una mole: normalit = molarita x numero di equivalenti mole-1 Per le reazioni acido-base: normalit = molarit x numero di protoni donati o accettati mole-1 Ad esempio lacido acetico, CH3COOH pu donare un protone: CH3COOH + H2O H3O+ + CH3COOUna mole di acido acetico presenta un solo equivalente di protoni da donare in acqua quindi la normalit uguale alla molarit. Invece lacido solforico, un acido forte con formula H2SO4, pu donare due protoni ad una base; una soluzione 1M di acido solforico contiene due equivalenti di protoni ed perci una soluzione 2 normale (2N). Un beneficio dellutilizzo della normalit come misura di concentrazione che non necessario conoscere esattamente i meccanismi delle reazioni coinvolte, ma solo il loro effetto. Per esempio, in certe soluzioni molto complesse, difficile scrivere le equazioni delle reazioni coinvolte. Invece, usando la normalit possibile standardizzare il reagente per trovare gli equivalenti di protoni o elettroni in un dato volume. 1.5 Struttura dellatomo Come abbiamo gi visto latomo costituito da un nucleo che contiene particelle elementari quali protoni e neutroni e da un numero variabile di elettroni disposti intorno al nucleo. Gli elettroni sono collocati in zone dello spazio che in base alla meccanica quantistica sono denominati orbitali. Lorbitale non altro che una funzione matematica (detta funzione donda) che esprime la probabilit di trovare lelettrone in un particolare punto dellatomo. Lespressione matematica della funzione donda data dallequazione fondamentale della meccanica quantistica, ovvero lequazione di Schrdinger, scoperta dal fisico austriaco Erwin Schrdinger nel 1925.

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Questa equazione tiene conto sia della natura ondulatoria delle particelle1 sia del principio di indeterminazione di Heisenberg2. Le funzioni donda vengono indicate di solito con la lettera greca psi, , e sono in relazione alla posizione dellelettrone. Il quadrato della funzione donda, 2, fornisce la densit di probabilit di trovare lelettrone in un certo volume intorno allatomo, definito dallorbitale. Quindi non possibile localizzare lelettrone con precisione ma si pu stabilire solo con quale probabilit esso si trovi in una certa regione (fig. 7).

Fig. 7 Nella figura mostrato il grafico di 21s in funzione di r. Anche se maggiore la probabilit di trovare lelettrone vicino al nucleo, la funzione donda non si azzera completamente allaumentare di r. Esiste quindi una probabilit non nulla di trovare lelettrone a qualunque distanza dal nucleo. La freccia indica la distanza oltre cui c solo una probabilit su cento di trovare lelettrone. Nella figura, inoltre, sono mostrate due diverse possibilit di rappresentare lorbitale, o funzione donda, 1s dellidrogeno. La sfera delimita il volume entro cui la probabilit di trovare lelettrone del 99%. (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991) La luce sembra avere talvolta natura ondulatoria, talvolta corpuscolare, per questo si parla di dualismo onda-particella. Nel 1924 Louis de Broglie propose che anche la materia, che presenta certamente natura corpuscolare, in certe condizioni potrebbe manifestare anche propriet ondulatorie. De Broglie propose che sia la luce che la materia seguano lequazione: = h/mv dove m la massa della particella e v la sua velocit. 2 Alla met degli anni 20, Werner Heisenberg, un fisico tedesco, dimostr che non era possibile misurare accuratamente sia la posizione che il momento (mv, massa per velocit) di una particella nello stesso istante. Heisenberg dimostr che se x la distanza entro cui localizzata una particella e p lintervallo dei valori del suo momento, queste due grandezze sono correlate dalla relazione: (x)(p) h Il principio di indeterminazione di Heisenberg importante solo per particelle molto piccole (atomi e particelle subatomiche).1

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Il numero intero n, che specifica lenergia dellelettrone in un atomo di idrogeno detto numero quantico. Per specificare le funzioni donda sono necessari tre numeri quantici indicati con n, l e ml. Il numero quantico n detto numero quantico principale ed sufficiente per determinare lenergia dellelettrone in un atomo di idrogeno; ha valori n=1, 2, 3, 4, ...La funzione donda che descrive lo stato fondamentale dellatomo di idrogeno dipende dalla distanza dellelettrone dal protone e pu essere descritta come (r), dove r la distanza dellelettrone dal nucleo. La densit di probabilit per lelettrone dellatomo di idrogeno viene indicata come 21s(r) e siccome dipende solo dal valore di r e non dalla direzione di r nello spazio, si dice che 21s(r) ha simmetria sferica. Il numero quantico principale n specifica le dimensioni di un orbitale (fig. 8).

Fig. 8 Le superfici che delimitano i volumi entro cui si ha la probabilit del 99% di trovare lelettrone per gli orbitali 1s, 2s e 3s. I raggi delle sfere stanno in un rapporto di circa 1:2:5, quindi evidente che n determina le dimensioni, ovvero lestenzione spaziale, di un orbitale (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Il numero quantico l, invece, specifica la forma di un orbitale e viene chiamato numero quantico azimutale. La risoluzione dellequazione di Schrdinger limita i valori di l a 0, 1, 2, 3, ..., n-1. I valori permessi di l dipendono dal valore di n in base al seguente schema: n=1 l=0 n = 2 l = 0, 1 n = 3 l = 0, 1, 2 n = 4 l = 0, 1, 2, 3 .... ....

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I valori di l vengono indicati mediante lettere: l denominazione 0, 1, 2, 3, ... s, p, d, f, ...

Le lettere s, p. d, f, stanno per sharp (distinto), principal (principale), diffuse (diffuso) e fondamental (fondamentale). Gli orbitali vengono indicati scrivendo prima il valore numerico di n e quindi la lettera corrispondente al valore di l. Esempi: n=1 l=0 n=2 l=1 n=3 l=2 n=4 l=3 orbitali 1s orbitali 2p orbitali 3d orbitali 4f

Molti orbitali hanno superfici sulle quali la densit di probabilit scende a zero: tali superfici si chiamano superfici nodali (fig. 9).

Fig. 9 Nella figura mostrato il grafico di 22s in funzione di r e la rappresentazione a densit di punti di un orbitale 2s. La distanza a cui si annulla la funzione donda indica una superficie nodale sferica dellorbitale (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Quando n=2 bisogna considerare anche gli orbitali 2p. La caratteristica pi evidente dellorbitale p che esso non ha simmetria sferica. Visto lungo lasse z, lorbitale 2p

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mostra una simmetria cilindrica rispetto al suo asse principale (fig. 10). Il piano xy una superficie nodale per gli orbitali 2p orientati lungo lasse z. Un orbitale 3p differisce da un orbitale 2p in quanto pi grande (in quanto n maggiore) e con pi superfici nodali.

Fig. 10 Due illustrazioni di un orbitale 2p: (a) rappresentazione a densit di punti; (b) la superficie che delimita il volume entro cui esiste la probabilit del 99% di trovare lelettrone 2p. (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Il terzo numero quantico, ml, detto numero quantico magnetico, determina lorientamento spaziale dellorbitale. Risulta che il numero quantico magnetico pu assumere solo i valori l, l-1, l-2, ......, 1, 0, -1, -2, ..., -l. I valori permessi di ml dipendono dal valore di l in base al seguente schema: l=0 l=1 l=2 l=3 .... ml = 0 ml = 1, 0, -1 ml = 2, 1, 0, -1, -2 ml = 3, 2, 1, 0, -1, -2, -3 ....

Quindi per l = 0, ovvero per gli orbitali s, ml pu assumere un solo valore pertanto possibile una sola orientazione spaziale, si ha un solo orbitale. 18

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Per l = 1, ovvero per gli orbitali p, ml pu assumere tre valori pertanto sono possibili tre orientazioni spaziale, si hanno tre orbitali, indicati con px, py e pz (fig. 11).

Fig. 11 Ciascuno dei tre orbitali p ha la stessa forma, ma i loro orientamenti spaziali sono diversi perch hanno lo stesso numero quantico azimutale ma diversi numeri quantici magnetici (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Nel 1926 Wolfang Pauli, un giovane fisico tedesco, intu che lo sdoppiamento osservato per alcune righe degli spettri atomici poteva essere spiegato se lelettrone fosse esistito in due stati diversi. Poco dopo due scienziati olandesi, George Uhlenbeck e Samuel Goudsmit, identificarono questi due differenti stati dellelettrone con una sua propriet detta spin elettronico intrinseco. Ci significa che lelettrone ruota su se stesso in una delle due direzioni attorno al suo asse. Lo spin intrinseco dellelettrone introduce un quarto numero quantico detto numero quantico di spin, che si indica con ms. Esso determina lo stato di spin dellelettrone e pu assumere valore +1/2 o -1/2. Nellidrogeno lenergia dipende solo dal numero quantico principale e quindi orbitali con lo stesso valore di n hanno la medesima energia. Negli atomi polielettronici, lenergia degli orbitali dipende sia dal numero quantico n che dal numero quantico azumutale l: orbitali con lo stesso valore di n ma con valori diversi di l hanno perci energia diversa (fig. 12). Nel 1926 Wolfang Pauli propose che nello stesso atomo non potessero esistere due elettroni con la stessa serie di numeri quantici, principio noto oggi come principio di esclusione di Pauli. In pratica, in base a questo principio non possibile che i numeri quantici di spin degli elettroni di un dato orbitale assumano lo stesso valore: se cos fosse gli elettroni avrebbero la stessa serie dei quattro numeri quantici. Quindi in ciascun orbitale possono esistere due soli elettroni con spin opposto. 19

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Il livello n = 1 viene chiamato K ed completo con 2 elettroni. Il livello n = 2 viene chiamato L, per esso sono possibili 2 valori di l, 0 e 1. Il valore l = 0 corrisponde allorbitale 2s che pu contenere due elettroni con spin opposto. Il valore l = 1 corrisponde a tre orbitali 2p ciascuno dei quali pu contenere due elettroni con spin opposto per un totale di sei elettroni. Il livello n = 3 viene chiamato M e pu contenere in totale 18 elettroni. Il gruppo di orbitali individuati dai valori di l allinterno dei livelli principali si chiamano sottolivelli.

Fig. 12 Energie relative di orbitali atomici. (a) Nellidrogeno lenergia dipende solo dal numero quantico principale e quindi orbitali con lo stesso valore di n hanno la medesima energia. (b) Negli atomi polielettronici lenergia degli orbitali dipende sia dal numero quantico n che dal numero quantico l pertanto orbitali con lo stesso valore di n ma valori diversi di l hanno energia diversa (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

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La disposizione degli elettroni negli orbitali di un atomo si chiama configurazione elettronica di quellatomo. Ad esempio lelio ha configurazione elettronica 1s2. Per poter predire le configurazioni elettroniche degli stati fondamentali dei vari elementi occorre, infine, considerare la regola di Hund: per ogni insieme di orbitali con la stessa energia, cio per ogni sottolivello, la configurazione elettronica dello stato fondamentale si ottiene sistemando gli elettroni in orbitali differenti dello stesso sottolivello con spin paralleli. Inoltre non vi saranno orbitali con due elettroni fino a che tutti ne conterranno uno. Questa configurazione corrisponde ad una condizione di energia minore e quindi pi stabile. Gli orbitali occupati a pi alta energia sono gli orbitali d per i metalli di transizione e gli orbitali f per i lantanidi e gli attinidi. Nella prima serie di transizione si assiste al riempimento progressivo dei cinque orbitali 3d. Per questo la prima serie dei metalli di transizione viene anche detta serie dei metalli di transizione 3d (fig.13).

Fig. 13 Tavola periodica con lindicazione di quali orbitali vengono riempiti dagli elettroni di valenza di ciascun elemento. I blocchi di elementi con lo stesso colore hanno uguali sottolivelli elettronici di valenza (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

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scandio titanio vanadio cromo manganese ferro cobalto nichel rame zinco

[Ar]4s23d1 [Ar]4s23d2 [Ar]4s23d3 [Ar]4s13d5 [Ar]4s23d5 [Ar]4s23d6 [Ar]4s23d7 [Ar]4s23d8 [Ar]4s13d10 [Ar]4s23d10

Il riempimento sistematico degli orbitali di un atomo con elettroni, cominciando con lorbitale a minore energia e proseguendo a salire, tenendo in considerazione i principi e le regole su esposte, viene detto principio dellaufbau (fig. 14).

Fig. 14 Tavola periodica con lindicazione delle configurazioni elettroniche dello stato fondamentale degli elettroni di valenza degli elementi. Sopra ciascun gruppo indicata la configurazione elettronica esterna generale del gruppo stesso (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

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Poich gli elettroni sono distribuiti intorno al nucleo in modo diffuso, un atomo non presenta contorni netti e precisi. Tuttavia possibile proporre una definizione operativa di raggio atomico basata su modelli concreti. Il raggio atomico ottenuto dalla misura delle distanze interatomiche di elementi in forma cristallina (quindi con strutture ordinate) vengono chiamati raggi cristallografici. I raggi cristallografici degli elementi dal litio al fluoro diminuiscono uniformemente da sinistra a destra perch la carica nucleare aumenta e lungo la riga della tavola periodica ed attrae pi fortemente gli elettroni. I raggi cristallografici dei metalli alcalini aumentano scendendo nella tavola periodica dal litio al cesio. In questo caso la carica nucleare aumenta ma gli elettroni pi esterni vanno ad occupare nuovi strati e questo effetto ha un peso maggiore dellaumento dellattrazione nucleare.

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CAPITOLO 2 2.1 Tipi di legame chimico I legami chimici possono essere suddivisi in due grandi categorie ovvero i legami di tipo intramolecolare che si formano tra gli atomi e portano alla formazione delle molecole, e i legami di tipo intermolecolare che tengono unite le molecole e sono responsabili delle varie strutture della materia. LEGAMI INTRAMOLECOLARI LEGAME IONICO LEGAME COVALENTE LEGAME METALLICO LEGAMI INTERMOLECOLARI PONTE AD IDROGENO FORZE DI VAN DER WAALS INTERAZIONE DIPOLO/DIPOLO INTERAZIONE IONE/DIPOLO INTERAZIONE DIPOLO/DIPOLO INDOTTO FORZE DI LONDON 2.2 Caratteristiche dei legami: elettronegativi degli atomi Si ha un legame chimico quando due atomi si uniscono tra loro mettendo in compartecipazione elettroni. La forza motrice una diminuzione dellenergia globale del sistema formato dalle due particelle. Un parametro importante nella formazione dei legami lelettronegativit dei due atomi. L'ELETTRONEGATIVITA' la misura della tendenza di un atomo ad attrarre la coppia di elettroni di legame: l'elettronegativit si definisce come proporzionale all'energia di ionizzazione (I) e all'affinit elettronica (A) Lenergia di ionizzazione di un atomo la minima energia necessaria per strappare un elettrone allatomo neutro in fase gassosa. Laffinit elettronica di un atomo lenergia emessa quando esso acquista un elettrone.

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Gli accettori di elettroni (come gli alogeni) hanno energie di ionizzazione e affinit elettroniche elevate e sono quindi molto elettronegativi. I donatori di elettroni (come i metalli alcalini) mostrano energie di ionizzazione ed affinit elettroniche basse e sono detti elettropositivi. La maggior parte dei legami chimici non sono n puramente ionici n puramente covalenti ma hanno caratteristiche intermedie tra i due. Il modo in cui sono condivisi gli elettroni di legame determinato dalla differenza di elettronegativit tra i due atomi impegnati nel legame.

Fig. 15 Le elettronegativit degli elementi calcolate da Linus Pauling (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Se lelettronegativit la stessa allora gli elettroni di legame sono equamente condivisi ed il legame viene detto covalente puro o legame apolare. Questa condizione si verifica in molecole biatomiche omonucleari. Se lelettronegativit dei due atomi diversa gli elettroni di legame non risultano condivisi egualmente ed il legame detto legame polare. Il caso estremo di legame polare si ha quando la differenza di elettronegativit grande, maggiore di circa 1,7: in tal caso la coppia di elettroni finisce completamente sullatomo pi elettronegativo e si forma un legame ionico puro. Il momento dipolare una grandezza che misura la polarit di una molecola. Da

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un punto di vista fisico i momenti dipolari sono grandezze vettoriali ovvero caratterizzate da una dimensione e da una direzione. Il momento dipolare di una molecola biatomica si rappresenta di solito con una freccia diretta lungo il legame da + a - (con si rappresenta una carica parziale). Il momento dipolare dato dallequazione: = q r, dove q indica il valore della carica parziale espresso in coulomb e r la distanza tra gli atomi. Il momento dipolare quindi espresso in coulombmetri o in debye (D, un debye corrisponde a 3,33810-30 Cm) Il momento dipolare di una molecola il risultato complessivo delle polarit dei suoi legami. In una molecola pu accadere che i singoli legami siano polari e abbiano perci un momento dipolare, tuttavia la somma di tutti i vettori dei momenti dipolari potrebbe risultare nulla: si dice che la molecola apolare (fig. 16).

Fig. 16 Esempi di molecole non polari (anidride carbonica)e polari (acqua) (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

2.3 Legame ionico e propriet dei composti ionici Il legame ionico si instaura tra atomi di tipo diverso: 1 avente bassa Energia di Ionizzazione (Catione +) 1 avente elevata Affinit Elettronica (Anione -) Il legame ionico un legame di tipo elettrostatico: gli ioni sono tenuti insieme da forze di tipo elettrostatico. Il trasferimento di uno o pi elettroni dallelemento metallico a quello non metallico porta alla formazione di ioni con configurazioni elettroniche molto stabili (gas nobili). Infatti, si ha una particolare stabilit quando un atomo, perdendo o acquistando elettroni, forma uno ione il cui guscio pi esterno contiene otto elettroni

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(ottetto): la tendenza degli atomi a raggiungere ottetti di valenza spiega gran parte della reattivit chimica.

Fig. 17 Alogeni (immagine a sinistra) e sodio (immagine a destra) si combinano facilmente dando origine al cloruro di sodio (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

I composti ionici, tranne quelli che hanno come anione il gruppo OH-, sono spesso indicati con il nome di sali per analogia con NaCl (cloruro di sodio), il comune sale da cucina (fig. 17). I composti ionici sono solidi a temperatura ambiente e presenteno generalmente temperature di fusione e di ebollizione molto elevate (fig. 18).

Fig. 18 Due diverse rappresentazioni delle celle elementari del cloruro di sodio e del cloruro di cesio (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

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Quando vengono sciolti in acqua i composti ionici si dissociano dando origine a ioni positivi e negativi (fig. 19).

Fig. 19 Gli ioni in soluzione acquosa sono stabilizzati dallinterazione con le molecole dacqua e si dicono solvatati (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Se si immergono due elettrodi nella soluzione collegati ad una batteria, gli ioni positivi migreranno verso lelettrodo negativo mentre quelli negativi andranno al polo positivo: il moto degli ioni attraverso la soluzione genera una carica elettrica. Sostanze come NaCl, CaCl2 le cui soluzioni acquose conducono corrente si chiamano elettroliti. A seconda della capacit di condurre corrente elettrica si parler di elettroliti forti ed elettroliti deboli. 1) Gli acidi HCl, HBr, HI, HNO3, H2SO4, HClO4 sono elettroliti forti. La maggior parte degli altri acidi sono elettroliti deboli. 2) Gli idrossidi solubili (idrossidi dei metalli del 1 e 2 gruppo tranne il berillio) sono elettroliti forti. 3) La maggior parte dei sali solubili sono elettroliti forti. 4) Gli alogenuri e i cianuri dei metalli con Z elevato sono spesso elettroliti deboli. 5) La maggior parte dei composti organici sono non elettroliti. Gli acidi organici sono di solito elettroliti deboli. Nel settore dei beni culturali i composti ionici sono molto importanti soprattutto in riferimento a quelli che vengono indicati come sali solubili. Questi, costituiti generalmente da solfati, cloruri e nitrati, sono associati ai materiali lapidei (naturali e

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artificiali3), sia perch possono esservi naturalmente contenuti sia perch derivanti da fattori esterni o da alterazione di altri materiali4. Questi sali sono particolarmente pericolosi perch, essendo solubili in acqua, vengono facilmente trasportati attraverso i materiali lapidei e possono depositarsi sia al loro interno che in superficie producendo subflorescenze ed efflorescenze. I sali solubili, inoltre, trattengono acqua, provocando, durante i cicli invernali di gelo e disgelo, forti variazioni di volume che, nel caso di presenza allinterno del materiali, causano la formazione di fessurazioni e distacchi. Inoltre, nel caso delle efflorescenze i sali solubili provocano anche un danno di tipo estetico sulla superficie del manufatto. 2.4 Nomi e formule dei composti ionici Il nome dei composti ionici dato dal nome dellanione seguito da quello del catione. Gli ioni possono essere sia monoatomici che poliatomici. Nel caso di cationi monoatomici come Na+, Ca2+ e gli altri metalli alcalini e alcalino-terrosi, il nome lo stesso dellelemento, quindi: ione sodio, ione calcio, ione bario, ione potassio, ecc. Quando invece un metallo forma ioni diversi, come nel caso dei metalli di transizione, essi vengono distinti aggiungendo un numero romano tra parentesi dopo il nome del metallo: Cu+, ione rame (I); Cu2+, ione rame (II); Fe2+, ione ferro (II); Fe3+, ione ferro (III); Sn2+, ione stagno (II); Sn4+, ione stagno (IV). Un metodo precedente per distinguere ioni diversi dello stesso elemento era quello di aggiungere i suffissi oso (ione di carica minore) e ico (ione di carica maggiore) alla radice del nome del metallo. Quindi Fe2+ era detto ione ferroso e Fe3+ ione ferrico. Cationi poliatomici importanti in chimica inorganica sono: lo ione ammonio NH4+; lo ione idronio H3O+ e lo ione Hg22+, ione mercurio (I). Per quanto riguarda il nome dellanione si pu far riferimento allo schema seguente:

I materiali lapidei naturali sono tutti i tipi di rocce e minerali presenti in natura; i materiali lapidei artificiali sono quelli prodotti dalluomo per trattamento di quelli naturali, ad esempio le ceramiche, la calce, le malte, i cementi. 4 Ad esempio i nitrati si formano per decomposizione di materiali organici (che contengono azoto sotto forma di proteine); i cloruri possono provenire da aerosol marini o dalluso di acido cloridrico che in passato veniva impiegato per la pulitura di patine bianche di carbonato di calcio; i solfati possono provenire da materiali di restauro quali i cementi e il gesso (solfato di calcio biidrato).

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FCl IHO2S2O22-

fluoruro cloruro bromuro ioduro idruro ossido solfuro perossido superossido idrossido cianuro cianato tiocianato-

CO32HCO3 NO2-

carbonato idrogeno carbonato nitrito nitrato silicato fosfato idrogeno fosfato diidrogeno fosfato solfito solfato idrogeno solfato ipoclorito clorito clorato perclorato-

Br

NO3SiO44PO43HPO42H2PO4 SO32SO42HSO4ClOClO2ClO3-

O2OHCNCNOSCNMnO4 CrO42Cr2O72-

manganato cromato dicromato

ClO4-

La formazione di un composto ionico implica la neutralit della carica globale della molecola, quindi la carica positiva dei cationi deve bilanciare esattamente la carica negativa degli anioni. Di seguito sono riportati alcuni esempi di composti ionici: Bromuro di stagno(II) Permanganato di potassio Solfato dammonio Diidrogenofosfato di ferro(II) un catione 2+, due anioni 1un catione 1+, un anione 1due cationi 1+, un anione 2un catione 2+, due anioni 1SnBr2 KMnO4 (NH4)2SO4 Fe(H2PO4)2

2.5 Legame covalente e propriet dei composti covalenti Il legame covalente si forma quando atomi che possiedono valori confrontabili di elettronegativit interagiscono tra di loro condividendo gli elettroni. Molte sostanze esistono in forma di molecole allo stato gassoso a temperatura ambiente, quindi relativamente semplice produrre molecole isolate e determinarne sperimentalmente la struttura. Una molecola un aggregato definito di atomi e risulta

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stabile ovvero non si trasforma spontaneamente. La struttura di una molecola stabile definita dalla disposizione tridimensionale degli atomi nello spazio che influenza alcune propriet molecolari. La distanza di legame misura la distanza fra gli atomi e rende unidea qualitativa delle dimesioni molecolari. Gli angoli di legame, invece, danno informazioni sulla forma delle molecole. Le distanze e gli angoli di legame medi5 possono essere misurati con tecniche spettroscopiche e con la diffrazione a raggi X. Unaltra caratteristica importante dei legami chimici lenergia di legame, detta anche energia di dissociazione, ovvero lenergia necessaria per rompere una mole del legame chimico in questione. Il fattore energetico molto importante per determinare la stabilit delle molecole. La teoria quantistica mostra che un legame chimico si forma quando gli atomi coinvolti si trovano ad una energia pi bassa quando sono vicini tra di loro rispetti a quando sono distanti e che anche la geometria molecolare quella che permette alla molecola di avere la pi bassa energia. 2.6 Formule di rappresentazione di Lewis Gilbert N. Lewis fu uno dei maggiori chimici americani. Pi di dieci anni prima della formulazione della teoria quantistica di Schrdinger egli aveva postulato che un legame covalente potesse essere descritto come una coppia di elettroni condivisa da due atomi. In base alla teoria di Lewis un atomo pu essere rappresentato con i suoi elettroni di valenza come punti: .. : Cl .. Il cloro ha unelevata affinit elettronica e acquistando un elettrone raggiunge la condizione di ottetto assumendo la configurazione elettronica dellargon. Quando due atomi di cloro si combinano essi mettono in compartecipazione i due elettroni spaiati assumendo ciascun atomo la configurazione di ottetto. Scrivendo le formule di Lewis si cerca sempre di soddisfare la regola dellottetto. Se lelettronegativit la stessa allora gli elettroni di legame sono equamente condivisi ed il legame viene detto covalente puro o legame apolare.Le molecole non sono strutture rigide, ma possono vibrare intorno alla loro posizione di equilibrio, quindi i valori degli angoli di legame e delle distanze di legame ottenuti sperimentalmente risultano valori medi.5

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Questa condizione si verifica in molecole biatomiche omonucleari (fig. 20). Se lelettronegativit dei due atomi diversa gli elettroni di legame non risultano condivisi egualmente ed il legame detto legame polare (fig. 21). Il caso estremo di legame polare, come gi visto, si ha quando la differenza di elettronegativit grande, maggiore di circa 1,7: in tal caso la coppia di elettroni finisce completamente sullatomo pi elettronegativo e si forma un legame ionico puro.

Fig. 20 Modelli molecolari di molecole di alogeni riportati in scala per mostrare le dimensioni relative degli atomi (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Fig. 21 Modelli molecolari di alcune molecole in cui gli atomi sono legati con legami covalenti polari, riportati in scala per mostrare le dimensioni relative degli atomi (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Nelle rappresentanzioni di Lewis, una coppia di elettroni condivisi pu essere rappresentata anche mediante una breve linea (-). Le coppie di elettroni non condivise attorno ad un atomo sono chiamate coppie solitarie e non partecipano alla formazione del legame. Alcuni esempi di rappresentazione di formule di Lewis sono:

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NH3 .. H:N:H .. H .. H-N-H

H2O .. H:O:H ..

CH4 H .. H:C:H .. H H

.. H-O-H ..

H-C-H

H Le formule di Lewis indicano solo i legami che uniscono gli atomi nelle molecole ma non mostrano le geometrie molecolari. In alcune molecole pi di una coppia di elettoni viene condivisa dai due atomi che si legano formando doppi e tripli legami e sempre soddisfando la regola dellottetto.

Esistono numerose molecole e ioni per i quali possibile scrivere due o pi formule di Lewis soddisfacenti senza spostare la posizione dei nuclei. La formula reale pu essere considerata come una media tra le possibili formule. Ciascuna delle singole formule di Lewis si chiama forma risonante e luso di formule di Lewis multiple si chiama risonanza. Lo ione nitrato, ad esempio, una molecola planare con ciascun legame N-O diretto verso un vertice di un triangolo equilatero; esistono tre formule di Lewis soddisfacenti per rappresentare questo ione:

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Un modo per scrivere le tre formule in una, ovvero come sovrapposizione delle tre o media data dalla seguente rappresentazione grafica che viene detta ibrido di risonanza:

La regola dellottetto in alcuni casi non pu essere soddisfatta. In certi casi il numero totale degli elettroni dispari e quindi impossibile appaiare tutti gli elettroni. Una specie che ha uno o pi elettroni spaiati si chiama radicale libero. A causa della presenza di elettroni spaiati i radicali liberi sono di solito molto reattivi. Ad esempio il biossido di cloro ClO2 possiede in totale 19 elettroni di valenza (7 del cloro e 6 per ciascun atomo di ossigeno), le due formule risonanti sono:

2.7 Jacobus vantt Hoff e le geometrie molecolari Jacobus vantt Hoff fu il chimico olandese che propose per primo la geometria tetraedrica del metano e di composti analoghi, nello stesso momento ma indipendentemente dal chimico francese Joseph Le Bel, nel 1874 (fig. 22). Lipotesi di vant Hoff e Le Bel segn linizio della strutturistica chimica, ramo della chimica che studia forme, disposizioni e dimensioni delle molecole. Tramite limpiego di tecniche spettroscopiche stato possibile misurare distanze e angoli di legame e stabilire un gran numero di geometrie molecolari. Alcuni esempi sono mostrati in fig.23. 2.8 Teoria VSEPR La teoria della repulsione delle coppie elettroniche di valenza (valence shell electron-pair repulsion, VSEPR), parte dallidea fondamentale che la forma di una molecola sia determinata dalla mutua repulsione dei doppietti elettronici nello strato di

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valenza dellatomo centrale. Naturalmente, la disposizione che minimizza la repulsione dipende dal numero di coppie elettroniche (fig.24).

A)

B)

Fig. 22 Modelli molecolari del metano (CH4). A) modello molecolare a bastoncini e sfere. B) modello molecolare a sfere solide. Ciascun legame carbonio-idrogeno in una molecola di metano diretto verso il vertice di un tetraedro regolare, le posizioni dei quattro atomi di idrogeno sono equivalenti e gli angoli di legame sono uguali a 109,5 (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Fig. 23 Geometrie di varie molecole osservate sperimentalmente (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

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Fig. 24 Serie di coppie di elettroni disposte sulla superficie di una sfera in modo tale da rendere minima la loro reciproca repulsione. (a) due coppie di elettroni disposte ai poli opposti della sfera; (b) tre coppie di elettroni disposte su un piano equatoriale ai vertici di un triangolo equilatero; (c) quattro coppie di elettroni disposte ai vertici di un tetraedro; (d) cinque coppie di elettroni disposte due ai poli della sfera e tre sul piano equatoriale, ai vertici di un triangolo equatoriale; (e) sei coppie di elettroni disposte ai vertici di un ottaedro regolare, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Gli angoli di legame corrispondenti alle geometrie di fig. 24 sono riportati in fig. 25.

Fig. 25 Angoli di legame corrispondenti alle geometrie molecolari mostrate in fig.25, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

La presenza di doppietti elettronici solitari influenza la forma delle molecole.

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Lammoniaca ha formula NH3. In questa molecola esistono quattro coppie di elettroni nello strato di valenza dellatomo dazoto: tre impegnate in legami covalenti e una come doppietto elettronico solitario. Le quattro coppie si respingono reciprocamente e quindi sono disposte secondo i vertici di un tetraedro. Tuttavia il doppietto solitario non analogo alle coppie di elettroni impegnate nei legami covalenti ma occupa uno spazio maggiore ovvero pi diffuso del doppietto localizzato di un legame covalente. Questo determina una distorsione della geometria rispetto a quella tetraedrica regolare, in particolare provoca una diminuzione dellangolo di legame H-N-H rispetto al valore 109,5 del tetraedro regolare. In particolare nel caso dellammoniaca langolo di legame pari a 107, 3.

Fig. 26 Ruolo delle coppie di elettroni di legame e delle coppie solitarie nella determinazione della geometria molecolare, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

In una bipiramide trigonale i doppietti elettronici solitari occupano i vertici equatoriali (figg.27-28).

Fig. 27 (a) forma ideale della molecola con angoli di legame equatoriale di 120 e angoli di legame assiale di 180; (b) il doppietto elettronico libero in posizione equatoriale respinge i quattro legami covalenti zolfo-fluoro distorcendo la molecola rispetto alla geometria ideale (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

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Fig. 28 (a) forma ideale della molecola con angoli di legame equatoriale e assiale di 90; (b) i doppietti elettronici liberi in posizione equatoriale respingono i legami covalenti cloro-fluoro distorcendo la molecola rispetto alla geometria ideale (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

In una molecola ottaedrica due doppietti elettronici liberi occupano vertici opposti (fig.29).

Fig. 29 (a) il doppietto elettronico libero nella molecola del pentafluoruro di bromo respinge i legami bromo-fluoro causando lo spostamento dellatomo di bromo sotto al piano individuato dai quattro atomi di fluoro, gli angoli di legame F-Br-F sono leggermente inferiori alla misura di 90; (b) i due doppietti elettronici liberi del tetrafluoruro di xenon sono posizionati ai vertici opposti dellottaedro perci la molecola assume una geometria planare, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

2.9 Principio della massima sovrapposizione e orbitali ibridi Le molecole poliatomiche possono essere descritte come gruppi di atomi tenuti insieme da legami covalenti. Un orbitale molecolare una combinazione di orbitali atomici di atomi diversi. Quindi i legami delle molecole poliatomiche possono essere descritti in termini di orbitali di

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legame. Gli orbitali che descrivono gli elettroni dei legami covalenti localizzati sono detti orbitali di legame localizzati e sono concentrati soprattutto nella regione compresa tra i due atomi uniti dal legame.

Fig. 30 Gli orbitali di legame della molecola del metano possono essere descritti come quattro orbitali di legame carbonio-idrogeno diretti verso i vertici di un tetraedro, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Lidea della sovrapposzione degli orbitali di valenza degli atomi nella formazione dei legami fu avanzata da Linus Pauling nel 1931. Pauling fu il primo ad usare il principio della massima sovrapposizione per spiegare i legami nelle molecole. Nel caso della molecola poliatomica neutra pi semplice, BeH2, si prendono in considerazione gli orbitali 2s e uno degli orbitali 2p. La loro combinazione da origine a due orbitali equivalenti sullatomo di berillio con due caratteristiche importanti: 1 ciascuno di essi presenta unampia regione di sovrapposizione con lorbitale 1s dellatomo di idrogeno; 2 essi sono orientati a 180 luno rispetto allaltro Questi due orbitali equivalenti vengono chiamati orbitali sp (fig.31). Gli orbitali composti da tipi differenti di orbitali atomici sono detti orbitali atomici ibridi. Gli orbitali di legame che si formano dalla sovrapposizione tra gli orbitali 1s degli atomi di idrogeno e gli orbitali ibridi sp del berillio hanno simmetria cilindrica lungo lasse che unisce i nuclei del berillio e dellidrogeno.

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Fig. 31 Formazione di orbitali ibridi sp per sovrapposizione di un orbitale 2s e un orbitale 2p del berillio. I due orbitali sp sono equivalenti e sono diretti reciprocamente a 180, nellultima immagine a destra sono indicati anche i due orbitali 2p del berillio che non partecipano allibridazione: questi sono perpendicolari tra di loro e rispetto allasse degli orbitali sp, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Questi orbitali di legame si chiamano orbitali e il legame corrispondente viene chiamato legame (fig.32).

Fig. 32 Formazione di due orbitali di legame localizzati equivalenti della molecola BeH2. I quattro elettroni di valenza della molecola (due dellatomo di berillio e uno per ciascuno dei due atomi di idrogeno) occupano i due orbitali di legame localizzati 1 e 2 e formano i due legami localizzati berillioidrogeno, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Un esempio di molecola con tre legami covalenti localizzati il trifluoruro di boro, BF3, una molecola con geometria triangolare planare. I tre legami B-F sono equivalenti quindi si devono formare tre orbitali di legame equivalenti a simmetria triangolare planare.

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Per combinazione dellorbitale 2s con due degli orbitali 2p del boro, si ottengono tre orbitali ibridi equivalenti orientati sul piano a 120 luno dagli altri (fig.33). Questi orbitali, formati dallorbitale 2s e da due orbitali 2p, sono detti orbitali ibridi sp2.

Fig. 33 Formazione di tre orbitali ibridi sp2, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

I tre orbitali sp2 del boro vanno poi a formare i tre orbitali di legame localizzati equivalenti con i tre atomi di fluoro, per sovrapposizione di ciascun orbitale sp2 con un orbitale 2p del fluoro.

Fig. 34 Formazione di tre orbitali di legame localizzati equivalenti della molecola BeF3. I sei elettroni di valenza della molecola (tre dellatomo di boro e uno per ciascuno dei tre atomi di fluoro) occupano i tre orbitali di legame localizzati 1, 2 e 3 e formano i tre legami localizzati boro-fluoro, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

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I tre orbitali di legame localizzati hanno simmetria cilindrica quindi sono orbitali , ciascuno occupato da due elettroni con spin opposto (fig.34). La molecola del metano presenta una struttura tetraedrica con i quattro legami C-H equivalenti, pertanto per descrivere correttamente questa molecola necessario che si formino quattro orbitali di legame equivalenti. Combinando lorbitale 2s con i tre orbitali 2p dellatomo di carbonio si ottengono quattro orbitali ibridi detti sp3 equivalenti e diretti secondo i vertici di un tetraedro (fig. 35). I quattro orbitali sp3 del carbonio vanno poi a formare i quattro orbitali di legame localizzati equivalenti con i quattro atomi di idrogeno, per sovrapposizione di ciascun orbitale sp3 con un orbitale 1s delidrogeno. I quattro orbitali di legame localizzati hanno simmetria cilindrica quindi sono orbitali , ciascuno occupato da due elettroni con spin opposto (fig.36).

Fig. 35 Formazione di quattro orbitali ibridi equivalenti sp3. Langolo tra gli orbitali di 109,5, quindi tipico della struttura tetraedrica (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

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Fig. 36 Formazione di quattro orbitali di legame localizzati equivalenti della molecola CH4. Gli otto elettroni di valenza della molecola (quattro dellatomo di carbonio e uno per ciascuno dei quattro atomi di idrogeno) occupano i quattro orbitali di legame localizzati 1, 2, 3 e 4 e formano i quattro legami localizzati carbonio-idrogeno, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Gli orbitali atomici ibridi possono interessare anche gli orbitali d. Per esempio dalla combinazione di un orbitale 3s, tre orbitali 3p e un orbitale 3d si originano cinque orbitali atomici ibridi con simmetria bipiramidale trigonale. Questi cinque orbitali si chiamano dsp3 ed hanno la caratteristica di non essere equivalenti tra di loro. Infatti essi formano due gruppi di orbitali equivalenti: una serie di tre orbitali equatoriali equivalenti ed una serie di due orbitali assiali equivalenti (es. PCl5, i legami tra cloro e fosforo si formano per sovrapposizione di ciascun orbitale ibrido dsp3 del fosforo con un orbitale 3p del cloro). Dalla combinazione di un orbitale 3s, tre orbitali 3p e due orbitali 3d si originano sei orbitali atomici ibridi con simmetria ottaedrica. Questi otto orbitali si chiamano d2sp3, sono disposti secondo i vertici di un ottaedro e sono equivalenti tra loro (es.SF6, i legami tra zolfo e fluoro si formano per sovrapposizione di ciascun orbitale ibrido d2sp3 dello zolfo con un orbitale 2p del fluoro). Un principio importante da tenere in considerazione nella combinazione degli orbitali atomici per formare orbitali ibridi il principio di conservazione degli orbitali ovvero: il numero totale degli orbitali ibridi che risultano dalla combinazione degli orbitali atomici impiegati deve essere uguale al numero di questi ultimi.

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I composti organici, indicati spesso come composti del carbonio, sono tutti descritti con libridazione degli orbitali atomici del carbonio che non presenta sempre unibridazione di tipo sp3 ma pu legarsi anche con ibridazione sp2 e sp, in questi casi non si hanno pi soltanto legami semplici di tipo ma entrano in gioco anche legami doppi e tripli di tipo . Letilene (C2H4), ad esempio, un gas a temperatura ambiente. Presenta un doppio legame tra i due atomi di carbonio:

La sovrapposizione tra due orbitali ibridi sp2 costituisce il legame . La geometria della molecola planare. Gli altri orbitali ibridi sp2 sono impegnati con legami con gli atomi di idrogeno. I restanti orbitali 2p degli atomi di carbonio sono perpendicolari al piano della molecola. La sovrapposizione di questi orbitali porta alla formazione di legami . Lorbitale ha simmetria analoga a quella degli orbitali p da cui si origina (fig. 37).

(a)

(b)

Fig. 37 (a) Due atomi di carbonio uniti dalla combinazione dei loro orbitali ibridi sp2. Lorbitale di legame presenta simmetria cilindrica rispetto allasse C-C e quindi un orbitale di tipo . (b) I quattro orbitali di legame C-H derivano dalla sovrapposizione degli orbitali ibridi sp2 del carbonio con gli orbitali 1s dellidrogeno, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Gli orbitali 2p su ciascun atomo di carbonio, perpendicolari al piano del legame H-C-H, si sovrappongono formando un legame definito di tipo . Lorbitale cos definito

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poich presenta una sezione analoga a quella dellorbitale p, esso blocca la molecola nella forma planare non permettendo la rotazione intorno al doppio legame (fig. 38).

Fig. 38 Struttura della molecola delletilene con lindicazione dei legami di tipo e di tipo , (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Nel caso di una molecola con atomi diversi dal carbonio, ad esempio l1,2dicloroetilene, CHCl=CHCl, poich non possibile alcuna rotazione intorno al legame C=C, questo composto esiste in due forme distinte dette isomeri:

Lisomero trans quello dove gli atomi di cloro si trovano in posizioni opporte rispetto al doppio legame; lisomero cis invece quello dove gli atomi di cloro si trovano dallo lato del doppio legame. Le molecole che presentano la stessa struttura di legame ma diversa disposizione spaziale vengono dette stereoisomeri. In molte molecole i legami di tipo si estendono si estendono su pi di due atomi adiacenti. Uno degli esempi pi importanti in chimica organica quello del benzene, C6H6 e di tutti i composti definiti aromatici, caratterizzati da anelli con orbitali delocalizzati. I legami nella molecola del benzene sono di tipo e . Il carbonio, infatti, presenta unibridazione sp2 formando in totale dodici orbitali di legame di tipo : sei utilizzati per i legami C-C e sei per i legami C-H: si tratta quindi di una molecola planare con angoli di 120 (fig. 39).

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Fig. 39 Scheletro dei legami della molecola del benzene, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

I sei orbitali 2p degli atomi di carbonio, perpendicolari al piano dellanello, si combinano formando sei orbitali di legame di tipo che per non risultano bloccati sugli atomi di carbonio ma delocalizzati su tutta la molecola. La delocalizzazione degli elettroni sullanello benzenico un esempio di delocalizzazione di carica corrispondente, nella teoria quantistica, alla risonanza descritta dalle formule di Lewis e conferisce alla molecola una ulteriore stabilizzazione rispetto a quella ipotetica con doppi legami localizzati (fig. 40).

Fig. 40 Ciascun atomo di carbonio ha un orbitale 2p perpendicolare al piano dellanello. Questi sei orbitali si combinano tra loro per formare sei orbitali diffusi uniformemente sullintero anello, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Il benzene appartiene alla classe degli idrocarburi aromatici che presentano anelli relativamente stabilizzati dalla delocalizzazione degli elettroni . Il benzene e molti altri idrocarburi aromatici vengono ottenuti per distillazione del petrolio e del catrame (vedi 46

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par. 7.3). Nel settore dei beni culturali rivestono molta importanza alcune molecole, estratte da animali e piante, con anelli aromatici che risultano colorate e che nella storia delle tecniche artistiche sono state variamente impiegate per la tintura e la pittura. Esempi molto importanti sono la cocciniglia e il kermes, lindaco, lalizarina, la porpora, il legno del Brasile, ecc. La cocciniglia ed il kermes, ad esempio, sono coloranti rossi utilizzati fin dallantichit sia per tingere tessuti che come lacche per dipingere. Si ottengono da due specie di insetti: linsetto femmina della Dactylopus coccus, nel caso della cocciniglia, e linsetto femmina della Kermes vermilio nel caso del Kermes. Linsetto del kermes vive su una specie di quercia comune in Spagna, nel sud della Francia e dellItalia, in molte isole greche, chiamata scientificamente Quercus coccifera. I principi chimici che conferiscono il colore sono lacido carminico (cocciniglia) e lacido chermesico (kermes) (fig. 41).

Fig. 41 Acido carminico I e acido chermesico II, (da Artists Pigments A Handbook of Their History and Characteristics, Volume 1, Robert L. Feller Editor, National Gallery of Art, Washington, 1986)

Il principio colorante deve essere estratto dallinsetto, prelevato dalla pianta e seccato (fig. 42). Lacido carminico e lacido chermesico venivano estratti con acqua e liscivia ottenuta dalle ceneri di quercia. Per preparare la lacca corrispondente, al liquido filtrato dalla liscivia veniva aggiunto dellallume di rocca: si otteneva cos una massa colorata che, una volta seccata e macinata, costituiva la lacca da impiegare per dipingere (fig. 43).

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(a)

(b)

Fig. 42 Dactylopius Coccus, insetto seccato (a) e Kermes vermilio, insetto seccato (b), (da Artists Pigments A Handbook of Their History and Characteristics, Volume 1, Robert L. Feller Editor, National Gallery of Art, Washington, 1986)

Fig. 43 A, B, C, differenti preparazioni di cocciniglia; D, lacca di cocciniglia chiara con allumina; E, lacca di cocciniglia scura con allumina; F, lacca di cocciniglia con composti dello stagno, (da Artists Pigments A Handbook of Their History and Characteristics, Volume 1, Robert L. Feller Editor, National Gallery of Art, Washington, 1986)

Lindaco e il guado sono due coloranti blu utilizzati fin dallantichit sia per tingere tessuti che come lacche per dipingere. Si ottengono da due specie di piante: lIndigofera tinctoria, nel caso dellindaco, e lIsatis tinctoria, nel caso del guado (fig. 44).

Fig. 44 Pianta dellindaco e del guado, da Elisabeth Blackwell Sammlung der Gewchse (Nuremburg, 1754), (da Artists Pigments A Handbook of Their History and Characteristics, Volume 3, E. W. Fitzhugh Editor, National Gallery of Art, Washington, 1997)

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La molecola dellindaco presenta due met legate insieme in posizione 2, secondo la struttura B (fig. 45). Oltre alle molecole dellindaco, il materiale colorante contiene lisomero indirubina, noto anche come indaco rosso, secondo la struttura C

Fig. 45 Molecole dellindaco (B) e dellindirubina (C), (da Artists Pigments A Handbook of Their History and Characteristics, Volume 3, E. W. Fitzhugh Editor, National Gallery of Art, Washington, 1997)

Lanalisi di campioni estratti dalle piante produttrici di indaco ha messo in risalto la presenza di isatina (2,3-dichetoindolina o 2,3-indolindione, formula A), indicando il fatto che lindirubina si forma durante la sintesi dellindaco dallisatina e lindossile (formula E, fig. 46).

Fig. 46 Molecole dellisatina (A) e dellindossile (E) che combinate portano alla formazione dellindirubina, (da Artists Pigments A Handbook of Their History and Characteristics, Volume 3, E. W. Fitzhugh Editor, National Gallery of Art, Washington, 1997)

Lindaco si forma dallidrolisi enzimatica o acida dellindicano (formula D), un glucoside dellindossile. Lidrolisi porta alla formazione dellindossile che viene poi

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ossidato dallossigeno dellatmosfera a leucoindaco incolore (formula F) e poi ad indaco (fig. 47).

Fig. 47 Molecole dellindicano (D) e del leucoindaco (F), (da Artists Pigments A Handbook of Their History and Characteristics, Volume 3, E. W. Fitzhugh Editor, National Gallery of Art, Washington, 1997)

Le fonti principali dellindaco sono le piante del genere Indigofera coltivate fra 20 e 30 di latitudine nord in India, a Java, Sumatra, Madagascar, Filippine, Cina, Giappone, Sud Africa, America centrale, Venezuela e Brasile. In passato le piante del guado (Isatis tinctoria) erano coltivate anche in Normandia, Provenza, Linguadoca, Inghilterra e Germania. Il colorante veniva estratto in acqua, lasciando macerare per circa nove ore (in acqua fredda) o per circa 3 ore (in acqua calda) le foglie della pianta. Il liquido ottenuto dopo lestrazione veniva agitato in contatto con laria per favorire lossidazione e quindi la formazione dellindaco. La miscela veniva poi filtrata e lindaco, una volta essiccato, modellato a forma di piccoli mattoni (fig. 48).

Fig. 48 Campione di indaco commerciale dallIndia e varie stesure del cororante: A) indaco puro; B) indaco mescolato con bianco di titanio (TiO2) 1:2; C) indaco mescolato con bianco di titanio 1:4; D) indaco mescolato con bianco di titanio 1:9. In tutti i casi il legante nitrocellulosa, (da Artists Pigments A Handbook of Their History and Characteristics, Volume 3, E. W. Fitzhugh Editor, National Gallery of Art, Washington, 1997)

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2.10 Teoria degli orbitali molecolari La teoria dellorbitale molecolare (MO, Molecular Orbital theory) si applica a tutte le molecole e in grado di fornire spiegazioni circa la possibile formazione o meno di una molecola. Un orbitale molecolare che concentrato nella regione compresa tra i due nuclei atomici detto orbitale di legame perch gli elettroni di tale orbitale servono a legare insieme i due nuclei. Esistono anche orbitali che si annullanno nella regione tra i due nuclei e si concentrano invece sui lati esterni, questi orbitali sono detti orbitali di antilegame. Gli orbitali di antilegame si indicano con le stesse lettere greche degli orbitali di legame aggiungendo un asterisco: orbitali * e orbitali *. Nel caso della molecola H2 i due elettroni occupano lorbitale di legame 1, quindi la molecola stabile. Nel caso della molecola He2 sono presenti quattro elettroni di legame: due occupano lorbitale molecolare 1 mentre gli altri due vanno nellorbitale 1*. Gli elettroni dellorbitale di legame tendono ad attrarre i due nuclei mentre gli elettroni di antilegame tendono a separarli: il risultato complessivo che lazione degli elettroni di antilegame annulla quella degli elettroni di legame e quindi non si produce alcun legame. Questo in accordo con il fatto che non stata mai osservata sperimentalmente la molecola He2. 2.11 Legame metallico e propriet dei metalli Il legame metallico tiene uniti tra loro gli atomi nei metalli (ad esempio gli atomi di ferro in una sbarra di ferro). Un metallo pu essere considerato come un reticolato di ioni positivi immersi in una specie di nube di elettroni. Il legame metallico quindi dovuto alla forza di attrazione che si esercita tra gli ioni positivi e la nube di elettroni. Dato che ogni atomo circondato da un numero troppo grande di altri atomi per poter scambiare elettroni, si ha la sovrapposizione degli orbitali atomici di ciascun atomo con la formazione di una nube di elettroni, liberi di spostarsi da un atomo allaltro. Si parla anche di banda dei livelli energetici o mare. Al di sopra di questi livelli energetici occupati si trova un livello totalmente o parzialmente occupato chiamato livello di Fermi in cui gli elettroni hanno la pi alta energia cinetica6 di tutti gli elettroni di valenza del cristallo e possono essere accelerati da un campo elettrico e quindi occupare livelli vuoti appena superiori. La migrazione degli elettroni causata dal campo elettricoLenergia cinetica viene definita come parte dellenergia di un corpo che associata al suo moto, espressa come mv2/2, dove m la massa del corpo e v la velocit con cui si muove.6

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costituisce la corrente elettrica. Questi elettroni del livello di Fermi sono quindi responsabili dellelevata conducibilit elettrica e termica dei metalli e sono anche gli elettroni liberati dalleffetto fotoelettrico che si produce quando un fotone trasmette loro energia sufficiente per espellerli dalla superficie del metallo. Molti metalli presentano strutture cristalline altamente simmetriche e solo pochi mostrano strutture cristalline pi complesse (Ga, In, Sn, Sb, Bi e Hg). La nuvola degli elettroni delocalizzata su tutto il cristallo costituisce un legame molto forte per gli atomi del metallo determinando degli elevati punti di ebollizione. I punti di fusione sono molto variabili: il gallio ad esempio fonde a 29,78 C mentre il tungsteno, che il metallo pi alto-fondente, fonde a 3410 C. Le celle elementari che costituiscono la maggior parte dei metalli sono di tipi molto limitati, precisamente tre: cubica a facce centrate, cubica a corpo centrato, esagonale (fig. 49). Le celle elementari sono gli elementi di base del reticolo cristallino: cubico a facce centrate, cubico a corpo centrato, esagonale. Il ferro ad esempio presenta un reticolo cubico a corpo centrato; il rame, come la maggior parte dei metalli, ha un reticolo cubico a facce centrate.

Fig. 49 Modelli di celle elementari dei metalli: a) cella cubica facce-centrata; b) cella cubica corpocentrata; c) cella esagonale, (da M. Leoni, Elementi di metallurgia applicata al restauro delle opere darte. Corrosione e conservazione dei manufatti metallici, OpusLibri, Firenze, 1984)

Litio, sodio, potassio, rubidio, cesio e francio sono i cosiddetti metalli alcalini (gruppo IA della tavola periodica degli elementi) hanno propriet chimiche analoghe e sono considerati come un gruppo. Il nome metalli alcalini deriva dal fatto che i loro idrossidi

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sono alcalini. I metalli alcalini sono abbastanza teneri da poter essere tagliati con un coltello, hanno punti di fusione abbastanza bassi e sono molto reattivi. Berillio, magnesio, calcio, stronzio, bario, radio sono invece i cosiddetti metalli alcalino-terrosi, hanno propriet chimiche analoghe e sono considerati il gruppo IIA. I metalli alcalino terrosi quando vengono scaldati in presenza di ossigeno bruciano con fiamma brillante formando ossidi bianchi secondo la reazione: 2Mg(s) + O2(g) 2MgO(s) Il minerale berillo, Be3Al2Si6O18, la principale fonte di berillio ed usato anche come pietra dura. Il calcio un elemento molto reattivo e reagisce con lossigeno e con il vapor dacqua. Tagliato di fresco, si corrode rapidamente se esposto allaria (fig. 50). Come ione Ca2+, un costituente essenziale delle ossa, dei denti, delle rocce calcaree (marmi, travertino, ecc), delle piante e delle conchiglie di organismi marini. Lo ione Ca2+ gioca un ruolo fondamentale nella contrazione muscolare, nella visione e nelleccitazione nervosa. I sali di stronzio sono utilizzati nelle torce segnaletiche e nei fuochi dartificio. Il colore rosso dovuto dalla luce emessa dagli atomi di stronzio eccitati elettronicamente.

Fig. 50 Calcio allo stato elementare. Come si vede nellimmagine di destra, il calcio si corrode rapidamente se esposto allaria, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

I metalli del gruppo IIIA sono: alluminio, gallio, indio e tallio. Lalluminio lelemento metallico pi abbondante nella crosta terrestre dove si trova sotto forma di vari silicati

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(ad esempio i vari tipi di argille) ed in estesi giacimenti di bauxite, AlO(OH) da cui si ottiene per elettrolisi. Lalluminio reagisce con lossigeno per formare lossido, ma resiste alla corrosione proprio perch esso forma un sottile strato di ossido che lo protegge. un metallo tenero, leggero e viene impiegato per la produzione di leghe leggere con silicio, rame e magnsio. Gallio, indio e tallio sono anchessi metalli teneri, di colore bianco argenteo. I metalli del gruppo IVA sono piombo e stagno. Nei loro composti si presentano sia sotto forma di M(II) che M(IV), ad esempio PbO2, biossido di piombo o tenorite, di colore nero un importante prodotto di alterazione della biacca (un carbonato basico di piombo utilizzato fin dallantichit come pigmento bianco in pittura). Il piombo si ottiene principalmente dal minerale galena (PbS). Altri minerali di piombo sono langlesite (PbSO4) e la cerrusite (PbCO3, la forma naturale della biacca che invece veniva preparata artificialmente per reazione di ossidazione del piombo metallico con aceto di vino in recipenti chiusi; questo contiene acido acetico che reagendo con il Pb metallico forma acetato di Pb che esposto allaria assume la formula del carbonato di Pb). Il piombo resistente alla corrosione ma essendo un metallo molto tenero, viene quasi sempre utilizzato in lega. Il piombo presente in molti dei pigmenti pi utilizzati nella storia delle tecniche artistiche seppur i sali di piombo sono tossici e possono portare ad avvelenamento cronico. Ad esempio, oltre la biacca, molti pigmenti gialli, utilizzati come tali o nelle tecniche vetrarie e di produzione di smalti e invetriature: giallo di piombo e stagno in varie forme (stannati di piombo); litargirio e massicot (due pigmenti rispettivamente gialli e rosso-arancione a base di ossido di piombo); giallo di Napoli (antimoniato di piombo), minio (tetrossido di piombo, Pb3O4). Dellera industriale sono poi i cromati di piombo, prodotti con molteplici sfumature di colore (PbCrO4). Lo stagno si trova principalmente nel minerale cassiterite SnO2. Il suo uso nella storia certamente legato alla produzione del bronzo (una lega rame/stagno) e nelle tecniche vetrarie dove trovava uso come opacizzante per i vetri colorati oltre che colorante nei pigmenti gialli a base di piombo e stagno. Lunico metallo del gruppo VA il bismuto, un metallo bianco rosato presente in natura sotto forma di bismutinite, Bi3S3. Viene utilizzato nella produzione di leghe che, contraendosi per riscaldamento, trovano impiego nella produzione di oggetti che

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altrimenti potrebbero rompersi a causa della dilatazione termica (impianti antincendio, fusibili, valvole di sicurezza). Nella zona centrale della tavola periodica sono collocati i metalli di transizione le cui caratteristiche variano da gruppo a gruppo: tutti quanti per presentano unelevata densit e punto di fusione elevato (fig. 51). Molti dei composti dei metalli di transizione, inoltre, sono colorati. I metalli di transizione, nel settore dei materiali dei beni culturali, sono molto importanti perch si ritrovano sia come tali (rame, ferro, oro, argento, ecc) o come leghe (bronzo, rame-stagno; ottone, rame-zinco, ecc.) in vari oggetti e sculture, ma anche nei composti pi utilizzati come materiali coloranti (pigmenti).

Fig. 51 I metalli della serie di transizione 3d. Da sinistra a destra: titanio (Ti), zinco (Zn), rame (Cu), nichel (Ni), cobalto (Co) sopra e scandio (Sc), vanadio (V), cromo (Cr), manganese (Mn) e ferro (Fe) sotto, (da Donald A. McQuarrie, Peter A. Rock, Chimica generale, Zanichelli, 1991)

Praticamente tutti i pigmenti inorganici sia di origine naturale che di sintesi contengono un metallo di transizione: azzurrite e malachite sono carbonati basici di rame (fig. 52); cinabro e vermiglione sono solfuri di mercurio; ocre rosse e gialle, terre di varia natura sono pigmenti contenti ossidi di ferro e manganese; smaltino contiene cobalto; blu egiziano un silicato di calcio e rame; gialli, arancioni e rossi di cadmio sono solfuri di cadmio; cromati di piombo; blu di cobalto un ossido di cobalto; e cos via. I metalli di transizione interna sono costituiti da due serie dette dei lantanidi e degli attinidi allinterno delle quali si verifica il riempimento degli orbitali 4f e 5f. La serie dei lantanidi inizia con il lantanio (La, numero atomico 57). La serie degli attinidi inizia con lattinio (Ac, numero atomico 89)

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I lantanidi sono anche chiamati terre rare perch si riteneva che fossero presenti solo in quantit molto piccole. Gli attinidi sono elementi radioattivi, la maggior parte di essi non si trova in natura ma prodotta solo nel corso di reazioni nucleari.

(a)

(b)

(c)

(d)

Fig. 52 Azzurrite [2CuCO3Cu(OH)2]: (a) campione di minerale da miniere dellArizona; (b) sezione stratigrafica di un dipinto in una zona realizzata con azzurrite; (c) particelle di azzurrite al microscopio ottico-mineralogico, 270x polarizzatori paralleli; (d) stessa immagine di (c) ma con polarizzatori incrociati (da Artists Pigments A Handbook of Their History and Characteristics, Volume 2, Ashok Roy Editor, National Gallery of Art, Washington, 1993)

2.12 Leghe e diagrammi di stato Le leghe sono composti formati da elementi diversi ed aventi propriet metalliche. Si ottengono mediante fusione di un metallo con almeno un altro elemento, metallo (ad esempio bronzo ottenuto da rame e stagno) o metalloide (ad esempio lacciaio ottenuto da ferro e carbonio). Vi sono due tipi di leghe. Le leghe sostituzionali sono quelle in cui alcuni degli atomi metallici del reticolo cristallino sono costituiti da altri atomi, generalmente di dimensioni simili. Ad esempio lottone in cui circa un terzo degli atomi di rame che formano il reticolo cristallino sono sostituiti da atomi di zinco. Le leghe 56

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interstiziali sono quelle dove gli atomi di uno o pi elementi addizionali si collocano si collocano nei siti interstiziali del reticolo metallico ospitante. Un esempio lacciaio nel quale gli atomi di carbonio vanno ad occupare i siti interstiziali di un cristallo di ferro rendendo cos il materiale pi forte e duro del ferro puro. Leghe molto importanti sono quelle del rame: oltre allottone gi visto, occorre ricordare il bronzo, a base di rame e stagno, impiegato fin dallantichit per la statuaria e molti oggetti di vario tipo. Generalmente si ha completa miscibilit fra gli elementi fusi ma possono esserci anche casi di immiscibilit totale o parziale. Il comportamento delle leghe pu essere descritto dai diagrammi di fase o diagrammi di stato a due componenti nel caso di leghe binarie, o da rappresentazioni a pi dimensioni nel caso di leghe ternarie o superiori. I diagrammi di stato per un solo componente, come si vedr meglio in seguito, sono dei grafici che rappresentano landamento della pressione in funzione della temperatura per un determinato materiale e quindi le fasi in cui esso pu esistere e gli equilibri tra le varie fasi. Nel caso di diagrammi di stato a due componenti, oltre a pressione e temperatura, bisogna prendere in considerazione anche la concentrazione (frazione molare) di uno dei due componenti. Pertanto si considera costante la pressione totale e si ottiene un diagramma bidimensionale dove le variabili sono temperatura e composizione. I diagrammi di stato per le leghe si ottengono sperimentalmente facendo fondere le miscele, raffreddando il liquido ottenuto e riportando in grafico la temperatura in funzione della frazione molare di uno dei due componenti. In fig. 53 riportato un ipotetico diagramma di stato binario nel quale fra i due elementi si ha una completa miscibilit allo stato liquido e, allo stato solido completa immiscibilit di B in A e solubilit parziale di A in B. La linea a-e-b detta linea del liquidus e separa il campo di esistenza della fase liquida dai campi sottostanti di coesistenza delle fasi soli