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Corso di alfabetizzazione di latino Livello 1 Materiali Dott. Zenoni

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Corso di alfabetizzazione di latino

Livello 1

Materiali Dott. Zenoni

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DETERMINAZIONI DI LUOGO

Il complemento di luogo può esprimere quattro diverse nozioni e rispondere a quattro domande:

1) stato in luogo: ubi? (dove?)

2) moto a luogo: quo? (verso dove?)

3) moto da luogo: unde? (da dove?)

4) moto per luogo: quā? (per dove?)

STATO IN LUOGO

Lo stato in luogo indica il luogo nel quale ci si trova o entro il quale avviene un movimento. Questa

determinazione è generalmente espressa in latino con l’ablativo preceduto dalla preposizione in e si trova

in dipendenza da verbi o da nomi indicanti stasi , quiete (sum, moror, abito, domicilium, sedes) oppure in

dipendenza da verbi e da nomi indicanti movimento all’interno di un luogo determinato (ambulo, ambulatio)

Il complemento di stato in luogo espresso da nomi di città o di villaggio o di piccola isola (ovvero quella che

ha lo stesso nome del capoluogo) è reso:

a) In caso locativo se nomi della 1° e 2° declinazione singolari

Brutus Romae natus est, Rhodi eloquentiam didicit.

b) Con l’ablativo senza preposizione con i nomi della 1° e 2° declinazione plurali e con quelli della

terza sia singolari che plurali.

Syracusis est fons, cui nome est Arethusa.

Con i nomi domus, rus “ campagna “ per esprimere lo stato in luogo si usa il caso locativo (domi, ruri).

Questo caso si adopera anche nelle locuzioni domi militiaeque “in pace e in guerra” e humi “a terra”; ruri

“in campagna”. Locativo è un antico caso con uscita in –ī: serviva a localizzare nello spazio e nel tempo:

tempori “in tempo”. Così locativi e non genitivi sono quelli che indicano lo stato in luogo coi nomi propri di

città della 1a e 2a declinazione (Romae < Roma-i), Tarenti, ecc. Dal fatto che le trasformazioni fonetiche

abbiano eguagliato formalmente locativo nacque la scorretta dizione di «genitivo locativo».

Es: Aqua humi diffusa est.

NB: lo stato in luogo si può rendere anche con ad, apud, prope, circa + accusativo, per indicare vicinanza;

pro, prae, sub con l’ablativo; contra + accusativo.

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MOTO A LUOGO

Il luogo verso il quale ci si dirige si esprime con l’accusativo preceduto da in o ad. Più precisamente si

adopera in quando si indica ingresso in un luogo e ad quando si indica avvicinamento verso un luogo.

Sempre ad con le persone.

Incolae in silvestres montes confugit

Venit mihi in mentem Catonis

Te oro ut ad me statim venias

Originariamente il moto a luogo si esprimeva con l’accusativo semplice (detto lativo). Quest’uso, rimasto

frequente presso i poeti, nella prosa classica si è conservato:

Si usa l’accusativo senza preposizione in 3 casi:

a) con i nomi propri di città, villaggio e di piccola isola

Roscius Capuam pervenit.

b) Con i nomi domus e rus (ma domum è preceduto da in/ad quando ha il significato di famiglia come

nell’esempio Octavius in suam domum consolatus primus intulit)

Nunc domum eo

c) Con alcuni nomi di regione o di grande isola di origine greca, come Cyprum, Creta.

MOTO DA LUOGO

Il luogo dal quale si parte o si proviene si esprime in latino con l’ablativo preceduto dalle preposizioni a,

ab, e, ex, de.

Differenze:

• a / ab con le persone o per esprimere movimento nelle vicinanze → A Caesare redire;

• e / ex propriamente vuol dire «dall’interno di» → Ex castris exire;

• de propriamente significa «dall’alto di» → De sella exsiluit «Saltò giù dalla sella».

Con un nome proprio di città, di villaggio o di piccola isola e con domus e rus è la regola l’ablativo

semplice.

Es: Hannibal Carthagine expulsus est

Es : Antonius rure provenit

MOTO PER LUOGO

Il luogo attraverso il quale si passa di esprime in latino con per + accusativo, sia che si tratti di un nome

comune, sia che si tratti di un nome proprio di città, regione, isola, ecc.

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Quando però si intende indicare il mezzo o il passaggio obbligato attraverso il quale si passa, come pons,

via, porta, terra, mare si usa per lo più l’ablativo semplice.

Es: Nero porta salaria exiit. “Nerone uscì attraverso la porta Salaria”

Erant omnino (avv. “in tutto”) itinera duo, unum per Sequănos, alterum per provinciam nostra.

IL SISTEMA DEL SUPINO

Chiamiamo sistema del supino l’insieme dei tempi che derivano dal tema del supino, distribuiti nei diversi

modi. Questi tempi si formano allo stesso modo nelle quattro coniugazioni, come nel caso del sistema del

perfetto, in quanto si aggiungono al tema del supino le medesime uscite e terminazioni per le quattro

coniugazioni. Ciò che vale per il verbo amāre varrà anche per monēre, legĕre e audīre. Il tema del supino ci

viene fornito direttamente dal vocabolario e si ricava togliendo dal supino la terminazione in –um.

amatum → amat-

monitum → monit-

lectum → lect-

auditum → audit-

Fanno parte del sistema del supino i seguenti tempi verbali:

• participio futuro delle quattro coniugazioni, che si forma aggiungendo al tema del supino le

terminazioni –urus, -ura, -urum:

amaturus, amatura, amaturum “che amerà”.

• infinito futuro , che si ottiene aggiungendo al tema del supino le terminazioni:

-urum, -uram, -urum; -uros, -uras, -ura + esse “stare per amare”.

• indicativo perfetto passivo: participio perfetto al nominativo + verbo sum al presente indicativo

missus sum “sono stato mandato, fui mandato”.

• indicativo piuccheperfetto passivo: participio perfetto al nominativo + verbo sum all’imperfetto

indicativo.

laudati erant “erano stati lodati”

• indicativo futuro anteriore passivo: participio perfetto al nominativo + verbo sum al futuro semplice

missus eris “sarai stato mandato”

• congiuntivo perfetto passivo: participio perfetto al nominativo + verbo sum al congiuntivo presente.

auditus sim “che io sia stato udito”

• congiuntivo piuccheperfetto passivo: participio perfetto al nominativo + verbo sum al congiuntivo

imperfetto.

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amatus essem “che io fossi stato amato”

• infinito perfetto passivo: participio passato (di solito all’accusativo) + esse

amatum esse “essere stato amato”.

• infinito futuro passivo (raro)

• participio perfetto: monitus, a, um “ammonito, ammonita”.

LE PARTICOLARITÀ DELLA QUARTA DECLINAZIONE

PARTICOLARITÀ DEL CASO

1) Alcuni nomi nel dativo e nell’ablativo plurale prendono la desinenza –ubus anziché –ibus. Essi sono:

DATIVO E ABLATIVO PLURALE

acus, -us “ago” acubus

arcus, -us “arco” arcubus

lacus, -us “lago” lacubus

quercus, -us “quercia” quercubus

specus, -us “grotta” specubus

artus, -us “arto” artubus

partus, -us “parto” partubus

tribus, -us “tribù” tribubus

Il nome portus, “porto” nel dativo e nell’ablativo plurale presenta sia la desinenza -ibus che quella in

–ubus.

2) Il sostantivo domus, f. “la casa”, in alcuni casi presenta l’alternarsi di desinenze della quarta

declinazione con desinenze della seconda. Probabilmente esso in origine apparteneva alla seconda

declinazione e solo più tardi fu assimilato alla quarta. Notevole è il caso locativo domi, per esprimere lo

stato in luogo. Per esprimere il moto a luogo e il moto da luogo domus non si serve della preposizione

avvalendosi per il moto a luogo dell’accusativo semplice (domum “a casa, in patria”) e per il moto da

luogo dell’ablativo semplice (domo, “da casa, dalla patria”).

Ecco il prospetto di declinazione:

CASI SINGOLARE PLURALE

NOM. domus domus

GEN. domus domuum / domōrum

DAT. domui / domo domibus

ACC. domum domus/ domos

VOC domus domus

ABL. domu /domo domibus

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3) Altri nomi presentano desinenze della seconda declinazione accanto a quelle della quarta. Ad

esempio senatus, tumultus ed exercitus nel genitivo singolare alternano la desinenza in –us con quella in

–i: senatus / senati.

4) Al contrario alcuni nomi di pianta della seconda declinazione nel genitivo singolare accanto alla

desinenza –i possono assumere quella in –us della quarta. Essi sono: fagus “il faggio”, cupressus “il

cipresso”, pinus “il pino” → gen. sing. fagi/ fagus .

5) Sono tipiche e frequenti alcune espressioni definite come “ablativi formulari”, ricordiamone alcune:

ductu “sotto la guida”, hortatu “per esortazione”, impulsu “sotto la spinta”, iniussu “senza il comando”,

iussu “per ordine”, postulatu “per richiesta”. Questi ablativi vogliono dopo di sè il genitivo.

6) Il nome proprio Iesus, m. “Gesù” si declina così:

7) Vanno ricordate, perché di uso frequente nei testi, alcune locuzioni come domi militiaeque (

letteralmente: “in casa e nell’impresa militare”) e domi bellique (letteralmente: “in casa e in guerra”) che

vanno rese entrambe con l’espressione “in pace e in guerra”.

LE PARTICOLARITÀ DELLA QUINTA DECLINAZIONE

1) Il nome dies può essere ora di genere maschile ora di genere femminile: più precisamente, nel

singolare è maschile quando indica genericamente il giorno, lo spazio di ventiquattro ore; invece è

femminile quando indica la data, il giorno stabilito o quando vale genericamente come “tempo”; nel

plurale invece dies è sempre di genere maschile. Maschile è pure il composto meridies

“mezzogiorno”. NB: nel genitivo singolare la –e – della terminazione –ei è lunga se la lettera che

precede è una vocale (di-ēi); mentre è breve se la vocale che precede è una consonante: fid-ĕi.

CASI SINGOLARE

NOM. Iesus

GEN. Iesu

DAT. Iesu

ACC. Iesum

VOC Iesu

ABL. Iesu

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2) Fra i nomi appartenenti alla quinta declinazione soltanto res e dies sono adoperati in tutti i casi del

singolare e del plurale. Invece sei nomi hanno soltanto il singolare con tutti i casi, mentre nel plurale si

adoperano soltanto nei casi retti . Essi sono

acies “schiera”

effigies “effigie”

facies “aspetto, faccia”

series “serie, successione”

species “forma, bellezza”

spes “speranza”

3) Il nome res, “cosa”, di significato generico (anche se usato singolarmente può essere reso con

“evento, fatto, circostanza, situazione”), acquista di volta in volta più preciso significato quando è unito

a un aggettivo.

res publica “lo Stato”

res militaris “l’arte della guerra”

res rustica “l’agricoltura”

res gestae “le imprese”

res adversae “le avversità”

res secundae “le circostanze favorevoli, i successi”

res familiaris “il patrimonio”

res novae “le novità, i rivolgimenti politici”

res divina “il sacrificio”

res navalis “l’arte della navigazione”

res Romana “la potenza romana, lo stato romano”

Proprio per la sua genericità, laddove in italiano è accompagnato da un aggettivo o da un pronome, in

latino il nome res si omette e l’aggettivo si pone al neutro:

iustum = la cosa giusta, il giusto iusta = le cose giuste.

Ciò tuttavia si verifica solamente nei casi diretti, nominativo e accusativo; nei casi obliqui il nome

res viene sempre espresso:

Amo bona “Amo le cose buone”

Amor rerum bonarum “L’amore della cose buone”

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LE PROPOSIZIONI FINALI

Le proposizioni finali esprimono il fine o lo scopo per cui si compie l’azione della reggente. In latino la

proposizione finale è introdotta da:

o ut (affinché) o uti (forma arcaica) se la finale è affermativa;

o ne (affinché non) se la finale è negativa.

Ed è espressa con un

o congiuntivo presente se la finale dipende da una reggente con un tempo principale (presente, futuro

semplice e anteriore, imperativo…);

o congiuntivo imperfetto se la finale dipende da una reggente con un tempo storico (imperfetto, perfetto,

piuccheperfetto…).

Esempi:

Nympharum pulcherrimam connubio iungam tibi, ut tecum omnes annos exigat (PRESENTE CONGIUNTIVO

PERCHÉ DIPENDE DA UN FUTURO)

“Unirò in matrimonio con te la più bella delle Ninfe affinché trascorra con te tutti gli anni”

Athenienses cursorem Lacedaemonem miserunt ut nuntiaret opus esse auxilio (IMPERFETTO CONGIUNTIVO

PERCHÈ DIPENDE DA UN PERFETTO)

“Gli Ateniesi mandarono un corriere a Sparta per annunciare la guerra”

A volte, al posto di ut, la finale è introdotta da quo (ablativo con valore avverbiale) se al suo interno è

presente un comparativo. In questo caso se la finale è negativa si usa sempre ne.

Eo scripsi, quo plus auctoritatis haberem (Cicerone, Laelius)

“Scrissi ciò per ottenere una maggiore autorevolezza”

Se le proposizioni finali negative sono due, la seconda è introdotta da neve o neu, se invece una prima finale

è affermativa e una seconda negativa, quest’ultima sarà introdotta da neque.

In italiano le finali si traducono con affinché/perchè più il congiuntivo (presente o imperfetto a seconda di

come è in latino) e questa è la forma esplicita oppure con per e l’infinito (forma implicita).

Ci sono comunque altri modi per esprimere le finali e sono i seguenti:

1) QUI , QUAE, QUOD E CONGIUNTIVO (sempre nei tempi presente e imperfetto) → RELATIVA AL

CONGIUNTIVO.

Caesar equitatum, qui sustineret hostium impetum, misit.

“Cesare inviò la cavalleria per sostenere l’assalto dei nemici”.

2) AD + ACCUSATIVO DEL GERUNDIO (sostantivo verbale che declina l’infinito) O DEL GERUNDIVO

(aggettivo verbale che concorda in genere, numero e caso con il sostantivo a cui è riferito, essendo una

forma passiva è presente nella coniugazione dei verbi transitivi attivi e deponenti)

Pompeius ad cohortandos milites decucurrit.

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“Pompeo accorse per incoraggiare i soldati”.

3) participio futuro (raro)

Nero procurrit quasi praecipitaturus se in Tiberim.

“Nerone si mise a correre come per gettarsi nel Tevere”

4) participio presente (raro)

Peteliti legatos ad senatum auxilium implorantes miserunt.

“Gli abitanti di Petelia mandarono ambasciatori al senato per implorare aiuto”.

5) SUPINO IN –UM (IN DIPENDENZA DA VERBI DI MOVIMENTO )

Hannibal ab Italia patriam defensum revocatus est.

“Annibale fu richiamato dall’Italia per difendere la patria”.

6) GENITIVO DEL GERUNDIO O DEL GERUNDIVO + CAUSĀ O GRATIĀ

Hoc non feci inflammandi tui causā sed testificandi amoris mei causā.

“Non ho fatto questo per infiammarti ma per testimoniarti il mio amore”.

CUM E CONGIUNTIVO

È un costrutto tipico della lingua latina, con il quale si determina una circostanza – tempo, causa o altro –

che accompagna lo svolgimento di un dato fatto. È detto anche cum narrativo o cum historicum in quanto

frequente nelle descrizioni di avvenimenti storici. Il valore preciso di tali frasi circostanziali è ricavabile

solo dal contesto: per lo più si situa tra il valore temporale e causale ma il cum e congiuntivo può avere

anche valore concessivo, avversativo.

Come si traduce in italiano?

Con un generico gerundio, presente (mangiando) o passato (avendo mangiato) ma non sempre è la

traduzione migliore.

Es: Chabrias multa in Europa bella administravit, cum dux Atheniensium esset.

“ Cabria diresse molte guerre in Europa, essendo (mentre era, poiché era…) il comandante degli Ateniesi”.

Es: Chabrias multa in Europa bella administravit, cum dux Atheniensium fuisset. “Cabria…Europa,

essendo stato (poiché era stato, dopo che era stato) comandante degli Ateniesi” .

Meglio tradurlo con una subordinata temporale, causale, concessiva.

I tempi del congiuntivo sono in latino determinati:

� Dal tempo della principale;

� Dal rapporto temporale di contemporaneità o di anteriorità esistente tra subordinata e principale.

Ne risulta lo schema ( it. = traduzione italiana ):

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Domum tuam non venio (veniam) cum aegrotus sim.

CONTEMPORANEITÀ RISPETTO A UN TEMPO PRESENTE

“Non vengo (verrò) a casa tua, essendo (poiché sono) malato”

Domum tuam non veni (veniebam, veneram) cum aegrotus essem.

CONTEMPORANEITÀ RISPETTO A UN TEMPO PASSATO

“Non venni (venivo, ero venuto) a casa tua, essendo (poiché ero) malato”.

Domum tuam non venio (veniam) cum aegrotus fuerim.

ANTERIORITÀ RISPETTO A UN TEMPO PRESENTE

“Non vengo (verrò) a casa tua, essendo stato (poiché sono stato) malato”.

Domum tuam non veni (veniebam, veneram) cum aegrotus fuissem.

ANTERIORITÀ RISPETTO A UN TEMPO PASSATO

“Non venni (venivo, ero venuto) a casa tua, essendo stato (poiché ero stato) malato”.

IL CONGIUNTIVO

Il congiuntivo, che è il modo della soggettività, esprime un’azione pensata come possibile, eventuale e

supposta e, pur essendo usato di solito in proposizioni dipendenti, in certi casi può essere anche il verbo di

proposizioni principali (congiuntivi indipendenti). In tal caso può avere valore esortativo, desiderativo,

concessivo, potenziale, dubitativo, irreale e suppositivo.

A. IL CONGIUNTIVO ESORTATIVO (negazione: ne)

Tempo della principale Rapporto di

contemporaneità

Rapporto

di anteriorità

Tempo presente (presente,

futuro semplice e anteriore)

Cum + congiuntivo

presente ( it. gerundio

presente; poiché, mentre +

presente)

Cum + congiuntivo perfetto

(it. gerundio passato; poiché,

dopo che, quando + passato)

Tempo storico (imperfetto,

perfetto, piuccheperfetto)

Cum + congiuntivo

imperfetto ( it. imperfetto

indicativo)

Cum + congiuntivo

piuccheperfetto (it.

trapassato indicativo)

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Questo tipo di congiuntivo esprime una esortazione, un invito, un consiglio e, a volte, anche un comando. Il

tempo del congiuntivo esortativo è sempre il presente e la negazione usata per indicare un invito negativo è

ne.1

Vivemus, mea Lesbia, atque amemus “Viviamo mia Lesbia, e amiamo”

Ne difficilia optemus “Non desideriamo le cose difficili”

Quando ad un congiuntivo esortativo positivo ne segue un altro con valore negativo, quest’ultimo si lega al

primo mediante la congiunzione neque ( = e non); due esortative negative vengono collegate dalla

congiunzione neve (o neu). Se il congiuntivo esortativo è rivolto a una seconda persona singolare e

plurale, ed ha quindi valore più propriamente proibitivo, il latino preferisce per lo più usare il perfetto

anziché il presente. È questo uno dei modi per esprimere l’imperativo negativo.

Tu ne quaesieris “Non chiedere”.2

Il congiuntivo esortativo viene usato soprattutto alla prima persona singolare e plurale in sostituzione

dell’imperativo presente, privo di queste forme.

L’imperativo nella forma affermativa esprime un ordine, mentre nella forma negativa un divieto.

IMPERATIVO AFFERMATIVO

Dell’imperativo affermativo in latino esistono due tempi:

a) l’imperativo presente che possiede solo la seconda persona singolare e plurale (per le altre persone si

ricorre infatti al congiuntivo esortativo) e che talvolta può essere rafforzato con formule del tipo age,

agedum (orsù) o attenuato da locuzioni come obsecro te (ti prego), quaeso (per favore), si me amas (se

mi vuoi bene)

Patres conscripti, consulite vobis “Senatori, provvedete a voi stessi”

b) l’imperativo futuro , che ha la seconda e la terza persona singolari e plurali e che è usato abitualmente

per esprimere un comando che deve essere eseguito dopo un certo tempo o è abituale. Esso è adoperato

per lo più nelle leggi, nelle sentenze, nei testamenti .

Deorum Manium iura sancta sunto (Leggi delle XII tavole) “I diritti degli Dei Mani siano (sempre)

inviolabili.

IMPERATIVO NEGATIVO

L’imperativo negativo, detto anche proibitivo, può essere espresso in latino in vari modi:

a) ne (o un pronome o un avverbio negativo) + presente congiuntivo con valore esortativo (nella seconda

persona singolare e plurale si adopera più spesso il perfetto congiuntivo).

Ne hoc feceris “Non fare ciò”

b) ne + imperativo affermativo (poco usato, per lo più in testi antichi)

Ne lege “Non leggere”

c) noli/nolite + infinito presente 1 Quando invece si nega una sola parola si usa il non. Raramente viene utilizzato al di fuori di questo uso, ed è comunque particolarmente energico. Non mancano esempi classici, specie poetici: A legibus non recedamus (Cic.); Non sint sine lege capilli (Ov.). 2 Questo perfetto ha valore di presente.

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Nolite, senatores, me frustra a vobis auxilium petere “O senatori, non sia che io chieda invano aiuto da

voi”

d) fac/facite ne, vide/videte ne + presente congiuntivo

Fac ne quid aliud cures hoc tempore “Non preoccuparti di altro in questo momento”

e) cave/cavete + presente o perfetto congiuntivo

Cave venias “Non venire”

NB: l’imperativo futuro si esprime premettendo ne alla forma dell’imperativo futuro .

Hominem mortuum in urbem ne sepelito (XII tavole) “Non seppellirai un defunto all’interno della città”.

Imperativi tronchi o apocopati:

Si definiscono così quelle forme di imperativo presente che alla 2° persona singolare vedono la caduta della

vocale finale di parola. L’apocope è infatti un fenomeno fonetico caratterizzato dalla perdita di uno o più

suoni in fine di parola.

Da ricordare, perché frequenti nei testi, le seguenti forme:

dic ( < dico) “dì”

duc (< duco) “conduci”

fac (< facio) “ fa’”

fer (< fero) “porta”

LE COMPLETIVE CON UT CON VALORE VOLITIVO (NEGAZIONE : NE)

Queste proposizioni hanno valore volitivo, in quanto determinano locuzioni e verbi indicanti per lo più

obiettivo da raggiungere. Per la loro natura sono assai simili alle proposizioni finali con le quali spesso

vengono accomunate. Per quanto riguarda i rapporti temporali le volitive con ut seguono le norme della

consecutio tempŏrum ( ovvero la legge che regola il rapporto temporale tra la reggente e la subordinata al

congiuntivo o tra le varie subordinate al congiuntivo) e siccome esprimono un rapporto di sostanziale

contemporaneità nei confronti delle proposizioni reggenti, possono presentare solamente il presente e

l’imperfetto congiuntivo . Sono rette da verbi e locuzioni come:

1) verbi che significano chiedere come peto, oro, rogo, opto, impetro; verba postulandi.

A te peto, ne id facias “ Ti chiedo di non farlo”.

2) verbi col significato di esortare, consigliare come “hortor”, esorto “ suadeo”, cogo “costringo”,

“induco”, impello “spingo” verba hortandi et imperandi

Patri persuasi ut aes alienum filii dissolveret → “Ho persuaso il padre a saldare il debito del figlio”.

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3) verbi che significano ottenere, meritare, concedere come “permitto, concedo, mereo, assequor”;

Lex permittit ut furem noctu liceat occidere → “La legge consente che sia lecito uccidere in ladro di notte”.

4) locuzioni come convenit “si addice”, placet “ piace”, consilium mihi est “ ho intenzione di”, tempus est,

ius est, lex est.

Mihi placuit ut Graecas orationes explicarem → “Mi è piaciuto tradurre orazioni greche”.

La negazione è sempre ne.

LE PROPOSIZIONI COMPLEMENTARI DICHIARATIVE ( ut/ut non)

Sono proposizioni complementari con valore dichiarativo e sono espresse al congiuntivo secondo le norme

della consecutio temporum. Sia nell’uso delle congiunzioni subordinanti (ut e ut non per la negazione) sia,

in qualche modo, nel significato sono vicine alle consecutive. Esse si trovano in dipendenza da verbi o

locuzioni che esprimono:

1) ACCADIMENTO , come est, fit, evenit, accidit (“accade”), fieri potest (“può accadere”), futurum est (“sta

per accadere”), contingit (“succede”):

Forte evenit ut agrestes Romani ex Albano agro praedas in vicem agerent.

“Per caso accadde che i contadini romani facessero prede dalla campagna di Alba”.

2) CONSEGUENZA O RISULTATO , come facio, efficio, perficio (“faccio in modo”); sequitur (“ne consegue”),

restat (“resta”):

Restat ut in castra Bruti nos conferamus.

“Resta che ci rechiamo nell’accampamento di Bruto”.

Sequitur ut de hac disseramus.

“Ne consegue che discutiamo di questo”.

3) ESPRESSIONI come mos est (“è uso”), consuetudo est (“è consuetudine”), verum est (“è vero”),

iustum/aequum est (“è giusto”), locus est (“è il momento”):

Iustum est ut tuus servus tuo arbitratu serviat.

“È giusto che il tuo servo ti serva secondo il tuo piacere”.

Mos est hominum ut nolint eundem pluribus rebus excellere .

“È costume degli uomini non volere che uno stesso (eundem) eccella in molte cose”.

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IL PERIODO IPOTETICO

Il periodo ipotetico è costituito da due proposizioni collegate tra loro da un nesso logico: l’una, detta pròtasi

(propriamente “premessa”), contiene la condizione necessaria perché si verifichi o no quanto è espresso

nell’altra proposizione, chiamata apodosi (letteralmente “restituzione”).

Es: Se pagherai il biglietto, entrerai a teatro.

La prima proposizione, la protasi è una proposizione subordinata di tipo condizionale, mentre l’apodosi è la

proposizione principale. L’ordine di collocazione delle due proposizioni può essere invertito, senza che il

contesto muti nel suo significato.

In latino la protasi del periodo ipotetico è introdotta dalla congiunzione si, “se”, “qualora”, “laddove”, la cui

negazione è nisi,3 “se non”, “quando non” (quando non si nega l’’intera protasi ma soltanto un termine, si

adopera si non ). Conformemente al suo valore originario, si ha di regola nisi e l’indicativo nel senso

avverbiale di «eccetto, salvo» (Nihil aliud facio nisi lego “Non faccio altro che leggere”, non aliter nisi,

nisi quod, nisi forte, nisi vero).

Il periodo ipotetico può esprimere due forme del pensiero:

1) L’oggettività, che considera un evento come un dato reale, cioè che si verifica nella realtà → periodo

ipotetico di 1° tipo o della realtà/oggettività

2) La soggettività, che considera un evento come eventuale e possibile o impossibile secondo il giudizio del

soggetto → periodo ipotetico di 2° tipo o della eventualità/possibilità

→ periodo ipotetico di 3° tipo o dell’irrealtà

Il periodo ipotetico può essere indipendente, o dipendente da una proposizione reggente. Per ora analizziamo

il periodo ipotetico indipendente, che può essere di tre tipi.

IL PERIODO IPOTETICO INDIPENDENTE

1) IL PRIMO TIPO

È quello in cui si pone una premessa oggettiva a cui segue un’affermazione ugualmente reale.

Presenta sia la protasi che l’apodosi al modo indicativo, di cui sono usati tutti i tempi. Il si è spesso

rafforzato da quidem (anche una sola parola, siquidem) col senso di «se è vero che».

Si de finibus controversia est, Druides decernunt

“Se c’è una questione riguardo ai confini, decidono i Drudi”

Si hoc dicis, erras “Se dici ciò, sbagli”.

2) IL SECONDO TIPO

Questo tipo, detto della possibilità, è quello in cui l’apodosi mostra un dato supposto soggettivamente come

eventuale o possibile nel presente o nel futuro, da cui necessariamente dipende il verificarsi di quanto è

detto nella protasi, che dunque si presenta pure come possibile o eventuale.

3 Nisi (da nĕ + si) vale propriamente «a meno che, tranne il caso che». Successivamente nisi prese anche il senso di «se non, nel caso che non», divenuto prevalente.

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Questo tipo di periodo ipotetico afferma una possibilità futura. In italiano abbiamo la protasi al congiuntivo

imperfetto, mentre l’apodosi è al condizionale presente. In latino si ha il congiuntivo presente

(raramente perfetto) nella protasi e il congiuntivo presente nell’apodosi.

Nisi per te sapias, frustra sapientem audias “Se non fossi saggio per tuo conto, invano ascolteresti il

saggio”.

In latino comunque il secondo tipo di periodo ipotetico è piuttosto raro, e usato per lo più per determinate

locuzioni o exempla ficta, esempi fittizi. Le locuzioni più comuni sono:

dies deficiat, si enumerare velim “mi mancherebbe il tempo se volessi enumerare”

mentiar, si dicam “mentirei, se dicessi”

si vita me deficiat, praeclarum putem “dovessi morire, stimerei cosa egregia”

si iste sim, sic agam “se fossi in lui, agirei così”

3) IL TERZO TIPO

Nel periodo ipotetico di terzo tipo, o dell’irrealtà, si formula un’ipotesi contraria alla realtà dei fatti o che

si ritiene irrealizzabile. Si nega una realtà presente (Es: se avessi i mezzi [ma non li ho], acquisterei una

villa). In italiano si ha l’imperfetto nella protasi e il condizionale presente nell’apodosi, per esprimere

l’irrealtà nel presente (“Se fossi Giove [ma non lo sono], governerei su tutti”), il congiuntivo trapassato nella

protasi e il condizionale passato nell’apodosi, per esprimere l’irrealtà nel passato (“se fossi stato Giove [ma

non ne ho avuto la possibilità], avrei governato su tutti”).

In latino i tempi sono:

a) imperfetto congiuntivo (sia nella apodosi che nella protasi) se l’irrealtà è nel presente;

Si Caesar viveret, non ab omnibus laudarētur”Se Cesare vivesse [ma non vive!], non sarebbe lodato da

tutti”

b) piuccheperfetto congiuntivo (sia nella apodosi che nella protasi) se l’irrealtà è nel passato.

Si occidisset, recte fecisset, sed non occidit

“Se avesse ucciso, avrebbe fatto bene, ma non uccise”

Minus cruenta victoria fuisset, si patentiore campo esset pugnatum “La vittoria sarebbe stata meno cruenta,

se si fosse combattuto su un campo più aperto [patentiore, comparativo]”.

Al posto del piuccheperfetto congiuntivo, nell’apodosi del periodo ipotetico di terzo tipo, con riferimento

al passato, si possono trovare tutti i tempi dell’indicativo e precisamente:

A. il perfetto, l’imperfetto e il piuccheperfetto in presenza di verbi che significano potere e dovere:

Deleri totus exercitus potuit, si fugientes persecuti victores essent “L’esercito avrebbe potuto essere

distrutto tutto quanto, se i vincitori avessero inseguito i fuggitivi”.

B. il perfetto obbligatoriamente, con gli avverbi paene (“quasi”) e prope (“quasi”).

Caesar paene Aethiopia tenus Aegyptum penetravit, nisi exercitus sequi recusavisset

“Cesare per poco non percorreva l’Egitto fino all’Etiopia, se il suo esercito non si fosse rifiutato di seguirlo”.

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Esercizio sulla terza declinazione. Cerca di risalire al nominativo dei seguenti sostantivi declinati. Poi

traduci.

ducis

frugi

florum

mores

orationi

urbe

Ciceronis

turrim

pietatem

ruri

libertatem

pectore

magnitudinem

principibus

oratore

plebe

legionibus

hominibus

iuris

decoris

arboris

facinori

lacunarium

vocis

carmini

peditis

mores

vectigali

consules

patres

legionibus

iudices

preces

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virtutis

noctis

denti

agminis

imperatore

equitis

gentes

calcaris

iudicem

aetate

aromatis

lactis

nepotis

longitudinem

plebibus

montibus

fontis

militum

tribunali

capite

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Nei seguenti enunciati mettete in luogo dei puntini il piuccheperfetto congiuntivo (attivo o passivo a

seconda del senso) dei verbi tra parentesi:

1. Si hostem pugnam (committere)…………………………………. ab equitibus nostri (repellere)

……………………

2. Si Troiani equum ligneum (delere) …………………., urbs Troia a Graecis non

(incendere)……………………

3. Castra hostium a nostri (occupare)……………………, si impetus legionum vehementior

(esse)…………….

4. Nisi Cicero Catilinae coniuratione (detegere)…………………., res publica Romanorum a coniuratis

(evertere)…………………………

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Trasforma in esortativi gli enunciati sotto riportati:

1. Boni magistri laudant bonos discipulos.

2. Dux amat milites strenuos.

3. Boni cives leges patriae colunt.

4. Pectora civium muniunt urbem.

5. Vir probus non tolerat iniurias.

6. Boni discipuli studia litterarum non neglegunt.

7. Non sumus pavidi amici veritatis.

LA COMPARAZIONE

Quando, riguardo a una determinata qualità, si pongono a confronto due termini ( primo e secondo termine

di paragone ), possiamo avere:

comparativo di uguaglianza → «Mario è tanto alto quanto Giulio»

comparativo di minoranza → «Mario è meno alto di Giulio»

comparativo di maggioranza → «Mario è più alto di Giulio»

NB: quando parlo di aggettivo al grado positivo indico l’aggettivo usato nella sua forma originaria per

designare una qualità: velox, bonus.

1. In latino il COMPARATIVO DI UGUAGLIANZA si esprime con

tam ( + aggettivo al grado positivo )…. quam → Marius tam altus est quam Iulius

sic ( + aggettivo al grado positivo ) …ut → Marius sic altus est ut Iulius

aeque ( + aggettivo) ..atque (ac) → Marius aeque altus est atque Iulius

Il secondo termine di paragone è nello stesso caso del primo.

Puto Terentiam ( accusativo ) tam pulchram quam Corneliam.

2. Il COMPARATIVO DI MINORANZA premette l’avverbio minus all’aggettivo, e quam al secondo termine,

posto nel caso del primo termine:

Marius minus altus est quam Iulius.

3. Il COMPARATIVO DI MAGGIORANZA ha la forma dell’intensivo –ior, -ius

Il secondo termine di paragone si esprime con

● quam + caso del primo termine

● in ablativo ( purchè il primo termine sia in nominativo o in accusativo)

Marius altior est quam Iulius / Marius altior est Iulio.

Se il secondo termine è in caso obliquo (genitivo, dativo, ablativo) richiede quam + il caso del primo

termine.

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Aestate noctes breviores sunt quam hieme

D’estate le notti sono più brevi che d’inverno.

REGOLA PER LA FORMAZIONE DEL COMPARATIVO DI MAGGIORANZA

Tema dell’aggettivo (ottenuto togliendo la desinenza del genitivo)

+ → suffisso -ior per il maschile e femminile

→ suffisso -ius per il neutro

es: validus, a, um → valid- ior / valid- ius

velox, velocis → veloc-ior / veloc- ius

La flessione presenta l’ablativo singolare in –e; genitivo plurale in –um; nominativo, accusativo e vocativo

plurale neutro in –a.

Molto usato in presenza della comparazione è il COMPLEMENTO DI LIMITAZIONE.

Esso specifica entro quale limite e rispetto a che cosa vale ciò che si afferma o si nega.

In latino è espresso con un’ablativo.

Romani ceteras gentes gloriā bellicā antecesserunt → I Romani superarono gli altri popoli nella gloria

militare.

Ricordo anche come il latino può esprimere una qualità in grado più o meno elevato mediante l’aggiunta di

prefissi o di avverbi, oltre che mediante l’aggiunta del suffisso –ior, -ius. In questo casi non è presente il

secondo termine di paragone e le traduzioni sono le seguenti:

parum liberalis “poco nobile”, subagrestis “un po’ rozzo”, tardior “piuttosto, alquanto lento”, praeclarus

“famosissimo”, maxime contentus “contentissimo”

Importante è anche la COMPARATIO COMPENDIARIA, detta anche paragone abbreviato, in cui il secondo

termine di paragone, eliso, è sostituito direttamente, nello stesso caso, dal nome o dal sintagma che lo

determina.

Nostrum iter iucundius quam amicorum nostrorum fuit “Il nostro viaggio fu più felice di quello dei nostri

amici”.

IL SUPERLATIVO

Mentre l’italiano esprime due forme di superlativo:

1. superlativo assoluto: “ Luca è bravissimo”

2. superlativo relativo “ Luca è il più bravo studente della classe”

Il latino con una solo forma esprime entrambe le nozioni.

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Il superlativo REGOLARE di un aggettivo si forma aggiungendo al tema del grado positivo il suffisso –

issĭmus, -issĭma, -issĭmum e si declina come un aggettivo della I classe del tipo bonus, -a, -um.

Es: clarus, -a, -um → tema clar- → clarissimus, -a, -um.

turpis, -e → tema turp- → turpissimus, -a, -um.

Il superlativo, in quanto aggettivo, concorda col nome a cui si riferisce nel genere, nel numero e nel caso.

Il latino possiede solo una forma per esprimere sia il superlativo assoluto che quello relativo, solo il contesto

può suggerire il valore del superlativo latino.

Quando però compare il complemento partitivo il superlativo è sicuramente relativo.

Modi per esprimere il COMPLEMENTO PARTITIVO :

1. genitivo

2. e, ex + ablativo

3. inter + accusativo

Miles omnium ( ex omnibus, inter omnes ) fortissimus.

“ Il soldato più forte fra tutti”.

Ex Britannis longe sunt humanissimi qui Cantium incolunt

“Fra i Britanni sono di gran lunga (longe) i più civili quelli che abitano Canzio”

Croesus inter reges opulentissimus fuit

“Cresu fu il più ricco dei re”.

IL COMPARATIVO E IL SUPERLATIVO - PARTICOLARITÀ

1) AGGETTIVI IN –ER.

Formano il comparativo in maniera regolare, mentre il superlativo si ottiene aggiungendo al nominativo

stesso la terminazione –errimus, -a, -um.

POSITIVO COMPARATIVO SUPERLATIVO

Es: miser, -a, -um miserior, -ius miserrimus, -a, -um.

2) AGGETTIVI IN –ILIS

Comparativo regolare, superlativo ottenuto aggiungendo –ill ĭmus, -a, -um.

Sono 6 aggettivi della seconda classe a due uscite: facilis, difficilis, similis, dissimilis, gracilis, humilis.

POSITIVO COMPARATIVO SUPERLATIVO

Es: facilis facilior facillimus

3) AGGETTIVI IN –DICUS, -FICUS, -VOLUS

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Formano il comparativo aggiungendo la terminazione -entior, -entius e il superlativo aggiungendo la

terminazione entissĭmus, -a, -um.

POSITIVO COMPARATIVO SUPERLATIVO

Es: maledicus maledicentior maledicentissimus

4) AGGETTIVI IN –EUS, -IUS, -UUS

Presentano una vocale dinnanzi alla desinenza –us e dunque formano il comparativo ricorrendo ad una

perifrasi. Al grado positivo premettono magis per il comparativo e maxime per il superlativo .

POSITIVO COMPARATIVO SUPERLATIVO

Es: idoneus magis idoneus maxime idoneus.

COMPARATIVI E SUPERLATIVI IRREGOLARI

� CAMBIAMENTO DI TEMA NELLA FORMAZIONE DEL COMPARATIVO E DEL SUPERLAT IVO

GRADO POSITIVO COMPARATIVO SUPERLATIVO

bonus «buono» melior, melius optimus

malus «cattivo» peior, peius pessimus

magnus «grande» maior, maius maximus

parvus «piccolo» minor, minus minimus

multus «molto» plus plurimus

� COMPARATIVI E SUPERLATIVI DI IUVENIS E SENEX

Gli aggettivi iuvenis ( “giovane”) e senex (“vecchio”) presentano le seguenti forme di comparativo e di

superlativo.

GRADO POSITIVO COMPARATIVO SUPERLATIVO

iuvenis, is “giovane” iunior maxime iuvenis

minor natu admodum iuvenis

minimus natu

senex, senis “vecchio” senior maxime senex

maior natu admodum senex

maximus natu

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� COMPARATIVI E SUPERLATIVI RICONDUCIBILI AD AVVERBI O PREPOSIZIONI

Non hanno il grado positivo corrispondente e indicano per lo più un’idea di spazio o di tempo

AVVERBIO O PREPOSIZIONE COMPARATIVO SUPERLATIVO

infra “al di sotto” inferior infimus

ultra “di là” ulterior ultimus

supra superior supremus o summus

� AGGETTIVI PRIVI DI COMPARATIVI E SUPERLATIVI PROPRI

Mancano di forme proprie di comparativo e di superlativo o dell’una e dell’altra, la prendono da altri

aggettivi di significato simile.

GRADO POSITIVO COMPARATIVO SUPERLATIVO

ferus «feroce» ferocior ( da ferox ) ferocissimus

sacer sanctior ( da sanctus) sanctissimus

vetus «antico» vetustior ( da vetustus) vetustissimus o veterrimus

LE PROPOSIZIONI CONSECUTIVE

Esse esprimono la conseguenza dell’azione presentata nella reggente. In latino la proposizione consecutiva è

introdotta da:

a) ut (“che”) spesso in correlazione con sic, ita (“così”), tam, tantum, tantopere (“tanto”), tantus, a, um

(“tanto grande”) is, talis (“tale”), totiens (“tante volte”), eo, adeo (“a tal punto”)

b) ut non (“che non”).

ed è espressa con tutti i tempi del congiuntivo.

Per quanto riguarda più specificamente l’uso dei tempi del congiuntivo, va sottolineato che essi possono

essere anche liberi dalla subordinazione temporale propria del congiuntivo. Le consecutive non seguono

quindi la consecutio temporis.

Es: Ita est a me consulatus peractus, ut nihil sine consilio senatus egerim

“Il consolato è stato gestito da me in modo tale (ita) che non ho fatto nulla senza il parere del senato”

In questo caso la consecutio temporum non viene applicata, in quanto si ha un perfetto congiuntivo (egerim)

in dipendenza da un perfetto indicativo.

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Le norme della consecutio temporum vengono però osservate quando la consecutiva esprime una stretta

connessione con la reggente.

Il congiuntivo delle consecutive latine si rende per lo più con l’indicativo (di massima nello stesso tempo

del congiuntivo latino) oppure, se il soggetto è lo stesso della principale, in forma implicita con da + infinito.

Es: Atticus ita vixit ut universis Atheniensibus esset carissimus.

1) Attico visse in modo tale che era carissimo a tutti gli Ateniesi. (traduzione con indicativo imperfetto in

luogo di un congiuntivo imperfetto latino)

2) Attico visse in modo tale da essere carissimo a tutti gli Ateniesi. (forma implicita con da + infinito)

Es: Tam bonus es ut omnibus diligaris “Sei tanto buono da essere amato da tutti”

Cloze n.1

Completa le parti mancanti, seguendo la traduzione proposta tra parentesi:

Igitur ………………………… (“in pace e in guerra”), ut pax ………………. (“venisse mantenuta”), nostri

………………. (“antenati”) bonos ……………. (“costumi”) …………………….. (“avevano osservato”,

usa il vb colo) ; concordia maxuma, minima avaritia ………………. (“era stata”). Ius bonumque apud eos (

= presso di loro) non legibus magis quam natura valebat. Iurgia, discordias, simultates …………………

(“con i nemici”) exercebant, …………… (“i cittadini”) cum civibus ……………… (“in valore”)

…………………. (“gareggiavano”) In suppliciis deorum magnifici, domi parci, …………………….

(“verso gli amici”) fideles erant. Quarum (= “di queste”) rerum ego maxuma documenta ……………

(“possiedo”), quod ………………. (“in guerra”) saepe vindicatum est qui (= quelli che) contra imperium in

hostem pugnaverant. ………………….. (“delle discordie”) et certaminis utrimque finis fuit

…………………………………. (“la seconda guerra punica”), ………………….. (“dal momento che”)

Romani acriter ……………………… (“contro i Cartaginesi”) …………………. (“avevano combattuto”);

………………….. (“dopo la vittoria”), simultates exercere vacuum fuit, plurimae turbae et seditiones

genuerunt.

Nam ……………… (“tutti gli uomini”), qui se student praestare ceteris animalibus, summa ope contendere

decet, …………………. (“affinché non”) vitam silentio (“trascorrere”, usa il vb. transeo, es, transivi,

transitum), ……………………….. (“come le bestie”) , quae ( = che) natura prona atque ventri oboedientia

………………. (“plasmò”, usa il vb. fingo, is, finxi, fictum). Sed nostra omnis ………………. (“forza”) in

animo et ……………… (“nel corpo”) sita est, …………………. (“adoperiamo”, adhibeo, es,adhibui,

adhibitum, ēre) imperium ………………… (“dell’animo”) magis servitium ……………………. (“del

corpo”).

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Cloze n.2

Cum Hannibal …………………. (“Capua”), in qua ………………… (“l’esercito romano”) …………….

(“si trovava”), …………………. (“assediando”), Vibius Accaus, Paelignae ……………….. (“della coorte”)

praefectus, vexillum …………………….. (“al di là del vallo punico”) proiecit, se ………………………..

(“e i suoi commilitoni”) execratus (=maledicendo) si hostes signum cepissent; postea primus, …………

(“per”) vexillum ………………….. (“recuperare”), impetum ………………… (“promosse”) et universa

cohors post eum ………………… (“contro il nemico”) cucurrit. Cum Valerius Flaccus, ……………

(“tribuno”) tertiae legionis hoc (accusativo “ciò”) ……………….. (“vide”), ad suos conversus:

«Nos – inquit – ………………….. (“in qualità di osservatori”) alienae virtutis huc (=qui)

…………………… (“siamo giunti”): sed ……………….. (“sia lontano”, usa il vb. absum) dedecus a

sanguine nostro. Ego certe, aut speciosam optans mortem aut felicem audaciae exitum, vel solus procurrere

paratus sum».

Cum …………………. (“tali parole”) audivissent, Pedonius centurio, signum ……………………….. (“con

la mano destra”) retinens,………………………… (“ai suoi soldati”):

«Nostrum signum – inquit – intra hostile vallum mecum ………………. (“sarà”): mecum

……………………(“vengano”) qui (=coloro che) signum servare optant» et ………………………

(“nell’accampamento”) …………………. (“dei Cartaginesi”, usa Poeni) ………………… (“irruppe”, usa il

vb. irrumpo, is, irrupi, irruptum, ĕre) …………………………. (“tutta la legione”) secum ………………..

(“condusse”, usa il vb. traho, is, traxi, tractum, ĕre).

Cloze n. 3

Romulus, ………………… (“dopo che”) condidit …………………… (“la città”, usa civitas) quam ex

nomine suo ……………. (“Roma”)…………………. (“chiamò”), haec fere …………… (“realizzò”).

……………………… (“una moltitudine”) finitimorum in civitatem ………………… recepit, centum

……………………. (“fra gli anziani”) legit, quos …………………. (“senatori”) …………………..

(“nominò”) ………………………. (“per la loro anzianità”), ………….. (“affinché”)…………………

consilio omnia ageret. Tum, ………………… (“dal momento che”) ipse et ……………………… (“il suo

popolo”) …………………. (“mogli”) non habebant, invitavit ad spectaculum ludorum vicinas

…………………… (“alla città di Roma”) ………………… (“popoli”, usa natio, nationis) atque earum

…………………………. (“vergini”) ………………….. (“rapì”) ………………… (“affinché”) Romani eas

in matrimonium …………………. (“avere”) possent. ……………………………… (“A causa

dell’oltraggio”) raptarum ………………. (“una guerra”) commotum est: ………………………. (“dai

Romani”) Antemnates, Sabini, Fidenates, Veientes ………………………. (“furono sconfitti”).

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Anno vicesimo septimo, ……………………….. (“nel mezzo di una tempesta”, usa procella)

………………….. (“dalla vista”, usa conspectus, us) …………………. (“di tutti”). Romani in numero

………………….. (“degli dei”) consecraverunt, quem deum Quirinum appellaverunt.

Cloze n. 4

……………….. (“Gli alunni”) interrogaverunt ……………………….. (“il maestro”): «Quomodo nos

quoque discipuli bonis moribus habebimur?» …………………. (“rispose”) magister: …………………

(“mantenete”, usa il vb. servo) silentium et ……………….. (“tacete”) donec necessarium erit. Silentium

enim – ………………………… (“come dice”) magistri – signum est …………………… (“di saggezza”),

loquacitas vero signum est …………………… (“di sciocchezza”). Praeterea ………………. (“ non si

affrettino” usa festino, as) pueri respondere ………………….. (“quando”) percontantio finita non est : ne

respondeant cum alius interrogatur; ne ……………….. (“un elogio”, usa laus) appetant cum laude indigni

sunt. Nam qui laudem appetit cum ……………………. (“ne è indegno”), mendacium amat. Postremo ne

putent certam ……………………. (“degli sciocchi”) amicitiam, ……………………… (“dal momento

che”) Si ………………………. (“farete così)” – inquit magister – ………………………… (“fra gli

alunni”) magnae sapientiae et bonis moribus profecto …………………………. (“sarete annoverati”).

Cloze n. 5

Completa le parti mancanti, seguendo la traduzione proposta tra parentesi:

Midae, vero, cui Phrygia fuit subiecta, puero dormienti ………………. (“le formiche”) ……………… (“nella

bocca”, usa os) grana tritĭci congesserunt. Augŭres, quos …………………. (“i genitori”) ………………..

(“avevano interrogato”) ut …………………… (“sapere”) quorsum (a che fine) prodigium tendĕret, ita

………………… (“risposero”): «Puer ………………………. (“fra tutti i mortali”) ………………….. (“il

più ricco”) …………………. (“sarà”)». Nec vana ………………….. (“predizione”) exstĭtit: nam Midas

opes ……………………… (“di tutti i re”) maxima abundantia pecuniae …………………..(“superarono”,

usa antecello).

…………………….. (“riguardo a Platone”) quoque ……………………….. (“un incredibile prodigio”)

fabulae narrant et, mehercŭle, multo mirabilius. Cum parvŭlus in cunis ………………….. (“dormendo”),

apes …………………… (“del miele dolcissimo”) ………………… (“sulle labbra”, usa labella,ae) eius

inseruerunt. Prodigiorum interpretes Platonis praedulcis eloquii suavitatem

………………………(“predissero”): nam illae (quelle) apes non flore tymi in colle Hymetto

…………………….. (“erano state nutrite”, usa nutrio, is, ivi, itum, ire), sed ……………………………. (“con

la dottrina delle Muse”) per colles Heliconios. Ideo Midae formicis apes Platonis ……………………

(“antepongo”), quia vaticinium ………………. (“delle api”) maius fuit quam formicarum:

………………….. (“le formiche”) enim felicitatem cadūcam et …………………. (“fragile”),

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………………. (“le api”) contra solidam et aeternam …………………. (“predissero”, usa portendo, is,

portendi, portentum, ere).

Cloze n. 6

Bias, cum patriam eius Prienen …………………….. (“i nemici”) invasissent et cives omnes, onusti

pretiosarum rerum pondere, fugerent territi, ……………………… (“fu interrogato”) cur nihil ex bonis suis

secum portaret.

«Ego vero – inquit- …………………(“ogni mia cosa”) mecum porto». Bona quippe sua pectore gestabat,

non humeris: quae quidem (quae quidem = e i beni che) animo (“sono conservati”, usa gesto, as, avi, atum,

are) neque ……………… (“da dèi”) neque ……………… (“da mortali”) …………………. (“essere tolti”)

possunt, neque umquam, ne in fuga quidem, deserunt homines.

Cloze n. 7

……………………………….. (“fra la popolazione della Macedonia”) duo multo ceteros (“superarono”, usa

antecello) rerum gestarum …………………. (“per la gloria”): Philippus, ………………………. (“figlio di

Aminta”), et Alexander Magnus, horum alter Babylone (“da una malattia”) ……………………. (“fu

consumato”, consumo, is, consumpsi, consumptum, ere), Philippus Aegiis a Pausania, cum spectatum ludos

…………………..(“si dirigeva”), iuxta theatrum ………………….. (“fu ucciso”). Unus Epirotes, Pyrrhus,

qui cum populo Romano …………………… (“combattè”). Is, cum Argos oppidum oppugnaret in

Peloponneso, ………………….. (“da una pietra”, usa lapis) ictus interiit. Unus item Siculus, Dionysius

prior. Nam et manu fortis et ……………….. (“dell’arte militare”) peritus fuit et, id quod ( = cosa che) in

tyranno non facile (“è rinvenibile”), minime libidinosus, non luxuriosus, non avarus, nullīus denique rei

……………………. (“desideroso”) nisi singularis perpetuique imperii ob eamque rem crudelis; nam, dum id

…………………. (“cercò”, usa studeo, es, studui) munire, nullīus ……………………. (“risparmiare”)

vitae, quem eius insidiatorem putaret. Hic ………. virtute tyrannidem sibi…………………. (“dopo ver

partorito”, usa pario), magna ………………………. (“tenne”, usa retineo) felicitate: maior enim annos

sexaginta natus …………………. (“morì”) florente regno. Neque in tam multis annis cuiusquam ex sua

stirpe ………………….. (“un funerale”, usa funus, funeris, n.) vidit, cum ….. tribus ………………..(“dalle

tre mogli”) liberos …………………… (“avendo generato”, usa procreo) multique ei nati essent (= “e

essendogli nati”) ……………………… (“nipoti”).