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MAGAZINE n.218 / 20 23 MARZO 2020 Perfect reality Perfect reality Copia provata, salta audizione. Videoconfe- renza “inopportuna” 07 37 37 HP Elite Dragonfly Gioiellino a caro prezzo TCL Ray-Danz: suono di qualità per tutti IN PROVA IN QUESTO NUMERO Scuola e alunni in emergenza Impegno totale sulla teledidattica L’emergenza sanitaria è un’occasione preziosa per le scuole per accrescere le competenze sulla didattica a distanza via Internet. Ecco alcune testimonianze 03 Xbox Series X e Sony PS5 Le due console rivali affilano le armi La nuova Xbox Series X è un mostro di console e punta tutto su potenza, velocità e compatibilità. Anche Sony svela qualcosa sulla nuova PS5: SSD velocissimo e super audio. La “console war” è sempre più appassionante Bucato e Coronavirus Come eliminare batteri e germi 12 Galaxy S20 Ultra Promessa mancata 29 29 Huawei P40 Lite Scelta consapevole A giugno arriva il nuovo sistema operativo Sonos 11 34 34 40 40 09 09 In prova Disney+ In prova Disney+ Ecco come funziona Ecco come funziona 42 42 Salvaguardiamo la rete: Netflix, Amazon e Disney+ rispondono Arrivano le Hyundai Arrivano le Hyundai Kona Electric Kona Electric prodotte in Europa prodotte in Europa 24 02 La spesa ai tempi del Coronavirus La spesa ai tempi del Coronavirus L’ L’ eCommerce ha fatto crash eCommerce ha fatto crash Domanda alle stelle, corrieri e supermercati online in tilt Impossibile aggiudicarsi una data vicina di consegna Difficoltà di consegna su beni generici, anche per Amazon 19

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

Perfect reality Perfect reality

Copia provata, salta audizione. Videoconfe-renza “inopportuna” 07

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HP Elite Dragonfly Gioiellino a caro prezzo

TCL Ray-Danz: suono di qualità per tutti

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

Scuola e alunni in emergenza Impegno totale sulla teledidattica L’emergenza sanitaria è un’occasione preziosa per le scuole per accrescere le competenze sulla didattica a distanza via Internet. Ecco alcune testimonianze03

Xbox Series X e Sony PS5 Le due console rivali affilano le armi La nuova Xbox Series X è un mostro di console e punta tutto su potenza, velocità e compatibilità. Anche Sony svela qualcosa sulla nuova PS5: SSD velocissimo e super audio. La “console war” è sempre più appassionante

Bucato e Coronavirus Come eliminare batteri e germi 12

Galaxy S20 Ultra Promessa mancata

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Huawei P40 Lite Scelta consapevole

A giugno arriva il nuovo sistema operativo Sonos 11

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In prova Disney+ In prova Disney+ Ecco come funziona Ecco come funziona 4242

Salvaguardiamo la rete: Netflix, Amazon e Disney+ rispondono

Arrivano le Hyundai Arrivano le Hyundai Kona Electric Kona Electric prodotte in Europaprodotte in Europa

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La spesa ai tempi del Coronavirus La spesa ai tempi del Coronavirus L’L’eCommerce ha fatto crash eCommerce ha fatto crash Domanda alle stelle, corrieri e supermercati online in tilt Impossibile aggiudicarsi una data vicina di consegna Difficoltà di consegna su beni generici, anche per Amazon

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

Anche Amazon non ce la fa: fermate le spedizioni di beni non essenziali. “Priorità a quelli più richiesti”Amazon darà priorità nei suoi magazzini ad alcune categorie merceologiche, come prodotti per la casa e la salute. Per gli altri prodotti, la spedizione è temporaneamente disabilitata di Massimiliano DI MARCO

L’ecommerce sta patendo l’au-mento della domanda e Amazon ha deciso come rispondere a que-sta situazione anomala: sarà im-possibile acquistare beni che non siano di primaria necessità. Lo ha riferito la società in una nota uffi-ciale, sottolineando che la priorità sarà data a prodotti molto richiesti, come quelli destinati alla casa e le forniture mediche.“Abbiamo constatato - ha fatto sa-pere Amazon - un aumento degli acquisti online e, di conseguenza, alcuni prodotti come prodotti per la casa e forniture mediche sono esauriti. Per questo motivo, nei no-stri centri logistici, abbiamo deciso di dare temporaneamente priorità a questi e ad altri prodotti molto ri-chiesti, in modo da poterli ricevere, rifornire e spedire più rapidamente ai clienti.” Per tutti gli altri prodotti, “abbiamo temporaneamente disa-bilitato la funzione di creazione di una spedizione. Stiamo adottando le medesime misure nei confronti dei fornitori”. Rispondendo a un ar-ticolo di DDAY.it sui ritardi registrati nelle consegne, Amazon aveva citato categorie come “generi ali-mentari, prodotti per la salute e la cura personale, oggetti necessari per lavorare da casa, libri e giocat-toli per bambini” tra quelle ritenute prioritarie ed è probabile che an-che in questa decisione le catego-rie coinvolte siano le medesime.

di Gianfranco GIARDINA

D opo il nostro articolo, prose-guono i problemi nel cercare di aggiudicarsi uno slot sulle piatta-

forme per la spesa online, anzi si radica-no ancora di più. A dare segni di cedi-mento nell’area di Milano è Esselunga, non tanto dal punto di vista informatico, quanto sul fronte operativo, dove, mal-grado le rassicurazioni arrivate dalla società, sembra che la situazione sia davvero critica. Ci hanno infatti scritto alcuni lettori dell’area milanese che si sono visti rinviare o addirittura cancel-lare unilateralmente la consegna, piani-ficata circa una settimana fa. In pratica, ordini accettati e confermati, sono stati revocati da Esselunga, che ha avvisato i clienti via mail.Nella migliore delle ipotesi, l’ordine, che risale a una settimana prima, è stato rin-viato al giorno dopo con una mail arriva-ta solo nel tardo pomeriggio, come nel caso riportato qui sotto.Ma ci è anche stato segnalato un caso di spesa revocata da Esselunga il gior-no prima del recapito concordato. In questo caso, parliamo proprio di ordine cancellato e non rimandato: Esselunga ha comunicato che l’ordine, che era stato confermato, è stato annullato a causa di “un problema operativo critico a un nostro magazzino e-commerce”; a fronte del disguido Esselunga non ha proposto una riprogrammazione nei giorni successivi ma semplicemente riconosciuto un buono di 30 euro. Di cui purtroppo non si fa molto nell’imme-diato, visto che Esselunga al momento non dà slot disponibili di consegna nella

MERCATO Le segnalazioni da alcuni lettori di disservizi della piattaforma logistica di Esselunga

Spesa a rischio, Esselunga cancella ordini Che cosa succede nel centro logistico? Alcuni lettori dell’area milanese si sono visti rinviare o addirittura cancellare la consegna

zona di Milano nelle prossime due set-timane, orizzonte massimo gestito dalla piattaforma.Il problema è reso ancora più critico dal fatto che - nel caso specifico - la fami-glia che da una settimana aspettava la spesa, pur essendo in buona salute, è attualmente in quarantena forzata per essere entrata in contatto con individui positivi al Coronavirus e quindi del tutto impossibilitata ad uscire per una spesa tradizionale. A nulla è valso anche cer-care di contattare il numero verde, che è ovviamente intasato come i negozi e il sito, vista la situazione generale: “Ho chiamato ossessivamente per alcune ore - ci ha detto il protagonista di questa vicenda - senza mai riuscire a parlare con un operatore”

Problemi logistici straordinari nella zona di MilanoAbbiamo contattato Esselunga, società che peraltro si è distinta in questi giorni difficili per una serie di iniziative di be-neficenza e welfare aziendale non da poco. La società ci ha confermato che ci

sono problemi in atto, soprattutto nella zona di Milano, dovuti - riferisce Esse-lunga - all’eccesso di domanda che ha investito l’infrastruttura online; scenario anticipato in una nota diramata ieri dal CEO Sami Kahale: “Vista l’eccezionale

situazione, abbiamo avuto, e non esclu-

diamo di avere nei prossimi giorni, delle

criticità nell’area di Milano”. Criticità e ritardi sì, ma non avremmo pensato si arrivasse addirittura a cancellazioni a ridosso della consegna.Esselunga non ci ha chiarito di che natura siano i problemi e quando si ri-solveranno. Va detto che normalmente Esselunga accetta e conferma solo il numero di ordini che ritiene, secondo la propria organizzazione, di riuscire ad erogare. Viene quindi da pensare che il “problema operativo critico” citato nella mail sia veramente straordinario e pos-sa riguardare la sopravvenuta impossi-bilità di operare in un centro logistico. Esselunga, peraltro, nella propria comu-nicazione, rivela che “stiamo lavorando 24 ore 24 per rimettere in piedi la cate-na logistica”. Detto così, si potrebbe ad-dirittura dedurre che la catena logistica milanese di “Esselunga a casa” in que-sto momento sia ferma o quasi.In questa situazione ci potrebbero essere ripercussioni non trascurabili e potrebbero essere diversi i clienti Esselunga che rischiano di vedere la propria spesa riprogrammata o addirit-tura cancellata nelle prossime ore, con quello che ne consegue in termini di programmazione familiare. Soprattutto dopo aver aspettato tanti giorni per uno slot di consegna utile. Ci auguriamo che i problemi possano quindi rientrare rapi-damente; o, ancora di più, che si tratti di problemi isolati.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Massimiliano DI MARCO

L a scuola digitale sta vincendo la sfida emergenziale: chi aveva già predisposto iniziative della cosiddet-ta didattica mista (che unisce la lezione frontale a

strumenti digitali) ha potuto portare avanti il programma senza interruzioni. Come? Sfruttando al meglio le inizia-tive già in essere. Molte scuole sono sprovviste di una visione digitale e in questa situazione di emergenza si sono trovate inadeguate. Il tunnel è lungo, ma la luce c’è: nel giro di uno o due anni e con il giusto impegno, qualunque istituto può fare un grande cambiamento.

A Melzo tutti con l’iPad“Abbiamo fatto della didattica digitale la nostra quoti-dianità” racconta Stefania Strignano, direttrice dell’Isti-tuto Comprensivo Ungaretti di Melzo, unico istituto comprensivo italiano a essere certificato Apple Distin-guished School. “Continuiamo a usare carta e panna, ma abbiamo cambiato le metodologie di insegnamen-to: basta alle lezioni nozionistiche e l’alunno viene mes-so al centro”. Ciò significa che ogni docente dell’istituto, ciascuno dei quali porta con sé circa 500 ore di for-mazione digitale, sta preparando video lezioni prere-gistrate. Dopo che gli alunni hanno seguito la lezione, nella classe virtuale si interagisce: spazio alle domande specifiche degli studenti, in un momento di confronto e di apprendimento “facendo”. “Siamo partiti subito” sot-tolinea Strignano riferendosi al periodo successivo alla chiusura degli edifici scolastici. Il programma di teledi-dattica prevede 4 ore per la scuola primaria e 5 ore per quella secondaria. Per i più piccoli (3-4 anni) è previsto un collegamento al giorno. Ogni studente ha un iPad in comodato d’uso. “Abbiamo seguito Apple Education, anche per questioni di sicu-rezza” spiega la direttrice dell’istituto. Nulla si è fermato perché il digitale era già parte integrante della didattica scolastica. Anche gli alunni disabili, che hanno esigenze specifiche, possono continuare a essere seguiti dai do-centi di sostegno, magari anche attraverso collegamen-ti dedicati. L’istituto Ungaretti di Melzo non è una scuola come le altre. “Non esiste più la cattedra e gli alunni se-duti. Possono lavorare anche seduti per terra o nei cor-

ridoi” racconta Strignano. Nel momento di emergenza, l’istituto ha raccontato il suo esempio e ha contribuito a espandere la conoscenza della formazione digitale ad altre realtà. “Nei giorni scorsi, abbiamo formato 1.200 docenti in tutta Italia. Adesso siamo in attesa di ‘adotta-re’ altri istituti che ora sono in difficoltà” aggiunge.

Il Liceo Stefanini: “Per noi Office 365 è stata la scelta migliore”Il pacchetto Office 365 per l’istruzione è invece il centro della didattica a distanza del liceo Stefanini di Venezia. “Veniamo da un utilizzo di LibreOffice. Alcuni insegnan-ti usano la G Suite, ma in generale abbiamo preferito Office perché l’abbiamo trovata la più stabile e la più adeguata” spiega Gianni Ferrarese, parte del team di innovazione del liceo. L’istituto ha proseguito il programma, scegliendo però di dimezzare le ore previste per ciascuna materia ma sen-za variare l’organizzazione didattica. “Facciamo delle video lezioni con Teams e dopo di che, gli studenti pos-sono continuare a confrontarsi” prosegue Ferrarese. “Il cloud permette di fare cose che prima era impossibili. Il lato positivo di questa situazione? Ha dato un’accelera-te non indifferente al digitale nelle scuole”.Per gli alunni ipovedenti, per esempio, sono disponibili nel pacchetto Office strumenti di lettura immersiva: il PC, in sostanza, legge all’utente il testo del documento. “Io per primo sono docente di sostegno. Per i ragazzi con difficoltà relazionali, magari per questioni psicologi-che o emotive, la distanza viene sentita di più ora che le scuole sono chiuse, ma gli strumenti digitali diventano un sostegno alla comunicazione e alla relazione”. La di-dattica a distanza ha grandi potenzialità, ma va saputa gestire. In molti casi, viene semplicemente replicata la lezione frontale che si farebbe in classe oppure, nelle situazioni più semplici, vengono assegnati i compiti agli alunni tramite il registro elettronico. “È un modello vec-chio” fa notare Ferrarese. “La didattica a distanza pre-

vede l’interazione e un coinvolgimento attivo da parte degli studenti: possono realizzare presentazioni oppure questionari. Noi, per esempio, usiamo Forms del pac-chetto Office 365”. Restano comunque dei limiti, in pri-mis la disponibilità di rete che in Italia non è omogenea. “In molte zone manca una rete affidabile e questo è il primo ostacolo”. C’è poi un certo scetticismo da parte di molti docenti, specialmente in coloro che sono poco avvezzi al digitale. Infine, terza difficoltà, “ci sono dei pregiudizi” secondo Ferrarese. “Siamo un paese che ha preferito diffondere la TV anziché internet e questo è un prezzo che paghiamo”.

“Sulla teledidattica ero scettica e mi sono ricreduta”L’Istituto Comprensivo di Orzinuovi, diretto da Raffaella Ferranti, è un’altra scuola che in queste settimane non ha fermato la didattica, soprattutto dopo il decreto dell’8 marzo che ha prolungato la chiusura della scuole fino al 3 aprile. “Noi siamo partiti avvantaggiati rispetto ad altre scuole della provincia - spiega Laura Valcarenghi, ani-matore digitale dell’istituto - perché già da un anno usia-mo Office 365 Education”. Sebbene Teams non fosse già parte integrante della didattica, “siamo stati facilitati conoscendo già l’ambiente”. Gli studenti più piccoli (1°, 2° e 3° elementare) fanno un’ora e mezza al giorno. Gli altri svolgono lezioni per 3 ore al mattino, intervallate da una breve pausa, e un’altra al pomeriggio. Restano atti-ve le insegnanti di sostegno, che si interfacciano perso-nalmente con gli studenti bisognosi. “Ero scettica sulla teledidattica, ma mi sto ricredendo fortissimamente: è molto efficace, gli studenti sono più attenti e funziona tantissimo” confessa Valcarenghi. Anche da parte dei genitori il riscontro è stato “molto positivo e sono arriva-ti tanti ringraziamenti”.

segue a pagina 04

MERCATO Tante scuole erano già preparate alla didattica distanza. La testimonianza di quattro istituti che non si sono fermati

iPad e Office: la scuola digitale e l’emergenza “L’Italia è indietro, ma in 2 anni si fa la rivoluzione”Molte scuole sprovviste di una visione digitale si sono trovate inadeguate nell’emergenza. Il tunnel è lungo, ma la luce c’è

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MERCATO

La scuola digitale affronta l’emergenzasegue Da pagina 03

Il Caramuel-Roncalli di Vigevano usa Google. “Il registro elettronico ha mostrato i suoi limiti”Infine, il caso dell’Istituto di Istruzione Superiore Cara-muel-Roncalli di Vigevano. “Subito dopo l’emanazione del primo decreto - racconta il preside Matteo Loria - che ha sospeso l’attività didattica ci siamo dati da fare per organizzare diverse modalità di didattica a distan-za”. All’inizio i docenti hanno fornito materiale didattico e compiti tramite il registro elettronico e hanno propo-sto video lezioni attraverso Skype e altre piattaforma, ma sul lungo periodo, a seguito del prolungamento della chiusura, il registro elettronico ha mostrato i suoi limiti tecnologici. “Ha risentito della quantità di accessi contemporanei e del carico di materiale proposto”. Al-lora, l’istituto è passato a G Suite for Education. “Con questa nuova piattaforma - prosegue Loria - sono state create delle vere e proprie classi virtuali con stru-menti che garantiscono l’interattività, la possibilità di inviare e ricevere materiale online e, eventualmente, di proporre anche verifiche e test agli alunni”.Non mancano però alcuni dubbi in chiave futura, lega-ta prevalentemente alla valutazione delle competen-ze degli studenti. “Se è vero che la valutazione è un percorso e non una mera successione di numeri, sarà comunque necessario misurare il livello degli appren-dimenti” sottolinea il preside del Caramuel-Roncalli. “È su questo che stiamo lavorando, al momento”.

Tutti d’accordo: la scuola digitale in Italia è indietroOgni istituto si è organizzato in modo diverso. Su un punto, però, sono tutti d’accordo: in generale, la scuola digitale in Italia è indietro e oggi, a causa dell’emergen-za sanitaria imprevista, chi può raccoglie i frutti dell’im-pegno, mentre gli altri si sono trovati in grande difficoltà. “Non siamo messi benissimo ed è un peccato perché la Buona Scuola risale al 2015” fa notare Strignano. “Questa emergenza diventerà una grande opportunità per evolvere la scuola. Bisogna colmare il digital divide. Non si può più pensare di fare una scuola del Novecen-to”. Secondo Strignano, “nel giro di due anni chi lavo-ra seriamente può svoltare e fare una rivoluzione, ma serve tanto lavoro e avere un dirigente scolastico con

una visione di scuola”. Tempistiche con cui concorda Ferrarese. “Oggi ci sono tante opportunità digitali. Noi ci abbiamo messo quattro anni, mentre oggi si può fare in due anni”. Sull’Italia complessivamente, dice “siamo a macchia di leopardo: ci sono eccellenze di fianco a situazioni di arretratezza”. Di sicuro, non sono i fondi a frenare la digitalizzazione scolastica. “Gli ambienti per le scuole sono gratuiti”, sottolinea Valcarenghi. “Sem-mai, il problema è la mancanza di formazione dei do-centi nell’uso di questi ambienti oppure sottovalutare la loro potenzialità”. Se le università telematiche sono già una realtà, sono ipotizzabili corsi scolastici solo online, magari per i percorsi serali di recupero? “Si potrebbe tranquillamente fare. Questi strumenti - va avanti Val-carenghi - hanno una potenzialità incredibile. Ma molti non la conoscono ancora appieno”.

di Massimiliano DI MARCO

I l ministero dell’Istruzione ha avvertito le scuole. Dopo settimane di fermo del-l’edificio scolastico, i compiti a distanza

non bastano più: bisogna proseguire con l’attività didattica attraverso “il collegamen-to diretto o indiretto, immediato o differito, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo”. Insomma, il ministro Lucia Azzolina è chiaro: “È ovviamente da privi-legiare, per quanto possibile, la modalità in “classe virtuale”. Il problema, però, è a monte: tante scuole non sono minima-mente preparate. Alla chiusura dei plessi scolastici, molti istituti hanno tampona-to fornendo agli studenti rimasti a casa compiti da fare a distanza, spesso tramite il registro elettronico. Un modo per non

bloccare lo studio, in un momento in cui non si pensava che il fermo sarebbe du-rato tanto a lungo. Sebbene molti istituti abbiano potuto cogliere l’occasione per evidenziare il percorso digitale che già avevano intrapreso, una situazione che ha permesso loro di mandare avanti l’at-tività didattica con videolezioni in diretta o preregistrate, tanti altri sono sprovvisti delle adeguate competenze informatiche e digitali nonché degli strumenti per un percorso formativo più ampio. In questo senso, però, la circolare ministeriale dà un’indicazione netta: “Il solo invio di ma-teriali o la mera assegnazione di compiti, che non siano preceduti da una spiega-zione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento suc-

cessivo di chiarimento o restituzione da parte del docente, dovranno esse-re abbandonati, perché privi di elementi che pos-sano sollecitare l’appren-dimento.”Devono essere, quindi, predisposti momenti di scambio diretto o indi-retto con gli studenti e, in particolare, le scuole dovrebbero pensare a come valu-tare effettivamente lo studio dello studen-te optando per metodi regolari e traspa-renti.. Se le indicazioni del ministero sono figlie del buon senso e incitano le scuole, che già hanno fatto tanto, a potenziare la didattica a distanza, il problema rimane:

SOCIAL MEDIA E WEB Il Ministero: dopo settimane di fermo dell’edificio scolastico, i compiti a distanza non bastano più

Basta compiti a distanza, il Ministero avverte le scuole “Organizzare videolezioni”. Ma le scuole non sono pronteIl ministero dell’Istruzione ha stabilito alcuni principi guida della didattica a distanza. È ora di organizzare lezioni in video per l’interazione

molti istituti non possono farlo per man-canza di competenze e della conoscenza degli strumenti in essere. Per anni, tanti istituti hanno portato avanti una didattica basata su carta e penna e in un momento in cui il digitale è l’unica via per proseguire l’insegnamento e le lezioni, si sono trovate disorganizzate e privo di una visione con-creta sul mezzo.

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di Gianfranco GIARDINA

M algrado la posizione del Ministero apparisse ragionevole e sia stata ben accolta dalla stra-grande maggioranza delle famiglie, i sindacati

dei lavoratori della scuola (CIGL, CISL, UIL, SNALS e GIL-DA) hanno richiesto il ritiro immediato della circolare con questo comunicato congiunto:

Oggetto: richiesta ritiro nota prot.388 del 17/3/2020 “Emergenza sanitaria di nuovo Coro-navirus. Prime indicazioni operative per le attivi-tà di didattica a distanza”

Relativamente all’oggetto, le sottoscritte Organiz-zazioni Sindacali chiedono che la nota contenen-te “Prime indicazioni operative per le attività di didattica a distanza” sia immediatamente ritirata perché contenente modalità di organizzazione del lavoro che sono oggetto di relazioni sindacali. Le Organizzazioni Sindacali ritengono inoltre che la nota non risponda all’attuale configurazione normativa né allo stato di emergenza che stia-mo vivendo: in questo momento straordinario in cui il Governo ha decretato la sospensione delle attività didattiche, l’attivazione della didattica a distanza non può limitarsi a replicare contenuti e modalità tipiche di una situazione di normalità. Quanto a controlli, valutazioni ed esami, andreb-be considerato con la dovuta attenzione che si tratta di attività comportanti per loro natura un carico di stress che nella presente situazione occorrerebbe quanto più possibile attenuare per tutti (alunni, famiglie, docenti, dirigenti). Le modalità individuate dalla nota come ripro-duzione in remoto delle attività ordinaria, oltre ad apparire illegittime e inapplicabili, richiedono inoltre, implicitamente ed esplicitamente, che sia i docenti sia gli alunni possano accedere, in modo generalizzato, a connessioni internet con stru-menti software e hardware adeguati, cosa che non può certamente darsi per scontata, né il Mini-stero si è preoccupato di verificare almeno som-mariamente la reale disponibilità delle strumen-tazioni idonee prima di impartire le indicazioni. Pertanto le sottoscritte Organizzazioni Sindacali chiedono di essere urgentemente convocate per un confronto da svolgersi con modalità on line sulle materie sopra esposte, nella convinzione che l’esigenza attualmente pressante di favo-rire il massimo di condivisione e cooperazione

EDITORIALE Il Ministero sprona gli insegnanti al ricorso alla teledidattica e i sindacati della scuola chiedono il ritiro della circolare

Appello agli insegnanti: non ascoltate i sindacati Cogliete l’occasione e sperimentate la teledidatticaQueste sono settimane preziose per sperimentare e accrescere le competenze sull’utilizzo della teledidattica, da non sprecare

per reggere efficacemente una situazione di straordinaria emergenza possa essere soste-nuta anche attraverso un positivo svolgimento delle relazioni sindacali. Sarebbe infine quanto mai auspicabile tenere conto dell’impegno già oggi messo in campo da quanti (docenti, ata, educatori, dirigenti, alunni e famiglie) si stanno prodigando, oltre ogni limite e con ogni strumen-to possibile, per rendere concretamente viva e operante la comunità scolastica in un quadro di così pesanti difficoltà.

Che un’incitazione del Ministero a proseguire (o a in-traprendere, per chi è all’anno zero) la strada della for-mazione a distanza possa vedere un sollevamento di scudi dei docenti, sarà sindacalmente corretto in tempo di pace, ma è quasi vergognoso in “tempo di guerra”, come di fatto è quello attuale. Tutto ciò accade mentre le istituzioni stanno oramai per rendere ufficiale che la chiusura delle scuole non potrà che proseguire oltre il 3 aprile (passare Pasqua sembra il minimo indispensabile). E con la presa di posizione del Ministro Azzolina - per noi incomprensibile - che ha chiarito che non intende allungare l’anno scolastico in giugno, aprendo all’ipotesi di un anno da sei politico e ragazzi inevitabilmente im-preparati. Un motivo di più per ben impiegare queste settimane di serrata forzata.

I docenti non si scordino di essere privilegiati: il Coronavirus non farà perdere loro il lavoroLa situazione è certamente emergenziale, ma a questo punto non può certo più definirsi “provvisoria”, non è più una questione di una settimana o due. Ora alla scuola, come a tante altre istituzioni, è richiesto un cambio di passo straordinario. Leggere nella nota dei sindacati che garantire la continuità dell’insegnamento e cerca-re di non abbandonare i programmi ministeriali, seppur in condizioni difficili e nuove, debba essere “oggetto di relazioni sindacali” da un po’ fastidio. I lavoratori della scuola, in questo scenario, sono una classe privilegia-

ta, che non vedrà tagli all’impiego in seguito alla crisi in atto. Contrariamente a tutti i professionisti, che sono già in larga parte a casa senza lavoro; contrariamente ai negozianti, che continuano a pagare affitti, stipendi e altri oneri e non incassano un euro; contrariamente a ca-merieri, personale degli hotel e dei villaggi, personale di bordo e di terra delle linee aeree, e così via, potremmo purtroppo andare avanti per molto.

Niente verifiche per non indurre stress ulteriore? Per rasserenarsi, meglio le verifiche che sentire il TGI Sindacati nella loro nota argomentano la loro dura posi-zione citando lo “stress” che sarebbe indotto da possibili verifiche e valutazioni nei poveri alunni, nelle famiglie e nei docenti. A ben vedere, le verifiche generano stress ai ragazzi anche in tempi normali: ora, che da settimane bivaccano sul divano e la loro agenda è libera da tutti gli impegni extrascolastici, crediamo siano nella migliore condizione possibile per prepararsi e affrontare l’unico dei propri doveri al meglio. Quanto ai docenti, lo stress forse è dovuto alla loro limitata alfabetizzazione informa-tica e alla loro poca dimestichezza con strumenti nuovi? Bene, cogliamo l’occasione, visto che tutti sono a casa, il tempo non manca, visto che questo non è un periodo di vacanza, per recuperare il tempo perduto e sperimen-tare. Grazie a Dio, alcuni insegnanti hanno già iniziato a farlo, magari in maniera imperfetta, magari semplice-mente con il proprio smartphone: va bene così, questo è quanto un cittadino, sì preoccupato per il Coronavirus ma non per questo rincitrullito, si aspetta dalla scuola per l’istruzione dei propri ragazzi.

Mancano le dotazioni? E il bonus docenti di questi anni come è stato speso? I Sindacati procedono poi accusando il Ministero di non essersi preoccupato di verificare anticipatamente la do-tazione delle scuole e degli alunni. Giusto: in un mondo

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ideale, i docenti sono dotati di bel computer di ordinan-za e i ragazzi hanno tutti tablet e notebook prestati dalla scuola per poter operare. E il nostro - si sa - non è un mondo ideale. È evidente che ogni analisi di questo tipo e soprattutto ogni azione di distribuzione di nuovi mez-zi informatici comporti tempi incompatibili con le attuali urgenze. Tra l’altro, sono stati stanziati 85 milioni di euro per la teledidattica nel decreto Cura Italia, fondi che però arriveranno nei tempi e nei modi della macchina statale, che ovviamente saranno troppo lunghi per le esigenze attuali.Certo - qualcuno osserverà - se la scuola ci avesse pen-sato prima… Va detto, a questo proposito, che alcune scuole si erano già mosse negli scorsi anni integrando la didattica in aula con quella a distanza: oggi sono evi-dentemente già pronte. Questi sindacati, che lamentano le mancate dotazioni, non possono però scordarsi che per anni gli insegnati di ruolo hanno percepito 500 euro come Bonus Docente, spendibile anche (e soprattutto)

in device informatici e corsi di aggiornamento; inoltre, proprio per l’emergenza, il Ministero dell’Istruzione ha recentemente esteso le categorie eleggibili anche a microfoni, webcam e altri apparecchi per la telediatti-ca. Come sono stati spesi in questi anni questi soldi? I docenti ne hanno approfittato per dotarsi di strumenti adatti alla teledidattica o hanno solo comprato un PC e un bel tablet giusto per soddisfare le esigenze di gioco e navigazione familiari? Se non si sono dotati di strumenti e competenze, pur nelle diverse occasioni avute, forse vuol dire che questo bonus ha fallito, va eliminato o rifor-mato, vincolando all’acquisto di dotazioni o competenze specifiche in ambito informatico; che poi è l’ambito in cui, più di qualsiasi altro, c’è un’inversione di competen-ze tra docenti e discenti. Quanto alle famiglie, oltre ai notebook e ai tablet (anche a quelli di lavoro dei genito-ri, che comunque sono a casa), ci sono gli smartphone, che hanno una diffusione davvero capillare. Qualcuno può avere qualche difficoltà? Vero, ma non può essere la scusante per mandare a monte un anno scolastico.

Appello alle forze buone della scuola: non perdiamo questa occasione, gli strumenti ci sono e c’è un po’ di tempo per assumere le competenzeNo, questi sindacati non rappresentano bene la stragran-de maggioranza degli insegnanti, che stanno cercando, con mezzi propri, chi con Skype chi con Zoom, di con-tinuare a fare qualche mezz’ora di lezione e proseguire nell’indispensabile interazione tra docente e discente. Questi sindacati, così facendo, finiscono per creare un alibi “istituzionale” a quei pochi fannulloni, di cui anche il mondo della scuola non è scevro, che pur bloccati a casa pensano di essere in ferie, insomma finiscono per difendere gli “in-docenti” più che i docenti. Questi

sindacati sono lontani anni luce dalla società civile che, soprattutto in un periodo difficile come questo, implora la scuola di non perdere di vista l’obiettivo primario di lungo termine che questa istituzione, forse la più impor-tante delle istituzioni, si deve prefiggere: istruire i nostri ragazzi, malgrado tutto. Se i sindacati della sanità aves-sero lo stesso atteggiamento di chiusura di quelli della scuola, probabilmente in questo momento invochereb-bero la serrata degli ospedali perché non ci sono posti letto a sufficienza o perché le dotazioni sono al lumicino. Invece ci sentiamo di appellarci alle forze buone che ci sono della scuola. Docenti che stanno soffrendo per non poter portare a termine un anno scolastico comple-to, che si sentono intimamente responsabili, al di là dei doveri professionali, della crescita e della preparazione dei loro ragazzi: non perdiamo questa occasione!Ci sono strumenti informatici, anche bellissimi, concessi gratuitamente alle scuole: Gsuite for Education, Micro-soft Teams, e così via. Strumenti che possono essere al-lestiti, anche se con le funzionalità base, in poco tempo. Forse - lo speriamo - la riapertura delle scuole avverrà prima che si riesca a mettere a regime strumenti di te-ledidattica validi. Ma non importa: non ci accadrà più la disponibilità di tempo, mista all’urgenza (e gli italiani tendono a fare le cose bene solo in urgenza), per imple-mentare progetti di questo tipo. Perdere questa occa-sione sarebbe veramente il grande danno lasciato dal Coronavirus alla scuola italiana: più di un anno mezzo perso, con preparazioni che saranno necessariamente deficitarie. La più grande occasione di crescita digitale della scuola che poteva capitarci. Ne avremmo fatto tutti a meno, ma almeno portiamoci a casa un effetto colla-terale positivo, senza lotte corporative che - ci sia con-cesso - più che guardare al futuro sembrano richiamare grigi echi del passato.

MERCATO

Insegnanti, sperimentate la teledidatticasegue Da pagina 05

di Paolo CENTOFANTI

Sul mercato ci sono tante soluzioni di videoconferenza, dalle più semplici alle più complesse, gratis e non. Tra

queste c’è Jitsi Meet. gratuita e pure open source. Ed è anche decisamente comple-ta a livello di funzionalità.Jitsi Meet è basato su diversi progetti open source che stanno sotto il cappello di Jitsi, con alcuni componenti che risalgo-no agli inizi del 2000. Meet in particolare è disponibile come un servizio cloud, rag-giungibile a questo indirizzo http://meet.jit.si e tutto quello che occorre per accedere al servizio è un web browser o l’app per smartphone Android e iOS. In alternativa, per chi ne avesse la necessità, è possibi-le scaricare anche il pacchetto server e configurare la propria istanza personale del servizio da installare on premise. Per iniziare una video conferenza tutto quello

che occorre fare è andare sul sito, cliccare su avvia una call e quindi dare un nome alla propria videoconferenza. Non occor-re registrarsi, né fornire un indirizzo email: tutto quello che serve è davvero solo dare un nome alla propria “stanza” e condivide-re il link che ci verrà fornito con i parteci-panti con cui vogliamo riunirci. C’è anche la possibilità di collegarsi telefonicamente chiamando un numero fisso, anche se al momento non è disponibile un numero con prefisso italiano. Il servizio è basato su protocollo webRTC ed è quindi compa-tibile con tutti i browser moderni. Tramite estensioni è possibile anche integrare Jitsi Meet con Google Calendar o il pro-prio account Office 365 per poter creare videoconferenze direttamente nel proprio calendario. Per essere un’alternativa gra-tuita, Jitsi Meet ha molte funzionalità che da sole bastano per farne una soluzione completa. Teoricamente Jitsi Meet sup-

porta fino a 75 partecipan-ti in una videoconferenza, anche se gli sviluppatori avvisano che il massimo per garantire prestazioni decorose senza ricorrere a un videobridge dedicato è di circa 35 partecipanti, comunque un numero significativo. Jitsi Meet integra la funzionalità live streaming che consente di trasmettere dal vivo la videoconferenza ad un numero illimitato di spettatori tramite YouTube: po-tenzialmente è possibile dunque creare un panel di partecipanti attivi e aggiunge-re una platea infinita via streaming.È possibile poi condividere il proprio schermo con un click, scegliendo se con-dividere l’intero schermo, una finestra o un pannello del proprio browser, mante-nendo anche attivo il video della propria

APP WORLD Jitsi Meet è completamente gratis, molto facile da usare, non richiede di installare alcun software né di registrarsi

Videoconferenze facili e gratis, la proposta open di Jitsi MeetMa il progetto è anche sufficientemente completo a livello di funzionalità con tutto quello che serve per lavorare insieme da remoto

webcam. Molto interessante anche la possibilità di condividere nativamente in videoconferenza video da YouTube, permettendo a tutti di vedere simultanea-mente un contenuto e di discuterlo tutti insieme. Il meeting virtuale può poi essere registrato. Pur non offrendo alcune delle funzionalità più avanzate delle piattafor-me a pagamento, può essere uno stru-mento molto utile per tutti coloro che si trovano a collaborare da remoto.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Gianfranco GIARDINA

L ’emergenza Coronavirus, ovviamente, rende impos-sibile confermare l’audizione che si sarebbe dovuta tenere il 19 marzo presso il Ministero dei Beni Cul-

turali. Si trattava già della seconda convocazione, visto che una prima data in febbraio era saltata per l’indispo-nibilità per cause di forza maggiore di un alto funzionario del Ministero. Ma d’altronde, è ragionevole che la testa, anche quella della politica, sia rivolta ad altro in questo momento. Invece, in maniera un po’ stupefacente e malgrado la cancellazione dell’audizione, il Ministero dei Beni Culturali ha espresso l’intenzione di “non ritar-dare ulteriormente il corso del provvedimento” di ade-guamento dei compensi per copia privata, procedendo senza una nuova convocazione dell’importante appun-tamento. L’adeguamento delle tariffe in bozza, come abbiamo avuto modo di spiegare in altri articoli, vede una previsione di raccolta costante o addirittura in cre-scita a fronte di un ricorso alla copia privata in picchiata libera, visto che oramai la stragrande maggioranza delle fruizioni è via streaming, senza alcuna copia.

Il MiBACT, fermo al secolo scorso, crede che per fare le videoconferenze si debba andare in ufficioLa soluzione ai più parrebbe evidente: se proprio si vuole correre, anche di questi tempi, si proceda in vi-deoconferenza, cosa che buona parte degli italiani, nel rispetto dell’ordine di stare al domicilio, sta facendo, per motivi di lavoro o anche solo per salutare i propri cari. il Ministero ritiene però che l’audizione non possa essere fatta per via telematica. Un obbrobrio istituzionale, pro-prio mentre la Presidenza del Consiglio si è prodigata in ogni decreto d’urgenza di questi giorni a “inviare al mas-simo utilizzo della modalità di lavoro agile”. Il Ministero dei Beni Culturali, invece, venendo meno alle indicazioni governative, dichiara espressamente l’indichiarabile nel-la propria circolare agli invitati all’audizione:

“Non pare opportuno procedere con una audi-zione in modalità telematica, in considerazione dell’elevato numero di soggetti coinvolti, che ben potrebbero comunque avere la necessità, per partecipare ad una eventuale consultazione, di spostarsi per raggiungere le sedi o uffici in diver-se parti di Italia”.

Non ci si crede: gli italiani hanno imparato a connettersi in qualsiasi situazione e condizione, con qualsiasi device. Quasi tutti i cittadini accedono a Internet, con connessio-ni fisse o mobili. Ma certamente - non temiamo smentite - sono ben connessi al proprio domicilio tutti i delegati a partecipare alla consultazione ministeriale e altrettanto certamente sono dotati degli strumenti necessari a sta-bilire la connessione. E ancora, in questo periodo, non è certo richiesto per il decoro istituzionale che prevede

MERCATO Cancellata (ragionevolmente) la consultazione del 19 marzo, l’appuntamento non viene più convocato, neanche per via telematica

Non si fa più l’audizione sulla copia privata Il Ministero: “Inopportuno farla in videoconferenza”La videoconferenza non si può fare perché “i partecipanti dovrebbero andare in ufficio”. Al posto della discussione, il fax

che un’eventuale videoconferenza debba essere fatta da uffici con boiserie in mogano con lo stemma associativo sullo sfon-do: va certamente bene anche il semplice domi-cilio degli intervenuti. Anzi, oramai in questa modalità, come abbia-mo visto, ci si fanno an-che le trasmissioni TV sulle emittenti nazionali davanti a milioni di spet-tatori, figurarsi se non si può fare una consulta-zione ministeriale con 40 convenuti. Caro Mi-nistro Franceschini, le spieghiamo una cosa: nel 2020 le videocon-ferenze si fanno pro-prio per non spostarsi da casa. Ed è una benedizione se questo Coronavirus è arrivato proprio di questi tempi: grazie a questi stru-menti non tutto il PIL italiano è rimasto al palo. Gli italiani (gli altri), malgrado un’alfabetizzazione informatica non proprio esemplare, hanno dimostrato di averlo capito. Le diremo di più: non solo l’audizione andava convocata in videoconferenza, ma andava diffusa pubblicamente in streaming, a meno che non ci sia qualcosa da nascon-dere ai cittadini.

Addio unica possibilità di confronto: una brutto esempio di democrazia sospesaCosì il Ministro cancella di fatto l’unica occasione di con-fronto del percorso che porterà alle nuove determina-zioni dei compensi per copia privata. Salta così l’unico momento in cui si sarebbe potuto chiedere conto delle ricerche che hanno portato alle nuove determinazioni; l’unico momento in cui gli attori che hanno giocato (an-che d’azzardo) al tavolo del Comitato Consultivo Perma-

nente sul Diritto d’Autore avrebbero potuto rispondere delle indicazioni date al Ministro; l’unico momento in cui i funzionari del Ministero, i sottosegretari e forse lo stesso Ministro avrebbero potuto chiarire perché i compensi non vengono fortemente ridimensionati verso il basso o addirittura cancellati parallelamente al tramonto della fattispecie della copia privata. Ma fa parte evidentemente dello stile del Ministro Fran-ceschini, che, con spregio delle istituzioni e e del Parlamento, si è sottratto alle interrogazioni che gli sono giunte sul tema nei mesi scorsi.

Tutto sostituto da una bella mailGli attori della consultazione sono così stati invitati a mandare una bella mail con le loro osservazioni, un bel PDF su carta intestata, davanti al quale non toccherà neppure fare la faccia rossa. Niente con-

traddittorio ma una pigna di carta (verrà mai letta?) su un tavolo del Ministero. Ovviamente gli “aventi diritto” contrattaccheranno dicendo che non si pos-sono ridurre i compensi per copia privata proprio ora che l’industria della creatività è in ginocchio per

la serrata di concerti, spettacoli, cinema ed esibizioni in pubblico. È vero che gli artisti in questo frangente sono in grossa difficoltà (come tante altre categorie, basti pensare agli operatori turistici, che peraltro si riferiscono allo stesso Ministero); ma la Copia Privata, o meglio il suo fantasma, non può essere asservito, in uno stato di diritto, a meccanismi di compensazione lontanissimi dai suoi fondamenti giuridici. Anzi il MiBACT si è già mosso con altri interventi a sostegno del settore. Immaginiamo anche che qualche giurista si stia interrogando anche sul fatto se si possa o meno arrivare a una nuova de-terminazione dei compensi senza mai rispondere, in tutto il processo, a una lecita domanda delle parti: even-tualmente se parlerà al TAR, visto che a questo punto la strada di conferma della bozza di decreto diffusa dal Ministero sembra non avere più ostacoli. Nel frattempo gli italiani si preparino: tra i fardelli del momento si trove-ranno anche a pagare compensi più alti su smartphone, PC e compagnia bella. Chissà se ce la faremo.

Clicca per l’ingrandimento

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

Apple WDC 2020 Si farà, ma online a giugnoPer milioni di persone non cambierà nulla, i keynote di Apple sono da sempre visibili anche in streaming. Ma per gli sviluppatori che ogni anno raggiungevano San Josè per assistere di persona alle sessioni di coding e mettere le mani sulle prossime release dei sistemi operativi Apple, la novità sarà importante: Worldwide Developers Conference quest’anno si terrà online. Sarà sempre a giugno, e per questa edizione numero 31 verrà totalmente rivoluzionata. Apple parla di un nuovo formato online ricco di contenuti per utenti, stampa e sviluppatori, e ulteriori dettagli arriveranno nelle prossime settimane.“La WWDC di giugno raggiungerà milioni di sviluppatori in tutto il mondo in un modalità innovativa, riunendo l’intera comunità di sviluppo in una nuova esperienza” ha dichiarato Phil Schiller, Senior Vice President of Worldwide Marketing di Apple. “Con tutti i nuovi prodotti e le nuove tecnologie su cui stiamo lavorando, la WWDC 2020 sarà un evento grandioso” ha detto Craig Federighi, Senior Vice President of Software Engineering di Apple.

di Sergio DONATO

I l BEREC, l’Organismo dei regolatori eu-ropei delle comunicazioni elettroniche, ha reso pubblica la bozza della propo-

sta che intende riclassificare le reti a ban-da ultralarga, e che dovranno avere una connessione minima di 1 gigabit al secon-do per le connessioni fisse e di 150 Mbps per quelle senza fili. La bozza del BEREC (Body of European Regulators for Electro-

nic Communications) si basa sul concetto di reti a banda ultralarga introdotto per la prima volta nel Codice delle comunicazioni elettroni-che dell’UE alla fine del 2018, e che deve essere attuato dagli Stati del-l’Unione europea entro la fine del 2020. Andan-do a spulciare il Codice sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, per “rete a banda ultralarga” s’intende: “Una rete

di comunicazione elettronica costituita

interamente da elementi in fibra ottica

almeno fino al punto di distribuzione nel

luogo servito oppure una rete di comu-

nicazione elettronica in grado di fornire

prestazioni di rete analoghe in condizioni

normali di picco in termini di larghezza di

banda disponibile per downlink/uplink,

resilienza, parametri di errore, latenza e

relativa variazione […]”. Dunque, per rete a banda ultralarga ci si riferisce a una connessione in fibra ottica o ad un’altra di prestazioni analoghe, quindi anche radio; ma il Codice delle comunicazioni elettro-niche dell’UE non aveva indicato dei valo-ri numerici minimi circa la velocità di con-nessione in fibra o in simil-fibra. Puntava solo alla promozione e allo sviluppo delle reti ad alta velocità. Il BEREC ha quindi dettagliato meglio i criteri che identifica-no e qualificano tali reti. Innanzitutto, ha classificato meglio la definizione di reti fisse e reti senza fili a banda ultralarga. Ovvero, qualsiasi rete che fornisca una connessione fissa con un collegamen-to in fibra ottica almeno fino all’edificio multi-abitazione. E, per quanto riguarda la connessione wireless, qualsiasi rete che fornisca una connessione senza fili con un’estensione della fibra ottica fino alla stazione base. Poiché il concetto di “wireless” può essere facilmente frainte-so e può includere anche le connessioni radio-cellulari, nella bozza il BEREC lo specifica con più chiarezza: “il criterio

si riferisce alle reti senza fili, pertanto,

le reti mobili con estensione della fibra

ottica fino alla stazione di base soddisfa-

no questo criterio, ma anche, ad esem-

pio, una rete pubblica WLAN (WiFi) con

estensione della fibra ottica fino al punto

di accesso.” Il criterio delle reti senza fili, e il BEREC lo dice in modo netto (nota 20 pag.18), non si applica però di base alle reti satellitari che tuttavia possono anco-ra diventare “reti a banda ultralarga” se rispettano la qualità del servizio indicato per esse. Dunque, vediamo quali sono i criteri minimi rispetto alla velocità e alla qualità delle reti in esame.

I criteri minimi di prestazioni e qualità che identificano le “reti a banda ultra larga”Per le connessioni fisse, i criteri indica-no una velocità in download di almeno 1 Gbps, una velocità in upload di almeno 200 Mbps, un rapporto di errore del pac-chetto non superiore allo 0,05%, un rap-porto di perdita del pacchetto non supe-riore allo 0,0025% e un ritardo di andata e ritorno del pacchetto di massimo 10 ms. Inoltre, la disponibilità del servizio fornito dall’indirizzo IP deve essere superiore al 99,9% nel corso di un anno. Per le con-nessioni senza fili, i criteri includono una velocità in download di almeno 150 Mbps, 50 Mbps in upload; un rapporto di errore del pacchetto che non deve essere supe-riore allo 0,01%, una perdita dei pacchetti non superiori allo 0,005% e un ritardo dei pacchetto deve essere di 25 ms o infe-riore. la disponibilità del servizio fornito dall’indirizzo IP deve essere superiore al 99,81% nel corso di un anno. La bozza sarà disponibile online per la consultazio-ne pubblica fino al 24 aprile (qui il link al file in formato PDF), mentre il testo defini-tivo arriverà entro la fine dell’anno.

MERCATO La bozza di proposta del BEREC ha stabilito i criteri minimi di prestazioni e qualità

Banda ultra larga, la proposta Europea Velocità minima di 1 Gbps per connessioni fisse e di 150 Mbps per quelle wirelessLe connessioni fisse non possono scendere sotto 1 Gbps, le wireless sotto i 150 Mbps

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

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Infratel: numeri aggiornati della banda Ultra LargaInfratel, l’azienda del MiSE titolare del piano Banda Ultra Larga per la realizzazione di una rete in fibra ottica pubblica in Italia, ci ha rilasciato i dati aggiornati sullo stato di avanzamento dell’ambizioso progetto, portato avanti da Open Fizer. Sono 2499 i cantieri aperti ad oggi da Open Fiber per la posa della fibra ottica nelle aree bianche, a cui si aggiungono 1002 cantieri per la realizzazione delle base station FWA (Fixed Wireless Access) per raggiungere anche le cosiddette case sparse, dove non arriverà la fibra. Entro la fine del 2020, il piano prevede il completamento dei lavori in 1500 comuni e di arrivare al collaudo di 900 di questi. Dei 2499 cantieri che sono stati aperti, 560 sono quelli in cui i lavori sono stati completati. Attenzione però: solo 128 sono già collaudabili, o per mancanza del PCN (Punto di Consegna Neutro), il nodo che fa da punto di ingresso della rete in cui vengono installati gli apparati di Open Fiber e degli operatori, o perché manca ancora il collegamento tra il PCN e il comune. Spesso infatti è previsto un PCN unico che servirà diversi comuni.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Paolo CENTOFANTI

Ci siamo, ancora pochi giorni e Disney+ sarà dispo-nibile anche in Italia. Disney ci ha concesso a una settimana dal lancio un account di prova per pro-

vare in anteprima il servizio, soprattutto al fine di farci testare l’applicazione e le sue funzionalità. Fughiamo subito ogni dubbio: non abbiamo avuto accesso al ca-talogo italiano, ma a quello dei Paesi Bassi per questa anteprima, quindi non parleremo di contenuti, ma l’app che abbiamo potuto scaricare aveva già la localizzazio-ne italiana. Tutto il resto è quindi uguale a quello che potrete provare anche voi a partire dal 24 marzo. Per la nostra prova ci è stato dato accesso solo alla versione iOS di Disney+, che abbiamo utilizzato su iPhone, iPad e Apple TV, ma le funzionalità saranno praticamente ana-loghe su Android e altre piattaforme di smart TV.

Un’interfaccia familiareChi ha già utilizzato servizi come Netflix o Amazon Prime Video si troverà praticamente a casa con Disney+. L’im-postazione scelta da Disney per il suo servizio di strea-ming è in realtà piuttosto simile a livello di navigazione a quella di Netflix, seppure con importanti differenze. Al primo accesso ci viene chiesto chi sta guardando Dinsey+ e, come su Netflix, è possibile creare più pro-fili, fino a 7 in questo caso, al fine di mantenere separa-te la propria watchlist e le raccomandazioni. Il proprio profilo è personalizzabile con il nickname e l’avatar, con una bella selezione dei personaggi dei diversi universi narrativi di proprietà del gruppo: Marvel, Star Wars, Walt Disney, Pixar, etc. In più è possibile creare un profilo “bambini” che mostrerà solo contenuti adatti per i più piccoli. Nella home page troviamo innanzitut-to in alto il carosello dei contenuti in evidenza, mentre subito sotto troviamo la vera peculiarità di Disney+ con i cinque filoni principali che diventano delle vere e proprie sotto-sezioni del servizio di streaming: Disney, Pixar, Marvel, Star Wars e National Geographic. Il catalogo è in generale organizzato per righe, come nella maggior parte dei servizi di streaming: ogni “stri-scia” è una categoria e in orizzontale si sfogliano i ti-toli raccolti in quella sezione. La prima riga in alto è dedicata a film e serie consigliati in base alle nostre

ENTERTAINMENT Abbiamo provato in anteprima Disney+, familiarizzando con la sua interfaccia e le sue funzionalità. Ecco pro e contro

Abbiamo provato Disney+, ecco come funziona Uno dei servizi di streaming che ha tutte le carte in regola per diventare la fonte numero uno di contenuti per molte famiglie

segue a pagina 10

abitudini di visione, seguita dalle ultime novità aggiun-te al catalogo e quindi dai contenuti che dobbiamo finire di vedere: film o puntate di serie la cui riprodu-zione è stata interrotta e i prossimi episodi per i tele-film che abbiamo guardato. Il resto sono i classici rag-gruppamenti per genere, maggiori successi o tematici. All’interno dei vari “canali”, la navigazione avviene più o meno allo stesso modo della home page, ma senza il carosello di contenuti in evidenza e con raggruppa-menti fortemente tematici pensati per quell’universo narrativo. E così ad esempio in Star Wars abbiamo la Darth Vader collection, mentre in Marvel troviamo lo Spider-Verse, la raccolta dei film con le origini dei prin-cipali super eroi e soprattutto i film principali dell’uni-verso cinematico in ordine cronologico, in modo da poter seguire lo sviluppo del cross-over nella giusta sequenza.

Ci sono anche gli extra, come DVD e Blu-rayCome abbiamo già visto nel nostro approfondimen-to di qualche settimana fa, tutti i contenuti saranno disponibili almeno in Full HD, ma i titoli più recenti sa-ranno in 4K e HDR, sia Dolby Vision che HDR10, con audio, dove disponibile, anche in Dolby Atmos. Non avendo avuto per il momento accesso al catalogo ita-liano, non sappiamo se anche il doppiaggio italiano sarà disponibile in questo formato. C’è da dire che rispetto al formato fisico, dove ogni megabyte occu-pato ha un costo, nello streaming non ci sarebbero molte giustificazioni per non offrire il massimo della qualità audio per tutte le lingue disponibili. L’audio sarà disponibile sempre in Italiano e in lingua origina-le e la selezione di audio e sottotitoli può avvenire an-che durante la riproduzione del video grazie al menù a comparsa, come siamo già abituati con altri servizi di streaming. Quello che abbiamo scoperto provan-do l’applicazione è che per molti film e serie TV sono disponibili anche gli extra, non solo trailer, ma anche scene eliminate, commetti audio e making of, in prati-ca gli stessi contenuti usualmente disponibili su DVD e Blu-ray Disc, una bella sorpresa e che alza di sicuro il valore dell’abbonamento, con praticamente quasi parità di formato e contenuti rispetto al supporto fisi-co. Poi chiaro, la qualità audio/video dipenderà dalla banda a disposizione.Ogni contenuto ha la sua scheda che include

anche tutti i formati supportati per quel titolo.

Ogni sezione è dotata di wrapper animati in base al contenuto selezionato e raccolte ad-hoc.

Per molti contenuti, specie i film, sono disponibili buona parte dei contenuti extra della versione DVD e Blu-ray Disc.

Disney + in ItaliaFirst Look dell’app

lab

video

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

Watchlist un po’ troppo in secondo piano e parental control limitatoIn tutto questo rimane un po’ nascosta la watchlist. Su iOS è accessibile unicamente dalla pagina del proprio profilo, tramite la barra di menù in basso, mentre su tvOS - e presumiamo sulle altre applicazioni per smart

TV - è più facilmente raggiungibile in quanto è presente la voce apposita nel menù di navigazione laterale, sem-pre richiamabile con il tasto “menu” di Apple TV. Since-ramente avremmo preferito una soluzione alla Netflix o Prime Video, con la propria lista dei contenuti da vedere sempre ben visibile nella schermata principale.Il profilo kids di Disney+ è invece molto simile a quello di Netflix come concetto: essenzialmente il suo unico sco-po è quello di pre-filtrare il catalogo solo sui contenuti più a misura di bambino. Cambia leggermente il tema grafico, ma in realtà la navigazione rimane del tutto simi-le a quella normale, non c’è una vera semplificazione e soprattutto nulla impedisce ai bambini più grandi padro-ni del telecomando di cambiare profilo e passare a quel-lo di mamma e papà e quindi di accedere a titoli meno indicati. Da questo punto di vista, ci saremmo aspettati qualcosa di più da Disney rispetto ad altri servizi.

Su mobile c’è anche la riproduzione offlineLa versione mobile per iOS non differisce sostanzial-mente da quella per Apple TV, ma introduce la possibi-lità di scaricare qualsiasi titolo per la visione offline. A differenza di Netflix, tutti i contenuti del catalogo saran-no scaricabili sul dispositivo per la visione offline.Innanzitutto, nelle impostazioni dell’app potremo ridur-re la qualità dello streaming durante la riproduzione via tre cellulare per consumare meno banda, oppure limitare lo streaming alle sole reti Wi-Fi. Per quanto ri-guarda invece il download, potremo scegliere tra tre livelli qualitativi, standard, media ed alta. L’app ci dirà, in base allo spazio libero sulla memoria del dispositivo, quante ore di contenuti possiamo salvare in locale per

la riproduzione offline. Da un calcolo abbiamo appreso che le tre modalità corrispondono ai seguenti bitrate:•Standard: 1 Mbit/s, circa 450 MByte per 1 ora di con-tenuto;•Media: 1,5 Mbit/s, circa 675 Mbyte per 1 ora di con-tenuto;•Alta: 6 Mbit/s, circa 2,7 GB per 1 ora di contenuto.Da notare che secondo quanto raccomandato da Di-seny+, su Smart TV o box come Apple TV, per poter riprodurre contenuti alla massima qualità in 4K e HDR, il bitrate richiesto è di almeno 25 Mbit/s.Per quanto riguarda la qualità audio/video, molto dipen-de dalla connessione a disposizione. In questi giorni di blocco forzato a casa, abbiamo testato prima il servizio su una connessione domestica da 30 Mbit/s nominali. Nelle ore del prime time, quando la rete è al massimo della congestione, siamo riusciti senza problemi a go-dere di video in full HD e audio multi-canale 5.1 di buona qualità. Niente da fare per il 4K con questa connessione. Come con altri servizi di streaming, la qualità di immagi-ne si assesta dopo alcuni secondi in base alla banda ef-fettivamente disponibile, in modo dobbiamo dire molto rapido, aumentando via via il bitrate e quindi risoluzione e qualità complessiva di conseguenza. Come su Netflix e Prime Video, nel caso di visione di serie televisive, è possibile saltare il riassunto della puntata precedente o la sigla con un click, mentre alla fine dell’episodio parte il countdown per il caricamento istantaneo di quello suc-cessivo, funzione quest’ultima che può essere comoda-mente disattivata dalle impostazioni del proprio profilo se non ci aggrada. Torneremo sicuramente a parlare di Dinsey+ a breve, con un approfondimento dedicato alla qualità video in 4K con HDR.

di Pasquale AGIZZA

N ovità di palinsesto in casa DAZN. Per sopperire alla mancanza di calcio giocato, infatti, il servizio

di streaming online propone due nuo-vi programmi, puntando forte sui volti nomi della rete come Diletta Leotta, Fe-derico Balzaretti e Stefano Borghi.Il programma della popolare conduttri-ce catanese cambia temporaneamente nome e diventa DAZN Calling. Le inter-viste sono realizzate in videoconferenza (da qui il cambio di nome) direttamente da casa Leotta a casa dei protagonisti

dello sport. Tra i protagonisti, la kara-teka campionessa del mondo Sara Car-din e la schermitrice Elisa Di Francisca. La prossima settimana verrà dato spazio ad Alex Zanardi e Manuel Bortuzzo, gio-vane talento la cui carriera è stata mes-sa a dura quando è stato colpito da un proiettile perché scambiato per un’altra persona. Sono già stati intervistati il mo-tociclista Marco Melandri e il pallavolista Ivan Zaytsev.

Lo smart working dei calciatori: nasce DAZN

HomeworksA fianco di DAZN Calling arriva DAZN Homeworks, un format che racconterà come calciatori ed ex cal-ciatori affrontano il periodo di quarantena, fra allena-menti, alimentazione e con-

tatti con il mister. Già pronte le storie, fra le altre, di Domenico Criscito, Emanuele Giaccherini, Giuseppe De Luca e Daniel Ciofani. Il format seguirà, inoltre, la quo-tidianità di Mauro German Camoranesi, indimenticabile ala campione del mon-do con la Nazionale Italiana nel 2006.DAZN ricorda ai suoi clienti, inoltre, la possibilità di mettere in pausa l’abbona-

ENTERTAINMENT DAZN rilancia Linea Diletta in versione videoconference (con un nuovo nome): le interviste da casa in streaming

Niente sport in diretta, DAZN si rinnova con nuovi formatll secondo format, chiamato #DAZNhomeworks, mostra la quotidianità casalinga di alcuni calciatori come Criscito e Giaccherini

mento fino a quattro mesi, per riattivarlo poi al momento della ripresa dell’attività agonistica. In questo modo, gli utenti interessati, per esempio, unicamente alla Serie A, di cui DAZN ha diritto a tra-smettere tre partite in esclusiva a ogni turno, possono fermare e riprendere il loro abbonamento quando il campiona-to di calcio riprenderà regolarmente.

ENTERTAINMENT

Abbiamo provato Disney+segue Da pagina 09

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

Netflix riduce la qualità per non congestionare la rete. Bitrate giù del 25%Netflix ha deciso, secondo la Reuters, di ridurre la qualità di tutti i flussi video per evitare di congestionare la banda in Europa durante l’epidemia. La riduzione è del 25% di Roberto PEZZALI

Reed Hastings, amministratore delegato Netflix, e il commissario europeo Thierry Breton hanno di-scusso sulla possibilità di ridurre la definizione dei contenuti in strea-ming per rendere la rete più fluida nelle ore di punta. Inizialmente si parlava di togliere l’HD, ma la deci-sione presa da Netflix sembra es-sere un taglio del 25% del bitrate medio. Si riduce un po’ la qualità, si comprime di più, e si libera spazio in una rete che negli ultimi giorni è davvero congestionata. Anche se Netflix non ha ancora fatto sapere nulla, secondo la Reuter la deci-sione è presa e entrerà in vigore a breve, ma solo in Europa.Un calo del 25% del bitrate potreb-be anche portare ad una riduzione della risoluzione dei video, per evi-tare che l’effetto della compressio-ne sia evidente a schermo: si po-trebbe perdere l’HD passando ad una risoluzione intermedia. È evi-dente che Netflix andrà a toccare i flussi più utilizzati, intervenendo sul solo 4K difficilmente si riuscirebbe a raggiungere l’obiettivo sperato.Se la situazione non dovesse mi-gliorare, e se dovessero arrivare anche le lezioni a distanza come richiesto dal Ministero della pubbli-ca istruzione, non è da escludere che possano essere effettuate al-tre riduzioni di banda per i servizi internet non essenziali.

di Roberto PEZZALI

L i chiamano “premium VOD”: vod, video on demand, perché sono con-tenuti in streaming. Premium perché

sono i contenuti che dovevano anda-re al cinema, e invece al cinema non ci possono andare. Sono tutti chiusi, per la crisi sanitaria mondiale. Disney, Uni-versal e Warner Bros hanno pubblicato sui principali store online di film i primi contenuti. Costano 20$ negli States, 16£ in Inghilterra, e possono essere guardati per 48 ore prima di scadere per sempre. Un biglietto per il cinema a casa che non costa neppure troppo, lo può usare tutta la famiglia.In questo periodo le major hanno però un grosso problema: se non incassano per i film già prodotti, oltre a bloccare le prossi-me produzioni, comunque ferme, l’intero settore va in crisi. Ecco quindi che The In-visible Man, The Hunt e Emma, distribuiti da Universal, si possono oggi trovare su Apple TV, Google Movie e Amazon Prime

ENTERTAINMENT I film in streaming distribuiti ad un prezzo più alto: 48 ore di noleggio a 20$

Sale chiuse, i film arrivano in streaming L’esclusiva cinema vittima del coronavirusIl coronavirus cambierà la distribuzione cinematografica per sempre: non si tornerà più indietro

negli Stati Uniti, ma non saranno gli unici. La prossima settimana seguiranno anche Warner, con Birds of Prey, The Way Back e Just Mercy. Sempre Universal il 10 apri-le rilascerà in Premium Vod Trolls World Tour, il seguito del successo Trolls. Pure Sony si unisce al gruppo con Bloodshot, e sarà seguita a breve anche da altre major. Solo le grosse produzioni come Mulan della Disney, Vedova Nera, uno degli spin off dell’universo Marvel e il nuovo 007, No Time to Die, sembrano al momento rimandati, ma non è escluso anche se la crisi sanitaria dovesse prolungarsi anche

loro subirebbero la stessa sorte. Il cinema, volente o nolente, è un’altra di quelle real-tà che sarà radicalmente mutata dal coro-navirus. Dal “premium Vod”, introdotto in circostanze di emergenza, difficilmente si tornerà indietro, e questo avrà un impat-to su tutta la filiera cinematografica e sui cinema fisici. L’esclusiva del cinema per i film, o per buona parte dei film, è finita con il coronavirus. Al momento la distribuzione di questi film è legata solo da alcuni paesi, probabil-mente anche per questioni legate ai dop-piaggi che non sono ancora pronti.

ENTERTAINMENT In Francia il lancio è stato rinviato al 7 aprile

Disney+, debutto con banda ridotta del 25%

di Alessandro CUCCA

Anche Disney, così come hanno già fatto Netflix e Amazon Prime Video, ridurrà il bitrate massimo delle sue tra-

smissioni per non sovraccaricare l’infrastrut-tura internet europea. D’accordo con le ri-chieste del commissario europeo Thierry Breton, anche la piattaforma americana ridurrà l’utilizzo della banda almeno del 25% in tutti i mercati europei dove è previsto il lancio dei servizi per il prossimo 24 marzo. Gli spettatori europei quindi conosceranno la nuova piattaforma Disney+ in una versione “monca”. Non nei contenuti, ma nella qualità dell’immagine forse sì, in attesa che tutto possa ripartire al più presto come da programma.Kevin Mayer, presidente Disney, ha dichiarato che stanno lavorando da diversi gior-ni con la collaborazione degli ISP (Internet Service Provider) per ottimizzare lo strea-ming tenendo sotto controllo la congestione della rete, per poter ridurre la banda il più possibile, anche oltre il 25% se possibile, senza compromettere l’esperienza degli spettatori che attendono con ansia l’avvio delle trasmissioni di Disney+. Di-sney+ non partirà però il 24 marzo in tutti i paesi europei: la Francia infatti aveva chiesto un rinvio del servizio per alleggerire la rete a larga banda e Disney ha spostato il lancio al 7 aprile. Per ora in Italia la data di debutto è confermata.

ENTERTAINMENT

Anche Amazon riduce la qualità degli stream di Prime VideoAnche Amazon si adegua alle misure per decongestionare le reti europee e riduce la qualità di film e serie presenti su Prime Video. “Suppor-tiamo tutte le disposizione volte ad un’attenta gestione dei servizi di telecomunicazione, in modo da garantire il buon funzionamento di Internet con così tante persone a casa a tempo pieno” ha dichiarato un portavoce dell’azienda al Guar-dian. “Prime Video collabora con le autorità locali e i fornitori di servizi Internet, laddove necessario, per aiutare a mitigare qualsiasi conge-stione della rete.” La riduzione della qualità colpirà in particolar modo l’Europa (Italia compresa).

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di GIanfranco GIARDINA

S onos ha finalmente spiegato quali saranno le evoluzioni del proprio sistema nei prossimi mesi, quelle evoluzioni che hanno necessitato

la fine del supporto dei prodotti più vecchi del mar-chio, annunciata lo scorso gennaio. La società ha annunciato che a giugno verrà lanciato un nuovo ambiente operativo Sonos, che avrà nome in codice “S2”, in rapporto a quello attuale denominato “S1”. Il passaggio a S2 offrirà quelle nuove funzioni che giustificano la fine del supporto (tranne quello di si-curezza che sarà comunque garantito) per i prodotti che non hanno memoria o potenza di calcolo suffi-ciente per gestirla. Si tratta comunque dei prodotti più vecchi, come indicato nella tabella 1.

Le nuove funzioni: non si ancora molto, ma arriva l’hi-res audio e forse nuovi formati home theaterSonos non ha svelato quali sono le nuove funzioni che introdurrà S2 al lancio, salvo dare qualche anti-cipazione. La società ha parlato di tecnologie audio a risoluzione più alta di quella attualmente gestita, sia per la musica che per l’home theater. Il pensiero va immediatamente al Dolby Atmos (per le soundbar) e magari anche al DTS, che i sistemi Sonos non hanno mai gestito. Si parla poi genericamente di “nuove fun-zioni, miglioramenti in termini di usabilità e più possi-bilità di personalizzazione”, ma non è affatto chiaro a cosa ci si riferisca: per saperne di più bisognerà atten-dere giugno o per lo meno le prime beta pubbliche. Sonos S1 continuerà ad esistere per i vecchi prodottiIn pratica il sistema Sonos da giugno vivrà una bifor-cazione: i due sistemi operativi S1 e S2 resteranno entrambi in vita. Questo vuol dire che chi avesse un sistema “misto”, fatto di prodotti datati e prodotti più nuovi o fatto interamente di prodotti datati, potrà an-dare avanti ad usarlo proprio come oggi, utilizzando il S1, rinunciando ovviamente alle nuove funzioni ma

HI-FI E HOME CINEMA Entro l’estate arriva la nuova piattaforma Sonos che ha spinto all’obsolescenza i modelli più vecchi

A giugno il nuovo sistema operativo Sonos Audio hi-res, Dolby Atmos e nuove funzioniEcco quali saranno le possibilità di far convivere apparecchi datati e apparecchi più nuovi. Per saperne di più, si rimanda a giugno

ricevendo gli aggiornamenti essenziali per il funzio-namento e il supporto delle app di terze parti, almeno fino a che sarà possibile.Chi volesse invece sfruttare sui prodotti più recenti le nuove funzionalità dovrà caricare, almeno per que-sti apparecchi, la app di controllo S2. La coesistenza di prodotti vecchi e nuovi diventa in questo caso più rigida: entrambe le famiglie di prodotti funzioneran-no, ognuna sulla sua piattaforma, ma non ci saranno possibilità di interlavoro tra i due ambienti. In pratica - da quanto si capisce dalle comunicazioni di Sonos - come se fossero due impianti separati con due app di controllo separate.

Sonos S2 non sarà un aggiornamento ma una nuova appLa prima cosa che cronologicamente accadrà riguar-da i nuovi prodotti Sonos: da aprile in poi questi sa-ranno compatibili esclusivamente con la piattaforma S2, ovverosia non potranno più essere integrati in un sistema misto gestito da S1. Questa, visto che nel più ci sta il meno, ci sembra in realtà una manovra per accelerare in qualche modo la dismissione di S1 che altrimenti po-trebbe vivere (e quindi esse-

re supportato con gli aggiornamenti) potenzialmente all’infinito. Questo crediamo sia l’aspetto più delicato di tutta la vicenda, soprattutto per chi, non completa-mente informato, si dovesse trovare a fare un acquisto di un nuovo apparecchio Sonos da affiancare a uno di quelli deprecati dall’aggiornamento: non riuscirebbe in nessuna maniera a farli lavorare assieme.A giugno S2 verrà resa disponibile non come aggior-namento di S1 ma proprio come app separata, che comunque, una volta installata, importerà da quella vecchia tutte le impostazioni del sistema e notificherà eventuali incompatibilità. È stata confermata la possibili-tà per i possessori di apparecchi non compatibili con S2 di fare l’upgrade con un nuovo modello usufruendo di uno sconto del 30% sul prezzo di vendita ufficiale. Con-trariamente a quanto affermato in un primo momento, il vecchio prodotto non verrà tele-inibito ma resterà co-munque funzionante, anche se ovviamente solo con S1. Da segnalare, per chiarezza, che al momento del lancio il nome del nuovo ambiente non sarà “S2” ma sempli-cemente “Sonos”: speriamo che questo non sia fonte di (eccessiva) confusione.

Nella tabella qui sopra, le funzioni garantite con S1 e quelle in più che si ottengono a passare a S2. Si tratta di indicazioni ancora molto generiche su cui sapremo sicuramente qualcosa di più fra qualche settimana.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Paolo CENTOFANTI

D opo l’anteprima del CES 2020 di Las Vegas, arrivano maggiori dettagli sulla composizione della nuova gamma di TV di Sony per quest’an-

no, che include tanti nuovi modelli LCD da 4K fino a 8K. Ci sarà anche la nuova serie OLED A8, di cui a parte alcune caratteristiche di base mancano ancora i dettagli completi, e più avanti la serie A9, la prima di Sony a includere anche il nuovo pannello da 48 pollici. Per ora ci concentriamo sulla gamma LCD, di cui finalmente abbiamo un quadro più preciso.

Gamma entry level: solo un modello senza Android TVPer una volta partiamo dal basso, anche perché que-sti che ci accingiamo a vedere sono i modelli già di-sponibili. Si parte con la nuova serie LCD entry level X70, che comprende TV 4K con dimensione di scher-mo di 43, 49, 55 e 65 pollic (foto 1). Le caratteristiche sono di base, non c’è il processore X1 ed è l’unica se-rie 2020 a non adottare la piattaforma Android TV:

•Dimensione 43”, 49”, 55”, 65”;•LED Edge (43”, 49”), Direct LED (55”, 65”);•Processore video 4K X-Reality PRO;•HDR10, HLG•Motionflow 400 Hz (50Hz nativi);•Netflix con supporto HDR, YouTube;Dalla serie XH80 in su tutti i TV Sony sono invece basati su Android TV (Android 9 almeno inizialmen-te), aggiungono il supporto per Google Assistant e Amazon Alexa, sono compatibili con Apple AirPlay 2 e Home Kit, e cominciamo a trovare il processore video X1 e la compatibilità con i formati Dolby Vision e Dolby Atmos.Partiamo dunque dalla serie XH80 (foto 2). che man-tiene lo stesso design della serie X70, ma introduce diverse novità:

•Dimensione 43” (€799), 49” (€849), 55” (€999), 65” (€1299), 75” (€1999), 85” (€2999);•LED Edge (43”, 49”), Direct LED (55”, 65”, 75”, 85”);•Processore video 4K HDR X1;•Dolby Vision, HDR10, HLG;•Dolby Atmos;•Diffusori X-Balanced Speakers (da 55” in su);

TV E VIDEO Dopo l’anteprima del CES 2020, nel dettaglio tutte le serie di TV Sony finora annunciate per il 2020, sia 4K che 8K

Line up TV Sony 2020: le nuove serie LCD 4K e 8KGià disponibili le serie di TV 4K entry level X70, XH80 e XH81. Annunciati i primi prezzi. Ci sarà anche la nuova serie OLED A8

•Motionflow 400 Hz (50Hz nativi);•Android TVUn gradino leggermente sopra c’è in Italia la serie XH81 (foto 3) che si differenzia principalmente per i supporti “metal blade” e include il telecomando pre-mium in alluminio, ma per il resto caratteristiche del tutto simili alla serie inferiore:

•Dimensione 43” (€849), 49” (€899), 55” (€1049), 65” (€1399);

•LED Edge (43”, 49”), Direct LED (55”, 65”);•Processore video 4K HDR X1;•Dolby Vision, HDR10, HLG;•Dolby Atmos;•Diffusori X-Balanced Speakers (da 55” in su);•Motionflow 400 Hz (50Hz nativi);•Android TVCon la serie XH85 (foto 4) cambia il pannello che, stando a quanto dichiarato da Sony, passa dai 50 Hz

nativi delle serie fin qui viste a 100 Hz nativi, e sarà disponibile solo nei tagli più piccoli di 43 e 49 pollici e con finiture in alluminio:•Dimensione 43”, 49”;•LED Edge;•Processore video 4K HDR X1;•Dolby Vision, HDR10, HLG;•Dolby Atmos;•Motionflow 1000 Hz (100Hz nativi);•Android TV;•Calibrazione avanzata con CalMAN;

LED full array con local dimming per la fascia altaA partire dalla nuova serie XH90 (foto 5), c’è un de-ciso salto qualitativo in avanti rispetto alle serie fin qui viste, con l’introduzione della retroilluminazione full LED con local dimming (Full Array LED come lo chiama Sony) e il sistema audio Acoustic Multi-Au-dio, con tweeter integrati nella cornice in grado di migliorare la direzionalità del suono sugli schermi di grande dimensione. Ecco le caratteristiche principali della serie XH90:

•Dimensione 55”, 65”, 75”, 85”;•Full Array LED con X-tended Dynamic Range;•Processore video 4K HDR X1;•Dolby Vision, HDR10, HLG;•Dolby Atmos;•Diffusori X-Balanced Speakers e Acoustic Multi-Au-

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

TV E VIDEO

Line up TV Sony 2020segue Da pagina 13

di Paolo CENTOFANTI

Qualcuno si sarà magari chiesto come mai sono pochissimi gli esempi di TV con piattaforma Smart basata su

Amazon Fire TV OS. Salvo qualche caso isolato disponibile solo in alcuni mercati locali, nessun grosso produttore ha scelto questa strada. Del resto non stiamo par-lando di una cattiva piattaforma: la Fire TV Stick è un prodotto di grande successo e costituisce un’ottima alternativa per acce-dere a svariati contenuti in streaming.Il motivo, in realtà, potrebbe essere an-che in uno dei termini contrattuali che Google fa sottoscrivere alle aziende che scelgono di utilizzare Android anche per solo alcuni dei propri prodotti: l’Android Compatibility Commitment. Si tratterebbe

di un accordo per garantire la compatibili-tà tra prodotti diversi, vietando alle azien-de di utilizzare su una parte della propria gamma fork diversi di Android. Secondo alcune fonti questo meccanismo però spianerebbe la strada ad Android TV, penalizzando soluzioni alternative come Fire TV OS, che è proprio basato su un fork di Android sviluppato da Amazon in autonomia per la sua gamma di dispositi-vi, che ricordiamo oltre alla Fire TV Stick include anche i tablet. In effetti, basti pen-sare ad un grosso produttore di elettro-nica di consumo che produce hardware di diverso tipo: se la gamma include degli smartphone con Android come sistema operativo con accesso a tutte le applica-zioni e servizi di Google a cominciare dal

Play Store, l’Android Compatibility Com-mitment vieterebbe di utilizzare sui tele-visori altre versioni di Android, come ap-punto quella di Ama-zon, per cui le scelte rimarrebbero due: o utilizzare Android TV, oppure scegliere un’altra piattaforma, purché non basata su Android. La rive-lazione arriva da un dipendente di un produttore di TV, che avrebbe detto che nell’industria questa pratica di Google è nota a tutti e va avanti da anni. Google è già finita sotto la lente di ingrandimen-

TV E VIDEO Sono pochissimi gli esempi di TV con piattaforma Smart basata su Amazon Fire TV OS, ma qual è il motivo?

Vuoi Android? Allora niente Amazon Fire TV Così Google avrebbe spinto il successo di Android TVIl motivo potrebbe essere anche l’Android Compatibility Commitment che Google fa sottoscrivere alle aziende che scelgono Android

dio (da 65” in su);•X-Motion Clarity;•Android TV;•Netflix Calibrated Mode;•Calibrazione avanzata con CalMAN;Il top di gamma 4K quest’anno è rappresentato infine dalla serie XH95 (foto 6), che include il massimo sia a livello di tecnologie video Sony, che di funzionalità.

In particolare da questo modello troviamo il più po-tente processore X1 Ultimate, lo stesso che Sony ha utilizzato per i modelli 8K, un più avanzato algoritmo di local dimming (e probabilmente anche più zone controllabili), pannello X-Wide Angle, per migliorare uniformità a livello di riproduzione colori e luminosità in funzione dell’angolo di visione, più sensore di luce ambientale, calibrazione audio in funzione della stan-za e telecomando retroilluminato con microfono per i

comandi vocali:

•Dimensione 49” (€1399) ,55”, 65”, 75”, 85”;•Full Array LED con X-tended Dynamic Range PRO;•X-Wide Angle;•Processore video X1 Ultimate;•Dolby Vision, HDR10, HLG;•Dolby Atmos;•Diffusori X-Balanced Speakers, Acoustic Multi-Audio (da 55” in su), Bi-Amp;•Ambient Optimization;•X-Motion Clarity;•Android TV;•Netflix Calibrated Mode;•Calibrazione avanzata con CalMAN;•Telecomando in alluminio retroilluminato (tranne 49”);

ZH8: la nuova serie 8KOvviamente al top di tutta la gamma di televisori LCD c’è la nuova serie ZH8 (foto 7) con pannello 8K che va ad affiancare i due modelli ZG9 dello scorso anno che rimangono a listino nelle due versioni da 85 e 98

pollici. Con la serie ZH8, Sony porta il formato 8K fino a un taglio minimo di 75 pollici.Oltre a tutte le caratteristiche del top di gamma 4K, op-portunamente riviste e ottimizzate sul fronte video per il pannello 8K, troviamo anche il nuovo sistema audio con Frame Tweeter visto a Las Vegas, con trasduttori, come dice il nome, integrati direttamente nella corni-ce, che trasformano la superficie dei bordi del TV in diffusori.

•Dimensione 75”, 85”;•Full Array LED con X-tended Dynamic Range PRO;•X-Wide Angle;•Processore video X1 Ultimate;•Dolby Vision, HDR10, HLG;•Dolby Atmos;•Acoustic Multi-Audio con Frame Tweeter e Subwoo-fer;•Ambient Optimization;•X-Motion Clarity;•Android TV;•Netflix Calibrated Mode;•Calibrazione avanzata con CalMAN;•Telecomando in alluminio retroilluminato.

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to dell’UE per le pratiche giudicate anti-concorrenziali, con cui si assicurava che i produttori adottassero la versione Goo-gle di Android, ma l’impatto sul segmento degli Smart TV non è mai stato preso in considerazione fino ad oggi.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

Apple dona alla Protezione Civile Italiana per fronteggiare l’emergenza coronavirusTim Cook, AD della società, ha confermato che anche Apple aiuterà l’Italia in questo periodo d’emergenza di Riccardo DANZO

L’amministratore delegato di Apple, Tim Cook, ha dichiarato tramite un tweet che l’azienda di Cupertino aiuterà economica-mente l’Italia per fronte “Non è mai stato così importante sup-portarsi a vicenda - ha dichiarato Cook - Stiamo facendo una do-nazione sostanziale, compresa di forniture mediche, alla Prote-zione Civile in Italia per aiutare gli eroici soccorritori, il personale medico e i volontari che lavorano instancabilmente per proteggere e salvare vite”. Apple ha rilascia-to una dichiarazione riguardo alla donazione: “Da oltre 35 anni l’Italia rappresenta una casa per Apple. Teniamo molto ai nostri clienti, ai colleghi e ai partner italiani; abbiamo costruito lega-mi solidi, che diventano ancora più forti quando siamo uniti dal-l’obiettivo comune di proteggere la salute delle nostre comunità. Con questo spirito di unità, Apple farà una significativa donazione alla Protezione Civile per ga-rantire che soccorritori in prima linea, i volontari e gli operatori sanitari abbiano le risorse per proteggere la loro salute, con-tribuendo al tempo stesso alla risposta dell’Italia al COVID-19. Siamo loro grati per l’altruismo e il coraggio che dimostrano ogni giorno”.

di Paolo CENTOFANTI

D opo alcuni mesi di sperimentazio-ne sotto rete Wind, WINDTRE an-nuncia in una sezione dedicata del

proprio nuovo portale, tutte le informa-zioni relative alla richiesta e attivazione di eSIM, le schede virtuali che abilitano la funzione Dual SIM in un sempre maggio-re numero di smartphone, oltre natural-mente ad essere la scelta obbligata per i primi cellulari che fanno affidamento uni-camente a questo tipo di formato.In una pagina intitolata “Che cosa sono le eSIM”, WINDTRE specifica innanzitutto quali sono i piani eligibili per il passag-gio o l’attivazione ex-novo di una eSIM: pre-pagati consumer e micro-business (partita IVA), le offerte per i professionisti disponibili sul portale business. Sia per attivare una nuova eSIM che per fare il

MOBILE Il nuovo portale WINDTRE include anche le istruzioni su come richiedere il passaggio ad eSIM

Il paradosso delle eSIM WINDTRE 15 € extra ogni volta che cambi smartphone Schede virtuali utilizzabili solo con piani privati ricaricabili o offerte per micro imprese.

passaggio da SIM standard Wind o Tre occorre recarsi in un negozio fisico WIN-DTRE dove si riceverà o una nuova eSIM, con relativo QR Code per l’attivazione, o una eSIM sostitutiva nel caso dei già clienti Wind.Ma quanto costa l’attivazione? Il costo dell’eSIM WINDTRE è di 10 euro, ma

solo per la prima attivazione. Il QR Code per scaricare il profilo sul proprio smar-tphone, infatti, è usa getta, e per ogni successiva ri-attivazione occorre recarsi nuovamente in negozio e acquistare una eSIM sostitutiva dal costo però di 15 euro. Si tratta di un costo di cui tenere conto perché non sono rari i casi in cui può es-sere necessario riscaricare il profilo della propria eSIM:•reset dello smartphone o delle sue im-postazioni di rete;•passaggio del proprio profilo da uno smartphone all’altro anche solo tempo-raneo.La seconda casistica si può presentare molto frequentemente, anche nel caso di smartphone danneggiato da portare in riparazione. In tutti questi casi oc-corre comunque recarsi in un negozio WINDTRE per avere o un’altra eSIM op-pure per spostate il proprio profilo nuo-vamente su una SIM fisica. Nel caso di telefono danneggiato, una volta rientra-ti in possesso del proprio smartphone, occorre recarsi nuovamente in un punto vendita e ripetere la procedura inversa. WINDTRE specifica fortunatamente che i passaggi di eSIM almeno nel caso di riparazione di un dispositivo non saran-no addebitati.Attualmente gli smartphone ufficial-mente supportati da WINDTRE via eSIM sono i seguenti:Apple iPhone Xs, iPhone Xs Max, iPho-ne XR, iPhone 11, iPhone 11 Pro, iPhone 11 Pro Max;Google Pixel 3, Pixel 3 XL, Pixel 3a XLma la lista è ancora in aggiornamento. Maggiori informazioni sono disponibili sulla pagina dedicata di WINTRE rag-giungibile qui: https://www.windtre.it/assistenza-servizi/cosa-sono-esim/.

MOBILE Huawei partecipa all’iniziativa “Solidarietà Digitale”

Huawei dona agli ospedali italiani Tute, mascherine e tecnologia

di Alessandro CUCCA

Anche Huawei partecipa all’iniziativa “Solidarietà Digitale” promossa dal Mini-stro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione Paola Pisano e donerà in Italia 500 apparecchi tra tablet e smartphone destinati ad alcuni ospedali

italiani per permettere ai malati in isolamento di comunicare con i propri cari rimasti a casa. Thomas Miao, CEO di Huawei Italia, ha dichiarato che “è un dovere offri-re tecnologia, competenze e forniture mediche in un momento così critico” e per questo motivo la società ha messo in atto un corposo piano di aiuti al nostro paese principalmente basato sulla tecnologia.Huawei infatti, forte della sua esperienza in Cina, dove ha già supportato l’emer-genza sanitaria, aiuterà anche i sanitari italiani facilitando lo scambio di informazioni e buone pratiche tra i vari team medici impegnati nel nostro paese. Per fare tutto questo fornirà a 10 strutture ospedaliere provvisorie varie apparecchiature per reti Wi-Fi e la consulenza neces-saria per creare una rete di videoconferenza ad-hoc per garantire il miglior coordina-mento possibile tra le varie strutture distribuite nel territo-rio. Nel frattempo Huawei ha già fornito ad alcuni ospedali in Lombardia circa 1.000 tute protettive e circa 200.000 ma-scherine di tipo FFP2 CE sono in arrivo dalla Cina.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

Le fotocamere per smartphone non si fermano più: in arrivo il sensore Samsung da 150 megapixelIndiscrezioni coreane raccontano che Xiaomi, Oppo e Vivo hanno intenzione di montare sui prossimi top di gamma un sensore fotografico Samsung da 150 MP di Sergio DONATO

La rincorsa ai megapixel per le fotocamere degli smartphone sembra non volersi arrestare. Samsung avrebbe in cantiere il successore del suo 108 MP ISO-CELL Bright HM1 montato anche sul Galaxy S20 Ultra. Si sta par-lando di un sensore da 150 mega-pixel, che avrebbe messo in pau-sa lo sviluppo di un altro mostro da ben 200 megapixel. Le indi-screzioni arrivano da fonti corea-ne, comunque da prendere con le pinze, secondo le quali Xiaomi, Oppo e Vivo hanno ordinato a Samsung, fin da dicembre 2019, il nuovo sensore da 200 mega-pixel. Tuttavia, a causa di ritardi previsti nelle consegne del pro-cessore da 200 megapixel, sem-bra che i tre produttori di telefoni abbiano optato per il “più piccolo” da 150 megapixel. Il processore dovrebbe appartenere ancora alla famiglia ISOCELL di Samsung con tecnologia Nonacell, ma i 150 MP questa volta sarebbero distribuiti su una superficie da 1”, che ne farebbe il processore per smartphone più grande al mondo. Naturalmente, è un sensore che troverebbe posto nei top di gam-ma Xiaomi, Oppo e Vivo.

di Sergio DONATO

Apple ha presentato quasi a sorpre-sa il nuovo iPad Pro declinato in due tagli, 11” e 12,9”, ma ciò su cui

spinge il nuovo tablet è la volontà di es-sere sempre meno “tablet”. Secondo Ap-ple il nuovo tablet è capace di sorpassare la maggior parte dei PC portatili in termini di prestazioni, e per dare una maggiore connotazione aggiunge una nuova Magic Keyboard con trackpad come accessorio e una novità assoluta: un sensore LiDAR accanto alle due fotocamere posteriori.

Liquid Retina da 120 HzIl display, che si tratti dell’11” o del 12,9”, è un Liquid Retina edge-to-edge con bor-di arrotondati che, insieme al True Tone, supporta anche il ProMotion con aggior-namento dello schermo a 120 Hz. Lo spa-zio colore coperto è il DCI-P3 e arriva a generare una luminosità di picco di 600 nits. Le fotocamere posteriori sono rac-colte in un “quadrato” in rilievo che ospita un grandangolo da 12 MP e un ultra-gran-dangolo da 10 MP. A fare compagnia ai due sensori fotografici ci sono un micro-fono e il flash led, ma anche la novità più importante: un sensore LiDAR.

Sensore per la realtà aumentataLiDAR sta per (Light Detection and Ran-ging) ed è un sensore che serve a calco-lare le distanze utilizzando il tempo impie-gato dalla luce per riflettersi su un oggetto e tornare al sensore. Un sensore LiDAR è quindi in grado di trasformare una “imma-gine” ripresa in una nuvola di punti che la completa nelle tre dimensioni. Il LiDAR nel nuovo iPad Pro è stato progettato in modo specifico per il dispositivo, e si basa sul tempo di volo diretto (D-TOF, ovvero Direct Time of Flight) che può misurare la luce riflessa fino a 5 metri di distanza.

MOBILE Apple ha dato una nuova identità al suo iPad Pro, rendendolo più simile a un PC portatile

Il nuovo iPad Pro sembra un portatile Tastiera con trackpad e sensore per ARNovità assoluta, il nuovo iPad Pro ha un sensore LiDAR per elaborare la realtà aumentata

Apple non ha pensato a questo senso-re come generatore dell’effetto bokeh (sfuocato) nelle foto, ma come elemento essenziale per foraggiare le applicazioni basate sulla Realtà Aumentata e sulla loro evoluzione. Il nuovo iPad Pro può acqui-sire video in 4K, e la fotocamera frontale è capace di gestire il FaceID. A gestire il tutto ci sarà un processore A12Z Bionic, con cui Apple si dice sicura di superare in prestazione la maggior parte dei PC por-tatili. Processore a 8 core dotato di Neural Engine e con un design termico ottimizza-to per gestire l’editing diretto dei filmati in 4K e l’elaborazione dei dati 3D per l’AR.

Trackpad, mouse e nuova tastieraLa vicinanza a un PC portatile del nuovo iPad Pro si completa con il supporto alla Magic Keyboard che verrà, e che presen-terà la novità assoluta del trackpad nella parte inferiore della tastiera full size con tasti a meccanismo a forbice. Il trackpad sarà usato per muovere un cursore che faciliterà la navigazione all’interno dell’in-terfaccia, e potrà evidenziare alcuni ele-menti un po’ come avviene con il teleco-mando della Apple TV. Sicuramente iOS 14 porterà novità da questo punto di vista. Il trackpad potrà fare affidamento anche sui gesti multi-touch e la Magic Keyboard sarà retroilluminata. Avrà anche una porta

USB-C attraverso la quale sarà possibile anche ricaricare l’iPad Pro.Inevitabile e ampiamente previsto il sup-porto ad Apple Pencil, con aggancio magnetico al telaio dell’iPad Pro e carica wireless. Oltre a USB-C, la connettività prevede WiFi e LTE. Il nuovo iPad Pro può essere già preordinato, anche se la dispo-nibilità effettiva è stata fissata al 25/3. La Magic Keyboard arriverà a maggio. L’iPad Pro da 11” solo WiFi e 128 GB di archivia-zione costa 899 euro. Per il taglio da 256 GB servono 1.009 euro; per quello da 512 GB, 1.229 euro; e per avere 1 TB, 1.449 euro. A questi prezzi bisogna aggiungere 170 euro per la versione WiFi + LTE.L’Ipad Pro da 12,9” WiFI ha un prezzo base di 1.119 euro con 128 GB di archiviazione; che diventano 1.229 euro per 256 GB, e 1.449 euro per 512 GB. Mentre per il taglio da 1 TB si parte da 1.669 euro. Come per l’11”, per la versione WiFi + LTE bisogna aggiungere 170 euro ai prezzi sopra ripor-tati. La Magic Keyboard per iPad Pro sarà invece disponibile a maggio a 339 euro (modello da 11”) o 399 euro (modello da 12,9”). Ovviamente con tastiera italiana.La Apple Pencil di seconda generazione per iPad Pro è in vendita a 135 euro.La nuova Smart Keyboard Folio per il nuo-vo iPad Pro è disponibile in nero siderale a 199 euro (modello da 11”) e 219 euro (modello da 12,9”), e tastiera italiana.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Sergio DONATO

H uawei P40 Pro sarà presentato il 26 marzo con un evento online. Già si sapeva, ma per la prima vol-

ta Huawei ha pubblicato sul suo sito web un’immagine teaser che illustra il modulo delle camere posteriori del P40 Pro. P40 Pro è lo smartphone “photo oriented” di Huawei, ed è stato proprio il P20 di Huawei a dare il via a quello che è diven-tato poi un trend copiato da tutti. L’immagine promozionale mostra il profilo del “rettangolo spesso” che ospiterà le fotocamere posteriori, senza dare detta-gli, ma da diverse indiscrezioni sappiamo che il sensore della fotocamera wide prin-cipale del P40 Pro sarà un Sony IMX700 da 52 MP di dimensioni generose: 1/1,28 pollici. Si tratta di un sensore “Quad Quad Bayer”, grazie al quale il P40 Pro dovreb-be dare il meglio di sé negli scatti notturni o con poca luce. A differenza di un Quad Bayer tradizio-nale che ha 4 pixel riservati per i colori

RGB di ogni sezione del senso-re per la sua intera superficie, il Quad Quad Bayer è in grado di effettuare due passaggi dell’ope-razione di “pixel binning”, arrivan-do a ottenere un “super-pixel” che combina la carica elettrica di 16 pixel adiacenti.Il pixel binning di fatto serve ad aumentare il rapporto signal-to-noise (SNR) e ottenere immagini più luminose in condizioni di scarsa luminosità.

Questo significa anche che il sensore Sony IMX700 da 52 MP otterrà scatti da 13 MP in modalità Quad Bayer (52 MP/4) e da 3,25 MP in modalità Quad Quad Bayer (52 MP/16): molto probabilmente riservata agli scatti in condizioni di bas-sissima luminosità. Non è escluso che le immagini ottenute in modalità “super buia” possano poi essere interpolate con uno scatto da 13 MP.Tuttavia, a differenza di un Quad Bayer tradizionale, il filtro colore del Sony IMX700 non sarà di tipo RGB (Red, Green, Blue), ma si tratterà di un RYYB: già visto sul P30 Pro, nel quale Huawei al posto del colore verde ci ha messo il gial-lo, chiamando il sensore SuperSensitive. La camera grandangolare sarà più tradi-zionale e si affiderà a un sensore ancora più grande, un Sony IMX650 da 1/1,5” e risoluzione di 40 MP. Ma questa volta, il filtro colore sarà un tipico RGB. Infine, per l’ottica tele ci sarà la combinazione di una camera a periscopio con zoom ottico da 5x e una tele più semplice con zoom ot-tico da 3x. A completare il “rettangolo fo-tografico posteriore” del P40 Pro ci sarà un sensore Time of Flight 3D che avrà accanto anche un sensore per la tempe-ratura colore, e un doppio flash-led.

FOTOGRAFIA È comparsa l’immagine teaser ufficiale che annuncia la presentazione del P40 Pro

Huawei P40 Pro, annuncio online il 26 marzo Tutto quello che sappiamo sulle fotocamereIl sensore della fotocamera wide principale sarà un Sony IMX700 da 52 MP da 1/1,28 pollici

Canon EOS R5 Video 8K senza crop e dual pixel attivo sempreCanon rivela qualche dettaglio in più sulla EOS R5, la nuova mirrorless ammiraglia in via di sviluppo. Dual Pixel AF in tutte le modalità 8K, acquisizione in 8K senza crop e registrazione direttamente sulle schede interne di Sergio DONATO

Canon continua a rivelare nuovi particolari sulla sua nuova mirror-less ammiraglia, la EOS R5. Piccoli dettagli sulle sue funzionalità che aumentano il desiderio di vederla all’opera, specie nell’acquisizio-ne video in 8K. Ora si sa per cer-to che la macchina potrà acquisi-re video in 8K direttamente sulle schede di memoria interne. Inol-tre, l’acquisizione in 8K sfrutterà l’intera larghezza del sensore. Significa che non ci saranno crop d’immagine nella registrazione di video ad altissima risoluzione. Altra novità importantissima le-gata all’8K è la dichiarazione uf-ficiale di Canon circa la possibi-lità della EOS R5 di supportare la tecnologia di messa a fuoco Dual Pixel CMOS AF in tutte le moda-lità 8K. Nuovi dettagli riguardano sistema di autofocus per il ricono-scimento degli animali. Il sistema si affida all’identificazione degli occhi, ma anche a quella del muso e del corpo nelle situazioni in cui gli occhi non siano visibili. Le indiscrezioni recenti aveva-no parlato anche della possibile uscita sul mercato della Canon EOS R5. La “x” sul calendario va tracciata a luglio 2020.

Il Quad Bayer SuperSensitive del P30 Pro con il colore giallo al posto del verde (clicca sull’immagine).

MOBILE Stupisce l’assenza di cornici. Debutterà il 27 marzo

Huawei P40 Pro, prime immagini Sarà quasi tutto schermo

di Pasquale AGIZZA

Schermo curvo, quasi totale as-senza di cornici e solo il dop-pio foro in alto a sinistra come

unico elemento di disturbo. Potrebbe essere così Huawei P40 Pro, almeno secondo le immagini pubblicate dal noto Evan Blass. Oltre all’immagine frontale del P40 Pro, Blass ha condivi-so su Twitter una curiosa immagine a ventaglio con tutti i modelli della gam-ma P40. Possiamo così apprezzare anche il retro di P40 Pro, accompagnato dal P40 liscio e dalla potentissima versione Pro PE. Anche se molto simili dal punto di vista estetico, le varie versioni differiscono per il numero di fotocamere. Il P40 Pro, che è quello sul lato sinistro del ventaglio, utilizza un comporto fotografico a 4 camere. Se-guendo il verso dell’immagine si passa poi al P40 liscio, con tre fotocamere posteriori per arrivare poi al prodotto top, cioè il P40 Pro PE che utilizzerà addirittura cinque fo-tocamere posteriori. Per quel che riguarda la scheda tecnica del P40 Pro, il passaggio su Geekbench dei giorni scorsi ci ha svelato qualcosa. Lo smartphone utilizzerà un processore Kirin 990, coadiuvato da 8GB di RAM. Fra le pieghe del noto programma di benchmark, però, si è intravista anche una versione con 16GB di RAM.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Franco AQUINI

Chiusi in casa per l’emergenza Coronavirus, sono in molti a sviluppare una vera fobia per germi e batteri. Anche se c’entrano poco con i virus,

in un periodo in cui si parla tanto di igiene e in cui il famoso detergente per le mani è diventato prezioso quanto l’oro (tanto da meritarsi l’appellativo di “oro tra-sparente” su qualche video diventato virale in rete), ci siamo interrogati su quanto possa fare il lavaggio dei capi fatto in casa per eliminare germi e batteri dagli indumenti. Pensiamo a quante volte viene portata alla bocca una sciarpa o un foulard quando si tossisce, lo stesso foulard che magari si preferisce non lavare alle alte temperature per non rovinarlo. Chi ci viene in-contro per assicurarci capi e indumenti igienizzati nei giorni del Coronavirus? La tecnologia ovviamente, che spesso viene però “inquinata” da un marketing un po’ troppo spavaldo, che non si fa problemi a parlare di igiene anche quando l’igiene non c’è. Troppo spesso le lavatrici e asciugatrici millantano poteri igienizzanti soltanto perché utilizzano il vapore. Sono realmente efficaci? E a che punto siamo con l’uso dell’ossigeno attivo? Ecco le risposte. Dove si annidano i germi e quando è il caso di preoccuparsiSono in molti i produttori di lavatrici, lavasciuga e asciugatrici che parlano di sconfiggere batteri, sanifi-care e igienizzare il bucato. Ma come stanno realmen-te le cose? Può una lavatrice igienizzare realmente un capo? Possiamo sentirci tranquilli quando mettiamo a lavare un indumento di una persona malata, magari un capo di biancheria intima, insieme al resto del bucato della famiglia? «Immagina - affermava in un’intervista al Time Kelly Reynolds dell’University of Arizona - che qualcuno con cui vivi in casa sia malato. Un singolo grammo della sua materia fecale contiene milioni di virus e l’esposizione a soltanto un centinaio di questi virus può farti ammalare». Chuck Gerba, altro professo-re di microbiologia, ha aggiunto: «Non importa quante

volte li lavi, ma la media delle persone ha circa una

SMARTHOME Abbiamo deciso di fare chiarezza sulle tecnologie che promettono una igienizzazione totale nel lavaggio e nell’asciugatura

Fare il bucato al tempo del Coronavirus Eliminare batteri e germi senza cedere alla fobiaCome eliminare germi e batteri dalle mani e dagli indumenti? Ecco la guida a un corretto uso dei dispositivi domestici

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decina di grammi di residui fecali sulle mutande».

È sufficiente lavare con acqua calda?I batteri che portiamo in casa attraverso gli indumenti non sono pochi, anzi. Possono compromettere seria-mente la salute, soprattutto delle persone più esposte. Cosa fare allora? È sufficiente lavare con acqua calda? No, la temperatura non c’entra.Lo stesso Reynolds afferma, infatti, che in base alle prove di laboratorio un germe presente su un indu-mento lavato in lavatrice si diffonderà sul 90% degli altri indumenti: «Non importa quanto caldo imposti la temperatura dell’acqua sulla tua lavatrice. Quando si tratta di muffe che causano infezioni della pelle o delle vie respiratorie o di organismi che causano raf-freddori, influenza o altre malattie dello stomaco, la maggior parte sopravviverà al ciclo di lavaggio». Co-s’è efficace dunque? Semplice: l’asciugatrice. L’acqua sparge i germi su tutto il bucato, mentre l’essiccazione alle alte temperature uccide i virus. Attenzione, però. «L’impostazione “high heat” è fondamentale” mette in guardia Reynolds. “Le impostazioni a basso consumo energetico e ad alta efficienza energetica potrebbero non portare a termine il lavoro». Piuttosto che alzare la temperatura del lavaggio, dun-que, meglio stendere il bucato all’aperto, sotto i raggi

del sole. Il rimedio della nonna, in pratica, sfrutta le proprietà disin-fettanti della luce ultravioletta del sole (per chi vuole approfondire questo punto, ovvero l’efficacia battericida di un ciclo di asciuga-tura, trova lo studio a questo in-dirizzo). Un’ultima avvertenza: la-vare gli indumenti di una persona malata, anche separando i lavaggi,

non vi metterà al riparo dalla contaminazione. I germi rimar-ranno nella lavatrice. Gli esper-ti, in questi casi, consigliano di

far fare un ciclo completo di lavaggio con candeggina o con un altro tipo di disinfettante.

Il pericolo di lavare con troppo detergente e l’autodosaggioSembrerà banale, ma esagerare col detergente, an-ziché pulire più a fondo i capi, fa l’esatto opposto, perché in qualche modo fa sedimentare i germi sui capi. Dosare correttamente la quantità di detergente è fondamentale tanto quanto prendere altri tipi di accor-gimenti. Se si usa poco detergente gli indumenti non verranno lavati correttamente, se è troppo lo sporco tenderà ad attaccarsi al capo, quasi incrostato.Ecco perché, da un po’ di tempo a questa parte, le lavatrici più evolute integrano sistemi intelligenti di au-todosaggio. Non si tratta di risparmiare tempo e fare meno fatica nel caricare la vaschetta del detersivo, bensì di non rischiare di trasformare il proprio bucato in un ricettacolo di batteri, caldo e profumato.

L’ozono, leggenda o reale battericida?Da qualche anno si è diffusa anche a livello domesti-co una nuova tecnologia che, stando agli annunci dei vari produttori, può rivoluzionare totalmente il modo di intendere il lavaggio degli indumenti. Si tratta del-l’ozono o, come commercialmente viene chiamato più spesso, ossigeno attivo. L’ozono infatti è formato da tre atomi di ossigeno (l’ossigeno che respiriamo, il diossido di ossigeno, è frutto del legame di due soli atomi di ossigeno). Da qui la denominazione di ossi-geno attivo. L’ozono è un gas instabile che allo stato liquido è esplosivo. Dunque non può essere conserva-to, e deve essere prodotto al momento dell’uso. Ecco perché non può essere aggiunto con una pastiglia nella lavatrice né conservato all’interno di bombolet-te da utilizzare quando ce n’è bisogno. Per produrlo è necessario l’ossigeno e delle scariche elettriche o delle scintille, capaci di trasformare 3 atomi di O2 in 2

Un esempio di come le lavatrici dotate di ozonizzatore lo utilizzano all’in-terno del ciclo di lavaggio.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

atomi di O3. Non è un caso che il caratteristico odore pungente dell’ozono si avverta nell’aria in presenza di temporali. Perché è interessante l’ozono nell’uso domestico?Grazie al suo alto potere ossidante, l’ozono viene uti-lizzato in maniera analoga al cloro ed è quindi impie-gato nell’industria per la disinfezione dell’acqua negli acquedotti, nelle piscine, per le superfici che devono venire a contatto con gli alimenti, per la disinfezione dell’aria da spore di muffe e lieviti e, infine, per la pu-lizia e lo sbiancamento dei tessuti. Ecco perché l’uso domestico per la disinfezione degli indumenti può avere un senso, a patto di trovare un modo semplice e sicuro di generare l’ozono in casa. Nessun mito quindi su questo fronte: l’ozono igienizza realmente e ha un incredibile potere battericida. Quello che invece pro-prio non fa è pulire. Ecco perché bisogna stare attenti ai prodotti che promettono di sostituire la lavatrice di casa con ozonizzatori che, non lo discutiamo, sicura-mente avranno un alto potere igienizzante, ma difficil-mente riusciranno a pulire gli indumenti come una la-vatrice. L’ozono, in definitiva, igienizza ma non pulisce né elimina le macchie e lo sporco. Al più lo igienizza, ma le macchine e lo sporco rimangono lì dove sono. Ecco perché serve comunque il lavaggio di una lavatri-ce in senso classico, semmai da accoppiare al potere battericida dell’ozono. Ozono integrato o generatore esterno?Da qualche anno però esistono lavatrici che integrano al loro interno un dispositivo in grado di produrre l’ozo-no per elettrolisi. DDAY.it ne aveva parlato già nel 2015 in occasione della presentazione di sensoFresh a IFA, la tecnologia che il gruppo B/S/H, proprietario dei brand Siemens e Bosch, ha integrato nelle lavatrici dei rispettivi marchi.La tecnologia è nota anche come Active Oxygen e fa proprio quello che promette: rilasciare ozono in forma di gas all’interno del cestello della lavatrice per otte-

nere tre effetti positivi. Il primo è quello di igienizzare ed eliminare odori da indumenti che necessitano di essere rinfrescati. Ovvero non ancora sporchi, magari indossati una sola volta. È il cosiddetto “refresh” che molte lavatrici realizzano tramite il vapore, di cui par-leremo più avanti. Il secondo effetto positivo è dato dalla possibilità di igienizzare a basse temperatura o addirittura a secco capi che alle alte temperature si rovinerebbero. Pensiamo al classico foulard, spesso a contatto con la bocca e in questo periodo utilizzato a mo’ di mascherina, che necessita di una vera igie-nizzazione più che di un lavaggio e che, allo stesso modo, teme le alte temperature. Il terzo vantaggio of-ferto da sensoFresh è la possibilità di igienizzare l’in-cavo della lavatrice per eliminare germi e batteri dal cestello, dall’oblò e dalle guarnizioni. L’ozonizzatore è una tecnologia reale, che offre vantaggi indiscutibili per ora esclusiva di poche marche di lavatrici. Que-sto però non significa che non si possa utilizzare un dispositivo esterno, come quelli capaci di aggiungere l’ozono direttamente nell’acqua prima che questa ven-ga caricata all’interno della lavatrice. Certo, rispetto alla lavatrice si perde la possibilità di utilizzare l’ozono puro, senza acqua. Ovvero di poter fare un lavaggio un lavaggio completamente a secco. Però può essere una soluzione per chi ha acquista-to la lavatrice da poco o preferisce acquistarne una differente da quelle (poche) che utilizzano questa tec-nologia. Come la Serie 8 ActiveOxygen di Bosch o la iQ800 sensoFresh di Siemens. Igienizzare col vapore: cosa è realmente efficace e cosa invece è un espediente pubblicitarioA molti, a questo punto, sarà venuto un dubbio. Molte lavatrici, quasi tutte a dire il vero, parlano di igieniz-zazione dei capi. Nessuna di queste (o al massimo poche) citano l’ozono o l’ossigeno attivo. Come fan-no a igienizzare i capi? Col vapore, che viene sempre più spesso integrato all’interno delle lavatrici o delle lavasciuga per rinfrescare i capi che non sono ancora da lavare. Oppure per i capi delicati che patiscono un numero eccessivo di lavaggi alle alte temperature. Il vapore caldo, ovviamente, ha un potere battericida. Ma è realmente efficace? Come detto nel primo all’ini-zio, l’unica cosa che igienizza realmente è un getto di aria calda per poco meno di mezz’ora. Tutto il resto può avere una buona efficacia, ma difficilmente può

eliminare tutti i germi e i batteri come spesso si legge sui siti dei produttori di lavatrici. Molti parlano dell’eli-minazione fino al 99,9% dei batteri degli allergeni non soltanto dal bucato, ma anche dal cestello. Difficile testarne la reale efficacia senza complesse prove di laboratorio. Molti produttori citano a questo proposito test di enti certificatori importanti come Intertek, senza però dare la possibilità di accedere ai risultati e alle condizioni stesse del test. In poche parole: ci si deve fidare. Anche se la scienza ci dice che il vapore difficil-mente può distruggere tutti i batteri e i germi presen-ti sugli indumenti. Conviene comprare una lavatrice dotata di vapore? Sicuramente sì perché sono tanti i vantaggi offerti dall’uso del vapore. Anche perché una cosa è igienizzare il cestello col vapore caldo, una cosa è non farlo proprio. Non distruggerà il 100% dei batteri, ma è sempre meglio che non fare niente. E poi il vapore offre tanti vantaggi, come la distensione delle fibre per facilitare la stiratura. Magari, se possibile, me-glio non giustificare la sostituzione della lavatrice con la necessità di igienizzare i capi. Su quello è bene, in mancanza di dati certi, soprassedere.

Riassumendo: bene l’ozono, ma con una buona asciugatrice si ottengono gli stessi risultatiIn definitiva è necessario correre a comprare una nuo-va lavatrice dotata di ozonizzatore? No, come detto poco sopra, una buona asciugatrice utilizzata con un ciclo che non sia a risparmio energetico, ha un pote-re battericida molto efficace. Certo, piacerà poco agli ambientalisti duri e puri, che vedranno nel consumo di energia dell’asciugatrice uno spreco e un danno per l’ambiente. Per loro rimane l’opzione dell’ozonizzatore che però ha un costo significativo, sia che si scelga la versione integrata nella lavatrice, sia che si scelta la soluzione esterna. E comunque ha anche lui il suo consumo di energia, uno dei modelli che abbiamo pre-so in considerazione ha un consumo compreso tra 0,5 e 1 kWh. Non sono da trascurare nemmeno “i rimedi della nonna”, visto che sono stati certificati da impor-tanti ricercatori. Asciugare il bucato al sole ha la sua efficacia battericida. Così come il ciclo di lavaggio a vuoto con la candeggina, rimedio caro a tante massaie che pure ha la sua efficacia. In tempi di germofobia, è bene saper distinguere le solite promesse miracolose di lavaggio a secco da quello che dice la scienza. Elimi-nare i batteri è importante, soprattutto se gli indumenti

provengono da una persona malata o costantemente esposta a rischi di con-tagio, come chi prende i mezzi pubbli-ci tutti i giorni, ma non deve diventare una fobia. Non è il caso di sostituire la lavatrice per questo. Meglio, piutto-sto, applicare un po’ di buon senso e tenere pulita quella che si ha in casa. Se si sta per cambiare la lavatrice, in-vece, l’opzione dell’ozonizzazione è da considerare. Ma anche in questo caso non bisogna dimenticare che ozonizzare il bucato, per poi passarlo nell’asciugatrice, potrebbe significare vanificare l’esigenza di avere una la-vatrice con una funzione in più, magari pagata a caro prezzo.

Serie 8 ActiveOxygen di Bosch, uno dei pochi modelli di lavatri-ce con generatore di Ossigeno Attivo integrato

Un ozonizzatore esterno, con gli ingressi per l’ac-qua e la corrente e l’uscita dell’acqua da collegare all’ingresso della lavatrice

SMARTHOME

Il bucato al tempo del Coronavirussegue Da pagina 20

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Paolo CENTOFANTI

Che stiate cercando una nuova lavatrice, un fri-gorifero o un condizionatore, sfogliando l’offer-ta dei diversi produttori o chiedendo consiglio

in un negozio, è quasi sicuro che vi sarà capitato di in-contrare il termine Inverter, specie abbinato ai prodotti proposti come di migliore qualità e a maggiore rispar-mio energetico. Molti produttori mettono l’Inverter tra le caratteristiche di punta dei propri elettrodomestici, senza però magari entrare troppo nel dettaglio di di cosa si tratti e in che modo contribuisca a migliorare il prodotto proposto. Ma che cos’è un inverter? E per-ché ha preso così piede nel campo degli elettrodome-stici? È solo marketing o c’è qualcosa di più?

Questione di correnti e motoriNon bisogna essere un ingegnere né un elettricista per sapere che non tutta la corrente elettrica è uguale. Fin da piccoli ci insegnano che ci sono due tipi di cor-rente elettrica: continua ed alternata. Dopo un periodo storico iniziale in cui i primi sistemi di distribuzione di energia funzionavano in corrente continua, ben presto a imporsi in tutto il mondo fu il modello a corrente al-ternata, in cui cioè l’andamento della tensione e della corrente nel tempo è di tipo sinusoidale, in Europa con periodo di 50 cicli al secondo o 50 Hz.Naturalmente è possibile trasformare una corrente continua - cioè con parametri costanti - in alternata e viceversa. Il circuito elettrico che trasforma una corren-te alternata in corrente continua prende il nome di rad-drizzatore, mentre per effettuare l’operazione inversa, trasformare una corrente continua in alternata, occorre un componente elettronico che prende il nome, bada-te bene, di inverter. L’inverter è quindi un componente fondamentale ogni qual volta abbiamo una fonte di energia che lavora in corrente continua, come una bat-

SMARTHOME Lo troviamo in frigoriferi, condizionatori, lavatrici e persino forni a microonde: è l’Inverter. Vi spieghiamo cos’è

Inverter, una rivoluzione per gli elettrodomesticiUn componente che ha rivoluzionato l’ingegnerizzazione di elettrodomestici all’insegna del risparmio energetico e non solo

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teria o un pannello fotovoltaico, e dobbiamo utilizzarla per operare un circuito o un dispositivo che funziona in corrente alternata, come ad esempio alcuni modelli di motori elettrici. Ed è proprio questo ultimo punto che ci porta agli elettrodomestici. Ci sono infatti diverse tipo-logie di motori elettrici, ognuno con i suoi pro e i suoi contro e campi di utilizzo. Nei vari tipi di elettrodome-stici possiamo trovare sia motori a corrente continua, che a corrente alternata ed è qui che entra in gioco l’in-verter: nel trasformare la corrente continua in alternata, infatti, l’inverter può variarne a piacimento la frequenza e la tensione. Utilizzando un inverter per alimentare un motore elettrico è possibile dunque controllarne la ve-locità, in funzione delle effettive esigenze del dispositi-vo a cui è collegato. E così nei migliori elettrodomestici la corrente alternata di rete a 240 Volt e 50 Hz viene prima trasformata in continua, per poi essere data in pasto a un Inverter che la trasformerà in corrente alter-nata di frequenza e tensione opportune.

La lavatrice a Inverter: dalle spazzole al direct drivePartiamo dalle lavatrici, dove la presenza del motore ed il suo ruolo è più evidente. Le lavatrici hanno utiliz-zato per un lungo periodo un motore elettrico a spaz-zole universale, capace cioè di lavorare sia in continua che in alternata, un motore adatto per lavorare ad alti regimi di rotazione e dal controllo tutto sommato estremamente semplice (il che vuol dire poco costo-so). Questo tipo di motore aveva il vantaggio, oltre al basso costo, di poter regolare la velocità di centrifuga variando la tensione dell’alimentazione, ma il design del motore a spazzole rende il funzionamento rumoro-so e suscettibile a deterioramento dei componenti sul lungo periodo, a causa dell’attrito tra le spazzole e il rotore. Inizialmente le lavatrici utilizzavano un altro tipo di motore a corrente alternata, il motore a induzione o a sincrono, una macchina priva di spazzole, dotata di ottima efficienza, costruzione semplificata e minore in-gombro rispetto a un motore universale e dalle ridotte

necessità di manutenzione. Ma il motore asincrono ha uno svantaggio nella sua implementazione più sempli-ce: lavora a una velocità di rotazione fissa dipendente dalla frequenza della corrente di alimentazione e tra-dizionalmente, attraverso due set di avvolgimenti nel rotore, le lavatrici avevano solo due velocità: normale e centrifuga, motivo per il quale fu abbandonato in fa-vore del motore universale a spazzole. Accoppiando però un motore asincrono ad un inverter è possibile ottenere tutti i vantaggi di questo modello di macchi-na elettrica, più la variazione fine di velocità. I vantaggi sono molteplici:

•maggiore silenziosità: il motore ha meno componenti sottoposti a frizione meccanica;•maggiore efficienza energetica: primo perché il mo-tore asincrono ha un rendimento superiore, sia per la ridotta dissipazione termica per effetto joule, sia per il ridotto attrito, secondo perché è possibile operare la velocità del cestello della lavatrice in funzione dell’ef-fettivo carico;•maggiore durata: i motori a induzione, sempre grazie alla riduzione di componenti sottoposti ad attrito mec-canico, sono meno soggetti ad usura e spesso sono garantiti anche per 10 anni. Nel design classico della lavatrice, il motore è collegato al cestello tramite una cinghia, ma negli ultimi anni, grazie al ridotto ingom-bro del motore controllato a inverter, diversi produttori hanno iniziato a installare il motore direttamente sull’al-bero del cestello (da cui la dicitura direct drive spesso utilizzata), eliminando quindi la puleggia e migliorando la stabilità di tutta la meccanica della lavatrice.

Il compressore a Inverter: rivoluzione per frigoriferi e condizionatoriIn molti forse non ci hanno mai pensato, ma la mag-gior parte delle macchine per il freddo sono basate su un motore elettrico che mette in moto il compressore

Un esempio di moderno motore asincrono a inverter per lavatrici: il rotore, al centro, si muove libero senza contatti meccanici con lo statore all’esterno dove risiedono gli avvolgimenti: la corrente che fluisce nello statore è controllata elettronicamente tramite Inverter digitale.

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SMARTHOME

Cos’è l’invertersegue Da pagina 21

che, semplificando, come dice il nome, lavorando sulla compressione del gas refrigerante permette lo scam-bio di calore che genera il fresco in un frigorifero o in un condizionatore d’aria.Un compressore tradizionale funziona a velocità fissa e le macchine per il freddo classiche lavorano secondo un principio molto semplice: accendo il compressore, raffreddo fino a quando raggiungo la temperatura de-siderata, spengo il motore e quando la temperatura scende sotto una certa soglia, lo riaccendo. Questo “al-goritmo” è molto semplice, permette di ridurre il costo degli elettrodomestici, ma ha un importante difetto: il compressore lavora sempre a massima potenza quan-to è acceso, consumando di più. E inoltre la tempera-tura non è in realtà stabile ma oscilla tra il valore ti tem-peratura alto, che attiva il compressore, e quello basso, che una volta raggiunto, disattiva il compressore. Con l’inverter si introduce la possibilità di regolare con precisione il regime di funzionamento del compresso-re, che non lavora più dunque a potenza fissa massima per diverse intervalli di tempo, ma in modo continuo e con assorbimento di energia variabile a seconda delle effettive esigenze. Con questo tipo di motore, il frigo o il condizionatore raggiungono velocemente la tempe-ratura desiderata, ma invece di spegnere il compres-sore, lo tengono costantemente acceso ma a potenza ridotta, in modo tale da mantenere l’obiettivo di tempe-ratura con piccole continue compensazioni.Anche in questo caso abbiamo diversi vantaggi:•maggiore efficienza energetica: il motore a inverter consente di operare in base all’effettiva esigenza di raffreddamento, con una riduzione dei consumi anche del 40% rispetto a un compressore tradizionale;•controllo preciso della temperatura: poiché la regola-zione della temperatura è continua e non a intervalli, il controllo è estremamente più preciso in frigo o condi-zionatore a inverter;•maggiore silenziosità: soprattutto nei frigoriferi, anche se il compressore è sempre acceso, il diverso tipo di motore e la possibilità di funzionare a regimi più bassi di mantenimento della temperatura, riducono notevol-mente la rumorosità dell’elettrodomestico;•maggiore affidabilità: l’azione di continuare ad avviare ed arrestare un dispositivo meccanico lo sottopone a

stress e ne accelera l’usura. Tutto ciò avviene in misura inferiore nei compressori inverter, che possono anche contare, come abbiamo visto, su motori elettrici mag-giormente affidabili e duraturi.

Dal freddo al caldo: Inverter anche per il microondeL’inverter viene utilizzato anche in elettrodomestici non dotati di un motore elettrico, come nei forni a microon-de. Il concetto di base per cui viene utilizzato l’inverter è il medesimo dei casi fin qui visti: regolare in modo fine la potenza impiegata da un elettrodomestico. In questo caso non stiamo parlando chiaramente della velocità di rotazione di un motore elettrico, ma della potenza emessa nella forma di microonde.Un forno tradizionale funziona tramite un generatore di microonde, tipicamente con una potenza tra i 700 e i 900 Watt, che lavora sempre a massimo regime. Potenze inferiori di cottura vengono ottenute, in modo non molto dissimile da quanto abbiamo visto per le macchine per il fresco, applicando “shot” di radiazione per intervalli di tempo variabili a seconda della potenza complessiva che si vuole ottenere. In sostanza il forno a microonde tradizionale lavora sempre alla massima potenza, ma più o meno a lungo a seconda del grado di cottura che vogliamo ottenere.In un forno microonde a inverter, invece, diversi livelli di cottura sono ottenuti modulando l’effettiva potenza delle microonde emesse dal forno e non regolando solo la durata dell’esposizione del cibo nel forno. Que-sta semplice caratteristica rivoluziona completamente le capacità di cottura di un forno a microonde perché il

cibo viene irraggiato effettivamente a potenze diverse e non sempre alla massima potenza, riducendo quindi il classico effetto “bollente al centro e congelato fuori” e trasformandolo da un elettrodomestico per riscalda-re a uno anche con cui cucinare. E anche in questo caso, cottura a regimi ridotti vuol dire effettivamente consumi inferiori.Quindi ricapitolando:•controllo preciso della potenza: poiché la regolazio-ne della potenza del forno è continua, il controllo della temperatura di energia in cottura è estremamente più preciso;•maggiore efficienza energetica: la potenza impegnata non è sempre quella massima, seppure per intervalli ri-dotti in un forno tradizionale, ma effettivamente ridotta a seconda delle esigenze di cottura.Il filo conduttore di questa panoramica è chiaramente l’ottimizzazione dell’energia impiegata negli elettrodo-mestici, ed è proprio il risparmio energetico il fattore che ha spinto i maggiori produttori di elettronica a co-minciare a utilizzare questa tecnologia, grazie anche al calo dei costi per la produzione delle più sofisticate schede di controllo necessarie in un progetto basato su Inverter.

Spaccato di un moderno compressore alimentato da due motori elettrici controllati digitalmente da un inverter che modula la corrente a loro erogata.

Un semplice grafico che mostra i due differenti approcci alla climatizzazione: in verde un impianto tradi-zionale, in blu uno con tecnologia a Inverter.

Così Panasonic illustra la differenza tra un microonde tradizionale e uno a inverter: la differenza princi-pale è come viene erogata la potenza nel tempo.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Roberto PEZZALI

I n tempi diversi avremmo visto l’Echo Show come l’ennesima versione di smart display basata su Alexa, ma ora è davvero impossibile non vederlo pri-

ma di tutto come un mezzo di comunicazione tra per-sone. Un mezzo che unisce famiglie, in digitale, grazie allo schermo da 8” e alla videocamera, il tutto ad un prezzo neppure troppo alto. Amazon lo ha messo a 129 euro di listino, ma dopo una settimana (e dopo che gli affezionati si sono tuffati a comprarlo) lo ha abbassato a 79 euro, un prezzo bomba che avrà fatto esplodere di rabbia chi lo ha preso al day 1. Echo Show 8 è un Echo Show, quindi uno speaker Alexa con un display e una videocamera, caratteristica quest’ultima che lo rende di fatto anche un sistema di comunicazione tramite rete. Basta dire “Alexa chiama Marco” per far partire una videochiamata in streaming verso un altro disposi-tivo Echo Show, o verso l’app Alexa. Echo Show era un ottimo dispositivo, ma lo schermo da 10” e l’ingombro per il sistema audio con diffusore reflex passivo po-tevano sembrare eccessivi. Echo Show 5, con il suo piccolo schermo da 5”, per molti era troppo piccolo: schermo da smartphone, per vederlo bisogna andare da vicino. Perfetto sul comodino come sveglia, ma non per essere un vero smart display con uno schermo am-pio e ben visibile. Echo Show 8 vuole essere la perfetta soluzione intermedia, che prende un po’ da uno e un po’ dall’altro. Ovviamente la riduzione delle dimensioni porta anche a qualche sacrificio, quindi la prima cosa da chiarire è cosa si perde scegliendo Echo Show 8 al posto del più grande Echo Show. Senza dilungarsi troppo si perdono il Dolby Processing per l’audio (utilità bassa), la videocamera in alta defini-zione, quella del 10” è da 5 megapixel, quella dell’8” è da 1 megapixel, e l’hub Zigbee per collegare dispo-sitivi domotici usando questo particolare protocollo di trasmissione. Al posto di Zigbee c’è “Certified for Hu-mans”, il sistema facile di Amazon per collegare perife-riche alla rete domestica e gestirle con Alexa. Certified for Humans usa Wi-fi tuttavia, non Zigbee. Si guadagna anche qualcosa: per chi non si fida del bottone per staccare la videocamera, Echo Show 8 come il piccolo Show 5 prevede un interruttore fisico che copre il sensore. o schermo ha la stessa risoluzio-ne della versione maggiore, e questo vuole ovviamen-te dire più definizione: non è un prodotto che si guarda da vicino, da una distanza di circa un metro è davve-ro difficile percepire le differenze. L’angolo di visione è buono, la luminosità del display anche. Non è uno schermo di qualità assoluta: è un normale display IPS. Per il prezzo a cui viene venduto è più che adeguato.

Qualità audio migliorabile, bassi troppo presentiLa qualità audio è ovviamente migliore di quella del

SMARTHOME Dopo Echo Show 5 e il grande Echo Show Amazon lancia un modello intermedio di smart display con Alexa

Amazon Echo Show 8, recensione completa Videochiamate facili in tempo di quarantenaPerfetto sul comodino come sveglia, ma non per essere un vero smart display con uno schermo ampio e ben visibile

piccolo Echo Show 5 ma non è all’altezza dei migliori Echo: i due speaker al neodimio da 51mm e il woofer passivo sembrano equalizzati in modo sbagliato, bassi troppo preponderanti e acuti a volte un po’ striduli. L’acustica è probabilmente penalizzata anche dal tipo di posizionamento, e il rischio è che incassando Echo Show 8 in un angolo si vadano ad incremen-tare ulteriormente i bassi. Il nostro consiglio è “fate-lo respirare”, su una mensola o su un comodino. Se guardiamo all’interfaccia l’unica cosa da segnalare è l’orario molto piccolo, e l’impossibilità di variare lo stile come si può fare con Echo Show 5. Invece non si può, l’ora è in alto a sinistra, molto piccola. Amazon ha tuttavia promesso che a breve verrà aggiornato il software e l’ora, la data e il meteo verranno mostrati più in grande.

Un ottimo mezzo di comunicazioneEcho Show 8 si comporta come gli altri Echo con display: Alexa risponde alle richieste, permette di gestire dispositivi connessi nell’ambito della casa intelligente e può anche contattare, tramite chiama-ta audio e video, altre persone. Si possono video chiamare solo persone che hanno l’app Alexa in-stallata oppure un altro dispositivo Echo Show, ed è davvero semplice, basta dare accesso ai contatti dall’applicazione installata sullo smartphone. Se non hanno l’app installata parte una chiamata classica. In questo periodo difficile le famiglie cercano mezzi di comunicazioni che possano essere facili da usare. Le

varie app di videochiamata per smartphone lo sono, ma se qualcuno cerca un dispositivo che può essere usato anche a mani libere, Echo Show è perfetto. E costa poco. La possibilità di avere il supporto video è utile perché ci sono molte “skill” che oltre alla voce possono usare video e testi, ad esempio le app di ri-cette o Prime Video, ma questa parte non è ancora molto sviluppata lato software. O meglio, Amazon sta costruendo attorno ad Alexa un piccolo recinto: bene l’interazione con le skill, ma qualcuno vorrebbe poter accedere a Netflix o Youtube. Non è possibile, ma non siamo sicuri che sia un Echo Show il dispositivo adat-to per guardare un film. Già Prime Video, presente, sembra di troppo.

Ha il display e costa meno di EchoEcho costa 99 euro, ed è solo un diffusore audio. A 79 euro Echo Show 8 è un buon acquisto: non ha la stes-sa qualità di Echo, sma ha un display che permette le videochiamate. Questo è a nostro avviso un elemen-to in grado di fare la differenza, soprattutto in questo momento: basta farlo recapitare da Amazon a casa di qualcuno che ha una connessione e in pochi minuti, anche senza pratica, sarà possibile mettere in contat-to video due case. Alexa è quella che conosciamo, le skill anche, e più passa il tempo più migliora. Le di-mensioni, poi sono perfette, non troppo piccole e non troppo grandi. Aspettiamo solo che Amazon aggiorni la dashboard: l’unica cosa che manca è la personaliz-zazione della schermata Home.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Roberto PEZZALI, Pasquale AGIZZA

L a nuova Xbox prende forma. Dopo anni di sviluppo la piattaforma hardware è ormai definitiva e Micro-soft ha svelato tutti i dettagli di quella che sembra

davvero una macchina da gioco senza compromessi. Tutto ruota attorno a quelli che secondo Microsoft sono i tre pilastri alla base della nuova console: la potenza, la velocità e la compatibilità. Se guardiamo però al detta-glio, si capisce che Microsoft ha lavorato davvero bene per cercare di anticipare Sony e ha messo all’interno di Xbox Series X tanta carne al fuoco. Siamo avanti a quel-la che è la più potente Xbox di sempre, ma non era dif-ficile immaginarlo, e l’obiettivo che si è posta Microsoft quando la progettava era quello di creare una console che potesse far girare senza problemi i giochi in 4K a 60 fps. Secondo Jason Ronald, Director of Product Mana-gement di Xbox Series X, chi ha lavorato alla piattaforma è riuscita ad andare anche oltre, perché la nuova Xbox riesce a gestire anche giochi in 4K a 120 fps. Devono es-sere ben ottimizzati, ma i giochi più competitivi, si pensi a quelli che vengono usati in ambito eSport, potranno girare con un framerate altissimo accompagnato da una risoluzione Ultra HD. Parte del merito va ad AMD: Microsoft lavora con AMD da ormai 15 anni, fin dalla Xbox 360, e per questa nuova generazione AMD ha confezionato un nuovo SoC cu-stom che integra una CPU AMD Zen 2 e una GPU RDNA. Per la precisione ci troviamo davanti ad una CPU con 8 core custom a 3.8 Ghz: per la prima volta all’interno di una console si raggiungono velocità di clock simili.Per permettersi una tale velocità Microsoft è dovuta ri-correre ad un sistema di dissipazione particolare, che ricorda molto quello del vecchio Mac Pro, il cilindro. L’aria viene pescata dal basso, passa all’interno e viene espulsa dall’alto tramite una ventola.Le schede madri sono agganciate ad una struttura me-tallica a sandwich che funziona come dissipatore, posta tra loro. Schede madri, esatto, perché sono due: una è

GAMING Microsoft ha svelato tutte le caratteristiche tecniche della nuova Xbox Series X, che sulla carta sembra un portento

Xbox Series X: questa console è un vero mostroTutto ruota attorno a tre pilastri: potenza, velocità e compatibilità. Sony ha messo in Xbox Series X tanta carne al fuoco

per il processore, con la sua interfaccia di memoria a 320 bit e i 10 moduli di RAM DDR6 (16 GB totali) , l’al-tra è per l’alimentazione, il blu-ray e tutti i componenti accessori.

Un processore grafico da 12 TFLOPSIl processore grafico è l’elemento più interessante: an-che lui, come la CPU, lavora ad una frequenza di clock altissima per una console, 1825MHz. Microsoft si era data come obiettivo 12 teraflop di potenza ed è riuscita a raggiungerli, tramite 3328 scadere allocati su 52 com-puter units. Come avevamo già scritto in occasione del-l’investor Meeting di AMD il processore grafico è in gra-do di supportare il DirectX Raytracing con accelerazione hardware, da usare sia per la grafica che per l’audio.Clayton Vaught, Technical Director for Minecraft, ha mostrato nel corso di una serie di meeting riservati una demo di Minecraft in raytracing e il risultato è simile a quello che abbiamo visto anche noi su piattaforma NVI-DIA, un mondo totalmente trasformato dal modo in cui viene gestita la luce. Tra i primi giochi a beneficiare della potenza della nuova Xbox Series X ci sarà Gears 5. Mike Rayner, Technical Director di Coalition, ha mostrato una demo di Gears 5 dove il gioco girava senza problemi in

modalità “PC Ultra Spec”, quindi con le imposta-zioni grafiche spinte al massimo. Secondo chi ha visto il gioco girare su Xbox Series X anche i tempi di caricamento erano decisamente più bassi. Gears 5 gira già in versione “demo” su Xbox Series X a 100 fps, ma il team di sviluppo sta lavorando ulteriormente sull’ottimizzazione per portarlo a 120 fps. La versione per la nuo-va generazione di console di Gears 5 sarà di-sponibile al lancio, e sarà gratis per coloro che avranno la versione per Xbox One. Xbox Series X supporta anche il Machine Learning per i gio-chi con DirectML, un componente specifico di DirectX. DirectML, secondo Microsoft, sfrutta fino a 24 TFLOPS di prestazioni float a 16 bit e oltre 97 TOPS (trilioni di operazioni al secondo) di prestazioni intere a 4 bit. Il Machine Learning può essere usato per migliorare una vasta gam-ma di aree, come ad esempio rendere gli NPC molto più intelligenti.

Xbox Velocity Architecture è il vero segreto di XboxUn altro aspetto dove la Xbox Series X vuole dire la sua è sulla velocità. Microsoft ha introdotto quella che defi-nisce Xbox Velocity Architecture, una nuova piattaforma composta da quattro elementi: un hard disk NVMe SSD da 1 TB interno, un modulo di decompressione hardwa-re, le nuovissime API DirectStorage e il Sampler Feed-back Streaming (SFS).Parte degli asset e degli elementi di gioco vengono me-morizzati sul disco interno in formato compresso, per risparmiare spazio. Il modulo di decompressione hard-ware è un componente specifico che decomprime que-sti asset evitando che lo faccia la CPU. Giusto per dare un’idea si può dire che per fare il lavoro fatto da questo specifico modulo la CPU necessiterebbe di circa 3 core. Per gestire al meglio la velocità del disco SSD NVME e del modulo di decompressione Microsoft ha scritto delle librerie dedicate, le DirectStorage Quando si gioca ad un openWorld, gli asset vengono continuamente richie-sti al disco mentre si gioca e si prosegue con l’esplora-zione del mondo, e questo continuo scambio di dati in background ha in impatto su quelli che sono i carichi di lavoro del processore. Grazie a questa nuova libreria al posto di utilizzare più core lo “streaming” in background degli asset grafici può essere gestito da un solo core, o da una piccola porzione, liberando risorse per gestire

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GAMING,

Xbox Series X, tutti i dettaglisegue Da pagina 24

altri calcoli come la fisica. Questa tecnologia, parte della famiglia DirectX, è stata introdotta per la prima volta su Xbox Series X e verrà portata anche su Windows. Infine c’è il Sampler Feedback Streaming (SFS), un com-ponente che permette di caricare nella memoria solo le porzioni di textures che la GPU ha effettivamente biso-gno per renderizzare una scena. Questo è fondamen-tale per il 4K: le texture Ultra HD pesano, e caricando in memoria solo le porzioni utilizzate si evita un inutile spreco di memoria. Secondo Microsoft senza questa tecnica, per avere le stesse prestazioni, sarebbero ser-vite 48 GB di memoria RAM e un disco SSD tre volte più veloce. Lo spazio interno può ovviamente essere esteso: in partnership con Seagate Microsoft ha realiz-zato una card di espansione custom che si inserisce nel retro della console. La Xbox Series X supporta anche dischi esterni su connettore USB, ma per poter fruire della Xbox Velocity Architecture solo i giochi della pre-cedente generazione possono essere caricati da disco esterno. I giochi pensati per la Xbox Series X devono essere riprodotti o dal disco interno o dallo storage da 1 GB esterno, l’espansione firmata Seagate.

Operazione bassa latenza, dal controller allo schermoC’è poi un grande nemico di ogni videogiocatore che si rispetti, e non è il boss di fine livello. Parliamo, infatti, della latenza, che può essere definita (in maniera sem-plificata) come il tempo che impiega un segnale per passare dal controller alla console e “tradursi” poi in un’azione su schermo. Per capire come Xbox Series X vuole combattere la latenza, bisogna partire dalla situa-zione precedente, cioè da come funzionava il sistema di input sulla vecchia generazione. Il controller di Xbox One (sia in configurazione cablata che in quella wireless) trasmetteva i dati ogni 8 millisecondi. Tutte le informa-zioni di input eventualmente immesse in quell’arco di tempo non venivano rilevate. Il nuovo sistema, invece, chiamato Dynamic Latency Imput (DLI) non utilizza un intervallo fisso per inviare i dati, ma si accorda a quelle che sono le richieste del gioco. In questo modo, quindi, non ci saranno più comandi non rilevati e la latenza sarà molto più bassa. Stesso discorso per quel che riguarda gli input digitali, come ad esempio i pulsanti. I vecchi controller campionavano gli input analogici e quelli di-gitali alla stessa velocità, quindi anche la pressione dei

tasti digitali veniva rilevata ogni 8 millisecondi. Xbox Series X cambia totalmente questo paradigma, con la console che controlla istantaneamente lo stato dei pul-santi. Non appena lo stato digitale del pulsante cambia (cioè viene premuto, passando da 0 a 1) l’informazione viene trasmessa, senza dover attendere il controllo ogni 8 millisecondi. Come detto, però, il tempo che l’informa-zione ci mette per passare dal joypad alla console è solo una parte del tempo di latenza. Per cercare di azzerare questo fastidioso effetto bisogna lavorare anche sulla seconda parte, cioè la trasmissione dalla console allo schermo. Gran parte dei miglioramenti avverranno gra-zie all’utilizzo dello standard HDMI 2.1. Questo standard supporta la risoluzione 4K con frequenza di aggiorna-mento di 120 Hz e grazie all’aumento della frequenza diminuiscono i tempi di trasmissione di un frame, da 16,6 millisecondi a 8,3 milllisecondi. Questo si traduce (per le TV che supportano questa frequenza di aggiornamento) in una diminuzione della latenza di 8,3 milllisecondi.Le altre armi messe in campo da Microsoft sono la fre-quenza di aggiornamento variabile (VRR) e la capacità di Xbox Series X di impostare in automatico la modalità Gioco sul televisore (Auto Low Latency Mode). Un cavo HDMI ad alta velocità sarà incluso in ogni confezione di Xbox Series X.

Super compatibilità. E c’è la conversione HDR dei vecchi giochiIl terzo e ultimo pilastro per Xbox Serie X è la compa-tibilità. Attraverso una combinazione di hardware e software il team di sviluppo si è impegnato a garantire la compatibilità per le migliaia di giochi di Xbox One, Xbox 360 e giochi Xbox originali.Non sarà un semplice emulatore, perchè l’hardware mi-gliorato di Xbox Series X porterà diversi vantaggi, tra cui tempi di avvio e di carico migliorati, frame rate più stabili, risoluzioni più alte e una migliore qualità dell’immagi-

ne. Per i vecchi giochi c’è la conversione da SDR a HDR. Con Xbox Series X i giochi Xbox esistenti, compresi i titoli recenti all’interno del programma ID@Xbox privi di supporto HDR nativo riceveranno un trattamento speciale. Xbox Series X è in grado di trasformare in HDR gli attuali giochi SDR esisten-ti senza alcun lavoro da parte degli sviluppatori e senza alcun impatto sulle risorse disponibili di CPU, GPU o memoria. Secondo Microsoft il team di com-patibilità sta continuando a creare tecniche e inno-vazioni da utilizzare per migliorare ulteriormente il catalogo esistente di giochi. Tra le altre novità il mul-tiplayer cross generation, per unire diverse genera-zioni di console online, e il già citato Smart Delivery,

che assicura di dover acquistare un titolo una sola volta, sapendo che si otterrà la versione migliore del titolo su qualsiasi console Xbox si scelga di giocare.

Un nuovo controller derivato dal modello “Elite”Non poteva mancare poi un nuovo controller. Un altro aspetto su cui Microsoft punta forte è il controller, indica-to spesso come uno dei migliori in circolazione. Il nuovo gamepad di Xbox Series X cercherà di limare i pochi difetti di quelli precedenti, concentrandosi in particolar modo su dimensioni e comodità delle freccette.Partendo proprio dalle dimensioni, una delle lamentele più comuni riguardo il vecchio pad erano relative a gran-dezza e peso. Il gamepad di Xbox One poteva risultare scomodo e pesante, soprattutto nel caso di mani picco-le. Per questo motivo Microsoft ha ridotto leggermente le dimensioni, arrotondando maggiormente le estremità al fine di ottenere una migliore impugnatura. Per lo stes-so motivo ha reso più arrotondate anche le parti intorno ai grilletti. La seconda area di miglioramento riguarda il D-Pad, cioè la zona della croce direzionale. Il joypad Elite di Xbox One aveva dei pad intercambiabili per con-sentire all’utente di scegliere fra una croce direzionale con le frecce più distanziate oppure una configurazio-ne che privilegiasse le diagonali. La croce direzionale del nuovo controller prenderà il meglio di entrambe le soluzioni, ed offrirà, al centro, una rientranza dove pog-giare comodamente il pollice. Anche qui abbiamo una soluzione più arrotondata per le levette, che saranno molto morbide nell’utilizzo. Un altro punto fondamenta-le per avere un buon joypad riguarda la latenza, cioè il tempo che intercorre da quando viene premuto il tasto a quando viene compiuta l’azione su schermo. Xbox Series X utilizzerà un nuovo sistema di gestione della latenza, con un’implementazione che riguarderà l’intero sistema. Per quel che riguarda il joypad, aumenteranno di molto le informazioni inviate al sistema, in modo da sincronizzare la frequenza dell’invio di informazioni alla frequenza di aggiornamento del sistema. In chiusura, diamo un’occhiata al nuovo tasto Share presente sul joypad. Come il nome lascia intendere, il tasto servirà a far partire la trasmissione della partita in maniera istanta-nea, senza dover passare da vari menu. Servirà anche a catturare velocemente screenshot o clip di gioco. Ma se per caso tutte queste novità non dovessero convincer-vi, sarà possibile continuare ad usare tranquillamente il vecchio pad della Xbox One. Xbox Series X supporterà, infatti, anche i vecchi joypad, così come sarà possibile utilizzare il nuovo joypad sulle vecchie console. Compa-tibilità assicurata anche con iOS e Android.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Roberto PEZZALI

Sony rompe il silenzio: dopo Microsoft anche lei scende in campo, o meglio in video, per raccon-tare qualcosa in più sulla nuova console PS5. La

sessione, tenuta da Mark Cerny, PS5 lead system archi-tect, era probabilmente la stessa prevista per la Game Developer Conference, una presentazione molto tec-nica che va a toccare quelli che sono i punti sensibili per i programmatori. Non bisogna quindi paragonare la presentazione di Xbox, rivolta agli utenti, a quella di Sony, rivolta ai tecnici: quest’ultima era sicuramente più soporifera e meno wow, ma leggendo tra le righe si capisce che Sony ha preso una strada davvero inte-ressante, perché ha scelto di soddisfare a pieno quelle che erano le richieste di chi alla fine rende la console importante, gli sviluppatori.Il messaggio è semplice: “Non dovete cambiare il modo di sviluppare videogiochi e non vi dovete preoccupare di come gestire e ottimizzare il gioco, perchè per come abbiamo studiato PS5 siamo in grado senza di offrire le prestazioni migliori possibili”. Ed in quest’ottica è proprio sbagliato confrontare quella che è la potenza pura: PS5 ha una GPU con 10.28 TFLOPs e 36 CUs a 2.23GHz, quindi sulla carta è meno potente della nuova Xbox Series X, ma come vedremo le soluzioni scelte da Sony privilegiano altri aspetti.

La potenza è nulla senza controllo. Una GPU snella e flessibileLa CPU di PlayStation 5 è un SoC custom fatto da AMD: siamo davanti ad un processore con 8 core fisici e 16 threads. Un processore che può lavorare fino a 3.5 Ghz di clock, ma come vedremo questa frequenza è varia-bile. Proprio questo clock variabile, che Sony definisce

GAMING Il capo progetto hardware di Playstation 5 ha tenuto una sessione per spiegare tutti i segreti hardware della nuova PS5

Ecco Sony PS5, SSD velocissimo e audio superGPU da 10 TFLOPS con ray tracing e un inedito sistema di gestione termica. Velocissimo l’SSD, e si punta tanto sull’audio

“boost”, è il segreto di PS5 e non ha nulla a che vedere con altri ambiti. Come sappiamo in ogni sistema dove c’è un processore serve anche un perfetto bilancia-mento termico per gestire il carico di questo processo-re: spesso non basta un dissipatore adeguato, perchè anche le condizioni ambientali, come la temperatura, possono influire e portare ad un calo di performance. E proprio per venire incontro alle esigenze degli svilup-patori Sony ha realizzato un sistema dove tutte le PS5 del mondo lavorano allo stesso modo e con le stesse prestazioni a prescindere dalle condizioni e dalla tem-peratura ambientale: gli sviluppatori non devono preoc-cuparsi di dover gestire eventuali picchi. Oggi il processore di un notebook o di un computer lavora ad una determinata frequenza, quando il carico di lavoro diventa eccessivo interviene il throttling che abbassa la tensione per evitare di danneggiare il pro-cessore. Nel progettare PS5 Sony si è tenuta un budget di potenza prefissato e invece di lavorare a frequenza

costante lavora a tensione costante: l’ali-mentazione del processore non viene mai toccata, ma frequenza varia a seconda del carico di lavoro.Cerny lo ha spiegato chiaramente: “Al po-sto di misurare la temperatura del chip di silicio guardiamo ai processi e al carico di lavoro, e su base deterministica sappiamo come andare a gestire la frequenza.”In nessun caso la PS5 raggiungerà mai il carico di lavoro massimo, nemmeno con i giochi più impegnativi e nemmeno se uno sviluppatore “esagera”: lui stesso, sull’uni-tà di sviluppo, si renderà conto che una determinata scena è troppo pesante. Così facendo, grazie alla tecnologia SmartShift di AMD, Sony potrà anche inviare la poten-za non utilizzata dalla CPU alla GPU.Un approccio questo diverso da quello di Microsoft: Xbox Series X è più potente ma ragion con la logica di un PC, e sta agli sviluppatori gestire i diversi picchi per evi-tare comportamenti diversi in condizioni diverse. Sony ha lavorato quindi ad una

soluzione più “agile”, una GPU meno potente sulla car-ta però più flessibile e snella, capace di lavorare con meno compute unit ad una frequenza però più alta in ogni condizione. Vedremo chi avrà avuto ragione.Lo stesso Cerny ha poi spiegato di essere particolar-mente soddisfatto della soluzione di gestione termica utilizzata: per capire cosa intenda, e come è fatta la PS5, ci sarà da attendere però. Il sospetto è che Sony abbia lavorato per tenere i costi più bassi e per riuscire a dare agli sviluppatori un prodotto più facile da gestire “subito”. La GPU dispone ovviamente di diversi moduli come l’Intersection Engine per il ray tracing hardware, confermato.

All-in sul disco SSD: va velocissimoPiù che il SoC AMD l’elemento che ha tenuto banco nei 50 minuti di presentazione è il disco SSD. Sony aveva già mostrato in una presentazione come 2GB di dati potevano essere caricati in una frazione di secondo, e questo vuol dire che si possono riempire i 16 GB di RAM della PS5 con gli asset in soli due secondi.Al posto di servirsi di una unità standard Sony ha rea-lizzato un modulo storage da 825 GB collegato al pro-cessore e alla memoria con una interfaccia a 12 canali. La scelta della dimensione del modulo è legato proprio all’interfaccia, che permette di raggiungere la velocità minima richiesta da Sony di 5.5 GB/s. Una velocità altissima, superiore a quella di molti dischi oggi presenti anche all’interno dei notebook. Sony ha previsto anche la possibilità per l’utente di aggancia-re dischi SSD e di espandere la memoria con moduli NVME esterni, tuttavia ad oggi sul mercato non esi-stono moduli con questa velocità. Si dovrà aspettare un po’, quando arriveranno i primi moduli “consumer” PCIexpress 4.0 capaci di soddisfare le specifiche mini-me. Serviranno comunque moduli specifichi, e non è escluso che arrivino sul mercato SSD per PS5: i dischi NVMe ad esempio hanno due livelli di priorità per i dati, mentre la PS5 permette agli sviluppatori di gestire ben 6 corsie preferenziali sull’interfaccia. Il controller della

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

PS5 potrà comunque gestire hard disk che non soddi-sfano questi requisiti, ma come abbiamo detto è pro-babile che i vari produttori inizino a distribuire moduli ufficiali e certificati. Non sappiamo, non avendo visto il design, se il modulo sarà dentro uno sportellino o se sarà una sorta di cartuccia. I giochi “vecchi”, la PS5 avrà la retrocompatibilità, potranno essere installati su ogni hard disk esterno.

Un processore potente come PS4 per l’audio posizionaleL’ultimo pilastro di PS5 sarà l’audio: Sony ha realizzato un nuovo engine audio chiamato Tempest Engine che può gestire audio tridimensionale a oggetti con cen-tinaia di canali. Tempest Engine è una sorta di Dolby Atmos, audio posizionale a oggetti, ottimizzato per sulle

singole persone grazie ad una Head-related Transfer Function - HRTF, una curva di risposta basata sulla forma della testa. Come farà Sony a gestire un sistema audio così comples-so, che richiede una potenza di calcolo non indifferente? Semplice, ha preso una com-pute unit della GPU, ha tolto la cache e l’ha trasformata in una sorta di motore audio hardwa-re per la gestione dei suoni al posto delle texture grafiche. Il processore audio 3D di PS5 ha la stessa potenza degli 8 core Jaguar della attuale Playstation 4.Cerny spiega che non servirà affatto un sistema audio dedicato: una cuffia, due orecchie e Tempest Engine faranno il resto. Il sistema sarà ovviamente ottimizzato anche per soundbar e per sistemi home theater 7.1.

Non potendo generare una curva di risposta

sulla testa dei singoli giocatori Sony ha usato il machine learning per creare cinque profili basati sull’analisi di centinaia di persone. Ci sarà un setup che permetterà di scegliere il profilo più adatto alla propria conformazio-ne acustica, tuttavia Sony sta lavorando per cercare di capire come far caricare, ad ogni player, le informazioni necessarie per generare la curva personalizzata. Ricor-

diamo che con il 3D Audio Engine la stessa Sony, in un altro settore, usa lo smartphone per fare un modello 3D della testa. Ora non resta che capire come sarà fatta e il prezzo. Un’idea ce l’abbiamo: 499 euro. Sarà davvero così? Sony ha confermato che non ci saranno ritardi a causa del CO-VID-19, quindi è lecito aspettarsi tra qualche mese una presenta-zione più orientata al pubblico.

GAMING,

Sony PS5, tutti i dettaglisegue Da pagina 26

di Massimiliano DI MARCO

Questa volta, il pad non ce la fa. Doom Eternal mostra tutti i limiti di uno sparatutto in soggettiva

per console, a causa della disposizione di tasti sul controller. Se il precedente capitolo del 2016 era riuscito a proporre un’esperienza appagante anche su PS4 e Xbox One, Doom Eternal evidenzia il collo di bottiglia rappresentato dal controller. I cambi da fare durante i combattimenti sono molti e, soprattutto, la croce direzio-nale è un complemento molto ristretto. Doom Eternal rappresenta, comunque, un’eccezione perché negli ultimi vent’an-ni abbiamo assistito a tantissimi FPS su console che hanno proposto un’esperien-za godibile. Per precisione e trasversalità, l’accoppiata mouse e tastiera del PC è sicuramente migliore, ma l’ergonomia del controller ha raccolto tanti fedeli nel corso

degli anni, sin da quando Halo su Xbox ha dimostrato che gli sparatutto in soggettiva su console non erano blasfemia (e ancora prima 007: Goldeneye su Nintendo 64). Doom Eternal introduce una serie di nuo-ve meccaniche che, specialmente nelle fasi più avanzate del gioco e ai livelli di difficoltà più elevati, sottolineano quanto il controller sia più un impedimento che un vantaggio. In particolare, la croce direzio-nale, che viene usata per passare a una super arma (utilissima contro i nemici più ostici), per modificare l’equipaggiamento da spalla (granate o bomba criogena) e i moduli delle armi, è un ostacolo non da poco: usarla significa che il personaggio non può muoversi perché il pollice sini-stro è momentaneamente “lontano”. Ep-pure, questa meccanica è fondamentale per superare gli scontri più complessi e per sfruttare al massimo tutte le risorse a disposizione del protagonista. In un gioco

come Doom Eternal, che spinge tantissi-mo sull’utilizzo massiccio di queste dina-miche e sulla necessità di adattare ogni combattimento alle risorse disponbili, significa che giocarlo su pad è molto limi-tato. È molto forte il “peso” che i comandi del pad si portano dietro. Soprattutto i li-velli più avanzati, dove l’uso complemen-tare degli strumenti non è solo efficace ma è necessario, danno un’indicazione

GAMING Doom Eternal prevede frequenti cambi di equipaggiamento, una situazione poco adatta al limitato pad delle console

Doom Eternal mostra i limiti degli sparatutto su console I cambi da fare durante i combattimenti sono molti e, soprattutto, la croce direzionale è un complemento molto ristretto

chiara su quanto sia limitato questo gioco su console a causa della scarsa elasticità del pad. Per quanto su PS4 e Xbox One (versione su cui stiamo provando il gioco) Doom Eternal resti incredibilmente godi-bile, questa volta il controller su console è un fattore che molti dovrebbero consi-derare nella scelta di quale piattaforma preferire per giocare all’ultima fatica di Id Software.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Massimiliano DI MARCO

Super Mario invade la realtà e lo fa attraverso una collaborazione con Lego. Il risultato dell’alleanza, in-

fatti, è una linea di “costruzione interat-tiva” dove i personaggi dell’universo di Nintendo, dall’iconico idraulico fino ai nemici più riconoscibili, prendono vita. Il personaggio di Super Mario, infatti, riproduce i suoni e permette, per esem-pio, di raccogliere le monete quando si salta sopra a una casella con il punto di domanda. Cioè esattamente ciò che accade nell’esperienza virtuale. La linea LEGO Super Mario sarà disponibile entro la fine dell’anno.“La gamma permetterà ai bambini di

sperimentare l’ambientazione giocosa

di Super Mario come mai visto prima” si legge nella nota con cui le due società hanno annunciato la collaborazione. Pa-role che chiariscono, se mai ce ne fosse ulteriori bisogno, che il focus non sono

GAMING Una linea di giocattoli pensata per ricreare nel mondo reale i livelli dell’idraulico italiano

LEGO Super Mario adesso è realtà Ed è una linea di giocattoli per bambiniLEGO e Nintendo uniscono le forze: i giocattoli sono interattivi e ricreano i suoni dei videogiochi

gli appassionati di videogiochi (come le statuette amiibo), bensì i futuri video-giocatori. Nelle intenzioni, LEGO Super Mario è quindi una sorta di Super Ma-rio Maker reale: si creano i livelli e poi i personaggi “vivono” in essi. “Il nuovo prodotto che abbiamo creato insieme a LEGO Group cerca di combinare due diversi stili di gioco - uno in cui puoi co-struire liberamente il mondo di Mario e l’altro in cui puoi giocare con Mario nell’ambientazioni che saranno create”

ha commentato Takashi Tezuka, game producer di Nintendo. La società di Kyoto non ha mai nascosto, infatti, che la sua strategia è quella di veicolare i suoi personaggi in varie for-me (applicazioni per smartphone, parchi a tema, film di animazione al cinema, etc) per reindirizzare le persone, poi, verso le console e i videogiochi. “Il core business rimane il videogioco” aveva specificato Massimo Bullo, direttore marketing di Nintendo Italia, in un’intervista a DDAY.it

I ragazzi rimasti a casa a giocare a Fortnite intasano la rete italianaSecondo Luigi Gubitosi, ad di TIM, giochi online come Fortnite hanno contribuito a un sensibile incremento del traffico sulle reti italiane. Rassicura: “La rete TIM sta reggendo” di Massimiliano DI MARCO

A pesare sulla rete italiana sono soprattutto i videogiochi online. Alla luce delle tante persone costrette a casa per l’emergenza sanitaria, TIM ha registrato un incremento di “oltre il 70%” del traffico internet, secondo quanto riferito dall’AD Lui-gi Gubitosi durante l’ultimo incontro con gli analisti. A tale aumento han-no contribuito in gran parte “giochi online come Fortnite”, ha specifica-to il dirigente di TIM. La chiusura delle scuole e di molte attività lavo-rative ha costretto a casa di giorno e di sera persone di tutte le età. In un momento di parziale inattività, molti stanno avendo più tempo libero del solito, che spesso dedi-cano ai videogiochi. I giochi online consumano una gran quantità di banda, in particolare quando sono disponibili aggiornamenti di diversi GB da scaricare. E ora ha debutta-to anche la modalità battle royale gratuita di Call of Duty, intitolata Warzone, che si sta rivelando molto popolare con oltre 6 milioni di gio-catori nelle prime 24 ore dal lancio. Sullo stato della rete, Gubitosi ha sottolineato che “la rete di Telecom Italia sta funzionando perfettamen-te con volumi più alti rispetto ai giorni precedenti”. Con riferimento ai disagi riscontrati da molti utenti, secondo l’ad di TIM, si sono verifi-cati “a causa di un problema sulla rete internazionale”.

di Massimiliano DI MARCO

L ’E3 2020 non si farà. L’Entertain-ment Software Association, orga-nizzatore dell’evento, ha annun-

ciato che l’emergenza sanitaria alla luce dell’emergenza sanitaria che sta colpendo anche gli Stati Uniti.“Dopo un’attenta consultazione con i

membri riguardo alla salute e alla sicu-

rezza di tutti gli appassionati, dei nostri

dipendenti, dei nostri espositori e dei

partner di lunga data, abbiamo preso

la difficile decisione di annullare l’E3

2020, che era in programma dal 9 all’11

giugno a Los Angeles” ha fatto sapere l’ESA in una nota pubblicata sul sito uf-ficiale.Per l’ESA è “la decisione giusta in base

alle informazioni che abbiamo oggi”. L’associazione ha aggiunto che sta valutando, insieme con i vari partner, di poter coordinare “un’esperienza online” che possa raccogliere tutti gli

GAMING La più grande fiera di videogiochi al mondo è stata annullata per l’emergenza sanitaria

L’E3 2020 non si farà. Forse come “esperienza online”È la prima volta dalla sua fondazione che l’E3, la principale fiera del settore, salta l’appuntamento

annunci e le novità che erano previste per l’E3 2020. È la prima volta dalla sua fondazione che l’E3 salta l’appun-tamento. Si tratta della principale fiera del settore. Quest’anno, in particolare, avrebbe ospitato Xbox Series X, la pros-sima console di Microsoft. Sony, invece, aveva già annunciato che non avrebbe partecipato all’E3 2020. Da anni, Nin-tendo presenta le sue novità tramite un evento preregistrato, il Nintendo Direct,

che viene trasmesso in streaming, ma non ha mai mancato la sua presenza fi-sica, con varie postazioni dove provare i giochi in arrivo.L’E3 2020 è l’ultimo di una serie di eventi di tecnologia internazionali che sono stati annullati per timori legati al-l’emergenza sanitaria dopo il Mobile World Congress 2020, la Game Deve-lopers Conference, l’F8 di Facebook e il Google I/O 2020.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Roberto PEZZALI

Galaxy S20 Ultra 5G è disponibile ad un prez-zo consigliato di €1.379. Partiamo proprio dal prezzo, che per qualcuno può anche apparire

eccessivo. Come abbiamo sempre detto è giusto che esistano prodotti premium, sia nel prezzo che nella tecnologia adottata, ma chi li acquista tuttavia parte dal presupposto che sta per mettere le mani su un qualcosa di perfetto.E il Galaxy S20 Ultra, lo diciamo subito, perfetto non è. Per molti motivi. Abbiamo aspettato a pubblicare questa recensione proprio perché l’esemplare in nostro possesso aveva a bordo una release softwa-re che poteva non essere definitiva, e dai primi test che avevamo fatto c’erano diverse cose da sistemare, da una gestione della messa a fuoco poco efficace fino ad una modalità notte con qualche problema di allineamento. Per non parlare della batteria, con un consumo eccessivo che non sembra essere dovuto al processore scelto, quando a problematiche legate proprio al software. Samsung ha già detto che verranno rilasciati diversi aggiornamenti per cercare di ottimizzare il prodotto, ma ad oggi, con lo smartphone già in vendita, ancora non si sono visti né quello che promette miglioramenti alla fotocamera e neppure quello che cerca in qual-che modo di ottimizzare l’autonomia.Arriveranno sicuramente, Samsung è una azienda se-rissima da questo punto di vista, ma quello che viene da chiedersi è come sia possibile che sul prodotto di punta da 1.400 euro questa cosa non vengano risolte prima non di mettere il prodotto in vendita, ma prima di annunciarlo. Possibile che nessuno si sia accorto che l’autonomia di un S20 Ultra con una batteria da 5.000 mAh era di gran lunga inferiore a quella di un Galaxy S10 Lite che ha una batteria più piccola? Pos-sibile che nessuno abbia pensato che usando un sen-sore da 108 megapixel con autofocus PDAF le presta-zioni sarebbero state di gran lunga inferiori a quelle del sensore dual pixel usato sugli smartphone top di gamma della generazione precedente, come un S10 o un Note 10? Nessuno scioglierà mai questi dubbi.

TEST Sono arrivati sul mercato i nuovi Galaxy S20. E noi da oltre tre settimane abbiamo tra le mani il modello top di gamma, l’S20 Ultra

Samsung Galaxy S20 Ultra. Promessa mancataS20 Ultra con il processore Exynos non è Ultra come pensavamo, perché quando il prezzo è super si pretende anche il massimo

Grosso e pesante. Il retro? BruttinoDopo aver visto e toccato con mano il Galaxy S20 Ultra non cambiamo idea: il Note 10 resta lo smar-tphone più bello mai fatto da Samsung sotto il profilo del design. S20 Ultra impressiona visto davanti per l’enorme schermo da 6.9” che occupa quasi tutta la

superficie frontale, ma se iniziamo a girarcelo tra le mani ci accorgiamo di tante piccole cose che pote-vano essere sistemate. Non ci piace affatto la finitura “Space Gray” che doveva essere il colore di punta del modello Ultra: altro che “grigio spazio”, è grigio topo. Un vetro grigio lucido che trattiene parecchio le impronte, e a tratti anche abbastanza scivoloso: sia-mo certi che con una finitura in vetro opaco il risultato sarebbe stato totalmente diverso.Il “bozzo” posteriore che integra le fotocamere sporge poi di quasi due millimetri, e il risultato se appoggiamo lo smartphone sul tavolo è uno smar-tphone inclinato. Difficile che chi spende 1379 euro per uno smartphone possa lasciarlo senza custodia, e proprio per questo motivo si devono fare i conti con dimensioni e peso che crescono ulteriormente se si

Galaxy S20 UltraDOVEVA ESSERE IL PRODOTTO PERFETTO, NON LO È. LA SPERANZA NEGLI AGGIORNAMENTI

1379,00 €

S20 Ultra non è “Ultra” come potevamo pensare sulla carta. Anzi, forse è meglio dire che S20 Ultra con il processore Exynos non è Ultra come si poteva pensare, perchè sia sotto il profilo fotografico sia sotto quello dell’autonomia la versione con Snapdragon sembra decisamente migliore. A questo prezzo ci aspettavamo un prodotto perfetto, mentre ad oggi difficilmente ci sentiremmo di consigliare questo smartphone, meglio puntare su un Note 10 Plus. O su un S20, sempre che anche lui non abbia i problemi legati al processore, che alla fine è lo stesso. Lo schermo è eccezionale, la fotocamera molto buona ma non miracolosa: sulla carta poteva esserlo, all’atto pratico ha troppi compromessi. Il sensore da 108 megapixel e l’obiettivo telescopico sono stati messi per permettere uno zoom che arrivasse almeno a 10x, ma se ci pensiamo bene siamo stati anni senza zoom così spinti sugli smartphone, e nessuno si è mai lamentato troppo. Non è una cosa così fondamentale, soprattutto se pensiamo che per metterlo si è tolto il meraviglioso dual pixel che offriva una messa a fuoco perfetta in ogni condizione di luminosità. S20 Ultra è la dimostrazione che siamo arrivati con gli smartphone ad un punto dove le aggiunte spesso non sono superflue, ma sono addirittura controproducenti. Un prodotto meno esagerato come specifiche e dimensioni sarebbe stato sicuramente più apprezzato. Bastava prendere un Note 10 Plus, togliere la penna e un po’ di curva allo schermo, aumentare la batteria, migliorare i consumi e mettere una camera principale un po’ più grossa. Per l’8K e i 120 Hz, gestiti così, si poteva aspettare il prossimo anno.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 8 7 7 8 77.6COSA CI PIACE COSA NON CI PIACELo schermo è una gioia per gli occhiOttima ricezione

Prezzo elevato per le prestazioni registrateAutonomia totalmente inadeguataTroppe cose da sistemare per un prodotto già in commercio

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Samsung S20 UltraVideo recensione

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

aggiunge una protezione. S20 Ultra pesa da solo 220 grammi, la custodia LED View Cover aggiunge altri 66 grammi ad un peso già ai limiti per uno smartphone. E anche le dimensioni non sono da meno: i 6.9” di uno smartphone, con un aspect ratio così tirato, non sono paragonabili ai 7” di un tablet in formato 3:2 ma resta comunque uno smartphone che, con la custodia più sottile che si può prendere, è largo 8 cm ed è alto 17 cm.

Schermo di ottima qualità. Ed è quasi piattoLo schermo del Galaxy S20 Ultra è lo schermo che tutti si aspettano da un Samsung Galaxy: un AMOLED di assoluta qualità. Le novità quest’anno sono due, e la prima è quella di trovare davanti ad uno schermo che torna ad essere piatto. Il bordo edge è appena pronunciato, tanto da restare “edge” solo nel nome: dove ci sono pixel attivi lo schermo è piatto, e que-sto aumenta di gran lunga il confort durante l’uso e la digitazione. La seconda novità è l’arrivo dei 120 Hz di refresh rate, ma solo quando la risoluzione dello schermo è impor-tata a 2400 x 1080 pixel e non a piena risoluzione di rendering, 3200 x 1440. A nostro avviso qui è sbagliato l’approccio di Sam-sung nel voler imporre all’utente una scelta in termini di risoluzione e di frame rate. Esistono tante situazioni dove, a nostro avviso, se lo schermo fosse impostato ad una risoluzione inferiore nessuno si accorgerebbe di niente. Pensiamo ad esempio ai video in streaming, dove il contenuto è al massimo a 1080p, o a molti videogiochi, che vengono renderizzati ad una riso-luzione molto più bassa: Samsung avrebbe dovuto introdurre una modalità totalmente automatica che, a seconda dell’applicazione, sceglie sia la risoluzione ottimale sia il frame rate ottimale. Da segnalare che Google ha introdotto solo nella Developer Preview 2 di Android 11 la possibilità per gli sviluppatori di indica-re preferenze a livello di frame rate: gli schermi sono arrivati prima del sistema operativo che dovrebbe ge-stirli al meglio, quando doveva essere il contrario.

Il frame rate a 120 fps non è la rivo-luzione che tutti stanno cercando di far passare: nell’utilizzo che si fa tutti i giorni di uno smartphone i benefici sono visibili solo in pochissime si-tuazioni. Quando leggete una mail, quando guardate un video, quando leggete una pagina web i 120 fps non servono a nulla, solo a consuma-re la batteria. La risoluzione, così come il frame-rate, va gestita in modo dinamico: è giusto abbassare la risoluzione quando un calo non viene percepito dall’utente come è giusto abbassa-re il frame rate quando l’immagine è ferma. Ricordiamo che 120 Hz e 120 fps sono due cose distinte: il primo è il refresh rate del display, il secondo sono i fotogrammi generati dal motore grafico. Samsung stareb-be lavorando ad un aggiornamento che sblocca i 120 Hz alla risoluzione WQHD+, ma questo non necessaria-mente vuol dire che la grafica viene poi gestita a 120 fps. C’è un altro dato da valutare: in un display con tec-nologia OLED come quello di S20 Ultra la risoluzione percepita in movimento è più bassa di quella reale. Pertanto che senso avrebbe tenere 3200 x 1440 a 120 fps se questa risoluzione non viene in alcun modo percepita? Nessuno. Fino a quanto non ci sarà una gestione intelligente di risoluzione e frame rate che porta benefici tangibili senza sacrificare l’autonomia, i 120 Hz sono più dei mangiabatteria che altro (e vale per tutti i produttori). Qui un approfondimento fatto proprio su S20 Ultra.Passando alla luminosità e alla calibrazione lo scher-mo ha una resa davvero molto buona, ma non è lo schermo perfetto come non era lo schermo perfetto quello di Note 10+. La luminosità di picco si avvicina ai 1000 nits, la precisione cromatica è nei livelli di accettabilità. Per fortuna, usando le app di sistema Samsung, viene gestito lo spazio colore esteso, an-che nella galleria fotografica. In Chrome ancora no: va impostato a mano nelle funzioni sperimentali del browser.

L’autonomia non soddisfa affatto. Troppo poco per 5.000 mAhCon una batteria da 5.000 mAh da uno smartphone ci si aspetta un risultato eccellente in termini di autonomia, con i dovuti parametri del caso. Stiamo sempre parlando di uno schermo da 6.9”, uno dei più grossi mai montati su uno smartphone, ed è nor-male che consumi di più. Il test di autonomia dispo-nibile qui, lo abbiamo fatto

non appena abbiamo ricevuto lo smartphone e il risul-tato è stato di poco più di 7 ore in modalità 60 Hz e e di poco più di 6 ore a 120 Hz. Pochissimo se guardia-mo a quello che hanno fatto segnali altri smartphone.Abbiamo segnalato la cosa a Samsung e stiamo la-vorando con loro per capire per quale motivo S20 Ultra consuma così tanto: una build più recente non ha cambiato affatto le cose, ma a breve dovrebbe ar-rivare un ulteriore aggiornamento che si spera possa dare quelle due ore di autonomia in più. Facile puntare il dito contro l’Exynos scelto da Sam-sung al posto dello Snapdragon 865, ma l’Exynos 990 usato da Samsung è costruito addirittura con un processo produttivo migliore (7nm EUV) di quello usa-to da Qualcomm e dovrebbe essere incredibilmente efficiente sotto il profilo energetico.Perchè S20 Ultra consuma così tanto? Avendo la possibilità di ripete-re il test batteria con la nostra routine siamo giusti a diverse conclusioni. L’Exynos 990 dell’S20 Ultra non ha un elevato battery draining, anzi, sembra essere leggermente più efficiente dello Snapdragon 855 in standby. L’Exynos 990 consuma tanto quando si usano i core “custom” e quando si usa la GPU Mali G77: se rimoduliamo il nostro test batteria togliendo i giochi e lasciando solo social, browsing, mail e foto l’autonomia cresce del 50% circa, siamo a 12 ore. Soffre molto i carichi pesanti, e questo si sente an-che per il riscaldamento della parte posteriore dello smartphone. Abbiamo voluto fare un’altra analisi, ripetendo più volte diversi benchmark e ci siamo resi conto che

segue a pagina 31

TEST

Galaxy S20 Ultrasegue Da pagina 29

Come si pò vedere dal grafico mentre Mate 30 Pro assorbe 0.4 mA S20 Ultra, nello stesso istante per la stessa cosa, ne chiede 1.1 di mA. Troppo.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

quando il processore va sotto sforzo inizia a scalda-re, sempre di più, e va in thermal throttling. Questo comporta anche un calo delle prestazioni della GPU, e si perdono frames. E’ così, lo dicono i grafici e i test:.Per S20 Ultra è elevato anche il consumo legato alla connettività: il modem Exynos 5123, anche lui realizzato a 7nm EUV, dovrebbe essere efficiente ma ha impatti importanti sull’autonomia: il test di ricezione mostra un impatto sulla batteria di S20 Ultra, con un uso intensi-vo del modem 4G, doppio rispetto a quello di Mate 30 Pro. Non ci aspettiamo che con uno schermo così gran-de si riescano a fare miracoli, ma se solo il prossimo ag-giornamento riuscisse a portare l’autonomia ad avere almeno 10 ore con il nostro test “Heavy” si potrebbe

parlare di autonomia accettabile. Al momento non lo è, e siamo certi che chi spende 1.379 euro per un S20 Ultra reputa questa autonomia insoddisfacente. La batteria si carica molto velocemente sia con il wire-less charger sia con tramite cavo con il caricatore nella confezione da 25 watt. S20 Ultra supporta la ricarica super veloce a 45 watt, e il caricatore da 45 watt è op-zionale e costa 54.99 euro di listino con il suo cavo. Cosa costava inserire questo nella confezione?

Modem 5G, e la ricezione è davvero buonaLa nostra versione di Galaxy S20 Ultra integra il mo-dem Exynos 5123 e questo vuol dire piena compati-bilità con le attuali reti 5G. A livello di ricezione S20 Ultra si comporta molto bene, ma per ogni dettaglio vi rimandiamo al nostro test della qualità della rete. Bene o male le prestazioni sono del tutto paragonabili a quelle del Mate 30 Pro di Huawei, anche se, come abbiamo scritto, i consumi sono totalmente diversi,

Clicca sulle foto per l’ingrandimento

Qui sopra, un classico ritratto fatto con la funzione “live focus”.

S20 consuma molto di più. Il modem di S20 Ultra 5G supporta tutte le bande sub 6 Ghz, mentre mancano le antenne per il millimiter wave. Non è un grosso pro-blema: le trasmissioni su onde millimetriche saranno legate solo ad applicazioni business e industriali, nes-sun operatore italiano dovrebbe lanciare nei prossimi anni una soluzione rivolta al consumatore finale per le onde millimetriche Ad oggi manca anche la certifica-zione per le reti Stand Alone 5G, ma questa è solo una questione tempo: non puoi certificare un prodotto per reti che non ci sono. In Italia le città coperte 5G sono coperte con una rete NSA, quindi un ibrido tra 4G e 5G.

Due processori e due smartphone totalmente diversiNon abbiamo tra le mani la versione di Galaxy S20 Ultra con lo Snapdragon a bordo per fare un confron-to, ma se guardiamo ai dati e ai benchmark realizzati dall’altra parte dell’oceano sembra che S20 Ultra con Snapdragon sia un altro dispositivo. In tutto e per tut-to. Quello che molto definiscono processore oggi è un complesso SoC che integra anche machine learning, image processor, scheda grafica e tanti altri elemen-ti. Le scelte fatte da Samsung impattano anche sulla qualità delle fotografie, sulla resa grafica all’interno dei giochi e in tantissimi altri ambiti, e i due S20, con due processori così diversi, sono da considerare a tutti gli effetti due smartphone diversi. La nostra versione scalda tanto in determinate situazioni, e non è sem-pre velocissima come dovrebbe esserlo un prodot-to di questa fascia. Durante l’utilizzo normale non si nota, ma se si inizia a fare qualche sessione di gioco un po’ lunga il calo di frame rate è evidente. Qualche calo di fluidità si può vedere chiaramente all’interno dell’applicazione fotocamera, dove il passaggio tra i vari livelli di zoom non è fluidissimo: l’image proces-sor, che gestisce al massimo o una camera da 108 mp o due camere da 24 mp, è probabilmente al limite come banda passante e non riesce a garantire un passaggio fluido tra la camera principale e quella tele, una da 108 mp e una da 48 mp. La speranza è che Samsung riesca ad ottimizzare tutto con un aggiorna-mento, perché sembra davvero strano che il proces-sore Samsung scaldi così tanto e vada in throttling. Bastano tre giri di benchmark per vedere scendere le prestazioni e salire la temperatura, e onestamente non è un comportamento normale. Se ci togliamo da questo contesto i 12 GB di RAM sono sovra-abbondan-ti, e durante un uso standard le prestazioni sono ade-

L’uso di un sensore con pixel così piccoli per lo zoom mostra tutti i suoi limiti nella fotografia notturna, dove subentra anche qualche errore di demosaicizzazione, pixel colorati che vengono poi amplificati dall’algoritmo di interpolazione.

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Galaxy S20 Ultrasegue Da pagina 30

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

guate. Lo storage da 128 GB, per un prodotto di questo livello, è forse un po’ risicata.

La fotocamera doveva essere la migliore in assoluto. Invece...Galaxy S20 Ultra è una scommessa all-in sulle fotoca-mere. E i numeri parlano chiaro, 108 megapixel, zoom telescopico, video 8K. Abbiamo già scritto due appro-fondimenti sulle fotocamere che vi invitiamo a leggere: il primo è legato proprio alle scelte fatte da Samsung in termini di fotocamere e su come lavora il sensore, il secondo invece è legato alla resa sugli scatti notturni, che non sempre è risultata essere convincente. Sam-sung ha promesso un aggiornamento per ottimizzare le fotocamere ma questo aggiornamento ancora non è arrivato, nel frattempo noi abbiamo fatto altre foto per dare qualche informazione in più oltre a quelle scritte negli altri due articoli che vi invitiamo caldamente a leg-gere, perché parte integrante della prova. S20 Ultra scatta ottime foto in condizioni di luminosità standard, su questo non c’erano dubbi.Uno degli aspetti forse meno chiaccherato, ma a no-stro avviso interessante per chi scatta in chiave social è la funzione scatto singolo, che automaticamente ri-elabora e ritaglia diversi scatti da un singolo soggetto proponendo versioni effettate. A volte il ritaglio e il mood dato dal sistema AI non è corretto, a volte è pienamente centrato ed esce un’ottima foto.Un sensore così grande permette anche di ottenere una minore profondità di campo, le foto sembrano meno piatte di quelle fatte con altri smartphone. La scelta di un sensore a 108 megapixel, come pre-visto, è corretta solo in chiave “zoom”, perché per-mette di coprire con una qualità migliore le focali in-termedie tra l’1x, ottico con sensore principale, e i 4x ottici dati dal tele periscopico.Se si pensa di scattare sempre a 108 megapixel dicia-mo subito che è una pessima idea, anche perché gli scatti realizzati in questo modo guadagnano in risolu-zione ma perdono in dinamica. Lo si nota soprattutto nelle scene con una forte differenza di luce, scattan-do a 108 megapixel il recupero sulle alte e sulle bas-se luci è quasi nullo, tanto che alcune zone della foto tendono a bruciarsi. C’è anche una questione peso: sono 50 MB a foto in Jpeg. Scattando a 12 megapixel, invece, il risultato è molto buono. La sera, inoltre, un sensore così piccolo richiede un po’ più di pazienza sulla messa a fuoco, e spesso si deve aiutare con il dito sul touch indicando la zona da gestire. Non ci ha colpito particolarmente l’aspetto video. S20 Ultra registra in 8K, ma sempre che non si usi la clip per riprese fisse su treppiedi con tanta luce difficil-mente questa possibilità è realmente sfruttabile. Per due motivi: uno è il crop del sensore, elevatissimo, il secondo è un rolling shutter davvero evidente. Il rolling shutter diminuisce in modalità 4K, perché registrando in 4K si passa ovviamente in modalità “binned” quindi il flusso di dati dal sensore è ridotto.

Clicca sulle foto per l’ingrandimento

Tra le applicazioni interessanti segnaliamo la possibilità di usare il 100 mm per i ritratti: si deve andare parecchio indietro, ma la sfocatura è realistica. Qui un esempio di sfuocato che si ottiene con il tele. Si nota come anche il sensore da 48 megapixel che è stato messo dietro l’ottica periscopica non sia impeccabile nella messa a fuoco. Mette a fuoco, ma non il soggetto in primo piano.

Qui sopra, il rapporto di crop

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Galaxy S20 Ultrasegue Da pagina 31

S20 Ultra registra in 8KIl video

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Qui sopra, uno scatto usando la modalità notte.

Qui sopra, la resa dello zoom a diversi ingran-dimenti.

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Formation Duo, il primo sistema di altoparlanti senza fili per lo streaming che riesce a fornire la fedeltà "cablata" in modalità wireless,

per soddisfare l'audiofilo più esigente abituato allo standard Bowers & Wilkins.

W I R E D F I D E L I T Y, W I R E L E S S L Y.

www.audiogamma.it

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Roberto PEZZALI

H P Dragonfly è una piacevolissima sorpresa, a par-tire dal nome: HP lo ha chiamato così perché il colore della scocca è “Blu Dragonfly”, ovvero il 19-

4826 tra i colori Pantone, e sposiamo a pieno la scelta chi ci mette davanti ad un prodotto con un nome e non con una sigla incomprensibile e difficile da ricordare. Leggero, poco più di 1 kg, e con un corpo costituito in gran parte da robusto magnesio il piccolo HP prova a mettere insieme elementi che spesso non vanno di pari passo: autonomia, portabilità e leggerezza. Nonostante al CES sia stato presentato un nuovo modello con pro-cessori Intel di decima generazione, la versione che ab-biamo provato per qualche giorno è quella con l’ormai rodato Core i7-8565U (1.8 GHz), che corrisponde anche a quella che HP ha iniziato a vendere da qualche mese: la nuova arriverà solo a tarda estate. Eravamo curiosi di mettere le mani sul piccolo HP per un motivo semplice: sembra la macchina perfetta per chi fa un lavoro come il nostro. Scriviamo, ma siamo anche content producer a 360°. Se da una parte dobbiamo sviluppare file RAW scattati dalle reflex e dobbiamo poter fare editing di fil-mati anche il 4K, dall’altra ci serve un notebook che ci permette di seguire le conferenze stampa senza ansia da batteria che si scarica, e di sostenere anche lunghi viaggi aerei regalandoci quelle ore di autonomia che altri prodotti non sempre ci garantiscono. Il tutto senza gravare troppo sulle spalle, perché nello zaino oltre al notebook abbiamo anche fotocamere e altri prodotti. Dall’HP Elite ci piace anche la sicurezza che il corpo in magnesio, testato con standard militari, garantisce: dovrebbe poter cadere da un metro circa senza danni strutturali, ma non garantiamo su eventuali danni este-tici. Lo abbiamo usato per qualche giorno, lo abbiamo portato a Londra alla presentazione dei nuovi televisori Panasonic e lo abbiamo usato come portatile principale quanto basta per capire se questo Dragonfly è davvero un piccolo “drago” nella borsa dei professionisti.

Peso piuma ma scocca robustissimaSe solitamente si tende a scegliere un prodotto anche per il design, su un notebook onestamente preferiamo guardare altro. Il Dragonfly è piacevole, ma non ha un design che lo caratterizza come possono essere carat-

TEST Leggero, robusto ma capace di ottime prestazioni: HP Dragonfly Elite è il piccolo 13.3” pensato per chi lavora in mobilità

HP Elite Dragonfly è un gioiellino a caro prezzoLo abbiamo usato per qualche giorno, per capire se Dragonfly è davvero un piccolo “drago” nella borsa dei professionisti

terizzanti le linee di un MacBook Air o di un Surface.A fare la differenza qui c’è il colore, un blu particolare cangiante che qualcuno potrebbe anche non gradire: noi lo abbiamo trovato diverso, coraggioso, ma visto il target forse un grigio antracite o un alluminio come op-zioni erano preferibili. La scocca è robustissima, magne-sio, e la cosa che più ci piace è che possiamo girarcelo tra le mani tantissime volte senza lasciare impronte sulla superficie. E’ una finitura particolare durevole nel tempo, e questo non è un elemento da poco: ci sono notebook recenti che dopo qualche settimana sembrano già “vis-suti” mentre altri, proprio per la finitura, anche dopo un anno appaiono ancora nuovi. l’HP Elite è uno di questi.Sotto le dita non si piega, né la parte bassa, quella con la tastiera, né la parte con lo schermo, che risponde alla nostra sollecitazione con una flessione appena accen-nata. HP ha torturato il notebook per fargli rispettare alcune linee di resistenza dettate dalle specifiche 19 MIL-STD-810G e per resistere meglio alle sollecitazioni ha aggiunto un secondo strato di magnesio nella zona inferiore e posteriore proprio per aumentare la rigidità strutturale. Lo spessore è di 16 mm, il peso della versio-

ne da noi provata, quella con la batteria da 38Wh, di 1 kg, anche ufficialmente sarebbero 0.99 kg. Il corpo non è tutto in magnesio: per migliorare l’acustica la sezione in-terna che supporta i due diffusori è in plastica riciclata.

Connessioni, di tutto di più. Ma scivola sul caricatoreCon la tendenza a ridurre il numero di connessioni di-sponibili, fa piacere trovare sul sottile Dragonfly Elite una porta HDMI e una porta USB in formato standard. La porta USB l’abbiamo trovata particolarmente comoda perché molti materiali vengono ancora forniti su chiavet-te USB di tipo classico, mentre l’HDMI poteva tranquilla-mente essere inserita in un adattatore.In diversi casi siamo stati infatti costretti a usare un let-tore di card esterno, e manca anche una porta di rete ethernet: HP avrebbe potuto fornire una dongle con let-tore di cardSD, MicroSD, Ethernet e HDMI integrati. C’è, ma va pagata a parte come accessorio: tra la penna e la docking tutta la vita la docking. Non mancano il jack

Elite DragonflyUN GIOIELLINO, MA COSTA TROPPO CARO 1.799,00 €Il principale problema del DragonFly HP è il prezzo, 1.799 euro. Che sono tanti, soprattutto per un computer che ha già visto presentata la seconda generazione dotata di professori più moderni. I suoi punti di forza sono la leggerezza, la robustezza e la compattezza che lo rendono un prodotto un po’ particolare. Qualcuno potrebbe pensare che è un computer fighetto per il businessman, che preferisce avere un prodotto super sottile a sca-pito delle prestazioni, e per certi aspetti ci troviamo davanti ad alcuni elementi per i quali le prestazioni sono state sacrificate in favore del design. Lo schermo ad esempio ha un formato poco adatto a chi usa soprattutto applicativi office, è uno schermo da entertainment. E la stessa batteria poteva essere più capiente, è davvero molto piccola anche se alla fine, senza troppo stress, ti porta alla fine della giornata. Non staremmo troppo a fossilizzarci sulle prestazioni: con la scheda grafica integrata non ci troviamo davanti né ad un computer per giocare e neppure ad un prodotto che può essere usato per fare editing o fotoritocco. Si può, ma la ventola parte, la batteria scende, il notebook si scalda. Non è il suo ambito: è un computer pensato per applicativi leggeri che spaziano dai fogli di calcolo alla gestione di database, ad applicazioni dove ci si appoggia a macchine virtuali in streaming per arrivare al classico mail & browser. E qui torniamo all’inizio: vale la pena spendere 1.799 euro per fare cose che un altro computer, anche HP, può fare allo stesso modo, anche se con qualche grammo in più?

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 8 8 8 78.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEForm factor leggero e compattoScocca super resistenteOttime prestazioni generali

Prezzo elevatoAspect ratio dello schermo 16:9Batteria piccola

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audio e non manca neppure la doppia uscita Thunder-bolt 3: volendo muovere una critica le due connessioni sono sullo stesso lato e abbastanza vicine tra di loro, e nel nostro caso l’adattatore per la card che si innesta direttamente nella porta Thunderbolt non rende facile il collegamento di un altro cavo. Sarebbe stato meglio averle sui due lati. La cosa che però più ci ha infastidito è il caricatore in dotazione, un alimentatore da 65 Watt con il cavo di alimentazione a tre poli e il cavo USB Type C attaccato. Se il cavo a tre poli ci ha costretto a porta-re un cavo in più, avesse avuto il classico “8” avremmo usato quello del caricatore della Lumix, il cavo USB Type C saldato è una scelta priva di senso perché ci leva un prativo cavo Type C - Type C che avremmo potuto usare per collegare smartphone o periferiche.E anche qui la scelta di HP ci ha costretto a portare qualche cavo in più. HP Dragonfly Elite esiste anche in modalità con modulo LTE integrato, ma la nostra unità ne era sprovvista.

Schermo buono, bocciato il formatoLo schermo del portatile in prova è i 13.3” Full HD da 400 nits. Non è uno schermo perfetto in termini di colorime-tria, siamo davanti ad un pannello IPS con una luminosi-tà di picco variabile dai 380 ai 415 nits a seconda delle zone e con una copertura sufficiente dello spazio colore sRGB. Non è un pannello calibrato alla perfezione, è un classico display full HD senza infamia e senza lode. Come opzione c’erano altri due pannelli possibili, quello 4K e quello SureView, ovvero la versione dotata di filtro che protegge il display dagli sguardi di chi vi sta a fianco. Entrambe sono soluzioni che tuttavia impattano notevol-

mente sui consumi, sia quella 4K, eccessiva per uno schermo da 13.3” sia quella SureView, che per funzionare richiede una luminosi-tà di base maggiore in quanto il fil-tro privacy, per sua stessa confor-mazione, non è particolarmente trasparente. Qualcuno potrebbe pensare di dotarsi del pannello 4K, ma se davvero uno crede che per il suo tipo di lavoro serve un pannello con una risoluzione così elevata farebbe meglio a cambia-re tipo di notebook perchè questo non fa per lui. Lo schermo è com-patibile con la penna Wacom AES 2.0 G3 inclusa nella confezione, che offre una scrittura precisa e senza alcun ritardo. La penna è particolarmente utile quando si piega il notebook a 360° usandolo come tablet, ma resta comunque una appli-cazione marginale. Noi non l’abbiamo praticamente mai usata, ma chi lavora con PDF e chi deve prendere note potrebbe usare il Dragonfly come blocco appunti sen-za alcun problema. Il vero problema con il display del Dragonfly l’abbiamo avuto con il formato dello scher-mo: 16:9 non è un formato adeguato per la produttività. Molto meglio un 16:10, o meglio ancora un 3:2. HP ha scelto questo formato perché è facile trovare schermi con risoluzioni standard (Full HD e 4K) a prezzo buono senza dover per forza di cose far realizzare schermi ad hoc, ma su un prodotto di questo tipo era preferibile al-tro. Sopra lo schermo troviamo la videocamera frontale, che come sempre più spesso accade per questioni di privacy dispone di un piccolo selettore meccanico che copre l’obiettivo. HP l’ha ingegnerizzato con intelligen-za: la superficie del selettore è sembrata in diagonale, bianco e nero, e risulta ben visibile in modalità “privacy”.

Tastiera silenziosa e precisa, trackpad finalmente al centroSe c’è una cosa che conosciamo benissimo sono le tastiere: le usiamo tutti i giorni, le massacriamo batten-do migliaia di caratteri ogni ora. La tastiera dell’HP Elite DragonFly è simile a quella degli altri HP ma a nostro avviso è leggermente più silenziosa. Siamo davanti ad una tastiera affidabile e precisa, anche se l’escursione dei tasti abbastanza pronunciata richiede una pressione bella decisa. Se siete delicati, si perde qualche lettera. Dovendo fare un paragone è silenziosa quanto l’ultima

versione della tastiera che Apple ha usato sui MacBo-ok, la butterfly dotata di membrana in gomma, ma i tasti hanno escursione più ampia e il feedback a nostro avvi-so è migliore. Non è al livello della tastiera dei Thinkpad, come ad esempio l’X1 Extreme provato di recente, ma crediamo che su un prodotto così leggero e così sottile non si riusciva a fare di meglio. Preciso e veloce anche il sensore per il riconoscimento dell’impronta digitale, sul lato destro. Al centro, sotto la tastiera, c’è il trackpad: è il più grande che si riusciva a inserire in un corpo di que-ste dimensioni. La cosa più bella? Un trackpad centrato sotto la tastiera, e non spostato a destra o sinistra.

Costruzione ordinata, l’autonomia non sorprendel’HP Elite Dragonfly viene venduto in due versioni, uno con batteria da 38Whr e uno con batteria da 56.2Whr, il primo a due celle e il secondo a quattro celle. La versio-ne da noi provata è quella a due celle, quindi quella che resta nel kg di peso: all’interno un po’ di spazio vuoto restava, ma probabilmente la scelta di HP in termini di batteria è legata proprio alla necessità di voler stare sot-to il kg di peso, 0.99 Kg.L’autonomia del prodotto è vincolata da una parte ad una batteria con una capacità così bassa e dall’altra al tipo di utilizzo che si fa di questo prodotto: come ogni notebook carichi elevati del processori equivalgono a maggiore consumo, ma questa volta c’è un vantaggio, l’assenza di una GPU discreta. Il piccolo HP non ha una energivora GPU discreta pertanto, anche in ambito edi-ting o con le applicazioni Adobe che abbiamo usato, non si è comportato affatto male. Certo, i tempi di ren-dering e di elaborazione sono quelli che sono, talvolta la CPU ha sofferto leggermente e la ventola si è fatta senti-re (e non è per niente silenziosa) e l’autonomia cala, ma non si può avere tutto.Chi compra un prodotto di questo tipo dev’essere con-sapevole che sta sacrificando autonomia e potenza in ambito produttivo a favore di leggerezza e compattez-za. Difficile come sempre dare un valore di autonomia senza uno standard fisso (se riusciamo ci lavoriamo), ma crediamo che chi lo utilizza come dovrebbe esse-re usato si trova con un computer che lo porta quasi fino a sera, ma se si iniziano ad usare Photoshop, si

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carica qualche gioco e si lavora con qualche applica-tivo pesante la percentuale scende. Abbiamo aperto l’HP Dragonfly, ed ovviamente come tutti i prodotti su-per compatti non eccelle per espandibilità anche se il modulo SSD può essere rimpiazzato dall’utente. Rim-piazzandolo però si perde l’acceleratore Optane Intel che affianca il disco SSD, sono montati entrambi su un unico modulo M2. Da segnalare come i diffusori creati da Bang & Olufsen prevedano due woofer montati nel-la parte bassa, con irradiamento inferiore, e solo due

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tweeter nella zona alta che non corrispondo-no tuttavia alle feritoie sullo chassis. Le griglie per gli altoparlanti frontali sono quasi esclusi-vamente estetiche, solo nella parte bassa, die-tro la griglia, è presente uno speaker.

Prestazioni eccellenti se si resta nel suo ambitoL’unità da noi provata è quella con processo-re Intel Core i7, 16GB di RAM e 512GB di SSD ibrido con 32 GB di acceleratore 3D Intel Op-tane. Se guardiamo ai classici benchmark del processore ci troviamo davanti a prestazioni simili a quelle di altri prodotti flagship con processore analogo, e la scritta “Gen8” sul piccolo adesivo Intel di

fianco al trackpad non deve spaventare, nonostante sia un processore che ha due anni di vita alle spalle le prestazioni sono allineate a quelle dei migliori su-per portatili compatti con scheda grafica integrata.L’apertura delle applicazioni è fulminea, e la stessa cosa vale per il boot: crediamo che parte del merito sia dell’acceleratore Optane di Intel, perchè se guar-diamo ai singoli benchmark il risultato in termini di lettura e scrittura dell’unità SSD non è così entusia-smante se guardiamo i valori raggiunti da altri note-book di pari prezzo. Solitamente una persona tende a misurare le prestazioni del computer sulla reattività ai comandi, e quando si deve aprire un Adobe Pho-toshop o Word, oppure quando si apre il computer dopo un po’ di tempo non si fa in tempo a contare

fino a cinque che abbiamo davanti a noi quello che vo-levamo. Oltre ad usare i classici benchmark indirizzati al singolo componente, come ad esempio GeekBench, ci siamo serviti dei benchmark della Puget System per Adobe Premiere e Lightroom, giusto per dare una indi-cazione: siamo consapevoli che questa macchina non è una macchina nata per l’editing video. Non si è com-portato male, l’unico appunto è il rumore della ventola che in qualche caso diventa eccessivo quando effettua il rendering o si applicano in batch diversi effetti alle foto. Ma lo ripetiamo: se si cerca velocità di rendering questo non è il computer adatto. Per tutto il resto ci siamo trovati comunque davvero bene, quello che più ci è piaciuto è il feeling trasmesso dal DragonFly, se si resta nel suo ambito è davvero veloce e agile, e mai si ha la sensazione di una macchina rallentata.

di Sergio DONATO

L ’aver raggiunto il miliardo di utenti ha dato a Windows 10 l’abbrivio per rivelare la nuova cura di bellezza a

colpi di Fluent Design, e per presentare nuove funzionalità del sistema operati-vo. A mostrarle ci ha pensato Panos Pa-nay in video su Instagram realizzato per festeggiare il miliardo di utenti.Panos Panay è a capo della divisione Windows e Dispositivi di Microsoft e il testo del suo post di Instagram si rife-risce più che altro all’attuale situazione mondiale e al raggiungimento del mi-liardo di utenti per Windows 10. Tuttavia, il video realizzato dal team Windows ci

permette di sbirciare nel futuro prossi-mo del sistema operativo, fatto di tanto Fluent Design e anche di novità circa l’Esplora File. Il Fluent Design System è il linguaggio grafico che ha debuttato in Windows 10 con il Fall Creators Update nel 2017, ma che non aveva ancora completato il suo processo di sviluppo, lasciando in Windows 10 una sensazione di non finito.Nel video, invece, sembra che queste lacune saranno colmate a breve. Per cominciare, le immagini mostrano un rinnovamento delle icone appartenenti alle app e ai programmi visualizzati nella colonna a sinistra e che seguono l’ordi-ne alfabetico. Le nuove icone perderan-no lo sfondo personale e si adatteran-no a quello del menu Start.Anche le tile del menu Start subi-ranno cambiamenti, diventando più organiche con il colore dello sfondo e lasciando indietro quella sensazio-ne di patchwork di colori che si ha al momento. Il menu contestuale, quello

che solitamente si richiama con il tasto destro del mouse, sembra che riceverà nuove funzioni e soprattutto un nuovo aspetto, in linea con lo stile Fluent Desi-gn che quindi sarà molto più riconosci-bile e integrato in tutto il sistema.Nel video si nota anche la presenza della barra mobile per le funzioni di Windows Ink, che i Windows Insider hanno già imparato a conoscere con la Build Preview 20H1. Infine, fermandosi su uno specifico fotogramma del video, è possibile vedere un “Esplora file” in una veste completamente rinnovata

PC Windows 10 si rifà il trucco per festeggiare il miliardo di utenti. In un video sono state mostrate le migliorie grafiche del Fluent Design

Il futuro design di Windows 10 in un video. Ecco come sarà Dovrebbe portare il design di Windows 10 finalmente a compimento. Forse lo vedremo all’evento online del 30 marzo?

e molto più simile al dress-code del pannello delle impostazioni di Win-dows 10. Un altro segno che il Fluent Design stia allacciando i fili che erano rimasti scollegati. È molto probabile che non tarderemo a vedere il nuo-vo aspetto di Windows 10, dato che l’evento più vicino è quello online del 30 marzo che Microsoft ha riservato ai prossimi piani e servizi di Office 365. Non si esclude, quindi, che possa essere una buona occasione per mo-strare un nuovo Office in un nuovo Windows 10.

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di Roberto PEZZALI

P ossiamo considerare P40 Lite una “milestone” per Huawei. Dopo Mate 30 Pro, terminale comunque di fascia alta, il P40 Lite è il primo smartphone con

Huawei Mobile Services popolare. Il suo prezzo è infatti fissato a 299 euro, anche se il vero valore viene dato dall’offerta commerciale che prevede in omaggio un paio di Freebuds 3, che da sole valgono 149 euro. La prima cosa che verrebbe da dire è “ma non ha Goo-gle” e lo sappiamo, P40 Lite non ha Google. Come non avranno Google e i suoi servizi anche gli altri smartpho-ne che arriveranno, ad esempio i top di gamma della stessa serie come il P40 Pro. Huawei sta facendo un lavoro enorme per far decolla-re i suoi servizi e la sua AppGallery, e la discussione se conviene oggi comprare uno smartphone senza Google andrebbe fatta al di fuori dell’ambito di test di un prodot-to. In questo caso però crediamo che, allo stesso modo di un iPhone, il sistema operativo EMUI è parte del pro-dotto, il fatto che non abbia Google non può essere una cosa secondaria quando si valuta l’acquisto. Dev’essere la prima condizione da accettare. Senza fare un discorso lungo oggi un telefono senza Google, ma con i Huawei Mobile Services potrebbero comprarlo gli appassionati del brand, coloro che non vogliono Google per diverse ragioni, come ad esempio quella di non mettere i dati nelle mani di BigG, e coloro che non hanno pretese in termini di applicazioni. Fa-cebook, Whatsapp e Instagram ci sono, e alcune appli-cazioni Google possono essere usate tramite browser: usare uno smartphone con Google è più semplice, ma non usarlo e non passare dal Play Store non è impos-sibile. Si potrebbe prendere l’esempio di una giornata tipo: uno si alza al mattino e controlla ma mail, e anche con un account Gmail la mail funziona. Si sincronizza. I social network vanno, almeno quelli più diffusi, e anche diverse funzioni come la condivisione della posizione su Whatsapp, molto utilizzata, funziona. I video di Youtube si possono guardare da browser, Amazon Prime Video c’è, iniziano ad esserci anche diverse applicazioni delle banche, e in molti casi dove non c’è l’applicazione si può andare da browser. Certo, molte cose richiedono passaggi in più, e in tan-

TEST Arriva in Italia il P40 Lite, modello entry della famiglia top di smartphone fotografici Huawei.Il prezzo non è indifferente, 299 euro

Huawei P40 Lite, recensione. Scelta consapevoleP40 Lite è un prodotto solido, ma anche particolare per la presenza dei Huawei Mobile Services al posto di quelli classici di Google

ti casi non sono affatto passaggi alla portata di tutti: i backup di Whatsapp vanno ad esempio ripristinati a mano, copiando cartelle tra dispositivi, per quanto sia una cosa banale per chi mastica l’informatica non lo è per molte persone. E gli stessi passaggi necessari per installare le app in formato APK possono essere così immediati.Chi viene da un altro dispositivo Android può usare Pho-ne Clone per fare un backup e un Restore completo: co-pia non solo contatti, video e foto ma anche le vecchie applicazioni presenti sul telefono. Ci si ritrova ad esempio

Google Maps, che funziona anche se non c’è Google a bordo e a patto che non si effettui il login: si perdono al-cune funzioni come il salvataggio della posizione di casa e lavoro, la cronologia e i preferiti, ma le mappe ci sono. Se è vero che molte applicazioni funzionano, è anche vero che ci sono moltissime app che non funzionano e oltre a queste anche molti servizi non vanno. Pensia-mo a Chromecast, a Android Auto, a Family Link, a tutti

P40 LiteAUTONOMIA E FREEBUDS IN OMAGGIO I VERI PUNTI DI FORZA

299,00 €

l P40 Lite è un buon telefono, ma se guardiamo al complesso il vero punto di forza è l’offerta commerciale che prevede le FreeBuds in regalo, che costano la metà del prodotto. Se a qualcuno servono le FreeBuds, si può dire che il P40 Lite costa “149 euro”, e a 149 euro prodotti di que-sto livello non ce ne sono. Se togliamo però l’offerta commerciale ci troviamo davanti ad una spesa non indifferente, 299 euro, che a nostro avviso sarebbero stati un po’ troppi anche se il telefono avesse avuto i Google Play Services: a 329 euro oggi sempre in casa Huawei si compra un Nova 5T che è migliore in tutto, dal display alle fotocamere al processore. E ha Google, oltre che AppGallery. Se guardiamo gli altri brand, sui 300 euro si trovano oggi tantissimi prodotti anche della passata stagione: è vero che come sempre non si può confrontare un prezzo di un prodotto appena uscito con uno che è sul mercato da mesi, ma quando uno entra in un negozio con 300 euro vuole comprare il prodotto con il miglior rapporto qualità prezzo possibile. Il vero punto di forza di questo P40 Lite è un’ottima autonomia, cosa che non si trova spesso su uno smartphone, e questo per molte persone potrebbe essere sufficiente. Per il resto è un prodotto normale, e batteria a parte non ha quell’elemento che lo farebbe preferire ad altri 10 smartphone da 300 euro presi a caso tra quelli venduti oggi. Per quanto riguarda il discorso Google lo abbiamo detto, a nostro avviso la cosa più importante è avere la consapevolezza di quello che si può fare e quali sono le rinunce di una scelta simile. Con un prodotto come il P40 Pro o il Mate XS probabilmente sarà più semplice affrontare la questione, perché c’è il lato tecnologico del telefono che potrebbe spingere all’acquisto pur con la consapevolezza di qualche sacrificio. Con un telefono più popolare come il P40 Lite la situazione è sicuramente più delicata da affrontare.C’è una cosa infine che ci lascia perplessi del P40 Lite: la serie “P” è stata quella che ha consacrato Huawei come l’azienda che ha rivoluzio-nato la fotografia su smartphone. Lei ha dato il via al pixel binning, alla modalità notte, ai super zoom, ai sensori ad alta risoluzione, senza di lei probabilmente oggi non avremo smartphone così evoluti dal punto di vista fotografico. P40 e P40 Pro, siamo certi, saranno un ulteriore passo avanti in questo settore. P40 Lite, che dovrebbe far parte della stessa famiglia, fotograficamente non lascia il segno. A 299 euro poteva stabilire un nuovo riferimento per la fotografia in questa fascia, magari riciclando i sensori e le lenti del P20 Pro, invece si perde nel mucchio. Un fotocamera al top avrebbe sicuramente aiutato a digerire meglio l’assenza di Google.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 7 8 6 6 67.1COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEOttima offerta commercialeAutonomia da record in modalità mediumL’assenza di Google per qualcuno potrebbe essere un punto di forza

Assenza servizi GoogleFotograficamente non lascia il segnoPrezzo elevato (senza le cuffie in omaggio)

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WhatsApp, Instagram e Facebook ci sono. E il backup di Whatsapp si può recuperare

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P40 Litesegue Da pagina 37

i giochi in multiplayer che richiedono Google Play per sincronizzare i risultati come ad esempio il famosissimo Brawl Stars. Oltre a tutte le applicazioni che presentano layer di sicurezza come quelle delle banche e quelle per i pagamenti. Di quale sia il peso di Google nella scelta di un telefono lo si capisce soprattutto in questi giorni di isolamento forzato: ci sono classi scolastiche che si sono organizzate e chiedono di inviare i compiti tramite Goo-

gle Drive, c’è chi si fa consegnare il cibo con Deliveroo o Uber Eats, e queste cose ad oggi non vanno. Come non vanno nemmeno moltissime applicazioni per collegare dispositivi, dai prodotti di domotica per arrivare ai wea-rable. Fitbit, per dirne una, non funziona. La cosa migliore da fare per capire se AppGallery e il suo assortimento può soddisfare le proprie aspettative è scaricarlo sull’attuale smartphone Android, passando dalla pagina specifica. Funziona non solo sui Huawei, funziona su tutti gli smartphone.Oltre ad AppGallery, avevamo già fatto un articolo de-dicato, ci sono altri posti dove trovare applicazioni per un sistema operativo Android senza servizi Google in modo totalmente legale, e il primo esempio che ci viene in mente è Amazon AppStore, la piattaforma che Ama-zon ha creato per i suoi dispositivi Fire come la TV Stick o i tablet. Disney Plus ad esempio sarà su Amazon App-Store. L’unica cosa da controllare è che le app per Ama-zon non siano “tablet only”: Amazon fa solo tablet e Fire TV Stick, e molte applicazioni sono ottimizzate per un uso con il telecomando e per uno schermo 16:9 orizzon-tale. Amazon è in ogni caso il miglior alleato possibile di Huawei per certe applicazioni, come quelle di strea-ming. Come su ogni smartphone Android, inoltre, posso-no anche essere caricate applicazioni direttamente da file APK, e su internet esistono repository che permet-tono di scaricare file app caricati da utenti: molti di que-sti sono sicuri, i file vengono verificati tramite controllo checksum e sono effettivamente gli stessi file che si trovano sul Play Store. Questa operazione, è nostro do-vere ricordarlo, è in violazione del diritto d’autore perché non sono gli sviluppatori ad averli messi a disposizione, sono utenti che li hanno ridistribuiti tramite piattaforme terze non autorizzate. E caricando una applicazione in questo modo si perde la possibilità di aggiornamento automatico dell’app, problema che invece non sussiste se si installa l’applicazione tramite AppGallery. Crediamo di aver dato un’idea di quello che ci si deve aspettare oggi acquistando un P40 Lite, e ricordiamo che Huawei sta facendo un lavoro enorme a supporto del suo ecosi-stema: oggi la situazione è questa, ma mese dopo mese il numero di applicazioni si amplia sempre di più. EMUI 10 è pur sempre Android, ma l’ecosistema è nuovo e ha bisogno di tempo. Non si può banalizzare e dire che l’assenza di Google non è un problema: chi acquista un dispositivo Huawei con Huawei Mobile Services deve farlo in modo consapevole e conoscere tutti i risvolti di questa scelta, anche perché Huawei ancora oggi vende

ottimi smartphone con google Mobile Servives che ver-ranno aggiornati anche alle prossime versioni. Prendere un P30 Pro in offerta oggi non è un azzardo, è un vero affare. Il P40 Lite si può usare, ma richiede un adatta-mento che non tutti forse sono disposti ad affrontare oggi: serve la consapevolezza che il “nuovo” è ancora un work in progress che sta crescendo però molto velo-cemente. Ogni settimana molte applicazioni, soprattutto italiane, vedi l’app di Italo aggiunta di recente, arrivano su App Gallery.

Ampio schermo, design classicoP40 Lite è il frutto del solito “frankestein” al quale ci han-no abituato ormai tutte le aziende di smartphone, una ottimizzazione di costi necessaria quando si devono buttare fuori tanti modelli. Davanti sembra un Honor 20, o un Nova 5T, schermo 6.4” LCD con il piccolo foro nella camera frontale in alto a sinistra. Dietro ricorda molto il Mate 20, con le fotocamere disposte stile “fornello” in blocco: uno schema già visto anche questo, ma Huawei ha il merito di averlo sdoganato. La zona posteriore re-sta sempre sfumata, ma in modo meno importante e più discreto: l’impressione è che dopo aver esagerato con schemi cromatici multiriflesso anche molto spinti le aziende stiano tornando verso colori più sobri e unifor-mi. Le dimensioni del P40 Lite non sono proprio ridotte: è grande quanto un iPhone 11 Pro Max, solo un centi-metro più basso di un S20 Ultra. Non è lo smartphone ideale per chi cerca qualcosa di compatto, è adatto a chi vuole uno schermo grande.Il pannello, di tipo LCD, cerca di essere “full screen” ma in questa fascia di prezzo non si può ridurre più di tanto la cornice, che mostra comunque quel “gap” nella parte bassa, dove il bordo nero ruba circa mezzo centimetro all’immagine. La presenza di uno schermo di tipo LCD non ha permesso a Huawei di usare un sensore biome-trico sotto lo schermo, lo ha inserito a lato, nel tasto di accensione: la posizione è perfetta, si raggiunge sia con la mano destra che con la sinistra. Come ogni sensore biometrico diretto è veloce e preciso.Lo schermo, dovendo giudicare la qualità, è allineato a quello usato su questa fascia di prezzo: Full HD+, lumi-nosità nella media, buon contrasto e filtro polarizzato-re montato in orizzontale: con occhiali polarizzati se si guarda un video lo schermo resta nero.La luminosità è buona, così anche il filtro antiriflesso se

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App Gallery si arricchisce di ogni applicazioni ogni giorno, ma serviranno comunque anni per raggiungere i numeri e l’assortimento di Google Play

Maps.me è una valida alternativa a Google Maps, comunque raggiungibile da browser: indica anche i punti di interesse offline.

Un po’ di applicazioni e un po’ di giochi si trova-no anche sul negozio di Amazon.

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usato all’esterno. Certo, un piccolo sforzo per usare un pannello OLED si poteva fare, soprattutto oggi che la parola “dark theme” è sulla bocca di tutti. Un OLED va-lorizza meglio il tema scuro e la EMUI 10 gestisce il tema scuro alla perfezione, anche sulle app non ottimizzate.

Clicca sulle foto per l’ingrandimento

Due fotografie al buio: a sinistra quella fatta con modalità notte e a destra quella che si scatta usando la modalità foto standard.

Un esempio di foto con l’obiettivo Wide da 8 megapixel.

Questo è quello che si può fare con l’obiettivo Macro da 2 megapixel.

C’è il jack audio, lo speaker è mono-fonico inferiore: nonostante la capsu-la auricolare è ben dimensionata non è presente l’audio stereofonico.

Fotocamera standard, alla serie P si chiede di piùLa serie P di Huawei è la serie P. Pho-tografy, allo stato puro. Huawei ha fatto un lavoro meraviglioso a partire dal P10 per ogni generazione della serie P, e tra qualche settimana il P40

TEST

P40 Litesegue Da pagina 38

Ecco alcuni scatti fatti con il P40 Lite: come si può vedere la resa è standard. Non che sia un problema, quasi tutti gli

smartphone da 300 euro foto-grafano così, e questo sensore lo ha usato Asus sullo Zenfone 6 e OnePlus su OnePlus 7, ma

da Huawei lato fotografia sulla serie P pretendiamo sempre qualcosa in più. Ci ha abituato bene.

Pro alzerà ancora l’asticella. Il P40 Lite non sembra uno smartphone della famiglia P, perché fotograficamente non porta nulla di nuovo. Non anticipa nessun elemento dei P40 e dei P40 Pro, e non eredita nulla del P30 e del P30 Pro. E nemmeno del P20. Il sensore principale è il classico 48 megapixel Sony con autofocus a ricerca di fase e obiettivo f/1.8 stabilizzato elettronicamente. Un sensore già visto su decine di telefoni, un sensore che non sembra essere dna Huawei. Ci sarebbe piaciuto vedere sul P40 Lite il sensore da 40 megapixel del P20 Pro, o quello del P30 Pro: un sensore di assoluta qua-lità a 299 euro poteva essere la molla che spingeva gli utenti a puntare sul P40 Lite anche senza i servizi di Google. Gli altri tre sensori sono il super wide da 8 megapixel, f/2.4, affiancato da sensori di supporto da 2 megapixel, utili giusto per far salire il numero di fotoca-mere a 4. Quello di profondità non è una fotocamera che scatta, è giusto un supporto, mentre quello macro è un evidente “di più”. Il macro Huawei ha dimostrato di saperlo gestire benissimo con il super wide, poteva farlo anche qui.

Veloce e rapido, con un’ottima autonomiaNulla da dire sotto il profilo delle prestazioni, anche se ormai oggi è davvero difficile trovare un prodotto in questa fascia di prezzo che abbia problemi di pre-stazioni. Il processore è il Kirin 810, 64 bit a 8 core fabbricato con processo produttivo a 7 nanometri. Un processore pensato proprio per dispositivi di fascia me-dia, degli 8 core infatti 2 sono ad alte prestazioni e 6 sono core di tipo “little”, quindi per carichi meno pesan-ti. Il P40 Lite non è uno smartphone pensato per task impegnativi, la maggior parte del tempo funzionano i core più efficienti. Derivato dal Kirin 980, l’810 dispone anche di neural processing unit Da Vinci Huawei per accelerare i calcoli di machine learning, di modem LTE con downlink a 1.4 Gbps, di bluetooth 5, di Wi-fi AC e di supporto GPS con GLONASS e BDS. Avremmo voluto fare il nostro test di ricezione ma, come si può immagi-nare, non possiamo prendere il passante. Ci piacerebbe dirvi “riceve bene” ma avendo attrezzato un laboratorio per fare dei test precisi di ricezione evitiamo di dare va-lutazioni basate sulla percezione. La qualità telefonica è buona, il download sotto rete LTE veloce quanto ba-sta, ma per poter dare qualche dato in più servirebbe il test. Test che abbiamo potuto fare invece per l’aspetto batteria, dove con un uso moderato il P40 Lite ha fatto registrare le migliori performance del nostro test batte-ria. Quasi 16 ore, tantissimo. Questo perchè in stand by il P40 Lite consuma poco, e perché per la maggior parte delle operazioni usa i core a bassa velocità e quindi più efficienti. Se si usano applicazioni che chiedono tanto al processore, come ad esempio i giochi, la presenza di soli 2 core ad alte prestazioni si fa sentire e l’autonomia rientra in quello che è uno scenario standard.

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

di Roberto FAGGIANO

N on solo televisori campioni del rapporto quali-tà/prezzo ma anche soundbar, infatti molti non sanno che nella sterminata produzione TCL ci

sono anche dei diffusori e tra questi la top di gamma Ray-Danz ,appena uscita sul mercato dopo la presen-tazione all’ultimo CES. Il suo nome più burocratico sa-rebbe TS9030 ma preferiamo il più simpatico, anche se oscuro, Ray-Danz; simpatico per la categoria anche il prezzo di listino pari a 399 euro, cioè poco per una soundbar compatibile Dolby Atmos e completa di su-bwoofer wireless. La soundbar è anche dotata di Blue-tooth per l’ascolto musicale da smartphone ma non è dotata di wi-fi o applicazioni di controllo, forse troppo per il prezzo richiesto.L’aspetto del diffusore è alquanto insolito nella parte frontale, perché anziché il consueto schieramento frontale alcuni altoparlanti sono posizionati in una zona interna e diffondono attraverso una doppia zona sago-mata che si estende verso i lati per diffondere in modo più ampio i suoni. Se la costruzione appare robusta e accurata bisogna anche notare la modestia della fini-tura, con l’utilizzo di materiali magari anche di buona qualità ma dall’aspetto economico; valutazione che pesa anche per il subwoofer, piuttosto leggero e con piccole risonanze interne che possono influenzare la resa sonora.Per l’installazione si può scegliere tra l’appoggio su ripiano davanti al tv oppure fissata a parete con gli ac-cessori in dotazione.Le prese di ingresso comprendono una HDMI ARC, una HDMI, mini jack, presa USB e un ingresso digitale ottico, tutte sono molto incassate per non sporgere dal retro ma si potrebbe creare qualche problema utiliz-zando cavi HDMI di grande sezione e con grandi termi-nali. Tutta la zona è anche ulteriormente chiusa da un coperchio che lascia solo lo spazio necessario all’usci-ta dei cavi. Lodevole la dotazione di un cavo HDMI di buona fattura e di un cavetto digitale ottico.In dotazione troviamo pure un pratico telecomando per variare il volume, scegliere l’effetto DSP tra tv, movie e music, attivare il surround verticale, regolare alti e bas-

TEST Una soundbar che sulla carta sembra molto interessante e con un invitante prezzo di listino in rapporto alle specifiche

Soundbar TCL Ray-Danz, 399 euro e Dolby AtmosLa tecnologia applicata non fa miracoli ma porta un bel balzo in avanti rispetto all’audio del TV. Inoltre è molto facile da usare

si, regolare la sincronizzazione voci se ci fossero ritardi e selezionare la sorgente. I comandi in versione touch sono in parte replicati sul diffusore mentre sul frontale c’è un display molto ampio che appare in trasparenza e segnala l’attivazione delle diverse codifiche, degli effetti DSP, le variazioni del volume e di tono per una gestione molto semplice del diffusore.

Un vero sistema HT 3.1Dal punto di vista tecnico la soundbar TCL può essere assimilata a un sistema 3.1 perché troviamo un altopar-lante frontale dedicato a riprodurre il canale centrale, due larga banda stereo e il subwoofer. La tecnologia Ray-Danz prevede l’uso di due riflettori acustici laterali abbinati a circuiti DSP che ricreano effetti virtuali ricon-ducibili al Dolby Atmos, sfruttando anche le pareti late-rali dell’ambiente. La potenza disponibile è di 30 watt per ognuno dei quattro altoparlanti utilizzati, che sono due larga banda, un midrange-tweeter centrale e un woofer da 16 cm per il sub. Le codifiche delle colonne sonore compatibili sono quelle di Dolby Digital, Dolby Digital Plus, Dolby True HD e Dolby Atmos. Come di-mensioni siamo di poco oltre il metro per la larghezza, per la precisione 1046 mm, quindi utile per tv da 55 pollici e oltre, mentre l’altezza è di 56 mm con 109 mm di profondità; il subwoofer è invece più sviluppato in altezza e profondità con 24 cm ciascuno e larghezza di 14 cm. Il woofer diffonde verso il basso ma l’accordo

TCL TS 9030 Ray DanzUN BUON ESORDIO 399,00 €

Con questa Ray-Danz TCL esordisce nel mercato delle soundbar importanti, pur mantenendo un prezzo di listino molto accessibile. La tecnologia applicata non fa miracoli ma comunque porta un bel balzo in avanti rispetto all’audio del televisore. Inoltre è molto facile da usare anche per i meno esperti, senza fronzoli ma con un pratico telecomando e un chiaro display frontale. Posizionando con cura il subwooer può dare buone soddisfazioni e portare grande coinvolgimento non solo con i migliori film in Dolby Atmos ma anche con buone colonne sonore multicanale. La finitura non è il massimo, così come la costruzione del subwoofer, ma con questo prezzo di listino il rapporto qualità/prezzo ci pare ottimo.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

7 7 7 8 8 87.4COSA CI PIACE COSA NON CI PIACERapporto qualità/prezzoSemplicità d’usoCablaggio in dotazione

Costruzione migliorabileNessuna connessione web e appIl subwoofer deve essere posizionato con molta cura

segue a pagina 41

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MAGAZINEn.218 / 2023 MARZO 2020

reflex è posteriore e questo complica la collocazione in ambiente per ottenere prestazioni pulite e senza rimbombi.

Partenza facile e suoni OKLa messa in opera del sistema è molto semplice utiliz-zando i cavi in dotazione, salvo qualche difficoltà già segnalata usando i nostri cavi HDMI di grande sezione. Però poi tutto funziona al primo colpo: l’audio del tv si disattiva, il subwoofer è subito collegato e il diffusore riconosce il Dolby Digital dei canali tv e dei servizi di streaming nonché le colonne sonore in Dolby Atmos dal nostro lettore blu-ray. Gli effetti DSP sono piutto-sto efficaci ed effettivamente centrati su programmi

come Movie e Music, ma anche la posizione base TV si adatta bene ai semplici programmi tv stereo. Inizial-mente abbassiamo di tre punti il livello del subwoofer perché il suo intervento ci pare eccessivo con qualche rimbombo di troppo, però ci accorgiamo presto che è colpa del diffusore in modo indipendente dal livello: la struttura è troppo leggera per la risposta in frequenza che invece scende molto sino alla sensazione fisica, un difetto forse meno fastidioso con pavimenti più “pe-santi” rispetto a quelli della nostra sala d’ascolto op-pure spostando il sub più lontano dalla zona d’ascolto e con l’accordo reflex ben distante dalle pareti. L’in-tervento del surround verticale è fondamentale, non perché crei davvero effetti dall’alto, quanto per il buon coinvolgimento e l’allargamento del fronte sonoro. A

TEST

Soundbar TCL Ray-Danzsegue Da pagina 40

tratti i suoni appaiono eccessivi però in fondo conta di più il coinvolgimento che la soundbar riesce a creare, superando nettamente la resa dell’audio del televiso-re (non sempre dobbiamo darlo per scontato). Con i film in Dolby Atmos riportiamo a zero il livello del sub e ne otteniamo sempre qualche rimbombo ma anche un bell’impatto fisico nei momenti più spettacolari. Si apprezza soprattutto la creazione di un fronte sonoro importante, come proveniente da diffusori molto più grandi e molto più distanti tra loro. Molto buono il suo-no anche con semplici programmi tv stereo, con le voci ben inserite nel fronte sonoro. Convincente la riprodu-zione musicale di concerti dal vivo, ma la resa privilegia l’impatto piuttosto che la definizione e l’effetto music aggiunge solo un poco di riverbero.

di Alessandro CUCCA

N uovi aggiornamenti in arrivo dal Fa-cebook Game Developers Showca-se, l’evento dedicato alle novità in

arrivo su Oculus Rift e Oculus Quest. A inizio settimana Chris Pruett, Director of Content Ecosystem, e Leo Olebe, Face-book Global Director, hanno presentato lo stato attuale del mondo Oculus, dove 20 titoli hanno permesso di superare il tra-guardo del milione di dollari di ricavi solo su Quest, un andamento che si prevede ancora in crescita dato che è sempre in aumento il numero di utenti che si uni-scono alla comunità VR. L’Oculus Quest System Experience è in fase di aggiorna-mento e trasformerà la VR in un’esperien-za ancora più social, versatile e facile da usare. Dalla fine del mese gli utenti trove-ranno infatti, in via sperimentale, un menù principale completamente ridisegnato, dei nuovi overlay immersivi e il supporto multi-windows per le applicazioni 2D.

I giochi in arrivo su OculusSi inizia con gli annunci che riguardano lo sparatutto Pistol Whip, che introdurrà le classifiche, che porteranno a questo famoso gioco in VR un nuovo livello di competizione.In arrivo anche il nuovo aggiornamento di Full Throttle, disponibile gratuitamente su Oculus Quest e Rift dal 26 marzo.Sempre il 26 marzo arriveranno an-che The Room VR: A Dark Matter, un gioco che permetterà di immergersi in un mondo di enigmi tipici delle escape room, e B-Team, sparatutto dedicato a chi cerca anche una vena comica tra un combattimento e l’altro. Pochi giorni dopo invece, il 31 marzo, verrà rilasciato il survival horror Lies Beneath per Oculus Quest, poi disponibile anche su Oculus Rift dal 14 aprile. È stato annunciato in uscita per il 25 giugno il nuovo gioco stealth in VR di nDreams che si chiame-

rà Phantom Covert Ops. Dai vincitori del premio Game Critics Award per il miglior gioco VR all’ E3 2019 ci si aspetta mol-to e questo gioco promette una grafica di alto livello, il supporto di Oculus Link, le classifiche online e molto altro. Infine, conclude la serie degli annunci la novità che riguarda Beat Saber, il famoso gioco musicale in VR, che ha venduto oltre 2

GAMING Dal Game Developers Showcase di Facebook per Oculus sono stati annunciati tanti interessanti titolittesi tra fine marzo e inizio aprile

Nuovi giochi per Oculus. Phantom: Covert Ops il più attesoPhantom: Covert Ops promette una grafica di alto livello, il supporto di Oculus Link, le classifiche online e molto altro

milioni di copie, per il quale uscirà il 26 marzo il nuovo Timbaland Music Pack. Questa versione comprende due livelli a 360°, e cinque canzoni originali scritte appositamente per Beat Saber, in colla-borazione con artisti di successo come Bruno Martini, Kaydence, Nash, Karra & Common Strangers, Sid Tipton e lo stesso Timbaland.

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MAGAZINEn.51/ 2023 MARZO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

Voci non confermate raccontano di un incredibile successo per la nuova Fiat 500 elettrica, tanto che

in alcuni Paesi, tra cui l’Italia, i 500 esem-plari di “La Prima” sarebbero già sold out. Questo ha con ogni probabilità spinto FCA a rivalutare i suoi piani per l’elettrico, e dargli una spinta in più, specialmente per il marchio Fiat. Torna quindi d’attualità la Fiat Centoventi, elettrica rivoluzionaria, che fu presentata al Salone di Ginevra 2019 come la futura erede dell’utilitaria giovane e furba, ruolo che per decenni è stato della Panda. Il progetto sembrava

AUTO ELETTRICA Sembra proprio che il successo della Fiat 500 elettrica convinca i vertici FCA

Fiat ci ripensa: l’elettrica Centoventi si farà Sarà la prima con batteria modulare?FCA punterà maggiormente sull’elettrico. Così “la nuova Panda” potrà arrivare sul mercato

poi finito in naftalina, mentre ora le possi-bilità di vederla su strada tornano concre-te, e indirettamente lo ha confermato il CEO Olivier Francois. Il manager, durante un’intervista con Auto Express, ha dichia-rato che non avrebbe senso mettere in piedi una piattaforma e un’intera fabbrica dedicate all’elettrico, per produrre una sola vettura. Il riferimento è ovviamente agli sforzi progettuali - e economici - fatti nello stabilimento di Mirafiori, per inizia-re la produzione della 500 elettrica. La Fiat Centoventi quindi torna in cima ai

progetti realizzabili, e potrebbe essere la prima elettrica sul mercato con batteria modulare. Durante la presentazione ori-ginale infatti venne mostrata la possibilità di configurare la vettura a blocchi da 100 km di autonomia ciascuno. Anche in post vendita sarebbe possibile aggiungere al-tri blocchi, sempre da 100 km, fino a un totale di 400 km. Ma se non bastasse c’è spazio anche per una batteria di ri-serva sotto i sedili, per ulteriori 100 km. Qui trovate il nostro articolo dedicato, mentre qui le nostre foto dal vivo.

di M. ZOCCHI

D iverse settimane fa Hyundai ha attivato la produzione della Kona Electric anche nello stabilimento

di Nošovice, in Repubblica Ceca, così da non essere costretta ad importare tutte le vetture dalla Corea e aumentare le con-segne in Europa. La domanda per Kona Electric infatti è sempre stata buona, ma con diversi mesi di attesa per soddisfare le consegne. Ora Hyundai comunica che le prime unità del modello con motore da 150 kW e batteria da 64 kWh sono in arrivo. Con una autonomia di 449 km per singola carica, Kona è dall’inizio una delle scelte migliori nella sua categoria. Anche lo stabilimento di Ulsan, in Corea, aumen-terà la produzione. Per il 2020, la casa coreana prevede di consegnare in Euro-pa circa 80.000 veicoli a zero emissioni, sommando Kona Electric, Ioniq Electric e

AUTO ELETTRICA L’aumento di produzione dello stabilimento in Repubblica Ceca dà i primi frutti

Arrivano le Kona Electric prodotte in Europa Saranno 35.000 vetture in 12 mesiIn arrivo le prime unità Hyundai del modello con motore da 150 kW e batteria da 64 kWh

il SUV a fuel cell Nexo. Con questo volu-me di vendite Hyundai dovrebbe diven-tare la casa numero uno in Europa per vetture a zero emissioni. Tornando allo stabilimento in Repubblica Ceca, secon-do il CEO Dong Woo Choi, la minore di-stanza che le vetture prodotte dovranno percorrere per raggiungere i clienti finali sarà determinante. A Nošovice sono sta-te preparate tutte le fasi di lavorazione,

dalle officine di stampaggio, alle linee di saldatura e verniciatura, per finire con l’assemblaggio. In particolare per que-st’ultima parte, la linea ha dovuto essere ampliata di 15 metri, per l’introduzione della fase di installazione delle batterie. Attualmente escono dallo stabilimento circa 150 Kona Electric al giorno, per un volume in 12 mesi che dovrebbe arrivare a 35.000 unità.

Ferrari, se non si corre in Formula 1, intanto si salvano vite (con i ventilatori polmonari)Ferrari, insieme ad FCA e Magneti Marelli, è pronta ad aiutare nella produzione di ventilatori polmonari per la terapia intensiva di M. ZOCCHI

I costruttori americani sono pron-ti a dare una mano nella produ-zione di macchinari necessari per l’emergenza sanitaria in cor-so, ma anche in Italia non siamo da meno. La Ferrari, unitamente ad FCA e Magneti Marelli, infatti si sta rendendo disponibile per incrementare la produzione dei ventilatori polmonari.In particolare andranno in aiu-to della Siare Engineering, una azienda bolognese che figura tra i maggiori produttori di ven-tilatori polmonari e che si trova ora in difficoltà con l’enorme cre-scita degli ordini.Gli ospedali italiani infatti stanno aumentando i posti di terapia in-tensiva e, grazie anche alle nu-merose donazioni private, stan-no acquistando nuovi ventilatori. Siare, che ha solo 35 dipendenti, riceverà forza lavoro da Ferrari, per via della competenza tecni-ca, idraulica ed elettronica, op-pure farà realizzare direttamente negli stabilimenti di Modena dei componenti dagli uomini della Rossa.

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MAGAZINEn.51/ 2023 MARZO 2020

di Sergio DONATO

Samsung ha presentato uno studio alla rivista di peer-review Nature Energy su una nuova batterie a

stato solido ad alte prestazioni e a lun-ga durata, da applicare soprattutto nel settore dei veicoli elettrici.Le notizie sulle rivoluzioni tecnologiche legate alle batterie spesso sono viste più come speculazioni non applicabili che come realtà concrete. Ma l’ingresso di un attore importante come Samsung nella presentazione di una nuova tecno-logia, potrebbe essere un accelerante non indifferente per la tecnologia stessa. Le batterie a stato solido di per sé non sono una novità assoluta. A differenza delle batterie agli ioni di litio che usano elettroliti liquidi, le batterie a stato soli-do utilizzano appunto elettroliti solidi che garantiscono una densità di energia più elevata. Il rovescio della medaglia e che gli anodi metallici usati nella batte-rie a stato solido favoriscono la crescita di dendriti che possono produrre effetti collaterali indesiderati, come la riduzio-ne della durata di vita e la sicurezza della batteria. A causa del loro accumulo, si

BATTERIE La nuova batteria arà dedicata soprattutto all’alimentazione dei veicoli elettrici

La batteria a stato solido efficiente e sicura Il prototipo Samsung ha 800km di autonomiaGarantisce 800 Km di autonomia e occupa metà spazio rispetto a una batteria agli ioni di litio

può bucare lo strato che separa anodo e catodo causando un cortocircuito

Argento e carbonio per 800 km di autonomia in metà spazioI ricercatori del Samsung Advanced In-stitute of Technology (SAIT) e del Sam-sung R&D Institute Japan (SRJ) hanno invece utilizzato, per la prima volta, uno strato composito di argento-carbonio (Ag-C) come anodo. Il team ha scoper-to che l’incorporazione di uno strato di Ag-C in un prototipo di cella a sacchet-to (in inglese chiamata “pouch cell”) ha permesso alla batteria di supportare una maggiore capacità, una maggiore

durata del ciclo di vita e una maggiore sicurezza complessiva. Il nuovo strato nanocomposito Ag-C è ultrasottile: mi-sura appena 5µm (micrometri) di spes-sore. Questo ha permesso ai ricercatori di ridurre di conseguenza lo spessore dell’anodo e di aumentare la densità di energia fino a 900Wh/L. Il prototipo sviluppato è quindi circa il 50% più pic-colo in volume rispetto a una batteria agli ioni di litio convenzionale. Secondo i ricercatori Samsung, il prototipo di cel-la a sacchetto a stato solido sviluppato permetterebbe a un veicolo elettrico di viaggiare fino a 800 km con una singola carica, e con una durata di vita di oltre 1.000 cariche.

Super Soco TSx, la Tesla dei ciclomotori costa solo 3.490 euroÈ disponibile anche in Italia la Super Soco TSx, nuova versione con un pizzico di potenza in più ma equiparata comunque ai cinquantini di M. ZOCCHI

Durante la scorsa edizione di EI-CMA a Milano, avevamo visto la Super Soco TSx, e come previsto è arrivata la vendita anche nel nostro Paese. Più volte le piccole moto di Super Soco sono state chiamate “Tesla dei ciclomotori”, per l’aspetto estetico molto cu-rato e per le buone prestazioni a fronte di un prezzo contenuto.La TSx ovviamente non si disco-sta da questo trend, con carat-teristiche a metà strada tra altri modelli già in gamma. In parti-colare la moto monta un motore elettrico Bosch da 1.9 kW di po-tenza continua, che in fase di test ha raggiunto anche la velocità di 72 km/h. Nel nostro Paese però per normativa è elettronicamente bloccato a 45 km/h. La batteria può garantire fino a 50-60 km di autonomia, con la capacità di 1.9 kWh. È possibile anche avere un secondo modulo che può quindi raddoppiare il range percorribi-le per singola carica. La Super Soco TSx pesa solo 70 kg, altro fattore che la rende perfetta per gli spostamenti urbani e anche adatta ai principianti delle due ruote. Il prezzo è un altro fattore a vantaggio della TSx; nonostan-te la cura dei dettagli e la qualità dei componenti, il prezzo è di soli 3.490 euro, e può usufruire degli incentivi statali in caso di rotta-mazione di vecchio ciclomotore.

di M. ZOCCHI

D opo altri articoli dove abbiamo mo-strato cosa si potrebbe acquistare dalla Cina, torniamo ancora sul-

l’argomento, sempre sfruttando i diversi e-commerce del Paese asiatico. Questa volta ci siamo imbattuti in una eBike fat, trovata su Aliexpress, e chiamata Ake-2Bike. La configurazione è da classica fat, hard tail, con forcella ammortizzata.Il motore è di tipo hub, non dei preferiti dunque, con potenza fino a 350 W. La batteria, rimovibile, è integrata nel tubo obliquo, e con i suoi 360 Wh permette fino a 55 km di assistenza alla pedalata.Il telaio di alluminio alloggia ruote fat da 26”, e dato il motore hub ha un normale cambio da mountain bike, con 27 veloci-tà. Il freno è ovviamente a disco, anche se

BICI ELETTRICA Ci siamo imbattuti in una eBike fat, trovata su Aliexpress, e chiamata Ake2Bike

Dalla Cina con furore, arriva la eBike fat a 500 euroUna eBike fat dal prezzo interessante, ma con spedizione che vale quanto la bici stessa

non con un brand particolare da segnala-re, e la lampada frontale è a LED.L’eBike è acquistabile anche dall’Italia, al prezzo di 539 euro, che sembrerebbe conveniente, se non fosse per il trasporto

tramite corriere, non incluso, che costa la bellezza di 497 euro, in pratica quanto la bici stessa. Il prezzo totale, e l’assistenza praticamente assente, rende ovviamente tutta l’operazione poco conveniente.

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MAGAZINEn.51/ 2023 MARZO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

Sul sito dedicato ecobonus.mise.gov.it il Ministero rende noto che, vista l’emergenza sanitaria causa

coronavirus, i termini per il completa-mento delle prenotazioni dell’Ecobonus sono sospesi. Significa che le eventuali richieste già inserite nel portale, in atte-sa di conferma una volta consegnato il veicolo, vengono prorogate, così come altre attività, fino al termine della crisi. Per questo si fa riferimento al recente decreto DPCM 11 marzo 2020, al quale possono sommarsi altri periodi dati da decreti futuri.I clienti che non possono ritirare la pro-pria auto nuova, o ancora non ne hanno avuto consegna, possono quindi dormire sonni tranquilli e non perderanno l’incen-tivo che gli spetta. Ecco il testo preciso come riportato sulla piattaforma:

AUTO ELETTRICA A causa dell’emergenza sanitaria, le domande in scadenza sono prorogate

Ecobonus, prorogate le scadenze per confermare le richieste di incentivoChi non ha ritirato la propria auto nuova, può stare tranquillo, non perderà l’incentivo

Ecobonus, sospesi i termini per il completamento delle prenotazioni19 marzo 2020

Blocco degli annullamenti automatici in

piattaforma.

Ecobonus, al via le prenotazioni per gli

incentivi A partire dal 23 febbraio 2020

sono sospesi i termini per il completa-

mento delle prenotazioni sulla piattafor-

ma informatica Ecobonus (termini previsti

dal D.M. 20 marzo 2019, Art. 6 comma 2

e 3). La durata della sospensione è su-

bordinata a quanto disposto dalle misu-

re di contenimento del contagio previste

dal DPCM 11 marzo 2020 ed eventuali

successivi provvedimenti. Restano, in

ogni caso, operative tutte le altre funzio-

nalità della piattaforma di prenotazione”.

Una eBike mix tra BMX, cruiser e fat: ecco Sonic SS StomperSoul Beach Cruiser propone una eBike unica nel suo genere, unendo diversi stili a un motore potente e design appariscente di M. ZOCCHI

Il settore delle eBike ludiche o “da passeggio” è molto più sviluppato oltreoceano, tanto che esistono aziende specializzate. Come la Soul Beach Cruisers, con sede in Arizona, ditta esperta per l’appun-to nelle tipiche bici da spiaggia, che però ha voluto sperimentare qualcosa di nuovo. Così ha crea-to la Sonic SS Stomper, una eBike che prende un po’ dal mondo del-le BMX, con un telaio sempre va-gamente cruiser, e aggiungendo pneumatici generosi, quasi da fat bike. Il risultato è una eBike decisa-mente appariscente, ma che pare davvero comoda per gli sposta-menti quotidiani. La forcella (non ammortizzata) a doppia piastra gli conferisce un aspetto sportivo e al tempo stesso la rende robusta. Le sconnessioni del terreno tutta-via non sono un problema, grazie alle gomme e alla sella imbottita. Sul fronte tecnico, come molti pro-dotti americani, anche la Sonic SS Stomper si affida ad un motore Ba-fang, il BBSHD1000, con potenza nominale di 1.000 W e 1.480 W di picco. Il tutto supportato da una batteria Samsung da 14.5 Ah e 48 V, per totali 696 Wh. L’autonomia massima è data per 97 km, mentre alla potenza massima dovrebbe at-testarsi sui 48 km. Il cambio ha solo 3 velocità, con i rapporti integrati nell’hub della ruota posteriore, mentre i freni, TRP Zurich, hanno quattro pistoncini e dischi da 223 mm e 203 mm. Con i suoi 4.895 dollari non è tra i più popolari.

di M. ZOCCHI

D opo il botta e risposta tra Tesla e l’ufficio dello Sceriffo di Alameda, circa un possibile stop delle at-

tività della fabbrica di Fremont, dopo il confinamento in casa promulgato nella zona della baia di San Francisco, in un primo momento Elon Musk aveva propo-sto ai suoi lavoratori di recarsi in fabbrica normalmente, salvo poi ricevere una ul-teriore specifica dalla Sceriffo che gli im-poneva solo attività di base con ridotta forza lavoro.Un ulteriore passaggio è stato il divieto di produrre nuove veicoli dalla catena di assemblaggio, ma dedicarsi solo a lavori secondari. Alla fine, arriva la resa di Tesla, che diminuirà gradualmente le attività fino a uno stop il 24 marzo, nello stabilimento di Fremont e nella Giga-factory 1.Resteranno attivi solo compiti di approv-

AUTO ELETTRICA Dopo il tira e molla con le autorità, Tesla ha deciso di fermare la produzione

Tesla si arrende: dal 24 marzo stop alle fabbriche Ferma Fremont e la Gigafactory 1 di New YorkContinueranno le consegne dei veicoli ai clienti, con nuove procedure eper evitare contatti

vigionamento di base e alcune attività legate al settore energetico. Nel frattem-po, nelle aree dove non ci sono divieti le attività proseguiranno, come nella Gigafactory in Nevada, continuerà senza problemi il servizio Supercharging, così come continueranno le consegne dei veicoli ai clienti, implementando nuove procedure “touchless” in modo da non avere contatti con sconosciuti.Si preannuncia dunque un periodo dif-

ficile per una azienda che in pratica consegna ogni auto prodotta ed ha po-chissimo inventario invenduto. Tuttavia la solida posizione finanziaria al termine del Q4 2019, 6.3 miliardi di dollari, do-vrebbe garantire la liquidità necessaria anche per un lungo stop. Lo conferma anche l’analisi di Morgan Stanley, secon-do cui Tesla potrebbe sostenere “diversi mesi” di stop grazie al suo ecosistema economico.

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MAGAZINEn.51/ 2023 MARZO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

I l mondo del motorsport, come tutto lo sport in generale, sta subendo il con-traccolpo dell’emergenza sanitaria

del coronavirus. Così dopo gli annul-lamenti delle gare di MotoGP sono arri-vati gli stop della Formula E e, non per ordine di importanza, anche la Formula 1. Al momento non è dato sapere quando le cose torneranno alla normalità, con diversi eventi già ufficialmente annulla-ti, e con i calendari che potrebbero poi allungarsi in modo anomalo nella pros-sima stagione invernale. Come possono quindi passare il tempo, soprattutto se in quarantena, i fan più irriducibili?I servizi di streaming sono in questo caso una manna dal cielo. Analizziamo in par-ticolare le proposte di Netflix. Eseguen-do una semplice ricerca, si scoprono contenuti di ogni genere, film, docufilm, e percorsi narrativi sui nomi importan-ti della storia del motorsport. Iniziamo con una novità aggiunta da poco, che in questi giorni è in vetta alla classifica dei più visti, Go-Kart. Una produzione austra-liana che non pretende certo di essere nell’olimpo della cinematografia, ma che regala un’ora e mezza di divertimento, soprattutto se si hanno anche bambini in casa. In molti lo hanno già definito il

MOTORSPORT Dopo il MotoGP, sono arrivati anche gli stop della Formula E e della Formula 1

Nostalgia del motorsport? Netflix viene in aiutoLo streaming è una buona soluzione, con contenuti di ogni genere, film, docufilm e molto altro

“Karate Kid” dei motori, con tutti gli ste-reotipi del caso.Passando alle serie docufilm, è indubbio il successo di Formula 1 Drive To Survive, che ci offre uno sguardo privilegiato nel paddock di F1, tra successi e fallimenti. Un ottimo modo per mitigare l’assenza delle gare 2020. Recentemente inoltre sono stati aggiunti i nuovi episodi del-la seconda stagione. Sempre legati al mondo delle ruote scoperte, possiamo puntare sulla storia di Ayrton Senna, di Sir Frank Williams e di Bruce McLaren. Un ottimo modo per scoprire le basi anche per chi non è un appassionato di lunga data. Non mancano anche conte-nuti interessanti per ripercorrere la storia dell’auto in generale, e non solo legata al motorsport. Come Apex: La Storia del-l’Hypercar, in cui scopriamo i segreti dei

più grandi progettisti per creare auto ve-locissime e straordinarie, come Ferrari, Porsche, Koenigsegg o Pagani.Può avere pane per i suoi denti anche chi è appassionato di tuning e personalizza-zioni, grazie alle 6 stagioni con i ragazzi di West Coast Customs, già protagonisti in Tv, per i quali le modifiche estetiche e hardware non conoscono segreti. Ci sembra giusto chiudere con qualcosa di adatto anche ai più piccoli, anche loro co-stretti a rimanere in casa. Recentemente nell’ampio catalogo è stata aggiunta la serie animata originale Netflix, Fast and Furious Piloti Sotto Copertura, in cui lol spin off vede protagonista Tony Toretto, cugino del più noto Dominic. Come nella migliore delle tradizioni, i protagonisti sa-ranno degli infiltrati per conto del Gover-no nel mondo delle corse.

General Motors, Ford e Tesla si offrono per costruire ventilatori polmonariI grandi costruttori americani sono uniti nella gara di solidarietà per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Si dicono pronti a produrre ciò che serve di M. ZOCCHI

Anche gli Stati Uniti si stanno tro-vando nella condizione di dover af-frontare la crisi sanitaria mondiale data dalla diffusione del coronavi-rus, e sembra che inizi ad esserci preoccupazione per gli stessi mo-tivi già visti anche negli altri Paesi. Tra questi potrebbe figurare la ca-renza di macchinari sanitari specifi-ci, a causa del numero di pazienti in terapia intensiva. Le case auto-mobilistiche, che sono obbligate a interrompere molte delle attività produttive, si dicono pronte a rea-gire al problema, e offrire i propri servizi allo Stato. Ieri il CEO di Ge-neral Motors, Mary Barra, ha offer-to spazi inutilizzati nelle sue fabbri-che per produrre qualsiasi cosa sia necessaria. Poco dopo le ha fatto eco Elon Musk, dichiarando che Tesla (che ha anche esperienza in supporti vitali spaziali grazie a SpaceX) sarebbe pronta a realiz-zare ventilatori polmonari in caso di scarsità. Nella gara di solidarietà non poteva mancare anche Ford, che al pari dei suoi concorrenti si è offerta di produrre qualsiasi cosa necessaria, dai ventilatori ad altri macchinari. Situazioni simili si sono verificate anche in altre parti del mondo, come nel Regno Unito, in cui il Governo ha chiesto aiuto alle aziende automotive. Hanno rispo-sto Ford, Jaguar e Toyota.

di M. ZOCCHI

I l CEO e fondatore di Helbiz Sal-vatore Palella ha reso note alcune misure straordinarie per affrontare

l’emergenza sanitaria COVD-19. Oltre a procedure aggiuntive di disinfezione dei dispositivi, Helbiz offrirà anche il noleggio gratuito in Italia. Riportiamo il comunicato completo:“Ai nostri stimati rider e alla famiglia

Helbiz, La nostra missione in Helbiz è

sempre stata quella di offrirti un pas-

saggio sicuro arricchendo le comunità in

cui operiamo in tutto il mondo. Con l’au-

mento dei rischi e la continua incertezza

che circonda COVID-19, assicuriamo che

stiamo adottando tutte le precauzioni

necessarie per garantire i massimi livelli

URBAN MOBILITY Helbiz comunica le misure straordinarie per l’emergenza in Italia

Coronavirus, Helbiz offre noleggio gratuito in ItaliaOltre a procedure aggiuntive di disinfezione dei dispositivi, offrirà anche il noleggio gratuito

di sicurezza per i nostri dipen-

denti e i nostri rider. Continue-

remo a gestire le nostre flotte

in tutto il mondo per offrire ai

nostri utenti il supporto di tra-

sporto di cui hanno bisogno in

questo momento difficile. Stia-

mo adottando misure rigorose

per disinfettare e pulire i nostri

dispositivi più volte al giorno e forniremo

ulteriori risorse igienizzanti su richiesta.

I nostri dipendenti globali prenderanno

tutte le misure di sicurezza per assicu-

rarsi che siano protetti mentre continua-

no a servire i mercati in cui operiamo.

Inoltre, in qualità di leader dei trasporti

in Italia, abbiamo il cuore spezzato per il

momento senza precedenti che il nostro

paese sta attualmente affrontando. Per

fare la nostra parte, abbiamo offerto a

tutto il personale di emergenza, nonché

a coloro che necessitano di opzioni di

trasporto in tutta la nazione, l’accesso

gratuito alle nostre flotte per aiutarli a

raggiungere in modo efficiente le loro

destinazioni mentre affrontano eroica-

mente questa pandemia.”

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MAGAZINEn.51/ 2023 MARZO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

D opo il diffondersi delle informa-zioni sulla Tesla Model Y con le prime bisarche partite con desti-

nazione le show-room americane e le foto dettagliate degli interni, ora sono iniziate le consegne, a partire dallo sta-to dello Utah e a seguire tutti gli altri.Molti clienti hanno ricevuto avvisi di consegna tra il 15 e il 30 marzo, dun-que Tesla è in anticipo di alcuni giorni sulla tabella di marcia. Nel frattempo sono arrivate anche notizie che lascia-no intendere l’avvio della produzione di massa, anche per i modelli diversi dalla versione Performance. E proprio durante le ore delle prime consegne, Tesla ha iniziato a diffondere nuove e dettagliate informazioni sulla vettura. Dapprima l’autonomia certificata è sta-ta modificata, per farla combaciare con i dati ufficiali EPA, portandola a 316 mi-glia per carica, ovvero 508 km. Grazie alla pubblicazione di schede e manuali, scopriamo anche le misure dettaglia-

AUTO ELETTRICA Sono partite le consegne di Tesla Model Y, scopriamo le specifiche definitive

Partono le consegne della Tesla Model YManuale utente, video di capacità di caricoLa Model Y arriverà in Italia tra diversi mesi, nel frattempo è disponibile il manuale online

te. La casa californiana ha pubblicato anche un video che mostra le principali funzionalità del vano di carico, con in-teressanti nuove caratteristiche. I sedili posteriori possono ovviamente essere reclinati per aumentare la ca-pienza, e possono essere ribaltati sia con il classico pulsante sul sedile, ma anche con un comando all’interno del vano di carico. Scopriamo anche che il divano posteriore è diviso in tre setto-

ri distinti, con la possibilità di ribaltare solo quello centrale, per posizionare oggetti particolarmente lunghi e la-sciare comunque due comodi posti a sedere. Nel video si vede anche il por-tellone chiudersi elettricamente. Come ultima cosa, per chi volesse dare uno sguardo in anteprima (la Model Y arriverà in Italia solo tra diversi mesi) abbiamo a disposizione anche il ma-nuale utente.

di M. ZOCCHI

D opo l’apertura dei configuratori on-line della XC40 Recharge, Volvo ricompone gli ultimi tasselli del

piano industriale che porterà la sua pri-ma vettura completamente elettrica su strada. Da oggi nella fabbrica belga di Ghent partono le nuove linee di assem-blaggio per i pacchi batteria da 78 kWh che equipaggeranno la vettura.Volvo ha rinunciato a un parcheggio dipendenti, costruendo un nuovo padi-glione grande quanto un campo da cal-cio, dove verranno assemblate le celle al litio derivanti dai fornitori asiatici. Per la precisione, lo scorso anno Volvo ha siglato accordi con la cinese CATL e LG Chem, così da avere la certezza che le celle ricevute siano sufficienti a copri-re le esigenze dei prossimi 10 anni. Il

BATTERIE Volvo espande la fabbrica in Belgio per assemblare le celle al litio dei suoi fornitori

Volvo inaugura la fabbrica di batterie in Belgio Realizzerà la fornitura per la XC40 RechargeNella fabbrica belga di Ghent partono le linee di assemblaggio per i pacchi batteria da 78 kWh

nuovo impianto lavorerà 24 ore su 24, su tre turni. Secondo Jonas Engstrom, Vice Presidente Volvo per il vehicle line management, tutto procede secondo la tabella di marcia e non ci sono intoppi. Gli ordini per la Volvo XC40 Recharge (qui trovate prezzi e opzioni) sono già “diverse migliaia”. Anche il manager della fabbrica di Ghent, Stefan Fesser,

promette “una partenza senza prob-lemi”, mentre il dirigente Geert Bruyneel sottolinea il ruolo pionieristico dell’im-pianto nella preparazione di Volvo alla progressiva elettrificazione. A questa fabbrica, si affiancherà una seconda entro il 2022 in South Carolina, per sup-portare la produzione locale della XC90 in versione elettrica.

Formula 1, le nuove regole posticipate al 2022. Le auto attuali faranno due campionatiA causa dei diversi annullamenti delle gare previste e di una situazione assolutamente incerta, le auto di quest’anno correranno anche il prossimo campionato, rinviando i grandi cambiamenti al 2022

di M. ZOCCHI

Dopo l’annullamento di diverse gare, a partire da quella inaugu-rale in Australia, la Formula 1 si trova in una situazione di totale incertezza, in balia dell’evolu-zione dell’emergenza sanitaria nazionale. Per questo motivo si è deciso per una proroga dei rego-lamenti attuali, per cui le vetture 2020, scese in pista solo nei test invernali, correranno anche nel campionato 2021. Viene così ri-mandata al 2022 la rivoluzione che avrebbe portato auto molto diverse e studiate per migliorare lo spettacolo in pista.La decisione è stata presa al-l’unanimità, durante una call che ha visto partecipare tutti i team principal delle dieci scuderie, ol-tre ai vertici della Formula 1.Più avanti si definiranno i detta-gli di questa proroga, per capire cosa le squadre potranno anco-ra utilizzare indistintamente o se verranno introdotte delle limita-zioni, soprattutto per sviluppo dei componenti.In questo articolo dedicato trova-to come dovranno essere le auto una volta che il nuovo regola-mento entrerà in vigore.

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MAGAZINEn.51/ 2023 MARZO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

Tutti utilizzano la corrente elettrica ogni giorno, per i più svariati tipi di apparecchiature, eppure resta un argomento dove c’è tanta confusione. E questa

confusione non può che riflettersi anche nel mondo delle auto elettriche, e della relativa ricarica, dove ai normali costi della bolletta di casa si aggiungono anche le ipotesi di ricarica alle colonnine, le quali a loro volta appartengono a tanti gestori diversi. Così per fare un po’ di chiarezza abbiamo deciso di prendere come esem-pio l’auto elettrica sulla bocca di tutti, la Tesla Model 3, e ipotizzare la ricarica da 0 a 100% in diversi scenari, dal più economico al più costoso. Tesla non dichiara più la capacità delle sue batterie, ma in base a diverse prove fatte possiamo prendere come riferimento (semplificato) il valore netto di 73 kWh.

Ricarica casalingaGli italiani che possiedono un box, una rimessa o un posto auto privato sono davvero tanti, e per chi può la ricarica casalinga è sempre il metodo più conveniente, per diversi fattori. Per primo c’è ovviamente quello eco-nomico, dato che si paga la stessa tariffa di qualsiasi altro elettrodomestico, ma non va affatto sottovalutato il valore del tempo risparmiato: l’auto si ricarica di notte e ogni mattina ha il pieno di energia. Anche i contratti di fornitura casalinga possono variare molto, ma a titolo indicativo si può fare un calcolo sulla base di 0,25 euro per ogni kWh consumato (costo finito inclusi anche oneri e tasse varie). A questo punto il costo della nostra rica-rica completa è dato semplicemente dal prezzo unitario moltiplicato per la capacità della batteria, ovvero 0,25 x 73 = 18,25 euro. Per semplificare la ricarica casalinga ed avere più potenza a disposizione potrebbe essere ne-cessario innalzare la potenza massima erogabile dal vo-stro contatore, i cui metodi e costi li abbiamo visti nella nostra guida apposita. È consigliata anche l’installazio-ne di una wallbox, per una maggiore sicurezza.

Tesla SuperchargerIl secondo metodo in ordine di costo finale, unicamente possibile in caso di vettura Tesla, è il Supercharger. La rete, abbreviata SC, è proprietaria dell’azienda di Elon Musk, e può ricaricare esclusivamente le sue vetture. In particolare La nostra Model 3 d’esempio utilizza il con-nettore Combo CCS, al quale tutte le stazioni Superchar-ger sono state aggiornate. Alcune vetture, in via promo-zionale, godono del SC gratuito a vita, ma recentemente sono stati introdotti i costi al kWh (o al minuto in alcuni Paesi) per le auto che non hanno più questo vantaggio. Per l’Italia, dopo un recente ribasso, il costo è stabilito in 0,30 euro al kWh. Per cui come in precedenza, trovia-mo il risultato matematico: 0,30 x 73 = 21,9 euro. Oltre al prezzo, relativamente basso, il Supercharger ha anche il vantaggio di avere una notevole potenza massima e ve-

AUTO ELETTRICA Una domanda che spesso si ripropone: quanto costerà ricaricare la futura auto elettrica? Facciamo i calcoli

Quanto costa caricare una Tesla Model 3? Ecco il prezzo del “pieno” a casa e alle colonnineAbbiamo preso come esempio l’auto elettrica più famosa Tesla Model 3, e ipotizzato la ricarica da 0 a 100% in diversi scenari

locità di ricarica, che nella versione V3 arriva fino a 250 kW (160 km in 7 minuti).

Colonnine pubbliche: Enel X, Neogy, BeCharge e gli altriIn mancanza di una stazione Supercharger, anche la Te-sla Model 3 può fare affidamento, come qualsiasi altra auto elettrica, alla rete di ricarica delle colonnine pub-bliche dei vari gestori. Il più noto in Italia è certamente Enel X, che ha sul territorio numerose “Polestation” per la ricarica AC quick fino a 22 kW, e colonnine fast in DC fino a 50 kW. Esistono promozioni e tariffe flat di vario genere, ma noi per casistica ipotizziamo il prezzo per singolo kWh consumato, che equivale a 0,45 euro per la AC e 0,50 euro per la DC. Di conseguenza in questo caso possiamo ricavare due costi finali diversi, a secon-da del tipo di colonnina. Nel caso della più semplice AC avremo: 0,45 x 73 = 32,85 euro. Utilizzando una fast DC invece: 0,50 x 73 = 36,5 euro. Lo stesso prezzo è proposto ad esempio anche dal gestore Neogy, partico-larmente presente in Trentino, il quale offre anche il ser-vizio di roaming alle colonnine dei concorrenti, sempre a 0,50 euro. Neogy aggiunge però un’opzione, nel caso si possa utilizzare uno dei suoi Hypercharger, ovvero colonnine DC in alta potenza fino a 150 kW. Il costo qui sale, precisamente a 0,70 euro al kWh, che moltiplicato per i soliti 73 kWh ci offre il prezzo finale di 51,1 euro. An-che il gestore BeCharge, che si sta espandendo molto velocemente, propone la ricarica in AC a 45 centesimi, quindi con lo stesso prezzo finale di Enel X e Neogy. Segnaliamo infine, in questa categoria, Duferco Energia con la sua offerta E-mobility. L’azienda è particolarmente apprezzata per la possibilità di sottoscrivere una tariffa flat con costo fisso mensile e bloccato per 24 mesi, pari a 25 euro + IVA al mese, con un tetto massimo di 300 kWh ricaricati, anche presso strutture in roaming. Utilizzando appieno il plafond, signifi-cherebbe pagare solo 0,10 euro al kWh, quindi solo 7,3 euro per un pieno di Model 3.IONITY, la rete della concorrenzaAbbiamo lasciato alla fine IONITY, sia per una questione di costi, sia per filosofia. Il network transeuropeo, che si sta espandendo anche in Italia, è in realtà una collaborazione tra i più

importanti marchi tedeschi, Ford e Hyundai. Utilizza ov-viamente il connettore in DC Combo CCS, lo standard europeo, con cui la Model 3 è comunque compatibile. Le colonnine utilizzate si avvalgono della partnership di diversi altri fornitori, in base ai Paesi e alle zone, ma sono tutte ad alta potenza, superiori a 100 kW. Dopo un pe-riodo promozionale, in cui IONITY ha offerto la ricarica con un costo fisso di 8 euro a sessione, si è passati alla tariffazione al kWh, con un costo unitario di 0,79 euro. Questo però è valido solo per le vetture delle aziende che non fanno parte del consorzio, e che quindi non godono di prezzi agevolati (come invece succede ad Audi e Porsche ad esempio). La nostra Model 3 quin-di utilizzerebbe la rete IONITY da esterna, pagando la tariffa massima di 79 centesimi, che per recuperare tutti i 73 kWh costerebbe 57,67 euro. È chiaro che in virtù di questo prezzo, per un proprietario Tesla, IONITY resta un ottimo supporto per i viaggi e le soste veloci, ma non una buona scelta per la ricarica frequente. Al contrario sarebbe ben più conveniente per chi possiede una vet-tura elettrica dei marchi partecipanti.

ConclusioniCi troviamo dunque di fronte a uno scenario molto di-versificato, che vale ovviamente per tutte le auto elettri-che, specialmente se con possibilità di ricaricare anche presso le diverse reti fast con connettore Combo CCS. Semplificando in una tabella, otteniamo questo:Nel caso alcuni termini utilizzati nella nostra spiegazione non risultino chiari, potrebbe essere necessario consul-tare la nostra Guida Definitiva alla Ricarica dell’Auto Elettrica, dove sono spiegati tutti i metodi di ricarica, i connettori nonché le diverse tecnologie.