Reality 56

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La rivista che ama il territorio. Toscana

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La TOSCANA è

News dal TerritorioNUOVO Magazine on-line

www.ctedizioni.it

A R E Z Z O

G R O S S E T O

L I V O R N OL U C C A

P I S A

P R A T O

S I E N A

P I S T O I A

F I R E N Z E

M A S S A C A R R A R A

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Investi

Investi

in Arte

Alinari ci ha catturato. Questa copertina d’artista di fama mondiale ci introduce nell’universo dell’arte, patrimonio nazionale di cultura e tradizione, da tutelare e sviluppare; anche se in questi momenti, viste le altre priorità, per qualcuno può passare in secondo piano.L’arte o meglio l’artista in qualunque sua espressione o qualsiasi tecnica adoperi, che dipinga, incida, scolpisca o installi, compie azioni, imprime segni nella materia, parola che vuol dire, emozioni, vibrazioni che lo fanno sentire vivo, esprimendo il suo stato d’animo, ciò che la sua psiche gli detta, che sia triste, cupo, insofferente o, al contrario, fiero di ciò che vive. L’arte esprime concetti, stati d’animo, a volte stupisce, altre ti lascia indifferente, altre ancora, quando di difficile comprensione, ti confonde, non arriva subito, non è diretta ma si fa interpretare.Eccoci, ognuno di noi vive l’arte, il suo pensiero e lo decifra cogliendo i propri aspetti, creando così una forte emozione. L’artista crea e comunica. Molti sono gli spunti che ci può suggerire. Fondamentale, trattandosi di artisti contemporanei, non vivere solo le loro opere, ma l’artista stesso. Ognuno di loro ha la sua sensibilità, da ogni cosa che li circonda prendono ispirazione. Ogni artista una storia. Importanti divengono gli incontri, ad esempio i laboratori tra artisti e ragazzi, dove si possono insegnare tecniche, creare rapporti umani, dove due mondi si studiano, si incontrano e interagiscono.Privati, associazioni, fondazioni, industrie, istituti di credito e qual si voglia altra organizzazione istituzionale e non, si adoperino a sostegno di qualsiasi tipo d’arte ed in qualsiasi forma essa si esprima, così da creare un scambio: dare sostegno all’arte, alla cultura e ricevere, nel rispetto dell’artista, intuizione e creatività.Carissimi, forse ciò crea nuovi scenari e, perché no, lancia una spinta al nostro progresso culturale ed economico, così che i sostegni alla cultura non siano risorse sprecate ma veri e propri investimenti.

Investi in Arte

Edi

toria

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Centro Toscano Edizioni srlSede legale via Viviani, 456029 Santa Croce sull’Arno (PI)

Redazione casella postale 3656029 Santa Croce sull’Arno (PI)Studio grafico via P. Nenni, 3250054 Fucecchio (FI)Tel. 0571.360592 - Fax [email protected] - www.ctedizioni.it

Direttore responsabileMargherita Casazza [email protected] artisticoNicola MicieliRedazione [email protected] grafico [email protected] [email protected]

Text Irene Barbensi, Carlo Baroni, Andrea Berti, Elisa Bonini, Patrizia Bonistalli, Fabrizio Borghini, Brunella Brotini, Margherita Casazza, Carla Cavicchini, Stefania Catastini, Francesca Ciampalini, Andrea Cianferoni, Carlo Ciappina, Federica Cipollini, Angela Colombini, Gustavo Defeo, Carmelo De Luca, Maurizio De Santis, Niko De Vincenzi, Angelo Errera, Federica Farini, Enrica Frediani, Luca Gennai, Federico Ghimenti, Luciano Gianfranceschi, Claudio Guerrini, Kirilla, Mattehew Licht, Romano Masoni, Marco Massetani, Sergio Matteoni, Nicola Micieli, Claudio Mollo, Anna Paoli, Maria Rita Parsi, Paolo Pianigiani, Giampaolo Russo, Carla Sabatini, Domenico Savini, Gaia Simonetti, Samuela Vaglini, Giuliano Valdes, Vanessa Valiani, Valerio Vallini.

Photo Marco Bonucci, Carlo Ciappina, Massimo Covato, Alena Fialová, Foto Bibo, Riccardo Lombardi, Massimiliano Masci, archivio CTE, Francesco Pelosi, Mauro Rossi

StampaBandecchi & Vivaldi s.n.c.- Pontedera (Pi)ISSN 1973-3658

Reality numero 56 - giugno 2010Reg. Trl. Pisa n. 21 del 25.10.1998Responsabile: Margherita Casazza dal 19.11.2007

© La riproduzione anche parziale è vietata senza l'autorizzazione scritta dall'Editore. L'elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero del suo autore e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comportano responsabilità alcuna per il Direttore e per l'Editore.Centro Toscano Edizioni Srl P. IVA 017176305001 - Tutti i loghi ed i marchi commerciali contenuti in questa rivista sono di proprietà dei rispettivi aventi diritto. Gli articoli sono di CTE 2007 - Via G. Viviani, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI), tel. 0571 360592, e-mail: [email protected] - AVVISO: l’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.

MAGAZINE D’INFORMAZIONEReality

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Rea

lity5

5La via dei Macchiaioli

Le ragioni della pittura

Dipingere a quattro mani

Giacomo Manzù a Firenze

variAzioni

Faustini Arte

ART Symposium

Diario grafico

Il maestro presenta l’allievo

Il sogno di Ponte a Egola

La villa di Galileo Galilei

Il campanile di San Piero a Grado

Edoardo Sanguineti

Oltre l’amore

Caino saggio sull’origine del male

Sulla spiaggia

Festival di Cannes

Nel segno della Versiliana

Un’estate con 11 Lune a Peccioli

Festa del Teatro a San Miniato

Quei primi minuti di cinema

A Massa c’è Festival Ballet

Il cielo in una stanza

Ditanaklasis: un curioso Fortepiano

Suonare con l’insetto stecco

Un puro del rock’n’roll

Architettura e contemporaneità

Tratti di donna

Una star per sempre

Artour-o

Montecarlo Gran Galà

Marcello Lippi missione Sudafrica

Soulspace

Primavera di bellezza

Aeroplani volano con Z3mendi

Facebook e il mal francese

Corsi e qualifiche professionali

Innovazione e creatività

Sicurezza domestica

I clienti non sono tutti uguali

La depurazione industriale e civile

Proposte per lo sviluppo

Voglio quelle scarpe!

5 SENSI

Osteria Il Maialetto

Incanti di Sardegna

La meglio gioventù del tennis

Bon Ton in vacanza

Le costellazioni d’estate

Passiflora

Dedalo e Icaro

LE VETRINE DI REALITY

ArtAround

Booking a Book

Show Reel

Juke Box

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Luca AlinariPsiche2010

ARTE&MOSTRE

STORIA&TERRITORIO

POESIA&LETTERATURA

MUSICA&SPETTACOLO

ECONOMIA&AMBIENTE

EVENTI&SOCIETÀ

Parli

amo

di..

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Parli

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Sotto le mentite spoglie d’un assiolo impegnato a discettare della pittura e dintorni anche letterari, in una delle

sue divagazioni narrative il pittore Luca Alina-ri sbircia nello studio spagnolo di Mengs, in quel momento visitato da Casanova. A pro-posito d’una pur compiuta Maddalena, sulla quale il pittore tornava a dipingere ogni sera, succede che l’assiolo, tra le altre, carpisca e si premuri di riferire la seguente confessione: «un quadro non è mai finito. Semplicemente il pittore cessa di dipingerlo, ma la cosa po-trebbe continuare senza limite.»Oltre al neoplatonismo di un’idea dell’ar-te la cui perfezione finale rimane inattin-gibile, con queste parole il nostro assiolo-alinari formula la moderna teoria estetica dell’opera aperta. Ossia l’opera che si lascia attraversare da folgorazioni visive che essa accoglie e provvisoriamente trattiene, nelle sue griglie celate, ma come in trampolini disposti per rilanciarli su altre orbite.Ogni accadimento è contenuto, per quanto invisibile, nella realtà fisica, la cui estensione ci è ignota, e rimane inesplorata, sinché il nostro sguardo non vi riconosce l’inserto e non lo filtra l’immaginazione. Il cui meccanismo è azionato da un “diavoletto” impertinente: quello che nel bel mezzo di una liturgia culturale un poco stanca, di una scontata situazio-ne umana, «si mette le dita nel naso» e fa scattare il cortocircuito creativo.Nella struttura unitaria della pittura come del racconto di Alinari, le dimensioni del visibile e dell’invisibile, il dato e l’ipotizzato, il reale e il virtuale risultano compresenti e compenetrati. La pratica della divagazione, lo sconfinamento di campo, il cambio di codice, l’inversione di senso sono l’unica regola che Alinari rigorosamente applica anche rispetto alle proprie acquisizioni. Regola cui fa da contraltare l’attenzione all’eleganza e alla qualità squisitamente formale della

partitura, e il correlato senso di leggerezza alitante per ogni dove.All’esito della leggerezza contribuiscono il disancoraggio delle figure e delle cose

dal confino terrestre, la loro sospensione in assenza totale di ombre, il sovverti-mento delle coordinate spaziali e delle leggi gravitazionali che fissano il sopra,

il sotto, il centro, la periferia, insomma le mille posizioni e gli orientamenti possibili che hanno senso solo quando i piedi rimangono saldamente po-sati al suolo. E già i piedi entrano in crisi nell’equilibrio instabile della navi-

gazione marina. Figuriamoci nel volo volteggiato e planato in cui Alinari è espertissimo anche quando lo compie entro il recinto di una stanza.Sono tutte manifestazioni, queste, dell’intraducibile esprit de fines-se che a me pare il tratto stilistico distintivo, ma ancor prima l’incli-nazione dello sguardo che fa singolare e inimitabile la personalità artistica di Luca Alinari. La cui vocazione alla leggerezza della forma pittorica, alla quale corrisponde l’insinuazione sottile dei concetti,

riconduce anche l’appariscenza, il kitsch, la paccottiglia spettacolare degli oggetti, dei simulacri, dei feticci prodotti dalla fabbrica dei con-

sumi, alla purezza di un disegno i cui andamenti, ritmi, modulazioni e contrappunti hanno l’eleganza e la grazia di un nudo espansivo, che reca

la memoria, a un tempo, di Botticelli di Modigliani di Matisse.La qualità e la leggerezza sono suscitate dalla sinergia trasfigurante della ma-

teria, che levita anche quando si impasta e si increspa, magari in marezzatura ar-

Luca Alinari di Nicola Micieli

Ci deve essere

da qualche parte

un diavoletto.

Un diavoletto rosso

che nasconde

nei labirinti di qualche

armadio abbandonato

la pagliuzza dorata

della felicità inventiva.

In qualche discarica

di macerie, di “ceneri

e di bucce”, deve

per forza aggirarsi

la mente libera

che saprà cercare

Un assiolo

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gentata come sovente nelle campiture dell’ultimo decennio, e la chiarità settecentesca del colore sulle cui dominanti azzurrine rosate verdognole dal sapore di acquarello e di pastello, staccano con sonorità preziosa i timbri corallini e ultramarini, i rossi folgoranti di chiome racemi monili rabeschi e altri finissimi corredi e arredi della scena e della figura.Si verifica anche che la figura, per aggiunta di leggerezza, porti in petto, e se ne nutra, un paesaggio versicolore, a sua volta luogo di convergenza e di eccitante frizione di mille meteore visive provenienti dai repertori più vari, in misura maggiore, ovviamente, da quelli di ampio ventaglio delle arti e dei suoi linguaggi: sigle cifre lettere simboli grafici e simboli naturali, icone e brani di icone, riduzioni grafiche di meccanismi che paiono macchine celibi, scorci e prospetti di paesaggi collinari e montani. E poi fiumi e alberi chiomati e la più varia vegetazione corallina, e case e chiese incastonate nel paesaggio, che paiono discendere dalla pittura dei primitivi toscani, e di Giotto e di Simone Martini, ma anche dai dipinti di Giorgio De Chirico o di Fortunato Depero. Oppure recuperate dallo studio di un graphic design progettista anche di macchine, e componenti meccaniche fondate sulle applicazioni dinamiche della geometria. E poi figure di viaggiatori appiedati o attrezzati di velocipedo, le cui fattezze e volti potrebbero attribuirsi alla matita di Hergé creatore di Tintin, o di altro disegnatore di fumetti pure invitato ad abitare un cantuccio dell’iconosfera di Alinari. I cui anni Ottanta sono fittamente coperti di siffatti paesaggi caleidoscopici, come da una tappezzeria patch work, da una arazzeria dalla fitta tessitura e mirabolante per concorso di ornati e di figure della natura e della cultura umana. Paesaggi concepiti anche in versione globulare e, dunque, in forma di oblò, di occhio giroscopico che scruta, rispecchiato nel luogo del paesaggio, un mondo in cui tutto si frantuma in schegge, che schizzano per ogni dove e divagano, ma per rientrare mutate d’aspetto nel circolo; per cui, infine, nel divenire continuo della sfera della totalità tutto si tiene. Importa ora notare, per dire la lontana origine dell’impertinenza di Alinari, che egli non ha mai smentito la regola dell’inversione di senso, la pratica dello sconfinamento, il divagare continuo tra l’osservazione della cose e della vita quali appaiono, e sono nell’esperienza quotidiana, e l’intuizione immaginativamente elaborata dei loro risvolti e proiezioni. Una fedeltà al tradimento, per dirla con un ossimoro, rispettata sin dallo scorcio degli anni Sessanta dell’ondata pop e dei Settanta a orientamento concet-tuale e meta-linguistico. Ossia di un’arte sempre più riflessa su se stessa, sui propri meccanismi e linguaggi e repertori stilistici, in termini anche di citazione sia delle avanguardie storiche sia dei modelli antichi. Anni aperti alla sperimentazione visiva, che Alinari conduceva già nel segno della contaminazione di codici e linguaggi, di forme e figure dell’arte come della sfera della comunica-

nel segno della leggerezza

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la “cosa” non con

la lampadina cieca

di una qualche

legge moralistica

ma con l’idea

interiore

della complicazione

e del bello.

La mente libera

che saprà

riconoscere la risata

e la disperazione

mescolate fra loro

in un punto

dello spazio.

Il punto dello spazio

dove avvengono

apparizioni e sensi.

Dove quadri

e opere

si costruiscono

a lampi prima

di scomparire.

Aveva ragione Totò:

“Dove diavolo

si è cacciato

il diavolo?”

Da Luca Alinari,

Del cacciarsi le dita

nel naso. Lo stato

delle arti in tempi

di pestilenza

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zione e del consumo. Si incrociavano e frizio-navano materiali alti e materiali bassi, in un laboratorio visivo nel quale ha sperimentato e verificato il clima dell’epoca anticipando mo-menti e tendenze per altri divenuti esclusivi, per lui acquisizioni da cui desumere elementi formali da aggiungere al proprio repertorio e da spendere nella costruzione di quello spec-chio totalizzante della complessità in divenire che è divenuta la pittura.Della quale la scrittura intanto dichiara l’intrinse-ca vocazione al racconto, per quanto sui generis e certo non leggibile secondo la consequenzia-lità temporale e le connessioni e gli snodi della fabula. La scrittura è piuttosto l’interfaccia alla quale Alinari si dedica come a pausare, con più raccolta intenzione meditativa e un più disteso fraseggio, i tempi e i ritmi spesso serrati e sin-copati della partitura pittorica. E per la regola transitiva, non è raro che Alinari inserisca e risol-va organicamente nel dipinto singole parole o intere frasi, dalle quali discendono i titoli e che funzionano da chiavi di lettura, comunque da input al percorso interno all’opera. Da Del cac-ciarsi le dita nel naso ne colgo una illuminan-te circa il meccanismo ovvero la dinamica del processo creativo: «Quadri o opere si costrui-scono a lampi prima di scomparire». E un’altra da Metafisica e no, integra la prima: «Spesso la pittura ha a che fare con concetti evanescenti, con quelle cose che non sappiamo come dipin-gere. Con idee invisibili.»

Si è appena conclusa al Centro Attività Espres-sive di Villa Pacchiani, a Santa Croce sull’Arno (Pisa), Sciame, mostra personale di Luca Ali-nari, curata da Nicola Micieli.Il prossimo appuntamento del Maestro fioren-tino sarà nel foyer del Teatro Puccini di Torre del Lago, dalla seconda metà di luglio e per tutta l’estate, quale prestigiosa manifestazione artistica nell’ambito del Festival Pucciniano.

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Luca Alinari nasce a Firenze nel 1943. Come tutti i bambini dise-gna e dipinge, ma lui lo fa sempre, come un suo modo di espri-mersi. Non compie studi di pittura, ma di letteratura e filosofia. Sarà redattore di alcune riviste e recensore di testi di narrativa. Per alcuni anni lavora nel settore della comunicazione scritta e televisiva. La prima mostra è del ’69. Le sue sperimentazioni degli anni ’70 anticiperanno spunti e idee di tanta pittura italia-na tra fine anni ’70 e primi ’80: “Arte povera”, “Nuovi-nuovi”, “Transavanguardia”. Un pittore sperimentale che lavora a cicli di ricerca o periodi: fotografie ritoccate, grandi interni dome-stici, stelline, colori-paesaggio, giocattoli, plexiglass, scultura in vetro. Negli anni ’90 inizia una lunga indagine sul paesaggio

italiano: un concetto nuovo e problematico della raffigurazio-ne visionaria di un paesaggio inesistente. Intorno al 2003-2004 avviene una metamorfosi spirituale profonda: la ricerca delle proprie radici più segrete (la grande pittura italiana classica) sempre introducendo idee innovative. Ne risulta uno smaglian-te ciclo che riassume una intera esistenza di pensiero pittorico. Mostre ovunque in Italia. Biennale di Venezia con padiglione personale nel 1982 e varie partecipazioni alla Quadriennale di Roma. Gallerie: Blu di Milano, Spagnoli di Firenze, Medusa di Roma ecc. Mostre a Parigi, Madrid, Miami, Chicago, Lisbona, recentemente in Cina. Hanno scritto su di lui soprattutto scrit-tori e poeti. Fra gli altri il premio nobel Josè Saramago.

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TEXT Margherita Casazza

LA VIA DEI

Una rassegna di settanta opere che celebrano un movimento artistico che cambiò in modo innovativo il

linguaggio figurativo tra l’800 e il 900.

La Pinacoteca Crociani e le suggestive Log-ge della Mercanzia ospitano dal 24 aprile al 26 settembre i capolavori dei maggiori protagonisti di quel movimento: Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Odoardo Borrani, Cristiano Banti, Lorenzo Gelati, Nino Costa, Eugenio Cecconi.L’esposizione nasce con il patrocinio del-la Provincia di Siena; la collaborazione tra Fondazione Musei Senesi, Comune

di Montepulciano e Vernice Progetti Cul-turali; il sostegno del-la Fondazione Monte dei Paschi di Siena; la promozione del Rotary Club Chian-ciano-Chiusi-Monte-pulciano; sostenuto da: APT Chianciano Terme-Val di Chiana, Consorzio del Vino Nobile di Montepul-ciano e Strada del Vino Nobile di Mon-tepulciano, Pro Loco di Montepulciano.La mostra è stata cu-rata da Silvestra Bieto-letti e Roberto Longi.Una collezione privata ricca di noti capolavori e straordinarie opere inedite; composta dal

suo artefice con particolare atten-zione alla qualità estetica e all’im-portanza storica dei dipinti così come al loro spe-cifico significato per l’evoluzione dell’arte toscana, dalle premes-se della pittura macchiaiola all’af-fermazione dei nuovi linguaggi figurativi del No-vecento.Il visitatore potrà così approfondire la conoscenza di una stagione ar-tistica quanto mai ricca di idee e di sperimentazioni.

A Montepulciano,in mostra capolavori ineditidi uno dei movimenti artistici che più seppe innovareil linguaggio figurativo

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ostre iaioli

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L’esposizione è suddivisa in sei sezioni che delineano in ordine cronologico lo svilup-po della pittura dei macchiaioli.Le opere costituiscono un insieme squi-sitamente omogeneo per le qualità estetiche ed emozionali, dando l’oppor-tunità di ripercorrere le vicende storiche della pittura in Toscana.Il percorso dell’arte a Firenze diventa il paesaggio e il tema che lega armoniosa-mente i quadri presenti in mostra.Nella metà degli anni ‘50 si era creata

una profonda esigenza di un nuovo lin-guaggio pittorico in grado di esprimere pensieri e sentimenti individuali, svinco-lati dai canoni figurativi dell’accademia. Un farsi interpreti della vita contempo-ranea con la forza dei contrasti luminosi e cromatici che evidenziavano i paesag-gi e la vita quotidiana.La mostra resterà aperta dal martedì al venerdì con orario continuato dalle 10 alle 20 e il sabato e la domenica dalle 10 alle 22.

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1. Vincenzo Cabianca,Figure sul porto, 1861 ca.2. Eugenio Cecconi,Scogliere del Boccale, 18693. Giuseppe De Nittis,La masseria, 1865-674. Filadelfo Simi,Sole a Seravezza, 18935. Giovanni Boldini,Navi nel bacino di San Marco a Venezia, 1899 ca.6. Francesco Gioli,Ritratto di contadinella, 1883

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Esiste un’esperienza particolare, cono-scitiva e formativa, che passa attraver-so l’attività umana del rappresentare.

L’uomo antico, per comodità (e convenzio-nalmente), l’ha chiamata arte e ha durato a

farlo fino ai giorni nostri. Essa è un “sistema di segni” costruito su alcune regole fonda-tive, attraverso le quali si rivela e verosimil-mente si fa riconoscere.Un manufatto si dice “artistico” quando possiede tutte quelle caratteristiche.Da sempre l’arte ha raccontato la società e sempre, ogni volta, si è reinventata for-malmente, cioè linguisticamente.Sacra e un po’ sciamana, cortigiana e ideali-sta, serva di corte e un po’ proletaria, sempre (salvo alcuni grandi eretici), si è identificata in alcune certezze e in alcuni valori: quelli della

classe dominante, Chiesa o Stato che fosse.Ma l’artista antico era anche qualcosa di più, era l’uomo dei cento mestieri, era uno che si faceva il culo, che si spaccava le mani insie-me al cavatore, che sapeva tirar su un muro, che sapeva far stare in piedi una volta. Era l’uomo “faber”, per capirsi, senza aloni in-torno di maledettismo o di trascendenza, con punti di riferimento fermi e precisi, con committenze certe, con valori assodati, con verità assolute.Con l’Ottocento, quei valori e quelle certezze sono venuti a mancare e l’uomo (che intanto si era fatto un po’ più libero) pensò bene di riacquistare identità e sicurezze perdute de-legando ad altri la creatività, dividendosi in due: da una parte a produrre ricchezze, a fare le guerre, a generare ingiustizie, dall’altra a creare, a introdurre dubbi, a dare forma ai fan-tasmi, a proporsi come emblema della cattiva coscienza di quella società di cui egli stesso era al contempo fustigatore e cantore.Tutto sotto un alone decadente e romantico di sacralità e di grazia ricevuta, che faceva, nel bene e nel male, la differenza.Ebbene, oggi, l’Arte per quello che allora significava, non esiste più, quelle regole sul-le quali si basava la sua riconoscibilità, sono saltate, sono andate tutte a puttana.Con il Novecento le avanguardie storiche prima e Duchamp poi, hanno sbaragliato il campo, hanno scombinato i meccanismi e le norme, hanno ritualizzato tutto ciò che, in “quel sistema di segni” chiamato Arte, era invece considerato marginale, prosaico, pri-vo di artisticità, insomma hanno fatto saltare in aria tutte le categorie linguistiche.Tutto da riformulare quindi (e meno male): le parole, i significati, i modi.Forse l’unica cosa certa, oggi, è l’assenza dell’innocenza. L’uomo, quello civilizzato, l’ha perduta tutta, non è più innocente di niente. Non può dire: io non c’entro. Non può chiamarsi fuori. Tanto meno l’artista.Qualunque oggetto (d’arte) oggi si trasfor-ma in merce, diventa mercato, commercio, speculazione, al di là delle buone intenzioni, al di là del “sacro fuoco”.L’artista ( mi si passi per l’ultima volta questo termine), purtroppo, è sempre stato funziona-le al potere, in tutte le epoche. Ciò non gli ha impedito però, anche quando non ha eluso le norme, di lasciarci opere meravigliose che

reggono al tempo. È la stranezza dell’Arte.Oggi, più che mai, colpevolmente e dramma-ticamente, l’artista è funzionale al “sistema di mercato”: mercato globale, irreversibile, ul-tragalattico, multinazionale, multibestiale. Di una cosa sono certo: per salvare corpo e anima (per chi ce l’ha o per il significato che vogliamo darle), non rimane che fare cose “inutili” (non produttive): bisogna mancare agli appuntamenti.C’è un momento nell’avventura umana del pittore, quando è solo con se stesso e prova a leggere le cose oltre la loro apparenza, giù nelle pieghe nascoste del tempo, quando cerca con fatica e sofferenza di trovare il sen-so e la forma, quando tutto ciò che fa è solo quello che fa e vale solo per quello, ebbene, in quel momento, egli si sente un uomo li-bero. Ci rimangono insomma le ragioni del-la pittura. Quanto basta per continuare.

1. Francisco de Zurbarán, Natura morta, 16402. Marcel Duchamp, Fontana, 19173. Joseph Beuys, Output, Portfolio, 1978

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TEXT Romano Masoni

le ragionipitturaPer salvare corpo e animanon rimane che farecose inutili: bisogna mancareagli appuntamenti

Artedella

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TEXT Fabrizio Borghini

Sono trascorsi esattamente dieci anni da quando ho incontrato per la prima volta Roberto e Rodolfo

Guarnieri nella loro “bottega” fiorentina

di lungarno Cellini. Non ricordo per qua-li vie ci siamo conosciuti ma rammento nitidamente la visita nel suggestivo la-boratorio dove si respirava un’aria fuori dal tempo. Nel corso di quell’incontro mi raccontarono la storia della “ditta” e il lavoro che vi si svolgeva dal 1944. Quando stavo per andarmene, quasi

Roberto e Rodolfodall’artigianato all’arte

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scusandosene, mi accompagnarono in un fondo attiguo al laboratorio dove mi mostrarono alcuni lavori che erano inti-mamente legati al loro “mestiere” quo-tidiano di artigiani ma che, allo stesso tempo, esulavano completamente dai manufatti eseguiti a regola d’arte che avevo visto in precedenza.Si trattava, infatti, di realizzazioni del tutto originali frutto sì della loro perizia tecnica ma, soprattutto, che rappresen-tavano totalmente l’espressione della loro vena artistica, del loro ingegno e della vasta cultura accumulata in anni di studio alla facoltà di Architettura (Ro-berto) e alla scuola d’arte di Porta Ro-mana (Rodolfo).Ne fui letteralmente folgorato perché

mi trovavo davanti ad opere assolu-tamente uniche che si rifacevano alla lezione di tanti maestri del passato re-moto e recente ma che non avevano nessun riferimento con correnti artisti-che ben individuate né mutuavano temi o soluzioni espressive riconducibili a celebrati artisti contemporanei. Chiesi a chi fossero attribuibili le singole opere e, sorprendentemente, appresi che en-trambi ne erano coautori in totale sinto-nia d’intenti e, quindi, non vi erano parti realizzate specificatamente dall’uno o dall’altro. In ognuna di esse, ciascuno dei due aveva portato il proprio estro, la propria fantasia, il proprio bagaglio culturale maturato autonomamente in ambiti diversi ma cementato dalla fre-

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1. Calici2. Chicchi d’uva3. Fiume4. N. Y. by cab

quentazione della bottega paterna e dalla comune passione per il legno in tutte le sue declinazioni.Non è frequente, ma nemmeno rarissi-mo, trovarsi davanti a fratelli coautori: è accaduto e accade in cinema, in tea-tro e in letteratura; è molto più difficile che avvenga nel campo dell’arte dove è quasi impossibile ideare e poi realizza-re quadri o sculture in perfetta simbiosi creativa e compositiva.La prima cosa che suggerii fu quella di mostrare i lavori ad un critico d’arte che fosse in grado di analizzarli ed esprime-re un giudizio con molta più competen-za; dopo, avremmo valutato, insieme,

l’opportunità di allestire una mostra. Per questo stabilii un contatto col professor Giampaolo Trotta il quale, come era successo a me, rimase piacevolmente sorpreso nello scoprire la qualità e l’uni-cità di quanto gli fu mostrato tant’è che prese l’impegno di presentare iguarnie-ri in occasione della mostra del debutto che si tenne nel dicembre del 2009 in una splendida location del Chianti, Vil-la La Montagnola. Nei dieci anni che ci separano da quell’evento, ho costante-mente seguito la produzione artistica e le numerose esposizioni di Roberto e Rodolfo e ne ho testimoniata la inarre-stabile ascesa nei servizi televisivi a loro

dedicati dalla rubrica “Incontri con l’arte” di Toscana Tv rac-cogliendo giudizi espressi da illustri critici quali Pierfrance-sco Listri, Maurizio Vanni, Car-lo Cinelli e molti altri che, una-nimemente, hanno tessuto gli elogi nei confronti di un’arte che non ha uguali, che è uni-ca nel suo genere , che riesce mirabilmente a coniugare tec-niche antiche – come l’affresco inciso, l’encausto o il graffito – con temi contemporanei dan-do vita ad un intrigante mélan-ge di razionale e irrazionale, di

geometria e informale, di astrazione e figurazione, di classicità e pop art. Nelle composizioni de iguarnieri c’è soprat-tutto Firenze, vi sono gli echi del perio-do rinascimentale, ci sono Masaccio e Masolino, c’è la cupola del Brunelleschi, ci sono Botticelli e Donatello, c’è Miche-langelo ma ci sono anche il divisionismo e il futurismo. E come non poteva, que-sta forma di espressione artistica così ricca di rimandi, non essere apprezza-ta all’estero dove i due artisti fiorentini sono stati più volte chiamati a rappre-sentare la loro arte ma anche la nostra cultura (è avvenuto nel 2007 a Mosca e nel 2008 a Vancouver). Ma anche in Ita-lia non sono mancati i riconoscimenti ufficiali da parte delle istituzioni. Infatti, il Comune di Barberino di Mugello ha voluto impreziosire la transitatissima ro-tatoria d’accesso al paese con una serie di sculture dal titolo Le Genti. Si tratta di statue arcaiche che sembrano uscite dalla nebbia dei secoli, figure ieratiche dai tratti stilizzati che evocano trascen-denza e spiritualità.Oggi, dunque, sono orgoglioso di essere stato il primo a credere in Roberto e Ro-dolfo e a spronarli ad affrontare il giudizio della critica e del pubblico, e mi attribu-isco, in minima parte, un po’ del merito del loro ormai consolidato successo.

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I fratelli Guarnieri: Roberto (architetto) e Rodolfo (maestro d’arte), sono nati a Firenze nel 1956 e 1963, hanno un laboratorio di famiglia a Firenze dal 1944. Il loro lavoro a quattro mani si ispira all’”ideale della bottega fiorentina del Rinascimento”: affreschi su superfici, dipinti su vecchi materiali con un approccio contemporaneo. In questo momento alcune loro opere d’arte sono esposte in Europa, USA, Australia, Asia, in collezioni private e pubbliche. Dal 2005 hanno dipinto per molte gallerie in Lussenburgo, Russia e Canada.www.iguarnieri.it N

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Dal 27 marzo al 18 aprile si è tenuta a Firenze la mostra Giacomo Manzù Collezione Lampugnani che ha avuto

come location d’eccezione Palazzo Portigia-ni, sede storica della Cassa di Risparmio di

San Miniato nel centro cittadino.Per la prima volta nel capoluogo toscano otto tra le più famose statue bronzee rea-lizzate dal maestro bergamasco per una rassegna che, data la sua rilevanza, ha otte-nuto il patrocinio del Comune di Firenze.Le opere sono state gentilmente conces-se dalla famiglia Lampugnani, con la qua-le l’artista ha avuto, negli anni 40 e 50, un rapporto privilegiato.L’incontro con la nobildonna milanese Alice Lampugnani, avvenuto nel primo dopoguer-ra, ha infatti segnato l’inizio di uno dei perio-di più prolifici nella carriera di Manzù, duran-te il quale l’artista ha realizzato circa 200 tra disegni e sculture aventi come protagonista e musa ispiratrice proprio la Signora.Da quel momento per lui tante eccellenti collaborazioni, anche con il Vaticano, ed illu-stri riconoscimenti che ne hanno fatto, a ra-gione, uno dei principali esponenti del ‘900 italiano.La rassegna ha permesso ai visitato-ri di ricordare e riscoprire lo scultore dando

vita ad un evento che nel mondo dell’arte ha avuto ben pochi precedenti. Solo in rarissi-me e selezionate occasioni, infatti, il gran-de pubblico ha potuto ammirare le opere di Manzù che appartengono alla famiglia Lampugnani ed in questo caso la Cassa di Risparmio di San Miniato ha avuto il grande onore di poter ospitare forse gli elementi più belli e prestigiosi della collezione. In mostra anche i celeberrimi David (1938) e Gran ritratto di signora (1946) ritenute tra le massime espressioni del genio arti-stico di Manzù.Con l’esposizione delle opere di Giacomo Manzù la Cassa di Risparmio di San Minia-to è riuscita a creare in una sede bancaria un momento inconsueto e speciale che ha

Nella foto Prof.ssa Lucia Calvosa, Presidente della Cassa di Risparmiodi San Miniato S.p.A., insieme ai Signori Lampugnani

permesso a clienti ed appassionati di venire a contatto con l’arte ed un artista che tanto ha donato all’Italia e al mondo.Un evento che incarna pienamente lo spirito di Carismi per l’Arte, il Progetto che da oltre un anno la Banca porta avanti con l’entusia-smo e la convinzione di chi crede nel poten-ziale comunicativo sprigionato dalle diverse forme di espressione della creatività. Per il Progetto Carismi per l’Arte 2010 anche la Mostra variAzioni, con l’esposizione dal 29 aprile al 6 giugno a Palazzo Inquilini - Sede della Direzione della Cassa a San Miniato - delle opere di Giuliano Ghelli, Giulio Greco, Fulvio Leoncini e Ivo Lombardi e la Perso-nale di Milena Moriani - Palazzo Alliata sede dell’agenzia 1 della banca a Pisa.

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La collezione Lampugnaniin mostra nella sede della Cassadi Risparmio di San Miniato

“L’opera d’arte scaturisceunicamente e solo da un moto d’amore… La condizione essenziale per la vostra opera è che dal vostro intimo scaturisca un fuocoche investa la materia che non può restare semplicemente tale, perché sotto le vostre mani dovrà sublimarsi in spirito. La concezione plasticanon deve essere ispirata da pregiudizi formali, ma soltanto dall’amore”. Giacomo Manzù

(discorso agli studentidell’Accademia estiva di Salisburgo)

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reManzùa Firenze

Giacomo

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TEXT Niko De Vincenzi

Dopo la rassegna al femminile Arte-mis, con opere di Marta Della Croce, Lea Monetti, Cristina Palandri, Gian-

na Scoino e Paola Vallini, un secondo tassel-lo a più tessere si è aggiunto al mosaico del-

le proposte di Carismi per l’Arte. Nel salone espositivo di Palazzo Inquilini questa volta sono state proposte al confronto, o meglio alla stimolante interazione visiva, le opere di quattro artisti toscani raccolti sotto l’insegna delle variAzioni. Così il titolo della mostra: diversi aspetti, diverse “azioni” o modi di declinare il linguaggio, di toccare le corde espressive della pittura, nella quale oggi si incrociano tecniche e materiali eterogenei sempre utilizzati esaltando le loro specifica qualità formali, da Giulio Greco a Giuliano Ghelli, Fulvio Leoncini e Ivo Lombardi. Ricca di registri anche l’intonazioni della partitura

PROSSIMI APPUNTAMENTI

5 settembre / 5 novembre 2010 interFacce la scultura e la sua immagine

13 novembre / 13 gennaio 2010 ARTE a senso i sensi nell’Arte

a quattro mani di va-riAzioni: dalla inten-sità drammatica dei segni e della materia informale con cui Le-oncini racconta storie di rimando esistenzia-le, alla “leggerezza” sognante di Ghelli che gioca sulla viva-cità del colore e sulle soluzioni immaginati-ve; dalle elaborazioni di materiali poveri ai quali Greco affida le proprie memorie antropologiche, alle stesure astratte di pezzature del sapo-re di intonaco nelle quali Lombardi inse-risce segnali e parole testimoni del nostro tempo.

A San Miniatopresso Palazzo Inquilinidal 29 aprile al 6 giugnosi è tenuta la mostrache ha coinvoltoquattro artisti toscani

variAzioniM

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quattro tempi dell’immaginario

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1. Margherita Casazza, curatrice della mostra, Alessandro Gabrieli, dirigente CARISMI, Marzia Bellini, Presidente del Consiglio Comunale di San Miniato 2. Gli artisti: Ivo Lombardi, Giuliano Ghelli, Fulvio Leoncini e il curatore Nicola Micieli 3. Romano Battaglia 4. Alessandro Gabrieli. Qui sopra momenti dell’inaugurazione

San Casciano Val di PesaEsordisce a Milano nel 1963. Quin-di un susseguirsi di mostre, in Ita-lia e all’estero, con appuntamenti particolari legati al mondo della moda e dello sport e del sociale. Nel 2008, in occasione del lancio della nuova Fiat 500, Ghelli è au-tore di un esemplare unico. Nel 2009 realizza il “cencio” per il Palio dell’Assunta per Siena. I co-lori di Ghelli sono il trionfo di una tavolozza carica di elettricità che attiva scintille di tanti colori gialli, rossi, azzurri, che imprimono sulle tele figure di oggetti pronti per la scoperta del mondo. Si esprime anche con sculture di elevato valo-re artistico; il suo esercito di terra-cotta viene ospitato in importanti location toscane.

Santa Croce sull’ArnoPittore ed incisore, esordisce nel 1978 a Firenze. Partecipa all’atti-vità del laboratorio d’incisione di Villa Pacchiani. Espone in varie cit-tà toscane e nel 2008 realizza in-terventi artistici nella città di Santa Croce sull’Arno con Omaggio a Cristiano Banti e a Fucecchio con Omaggio alla Contrada e al suo Palio. La sua pittura è un viaggio nell’oltre, nell’alchimia del colore dalle cupezze screziate, venate, squarciate di ocra, di rosso, d’oro e di azzurro.

FucecchioDagli inizi del 1970 comincia il suo percorso artistico di ricer-ca antropologica e mitica della sua terra di origine, il Cilento, sperimentando nuove tecniche pittoriche abbinate all’utilizzo di materiali vari come la juta, il cuoio, il legno e la pietra.Un mondo incantato, formato dalle piccole-grandi cose della natura. Greco dipinge, modella, annoda, spezza, taglia, brucia, ricuce, alla ricerca della luce.Affianca alla sua attività di pit-tore e scultore anche quella di scenografo per il teatro, realiz-zando diverse scene per spetta-coli teatrali in Italia e all’estero.

LivornoSin dagli anni Novanta parteci-pa ad esposizioni sia in Italia che all’estero. Agli inizi degli anni Duemila realizza numerosi libri d’artista insieme ad amici scrittori e po-eti. Nelle sue opere le parole e le figure si concatenano in un ritmo armonico simile a sinfonie ora malinconiche, ora briose, ora sonore e aggressive. Esce dalle convenzioni del puro go-dimento estetico riuscendo ad interpretare anche valori etici e spirituali.

GIULIANO GHELLI FULVIO LEONCINIG I U L I O G R E C O I V O L O M B A R D I

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TEXT Patrizia Bonistalli

FAUSTINI ARTEalla

Giovanni Maranghi

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Riferimento di gran pregio per gli amatori ed i collezionisti dell’arte fi-gurativa italiana moderna e contem-

poranea, Faustini Arte è una galleria stori-ca: fondata nel 1974 da Giuliano Faustini a Forte dei Marmi, e tuttora sapientemente condotta con fervore dal figlio Fabrizio, la galleria in seguito inaugura una sede an-

che in via de’ Pepi a Firenze ed una anco-ra nell’elegante Borgo Ognissanti, illustre quartiere d’antiquariato e di grandi alber-ghi, a pochi passi da Piazza Santa Maria Novella e da Piazza Ognissanti. Congiunta dunque al cuore di una delle località marit-time più esclusive del litorale toscano, Fau-stini Arte si porge quale vivace anfitrione di numerose mostre personali d’elevato valo-re: citiamo Guttuso, Sutherland, Borghese, De Chirico, Pablo Picasso; opere presenti in galleria di artisti come A. Bueno, X. Bue-no, Cassinari, Maccari, Manferdi, Mattioli, Paulucci, Scatizzi, Squillantini, Tamburi, Ma-ranghi; proprio con Giovanni Maranghi, pit-

con personali e collettive sia in Italia che all’estero, già nell’epoca in cui frequentava contemporaneamente la facoltà di Archi-tettura dell’Ateneo fiorentino e l’Accade-mia di Belle Arti. Immersi nella graziosa cornice di un assortimento spettacolare e brillante, ordinatissimo, e ben nutrito di idee, restiamo affascinati dalla narrazione di un viaggio interpretativo che ha raggiunto oggi una forma pittorica singolare. L’incon-tro esordisce con l’illustrazione a tavolino delle diverse tecniche adottate da Maran-ghi, il quale ci propone suoi capolavori su legno, su tela o su tavola, su cartone; tra questi procedimenti suscita in noi parti-colare curiosità quello dell’encausto, anti-chissimo metodo che prevede l’impiego di pigmenti disciolti nella cera. Tra le opere in esposizione alla Galleria Faustini, potremo ammirare in particolare tre metodi di pittu-ra di Maranghi: classico, encausto e resina. Lusingati nella quiete armonica del variega-to laboratorio, si rievocano gli innumerevoli eventi che hanno visto protagonista l’arti-sta fiorentino, sostenuto da enti e organiz-zazioni di rilievo ed illustrato dai critici più autorevoli, sia nel nostro Paese che anche

tore affermato e sorprendente, ci attende il prossimo 9 luglio alle ore 22.00, a Forte dei Marmi, l’appassionante vernissage in cui l’artista presenterà una sua collezione dal gusto accattivante e innovativa rispetto alla mostra del 2007 Emme come Maranghi,

in quanto ver-ranno presen-tati lavori con nuove tecni-che. Maranghi ci ha aperto le porte del suo straordi-nario studio in Ponte a Si-gna, sulle rive dell’Arno, la sua terra nati-va. Diplomato al Liceo Artisti-co di Firenze, Giovanni rac-conta di aver intrapreso la propria attivi-tà espositiva

Il tocco indelebiledi ciò che

non è visibile

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in Olanda, Belgio, Stati Uniti, Turchia, Svezia e Francia. Tra le molteplici rassegne si ricor-dano: “La giostra degli incantesimi”, ospitata presso l’Antica Pieve di San Lorenzo a Signa; “Donne” presentata a Ponsacco; “Colazione da Maranghi”, avvenimento speciale al quale Giovanni ripensa come un momento di cari-ca emozionale immensa, che ha avuto luogo presso l’Istituto degli Innocenti di Firenze. Pro-seguiamo la visita dello studio intanto che l’ar-tista ci conduce a ripercorrere il suo susseguir-si di stagioni creative che, in un fertile evolversi immaginativo lo hanno condotto oggi ad ab-bracciare un universo prevalentemente fem-minile: la donna, sia essa immaginata o reale, sopraggiunge nello spazio che la contiene in quanto presenza imprescindibile, a mezzo tra una raffigurazione ed un’allegoria. Maranghi definisce propri e personali gli stati d’animo, i pensieri e le emotività, che sgorgano inegua-gliabili da ogni opera. Osserviamo da vicino e con emozione come i volti, i corpi, eredi di un impulso vocazionale personale, attraverso il segno grafico distintivo dell’artista, giungono a legarsi al mondo emergendo nella loro per-sonalità. Il suo tratto vivo, incisivo e flessuoso restituisce agli occhi un’espressività forte che, rimarca Giovanni, pure nella manifestazione più parodistica non giunge mai ad una realiz-zazione caricaturale vera e propria. In questa combinazione delle forme il colore è l’altro elemento comunicativo del sentire interiore,

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Nelle immagini:Nella pagina precedente Amedeo Caneschi,sales manager della galleria. In queste pagineil Maestro Maranghi e alcune sue opere; l’esposizionedei quadri all’interno della galleria. In alto Fabrizio Borghini intervista il direttore Fabrizio Faustini.

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preponderante nella linea pittorica di Maran-ghi. I colori, con predominanza evidente del rosso, distesi con vitalità, esuberanti e talvolta contrastanti negli accostamenti, parlano un linguaggio totalmente riscattato dalla realtà,

in cui la composizione decorativa assume per Maranghi funzione non puramente rappre-sentativa quanto invece mirabilmente espres-siva ed intraprendente. (Foto delle opere di Maranghi: Foto Bibo)

FAUSTINI ART GALLERY Modern and Contemporary ArtFIRENZE Borgo Ognissanti 21/23r - Tel e Fax 055 218021FORTE DEI MARMI Piazza Marconi 2 - Tel e Fax 0584 83742www.galleriafaustini.com - [email protected]

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2010TEXT Elisa Bonini

Ha aperto lo scorso 7 giugno, la pri-ma edizione di Art Symposium, un progetto nato dalla Fondazione

Cassa di Risparmio di San Miniato e da un’idea di Corrado Agricola per soste-

nere la collaborazione tra giovani artisti italiani e stranieri. Con Art Symposium la Fondazione lancia per la prima volta la ri-flessione sulla molteplicità dei linguaggi d’arte contemporanea a San Miniato, in un territorio ricco di storia e cultura.Dal 7 all’11 giugno, dieci artisti provenienti da diversi paesi e differenti culture, sono sta-ti ospitati per una settimana presso il Centro Studi I Cappuccini per riflettere sulle diverse poetiche del lavoro artistico nel mondo con-temporaneo. L’iniziativa è stata concepita come un vero e proprio laboratorio aperto, pensato per favorire il dialogo e lo scambio fra gli artisti partecipanti e il pubblico. Un’esperienza coinvolgente che ha arricchi-to tutti e ha fornito importanti spunti di rifles-sione. Nasrin Abu Baker, Corrado Agricola, Giovanni Blanco, Christian Schwarzwald, Claudia Chaseling, Silvia Camporesi, Ralph Gelbert, Mikayel Ohanjanyan, Diego Vallejo Pierna e Moran Shoub, sono loro i protago-nisti di questo primo Art Symposium. Dieci personalità diverse, dieci sensibilità differen-

ti, che hanno lavorato libera-mente e autonomamente, per testimoniare che non esi-ste un unico stile e una sola chiave di lettura attraverso cui interpretare e compren-dere l’attualità, ma una mol-teplicità di linguaggi e temi che permettono all’arte e alla creatività di essere sempre diverse e mai anacronistiche. È così che ognuno di loro, at-traverso il confronto recipro-co ha lavorato e plasmato la propria cultura mescolandola alle suggestioni del territorio, alla riflessione e alle differenti tecniche artistiche adottate, per dar vita a opere uniche, donate alla Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato, quale simbolo tangibile di questa esperienza ed esposte in una mostra. Inaugurata il 12 giugno e aperta fino al 26, la mostra racconta questo primo Art Symposium attraverso il lavoro di ogni artista: ci sono le Kafia di Nasrin Aby Baker, artista palestinese che trasferisce nel proprio lavoro le sue radici e la propria identità, cercando di avviare un dialogo tra le persone e gli eventi all’interno della stes-sa opera. Ci sono i libri di Moran Shoub, artista Israeliana, presentati come luoghi in cui viaggiare, da attraversare, da scoprire, sospesi tra realtà e fantasia. C’è l’incontro-scontro di Corrado Agricola, le stanze delle scelte, delle contraddizioni, lo spazio delle

dinamiche dei rapporti e delle relazioni, un ossimoro reale da cui nascono metafore concretizzate nelle forme ibride dei “libri illeggibili”. C’è la Vanitas di Giovanni Blan-co, una sorta di confronto dialettico tra le iconografie dell’arte e il teatro della rappre-sentazione pittorica, che l’artista sviluppa attraverso la relazione tra il teschio e gli al-tri elementi dell’arte più classica: un libro, uno specchio, un fiore, una clessidra. C’è Melt dell’austriaco Christian Schwarzwald, disegni che trasforma partendo da uno schizzo ruvido e semplice fino a giungere a un’elaborata installazione, ma c’è anche la terza chiesa di Sivia Camporesi, nata dal confronto e dall’analisi fra il modellino origi-

A San Miniato si è apertala ricerca sul “fare arte”nel mondo contemporaneo

SymposiumInternational

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ART

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1. Il Vicepresidente della Fondazione CRSM Antonio Guicciardini Salinie il Presidente Alessandro Bandini2. Il Presidente della CARISMI Spa Lucia Calvosa, il Sindaco di San Miniato Vittorio Gabbanini,il critico Prof. Marco Fagioli,il Presidente della Fondazione 3. Gli artisti che hanno partecipatoIn questa pagina immagini della mostra

nale del 700 della Chiesa del SS Crocefisso di San Miniato e l’edificio reale, sviluppata dalla sovrapposizione fra angoli del primo e angoli del secondo in una prospettiva che restituisce l’illusione della realtà e che vede insieme la ricerca della spiritualità e l’uso della fotografia. C’è Claudia Chaseling, ar-tista austriaca, con i suoi Un-reasoned, una costellazione di dischi rotondi, immagini di-pinte da paesaggi privi di linea di orizzonte o di ogni altro riferimento, dove il colore di-viene linguaggio. C’è Pax del tedesco Ral-ph Gelbert, paesaggi interpretati con una pittura dirompente che non sono collegati alla visione originale e non sono limitati alla condizione di dover riprodurre la realtà, ma che rappresentano lo spazio della tensione fra Caos e Cosmo. C’è l’omaggio al proces-so di Franz Kafka di Mikayel Ohanjanyan, artista armeno una ricerca sulla riflessione e sulla concezione della forma e dello spa-zio, dove la scultura non è solo una rappre-sentazione tridimensionale della forma ma diviene soprattutto rappresentazione della sensazione tridimensionale della forma. E ci sono i Pajsages/Accidentes di Diego Vallejo Pierna, giovane artista spagnolo, visioni oni-riche di luoghi appartenenti a uno spazio-temporale personale, spazi in cui, partendo da una iconografia quotidiana e dall’archi-tettura del non-luogo, si trasformano attra-verso la rappresentazione, in luoghi sinistri. Si presenta così, il primo Art Symposium, un percorso ricco e vivace nato dall’arte di questi dieci giovani artisti che per una set-timana si sono riuniti, si sono confrontati, hanno lavorato e creato insieme, oltre le differenze culturali per testimoniare, con le loro opere, la molteplicità dei linguaggi artistici, mossi tutti da un’unica grande ten-sione, la passione per la creazione come strumento di espressione.

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TEXT Irene Barbensi

Tono Zancanaro

A venticinque anni dalla scomparsa Pec-cioli rende omaggio al poliedrico arti-sta Tono Zancanaro con una mostra dal

titolo Il segno di Tono. Venticinque anni dalla scomparsa che verrà inaugurata giovedì 1 lu-glio alle ore 18 presso gli Spazi per l’Arte Fonte Mazzola di Peccioli.

L’idea della mostra nasce dal proficuo rapporto di scambio instaurato con il Prof. Manlio Gaddi, responsabile dell’Archivio Storico Tono Zanca-naro, e in seguito a una generosa donazione di litografie e incisioni.La mostra ripercorre la produzione grafica di Tono, soprannome che gli era stato dato dal nipote Renzo Bussotti, dagli anni ’60 agli anni ’80, affrontando vari temi, relativi allo spettaco-lo, alla musica e alle scenografie per opere liri-che, e inserendosi in modo naturale nella cor-nice di 11 Lune, rassegna teatrale estiva giunta quest’anno alla sua sesta edizione. Tono Zancanaro, che asseriva d’aver ricevuto “la prima e unica, fondamentale, lezione sulla natura dell’arte” da Ottone Rosai, si è cimen-tato in quasi tutte le modalità delle arti visive, confermandosi maestro ineguagliato nella gra-fica. E proprio nel significato etimologico della parola “grafia” intesa come “segno, disegno, incisione” risiede la poetica dell’opera e il ca-rattere di Zancanaro per cui il disegnare diven-ta necessità, “ragione di vita”. Il “segno artisti-co” di Tono si concretizza nell’immediatezza del gesto grafico, che non permette esitazioni, pentimenti e che manterrà sempre un carattere di semplicità e freschezza.Punto di partenza della sua esperienza arti-stica è lo “studio della gente”, lo “studio del perché e del legame tra parole e fatti”. Tono guarderà sempre alla realtà più scarna con un’ottica originale, cogliendone gli aspetti tra-

1. Io Poppea teucra Imperatrice, 1976, litografia a colori2. Leopardiana, 1981, litografia a colori3. Brunalba a Punta Nord, 1962, litografia a colori4. AutoTono 4, 1977, litografia a colori5. Foscariana apodionisiaca, 1977, litografia a colori

A Pecciolifino al 25 settembre

una mostra ripercorrela produzione grafica di “Tono”

diario graficoMost

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gicomici che tradurrà in una satira sorniona dal giudizio lucidissimo, in una graffiante ironia dovuta all’amara constatazione delle verità umane, rifiutando qualsiasi tipo di re-torica e giochi di potere.Nel panorama dell’arte contemporanea italiana Tono ha concepito l’arte non sol-tanto come luogo della bellezza, ma anche come momento di educazione dei senti-menti, esprimendo nelle opere che com-pongono il percorso della mostra freschez-za e vivacità, energia e carica affettiva.“Tono non è artista da antologizzare: va letto interamente e interamente me-morizzato. Quasi al modo di quel che ci avviene in uno scrittore come Stendhal” (Leonardo Sciascia, 1978).

La mostra rimarrà aperta fino al 25 settembreOrari di apertura: nel mese di luglio durante le sere degli spettacolidella Rassegna Teatrale Estiva 11 Lune dalle 22 alle 24Nel mese di settembre ogni sabato dalle 21 alle 24

“Sono stato e sono, si capisce, estraneo ai giochi dei clan, gruppi, estetiche,giri di mercato. Ma mai ho dubitato che se il gioco doveva costare la proverbiale candela, consista e consiste nella fiducia verso l’uomo e me stesso nel vivo della vitae della storia dell’uomo e dell’umanità. Essere magari l’ultimo anello, ma della catena che tiene legata l’umanità che io chiamo umana. Questa è stata ed è la mia resistenzadi uomo prima di tutto, di artista infine. Forte come credo di essere per aver affondatole mie radici nel mondo ellenico, ultimo e primo approdo che non esclude davverola grande civiltà e terra cinese, il nostro rinascimento, la recente storia dell’umanitàche lotta per l’uomo figlio e padrone della ragione” Antonio Zancanaro

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A Cinquale di Montignoso (MS), presso Villa Undulna - Terme della Versilia, avrà luogo dal 3 al 30 luglio 2010 la

seconda edizione della mostra “Il Maestro presenta l’allievo”, che vede in esposizione sedici opere di giovani allievi, selezionati dai loro insegnanti, delle Accademie di Belle Arti di Bologna, Carrara, Firenze, Frosinone, Milano, Napoli, Torino e Venezia.All’opera più meritevole per contenuti tecni-

ci, stilistici e originalità compositiva verrà as-segnato da una giuria formata da qualificati esperti di arte contemporanea il “Premio Ugo Guidi 2010”, consistente in una ripro-duzione in bronzo a tiratura limitata di “Ca-pra”, opera realizzata in gesso dal maestro Ugo Guidi nel 1971.La rassegna apre il suo interesse a varie espressioni artistiche come la scultura, la pit-tura, l’incisione, il disegno, ed elementi sce-nografici seguendo una linea che, partendo dall’ideazione creativa, dalla spiritualità, dal-la cura al dettaglio, rivela la sua attenzione per quelle arti che si esprimono attraverso la manualità coinvolgendo diverse discipline artistiche per arrivare ai profondi significati

delle opere esposte. Lo scopo dell’esposi-

zione è dun-q u e

quello di dare spa-zio, attraverso gli studenti più meri-tevoli, alle arti che richiedono, nella formulazione più alta della loro con-cettualità, abilità manuale escluden-do quelle manife-stazioni artistiche che si esprimono attraverso capacità e specializzazioni diverse, come fo-tografia, arte digi-tale etc.In un mondo in cui tutto corre veloce, la comunicazione visiva è per via tele-matica e il dialogo spesso avviene at-traverso la rete, ci sono artisti, anche nelle nuove generazioni, che amano fermarsi e riflettere, per infondere alla propria creazio-ne quell’intimo ed esclusivo messaggio che deriva dal saper ascoltare e dall’ascoltarsi, dove il tempo diventa un prezioso alleato nell’esplorazione di nuovi percorsi.Ecco che le opere nascono da un’ideazio-ne che associa la concretezza della realiz-zazione pratica alla creatività di pensiero usando indifferentemente forme e sug-gestioni di derivazione classica o astratta, utilizzando tecniche innovative e nuovi materiali che dimostrano come la ricerca

di nuove sperimentazioni lingui-stiche, formali e concettuali,

mai potrà esaurirsi perché insiti nella natura dell’uomo.

Il tema libero e l’eterogeneità delle discipline partecipanti ha

prodotto una esposizione insolita che trova uniti e partecipi, nella rea-

lizzazione dello stesso progetto, do-centi e studenti.

Alcune delle opere esposte sono sta-te create espressamente per questa II

rassegna di arte contemporanea, altre erano già state realizzate, ma, tutte, si ri-

conoscono nello spirito della mostra qua-le nucleo generatore di un’arte che non è

solo “idea” o “gesto eclatante” finalizzato a suscitare sorpresa, interesse, scalpore, scandalo ma si pone l’obiettivo di essere propositiva ed innovativa poiché la mente e la fantasia possono creare opere straordina-rie, ricche di concetti e significati; inventare nuove forme, nuovi linguaggi espressivi ba-sati sulla ricerca che può essere materica o spiritualizzata, dove la mano concretizza ciò che la mente ha ideato.

Questa sfida è stata accettata con gioia da tutti i docenti invitati a presentare due dei loro migliori allievi, nello specifico: Patrizia Agatensi, docente all’Accademia di Bologna di “Disegno”, presenta Elena Raz-zoli che propone un studio di figure umane amorfe indagando sul movimento vitale dell’uomo e sulla ciclicità della vita, simbo-lo di nascita-rinascita-vita; e Andreas Ritter che espone un nudo femminile frutto di un disegno istintivo, permeato della sensibilità interiore dell’artista concentrata a percepire la fluidità e le emozioni di corpi muliebri. Rossella Piergallini, docente di “Decora-zione” all’Accademia di Bologna, propone Masoomeh Firoozi e Marika Santi; la prima espone un mosaico in vetro fumé e specchi; la seconda una composizione in legno, ve-tro e silicone affrontando una ricerca che la

II Rassegna d’Arte Contemporanea di studentidelle Accademie di Belle Arti

Premio Ugo Guidi 2010M

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il maestrol’allievoTEXT Enrica Frediani

presenta

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1. Panoramica di Villa Undulna- Terme della Versilia2. Vittorio Guidi, direttore del Museo Ugo Guidi e il pittore Marco Dolfi (docente di Disegno alla Scuola Libera del Nudo all’Accademia di Belle Arti di Carrara) durante l’allestimento dell’edizione del 2009a Villa Schiff-Giorgini

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porta a riflettere sul mistero dei sentimenti, sull’apparenza delle cose e sulla fragilità della vita.Omar Galliani, docente del corso di Pittura all’Accademia di Carrara, ha selezio-nato Dellaclà e Matteo Tenardi. Dellaclà espone una tecnica mista su gomma-piuma: un autoritratto dipinto su una “lametta”, l’artista lavora sull’ironia e sulla dualità morbido/tagliente che, unitamente all’uso della gommapiuma come supporto, rappresentano la sua ultima ricerca di studio; Tenardi propone un olio su tavole raffigurante un uomo nell’atto di varcare una soglia dove intensi sono i significati metaforici.Simonetta Baldini, docente di “Tecnologia e materiali applicati alla scenogra-fia” all’Accademia di Firenze, presenta Gabriele del Medico e Angelo Stroia; entrambi espongono un bozzetto scenico per la Tosca di Puccini.Maria Claudia Farina, docente di “Tecniche del marno” all’Accademia di Fro-sinone presenta Jacopo Cardillo che realizza un volto in marmo ingabbiato in una scatola di ferro, mentre Cristina Marseguerra lavora sulla forma geometrica presentando un assemblaggio di lastre di pietra.Roberto Rocchi, docente di “Scultura”, all’Accademia di Brera, Milano, ha sele-zionato Giulia De Marinis che espone una scultura in marmo bianco di Carrara composta di quattordici moduli assemblati a formare una colonna il cui interno è illuminato da una luce in led.Raquel Aversano, docente di “Plastica ornamentale” all’Accademia di Na-poli presenta Ildebrando Iacuzio che studia gli aspetti compositivi e comu-nicativi dello spazio; espone una composizione modulare di nove elementi in legno, resina e plexiglas.Luciano Massari, docente di “Scultura” all’Accademia Albertina di Torino, presenta Daniele Accossato e Anita Olivetti. Accossato riflette sulla filosofia contemplativa orientale e sulla ricerca dell’estetica apparente occidentale realizzando una scultura in lattice raffigurante un uomo obeso con volto di Buddha sdraiato su un lettino operatorio in attesa che gli venga praticata la liposuzione. Olivetti stimola la curiosità dello spettatore realizzando una grande scultura in ferro raffigurante un grandissimo pescecane, il confronto con l’imponente figura costringe il visitatore ad interrogarsi sul suo trascor-so e a porsi domande sulla sua esistenza.Gianfranco Quaresimin, docente di “Incisione” all’Accademia di Venezia, presenta Tommaso Bet e Michele Nardon. Entrambi gli artisti espongo-no due acqueforti: Bet propone un paesaggio alienante dove, sulle rovine di una città estinta, un gigantesco fossile è sorretto da strutture artificiali. Mistero e inquietudine regnano ovunque mentre si celebra il dramma tra l’uomo e Dio. Nardon indaga sui molteplici significati allegorici e libera la sua creatività nella realizzazione di una torre la cui struttura architettonica sconfina nell’irrazionale, “... capace di esistere - come egli afferma - solo nella fiaba e nella fantasia da cui emerge”.

La mostra è organizzata dal Comune di Montignoso - Assessorato alla Cul-tura - in collaborazione con il Museo Ugo Guidi e l’associazione “Amici del Museo Ugo Guidi Onlus” di Forte dei Marmi. Catalogo e mostra a cura di Enrica Frediani.

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Caravaggio Se la presenza fisica di Caravaggio nella Città del

Giglio non trova, ancora, un riscontro oggettivo,

certamente si può confermare la sua influenza sulla pittura fiorentina tra il XVI e il XVII

secolo. Tale propensione la si riscontra nelle acquisizioni

granducali del Bacco e Medusa, nella presenza in Città di alcuni maestri

caravaggeschi, quali Artemisia Gentileschi, Jusepe de Ribera,

Battistiello Caracciolo, che hanno creato una cospicua produzione di dipinti per la famiglia Medici e l’aristocrazia

locale: i numerosi capolavori presenti in mostra dimostrano il legame nutrito da Firenze verso tale aulico genere pittorico. Evento unico per la qualità e la quantità di opera relative

a tale importante corrente pittorica

Il mito del vino nei secoli: attraverso video, sculture, mosaici, affreschi, reperti viene raccontata l’evoluzione eno-culturale della viticoltura, ripercorrente gli esordi in Medio Oriente,

8 giugno 20101 novembre 2010Galleria dell’AccademiaVia Ricasoli 60Tel. 055 294883

Una celebrazione alla famiglia fiorentina del 400, raccontata mediante l’arredo della camera da letto, simbolo dell’amore consumato, della creazione, della morte. Così il famoso Cassone Adimari ed altri provenienti, soprattutto, dal Museo Horne sfoggiano intarsi o decorazioni inneggianti la festa, il rito del fidanzamento, del matrimonio. Grande attenzione è dedicata agli affreschi da parete che, attingendo dal mondo classico, dalla storia, dalla Bibbia, dalla letteratura, inneggiano all’amore, ai doveri. Da non perdere la sezione delle pitture celebrative della casata, talvolta dipinte sui “Deschi da Parto”: tra le opere in esposizione, realizzate da Botticelli, Filippino Lippi, Pesellino, va ammirato Il Trionfo della Fama, realizzato per la nascita di Lorenzo il Magnifico.

22 maggio 201010 ottobre 2010Galleria Palatina,Uffizi, Villa BardiniPiazza Pitti 1Piazzale degli UffiziCosta S. Giorgio 2Tel. 055 294883

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Vinum Nostrum

20 luglio 201015 maggio 2011

Palazzo Pitti Piazza Pitti 1

Tel. 055 294883

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l’affermazione simbolico-religiosa presso i Greci, la produzione in ampia scala in età etrusca e romana. Così l’esposizione di vasi, sculture, corredi da tavola, celle vinarie, attrezzi da campo rimandano la mente ai culti dionisiaci, al valore della convivialità presso l’aristocrazia, alle tecniche di produzione presso antiche civiltà protagoniste nella diffusione del nettare degli Dei.

e Caravaggeschi a Firenze

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Reality LA VETRINA

Tiepolo tra Scherzo e Capriccio

UDINE

Una bellissima raccolta grafica, di disegni, oli, rivela un Tiepolo estroso, creativo, misterioso. Una tecnica di lavorazione magistrale, curata, anima i suoi bizzarri personaggi, dei quali colpisce lo sguardo profondo in un’ambientazione teatrale, nella quale luci e ombre si amalgamano in una scena talmente intima da non svelare i segreti simbolici che essa rappresenta. I disegni del maestro esprimono la rappresentazione deterministica dalla verità velata, forse messaggi esoterici? Chissà! Di certo la serie dei Capricci e degli Scherzi cattura per quanto raccontato e, soprattutto, per l’alto spessore artistico: una mostra da non perdere.

21 maggio 201031 ottobre 2010Udine, Castello Piazza del Castello 1Tel. 0432 414717

La Forma del Rinascimento16 giugno 20105 settembre 2010Roma, Palazzo VeneziaVia del Plebiscito 118Tel. 06 6780131

L’arte del Rinascimento romano infusa nelle opere scultoree di Donatello, Andrea Bregno, Michelangelo. L’affermazione egocentrica dell’uomo, attraverso la lettura del mondo classico, trova accoglienza presso le corti papali di Pio II e Leone X che, da grandi mecenati, commissionano capolavori visibili nelle sale della mostra. Tanti gli inediti e le opere sconosciute, tra le

I Due ImperiCapolavori dell’arte cinese e romana raccontano il progresso nel settore sociale, economico, politico, religioso in epoca imperiale. L’età dei Cesari insieme alle dinastie Qin e Han rappresentano l’apoteosi di due grandi civiltà che, seppur separate da condizioni geomorfologiche non ottimali per instaurare mutui rapporti di conoscenza, hanno dei punti di convergenza avendo entrambe creato separatamente i primi stati territoriali, coniato moneta sotto il controllo del governo centrale, codificato il diritto, censito la popolazione.

15 aprile 20105 settembre 2010

Palazzo Reale - Piazza Duomo 11Tel. 02 54911

ROMA

quali l’altorilievo michelangiolesco di Eolo o Vento Marino, le sculture del 400 provenienti dal Vaticano, realizzate da Mino da Fiesole e Giovanni Dalmata. Altre bellezze presenti nell’esposizione recano la mano di Leonardo, Sansovino, Il Riccio: insomma, uno spaccato di storia dell’arte che ha per protagonista molti capolavori della Città Eterna.

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I famosi guerrieri di terracotta, statuette di ceramica, gioielli, manufatti cinesi e, ancora, gruppi marmorei, mosaici, affreschi, corredi funebri romani, presenti in mostra, narrano la storia di questi due grandi popoli.

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TEXT Valerio Vallini

Già dalla fine dell’800, per la cresci-ta demografica e per la nascente industria conciaria, i pontaego-

lesi presero a reclamare servizi e opere pubbliche, in cambio dei redditi che il comune percepiva in misura consistente. Lo stesso Giomi, pontaegolese, nelle sue “Memorie storiche”, lamentava l’abban-dono in cui era tenuto il villaggio dagli amministratori sanminiatesi.I contrasti divennero acuti, nei primi anni del ‘900 in occasione della questione del medico condotto. Le cose giunsero allora a tal punto che si verificò una massiccia di-mostrazione a San Miniato.Le ragioni dello scontro, al di là della occa-sionale questione della condotta medica, sono da ricercarsi nella contrapposizione fra diverse culture: una mercantile e indu-striale (la pontaegolese); l’altra, ricca di sto-ria e di iniziative finanziarie - risale al 1830 la nascita di una Cassa di Risparmio “affi-gliata” alla Cassa di Risparmio di Firenze.

Già verso il 1904 ci fu, in Ponte a Egola, chi ventilò il desiderio di una autonomia amministrativa, ma la richiesta si spense così come era sorta.Sappiamo delle pressanti e ripetute istan-ze dei soci del circolo industriale e della popolazione, sempre disattese e ignorate dalla città capoluogo. Per questo, quando emerse la richiesta di costituirsi in comune autonomo, questa fu ben fondata e am-piamente condivisa anche da altre frazioni, tanto che si giunse ad inoltrare una “do-manda di separazione e costituzione in co-mune autonomo da parte della frazione di Ponte a Egola e di quelle di Stibbio, Buche e Casotti di San Romano, Cigoli e Serra, Agliati e Montebicchieri.”Insomma sarebbe dovuto nascere un Co-mune denominato Ponte a Egola. La do-manda, inoltrata al commissario prefettizio era corredata di svariati documenti fra i quali: a) Sette fascicoli contenenti la do-manda e le firme autenticate di 1001 elet-

tori delle frazioni sud-dette; la dichiarazione di 419 elettori analfabeti che chiedevano anch’es-si la separazione. In tutto 1420 elettori; b) Una co-pia di dieci lettere firma-te dai signori: Marchese Portinari Gentile-Farino-la, Duca di Somma, avv. De Giovanni Vittorio, sigg. Pietro e Attilio Cantini, sig.Domenico Pignatari, sigg. C. e G. Morresi, Conte Lorenzo Bini-Smaghi, prof. Banti, sig. Pietro Bencini, Con-te Niccolò Guicciardini. Tutti proprietari terrieri delle predette frazioni, i quali fanno, con le lette-re stesse, adesione alla domanda di costituzio-ne del nuovo Comune; c) relazione del perito agrimensore sig. Olinto Roini al Presidente del Comitato; d) estratto del bilancio preventivo per l’anno 1923 del comune

di San Miniato; e) bilancio preventivo per il comune di cui si chiede la costituzione.Si giunse perfino a delineare un prospetto territoriale con relativa cartografia che si riproduce approssimativamente.

Stori

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il sogno di

Prospetto territoriale e popolazionedel futuro Comune Denominazione frazioni popolazione Ponte a Egola e Santa Croce* 2.033Stibbio, Buche e Casotti 2.115Cigoli 1.932Serra, Agliati e Montebicchieri 832 -—— totali 6.882* La porzione in San Donato

comune autonomoPonte a Egola

La reazione dei sanminiatesi fu rabbiosa e paternalistica. Si giunse alla costituzione di un “Comitato per la difesa dell’integri-tà del Comune di San Miniato” presie-duto dal Cav. Giovanni Boeri, formato fra gli altri dal prof. Novi Sabatino segretario del fascio di San Miniato. I sanminiate-si rivendicavano di “aver sempre bene e saggiamente amministrato tutte le loro frazioni”, affermavano che per ciò che ri-guardava Ponte a Egola, “...ha una scuola rurale completa con 5 insegnanti, medico residente con cura gratuita per poveri, le-vatrice, farmacia, guardia comunale resi-dente, illuminazione elettrica, acquedotti e latrine pubbliche; che l’esazione delle imposte vi si effettua dall’Esattore comu-nale in giorni determinati e che anche la macellazione delle carni viene compiuta nella stessa borgata”. I motivi che giusti-ficavano il movimento separatista erano da ricercarsi nella eccessività dei tributi comunali nei riguardi delle concerie; nella dislocazione del capoluogo rispetto alle frazioni che costringeva gli abitanti delle frazioni separatiste a salire il colle di San Miniato per varie necessità burocratiche; nello stato di abbandono in cui erano te-nute le varie frazioni. Esasperati e intimoriti da questa prospettiva, che avrebbe visto in breve tempo decadere irrimediabilmente quella che fu la sede dei vicari imperiali, i sanminiatesi davano credito alle voci che dicevano di voler spostare la sede comu-Progetto del Comune di Ponte a Egola, 1923

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nale di San Miniato portandola in pianura. A questo proposito si legge nel Memoriale “ Chi non dirà infatti con noi, che il distac-co lo si vuole ad ogni costo, non già dalle popolazioni ma dai suoi accaniti fautori, per bizze e ripicche elettoralistiche?”Né la cosa sarebbe d’altronde meno a de-plorarsi se, come taluno potrebbe forse supporre, si trattasse invece di ambizion-cella di borgata arricchita nelle industrie, che aspiri alla dignità di capoluogo di comune per avere un proprio territorio su cui imperare…”. Fu una lotta dura e senza esclusione di colpi e decisa dal Consiglio provinciale in favore di San Miniato. Già la domanda inoltrata alla provincia dal Com-missario prefettizio escludeva qualsiasi ipotesi di autonomia corredata com’era da una serie di precisazioni e osservazioni

che inficiavano la richiesta. Ne elenchiamo alcune: 1)- le frazioni che oggi chiedono il distacco fanno parte da tempo immemo-rabile del territorio del Comune di San Miniato il quale, le ha sempre bene e sag-giamente amministrate mai anteponendo gli interessi del capoluogo alla aspirazioni giuste e legittime delle altre frazioni. 2)-Il capoluogo si trova quasi equidistante dalle frazioni che compongono il territo-rio escluse Agliati e San Romano. 3)-Le distanze, in linea d’aria, fra le frazioni di Ponte a Egola e le altre che verrebbero a costituire il nuovo Comune non sarebbero molto diverse da quelle ora esistenti con il capoluogo. Come se questo non bastasse, il “capolavoro” del commissario prefetti-zio faceva presente nella conclusione del suo rapporto: “ L’opera del Commissario

prefettizio, esula da soluzioni che possano implicare valutazioni di natura politica o toccare rilevanti interessi presenti e futu-ri di numerose popolazioni, soluzioni che potrebbero essere la causa, qualunque possa essere la decisione che crederà di adottare il Governo del RE, di perturba-menti e di agitazioni dannose e pericolose al normale svolgimento delle attività co-munali.” Così confezionata, la domanda per la richiesta del comune autonomo fu respinta dal Consiglio provinciale e a nulla varrà il 15 giugno 1924, il ricorso al Consi-glio di Stato. L’unico effetto di tutto que-sto sommovimento sarà una delibera, per interessamento di Alfredo Corti, dell’isti-tuzione di una sezione di stato civile nella frazione, sulla quale graviteranno San Ro-mano, Stibbio e Romaiano.”

Panoramica di Ponte a Egola, 1934

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torio

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TEXT&PHOTO Samuela Vaglini

la villaLa villa, che si trova in via Pian dei Giul-

lari n. 42, è stata oggetto di un lungo periodo di ristrutturazione iniziato

nel 1986 e terminato nel 2008. Riaperta al pubblico in occasione delle celebrazioni

dell’Anno Galileiano nel 2009, oggi è visi-tabile su prenotazione contattando l’Uni-versità di Firenze cui appartiene.Le prime testimonianze sull’esistenza della villa risalgono al secolo XIV, ma si

della teoria eliocentrica, usando un linguag-gio molto più tecnico e criptico che non po-tesse essere compreso dai suoi inquisitori. Per qualche anno “Il Gioiello” ospitò anche Vincenzo Viviani ed Evangelista Torricelli, cui fu concesso di poter vivere con Galilei, as-sistendolo negli ultimi anni di vita, fino alla morte avvenuta l’8 gennaio 1642.Nel 1920 la villa venne dichiarata mo-numento nazionale, ma fu solo nel 1942 che la proprietà passò all’Università di Firenze per volere di Giorgio Abetti, al-lora direttore dell’Osservatorio di Arcetri, che ottenne da Mussolini 300mila lire per comprarla. La cifra, purtroppo, non bastò per acquisire tutta la proprietà, ma solo la casa di Galileo e l’orto che coltivava.La residenza è un “Gioiello” di nome e di fatto per la sua felice ubicazione sulle col-line di Arcetri, vicino alla Torre del Gallo. Lo spettacolo panoramico che si può go-dere da questo punto vale tutto il nome che la villa ha assunto. La facciata esterna, semplice e lineare, è interrotta da alcune finestre incorniciate con pietra serena e da una nicchia in cui, nel 1843, fu posto il busto di Galilei e, nel 1942, fu aggiunta una lapide commemorativa.Sebbene spoglia e senza arredi, la villa con-

trova citata con il nome che la contrad-distingue solo nel 1525.Galileo Galilei la affittò per 35 scudi l’anno nel settembre del 1631, su suggerimento della figlia Virginia che era monaca fran-cescana col nome di Suor Maria Celeste nel contiguo convento di San Matteo in Arcetri. Nello stesso convento si era fatta monaca anche l’altra figlia, Livia, col nome di Suor Arcangela.Nel 1633, dopo l’abiura e la condanna da parte del Tribunale del Sant’Uffizio per il so-stegno dato alla teoria eliocentrica, dichia-rato nell’opera Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Galilei ottenne di poter scontare gli arresti domiciliari nella villa sulle colline fiorentine dove gli fu severamente proibito di proseguire i suoi studi astronomi-ci e di incontrare persone con le quali poter discutere di essi. A villa “Il Gioiello” Galilei visse la dolorosa perdita della figlia Suor Maria Celeste e il sopraggiungere della ma-lattia agli occhi che lo portò in breve tem-po, nel 1638, alla completa cecità. Entro le mura della villa, nonostante i severi controlli ed impedimenti, Galilei portò a compimen-to una delle sue più grandi opere Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, dove riaffermava la validità

Vi visse gli ultimi annidella sua vita, afflitto dall’incipiente cecità, intento nella cura dell’orto e nello studio segreto di quel moto universale che gli era stato proibito dal Tribunale del Sant’Uffizio. Si tratta della villa “Il Gioiello” a Firenze, l’ultima dimora di Galileo Galilei.

un Gioiello

Galileo Galileidi

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serva intatto il suo fascino. Al piano terra gli interventi di ristrutturazione sono stati più lievi per preservare quanto più possibile i lo-cali dove Galileo Galilei visse. Il primo piano, invece, che era riservato alla servitù, è stato maggiormente restaurato ed è composto da alcune stanze con travi a vista e da un ampio loggiato che dà sulla corte interna. Il loggiato, che offre una vista suggestiva, era l’unico locale usato dall’astronomo al primo piano per poter proseguire, nelle ore not-turne, quelle osservazioni astronomiche che tanti guai gli avevano procurato.Proseguendo la visita, al piano terra si può entrare nel salotto dove Galilei riceveva i suoi ospiti, nello studio posto nella parte più soleggiata e confortevole della casa e nella camera da letto, dove sono ancora vi-sibili sulle pareti tracce degli originali decori, come originale è anche il pavimento in cot-to. L’unica finestra della camera permetteva allo scienziato di scorgere il convento dove si trovavano le figlie, anche se oggi la vista è impedita da un alto cipresso. Dalla camera padronale si accede ad un’altra camera ap-partenuta agli allievi Viviani e Torricelli che qui dormiva-no per essere sempre vicini al maestro. La sala da pran-zo, stretta e lunga, più simi-le ad un corridoio che ad una living room, è collegata con il seminterrato dove si trovavano le cucine e i locali adibiti a dispensa e magaz-zino. Nella vecchia cucina sono rimasti intatti l’ampio lavandino in pietra e il foco-lare, mentre il magazzino, con il soffitto basso arcuato e il pavimento in pietra, è interamente originale. Qui, una piccola finestra a livello dell’orto consentiva il pas-saggio diretto dei recipien-ti per il vino, l’olio e gli altri prodotti agricoli coltivati da Galileo stesso che, come narra il biografo Niccolò Gherardini, «si tratteneva molte ore continue in un

suo orticello, e tutte quelle pergolette ed anguillari voleva accomodare di sua mano, con tanta simmetria e proporzioni ch’era cosa degna d’esser veduta».La villa è strutturata intorno al cortile interno con la caratteristica forma a U e la facciata interna presenta, sui due lati corti, due or-dini di colonne tuscaniche senza archi né volte. La parte sottostante il loggiato del primo piano fu chiusa in epoche successive per ricavarne nuove stanze abitabili. Sul lato lungo, invece, alle ampie finestre esistenti ne fu aggiunta una identica, ma dipinta, per donare simmetria alla facciata.Il cortile interno è separato dall’orto me-diante un muro, interrotto solo dal can-cello che consentiva il passaggio e da un pozzo che permetteva di attingere acqua sia dal cortile che dall’orto. Ai contadini, infatti, non era permesso l’accesso alla villa, perciò era stata realizzata questa so-luzione che consentiva loro di procurarsi l’acqua pur rimanendo al di fuori.Nella stanza di ponente del “Gioiello” Ga-lilei morì all’età di 77 anni e, come scrisse

Viviani nel suo Racconto Istorico della vita del Sig. Galileo Galilei, «con filosofica e cri-stiana constanza rese l’anima al suo Crea-tore, inviandosi questa, per quanto creder ne giova, a godere e rimirar più d’appresso quelle eterne et immutabili maraviglie, che per mezzo di fragile artifizio con tanta avi-dità et impazienza ella aveva procurato di avvicinare agl’occhi di noi mortali».

Nella pagina precedente da sinistra: uno dei lati corti della villa visto dal loggiato; vista dell’orto dal cortile interno; busto di Galilei sulla facciata.Sopra da sinistra: focolare originale in cucina; lavandino originale in cucina; traccia dei decori originali nella camera da letto.

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TEXT&PHOTO Giuliano Valdes

Il Campanile della Basilica di San Piero a Grado, splendida testimonianza del Ro-manico-Pisano tra il Capoluogo e la sua

Marina, fu minato alla base, al tempo della ritirata tedesca (22 luglio 1944), mutilando uno dei segni più cospicui dell’uomo nel paesaggio del circondario pisano. L’ope-ra di ricostruzione del prezioso manufatto fu intrapresa nei primi anni Cinquanta del Novecento, ma venne ben presto abban-donata, lasciando solo il moncone della base (7 metri). Sin dal 2007, il progetto per l’auspicata ricostruzione del Campanile ha preso sempre maggior consistenza, finen-do sui “tavoli” che contano in sede mini-steriale, grazie all’interessamento della locale Sovrintendenza, del Comitato per la valorizzazione della Basilica di San Pie-

ro a Grado e per l’opera instancabile del parroco, Mons. Mario Stefanini. Il 20 feb-braio scorso, nel suggestivo contesto della Basilica, ha avuto luogo una significativa cerimonia che ha radunato al medesimo tavolo le maggiori autorità locali, religiose e politiche: da S.E. l’Arcivescovo di Pisa, Mons. Giovanni Paolo Benotto; al Sindaco di Pisa, On. Marco Filippeschi; al Parroco di San Piero a Grado, Mons. Mario Stefa-nini; al Sovrintendente, Dr. Arch. Gugliel-mo Maria Malchiodi; al Presidente della Provincia, Dr. Andrea Pieroni; al Prefetto, Dr. Antonio De Bonis. Tra i numerosi inter-venti, che hanno sottolineato il ruolo che il Campanile ritrovato andrà ad occupare nel contesto socio-culturale ed architetto-nico del territorio pisano, è da segnalare

quello dell’Arch. Rosa Mezzina, progettista e direttore dei lavori, che ha illustrato il la-voro già svolto (indagini e consolidamen-to delle fondamenta), ma ha anche fatto il punto sulle ingenti cifre che serviranno per completare la ricostruzione (1,8 miloni di euro). Al momento si prevede di portare il Campanile all’altezza di 15 metri, raggiun-gendo così quella della navata mediana. Per il completamento dell’opera, fino a raggiungere i 37 metri, occorrerà disporre dei finanziamenti residui, per i quali, rispon-dendo ad un’interrogazione parlamentare del 2009, il Ministro per i Beni Culturali, On. Sandro Bondi, ha manifestato il suo concreto interessamento. Momento clou della giornata è stata la posa della pietra d’angolo, da parte dell’Arcivescovo Be-

Terri

torio

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San Piero Una prima pietra per il nuovo campanile

a Grado

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notto che ha successivamente impartito la benedizione al cantiere per la ricostruzione del Campanile. Questo verrà realizzato con pietre selezionate ed accuratamen-te scelte, quali la quarzite della cava di Guamo (Lucca) e la pietra da torri di Monteroni d’Arbia (Siena). Completerà l’opera il ripristino delle medesime cam-pane del vecchio Campanile, risalenti al 1844, allorché furono fuse dal Magni.

Nella pagina precedente: la Basilicadi San Piero a Grado.Sopra: le autorità (da sinistra: Malchiodi, Mezzina, Benotto, Filippeschi, De Bonis, Pieroni);l’interno del cantiere del Campanile;l’esterno del cantiere.Sulla destra: il vecchio Campanile (foto in bacheca all’interno della Basilica).

La Basilica di San Piero a Grado

Questo vetusto luogo di culto sorge in prossimità di un anti-co scalo, indicato come ad gradus, lungo la strada tra Pisa e il Portus Pisanus. Nel 42 d.C., stando alla tradizione, vi sarebbe sbarcato San Pietro, che vi celebrò la Messa. Successivamente vi venne eretta una basilica paleocristiana (IV sec.), che insisteva su antichi resti romani. In età medievale fu costruita una secon-da Chiesa sul preesistente impianto basilicale, poi demolita per consentire una nuova costruzione (X sec.). Tra il 1100 e il 1200 ne venne modificato l’impianto e un’abside prese il posto della facciata, mentre veniva innalzato il Campanile. L’interno è coperto da capriate e percorso da tre navate, con archi tondi dipinti a fasce bianche e rosse su colonne dai pregevoli capitelli. Sono ancora in vista gli scavi archeologici e le antiche vestigia, in particolare la Mensa Domini, l’altare ove il Santo titolare avrebbe officiato la Messa.Alle pareti vi è un imponente ciclo affrescato di Deodato Orlandi, un pittore lucchese del XIV sec., manifestamente ispirato da Giotto. Degni di nota i Ritratti dei Pontefici, le Storie di San Pietro e di San Paolo, nonché le figure di Angeli.

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TEXT Valerio Vallini

Edoardo Sanguineti “Non ha segnato – dice Umberto Eco – soltanto la po-esia ma anche altre arti.” Appena sa-

puto della morte di Edoardo ho ripreso in mano la vecchia edizione Einaudi, dell’An-

tologia dei Novissimi anno 1965, cotta dal tempo e dal sole. Sì, dal sole perché ricor-do di averla letta in una calda estate a Via-reggio. In quegli anni di psicoanalisi e mar-xismo a go-go, Laborintus, pubblicato già nel 1956 ma io lo scoprivo allora, mi piovve addosso con quella Palus Putredinis “com-poste terre in strutturali complessioni” che il poeta Zanzotto definì “il resoconto po-etico di un esaurimento nervoso.” Per me fu come prendere un salutare colpo negli stinchi di una cultura imbevuta e ovattata da stilemi ermetici, decadenti e quando andava bene montaliani. Intendiamoci, io non voglio fare lo snob, non mi sottraevo a quelle suggestioni dei versicoli, quell’alo-ne di mistero che copriva le magagne del non saper scrivere così come certa pittura informale-astratta copriva e copre l’incapa-cità a disegnare un volto con tutti i crismi

dell’anatomia. E non mi piaceva, per quel poco che allora conoscevo, neppure certa poesia neo-realista, poesia dell’impegno alla Rocco Scotellaro o di un certo Quasimodo. Mi pareva più che altro un discorso politico e non ero mol-to lontano dalla realtà. Il calcio negli stinchi me lo diede poi il suo pluri-linguismo con un frappé di parole greche, ingle-si, francesi, latine e così via. Apprezzavo moltis-simo l’esperimento, ma poi mi dicevo, che fare? Dopo avere scomodato l’anatomia, la biologia, la patologia, l’aborto, le immersioni acquati-che e luminose; dopo aver esplorato i suoni, i semantemi, l’incomu-nicabilità semiotica, lo scherzo, il calembour, che mi restava? Mi re-stava di tornare a Mon-tale e con lui proseguire fino a “Satura” e oltre.

Non gli ho perdonato, e l’ho pubblicato su IlBombo.com nel 22 gennaio del 2007, un suo giudizio sprezzante e ingiusto sui ragazzi uccisi in piazza Tienanmen espresso a “Niente di perso-nale” il magazine condotto da Antonello Piroso: “Quelli - disse allora Sanguineti - erano veramente dei ragazzi, poveretti, se-dotti da mitologie occidentali, un poco come quelli che esulta-rono quando cadde il muro; ma insomma erano dei ragazzi che volevano la Coca Cola.”Nonostante questa pessima battuta, oggi credo che Sanguineti andrebbe riletto come saggio di critica sociale: impegno, paro-la negletta e sostituita da menefreghismo e qualunquismo. Non condividendo, anzi avversando certe sue provocazioni e scritture poetiche che mi fanno pensare ad un Luna Park dove il frastuono, un rumore di lamiere trebbiate, assumono la struttura dominante, devo però apprezzare la sua coerenza ideologica e la capacità di modificare la sua scrittura poetica che è diventata con gli anni – per dirla con Marco Belpoliti in un suo articolo sull’Espresso del 27 maggio 2010 – capace di recuperare la comunicazione parlata. Per questo offro ai lettori di Reality, sperando nella loro benevo-lenza, alcuni saggi di questa poesia. Riflettete gente, riflettete…

Laborintus fu definito dal poeta Zanzotto “il resoconto poetico di un esaurimento nervoso”

Lo sc

affal

e dei

poeti

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EdoardoSanguineti

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Da Erotopaegnia

[L’aborto è raccontato un po’ dall’autore e un po’ da AlbertoMagno (Quaestiones super de animalibus, MCCLVIII, liber IX Q.22)]

quale raptus (cadde!) pustoloso apparve forse amore (réxvov) involuta(cerebrum); (fortitudo) lasciammo la città; (magro cor- po!): «res quaedam»;in telo pustolosa, ut dicunt MEDICI; quel giorno! di ot- tobre! (caloris!);(e il quarantesimo giorno...): evacuatum; in acqua fred- da (frigida) evacuatum;che con le pinze prese! (frigida regio); (MCCLVIII) livi- da! una grossaformica; un verme; la cosa: avevamo noi (in farmacia) ottenuto; non comprende(la cosa): sine phantasmate; ma quando vorrà, (con la mano... ) ; quale rictus !,eccessiva!, ex testiculo (MEDICUS loquitur); umidità (ac- cennò) eccessiva,destra, in principio: cottiledones debiles (provocatio) avevate ottenuto (spermatis)liber IX, Q. 22: avevate ottenuto, e cadde; quale rictus! quale! de faciliprovocationes (avevate ottenuto): de facili, réxvn! ma il calore! ma (loquitur)la regione! il vento! et abortiunt, amore; involuto: (e ac- cennò con la mano):e un verme quindi (con le pinze) prese; apparve in telo, pustoloso réxvov,« rea quaedam », s’intende, quondam (ex testiculo dex- tro); (un verme avevamo ottenuto...); et abortiunt, debiles; et evacuatum, cere- brum; inutilmente, quidem; (nei giorni che seguirono si dimostrò inquieta, mesta): la cosa non ebbe nome.

Da Alphabetum

ti attende il filo spinato, la vespa, la vipera, il nichelbianco e lucente che non si ossida all’aria ti attende Pitagorache disse che delle cose è sostanza il numero e tu prendi del polipogli otto tentacoli guerniti di ventose e An die Hoffnung (op.94)perché questo, questo lo prendono (essi) lo prendono perché lo trovanoosserva Iside e i costumi abruzzesi, le medaglie per la campagna di Cinadel 1901, la maschera di Peppe Nappa la città di Cannstadtche fu incorporata nella città di Stuttgart nel 1905e conoscerai la confindustria e la svastica, il 13 maggio e il 24 gennaiolo spillo di sicurezza che non sa pungere, il lecco lecco e lo SpiritoSanto e tu prendi il gliconio e la glicerina, e Hans Pfeifferche nacque a Kassel nel 1907, perché questo, questo lo prendono(essi), lo prendono perché lo trovano perché lo trovano a lavorareperché questa è, Federico, la DESCRITTIONE DEL GRAN PAESE: è la targaautomobilistica della provincia di Foggia (FG) è la nave di linea a vapore1870, è il babbuino, è il bisonte e tu prendi gli urodeli e il ministroPella, la méthode des tractions rythmées de la langue (due àLaborde), il Petrus amat multum dominam Bertam perché questo,questo lo prendono (essi), lo prendono perché lo trova- no, perchélo trovano a lavorare (...) et anderà in pregione.

Da Laborintus

[Il poema si apre con la descrizione di un paesaggio mentale in di-sfacimento, una cartografia metafisica lunare al cui centro è la ‘palus putredinis’]

Ellie mia Ellie mia tesi sei la fine di uno svolgimento civilela soffocazione di tante leggi esplorate la preghiera della meditazionedella mano dell’intolleranza e in prima sedesei questo linguaggio che partorisce portami dunque l’unghiae la sua filigrana le lacune di un bacio o di mille anniun mysterium tremendum il tiro alla funele metamorfosi degli insetti il volume della sfera voglio direperdita di affettività e stato crepuscolare e incidenza di giudizioe confessione vistosa glutinosa glutinanteil flessibile amalgama di due punti di coscienza voglio l’unità misticache insinua pali nella sabbia della volontà impiccatricee il dente del gigante portami la povertàe la figura etimologica che si porta per manoportami per mano Ruben tu stesso Ruben portami per manoalle miniere degli animali al palcodel trattamento psicoterapico all’esperienzaterrificante dei conflitti ah per te ho inventato il rame e la polvereho liberato la lettera erre e la lettera ci da un penitenzia- rio di tabaccoho trascinato lepri e chiodi in Paradise Valleydi te ho anche detto perfectiones intelligibiles ho dettonovimus enim tenebras aquas ventos ignem fumumvediamo insieme il passato il futuro ho dettoquoi qu’elle fasse elle est désir improportionabiliter ex- cedens

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TEXT Maria Rita Parsi

Oltre l’amoreSabato 29 maggio 2010, presso La

Capannina di Franceschi a Forte dei Marmi, è stato presentato il nuovo

libro di Romano Battaglia, Oltre l’amore, edito da Rizzoli. L’evento è stato patro-

cinato dal comune di Forte dei Marmi in collaborazione con Il Profumo, la rivista Reality Magazine e con Cassa di Rispar-mio di San Miniato Spa, sempre in prima linea nel promuovere eventi culturali.Il libro è stato introdotto da Maria Rita Parsi. (A.C.)

Cosa c’è… Oltre l’amore? Ma … l’amore, che si espande come un gas benefico, riempiendo tutti gli

spazi, ogni cellula. Romano Battaglia ha ri-cevuto da Dio, dalla sorte, dalla sua anima un incommensurabile dono: quello di saper scandagliare nell’interiorità umana, come un rabdomante che identifica la polla d’acqua sorgiva più rigenerante, cristallina, vivifican-

te, direi salvifica. E lo sparge con generosità, illuminazione, soffio profetico nelle pagine e nelle parole che ci regala. I suoi scritti sono un’isola… assaggio dell’isola dei beati che Platone ci descrive nel Gorgia. Questa mia convinzione, coltivata nel corso degli anni in cui ho avuto la fortuna di condividere con lui il pane ed il sale dell’amicizia, si è viepiù raf-forzata avendo il sommo godimento intel-lettuale d’immergermi nella lettura del suo ultimo libro, Oltre l’amore (Rizzoli). Secondo una definizione di maniera, pre-sentando un libro si parla di fatica lettera-ria. Per Romano questa definizione è ina-

È stato presentatoa La Capannina il nuovolibro di Romano Battaglia

Romano BattagliaLi

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datta: la sua è la felice condizione di dare alle stampe il racconto di vicende in cui non si percepisce la “fatica” dello scritto-re, bensì la naturalezza dell’attingere da un prezioso giacimento d’ispirazioni iperura-nee, condividendo col lettore questo stato di grazia. Uno stato di grazia che io stessa ho provato e che vengo qui a testimonia-re, ancora avvinta nel fascino della vicenda che ha uno snodarsi sapienziale, un’ascesa verso la sublimazione dell’amore: l’amore oltre l’amore, appunto.Sarebbe mutila la mia testimonianza se non dessi alcune pennellate sulla trama, mitologicamente umana, fonte di emo-zionanti intuizioni anche su noi stessi. Ini-zio con una citazione che mi ha coinvolta fin nell’intimo:“Ti cercherò per semprelungo il fiume, nella pianura,sulla riva del mare.Ti ritroverò anche al di là del mondoperché il mio amore è troppo grande,e non può morire.”

Tenacia e coerenza con la poetica che ef-fondi come un soffio vitale, la tua, caro Ro-mano. Sono in molti a voler asseverare la forza dei propri sentimenti con giuramen-ti e dichiarazioni di questo tipo; ma, nella realtà, quanto sono pochi coloro che rie-scono a rimanere fedeli e aderenti a que-sti intenti. Come se la stessa condizione d’umana fragilità distogliesse dalle buone intenzioni. Ma chi sa innalzarsi al di sopra di essa, allora ha il premio di vivere la bea-titudine di un sentimento superiore. Certo lo vive la “tua” Sara - ed il riferimento alle vicende di fedeltà agli ideali dell’omonima biblica credo non sia casuale - e lo condi-vide col marito Fernando, i due protago-nisti centrali della vicenda. Il suo cammino d’innalzamento spirituale alla ricerca di lui, inspiegabilmente scomparso, nel mentre la loro storia d’amore non aveva scosse e ripensamenti, passa per una dedizio-ne missionaria alla causa dei bambini più sfortunati e martoriati, quelli che, in Africa, vivono fra stenti, malattie, fame, siccità, ab-

bandono e l’ombra dell’HIV positività. Una malia da contrappasso impostale dalla cir-costanza che Fernando, archeologo, è vitti-ma della maledizione che colpisce il viola-tore moderno (sia pure per intenti di studio e non un volgare tombarolo) del sepolcro di un crudele sterminatore d’infanti nella città di Luni. Su di lui ricadranno le colpe di quell’Erode lunigiano… a meno che…Non voglio privarvi del piacere di seguire il filo d’Arianna della trama intessuta da Romano e che avvince e circonda il no-stro spirito come una valva accogliente. Rafforzata ancora di più da una scrittura fascinosa ed evocativa con il pregio ul-teriore di una lingua limpida, cristallina, precisa che l’Autore fa risuonare come un virtuoso citaredo. Una lingua rara, oggidì, tempo in cui prevalgono il pressappochi-smo e le carenze grammaticali e sintatti-che che, come gli antichi untori, scrittori e giornalisti diffondono sulla pigra popola-zione, affetta da analfabetismo di ritorno e distratta da tecnologie disumanizzanti.

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1. Il tavolo dei relatori durante la presentazione del libro: Piergiorgio Giuliani, Direttore Generale di CARISMI Spa; l’Assessore alla Cultura Bruno Murzie il Sindaco Umberto Buratti del comune di Forte dei Marmi, Maria Rita Parsi e Romano Battaglia 2. Piergiorgio Giuliani con Maria Rita Parsi 3. Tra il pubblico Renata Paganucci, Andrea Buscemi, Silvana Casoli (IL PROFVMO) 4. Il numeroso pubblico presente a La Capannina di Franceschi 5. Tra il pubblico alcuni rappresentanti di CARISMI Spa e Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato 6. Piergiorgio Giuliani, Romano Battaglia e Margherita Casazza

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TEXT Federica Cipollini

saggio sull’origine del male

È senza colpa un dio che permette all’uomo di commettere le peggio-ri atrocità senza intervenire in alcun

modo per impedirle? Con questa domanda

una generazione di filosofi ebrei ha con-dotto una dolorosa ricognizione di cosa restasse della teologia ebraica e occiden-tale dopo Auschwitz. È attorno a questa stessa domanda, crediamo, che si sviluppa la narrazione di Caino, l’ultimo romanzo del premio Nobel Josè Saramago, pubblicato in Italia lo scorso aprile da Feltrinelli nella traduzione di Rita Desti. L’argomento è affrontato, potremmo dire, alla radice: quali migliori esempi per analiz-zare il ruolo di Dio nel compiersi del male, che l’episodio della mela nel paradiso ter-restre e il fratricidio perpetrato da Caino su Abele? Il primo episodio è narrato in tutta la sua sconcertante incomprensibilità, quel-

la di un divieto che impedi-sce all’uomo di attingere alla conoscenza del bene e del male. Nel racconto asciutto e ironico, a tratti fin troppo leggero, di Saramago, la cac-ciata dal paradiso terrestre sembra il frutto di un inespli-cabile capriccio da parte di un creatore che alla trasgres-sione di un tabù ingiustifica-to reagisce disinteressandosi dei propri figli.Ancor più interessante, però, e valevole da solo della let-tura di tutto il romanzo, è il dialogo tra Dio e Caino im-mediatamente dopo l’ucci-sione di Abele. “L’hai ucciso” accusa Dio. “Proprio così, ma il primo colpevole sei tu, io avrei dato la vita per la sua vita se tu non avessi distrut-to la mia.” replica Caino. Di-sprezzando ingiustamente i sacrifici offertigli da Caino e mostrando di preferire in tutto Abele, Dio ha dunque spinto Caino a commettere il primo omicidio della storia dell’umanità, inserendo così un elemento di disarmonia nell’ordine universale, che ha generato il delitto. Non nasce da Caino il male, dun-que, ma si origina dalla in-spiegabile ingiustizia con cui la divinità amministra l’universo. Il problema della responsabilità da attribui-re a un Dio onnisciente e onnipotente che, pur non potendo ignorarlo, non impedisce il compiersi del male nel mondo è uno dei più antichi e profondi della storia del pen-siero umano, problema a cui la filosofia e la teologia hanno tentato di rispondere in molti modi, nel corso dei secoli, mai appro-dando a una risposta pienamente soddisfa-cente per le coscienze dei credenti e dei non credenti. Saramago, nel suo racconto aspro e a tratti duramente polemico, ha cer-cato di parlare di questo a una civiltà con-temporanea che pare dimenticare spesso di confrontarsi con le problematiche fondative

dell’esistenza e solo per questo merita la nostra ammirazione; tuttavia non ci sentia-mo di concordare con quanto affermato un po’ troppo entusiasticamente dall’editore in quarta di copertina. Non crediamo, cioè, che con Caino Saramago abbia compiuto la propria opera maggiore. Lo preferivamo più distesamente narrativo, più coerente-mente surreale, quando ci parlava di filo-sofia attraverso il racconto delle assurde e pur pienamente coerenti vicende dei propri personaggi, come ai tempi di Saggio sulla lucidità, o di Cecità, quella, sì, la sua opera maggiore, il capolavoro per cui, crediamo, sarà ricordato come uno dei narratori mag-giori del nostro tempo.

È uscito ad aprile l’ultimo romanzo di Saramago

Caino

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Lo scrittore Saramago recentemente scomparso

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sulla spiaggiaTEXT Matthew Licht

un racconto...

Jonathan andava in spiaggia con la sua bicicletta arrugginita quasi tutte le mattine presto. La spiaggia è meglio,

pensava, prima che vi siano troppe impron-te. Gli piaceva guardarsi indietro e vedere le proprie orme, la mappa di una passeg-giata mattutina. Ma era più bello cammina-re sul bagnasciuga, dove le impronte ven-gono subito cancellate dalle onde. Una di quelle mattinate, forse ancora più presto del solito, Jonathan lasciò la bici al piede di una duna e corse su tra l’erba marina secca per vedere se c’erano navi sull’orizzonte o se il mare avesse buttato qualcosa d’interessante sulla spiaggia. La notte prima c’era stata una gran tempesta. Nella foschia, gli sembrò di scorgere sulla sabbia una impronta. Una sola, ma molto grande - anzi, enorme. L’orma di un gigan-te marino, forse, oppure del dio Nettuno. Jonathan rabbrividì. Si sedette sulla duna per cercare di capire. Presto gli parve evi-dente che si trattava di una massa solida, nera e grigia. Era una balena.Le balene sono parecchio grandi. Jona-than si ricordò il commento che fece suo padre su una donna molto grossa stesa sulla sabbia ad abbronzarsi: “Uhò, una balena arenata!”Beh, era vero, la donna era colossale, ma questa era tutta un’altra storia. Jonathan smise di meravigliarsi della mole impo-nente della balena quando si rese conto che, diversamente dalla cicciona adoratri-ce del sole, la balena, se era ancora viva, era in pericolo.La balena non poteva camminare carponi, o girarsi per tornare nel proprio elemento, cioè l’acqua. Sulla terra, sulla spiaggia, era troppo pesante. Sarebbe stato come ten-tare di spiccare il volo agitando le braccia.L’oceano era calmo…piccole onde, una brezza leggera. Jonathan corse giù sulla spiaggia per scoprire se la balena era an-cora viva. Malgrado avesse paura che la ba-lena gli desse una codata da mandarlo in orbita, o che l’inghiottisse, Jonathan voleva sapere cosa si prova premendo l’orecchio contro il petto di una balena.La balena sembrò crescere e espandersi mentre Jonathan le si avvicinava.Le balene parlano, o perlomeno sono ca-paci di emetter tanti suoni diversi. A scuola

avevano ascoltato un disco con incise voci di balene. Sembrava musica suonata su violini grandi come case, oppure un orco appassionato d’opera lirica che cerca di imitare una foca. Il maestro spiegò che le balene devono comunicare fra di loro attra-verso spazi enormi, lunghissime distanze. Jonathan e la balena erano ormai vicini. Jonathan si sforzò per stare calmo e non avere paura. Ecco l’occhio sinistro della ba-lena - marrone, con delle punte d’oro. L’oc-chio era grande quanto la sua testa. ‘Allora figuriamoci quanto dev’essere grande il cervello di una balena,’ pensò Jonathan. ‘Le balene sono sicuramente dei cervelloni. Ma chissà quali pensieri hanno?’L’occhio si mosse. La balena era ancora viva. Non aveva sopracciglia né ciglia, solo tanta pelle nera grinzosa e luccicante che sem-brava gomma bagnata. ‘Che aspetto avrò, per una balena? Non avrà paura di me. In confronto a lui sono una formica, tutt’al più un coleottero.’ Jonathan era quasi sicuro che la balena era un maschio, anche se non avrebbe potuto spiegarne il perché. Jona-than girò la testa. Lui e la balena erano ad occhio a occhio. Così la balena gli sembrò ancora più grande. ‘Che genere di balena sarà? Forse una balenottera azzurra, anche se non è pro-prio blu.’ Jonathan sapeva che le balenot-tere azzurre sono le più grandi di tutte. ‘Forse è una balena grigia, o una balena grigio-scuro-e-nero. Sicuramente non è un’orca.’ Le orche sono relativamente pic-cole, bianche e nere, hanno pinne dorsali lunghe come quelle degli squali, e tanti dentoni affilati. La balena sulla spiaggia, nonostante fosse incredibilmente enor-me, sembrava innocua.Un forte sospiro, bassissimo, come un or-gano ansimante in una chiesa o il fischio d’un treno in lontananza, coprì il suono attutito delle onde e il riso gracchiante dei gabbiani. Non era come le voci di balena che Jonathan aveva sentito a scuola. Era un suono enormemente triste, e forse anche un po’ annoiato. Stava chiedendo aiuto, la balena? Oppure aspettava solo di morire, e voleva che la cosa non richiedesse tanto tempo. Jonathan aveva sempre pensato che la morte - non che ci pensava spesso-fosse una cosa che succede subito, di scat-

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sulla spiaggiato, in un batter d’occhi. Pum! Vieni investito da un autobus. Bong! Una cassa-forte di 16 tonnellate cade da una finestra e ti appiattisce. Il leone ti salta sulla schiena e per te è finita, bamboccio.Ma la vita di una balena, come tutte le altre sue cose, è vasta. Da quanto tempo stava sulla spiaggia? Jonathan c’era stato anche la sera prima, a guardare il tramonto, mentre arrivavano i nuvoloni della tempesta. Jonathan aveva visto lampi e sentito tuoni prima di addormentarsi. Il mare era molto mosso. Esisteva un’onda talmente grande da buttare sulla spiaggia questa balena? Forse la tempesta aveva oscurato cielo e mare al punto che la balena non riusciva più a vedere sott’acqua. Si era persa ed era approdata sulla spiaggia per errore.Anche Jonathan si era miserabilmente perso una volta, in una foresta. Di-sperato, corse in giro tra gli alberi, urlando. Quasi non sentì i suoi genitori e sua sorella che gridavano il suo nome. Una bellezza della spiaggia è che non ci si può perdere. Ecco il mare, ecco la terra, ecco il cielo. Sull’oceano è tutta un’altra faccenda. Se non vedi la terra e non sai il fatto tuo, sei perduto davvero. Il mare aperto, per la balena, sarà come la spiaggia per me, pensò Jonathan. ‘Si sentirà a casa sua, là fuori,’ pensò. Forse un lampo l’aveva accecato. Forse era stato colpito da un fulmine.‘Boh, potrei stare qui tutto il giorno a chiedermi come sarà finita la balena sulla spiaggia, ma non c’è modo di esserne certi, e poi non importa, e poi nel frattempo lui sta morendo. Ora, vediamo…cosa dovrei fare?’Jonathan accarezzò la balena - per rincuorarla. Ma come si fa a rassicurare una balena? Specialmente una che sembra completamente tranquilla? Jonathan mise la testa contro quel che stimava essere il petto della balena e ascoltò. La pelle della balena sembrava liscia. La sentì ruvida contro la guancia e l’orec-chio, e fredda. Jonathan sentì…non sentì niente. Poi la balena tirò un altro dei suoi poderosi sospiri. (continua nel prossimo numero di Reality)

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A cura di Gaia SimonettiAzzurra è la notteEdizioni: Mauro Pagliai Editore

Un modo di ringraziare Franco Ballerini, non solo un mezzo per ricordarlo. È questo l’obiettivo del volume “Azzurra è la notte. Franco Ballerini, l’uomo”, curato dalla giornalista fiorentina Gaia Simonetti, edito da Polistampa, che raccoglie come un “mosaico” diciassette testimonianze. Sono i familiari, gli amici, i personaggi dello sport, ma anche i bambini che raccontano Ballero, l’ex Ct del ciclismo prematuramente scomparso il 7 febbraio scorso. Prima che del tecnico, si parla dell’uomo. Dalle prime corse al velodromo delle Cascine di Firenze, accompagnato da mamma Graziella, all’incontro con la moglie Sabrina nela piazzetta di Casalguidi, a Pistoia, ai viaggi in Puglia per aiutare i bambini del quartiere San Paolo di Bari a coronare il loro sogno: avere una palestra. “Il padrone delle biciclette” lo chiamavano i piccoli ciclisti baresi. Era il loro eroe, il campione che vinceva e che loro hanno ricordato con lettere e disegni. Hanno scritto anche Alfredo Martini che lo descrive come un “figlio”, Paolo Bettini che racconta la vittoria prestigiosa ai Giochi di Atene 2004, ma anche il Ct del calcio, Marcello Lippi che racconta il primo incontro con Franco Ballerini ad una cena a Viareggio. Dal libro emerge il carattere, l’indole, la forza ed il coraggio del “Ballero”, di colui che sapeva affrontare le corse più dure, quasi impossibili e sapeva vincerle. Le due Parigi - Roubaix sono testimonianze tangibili. Anche il suo ricordo è tangibile e vince sul tempo.

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Alessandro BossiniCuore a pedaliAustralia, India e Nepal, Mediterraneo Edizioni: Miraggi

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Viaggiare. Viaggiare davvero. È quello che fa Alessandro Bossini. Viaggiare per riempirsi gli occhi e il cuore. Bossini percorre il mondo tenendo il cuore aperto. La sua attenzione è tutta puntata sull’incontro umano. Così, gli sconosciuti che popolano le strade del mondo diventano amici, ospiti premurosi pronti a dare aiuto disinteressatamente, pronti a dividere anche il poco, pochissimo, che hanno.Alessandro Bossini, nato a Orbetello nel 1979, è un gigliese doc. Laurea in Lettere e Filosofia e una passione per il viaggio, l’avventura e le sfide estreme, come le traversate a nuoto tra le isole dell’Arcipelago Toscano. Nel mese di settembre 2010 compirà un’impresa mai tentata: il giro completo dell’arcipelago, 7 isole in 6 giorni.www.miraggiedizioni.it

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Un’epopea di famiglia che abbraccia settant’anni di storia italiana, da metà Ottocento fino alla nascita del Partito Fascista. Intorno alla figura emblematica di Tommaso Tarlati è costruito l’affresco di una grande casata rurale della Valtiberina con gli affetti, le inimicizie, le tensioni, la solidarietà dei suoi componenti.A specchio delle generazioni che si sono affacciate da poco al XXI secolo, gli “eroi” del libro percorrono l’esile linea di confine che separa l’avidità e il cinismo dalla sete di verità e giustizia.

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Reality LA VETRINA

ARTEUSI E COSTUMI

Il linguaggio universale dell’arte è il filo conduttore di alcune iniziative di comunicazione della Cassa di Risparmio di San Miniato S.p.A. In particolare, Carismi per l’Arte è un progetto della nostra Banca per valorizzare espressioni artistiche del territorio che offre spazi e visibilità, oltre che ad artisti già affermati, anche ad artisti emergenti. Il volume presenta gli autori e le opere esposte nel corso dell’anno 2009 nella filiale di Livorno e nella Sede a San Miniato. [...][...] Il legame e la comunanza con il territorio si manifestano anche dando voce ad espressioni artistiche maturate e sviluppate in un certo luogo, e che di questo luogo sprigionano colori, atmosfere e forme. E una banca del territorio, quale è la Cassa di Risparmio di San Miniato S.p.A., non può rimanere estranea ai moti culturali e alle manifestazioni di costume che promanano, appunto, dal proprio territorio.(Dalla prefazione di Lucia Calvosa, Presidente della Cassa di Risparmio di San Miniato)

Cassa di Risparmio di San MiniatoCARISMI per l’Arte 2009Edizioni: Centro Toscano Edizioni

Alberto PresuttiBentornato

GalateoEdizioni: Romano Editore

“Se è vero che la classe non è acqua, negli ultimi tempi le Buone Maniere e la buona educazione fanno acqua da tutte le parti! Lo stile e il buon gusto sono, sempre più, elementi fondamentali per distinguersi socialmente e professionalmente, per evitare di fare brutte figure che possano danneggiare la nostra immagine, il nostro decoro, il nostro stesso lavoro.” Ecco il pensiero del poeta estemporaneo fiorentino, esperto di Bon Ton, Alberto Presutti, autore del libro “Bentornato galateo”; volume che raccoglie piccole regole da seguire nelle più disparate occasioni come il Galateo Ecologico, del Corteggiamento, dei Fiori, della Cena romantica, del Condominio, al Tavolo da gioco e molti altri, perché il Galateo è “La grazia del saper vivere”!

Paolo PanchettiInorianLa spada del destinoEdizioni: Centro Toscano Edizioni

Paolo Panchetti nasce il 27 giugno 1964 a Fucecchio da padre santacrocese “delle lastre” e madre calligiana.Nonostante la predisposizione a materie più letterarie e scientifiche, intraprende uno studio tecnico che lo possa introdurre nel mondo dell’imprenditoria conciaria e seguire così le impronte paterne. Ma la passione per la lettura lo stimolerà a scrivere, più che altro per diletto, poesie e racconti brevi, e soltanto in età più matura, ad iniziare con maggiore convinzione la stesura del suo primo romanzo: La Spada del Destino… da un lato chi lotta per difenderla, dall’altro chi trama per rubarla. Nel mezzo della contesa le vite di tutti; ed è qui che entra in gioco la lucida e ironica immaginazione dell’autore: razza, rango sociale, abilità fisiche, forza mentale, età non sono discriminanti in questa storia. Una terra, Inorian, che non fa fatica a somigliare al nostro quotidiano.

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FANTASYNUOVAEDIZIONEPROSSIMAUSCITA

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TEXT&PHOTO Andrea Cianferoni

Svelta, sobria ed elegante come d’abi-tudine la serata di chiusura del 63° Festival di Cannes condotta dall’im-

peccabile Kristin Scott-Thomas, ha incoro-nato Elio Germano, protagonista del Film

di Daniele Luchetti La nostra vita migliore attore protagonista ex aequo allo spagno-lo Javier Bardem per Biutiful del messicano Alejandro Gonzalez Inarritu. Il film Uncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives del regista thailandese Apichatpong We-erasethakul ha invece vinto la Palma d’oro del 63° edizione. Juliette Binoche, che ha vinto il premio come migliore attrice per Copia Conforme di Abbas Kiarostami, ha invece voluto ricordare al mondo durante la cerimonia di chiusura il regista iraniano Jafar

Panahi, in carcere a Teheran. “C’é un uomo - ha detto l’attrice - la cui colpa è di essere un artista. Penso a lui proprio questa sera e spero di essere con lui qui l’anno prossimo. E’ una lotta difficile. Il paese ha bisogno di noi artisti“. Le prospettive per il cinema ita-liano, prima dell’inizio del festival, non era-no certo delle migliori, con un solo film in

competizione, La nostra vita poi premiato appunto con la Palma d’Oro a Germano. Draquila di Sabina Guzzanti, fuori concorso nella sezione Special Screenings, ha certa-mente provocato molte polemiche, in Italia ma non solo, per il rifiuto del Ministro della Cultura Sandro Bondi a presenziare alla ker-messe francese a causa della presenza di un

Festival di

il trionfo del cinema italiano

Palma d’oro per la migliore interpretazione maschilead Elio Germano ex aequo con Javier Bardem

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Cannes

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ne l’unico film americano è stato Fair Game, un thriller sulla guerra in Iraq, interpretato da Sean Penn e dall’affascinante Naomi Watts, mentre avrebbe avuto sicuramente qualche riconoscimento, se fosse stato pre-sentato in competizione, l’ultimo film di Oli-ver Stone: Wall Street: il denaro non dorme mai, secondo capitolo del film che Stone girò nel 1987. Nel sequel torna in scena lo spregiudicato Gordon Gekko (sempre inter-pretato da Michael Douglas) profondamen-te cambiato sia dal tempo che dagli anni trascorsi in carcere. Cercherà di riallacciare i rapporti con l’unica figlia e con il genero, un giovane broker rampante. Il film, che fa riflettere sulla crisi attuale e sulla società ci-nica e corrotta di oggi, mette anche a fuoco le relazioni interpersonali, spesso asservite alla smania di potere. Sempre fuori concor-so Woody Allen con You will meet a tall dark stranger il quale con la morte ci gioca fin dal titolo. In mancanza dell’immortalità si può sempre puntare, come i due protagonisti del suo ultimo film, sulla reincarnazione. Tra gli eventi più glamour della 63a edizione del festival i party organizzati nello spazio Sty-

film dichiaratamente anti governativo e anti berlusconiano. Nella sezione Quinzaine de Realizateurs il giovane regista milanese (ori-ginario della Calabria) Michelangelo Fram-martino ha invece stupito pubblico e critica per il suo film di fantanatura nel quale non si ode traccia di dialogo umano ma si odono i rumori della natura, degli animali, e il fruscio degli alberi. Nella sezione Cannes Classics, grazie ad un restauro che è costato quasi 900 mila dollari, curato dalla Film Founda-tion di Martin Scorzese e dalla Cineteca di Bologna-L’Immagine Ritrovata, in collabo-razione con Pathé, Fox e Gucci, è stato ri-presentato il capolavoro di Luchino Visconti Il Gattopardo. Spettacolare la “montèe des marches” della coppia protagonista del film, ben 47 anni dopo, Claudia Cardinale e Alain Delon (quest’ultimo accompagna-to dalla figlia Anouska) ancora bellissimi e mano nella mano come due fidanzati. “Era-vamo una coppia molto affiatata nel cine-ma, avremmo potuto esserlo anche nella vita privata, invece abbiamo scelto di essere grandi amici e lo sia ancora oggi dopo così tanti anni”. Tra le 19 pellicole in competizio-

Nella pagina precedente in alto: Martin ScorzeseIn basso da sinistra: Kristin Scott-Thomas;

Naomi Watts e Woody Allen; Charlene Wittstock e Liz Hurley; Elio Germano; Juliette Binoche; Fawaz Gruosi,

Flavio Briatore e Elisabetta Gregoraci;Caroline Gruosi-Scheufele, Naomi Campbell, Eva Herzigova

Sulla destra dall’alto: Claudia Cardinale e Frida Giannini; Lapo Elkann e Bianca Brandolini d’Adda; Vittoria Mezzogiorno

A sinistra: Claudia Cardinale, Alain e Anouska Delon, Gilles Jacob

le e Star idea-to a realizzato dall’estro cre-ativo di Marina Garzoni, quel-li nella terrazza Martini sulla plage du Gray d’Albion per il cinquante-simo anniversario del film di Fellini La Dolce Vita organizzati da Lorenzo Carvelli e Alessio Censi, la cena per il restauro del film Il Gattopardo all’hotel du Cap - Eden Rock or-ganizzato da Vanity Fair con la collaborazione di Gucci e il 150° anniversario di Chopard, organizzato al VIP Room da Caroline Gruo-si-Scheufele, co-presidente della maison ginevrina part-ner ufficiale del festival e crea-trice della Palma d’Oro.

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versilianaTEXT Andrea Berti

3 luglio-31 agosto 2010 - XXXI Festival La Versiliana - Marina di Pietrasanta

Nel segno della

Sette prime nazionali. 31 spettacoli. 33 notti di grandissimi show nel tem-pio teatrale all’aperto più prestigioso

d’Italia. Vetrina esclusiva delle anteprime d’autore, luogo di sperimentazione e d’in-

novazione delle più importanti produzio-ni e compagnie italiane, ma anche del già visto che non annoia mai, la trentunesima stagione teatrale del Festival La Versiliana promosso dalla Fondazione La Versiliana e dal Comune di Pietrasanta, socio fondato-

re assieme alla Banca Versilia Lunigiana e Garfagnana, che si apre il 13 luglio, offre, come ogni estate, un ricchissimo e variopinto mix di generi e gusti spaziando, fedele alla sua moderna tradizione, dalla commedia classica, ricercata e rigorosa, alla prosa elitaria, dal reading-evento al ballet-to, dal musical all’operetta, dalla danza contemporanea alla musica leggera. La ma-gia è servita! Ora non resta che prenotare un posto in prima fila (per info www.laver-silianafestival.it. Inizio spetta-colo: 21,15. Tel. Biglietteria 0584/265757-58).

Le prime nazionali Sette prime nazionali. Sette colpi per scandire il primato tra gli appuntamenti teatrali estivi italiani e riconfermare, anche in questo 2010, la leadership di palcoscenico originale e d’avanguardia. L’onore del debutto, tra le prime, al pm Giuseppe Ayala, amico e collega di Falcone e Borselli-no nel maxi processo a Casa Nostra, che ha scelto il sipario tra i pini della Versiliana per presentare, in esclusiva, il re-cital-spettacolo “Chi ha paura muore ogni giorno” (20 lu-glio). Lo spettacolo trae la sua ispirazione scenica dall’om-nimo libro pubblicato da Mondadori, per la direzione artistica di Gabriele Guidi e il contributo di Massimo Natale. Ha scelto il reading musicale per il suo debutto l’autore, saggista ed editorialista Massimiliano Finaz-zer Flory con “Lo specchio di Borges” (18 luglio) tratto da un’antologia di testi di Jorge Luis Borges con l’accompagnamento musi-cale delle sonorità di Astor Piazzolla esegui-te dal Quintetto Neofonia Ensemble. Tra le prime, debutto per la commedia napoletana firmata da Eduardo Scarpetta “Lo Scarfaliet-to” (23 luglio) con Geppy Gleijeses, Maria-nella Bargilli e Lello Arena, prodotta dal Te-

atro Quirino di Roma e dal Teatro Stabile di Calabria e per la shakspiriana “La Bisbetica Domata” (28 luglio) con Vanessa Gravina e Edoardo Siravo (regia Armando Pugliese). E’ già un evento mediatico il musical “Aladin” (7-8 agosto) con Manuel Frattini e la parteci-

1. Lo Scafalietto Gleijeses, 23 luglio 20102. Paolo Villaggio3. Aladin, I Pooh, 7 agosto 20104. La Bisbetica Domana, Vanessa Gravina, 28 luglio 20105. Foto di scena Massimiliano Finazzer FloryLo specchio di Borges6. Massimiliano Simoni, Presidentedella Fondazione La Versiliana

Sette prime nazionalie 31 spettacoli in cartellone.Prosa d’autore, commedie leggere, recital-eventi,musical, balletti e danza, one-man show e operetta

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pazione straordinaria di Roberto Ciufoli (re-gia di Fabrizio Angelini in collaborazione con Gianfranco Vergoni), con le musiche originali dei Pooh tornati insieme per questa speciale occasione, e i testi e liriche di Stefano D’Ora-zio. Tanta la curiosità per la commedia tratta da Ben Jonson “Volpone” (25 agosto) per la regia di Alberto Gagnarli con protagonisti Mascia Musy, Antonio Salines e Renato Cor-tesi e la rivisitazione in chiave moderna dei Botega del balletto mito “Giselle” (26 ago-sto) danzato sulle musiche di Adolphe Adam per le coreografie e la regia di Enzo Celli.

Gli spettacoli Fedele al suo pubblico, quel-lo esigente e competente, a suo agio con titoli impegnati ed impegnativi, ma anche alla ricerca di momenti di puro intratteni-mento spensierato, il cartellone teatrale del Festival La Versiliana, è destinato ad accontentare tutti. Non manca la prosa, genere che ha reso celebre il Festival con il ritorno della premiata coppia teatrale Eva Robin’s e Andrea Buscemi con “L’avaro” (22 agosto) di Molière. Confermato, tra le serate evento, l’appuntamento con la terza edizione del Premio Martini legato al Gran Gala Pucciniano (12 agosto).

Recital e one-man show C’è solo l’imba-razzo della scelta. In scena alcuni dei più grandi mattatori teatrali e televisivi degli ultimi trent’anni. Da Alessandro Benvenuti con “Zio Birillo” che aprirà la stagione di prosa (16 luglio) accompagnato dalla sua Band e il reading dello scrittore contempo-raneo Gianrico Carofiglio “Le notti dell’av-vocato Guerrieri” (17 luglio), allo show del comico napoletano Alessandro Siani “Più di prima” (24 luglio) alla sua prima appa-rizione assoluta in Versilia. E ancora Ales-sandro Haber con “El Tango” (2 agosto) e il ritorno di Enrico Montesano con “1 Men Show” (13 agosto) fino al varietà di Loretta Goggi “Spa - Solo per amore” (15 agosto) omaggio ai grandi cantautori della canzo-ne italiana con orchestra dal vivo e corpo di ballo, e al comico partenopeo Biagio Izzo con “Un tè per tre” (20 agosto) apprezzato protagonista di tanti cine-panettoni e della moderna comicità italiana.

Danza e Balletto, Operetta e musical Da sempre palcoscenico naturale per il bal-letto, la danza e l’operetta, fedele, anche in questo caso, alla sua tradizione. In car-tellone una vasta proposta di spettacoli da ballare in punta di piedi, danze mo-derne e piccole liriche. Immancabili gli acrobati illusionisti Momix con “Remix” (30-31 luglio) insieme ai classici portati in scena dal Rousse State Ballet e dai solisti del balletto nazionale di Sofia “Giselle” (1 agosto) e “Il Lago dei Cigni” (4 agosto), al balletto omaggio a Rudolf Nureyev “Gra-zie Rudy” (21 agosto) con interprete il pri-mo ballerino del Bayerisches Staatsballet di Monaco, Alen Bottaini. Dopo Anbeta e Jose Perez, è il turno di Kledi, il famosissi-mo ballerino di “Amici” di Maria De Filip-pi che alla Versiliana, insieme a Emanuela Bianchini e ai ballerini della compagnia di Mvula Sungani, presenta “Non solo bole-ro” (11 agosto), galleria sui passi di Car-men, Carmina Burana e Sirtaki. Moderno il “Don Giovanni o il gioco di Narciso” (21 luglio) della Spellbound dance Company di Mauro Astolfi sulle musiche di Mozart. Caldissimo il flamenco della Compagnia Flamenca Josè Moro “Don Quijote el sonador” (17 agosto) ispirato al libro di Miguel de Cervantes. Sulla scia del suc-cesso televisivo approda in Versiliana lo spettacolo con i protagonisti di “Ballan-do con le stelle” Natalia Titova, Samuel Peron, Samanta Togni, Fabrizio Grazia-ni, Vicky Martin, Roberto Imperatori con “Tutto questo…ballando” (18 agosto) per la regia di Marco Sellati e Marco Lapi. Per gli amanti dell’operetta un sempre ver-de della Compagnia Italiana “Al cavalli-no bianco” (3 agosto) mentre al musical “Rent – No day but Today” di Paolo Ruffi-ni (29 agosto) messo in scena dal Nido del Cuculo, è affidata la chiusura.

Musica leggera Il teatro della Versiliana si conferma anche una delle location mu-sicali di prestigio dell’estate italiana con i concerti di Francesco Renga (13 luglio) con l’Ensemble Symphony Orchestra, Mil-va (14 agosto), l’amatissimo Gino Paoli (10 agosto), il fenomeno musicale dell’anno

Malika Ayane (16 agosto) e lo stravagante Morgan (27 agosto).

Biglietteria I biglietti di tutti gli spettaco-li in cartellone possono essere acquistati presso la biglietteria del Festival La Ver-siliana in Viale Morin, al numero civico 16 di Marina di Pietrasanta (Lu) con ora-rio 10.00-13.00 e 16.30-23.00 e presso la biglietteria del Festival Pucciniano in Via delle Torbiere a Torre del Lago con orario 10.00-12.30 e 16.00-19.00. I biglietti possono essere acquistati an-che online su www.ticketone.it (e nei relativi punti vendita con possibilità di scegliere il posto).Inoltre, grazie all’accordo tra la Fondazione La Versiliana e la Fondazione Pucciniano i possessori di un biglietto di uno dei due Festival potranno beneficiare di uno sconto del 15% sull’acquisto di un ingresso per gli spettacoli in cartellone nell’altro teatro. Ba-sterà semplicemente presentare al botte-ghino il biglietto di uno spettacolo dell’altro Festival per ottenere lo sconto immediato sull’acquisto di un nuovo tagliando. Per informazioni La Versiliana Festival - Viale Morin, 16 - 55044 Marina di Pietra-santa (LU) Tel. Biglietteria 0584/265757-58. Orario: 10.00-13.00 e 16.30-23.00

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Accompagnatodalla Ensamble Simphony Orchestra

Il concerto prende ispirazionedal suo ultimo album Ho imparato a sognare

Testi di Giuseppe Ayala con il contributo di Ennio SperanzaCollaborazione al progetto di Massimo NataleDirezione Artistica e produzione di Gabriele Guidi

con il Quartetto Meridies e Pasquale CovielloTesti di Luis Borges Musiche di Astor Piazzolla

Libretto di Muller, Charll, GilbertMusiche di Ralph Benatzky e Robert Stolzcon Umberto Scida, Elena d’Angelo e Armando CariniMaestro direttore d’orchestra Orlando PulinRegia e Coreografie di Serge Manguette

Un racconto in 15 canzoniscritte, musicate e cantateda Alessandro Benvenutiaccompagnato dalla sua Band

di William Shakespeare Regia di Armando Pugliese

Libretto ed elaborazione drammaturgiadi Riccardo ReimMusiche di W.A. Mozart.Musiche originali di Luca SalvatoriRegia e coreografie di Mauro Astolfi

Reading musicalecon la Chelsea Band

con Vessa Tonova, Trifon Mitev, Vessala Emilova Vassileva, Georgi Rusafov Musiche di Piotr Ilich ChaikovskijCoreografie di Lev Ivanov e Marius Petipa

Uno spettacolodi Moses Pendleton

di Eduardo ScarpettaAdattamento e regia di Geppy Gleijeses

da un’antologia di testi di Jorge Luis BorgesMusiche di Astor Piazzollaeseguite da Quintetto Neofonia Ensemble

Musiche di Adolphe AdamCoreografie di Jean Coralli, Julles Pierrot, Marius Petipa

di Alessandro Siani e Francesco Albanesecon Francesco Albanese e Lello MusellaRegia di Mimmo Esposito

LUGLIO

AGOSTO

ORCHESTRA E VOCE TOUR 2010

ACOUSTIC TOUR ESTATE 2010

CHI HA PAURA MUORE OGNI GIORNO I miei anni con Falcone e Borsellino

EL TANGO

AL CAVALLINO BIANCO

ZIO BIRILLO Storie di acide amenità

LA BISBETICA DOMATA

DON GIOVANNI o il gioco di Narciso

LE NOTTI DELL’AVVOCATO GUERRIERI

IL LAGO DEI CIGNI

MOMIX REMIX

PRIMA NAZIONALE

PRIMA NAZIONALE

PRIMA NAZIONALE

PRIMA NAZIONALELO SCARFALIETTO Lo Scaldaletto

LO SPECCHIO DI BORGES

GISELLE

PIÙ DI PRIMA

Francesco Renga

Fiorella Mannoia

Mind & Art Srl Giuseppe Ayala

Alessandro Haber

Compagnia Italiana Operette

Teatro Stabile di Firenze Alessandro Benvenuti

Indie Occidentali Vanessa Gravina e Edoardo Siravo

Spellbound Dance Company

International Music and Arts Giancarlo Carofiglio

Rousse State Ballet con la partecipazione dei Solisti del Balletto Nazionale di Sofia

Momix

Teatro Quirino - Teatro Stabile di Calabria Geppy Gleijeses, Lello Arena e Marianella Bargilli

Aperta Mente S.r.l. Massimiliano Finazzer Flory

Rousse State Ballet con la partecipazione dei Solisti del Balletto Nazionale di Sofia

Tunnel Produzioni Alessandro Siani

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Regia di Gianni BrezzaCoreografie Stefano Bontempi

Libretto di Muller, Charll, GilbertMusiche di Ralph Benatzky e Robert Stolzcon Umberto Scida, Elena d’Angelo e Armando CariniMaestro direttore d’orchestra Orlando PulinRegia e Coreografie di Serge Manguette

di MolièreUno spettacolo di Andrea Buscemi

Soggetto ispirato al libro di Miguel de CervantesCollage di musiche popolari spagnolee brani di Vivaldi, Tartini, Dvorak, PaganiniCoreografie di Josè MoroRegia di Josè Moro e Giuseppe Carbone

di Ben JonsonRegia di Alberto Gagnarli

con la Compagnia di Mvula Sungani Musiche di Orff, Ravel ed autori variCoreografie e regia di Mvula Sungani

Uno spettacolodi Moses Pendleton

di Bruno Tavacchini e Biagio Izzo

Regia di Paolo Ruffini

Regia di Marco Sellati e Marco Lapi

Musiche di Adolphe AdamCoreografie e regia di Enzo Celli

Con l’EnsembleSymphony Orchestra

con la partecipazione straordinaria di Roberto CiufoliTesti e liriche di Stefano D’OrazioMusiche dei PoohRegia di Fabrizio Angelini

Musiche di Tchiakovsky, Drigo, Minkus

di Enrico Montesanocon la collaborazione di Dino Manetta

AGOSTO

XXXI° FESTIVAL LA VERSILIANAGINO PAOLI in concerto

SPA Solo per amore

L’AVARO

MILVA IERI E OGGI

DON QUIJOTE EL SONADOR

VOLPONE

NON SOLO BOLERO Carmen - Carmina Burana - Sirtaki

GROVIGLI

MOMIX REMIX

PRIMA NAZIONALE

PRIMA NAZIONALE

UN TÈ PER TRE

RENT No day but Today

TUTTO QUESTO... DANZANDO!

GISELLE MORGAN in concerto

PREMIO MARTINI e GRAN GALA PUCCINIANO

ALADIN, IL MUSICAL

GRAZIE RUDY Galà di danza in onore di Rudolf Nureyev

1 MEN SHOWLoretta Goggi

Peccioli Teatro - Fondazione Teatro Goldoni Livorno - Festival Orizzonti Eva Robin’s e Andrea Buscemi

Milva in Concerto

Compagnia Flamenca Josè Moro

Eventi Arte e Politecnico Mascia Musy, Antonio Salines e Renato Cortesi

CRDL e Mauro Giannelli Kledi Kladiu e Emanuela Bianchini

Malika Ayane in concerto

Momix

Biagio Izzo

Nido del Cuculo

Cicuta Produzioni Srl Natalia Titova, Samuel Peron, Samanta Togni, Fabrizio Graziani, Vicky Martin, Roberto Imperatori

Botega

Nausicaa Srl Manuel Frattini

Rousse State Ballet con la partecipazione dei Solisti del Balletto Nazionale di Sofia

Associazione Rudolf Nureyev Alen Bottaini

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TEXT Irene Barbensi

Dopo il successo delle passate edi-zioni, che hanno visto protagonisti dell’Estate Pecciolese grandi nomi

dello spettacolo e della musica italiani del calibro di Salvatore Accardo, Arnoldo

Foà, Tosca D’Aquino, Alessandro Haber, solo per citarne alcuni, si rinnova anche quest’anno l’offerta culturale di 11 Lune, la prestigiosa rassegna di musica e teatro che dal prossimo 1 luglio regalerà al suo pubblico grandi appuntamenti di spet-tacolo e cultura presso l’Anfiteatro Fonte Mazzola di Peccioli, in Provincia di Pisa. Sul palco dell’anfiteatro si avvicenderanno,

sera dopo sera, artisti del calibro di Massi-mo Ranieri, Gene Gnocchi, Eleonora Gior-gi, Franco Castellano.Darà inizio alla rassegna la CENAaTEA-TRO, un appuntamento conviviale sul-la collina dell’Anfiteatro con la cucina della tradizione toscana a cui seguirà lo spettacolo di sottile ed esilarante comi-cità di Gene Gnocchi, Cose che mi sono capitate… ancora!Si proseguirà con un cartellone di elevato profilo artistico tra cui spiccano gli eventi musicali: da Canto perché non so nuota-re… da 40 anni! di Massimo Ranieri, al Mu-sical Jesus Christ Superstar, allo spettacolo di danza della compagnia Flamenco Lu-nares, passando attraverso l’innovazione dell’Orchestra Meccanica Marinetti, che proporrà uno spettacolo multimediale che nasce tra arte, musica e robotica.Nel segno della continuità con le pas-sate edizioni che hanno visto i più noti personaggi dello spettacolo calcare le scene dell’Anfiteatro di Peccioli, in que-sta stagione sarà possibile assistere tra gli altri a Fiore di cactus con Eleonora Giorgi e Franco Castellano.Continua infine l’esperienza di PECCIOLI-TEATRO, la compagnia teatrale fondata a Peccioli nel 2005, che riserva agli spettatori della rassegna la prima nazionale di uno spettacolo, ispirato alle opere dei grandi

classici della letteratura teatrale, che cal-cherà le scene dei più importanti palcosce-nici italiani con due nuove produzioni: la lettura del romanzo di Alessandro Baricco Novecento e L’avaro di Molière entrambe per la regia di Andrea Buscemi.11 Lune si chiuderà il 30 luglio con la Fe-sta al chiar di luna una serata illuminata dai fuochi d’artificio, una notte all’insegna della convivialità e dell’allegria: “questa rassegna sta diventando di anno in anno un appuntamento sempre più importante per il nostro territorio” spiega il sindaco di Peccioli, Silvano Crecchi “un’occasione per mostrare le grandi risorse turistiche e culturali di questo comune, il segno tan-gibile del nostro impegno per rendere Peccioli uno dei luoghi più significativi del panorama culturale toscano”.La Rassegna sarà arricchita da importanti eventi collaterali. Giovedì 1 luglio alle ore 18.00 verrà inaugurata la mostra Il segno di Tono. Venticinque anni dalla scomparsa. La mostra, che si protrarrà fino al 25 set-tembre ripercorre la produzione grafica dell’artista padovano Tono Zancanaro, so-prannome che gli era stato dato dal nipote Renzo Bussotti, dagli anni ’60 agli anni ’80 affrontando vari temi, relativi allo spettaco-lo, alla musica e alle scenografie per opere liriche, inserendosi in modo naturale nella cornice di 11 Lune.

Per tutto il mese di lugliola rassegna di teatroche illumina le tue notti

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Un’estate con

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Giovedì 15 luglio alle ore 21.30 verrà inau-gurata l’installazione artistica di Grupparte La scala per Ophiuchus. La via Nascosta presso il vicolo Grotticella, che rimarrà vi-sibile fino a domenica 3 ottobre. Nell’ambito dell’iniziativa regionale “Le notti dell’Archeologia”, venerdì 23 luglio alle ore 21.15 verranno presentati gli Atti della Giornata di Studi “Peccioli e la Val-dera dal Medioevo all’Ottocento. Itinerari archeologici tra Pisa e Volterra”, che si è tenuta a Peccioli il 18 aprile 2009.La serata di mercoledì 28 luglio sarà dedi-cata alla Solidarietà con un’Asta di benefi-cienza di opere d’arte, il cui ricavato sarà devoluto ad Associazioni del territorio.Durante le sere degli spettacoli della Rassegna 11 Lune sarà possibile visitare gratuitamente dalle ore 22.00 alle 24.00 i Musei di Peccioli, il Museo delle Icone Russe “F. Bigazzi”, il Museo Archeologico e il Museo Collezione Incisioni e Litogra-fie - Donazione Vito Merlini.L’intera manifestazione è organizzata e promossa dalla Fondazione Peccioliper e dal Comune di Peccioli in collaborazione con la Fondazione Teatro di Pisa a cui è stata affidata la produzione esecutiva.Main sponsor della manifestazione è Bel-vedere S.p.A.

Punto informazioniSpazi per l’Arte Fonte Mazzola - Via della Costia, 1Dal 14 giugno al 14 luglio dalle 16 alle 19,30Cell. 334 7172854La sera degli spettacoli a pagamento sarà possibile acquistarei biglietti presso il punto informazioni dalle 16 alle 21

Shop Anfiteatro Anfiteatro Fonte MazzolaApertura nelle sere degli spettacoli secondo l’orario delle rappresentazioniCell. 334 1630818Si possono acquistare gadgets, pubblicazioni e CDediti dalla Fondazione Peccioliper, dal Comune di Peccioli e da Belvedere S.p.A.

Segreteria organizzativaSarà possibile acquistare la card e le prevendite degli spettacoli contattandola Segreteria Organizzativa al n. 0587 672158 dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13

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TEXT Angelo Errera

L’Istituto del Dramma Popolare ven-ne alla luce nel 1947 dalle ceneri del Teatro Verdi di San Miniato (Pisa)

e nacque, come si legge nello statuto, “per ridare al popolo il suo teatro, per

far sì che il teatro acquisti nella evoluzio-ne sociale la sua missione guida. L’Istitu-to si propone con una diversa struttura materiale ed organizzativa del teatro, di rendere veramente accessibile al popolo il teatro stesso... E poiché il teatro, oltre ad avere una funzione artistico-cultura-le, deve avere anche e particolarmente una funzione etico-sociale, l’Istitituto del Dramma Popolare metterà sulle sue scene lavori a sfondo e di ispirazione cri-stiana, sicuro di assolvere il suo compito, che è eminentemente educativo”. L’Istituto del Dramma Popolare di San Miniato è il più antico festival di produ-zione d’Italia e i testi, che in tutti questi anni sono stati rappresentati, apparten-gono alla drammaturgia definita “Teatro dello Spirito”, intendendo con ciò tut-ti quei lavori che trattano il tema della ricerca del senso e del significato della vita, anche in maniera conflittuale e non risolta. L’ispirazione cristiana è quindi

resa come ragione pro-fonda dell’interpretazione della storia, come fonte di interrogativi e di possi-bili risposte, come radice culturale, sociale e spiri-tuale. La trasformazione dell’Istituto del Dramma Popolare, avvenuta alcu-ni anni fa da associazione di private persone in Fon-dazione, con il concorso della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato e del Comune di San Minia-to, oltre che dell’Istituto stesso, ha prima di tutto lo scopo di perpetuare una tradizione che ha portato la Festa del Teatro sanmi-niatese ad assumere un ruolo fondamentale nella diffusione della cultura di ispirazione cristiana.L’attività e la ricerca della Fondazione si concretizzano ogni anno nella realizza-zione della Festa del Teatro a San Minia-to, che quest’anno giungerà, dal 3 al 29 luglio, alla LXIV edizione, la quale cele-brerà il centenario della nascita di Diego Fabbri, drammaturgo di rilievo del tea-tro italiano del Novecento, mettendo in scena e sottolineando i caratteri distinti-vi di una sua opera e cogliendo l’occa-sione anche per ripercorrere l’itinerario intellettuale e culturale di questo artista.

Diego Fabbri, infatti, fu uno dei più lu-cidi testimoni, di ispirazione cattolica, della cultura italiana ed internazionale, che più contribuì alla discussione e alla crescita del nostro Paese. Lo scopo che si propone la Fondazione è di coinvol-gere esperti e studiosi del teatro, del ci-nema, della comunicazione (televisione e radio) e della mediazione culturale con l’intento di evidenziare l’attualità e l’im-portanza, nonché favorire la riscoperta dell’opera di Fabbri. Quindi l’occasio-

1. Diego Fabbri2. Angiola Baggi3. Roberto Ciufoli4. Massimo Foschi

San Miniato celebreràil centenario dalla nascitadi Diego Fabbri attraversola messa in scena delle sue opere

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ne del centenario vuole avviare un “percorso” che possa articolarsi nel tempo, attraverso una serie di “eventi”, capa-ci di contribuire ad una maggiore conscenza, con particolare attenzio-ne alla formazione delle nuove generazioni.

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1. Diego Fabbri2. Angiola Baggi3. Roberto Ciufoli4. Massimo Foschi

P R O G R A M M AL X I V F E S T AD E L T E A T R OA SAN MINIATO

8 luglio ore 18,00Palazzo Grifoni - San MiniatoInaugurazione mostra Omaggio a Diego Fabbridal 9 luglio al 29 luglio dal lunedì al venerdi ore 10-13 16-19Sezione pittorica curata dai pittori dell’U.C.A.I e mostra foto-grafica relativa ai tre spettacoli di Diego Fabbri a San Miniato:

Veglia d’armi (1956)

Sotto il sole di Satana (1965)

Al Dio ignoto (1980)Premiazione della scuola vincitrice del concorso

Il Teatro dello Spirito nuove suggestioni

3 luglio ore 19,00Palazzo Inquilini - San MiniatoInaugurazione mostra DRAMMART Rassegna di manifesti della Festa del Teatro di San Miniato. Dal 3 al 30 luglio dal lunedì al venerdì ore 9-20 sabato e domenica 18-20

3 luglio ore 21,30Duomo di San MiniatoCoro Interuniversitario di Roma

Soli Deo GloriaL’Anno Liturgico nella tradizione polifonicadella Scuola Romana

dall’8 al 14 luglio ore 21,15Palazzo Grifoni - San Miniato - ingresso liberoRassegna cinematografica Diego Fabbri e il cinema8 luglio Il testimone (1946) di Pietro Germi9 luglio I vinti (1953) di Michelangelo Antonioni10 luglio L’allegro squadrone (1954), di Paolo Moffa11 luglio Il seduttore (1954) di Franco Rossi12 luglio Il generale Della Rovere (1959), di Roberto Rossellini13 luglio Barabba (1962), di Richard Fleischer14 luglio Una storia moderna (L’ape regina), di Marco FerreriLa proiezione dei film sarà precedutadal cortometraggio Chi è Dio? (1945) di Mario Soldati

15 luglio ore 16,00Palazzo Grifoni - San MiniatoConvegno L’opera teatrale di Diego FabbriRelatori Benedetta Fabbri, Graziella Corsinovi, Enrico Groppali

ore 21,30Piazza del Duomo - San MiniatoAnteprima per la Stampa dello spettacolo Processo a Gesù

dal 16 al 19 luglio ore 21,30Piazza del Duomo - San MiniatoLa Fondazione Istituto del Dramma Popolarein collaborazione con COOP. ARGOT A.r.l. - Roma presentano

Processo a Gesùdi Diego FabbriRegia di Maurizio PaniciScene Daniele SpisaCostumi Lucia MarianiMusiche Stefano SalettiLuci Riccardo TonelliCast (in ordine alfabetico)Angiola Baggi - Roberto Ciufoli - Massimo Foschie con Marco Balbi - Renato Campese - Dely De MaioMassimiliano Franciosa - Crescenza Guarnieri - Massimo RealeElisa D’Eusanio - Domenico Diele - Fabio MascagniDaniele Orlando - Rocco Piciulo - Alice Spisa

26 - 27 luglio ore 21,30Piazza Duomo - San MiniatoLa Fondazione Istituto del Dramma Popolare di San Miniato in collaborazione con COOP. ARGOT A.r.l. e Associazione Multimedia Produzionipresentano la produzione in prima assoluta de

Il Pratodi Diego FabbriRegia di Salvatore Ciulla Scene Daniele SpisaCostumi Massimo PoliMusiche Roberto TofiLuci Riccardo TonelliCon Claudia Koll, Fabio Mascagni, Rocco Piciulo

20 luglio ore 21,30Chiesa dei SS. Michele e Stefano - San MiniatoLa Fondazione Istituto del Dramma Popolarein collaborazione con Compagnia dell’Eremo presentano

Così attendo sereno la notteTratto dagli scritti di Padre David Maria TuroldoRegia di Fabio BattistiniCon Antonio Zanoletti

22 luglio ore 21,30Chiesa dei SS. Michele e Stefano - San MiniatoLa Fondazione Istituto del Dramma Popolare in collaborazione con Les Compagnons de la Marjolaine (Francia), Associazione Multimedia Produzioni e Comune di San Miniato presentano

22.7.1944 MemorieLiberamente tratto dal Diario di Vittoria VolpiniRegia di Agostino CerraiCon Agostino Cerrai, Sophie Elert, Silvia PagninInserti video di Pierpaolo Magnani

24 luglio ore 21,30Chiesa dei SS. Michele e Stefano - San MiniatoCSS Udine in collaborazionecon Federgat I teatri del Sacro presentano

L’abbandono alla Divina Provvidenzauno spettacolo di Alessandro Bertidall’opera omonima di Jean Pierre De Caussade

29 luglio ore 21,30Piazza Duomo - San MiniatoA.R.Mu.S.e R. e Ass. Romana Musica Sacra e Religiosapresentano

Dio Maternamenteadattamento di Michele Di MartinoDiretto e interpretato da Pamela Villoresi

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teatroTEXT Carlo Baroni

Una San Miniato lontana e ferita. Colpita a morte. Una San Miniato a cui Paolo e Vittorio Taviani guarda-

rono già con i primi minuti del loro cinema che, negli anni, avrebbe elevato al rango di personaggio il paesaggio, avrebbe guardato negli occhi il male raccontando storie di ieri per far riflettere il pubblico di oggi. E’ “San Miniato, luglio 1944”, il do-cumentario d’ esordio dei fratelli cineasti circa quaranta minuti di ripresa, tra scor-ci di San Miniato, processioni, interviste, perché con questo documentario Paolo e Vittorio Taviani volevano con forza dar voce alle vittime, tramite le testimonianza di alcuni che nel duomo dello loro città, il 22 luglio del 1944 persero la vita sotto la ferocia assassina della guerra voluta dal nazifascismo. I tempi, forse, non erano an-cora maturi perché il cinema potesse pun-

tare l’obiettivo, serenamente, su una feri-ta così grande e dolorosa. Il clima a San Miniato ed in Toscana era di contrapposi-zioni forti, di irruenza ideologica da ogni parte, era un muro contro muro dai toni anche pericolosi. Le riprese vennero in-

terrotte più volte dalle forze dell’ordine. Mol-te scene furono girate di notte. Di nascosto. Il lavoro dei giovanissimi registi arriva al festival del documentario di Pisa nel 1954 (dove ot-tenne il secondo pre-mio) e lì si fermò per sempre colpito da cen-sura per ragioni di or-dine pubblico. Eppure - finanziato da Comune di San Miniato e Pro-vincia di Pisa - avrebbe dovuto girare nelle sale legato alla proiezione, ogni sera, di un altro film. Negli anni andò persa anche la pellicola di cui restano oggi solo pochi fotogrammi. Re-alizzato da Valentino Orsini, Paolo e Vittorio Taviani, con sceneg-giatura scritta anche

da Cesare Zavattini, “San Miniato, luglio ’44” rievoca, appunto, l’eccidio nel Duo-mo di San Miniato in cui persero la vita 55 civili. E lo fa quasi trent’anni prima de “La Notte di San Lorenzo”, il lungometraggio - girato a San Miniato e nelle compagne del Valdarno - con il quale Paolo e Vittorio riescono pienamente e compiutamente a rievocare quel passato di sangue sui col-li della loro città, quella San Miniato del luglio 1944 passata già una volta davanti al loro obiettivo. Il primo documentario è frutto, però, di quelle scene vere che passarono sotto i loro occhi da ragazzini: Paolo e Vittorio videro la loro casa distrut-ta dalle mine tedesche, la loro città quasi azzerata per gli stessi motivi e per i bom-bardamenti americani. E’ così che appe-na dieci anni dopo, Paolo e Vittorio già ammalati di cinema, girarono quei primi minuti, attribuendo la responsabilità delle strage del duomo ai tedeschi come aveva stabilito la ricostruzione dei fatti all’epoca. Il Centro Cinema Paolo e Vittorio Taviani di San Miniato - ente fondato nel 1996 dal Comune per valorizzare l’opera cinema-tografica dei due illustri concittadini - ha proiettato sulla scena per la prima volta quel lavoro andato disperso. Lo storico Riccardo Cardellicchio ha ritrovato la sce-neggiatura originale, che comprende an-che la parte riguardante la testimonianza di don Giancarlo Ruggini che nel film fu

1. Due fotogrammi in bianco e nero, gli unici due spezzoni del primo lavoro cinematografico dei fratelli Taviani andato disperso: San Miniato, luglio ‘442. I fratelli Taviani 3. La messa in scena del riadattamento teatrale del documentario per la regia di Andrea Giuntini: La notte di San Lorenzo

Teat

ro

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Tavianiquei primi minuti di cinema

diventano

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tagliata per le pressioni del clero sanminiatese. Da quella sceneggiatura è stato fatto un adattamento teatrale che ha permesso di vedere l’inizio di quel progetto culturale di Paolo e Vittorio Taviani, quello che con straor-dinaria coerenza li accompagna ancora oggi: una urgenza di raccontare, di creare storie, di interrogarsi continuamente, di chiamare lo spettatore a riflettere ed a sua volta ad interrogarsi”. L’iniziativa - sostenuta dalla Fonda-zione Cassa di Risparmio di San Miniato che, lo scorso autunno ha premiato i due registi con il “Torello Pierazzi” - è andata in scena nell’auditorium di San Martino per la regia e l’interpretazione di Andrea Giuntini (che inter-pretò un giovane renitente alla leva ne La Notte di San Lorenzo) insieme alle attrici Angela e Benedetta Giuntini, Gloria Grazzini, e Katia Frese per i movimenti scenici. E senza riaprire ferite, ma toccando splendidamente le corde della memoria, un pubblico attento - presenti anche alcuni giovani di allora che fecero le comparse - ha visto la purezza dello sguardo che ca-ratterizzerà tutto il cinema di Paolo e Vittorio Taviani. In sala erano presenti anche il vicesindaco di San Miniato Chiara Rossi, l’assessore Maria Teresa Piampiani, il consigliere provinciale Alessandra Starnini.

3

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Massaa

TEXT Andrea Berti

E’ l’appuntamento estivo della dan-za in Italia. Il più giovane e il più amato. L’evento atteso da centina-

ia di aspiranti ballerini che a luglio, dal 13 al 17, si ritrovano a Massa (Ms), ter-ra di mezzo tra la stupenda Versilia e la

magia della Lunigiana, per danzare con i migliori maestri coreografi internaziona-li. Ad ospitarli c’è una città a misura di danza: è la città del Festival Ballet all’in-terno dello storico Parco della Comasca, nel cuore verde di Marina di Massa. 10 mila metri quadrati per danzare! danza-re! e ancora danzare! In 3000 mila sono già stati protagonisti. Si sono sfidati. Si sono emozionati. Hanno danzato tutti insieme. Sono una tribù; la tribù del Fe-stival Ballet. Semplicemente uno stile di vita. Un modo di vivere la danza diver-so perché al Festival Ballet conta solo divertirsi. Il talento? Ci pensiamo noi a scoprirlo. Ora è il tuo turno.Arrivato alla quinta edizione, il Festi-val Ballet apre per la prima volta alle compagnie emergenti (Rising Dance Generation) e al balletto, inserendo nella cinque giorni, al fianco di oltre 60

ore di stage con 22 super-presenter di portata mondiale, due notti di grande danza con il suggestivo Carmina Bu-rana firmato dalla SpellBound Dance Company (regia e coreografia di Mauro Astolfi) e con la rivelazione dell’anno Certe Notti di AterBalletto (coreogra-fie di Mauro Bigonzetti) ballato sulle musiche di Luciano Ligabue. In palin-sesto una rassegna dedicata ai gruppi che partecipano agli stage, la competi-zione di Hip Hop e i Contest 1vs1, talk show pomeridiani con i presenter del Festival e molto altro ancora.Intatto il format di successo. Mantenuti i must che hanno reso il Festival Ballet una celebrità nel panorama dell’en-tertainment. Il Festival Ballet è stage e spettacolo, divertimento, gare e com-petizione, benessere e relax, vacanza e mare (pacchetti a partire da 30 euro al

danza e ballettoE

venti

66

c’è

Dal 13 al 17 luglioprotagonisti i bigdella danza internazionale.C’è anche Bill Goodson.Carmina Buranae Certe Notti sulle musichedi Luciano Ligabuenel teatro all’aperto.

Page 69: Reality 56

giorno in Hotel a 3 stelle. Per usufruire delle agevolazioni e sconti nelle strut-ture ricettive convenzionate contatta M.D.R. Conftourist allo 0585.255292) in una location rinomata e famosa in tutto il mondo. Organizzato da Simone Ranieri con il Patrocinio della Provincia di Massa Carrara, Comune di Massa, Fondazione Cassa Risparmio di Carrara, Apt, Festival Lunatica e di importanti scuole e acca-demie internazionali, sponsor tecnici e media specializzati tra cui Radio Bruno in qualità di radio ufficiale, “Tutto Dan-za” e “Musical”, il Festival Ballet è una reale opportunità di vincere importanti borse di studio, partecipare alle finali del prestigioso concorso Vitasnella Dance Award e al game show musicale italiano cult in onda sul canale satellitare Boing

“Wanna Dance?”. I Presenter: Classica e neoclassica, moderna, contemporanea e musical per cinque giorni no-stop di dan-za. E un cast di presenter di livello inter-nazionale: Bruno Vescovo, Sveva Berti, Gregor Hatala, Eugenio Scigliano, Marco Batti, Eugenio Buratti, Susanna Beltrami, Bill Goodson, Mauro Astolfi, Alex Atzewi, Marco Pelle, Damiano Bisozzi, Claudia Rossi e Dominique Lesdema. Hip Hop Competition: Evento dentro l’evento, la

competizione di Hip Hop e contest 1Vs1 diretta da Daniele Baldi (direttore arti-stico) si è trasformata, nelle ultime edi-zioni in un vero e proprio appuntamento nazionale per i freestyler. Nel cast 2010 confermati, oltre a Daniele Baldi, Ilenja Rossi, Alice, Fetto, Gus Bembery (USA) e le new entry Gabriel Francisco (USA), Massy (Italia) e Morena (Ita). Ma le sor-prese non finiscono qui. Per saperne di più vai su www.festivalballet.it

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TEXT Carla Cavicchini

Capita anche nelle migliori famiglie d’alzarsi ed improvvisamente capire che tutto ciò che ci circonda, qual

benessere, divertimento, spensieratezza, sia vuoto e privo di senso e che i veri valori siano altri. San Francesco, come ben sap-piamo, arrivò al punto di togliersi gli abiti

per donarli ai poveri e Don Milani - parro-co di buona famiglia fiorentina - abbrac-ciò i sacramenti per donare la sua sapienza agli amatissimi alunni, lasciando l’agiatezza in cui egli prima viveva. Persino Brigitte Bardot, simbolo francese (per-mettetemi il paragone per favore) nonché diva acclama-tissima per bellezza e spregiu-dicatezza, si allontanò dal set improvvisamente, lasciando tut-ti di stucco, per svolgere una missione: quella di salvare gli anima-li dalle torture, dagli abban-doni, adibendo la sua Mandra-que - ex luogo d’eccessi e di piaceri - ad una sorta di ricovero per le povere b e s t i o l i n e dove ella, sin dall’alba, li nutre e li cura con grande amore ed affetto. E questo og-g i g i o r n o la gratifica più d’un Cartier al polso.

Anche Claudia Koll ha avuto un percorso simile e la dolcezza del suo volto adesso ce lo racconta. Come del resto ha fatto Pa-olo Brosio: la scelta di abbracciare la fede. Di questo ne parla alla Regione durante la presentazione del suo libro Ad un passo dal baratro - edizioni Piemme -. In un salone affollatissimo all’inverosimile dov’egli rac-conta il nuovo cammino, lasciando scorre-re più tardi, seppur involontariamente, due lacrime di commozione per tale rinascita. Parole calme e cadenzate che escono col timbro inconfondibile della sua voce ce lo mettono in una luce completamente diver-sa, poiché adesso la protagonista della sua vita è la Madonna.

Nelle difficoltà della vita e nel dolore Dio ti aiuta - spiega - la morte di mio

padre ed ancor prima la sua ago-nia mi sconquassò letteralmen-te, ci fu poi l’atto incendiario al Twiga, e la chiusura del locale

per un bel po’ di tempo, con la conseguenza di quegli 80 contratti di lavoro….La fine del mio matrimonio: anche

quello, ma la mia ex-moglie non si deve sentire colpevo-

le, buona parte della responsabilità è

mia, poiché non sono

mai sta-to un marito model-lo, e quindi non è giusto in f ie -r i r e s u g l i a l t r i . Oggi h o D i o n e l cuo-r e c h e

m i a i u t a

nelle tentazioni, posso traballare, ma mi rialzo e vado a messa. Ringrazierò sempre quella preghiera di trenta secondi che mi ha ben incanalato e quindi è giusto che io salvi o tenti di salvar gli altri. Come? Racco-gliendo soldi con cene benefiche ed altri eventi, e prodigandomi per consegnarli agli orfanotrofi, anziani bisognosi e non solo. Vado spessissimo in Bosnia Erzego-vina, a Medjugorje, dove appare spesso la ‘Signora’, e in quei luoghi vivo un rapporto semplicemente splendido con chi mi aiuta, nonché anche con suor Kornelya, alla quale scherzando dico sempre che ella ha un fax aperto con Dio!Momenti di forte impatto dove le persone ascoltano con gran interesse l’amico Paolo. Lo invita nuovamente l’ex vice Presidente del Consiglio Regionale Angelo Pollina, a parlar del suo misticismo e Brosio…La mia esistenza era fragile, molto materiali-sta; ‘Lui’non mi conosceva, è strano, o forse sì, sta di fatto che oggi ho molte responsa-bilità nei suoi confronti e corro tutti i rischi.Accetta la mia intervista: parla dell’aborto della sua fidanzatina sedicenne d’un tem-po, del sesso, droga ed alcool in cui era sprofondato,...Nel libro è scritto tutto, ho patito molto ed oggi grazie al cielo mi sono salvato con la semplice preghiera de l’Ave Maria.Adesso vivo nella pace e serenità - rac-conta - ma non scorderò mai la decisione presa insieme alla mia ex ragazzina d’allo-

Con la fede nel cuore si vive ovunque, riuscendo a portare nel nostro piccolo esempidi coerenza con ciò che si dice

il cielo...anche quella di un hotel

PAOLO BROSIOPe

rsona

ggi

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in una stanza

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ra, d’andar incontro all’aborto. Mi accorsi della ferita subita, e ciò mi portò dei complessi di colpa non indifferenti. Gli stetti vicino, molto, anche se la frittata era fatta! Adesso questo mio cambiamento, di cui ne sono più che fiero, ha addirittura condizionato il mio approccio con la sessualità,…cam-bia il modo di far l’amore. Ed ho chiuso con gli eccessi in tutti i sensi, la mia frenesia è orientata ben diversamente.Sei di Empoli? (Glielo avevo accennato poco prima...)Conosco bene l’ex-allenatore della Roma, Luciano Spalletti… Sì, c’è una gran-de amicizia, ma anche Montespertoli, precisamente San Donato Livizzano, dove anche lì ho un amico speciale, Don Mario. Sono andato a trovarlo va-rie volte e penso proprio che prima o poi farò qualcosa anche con lui. E’ una persona straordinaria e voglio aiutarlo nel suo progetto di costruzione di una grande parrocchia, grazie alle sue doti straordinarie… un bel santuario.Ritiene compatibile questa sua nuova rotta con il locale che gestisce a Forte dei Marmi, le feste, gli amici nel mondo dello spettacolo?A maggior ragione bisogna sapersi comportare bene in un ambiente spet-tacolare o tentacolare. Con la fede nel cuore si vive ovunque, riuscendo a portare nel nostro piccolo esempi di coerenza con ciò che si dice. Certo se si continua a sbagliare o scivolare, allora è un problema, ma si rappresenta la fede anche nel proprio lavoro; uno mica si deve isolare!Non so…faccio fatica a…A cosa?Che l’uno allontana l’altro, è un fatto di crescita interiore…Appunto, adesso vedrete Paolo Brosio che cerca di migliorarsi, da oggi all’indomani non si diventa santi!Però è pur vero che la fede regala valori e concetti che, automaticamente, ti portano lontano da cose più materiali...Ma non è vero! La fede ti fa vivere il presente con grande senso della realtà, e mi permetto di dissentire, è il contrario! E la difficoltà è proprio questa: vivere la quotidianità in maniera esaltante coi principi del proprio credo. Non è facile ma si riesce.È sereno. Parlandomi mi sorrideva teneramente con gli occhi facendomi per-cepire che a volte un “caldo” sguardo apre porte infinite delineate da spazi illimitati. E son sicura, lo sento, che lo fa per interrogarmi sul mio rapporto col “Divino”. Ammetto che ne sono scossa.Ciao - e mi regala un “buffetto” sulla guancia, anzi sulla “gota” come usa dire tra noi.La sua vita adesso ha un senso?Molto più di primaMiracolo a Milano. Una bellissima pellicola in bianco e nero dove tutti, uo-mini e donne, s’alzavano con gli ombrelli aperti su in alto, verso il cielo. È pur vero che talvolta è il cielo a scendere tra noi.

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TEXT Gustavo Defeo

DitanaklasisNel primo secolo e mezzo dopo

la creazione del Fortepiano da parte di Bartolomeo Cristofori

ci sono stati grandi innovazioni, alcune dimenticate, altre che hanno dato for-ma a quello che adesso noi conosciamo

come Pianoforte. Dal punto di vista del suono, diversi timbri ed effetti sono stati sperimentati, quali il suono di fagotto, la gran cassa perfino le “turcherie”. In quanto alle forme, oltre al tradizio-nale piano a coda, possiamo apprezza-re quelle più svariate (dal tavolo, al “ s e c r e t a i -

1. Maria Luisa de Borbone, 1782 – 1824Regina e Reggente di Etruriacon il suo figlio Carlo Lodovico (Goya).2. e 3. Ditanaklasis di Mathias Müller (1800)www.accademiacristofori.it - www.labfortepiano.it

re”, alla giraffa, la piramide o la lira) però senza dubbio uno dei più rari è stato si-curamente il Ditanaklasis o Ditalelo-clange, invenzio-ne del costruttore vienne-se Mathias Müller.Mathias Müller nacque a Werborn, Frankfurt nel 1770 e lo troviamo attivo a Vienna già dal 1797. Fu ri-conosciuto come innovato-re e creatore di nuove for-me di strumenti musicali, alcune quali la Xänorphica (pianoforte a frizione) che non hanno avuto successo, ma altri quali il Ditanakla-sis che hanno dato origine ai moderni pianoforti verti-cali. Mathias Müller morì a Vienna nel 1844.

Secondo il noto musicolo-go austriaco Prof. Alfons Huber, il Ditanaklasis è sta-to uno dei primi Pianofor-ti verticali la cui struttura poggiava in terra (anziché su gambe).

Nei riferimenti bibliografi-ci troviamo sul Dizionario e Bibliografia musicale di Pietro Lichtenthal, 1836, la seguente definizione:

“DITTANKLASIS, ovvero DITTALE-LOCLANGE. Tal nome fu dato dal

meccanico Müller di Vienna ad un Cembalo da lui in-ventato nel 1800. Questo è composto di due ta-stiere in una delle quali

le corde sono accordate d’un’Ottava più alta che nell’altra, e

fra ambedue trovasi una Lira con corde di budello.”L’unico Ditananaklasis a due tastiere pervenuto si trova a Firenze ed è at-tualmente di proprietà privata presso il laboratorio di Restauro del Fortepiano

di Donatella Degiampietro. Lo si può apprezzare nella Galleria del Fortepiano dell’Accade-

mia Bartolomeo Cristofori di Firenze.

Le più importanti delucidazioni su come uno strumento del genere sia arrivato in Toscana, le troviamo in un articolo scrit-to da Pierluigi Ferrari e Giuliana Monta-nari e pubblicato nel 1995 nel giornale Recercare: “Presenza del pianoforte alla corte del Granducato di Toscana, 1700-1859: uno studio documentario, con riferimenti alle vicissitudini di clavicem-bali, spinette e spinettoni, parte secon-da: dopo 1799”.

...il Ditanaklasisè stato uno dei primi Pianoforti verticali la cui struttura poggiava in terra(anziché su gambe)

un curioso Fortepiano... anzi due

Musi

ca

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Questo articolo cita il seguente documento:

“Imperial e Real Corte Lorenese 3493, 10 ottobre 1806, n° 5552-4La real camera di s.m. la regina reggente di Etruria &&& deve a Giacinto Micali, e figlio per speditoli con i navicellai Carlo, e Luigi Noccioli in due casse, e due pacchetti N° 1 gran piano forte detto DITANAKLASIS inventato dal fabbricatore Müller di Vienna con privilegio, e protezione di s.m.i.r., questo istrumento musicale, a corde fatto per dare piacere alle società di buon gusto per esser sonato da due fino a 4 persone, avendo il vantaggio combinato di due opposte tastature, una delle quali incomincia da F fino a [vuoto], cioè 5 ottave e 4 mezzi toni, l’altra dal grande C fino f, cioè 5 ottave e 6 mezzi toni.La forma di questo istrumento è dritta per adattarsi in mezzo di una stanza, e si può ornare la cassa riccamente se si vuole, ha 3 piedi di profondità e altrettanti di larghezza.La parte superiore è fatta di modo che i sonatori si possono vedere a traverso della lira d’Apollo che serve per un accompagnamento sonan-do di pizzico a uso di arpa dalle stesse persone che sonano nel mede-simo tempo questo istrumento.Vi sono le panchette e i sedili ai quali si forma, volendo, li bracci, e gli appoggi con i suoi cuscini ripieni alla misura più comoda delle persone che devono sonare, o sole, o in accompagnamento.Il prezzo di questo istrumento fissato ristrettissimo è zecchini 210 –”.

Sembra che dopo un ripensamento, la Regina abbia deciso di restituire lo strumento ai commercianti di Livorno, dai quali lo aveva acquistato (Giacinto Micali e figlio) e questi affidarono lo stesso a Fra Luca Tufini, Organista della chiesa della Madonna di Livorno.

3

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Musi

ca

TEXT Claudio Guerrini PHOTO Massimiliano Masci

con l’insetto

C’è un magnifico strumento mu-sicale adattissimo per musica tutt’altro che d’élite che è in giro

dai seventies, e solo adesso si sta diffon-dendo in Italia grazie alla passione e alla

competenza di qualche pioniere, ma per il rock ad esempio, per quanto riguarda le basse e medio-basse frequenze, pro-babilmente non c’è niente di meglio... Emmet Chapman creò lo Stick negli anni ‘70, un magnifico connubio di liuteria d’al-tissimo livello e innovazione, dando luce a

uno strumento che permette, utilizzando la tecnica del tapping, di usare in modo indipendente entrambe le mani. Con la sinistra si suonano linee di basso e con la destra le melodie; l’incredibile sensibilità dello strumento genera un timbro di base estremamente percussivo e molto inten-so, ma la gamma delle sonorità che que-sta specie di “megamanico” può produr-re è strabiliante, soprattutto se si usano gli effetti a dovere e si ha un approccio openminded allo strumento (pensate al devastante riff d’apertura di Elephant Talk dei King Crimson!).Lo Stick standard uti-lizza 10 corde, ma negli anni successivi ha visto moltiplicarsi le sue incarnazioni; il Grand Stick, ad esempio, ne ha 12. Per quanto la versatilità dello Stick sia pari a quella di uno strumento a tastiera, spesso lo si considera una sorta di super-basso “a causa” di Tony Levin (Gabriel, King Crim-son) che lo utilizza soprattutto in questo modo; Già Trey Gunn e Jim Lampi, ad esempio, ne fanno un uso diverso.

Sulle colline di Montepulciano, Andrea “Atreio” Marcucci suona con maestria il suo Grand Stick da oltre 10 anni, muo-vendosi in un plasma sonoro che alter-na dimensioni cristalline a sperimenta-zioni fatte di loops e suoni saturi; i suoi innumerevoli progetti che spaziano dal rock al jazz alla carriera solista sono ben rappresentati, con tanto di downloads gratuiti, sul sito www.atreio.eu: consi-glio la visitina...

Contatti:Atreio è su Facebook e su MyspaceSe volete esplorare il magico mondodello stick o chiamarlo a suonare Cell.+393281040692www.atreio.eu

Lo Stick, uno strumentodegli anni ‘70che si sta diffondendosolo adesso in Italia grazie anche ad un musicistadi Montepulciano: Atreio

steccosuonare

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DOMETEXT Luca Gennai PHOTO Francesco Pelosi

un puro del rock‘n’roll

Domenico Petrosino nasce a Casci-na (Pi) il 18 maggio del 1958, con-siderato uno dei più grandi chi-

tarristi italiani. Dome La Muerte, membro

fondatore dei mitici CCM (prodotti da Jello Biafra), dei Not Moving e degli

Hush. Grande amico di Nico, ha girato in tour in Europa, con i Clash, Nick Cave and the Se-eds, Johnny Thunder’ Heart-

breackers, Fleshtones, Fuz-ztones, Iggy Pop. Ha

partecipato con De A n -

drè, Guccini e Gian Pieretti all’omaggio ad Allen Ginsberg tenuto a Conegliano Veneto nel ‘96. Ha composto e suonato in colonne sonore per spettacoli teatrali e film (tra cui Nirvana di Salvatores). Da anni si occupa di promuovere la cultura dei nativi americani, collaborando a di-versi progetti con Lance Henson e John Trudell. Una volta ha anche baciato Ca-terina Caselli. Da alcuni anni Dome La Muerte incide e fa concerti con i Dig-gers. Nel mese di aprile è uscito il loro secondo cd dal titolo Diggersonz.

Con Domenico, che considero un grande fratello, mi sono trovato in questi giorni a

parlare della scena musicale italiana, ne è uscito questo scritto: “la scena

musicale italiana vola bassa e ci sono secondo me due scene. La prima scena dell’area così detta alternativa dove ci sono ancora gruppi che fanno musica come in qualsiasi campo dell’arte, per-chè hanno urgenza di far sentire il pensiero che hanno dentro.

Questa scena mantiene ancora vivo il circuito indipendente vero.

Potrei fare i nomi di Smal jackets di Rimini, Peawees di La Spezia che fanno

Punk hardcore o i Headbangers di Prato, trovo comunque interessante anche

gruppi della scena musicale spe-rimentale noise a patto che

facciano musica con sincerità. Poi c’è un

altro tipo di scena, quella formata da gruppi che fanno

musica tenendo il piede in due scar-

p e , ovvero quella scena indipenden- te che usa questo termi-

ne come partenza per poi raggiungere una Major, trovo questo modo di essere indi-pendenti, solo un atteggiamento. I gruppi rock Italiani attuali si sono adeguati a que-sto sistema. La grande differenza che c’è tra la scena indipendente anni ‘80 e quella attuale, è che noi negli anni ‘80 avevamo davvero qualcosa da dire e spesso sposa-vamo cause che ci stavano a cuore e non avevamo troppi clichè come invece vige

in questi anni. Ogni band cercava di non assomigliare a nessun’altra, nonostante il fatto che tutti noi musicisti avessimo radici musicali o fonti di ispirazione, c’è sempre stata una ricerca di un suono originale, oggi invece ci sono cover band o band che fan-no musica propria cercando in partenza di appartenere a una scena già conosciuta e collaudata, così da avere una strada meno dura. Questa è la grande differenza che trovo tra la vecchia e la nuova scena. Inoltre negli anni ‘80 c’era, e da parte mia c’è anco-ra, la fierezza di appartenere al circuito indi-pendente considerato area libera e protet-ta, e i gruppi facevano musica che la Major non avrebbero mai prodotto. A differenza di certi musicisti di oggi che si proclamano appartenenti al circuito indipendente, che lavorano con Major e grosse agenzie e poi si lamentano in maniera ipocrita e vittimista di non essere sufficentemente supportati dai media e di non guadagnare abbastanza. Io del palco ne ho fatto una ragione di vita. Pubblico che apprezza gruppi interessanti direi che c’è, sono i media e chi fa parte del suo circuito che poi invece punta sempre al mainstream. Un’altra catastrofe dei nostri tempi sono le réunion, spesso inutili, o utili solo a spremere il limone e fare un po’ di soldi. Come nella pittura e nel teatro anche nella musica è premiato il vecchio e lo scon-tato invece del nuovo, si sceglie la via più comoda e rassicurante, spesso in malafede vendendo per avanguardia quello che era avanguardia venti o trenta anni fa, approfit-tando del fatto che buona parte della nuo-va generazione ignora quello che è succes-so nell’arte nel secolo scorso. Anche noi dei Not Moving abbiamo fatto una réunion cin-que anni fa a tempo determinato: dieci date in concomitanza all’uscita del cd dvd live in the 80’s, cachet alto, alberghi di lusso, quasi tutte le date strapiene…, ci hanno proposto di continuare, ci potevamo fare dei soldi, ma anche questa volta per onestà artistica non ce l’ho fatta, un artista deve sempre andare avanti e così abbiamo tirato su i Diggers, un’altra band per la quale devono sempre nominare cinque o sei generi per provare a catalogarci. Sulla scena degli anni ‘70-’80 italiana, continuano a scrivere da un po’ di tempo libri, non so se succederà la stessa cosa sulla scena musicale del 2000, proprio

“Io del palco ne ho fattouna ragione di vita”

DOMEM

usica

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musicistat o s c a n oLA MUERTE

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perchè come ho detto prima, pochi musicisti cercano la loro personale strada artistica. Poi tutti più o meno puntano al pezzo radiofonico cercando l’omo-logazione. Io ho detto tante volte che la scena indipendente italiana è stata rovinata alla fine degli anni ‘80 inizio ‘90 da band che venivano dai centri sociali come le Posse, che hanno venduto il culo per soldi alle Major e alle più grandi agenzie... Loro urlavano “fotti il sistema”, poi il sistema nella realtà ha fottuto loro. Hanno inoltre lanciato la moda di cantare per forza in italiano rinchiudendo la musica rock su sé stessa, mentre negli anni precedenti si era aperta una porta sull’esportazione, a cominciare dalla prima scena punk hardcore, dove alcune band italiane hanno fatto scuola persino in America. Io personalmente mi riten-go fortunato perchè lavoro con etichette che mantengono la stessa mentalità delle indipendenti degli anni ‘80; Area Pirata, Go Down, Surfin ki, etichette che mantengono alta la bandiera in tempi così difficili. Tutt’oggi oltre alle etichette esistono ancora una serie di artisti che ritengono l’arte qualcosa di intoccabile e non sono disposti a vendersi al miglior offerente o cambiare la propria strada per soldi. Chi non fa parte di questo giro lo considero senza offesa un bravo commerciante o un buon artigiano. Io sono disposto a fare la fame e la faccio per quello in cui credo e ne sono felice. Questa cosa è molto romantica però fai una vita dura. Concludo con una frase che mi ha detto mia moglie in questi giorni: “Una volta i potenti leccavano il culo agli artisti, ora sono gli artisti che leccano il culo ai potenti”. Ai nuovi Artisti voglio dire: fate la vostra strada senza compromessi e forse rimarrà qualcosa di quello che avete fatto, e mi raccoman-do non fatevi fregare da nessuno nemmeno dagli amici”.

Dome La Muerte and the DiggerzDiggersonz (Go down/Area pirata)È l’ultimo album uscito in aprile 2010: è un disco di puro garage-rock interamente registrato in Spagna su bobina. Produttore è Jorge dei Doctor Explosion, anche special guest su questo disco. L’ultimo brano è strumentale tra Gun Club e Ennio Morricone. Dome anche in questo nuovo lavoro non si smentisce e ci regala 10 perle che vanno dal punk-blues a un “lercio” rock’n’roll di sapore seventies.Da ascoltare ad alto volume.

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Il solistaRegia: Joe WrightDistribuzione: UIPData di uscita: 23 luglio 2010

Nathaniel Ayers, finito in mezzo alla strada dopo essere stato dichiarato schizofrenico quando era iscritto all’università, coltiva un grande sogno: suonare al Walt Disney Concert Hall. Il suo talento come musicista é innato e quando fortunosamente incontra per la sua strada Steve Lopez, un giornalista che ha intenzione di aiutarlo a realizzare il suo desiderio, quasi stenta a crederci...

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Shrek: ...e vissero felici e contentiRegia: Mike Mitchell

Distribuzione: UIPData di uscita: 25 agosto 2010

Dopo aver sfidato un terribile drago, salvato una bella principessa e preso le redini del regno dei

suoceri, cosa può fare d’altro un orco? Beh, se siete Shrek, diventerete un ottimo uomo di casa.

Invece di spaventare gli abitanti del villaggio come una volta, Shrek si trova ad autografare forconi.

Cosa è successo al ruggito di quest’orco? Colmo di nostalgia verso i giorni in cui si sentiva un “vero

orco”, Shrek stringe un patto con il nano Tremotino. Così Shrek finisce per ritrovarsi in una folle versione

alternativa di Molto Molto Lontano, dove gli orchi vengono cacciati, Tremotino è re e Shrek e Fiona

non si sono mai incontrati. Ora tocca a Shrek disfare tutto quello che ha dovuto combinare per salvare i

suoi amici, riprendere il potere e riconquistare il suo unico vero amore.

ANIMAZIONE

Nightmare on Elm StreetRegia: Samuel BayerDistribuzione: Warner BrosData di uscita: 20 agosto 2010

Ritorna l’incubo che uccide; un gruppo di ragazzi scopre di essere in pericolo quando nei loro sogni compare un mostro capace di ucciderli. I ragazzi capiscono che la loro unica chance di restare in vita é quella di rimanere svegli...

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Reality LA VETRINA

Nightmare on Elm StreetRegia: Samuel BayerDistribuzione: Warner BrosData di uscita: 20 agosto 2010

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Semper BiotEDDA(Niegazowana)

Un piano per fuggireNADAR SOLO

(Massive Arts)

La CarneVALENTINA DORME

(fosbururecords)

Below the lineFAUSTO ROSSI

(Interbeat)

Un disco fontamentale per Edda cantante dei Ritmo Tribale, è un lavoro molto sorprendente, molto ben fatto con testi interessantissimi e attualissimi. Il dolore, l’amore, le cose che non

Un gruppo con atmosfere classiche tra pop e indie rock e testi immediati,

brani che si attaccano sulla pellee facilmente si ricordano.

Atmosfere Smashing Pumpinks, Verdena, Afterhours, insomma questo disco

è rock italiano d’autore,è uno di quei dischi adolescenziali.

I Nadar Solo sono un gruppo torinese sorprendentemente positivo

in ogni sua nota, che parladi fuga per la libertà.

A un anno di distanza dal precedente “Becoming Visible“ esce il nuovo cd di Faust’o. Un disco potente e ostico

allo stesso modo. Tensione e fastidio nei 7 brani inudibili presenti e un brusio sibillante per tutta la durata del disco.

Fausto Rossi ha sempre fatto una ricerca musicale radicale. Il rumore che ci accompagna per tutta la durata del disco rappresenta il mondo esterno.

Le canzoni per chi le vuole sentire, sono lì belle e magnifiche sommersedal verme che si alza e cerca di uccidere la musica.

“Siamo sommersi dal rumore, in fabbrica, in ospedale, in strada, nei centri commerciali, al ristorante, sui treni, tutti fanno un casino inimmaginabile; parlano, urlano, telefonano,

schiavi della musica sparata dagli altoparlanti dei centri di concentramento...Geniale come sempre.

La band trevigiana ha deciso di realizzare un disco doloroso, un pugno nello stomaco. Ciò che c’è in questo album graffia e squarcia insindacabili punti di vista

molto soggettivi sul rapporto di ognuno di noi con l’amore, con quello che si desidererebbe, con ciò che non si ottiene mai, con la presa visione di dinamiche

effettivamente idealizzate. Si vive di ricordi avvelenati, in questo lavoro, e di situazioni prese non nel momento preciso in cui iniziano, né tantomeno nel momento in cui

finiscono. Come un film che mostra uno dei tanti istanti minimi inosservati anche da noi attori di una vita di cui spesso non capiamo il testo, o il senso.“La Carne” incarna

la (ri)vincita di quel romanticismo rock italiano rauco e indomito.E’ il risveglio triste di una Valentina disillusa, fondamentalmente infelice,

preda confusa del proprio ego e delle passioni più travolgenti.

a cura di Luca G

ennai

vanno come dovrebbero andare, queste le questioni che il personaggio vive e canta, in una degna disperazione. Il disco è pervaso da un sapore aspro e invasivo, un disco tanto intenso che dopo dobbiamo farmarci a prendere respiro prima di riascoltarlo. Tragicità quotidiana raccontata e sofferta.Davvero una bellezza unica nel panorama musicale italiano.

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TEXT Stefania Catastini PHOTO Gianni Bellucci

Senza ombra di dubbio il messaggio urlato a chiare lettere sembra essere ancora il riuso e la reinterpre-tazione di forme classiche con materiali inaspettati, inusuali ma soprattutto che il green design è sem-pre più autentico. I materiali utilizzati danno forma a progetti che trasformano spazi dell’abitare quo-tidiano e non in rispetto per l’ambiente. Si palesa una nuova immagine di ECO, non più inteso come utilizzo umile , modesto e di seconda scelta di un certo tipo di materiale, ma volto ad una fluidità e raffinatezza degli spazi .La trama degli strati che for-mano il cartone viene usata in fogli per comporre la struttura dando vita così a girandole, sedute e tavoli in cui il cartone alveolare, opportunamente tagliato, modellato e , non dimentichiamo ,riciclabile al 100%, acquista resistenza . Il riuso della carta diventa quasi un atto artistico in cui le trame, trattate come sorta di origami, donano un’aria da sogno ad elementi e luoghi usuali (lampadari e lounge bar). La nostra inti-mità si popola di oggetti veloci, facili e intuitivi che si montano, si smontano, si assemblano, riciclano e si riusano aprendosi ad accogliere le energie del mon-do che sta fuori.

1 CARTONE La ricerca di una seconda anima del-le cose, un’anima straordinaria e nascosta che si può cogliere solo attraverso uno sguardo diverso, è ciò che caratterizza questi progetti. Un utilizzo ap-parentemente improprio consente di trasformare il cartone alveolare in progetti fatti di concretezza, resistenza e forza che sorprendentemente si ca-ricano di grandi pesi. Nascono così spazi e oggetti che offrono non solo una semplice risposta formale e funzionale ma anche una grande libertà poetica da un design efficace.

Architetturae contemporaneitàCARTA CARTONE E DINTORNI

L’altra faccia del macero

Sono i nuovi mutantirigorosamente eco

“Architettura di carta, design in cartone,

elementi leggeri che hanno come obiettivi

imprescindibili la tutela dell’ambiente e il

riciclo di materiali non convenzionali”

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1. Opere in cartone2. Opere in carta

2 CARTA Piegata, ricamata, intrecciata, cucita, spugna-ta, plissettata, riciclata, incollata, la carta assume decori e forme insospettate. Rarefatta come gli origami, ele-gante come i plissè , la vulnerabilità della carta si presta a riflessioni progettuali solitamente distanti dal mon-do dell’architettura. Non più l’oggetto che sopravvive a noi, tutto scorre, noi scorriamo e con noi vogliamo vedere avvicendarsi anche gli oggetti di uso comune senza che questo rinnovo faccia del male all’ambiente che ci circonda.

Suggestioni dal salone del mobile di Milano 2010

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TEXT Maurizio De Santis

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Domenica 7 marzo si è inaugurata la rassegna “Tratti di Don-na” presso il Polo Espositivo di Villa Pacchiani a Santa Croce sull’Arno. Un’esposizione di opere creative di donne dei co-

muni di Castelfranco di Sotto, Fucecchio, Montopoli in Val d’Arno, San Miniato, Santa Croce sull’Arno e Santa Maria a Monte.L’evento promossa da FIDAPA ha richiamato un pubblico numeroso e attento alle problematiche relative alle donne. Donne e arte come binomio vincente in un mondo troppo spesso distratto dalla corsa al potere dove si perdono valori come la sensibilità, il rispetto, la pro-fondità dell’io. Nell’arte le donne esprimono al meglio la loro eterna attenzione a temi sociali e intimi in una visione emozionale che coglie il senso del Tutto, di cioè che è realmente importante. Molte le donne che hanno esposto i propri lavori, ognuna con la propria specifica vi-sione e il proprio stile.

1. L’Assessore alla Cultura del Comune di Santa Croce sull’Arno Maria Angela Bucci, il Sindaco Osvaldo Ciaponi, la Presidente in carica

della FIDAPA, sezione di San Miniato, Brunella Brotini2. Alcuni momenti dell’inaugurazione

2

CASTELFRANCO DI SOTTOBarbara Sani, Elena Perini, Tourquoise

FUCECCHIOElisabetta Barontini, Rossella Fabiani, Paola Toni, Carla Corrias, Raossella Menichetti, Maria Grazia Morini

MONTOPOLI VALD’ARNOLuigina Grasso, Carmen Mandozza

SANTA MARIA A MONTEPaola Vallini, Maristella Pau, Rachele Sassano, Elisabetta Testi

SAN MINIATOStefania Catastini, Linda Francalanci, Anna Rita Tapinassi, Maria Teresa Giovanetti, Bruna Battaglini, Bruna Angiolini, Vittoria Lapolla, Roberta Battaglini, Perla Maestrelli, Paola Mariani, Laura Leonardi, Alma Francesca

SANTA CROCE SULL’ARNOElisa Salvadori, Eleonora Spalletti, Francesca Lami, Antonella Plaia, Silvia Brotini, Lori Beconcini, Gerardina Zaccagnino, Simonetta Melani,Carla Lapi, Maria Chiara Marcori, Tamara Lucaccini, Elena Salvadorini, Stefania Quartieri, Roberta Tonicello, Gioia Landi, Monica Masini

diTrattidonna

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&TEXT Federica Farini

L’incontro tra Greta Garbo e Salva-tore Ferragamo ha tutta l’aria di un appuntamento con il destino. Siamo

nel 1927, nell’Hollywood Boot Shop di

Ferragamo, prima che Salvatore torni in Italia per proseguire l’attività dell’azien-da, quando la Garbo varca la soglia della sua boutique affermando di “non avere scarpe” e di “voler camminare”. I suoi sandali in corda hanno i minuti contati: il “calzolaio delle stelle” le fornirà settan-ta paia di scarpe. Calzature fatte sì per passeggiare, ma anche per completare

il suo inconfondibile stile: anticonformista, lineare, maschile ma sexy, che l’ha resa intramontabile icona di fascino. E proprio in occa-sione del ventennale della morte della Garbo (Stoccol-ma, 18/9/1905 - New York, 15/4/1990), la casa di moda Ferragamo le dedica la mostra “Il mistero dello sti-le”, svoltasi da febbraio ad aprile presso la Triennale di Milano e in corso al museo Ferragamo di Firenze (da maggio a settembre), all’in-terno di Palazzo Spini Fe-roni, sede dell’azienda dal 1938. L’esposizione raccon-ta una tra le più enigmati-che star di tutti i tempi in un affascinante percorso fatto di immagini e pezzi del suo guardaroba. Tra gli acces-sori regna la collezione di scarpe, frutto del colpo di fulmine con Ferragamo.

Quasi tutte a tacco basso: mocassini in pelle di capretto, in camoscio lavorato a patchwork, in cangu-ro dai toni scuri - il modello con punta morbida e fibbia è stato disegnato da Ferragamo apposi-tamente per la diva - zeppe basse e al-lacciate alla caviglia, proprio come il san-dalo preferito dalla star, in vitello rosso. Numerosi i cappotti in cashmere, scian-crati e non e i tailleurs in seta e tweed. Do-minano modelli Pucci e Givenchy: abiti dal-le scollature a v in taf-fetà e raso, completi casacca-pantaloni e

Cosa hanno in comune Greta Garbo e Salvatore Ferragamo? Ve lo racconta una mostra dedicata al fascino di una diva eterna. Perchè lo stileè una questione di carattere, non solo di epoche

Mod

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IL GENIO DELLO STILEuna star per sempre

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camicie in cotone stampato. Chic la collezione di costumi da bagno in lycra a fantasie floreali e arlecchino. Non mancano gli abiti di scena dei film-mito della Garbo (tra cui il sontuoso modello de “La Regina Cristi-na”), recuperati dopo la dispersione dei magazzini Metro Goldwin Ma-yer da musei, istituzioni e collezioni private. Fu il mago-costumista che la MGM le accostò fin dal 1929, Adolph Greenberg, a contribuire anche sulla scena a sottolineare l’inconfondibile gusto semplice e spontaneo, proprio di Greta, nata da modesta famiglia svedese e scoperta dal cinema prima ancora che lei stessa si appassionasse a esso. Oltre che nella mostra la sua idea di femminilità, affine alla nostra contemporaneità, rivive anche nella collezione Ferragamo autunno inverno 2010/2011: shorts, panta-loni e bermuda a vita alta, camicie dai colli sontuosi, foulards animalier elegantemente annodati al collo, trench in camoscio, mini-pull, completi maschili decorati da dettagli glam e giacche lunghe su abiti longuette. Garbo ieri, oggi, domani. Come il suo stile essenziale, che concentrava l’attenzione sullo stupendo volto (protagonista di un’intera sezione della mostra), come ricorda Roland Barthes “viso asessuato, sguardo intenso quasi equivoco ma al tempo stesso fragile, come una creatura divina”. Ritratto angelico e corpo androgino, personalità carismatica, che spinse le fans ad imitarla e a coprirsi invece di svestirsi, così intensa da superare

il passaggio epocale dal cinema muto a quello parlato - “Garbo tal-ks!”, “la Garbo parla!” - affermandosi con film indimenticabili

come Anna Karenina. Non per nulla Federico Fellini la definì una “fata severa”, capostipite di

un ordine religioso chiamato ci-nema. Per fashion-vic-

tims e non.

Da provare: Cappotto a vita stretta e scollo a V+ sandalo (tacco a spillo e non)

Da comprare: biografia-romanzata scrittada Italo Moscati, dal titolo Greta Garbo. Diventare star per sempre (Edizione Sabinae), che racconta la donna,

l’attrice, la diva. In una parola... Greta Garbo.

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oArtour-Artour-o, museo itinerante di arte

contemporanea, ha scelto il capo-luogo toscano come tappa di pre-

stigio di una manifestazione internazionale che coniuga l’arte contemporanea alla sto-

ria dell’arte. Ce ne può parlare? Artour-o è una kermesse di arte contemporanea che durante quattro giorni riesce a far incon-trare istituzioni e privati, stranieri e italiani, in un dialogo molto serrato attraverso un percorso che si disloca partendo dall’Hotel Minerva di Piazza Santa Maria Novella, sede principale della manifestazione, e si snoda in tutta la città. La manifestazione presenta, nelle camere e nelle aree comuni dell’ho-tel, opere d’arte provenienti da operatori pubblici e privati, nazionali e internazionali. Un’occasione unica per aprire un dialogo e un confronto dinamico fra studiosi, studenti, operatori culturali, associazioni, istituzioni, gallerie e imprenditori, per vivere un viaggio nell’arte di oggi. Accanto al consueto per-corso in città, quest’anno è stata presentata

un’inedita performance chiamata “Fermo immagine” che è andata a creare un bino-mio fra arte e moda.“Fermo Immagine” ha voluto sottolineare la fusione tipicamen-te contemporanea di molteplici discipli-ne: arte, design, moda e live performance. Una scultura vivente all’interno di un “set” realizzato ed allestito grazie alle creazioni di Stefania Bini, Paola Butali, Patrizia Gucci, Carina Negrone. Chi l’ha convinta a parte-cipare ad Artur-o? E’ stata mia figlia Fran-cesca, che è anche un po’ la mia manager, 24 enne studentessa di Storia dell’Arte alla facoltà di Lettere a Siena a propormi agli or-ganizzatori di Artou-o. Si sta specializzando in Storia dell’arte contemporanea e mi da una mano ad organizzare lezioni di pittura e di restauro attraverso la nostra associazione “Trasparenze” che ha sede a Lastra a Signa. Lei si è avvicinato al mondo dell’arte fin da giovanissimo, a Santiago del Cile, città nella quale è nato. Quali sono stati i suoi maestri? Sono nato in Cile dove ho vissuto fino all’età di 28 anni. Successivamente mi sono trasferito a Firenze, per specializzarmi in restauro di dipinti antichi. Ho frequentato l’Università Internazionale dell’Arte quan-do ancora c’era il grande maestro storico dell’arte Carlo Ludovico Ragghianti. All’epo-ca molti insegnanti dell’Opificio delle Pietre Dure erano anche nostri insegnanti e per noi è stata una vera fortuna. Alla carriera di restauratore ho affiancato quella di pittore, iniziata già in Cile. I miei maestri sono stati Carmen Silva e Tom Daskam. Quali sono i soggetti che predilige ritrarre? Mi ha sem-pre affascinato il vetro, un materiale cosi fra-gile ma allo stesso tempo resistente nel tem-po, che permette di essere lavorato in mille modi e con i colori più disparati. Permette di giocare molto e con esso si possono ricreare degli effetti di luce “magici”. E’ un materiale antichissimo utilizzato già ai tempi dei fenici che mi trasmette un senso di calore. La mia prima personale l’ho fatta al Lyceum di Fi-renze, poi sono stato al Salon International de Beaux Arts e alla galleria Thuiller di Pari-gi. Quali possono essere gli strumenti per agevolare il lavoro degli artigiani? Firenze deve la sua fama mondiale all’artigianato ed è un vero peccato vedere che nessuno fa niente per agevolare il loro lavoro. Molti artigiani hanno dovuto abbandonare il cen-

tro di Firenze per colpa degli affitti troppo alti. Inoltre il sistema fiscale e contributivo non aiuta i maestri artigiani ad assumere dei giovani. Come giudica l’arte contempora-nea? L’arte contemporanea troppo spesso è chiusa in sé stessa ed ormai tende a di-ventare un bene rifugio, come una volta era l’antiquariato. L’arte contemporanea deve esprimere un messaggio creando un dia-logo con lo spettatore. Quando Michelan-gelo terminò il David e dal suo laboratorio fu trasportato in piazza della Signoria, tutti i fiorentini lo guardarono con ammirazione perché trasmetteva loro un messaggio di arte e bellezza. Lei discende da una celebre dinastia che a metà Ottocento divenne ce-lebre in tutta Europa per lo sfruttamento dei soffioni boraciferi. François de Larderel era un ingegnere francese che promosse lo sfruttamento industriale dei soffioni bora-ciferi di Pomarance (Pisa) attualmente nota come Larderello. Si trasferì a Livorno dalla madrepatria a fine Settecento e nel 1818 mise a punto la tecnica per la raccolta del vapore emesso dai lagoni e la sua messa in pressione. Il vapore veniva poi utilizzato per alimentare delle caldaie di evaporazione ne-cessarie per estrarre l’acido borico che era utilizzato per la lavorazione della pelle e del-la ceramica. Francesco fu premiato dal gran-duca Leopoldo II, che in suo onore nel 1846 mutò in Larderello il nome della località.

TEXT Giampaolo Russo

Alessandro de Larderel

Un evento unicoche sottolineail prestigio di Firenzeanche nell’arte contemporanea

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Gran galàLancia da qualche anno ha avviato un

percorso teso a sposare temi e inizia-tive sociali e, in particolare, il progetto

Mandela Day/46664. Per brindare a que-sta importante partnership la “Signora del Vento”, un veliero di 85 metri che dal 1962 solca i mari dando mostra della propria bellezza ha ospitato, alla vigilia del Gran Premio di Formula Uno, una esclusiva se-

rata mondana, il Black Moon Benefit Gala, organizzata da Lancia e da Mandela Day sotto l’alto patrocinio di Sua Altezza il Prin-cipe Alberto II di Monaco. Gli ospiti, al loro arrivo sulla banchina del porto di Monaco, hanno potuto ammirare la nuovissima serie speciale Lancia Delta Hard Black, e poten-dola anche autografare, l’hanno resa un vero e proprio “pezzo unico”.

Questa particolare Delta Hard Black sarà posta all’interno del Lancia Cafè a Venezia durante la prossima edizione della Mostra Internazionale del Cinema e verrà auto-grafata dai più importanti protagonisti del cinema mondiale. Il cammino di questa vettura speciale si concluderà con un’asta i cui proventi verranno devoluti in favore di Mandela Foundation.

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TEXT Andrea Cianferoni

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M O N T E C A R L O

Il Principe Alberto di Monaco Carlo Giovanellie Marta Brivio SforzaCamilla di Borbone Marta MarzottoLancia Delta Hard BlackRoberta ArmaniAdrien BrodySerge di YugoslaviaTiziana Roccaed il marito Giulio BaseSergio Munaoe Simona RalliLa Signora del Vento

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Una parte dell’estate la passerà lontano dalla sua Versilia e dalla sua Viareggio.

Marcello Lippi lascerà il mare, la famiglia, gli amici per un “compagno di viaggio” presente in tanti anni: il pallone. Tappa del percorso, il Sudafrica. Preparata la valigia, indossata la tuta azzurra, preso l’aereo. Si parte. Non è un viaggio di piace-re, è un viaggio che porta lontano non solo per i tanti chilometri da percorrere, ma può portare lontano. Questo Marcello Lippi lo sa e crede in quello che fa, senza l’asfissian-te “pressing” di dover dimostrare di essere un vincente o di dover confermare di esse-re tra i primi della classe. Se poi succede, sarebbe bello rivedere il film dell’estate di quattro anni fa, quando la sua Nazionale salì sul tetto del mondo con la conquista del Mondiale in Germania. Chi è Marcello Lippi? E’ una domanda che più volte, il Ct della Nazionale di calcio si è sentito rivolgere. Poche parole racchiuse nella sua risposta. Parole dosate, misurate, ma che dicono molto. “Un uomo di ses-sant’anni che da quaranta vive nel mondo del calcio, dove è entrato da calciatore ed è rimasto da allenatore”.Con umiltà, “nascondono” una verità: un uomo di calcio che ha vinto praticamente tutto. Coppe e medaglie sono in bacheca

sotto gli occhi di tutti. Sono la testimonianza tangibile ed or-gogliosa dell’Italia sportiva. Marcello Lippi è un uomo vincente. Ma non si sente un vincente nato. “Lo sono diven-tato con il tempo – confessa- con gli anni e con i sacrifici. Ma anche con le sconfitte. E’ da lì che sono ripartito, mettendoci più forza e tanta caparbietà. Penso che vincenti non si na-sca, ma lo si diventi. I risultati raggiunti portano anche la firma della famiglia, grazie an-che al supporto insostituibile di mia moglie e dei miei figli”.Il calcio era il pensiero fisso anche da bambino. “Il mio sogno nel cassetto – con-fessa Lippi – era quello di diventare un giocatore pro-fessionista, già da quando mi ritrovavo a fare partitelle in pineta con gli amici, nella zona di via Roma, in quella che adesso si chiama Città Giardino”.Si allenava tutti i giorni con il freddo e con il caldo. “E chi sentiva cadere la pioggia quando avevo il pallone tra i piedi?” Sor-ride al ricordo Marcello Lippi. Poi scuote la testa: “Erano altri tempi”.Il salto dal passato al presente è lungo. Esta-te 2010 in Sudafrica. Il suo mare, le cene di pesce con gli amici, il sole di Viareggio, la sdraio con il giornale sportivo ripiegato, il cellulare staccato, le partite a carte, i com-menti sul calcio dalla panchina della pineta, dovranno attendere.Ed allora il suo pensiero che è quello di milioni di tifosi è rivolto al verde ret-tangolo di gioco e a quelle maglie azzurre che corrono alla ricerca del gol, di quello giusto che può regalare una vittoria. O la vittoria, quella che non si scorda e che ti fa ricordare.Marcello Lippi è pronto per un’altra sfida. Senza timore, senza ansia, ma con la voglia di giocarsela con il grup-po. Lui sa motivare e rassicurare. Lo fa oggi, come allora.

“La soddisfazione più grande l’ho avu-ta quando miei ex giocatori – confessa il Ct – che ho allenato nel passato mi dicono che sono lo stesso Marcello di venticinque anni fa”.Un uomo vincente. Ma non g l i e l o diciamo. Diamo voce al c a m p o di gioco.

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TEXT Gaia Simonetti

Estate 2010 missione SudafricaMarcello Lippi

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Soulspace è un luogo interamente de-dicato alla cura del corpo e dell’ani-ma, un ambiente raffinato con il

sigillo Comfort Zone, affermato brand di prodotti per spa, realizzato dall’imprendi-

trice Zelal Elbistan in via di Sant’Egidio, a pochi passi dal Duomo di Santa Maria del Fiore a Firenze. Un luogo che per una sera è diventato lo scenario di un esclusivo cocktail party grazie alla collaborazione della stilista francese Dominique Aurientis che ha fatto indossare alle splendide mo-delle bracciali, collane, orecchini in legno Ebony e Padouk con gocce di metallo oro e argento. Pezzi unici che raccontano una ricerca peculiare realizzata dalla stilista parigina che con Zelal Elbistan ha in co-

mune un senso cosmopolita, uno special touch per tutto ciò che è armonia. Tra gli ospiti della serata, organizzata da More-schina Fabbricotti, che indossava un “Au-rentis doc” al polso sono stati notati, in un via vai continuo fino a notte inoltrata, Isabella Pratesi, Diletta Frescobaldi, Ceci-lia Sandroni, Niccolò e Mariangela Rossi di Montelera, Leopoldo Cervini, Luigi Fra-gola, Cristina Pignotti Quaratesi, Giulia Paternò Castello, Simone Rucellai, Euge-nio Virgillitto e Paola Baggiani.

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TEXT Andrea Cianferoni

Soulspacela dimora

Cocktail party con i gioielli di Dominique Aurientis nell’esclusiva spa di Firenze

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tidel benessere

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di bellezza

2

TEXT Domenico Savini

I miei lettori non si spaventino. Il ti-tolo di questo mio contributo non è, e non vuole essere, evocativo né

nostalgico di passati regimi. E se di gio-vinezza e di bellezza si deve e si vuole

parlare, è per discorrere della stagione in cui la bellezza stessa è oggetto di di-scussione e di “sfida” . Voglio raccontarvi dei concorsi che in questa Primavera, peraltro alquanto biz-zarra e pazzerella, hanno trovato la loro stagione più propizia: sfide di bellezza e, come si usa ora, non solo al femminile.Diamo, come si compete, la precedenza alle signore. Da ormai vent’anni l’agen-zia Studio Movimenti di Claudio Vigiani,

organizza per la Toscana, il con-corso nazionale “New Model of the Year” .Quest’anno in particolare una bellissima rap-presentante della nostra regione ha avuto l’onore di diventare regi-netta, o meglio, la New Model, modella dell’an-no, di tutta Italia. Si tratta della gio-vanissima Serena Pannocchi di Ce-cina, dal fisico da top model,alta e sottile da fare in-vidia alle Veneri, nere o bianche che siano, che dagli anni 80 in qua, hanno colpi-to il nostro imma-ginario. La bella ragazza Toscana, che una giuria di prestigio aveva votato a livello re-gionale nel locale “Suite Imperiale” a Fi-renze, ha sbaragliato le rivali delle altre regioni alla finale nazionale.Aveva proprio ragione il Presidente di Giuria a giudicare che questa ragazza sarebbe arrivata lontano! Tutto sotta la regia ferrea, ma con guanto di velluto, di Luciano Fanfani, che della giuria Tosca-na è coordinatore.È contento Claudio Marastoni, Patron Nazionale di moltissimi concorsi, che ha incoronato la nostra giovane bellez-za Maremmana.Ma è nella storica e da tutti amata di-scoteca Yab di Firenze, da oltre 30 anni locale culto nel centro della città, che per la delizia delle signore più o meno “agèes”, si è svolta una delle serate mitiche , ormai da anni tradizione del concorso Nazionale “Mister Italia” . Qui

circa 20 agguerritissimi concorrenti, si contendevano, oltre all’ambito primo posto, anche il premio speciale della giuria di “mister Firenze”. AlloYab, la prestigiosa giuria, di cui fa-cevano parte la splendita e pimpante Paola Virgillito, la modaiolissima prin-cipessa Turca Lora Kilicyan, le storiche dell’arte Francesca Parrini e Arianna Nizzi Grifi, l’artista Giusy Viola e la bel-lissima Alessandra Evangelisti (che solo per la i finale differenzia dalla più cele-bre ma non meno bella Top Model, Lin-

1. Walter Nestola, givane attoredefinito l’erede di Clark Gable2. Domenico Savini, con Serena Pannocchi e Nico Filippi3. Nico Filippi vincitore concorso Mister Italia4. Gabriele Marzi: Mister Firenze5. Nico Filippi con Claudio Vigian

Concorsi di bellezzaal femminile e al maschile

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da Evangelista), ha avuto il compito di incoronare i vincitori. È proprio allo Yab, patron da sempre Armando Casodi e con la sempre vigile e affettuosa presenza di Mara Agliata, perfetta padrona di casa, che i venti maschietti hanno dato il meglio di se stessi, sfilando come dei promettenti nuovi divi, sperando di emulare un do-mani le gesta di Russel Crowe, di Tom Cruise, o di Brad Pitt.Dato il numero di concorenti, difficile per la giuria estrarre “fior da fiore” i vincitori.Alla fine il premio speciale di “Mister Firenze è andato a Gabrile Marzi, pro-mettente giovane attore, appunto come dicevamo, che si appresta a girare come protagonista il suo primo Film, dopo aver dato la propria immagine per le

collezioni Ferragamo.Le giurate si saranno poi fatte conquista-re dallo sguardo languido di Andrea Fer-rari da Ponsacco, dalla simpatia di Nico Castaldi,da Luca Sensi da Arezzo, anche loro aspiranti attori. Si saranno piuttosto fatte intenerire dal giovanissimo Lorenzo Domizi (anche sotto la più spietata delle giurate, sia-mo in Italia, batte un cuore di mamma!) O invece irretire dal sorrisetto beffardo e ironico, alla Clark Gable, di Walter Nestola, ormai affermato attore, uscito dalla scuola del grande maestro Giu-seppe Ferlito. Di questo nuovo Gable, chi scrive ha per caso udito una giurata dire che “è sexy anche quando muove un sopracciglio!” Dunque, anche se fuori pioveva, sem-

bra che allo Yab l’atmosfera fosse piut-tosto “calda”.Ma arriviamo al vincitore, il primo posto se lo è aggiudicato il toscanissimo Nico Filippi, che gli amici chiamano già “Mi-ster”, aitante concorrente di Cascina, nella vita imprenditore nel campo dei gelati, ma già col piglio alla Marlon Bran-do. E chissà quante ragazze (o signore!) del pubblico avrebbero preso o prende-rebbero volentieri con lui quel famoso Tram che si chiama “desiderio”...Anche se in realtà molti giurati, Presi-dente della giuria compreso, avrebbero votato più volentieri, in un eventuale concorso “ miss mamma” per sua ma-dre Sabrina, giovane bionda bellezza toscana, dagli occhi splendenti come un ghiacciaio.

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TEXT Anna Paoli

Aeroplani

Il Club Z3mendi è il punto d’incontro per tutti i possessori di BMW Z3 road-ster e coupè in Italia, conta più di 100

soci e più di 1400 iscritti al forum del sito, www.Z3mendi.it, dotato di numerose

schede tecniche, notizie ed immagini. E’ un Club nato nel 2003 grazie ad un grup-po di amici, accomunati dalla passione per la BMW Z3. Il nome ricercato del Club fa subito intendere la principale filosofia del gruppo: unire la passione per le quat-tro ruote con la volontà di non prendersi troppo sul serio, “perché stare insieme è anche e soprattutto volersi divertire”.Questo ciò che dichiarano i fondatori del Club, il cui pensiero ha rivoluziona-to il modo di concepire un ritrovo per

appassionati di auto, dal quale è scaturita l’originalità del nome, ottenuto dall’unione della sigla Z3 con la parola ‘tremendi’. All’inizio del 2008 il Club Z3mendi è di-venuto Associazione Sportiva Dilettantistica e tramite l’affiliazio-ne allo CSEN (Centro Sportivo Educativo Nazionale) è stato ri-conosciuto dal CONI, ennesimo traguardo di prestigio raggiunto dall’associazione. Inol-tre negli anni il Club ha stipulato convenzioni con le più prestigiose case produttrici italia-ne di particolari accessori e servizi per la Z3, di cui possono usufruire i soci. L’obiettivo è far piacere ai giovani ragazzi una macchina che giovane non lo è più, af-fiancando, tramite i raduni nazionali, la pas-sione per le auto con la scoperta del patri-monio culturale-gastronomico del territorio italiano. Negli ultimi anni si è voluto, inoltre, coronare la volontà di trasformare un even-to di puro divertimento in un evento unico, devolvendo il ricavato del raduno in bene-ficenza ad enti radicati nel territorio ospi-tante, ma non solo. In passato, sono state effettuate donazioni alla Fondazione Meyer osp. Pediatrico di Firenze, all’ABEO (Asso-ciazione Bambino Emopatico Oncologico) di Verona e all’adozioni a distanza AVSI.Siamo così giunti al 21° raduno nazionale, che si terrà il 10-11-12 settembre 2010 a Pisa e in parte della provincia, con la partecipa-zione di equipaggi provenienti da tutta Italia e oltre. Raduno esclusivo per BMW Z3 aper-to anche ai non soci che potranno iscriversi

al momento. Per il 2010 la donazione sarà a favore della Onlus Niccolò Campo pro Bim-bingamba e sarà indirizzata all’acquisto di protesi per i bambini senza arti, in particolare ai bambini di Haiti (www.bimbingamba.com). Queste le parole del presidente della Onlus Niccolò Campo inviate al Club: “Vogliamo rivolgere la nostra più profonda gratitudine agli organizzatori del 21° raduno nazionale Z3mendi. È inutile sottolineare come ogni iniziativa umanitaria, per quanto bella possa essere, rischia di rimanere solo un sogno se sul proprio cammino non incontra amici de-siderosi di ‘Aiutare’. Grazie di cuore.”L’evento avrà il patrocinio di Regione Tosca-na, Provincia di Pisa, Comune di Pisa, OPA di Pisa, 46a Brigata Aerea, Comune di Calci, Bientina e Buti, ACI di Pisa e molti altri co-muni e associazioni.

INFO:[email protected] organizzativo: 338 5435383

1. Il Banchetto, 19532. L’Esquilino, 19503. Daniela, 19594. Una sera a Chartres, 1979

A settembre l’Associazione Sportiva Dilettantistica Z3mendiorganizza un radunoall’insegna della solidarietà

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VENERDÌ 10 SETTEMBRE12.00 Arrivo a Calambrone Tirrenia (PI) sistemazionepresso HOTEL RESORT REGINA DEL MARE. Pomeriggio libero.L’hotel permette di usufruire di piscina, spiaggia e tutti i servizi annessi.20.30 Cena a buffet e musica al ristorante dell’hotel “TRENTA”.

SABATO 11 SETTEMBRE08.30/09.30 Sveglia e colazione.10.00 Partenza per Pisa.11.00 Arrivo in Piazza dei Miracoli, parcheggioin Piazza del Arcivescovado e visita ai monumenti.12.30 Pranzo al ristorante IL TURISTA.15.30 Rientro in hotel. Tempo libero, permanenza a Pisa,shopping, mare, evento a sorpresa.20.30 Cena di gala al ristorante dell’hotel TRENTA. 22.30 Spettacolo, musica e ballo al teatro dell’hotel.La serata prevede sorprese varie! In alternativa chi vuolepuò scegliere di passare la serata nelle discoteche della zona.

DOMENICA 12 SETTEMBRE08.00 Sveglia e colazione.09.00 Partenza per Pisa (aeroporto militare). 09.30 Visita alla prestigiosa 46°BRIGATA AEREA.Incontro con il Comando.11.30 Partenza per Monteserra (sacrario Caduti VEGA 10).12.00 Transito da Calci. Breve sosta alla Certosa.13.00 Arrivo alla vetta Monteserra, pranzo al ristorante I CRISTALLI. Visita al sacrario del VEGA 10, foto al panorama.16.30 Partenza per Bientina. Breve sosta a Buti. 17.30 Arrivo a Bientina. Sosta nella piazza a noi riservata, mostrastatica delle nostre Zete, incontro con le autorità. Omaggi e sorprese. 19.00 Conclusione del raduno. Abbracci e baci!

Imm

agine della copertina realizzata da Antonio Bobò

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TEXT Brunella Brotini

Ho letto su un giornale che Peter Kelly, direttore della Sanità Pub-blica in un paese della Gran Breta-

gna, ha denunciato Facebook come pos-sibile responsabile dell’aumento di casi di Sifilide, soprattutto nelle giovani donne, nel suo territorio (24 marzo 2010).Responsabile perchè rende più facile alle persone trovare partner occasionali con cui fare sesso. Se i casi negli anni ’80 e ’90 erano diminuiti con l’uso del condom, il batterio ora sta ritornando e nel 2009 ci sono stati circa 4000 casi di malattia.Incuriosita, controllo la situazione in Italia e scopro che anche da noi c’è un notevo-le aumento della sifilide, specie nei grossi agglomerati urbani (dati estrapolabili dal-le notifiche di malattia infettiva).C’è da chiedersi a cosa sono servite tutte le campagne di prevenzione per l’HIV e quindi per tutte le malattie sessualmente trasmissibili! Anche perchè il soggetto af-

fetto da sifilide ha da 3 a 7 volte possibili-tà maggiore di ammalarsi di HIV rispetto a uno non sifilitico. Forse pensavamo che la malattia fosse estinta come il vaiolo, in-vece essa è una malattia subdola in quan-to al primo stadio nessuno o quasi se ne accorge: è una lesione rotonda, piccola, dura ma dolorosa, in genere nella regio-ne genitale a cui segue un aumento di volume dei linfonodi vicini, non dolenti, poi vengono segni generali come febbre, cefalea, astenia.Si chiama anche “mal francese“ o mor-bo gallico perchè la colpa di aver disse-minato la sifilide a mezza Europa viene data a Carlo VIII e a i suoi soldati durante le guerre d’Italia. Si racconta di un medico che, sorpreso a pregare dinanzi alla statua di Carlo VIII rispo-se a chi gli chie-deva perchè mai stesse pregando un re: “Nessuno più di lui ha saputo darmi tanto lavoro!“.D’altronde i francesi, ricusando ogni

responsabilità, battezzarono la malattia “le mal de Naples“.

La sifilide però po-trebbe essere stata importata in Euro-pa dai marinai di Colombo, anche se non si chiamava così all’epoca.Tale nome, sifilide, si deve a Gerolamo da Fracastoro che

prese come spunto il mito del pastorello Sifilo, punito dal dio Apollo con una ma-lattia a base di ulcere e pustole.

Socie

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e il mal francese

Peter Kelly accusail social network più famoso

per l’aumento dei casidi sifilide

in Gran Bretagna

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ISCRIZIONI E INFORMAZIONIFo.Ri.Um. Società Cooperativa

Via del Bosco, 264/f - Santa Croce sull’Arno (PI)Tel 0571/360069 - e-mail: [email protected]

Referente: Francesca CiampaliniNetaccess srl Soluzioni Informatiche

Via Pacinotti, 2 - Santa Croce sull’Arno (PI)Tel. 0571/367749 - e-mail: [email protected]

Referente: Carla Sabatini

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Form

azion

e

TEXT Carla Sabatini & Francesca Ciampalini

CORSI e QUALIFICHE

professionaliNuove professioni per chi è in cerca di impiego: tecnico per computer, editor e addetto informatico

L’Agenzia Fo.Ri.Um. s.c. in collaborazione con la Netaccess Soluzioni Informatiche eroga da diversi anni corsi di forma-zione per il rilascio di qualifiche professionali di base e altamente qualificate nel settore ICT rivolti a privati in cerca di impiego.

Quest’anno la Provincia di Pisa con determinazione dirigenziale n. 1167 del 18/03/2010 ha approvato il Pia no dell’Attività Ri-conosciuta Qualifiche anno 2010 e all’Agenzia Fo.Ri.Um. sono stati riconosciuti 3 interventi:

1. Addetto informatico con competenze in ECDL e Web Design della durata di 300 ore2. Tecnico qualificato editor multimediale della durata di 600 ore3. Tecnico qualificato per la riparazione e la manutenzione di personal computer della durata di 900 ore

I corsi si attuano secondo le normative vigenti ai sensi del Regolamento di Esecuzione ex art. 32 della LR 32/02, DP GR Toscana 8/8/03 e “Procedure operative” approvate con DGR n. 569/06.La frequenza al corso consente agli allievi di conseguire qualifiche finali riconosciute dalla Regione Tosca na. I corsi riconosciuti sono quasi tutti a pagamento con costi a carico degli iscritti.

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Fin dalla seconda metà del XVIII se-colo si diffuse in Toscana la lavo-razione della pelle ed in particolar

modo nella zona del Valdarno, essendo favorita dalla sua posizione geografica, che di fatti poteva giovare del trasporto fluviale sul fiume Arno. Con la produzione di pelle e cuoio si andò privilegiando lo sviluppo economico e la crescita di que-

come ferrovie e strade, ebbe un nuovo impulso. Partendo dal secondo dopo-guerra, si iniziò a distribuire e diffondere i prodotti in Italia e all’estero. È in questo panorama storico industriale che è nata nel comprensorio del cuoio, a Castelfranco di Sotto, la conceria Ca-ravaggio, fondata da Massimo Puccini e Andrea Leoni. Si tratta di un’industria

di provenienza, finalizzato alla produzione di scarpe, borse, cinture e altri accessori. L’attività dell’industria si basa sulla qua-lità della pelle e sulla creatività, portata avanti tramite un costante ampliamento della sperimentazione per ottenere ottimi pellami, grazie anche all’utilizzo di mac-chinari e procedimenti sempre all’avan-guardia, che permettono il processo di

Azie

nde

96

sto nuovo comparto, che da semplice at-tività artigianale divenne una realtà indu-striale. Col passare del tempo, l’ulteriore diffondersi dell’industria della pelle andò consolidando sempre più una forte tradi-zione commerciale e con la costruzione dei più diffusi mezzi di comunicazione,

insediata nel territorio da circa un anno, nata dall’esperienza dei fondatori, ac-quisita direttamente sul campo come commercianti di pelli in wet-blue, primo anello del processo di trasformazione del-le pelli. La Caravaggio produce pellame selezionato e classificato in base al Paese

trasformazione della pelle grezza fino alla creazione di una pelle finita, pronta per essere utilizzata per i vari articoli di pelletteria. La grande attenzione posta verso l’innovazione e la creatività trasuda non solo dagli articoli prodotti, ma an-che dall’ambiente circostante. Varcata la

INNOVAZIONE CREATIVITÀe

Page 99: Reality 56

Conceria CaravaggioVia I Maggio 8-10-12-1456022 Castelfranco di Sotto PISATel. [email protected]

soglia dell’ingresso della Caravaggio, è ben visibile la cura data ad ogni piccolo particolare, a cominciare dall’arredamen-to di moderno design, coniugata ad una passione per l’arte: quadri e fotografie alle pareti. L’azienda incrementa il proprio successo commerciale anche grazie ad un’attenta selezione della merce, dando un maggior valore al pellame, personaliz-

le predomina il bianco delle pareti e del grande tavolo posto al centro dell’area di finissimo legno laccato, caratteristica che valorizza maggiormente i vivaci colori del pellame, messo in mostra lungo tut-to il perimetro dell’area. La Caravaggio, azienda giovane e dinamica, è la mate-rializzazione di una scommessa nata fra i due fondatori e l’industria conciaria, evi-

da una grande volontà e passione per il lavoro. Da qui nasce la loro filosofia azien-dale, che prevede un servizio di vendita, sia in Italia che all’estero, di articoli di qualità caratterizzati da una vasta gamma di scamosciati e rifiniti di ottima fattura e varietà di colori, richiamando così i loro clienti a realizzare prodotti di tendenza ovvero ciò ch’è il vero Made in Italy.

zandolo, come si può notare dall’interno del magazzino, il quale vanta un vasto as-sortimento di articoli, offrendo un’ampia scelta di pellame per soddisfare il gusto di qualsiasi cliente, che può constatare la qualità degli articoli ultimati attraverso una show-room. E’ una stanza nella qua-

denziando come anche in tempi di crisi, non sia necessario coniugare diminuzione dei costi con una minor qualità delle ma-terie prime e di conseguenza dell’articolo finale, ma al contrario credere nel proprio lavoro ed investire nella propria industria alla ricerca della qualità, tutto ciò mossi

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In Italia si verificano ogni anno tren-tamila incidenti domestici con oltre 7.000 vittime. Si parla di 15 morti al

giorno. E contrariamente agli incidenti sul lavoro e nel traffico, che sono in lieve

diminuzione, gli infortuni fra le pareti di casa hanno un andamento crescente.

Per quanto sopra si è cercato di eviden-ziare le cause di questi incidenti che per la maggior parte delle volte sono dovute a:

Gas metanoPulire frequentemente la ven-tola e la cappa da incrostazio-ni di grasso; verificare che le aperture di areazione siano sgombre; prima di andare a dormire o prima di allonta-narsi dall’abitazione chiudere sempre il rubinetto di inter-cettazione.

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TEXT Dott. Federico Ghimenti - Esperto in Ingegneria Antincendio

e prevenzione incendi

Gli incidenti tra le pareti casalinghe sono in aumento.Ecco alcuni consigliper evitarli...

Sicu

rezza

• disattenzione• impiantidifettosi• usoincautodialcuniprodotti• negligenza

Per prevenire gli incendi e per tutelare la sicurezza delle persone è necessario co-noscere alcune situazioni pericolose.

• elettricità• impiantoidrico• liquidicombustibili• gasmetano

ElettricitàPrese elettriche: non attaccare più di un elettrodomestico alla presa e stac-care gli elettrodomestici non utilizzatiCavi elettrici: far verificare periodica-mente ad un tecnico esperto lo stato dei cavi elettrici e sostituirli quando sono logori.Apparecchi elettrici: non usare mai ap-parecchi elettrici quando si è bagnati.

Impianto idricoIn presenza di bambini piccoli non lasciare senza sorveglianza la vasca piena di acqua, chiudere a chiave la porta.

Liquidi combustibiliNon lasciare mai la padella con olio incu-stodita sul fornello della cucina acceso.

Cosa fare in caso di incendio o emergenza sanitaria

E’ bene che queste azioni siano scritte e ben visibili perché in caso di emergenza è facile dimenticarsi cosa si deve fare.•usciredall’appartamento,chiudereilgasetoglierecorrenteelettrica•telefonareaiVigilidelFuocon.115•telefonarealProntoSoccorson.118

Se il fuoco impedisce di uscire•attirarel’attenzionedeivicini,telefonarealn.115•filtrarel’ariachesirespiraattraversounfazzolettobagnato•sdraiarsisulpavimento:l’ariainbassoèpiùrespirabileperchéilfumovainalto

Infine ricordiamo a tutte le aziende soggette al controllo dei Vigili del Fuoco in posses-so di nulla osta provvisorio NOP, che lo stesso non è più valido pertanto è decaduta l’autorizzazione ai fini della Prevenzione Incendi e che ai sensi del D.Lgs.81/08 l’attività può essere sospesa dall’Autorità di Vigilanza.Dette aziende dovranno presentare immediatamente al Comando Provinciale dei Vigili del fuoco competente per territorio domanda di parere di conformità sui progetti e domanda di sopralluogo ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi.

Delta Consulting S.r.l.Via Puccioni, 456029 Santa Croce sull’Arno (PI)Tel. +39 0571 34503 - Fax +39 0571 34504www.consultingdelta.it - [email protected]

sicurezzaDOMESTICA

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Azie

nde

TEXT Sergio Matteoni

Nel gioco competitivo dell’attac-co e difesa non tutti i clienti sono uguali per le aziende: ci sono

clienti molto profittevoli e ci sono clienti addirittura dannosi, in quanto riducono la profittabilità dell’azienda. I più profit-tevoli sono, chiaramente, i più ricercati e

su questi si concentrerà l’attenzione del-le aziende e delle strategie di acquisizio-ne e fidelizzazione. Rifacendosi al princi-pio di Pareto cosiddetto anche “legge 80/20” e che è sintetizzabile nell’affer-mazione: la maggior parte degli effetti è dovuta ad un numero ristretto di cause, possiamo notare come spesso il 20% dei migliori clienti valgono l’80% dei profitti mentre i peggiori 30% consumano più del 50% dei profitti che tutti gli altri con-corrono a generare. Conseguente-mente le aziende sviluppan-do un approccio di CRM (Customer Relationship Management), hanno la capacità di conoscere i propri

clienti e la redditività di ciascuno in modo da individuare i clienti su cui concentrar-si e da soddisfare pienamente, ossia i più profittevoli, e quelli da trascurare, ossia i meno profittevoli, che costano più di quanto valgono, operando quella che può definirsi una “intelligent dese-lection”. I clienti più interessanti sono riconoscibili in quanto: Spendono di più, Presentano il minor tasso di defezione, Hanno performance di frequenza supe-riori alla media, Acquistano prodotti/servizi ad alta battuta di cassa, Acquista-no prodotti alto-marginanti, Acquistano tutte le tipologie di beni e servizi offer-ti. I clienti costosi sono differenziabili in base al settore, ad esempio nel settore manifatturiero sono i clienti non fedeli disposti a cambiare insegna o marchio in funzione delle iniziative promozionali del momento; nelle assicurazioni sono i clienti a cui è associato un coefficiente di rischio inferiore alle reali probabilità di avvenimento dell’evento assicurato etc.E’ importante notare che il valore dei clienti non è continuo e costante nel tempo ma ha un andamento che è fun-zione del suo ciclo di vita: nelle fasi di

acquisizione il cliente rappre-senta una fonte di costo in

quanto sono le fasi inizia-li di contatto in cui le

aziende investono per far conoscere i pro-dotti-servizi e spinge-re i clienti ad acquista-

re; la fase di conservazione, è quella in cui, dopo un certo numero di acquisti, il cliente comincia ad essere redditizio e l’azienda rientra dell’investimento rag-giungendo il punto di pareggio (breack event point); nella fase di retention il cliente incrementa i suoi acquisti presso l’azienda accrescendo così il suo valo-re; ed infine nella fase di loyalty il va-lore del cliente raggiunge il suo picco poiché è in tale fase che il cliente, ve-dendo pienamente soddisfatte le pro-prie aspettative, massimizza il proprio potenziale di spesa presso l’azienda. Successivamente, gli scenari possono essere diversi: se l’azienda è in grado di modificare la propria offerta in fun-zione dell’evoluzione delle aspettative dei clienti è possibile che la profittabi-lità del cliente si mantenga stabile; se l’azienda è in grado di allargare la pro-pria offerta ampliando la sua proposta in modo da soddisfare ulteriori aspet-tative dei clienti si potrebbe assistere ad una rivitalizzazione del rapporto con un conseguente aumento del valore del cliente nel tempo; se invece l’azienda non è in grado di monitorare le aspetta-tive del cliente nel tempo e di adeguare la propria offerta è possibile che la pro-fittabilità inizi lentamente a calare fino alla cessazione del rapporto. Come già detto queste indicazioni possono essere apprese solo attraverso l’utilizzo di uno strumento di CRM che ci permetta di te-nere sotto controllo ed analizzare conti-nuamente i dati relativi ai nostri clienti ed alla nostra forza vendita.

Maggiori informazionisu www.worklandcrm.it

Attraverso un approcciodi CRM le aziendehanno la capacità di conoscere i propri clientie la redditività di ciascuno

I clienti non sonotuttiuguali

NetaccessVia Pacinotti 2Santa Croce sull’Arno (PI)Tel 0571/[email protected]

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TEXT A. C.

Sabato 17 aprile 2010 si è tenuto il convegno sulla riorganizzazione del-la depurazione Industriale e civile del

Comprensorio del cuoio, del Circondario Empolese, della Valdera, della Valdelsa e

della Valdinievole, organizzato dal Rotary Club Fuecchio Santa Croce sull’Arno e dal Rotaract Club, presso il Teatro Verdi a Santa Croce sull’Arno. Il fine del convegno è stato quello di illustrare il progetto del così detto ‘Tubone’, ovvero la profonda riorganizzazio-ne del riciclo e riutilizzo delle acque reflue civili ed industriali delle zone sopra men-zionate, mediante la loro raccolta e confe-rimento ai depuratori di Ponte Buggianese, Ponte a Cappiano, Santa Croce sull’Arno e Ponte a Egola, e quindi, redistribuzione al sistema conciario, con marcate utilità, sia ambientali, eliminando o diminuendo l’at-tingimento delle acque di falda, sia econo-miche, per la riduzione dei costi del bene-acqua da parte delle aziende.Infatti il distretto del cuoio, comprendendo 300 concerie insediate nel territorio tra San-ta Croce sull’Arno e Ponte a Egola, porreb-be con il passare degli anni seri problemi in ambito ambientale, dato che tali industrie hanno un utilizzo di prodotti chimici e ope-rano un trattamento dell’acqua sensibile per il territorio. La problematica ambientale non

Il Tubone: una rispostaalla problematica ambientaledel distretto conciario

La de urazioneindustriale e civile

C O N V E G N ORotary Club & Rotaract Club

Amb

iente

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si risolve nella sola depurazione, ma comprende anche il largo campo della produzione dei fanghi e sottoprodotti della lavorazione, essendo avviati al ri-utilizzo e all’impiego in altri settori produttivi. Si parla di argomenti che riguar-dano numerose strutture e organismi, come il consorzio depuratore di Santa Croce sull’Arno, il consorzio Aquarno, Ecoespanso, il consorzio Cuoiodepur e molti altri, che come ultimo traguardo condividono appunto il progetto del “Tubone”. Semplificando altro non è che la creazione di un depuratore unico per le industrie dell’area nel quale confluiranno anche gli scarichi civili degli abitanti di questa parte del Valdarno, il cui completamento sarà entro il 2015. Per tale operazione è stata costituita una nuova società, il cui nome è Valdacque Spa. Per questo è importante avviare i lavori per l’attuazione del progetto, ma soprattutto arrivare alla messa a punto degli interventi sul Padule di Fucecchio per mitigare gli effetti del trasferimento al ‘tubone’ di una parte delle acque dei suoi affluenti e di incentivare la crescita del Padule quale area umida di interesse internazionale.Al convegno, sotto la direzione di Filippo Dami del Rotary Club, modera-tore dell’evento, sono intervenuti relatori del settore ambientale, illustrando nel dettaglio i contenuti tecnici e strategici del progetto, inserendoli in una visione d’insieme, consentendo già di immaginare le molteplici utilità la cui attuazione del progetto porterà, facendo trarre benefici agli abitanti della zona oltre che alle aziende. Infatti l’aspetto ambientale ha una valenza econo-mico finanziaria non secondaria per le imprese conciarie del nostro compren-sorio sempre attento, ormai da decenni, all’ambiente e la sua salvaguardia, gli oneri ambientali incidono per circa l’8% sui costi totali delle imprese, al contrario di alcuni Paesi esteri emergenti, come Cina e India, i cui oneri am-bientali sono circa il 5%, di quello che noi destiniamo, dato che il rispetto dei requisiti ambientali spesso non viene assolutamente considerato. In questo contesto imprese conciarie e legambiente approvano il progetto del così detto “Tubone”, compimento di un nuovo progetto economico-ambientale nel nostro territorio.Sono intervenuti autorità politiche e militari al convegno oltre all’intervento del Vescovo di San Miniato, Monsignor Fausto Tardelli.

Nella pagina precedente in alto i partecipanti al convegno e in basso la platea.Sotto da sinistra: il moderatore Filippo Dami, Franco Donati di Valdacque Spa, Valerio Valori presidente della giunta regionale di Rotary Club, Roberto Casella presidente del Rotary, Filippo Petrucci presidente di Rotaract, Osvaldo Ciaponi sindaco di Santa Croce sull’Arno, Alessandro Francioni presidente di Assoconciatori. In questa pagina in alto: Filippo Dami e Monsignor Fausto Tardelli vescovo della Diocesi di San Miniato

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TEXT Vanessa Valiani Presidente giovani imprenditori Confartigianato Pisa

aggregazione e formazione

Nei giorni del 12 e 13 marzo 2010 si è tenuta

l’assemblea nazionale dei giovani imprendi-tori di Confartigianato imprese, presso l’ospi-tale “Convitto della Calza” in Firenze. Le sessioni sono state aperte da una brillante introduzione del presi-dente regionale Fabio Banti, il quale ha fatto gli onori di casa e ha dato il benvenuto alle centinaia di persone intervenute.L’iniziativa intitolata “Impresa 2.0 - la per-sona il vero capitale” evidenzia il fatto che il motore delle imprese da noi guidate è co-stituito dalle risorse umane. Il presidente nazionale dei giovani imprenditori di Con-fartigianato, Marco Colombo, ha sotto-lineato a più riprese il valore dei nostri fa-miliari, dipendenti ed amici che condivido-no con noi difficoltà e successi aziendali. Di primaria importanza, dunque è, non solo pensare al futuro, alle nuove tecnologie e alle nuove generazioni, ma anche reimpo-stare il nostro sistema individuando linee guida e valori di grande respiro come la solidarietà e la coesione sociale.Nel 2009 il fatturato delle nostre imprese è diminuito del 18,7%. La produzione si è contratta del 17,5% (la peggiore per-formance produttiva tra i maggiori paesi europei). Le vendite estere sono calate di ben 75,7 miliardi di Euro.La crisi, che ormai da quasi tre anni ci ha investito, pesa e peserà sulle spalle dei giovani under 40. In Italia, infatti, la disoc-cupazione dei giovani con meno di 40 anni

si attesta al 10,8%. Quanto poi alla liquidi-tà, due giovani imprenditori su tre hanno crediti insoluti per il 20% circa. Per questa ragione, occorrerà sempre più affermare il concetto di un fisco giusto ed equo. Gioco-forza sarà introdurre normative che rendano certi i tempi di pagamento per le transazioni commerciali. Infatti, assai spesso gli impren-ditori sono costretti a scegliere se accettare di riscuotere i propri crediti oltre i 12 mesi o affidarsi alla giustizia che, purtroppo, richie-de tempi e costi elevati.Durante l’assemblea, alla quale hanno partecipato esponenti di maggioranza ed opposizione come il Ministro Sacconi e il

vice segretario del PD Enrico Letta, Confarti-gianato ha chiesto alla politica di alleggerire il debito pubblico.È emersa l’importanza di agire per ottenere una normativa seria e concreta che tuteli il Made in Italy.Si è poi constatato come le piccole impre-se possono finalmen-te accedere al Fondo Centrale di Garanzia. In questo contesto un ruolo fondamentale per l’accesso al credi-to è stato svolto dai consorzi fidi ai quali un’azienda su due si è rivolta per trovare fi-nanziamenti. Nel 2009, questi hanno garantito un supporto per oltre 13 miliardi di euro con un incremento di circa il 30% rispetto al 2008. Per quanto non con-testabile l’opportunità di tali strumenti, resta difficile e critico l’ac-cesso al credito per molte imprese che avrebbero bisogno di flessibilità anche da parte degli istituti ero-gatori del credito.

Un’impresa, per crescere, oltre a poter contare su un efficace sistema crediti-zio deve poter trovare giovani preparati e professionalizzati. Infatti, l’altro tema affrontato è stato quello dell’alternanza scuola - lavoro. Confartigianato ha dimo-strato di condividere gli obiettivi del pia-no azione giovani “Italia 2020: piano per l’occupabilità dei giovani”, l’associazione è solidale con l’ intenzione di rivitalizzare il contratto di apprendistato. La formazione deve essere organizzata in modo tale da sviluppare conoscenze appre-se con la pratica nei laboratori, conoscenze utilmente spendibili nelle aziende artigiane.

Azie

nde

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sviluppoProposte per lo

Page 107: Reality 56

Tuttavia non può essere sottovalutato l’insegnamento delle materie classi-che e scientifiche, capaci di trasmettere i valori della nostra tradizione cultu-rale ed educare i giovani ad un pensiero critico. Per tale motivo, l’apprendistato può essere uno strumento utile al fine di rendere effettiva l’alternanza scuola - lavoro, non per allontanare dalla scuola ragazzi che non hanno voglia di fare ed apprendere. Vorrei ricordare che In Italia mancano falegnami (54%), parrucchie-ri (49,9%), meccanici (46,9%), carpentieri (36,4%), elettricisti (32,9%), montatori di apparecchi termici ed idraulici (27,5%), commessi (20,6%), muratori (14,4%).

Crisi e stretta creditizia non minano la fiducia che i giovani capitani d’impresa ripongono nella propria attività. Per migliorare l’affidabilità della propria azienda sul mercato il 36% dei giovani imprenditori ha pensato di aggregarsi in rete.Soprattutto, le giovani imprese debbono aggregarsi abbandonando inve-terati campanilismi e pregiudizi, come la paura di concorrenza sleale e la difficile gestione di più soggetti. Ma, come sosteneva Einstein: “E’ più facile rompere un atomo, che un pregiudizio”.Le reti sono il futuro dell’impresa e anche del nostro territorio poiché per-mettono di innovare, di intercettare nuovi mercati anche all’estero. Il pas-saggio da distretto a rete negli anni sarà fondamentale anche per il nostro comparto conciario, in cui occorrono l’aggregazione e la compattezza delle giovani imprese e dei giovani imprenditori.La rete, serve specificare, deve essere intesa non solo come una filiera pro-duttiva (forse a cui è più facile fare concorrenza), ma soprattutto come la possibilità di scambio di informazioni, il motivo per riorganizzare tecnologi-camente le nostre aziende, fornendo loro adeguati sistemi per le telecomu-nicazioni. Ciò risulterebbe virtuosamente competitivo per noi imprenditori, per i nostri dipendenti e per i nostri giovani, perché sarebbe lo slancio per far di nuovo fiorire l’artigianato italiano, universalmente riconosciuto il migliore, e sdoganerebbe l’ attività artigianale e manuale tra i giovani.

È importante per le giovani imprese aggregarsiin reti che permetterebbero di innovarsi

e di intercettare nuovi mercati

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Finché i consumatori si comporteranno così, determinati a scegliere il meglio – in tutte le versioni – la filiera italiana

avrà un ruolo. Perché si tratta d’accessori che incantano a prima vista, e inoltre qual-cuno diventa cult nel tempo, nel costume, nel ricordo. E il futuro della stagione prima-vera/estate 2011, selezionato a Lineapelle a Bologna tra le quasi duecento concerie del Distretto industriale di Santa Croce, è meno scuro: grazie anche agli incoraggian-ti e vivaci colori di moda.

RIPARTENZA Alla reception della conceria Dallas, Elena Catastini ha il polso della clientela: “Si sono rivisti gli americani, e ora i cinesi comprano pellami di qualità e moda che a questi livelli non trovano da nessuna parte. Si riparte”.

OCCHIO! Il tecnico Franco Donati (D&Co) la sa lunga. “Il pellame sembra tutto ugua-le, ma soltanto agli occhi non esperti del consumatore. Che se n’accorge poi dopo, quando ha la scarpa, o la borsa: in base all’acquisto. L’accessorio dev’essere di moda, ma anche non sciuparsi all’uso. Non costa di più, se dura di più”.

DOUBLE-FACE Sono i pitoni della conceria Anaconda. “Non si tratta di due pelli incol-late. L’innovazione trova applicazioni: per la rovescia a gli stivali da donna - racconta Maria Carli Testai, moglie del titolare Luigi -. C’è anche stato richiesto di poter fare un capo d’abbigliamento reversibile, ma… bi-sogna ancòra lavorarci”.

KAMIKAZE Coordinatrice del prodotto, alla pelletteria MariAngel che continua a Fucecchio l’attività ex Marianelli, è l’emer-gente Elena Gori. “C’è chi ci chiama kami-

Indu

stria

106

kaze, e chi invece ci dà fiducia. Lavoriamo per le firme, ma stiamo andando avanti an-che con i nostri marchi: perché non è vero che se non è griffata la borsa non si vende. L’importante è che sia fatta bene, e con pellame di qualità”.

PELLE +, LIMITED EDITION Con il pellame al vegetale del Consorzio di Ponte a Egola, si possono realizzare anche le scarpe. E in collaborazione con La Sterpaia - Bottega dell’Arte della Comunicazione, del creativo Oliviero Toscani, viene fatto un concorso internazionale per proposte di prodotti de-stinati a usi diversi. Presentazione elaborati entro il prossimo 30 giugno, esposizione in autunno a Berlino.

EFFETTO VENEZIA Mezzi vitelli vernicia-ti, per scarpe da sogno e borse eleganti. E’ la linea vincente della conceria Sette-bello. “Rivisitata con una nuova gamma di colori che va dai bianchi a pallide tonalità pastello - osserva il titolare Marco Brogi - in pellami con originali effetti cerati, la-minati, ossidati e perlati”.

VISITORS Tra gli stand, anche i vertici del-la Fondazione Crsm: il presidente Alessan-dro Bandini e il vice Antonio Guicciardini insieme a Daniele Piccioni, responsabile di Carismi per l’area Toscana Centro E inol-tre i sindaci Osvaldo Ciaponi (Santa Croce sull’Arno) e Vittorio Gabbanini (San Miniato), con i rispettivi assessori: Alessandro Valiani; e Anna Maria Tognetti con Gianluca Bertini.

BRINA Mezzi vitelli, che sembrano rifini-ti con la brina, su uno sfondo oro, azzurro, neutro.”E anche leggermente scamosciati, scriventi, ma comunque brillantati”, - rac-conta alla conceria Miura l’amministratore

unico Massimo Bonaccorsi -. L’azienda ha un reparto che fa soltanto ricerca e campioni.

MADRAS Capre al vegetale puro, taglia piccola 5-6 piedi. “E’ l’articolo che più si presta al calzaturiere per personalizzare la scarpa”, osserva Sandra Masoni della conceria S.A. Accorgimenti d’esperienza ed evoluzione tecnica ne fanno un prodot-to unico.

IL LAMA Una delle poche aziende che lo sa conciare e lo tiene in produzione è la conceria Ottocento. “Il pellame arriva in pelo, ha il fiore corneo tipo canguro, la fa-miglia è quella dei cammelli” osserva Luigi Caroti. La grana è uniformata con la vola-natura, la taglia non è molto grande.

FILO DI CUOIO Non brucia, è resistente, la fibra arriva fino a 6 mm. A Michele e Nicola Matteoli del cuoificio Otello viene richiesto per sedie e poltrone, ma anche accessori come la bigiotteria, braccialetti, insieme all’argento. Un articolo di nicchia.

BIOL Qualche stagione fa fu registrato come pelle al borotalco. “Che ora, al ta-sto, sembra addirittura cipria. E i bambini possono anche mettere le scarpine in boc-ca senza conseguenze”, osservano per le concerie BCN Roberto Lupi, e il fratello Renzo neo presidente dell’Italian Leather System Consortium.

MIX Tecnologia e artigianalità per i mezzi vitelli laminati e rifiniti a mano. Conclude il giovane Sergio Lusini, alla conceria Gaia: “Siamo piccoli per scelta, per pensare fuori dagli schemi per essere ricettivi nel capire le tendenze ed elaborarle, per crescere”. È l’economia del futuro.

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VOGLIO QUELLE SCARPE!VOGLIO QUELLA BORSA!

E IN QUESTA PELLE!di Luciano Gianfranceschi

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Sensi5La burocrazia

è l ’incapacità addestrata

di Margot

Thorstein Veblen(1857-1929) economista americano

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Pia

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OsteriaIlMaialetto antichi sapori toscani

diClaudioMollo

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Monsummano Terme, poco dopo Montecatini, c’è una salumeria-macelleria gestita

da un noto personaggio che si chiama Giacomo Ferretti, un artigiano del buono, in fatto di carni e insaccati, un vero artista del gusto che quotidiana-mente propone alla sua clientela grandi prodotti, derivati da un’attenta selezione di animali, allevati nella zona di Colmata a pochi chilometri dalla sua attività, che segue personalmente, secondo i detta-mi di una tradizione di famiglia che van-no molto a ritroso nel tempo.Se a qualcuno può sembrare eccessi-vo presentare con tanto entusiasmo quella che poi è una salumeria, una volta fatti i dovuti assaggi dei prodotti in vendita ci si rende conto che anche in una salumeria la famosa “marcia in più”, esiste, eccome!Non a caso, chi se ne intende ed ha avuto la fortuna di assaggiare i suoi sa-lumi, ha pensato bene di invitare la fa-miglia Ferretti ad esportare i suoi sapo-ri in eventi e manifestazioni nazionali, dalle quali, ogni volta, Giacomo torna indietro con il massimo dei voti.Ma, visto il successo di questi prodotti e della sua arte nel trattare, lavorare e stagionare la carne di maiale, come non poteva venire in mente a Giacomo di dar vita ad un locale, una stanza attrez-zata, insomma, un ambiente dinamico e simpatico nel quale far assaggiare il meglio della sua produzione.Ecco allora che, insieme al figlio Alber-to, decidono di aprire un’Osteria, chia-mandola in modo semplice e molto di-retto “Il Maialetto”, un locale arredato vecchio stile, con tavoli in legno, ban-chi in marmo, vecchie affettatrici e tanti altri elementi e particolari che ricorda-no tanto un’antica bottega. Si trova vi-cinissimo alla salumeria, facilmente in-dividuabile perché sulla strada. Locale nel quale si possono assaggiare vere e

proprie rarità, crude e cotte, ottenute da lavorazioni firmate esclusivamente Giacomo Ferretti, rigorosamente fatte, inutile dirlo, in totale assenza di con-servanti e additivi vari e cosa ancora più interessante e in questi ultimi tem-pi molto in voga; a chilometri zero! Potremmo iniziare dai prosciutti, sta-gionati anche 3 anni per passare ad una altro pezzo forte come la coppa o soppressata, che io ho visto realizzare personalmente e della quale ho avuto la fortuna di assaggiare le diverse fasi di aromatizzazione prima di essere in-saccata; vera e propria festa di profumi e sapori. E poi i suoi eccezionali rigatini di notevole pezzatura, il lardo di Col-mata, attenzione bene; non di Colon-nata ma di Colmata, il mallegato classi-co, il salame e le salsicce toscane.Oppure si posso scegliere, tra i pro-dotti cotti, preparazioni decisamente più particolari e uniche, come i fega-telli di prosciutto; si avete capito bene, non quelli classici di maiale fatti con il fegato, presenti naturalmente nella lista delle cose buone, ma di “pro-sciutto”! Si tratta di parti del coscio del maiale che vengono aromatizzate e insaccate nella classica rete, infilzati poi con ramoscelli di finocchio che gli conferiscono un gusto molto partico-lare e cotti nello strutto. Dopodiché, una volta raffreddati vengono messi sott’olio, quello buono. Il risultato è eccezionale e davvero unico il sapore, e stiamo parlando di un prodotto che non esiste da altre parti. Come i fega-telli di prosciutto, altri sono i prodotti lavorati e cotti che Giacomo presenta ai clienti del Maialetto, sott’olio, in bellissimi vasi di vetro che ricordano tanto i tempi passati, quando la roba era buona davvero.C’è da dire che se a Giacomo va il me-rito della bontà dei prodotti, al figlio Alberto vanno i meriti del successo dell’osteria, visto che da unico diretto-re artistico del Maialetto, decide cosa e come proporre alla clientela. E non soltanto i salumi di famiglia ma una cucina decisamente Toscana. Duran-te una sosta all’osteria, sul menu, che cambia spesso non si trovano soltanto le delizie del maiale, ma un ampia scel-ta di piatti che vanno dalle classiche bruschette, alla pappa al pomodoro e

ribollita o zuppa di farro e farinata di cavolo nero. Non manca la classicissima trippa alla fiorentina e, cosa abbastan-za rara, la “Cioncia”, antichissimo piat-to della Valdinievole. Presente anche il lampredotto e un interessante versione di porchetta, spadellata al Chianti e ac-compagnata da fagioli di Sorano. Poi, stupendi filetti di maiale all’olio sale e pepe oppure al rosmarino e pepe ver-de… insomma, pietanze di notevole impatto gustativo, nelle quali la cucina Toscana della vecchia tradizione viene rappresentata come da manuale.Chiude in bellezza l’arcinota “bistecca alla fiorentina”, da carni Limousine al-levate dai contadini della zona, un pro-dotto di notevole pregio, presentata al cliente in varie pezzature e cotta poi alla brace.Un isola felice del mangiare toscano, cose semplici, ricche di sapore e di tradizione, per tutti i palati e per tut-te le tasche. La scelta non manca e chi lo prova una volta, il Maialetto, torna sempre.

OSTERIA IL MAIALETTOVia della Repubblica, 372

Tel. 0572 953849MONSUMMANO TERME – PT

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Posizione mozzafiato, di fronte ad un mare che lambisce lunghissime spiagge, lussu-reggianti dune, una rigogliosa vegetazione:

questo luogo ameno si chiama Fertilia, sobborgo della ben nota Alghero, celebre il suo omonimo golfo. Costruita in epoca fascista, l’architettura cit-tadina presenta tutte le caratteri-stiche

Incanti di SardegnaVi

aggi

p r e s e n t i in realtà conosciute come

l’EUR di Roma. Venti minuti di autobus ed ec-coci al cospetto delle storiche mura della città

catalana in terra di Sardegna, che colpiscono per la loro possenza ma anche per le austere

torri, mirabile capolavoro di architettura artisti-co-militare. Entrare nel cuore antico dell’agglo-

merato rappresenta una meravigliosa sorpresa per coloro che la “esplorano” per la prima volta.

Filari di casine dalle variegate tonalità color pastel-lo affiancano superbi edifici del passato, in stile ri-

gorosamente gotico-spagnolo: palazzi aristocratici, pozzi, eleganti bifore finemente intagliate, blasoni nobiliari, vestigia superstiti, tutto richiama il pe-riodo nel quale Alghero era diventata il principale avamposto catalano per i commerci e la sicurezza nel Mediterraneo di sud-est. Girovagando attra-verso le strette viuzze lastricate, ricche di deliziosi negozietti artigianali, ristoranti, locali di tenden-za, si arriva nel quartiere dominato dalla splen-dida cattedrale, in stile gotico, vero capolavoro del XVI secolo ricco di sculture, pitture, fregi. La movida del luogo è, per lo più, concentrata lungo la panoramica passeggiata sovrastan-te le celebri mura rinascimentali, sovrastanti il porto,a strapiombo su un mare incantevole,

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Incanti di Sardegna

assolutamente da non perdere! E’ ri-saputo che il Golfo di Alghero, denominato Costa

del Corallo, gode di fama internazionale per il suo celebre mare. Tale nomea è più che meritata come dimostra la co-sta a scogliera, posizionata a nord di Fertilia, con sug-gestive insenature dalle forme bizzarre e subito dopo, una folta pineta lascia intravedere uno dei gioielli della zona, Le Bombarde, dove un’acqua dai colori indescrivi-bili possiede un fondale in sabbia quarzifera emanante il luccichio di una pietra preziosa; signori i tropici li abbia-mo in casa, non bisogna andare così lontano! Il resto del litorale riserva altre sorprese tra suggestive calette, irti scogli emergenti dall’acqua e, ancora, mare, mare, mare cristallino dalle accattivanti gradazioni del celeste etereo o del verde smeraldo; si arriva finalmente alle insenature del Lazzeretto, un vero capolavoro d’arte spontanea per i riflessi rosa delle spiaggette, per la presenza di una antica torre perfettamente conservata, per la varietà di macchia mediterranea che la caratterizzano.Una vacanza in questo lembo di terra sarda merita, asso-lutamente, una puntatina anche a Stintino. Il luogo, ri-goglioso paradiso terrestre, rappresenta quanto di più bello la natura possa realizzare: il bianchissimo colore della battigia contrasta con le brillanti tonalità di un mare “modello Maldive” (forse meglio!), intrappolato tra la terrafer-ma, la rocciosa Isola della Asinara e l’isolotto con un antico rudere costru-ito a difesa del posto mette i brividi per le sensazioni positive che emana. Il posto è così straordinario da sembrare irreale. Non credete a quanto descritto? Provate a sperimentare di persona , ri-marrete senza parola.

Dall’alto a sinistra:Capo Caccia, Stintino, il Lazzaretto,campanile della cattedrale di AlgheroDall’alto a destra:La torre del Lazzaretto, le mura di Alghero,il porto vecchio di Alghero, cupola maiolicatadella chiesa di San Michele ad Alghero

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TEXT Marco Massetani

Quando si è in un pasticcio tanto vale goderne il sapore, diceva Confucio. Il pasticcio è stato generato da una

maledetta primavera tennistica – campi in-zuppati d’acqua, spalatori volontari stile protezione civile, guardaroba rivoluzionati e un’umidità che lentamente ti è entrata nelle ossa - ma alla fine di questa disgrazia-ta (meteorologicamente parlando) 32a edi-zione del torneo internazionale under 18 di Santa Croce sull’Arno ne è uscito un sapo-re diverso, perfino accattivante: il gustoso compiacimento per una prova generale su-perata a pieni voti, di un risultato sportivo ed organizzativo da 10 e lode, apprezzato da tutti, compresi gli oltre 200 atleti di 46 Paesi che in una settimana hanno soggior-nato con borsoni, key-way e notebook in un Cerri versione autunnale.È certo che non ci dimenticheremo facilmen-te di questo Anno 1 dopo Mauro Sabatini, ovvero dell’anno successivo alla scomparsa del ‘padre’ del torneo, di colui che nella sua visione monarchica, quasi ‘totalitaristica’ della kermesse, si era però dimostrato un grande “illuminato” perché era riuscito a modellare, anno dopo anno, una squadra eccezionale che potesse un giorno racco-glierne l’ eredità. Le difficoltà logistiche sono state enormi – tabelloni a singhiozzo, orari di gioco im-provvisati, hotel sovraffollati, e un’argilla che non voleva saperne di tornare compat-ta – ma alla resa dei conti, il ‘gruppo’ (che nel tennis è un termine poco utilizzato) ha vinto. Meglio, ha trionfato. Con la passio-ne, la determinazione, la capacità di adatta-mento di una squadra giovane, collaudata e coagulata intorno ai ‘senatori’, tutti insieme appassionatamente (Francesco, Simone, Roberto, Elena, Sara, Gloria, Luciano, Tino e i tanti ‘Franchi’, oltre a giudici, autisti e ristoratrici, ma la lista sarebbe lunghissi-ma…), e grazie alla benedizione finale di una inconsueta domenica di sole, capace di regalare due finali belle e importanti.La cronaca del torneo è già conosciuta, ma vale la pena ricordare che per la prima volta nella storia della manifestazione un austriaco e una slovena hanno iscritto il proprio nome

Si impongono l’austriaco Thiem e la slovena Kolar nei 32° Internazionali juniores ITF

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nell’albo d’oro dei vincitori. Il 16enne Dominic Thiem, già a segno nel 2010 sulla terra della Co-lombia e del Perù, atleta che pratica un tennis elegante, di grande estetica e maturità, come un piccolo imperatore viennese ha cavalcato il suo bianco cavallo fino al titolo, regalando mo-menti di gioco sublime: rovescio incantevole, servizio incisivo, forte pressione ed eccellente reattività. Ha cominciato a convincersi del suc-cesso finale dopo la vittoria in semifinale sul nostro Alessandro Colella (era sotto 6-0, 5-2, ma ha finito per decappottare l’azzurrino 06, 75, 86), La finale contro il filiforme russo Vic-tor Baluda è stata una formalità, o poco più, e Thiem si è imposto 62,64 carburando scambi con un filo di gas. Nel femminile, si è afferma-ta la slovena Nastja Kolar, favorita della vigi-lia, già vincitrice a Firenze. Ammettiamo pure che la concorrenza non era impossibile, ma la ragazzina dai bei lineamenti slavi e dagli occhi di ghiaccio ha dimostrato di possedere un ten-nis molto vario, non spettacolare ma concreto, regolare, con un interessante back: in tre set faticosi (36,64,62 lo score) l’ha spuntata sulla rumena Cristina Dinu, allieva del team ITF, in pratica la vera sorpresa del tabellone rosa. Ci piace ricordare alcune istantanee, che l’otti-mo fotografo Massimo Covato non ha mancato di immortalare, tra un rovescio e l’altro (sem-pre metereologicamente parlando), tra un set all’aperto e tanti match indoor: lo splendido serve and volley del croato Mate Pavic, la di-namicità tecnica del peruviano Duilio Beretta, la caparbietà dell’azzurrino Alessandro Colella (unico italiano a salvarsi dal naufragio generale, seguito dal bravo coach Giancarlo Palumbo ed assistito dal fedele Avv. Parretti…), ed ancora la rabbia agonistica al limite della correttezza della moscovita Yulia Putintseva, le sprigionan-ti potenzialità della 15enne statunitense Sachie Vichery (sulle orme della sua connazionale Slo-ane Stephens), e quelle ben più accattivanti della russa Anna Smolina…L’edizione 2010, come un bel segnalibro, sarà custodita con cura tra le pagine di que-sta manifestazione, per questi e per molti al-tri motivi. Era importante dare all’esterno un segnalo forte, deciso. Gli sponsor (Biokimica Group, Eurotrans, Nick Winters e TFL Italia) hanno contribuito in prima persona a lanciare il

messaggio, le istituzioni (con il sindaco di Santa Croce Osvaldo Ciaponi , l’assesso-re allo sport Piero Conservi, e la presenza speciale al Cerri del neo assessore provin-ciale Salvatore Sanzo) sono state puntua-li nel rinsaldare certi obiettivi di intenti... Adesso l’obiettivo è consolidare strutturali sinergie all’interno di un progetto giova-ne, serio e moderno, al passo con i tempi, e comunque rispettoso dei valori tradizio-nali tramandati da chi questo torneo l’ha voluto, amato e cresciuto...

RISULTATI

Quarti di finale: Colella (11, Ita) b Byriukov (15,Rus) 6-3 6-2; Thiem (5, Aut) b Pavic (4, Cro) 1-6 6-3 6-1;Dzumhur (3, Bih) b Delic (Cro) 6-1 6-0; Baluda (6,Rus) b Beretta (2,Per) 5-7 6-4 6-Semifinali: Thiem b Colella 0-6 7-5 8-6 ; Baluda b. Dzuhmur 4-6,6-4,6-3..Finale: Dominic Thiem b. Victor Baluda 6-2,6-4.

Quarti di finale: Putintseva (1,Rus) b Jeanjean (Fra) 6-2 6-2; Dinu (6,Rou) b Kovinic (16Mne) 6-2 6-7 6-2; Grage (9, Den) b Van Uytvanck (Bel) 7-5 6-2; Kolar (2,Slo) b Bouchard (7, Can) 6-2 6-0.Semifinali: Dinu b Putintseva 6-4 4-6 7-5; Kolar b Grage 6-3 4-6 6-2.Finale: Nastja Kolar b. Cristina Dinu 3-6,6-4,6-2

Semifinali: Dellien/Galvao (6, Bol/Bra) b. Haessig/Thiem (5,Can/Aut) 6-3,6-0; Sawicki/Smola (8, Pol) b. Beretta/Quiroz (2, Per/Ecu) 6-4,6-3.Finale: Sawicki/Smola b. Dellien/Galvao 1-6, 7-6 (2), 10-8

Semifinali: Grage/Zheng (4, Den/Chi) b. Ce-pede Royg/Dinu (1,Par/Rou) 6-4, 6-4; Kolar/Skamlova (3, Slo/Svk) b. Kremen/Putintseva (2, Blr/Rus) 6-2, 7-5.Finale: Kolar/Skamlova b. Grage/Zheng 6-1, 7-6 (4)

1. La vincitrice slovena Nastja Kolar 2. La finalista rumena Cristina Dinu 3. La bellissima russa Anna Smolina 4. Kolar e Dinu a fine partita 5. Il vincitore austriaco Dominic Thiem 6. Il finalista russo Victor Baluda 7. I finalisti del doppio 8. I ragazzi dell’organizzazione 9. Il coach ITf Roberta Burzagli e Cristina Dinu 10. Il consigliere Franco Cioli premia lo sponsor Rolando Picchi della TFL 11. La slovena Kolar premiata dalla nipote di Mauro Sabatini, Caterina Giannoni 12. Il direttore sportivo Simone Martini,il presidente Franco Riccioni, il direttore del torneo, Francesco Maffei, il presidente FIt Toscana Guido Turi 13. Intervista ad Alessandro Colella ai bordidel campo

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In vacanzaa cura del Maestro di Cerimonie Alberto Presutti

www.albertopresutti.it

In vacanza ci si sente liberi e ci pare che niente e nessuno possano imporci restrizioni di comportamento.Niente di più sbagliato!

Le ferie sono sicuramente importanti e vanno godute all’insegna del relax, ma ciò non significa che ci possiamo consentire ogni abuso all’insegna del “finalmente posso fare quello che voglio!”.Delle regole vanno assolutamente rispettate all’insegna del Bon Ton, perché se le vacanze sono un diritto dello spirito come per il nostro corpo, non devono divenire una vacatio, come direbbero i latini, dall’educazione!In vacanza non può avere il sopravvento la mancanza di rispetto e di buone maniere nei confronti di tutti coloro che condividono con noi spiagge o alpeggi, alberghi o località turistiche.Scegliamo, pertanto, con attenzione i nostri compagni di viaggio per evitare di unirci a gruppi non omogenei alle nostre abitudini o non adatti ai nostri gusti ed interessi.Nei viaggi organizzati dimostriamo sempre puntualità e assoggettiamoci con pazienza alle regole dettate dall’agenzia. Il Bon Ton, in albergo, ci suggerisce di salutare chiunque incontriamo nei corridoi o in sala da pranzo, dove ci presenteremo sempre ben vestiti e mai in costume da bagno.Lasceremo le camere in ordine, mai trafugando accappatoi o confezioni di saponi dal bagno. Se, invece, siamo ospiti in casa di amici, non detteremo l’agenda delle vacanze ma ci adatteremo alle loro consuetudini con spirito collaborativi e allegro. Se passiamo le vacanze al mare ricordiamoci che è vigente una “Beach Etiquette”, un Bon Ton da spiaggia, che ci spiega come questa sia un luogo pubblico dove vigono riservatezza e discrezione.Sulla battigia sono banditi sia racchettoni e freesbee sia giocare al “beach soccer”, mentre sarà bene munirsi di cuffiette per l’ascolto della musica preferita.Fare il bagno è assai piacevole, ma evitiamo di tuffarci con dei tonfi, schizzando e spruzzando maleducatamente intorno.E se all’ora di pranzo desideriamo rimanere in spiaggia non portiamoci appresso contenitori colmi di lasagne, rosticciana e insalatone.E’ veramente “cafonal”!Prediligiamo invece frutta fresca non profumata. Infine, se invitatiad una gita in barca,mai ci è consentitodi interferire,neanchefossimo“lupi di mare”,nelle decisionidel comandante.

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Come la maestra degli astrologi contemporanei Lisa Morpur-go insegna, il Sole e la Luna

sono i pianeti che governano il cuore dell’estate, signori dei segni zodiaca-li del Leone e del Cancro, massima espressione di energia e luce. Nel Cancro la simbologia veste dell’attesa per la mietitura del grano e la figura è quella della madre che partorisce: l’attenzione per il neonato si traduce nel legame simbiotico del Cancro con l’universo casa-famiglia, guscio di pro-tezione dal mondo e scoglio sicuro al quale aggrapparsi. Il Cancro ama “nu-trire” i suoi affetti, magari attraverso una ricetta dolce come i cibi zucchero-si di cui è goloso: la Toscana gli offre la torta alla senese (città collegata a tale segno), ricca di ingredienti a lui adatti (latte, zucchero, burro, frutta secca, li-mone). La sua sensibilità si incarna in un vino liquoroso, bianco-ambrato, dal gusto amabile come solo il Cancro sa essere: il Vin Santo Pisano San Torpè.

Nella costellazione della Vergine il senso di on-nipotenza leonina si riequilibra nell’intelligenza pratica, conscia dei propri limiti, che impiega

le risorse nel lavoro, nel confronto realistico con l’altro, nel qui-e-ora. Il vicino autunno rallenta i ritmi. Mentre il Leone sperperava come la cicala, la Vergine-formica conservava per i tempi duri, costantemente impegnata a livello intellettuale nell’aspirazione alla perfezione (stato di verginità), contro la consapevolezza di essere intrap-polata in un corpo imperfetto e fallibile. Nel mito greco si ritrova il complesso significato di questo segno: la con-dizione verginale non esprime negazione di sessualità ma integrità psicofisica, equilibrio tra istinto/corpo (fra-gilità e limite) e razionalità/purezza. Il pianeta governato-re Mercurio, dio dell’intelligenza, lo rende segno-ponte delle tensioni con cui l’uomo si scontra: collettività/in-dividualità, verginità/fecondità, salute/disintegrazione, alla costante ricerca di impeccabilità (castità). Leonardo da Vinci ci regala nel dipinto “La Vergine delle Rocce” la sua misteriosa complessità: Gesù Bambino, San Giovan-nino, un angelo e la Madonna, icona della figura umana che si fonde con il segreto divino, madre che attraverso l’apostolo Giovanni è accanto al Figlio nel duro momen-to del compimento del suo destino spirituale, nel conflit-to di responsabilità proprio della Vergine.

Quando il Sole culmina nell’euforia del raccolto, il sentimento si trasforma in ot-timismo e generosità nella costellazione

del Leone: cominciano le danze della trebbiatura per ammassare nei covoni il grano dorato. La fe-sta si traduce in abbondanza e magnificenza, che devono evitare di tramutarsi in sfacciataggine e spreco. Il Leone è nobile quando impara a brillare non solo per sé ma anche per gli altri, irradiando e guidando grazie alla sua buona luce (come sug-gerisce l’Astrologia Umanistica), diventando eroe come Apollo, Dio del Sole. La grandeur di atteg-giamenti e gusti ben si rispecchia nel “diamante” Forte Dei Marmi, da sempre meta ambita, simbo-lo del divertimento estivo (tipicamente leonino), di leggerezza e abbandono dopo un anno di lavoro. Forte dei Marmi, da sempre affascinante per nu-merosi personaggi famosi: da Thomas Mann che passeggiava al tramonto ammirando le bianche Alpi Apuane, a Giacomo Puccini sul lungomare ricco di ville sontuose, agli scatenati anni Sessanta dei film al “Sapore di Mare”, dove giochi e pas-sioni si intrecciavano sullo sfondo dei successi musicali dell’epoca, tra una notte in Capannina e una melodia alla “Abbronzatissima”.

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uando i missionari gesuiti incontrarono per la prima volta, nelle terre degli Atzechi, questo fiore dalle forme così particolari, gridarono al miracolo: ecco il simbolo della Passione!E come dar loro torto… i viticci erano la frusta con cui Gesù venne flagellato; i tre stili i chiodi; gli stami, a forma di martello, le cinque ferite; la raggiera variopinta alla base, la corona di spine.I nativi, molto più pratici e ignari della buona novella che si portavano dietro questi strani invasori vestiti di nero, utilizzavano da sempre i fio-ri e le foglie come calmante, o più semplicemente come sonnifero. Ma fu un padre domenicano, Emmanuel de Villegas a portare nel 1610 in Europa la prima pianta. La mostrò a un collega, padre Giaco-mo Bosio, che ne fu talmente affascinato, da descriverla subito nel te-sto che stava scrivendo e che pubblicò nello stesso anno, il “Trattato sulla Crocifissione di Nostro Signore” che contiene la prima citazione a stampa del fiore, chiamato “Passione Incarnata”. Linneo, nel 1753, quando si trovò davanti questo straordinario fiore, si trovò il nome già scritto: non poté fare a meno di chiamare la pianta “Passiflora”, da “Flos Passionis”.Nata nei caldi climi tropicali e subtropicali, la Passiflora non sopporta le basse temperature. Da noi si è diffusa la “Passiflora Cerulea”, che resiste fino a quando il termometro non tocca lo zero. Le altre, purtroppo, hanno bisogno di serre e ambienti adeguati. Si coltiva in vaso o direttamente in terra.Ed ecco il miracolo della fioritura, che avviene improvvisa quando non te l’aspetti.Si tratta di fioriture brevi, che durano all’incirca un giorno. Ma subi-to, da un’altra parte della pianta, ecco apparire improvviso un nuovo fiore. E’ possibile, con un po’ di pazienza, osservarne i movimenti: prima si apre, esibendo le varie parti ben strutturate a ricevere la luce del sole. Poi, lentamente, i cinque stami colorati di giallo si rivolgono verso il basso, mentre i tre stili colorati di nero si mantengono più a lungo in posizione eretta. Poi si abbassano anche loro, quasi a cerca-re rifugio fra gli stami.Sembra una piccola fontana barocca, o una scultura di un artista con-temporaneo. Ma è solo uno dei tanti miracoli della Natura, che av-vengono dalla notte dei tempi, e dai quali, ogni volta che si ripetono, restiamo affascinati.Esistono circa 460 specie di Passiflora, differenziate sia nella forma che nei colori, ed è possibile anche ottenere ibridi, dalle caratteristi-che ancora più strane. Di alcune specie è possibile mangiare il frutto, che naturalmente si chiama “frutto della Passione”.

Rimasta immune dai miti greci, provenendo dall’altra parte del mon-do, la Passiflora si porta dietro l’originaria leggenda creata dai padri gesuiti. Altri fiori hanno il compito di raccontare le più umane pas-sioni degli uomini: solo la Passiflora ci ricorda gli ultimi istanti della Passione più alta, quella di Nostro Signore.

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il fiore con i simbolidella Passione

TEXT Paolo Pianigiani /PHOTO Alena Fialová

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© Foto Alena Fialová

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Ad Atene nacque Dedalo il primo uomo che scolpì la pietra, che cesellò i metalli, che insegnò le leggi dell’architettura, un artista incomparabile di un ingegno complesso e meraviglioso. Un suo nipote, Talo, rassomigliava, per ingegno a lui: aveva trovato un giorno nella campagna una mascella di serpente ed aveva avuto l’idea di servirsene per segare un ramo d’albero.Il risultato fu così brillante, che Talo, pensò di tagliare nel ferro una serie di denti e di adoperarlo per segare i tronchi. Aveva così inventato la sega. Dedalo capì subito che il nipote aveva veramente un grande talento e, temendo di essere in seguito eclissato da lui, lo condusse una mattina sull’alta Acropoli e, a tradimento lo gettò nel vuoto.Ebbe un bel dichiarare poi davanti all’Areopago che era accaduta una disgrazia: non gli credettero e, per punizione, fu mandato a Creta in esilio. Qui Minos-se, re di Creta, aveva una figlia ancora bambina, a cui, come a tutti i ragazzi, piacevano i balocchi. Dedalo, appena giunto alla corte del re, per ingraziarsi la principessa, le costruì il meraviglioso giocattolo animato. La principessina rimase attonita e felice dinanzi a quel dono, e il re Minosse prese al suo servizio l’artista. Poiché a quel tempo il paese era devastato da un mostro mezzo uomo e mezzo toro, Minosse incaricò Dedalo di costruire un palazzo sotterraneo in cui rinchiudere lo spaventoso animale. Così l’architetto abilissimo costruì il famoso Labirinto. Ma purtroppo il mostro venne sconfitto da Teseo e, Minosse quando venne a saperlo, montò su tutte le furie e incolpò Dedalo dell’accaduto. Per punirlo il re, rinchiuse l’architetto e suo figlio Icaro nello stesso Labirin-to. Dedalo, che non poteva sopportare a lungo l’odiosa prigionia, volle tentare a qualunque costo, l’evasione. L’unica via libera era quella dell’aria. Costruì così per sé e per suo figlio due paia d’ali tessute di piume leggere; le attaccò con cera alle spalle e alle braccia di Icaro e se le fissò anch’egli al dorso, poi attese che i servi dormissero e rivoltosi al figliolo gli disse:”Seguimi Icaro” raccomandò al figlio. “E non temere nulla: abbi soltanto cura di restare presso di me come un uccellino appena uscito dal nido. Non ti lasciar tentare dall’altezza: il fuoco del Sole brucerebbe le tue ali, e non scendere troppo in basso, ché l’umidità le appesantirebbe. “Ti obbedirò padre” rispose Icaro. Fiducioso Dedalo si lanciò nello spazio, mentre Icaro lo seguiva.Sotto si stendevano azzurre e calme le acque dell’Egeo e vi si specchiava sfolgorante, il Sole. Passavano i due uomini alati, Dedalo e Icaro, sul mare, e gli uccelli fuggivano spaventati. Costeggiavano le isole e i pastori alzavano gli occhi stupiti credendo a visioni fantastiche, mentre i contadini gridavano: “Sono Numi scesi dall’Olimpo, volano con ali di piume verso il Sole!”. Icaro udiva quei gridi di stupore e si sentiva inorgoglire sempre di più. Gli pareva quasi di essere una divinità, così alto nello spazio, così libero e veloce fra le nuvole. Doveva essere anche più bello avvicinarsi al cielo, attraversare le eccelse vie dove le stelle serene e i mondi si inseguono eternamente. Tentare un volo audace vicino al Sole, per guardare da presso l’immenso Astro luminoso! Icaro trascinato dal suo stesso desiderio, si allontanò a poco a poco dalla scia del padre e si portò in rapida ascesa, verso la regione alta del firmamento; ma il calore ardente del Sole rammollì presto la cera profumata che faceva aderire alle sue spalle le ali, sciolse le piume dell’armatura che le teneva insieme e le fece precipitare nelle onde sottostanti. Icaro cercò invano di rimanere sospeso nell’aria battendo affannosamente le braccia. Cadde nel mare e la schiuma lo ricoprì. Da allora quel mare si chiamò Mare Icario.Dedalo, accortosi tardi dell’imprudenza di Icaro, non poté far nulla per evitare la tragica morte del figliolo nell’Oceano e dovette proseguire il volo, finché arrivò a Cuma. Qui costruì un tempio magnifico dedicato ad Apollo e vi consacrò le sue ali prodigiose. Ma l’angoscia per la morte tragica di Icaro era così immensa, che Dedalo non trovò altra consolazione che mettersi a scolpire sulle porte del tempio tutta la storia di Minosse e della sua discendenza. Il cesello magnifico creò una fantastica, mirabile opera d’arte. Ma quando il povero padre giunse a scolpire l’episodio della sua fuga dal Labirinto e la morte di Icaro, le mani gli tremarono di commozione, il bulino gli cadde a terra, e l’opera rimase incompiuta a quel punto.

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