Copia di vitarivista - Vita somasca 17.pdfClaudio Meli Fotografie Archivio somasco, autori...

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Anno LIX - N. 177 gennaio marzo N. 1 - 2017 Vita somasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi Dossier Baia Mare Vita somasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma In uscita verso l’umanità ferita e scartata dal 138° Capitolo generale dell’Ordine

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  • Anno LIX - N. 177gennaio marzo

    N. 1 - 2017VitasomascaPeriodico trimestrale dei Padri Somaschi

    Dossier

    Baia Mare

    Vitasomasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi

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    In uscita verso l’umanità ferita e scartata

    dal 138° Capitolo generale dell’Ordine

  • Editoriale

    È compito vostro… 3Cari amici

    Lasciare gli otri vecchi 4Report‘Evento di comunione’ 8Il nuovo governo generale 9Messaggio dei laici 10Insieme al 138° Capitolo 1120 tesi di papa Francesco 12Problemi d’oggiLa scelta di allacciarsi le scarpe 14‘Scarp de' tenis’ 16Dentro di meIl Dio del lunedì 18Dossier Quando si innesca una rivoluzione 19Spazio giovani

    È l’una di notte e non sappiamo... 28Per riflettereRealizziamo gioia 30Non lasciamoli soli 32Sull’aborto 34 Nostra storiaIl Servo di Dio Mons. Giovanni Ferro 36FlashNuovo Apprendistato e nuova opportunità 40In memoriaRicordiamoli 42Recensioni ‘Habriaqueismo’ 45Letti per voi 46

    Nello scorso numero abbiamo omesso la firma di p. Luigi Amigoni all’articolosu “P. Turoldo: cristiano e poeta”. Ce ne scusiamo con l’autore e i lettori.

    Anno LIX- N. 177gennaio marzo

    N.1 - 2017Periodico trimestrale dei Padri Somaschi

    Direttore editorialep. Mario RonchettiDirettore responsabileMarco Nebbiai

    Hanno collaboratop. Mario Ronchetti,p. Franco Moscone,Enrico Viganò,p.Giuseppe Oddone,p. Luigi Amigoni,Marco Calgaro,Deborah Ciotti,Fabiana Catteruccia, p. Michele Marongiu,p. Livio Balconi,p. Armando Noguez,Rinaldo Canalis,Claudio Meli

    FotografieArchivio somasco, autori articoli,Giuseppe Oddone, Internet

    StampaADG Print srl 00041 Albano Laziale (Roma)Tel. 06.87729452 Abbonamentic.c.p. 42091009 intestato: Curia Gen. Padri Somaschivia Casal Morena, 8 - 00118 Roma

    Vita somasca viene inviata agli ex alunni, agli amici delle opere dei Padri Somaschi e a quanti esprimono il desiderio di riceverla. Un grazie a chi contribuisce alle spese per la pubblicazione o aiuta le opere somasche nel mondo.Vita somasca è anche nel web:[email protected] dati e le informazioni da voi trasmessi con la procedura di abbonamento sono da noi custoditi in archivio elettronico. Con la sottoscrizione di abbonamento, ai sensi della Legge 675/98, ci autorizzate a trattare tali dati ai soli fini promozionali delle nostre attività. Consultazioni, aggiornamenti o cancellazioni possono essere richieste a: - Ufficio abbonamenti Via Casal Morena, 12 00118 RomaTel 06 7233580 Fax 06 23328861

    Autorizzazione Tribunale di Velletri n. 14 del 08.06.2006

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    Sommario

  • Editoriale

    È compito vostro…

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    Cordiale, significativo e soprattutto profetico è statol’incontro dei partecipanti al 138° Capitolo generale del-l’Ordine con papa Francesco, il 30 marzo, nella Sala delConcistoro in Vaticano. A padre Franco Moscone, ri-confermato come preposito generale, ai capitolari e al-l’intera Famiglia somasca, il Santo Padre ha indicatocompiti precisi.

    “Prendete a cuore ogni povertà della nostra gioventù,morale, fisica, esistenziale, e innanzitutto la povertàdi amore, radice di ogni serio problema umano”.“Mettetevi in uscita per andare verso l’umanità feritae scartata”.“Tratto caratteristico della vostra vocazione è la curadegli ultimi, in particolare degli orfani e della gioven-tù abbandonata”.“Ci sono i nuovi ‘mezzi orfani’: quei migranti, ragazzi,bambini che vengono da soli nelle nostre terre e hannobisogno di trovare paternità e maternità. Vorrei sotto-lineare questo: sui barconi tanti vengono da soli e han-no bisogno di questo. Questo ed altro è compito vostro”.

    “Non abbiate paura di ‘lasciare gli otri vecchi’, per unservizio più evangelico e coerente col carisma origi-nario”.“Per rendere un servizio adeguato nel campo del disagiominorile e giovanile, avete l’opportunità di coinvolgerei laici somaschi, per un impegno più consistente nel-l’ambito sociale del carisma”.“I diritti umani, la tutela dei minori, i diritti dell’infan-zia e dell’adolescenza, la tutela del lavoro minorile, laprevenzione dello sfruttamento e della tratta sono que-stioni che vanno affrontate con la forza liberatrice delVangelo e, in pari tempo, con adeguati strumenti ope-rativi e competenze professionali”.“Vi incoraggio a continuare attivamente il vostro la-voro di formazione dei catechisti, degli animatori lai-ci e del clero”.“Vi incoraggio a portare avanti il vostro cammino di se-quela e il vostro dinamismo apostolico, ricco di molte-plici opere e sempre aperto a nuove espressioni, secon-do i bisogni più urgenti della Chiesa e della società neidiversi tempi e luoghi”.

  • Cari Fratelli,sono lieto di accogliervi e vi saluto cor-dialmente, ad iniziare dal Superiore Ge-nerale, che ringrazio per le sue parole. Il motto che avete scelto per il vostro Ca-pitolo generale: “Passiamo all’altra rivainsieme ai nostri fratelli con i quali vo-gliamo vivere e morire”, si ispira alle pa-role di Gesù (cfr Lc 8,22) e fa riferimentoad un passaggio cruciale della storia delvostro Istituto, per coglierne il valore pro-fetico.

    Infatti, a partire dal 1921, un piccologruppo di Somaschi lasciò le spondeeuropee per approdare alle rive lontanedel Continente americano. Si trattò di una decisiva apertura mis-sionaria, che conferì nuovo slancio e

    ampie prospettive apostoliche alla vostrafamiglia religiosa.Ora vi siete proposti di attingere alle mo-tivazioni ideali di quella spinta evange-lizzatrice, per attuarle, nell’oggi dellaChiesa e delle società, fedeli al carismadel vostro Fondatore e tenendo conto del-le mutate condizioni sociali e culturali. In questo discernimento siete sostenu-ti dai frutti spirituali del Giubileo so-masco 2011-2012 che hanno fatto tantobene e ancora ne fanno alle vostre co-munità. In quella significativa circostanza, nel-la quale avete fatto memoria grata delquinto centenario di fondazione del vo-stro Ordine, il mio venerato predecessoreBenedetto XVI vi ha inviato un Messag-gio nel quale vi esortava a seguire l’esem-pio luminoso di san Girolamo Emiliani,prendendo “a cuore ogni povertà dellanostra gioventù, morale, fisica, esisten-ziale, e innanzitutto la povertà di amore,radice di ogni serio problema umano”(20 luglio 2011). L’ideale che mosse Girolamo Emiliani fula riforma della Chiesa attraverso leopere di carità. Il suo progetto era riformare prima séstessi nella fedeltà al Vangelo, poi la co-munità cristiana e la società civile, chenon possono ignorare i piccoli e gli emar-ginati, ma devono soccorrerli e promuo-verne lo sviluppo umano integrale. Anch’io vi incoraggio a rimanere fedeliall’ispirazione originaria e a “metterviin uscita” per andare verso l’umanitàferita e scartata, con scelte evangelica-mente efficaci che nascono dalla capacitàdi guardare il mondo e l’umanità con gliocchi di Cristo. Il tratto caratteristico della vostra voca-zione è soprattutto la cura degli ultimi,

    Cari amici

    Lasciare gli otri vecchiDiscorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti

    al Capitolo Generale dell'Ordine dei Chierici Regolari Somaschi

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    in particolare degli orfanie della gioventù abban-donata, secondo il metodoeducativo del vostro Fon-datore, fortemente cen-trato sulla persona, sullasua dignità, sullo sviluppodelle capacità intellettivee manuali. E parlando diorfani, ci sono i nuovi“mezzi orfani”: queimigranti, ragazzi, bambi-ni che vengono da solinelle nostre terre e hannobisogno di trovare pater-nità e maternità. Vorrei sottolineare que-sto: sui barconi tanti ven-gono da soli e hanno bi-sogno di questo. Questo ed altro è compi-to vostro. Per rendere il vostro ser-vizio al Vangelo più ade-rente alle concrete situa-zioni di vita della gente,voi state elaborando nuo-vi modi di compiere lavostra missione. In particolare, partendodalla realtà odierna delvostro Ordine, state af-frontando la questionedella sua fisionomia in-ternazionale e intercultu-rale in rapporto al serviziodei poveri e degli ultimi. Vi incoraggio ad essereattenti alle diverse formedi marginalità nelle peri-ferie geografiche ed esi-stenziali. Non abbiate paura di “la-sciare gli otri vecchi”,affrontando la trasforma-zione delle strutture doveciò risulti utile per un ser-vizio più evangelico e coe-rente col carisma origi-nario. Le strutture, in certi casi,

    danno falsa protezione efrenano il dinamismo del-la carità e del servizio alRegno di Dio. Vorrei ripetere questo: lestrutture, in certi casi,danno falsa protezione efrenano il dinamismo del-la carità e del servizio alRegno di Dio. Ma alla base di questiprocessi c’è sempre la gio-iosa esperienza dell’in-contro con Cristo e dellaconsacrazione a Lui, c’è lagioiosa esigenza del pri-mato di Dio e di non an-teporre nulla a Lui e alle“cose” dello Spirito, c’è ildono di manifestare lasua misericordia e la suatenerezza nella vita fra-terna e nella missione.Per rendere un servizioadeguato nel campo deldisagio minorile e giova-

    nile, avete l’opportunità dicoinvolgere i laici soma-schi, per un impegno piùconsistente nell’ambitosociale del carisma. I diritti umani, la tuteladei minori, i diritti del-l’infanzia e dell’adole-scenza, la tutela del lavo-ro minorile, la prevenzio-ne dello sfruttamento edella tratta sono questio-ni che vanno affrontatecon la forza liberatrice delVangelo e, in pari tempo,con adeguati strumentioperativi e competenzeprofessionali. San Girolamo Emiliani,contemporaneo di Lute-ro, visse con sofferenza lalacerazione dell’unità cat-tolica; coltivò e promossein Italia la riforma dellaChiesa, “sua ardentissimasete”, con le opere di cari-

    gennaio marzo 2017 Vitasomasca

  • Cari amici

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    tà, l’obbedienza ai Pastori,la contemplazione di Cri-sto Crocifisso e della suamisericordia, l’insegna-mento catechistico, la fe-deltà ai Sacramenti, il cul-to dell’Eucaristia, l’amorealla Vergine Maria. Il suo esempio e la sua in-tercessione vi spingano aconsacrare le vostre forzeall’annuncio della salvez-za in Cristo, affinché pos-sa raggiungere le personee le comunità delle na-zioni in cui siete presentie le loro tradizioni; cosìprogredisce l’incultura-zione, condizione neces-saria al radicarsi dellaChiesa nel mondo. In particolare, vorrei in-coraggiarvi a continuareattivamente il vostro la-voro di formazione deicatechisti, degli animato-ri laici e del clero. Uno dei pericoli più gra-

    vi, più forti nella Chiesaoggi è il clericalismo. Lavorate con i laici, chesiano loro a portare avan-ti, che abbiano il coraggiodi andare avanti, e voi so-steneteli e aiutateli comesacerdoti, come religiosi. È questo un servizio mol-to prezioso alle Chiese lo-cali, in comunione con iPastori e in unione contutta la Chiesa e la sua tra-dizione vivente. Anche il dialogo ecume-nico merita il vostro ap-porto. Il cammino verso la pienaunità è lungo, richiedel’ascolto paziente di ciòche lo Spirito dice alleChiese e, oggi in partico-lare, alle comunità eccle-siali in Africa e in Asia,nelle quali operate conardore apostolico. Le collaborazioni possibilifra tutti i battezzati e la ri-

    cerca di una maggiore fe-deltà all’unico Signorefanno direttamente partedella missione. Il Signore sostenga i vostrisforzi in questo senso. Cari Fratelli, dinanzi avoi c’è il compito di pro-seguire e sviluppare l’ope-ra ispirata da Dio a san Gi-rolamo Emiliani, dichia-rato da Papa Pio XI Pa-trono universale degli or-fani e della gioventù ab-bandonata. Un rinnovato ardore mis-sionario vi spinga a dedi-carvi al servizio del Regnodi Dio attraverso l’educa-zione dei giovani, perchécrescano saldi nella fede, li-beri e responsabili, corag-giosi nella testimonianza egenerosi nel servizio. Vi incoraggio a portareavanti il vostro camminodi sequela e il vostro di-namismo apostolico, ric-co di molteplici opere esempre aperto a nuoveespressioni, secondo i bi-sogni più urgenti dellaChiesa e della società neidiversi tempi e luoghi. Fedeli al carisma del-l’Istituto e uniti ai Pasto-ri, continuerete a dare uncontributo fecondo allamissione evangelizzatri-ce della Chiesa. Chiedo allo Spirito Santo,con la materna interces-sione della Vergine Maria,di illuminarvi nei vostri la-vori capitolari e vi impar-to di cuore la BenedizioneApostolica.

    Papa Francesco

    Dalla Sala del Concistoro Giovedì, 30 marzo 2017

  • Santo Padre, Papa Francesco!È con commozione e umiltà che Lepresento i rappresentanti della Com-pagnia dei Servi dei Poveri, oggiOrdine dei Chierici Regolari di So-masca, radunati per il loro 138° Ca-pitolo generale. Il nobile veneziano san GirolamoEmiliani, che Pio XI elevò a Patronouniversale della gioventù abbando-nata e che san Giovanni Paolo II, inoccasione del V centenario della na-scita, definì Laico e animatore dilaici, è il nostro Fondatore. Lungo i cinque secoli di storia, cheguardiamo con gratitudine, non ab-biamo avuto paura ad abbracciare iconfini (come Lei si è espresso saba-to scorso nella visita a Milano): co-scienti di essere una Congregazionedai numeri modesti, siamo presentiin 24 nazioni, di tutti e cinque i con-tinenti, avendo privilegiato i luoghidi frontiera e periferia. Siamo nati in carcere, dall’esperien-za di sconfitta e liberazione del Fon-datore nel 1511, e con e come lui cre-sciuti in strada, accompagnati dallamaterna protezione della Vergine. Carcere e strada sono i luoghi fisici edesistenziali della crescita e realizza-zione della missione che ci è stata affi-data a beneficio della Chiesa e dellasocietà civile: costruire ambienti diaccoglienza dove sia possibile fareesperienza di tenerezza e misericor-dia, e realizzare comunicazioni re-lazionali, ponti, che possano colla-borare alla riforma del popolo cri-

    stiano è quanto san Girolamo ci halasciato in eredità. Il Capitolo generale che si celebrò nel2005, con parole profetiche, ci ri-cordò di non aver paura a tornare instrada, a bandire nelle nostre istitu-zioni gli spazi vuoti ed a farci presentinelle periferie: l’alba del suo pontifi-cato è stata così per noi allo stessotempo profezia, chiamata e inco-raggiamento a ravvivare il dono digrazia affidatoci per il servizio dei po-veri e della gioventù abbandonata. Siamo quindi qui, accolti da Lei, persentirci incoraggiati e rafforzati a fardono del nostro carisma alla Chiesaed al mondo in tempo di migrazionie multiculturalità. Da tempo abbiamo preso il largo, mal’approdo all’altra riva, a cui il Si-gnore ci chiama, è ancora lontano:sappiamo che ci possiamo arrivarealla sola condizione di saperci com-pagnia di fratelli che insieme vo-gliono vivere e morire. Con san Girolamo, e col beato Mons.Oscar Romero, che abbiamo inseri-to nel numero dei nostri santi, Le pro-mettiamo tre indivisibili fedeltà: (ha-blando en español) – primero Dios,fuente de todo bien en el cual sólo de-bemos confiar, – segundo la Igle-sia, nuestra Madre, – tercero lospobres, los que mejor nos repre-sentan a Cristo, nuestro Maestro. Con gratitudine ed attenzione Laascoltiamo!

    P. Franco Moscone crsPreposito generale

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    p. Franco Moscone crs

    gennaio marzo 2017 Vitasomasca

  • Dal 12 marzo al 1° aprile2017, ad Albano Laziale,presso la casa “Centro s.Girolamo”, si è celebratoil 138° Capitolo generaledell’Ordine, con la parte-cipazione di 38 religiosisomaschi, provenientidalle diverse strutture del-la Congregazione sparsenei cinque continenti.Nella lettera di convoca-zione dei delegati, il pre-posito generale, p. FrancoMoscone, aveva sottoli-neato l’importanza di que-sto evento come “stru-mento, occasione e tempoper mostrare i fonda-menti di santità e perfe-zione di vita della nostraCongregazione, porzioneparticolare della Chiesa”. Precedentemente, avevaindicato il motto, riferitoall’invito di Gesù ai di-

    scepoli “passiamo all’al-tra riva… (Mc 4,35)”, in-tegrato dalla convinzio-ne del Fondatore “insiemeai nostri fratelli con i qua-li vogliamo vivere e mo-rire (An 12,5)”. Nelle tre settimane di la-voro intenso, il motto èstato l’elemento unificato-re che ha alimentato la ca-pacità di sogno, speranza eprospettiva nel guardareal carisma somasco allaluce dei ‘segni dei tempi’ edi proiettarsi nel futuro. La metodologia scelta nelprocesso di discernimentoha seguito le tre tappe: - vedere (a che punto cisi trova?);- giudicare (a quali con-versioni siamo chiamatida Dio?);- agire (quali passi fareper concretizzare ciò che

    Dio ci fa comprendere?).In questo Capitolo si èpotuto toccare con parti-colare evidenza l’attualecontesto multietnico emulticulturale della Fa-miglia somasca, che haassunto da diversi anniun volto mondiale, pre-sente in ambienti socio-culturali diversi e dove, alsuo interno, si parlanodiverse lingue: certa-mente un segno preziosodi come il carisma di sanGirolamo stia sempre piùampliandosi dalla cultu-ra occidentale alle cultu-re asiatiche, africane elatinoamericane. A questo si aggiunge lacondivisione del carismacon i laici; infatti, alcuniloro delegati hanno par-tecipato ai primi giorni dilavoro capitolare.

    Report

    ‘Evento di comunione’Il Capitolo generale è il supremo organo di governo della Congregazione

    e da esso dipende in modo particolare il suo sviluppo. È costituito dai legittimi rappresentanti di tutta la Congregazione.

    Si celebra ordinariamente ogni sei anni e ogni volta che si deve eleggere un nuovo preposito generale

  • Il nuovo governo generale

    P. Franco Moscone èstato riconfermato nel suoruolo di preposito gene-rale, successore di san Gi-rolamo e vincolo di unitàdella Congregazione.Nella sua azione di go-verno verrà affiancato dap. Giuseppe Oddone

    in qualità di vicario ge-nerale e primo consiglie-re, e dagli altri tre consi-glieri:- p. Alberto Monnis, - p. Junar G. Enorme(filippino), - fr. José HarveyMontaña Plaza (co-

    lombiano). A loro auguriamo di cuo-re un buon lavoro diequipe, coraggio e gran-de fiducia nell’azione mi-steriosa dello Spirito, nel-l’orientare la Congrega-zione somasca a “passa-re all’altra riva”.

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  • Report

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    Carissimi Padri e Fratelli,siamo felici di essere stati invitati a questo 138° Ca-pitolo Generale della vostra Congregazione, seguen-do la tradizione degli ultimi anni, perché questo con-ferma quello che abbiamo ascoltato negli interventidella giornata formativa di inizio capitolo e ci rimandache siamo in sintonia con le linee della Chiesa e conla spiritualità somasca.Ci siamo sentiti davvero accolti e appoggiati, real-mente parte di questa Famiglia Somasca. Siamo grati ed emozionati per la fiducia che ci ave-te dimostrato permettendoci di partecipare a mo-menti intimi della vostra vita di Congregazione e peraver condiviso con noi ogni momento di queste pri-me giornate. Questo ci ha dato modo di conoscere come il cari-sma di San Girolamo sia vissuto nei diversi luoghi incui la Congregazione è presente e ci ha mostrato illavoro che i laici fanno a fianco dei religiosi.Ringraziamo anche perché questa partecipazione ciha permesso di conoscerci tra noi, laici di diverse na-zioni e continenti, suscitando il desiderio di incon-trarci di nuovo a livello internazionale.Per quanto riguarda i suggerimenti e le proposte, cirendiamo conto che le diverse Province portano sto-rie ed esigenze diverse anche rispetto al tema dei lai-ci: immaginiamo quindi che per le Province che han-no una storia più lunga (Europa, America Centralee Latina) il cammino possa fare passi differenti daquelli delle Province più recenti e vitali oggi (Asia,Africa). Rispetto al primo gruppo, sottolineiamo l'im-portanza di curare la formazione spirituale dei laiciattraverso un percorso che sia costruito insieme e divalorizzare la presenza di chi collabora con voi da di-verso tempo. A fronte della diminuzione dei religio-si attivi e della conseguente riorganizzazione dellecomunità, ci sembra importante superare il concet-to che ad ogni opera corrisponda una comunità re-ligiosa e viceversa. Crediamo che possa essere più proficuo prediligerele attività di formazione, animazione e accompa-gnamento spirituale e carismatico dei laici che in di-versi modi collaborano con voi, di modo che le ope-re e le attività che essi portano avanti abbiano la ga-

    ranzia di essere in sintonia e in continuità con lo sti-le somasco improntato da voi. Un’altra priorità, a nostro avviso, è l'investimentosulla pastorale giovanile, intesa come formazioneumana, cristiana e carismatica delle nuove genera-zioni, che può rivelarsi una vera fucina di autentichevocazioni somasche, sia religiose che laiche.Auspichiamo che le Province più recenti e ricche direligiosi giovani ed attivi comincino fin da ora uncammino che inviti i laici a condividere la spiritua-lità e lo stile somasco, in maniera che si sentano par-te della famiglia e responsabilizzati nel proprio per-corso di crescita e di testimonianza dell'insegnamentodi San Girolamo e siano in grado di affiancare i reli-giosi nella loro missione. In questo senso, la presenza dei religiosi è preziosis-sima, perché sono segni vivi della presenza di S. Gi-rolamo oggi, che attrae giovani e laici.Un tema trasversale che riguarda tutte le Province èquello di trovare dei modi per sensibilizzare e for-mare al carisma e allo stile somasco le persone chelavorano come dipendenti nelle strutture somasche,con percorsi ad hoc.Infine, considerata la bella esperienza di comunio-ne fatta in questi giorni, desideriamo poter costitui-re, con l'aiuto del Consiglio Generale, un coordina-mento internazionale dei laici, con l'obiettivo di con-dividere le diverse esperienze e di definire megliol'identità del laico somasco. Felici dell'occasione di profonda fraternità e auspi-cando che si possa ripetere nelle realtà locali, rin-graziamo ancora per la possibilità che ci avete do-nato e sottolineiamo che questa esperienza, che haunito la saggezza di religiosi e laici delle Province sto-riche alla novità e speranza portataci dalle Provincegiovani, ci ha confermato che il carisma di San Gi-rolamo è oggi più vivo che mai ed ha ormai acquisi-to un carattere davvero internazionale ed intercul-turale.Francisco Rudy Menjivar (Provincia de Centro Ame-

    rica y Caribe), Dionisia Sesbreño (Southeast Asia Pro-

    vince), Elisa Fumaroli (Provincia d’Italia), Massimo

    Gaverini (Provincia d’Italia), Alessandra Moi (Pro-

    vincia d’Italia).

    Messaggio dei laici

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    gennaio marzo 2017 Vitasomasca

    Insieme al 138° Capitolo

  • Report

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    20 tesi di papa Francesco

    sull’identità e missione somascaNel discorso ai partecipanti del 138° Capitolo generale dell’Ordine,

    il Papa ha evidenziato con caratteristiche ben precise il profilo del carisma che dà identità alla Congregazione.

    Nella sua proposta teorica e pratica, questo discorso risulta fondante eprogrammatico per la Congregazione in questo momento storico.

    Religiosi e laici, possiamo riceverlo come voce dello Spirito che attualizza e proietta il nostro carisma verso il futuro”

    1. L’ideale di san GirolamoL’ideale che ha mosso Girolamo Emiliani fu la riformadella Chiesa attraverso l’esercizio delle opere di carità.

    2. Il progetto di riforma della Chiesatipico di san GirolamoSecondo papa Francesco il progetto di riforma dellaChiesa, caratteristico di san Girolamo, è stato: riformareprima se stessi nella fedeltà al Vangelo, poi la comunitàcristiana e la società civile, che non possono ignorarei piccoli e gli emarginati ma devono soccorrerli e pro-muoverne lo sviluppo umano integrale.

    3. La modalità con cui san Girolamo coltivò e promosse la riforma della Chiesa ai tempi di Lutero

    Ai tempi di Lutero, san Girolamo coltivò e promosse lariforma della Chiesa, “sua ardentissima sete”, con le ope-re di carità, l’obbedienza ai Pastori, la contemplazionedi Cristo crocifisso e della sua misericordia, l’insegna-mento catechistico, la fedeltà ai sacramenti, il culto del-l’Eucaristia e l’amore alla Vergine Maria.

    4. La modalità con la quale i somaschi possono seguire l’esempio di san GirolamoI somaschi possono seguire il luminoso esempio di san

    Girolamo Emiliani, prendendo a cuore ogni povertà del-la gioventù: morale, fisica, esistenziale, e innanzitutto lapovertà di amore, radice di ogni serio problema umano.

    5. L’invito di papa Francesco ai somaschiPapa Francesco invita i somaschi a rimanere fedeli al-l’ispirazione originaria e a “mettersi in uscita”, per an-dare verso l’umanità ferita e scartata, con scelte evan-gelicamente efficaci, frutto della capacità di guardareil mondo e l’umanità con gli occhi di Cristo.

    6. Il tratto caratteristico della vocazione somascaIl tratto che caratterizza la vocazione somasca è so-prattutto la cura degli ultimi, in particolare degli orfa-ni e della gioventù abbandonata, secondo il metodo edu-cativo di san Girolamo, fortemente centrato sulla per-sona, sulla sua dignità e sullo sviluppo delle sue capa-cità intellettive e manuali.

    7. I nuovi “mezzi orfani”I nuovi “mezzi orfani” sono i migranti, ragazzi, bambiniche vengono da soli nelle nostre terre, e hanno bisognodi trovare paternità e maternità.

    8. Compito al quale il Papa spinge i somaschiPapa Francesco incoraggia i somaschi ad essere attenti

  • alle diverse forme di marginalità nelle periferie geo-grafiche ed esistenziali. A non aver paura di “lasciaregli otri vecchi”, affrontando la trasformazione delle strut-ture dove ciò risulti utile per un servizio più evangeli-co e coerente con il carisma originario.

    9. Il peso delle vecchie struttureLe vecchie strutture, in certi casi, danno falsa protezionee frenano il dinamismo della carità e del servizio al Re-gno di Dio.

    10. La base dei processi di trasformazione delle vecchie struttureI processi di trasformazione delle vecchie strutture de-vono basarsi sempre sulla gioiosa esperienza dell’in-contro con Cristo e della consacrazione a Lui, sulla gio-iosa esigenza del primato di Dio e di non anteporre nul-la a Lui e alle “cose” dello Spirito, e sul dono di mani-festare la sua misericordia e la sua tenerezza nella vitafraterna e nella missione.

    11. L’obiettivo di coinvolgere i laici nella missione somascaOccorre coinvolgere i laici nella missione somasca peroffrire un’attenzione più adeguata nel settore del ma-lessere infantile e giovanile, per un impegno più con-sistente nell’ambito sociale del carisma.

    12. Gli aspetti che appartengono al campo sociale del carisma somascoAppartengono al campo sociale del carisma somascoaspetti come: i diritti umani, la tutela dei minori, i di-ritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la tutela del lavo-ro minorile, la prevenzione dello sfruttamento e dellatratta.

    13. La modalità nell’affrontare le questioni relative al campo sociale del carisma somascoLe questioni relative al campo sociale del carisma so-masco vanno affrontate con la forza liberatrice del Van-gelo e, in pari tempo, con adeguati strumenti operati-vi e competenze professionali.

    14. La modalità per promuovere l’inculturazione del VangeloI somaschi devono promuovere l’inculturazione del Van-gelo consacrando le loro forze all’annuncio della salvezzain Cristo, affinché possa raggiungere le persone e le co-munità delle nazioni in cui sono presenti e le loro tra-dizioni; condizione necessaria al radicarsi della Chie-sa nel mondo.

    15. Il proposito del lavoro con i laiciI somaschi devono lavorare con i laici affinché si fac-ciano carico della missione somasca e abbiano il co-raggio di andare avanti, compito nel quale devono es-sere sostenuti e aiutati dai religiosi somaschi.

    16. L’attenzione dei somaschi dell’Africa e dell’Asia al dialogo ecumenicoI somaschi che lavorano in Africa e in Asia debbono pre-stare attenzione al dialogo ecumenico, sapendo che ilcammino verso la piena unità è lungo, richiede l’ascol-to paziente di ciò che lo Spirito dice alle Chiese e cheogni collaborazione possibile fra tutti i battezzati e laricerca di una maggiore fedeltà all’unico Signore fan-no direttamente parte della missione somasca.

    17. L’obiettivo dell’ardore missionario dei somaschi verso i giovaniUn rinnovato ardore missionario deve spingere i so-maschi a dedicarsi al servizio del Regno di Dio attra-verso l’educazione dei giovani, perché crescano saldi nel-la fede, liberi e responsabili, coraggiosi nella testimo-nianza e generosi nel servizio.

    18.Il lavoro che debbono continuare a realizzarei somaschi nella ChiesaIl lavoro che i somaschi debbono continuare attivamenteè la formazione dei catechisti, degli animatori laici e delclero. Inoltre, debbono continuare il loro cammino disequela e il loro dinamismo apostolico, ricco di mol-teplici opere e sempre aperto a nuove espressioni, se-condo i bisogni più urgenti della Chiesa e della socie-tà nei diversi tempi e luoghi.

    19. Il compito del 138° Capitolo generale dell’Ordine somascoIl compito del Capitolo generale è stato quello di tro-vare nuove modalità per incarnare la missione, affin-ché il servizio al Vangelo sia sempre più aderente alleconcrete situazioni di vita della gente. E, partendo dal-la realtà odierna dell’Ordine, affrontare la questione del-la sua fisionomia internazionale e interculturale in rap-porto al servizio dei poveri e degli ultimi.

    20. Il progetto attuale dei religiosi somaschiIl progetto attuale dei religiosi somaschi è quello di at-tingere alle motivazioni ideali di quella spinta evange-lizzatrice delle origini, per attuarle, nell’oggi della Chie-sa e della società, fedeli al carisma del Fondatore e te-nendo conto delle mutate condizioni sociali e culturali.

    p. Armando Noguez

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    gennaio marzo 2017 Vitasomasca

  • Problemi d’oggi

    La scelta di allacciarsi le scarpe

    Non sono un entusiasta diObama. La sua presiden-za ha avuto luci ed ombre,ma indubbiamente è sta-to un uomo di valore. Credo che alcune parti delsuo ultimo discorso a Chi-cago, il 10 gennaio scorso,meritino di essere presesul serio e meditate: “Hovissuto abbastanza da sa-pere che le cose oggi van-no meglio di dieci, ventio trent’anni fa: non si ve-de solo nelle statistichema nel comportamentodei giovani americani diogni orientamento poli-tico. Ma non siamo anco-ra al punto in cui abbia-mo bisogno di arrivare.Tutti noi dobbiamo fare dipiù”. Il pessimismo deimedia, il gusto di lamen-tarsi sempre, il racconta-re sempre ciò che va male

    senza parlare mai dei fat-ti positivi, degli esempivirtuosi, spesso diventa unalibi per non impegnarsiin prima persona. Innan-zitutto facendo bene edonestamente il propriomestiere e poi mettendo adisposizione una parte delproprio tempo gratuita-mente per gli altri.“Niente di tutto questo sa-rà facile. Per molti di noiè diventato più comodo ri-tirarci nelle nostre bolle,che sia il nostro quartiereo il nostro college o la no-stra chiesa o i social net-work, circondati da per-sone esattamente comenoi con le nostre stesseidee politiche, e non met-terci mai in discussione.La frammentazione deinuovi media - un canaleper ogni gusto - rende

    questo isolamento natu-rale, persino inevitabile.E ci sentiamo così sicuridentro le nostre bolle cheaccettiamo solo informa-zioni compatibili con lenostre opinioni, vere o fal-se, invece che basare le no-stre opinioni sui fatti”.Viviamo in un tempo incui, grazie alla rete, le fon-ti di informazione sovrab-bondano. Manca però lacapacità critica di discer-nere e capire ciò che si leg-ge. Gli educatori di oggidevono impegnarsi di piùa questo proposito, for-nendo ai giovani gli stru-menti per capire in modocritico. Allo stesso tempotutti quanti non dovrem-mo mai smettere di stu-diare ed approfondire iproblemi.“La nostra democrazia èminacciata ogni volta chela diamo per scontata.Tutti noi, a prescinderedal nostro partito, do-vremmo darci da fare perricostruire le nostre isti-tuzioni democratiche. Vi-sto che la fiducia nelle no-stre istituzioni è bassa, do-vremmo ridurre l’influen-za corrosiva del denaronella nostra politica, e in-sistere sui principi di tra-sparenza ed etica. Tuttoquesto dipende dalla no-stra partecipazione, daognuno di noi che accettadi avere delle responsabi-

    Marco Calgaro

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  • lità da cittadino, a pre-scindere dalle sue idee eda chi sia al potere”. Già Churchill ricordavacome “la democrazia è lapeggior forma di gover-no, eccezion fatta per tut-te quelle altre forme che sisono sperimentate fino-ra”; teniamoci stretto ilnostro modello di demo-crazia rappresentativa,ma solo trasformandolo inuna democrazia semprepiù partecipativa riuscire-mo a fare dei seri passiavanti. L’ultimo referen-dum ha scongiurato in Ita-lia la demolizione di partiimportanti della nostraCostituzione; dice ancoraObama: “La nostra Costi-tuzione è un regalo mera-viglioso. Ma in realtà è so-lo una pergamena. Nonha potere di per sé. Siamonoi, il popolo, che le dia-mo potere con la nostrapartecipazione e le nostrescelte. Col nostro difende-re o no le nostre libertà.Col nostro rispettare e farrispettare o no lo stato didiritto. L’America non èfragile. Ma i grandi pro-gressi che abbiamo fattonel nostro viaggio versola libertà non sono scon-tati. Li indeboliamo tuttele volte che permettiamoal dibattito politico di di-ventare così velenoso chele brave persone decido-no di non impegnarsi inpolitica; così pervaso dalrancore che giudichiamomalevoli gli americanicon cui non siamo d’ac-cordo. Li indeboliamo tut-te le volte che pensiamoche tutto sia corrotto in-

    torno a noi, e ne incolpia-mo i leader politici senzaprendere in considerazio-ne il nostro ruolo nel-l’eleggerli […] Sta a tuttinoi essere guardiani pre-occupati e gelosi della de-mocrazia; abbracciarecon gioia questo compitoper continuare a miglio-rare la nostra grande na-zione. Perché malgradotutte le nostre differenze,condividiamo tutti lo stes-so titolo di cittadini […] In fin dei conti, ce lo chie-de la nostra democrazia.Non solo quando c’èun’elezione, ma nell’arcodi tutta una vita. Se sietestanchi di discutere condegli sconosciuti su inter-net, cercate di parlare conqualcuno di persona. Se qualcosa dovrebbefunzionare meglio, al-lacciatevi le scarpe edatevi da fare. Se sietedelusi dai vostri rappre-sentanti, raccogliete le fir-me e candidatevi voi stes-

    si. Fatevi avanti, fatevisotto. Perseverate. Qual-che volta vincerete. Altrevolte perderete. Presume-re che ci sia del buono nelprossimo può essere un ri-schio, e ci saranno mo-menti in cui sarete moltodelusi. Ma per chi di voisarà fortunato abbastan-za da riuscire a fare qual-cosa, da vedere da vicinoquesto lavoro, lasciate cheve lo dica: può ispirarvi edarvi energia. E più spes-so di quanto pensiate lavostra fiducia nell’Ameri-ca e negli americani saràconfermata. La mia lo è stata di certo”.Dovremmo provare a la-sciarci investire da questachiamata alla responsabi-lità, all’impegno diretto,anche in politica. Tantopiù non ci piace ciò che ve-diamo e ciò che ascoltia-mo, tanto più forte deveessere il nostro impegnoper trasformarlo. Dobbia-mo farlo a partire da casa

    nostra, dalla nostra quoti-dianità. Mettersi in giocodirettamente, con il vo-lontariato certamente, maanche con la politica che,innegabilmente, sta attra-versando un momento dicrisi profonda. Non possiamo lasciare lagestione della democraziaa chi la deturpa. Si è detto“A che serve avere lemani pulite se le tenia-mo in tasca?”. Ognuno può cercare la suastrada per “fare politica”,all’interno di un partitoma non solo. Partiti e mo-vimenti politici in Italiavanno riformati, reinven-tati, agendo dal loro inter-no come anche facendopressione dall’esterno. La “questione morale” sol-levata da Berlinguer nel1984 è più che mai attua-le: andiamo a rileggerci lesue parole e ricordiamoleogni giorno a chi deveprendere decisioni pernoi. Assistiamo oggi al sor-gere, dal Nord al Sud d’Ita-lia, di innumerevoli Co-mitati di cittadini che si or-ganizzano per affrontarespecifici problemi dei loroterritori. Spesso si tratta divere e proprie minacceambientali al territorio,difendere il quale equiva-le a difendere la salute (in-ceneritori, discariche, poz-zi petroliferi etc). La loro azione non può es-sere sminuita come egoi-stica sindrome N.I.M.B.Y. (“Non nel mio giardino”)perché in realtà si tratta divero impegno civico chemerita di essere rispetta-to ed imitato.

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    gennaio marzo 2017 Vitasomasca

  • Problemi d’oggi

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    ‘Scarp de' tenis’

    Accoglienzae integrazione A più riprese il Papa si èschierato in difesa dei mi-granti invitando all'ac-coglienza e alla carità. Achi si chiede se davverobisogna accogliere tuttiindistintamente oppure

    se non sia necessario por-re dei limiti, papa Fran-cesco ha offerto una ri-sposta molto articolatache si basa sul presuppo-sto che chi arriva in Eu-ropa scappa “Dalla guer-ra o dalla fame. E noi sia-mo in qualche modo col-

    pevoli perché sfruttiamole loro terre ma non fac-ciamo alcun tipo di inve-stimento affinché loropossano trarre beneficio.Hanno il diritto di emi-grare e hanno diritto adessere accolti e aiutati.Questo però si deve farecon quella virtù cristianache è la virtù che dovreb-be essere propria dei go-vernanti, ovvero la pru-denza. Cosa significa? Significaaccogliere tutti coloro chesi “possono” accogliere.”.

    Proseguendo nella sua ri-flessione papa Francescoha invitato a ragionaresu come accogliere.“Perché accogliere signi-fica integrare. Questa è lacosa più difficile perché sei migranti non si integra-no, vengono ghettizzati. Da Lesbo - ha proseguitoil Papa raccontando unaneddoto - sono venuticon me in Italia tredicipersone. Al secondo gior-no di permanenza, graziealla comunità di San-t’Egidio, i bambini già fre-quentavano le scuole. Poi in poco tempo hanno

    Lo ha detto anche il Papa: “mettiamoci nelle scarpe di migranti e senza tetto”, nella recente intervista

    al giornale di strada, toccando diversi temi, da come integrare i migranti

    a come essere vicini alle persone senza dimora

    Perché si fa così tantafatica a “mettersi nel-le scarpe degli altri?”È giusto lasciare l’ele-mosina a chi chiedeaiuto per strada?Qual è la prima cosache dice quando in-contra un clochard? Sono alcune delle do-mande che il giornaledi strada milanese,‘Scarp de’ tenis’ ha ri-volto a papa France-sco prima della sua vi-sita a Milano, il 25marzo scorso. Va ricordato che ilmensile è soprattuttoun progetto socialeche coinvolge in pri-ma persona clocharde altre persone in si-tuazione di disagiopersonale o che sof-frono forme di esclu-sione sociale. Il gior-nale intende dare lo-ro un’occupazione eintegrare il loro red-dito. Ma soprattuttopunta ad accompa-gnarli nella riconqui-sta dell’autostima. A realizzare l'intervi-sta il direttore dellarivista Scarp de' tenis,Stefano Lampertico eAntonio Mininni, ven-ditore prima e poi re-sponsabile della re-dazione di strada. Vediamo alcuni temitrattati, rimandandoal testo integrale cheè stato pubblicato dalsito della Santa Sede.

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    trovato dove alloggiare, gli adulti si so-no dati da fare per frequentare corsi perimparare la lingua italiana e per cerca-re un qualche lavoro. Certo, per i bambini è più facile: vannoa scuola e in pochi mesi sanno parlarel’italiano meglio di me. Gli uomini hanno cercato un lavoro el’hanno trovato. Integrare vuol dire en-trare nella vita del Paese, rispettare lalegge del Paese, rispettare la cultura delPaese ma anche far rispettare la propriacultura e le proprie ricchezze culturali.L’integrazione è un lavoro molto diffici-le. Ricevere, accogliere, consolare e su-bito integrare. Quello che manca è pro-prio l’integrazione.Ogni Paese allora deve vedere quale nu-mero è capace di accogliere. Non si può accogliere se non c’è possi-bilità di integrazione”.

    Nelle scarpe degli altri“È molto faticoso mettersi nelle scarpedegli altri, perché spesso siamo schiavidel nostro egoismo. A un primo livellopossiamo dire che la gente preferiscepensare ai propri problemi senza volervedere la sofferenza o le difficoltà del-l’altro. C’è un altro livello però. Mettersi nelle scarpe degli altri signifi-ca avere grande capacità di compren-sione, di capire il momento e le situa-zioni difficili. Faccio un esempio: nel mo-mento del lutto si porgono le condo-glianze, si partecipa alla veglia funebreo alla messa, ma sono davvero pochi co-loro che si mettono nelle scarpe di quelvedovo o di quella vedova o di quell'or-fano. Certo non è facile. Si prova dolore, ma poi tutto finisce lì. Se pensiamo poi alle esistenze che spes-so sono fatte di solitudine, allora met-tersi nelle scarpe degli altri significa ser-vizio, umiltà, magnanimità, che è anchel’espressione di un bisogno. Io ho bisogno che qualcuno si metta nel-le mie scarpe. Perché tutti noi abbiamobisogno di comprensione, di compagniae di qualche consiglio. Quante volte hoincontrato persone che, dopo aver cer-

    cato conforto in un cristiano, sia esso unlaico, un prete, una suora, un vescovo,mi dice: “Sì, mi ha ascoltato, ma non miha capito”. Capire significa mettersi lescarpe degli altri. E non è facile. Spesso per supplire a que-sta mancanza di grandezza, di ricchezzae di umanità ci si perde nelle parole. Si parla. Si parla. Si consiglia. Ma quando ci sono solo le parole o trop-pe parole non c’è questa “grandezza” dimettersi nelle scarpe degli altri”.

    Figlio di migranti“Non mi sono mai sentito sradicato. In Argentina siamo tutti migranti. Per questo laggiù il dialogo interreligio-so è la norma. A scuola c’erano ebrei che arrivavano inmaggior parte dalla Russia e musulma-ni siriani e libanesi, o turchi con il pas-saporto dell’Impero ottomano.C’era molta fratellanza.

    Nel Paese c’è un numero limitato di in-digeni, la maggior parte della popola-zione è di origine italiana, spagnola, po-lacca, mediorientale, russa, tedesca,croata, slovena. Negli anni a cavallo dei due secoli pre-cedenti il fenomeno migratorio è statodi enorme portata. Mio papà era ventenne quando è arri-vato in Argentina e lavorava alla Bancad’Italia, si è sposato là”.

    Cosa manca di Buenos Aires“C’è soltanto una cosa che mi manca tan-to: la possibilità di uscire e andare perstrada. Mi piace andare in visita alle par-rocchie e incontrare la gente. Non ho particolare nostalgia. Vi racconto invece un altro aneddoto: imiei nonni e mio papà avrebbero dovu-to partire alla fine del 1928, avevano ilbiglietto per la nave Principessa Mafal-da che affondò al largo delle coste delBrasile. Ma non riuscirono a vendere intempo quello che possedevano e cosìcambiarono il biglietto e si imbarcaronosulla Giulio Cesare il 1 febbraio del 1929.Per questo sono qui”.

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    Dentro di me

    Il Dio del lunedìC'è un particolare sorprendente nelvangelo: la storia che racconta è unica,prodigiosa, straordinaria come nessu-n'altra. Eppure, al tempo stesso, questa storiaha qualcosa di assolutamente normale.Quando chiudiamo il libro le immaginiche ci rimangono impresse non sonoquelle di sbalorditivi fenomeni celesti eneppure di meravigliosi templi e liturgie.Il suo racconto ci restituisce invece unmondo di campi, strade, case, barche, la-ghi, massaie, pescatori, mercanti, feste,

    semi, alberi... fino a culminare niente-meno con la figura di Gesù Risorto checucina dei pesci per i suoi apostoli.Sembra un libro dedicato alla vita quo-tidiana. Il suo protagonista, del resto, per circatrent'anni conduce un'esistenza tal-mente ordinaria da non meritare qua-si menzione. C'è in tutto questo un messaggio inde-rogabile: Dio desidera entrare nellanostra normalità, stare con noi nellestanze casalinghe, trasfigurare le gior-nate qualunque, confortarci nelle fati-che usuali. È proprio qui che attende di sfiorarci, inchiesa certo, ma anche in soggiorno, inpellegrinaggio, ma anche al mercato, ladomenica, ma anche il lunedì. C'è una preziosità nascosta in ciò che ènormale, una gloria delle piccole coseche attende di essere accesa. Martin Heidegger, il filosofo tedesco, hacolto questa verità in un pensiero: “Son-tuosità in ciò che è dimesso”. Sta accadendo il contrario: il Dio dellareligione e il Dio della vita si sono al-lontanati. La fede è stata relegata alle sue sedi ap-posite ed estromessa da tutto il resto.Credo che sia proprio da qui che può ini-ziare una rifioritura del cristianesimo,dal basso, da ciascuno, da una riforma,quella della nostra vita ordinaria. Come riuscire a far entrare Dio in ogniambiente, in ogni gesto? Non è impossibile, c'è una “scorciatoia”:entrerà per mezzo di noi, semplice-mente accompagnandoci passo passonelle nostre corse quotidiane. Basterà stabilire con Lui un rapporto co-stante, un dialogo stabile, come tra fra-telli, al resto penserà Lui e, senza che cene accorgeremo, attraverso di noi la suapresenza toccherà il mondo percorso,porterà un calore nuovo, una gioiasommessa e contagiosa.

    p. Michele Marongiu

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    DossierDossier

    Quando si innesca una rivoluzione

    Immagini da un’esperienza

    che vuole volare alto

    Rinaldo Canalis

  • DossierDossier

    Franco e Maria sono tornati a metà aprile da Baia Marein Romania ove padre Albano Allocco, somasco, dal1999 condivide con il Sermig un cammino di solidarietàverso i più poveri. Franco, da 5 anni è il responsabile della preparazionee dei carichi che partono dal Villaggio Globale di Cu-miana in provincia di Torino. Sua moglie, Maria, dottoressa in un paese del pinero-lese, era già stata tre anni fa in una precedente visita.

    Andare “oltre”, si dice. Ma dove? “Oltre” c’è andata l’umanità indifferente alle tragediedei più piccoli. Oltre, ben oltre, sono i piccoli della terra che non pos-sono fare altro che soffrire e morire per i modelli e icomportamenti di chi ha la pancia piena. In questi quasi 20 anni tra Sermig e Somaschi di BaiaMare (Romania), tra Sermig e padre Albano, c’è sta-to un rapporto continuo nel quale ci siamo inventatidelle strategie per risolvere i problemi economici. Un modello, funzionante, da replicare, perché ha su-perato le restrizioni della crisi economica in Italia conconseguenti abbandoni di adozioni a distanza e do-nazioni. Il superfluo della società ricca, come gli indumenti, ètrasferito e trasformato in opportunità per gli scarta-ti del mondo: 2.241 tonnellate di materiali; 10 grandispedizioni - tipo TIR - di materiali all’anno. E non solo indumenti ma anche cibo, tecnologie, gio-

    Quando si innesca una rivoluzione

    Per accendere il fuoco d’amore verso gli ultimi

    Un’avventura che sa di un futuro che parte dai rifiuti dell’umanità

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  • Accoglienza

  • Benvenutia Craca

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    cattoli, medicine.Si è andato “oltre” in Ita-lia da molto tempo. Nella solitudine del pre-parare, riempire, caricareun Tir per volta nell’in-scalfibile indifferenza. Oltre ai materiali donatidirettamente ai più pove-ri; 3 bazar a Baia Mare chevendono, ed il cui ricava-to serve per dar da man-giare ai bambini. Bambi-ni, accolti nelle notti in-vernali alla “Centrale”:l’ex centrale termica diBaia Mare del tempo delcomunismo. Sono quasi sempre 30, avolte fino a 60. Arrivano dal ghetto diCraica dove vivono 2.000persone che, a differenzadelle favelas dei paesi cal-di, qui, d’inverno, gelanodi freddo. Fino a -25 gradi! Vivono in baracche “tra-sparenti a tutto”, sui ri-fiuti. Respirano l’aria am-morbata dai rifiuti chebruciano. Sopravvivonoal riciclo dei rifiuti. Rifiuti essi stessi.La maggior parte ha fra i6 e i 12 anni. Nessuno va a scuola senon i 30 accolti a cui si fauna proposta di prescuola.Di questi anche i più pic-coli sniffano sistematica-mente colla. Tutti i bambini fumano si-garette. Alcuni già fanno uso del-l'alcool. Nel loro comportamentofrequenti i segnali di vio-lenza e abusi sessuali. La colla poi è sniffata dap-pertutto ed in tutte le ore

    del giorno. Nelle loro ba-racche, alla stazione, perstrada. E un bambino così comepotrà essere in un doma-ni un protagonista dellasocietà? Come minimo avrà i neu-roni del cervello lesionati.Sarà un accantonato per-ché la scuola non l’ha po-tuta frequentare. Tutto nell’indifferenzadella politica locale sep-pure stimolata ed inter-pellata.

    Qualcosa andato oltreNella direzione giusta. Da maggio 2015, sr. Ga-briela è in presenza stabi-le a Baia Mare e per ben 2inverni tanti bambini nonsono assiderati. Buon segno sono le deci-ne di volontari che da dueanni vengono a turno apassare le notti e a cuci-nare nell’accoglienza allaCentrale. Buon segno sono le suoregreco-cattoliche che ognisettimana fanno da man-giare per una sera ai bam-bini che vengono sfamaticon il trasporto del ciboalla stazione. Così pure le due famiglieche fanno altrettanto perun’altra sera alla settimana.Ora l’amministrazione diBaia Mare ha concessouna scuola in uso per unpercorso di “prescuola”per i bambini di Craica equesto è un altro buonsegno.

    All’arsenale della PaceEro all’Arsenale della Pacenei giorni di Pasqua.

    gennaio marzo 2017 Vitasomasca

  • Ad un certo punto mi sen-to cercare da un gruppo discout di Forlì tra i 400 ra-gazzi che accoglievamo.Mi volevano dire che loroavevano scaricato a BaiaMare il tir che gli avevamoinviato! Quanti ragazzi frequen-tano i campi nelle vacan-ze a Baia Mare! Se è andata “oltre” la co-munità cristiana che pen-sava di risolvere i suoiproblemi con Dio nell’in-dignazione verso i pro-blemi del mondo senzasporcarsi le mani, qual-cosa sta cambiando. È nell’aria. Si fa appello da più parti,ed è cosa buona, al coin-volgimento dei laici nelleazioni dei religiosi. Ad una de-clericalizza-zione della chiesa. Ma non basta. I laici, noilaici, possiamo avere glistessi difetti del clero, senon di più grandi. Paroladi laico: laicissimo!

    Cosa serve allora? Serve una comunità; piùpersone, assieme, che ac-cettando di stare con ibambini più poveri possafar vedere che l’amore haun senso nei volti. Quasi una massa criticaper accendere il fuocod’amore verso gli ultimi.Una comunità molto benarmonizzata, che vival’obbedienza come un va-lore ineludibile di ricercaassidua e costante. Ma soprattutto che abbiaal centro la fonte del-l’Amore di Dio: Gesù Cri-sto. Solo se amati, amia-

    mo. Lo insegnano amara-mente i ragazzi di strada:violentati da piccoli di-ventano violentatori dagrandi. Abusati, abuse-ranno. Mentre chi è per-meato dell’amore di Dionon potrà che correre,correre, sempre nella con-sapevolezza di non avercorrisposto nulla rispettoa ciò che ha ricevuto. Qualcuno però ha subitoil fascino dell’amore aBaia Mare. Un povero prete ha resi-stito come poteva per lun-ghi anni ed ora un amicoscrive per lui. Tanti lo venerano di quel-l’attenzione purtroppo no-toriamente ancora parec-chio clericale e vetero-cri-stiana.Baia Mare è un vero presi-dio di evangelizzazione del-l’Est. Tra tanti lustrini inu-tili di liturgie delle varieconfessioni cristiane, qual-cosa di chiassoso, pittore-sco, e se vogliamo, un po’naif, sta prendendo il volocome incenso verso Dio. Verso quel dio che è Dio enon qualcos’altro, co-struito nel tempo da manid’uomo, come totem sor-di e muti, surrogatid’amore. Franco e Maria,con tanti altri, vivono den-tro la strana bellezza diquest’avventura che sa diun futuro che parte dai ri-fiuti dell’umanità. Vite che nella quotidiani-tà diventano importanti efondamentali per le vite dibambini che non si vuollasciar vivere.

    Rinaldo [email protected]

    DossierDossier

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  • Medicazioni eprescuola

  • Patate a Baia Mare

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    gennaio marzo 2017 Vitasomasca

    Il SERMIGIl SERMIG (Servizio missionario giovani),nasce a Torino nel 1964 da un’intuizione di Er-nesto Olivero e da un sogno condiviso conmolti: combattere la fame nel mondo tramiteopere di giustizia, promuovere lo sviluppo epraticare la solidarietà verso i più poveri. Nato inizialmente come gruppo missionariocon l'intento di cooperare con vari missionarisparsi nel mondo, successivamente il SERMIGha iniziato ad occuparsi anche della povertàpresente in Torino, allargando la sua opera adaltri luoghi in varie parti del mondo.Punta a formare i giovani ai valori della solida-rietà, della giustizia e della pace, prestandoun’attenzione privilegiata all’infanzia e alla gio-ventù abbandonate. Cuore del SERMIG è la Fraternità, strutturatain piccole comunità costituite da uomini edonne, celibi e sposati, che vivono a contattocon i problemi della gente, e la cui spiritualità èradicata nella Parola di Dio come fondamento,nella preghiera come linfa vitale, nella speranzacome carisma, nella “restituzione” come donodi sé in comunione profonda con la Chiesa. Alcuni di essi, sentendo una particolare chia-mata a lasciare tutto, dopo un periodo di pre-parazione pronunciano un sì senza condizioni auna “regola” o “proposta di vita”, ispirato al sìdi Maria; vivono il celibato in fraternità; abi-tano negli Arsenali della Pace e diventano,anche a livello giuridico, responsabili dell’asso-ciazione. Il SERMIG persegue i propri fini mediante lacreazione di strutture per scopi determinati, larealizzazione di missioni di pace, l’organizza-zione di settimane di formazione.

    www.sermig.org

  • Spazio giovani

    È l’una di notte e non sappiamodov’è nostro figlio

    e con chi…

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    Come tutti sanno, genitori o non genitori,arriva un momento nella vita dei ragaz-zi in cui essi si staccano dalla famigliad’origine e generano il desiderio di li-bertà.Comincia ufficialmente, quindi, il periododell’adolescenza, dove i ragazzi inizianoa frequentare il gruppo dei pari e ad as-saporare quel profumo di libertà che di-venta sempre più invitante e per questoirrinunciabile. È come lasciare aperta la porta di una pa-sticceria mentre si cucina un buonissimodolce al cioccolato: pur volendo resistervi,l’odore ci condurrà direttamente dentroe ci si ritroverà ad acquistare almeno un

    pezzo del gustosissimo dolce…Anche se le esigenze e le richieste degliadolescenti, in questa fase della vita, sonoben note, sembrerebbe che, per molti ge-nitori, scoprire che i propri figli a questaetà si trasformano rapidamente, assu-mendo una nuova personalità e pergiunta sempre più complessa, crei stu-pore e scompiglio come se fosse una no-vità assoluta: non sanno confrontarsi conquesti “nuovi” figli che si trovano davantie, allora, cominciano a provare il sensodi smarrimento. I genitori, che, fino ad allora, erano abi-tuati a confrontarsi con dei bambini di cuiconoscevano alla perfezione esigenze e

    Deborah Ciotti

  • sentimenti, si sentonoesclusi dalla loro vita, ar-rivando a credere che cene sia una segreta, di cuisono all’oscuro, e metten-do così in atto metodi estrategie che sono delete-ri, che porteranno solo acreare degli enormi muritra loro e i figli.Tutto ciò porta, ovvia-mente, alla cessazione diquello che è il passe-par-tout di tutto, ossia la chia-ve che apre tutte le serra-ture: il dialogo tra genito-ri e figli!Giunti a questo punto, sidelineano due tipi diffe-renti di rapporto tra geni-tori e figli, che impedi-scono il dialogo, natural-mente anche per colpa deifigli.Il primo tipo di rapporto èil risultato dell’atteggia-mento di molti genitori,che nel disperato tentati-vo di tornare ad essere ilpunto di riferimento per ipropri figli, assumono unatteggiamento di osten-tata amicizia: questo at-teggiamento, non è ap-prezzato dai figli, anzi,viene condannato dallamaggior parte di essi.Gli adolescenti si sentonooppressi, perché il genito-re-amico invade la loroprivacy e impone la suapresenza, tentando a tut-ti i costi di piacere comeamico.Così facendo, però, di-

    mentica il suo ruolo prin-cipale: quello di genitore!Il secondo tipo di rappor-to, invece, è il risultatodel comportamento in-verso: i genitori sentono di

    perdere potere sui proprifigli e assumono un at-teggiamento di distacco efreddezza verso di loro. Gli adulti pensano troppoa loro stessi, comunicanopoco e non capiscono lenecessità dei figli, come seli volessero punire perchénon sono più al centrodelle loro attenzioni, in-terrompendo la reciprocacomprensione e trasfor-mando le conversazioniin dialoghi unilaterali. In tutti e due i casi so-praccitati, il rapporto co-mincia ad essere moltodifficile e burrascoso e ciòconduce ad una bruttachiusura da entrambi leparti che porta alla famo-sa affermazione: “È l’una di notte e nonsappiamo dov’è no-stro figlio e con chi…”.Come è ovvio, non esisteun manuale dove potertrovare scritto cosa devo-no e non devono fare igenitori, i quali si ritrova-no sempre in situazionimolto scomode e scottan-ti; l’unica e sola stradagiusta da percorrere, sem-pre e comunque, è quelladella conversazione e deldialogo aperto.Si dovrebbe educare i pro-pri figli a parlare: essi de-vono avere la sicurezzache, nei propri genitori,troveranno sempre quel-l’appoggio e quella com-prensione che raramentesi può trovare altrove.Bisogna far capire ai ra-gazzi che i propri genitorisono il porto sicuro doverifugiarsi in caso di tem-pesta: l’unico porto sicuro.

    Se ci si distacca dai proprifigli e si costruisce unmuro si rischia di far rifu-giare i ragazzi in droga edalcool, non avendo altri“porti sicuri” dove andare!Si deve far passare il mes-saggio che i genitori nonsono invadenti o non vo-gliono fare gli amiconi atutti i costi, ma essi sonoquelle persone che, ami-chevolmente, mantengonosempre quel ruolo genito-riale pregno di fermezza;punti di riferimento e diautorità, ma non da con-trastare o da temere.Anzi, da utilizzare per far-si aiutare a risolvere i pro-blemi, per placare le in-certezze, per ricavarne in-segnamenti su come af-frontare quel percorso la-birintico che è la vita.I ragazzi non devono esse-re trattati con il distacco ocon il silenzio, che genera-no solo sentimenti di ri-fiuto e di chiusura, anzi, de-vono sapere che le portedel dialogo sono sempreaperte, che qualsiasi cosaaccada o qualsiasi proble-ma si presenti possa esse-re affrontato tranquilla-mente e apertamente, per-ché si vive in un rapportodove non ci sono tabù etutto può essere affrontatoe risolto al meglio, trovan-do una soluzione che por-ti ad un compromesso va-lido per entrambi le parti.Bisogna che tra genitori efigli si instauri un rappor-to e un dialogo tale danon dover mai arrivareall’una di notte e chieder-si dove e con chi si trovi ilproprio figlio.

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    gennaio marzo 2017 Vitasomasca

  • Per riflettere

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    Nonostante i dolori che la vita ci riserva,ostacoli, fastidi, avversità e malumori,tutti possiamo disorientarci ed esserepreda di tristezza e malinconia. Pertan-to necessita, per un supporto efficace,parlare del “concetto di gioia” proprio perevitare “l’assenza di gioia” in un mondopieno di sofferenza e di evidente inu-manità. Chesterton, letterato inglese,affermava che: “Il vero segreto del cri-stiano è la gioia”. Tant’è vero che nel Nuovo Testamento laparola “gioia” è ripetuta ben 72 volte piùdella parola amore. Il concetto di gioia èmolto più complesso di quello della fe-licità. Mentre quella che crediamo feli-cità dipende da cause esterne, quindidata da un’euforia momentanea, la veragioia prescinde da esse. Si tratta di poter trasformare una gioiaeffimera e fugace, a gioia permanenteconcentrandoci sui valori interiori escendendo in profondità.Tutti cerchiamo la cosiddetta felicità chederiva dall’esterno: denaro, potere, lusso.I valori materialistici e il possesso com-pulsivo non possono donarci serenità, néfelicità né tanto meno gioia. Anche perché se cerchiamo gratificazioniesterne è come provare ad estinguere lasete bevendo acqua salata. Certo, il cre-dente sperimenta la gioia più profondaattraverso la fede in Dio che crea forza epace interiore. Pertanto Dio è la vera fe-licità della gioia intrinseca. Soltanto Luiriesce a unificarle. Allora come mai tanti credenti tristi e de-moralizzati? Noi credenti spesso siamo egoisti e ten-diamo a ripiegarci in noi stessi per pen-sare soltanto al nostro benessere e ciònon crea gioia, ma solo frustrazione. Siamo noi stessi, il più delle volte, fab-bricatori della “non gioia” nel momentoin cui ci lasciamo sopraffare da quei sen-timenti che inibiscono la fede in Dio. In-fatti solo Dio è l’unica vera fonte di gio-

    ia e di crescita emotiva e spirituale. Possiamo notare che, quando siamo pergli altri, quando siamo solidali con gli al-tri, la gioia si moltiplica. Poiché genero-sità e solidarietà sono un binomio perfetto. Come dice Papa Francesco: “Con le fac-ce da funerale non si può annun-ciare Gesù”, tracciando così una lineaben definita e aggiunge: “Senza gioianoi cristiani non possiamo diven-tare liberi, diventiamo schiavi del-la nostra tristezza”. Dimentichiamotroppo spesso che siamo tutti fratelli, chedipendiamo gli uni dagli altri e che vi èinterdipendenza e comunanza. Non im-porta se si riesce a fare poco per aiutareil prossimo, dovunque siamo facciamoanche quel poco. È troppo facile abban-donarsi a reiterate lamentele intrise dicritiche poco costruttive quando notia-mo che il mondo gira alla rovescia. È evi-dente che attualmente il mondo è lace-rato da una preoccupante caduta etica edevastato da mille contraddizioni e ne-cessita di urgenti soluzioni. Ghandi,uomo politico e guida spirituale del-l’India diceva: “Sii tu il cambiamen-to che vuoi vedere nel mondo”.Come a dire intanto inizia tu, parti da testesso. Parafrasando al meglio, compas-sione e solidarietà diventeranno mani-festazioni straordinarie di come la gioiasi possa fattivamente concretizzare.Mostrando la nostra umanità ed essen-do consapevoli di essere membri di unastessa grandissima comunità possiamoconcepire che siamo tutti parte della fio-ritura di Dio, dove Dio è il nostro temaunificante. Sarà meraviglioso scoprire lagioia quando smetteremo di essere fo-calizzati su noi stessi. Certo, un po’ di attenzione verso se stes-si ci vuole, tant’è vero che Gesù ha det-to: “Ama il prossimo tuo come te stesso”.Dobbiamo desiderare il meglio per gli al-tri come lo desideriamo per noi. Hermann Hesse, poeta e filosofo, disse:

    Realizziamo gioia Fabiana Catteruccia

  • “Felice è chi sa amare”, o l’assunto di Spi-noza: “Solo le persone felici sono vir-tuose”. Essere generosi ed in armonianon soltanto verso chi amiamo, ma an-che attraverso l’impegno civile, miglio-ra la nostra vita. Ricordando anche il teo-logo Enzo Bianchi: “Far convivere indi-vidualismo e solidarietà coltivando l’ar-te dello stare insieme dell’essere-in-co-mune. Se riusciamo a contrastare le pas-sioni buie dell’egoismo e dell’indivi-dualismo, della sfiducia e della rivalitàè la nostra generosità che può diventa-re risorsa di gioia”.Dunque la vera gioia è un modo di esseree non un’emozione transitoria. Pratica-mente il vero segreto della gioia è allon-tanarsi dall’egocentrismo. Ovviamente non esiste un metodo ouna formula magica per poter trasfor-mare qualsiasi dolore o perdita, in gio-ia. Si può soltanto ovviare condividendoil dolore con il fratello. Come si può ap-prezzare la gioia se si disconosce la sof-ferenza? Alla fine la gioia è qualcosa chesi vive intrecciando relazioni profonde egenerose con gli altri. La gioia autenticasi può anche riscoprire nell’apprezzare itanti doni che Dio ci elargisce quotidia-namente. Grandi o piccoli che sianogioiamo ugualmente. Ciò non vuole es-

    sere retorica spicciola, ma far constata-re che diamo tutto per scontato, dagli in-dividui ai diversi benefici e ci accorgia-mo di quanto importanti fossero, sola-mente nel momento in cui, li perdiamo. Gioia è l’incontro con Dio. E dove incontriamo Dio? Lo incontriamoovviamente nell’Eucarestia e incontria-mo con gioia Dio nel povero, nell’acco-glienza verso gli esclusi, negli ultimi. Inrealtà è la fede a diventare per i creden-ti vero fondamento e veicolo di gioia. In sintesi, il tutto si può riassumere in 3passaggi: gioiosi di essere, gioiosi diamare, gioiosi di adorare Dio. Gioia è anche un semplice sorriso da do-nare agli altri, ovviamente non quello su-perficiale e stereotipato, ma quel sorri-so “buono” che avvicina. Santa Teresa diCalcutta amava dire: “Forse non parlo laloro lingua, ma posso sorridere”. C’è bisogno di offrire sempre un sorrisoanche quando siamo stanchi o troppopresi dalle nostre incombenze. Papa Francesco ci ripete: “Portiamo nelcuore il sorriso e doniamolo a quanti in-contriamo nel nostro cammino spe-cialmente a quanti soffrono. Apriremocosì orizzonti di gioia e di umanità a tan-ti sfiduciati e bisognosi di comprensio-ne e tenerezza”.

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    Fatti già visti, che seguo-no ormai un canovaccioben consolidato: quandoè in procinto l’approva-zione di una legge (divor-zio, aborto, unioni civili eora fine vita), ecco che iradicali cavalcano il casoper cercare di condizio-nare l’opinione pubblicae quindi anche il Parla-mento. Come faccianonon si sa, visto che in Ita-lia sono circa l’1 per cen-to (alle ultime elezioni co-munali a Roma e a Mila-no non hanno ottenutoneppure un consiglierecomunale e l’assessoratoche gli è stato assegnato a

    Milano è stato ottenutograzie all'apparentamen-to al ballottaggio con ilsindaco Beppe Sala). O meglio si sa, perché chiin Italia è il 90 per cento(noi cristiani per esserechiari) e potrebbe con-trapporsi, lo fa con sog-gezione e timidamente,diventando così ineffica-ce. Vi è da chiedersi: perchési permette che vengastrumentalizzata la soffe-renza di una persona –che può essere primaEluana, poi Welby e ora ildj Fabo - solo per fini po-litici, mediatici e ideolo-

    gici? Perché non vienemai data voce a coloroche, nonostante la loro di-sabilità e la loro malattia,vogliono continuare a vi-vere, e non a morire? Perché, le migliaia di fa-miglie italiane con figli di-sabili o malati vengonocompletamente, o quasi,trascurate? Forse se i nostri parla-mentari varcassero laporta di casa di questepersone, allora scopri-rebbero una realtà d’amo-re che non conoscono. Scoprirebbero che “Laqualità della vita all’in-terno di una società - so-no le parole di papa Fran-cesco alla Comunità diCapodarco - si misura inbuona parte dalla capa-cità di includere coloroche sono più deboli e bi-sognosi, nel rispetto ef-fettivo della loro dignitàdi uomini e di donne”,perché “una società chedà spazio solo alle perso-ne pienamente funziona-li, del tutto autonome eindipendenti, non è unasocietà degna dell’uomo.Infatti, la discriminazio-ne in base all’efficienzanon è meno deplorevoledi quella compiuta in ba-se alla razza o al censo oalla religione”. Quanti insegnamenti civengono dalle famigliedove sono presenti delledisabilità! Quanta ricchezza di fedee di grazia!

    Per riflettere

    Enrico Viganò

    Non lasciamoli soli

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    Mi è capitato pochi gior-ni fa di entrare in casa diGiovanna e FaustinoQuaresmini di Nova Mi-lanese, al mattino, pro-prio nel momento in cui idue genitori (68 anni leie 75 lui) stavano accu-dendo la figlia Moira da17 anni in stato vegetati-vo. Ebbene, in quel mo-mento il papà stava fa-cendo il segno della crocesulla fronte della figlia, re-citando questa preghierasgorgata dal suo cuore,che ha spezzato il miocuore: “Nel nome del Pa-dre, del Figlio e dello Spi-rito Santo. Amen. O buonGesù, questa bimba pro-teggila tu. Proteggi an-che sua mamma e suo pa-pà, suo fratello Luigi e ilsuo nipotino Luca e tuttiquelli che le vogliono be-ne. Proteggi il Papa e i sa-cerdoti, don Mario e Ra-dio Mater e tutti gli am-malati del mondo che sof-frono. E anche tu, Ma-donnina, questa bimbaproteggila tu e dai la for-za a sua mamma e a suopapà di volerle sempretanto bene. Nel nome del Padre, delFiglio e dello Spirito San-to. Amen”. La commozione era tan-ta, soprattutto osservan-do il viso di Moira: era at-tenta, raccolta e ho avutola netta percezione che se-guisse la preghiera reci-tata dal papà. Una pre-ghiera che Faustino ripe-te tre volte al giorno: almattino, prima del piso-lino del pomeriggio, e al-la sera.

    Tre volte al giorno da 17anni, da quando nella not-te del 13 gennaio 2000, unembolo amniotico ha cau-sato la morte della figliache stava per partorire eil coma. Secondo i medi-ci sarebbe sopravvissutanon più di qualche mese. E invece… Ora ha 47 anni e viene nu-trita con il cucchiaino:mangia, seppure tutto tri-tato, esattamente quelloche mangiano i genitori atavola. Per darle da bere,invece, utilizzano il son-dino naso-gastrico. Moira - lo possiamo pro-prio dire - è un miracolovivente, fatto di baci e disorrisi; è la prova (se ce nefosse bisogno ancora) cheDio esiste. E quanti comelei! Migliaia! Ma di loro non si parla. Di loro che vogliono con-tinuare a vivere nono-stante tutto, e pregano

    Dio tre volte al giorno peraverne la forza, nessunaparola sui giornaloni esulle tv di stato o com-merciali. Di fronte alle di-scussioni in corso al Par-lamento sul “fine vita”,questi genitori si sentonoimpotenti e non sanno co-me arrivare al cuore deipolitici per chiedere lorodi essere aiutati, non persopprimere la vita del lo-ro caro, ma per poterla as-sistere adeguatamente 24ore al giorno. Tutti i gior-ni essi si battono controla cultura della soppres-sione e della morte per lacultura della vita. Non vogliono altro: poteraccudire il loro famiglia-re, nella consapevolezzache l’eutanasia di perso-ne gravemente disabiliper sottrazione di cibo eacqua non è mai una con-quista di libertà. Non lasciamoli soli.

  • Per riflettere

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    Amico mio,non è stato per me sorprendente, ma ticonfesso che mi ha comunque impres-sionato sentirti, riguardo all'aborto,impregnato della mentalità corrente, leistanze della quale non è un caso che visi appuntino tanto fortemente. Due delle tue uscite in particolare mihanno colpito: la prima, che la misuradel diritto dovrebbe essere il benessere

    individuale; per questo hai potuto con-sigliare con l'ingenuità del buon sensoa una ragazza, già sposata e con un fi-glio, e rimasta di nuovo incinta a seguitodi un'altra relazione, di interrompere lagravidanza. Ma dimmi: come può essere misura deldiritto qualcosa che è per natura senzamisura e infinitamente variabile comeil benessere, cioè l'appetito individuale?

    Sull’aborto

    Claudio Meli

    [email protected]

    Lettera a un amico non credente

  • Questo appetito per alimentarsi ha bi-sogno di intaccare ogni realtà che lo tra-scenda, ogni processo creatore sussi-stente, non determinabile dallo stesso in-dividuo; tu sai però, se non altro perchéspesso l'hai sentito dire da me, che lo spi-rito scaturisce proprio da questi processiindipendenti, senza i quali l'individuo ènulla; l'appetito individuale così in-ghiotte lo stesso individuo e, quel che èpiù grave, invade lo spazio pubblico, sof-focando la sorgente della vita e abbat-tendo le concrezioni culturali formateper perpetuarla a beneficio degli uomi-ni (malgrado loro, verrebbe da ag-giungere). Ognuno dovrebbe quindi protestarecontro quest'invadenza delle pretesesoggettive sul luogo di consistenza del-la vita, contro gli effetti nefasti che al-l'uomo arreca la rivolta individualecontro la normatività naturale.La tua seconda osservazione è stata ri-velatrice della sopravvenuta incapaci-tà generale anche solo a concepirla, unarealtà trascendente la soggettività chesia misura per il diritto, da quando laconcupiscenza sfrenata ha smesso di tol-lerarla e l'ha attaccata frontalmente. Per capire cosa io intendessi quando di-cevo di essere diventato più legalista delpiù bieco fariseo e di considerare del tut-to secondario e fuorviante, rispetto alpunto della questione, lo stato d'animodi chi decide di abortire, tu hai intelli-gentemente fatto riferimento a Paolo eFrancesca dannati da Dante, cogliendobene l'aspetto formale della questione(l'offesa a un ordine oggettivo), ma haiportato come esempio un caso intran-sitivo, cioè senza lesione del diritto al-trui (prescindiamo qui dal fatto che sitrattasse di un adulterio, per di più fracognati), dimenticando così il dato piùimportante nella vicenda della tua gio-vane amica: la soppressione di unavita, che si stava sviluppando indipen-dentemente da tutte le volontà sogget-tive equivocamente in causa (sai diquei bambini che riescono a nascere no-nostante tentativi tardivi di aborto?

    Ecco l'evidenza plastica di quanto dico). E a cosa si sacrifica questa vita, assie-me alla verità che porta con sé (ossia, lanecessità per l'uomo di aprirsi allacreazione)? Al "benessere", cioè all'appetito di tran-quillità, che in fondo non è che quello digodere ancora… Come si è potuto arrivare al punto dinon scorgere quest'enormità, che siapermesso di attentare alla generazioneumana nella sua stessa scaturigine, innome del "benessere individuale"? La libertà dei porci che decide della ge-nerazione umana! E come non riconoscere, nell'impoten-za che si rovescia nella distruzione del-la vita nascente, l'autentica natura del-la tanto vantata autodeterminazione?

    [email protected]

    Non voglio poi nemmeno parlare dellaviltà della posizione per cui un bambi-no vivo, affidato a chi ne desidera uno,rovinerebbe la vita di quelli che l'hannogenerato, mentre la sua uccisione sa-rebbe per loro un sollievo; voglio piut-tosto portare la tua attenzione sulla ma-nipolazione che forza la realtà a corri-spondere quanto si desidera, uccidendola spirito che nasce dalla ricezione del-l'essere, e su come tale manipolazioneconvenga e sia strutturalmente affine aquella mentalità economicistica che tustesso, da artista, detesti.Direi che è abbastanza; del resto, hoesaurito tempo fa le mie lacrime per casicome quello di cui mi hai messo a parte… Ti abbraccio.

    Claudio Meli

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    Una conoscenza più approfondita diSan Girolamo Emiliani e della sua atti-vità di educatore e di padre degli orfa-ni si è manifestata in Calabria quandoMons. Ferro, eletto arcivescovo di Reg-gio Calabria e vescovo di Bova, fece ilsuo ingresso nella diocesi il 2 dicembre1950.Da quella data in poi la presenza so-masca si è gradualmente radicata, an-che con la collaborazione del religiosoche, per alcuni anni, ha fatto da segre-tario all’Arcivescovo, l’indimenticabilee carismatico p. Pasquale Corsini, poicon l’arrivo di altri confratelli che, do-po una fase di assestamento a Conces-sa di Catona, hanno avuto in affida-mento pastorale, nel 1966, la parroc-chia della Madonna del Rosario a Villa

    San Giovanni e, successivamente, del-l’Immacolata, sempre a Villa. Con lo scorso anno, sia pure in formasperimentale, hanno avviato la loro at-tività a Gallico Superiore nel Santuariodella Madonna della Grazia con l’an-nesso e vasto parco della mondialità,creato negli anni settanta del Novecen-to dal missionario saveriano p. AurelioCannizzaro.La Cattedrale di Reggio, sede di Mons.Ferro, fu ricostruita nel cuore della cit-tà dopo le terribili ferite inferte dal ter-remoto del 1908 e si presenta come unasintesi architettonica di stile romanicoe gotico. Nel vasto interno merita una visita at-tenta la Cappella del SS. Sacramento,opera cinquecentesca con un raffinato e

    Nostra storia

    Il Servo di Dio Mons. Giovanni Ferro

    e il carisma somasco in Calabria

    p. Giuseppe Oddone

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    spettacolare intarsio dimarmi di varie tonalitàcromatiche. A noi tuttavia interessaparticolarmente la cap-pella laterale nella navatadestra dove è stato erettoil monumento in bronzoal Servo di Dio, Mons.Giovanni Ferro, pastoredi questa Chiesa dal 1950al 1977. È scolpito in piedi, rive-stito degli abiti episcopa-li, da vero sommo sacer-dote, con la croce petto-rale ben visibile, con gliocchi rivolti al cielo, conun volto ispirato ed unportamento ieratico. Mentre la mano sinistratiene saldamente in manoil pastorale per indicareche è stato un maestro au-torevole e sicuro della fe-de, la destra si protendecompletamente all’ester-no come un segno di invi-

    to e di amorosa acco-glienza. In basso a destraed a sinistra due lapidi inlatino richiamano i suoidati biografici ed il suo sti-

    le di vita.Sono sufficienti questeespressioni per indicarcitutto l’amore che il popo-lo ed il clero di Reggio por-

    gennaio marzo 2017 Vitasomasca

  • tano tuttora al Servo di Dio Mons. Gio-vanni Ferro. Passando nell’ufficio Caritas della Cu-ria, mons. Antonino Iachino nel parla-re di lui è un torrente in piena: con tan-ti aneddoti non si stanca di raccontaredella stretta povertà dell’Arcivescovoche stupiva chi ne veniva in contatto,della sua preghiera, della sua ardente efantasiosa carità verso i poveri, per ser-vire i quali coinvolgeva con disarmanteaffetto i suoi seminaristi ed i suoi preti. Sopra la scrivania, appeso alla parete,risalta a colori lo stemma ascensionaledi mons. Ferro con un triangolo azzur-ro su cui si innalza in uno spazio anco-ra triangolare il monte della perfezionecon la croce, e sopra ancora in campoazzurro le stelle. Sotto la scritta “Omnia

    in charitate”, tutto nella carità. È la testimonianza di un uomo che hapuntato durante tutta la sua vita in al-to, alla perfezione, alla croce ed all’in-contro con Dio, aprendosi a tutti nellacarità. Nel museo diocesano è esposto il bel ca-lice ottocentesco di argento sbalzato, chefu donato all’arcivescovo dall’allora Pre-sidente della Repubblica, Giuseppe Sa-ragat, per la sua opera di pacificatore trale varie fazioni, appena passati i violentitumulti di Reggio del 1970/71, ove si di-stinse l’intervento paziente, fermo ed au-torevole di mons. Ferro.Il museo archeologico della città, dav-vero moderno e ben organizzato, con-serva numerosissimi reperti della ter-ra di Calabria dall’età della pietra, alla

    Nostra storia

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    GIOVANNI FERRO C.R.S

    NATO A COSTIGLIOLE NELLA PROVINCIA DI ASTI IL 13 NOVEMBRE 1901

    RELIGIOSO DEI CHIERICI REGOLARI DI SOMASCA

    ORDINATO SACERDOTE 11 APRILE 1925

    CON L’INCARICO DI ARCIVESCOVO DI REGGIO CALABRIA

    DAL 2 DICEMBRE 1950 AL 4 GIUGNO 1977

    È MORTO IL 18 APRILE 1992.

    PASTORE ARDENTISSIMO, INSUPERABILE NELLO ZELO,

    POVERISSIMO, MA RISPLENDENTE DI ECCEZIONALE CARITÀ VERSO I POVERI

    IN TEMPI DI TURBOLENZA POLITICA COSTANTISSIMO VESSILLIFERO DI PACE

    PROMOTORE DEL CULTO DELLA SACRA LITURGIA

    CULTORE DELLE BELLE ARTI

    PER TUTTI SPECCHIO DI VIRTÙ, IN PARTICOLARE DI PAZIENZA,

    LUI CHE NEGLI ANNI CONCLUSIVI DELLA SUA VITA

    SOFFRÌ DI UNA CONTINUA INFERMITÀ.

    O GESÙ BUONO, PASTORE ETERNO,

    LUI, SEGUENDO TE, SI SPESE COMPLETAMENTE PER LA SALVEZZA DELLE ANIME.

    ACCOGLI NEL RIPOSO E NELLA TUA GIOIA ETERNA

    IL NOSTRO PADRE TANTO RIMPIANTO!

    REGGIO 18 APRILE 1996 – MONUMENTO ERETTO DALLA PIETÀ DEI FEDELI

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    popolazione italica deiBruttii, alle colonie gre-che, fino all’epoca roma-na e bizantina. Ma l’emo-zione più forte si provanell’ammirare i bronzi diRiace, scoperti nel 1972:due opere originali distraordinaria bellezza, inparticolare il giovane edidealizzato guerriero ric-ciuto, da alcuni attribui-to a Fidia (c. 430 av. C.),mentre l’altro guerrierodi età più matura e piùrealistico è posteriore diuna trentina d’anni edapparterebbe sempre al-la scuola del grande scul-

    tore. Un cenno meritaanche il paesaggio diReggio, centro del Medi-terraneo, come dicevanogli antichi, e dei suoi din-torni. Nel contemplare lostretto, non si può di-menticare che tra Scilla eCariddi sono passati econtinuano a passare tut-ti i popoli, dai Fenici, aiGreci, ai Cartaginesi, aiRomani, ai Bizantini, aiNormanni fino ai mi-granti dei nostri giorni.La luce, raddoppiata dal-lo specchio marino, chesi allarga poi fino a la-sciare intravedere le iso-

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  • Nostra storia

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    le Eolie, avvolge i montidi Messina ed il più sel-vaggio, verde Aspromon-te con i suoi borghi, i suoicastelli, le sue chiese, in-gentilito tuttavia nel me-se di febbraio da tanticandidi mandorli in fio-re. In questo ambiente uma-no carico di bellezza na-turale, di storia e di reli-giosità – di qui è passatoanche San Paolo nel suoviaggio verso Roma: “co-steggiando giungemmo aReggio” (Atti, 28,12) - hasvolto il suo ministeromons. Ferro. Chiediamo questo donoal Signore per la terra diCalabria e per la nostraCongregazione: che ilServo di Dio mons. Gio-vanni Ferro, così amatodal suo popolo, dal suoclero e dai suoi Vescovi,possa raggiungere prestola gloria degli altari.

  • Flash

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    Il Centro di FormazioneProfessionale “Padri So-maschi” di Como - Albate,nell’anno formativo 2016 -2017 ha iniziato percorsi diformazione in alternanzascuola lavoro, dando gran-de importanza soprattuttoall’attivazione di percorsi inapprendistato in linea conquanto previsto dal Siste-ma Duale promosso dallaRegione Lombardia.Tali progetti sono una vera

    e propria opportunità ri-volta agli allievi di terza equarta superiore per poteressere assunti in aziendacon un contratto di ap-prendistato di I livello e alcontempo di continuare ilpercorso scolastico fina-lizzato all’acquisizione del-la Qualifica e Diploma Tec-nico. La realizzazione ditali progetti prevede il rien-tro a scuola per alcunegiornate e il restante tem-

    po in azienda. Il contrattoha una durata minima di 6mesi e si conclude con ilconseguimento del titolo distudio. Nei giorni di frequenza ascuola gli allievi appren-dono le materie trasversa-li quali la matematica, l’in-glese, e l’italiano, mentre laformazione in azienda liprepara in ambito tecnicoprofessionale tramite l’af-fiancamento al tutor azien-

    dale, responsabile dellaloro formazione interna inazienda.Il Centro di Formazione,grazie al nuovo apprendi-stato, offre ai giovaniun’opportunità di crescitaprofessionale, un inseri-mento in un contesto la-vorativo concreto e li avvi-cina e li rende protagonistinel mondo del lavoro. Attraverso questo percor-so, gli allievi hanno la pos-

    sibilità di farsi conosceredalle aziende e, in seguitoalla conclusione positivadi questa esperienza, i ra-gazzi conseguono il titolo distudio previsto e possonoessere assunti in azienda. Le aziende per la durata dicirca un anno, possono be-neficiare della presenza digiovani lavoratori per ladurata di circa un annoche possono “formare efar crescere”, direttamen-te nel contesto professio-nale, secondo i loro pro-cessi di lavoro specifici. Questa tipologia contrat-tuale prevede inoltre deivantaggi e agevolazioni peril datore di lavoro dal pun-to di vista economico. I percorsi duali presentanoun carattere inedito, checonsiste nel concepirel’ambito dell’impresa e dellavoro come un “bacinoculturale ricco di oppor-tunità e significati nei qua-li disegnare percorsi edu-cativi in grado di formareil professionista e insie-me la persona e il cittadi-no” (Dario Nicoli, Guidaalla sperimentazione, in-troduzione). Siamo in continuità conl’esperienza di cinque se-coli orsono iniziata da S.Girolamo primo fondatoredella scuola professionalein Italia e in Europa.

    Nuovo Apprendistatoe nuova opportunità

    Una realtà formativa vicina alla crescita professionale dei giovani

    Emanuela Zucchelli

    [email protected]

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    In memoria

    p. Felice VergaDella comunità di Soma-sca Casa madre, è dece-duto il 26 ottobre 2016, al-l’età di 93 anni. Nella sualunga traiettoria di vitaconsacrata ha assuntocon zelo diversi incarichie responsabilità: ministrodi educazione, assistentein oratorio, rettore del se-minario, superiore di co-munità e parroco.

    ‘Sora nostra morte corporale’ ha fatto visita ad un con-fratello carico di anni e ricco di buone opere matura-te nel campo della vita religiosa e del ministero sacer-dotale. Vogliamo unirci al ringraziamento di Gesù alPadre per tutti i doni a lui elargiti, per la perseveran-za nel sacerdozio e nella vita religiosa, così come piùvolte esplicitato in un suo scritto. La Parola di Dio ascol-tata ci fa ricordare la “passione - entusiasmo” con cuipadre Felice ha svolto i molti e svariati servizi: la pas-sione per una liturgia decorosa e allietata dal suono edal canto, la passione educativa per i “suoi orfani” eper i “suoi giovani”, per le vocazioni.Una “passione - entusiasmo” manifesta, coinvolgente,

    Fr. Bruno Cagliani Della comunità di Buca-ramanga (Colombia), èdeceduto il 23 settembre2016, all’età di 85 anni.Dopo la sua professionesolenne (1959), presteràil suo servizio come sa-crestano al Ss. Crocifissodi Como e come addettoall’istituto nella comuni-tà di Corbetta (MI). Nel1970 viene inviato in Co-

    lombia e successivamente in Ecuador. Instancabilesarà la sua dedizione come educatore in diversi cam-pi: ragazzi orfani e di strada, famiglie povere, for-matore dei seminaristi, istruttore di laboratori, car-cere minorile, esperto infermiere, gruppi parrocchialiecc. Una vita donata per gli altri, fino alla fine.Se a Natale e a Pasqua o in altre ricorrenze ti arrivavauna telefonata in orari strani, potevi essere sicuro cheera Fratel Bruno che ti chiamava dall’altra parte delmondo: fedele, vicino, partecipe come uno di famiglia,anzi di più, come un amico che seguiva i tuoi passi.Mai lontano con il suo cuore e con la sua preghiera,discreto e fedele, nel suo spirito missionario abbrac-ciava tutti senza pretese, perché capace con piccoli ge-sti e piccole attenzioni di farti partecipe del tesoro del-la fede e del Vangelo per il quale ha donato la sua vi-ta tutta intera, passo dopo passo, con una metodicitàtale da far apparire naturale, quasi spontaneo, quelloche invece costituiva il frutto di una disciplina semprepiù profonda. Uomo dalla volontà tenace che portavanel cuore il fuoco della missione, Fratel Bruno non era

    mai invadente, ma ti coinvolgeva con delicatezza e ticonvinceva semplicemente raccontando e descriven-do la sua quotidianità in mezzo a coloro a cui il Signorelo ha destinato con la consacrazione della sua vita co-me discepolo di san Girolamo Emiliani. Sapeva conquistarti il cuore, diventare amico, spalan-cando lo scenario e il vissuto della missione semplice-mente rendendoti partecipe del suo cammino: il dononon era quanto potevi donare tu, ma tutta la sua vitagià data al Signore. Era un semplice compagno di vi-ta a cui le fatiche non pesavano e le avventure non pia-cevano se non conformi al genuino e totale dono di séal Signore: questa era tutta la sua avventura, ad-ven-tura, cioè ciò che costruisce il futuro vivendo il pre-sente senza tenere nulla per se stesso. Non possedere era la sua libertà, accogliere con sem-plicità era il suo dono per te. Sembrava capace di prolungare la già diffusa e prolun-gata preghiera con tempi lunghi davanti al Signore inmodo tale da penetrare e trasformare con lo stesso re-spiro ogni altra attività della sua sempre serena gior-nata. Capivi che il Regno di Dio contava di più della suavita e comunque sempre di più nella sua esperienza uma-na. Piccolo e grande insieme, silenzioso ed efficace,non ti forzava al bene, ma te lo faceva riconoscere co-me il suo stesso bene e te lo rendeva facilmente pos-sibile con la sola sua trasparente compagnia. I toni del suo discorrere sapevano sempre di saggezzae serenità, non parlava soltanto di progetti, prospetti-ve, programmi, sia pure per altri, ma intuivi che Fra-tel Bruno aveva già dato e che tutto già era incarnatonella sua minuta esistenza. Un semplice e forte, per-ché credibile, testimone della carità.

    Mons. Luigi Stucchi, vescovo ausiliare di Milano

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    Fr. Antonio Galli Della comunità della Ca-sa generalizia di Roma, èdeceduto a Bangalore il27 dicembre 2016, all’etàdi 69 anni, durante la vi-sita alle comunità dell’In-dia per promuovere pro-getti in qualità di respon-sabile dell’Ufficio missio-nario generale.È biograficamente molto

    simbolico che il viaggio funebre di Antonio Galli ini-ziato in India con l’affettuoso saluto dei giovani con-frate