Controllo di gestione - sharenotes.it · tendenzialmente il patrimonio reale dovrebbe esser...

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1 Controllo di gestione (prima lezione: 18/09/06) (Prof. Garelli) inizio lezioni: 9:20 A.M. Appunti di Davide Benza. L’obiettivo del corso è la lettura dei principali report aziendali complessi. Si divide in due moduli. Il primo modulo è il modulo di analisi di bilancio: indicatori, trend che permettono di formulare giudizi compositi. Il secondo modulo riguarda il budgeting. Materiale didattico: analisi economica (capitolo 7: sostituire con gli appunti in classe), copie delle slide, quaderno di esercitazioni guidate. L’azienda è una struttura composita (qualsiasi organizzazione: indipendentemente dall’organizzazione, dalla funzione, dal settore) formata da risorse (lavoro, capitale etc.) di diversa natura, organizzata nelle sue varie parti, per conseguire, attraverso un processo di produzione di ricchezza (grandezza astratta, non utile, capitale, profitto o soddisfazione del cliente o del proprietario o del fisco etc.; teoria multi-stakeholder : tutti i detentori di interessi devono essere soddisfatti), finalità ed obiettivi, strumentali al raggiungimento del suo scopo ultimo quale risulta dalla vision aziendale (mission: documento in base al quale l’azienda dice chi è: “una carta d’identità”; Vision: in relazione alla mission, si rende riconoscibile l’azienda colloca ndosi in un contesto di mercato dal quale non è costretta ad uscire). Nel formulare la propria vision l’azienda definisce la sua meta specificando (dichiarazione di obiettivi concreti): il ruolo sociale che intende svolgere (è chiaro che non sia il vero obiettivo, ma l’imprenditore deve capire che il consenso possa esser viziato altrimenti; vedi “caso Nike”); i confini entro i quali intende muoversi; i principi etici a cui intende ispirare le sue scelte di governo ed i suoi comportamenti (mission: i bilanci si aprono sempre con una dichiarazione di missione, come nei link: “investor relation”. Si sta addirittura iniziando a redigere bilanci sociali, nei quali le aziende si occupano solo esclusivamente di questi fenomeni: “esempio: aziende a grande impatto ambientale: Ikea per ogni albero tagliato pianta un albero”; “CSR = corporate social responsability”: aspetti collaterali innovativi). Il controller deve individuare una mission che possa mettere d’accordo gli stakeholder; è attraverso il consenso che l’azienda riesce a permanere sul mercato. Il tutto deve essere finalizzato a garantire nel tempo una conveniente ed adeguata remunerazione degli stakeholder. Gli stakeholder sono tutti i portatori di interessi direttamente o indirettamente coinvolti nell’attività d’impresa: azionisti, lavoratori, finanziatori reali e potenziali, clienti e fornitori, comunità sociale, pubblica amministrazione. Il soddisfacimento degli interessi istituzionali può realizzarsi solo se l’azienda è in grado di svolgere la sua attività economica in condizioni di tendenziale equilibrio economico. La durabilità di tale equilibrio è legata alla capacità dell’azienda di aumentare il suo valore economico. Quando si cerca di passare da debiti a breve a debiti a lungo, si hanno riflessi sul conto economico, perché comporta costi. Operare in condizioni di economicità trova espressione nel manifestarsi di: equilibrio economico : capacità costante di copertura dei costi da parte dei ricavi, residuando un utile congruo: capacità di remunerare tutti i fattori produttivi, compreso il capitale di rischio; equilibrio finanziario : capacità costante di disporre del capitale monetario necessario per far fronte agli obblighi di pagamento (copertura delle uscite con le entrate), senza compromettere l’equilibrio economico ; equilibrio patrimoniale : capacità di remunerare il capitale proprio. Un’impresa nuova o altamente innovativa può non aver equilibrio economico, perché è appena nata. I giudizi , quindi, devono esser ponderati al ciclo di vita dell’azienda nel lungo periodo. Il principio dell’economicità ed il principio del valore (è un concetto ampio, fino alla sociologia…come creazione di consensi etc.) sintetizzano, dunque, le condizioni necessarie a soddisfare le attese degli stakeholder e rappresentano due parametri di riferimento alla luce dei quali valutare le modalità di svolgimento della combinazione produttiva. Tali principi devono trovare applicazione nelle relazioni che si vengono ad instaurare tra l'impresa e l'ambiente circostante. Ciò implica che le decisioni e le azioni poste in essere da chi governa l’azienda devono essere volte a coniugare l'efficienza della combinazione produttiva con il soddisfacimento delle attese degli stakeholder ed in particolare con quelle del cliente . Ecco perché nelle aziende il responsabile del settore commerciale è il più importante. In sintesi, il sistema aziendale dev’essere efficace ed efficiente, ossia deve rispondere alle esigenze del mercato e dell’ambiente utilizzando al meglio le risorse disponibili. Feedback: controllo dei risultati rispetto agli obiettivi da raggiungere: obiettivi => decisioni => azioni => risultati => obiettivi.

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Controllo di gestione (pr ima lezione: 18/09/06) (Prof. Garelli) inizio lezioni: 9:20 A.M . Appunti di Davide Benza. L’obiettivo del corso è la lettura dei principali report aziendali complessi. Si divide in due moduli. Il primo modulo è il modulo di analisi di bilancio: indicatori, trend che permettono di formulare giudizi compositi. Il secondo modulo riguarda il budgeting. Materiale didattico: analisi economica (capitolo 7: sostituire con gli appunti in classe), copie delle slide, quaderno di esercitazioni guidate. L’azienda è una struttura composita (qualsiasi organizzazione: indipendentemente dall’organizzazione, dalla funzione, dal settore) formata da risorse (lavoro, capitale etc.) di diversa natura, organizzata nelle sue varie parti, per conseguire, attraverso un processo di produzione di ricchezza (grandezza astratta, non utile, capitale, profitto o soddisfazione del cliente o del proprietario o del fisco etc.; teoria multi-stakeholder : tutti i detentori di interessi devono essere soddisfatti), finalità ed obiettivi, strumentali al raggiungimento del suo scopo ultimo quale risulta dalla vision aziendale (mission: documento in base al quale l’azienda dice chi è: “una carta d’ identità” ; Vision: in relazione alla mission, si rende riconoscibile l’azienda collocandosi in un contesto di mercato dal quale non è costretta ad uscire). Nel formulare la propria vision l’azienda definisce la sua meta specificando (dichiarazione di obiettivi concreti):

• il ruolo sociale che intende svolgere (è chiaro che non sia il vero obiettivo, ma l’ imprenditore deve capire che il consenso possa esser viziato altrimenti; vedi “caso Nike” );

• i confini entro i quali intende muoversi; • i principi etici a cui intende ispirare le sue scelte di governo ed i suoi comportamenti (mission: i bilanci si

aprono sempre con una dichiarazione di missione, come nei link: “ investor relation” . Si sta addirittura iniziando a redigere bilanci sociali, nei quali le aziende si occupano solo esclusivamente di questi fenomeni: “esempio: aziende a grande impatto ambientale: Ikea per ogni albero tagliato pianta un albero” ; “CSR = corporate social responsability” : aspetti collaterali innovativi).

Il controller deve individuare una mission che possa mettere d’accordo gli stakeholder; è attraverso il consenso che l’azienda riesce a permanere sul mercato. Il tutto deve essere finalizzato a garantire nel tempo una conveniente ed adeguata remunerazione degli stakeholder. Gli stakeholder sono tutti i portatori di interessi direttamente o indirettamente coinvolti nell’attività d’ impresa: azionisti, lavoratori, finanziatori reali e potenziali, clienti e fornitori, comunità sociale, pubblica amministrazione. Il soddisfacimento degli interessi istituzionali può realizzarsi solo se l’azienda è in grado di svolgere la sua attività economica in condizioni di tendenziale equilibrio economico. La durabilità di tale equilibrio è legata alla capacità dell’azienda di aumentare il suo valore economico. Quando si cerca di passare da debiti a breve a debiti a lungo, si hanno riflessi sul conto economico, perché comporta costi. Operare in condizioni di economicità trova espressione nel manifestarsi di:

• equilibr io economico: capacità costante di copertura dei costi da parte dei ricavi, residuando un utile congruo: capacità di remunerare tutti i fattori produttivi, compreso il capitale di rischio;

• equilibr io finanziar io: capacità costante di disporre del capitale monetario necessario per far fronte agli obblighi di pagamento (copertura delle uscite con le entrate), senza compromettere l’equilibrio economico;

• equilibr io patr imoniale: capacità di remunerare il capitale proprio. Un’ impresa nuova o altamente innovativa può non aver equilibrio economico, perché è appena nata. I giudizi, quindi, devono esser ponderati al ciclo di vita dell’azienda nel lungo periodo. Il principio dell’economicità ed il principio del valore (è un concetto ampio, fino alla sociologia…come creazione di consensi etc.) sintetizzano, dunque, le condizioni necessarie a soddisfare le attese degli stakeholder e rappresentano due parametri di riferimento alla luce dei quali valutare le modalità di svolgimento della combinazione produttiva. Tali principi devono trovare applicazione nelle relazioni che si vengono ad instaurare tra l'impresa e l'ambiente circostante. Ciò implica che le decisioni e le azioni poste in essere da chi governa l’azienda devono essere volte a coniugare l'efficienza della combinazione produttiva con il soddisfacimento delle attese degli stakeholder ed in particolare con quelle del cliente. Ecco perché nelle aziende il responsabile del settore commerciale è il più importante. In sintesi, il sistema aziendale dev’essere efficace ed efficiente, ossia deve rispondere alle esigenze del mercato e dell’ambiente utilizzando al meglio le risorse disponibili. Feedback: controllo dei risultati rispetto agli obiettivi da raggiungere: obiettivi => decisioni => azioni => risultati => obiettivi.

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Lezione pomer idiana: iniziamo il pr imo modulo Cercheremo di formulare un giudizio sulla situazione di bilancio: parleremo di performance e non di risultati, perché fa più figo. Il modello del bilancio e l’analisi economico-finanziaria. Obiettivi conoscitivi:

• comprendere la validità del modello come strumento di misurazione delle performance aziendali; • individuare un quadro di indicatori che consenta di esprimere un giudizio sull'economicità aziendale; • condurre un'analisi di gestione basata sugli indici e sui flussi

Il sistema informativo è il principale mezzo di comunicazione delle informazioni economiche aziendali all'ambiente di cui l'impresa è parte. Ogni informazione contenuta nel sistema bilancio-relazione trova la sua ragion d'essere nel rendere più comprensibile l'evoluzione dell'assetto reddituale, finanziario e patrimoniale d'insieme. Il sistema bilancio-relazione è l'occasione per presentare e diffondere:

• le linee ispiratrici del progetto strategico d'impresa, lo stile di comportamento, i tratti essenziali della sua attività, i modi per realizzarla;

• il modo in cui sono state gestite le risorse acquisite da terzi e quelle proprie; • la collocazione dell'impresa in prospettiva, sui mercati e nell'ambiente economico sociale, per ciò che è e per

ciò che si propone di essere. Art. c.c. sul bilancio: 2423-2428. Tuttavia, allegati ai 3 documenti fondamentali del bilancio (CE, SP, NI) esistono molti altri documenti. Anche studiando molto bene il bilancio di un’azienda non si è in grado di capire la dinamica aziendale.

Il patrimonio ed il risultato economico di un’azienda trovano esplicitazione solo in parte nel patrimonio di bilancio. In bilancio è rappresentato il patrimonio soltanto esclusivamente attraverso l’unità di misura monetaria. Tangibile: macchinari etc.; intangibile: brevetti, marchi etc.: sono quantificabili in moneta. In bilancio non risultano, invece, le quantità non valutabili, all’ interno del patrimonio aziendale complessivo. Questo fa sì che il gap tra il patrimonio di bilancio ed il patrimonio non evidenziato sia ampio. Un controller può analizzare soltanto il patrimonio di bilancio. Spesso per arricchire il patrimonio delle conoscenze si hanno spese che vanno a discapito del patrimonio di bilancio. Il nostro sistema contabile è ancorato al sistema della prudenza, quindi gli elementi dell’attivo sono sottostimati, tendenzialmente il patrimonio reale dovrebbe esser superiore: questo fenomeno, invece, è colto dall’analista di bilancio. Il fabbisogno finanziario (rappresentato nel passivo patrimoniale) è:

• durevole: tendenzialmente finanzia immobilizzazioni e giacenze = debiti a lungo e capitale proprio; • variabile: tendenzialmente finanzia attività liquidabili (Ld), liquidità (Li), Rimanenze (Rd) = debiti a breve.

Questo è il problema della sincronizzazione delle scadenze delle fonti e degli impieghi, altrimenti si instaurano in azienda circuiti disequilibranti. Bilancio d’esercizio (presentazione ed analisi) (slide non presenti nel materiale didattico):

o il bilancio d’esercizio redatto secondo l’attuale normativa civilistica; o la riclassificazione; o le analisi per indici.

Il bilancio che analizziamo è quello redatto a norma dell’art. 2424 c.c., in base alle disposizioni che recepiscono il D.Lgs. 9/4/91 n. 127: non è il bilancio redatto ai fini IAS, né quello delle banche/assicurazioni, né quello delle imprese in liquidazione. Riassumendo SP: Attivo:

a) crediti v/soci… b) immobilizzazioni c) attivo circolante d) ratei e risconti

Passivo: a) capitale netto b) fondo rischi c) fondo tfr d) debiti e) ratei e risconti

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Questo schema non permette di distinguere parte durevole e non: dobbiamo procedere ad una riclassificazione, cambiando i principi ordinatori dell’elenco di bilancio; esistono infatti infinite riclassificazioni, tante quante le finalità che ci prefiggiamo. Innanzitutto procederemo alla riclassificazione dello SP secondo criteri finanziari, cioè in base alle scadenze (per convenzione quelle entro l’anno solare sono considerate a breve termine). La lettura dello SP tende ad individuare le poste del capitale in base alla loro trasformabilità in denaro. Per gli investimenti:

• criterio della destinazione => criterio della realizzabilità Per i finanziamenti:

• criterio della natura => criterio della durata (esigibilità) Lo SP diventa: Attivo/Impieghi/Investimenti

1) Immobilizzazioni 2) Attivo circolante

Capitale Investito

Passivo/Fonti/Finanziamenti 1) capitale netto 2) passività consolidate 3) passività correnti

Capitale Acquisito Le poste dell’attivo si distinguono in base alla durata. Nel passivo in base anche alla provenienza.

Stato patr imoniale a blocchi: F = fixed asset = attività fisse D = rimanenze

N = capitale netto

L = disponibilità differite π = passivo consolidato l = liquidità immediate

C = attivo circolante = a breve termine

P = passivo a breve Apriamo una parentesi su Basilea 2, dal punto di vista dell’azienda: le banche concederanno credito in modo diverso a seconda dei risultati raggiunti o raggiungibili dalle aziende. Nell’accordo internazionale (vedi intermediari finanziari) esistono delle regole in base alle quali gli istituti di credito saranno obbligate a comportarsi diversamente a seconda della situazione dell’azienda a cui concedono credito. Dal punto di vista delle aziende, il discorso chiarifica che le banche non possono far altro che studiare la posizione in cui si trova l’azienda attraverso proprio lo SP a blocchi. A seconda di come vengono mostrati gli indicatori che rilevano da questo SP, si può o non si può ricevere del credito dalle banche. Svolgiamo ora la prima analisi per indici. Struttura patrimoniale e finanziaria: analizza la struttura e la situazione. L’esempio è banale: studiando la Liguria, prima si studia la morfologia, confini, province, insenature etc. poi l’aspetto situazionale, cioè quello che mette in evidenza gli aspetti evolutivi, quali la popolazione, il tasso di anzianità, il reddito medio pro-capite, etc.

F + C = Attivo = N + π + p = Passivo

K = totale attivo = totale passivo Allora si divide tutto per K, ottenendo 5 indicatori che esprimono in forma relativa e non assoluta tali indici

(non si può confrontare il reddito del fruttivendolo con quello della FIAT): equazione patrimoniale: F/K + C/K = N/K + π/K + p/K = 1 (100%)

Questo metodo analizza: 1) caratteristiche di elasticità degli investimenti:

a. il peso delle immobilizzazioni b. il peso dell’attivo circolante

In ogni caso: F/K + C/K = 1 (100%) Un’azienda rigida è un’azienda che incontra più difficoltà in una riconversione. Se F/K > C/K: rigidità: molte immobilizzazioni: 1. Se F/K < C/K: flessibilità = rapporto 0. DOMINIO [0,1] Non esiste un valore ottimale. Ogni azienda ha propria visibilità, anche se chiaramente in un contesto molto variabile la rigidità è vista come un difetto. Un’acciaieria è per sua natura più rigida di un’azienda di servizi.

2) elasticità dei finanziamenti: a. capitale proprio b. passivo consolidato c. passivo corrente

L’azienda è tanto più in buona salute quanto più essa è capitalizzata, cioè il peso di N/K è maggiore: finanziamento con mezzi propri, che implica minori costi di interesse, etc. L’azienda ha ancora ampi margini per ricorrere al credito. N/K + π/K + p/K = 1 (100%) Fonti consolidate / capitale di terzi rispetto al capitale proprio

3) solidità patrimoniale: vedi grafico pag. 8 o Relazioni intercorrenti tra il capitale proprio e il capitale sociale; in particolare: N/n (da –∞ a +∞) o Relazioni intercorrenti tra il capitale proprio e il capitale di debito; in particolare: N/K ≤ 1

Le riserve, a seconda di quali sono, rappresentano liquidità o meno, quindi il primo indicatore può anche essere costituito da riserve non di utili e non dimostrare liquidità. Se vi è una forte distribuzione di utili può salire molto e scendere molto. È fisiologicamente = 1 all’ inizio della vita d’ impresa. Aumento di capitale sociale fa variare molto fortemente l’ indicatore. Insomma, bisogna valutare ogni singola situazione, non si può leggere l’ indicatore in senso assoluto e va interpretato. Se il secondo indicatore fosse pari a 0 tutto il capitale sociale sarebbe capitale di debito quindi è indice di poca solidità, perché sarà difficile ottenere nuovo credito.

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La struttura patrimoniale e finanziaria e la situazione finanziaria: • La struttura finanziaria concerne la composizione del capitale (attività e passività) e la correlazione che si

instaura tra impieghi e fonti in un determinato momento (secondariamente). • La situazione finanziaria è riferita ad un periodo futuro e riguarda le relazioni che si instaurano tra impieghi e

fonti in un determinato periodo. La struttura patrimoniale e finanziaria e la situazione finanziaria (2):

• La struttura patrimoniale riguarda la composizione soltanto del capitale e le armoniche relazioni che si instaurano tra il patrimonio netto e le altre componenti fondamentali del capitale.

Gli indicatori non sono sempre indici ma talvolta anche dei margini, cioè dei confronti tra poste aventi segno opposto: Margini Indice

Margine di struttura N – F Indice di copertura delle immobilizzazioni

N/F

Margine di tesoreria (L + l) – p Indice di liquidità (L + l)/p CCN (o margine di struttura secondario)

C – p = (L + l + D) – p Indice di disponibilità C/p = (L + l + D)/p

Sono i 6 indicatori fondamentali della situazione aziendale. Se il CCN è negativo è indice di tensione dal punto di vista dal punto delle scadenze: ho acquistato delle immobilizzazioni utilizzando non solo fonti a lungo termine, quindi si potrebbe esser costretti a disinvestire parte di F. Se C = p si potrebbe pensare che la situazione sia stabile o solida o equa, ma bisogna comunque star attenti perché C è composto da rimanenze, crediti e liquidità, quindi non è detto che il credito riesca ad essere incassato immediatamente, idem per le rimanenze (anzi peggio perché bisogna trasformare le materie prime in prodotti, venderli, registrare il credito ed esser pagato). C dovrebbe quindi esser un po’ più grande di P, perché esistono elementi che per trasformarsi in liquidità hanno dei tempi tecnici. Nota: in questo momento il Lanters, il Mora ed io abbiamo voglia di caffé. Gli analisti ricercano i valori ottimali degli indicatori (ma tali range sono spiegazioni che nascono da analisi empiriche):

• l’ indice di liquidità dovrebbe essere ≥ 1. • L’ indice di disponibilità dovrebbe essere ≥ 2, perché contiene anche le rimanenze. • I due indicatori devono essere valutati contemporaneamente e consentono la formulazione di giudizi sulla

situazione di liquidità dell’ impresa. Queste regole però sono un po’ assurde, perché non prevedono economie di just in time. L’ importante è seguire gli indicatori nel complesso. L’ indice di liquidità:

• esprime il complesso di attività liquide che sono destinate a soddisfare impegni legati al passivo corrente. • La variabilità del quoziente (ottimale = 1) dipende da:

o Liquidità del capitale investito (l + L)/K o Rigidità delle fonti di finanziamento K/p (infatti se li moltiplichiamo le “K” si semplificano)

Studiando l’ indicatore di elasticità (C/K) troviamo il particolare indice di composizione dell’attivo, che esprime la forma liquida della “super-elasticità” degli investimenti, ossia il grado di liquidità del capitale investito, che si riflette sulle problematiche di “ liquidità spicciola” . E qui la classe si è addormentata (fortunatamente il prof. lo ha ammesso), stasera c’è il turno infrasettimanale della Juve e domani Roma-Inter. Indici di rotazione del capitale:

• il principale indicatore esprime il tasso di rotazione degli investimenti, vale a dire il ricavo medio per unità di investimento, ossia il numero di volte in cui il capitale mediamente ruota, in un periodo considerato, per mezzo delle vendite.

• La sua formazione è la seguente: R/K ossia la sommatoria dei prezzi moltiplicati per le quantità sul capitale investito, insomma Ricavi fratto capitale totale: Σ(p * q)/K: esprime un numero. Dà un’ idea di “evoluzione” .

È un indice innovativo, in quanto non statico ma dinamico: dice intuitivamente quante volte il capitale investito si è ripresentato sotto forma di ricavi. È chiaro che più alto è meglio è. In altre parole se l’ indicatore è = 5 significa che ho investito 1 e venduto 5. Mette in evidenzia il sovra/sottodimensionamento degli investimenti sui ricavi. Valgono le solite indicazioni: è chiaro che all’ inizio della vita aziendale è fisiologicamente basso etc. Nel contesto economico attuale, caratterizzato da enormi turbolenze e necessità di innovazione, un’azienda con indici bassi incontra difficoltà di conversione. I l cr iter io della omogeneità: non significa utilizzare stessa unità di misura, ma concetti gestionalmente omogenei. In altre parole, quando si costruisce un indicatore (possono costruirsene ex novo), bisogna sempre chiedersi se esiste omogeneità: non è detto che tutto K sia destinato a produrre ricavi o concretizzare il processo produttivo. Esempio: se mi compro la villetta a Portofino e la metto tra le immobilizzazioni per scaricarmela dalle tasse, chiaramente essa non contribuisce alla creazione di ricavi. Se esistono partecipazioni nella voce dell’attivo, per un mero fine speculativo, questa parte di K non produce Ricavi prettamente operativi. Insomma: se R contiene soltanto il numero dei prodotti per le quantità vendute, allora bisogna scorporare dai ricavi le partecipazioni speculative. Questo per dire che più o meno ognuno può comunicare quel che vuole solo analizzando i dati se essi non vengono criticati.

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Lezione del 25 Settembre 2006 Analizzeremo sostanzialmente due modelli:

1) il modello del bilancio: sottostima i valori dell’attivo e sovrastima il passivo per il principio della prudenza, generalmente.

2) il modello della creazione del valore: più evoluto, tiene conto anche del know-how etc. Riclassificazione del conto economico: modello a valore aggiunto (lo r ivedremo) Valore della produzione - Costi esterni della produzione Valore aggiunto lordo Ammortamenti Valore aggiunto netto - Costo del lavoro Reddito/Perdita operativa +/- Saldo della gestione atipica +/- Saldo della gestione finanziaria Utile/Perdita corrente +/- Saldo della gestione straordinaria Utile ante imposte Esistono 3 tipi di analisi:

• strutturali • per indici • per flussi: “come cambia un fondo da un tempo t1 a un tempo t2” : bisogna ricercare i motivi per i quali i flussi

vengono modificati. Gli IAS cercano di allegare al bilancio una spiegazione delle particolari modifiche dei flussi: il rendiconto finanziario.

I l ciclo monetar io (vedi slide 49): il calcolo dà come risultato un numero di giorni (vanno interpretati) • è un coordinato insieme di indici che si utilizza per misurare il periodo di tempo intercorrente tra l’uscita

monetaria collegata all’acquisizione di fattori produttivi e l’entrata monetaria relativa alle vendite dei prodotti o delle prestazioni.

• Consente di valutare eventuali crisi o tensioni di liquidità dovute a sfasamenti tra il periodo degli incassi e quello dei pagamenti.

Quanto tempo passa dal momento in cui io pago al momento in cui io incasso? È chiaro che più lungo è questo periodo peggio è. Questo genera grandi tensioni di liquidità, non perché le cose vadano male, ma perché non riesco a stringere questo percorso; si è quindi costretti a ricorrere al finanziamento bancario che richiede costi ingenti. Più tardi pago quello che compro, meglio è; prima vengo pagato meglio è: ma dipende dal potere contrattuale perché, di solito, se io miglioro il mio ciclo monetario peggioro quello del mio fornitore o del mio cliente. Bisogna anche tener conto dei costi per interesse sulle dilazioni di pagamento. Le aziende che non hanno tensioni di liquidità sono le assicurazioni: prima incassa il premio e poi forse pagherà. Spesso anche la grande distribuzione incassa cash e paga dopo. INDICATORI che formano il ciclo monetario (i primi 4 è bene che abbiano valori bassi): + Giacenza media materie prime = (R1 + R2)/2/consumi * 365

(R1 = materie iniziali; R2 = materie finali) + giacenza media dei prodotti finiti = (R1+R2)/2/Costi della produzione * 365

È simile al 1° indicatore, anziché il processo di acquisizione analizza quello di produzione. + periodo di produzione (semilavorati ecc.) = (R1+R2)/2/Costi della produzione * 365 + periodo di giacenza media crediti v/clienti = Crediti v/clienti/Ricavi delle vendite * 365

I crediti ed i ricavi sono già disomogenei in partenza a causa dell’ IVA, quindi andrebbero omogeneizzati. - periodo di giacenza media debiti v/fornitori = Debiti v/fornitori/Acquisti * 365 È l’unico che è un bene che abbia un valore alto, quindi ha segno “–“. Lezione pomer idiana La solidità aziendale (da non confondere con quella patrimoniale) dipende dalla correlazione tra la struttura degli investimenti e dei finanziamenti (acquisti e vendite ≈ debiti l/t): riguarda la dipendenza dai finanziatori e misura il rischio finanziario.

• F/K+C/K=1 Più è vicino ad 1 il primo rapporto e più sono rigidi gli investimenti → Fisso alto • (N+π)/K+(p/K)=1 Più è vicino ad 1 il primo rapporto e minore è il rischio di richieste di rimborso → ben

capitalizzato • (N+ π)/F >,<, =1 Più è alto l’ indice più è favorevole il giudizio sulla solidità → riesco a coprire le

immobilizzazioni fisse • N/K: potrebbe esser = 1 per le aziende con capitale proprio, potrebbe essere 0 nelle aziende con capitali di

terzi. È stato dimostrato empiricamente che: o >0,66 possibilità di sviluppo → poco indebitamento o tra 0,55 e 0,66 equilibrio strutturale o tra 0,33 e 0,55 struttura finanziaria da controllare: c’è già stato parecchio ricorso al debito o <0,33 struttura finanziaria pesante → tanto indebitamento

La relazione tra N, p e π mette in relazione il capitale proprio e di terzi risultante dal passivo di bilancio (vedi slide 44). N/n più alto è meglio è: indica che ci sono tante riserve. È un’azienda in grado di auto-finanziarsi.

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La liquidità (slide 45) Possono esistere problemi di liquidità e si può esser costretti a svendere qualcosa per farvi fronte (e ne risente il processo produttivo) o a richiedere un prestito che costa. Bisogna capire la natura dei flussi di cassa: è chiaro che un flusso di cassa molto alto non può esser giudicato positivo tout cour: se svendo impianti non è una cosa positiva. L’ indicatore più importante che dovrebbe esser > 1 è: (Li + Ld)/p. Quozienti operativi (slide 46): R/K = più è alto meglio è: indice di rotazione. Gli altri indici mettono in evidenza porzioni distinte del capitale investito a seconda dei casi, per poter monitorare un certo fenomeno. Scomponendo K gli indicatori sono quasi infiniti. Il conto economico (slide non presenti sui lucidi): 2425 c.c.: a sessioni sovrapposte ed a valore della produzione

a) valore della produzione b) costi della produzione a – b) Differenza tra valore e costi della produzione c) proventi ed oneri finanziari d) rettifiche di valore di attività finanziarie e) proventi ed oneri straordinari Reddito ante-imposte.

Purtroppo è una commistione di elementi eterogenei, quindi non piace molto agli analisti finanziari. Dentro a-b esistono anche elementi di natura non caratteristica, infatti non si chiama “reddito operativo” : per esempio le plus o minusvalenze ordinarie o straordinarie. Per il legislatore la straordinarietà non attiene all’eccezionalità con la quale si sviluppa l’evento ma all’estraneità della fonte che genera il provento. Esempio: è straordinaria la vendita di un immobile civile che non rientra nella produzione. Questo fa sì che talvolta si trovino plus o minusvalenze da traslare in ambito di controllo. Un componente tipicamente da inserire in a5) sono i fitti attivi, anche se non sono caratteristici: se affitto la villa in Costa Smeralda. Depurando a) e b) dai valori non caratteristici si inizia a costruire un CE quasi sicuramente caratteristico (ragionamento inverso per i punti c,d,e che possono esser invece considerati caratteristici). Insomma per il legislatore e per il controller i bilanci hanno valenze diverse. È necessaria una riclassificazione del CE, che di solito avviene in due fasi distinte:

1) lo spostamento dei costi e dei ricavi effettivamente caratteristici/non, in modo da creare il corretto risultato operativo: il risultato che si avrebbe se non ci fossero componenti finanziari atipici o straordinari

a. suddivisione in componenti finanziari, atipici e straordinari 2) a seconda di come decido di suddividere costi e ricavi si può arrivare a 2 classificazioni diverse di CE:

a. a costo del venduto (poco importante per le aziende di servizi, le riclassificazioni vanno contestualizzate)

b. a valore aggiunto Riclassificazione a costo del venduto (è una sorta di “stratificazione”): Dal reddito operativo in poi è uguale a tutte le altre classificazioni (si sommano o sottraggono i proventi o gli oneri atipici, finanziari e straordinari per avere il reddito ante-imposte). Quel che cambia è il modo con il quale si decide di combinare tra loro i costi ed i ricavi caratteristici che sono suddivisi per funzione di appartenenza:

Ricavi netti delle vendite - costi industriali/“costo del venduto” : direttamente attinenti al processo produttivo: rettificati delle rimanenze = Utile industriale - costi amministrativi - costi commerciali = Reddito operativo

Di solito le grandi aziende compilano allegato al bilancio anche questa riclassificazione. Spesso si procede a riclassificare con delle percentuali fisse “di comodo” . Riclassificazione a valore aggiunto: si distinguono i costi interni ed esterni (cioè quelli che mettono in comunicazione oppure no l’ impresa con l’esterno; esempio: acquisti son esterni, il personale son interni).

Valore della produzione (il punto “a)” del CE originario) - acquisti ed altre spese (esempio: i costi di trasporto) = valore aggiunto (alto valore aggiunto: la moda, la swatch etc.: il prezzo finale è molto > dei costi delle MP;

spesso dipende dalla pubblicità…genera vantaggio economico) - spese per il personale = MOL (margine operativo lordo) - ammortamenti = reddito operativo

La redditività operativa è l’attitudine dell’ impresa a remunerare in modo congruo gli investimenti utilizzati operativamente nell’ impresa e al servizio della gestione caratteristica. È misurata dal ROI = Ro/Ko. Ma bisogna capire da cosa scaturisce il reddito: ad esempio, non è bene che un’ impresa faccia reddito per la vendita di impianti o per un’eredità...Le nostre riclassificazioni sono incentrate, infatti, sulla determinazione del reddito operativo, come abbiamo visto, cioè la provenienze del reddito deve essere relativa proprio al reddito operativo e non a fattori straordinari, atipici o fin. La redditività netta è quindi diversa da quella operativa!

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Il ROI va confrontato con il settore, tecnicamente non esiste un valore ottimale; esempio: 0,09 potrebbe esser un buon investimento. La redditività globale o netta, invece, esprime il tasso di redditività del capitale proprio ossia la remunerazione del capitale di pieno rischio. E' rappresentata dal ROE (return on equity). Dipende da numerosi fattori, infatti: ROE = Rn/N = Ro/K * K/N * Rn/Ro Il segno algebrico dipende dall’andamento economico (prescindendo da deficit patrimoniale). Bisogna trovare una redditività che managerialmente sia soddisfacente: deve almeno esser > del rendimento dei titoli privi di rischio ovviamente. Quindi quando si parla di redditività aziendale bisogna sempre chiedersi se si parla di quella netta o di quella operativa. Lezione del 26/09/2006 La percentualizzazione del CE è una delle modalità più utilizzate per l’analisi di bilancio, di solito si percentualizza in base al valore della produzione. Rn è il tasso di remunerazione del capitale proprio (è utile che sia alto per attirare nuovi capitali). Bisogna anche rapportare il rischio alla remunerazione (più sale il rischio più la remunerazione dev’esser alta). È chiaro che se si sottraggono le riserve da N, il ROE sale perché scende il denominatore, quindi bisogna domandarsi sempre come è costruito l’ indicatore. Vige anche qui sempre il criterio dell’omogeneità tra denominatore e numeratore. Concettualmente la formula del ROE implica che esso dipenda innanzitutto dal ROI (cioè dalla redditività operativa): un aumento del ROI dovrebbe tradursi in un aumento del ROE. Il ROE dipende da K/N (avevamo già visto questo rapporto invertito: N/K: l’ indicatore dell’ indipendenza finanziaria dell’azienda): tale indicatore esprime il leverage (o leva finanziar ia). Indica qual è l’ incidenza della gestione caratteristica su quella extracaratteristica. È un paradosso: pare che più ci si indebita più aumenta la redditività. Questo in parte è vero: anche banalmente, si pensi che, indipendentemente dai problemi di deducibilità fiscale, esista un’azienda con un rendimento alto (30%) e si sia certi di poterlo conseguire ancora. A questo punto, se siamo sicuri del potere di mercato, andiamo in banca e prendiamo a prestito (100) ad un tasso inferiore di quello del rendimento (10%). Da un punto di vista teorico, se fossimo certi che la redditività operativa sia superiore al tasso da pagare alla banca, saremmo indotti ad indebitarci all’ infinito. Ma gli oneri finanziari aumentano (es.: dal 10% al 15%) se ci si indebita all’ infinito. Se la redditività operativa è maggiore del tasso di interesse, il ROE sale, questo è certo. La redditività operativa non è altro che una porzione della redditività netta, anzi è una determinante. È data da Ro/Ko = ROI. Non è detto che Ko = K. Quindi anche l’ indicatore di indebitamento va diviso in gestione caratteristica oppure complessiva. Anche il ROI è scomponibile come il ROE, però tale scomposizione è più immediata e semplice: nel prodotto di due fattori: Ro/Ko = Ro/V * V/Ko = ROS (return on sales) * la velocità di circolazione del capitale (VCC) Ricordiamo che il ROS è in %, mentre la velocità è un numero che esprime i giorni. Dipende da:

• condizioni di attività aziendale che attengono il "che cosa" e il "quanto" produrre • condizioni di efficienza che riguardano il "come" produrre il cosa e il quanto stabiliti in precedenza • condizioni di elasticità dell'impresa

Quale “manovra” , non a livello aziendale, posso fare per alzare il ROI? • riduzione dei costi: razionalizzazione • aumenti dei ricavi • Le porzioni razionalizzabili senza modificare l’ambito operativo sono le rimanenze, per ottenere un aumento di

redditività operativa: just in time (senza arrecare pregiudizio alla produzione). Lezione del 2/10/6 Esercitazione 1.Riclassificazione a ricavi di vendita e costo del venduto DOMANI LEZIONE 8:45 Immobilizzazioni: 6.765.400 Attivo circolante: 5.253.500 (CONTROLLARE)

N = 6.842.300 π = 1.922.000 p = 3.254.200

Se esiste TFR da liquidare perché qualcuno va in pensione allora va considerato a breve. CE: si dividono costi caratteristici in industriali, amministrativi e commerciali (60, 20, 20%) Si parte dalla voce A1), le altre voci in fondo sono A2,3,4. La voce A5 è in parte assimilabile a ricavi in parte extracaratteristica. RICAVI di vendita:

A1) + la porzione di ricavi pescata dalla voce A5 e considerati caratteristici (tolgo fitti attivi) = 11.169.100 - costi industriali: 5.861.920 = 5.307.180 - costi amministrativi: 2.89.640 - costi commerciali: idem = 1.127.900 è diverso dal CE originario perché abbiamo trasferito i fitti attivi nella gestione extracaratteristica. +/- gestione finanziaria: -186.600 (cioè interessi passivi superano gli attivi) +/- gestione straordinaria: 13.000 = risultato ante-imposte: 959.300 - imposte: 510.000 = 449.300 GIUSTO!

La voce debiti verso banche ha una porzione a lungo ed una a breve, per questo esistono 2 voci uguali.

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CE a valore della produzione e valore aggiunto Valore produzione caratteristico: A – fitti attivi = 11.559.100

- B) costi esterni: acquisti, eventuali (no ammortamenti no personale no accantonamenti): 6.584.700 A – B = 4.974.400 - costo del lavoro: 2.281.500 MOL = 2.122.900 GIUSTO! - amm.ti e acc.ti: 995.00 = reddito operativo: 1.127.900 infatti è lo stesso dell’altra ri-classificazione.

Esercitazione 2 F = 27.000 C = 18.000 K = 45.000

N = patrimonio netto = capitale proprio = 15.000 Π = 17.000 p = 13.000 K = 45.000

• Indici del capitale immobilizzato = F/K = 27/45 = 60% (tipico per un’azienda di produzione non flessibile) • Peso del capitale circolante = C/K = 18/45 = 40% • Grado di liquidità = (immediate + differite) / K * 100 = 34,46% • Grado di invecchiamento = imm.lorde/nette = (24+9,3)/24 = 1,39 o 39% • Indici di composizione delle fonti:

o Peso del capitale proprio = N/K = 33,33 o Delle passività consolidate = Π/K = 37,78 o Delle correnti = p/K = 28,89 le scadenze paiono abbastanza ben correlate, anche se è abbastanza

indebitata. Se ci si indebita perché non si gode più della fiducia necessaria per ottenere nuovo patrimonio netto si parla di indebitamento SUBìTO.

• Solidità patrimoniale: o N/K = 0,33 o N/(Π+p) = 0,5 o N/n = Capitale proprio / sociale = 15/5 = 3: di solito un’azienda appena nata ha poche riserve.

Possono esistere riserve di natura monetaria o fiscale, che non sono sintomo di solidità in realtà. I modelli econometrici studiano l’ indicatore in questo modo:

N/n I crolli sono dovuti ad aumenti di capitale sociale

1 t I software permettono di calcolare in tempi rapidissimi centinaia di indicatori. Diffidate sempre da giudizi prestampati.

• Aspetto Finanziario, perché Finanziario Giovanni è sempre in ritardo ☺: o Margini:

1 C-p = 18-13 = 5.000 = CCN è fondamentale che sia positivo! (non confondere col ∆CCN) a) Oppure: Capitale permanente (netto + consolidate) – immob.nette = 15+17 – 27 =

5.000. Dà un’ idea della sincronizzazione delle scadenze. 2 Di struttura: N – F = - 12.000 3 Di tesoreria: Ld + Li – P = 13.650+1.850-13.000 = 2.500 Nota: no rimanenze

o Indici (corrispondono ai margini ma “sono divisioni anziché sottrazioni” ): 1 Indice di disponibilità C/P = 1,38, dovrebbe esser >2 2 Autocopertura del capitale fisso: N/F = 0,56: è normale che in un’azienda di produzione non

superi 1, perché ha molte immobilizzazioni. 3 Liquidità: (Ld + Li) / P = 1,19 deve esser >1 e lo è: con i crediti riesco a pagare tutte le

passività a breve, quindi il giudizio non è negativo, in linea di massima. 4 Liquidità secca: Li (cassa, banca, assegni, titoli)/p = 1.850/13.000 = 0,14: è fisiologicamente

posizionato su valori bassi, altrimenti tratterrei liquidità che invece andrebbe investita. 5 Copertura delle immobilizzazioni: (capitale proprio + passività consolidate) / imm.nette =

(N+π)/F = (15 + 17) / 27 = 1,19: è il capitale circolante netto studiato in forma esogena rapportato in forma relativa.

Situazione: peggioramento rimborsi, autocopertura negativa, coperture positive, sincronia delle scadenze. o indici di ciclo finanziario:

1 indice di rotazione del capitale finanziario: vendite / capitale investimento: nota bene: abbiamo riclassificato: ricavi (A1) + altri proventi (A5) – fitti attivi: per ogni euro riesco ad ottenerne 3,14. Oppure 3,08 senza riclassificazione. Se utilizzassimo il valore della produzione il risultato sarebbe differente: il discorso sarebbe “più economico” : ci sarebbe la

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produzione ma non il venduto, quindi non rispecchia ciò che è più liquido, se le vendite non sono immediate. È calcolabile anche in molti altri modi! Gli altri indici son – importanti.

o Ciclo monetario (capire più che calcolare, gestire tensioni di liquidità): a) Periodo di giacenza delle MP = RI + RF /2 / consumi di M * 365 = [(500+200)/2]/67.150 (la

voce B6 del CE)+200-500 = 1,9: questo implica che le giacenze durano mediamente 2 gg. in azienda, cioè poco: strategie di just in time. Più è grande questo valore peggio è.

b) Periodo di giacenza dei debiti v/forn = fornitori / acquisti = si può calcolare in un sacco di modi: (SP: D6B+D7B)/(CE: B6+B7): ricordiamo ancora che, nonostante si ricerchi a tutti i costi l’omogeneità tale indicatore è già disomogeneo a causa dell’ IVA (che andrebbe scorporata) = 38,8 oppure 28,45 oppure (come calcolato l’anno scorso) 33,38.

c) Giacenza dei semilavorati o periodo di produzione: funziona come il punto a) ma usando le rimanenze di semi-lavorati = 1,57; questo usando il costo del venduto (81.710), mentre prendendo il totale dei costi verrebbe 0,94.

d) Periodo di giacenza medio dei prodotti finiti = 4,14 oppure 6,92 e) Periodo di giacenza media dei crediti = 7.500/138.700 * 365 = 19,74

È abbastanza facile che esistano molti cicli monetari differenti: l’anno scorso veniva +3,25 quest’anno correggendo l’esercizio in classe viene -12,14. Insomma, ognuno usa i dati che vuole, l’ importante è saperlo spiegare. In linea di massima: non si hanno rimanenze, si ha un periodo di pagamento piuttosto lungo rispetto al periodo di riscossione, quindi non è male. CE per analisi reddituali Vendite: 141.450 Costi industriali: 81.710 Costi amministrativi: 26.470 Costi commerciali: 26.470 Reddito o risultato operativo = A – B = 6.800 (ricordiamo che mancano i fitti attivi, che vanno nella gestione atipica)

- gestione atipica: 200 - gestione finanziaria: -3029 - straordinaria: 629 = Reddito ante imposte: 4.600 - imposte: - 1.600 Risultato finale = 3.000 • ROI: misura la redditività operativa = RO/KO = 6.800 = (A – B)/capitale investito nella gestione caratteristica

= 6.800/(45.000-1.500 di immobili civili) = 15,63 • ROS = return on sales = redditività delle vendite = è uno dei fattori che produce il ROI = RO/V = 4,81 è molto

basso! Vendere 100 euro per guadagnarne circa 5 implica forse troppi costi. Bisogna stare attenti: l’ indicatore successivo è il ROT, cioè il tasso di rotazione del capitale investito nella gestione caratteristica V/KO: questo implica che come K devo inserire lo stesso KO di cui sopra! Devo anche scegliere lo stesso V! Sono di fronte a 2 scelte: inserire il 138.700 utilizzato per l’analisi finanziaria oppure il 141.450 individuato nel CE riclassificato. La cosa fondamentale è la coerenza, insomma: usare gli stessi numeri.

• ROT = 3,25 NOTA BENE: ROT * ROS = ROI! Ecco perché bisogna utilizzare valori omogenei (avevamo già visto questa formula). Se volessimo aumentare il ROI, potremmo provare ad aumentare le vendite: si potrebbe tentare una politica di…? La redditività non è collegata direttamente alle vendite, perché nella formula esse sono sia al numeratore sia al denominatore. Quindi potrebbe generarsi un fenomeno paradossale: per tentare di vendere di più possiamo aumentare i costi (es. pubblicità) o diminuire i prezzi. La cosa sicuramente sempre positiva è la razionalizzazione dei costi. In alternativa diminuire il capitale investito. Nota però: il magazzino in quest’azienda è già ridotto all’osso, quindi ridurre il capitale è difficile, l’unica è ridurre i costi!

• ROE: misura la redditività netta = Rn / N = 3.000 /patrimonio netto = 20%. Non sapendo se il reddito netto verrà capitalizzato o meno, potrei sottrarlo e aumenterei il ROE del 5%. Quindi potrei dire che il ROE è 20% come il 25% o anche di più se tolgo anche le riserve; insomma, gioco coi valori, non dicendo falsità, ti potrei far credere qualsiasi cosa…

• i = oneri finanziari = il paradosso era “più mi indebito meglio è”…in realtà mi posso indebitare finchè i < ROI. = of / (π+p) = 3.005/30.000 ≈ 10%. Non è veritiero: dentro il denominatore ci sono sia debiti a breve e debiti a lungo, che in realtà costano diversamente. Esempio: i debiti verso fornitori che sono in p non danno nemmeno origine ad interessi passivi. E comprende anche i debiti per TFR, che trattiene liquidità ed è positivo per l’azienda. Il capitale chiesto a prestito, quindi, costa addirittura di più! Allora calcolo:

• i’ = of / (π+p)* = inserisco solo quelle porzioni di (π+p) che ritengo onerose. Per esempio, se togliamo il fondo TFR = 3.005 / 25.700 = 11,7%. Non è detto che tutti i debiti a breve non generino interessi negativi. Il vero costo del denaro dell’azienda, quindi è questo secondo indicatore (i’ ). i ci servirà successivamente. In America il fondo FTR non esiste, quindi “ i” ha più senso nei paesi anglosassoni.

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Scomposizione del ROE per omogeneità ROE = RO/KO * KO/N * Rn/RO = 15,63 * 2,9 * 0,44: l’effetto positivo è dato dall’ indicatore di struttura (il secondo fattore moltiplicativo) mentre il peso negativo è dato dalla gestione extracaratteristica (il 3°). È positiva la situazione? Non si sa bene, ma è abbastanza fisiologico che il ROE > ROI, ed i due effetti appena descritti. Infatti basti pensare anche soltanto al prelievo tributario: il Rn, reddito netto, è sempre dimezzato dalle imposte! Lezione del 3 Ottobre 2006 (ore 8:45 CHE SONNO!) La leva finanziar ia (1):

• la redditività netta (ROE) dipende anche dalla composizione delle fonti di finanziamento, in particolare si può notare che in determinate circostanze (ROI > i) è possibile provocare aumenti di ROE semplicemente incrementando il capitale di debito (a parità di tutte le altre condizioni).

• La formulazione matematica (da studiare a memoria) è: ROE = [ROI + (ROI – i) * (p + π) / N] * (1 – t) o (1 – t) è il coefficiente di prelievo tributario, cioè il rapporto tra le imposte ed il reddito ante-imposte.

È “ il solito paradosso” : più mi indebito più guadagno e posso farlo all’ infinito (finché alla fine le condizioni non cambiano: questo è ciò che è successo dopo lo shock degli anni ’70: precedentemente le aziende avevano capito questo meccanismo fino a quando le variabili non sono cambiate sino ad innestare cicli finanziari nefasti).

• l’aumento del numeratore del rapporto (p + π) / N provoca una modificazione nella redditività netta che assume segno positivo o negativo a seconda che ROI > i o viceversa.

• L’attuazione di una politica di “ leverage” presuppone una particolare capacità di previsione delle variabili economiche ROI ed i.

• Esistono comunque limiti “ fisiologici” all’applicazione. Vediamo un esempio: SP N = 500 Debiti = 500 K = 1000 CE Reddito operativo = 200 - oneri finanziari = 50 = reddito netto = 150 ROI = 20%; i = 10%; ROE = 30% Si può convenire che un aumento degli investimenti di 100 ottenuto ricorrendo all’ indebitamento, provoca un aumento della redditività netta al 32% (a parità di ROI ed i). Sono nella condizione di poter aumentare il debito, perché ROI > i. A questo punto la situazione cambia: K = 1100 Debiti = 600 (aumenta di 100) Reddito = 220 - oneri finanziari = 60 = 160 Il ROI è sempre il 20%, ma sale il reddito operativo, grazie ai nuovi investimenti finanziati col debito. 30 20 10 t Sembrerebbe crearsi una funzione monotona crescente che varia al variare dell’ indebitamento. Ma il meccanismo della leva finanziaria non può esser usato all’ infinito:

• La banca vede aumentare il rischio nel prestar denaro all’ impresa che si indebita! Aumenta di conseguenza i fino a quando diventa = ROI.

• Problemi di restituzione del capitale e di garanzie • L’azionista, una volta che l’ impresa attua una politica di indebitamento, se capisce che l’aumento di redditività

è indotto dal maggior rischio, inizia a chiedere maggiori dividendi, tale da erodere completamente l’effetto leva.

(Si veda slide pag. 68) Esistono 3 ipotesi: 1) è bene applicare il meccanismo della leva finanziaria: RO = 200; Of = 50; Rn = 150; ROI (20%) > i (30%). 2) Situazione particolare di indifferenza teorica: RO = 100; Of = 50; Rn = 50; ROI = i: è “ teorica” perché

aumentare l’ indebitamento per ottenere poco cambia poco. 3) È male applicare la leva: ROI = 15%; i = 20%.

Nella slide successiva notiamo che, infatti, all’aumentare dell’ indebitamento, nel 1° caso il ROE sale del 2% (NOTA: NON CAMBIANO ROI ed i, come nell’ ipotesi di fondo). Nel 2° resta tutto invariato, nel 3° ROE ↓ 1%. Tutto il meccanismo funziona a parità di ROI ed i. L’unico indicatore che cambia è il ROE = [20 + (20 – 10) * 600/500]

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Inizialmente questo modello era stato molto contestato, perché non si era tenuto conto delle imposte, del problema tributario e delle poste atipiche, straordinarie etc. Il ROE scende parecchio applicando (1 – 0,4) (cioè il 40% di carico tributario), sino al 18%. (1 – t) è il coefficiente di defiscalizzazione, che riduce l’ incremento di redditività operativa. Quale effetto si ottiene applicando la politica precedente? ROE = [ROI+(ROI-i)*(p+π)/N]*(1-t) ossia: [20+(20-10)*(600/500)]*(1-0,4)=19,2% Comunque il meccanismo funziona, sebbene venga attenuato. Questo giochino ha un ulteriore effetto positivo in azienda: è il c.d. “meccanismo paratasse” . Nella nostra legislazione fiscale, gli interessi passivi sono deducibili, quindi riducono un componente negativo di reddito quali le imposte. L’azienda predilige per questo motivo il maggior debito che dà origine a costi parzialmente detraibili, mentre il costo del patrimonio (cioè il dividendo che pago all’azionista) ha un costo largamente superiore. Per tutti questi motivi, il ricorso all’ indebitamento è stato massiccio in Italia: si dice che i veri proprietari dei capitali aziendali siano non le famiglie ma le banche. Negli USA questo meccanismo è molto meno applicato: la lobby bancaria ha meno potere. Lezione del 9 ottobre 2006 Il 24 ed il 25 non c’è lezione. Martedì 31 c’è il compitino. Il Lanters ci prova con la biondina qui davanti in una maniera nemmeno molto celata. La ragazza merita. Incrociamo le dita per lui. I l rendiconto finanziar io È il documento assai leggibile e fruibile, nel quale si mettono in evidenza i processi di formazione di un determinato fondo di liquidità. È a tutti gli effetti un prospetto dove si evidenziano gli eventi che generano un certo flusso di un certo fondo di liquidità. È un prospetto allegato al bilancio d’esercizio: alcune aziende, quali quelle quotate, sono obbligate ad allegare tale documento. Gli IAS (International accounting standards), che informano il comportamento contabile degli esperti del settore, obbligano a loro volta le aziende a redigere il rendiconto, quelle che, sebbene non quotate, rientrano nell’area di consolidamento di un gruppo. I principi contabili nazionali (OIC) consigliano caldamente la redazione del corretto rendiconto finanziario. N.B.: parliamo di flussi di fondi finanziari, cioè di variazioni ∆ che intercorrono nel fondo da un tempo all’altro. Il problema è che esistono tanti fondi, non è un concetto univoco, quindi esistono infiniti rendiconti finanziari, questo genera difficoltà nella fase interpretativa. Definizione di r isorsa finanziar ia Sono considerate di solito 2 o 3 tipi di liquidità dinamiche: flusso di CCN, di liquidità etc.:

• Disponibilità liquide nette (al netto dei c/c bancari passivi) • Disponibilità liquide nette + titoli disponibili • Disponibilità liquide e differite nette • Disponibilità liquide e differite al netto delle passività correnti • Attivo circolante al netto dei soli c/c bancari passivi • Capitale circolante netto (Il flusso positivo di CCN è valore POTENZIALE)

Noi deriveremo dal flusso di CCN anche il flusso di liquidità. Agli esami è sempre richiesto quello di liquidità perché in questo momento è quello più richiesto dalle aziende. Mettiamo in evidenza la formazione progressiva del CCN:

Non è detto che una diminuzione di attivo fisso sia sempre una fonte di CCN. Se l’attivo fisso diminuisce è lecito pensare che lo si stia vendendo, quindi aumenta la cassa. Non è sempre così: non accade se un immobile brucia, o se c’è una permuta per un altro bene che non rappresenta CCN. Come faccio ad avere più attivo fisso senza avere variazioni di CCN? Con la rivalutazione. Non tutti gli eventi gestionali hanno un riscontro immediato sulla variazione finanziaria. Gli ammortamenti sono il tipico caso che finanziariamente non esiste: non sono costi finanziari. Tutte le volte in cui si rileva un costo o un ricavo non finanziario, quel costo o quel ricavo non produce variazioni di reddito spendibile e quindi di CCN. All’aumentare dei costi finanziari, aumenta il reddito spendibile. Esempio:

CE: 100 150 (100 acquisti, 150 vendite) 50

L’utile è 50 = reddito spendibile. Stesso esempio supponendo che esistano 20 ammortamento: CE:

100 150 (20 nelle vendite è costituito da ammortamenti) 50 (Altri costi - ricavi non finanziari: acc.to TFR - incrementi per lavori interni o vendita a lungo

etc.). Il reddito spendibile è 50 + 20 = 70! (come sostiene il Lanters in classe, avendo ragione). Alzando gli ammortamenti potrei mostrare una perdita, pur essendo finanziariamente in utile quindi!

Diminuzione attivo fisso: vendita immobilizzazioni Incremento di passività: richiesta mutuo Incremento di capitale sociale: richiesto finanziamento ai soci. NOTA: Il flusso di CCN e il reddito spendibile aumentano per effetto della gestione corrente, non se esiste un utile, ma quando i ricavi finanziari superano i costi finanziari. REDDITO SPENDIBILE: flusso di CCN generato solo dalla gestione corrente. SLIDE: 86

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Per transitare dal rendiconto (reddito spendibile) al cash flow globale (flusso gestione reddituale) basta aggiungere: • variazioni positive o negative di debiti e crediti • -incremento/+decremento di rimanenze

Sono nel reddito spendibile ma non devono essere nel cash flow operazionale (slide 87). Esempio: Costo = 1.000 (costo in dare, debiti in avere) Arriva il 31/12, il costo finisce insieme agli altri a determinare l’utile ed il debito insieme agli altri debiti e determina il capitale. Arrivo a calcolare il reddito spendibile. Lo ritrovo perché è un costo finanziario. Però vogliamo trovare il cash flow operazionale, non il reddito spendibile: esso è legato al concetto di fondo, non più CCN, ma liquidità, cioè cassa. Il cash flow non studia il CCN, ma il fondo liquido. Allora semplicemente per transitare dal reddito spendibile al cash flow, elimino o aggiungo quanto sopra indicato. Perché una variazione positiva dei debiti lo aumenta? È intuitivo: se, da un anno all’altro, i miei debiti sono aumentati, a parità di costi, vuol dire che ho trattenuto liquidità, non ho pagato: sono riuscito a comprare elementi produttivi avendo dilazioni di pagamento. È lo stesso discorso che abbiamo fatto parlando di ciclo monetario: è sempre meglio pagare tardi per evitare tensioni di liquidità. Stesso dicasi per le rimanenze: la diminuzione di rimanenze è vista con segno “+” , perché permette di incassare. Il Lanters si gira e chiede

il coffee. La genesi dei flussi finanziar i (fonti): • Gestione reddituale o corrente

a) reddito spendibile, b) reddito spendibile rettificato, ossa flusso di cassa della gestione reddituale o corrente

• Investimenti o disinvestimenti relativi ad attività non direttamente attinenti alla gestione reddituale • Acquisizioni o rimborsi di finanziamenti • Altre operazioni: operazioni sul capitale proprio e dividendi

La genesi degli impieghi finanziar i (impieghi): • Flusso di cassa per Investimenti

a) relativi ad impianti e macchinari b) partecipazioni

• Flusso di cassa per rimborsi di finanziamenti a) Rimborso di debiti finanziari a MLT b) Rimborso di capitale proprio

• Altre operazioni: Flusso di cassa per il pagamento di dividendi Gestione economica, CCN e flussi di cassa (slide 88): differenza tra utile, reddito spendibile e cash flow: possiamo notare che la variazione dei prodotti non ha contropartita di cassa, quindi costituisce parte del gap. NOTA: Il reddito spendibile è, quindi, un anello di congiunzione tra una grandezza economica (utile) ed una grandezza puramente finanziaria (cioè il cash flow). Lezione pomer idiana Abbiamo perso il Lanters, speriamo sia in fase baccaglio smodato, in zona d’approdo. No, la biondina è dietro, allora lo abbiamo solo perso. Sarà caduto in bagno. Eccolo che arriva in classe messaggiando selvaggiamente. Pare adirato per qualcosa.

Risolviamo la prova scr itta del 01.02.2005. (vedi file Rendiconto.xls) Partiamo dalla cosa più semplice: con la slide 87, leggiamo le note integrative. I brevetti industriali aumentano di 2000 nella variazione grezza. Allora inserisco 3000 negli impieghi. L’unico modo per far tornare i conti, cioè per sanare lo scollamento tra 3000 e 2000, è immaginare una diminuzione di 1000 di brevetti nelle fonti. Ma è specificato che non ci siano vendite, quindi l’unico modo è ipotizzare (come avviene di solito) un ammortamento in conto. Allora “asterischiamo” i 1000 di costo non finanziario! La “ formuletta” da applicare che funziona nella maggior parte dei casi è la seguente: funziona per le voci attive (vedi file FORMULE.doc). Prendo il saldo iniziale (10.000) e lo confronto con l’evento segnalato nelle note (acquisto brevetti): +evento 3.000 = saldo atteso = 13.000. Confronto il saldo atteso con quello effettivo (12.000), la differenza non può esser altro che 1000. Costo storico = 30.000 -ammortamento = 15.000 = valore contabile = 15.000 Valore di vendita = 16.000 => nelle fonti (comprensive di plusvalenza, asteriscata) = plusvalenza = 1.000 Applico ancora la formula di cui sopra…saldo iniziale (79.000) – vendita (30.000) = saldo atteso (49.000) – saldo effettivo (90.000) = - 41.000. Se non ci fossero altri problemi questo sarebbe l’ impiego. Le note dicono che c’è stata un’apposita riserva di rivalutazione, siccome non risulta la riserva di rivalutazione, guardo la riserva di capitali, che è aumentata di 5.000. Il vero impiego è al netto della rivalutazione: 36.000! (41-5). Eliminato impianto totalmente ammortizzato di 10.000, si realizza 500 a titolo di recupero materiali. Dal punto di vista finanziario i 500 sono una plusvalenza, da asteriscare. Saldo iniziale 120.000 – l’evento 10.000 = 110.000, confronto con 130.000 dell’x+1 trovo 20.000 => negli impieghi. Vediamo i fonti ammortamento: i terreni ricordiamo che non hanno mai ammortamento. Per quanto riguarda l’ammortamento fabbricati, possiamo fare così: nelle note troviamo che 6000 è stato imputato, allora metto 6000 nelle fonti, ma aggiungiamo un asterisco. E potremmo farla finita qui. Se vogliamo invece giustificare il 6000 ci domandiamo se abbiamo usato il

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bene che valeva 30.000 già ammortizzato per 15.000. Allora risultano le voci in rettifiche e variazione rett. (due voci che comunque ai fini dell’esame non servono a nulla, ma servono solo per capire meglio). Faccio la stessa identica cosa per il f.do impianti: 20.000 nelle fonti. Passiamo alle partecipazioni (imm.fin.) finanziarie: è lecito pensare che le partecipazioni siano 5000. Se le compro per 30.000 ma ne ho in più 5.000 ne dovrei trovare 35.000. Ma di quelle non tutte danno origine ad un’uscita di denaro, soltanto 30.000, allora inseriamo 30.000 negli impieghi. Ma mi sarei aspettato di mettere 35.000, allora per far tornare il 30.000 iniziale (dato dalla differenza tra 45 e 10). L’unico modo è ipotizzare una vendita di 5.000. Gli eventi, in pratica sono due: 30.000 di acquisto + un evento 5000 NFT (non-found-transation: non genera né fonti né impieghi, esattamente come la rivalutazione di immobili di prima) + saldo iniziale di 15.000 = 50.000 – 45.000 = 5.000. Le riserve di capitali ed il capitale sociale, infatti in questi casi, non danno origine a fonti o impieghi, perché non hanno natura finanziaria. Anche la riserva di utili non crea liquidità. Per l’utile tolgo la quota data agli azionisti (cioè l’utile dell’anno prima – la riserva: 2500 – 1000) = 1.500 Impieghi. L’utile dell’anno in corso invece lo metto tra le fonti per 3.000. Ma notiamo una cosa: avevamo asteriscato 1000 di terreni e fabbricati e 500 di impianti. Ma perché allora l’utile dell’anno x è impiego e l’utile dell’anno x+1 è fonte? Perché quello dell’anno x ha già avuto una destinazione! Mettiamo gli altri numeri e poi passiamo alla redazione del rendiconto finanziario. Lezione del 10 ottobre 2006: svolgiamo l’esercitazione del 10.01.2006 Stavolta il Lanters è rimasto nelle retrovie… I brevetti sono costi che diventano fonti perché non monetari. Poi calcolo l’ incremento di brevetti…solita formula. Terreno venduto con minusvalenze di 100: incasso 1400, tra le fonti, con asterisco di 100 per la minusvalenza. Poi calcolo gli impieghi con la solita formuletta. Ricordando che l’aumento di capitale sociale avviene per metà in contanti e per metà con apporto di terreno, allora l’ impiego appena trovato (3500) deve esser ancora diminuito di 500 perché non ho effettuato un acquisto per 3500, ma soltanto 3000, perché c’è stato l’apporto da detrarre dagli impieghi. Per ora non teniamo conto dell’ammortamento dei fabbricati. Ma passiamo al f.do ammortamento fabbr. che vede un incremento di 500: da mettere nelle fonti, senz’altro chiedersi. Nb.: se volessimo compilare la colonna delle rettifiche, dovremmo ricordare che non ha nessuna logica, serve soltanto a far tornare i conti: costo storico – valore realizzato – minor impiego (500 in questo caso). Ma quel che ci interessa sono soltanto le colonne delle fonti e degli impieghi. Anche per impianti e macchinari abbiamo un discorso analogo, con un aumento di 5000. Innanzitutto è chiaramente un aumento lordo o grezzo, perché si compone della somma algebrica di aumenti e diminuzioni. Tra le fonti metterei subito il ricavato della vendita: 2300. Poi cerco l’ impiego: il saldo iniziale è 20000, ho eliminato 3000 = 17000. Ma se il saldo finale è 25000 ottengo 8000 di impiego. Poi mi domando: ma tutti questi derivano da acquisti? È lecito pensare di sì, perché il testo non specifica altro. Le partecipazioni passano da 8000 a 7000, quindi diminuiscono di 1000. Il testo dice che sono state acquisite per 1000 => ho un impiego per 1000; è chiaro che se ho comprato partecipazioni per 1000 le partecipazioni non possono esser diminuite: manca un 2000 nelle fonti, ipotizzando che sia una vendita. Apriamo una parentesi:

1) perché complicarsi la vita se il testo non dice nulla di particolare? 2) Se ci fosse il CE in un bilancio reale, troveremmo una svalutazione, se esistesse. Questo implicherebbe però che nel reddito spendibile vi

sia un maggior costo non monetario! Poi c’è una sfilza di voci da materie prime in giù: voci che appartengono all’attivo circolante. Se c’è un aumento di attività va negli impieghi, se c’è una diminuzione va nelle fonti, se c’è un aumento di passività il contrario. Per esempio: le materie prime che aumentano sono degli impieghi: anziché venderle ed ottenere denaro ho capitale immobilizzato, quindi costituiscono impieghi. I crediti che diminuiscono invece significano che sono riuscito ad incassare: per la liquidità sono un fattore positivo: sono vendite che si traducono in cassa, quindi sono fonti. Idem dicasi per i debiti: sono contento se aumentano (a parità di costi), perché implicano che riesco a pagare più tardi => fonti. Per il fondo TFR trovo 300 da inserire tra le fonti, asterisco. Ma se abbiamo fonti per 300 e la differenza è 200, allora applicando la solita formuletta, oppure facendo semplicemente la differenza, troviamo 100 di impieghi. È stato accantonato al f.do garanzia prodotti 100: c’era un errore nel testo, quindi procediamo come per il TFR: 100 tra le fonti e 50 tra gli impieghi. 2500 nelle fonti come impianti e macchinari è corretto? Ricordiamo che avevamo diminuito dal fondo ammortamento alla nota 2 quando ho venduto il bene. Torniamo al capitale sociale: di 1000, 500 erano apporti di terreni, quindi nelle fonti finisce un 500, esattamente come gli aumenti di terreni non erano per 500 un impiego! Quindi si stornano come fonte dall’aumento di capitale sociale e come impiego dai terreni. Le riserve di utili sappiamo che non danno origine né ad impieghi né a fonti, perché non c’è movimento finanziario. L’utile rettificato da plus/minusvalenze precedenti è di 600, che non ha nulla a che fare col 600 di utile dell’anno prima. Nell’esercitazione di ieri cassa e banca erano prima dei totali, stavolta sono dopo, a parte, non cambia niente. Girandosi il Mora ha notato che il Lanters è perplesso; altra cosa che mi ha fatto notare è la mancanza in classe dello Scarezzi, che è a seguire inglese. Torniamo a parlare del f.do amm.to imp.&macch.: lo colleghiamo alla nota 2, che riguarda la vendita di un impianto: in quel caso quell’ impianto era iscritto ad un costo storico di 3000 ed era stato ammortizzato per 1000. Il suo valore contabile è pari a 2000. NB: non mettere il 1000 tra gli impieghi, è solo uno storno e va tra le rettifiche, per spiegare i 2500 dal punto di vista finanziario! Facciamo il rendiconto: da ciò notiamo che dall’utile di 800 scaturiscono liquidità concrete di 5000, quasi 5 volte l’utile! Ottimo. Non può non far riflettere! ☺

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Lezione del 16 ottobre 2006 Oggi non c’è il Lanters perché è rimasto a telefonare fuori. Effetto leva (slide 72). Non è semplice conoscere il vero Capitale operativo, quindi è difficile calcolare il vero ROI ed altrettanto difficile prevederlo. Questo modello pone le premesse per conoscere il costo del capitale aziendale. i è solo una parte del capitale d’azienda. Il capitale è di due tipi:

1) capitale proprio 2) capitale di terzi: i dice il costo del capitale di terzi.

Ma anche il capitale proprio ha un costo, altrimenti gli azionisti non presterebbero denaro sotto forma di azioni. Interviene quindi il modello d’applicazione del costo medio del capitale: quanto costa mediamente, globalmente, il capitale d’azienda: “costo che l’azienda sostiene per reperire i mezzi finanziari, quale che sia la loro provenienza” . Cerco di ottenere il mix ottimale per avere il più elevato capitale al più basso costo. Il costo del capitale (ic * N/K) + [id * (N – K)/K] Ossia: costo del capitale (ic) * incidenza del capitale proprio su K + costo del capitale di terzi (id) * incidenza del capitale di terzi su K. È un valore che cerca di contemperare due esigenze diverse, quelle dell’azionista e quelle dell’azienda. Calcolare il costo medio del capitale in base ai seguenti dati:

• N = 2.000 (P + π) = 2.000; K = 4.000 • Ro = 200; Of = 50; Rn = 150 • ic = 0,15; id = 0,025

Quindi: CMC = 0,15 * ½ + 0,025 * ½ = 9% circa È un’ ipotesi di massima, che può esser sconfessata in determinate situazioni. Id dovrebbe esser piuttosto simili a quel i’ che abbiamo calcolato nell’ambito dell’applicazione della leva finanziaria. Nella formula l’elemento più problematico è “ ic” : possiamo cercare di individuare almeno teoricamente quale dovrebbe essere “ ic” da inserire nel costo medio del capitale da inserire in azienda. I modelli dicono che il costo di ic dovrebbe essere pari al tasso di interesse sugli investimenti privi di rischio + premio per il rischio. Vige sempre il principio secondo il quale la commisurazione del costo del capitale deve essere remunerativa del rischio. Il rischio degli investimenti di Stato è il rischio più basso, di solito. Questo tende a salire fino ad arrivare ai rischi massimi tollerabili con un tasso di interesse. A quale livello deve essere fissato? Al tasso minimo di remunerazione ritenuto soddisfacente dai finanziatori dell’azienda. A livello aziendale i rischi sono molti:

• rischio esterno o macroambientale: generale, è il c.d. rischio sistematico o beta (β), di solito > 1 o specifico: settoriale

• rischio interno o operativo: produco panettoni e fanno schifo o finanziario: quando si stabilisce il tasso di interesse ed una remunerazione percentuale

Questo vale per tutti i tassi di remunerazione. Vediamo come si calcola nella slide 79. Quello su cui si può giocare in azienda è il premio medio per il rischio. È chiaro che in azienda si tende a studiare la composizione delle fonti sulla base di ciò che si reputa più favorevole per la gestione, nulla è casuale, ma estremamente programmato e pianificato. Questo modello permette di individuare la remunerazione complessiva del capitale investito. La cosa importante è sostanzialmente capire che i tassi di remunerazione devono essere giudicati, legittimati, giustificati in relazione al rischio che colpisce il capitale che remunera. Questo nuovamente per imparare a criticare la fonte. Poi dipende dalla soggettività della propensione al rischio. Il modello del valore: SALTARE SLIDE in merito (dalla slide 89 alla 100). Il ROI remunera un rischio globalmente più elevato rispetto a quello che remunera “ i” , quindi i dovrebbe esser più basso. Occorre non soltanto che il ROI sia > i, ma anche che ROE > ROI > i. Perché il ROE dovrebbe essere > ROI??? (Ricordiamo che ROE =rn/N ROI = Ro/Ko) Perché il ROE dovrebbe remunerare anche la gestione extracaratteristica: deve coprire più rischi, cioè anche quelli extracaratteristici. Ora correggiamo l’esercitazione del 08-06-06. Per rispondere alla domanda “commentare i risultati del rendiconto” , utilizziamo la traccia a pagina 80 delle slide. Il prof. ha parlato del Lanters che si faceva le domande sulle vendite ipotizzate. Vediamo il mastrino brevetti: 24.000 6.000 (ammortamento)

6.000 (vendita ipotizzata per far tornare i conti) 12.000

Alienato terreno = 10.000 tra le fonti con asterisco di 1000 per la plusvalenza. Le fonti sono sempre pari al valore effettivamente realizzato infatti. Per cercare invece l’ impiego applico la solita formula. In realtà c’è un errore nel testo perché non può esistere una plusvalenza per un terreno, perché non ha ammortamento. Ora però una collega dice: “ho

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un terreno che ho venduto a 10.000, ho realizzato una plusvalenza di 1.000, quindi l’unico modo per giustificare la cosa è che il valore del terreno fosse 9.000 come costo storico. In realtà il prof. volevo scrivere “ fabbricati” ed ha scritto “ terreni” . Svolta la solita formula utilizzando 9.000 di costo storico troviamo 19.000 di cui 11K non rappresentano un impiego, quindi negli impieghi troviamo 8.000. Finiamo oggi pomeriggio. Lezione pomer idiana. È tornato il Lanters! Avevamo sistemato i brevetti: diminuivano per due motivi: 6.000 ammortamenti e 6.000 imputabili ad una vendita. Poi c’è una vendita di un terreno: 1000 di plusvalenza. 10.000 tra le fonti tenendone conto. Nelle notizie integrative successiva è specificata una rivalutazione di 11.000, quindi dei 19.000 calcolati con la solita formula restano 8.000 negli impieghi. Il testo dice che è stato alienato un impianto di 30.000 ammortizzato per il 60%, realizzando 20.000. 20.000 nelle fonti con asterisco per la minusvalenza. Con la solita formula confronto 130.000 con il saldo atteso di 190.000 e la differenza di 60.000 è un impiego. Sono sicuro che siano solo impieghi? Leggo le note integrative, non c’è nulla di strano quindi ok così. Vendute partecipazioni per 9.000 => fonti. Il valore di vendita corrisponde al valore di bilancio. Da 15.000 a 34.000 => variazione di 19.000. Sarei tentato di inserirli negli impieghi, ma c’è un’altra informazione: l’ incremento di capitale sociale è avvenuto in base all’apporto di partecipazioni. Quindi a fronte dell’aumento di 19.000 ho avuto un’uscita di cassa soltanto di 9000 => impieghi. Aumento di rimanenze: qualsiasi aumento di attività rappresenta un impiego => 15.000. Bisogna sapere spiegare bene perché! Idem per i crediti. Per la banca è il contrario perché si passa da 10.000 a 1.000, quindi è un’attività che diminuisce. Poi inizio a gestire passivo e netto. L’aumento partecipazioni è una minor fonte, quindi il capitale sociale non rappresenta fonti e impieghi. Parimenti nelle partecipazioni non ha rappresentato un impiego. Per 3.000 è andato a riserve, ha costituito il capitale. Per quanto riguarda l’utile, esso è stato distribuito per 9000. La riserva di rivalutazione: è quella derivata dalla riserva di partecipazioni, quindi anche qui nessun impiego e nessuna fonte, così come precedentemente c’era un non impiego nelle partecipazioni. Poi abbiamo l’utile dell’esercizio in corso. Non sapendo che fine fa, lo inserisco nelle fonti, ma devo rettificarlo con le plus e minusvalenze: diventa 22.000. Il fondo ammortamento è aumentato di 10.000 => fonti, non avendo usato il conto. 6.000 è la diminuzione di quando ho venduto l’ impianto (nelle rettifiche). Poi c’è un fondo collaudo. Utilizzo fondo 1000 negli impieghi e 2000 nelle fonti. Perché questi del fondo collaudo li mettiamo qui e i 6.000 dell’ammortamento impianti, invece, finisce solo nelle rettifiche e non negli impieghi anche lui? Perché sono due cose distinte: l’ammortamento è una questione di contabilizzazione, o procedimento tecnico di riparto, mentre il fondo collaudo copre un costo futuro, quindi finanziariamente copre la variazione. Nel TFR la variazione sarebbe 3000, ma ho un accantonamento di 4000, quindi c’è un utilizzo del TFR di 1000 (qualcuno forse è stato licenziato). Note sul commento (lo completeremo domani): Nota: abbiamo ottenuto più dai disinvestimenti che dalla gestione reddituale! Di solito il commento presuppone la percentualizzazione dei valori principali, cioè:

1) si sceglie un valore che può funzionare come base di riferimento: di solito il totale a pareggio. 2) Trovo un 10% circa sulla liquidità. 3) Poi percentualizzo il flusso della gestione reddituale e trovo un 47,67%: circa metà delle fonti. 4) Ma quanta parte delle fonti è spiegata dal reddito spendibile? Il 78% circa. 5) Si ipotesi ora di aver razionalizzato le scorte: provocherebbe un 6% di effetto positivo sulla liquidità 6) Stesso dicasi per le rimanenze dei crediti che produce un crollo del reddito spendibile. 7) Poi percentualizzando i disinvestimenti scopriamo che costituiscono il 52,3%: dividendi e finanziamenti

ammontano a 9000, quindi entrambi sono il 10% circa. 8) Scopriamo che il 90% è dato dagli investimenti: il nuovo impianto soprattutto.

Lezione del 17 Ottobre 2006 Oggi faremo le considerazioni conclusive e completeremo la prima parte del corso. Partiamo dal presupposto che il rendiconto che abbiamo costruito mette in evidenza sia i flussi, sia il fondo liquidità, sia il fondo capitale circolante netto. Il commento dovrebbe partire con l’analisi della variazione dell’aggregato liquido. La traccia sul commento del rendiconto è alla slide 80: obiettivi conoscitivi. Il secondo punto riguarda l’ammontare delle fonti e degli impieghi che spiegano l’assorbimento della liquidità, cioè mettere in evidenza come un numero relativamente ridotto come quello richieda una spiegazione di molte fonti e molti impieghi. Spesso capita addirittura un rapporto di 100:1 tra liquidità ed impieghi. L’aspetto fondamentale riguarda innanzitutto il reddito spendibile. Evidenziare se il reddito spendibile deriva da ammortamenti e accantonamenti o dal risultato economico. A quanto ammonta il flusso di cassa della gestione reddituale? Dovrebbe essere collegata al reddito spendibile! Sottolineando che il componente fondamentale del flusso di cassa dovrebbe esser dato dal reddito spendibile. Si analizzano le fonti calcolandone il peso percentuale sul totale a pareggio, e ogni categoria di fonte ed impieghi sul totale. Attenzione: il fatto che l’ammortamento sia alto non è garanzia di reddito spendibile rispetto a quello economico, ma è anche vero che per aver finanziariamente qualcosa gli accantonamenti e ammortamenti devono esser coperti dai ricavi,

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altrimenti il reddito spendibile è fittizio. La condizione è che si possano coprire i costi non finanziari, altrimenti staremmo imputando costi finti dal punto di vista finanziario. Togliendo dal rendiconto rimanenze crediti e cassa, ottengo il Delta CCN, che sarà 17.000, che non è più la liquidità, ma i crediti la liquidità, le rimanenze ed i debiti! Allora potrei commentare la variazione del CCN rispetto a fonti ed impieghi. È come dire: il mio CCN varia di 17.000, a causa di tutte le variabili percentuali, riassumendo. Questo è già un discorso più evoluto. Lezione del 30 Ottobre (pre-primo-compitino) Vediamo i dubbi sull’esercitazione del giorno 8-11-04. Partecipazioni: passano da 13K a 12K: diminuite di 1.000. Il problema è che le partecipazioni sono state svalutate in CE per 1500. Sono state inoltre acquistate partecipazioni per 3.000. Saldo iniziale + partecipazioni acquistate = saldo atteso confronto con saldo iniziale => -4.000 13.000 + 3.000 = 16.000 confronto con 12.000 => -4.000 di cui 1500 di svalutazione che determinano il reddito spendibile e 2500 da mettere nelle vendite (o disinvestimenti). Brevetti: 5.000 di ammortamento (asteriscato da mettere nel RS). Controllo con la formuletta: 5 – 5 = saldo atteso pari a 0. Il saldo effettivo è 10.000 e per far pareggiare metto un acquisto di 10.000 negli impieghi. Domande del compitino di Genova (prima del nostro di Imperia):

1) Chiarire quale valenza informativa può essere attribuita allo stato patrimoniale riclassificato secondo criteri finanziari.

2) Definire il costo medio del capitale e spiegare con un esempio come si determina. 3) Spiegare quali manovre possono essere suggerite per contrarre il ciclo monetario della gestione. 4) (Domanda che c’è quasi sempre) definire il flusso di CCN generato dalla gestione reddituale (dal punto di

vista contabile e concettuale: questo lo si vede dal rendiconto, poi concettualmente perché è uno dei tanti flussi).

5) Spiegare perché un incremento delle vendite non assicura un incremento del ROI (scomposizione, denominatore e numeratore che si compensano, e capire se l’aumento delle vendite si traduce sono in aumento di ricavi o anche di costi etc.).

6) (Solita domanda) data la seguente situazione: Stato Patrimoniale

F = 6.000 N = 5.000 C = 4000 π + p = 5.000

RO = 2000 OF = 500 OT = oneri tributari = 750 Rn = 750 Si dica quale effetto avrebbe sulla redditività netta, a parità di altre condizioni (ROI ed i), un nuovo investimento di 1.000 finanziato con l’accensione di un mutuo di pari importo. Si ridisegni inoltre la mutata situazione dopo tale evento.

Il ROI rimane lo 0,20 (2.000/10.000) quindi, siccome è costante, il RO passa a 2.200. Anche i rimane fisso. Devo trovare OT e OF. i = OF = 500/5.000 t = 750/1.500 = 50% di prelievo tributario NUOVA SITUAZIONE: RO = 2.200 (11.000 * 0,2) OF = 600 (6.000 * 10%) OT = 800 (1.600 * 50%) Rn = 800 (salito di 50: da 750 a 800) Oppure si può calcolare il ROE con la formula: ROE = [ROI+(ROI-i)*(p+π)/N]*(1-t). Ora facciamo la cor rezione del compito che abbiamo svolto Martedì 31/10/06. Il Mora se ne va, no ci ripensa e resta. C’era un incremento di 13.000 da ripartire: la fonte era 5.000 comprensiva di una plusvalenza a margine. Facendo i soliti calcoli veniva fuori un impiego che doveva essere diminuito dell’ impianto che entrava in azienda in seguito ad un aumento del capitale sociale. Il saldo iniziale era 80.000 – costo storico 6.000 = confrontando saldo atteso e finale, la variazione era 19.000, togliendo 1.000 di capitale sociale veniva 18.000. I brevetti: si dava per scontato che si potesse capire che l’ultima quota di ammortamento di un bene è pari al valore del bene. Se ho brevetti per 2.500 e li ammortizzo per l’ultima quota, ammortizzo tutti i 2.500. Nonè rilevante in questo caso la quota di ammortamento. Per le altre voci non c’erano problemi: attività che salgono sono impieghi, se diminuiscono sono fonti. Molti hanno fatto giusto il fondo TFR: la fonte era 800 e l’ impiego veniva fuori per differenza. Il fondo garanzia era stato utilizzato per 500, quindi il ragionamento era inverso: 500 tra impieghi e fonti per differenza. I fondi ammortamenti sono stati detti chiaramente. Bastava riportarli. Debiti v/banche che diminuiscono sono veri impieghi. Il capitale non generava né impiego né fonte. Le riserve venivano tolte dagli utili dell’esercizio precedente per trovare il dividendo. L’utile era 600 già rettificato. Nel rendiconto, non bisogna confondere il valore dell’utile rettificato delle plusvalenze con il valore non rettificato. O si specifica il valore già rettificato e non le plus e minusvalenze, oppure si specifica il valore non rettificato e anche plus e minus. Questo rendiconto finanziario con il commento fatto mediamente bene è stato valutato 16 punti su 30: 14 per la parte quantitativa, 2 punti per il commento. Il peggio della classe è uscito nella parte di domande: 14 punti globali. Le ultime due domande valevano 3 punti.

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Domanda 1: “ i” è dato da OF/il capitale di terzi (e qui eravamo già ad un punto). Siccome il denominatore comprende capitale non sempre oneroso, potrebbe essere interessante parlare di “ i’ “ . Alcuni hanno parlato del costo medio del capitale, ma poteva essere accettato solo se relazionato ad “ i” . Domanda 2: come si incrementa ROI a parità di ricavi e costi? Basta diminuire K senza recare danno alla produzione. Domanda 3: cosa si intende per MOL. Bastava la spiegazione dell’acronimo e poi che deriva dal valore aggiunto meno costo del personale e quindi copre ammortamenti sino ad arrivare al reddito. Domanda 4: Perché l’ incremento di magazzino è un impiego? Qui incredibilmente quasi tutti hanno dato una risposta accettabile. Domanda 5: la prima domanda che vale 3 punti. Spiegare con un esempio numerico, come partendo da un risultato economico negativo, è possibile ottenere un reddito spendibile positivo. Perdita = -1000 Ammortamenti = 2000 Reddito spendibile = 1000. Ma quel che interessava era spiegare che la condizione affinché questo si verifichi è che i ricavi finanziari coprano i costi finanziari. Soltanto due persone sono riuscite a rispondere, e forse una per pura fortuna. È escluso il discorso delle plus e minusvalenze: non sono rettifiche che permettono di passare al reddito spendibile, ma soltanto valori che rettificano l’utile. La domanda 6: è la solita domanda con stato patrimoniale e percentuali. Valeva anch’essa 3 punti e l’avevamo già spiegata.

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Secondo modulo di controllo di gestione Lezione del 6 novembre 2006 Il Mora fa notare che oggi il professore è vestito più casual.

Il prof. fa un’ introduzione sul “processo di gestione consapevole” (slide 8), parlando anche di management. Tenteremo di spiegare come si muove il controllo di gestione in questo contesto. Il controllo di gestione è formato da:

1) Pianificazione: si decide cosa fare nel medio-lungo termine, a livello strategico; 2) Programmazione: nel breve termine 3) Controllo

(slide 101) Il controllo può essere: • Controllo strategico, verifica la validità delle strategie in conformità ai cambiamenti ambientali; • Controllo manageriale, verifica che l'organizzazione aziendale sia sufficientemente motivata, condivida le

scelte aziendali e raggiunga i risultati desiderati; Effetti del controllo sull'organizzazione:

• Migliora l'informazione verso i dipendenti; • Motiva i dipendenti; • Verifica che sussistano le capacità e le competenze necessarie per svolgere le funzioni assegnate.

Non è il controller che decide quale nuovo prodotto deve essere inventato per penetrare in un nuovo mercato o per colmare gaps di mercato (che possono generare nuovi ricavi), ma il manager, il capo o il responsabile di marketing. Noi scendiamo di un livello e cerchiamo di agganciarci all’attività di programmazione. Si programma dopo aver pianificato, in modo molto più concreto e per periodi di tempo molto più brevi. In realtà programmazione e controllo sono riunite in un’unica attività. (slide 157) L’output del controllo è solitamente detto “budget” .

I soggetti coinvolti dalla pianificazione sono pochi: il top management sostanzialmente (il processo è poco formalizzabile, altamente variabile), mentre nel controllo sono più numerosi; il controllo è meno creativo e più gestionale. Forse la caratteristica fondamentale è la capacità di negoziazione, relazionale e di filosofia. Il processo è reiterabile e spesso reiterato. Il controllo può sembrare noioso, ma ha il vantaggio di avere modalità ripetitive di attuazione. Oggi si pianifica per un paio di anni soltanto perché il mercato è molto variegato e variabile (max quadriennio). Si suddivide, conseguentemente, il periodo del piano in n periodi più brevi e per ogni periodo si programma concretamente l’attività dell’azienda, restando nella logica del piano. Per ogni circuito di programmazione, secondo i tempi stabiliti per le consuntivazioni, avviene un controllo di feedback o feedforward per controllare se i risultati sono allineati a quelli preventivati. Il Mora sta studiando marketing, il Lanters crea dei rebus da lui inventati, facendo sembrare che in realtà stia prendendo gli appunti.

Il controllo ha un costo notevole in azienda, non solo perché gli specialisti di controllo vengono ben pagati. Tutto questo serve per migliorare continuamente l’ottenimento della propria performance. Come evitare i problemi del controllo (slide 102):

• eliminazione delle attività aziendali (Outsourcing); • automazione (controllo sistematico) • centralizzazione (esempio: banche con unica sede centrale, che non hanno problemi di dislocazione) • condivisione del rischio con soggetti esterni (joint venture).

La necessità di un controllo di gestione formalizzato nasce soprattutto nelle seguenti situazioni: • crescita dimensionale (strutturale e/o operativa); • aumento della turbolenza ambientale; • passaggio da una direzione imprenditoriale ad una direzione manageriale.

Le aziende famigliari in espansione si scontrano con tutte queste realtà. I l controllo di gestione deve essere legato al meccanismo della responsabilizzazione, altrimenti non funziona.

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Lezione pomer idiana La biondina adesso parla col Mora… Oggetto del controllo possono essere (slide 103):

• le azioni: gli strumenti utilizzati agiscono direttamente su comportamenti dei dipendenti; • i r isultati: gli strumenti utilizzati tendono a responsabilizzare i soggetti sugli esiti delle loro attività e a

gratificare coloro che migliorano le loro performance. Nell’ambito del controllo saper scegliere un limitato numero di azioni e risultati è già positivo, non ha nessuna logica funzionale individuare tutte le possibilità. È chiaro che l’utile di esercizio è un indicatore che verrà sempre monitorato, ma non tutti gli indicatori hanno tale peso. Secondo taluni il controllo di gestione ha un senso solo se si riescono ad interpretare i risultati essenziali ottenuti. (slide 104) Il controllo dei risultati si identifica con il controllo di gestione e consiste nel responsabilizzare gli individui (o gruppi di individui) sugli esiti delle loro attività. L'obiettivo è quello di motivare i soggetti aziendali a perseguire i risultati indicati dall'alta direzione (è utile formalizzare un sistema di incentivazione legato ai risultati). Tali controlli incoraggiano i dipendenti ad intraprendere le azioni più idonee per raggiungere i risultati desiderati. Tutti i sistemi di controllo funzionano solo se sono sovrapposti ad un sistema di gratificazione. Questo genera un doppio vantaggio:

• monitorare e gestire; • gratificare e motivare: negli Usa, per esempio, non esistono vincoli a livello di diritto del lavoro, per cui le

imprese possono agganciare i risultati alle responsabilità. Il circuito tende ad auto-alimentarsi. Nelle economie di matrice europea e latina i margini di manovra sono molto più difficoltosi.

La logica è quella del controllo spinto, pesantemente agganciato alla responsabilizzazione. Ogni qualvolta si controlla un elemento a livello aziendale, è necessario che questo oggetto sia comunque riferibile ad un responsabile. Responsabilizzare significa (Slide 105):

• Far conoscere ai vari responsabili le aree di risultato critiche per l'azienda; • Fornire elementi di motivazione affinché i soggetti raggiungano i risultati fissati dall'alta direzione; • Assicurare un nesso tra la responsabilità assegnata al soggetto e le leve su cui esso può esercitare il suo potere

decisionale: il responsabile del settore commerciale non può essere responsabilizzato per la parte produttiva. Il caso Tim: quando iniziò il business della telefonia mobile, l’obiettivo era stipulare tanti contratti: i venditori venivano premiati in relazione al numero di contratti. Nel contesto genovese, i contratti in questione vennero stipulati a bizzeffe, salvo poi scoprire che gli extracomunitari non pagavano le bollette. Quando la logica di gratificazione non viene ben tarata, quindi, può generare enormi errori. Il controllo di gestione è, allora, il processo attraverso il quale i responsabili ai vari livelli si assicurano che le risorse vengano acquisite ed impiegate in modo efficace ed efficiente per il conseguimento degli obiettivi d'impresa (slide 106). (slide 107) Il sistema di controllo è nel contempo:

• Un metodo di lavoro direttivo mediante il quale l'azienda si dota di strumenti idonei a migliorare la qualità decisionale.

• Un sistema di misura e valutazione delle performance aziendali in quanto gli obiettivi assegnati ai vari responsabili costituiscono i parametri per valutare la loro capacità.

Tutti i discorsi fatti dall’ inizio della seconda parte del corso vengono così sintetizzati (slide 108):

Il primo elemento conflittuale è lo “scarica-barile” , quando si responsabilizza qualcuno.…e qui il Mora mi suggerisce “Garsui, a

l’ho sonno!” . Siamo in grado di valutare un fenomeno soltanto se riusciamo a trasformarlo in una metrica quantitativa o monetaria. Laddove così non fosse, come nel caso del capitale intellettuale, l’oggettivizzazione sarebbe ardua.

Lezione del 7 Novembre 2006 Oggi il Lanters e Scarezzi non sono presenti in aula in quanto il primo è infermo mentre il secondo no. L'intero sistema aziendale è controllato mediante il monitoraggio dei risultati globali (bilancio), mentre i sub-sistemi aziendali mediante il monitoraggio solo dei risultati dei sub-sistemi più significativi. In quest'ultimo caso è importante individuare le diverse modalità di disaggregazione della gestione globale al fine di scegliere quella più consona alle esigenze della direzione. Tutte le modalità di disaggregazione consentono di individuare aree di risultato, ossia sub-sistemi di cui misurare l'efficienza o l'efficacia. Non tutte le aree di risultato sono aree di responsabilità o centri di responsabilità, ossia degli insiemi di operazioni sottoposti alla responsabilità di un preciso soggetto nell'ambito della struttura organizzativa. Sono aree o centri di responsabilità le funzioni aziendali o le sub-funzioni. Le aree di risultato possono essere centri di responsabilità solo se nell'ambito della struttura organizzativa sono previste delle figure che presidiano tali aree (project manager, product manager, process manager etc.). Le sub-unità di comodo non sono autonome ma le individuiamo al fine di controllare in modo più agevole i risultati. Potremmo immaginare una mappatura di subsistemi che si sovrappone alla struttura organizzativa dell’azienda. I subsistemi devono essere scelti in modo tale da poter monitorare, responsabilizzare e motivare il personale. Essi (detti anche unità organizzative complesse) non sono altro che centri di responsabilità economica (CRE).

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1) Centr i di costo (slide 119) Sono le aree di responsabilità in cui i responsabili sono in grado di influenzare in modo diretto ed in misura significativa solo i costi. 2) Centr i di r icavo Sono i centri di responsabilità in cui le azioni dei rispettivi responsabili influenzano in modo diretto ed in misura significativa:

A) ricavi di vendita (tipico caso il reparto vendite); B) costi di funzionamento del centro stesso.

3) Centr i di profitto Sono unità organizzative dotate di ampia autonomia decisionale nelle quali i managers con le loro azioni sono in grado di influenzare in modo diretto ed in misura significativa il risultato economico (ricavi-costi) di particolari combinazioni produttive (line). Il responsabile è tale se è in grado di agire in modo diretto (cioè con autonomia decisionale) e significativo (può avere conseguenze) sugli elementi dei quali è chiamato a rispondere. È una figura concreta. Il caso più semplice di centro di profitto è la direzione generale, oppure, in un’azienda divisionale, le varie divisioni. Si sposta la focalizzazione dall’ intera azienda all’ insieme dei diversi centri di responsabilità, più facili da controllare. Il controller tenta di mediare i conflitti tra le aree. Il controllo di gestione funziona oggi sulla base di queste suddivisioni aziendali: l’azienda è un insieme coordinato di centri di responsabilità. Dal corso di “Organizzazione aziendale” ricordiamo la struttura funzionale e divisionale. Questo fa sì che debba sussistere un flusso comunicazionale verticale (nell’ambito della logica top-down e bottom-up), ma anche un flusso orizzontale: a parità di livello gerarchico dovrebbe esistere un dialogo tra funzioni, se questo non avviene è drammatico per il controllo di gestione. Facciamo un esempio: fino a poco tempo fa il controller era parte della direzione amministrativa, ma le altre direzioni, essendo alla pari, non volevano perdere tempo con il controllo. Oggi, gli si attribuisce una sorta di più elevata possibilità di richiesta di informazione: quasi a livello di direzione generale, e si suppone che il controller abbia una delega del direttore generale (a volte è posizionato a livello di staff), in modo da poter ottenere gerarchicamente le informazioni necessarie. La logica comunicazionale è quella di fornire informazioni dal basso verso l’alto, per questo il controller deve avere ottime capacità relazionali (più o meno come il prof.

dice di non essere capace a far funzionare la batteria del computer, sue testuali parole). La risposta che si sente dare il controller è quasi sempre: “mi fai perdere tempo” . Spesso a bassi livelli sembra che il controllo sia un controllo fine a sé stesso, cioè il controllo è percepito come un “controllare l’onestà e l’efficienza” . Ecco che il controller deve essere capace di relazionarsi. I problemi veri, però, sorgono quando i conflitti vengono posti in essere a livelli più alti. Un problema, per esempio (un discorso su cui torneremo) sono le “scorte” . Il responsabile marketing dice: “prevedo di vendere 500 unità” . Ma il responsabile produzione risponde: “ te ne produco tante quante secondo la mia contro-previsione” . Il direttore finanza a quel punto si preoccupa dell’ immobilizzazione del capitale…etc. Costi e ricavi si determinano a livelli diversi, quindi i valori di budget sono estremamente variegati. Solo in minima parte, quindi, un controller è un ragioniere, ma ha capacità soprattutto negoziali, spesso ha anche una preparazione non ragionieristica, ma filosofica. Domani parleremo di altre tipologie di centro di interesse. Per ora suggeriamo di conoscere almeno il c.d. “centro di progetto” , che ultimamente si utilizza parecchio: a differenza di quelli già citati, è caratterizzato dalla temporaneità. Viene molto utilizzato nelle aziende che lavorano su commessa. Nel centro di progetto confluiscono personaggi presi a prestito da altri centri. Quando il progetto termina, a quel punto si scioglie e ognuno torna nella funzione di competenza. L'individuazione ed il monitoraggio dei sub-sistemi è necessario per:

• ridurre la complessità dell'azienda (monitorare un centro è più semplice che monitorare l’ intera azienda); • risalire alle vere cause dei risultati aziendali e alle fondamentali "leve" per influenzarli; • individuare i soggetti a cui compete la responsabilità dei risultati stessi (efficienza ed efficacia).

Il budget deve avere un dato di preventivo approvato dal direttore. La slide 121 è stata definita inutile dal prof. La contabilità analitica è la contabilità di ogni centro di costo, meno sintetica. Mora vuole diventare direttore marketing della Benza SPA, quando

esisterà, se esiterà. Infine, il percorso logico del controllo di gestione è evidenziato nella slide 122. La contabilità analitica genera dati di previsioni di budget, che finisce nel reporting: il documento dove si inseriscono i dati di preventivo e consuntivo, che finirà nelle mani dei manager.

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Lezione del 13 Novembre: correggiamo l’esercitazione di Genova sui budget del 03/07/06. Il Lanters cerca un libro su come smettere di fumare in biblioteca. Siamo arrivati in ritardo quindi ho perso la collocazione spaziale del Mora. Nell’ impresa “ x” si realizza e si commercializza, nell’ unico reparto destinato a scopi produttivi, il manufatto denominato “ 1” nelle due varianti 1.1 e 1.2 entrambe per il mercato nazionale. Nell’ambito del processo di formazione del budget per l’esercizio amministrativo successivo emergono, tra le altre, le seguenti informazioni:

- nell’ambito della funzione commerciale si prevede di poter collocare sul mercato 50 unità di 1.1 e 70 di 1.2 ai prezzi unitari rispettivamente di euro 1000 e 1100. (appunto: è una delle informazioni prevista dal direttore commerciale)

- Nell’ambito della funzione industriale vengono forniti i seguenti std di produzione: Prezzi std STD fisici 1.1 STD fisici 1.2 Mano d’opera diretta Materia prima Costi variabili diretti

50 per h.MOD 20 per unità 20 per h.MOD

h.1 unità 2 (appunto: h.1)

h 1.5 unità 2.5 (appunto: h.1.5)

I costi fissi sono globalmente previsti in 50.000 euro (dei quali 8.000 relativi ad ammortamenti e altri accantonamenti industriali). Per entrambe le varianti di prodotto non si hanno rimanenze iniziali; per quanto riguarda le rimanenze finali si prevede (cioè si desidera) che ammonteranno a 10 unità sia per 1.1 sia per 1.2. Le unità in giacenza sono valutate al costo calcolato sulla base dei soli costi variabili industriali (non si tiene conto per semplicità delle giacenze di materie prime). Ricordiamo che: Produzione = Q da produrre – rimanenze iniziali + rimanenze finali Inoltre, dalle discussioni tra i diversi responsabili, emergono le seguenti ulteriori informazioni:

- si prevedono altri costi fissi (commerciali e amministrativi) pari ad euro 15.000 - occorrono nuovi investimenti in impianti per 50.000 e in partecipazioni controllate per 50.000 - si ipotizza una diminuzione dei crediti verso clienti pari al 20% e un aumento dei debiti verso

fornitori del 10%, in applicazione di un’apposita politica di razionalizzazione degli assetti finanziari - gli interessi passivi verso banche (anche per eventuali nuovi prestiti) sono calcolati al tasso del 5% - imposte 50% - gli utili vengono accantonati a riserve per il 50% la parte restante è distribuita agli azionisti

Il responsabile della funzione amministrativa fornisce lo SP di preconsuntivo relativo all’esercizio in corso: ATTIVO Immobilizzazioni lordo 75.000 F.do ammortamento 7.000 Immobilizzazioni nette 68.000 Clienti 41.000 Cassa e banca 23.000 TOTALE 132.000

PASSIVO Capitale sociale 20.000 Riserve 22.000 Utile 5.000 Fondo TFR 4.000 Debiti verso fornitori 40.000 Debiti verso banche 41.000 TOTALE 132.000

Si presentino il budget economico, il budget finanziario e il budget patrimoniale. Continua sul file “ budget.xls” Bozze di appunti: l’utile è quello da cui stiamo partendo, non quello a cui perverremo. Proviamo a risolvere l’esercitazione. Di solito i costi fissi vengono aggiunti alla somma dei costi variabili. Dal budget della produzione emerge una spesa di 69.000, che se la si scinde è divisa in costi fissi e variabili. 19.000 di costi variabili sono 12400 e 6600 per i due prodotti. Ma a questo punto possiamo fare un passaggio in più. Attenzione: per Alfa1.1 sto spendendo 6600, ma di questi non mi posso aspettare ricavi per una somma corrispondente, perché la produzione di 60 unità prevede altresì una rimanenza di 10, che per sua natura è destinata a rimanere, perciò di quei 6600 alcuni costi avranno ricavi di competenza che li coprono… La rimanenza finale è un “meno costi” . Lezione pomer idiana Scarezzi è rimasto da solo perché è andato in bagno. Il Lanters, invece, inizia a seguire la lezione adesso ed il prof. ha appena finito di dire che chi non ha seguito stamattina non capirà nulla nemmeno oggi pomeriggio. Povero Lanters, è nero…☺ Il prof. ci chiede di provare a verificare la fattibilità finanziaria del budget di stamattina, ma ci anticipa che non sussiste tale fattibilità, quindi dovremo modificare i dati sino a realizzare uno stato patrimoniale modificato. Domanda: valutare un rendiconto finanziario previsionale, valutare la necessità di reperire fonti di finanziamento, ritoccare il programma se qualcosa non va bene e provare a proporre uno stato patrimoniale conclusivo. Stamattina il risultato provvisorio positivo era di 43.600, ma non è detto che abbiamo i mezzi finanziari per sviluppare quel programma. Dopo aver fatto le fonti, prevedo 61.150 Euro. Dopo aver fatto anche gli impieghi troviamo un disavanzo di 41.350. Allora supponiamo di andare in banca e richiedere tale importo in prestito. Supponiamo che la banca sia d’accordo. Ma questo prestito ha un costo pari al 5%. Non avendoli devo chiedere un prestito per finanziare la somma trovata col 5%. Posso andare avanti per un po’…fino a trovare 5 Euro che reputo irrilevanti. A questo punto aggiungo gli interessi passivi nuovi maturati sulla copertura del deficit. Concludiamo con lo stato patrimoniale preventivo. “Lo stato patrimoniale di preconsuntivo” si chiama così perché non siamo a fine esercizio. Capiamo questa cosa e poi chiudiamo. Asse temporale: settembre ott./nov. 31/12/2006 31/12/2007 valori reali stime Si chiama preconsuntivo, perché è proiettato al futuro. La bravura di un controller sta nel riuscire a cogliere gli elementi esatti del supporto informativo per capire se la proiezione è corretta o meno. Il preconsuntivo, chiaramente, ha meno rilevanza quanto più ci si avvicina al 31/12/2006. Mentre per i tempi di controllo dal budget al consuntivo trascorre un anno, tra ott./nov. e il 31/12 trascorre meno, “si può sempre scaricare la colpa” sul responsabile amministrativo che ci ha fornito stime errate.

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Studio “ casalingo” del giorno 16 Novembre 2006. Il Lanters viene a mangiare qui a casa mia. Rivediamo meglio (con Scarezzi) l’esercitazione del 03/07/06, cercando di semplificarla rispetto a quanto svolto in classe (nel budget.xls).

1) Budget commerciale 50 pz. X 1000 € = 50.000 € RICAVI – altri costi fissi = Risultato del budget commerciale 70 pz. X 1100 € = 77.000 € 127.000 – 15.000 = 112.000

2) Budget delle scor te Prodotto 1.1 Quantità vendite previste = 50 + Rimanenze finali = 10 - Rimanenze iniziali = 0 = quantità da produrre = 60

Prodotto 1.2 Quantità vendite previste = 70 + Rimanenze finali = 10 - Rimanenze iniziali = 0 = quantità da produrre = 80

3) Budget Industr iale Prodotto 1 Prodotto 2 1 std. Fisico 2 unità 1 std. Fisico

X 50 € X 20 € X 20 €

X 60 pz. X 60 pz. X 60 pz.

= 3.000 = 2.300 = 1.200 6.600

1,5 std. Fis. 2,5 unità 1,5 std. Fis.

X 50 € X 20 € X 20 €

X 80 pz. X 80 pz. X 80 pz.

= 6.000 = 4.000 = 2.400 12.400

Totale Budget Industriale = 6.600 + 12.400 + Costi fissi (da testo) 50.000 = 69.000 € 4) Budget economico

PROVVISORIO Risultato del budget commerciale = 112.000 - Risultati del budget industriale = 69.000 + ∆Rimanenze = 2.650 RO provvisorio 45.650 - interessi passivi (41.000 debiti v/banche x 5% da testo) 2.050 Risultato provvisorio 43.600 (salta al budget finanziario)

- interessi passivi su nuovo mutuo Reddito ante-imposte

Imposte Risultato netto

Definitivo Idem Idem Idem Idem Idem Idem 2.176 41.424 20.712 20.712

5) Budget Finanziar io (fare quello previsionale e poi saltare al calcolo degli interessi) FONTI Utile + amm.ti & acc.ti Reddito spendibile Correttori Clienti (41.000 x 20%) Fornitori (40.000 x 10%) - Rimanenze finali Debiti tributari Flusso della gestione caratteristica

Previsionale 43.600 8.000

51.600

8.200 4.000

-2.650 -

61.150

Definitivo 20.712

Idem 28.712

Idem Idem Idem

20.712 58.974

IMPIEGHI Acquisti Impianti Partecipazioni Dividendi (5.000 x 5%)

Totale Disavanzo Mutuo Passivo

Previsionale 100.000 50.000 50.000

2.500

102.500 41.350

-

Definitivo Idem Idem Idem

Idem

Idem

- 43.526

Nota: la differenza tra Previsionale e Definitivo è data dagli Interessi Passivi sia nelle fonti sia negli Impieghi! 6) Calcolo degli interessi (vado avanti finché non trovo un valore irrilevante)

Disavanzo x tasso di interesse = 41.350 2.068 103 Totale = Mutuo passivo = 43.526

x 5% = 2.068 x 5% = 103 x 5% = 5 € Interessi passivi bancari sul mutuo = 2.176

Dopo questo calcolo, torno indietro e faccio il Budget economico definitivo ed il budget finanziario definitivo. 7) Stato Patr imoniale definitivo

Immobilizzazioni (testo + totale acquisti)

- f.do ammortamento (Stato Patr. + testo) Immobilizzazioni nette Clienti (Stato Patr. - 20%) Cassa e banca (invariato) Rimanenze TOTALE

175.000 15.000

160.000 32.800 23.000 2.650

218.450

Capitale sociale Riserve (testo + 50% utile) Utile (del budget finanziario definitivo) f.do TFR Fornitori (Stato Patr. + 10%) Debiti verso banche (Stato Patr. + mutuo pass.)

Debiti tributari TOTALE

20.000 24.500 20.712 4.000

44.000 84.526 20.712

218.450

6.600 / 60 X 10 = 1.100 12.400 / 80 X 10 = 1.550 Totale = 2.650

N.b.: in questo caso Rim.Fin = ∆, perché Rim. Iniz. = 0.

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Lezione del 20 Novembre 2006 Oggi abbiamo abbandonato il Lanters perché si è addormentato. Il Mora ha avvisato che non sarà presente a lezione, quindi Scarezzi ed io seguiremo la lezione anche per loro. Laiolo è da un po’ che si è tagliato i capelli perché deve dare Cafferata. Oggi pomeriggio non ci sarà lezione perché il prof. non ce la fa, stavolta il Lanters ha avuto culo a non venire. Facciamo un riepilogo dei concetti fondamentali in relazione ai costi nell’ambito del controllo di gestione. Per chi si occupa di controllo i costi non sono tutti uguali, ma cerca di focalizzare l’attenzione solo su alcuni costi ed alcuni elementi di costo. Un conto è parlare di costi patrimonializzati che vanno in SP e un conto è parlare di costi in CE. A noi interessano i secondi e parleremo quasi sempre di questi d’ora in poi: componenti negativi di reddito. I centri di costo sono spesso centri di costo in senso stretto, ma talvolta, ormai sempre più spesso, sono centri di costo particolari, i cosiddetti “centri di costo di spesa” . Mentre sui centri di costo in senso stretto il responsabile può agire direttamente, nei centri di costo di spesa il responsabile deve direzionare costi “opinabili” . Si pensi all’ufficio della PA: il responsabile non può licenziare nessun dipendente. Per cogliere queste differenze in maniera precisa, dobbiamo classificare i costi in base ai nostri fini. Questo può avvenire in molti modi:

1) in base alla natura o all’origine del costo (esempio: punto B del CE, b6 costi per servizi, costi per materie etc.); 2) in base alla variabilità: variabili (o costi parametrici = variano al variare di una certa produzione, quindi sono

controllabili), semivariabili e fissi (ne riparleremo a lungo più avanti); 3) controllabili o non controllabili (discrezionali o vincolati); 4) programmabili o non programmabili (legato alla 3); 5) in base ai tempi di manifestazione: preventivi o consuntivi; 6) diretti o indiretti (direttamente imputabili ad un oggetto o meno).

Rispetto alle classificazioni precedenti, un costo appartiene sempre ad una categoria o all’altra alternativamente, invece, per quanto riguarda la classificazione 6) il costo non è sempre diretto o indiretto, perché varia in base al parametro di attribuzione o imputazione: può esser diretto per un oggetto e indiretto per un altro. L’ammortamento, per esempio, di un impianto è indiretto se utilizzato indirettamente per il prodotto e diretto se utilizzato per l’ impianto. Strumenti contabili del controllo di gestione Il controllo di gestione si avvale di adeguati strumenti contabili, cioè di un sistema informativo per il controllo economico-finanziario della gestione:

• la COGE e il BILANCIO DI ESERCIZIO • la CONTABILITÀ ANALITICA (esiste se esistono centri di costo che effettuano una registrazione sistematica

dei costi) • il BUDGET ed i COSTI STANDARD

Tutto confluisce nel documento o insieme di documenti di reporting, quali per esempio il master budget, che permettono la presa di decisioni. N.B.: La programmazione dei costi (classificazione numero 4) Dal punto di vista economico, uno dei più rilevanti problemi di costruzione del budget consiste nella programmazione dei costi. A seconda del modo con cui si programmano, essi si distinguono in:

• Costi parametr ici: elementi di costo per i quali si può determinare oggettivamente l’ammontare (rapporta input e output). Dipende dal volume di produzione. Più bassi sono meglio è. Lo scostamento è un indice di efficienza. Periodo di controllo breve. Per questi costi è estremamente rilevante analizzare gli scostamenti a consuntivo. Su questo sfasamento spesso si creano le efficienze o inefficienze.

• Costi discrezionali: elementi di costo il cui ammontare non è vincolato a parametri tecnici, ma agli obiettivi che si vogliono raggiungere, senza un legame quantitativo preciso. Dipende dalla decisione della Direzione (dall’obiettivo prefissato). Lo scostamento indica solo che ho speso +/- di quanto ero autorizzato a fare, non è una misura di efficienza. Breve/medio periodo. Un esempio, per rendere la cosa meno astratta, è il costo di ricerca e sviluppo o, il tipico caso, la pubblicità. Non si possono fare ulteriori elucubrazioni sull’utilità o meno di tali costi: non diciamo che non siano programmabili, ma che, una volta programmati non sono più modificabili.

• Costi vincolati: elementi di costo che sono conseguenza di impegni assunti in passato dall’azienda: tipico caso è l’ammortamento. Non significativo nel breve termine. Variazioni di costo dipendono da variazioni di struttura. Lungo periodo.

Sono 3 distinzioni fondamentali (anche per l’esame). L’altra grande classificazione riguarda costi var iabili e fissi e il conseguente calcolo del BEP, che va molto di moda. La vera funzione delle analisi di B.E.P. (si coprono i costi e si ha reddito 0) non è tanto cercare il volume di pareggio, bensì:

• VALUTARE IN ANTICIPO L'IMPATTO SUL PROFITTO DI QUESTE VARIABILI (o come manovrarle in vista di un certo profitto)

• VOLUME • PREZZO DI VENDITA • CAPACITÀ E PROGRAMMI • EFFICIENZA INTERNA PREZZI DI ACQUISTO

Si vedano le slide 132 e seguenti. Esistono anche prodotti che a livello di marketing sono convenienti, ma non lo sono a livello di BEP. Tutti i BEP hanno come equazione una retta il cui coefficiente angolare mette in evidenza la variabilità del costo variabile, mentre l’ intercetta rappresenta sostanzialmente l’ammontare del costo fisso.

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Il costo fisso non varia al variare della produzione. Normalmente lo si chiama “a” e l’equazione è “y = a” . Per i costi variabili, invece, più il coefficiente angolare è basso più il costo varia favorevolmente. La retta dei costi totali è “y = a + bx” . Inserendo la retta dei ricavi, troveremo una retta che ad un certo punto interesecherà la retta dei costi fissi: “Px = y” . Il punto di incrocio è il punto in cui ricavi e costi si equivalgono ed è il punto di equilibrio. Nel sistema matematico è così: y = a + bx y = px Il punto di equilibrio, detto Xp, è = a / (p – b), dove al denominatore abbiamo il margine di contribuzione unitario. Più è alto meglio è: significa che il prezzo è molto più alto di b, quindi il punto di equilibrio è vicino all’origine degli assi, quindi basta produrre poco per arrivare all’utile. Il modello è criticabile, “visto che siamo in un corso evoluto di controllo, e la critica è la cosa fondamentale” dice il prof.

1) funziona su base di rette e non di curve, anche se funzionerebbe anche mediante esse: si suppone la linearità delle curve di costo e di ricavo, mentre in realtà i costi tendono a diminuire all’aumentare degli acquisti dai fornitori, quindi diventerebbero iperboli etc.

2) la seconda ipotesi, parte dal presupposto che tutta la produzione sia venduta: non si accetta l’utilizzo delle rimanenze. Vale quasi solo per il just in time.

3) La terza ipotesi semplificatrice è la più drastica: il modello funziona se e solo se si tratta di un’ impresa mono-prodotto. Non si possono sommare ananas e papaie. È comunque gestibile, ma diventa difficoltoso: si bypassa il problema forzando il modello, cercando anziché una quantità di pareggio un fatturato di pareggio per poi ripartire il fatturato in pareggio tra i diversi prodotti.

Per la settimana prossima dobbiamo svolgere l’esercitazione 7 e poi provare a calcolare il BEP!

Esempio (N.b.: per l’esame) • Costi fissi Lit.500 milioni • Std fisico unitario Kg. 0,4/ unità di prodotto 80 • Std unitario di prezzo Lit. 200/ Kg. risorsa • Prezzo unitario di vendita Lit. 180/unità

Xp = 500/(180-80 margine di contribuzione unitario) = 5 milioni di unità di prodotto necessarie per raggiungere il pareggio economico. • Se volessi una redditività attesa (“ROE” atteso) del capitale=12%, con un valore medio del capitale

investito=lit.1000 mil (1000x12%=120 mil), quanto dovrei produrre? • Xu=(500+120)/(180-80)=6.200.000 unità di prodotto necessarie per raggiungere la redditività attesa.

Non ci si accontenta di calcolarlo, ma si deve anche esser in grado di effettuare eventuali proiezioni per ottenere risultati desiderati. In pratica, se ho costi per 500€ e voglio guadagnare 120€, vendo 620€.

• A quanto ammonta il volume di pareggio se l’azienda peggiora la sua efficienza del 10% (i costi variabili aumentano

del 10%; la retta dei costi variabili diventa una curva più elastica: 80x10%+80)? Xp=500Mil/(180-88)=5.434.000=nuovo BEP. Si nota che la variazione del punto di equilibrio è più bassa del 10% (5,434 non 5,5mil). Sarebbe interessante studiare statisticamente come varia il BEP a seconda dell’efficienza: scopriremmo che è fortemente legato al margine di contribuzione: più questo è alto più posso permettermi di peggiorare l’efficienza.

• Che profitto ottiene l’azienda se ridimensiona la sua capacità economica del 10% e produce 5 mil di unità di prodotto? 5.000.000=(450 Mni+U)/100=50 Mni. La retta dei costi fissi scende, abbassando di conseguenza anche quella dei costi totali. La variazione è sempre del 10%. Se si modifica l’efficienza si trova un risultato che è correlabile in modo diretto alla variazione del costo fisso.

• Di quanto dovrebbe aumentare il prezzo di vendita per portare il volume di pareggio a 4.000.000 di unità? 4.000.000 = 500 M.ni / (p - 80) L it.205 aumento del 13,9%. p = x = ?

OVVIAMENTE DI TUTTE LE SOLUZIONI VA VERIFICATA LA FATTIBILITÀ. Il prof. ci vede particolarmente rilassati stamattina e poco perplessi, sostiene che forse l’argomento è più noioso del solito, ritengo di esser d’accordo. Torniamo indietro per poi chiuderla lì. (Slide 123): Obiettivi della contabilità industr iale:

• orientare talune decisioni aziendali in base a calcoli di convenienza economica; • permettere la programmazione ed il controllo di gestione; • valutare le rimanenze di magazzino per rendere possibile la compilazione del bilancio d'esercizio.

Sono sistemi che stanno nell’ottica della customizzazione, hanno costi ingenti e vanno tarati da azienda in azienda. Contabilità industr iale Per contabilità industriale si intende un insieme di determinazioni economico-quantitative mediante le quali si calcolano i costi di particolari oggetti, individuabili all'interno del sistema aziendale. I tipici oggetti di attribuzione dei costi sono:

• i centri di costo • i prodotti

I dati della contabilità industriale fanno parte del sub-sistema informativo orientato alla programmazione ed al controllo della gestione, le cui informazioni sono espresse in termini economico-finanziari, cioè in unità monetarie. Presupposto: ogni unità organizzativa, in quanto impiega delle risorse, influenza con il proprio operato il sostenimento di certi costi. Ieri ho giocato online a Call of Duty 2 con Bosch, Sancia, Saccoch e Widow (un amico di Bosch di Torino).

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Lezione del 21 Novembre Stamattina il Lanters basteggia parecchio, ma non lo vuole ammettere. I costi standard – premesse (vedi slide 160 e successive) Se il confronto avviene tra costi riferiti a tempi cor r ispondenti di per iodi susseguenti le condizioni di riferimento possono non essere omogenee a causa dei mutamenti esterni/interni all'impresa intercorsi nel periodo considerato.

1. La mancanza di omogeneità inficia inevitabilmente il confronto. 2. Il confronto tra consuntivi riflette solo passivamente gli svolgimenti concreti dei processi d'azienda.

Il controllo dei costi deve essere finalizzato a migliorare le condizioni di svolgimento dei processi. E' preferibile che il confronto avvenga tra i costi consuntivi e altri costi elaborati al fine di costituire proprio un termine di paragone (finalizzato al controllo). Tali costi, costruiti ad hoc sono i costi standard o costi tipo. L'utilizzo degli standard elimina (almeno in parte) gli inconvenienti 1) e 2), poiché essi sono elaborati studiando rigorosamente il processo in cui sono inseriti. Quando parliamo di costi standard parliamo a livello previsionale. La loro importanza nasce dal fatto che, nel controllo di feedback, viene utilizzato il confronto con il consuntivo per responsabilizzare chi di dovere. È un controllo sistematico. Il dato deve essere formulato con una logica ben precisa, mentre il confronto viene realizzato mediante semplici modelli matematici, comparando costi o ricavi in due tempi diversi. Tutto è oggetto di possibile interpretazione. Il prof. è andato a richiedere il cavo per utilizzare il proiettore, nel frattempo il Lanters ringrazia Roberta per un

regalino sotto forma di bustina rubata in erboristeria. Ieri ho fatto troppa palestra e son stanco. L’effettivo scostamento serve a ritrovare le cause reali dello scostamento stesso. Esso non è importante in senso assoluto, ma va scomposto per attribuire le specifiche responsabilità. Se lo standard serve come elemento di confronto, deve essere un valore dal quale sono state eliminate le disomogeneità fisiologiche, quali, per esempio, quelle che riguardano le logiche temporali: non tutte le aziende hanno processi di produzione che tendono a rimanere costanti nel tempo: molte hanno picchi verso l’alto o verso il basso, quindi è chiaro che se si realizzano confronti di budget tra picchi, si ottengono scostamenti eccessivi. Esempio banalissimo: stabilimento balneare. In azienda le condizioni di svolgimento dei processi variano, esattamente come le condizioni generali. Questo implica che dal momento dello standard a quello del consuntivo qualcosa inficia sempre il confronto. Questo implica soprattutto che lo standard, e tutti i teorici concordano in questo, NON deve essere uguale al periodo precedente: normalmente le imprese prendono i dati dei consuntivi precedenti e li proiettano. Questa logica è sia utilizzatissima sia criticatissima perché è molto improbabile che tutto rimanga invariato. Questo implica che ogni responsabile dovrebbe creare costi standard almeno parzialmente svincolati dal consuntivo. Questo processo all’ inizio lasciava perplessi i manager, perché faceva perdere tempo. Si cercava inizialmente di bypassare il problema facendo una media dei consuntivi precedenti e non si restava sulla base di un solo consuntivo. Anche il costo minimo ed il costo previsto sono ancorati al costo consuntivo. Erano tutti tentativi di velocizzare la determinazione dello standard. Oggi sono tutti concordi nel dire che non si dovrebbe fare così, in realtà fanno tutti così. La logica da seguire è creare ad hoc un costo preventivo che abbia come scopo la formulazione di un giudizio di confronto con il consuntivo. L'analisi delle condizioni di efficienza assume un 'importanza fondamentale poiché, con riguardo ai livelli raggiungibili dall'impresa, si possono formulare diverse ipotesi:

Ogni standard si riferisce comunque a "condizioni standard" dove il significato da attribuire alle condizioni sarà diverso a seconda del livello raggiunto. Slide 164 solo leggere, non in esame I costi standard cor renti Servono per stabilire traguardi da raggiungere. Esprimono i livelli di costo raggiungibili date certe condizioni di prezzo e quantità dei fattori impiegabili nonché di livelli realizzabili di produzione. L'adozione di tale sistema impone confronti periodici coi risultati per valutare le deviazioni che sono espressione dell’efficienza raggiunta. Devono essere frequentemente variati per riflettere le condizioni esistenti nell’ impresa. I costi standard di base Vengono determinati quando il sistema dei costi standard è introdotto nell’ impresa e subiscono modificazioni solo in caso di profonde mutazioni interne (processi o prodotto) ed esterne (ambientali). In azienda, soprattutto a basso livello, non è ben visto tutto questo meccanismo in quanto viene visto come mero controllo personale. Nelle prossime lezioni faremo l’applicazione dei modelli di analisi degli scostamenti. Esercitazione numero 5: Si veda il file budget.xls. Per lunedì fare l’esercitazione 6, mannaggia ieri pomeriggio abbiamo fatto la 7!

Cambiare testo: mettere 600 primo 900 il secondo, sennò la soluzione del prof. non torna. Quando si parla di margini di contribuzione è consigliabile partire sempre dalle considerazioni su quelli unitari, perché siamo sicuro che essi siano tali, mentre non è così se lo si calcola globalmente. Nella realtà non è mai possibile, perché i ricavi sono calcolati sulle quantità vendute, mentre i costi sulle quantità prodotte. Quindi se esprimiamo il giudizio sulla convenienza economica della produzione di un prodotto non dobbiamo partire da dati globali. Anche nell’esercitazione 6 saremo indecisi. È un discorso raffinato. Evitiamo margini di contr ibuzione globali, sostanzialmente questo è il consiglio per l’esame. La valutazione delle rimanenze è nella realtà sempre diversa da quella che viene fatta in termini di costi e ricavi e di costi di fabbricazione diretti e indiretti.

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Lezione del 27 Novembre 2006 Il compitino dovrà essere spostato (forse al 19), le ultime due lezioni dovrebbero essere il 4 pm e il 5 am.

Si veda il file budget.xls, foglio “esercitazione 6” : è definita dal prof. l’esercitazione più difficile sui budget. Nb.: c’è un errore nella tabella: 900 al posto di 1500 nel testo originale nelle rimanenze. I valori delle giacenze sono solitamente soggettive: spesso addirittura la valorizzazione delle rimanenze non si fa nemmeno (o la si ancora al consuntivo per ragioni di omogeneità) perché è eccessivamente soggettiva. Normalmente i costi variabili sono relazionati alle ore MOD. Anche valori alternativi possono essere validi. Siamo noi ad inserire il valore che reputiamo fondamentale dal punto di vista revisionale. Nel budget economico provvisorio, i costi industriali devono essere quelli del venduto, non della produzione. Il problema è il costo relativo ai consumi delle materie prime, che dovrebbero comprendere acquisti, confrontati con la variazione delle rimanenze: dovrebbero essere 33.150.000, 1.500.000, 1.350.000, quindi globalmente mi riferisco ad un consumo di materie di 33.300.000. Lezione pomer idiana Il prof ha detto che la lezione di stamattina sembrava più un’estrazione del lotto…proverò a giocarli…Il Mora sostiene (e secondo lui non sostiene ma è un dato di fatto) che il Lanters ha intrapreso un “mega-basteggio” addirittura fuori dall’aula. Il prof. è in ritardo. Oggi sarà proposto l’ultimo argomento del corso: “analisi degli scostamenti” . Visto che abbiamo più o meno capito come si programma e sappiamo consuntivare contabilmente da ragioneria, dovremmo cercare di spiegare come si arriva a fare un’analisi tra programmato e consuntivo. Lo scostamento dev’esser interpretato. Ci sono poche slide, cercheremo di spiegare il tutto con esempi numerici. Partiamo da un dato di budget ed uno di consuntivo. Lo scostamento è dato dalla differenza tra di essi. Bisogna comprendere come individuare le cause che lo hanno generato, per capire se sono punti di forza o di debolezza. Bisogna altresì far attenzione al caso in cui si decida di analizzare un costo piuttosto che un altro. Il segno “ -“ o “+” va interpretato algebricamente per capire se lo scostamento è positivo o negativo e si agirà differentemente anche se trattiamo costi o ricavi. Esistono due segni: algebrico ed economico: il secondo riguarda la valutazione del segno, per capire se è favorevole o meno. Esiste anche un terzo modello: quello dei costi fissi: lo studieremo poco, perché serve soltanto per divertire i matematici, tanto è fisso. Per i costi, uno scostamento negativo algebrico è negativo anche economicamente. Per i ricavi è il contrario. Esercizio Si veda il file Budget.xls, foglio “27.11.06” . Lo scostamento è scomponibile in 3 sotto-scostamenti, detti elementari:

1) efficienza 2) prezzo 3) volume

Attenzione: bisogna responsabilizzare il personale: nel 71.000 di scostamento, ho usato 1,4 chili anziché 1,5, ma li ho pagati di più, quindi posso colpevolizzare il responsabile commerciale che ha acquistato ad un prezzo più alto e fare i complimenti al responsabile della produzione, che ha impiegato meno materie per produrre lo stesso prodotto. Se analizzassimo soltanto il 71.000 in senso assoluto, non capiremmo di chi sono le responsabilità. Passiamo allora alla “ tecnica del budget flessibilizzato” : creiamo a posteriori un nuovo budget “ finto” , in cui si simulano dati ibridi di consuntivo e di budget: si ricrea il budget come se si fosse conosciuta a priori la quantità: 950 anziché 1.000. In questo modo elimino il volume, e lascio soltanto efficienza e prezzo come cause degli scostamenti. Così ho 2 scostamenti elementari, anziché 3 scostamenti elementari, ed entrambi sono facilmente studiabili. Ha un senso pensare di flessibilizzare anche i costi fissi? La risposta è: “è opinabile” . È un problema da laurea magistrale, quindi possiamo metterci quel che vogliamo. Lo studio del costo fisso flessibilizzato, d’altronde, richiede conoscenze matematiche avanzate. Ora studiamo gli scostamenti: partiamo dal primo col pr imo modello. La scaletta con cui si procede per analizzare gli scostamenti è:

1) volume 2) efficienza: col termine, matematicamente, si intende: unità di misura (es.: Kg.) x Quantità (vendute o previste). 3) prezzo.

È difficile andare a dire a qualcuno “bravo o cattivo” sull’analisi di volume, perché non avrebbe senso dire “bravo hai speso meno perché hai venduto meno” . Formula per lo scostamento di Efficienza: (Efficienza di budget – efficienza di consuntivo) * Prezzo di Budget (o prezzo standard unitario) Formula per lo scostamento di Prezzo: (Prezzo di budget – Prezzo di consuntivo) * Efficienza consuntiva Nota: il budget è inteso quello flessibilizzato. Per l’esame è importante saper commentare le probabili motivazioni degli scostamenti. In questo caso, per esempio, il maggior costo e la maggior efficienza possono derivare dal fatto che:

• il materiale acquistato è migliore, quindi costa di più • l’efficienza è salita perché è stato permesso dai materiali migliori

Anche così però il gioco non varrebbe la candela perché economicamente non conveniva, perché comunque la differenza totale è peggiorata di 19.000.

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Ultima considerazione finale: le formule hanno una logica ben precisa, anche se noi finiremo per studiarle a memoria. Per capire tali formule si utilizza il seguente approccio: Prezzo = 5 Quantità = 2 Budget = 5 x 2 = 10 A consuntivo sono 7 x 4 = 28. 7 5

2 4 L’area di scostamento ha in comune il quadratino in alto a destra. Per consuetudine, si decide di attribuirlo al Prezzo: Prezzo di Budget (5) – Prezzo di consuntivo (7) * Efficienza consuntiva (4). Efficienza = (2 – 4) * 5. Lezione del 28 Novembre 2006 Oggi non c’è il Lanters che è rimasto a dormire…ehm…a studiare a casa diritto del lavoro. Il compitino è il 19 Dicembre orario da definire, orientativamente tra le 13 e le 14. Indiscrezioni sul compitino: vale la stessa logica del primo: sarà composto da una parte operativa e da una parte teorica che normalmente è un po’ più snella rispetto a quella del primo compitino. Si sta pensando di provare ad inserire una prova a quiz, ma non tutta così: 5 domande, di cui 3 aperte e 2 a quiz. L’orale esiste, per chi vuol alzarsi il voto, soltanto se [(compitino1 + compitino2)/2]>24. Si fa ancora lezione lunedì pomeriggio e martedì mattina. Diamo per buona l’analisi dei costi. Proponiamo, quindi, il modello dell’analisi degli “scostamenti dei r icavi” . È un modello che è possibile applicare anche a certe configurazioni individuabili nel processo di stratificazione della formazione del reddito. Partendo dai ricavi, che è la prima voce del CE, è possibile stratificare, appunto, i costi fino al risultato netto. L’esempio tipico è quello dell’ impresa monoprodotto. Vedi budget.xls “28.11.06”. Il modello per l’ impresa monoprodotto può essere fuorviante, perché non tiene conto di svariati problemi aziendali. Nell’esempio, sembrerebbe un sogno di marketing: si vende di più ad un prezzo più alto. Ma queste analisi vanno valutate con cura: quest’analisi andrebbe fatta di concerto con l’esperto marketing, infatti. Cerchiamo allora di complicare il modello. Il fatturato non è un valore di per sé importante in quanto tale. In quest’esempio si vuol evidenziare come l’azienda abbia avuto molti ricavi in più, ma non è del tutto un fatto positivo, in quanto ha goduto di un effetto trascinamento positivo del prodotto, ma questa maggior vendita da cosa deriva? Se deriva dal fatto che globalmente la domanda sia aumentata, allora la quota di mercato precedentemente detenuta è aumentata o scesa? Come obiettivo di fondo, normalmente, il ricavo da solo non va bene. Deve sempre essere accompagnato da qualche altro obiettivo. Continua in excel…vedi quota di mercato. L’ individuazione delle percentuali, in un contesto reale, è molto più complesso di un banale foglio di excel. Il passaggio successivo è vedere come si applica lo stesso modello ad aziende pluriprodotto. È un problema, perché non si possono sommare cioccolatini e biciclette. Il modello funziona, quindi, con un escamotage: come “modello plur i-var iante di prodotto” (esempio: lavatrici di 10 tipi). Continua su Excel. Compito a casa: Ultima proposta di estensione del modello: come i maggiori ricavi si ripercuotono sui maggiori risultati economici? Si cerca di applicare il modello non soltanto al ricavo, ma ad una configurazione di reddito. Non sono sicuro che il guadagno sui due prodotti sia identico. Si può allora provare ad applicare lo stesso identico modello ad una configurazione di reddito. Normalmente la letteratura concorda nello stabilire che la configurazione più adatta a far ciò è il margine di contribuzione: ricavi – costi variabili. Conviene sempre produrre e vendere il prodotto che ha un margine di contribuzione più alto, non quello con il ricavo più alto! I costi variabili sono, a budget: 14 per K1 e 15 per K2 (quindi i margini di contribuzione sono 4 e 7). Basta sostituire il margine di contribuzione ai prezzi. Il problema è che i ricavi riguardano il settore commerciale, mentre i costi variabili riguardano il settore industriale. È chiaro quindi che, sostituendo margine coi prezzi, non riesco a responsabilizzare nessuno. Per riuscire a responsabilizzare, a consuntivo, devo calcolare i costi variabili a preventivo, non quelli a consuntivo, creando un margine di contribuzione ibrido, di modo che si differenzi solo per i ricavi e non anche per i costi: in questo modo elimino l’ influsso della variazione del margine di contribuzione. Il margine di consuntivo sarà dato da K1 = 17 – 14 = 3 e K2 = 13 – 5 = 8.

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Lezione del 4 Dicembre 2006 Il Lanters è fuori. Il Mora sostiene che stia baccagliando in maniera “extra” . C’è un suo omonimo che ha preso 29 di diritto romano e lui pensava di aver preso 29 di diritto del lavoro, invece non è così. Ci mancavano soltanto i casi di omonimia...Scarezzi è qui. Il compitino è fissato definitivamente a Martedì 19 ore 12, aula M. Completiamo l’esercizio della scorsa lezione. Di solito per i costi c’è un responsabile che si individua in modo chiaro. Il problema assume importanza quando il modello dello scostamento dei ricavi è applicato a configurazioni parziali di reddito. In particolare, va molto di moda applicare il modello ai ricavi ai quali sono stati detratti alcuni costi, quali, per esempio, quelli variabili (per trovare, in pratica, il margine di contribuzione). Chiaramente se al margine di contribuzione si sottraggono ancora i costi fissi si trova il reddito ante-imposte. Non è semplice, perché il conto economico deve prevedere i dati sia di preventivo sia di consuntivo per tutti i prodotti. Il margine di contribuzione di solito non è complicatissimo da calcolare, il vero problema è suddividere tra tutti i prodotti i costi fissi. Si potrebbe fare, ma soltanto secondo criteri soggettivi piuttosto opinabili. Quindi il margine di contribuzione è il risultato meno opinabile e più semplice da ottenere, perché alcuni costi, per loro natura, non sono suddivisibili tra i prodotti. Non tutte le aziende hanno un’ impalcatura contabile in grado di suddividere i costi tra le diverse categorie di prodotto. Ricordiamo che: Margine di contribuzione a preventivo = Ricavi a preventivo – costi variabili commerciali a preventivo – costi variabili industriali a preventivo. Margine di contribuzione a consuntivo = Ricavi a consuntivo – costi variabili commerciali a consuntivo – costi variabili industriali a consuntivo. Per poter responsabilizzare il direttore marketing o quello di produzione…lascio i costi a preventivo: Margine di contr ibuzione “ ibr ido” = Ricavi a consuntivo – costi variabili commerciali a preventivo – costi variabili industriali a preventivo. Ciò detto, l’esercizio proposto la settimana scorsa prevedeva due varianti di prodotto…continua su excel “28.11.06”. Ora correggiamo anche l’esercitazione del 20/12/05: si veda il foglio di excel relativo. Lezione del 5 Dicembre 2006 Oggi non c’è il Lanters. Correggiamo l’esercitazione del 20/06/06. Si veda come sempre il file budget.xls. Il prof. ha detto che quest’anno ha toccato poco l’analisi dei costi fissi, quindi possiamo nelle esercitazioni saltare i punti che parlano dello scostamento dei costi fissi e del sovra/sotto assorbimento. Esistono 4 tipi di quantità: 2 a previsione: produzione e vendite 2 a consuntivo: produzione e vendite Di solito negli esercizi per semplificare coincidono. Fine della lezione. Siamo in biblioteca con il Lanters (arrivato dopo), il Mora, Manuela e ci scriviamo le domande teoriche fornite dal prof.:

1) dopo aver definito che cosa è un budget precisare quali sono le sue funzioni 2) descrivere brevemente il processo di formazione del master budget mettendo in evidenza i diversi livelli

gerarchici di formazione 3) definire cosa si intende per centro di responsabilità ed indicare quali sono le principali aree di responsabilità

dei centri più significativi 4) spiegare la differenza esistente tra budget rigido e budget flessibilizzato 5) definire brevemente che cosa si intende per pianificazione, programmazione e controllo 6) dire quali circostanze devono sussistere per poter individuare un centro di responsabilità e come tali centri

possono classificarsi 7) descrivere le varie fasi del processo di elaborazione del budget 8) analizzare sinteticamente le varie teorie sul consolidamento elaborate in dottrina e le caratteristiche salienti

delle metodologie di consolidamento che da esse discendono 9) dopo aver precisato quali condizioni devono sussistere per giudicare equilibrata la struttura finanziaria di

un’ impresa precisare se una struttura di questo tipo possa considerarsi condizione sufficiente per garantire una equilibrata situazione finanziaria

Giorno 19 Dicembre 2006, post-compito. Visto che è quasi Natale, mi sento buono e vi scrivo quel che è stato chiesto di teoria☺ (chiaramente non ricordo perfettamente a memoria le domande ed il loro ordine, ma “a memoria”, a grandi linee, erano):

1) La programmazione 2) Costi standard 3) Costi parametrici, discrezionali, vincolati 4) Margine di contribuzione e responsabilizzazione del settore commerciale 5) Perché il controllo di gestione deve essere legato alla gratificazione del personale? 6) Il Budget economico

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Come affrontare il foglio di lavoro: • Formula generale di base (es.: per i brevetti, concessioni, costi di ricerca):

Valore iniziale +/- var iazioni = valore atteso – valore finale = = val. anno X – costo storico per le vendite + val. d’acquisto + rivalutazioni – svalutazioni = valore atteso – valore anno x + 1 = Una volta ottenuto il risultato… Attività Passività Valore positivo Fonti Impieghi Valore negativo Impieghi Fonti

• TFR, Fondo garanzia prodotti, collaudo: La quota di acc.to annua va sommata nella formula generale (e asteriscata nelle fonti): TFR anno X + acc.to = valore atteso – TFR anno X + 1

• Calcolo plus/minusvalenza:

Costo storico Ricordiamo che il costo storico è il valore da sottrarre in caso di vendita! – fondo ammortamento Costo storico = valore contabile + fondo ammortamento = valore contabile Valore di realizzo/di vendita = valore contabile +/- plus/minusvalenza – valore di realizzo Se è stato alienata un’ immobilizzazione, nelle fonti va il valore di = plus/minusvalenze realizzo compresa (ed evidenziata a margine) la plus/minusvalenza. Ecco cosa succede invece per altre voci (è l’opposto):

• Variazioni lorde senza operazioni (ad esempio crediti e debiti a b/t, rimanenze prod. etc.) Attività (esempio: crediti a b/t, rim. di prodotti etc.) Passività (es.: debiti, amm.ti impianti e fabbr.) ∆ > 0 Impieghi Fonti ∆ < 0 Fonti Impieghi Anche a logica: avere meno soldi in banca è una passività, quindi una fonte.

• La quota annua di ammortamento o di accantonamento va asteriscata tra le fonti, senza variare gli impieghi: o N.B.: c’è differenza tra i fondi collaudo, garanzia e TFR con i fondi ammortamento impianti e fabbr.:

per i secondi la variazione va in rettifiche e non in impieghi, cioè non se ne tiene conto.

• Le r iserve, gli utili, il capitale sociale: o Le riserve di capitali sono: di rivalutazione, da sovrapprezzo azioni. o Utile X + 1 = aggiungere minusvalenze e togliere plusvalenze => nelle fonti! o Utile X = togliere la variazione delle riserve di utili (statutaria, legale e “altre” ) e inserire negli impieghi

(in quanto dividendi, quindi costo per la società). o La r ivalutazione è compresa nel valore degli impieghi, ma va rettificata in “riserve di capitali” o “ di

rivalutazione” ; così come l’apporto di un’ immobilizzazione (che aumenta il capitale sociale) va a detrarsi dal valore del “capitale sociale” .

o La rivalutazione/svalutazione: � Se col metodo del patrimonio netto ne tengo conto nel foglio di lavoro (ci potranno essere riserve); � Se in CE non ne tengo conto nel foglio di lavoro ma le vado ad inserire nel rendiconto finanziario, per

determinare il reddito spendibile.

• Immobilizzazioni immateriali (attivo Stato Patrimoniale) B1) Brevetti etc. o No fondo ammortamento: contabilizzazione ammortamento in conto

• Immobilizzazioni materiali (attivo S.P.) B2) Terreni, fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature, altri beni o I terreni non hanno fondo ammortamento perché non si svalutano (al massimo si rivalutano oppure cambiano di valore se cambia il

piano regolatore) o Il fondo ammortamento va aggiunto al valore dello Stato Patrimoniale per ottenere il valore del foglio di lavoro (vale anche per

impianti, macchinari e attrezzi)

• Rendiconto finanziar io: o le voci del foglio di lavoro asteriscate vanno nella lettera A, i valori di realizzo vanno in B. o I debiti verso banche a breve: se derivanti da scoperti in c/c rettificano la liquidità, altrimenti vanno in C. o Dal C.E. bisogna riportare nel rendiconto finanziario ammortamenti, accantonamenti (compreso TFR). o Le par tecipazioni (negli impieghi sotto la voce a) investimenti) vanno al netto della quota che finisce

nelle riserve di capitali. o Poiché esistono partecipazioni strategiche e partecipazioni speculative, nell’attivo dello S.P. esiste 2 voci

“crediti v/imprese collegate” . Sono da stornare e riportare nel rendiconto negli Impieghi.

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Rendiconto Finanziar io Fonti A) Gestione reddituale Utile + Minusvalenze – Plusvalenze – Ripristino di partecipazioni, in CE + svalutazione partecipazioni in CE + Ammortamenti + Accantonamenti (TFR compreso) = Reddito spendibile – aumento / + diminuzione di:

materie prime, semilavorati e prodotti finiti, crediti v/clienti, ratei e risconti attivi, titoli non immobilizzati

+ aumento / – diminuzione di:

debiti verso fornitori, debiti tributari, ratei e risconti passivi, debiti rappr. da titoli di credito

B) Realizzo di investimenti + Vendite (comprese partecipazioni, rettificate di eventuali sval./rival.) C) Finanziamenti + Diminuzione di crediti v/collegate + Aumento di debiti v/controllate + Debiti v/banche e altri D) Capitale Propr io Aumento di capitale sociale Aumento ris. sovrapprezzo azioni TOTALE

Riportate a margine nel foglio di lavoro Da testo Da testo Valori asteriscati nel foglio di lavoro (quelli presi dal testo + quelli del C.E.) Stato Patrimoniale Stato Patrimoniale Valori di realizzo (presi dal testo e riportati nel foglio di lavoro nelle fonti, con plus./minus. a margine) Stato Patrimoniale Stato Patrimoniale A lungo termine (se fonti) Stato Patrimoniale TOTALE

Impieghi A) Investimenti + Acquisti (comprese partecipazioni) B) Finanziamenti + Aumento di crediti e + diminuzione di debiti v/collegate e controllate + Debiti a lungo + Utilizzo del f.do TFR, del f.do collaudo e garanzia C) Capitale Propr io + Dividendi + Acconti dividendi TOTALE IMPIEGHI Liquidità TOTALE A PAREGGIO

Impieghi risultanti dal foglio di lavoro dopo i calcoli della formula generale Stato Patrimoniale Impieghi Foglio di lavoro (Impieghi) Utile dell’anno precedente (x) – ∆ riserve di utili (legale, statutaria, altre) Somma di A + B + C – Debiti v/banche a b/term. (cioè scoperti in c/c) + cassa, depositi bancari etc. Totale impieghi + liquidità

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Analisi della situazione patr imoniale e finanziar ia CCN = liquidità differite + liquidità immediate + rimanenze – passività correnti CCN = Ld + Li + Rd – P CCN = C – P (C = capitale circolante lordo) CCN = Ld + Li + RD – P = Capitale proprio + passività consolidate – Capitale immobilizzato (fisso) CCN = Ld + Li + RD – P = N + π – F

• Se C > P allora attività a breve > passività a breve • Se N + π > F allora fonti a lungo > impieghi a lungo

La struttura patr imoniale e finanziaria analizza:

1. elasticità degli investimenti = F + C = N + π + P = K (dove K = totale attività/passività) • se F > C rigidità • se C > F flessibilità 2. elasticità dei finanziamenti = N/K + π/K + P/K = 1 3. solidità patrimoniale = relazione tra capitale proprio e capitale sociale = N/n

La situazione finanziar ia:

Margini: • di tesoreria = (1 + L) – P: non tiene conto delle rimanenze • di struttura = (N – F): se l’ impresa si finanzia ricorrendo solo al capitale proprio • CCN = C – P Indici (è uguale ai margini con segno diviso): • di liquidità = (1 + L)/P: mezzi monetari necessari per far fronte tempestivamente ed

economicamente alle uscite. • di autocopertura = N/F: indica la capacità del capitale proprio di coprire gli investimenti fissi

• di disponibilità = C/P: altro indice di liquidità: permette di individuare l’attitudine dell’ impresa a soddisfare finanziariamente le esigenze della gestione corrente.

• VCC = velocità del capitale circolante (vedi pag. seguente) Solidità aziendale:

• capacità dell’ impresa di perdurare nel tempo adattandosi • misura la dipendenza da terzi finanziatori • misura il rischio finanziario • vedi elasticità degli investimenti e dei finanziamenti • N/K => più è basso maggiore è la dipendenza finanziaria da terzi

Redditività: remunerazione dei fattori produttivi Efficienza: capacità di utilizzare nel modo migliore i mezzi finanziari Ciclo monetar io: distanza tra pagamenti e riscossione. Insieme coordinato di indicatori che esprimono un tempo medio di giacenza. Se c’è eccessivo sfasamento, si ha tensione finanziaria.

• (Rimanenze iniziale + Rimanenze finali)/2/costi*365 (trovo un indice espresso in giorni) • Crediti/Ricavi*365 • Debiti/acquisit*365

La r iclassificazione: si intende cambiare criterio di determinazione ossia il principio ordinatore del bilancio. Le attività si riclassificano secondo criteri crescenti di liquidità. Le passività secondo criteri crescenti di esigibilità. Si ottengono così informazioni sulla struttura, sulla situazione e sulla dinamica finanziaria e patrimoniale dell’ impresa. Si rilevano inoltre le condizioni di rigidità ed elasticità delle fonti e degli impieghi, il grado di dipendenza finanziaria da terzi ed il livello di solidità del patrimonio netto aziendale.

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La situazione economica Costo del venduto: Ricavi netti di vendita – costo del venduto (area industriale) = utile industriale – costi amministrativi – costi commerciali

Valore aggiunto: Valore della produzione – Acquisti ed altre spese (costi esterni) = Valore aggiunto – Spese per il personale (costi interni) = MOL (margine operativo lordo) – ammortamenti (costi interni)

Reddito operativo +/- proventi ed oneri (atipici, finanziari e straordinari)

= Reddito ante imposte La redditività globale o netta Tasso di redditività del capitale proprio, ossia la remunerazione del capitale di pieno rischio: ROE = return on equity = Rn (utile) / N = Ro / K * K / N * Rn / Ro =

Reddito netto / (Capitale sociale + riserve) Tasso di redditività operativa ROI = return on investment = attitudine a remunerare in modo congruo gli investimenti utilizzati operativamente nella gestione caratteristica = Ro / Ko = Reddito operativo / Totale attività o passività patrimoniali (esclusi gli investimenti atipici) = Ro / V * V / Ko = Reddito operativo / vendite * vendite / Ko = = ROS (ovvero Redditività delle vendite) * VCC (ovvero velocità di circolazione del capitale investito). Il ROS esprime il reddito medio ottenuto per ogni unità di ricavo. Il VCC esprime quante volte nell’arco di un periodo amministrativo il capitale si è trasformato in risorse finanziarie grazie alle vendite. La leva finanziar ia: ROE – [ROI + (ROI – i) * (p + π)/N]* (1 – t) (dove t = prelievo fiscale) Paradosso Apparente: se ROE > ROI > i e i = OF (oneri finanziari, cioè interessi passivi), in teoria, secondo il meccanismo della leva finanziaria, posso spingermi oltre negli investimenti all’ infinito, ma in realtà solo fino a quando gli azionisti non ritirano il capitale o finché il disequilibrio strutturale non diventerà talmente compromesso che i salirà (cioè il tasso di interesse che richiede la banca). I limiti della leva finanziaria sono, quindi, la saturazione del mercato e l’aumento di i. I l rendiconto finanziar io: tale documento non fa parte del bilancio di esercizio (ne fa parte per quelle quotate in borsa). È richiamato molte volte dai principi contabili nazionali e internazionali. Tutte le imprese di medio-grandi dimensioni lo redigono. Bisogna scegliere una risorsa finanziaria di riferimento: rendiconto finanziario di liquidità/dei flussi di CCN. I l reddito spendibile: tale grandezza rappresenta un anello di congiunzione tra i concetti economici e finanziari di reddito = Utile + costi non finanziari – ricavi non finanziari. È un flusso di CCN, ed è quello generato dalla gestione reddituale. Si trasforma o meno in CCN nel modo in cui genera reddito spendibile (≠ cash flow). Un’azienda può chiudere in perdita ma con un reddito spendibile positivo (ammortamenti e accantonamenti molto alti). Dimensione finanziaria del reddito spendibile: il reddito spendibile è finanziariamente rilevante solo per la parte di ricavi e costi generati dalla gestione reddituale. Concetto economico: nasce da valori economici, sarebbe un valore finanziario se tutti i costi ed i ricavi influenzassero i costi ed i ricavi finanziari. Si hanno costi e ricavi non finanziari quando la contropartita in partita doppia non riguarda il CCN.

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Commento al rendiconto finanziar io Una prima traccia è trovabile sui lucidi alla slide di pag. 80: obiettivi conoscitivi. Eccola:

• Come è variata la liquidità nell’ impresa ? • A quanto ammontano le fonti e gli impieghi ? • A quanto ammonta il reddito spendibile ? • Quali sono le componenti fondamentali del R.S. ? • A quanto ammonta il flusso di cassa della gestione reddituale ? • Quali sono le componenti fondamentali di tale flusso ? • Quale è la fonte di liquidità prevalente ? • Quale è l’ impiego di liquidità prevalente ? • Come sono correlati gli impieghi e le fonti ?

Altre considerazioni utili per il commento: 1. Il commento si basa innanzitutto sulla percentualizzazione dei valori. 2. Confronto tra liquidità e totale a pareggio. 3. Confronto tra Reddito spendibile e utile (causa ammortamenti e accantonamenti). 4. Confronto tra Reddito spendibile e gestione reddituale (il reddito spendibile dovrebbe

coprirne la maggior parte). 5. Confronto tra investimenti e disinvestimenti

o Rinnovamento/espansione/regresso o Capire se gli investimenti sono auto-finanziati o se si ricorre all’ indebitamento

6. Capire se la politica aziendale è subìta o no: o Rimanenze e crediti alti possono significare difficoltà a vendere o incassare o Periodo di giacenza media dei crediti

7. Ipotesi di razionalizzazione delle scorte (JIT, just in time) e dei crediti: o Tolgo le rimanenze e vedo cosa succede o Velocità di riscossione dei crediti (li tolgo e vedo cosa succede)

8. Confronto tra dividendi/utile/totale 9. Variazione del CCN: rimanenze, crediti e debiti a breve