CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra...

10

Click here to load reader

Transcript of CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra...

Page 1: CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme

1

CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL GOVERNO DELLE RELAZIONI

INDUSTRIALI

CALL FOR PAPERS

Valentina Remida

“Il contributo degli Accordi quadro transnazionali alla regolazione del mercato globale”.

Premessa. All’indomani della tragedia verificatasi in Bangladesh, con il crollo dell’edificio che ha causato la morte di oltre un migliaio di lavoratori del settore tessile, è lecito domandarsi in che modo possano essere arginati gli effetti negativi che i processi indotti dalla globalizzazione dei mercati portano con sé. In altre parole, ci si chiede quali siano gli strumenti più efficaci per neutralizzare le pericolose tedenze allo sfruttamento del dumping sociale e garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori internazionalmente riconosciuti1. L’interrogativo si fa ancor più pressante in un momento come quello attuale, caratterizzato da una crisi economica che accentua la tendenza delle imprese, per mantenersi competitive sul mercato, a delocalizzare e distribuire le attività produttive e commerciali in ambiti caratterizzati da livelli remunerativi e regimi normativi più favorevoli2. A tale proposito, il paper intende soffermarsi sul contributo che gli accordi quadro transnazionali, riconducibili all’area della cosiddetta soft law, possono dare ad una più equa regolazione del mercato globale, mostrando come le multinazionali, grazie al dialogo instaurato con le rappresentanze sindacali, si pongano sempre più spesso nel panorama attuale non solo quali canali di diffusione degli international labour standards, ma anche come “veicoli di internazionalizzazione delle relazioni di lavoro”3. Gli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme internazionali a tutela del lavoro è stata in parte compensata dalla proliferazione di iniziative ispirate alla corporate social responsability, di cui sono espressione i codici di condotta adottati su base volontaria e unilaterale dalle imprese, diffusi negli anni Ottanta e Novanta, con ricadute in realtà piuttosto limitate sulla tutela dei lavoratori. A questa stagione ha fatto seguito una nuova fase, quella degli Accordi quadro trasnazionali, internazionali ed europei, caratterizzati da un diverso bilanciamento degli interessi contrapposti perché frutto del negoziato tra aziende multinazionali e federazioni di settore, internazionali o europee (Bwi, Psi, Uni, IndustriAll), spesso affiancate dai sindacati nazionali e/o dai Comitati aziendali europei4. C’è chi considera tali accordi ancorati alla logica della Responsabilità sociale d’impresa, di cui rappresenterebbero un ulteriore sviluppo, e chi vede in questi strumenti il segnale di un’espansione

1 A. SUPIOT, Giustizia sociale e liberalizzazione del commercio internazionale, in Lavoro e diritto, n.3, 2011; A. PERULLI, La promozione dei diritti sociali fonamentali nell’era della globalizzazione, in S. SCARPONI (a cura di), Globalizzazione e diritto del lavoro, Milano, Giuffrè, 2001. 2 R. PESSI, Dumping sociale e diritto del lavoro, in Rivista del diritto della sicurezza sociale, n.3, 2011, 617 ss.; LYON

CAEN, A proposito di dumping sociale, in Lavoro e diritto, n.1, 2011, 7 ss.; A. PERULLI, Delocalizzazione produttiva e

relazioni industriali nella globalizzazione: note a margine del caso Fiat, in Lavoroe e diritto, n.2, 2011, 343 ss. 3 T. TREU, Compiti e strumenti delle relazioni industriali nel mercato globale, in Lavoro e Diritto, n.2, 1999, p.205. 4 European Foundation for the improvement of living and working conditions, European and International framework

agreements: practical experiences and strategic approach, 2009; K. PAPADAKIS Cross-border social dialogue and

agreements: an emerging global industrial relations framework, International Institute for Labour Studies, 2008. L’elenco degli accordi è consultabile su: www.global-union.org; www.ewcdb.eu. Si veda anche il “database on Transnational company agrrements della Commissione Europea.

Page 2: CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme

2

del dialogo sociale verso una nuova dimensione transnazionale, e l’avvio di un processo di europeizzazione/internazionalizzazione delle relazioni sindacali5. Non c’è dubbio che gli accordi transnazionali inglobino in sé elementi dell’una e dell’altra dimensione: all’impegno delle aziende ad assicurare il rispetto di un livello minimo di tutela delle condizioni di lavoro, così da diffondere un’immagine aziendale positiva ed evitare campagne pubblicitarie economicamente dannose, si associa la ricerca di un dialogo costante con le rappresentanze sindacali, motore per lo sviluppo di una negoziazione collettiva oltre i confini nazionali6. Di fronte al potere crescente delle multinazionali e all’asimmetria che si è venuta a creare tra la dimensione economica, sempre più globale e denazionalizzata, e una regolamentazione del lavoro ancora chiusa entro i confini nazionali, le organizzazioni sindacali hanno sentito la necessità di instaurare forme di dialogo con le grandi aziende per garantire il rispetto di una soglia minima di diritti sociali. In assenza di un quadro giuridico transnazionale, che come da più parti auspicato intervenga a sostenere e promuovere la contrattazione collettiva trasnazionale, definendo soggetti negoziali, procedure e valore degli accordi7, i c.d Transnational Framework Agreements continuano a diffondersi, in una “no man’s land”8, in una terra di nessuno, lasciando aperti una serie di interrogativi relativi alla legittimazione e rappresentatività delle parti negoziali contraenti, allo statuto giuridico degli accordi, agli strumenti attuativi e ai meccanismi di risoluzione delle controversie9. Essi rappresentano il frutto di trattative tra soggetti che “agiscono sfuttando una propria forza espansiva e si appropriano di una funzione regolativa al di là di riconoscimenti formali”10, divenendo fonti dell’ordinamento globale attraverso un processo definito come “giuridificazione transnazionale”11 o “transnazionalizzazione delle fonti”12. Al di là delle classificazioni, ciò che conta è che tali accordi rappresentano indubbiamente una risposta innovativa alle sfide poste dalle trasformazioni economiche13, perseguendo l’idea di una “globalizzazione virtuosa”, per usare un’espressione di Perulli, “capace di invertire il paradigma della concorrenza regolatoria a vantaggio di una regolazione della concorrenza sociale guidata da principi internazionalmente riconosciuti di rispetto dei diritti fondamentali”14.

5 I. SCHOMANN I., Transnational company agreements: toward an internationalization of industrial relations, in SCHOMANN, JAGODZINSKI, BONI, CLAUWAERT, GLASSNER, JASPERS, Transnational collective bargaining at company

level: a new component of European Industrial Relations?, ETUI, 2012, 197 ss.; S. SCIARRA, Transnational and

European ways forward for collective bargaining, WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”, INT. – 73/2009; DA COSTA, PULIGNANO, REHFELDT, TELLJOHANN, Transnational negotiations and the Europeanization of industrial relations:

potential and obstacles, in European journal of industrial relations, 2012, 123 ss.; N. HAMMER, International

framework agreements: global industrial relations between rights and bargaining, Transfer, 2005, 511 ss.; D. STEVIS, International framework agreements and global social dialogue: parameters and prospects, International Labour Office, Geneva, 2010, 6 Commission Staff working document, Transnational company agreements: realising the potential of social dialogue, Brussels, 10.09.2012. 7 ALES, ENGBLOM, JASPERS, LAULOM, SCIARRA, SOBCZAK, VALDES DAL RE, Transnational collective bargaining: past,

present and future, Final Report, European Commission, 2006. 8 I. SCHOMANN, Transnational company agreements: toward an internationalization of industrial relations, cit., p.197. 9 E. ALES, A. DUFRESNE, Transnational collective bargaining: another (problematic) fragment of the European multi-

level industrial relations system, in European journal of industrial relations, 2012, 95 ss. 10 S. SCIARRA, L’Europa e il lavoro. Solidarietà e conflitto in tempi di crisi, Laterza, 2013, p. 44. 11 S. SCIARRA, L’Europa e il lavoro. Solidarietà e conflitto in tempi di crisi, cit., p.48. 12 S. NADALET, Le dinamiche delle fonti nella globalizzazione: ipotesi per un diritto transnazionale del lavoro, in Lavoro e diritto, n.4, 2005, 671 ss. 13 F. GUARRIELLO, I diritti di contrattazione collettiva in un’economia globalizzata, in Giornale di Diritto del Lavoro e

delle Relazioni Industriali, 2012, p.348. 14 A. PERULLI, Globalizzazione e dumping sociale: quali rimedi?, in Lavoro e diritto, n.1, 2011, p.18.

Page 3: CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme

3

La regolazione del mercato globale negli accordi quadro di ultima generazione. Nonostante le incertezze legate all’assenza di un quadro regolativo, quello che sembra in atto è un processo di progressivo affinamento delle tecniche di redazione di tali accordi, soprattutto in quelli di ultima generazione (Gdf Suez, Peugeot Citroën, Codere, Securitas AB, etc.), non solo per quanto riguarda il contenuto, ma anche rispetto alla definizione dei meccanismi di controllo sull’attuazione degli impegni assunti15. Le strategie messe in atto dalle federazioni globali ed europee sembra che abbiano ridimensionato l’obiettivo quantitativo a favore di un approccio qualitativo, focalizzato sul rafforzamento della dimensione attuativa dell’accordo e sulla diffusione delle prassi più efficaci per condizionare il comportamento aziendale16. Lo dimostrano anche i modelli di accordo definiti negli ultimi anni da alcune federazioni (IndustriAll, BWI, PSI, EMF) 17, caratterizzati da un contenuto più ampio e dettagliato per ciò che riguarda i diritti da rispettare e da disposizioni specifiche relative ai meccanimsi di controllo e alla procedure di risoluzione dei conflitti. Questa tendenza sembra caratterizzare sia gli International Framework Agreements (IFA) che gli European Framework Agreements (EFA), vale a dire entrambe le tipologie riconducibili all’area degli “accordi aziendali transnazionali”18, le cui differenze vanno via via attenuandosi nel tempo. Mentre i primi sono accordi globali, frutto del negoziato tra multinazionali e federazioni internazionali di settore (GUFs: Imf, Uni, Bwi), che si limitano per lo più ad assicurare il rispetto degli standard internazionali di lavoro in tutte le strutture aziendali, gli Efa, con un ambito geografico di applicazione limitato ai paesi europei, si caratterizzano per una maggiore complessità e articolazione19. Alla varietà dei soggetti potenzialmente coinvolti nel processo di negoziazione e sottoscrizione dell’accordo (federazioni europee di settore, oo.ss. nazionali, Cae), si accompagna un contenuto più ampio ed eterogeneo, che include temi come formazione, salute e sicurezza, mobilità, ristrutturazioni, dialogo sociale, protezione dei dati, ecc. La diffusione capillare degli international labour standards. L’origine negoziale di tali accordi, che permette di limitare e contrastare gli atteggiamenti opportunistici delle imprese, si riflette positivamente sul piano dei contenuti, e quindi degli obblighi assunti dalle multinazionali20. A differenza della maggior parte delle inziative di carattere unilaterale, quasi tutti gli accordi quadro, internazionali ed europei, fanno riferimento al nucleo duro di diritti sociali internazionalmente riconosciuti come basiliari che, generalmente, coincidono con i core labour standards consacrati nella storica Dichiarazione Oil del 1998: libertà di associazione e

15

S. SCARPONI, Gli accordi transnazionali a livello di impresa: uno strumento per contrastare il social dumping?, in Lavoro e Diritto, n.1/2011, 119 ss.; 16 I. SCHOMANN, Transnational company agreements: toward an internationalization of industrial relations, cit., p.212. 17 Alcune federazioni, in assenza di una regolamentazione, hanno fissato delle linee guida o modelli procedurali per supportare i sindacati affiliati nelle fasi di negoziato, sottoscrizione e attuazione degli accordi: ad esempio, Internal EMF procedures for negotiations at multinational company level, 2006; BWI Guidance on international framework agreements, 2007; PSI Guidelines on the conclusion of international agreements with multinational enterprises, 2007; 18 La Commissione europea definisce “accordo aziendale transnazionale” “un accordo che comprende impegni reciproci, il cui ambito si estende al territorio di diversi Stati e che è stato concluso da uno o più rappresentanti di un’impresa o di un gruppo di imprese da una parte, e da una o più organizzazioni di lavoratori dall’altro, e che riguarda condizioni di lavoro e di occupazione e/o relazioni tra imprenditori e lavoratori o loro rappresentanti”, Commission staff working document, The role of transnational company agreements in the context of increasing international

integration, Brussels, 2008. 19 European Industrial Relations Dictionary. 20 Secondo S. SCARPONI, gli studi empirici su queste fonti confermano che “la formulazione degli impegni assunti in applicazione dei principi fondamentali secondo le norme internazionali appare spesso molto più precisa ed esauriente di quanto non avvenga nell’ambito dei codici etici decisi unilateralmente”, La privatizzazione delle norme internazionali

di tutela del lavoro: codici etici di responsabilità sociale, accordi sindacali internazionali, in Lavoro e Diritto, n.3/2009, p. 413.

Page 4: CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme

4

diritto di contrattazione collettiva, divieto di discriminazione, abolizione del lavoro forzato e del lavoro minorile21. Con la Dichiarazione sui principi e diritti fondamentali sul lavoro, basata su una concenzione promozionale e non più soltanto prescrittiva22, l’Oil si era proposta di dar vita a una sorta di “sistema decentralizzato”23, incoraggiando al rispetto degli international labour standards contenuti nelle otto convenzioni fondamentali una vasta gamma di soggetti, in primis le imprese multinazionali, ormai protagoniste dello scenario globale24. In questo quadro, sempre più caratterizzato da una commistione di ruoli tra soggetti pubblici e soggetti privati e da una “permanente ibridazione tra fonti”25, i meccanismi di private governance come gli accordi transnazionali si sono posti come vettori di “assimilazione da parte dell’impresa multinazionale di standard sociali internazionali non direttamente applicabili all’impresa stessa”26. La promozione del rispetto dei core labour standards da parte di attori privati si è quindi affiancata, all’azione statale, accrescendo il grado di effettività delle norme internazionali a tutela del lavoro 27 e determinando al tempo stesso una sorta di “privatizzazione” delle stesse28. Come ha osservato a questo proposito Baylos Grau, “attraverso l’accordo collettivo stipulato con l’impresa si realizza un rinvio alla normativa internazionale, e cioè alle convenzioni Oil, che in questo modo trovano applicazione non attraverso il recepimento negli ordinamenti nazionali e l’entrata in vigore nei rispettivi territori, ma mediante l’inserimento in un processo di negoziazione collettiva, nell’ambito dello spazio globale in cui l’impresa agisce”29. Rispetto ai primi accordi, però, ciò che si osserva in quelli di più recente adozione è non solo una definizione più specifica e approfondita del contenuto in cui si esprimono i core labour standards, in particolare libertà di associazione e diritto di contrattazione collettiva, ma anche la tendenza ad andare oltre il nucleo duro dei diritti fondamentali individuati dalla Dichiarazione del 1998 per abbracciare temi come la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, il salario dignitoso, l’orario di

21 Secondo A. PERULLI, si tratta di quei “diritti dei lavoratori che si atteggiano essenzialmente come diritti umani internazionalmente riconosciuti, per i quali esiste con ogni probabilità una opinio iuris in base alla quale la comunità internazionale ne risulta vincolata quanto a osservanza”, Globalizzazione, governance e diritti sociali, in NAPOLI M. (a cura di), Globalizzazione e rapporti di lavoro, Milano, Vita&Pensiero, 2006, p. 14. 22 B. LANGILLE, Core labour rights: the true story, in European journal of international law, n. 3, 2005, pp. 411 ss.; F. MAUPAIN, Revitalization not retreat. The real potential of the 1998 Ilo Declaration for the universal protection of

workers’ rights, in European journal of international law, n. 3, 2005, pp. 440 ss. 23 P. ALSTON, Core labour standards and the transformation of the international labour rights regime, in European

Journal of International Law, vol.15, n.3, 2004, p. 460. 24 Secondo E. GRAVEL “sebbene la Dichiarazione fosse rivolta inzialmente agli Stati membri, il modo stesso della sua formulazione ha permesso che potesse essere utilizzata come un diretto riferimento da parte di nuovi attori del panorama internazionale”, E. GRAVEL, Is the appropriation of international labour standards by new actors replacing

or complementing the ILO’s traditional standards-related work?, International Institute for Labour Studies, Geneva, Ilo, 2008, p. 88. Sul punto anche G. BRONZINI, secondo cui “quel che emerge con forza dalla vicenda della Dichiarazione del 1998 è il suo innegabile effetto diffusivo, la sua ricezione a catena in atti privati e ordinamenti regionali, la tendenza ad assumere un significato giuridico più stringente, il costruire una premessa per ulteriori progressi nella produzione normativa così come nella mobilitazione politica, in un circolo virtuoso promosso non tanto dagli Stati quanto da soggetti appartenenti alla società civile globalizzata”, G. BRONZINI, La Dichiarazione del 1998 sui

core labour rights e la rinascita dell’Oil, in Diritti sociali e mercato globale, a c. di G. Bronzini, Rubbettino, 2007, p.35. 25 S. SCIARRA, L’Europa e il lavoro. Solidarietà e conflitto in tempi di crisi, cit., p.46. 26 A. PERULLI, Globalizzazione e dumping sociale: quali rimedi?, in Lavoro e diritto, n1, 2011, p.37. 27 I. SCHOMANN, Transnational collective bargaining: in search of a legal framework., in SCHOMANN, JAGODZINSKI, BONI, CLAUWAERT, GLASSNER, JASPERS, Transnational collective bargaining at company level: a new component of

European Industrial Relations?, ETUI, 2012, p.224; M. WEISS, International labour standards: a complex public-

private policy mix, in The international journal of comparative labour law and industrial relations, 2013, 7 ss. 28 S. SCARPONI, La privatizzazione delle norme internazionali di tutela del lavoro: codici etici di responsabilità sociale,

accordi sindacali internazionali, in Lavoro e Diritto, n.3/2009, 403 ss.; 29 A. BAYLOS GRAU, Los acuerdos-marco de empresas globales: una nueva manifestacion de la dimension

transnacional de la autonomia colectiva, in Revista de Derecho Social, n.28, 2004, p. 202.

Page 5: CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme

5

lavoro, la formazione dei lavoratori, la gestione e lo sviluppo delle risorse umane, il dialogo sociale, la gestione di crisi aziendali, etc.30. L’Accordo recentemente sottoscritto da Renault con IndustriAll e la partecipazione del Cae (Accordo quadro mondiale di responsabilità sociale, aziendale e ambientale, luglio 2013) individua come indispensabili per coniugare performance economica e sviluppo sociale, oltre ai temi oggetto delle convenzioni Oil fondamentali, una serie di altre misure: la promozione del dialogo sociale, indispensabile per prevenire e gestire situazioni di potenziale conflitto, misure per tutelare la salute e migliorare la qualità dell’ambiente di lavoro, la gestione dinamica delle risorse umane e delle competenze, la protezione sociale dei lavoratori, il diritto a congendi retribuiti, la promozione di una cultura aziendale fondata sul rispetto delle diversità. Anche il Global Framework Agreement sottoscritto da Enel nel giungo 2013 con IndustriAll, Psi e sindacati nazionali va ben oltre il semplice richiamo delle convenzioni internazionali fondamentali: nella sezione “Principi internazionali di diritto del lavoro e di relazioni industriali” si fa esplicito riferimento a materie come la protezione della salute e sicurezza del lavoratore, l’organizzazione dei tempi di lavoro, la retribuzione minima, la formazione professionale, come strumento di miglioramento della produttività, il lavoro dignitoso secondo la definizione data dall’Oil. Sempre più spesso viene affrontato negli accordi quadro, soprattutto europei (Ford, General Motors Europe, Alstom, Schneider Electric, Arcelor Mittal, Electrolux, Daimler), il tema delle ristrutturazioni e riorganizzazioni aziendali transnazionali, generalmente definito con l’espressione “anticipazione e gestione del cambiamento”: è il caso dell’accordo sottoscritto da GdF Suez (2010), che garantisce percorsi di mobilità all’interno del gruppo in caso di crisi occupazionali; o quello riguardante Alstom (2011) che prevede soluzioni in caso di crisi come piani di adattamento e mobilità interna, aiuti per la riqualificazione e l’avvio di attività autonoma. Si tratta di accordi che contribuiscono ad una più equa distribuzione dei costi e dei sacrifici in situazioni critiche e che nella maggior parte dei casi vedono coinvolti i Cae, capaci di influenzare il contenuto di programmi di accompagnamento con l’obiettivo di ridurre al minimo l’impatto sui dipendenti. Alla proliferazione degli accordi quadro, la maggior parte dei quali sottoscritti da multinazionali con sede centrale in Europa (Francia e Germania soprattutto), ha certamente contribuito la presenza a livello comunitario di questi organismi di rappresentanza dei lavoratori, che pur non essendo formalmente agenti negoziali, hanno sviluppato prassi negoziali transnazionali oltre l’esercizio dei diritti di informazione e consultazione attribuiti dal legislatore europeo31, nei cui confronti hanno espresso riserve sia i sindacati nazionali che alcune Federazioni europee32. All’arricchimento del contenuto della tutela garantita dall’accordo si accompagna anche l’estensione del campo di applicazione soggettivo, con il coinvolgimento, nel rispetto degli impegni

30 Inditex 2009; GDF Suez 2010, Accordo mondiale sui diritti fondamentali, il dialogo sociale e lo sviluppo sostenibile. 31 R. JAGODZINSKI, European Work Council and transnational company agreements – balancing on the thin line

between effective consultation and overstepping competences, in SCHOMANN, JAGODZINSKI, BONI, CLAUWAERT, GLASSNER, JASPERS, Transnational collective bargaining at company level: a new component of European Industrial

Relations?, ETUI, 2012, 157 ss.; MULLER, PLATZER, RUB, Transnational company agreements and the role of

European Works Councils in negotiations, ETUI, 2013. 32 Le oo. sindacali rivendicano la competenza a negoziare e sottoscrivere gli accordi transnazionali anche perché i Cae non sono strutture sindacali e rappresentano i lavoratori nell’ambito europeo. A tal proposito, European Commission’s consultation on the transnational company agreements, Position of the ETUC, ottobre 2012. A livello globale, invece, IMF ha accettato che i CAE abbiano un ruolo sia nella fase negoziale che nella fase di attuazione e controllo. L’opportunità di un pieno coinvolgimento dei Cae nei negoziati con le federazioni sindacali europee è stata sottolineata recentemente dal Parlamento europeo, “in virtù del fatto che sono in grado di individuare le necessità/opportunità di un accordo societario transnazionale, di avviare il processo e preparare il terreno per i negoziati nonché di contribuire a garantire la trasparenza e la divulgazione di informazioni ai lavoratori interessati in merito agli accordi”, Risoluzione del PE del 12 settembre 2013 sulla contrattazione colettiva trasnsfrontaliera e il dialogo sociale transnazionale.

Page 6: CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme

6

assunti, di una serie di soggetti implicati lungo l’intera catena di approvigionamento, direttamente o indirettamente connessi all’impresa transnazionale (fornitori, appaltatori, partner commerciali)33. Il alcuni casi gli accordi prevedono semplicemente l’assunzione da parte dell’azienda dell’impegno a “informare” e “incoraggiare” fornitori e subappaltatori al rispetto dei principi enunciati nel testo oppure la richiesta di agire in modo conforme ai contenuti dell’accordo, senza però specificare le sanzioni in caso di violazione; in altri casi gli accordi contengono disposizioni più stringenti, che prevedono il rispetto dell’accordo quale criterio per la selezione di fornitori e partner commerciali34 o la risoluzione automatica del contratto di compravendita o di appalto in caso di violazione degli impegni35. L’IFA sottoscritto dal gruppo spagnolo Inditex insieme a UNI nel 2007 (IFA on the implementation of international labour standards throughout the Inditex supply chain)36, ad esempio, contiene numerose disposizioni che in un modo o nell’altro coinvolgono fornitori e partners del gruppo: il gruppo si impegna a garantire l’osservanza dell’accordo nell’ambito di tutta la catena di fornitura, nei confronti di tutti i lavoratori, direttamente impiegati da Inditex o assunti da fornitori esterni, che devono essere informati del contenuto dell’accordo; a loro volta fornitori e subcontarenti sono tenuti ad applicare i principi dell’accordo nei confronti di tutti i loro dipendenti, ad autorizzare ispezioni nelle rispettive sedi, a comunicare l’accordo a tutti i partner che siano in modo diretto o indiretto coinvolti nella supply chain del marchio spagnolo. Se da una parte questo approccio stimola i fornitori a garantire condizioni di lavoro dignitose, dall’altro esonera la multinazionale da responsabilità per le condizioni di lavoro esistenti nella filiera produttiva, responsabilità che le multinazionali tendono ad escludere espressamente37 e che rimane perciò limitata ai soggetti fornitori. Uno dei pochi casi di assunzione di responsabilità da parte della multinazionale è rappresentato dall’accordo sottoscritto da Ballast Nedam che definisce in modo più preciso le responsabilità dei soggetti coinvolti: “B.N. riconosce che non solo è responsabile per le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti, ma condivide la responsabilità per le condizioni di lavoro dei dipendenti dei suoi partner commerciali. B.N. richiede che i suoi partner commerciali rispettino l’accordo e si assicura che ad esso aderiscano tutti i partners commerciali che in qualche modo operano in maniera connessa con l’attività di B.N.”. La questione della responsabilità delle grandi multinazionali per quanto accade nella catena di fornitura, tornata alla ribalta con la tragedia del Rana Plaza in Bangladesh, che ha portato alla sottoscrizione, nel maggio del 2013, dell’Accordo per la sicurezza e la prevenzione degli incendi38, è indubbiamente una questione molto delicata, sui cui è intervenuto di recente anche l’Onu. Il 33 GDF Suez 2010: “Questo accordo si applica a tutte le società e a tutti i dipendenti, i subappaltanti e fornitori presenti e futuri di GDF Suez”. 34 Accordo Quadro Mondiale di Peugeot Citroen del 2010 con IFM e EFM: “In occasione di gare d’appalto Citroen si impegna affinchè il rispetto dei diritti umani costituisca criterio determinante nella selezione dei fornitori ammessi a far parte della gara; il mancato rispetto di questi diritti comporterà sanzioni che potranno anche portare all’estromissione dalla gara”. 35 Lafarge 2013 con BWI e IndustriAll, sottoscritto in presenza del DG dell’OIL: “Ogni seria violazione della normativa su salute e sicurezza dei lavoratori impiegati direttamente o indirettamente, sulla protezione ambientale o i diritti umani fondamentali, non corretta a seguito del richiamo, può comportare la fine delle relazioni con l’azienda interessata”. 36

Inditex, che ha avviato nel 2013 una nuova fase di implementazione dell’accordo quadro in Turchia, attraverso un progetto pilota basato sulla formazione dei rappresenatnti sindacali e aziendali dei fornitori. 37 Renault 2013: “L’impegno di Renault a comunicare l’accordo ai suoi fornitori non comporta che il gruppo Renault si sostituisca ad essi per quanto riguarda la responsabulità giuridica”. 38 Accordo negoziato da IndustriAll e UNI Global Union insieme ai sindacati bengalesi. A tale accordo, volto a garantire la sicurezza dei lavoratori, migliorare le condizioni di lavoro e assicurare il rispetto dei diritti umani, hanno aderito più di 40 marchi di moda occidentali (Benetton, H&M, Inditex, ecc.) che hanno delocalizzato la produzione in Bangladesh. L’accordo prevede ispezioni indipendenti negli edifici, formazione dei lavoratori, informazione pubblica, revisione strutturale delle norme sulla sicurezza. Di estremo interesse, oltre alla previsione dell’interruzione delle relazioni commerciali con aziende che non rispettano gli standards dell’accordo, è la predisposizione di un sistema di reclamo e risoluzione delle controversie affidato a un Comitato congiunto, presieduto da un rappresentante dell’Oil, la cui decisione può essere appellata con un procedimento arbitrale.

Page 7: CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme

7

Rapporto Ruggie39 si propone di far rispettare i principi in esso enunciati a tutti gli Stati e a tutte le imprese, indipendentemente dalla loro posizione e dalla loro dimensione, con particolare riguardo alle imprese capofila di catene produttive ampie, disseminate nel territorio globale, catene di cui devono essere individuati i soggetti responsabili (principio 17). Quello che si genera attraverso gli accordi quadro è quindi un “effetto a catena” o effetto moltiplicatore, che estendendo la copertura dell’accordo può indubbiamente avere delle ricadute importanti in termini di innalzamento dei livelli di tutela del lavoro, soprattutto quando i soggetti coinvolti si trovano ad operare nel territorio di Paesi in via di sviluppo. L’allargamento dell’accordo all’intera catena di approvigionamento è particolarmente utile per controllare l’operato di fornitori e appaltatori che operano in paesi extra Ue, “dove la giustiziabilità dei diritti fondamentali è preclusa per cause dovute alla mancata ratifica delle convenzioni internazionali oppure alla difficoltà di effettuare controlli efficaci da parte delle istituzioni pubbliche”40. Attraverso gli accordi quadro si assiste così ad una diffusione sempre più capillare delle convenzioni internazionali, e degli international labour standards in esse contenute, che attraverso l’azione delle imprese multinazionali, e l’inserimento negli accordi di clausole rivolte all’intera filiera produttiva, vedono proiettati i loro effetti nell’ambito dello spazio globale in cui l’impresa agisce, indipendentemente dalle convenzioni cui aderiscono gli Stati nazionali41. Come ha avuto modo di sottolineare la Commissione europea42, questi strumenti denotano grandi potenzialità per la gestione del processo di globalizzazione in maniera più equilibrata, generando anche un “effetto locomotiva”43, in grado di innescare, nelle attività commerciali delle multinazionali concorrenti, dei processi emulativi di corsa verso l’alto anziché verso il basso44. Verso una maggiore effettività degli accordi quadro. Anche rispetto al controverso profilo dell’effettività, e quindi delle misure dirette ad assicurare il rispetto degli impegni assunti in strumenti formalmente non vincolanti, gli accordi quadro adottati più di recente sembrano caratterizzati da una maggiore incisività nella definizione delle procedure di controllo e monitoraggio45. C’è chi ritiene che il valore aggiunto di tali accordi sia non solo la riaffermazione di diritti sociali fondamentali, ma anche l’organizzazione di un sistema di attuazione che mira a rendere effettivi tali diritti46. Pur con variazioni a seconda del settore interessato e dell’ambito di applicazione, la maggior parte dei nuovi accordi presenta clausole analoghe, che contribuiscono a rafforzare il ruolo di controllo e di intervento delle organizzazioni sindacali, nazionali e locali, prevedendo la costituzione di comitati misti, composti da rappresentanti sindacali e aziendali, incaricati di monitorare periodicamente il rispetto degli impegni assunti47. Oltre che alla previsione di incontri periodici, 39 J. RUGGIE, Guiding Principles on Business and Human Rights: implementing the United Nations “Protect, respect

and remedy” Framework, 21 marzo 2011. 40 S. SCARPONI, La privatizzazione delle norme internazionali di tutela del lavoro: codici etici di responsabilità sociale,

accordi sindacali internazionali, in Lavoro e Diritto, n.3/2009, p.417. 41 A. BAYLOS GRAU, Los acuerdos-marco de empresas globales: una nueva manifestacion de la dimension

transnacional de la autonomia colectiva, in Revista de Derecho Social, n.28, 2004. 42 European Commission, Staff working document, The role of transnational company agreements in the context of

increasing international integration, Brussels, 2008. 43 International Organization of Employers, International Framework Agreements: an employers’guide, 2011 44 B. HEPPLE, Diritto del lavoro, diseguaglianza e commercio globale, in Giornale di diritto del lavoro e relazioni

industriali, 2003, 27 ss. 45 A. SOBCZAK, Ensuring the effective implementation of transnational company agreements, in European Journal of

Industrial Relations, 2012, 139 ss.; C. NIFOROU, International framework agreements: enforcement of compliance and

policy implications, Draft paper, 2012; 46 A. SOBCZAK., Legal dimension of international framework agreements in the field of social responsability, in PAPADAKIS K., Cross-border social dialogue and agreements: an emerging global industrial relations framework, International Institute for Labour Studies, 2008. 47 Lafarge: “un gruppo composto da rappresentanti del management aziendale e delle federazioni sindacali firmatarie si incontrerà almeno una volta all’anno o quando necessario per monitorare l’attuazione dell’acccordo”; Citroen 2010: “in

Page 8: CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme

8

solitamente annuali, per valutare l’impatto dell’accordo, l’attuazione dell’accordo passa anche attraverso la predisposizione di altre misure che vanno dall’obbligo di comunicare l’accordo a tutti i dipendenti, inclusi quelli in posizioni apicali, in tutte le lingue praticate e con i metodi più opportuni, anche informatici, alla diffusione dell’accordo tra i sindacati affiliati delle federazioni mondiali firmatarie (Codere 2013). Particolarmente dettagliato a tale proposito è il recente Global Framework Agreement sottoscritto da Enel nel giugno 2013 che al fine di dare concreta attuazione all’accordo ne definisce in maniera molto articolata “struttura e modalità operative di funzionamento”48. Sempre più spesso alla definizione delle procedure di controllo si accompagna anche la definizione di procedure di reclamo, per la risoluzione extragiudiziale delle controversie, articolate in diversi livelli e basate su una stretta cooperazione tra rappresentanti dei lavoratori e management aziendale, oltre che sulla coordinazione tra i vari livelli di rappresentanza sindacale. La discrezionalità dell’impresa, che caratterizza l’autoregolamentazione dei codici di condotta, trova quindi un limite nella procedura concordata tra le parti, attivata in caso di violazione dell’accordo, basata sulla ricerca di soluzioni interne adottate congiuntamente49. Si tratta di un approccio che, “rispettando il principio di sussidiarietà, ha il vantaggio di coinvolgere rappresentanti aziendali e sindacali a tutti i livelli, dando la priorità alla risoluzione del conflitto a livello locale”50. Il reclamo viene infatti gestito in prima battuta a livello locale, su iniziativa dei rappresentanti dei lavoratori che lo porteranno davanti alla direzione locale del sito; se nessuna soluzione viene trovata a livello locale il reclamo verrà trasmesso al sindacato nazionale competente, fino ad arrivare al coinvolgimento delle federazioni globali, che si confronteranno con il vertice del gruppo aziendale. Negli accordi più evoluti, è poi previsto che in mancanza di accordo tra le parti, la soluzione possa essere gestita tramite una procedura di arbitrato o mediazione, affidando in ultima battuta la controversia ad un soggetto terzo e imparziale51. È evidente che, vista l’assenza di meccanismi coercitivi a livello globale o europeo52, la concreta attuazione degli accordi risulti strettamente condizionata dalla disponibilità del management aziendale a cooperare e dalla forza e capacità dei sindacati di costringere le aziende alla risoluzione del conflitto53.

ciasuno dei paesi principali vengono creati degli osservatori speciali locali, composti dalla direzione delle risorse umane e dalle oo.ss. Essi effettuano un monitoraggio annuale dell’applicazione dall’accordo quadro mondiale attraverso un documento comune”, Securitas AB 2012, Inditex, Gdf Suez. 48

L’accordo prevede la costituzione di un Global Works Council, che a sua volta potrà costituire dei multilateral committees focalizzati sulle materie più rilevanti a livello transnazionale, quali salute e sicurezza sul lavoro, formazione e impiegabilità, pari opportunità. 49 T. ROYLE sottolinea come però questa procedura non arrivi a prevedere la possibilità di far valere nei tribunali i diritti riconosciuti ai lavoratori e quindi l’attuazione in via giudiziaria degli impegni assunti, The ILO’s shift to promotional

principles and the “privatization” of labour rights: an anlysis of labour standards, voluntary self-regulation and social

clauses, in International Journal of Comapartive Labour Law, 2010, p. 271. 50 A. SOBCZAK, Ensuring the effective implementation of transnational company agreements, in European Journal of

Industrial Relations, 2012, p.146. 51

GDF Suez per la risoluzione dei conflitti prevede che “se non è possibile raggiungere un accordo, i firmatari possono chiedere una mediazione condotta da un mediatore scelto dalle parti”. Aker 2012 e IndustriAll Global framework agreement for the devolopment of good working relations: “infine, il reclamo sarà sottoposto a un gruppo di controllo composto da 3 rappresentanti aziendali e 3 sindacali inclusa IndustriALL. In caso di stallo, l’arbitrato sarà condotto dall’Oil o da un soggetto imparziale su cui sono d’accordo le parti”. Anche Securitas Global agreement, 2012, con Uni e sindacato svedese dei trasporti: per quanto riguarda la risoluzione di controversie, prevede una procedura sia per reclami da parte di affiliati di Uni sia per quelli da parte di aziende e managers del gruppo Securitas. In ultima istanza “se le parti non sono in grado di trovare una soluzione, la questione sara sottoposta, su accordo delle parti, a un mediatore imparziale, selezionato congiuntamente dalla parti”. 52 Codere 2013: “le parti stabiliscono che non ricorreranno all’autorità giudiziaria in caso di conflitto o divergenze relative all’accordo, impegandosi ad utilizzare il sistema di soluzione delle controversie previsto dall’accordo”. 53 I. SCHOMANN I., Transnational company agreements: toward an internationalization of industrial relations, p. 204.

Page 9: CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme

9

Prospettive di regolazione tra diritto internazionale del lavoro e Ue. Le tendenze in atto, cui si è solo brevemente accennato, descrivono un quadro particolarmente vivace di relazioni sindacali internazionali, alimentato dalla proliferazione di accordi sui generis, frutto di una contrattazione collettiva transnazionale che, seppur priva di una piena legittimazione, appare dotata di una propria “giuridicità spontanea”54, in grado di contribuire ad una gestione più equa e bilanciata dei processi di globalizzazione. Certamente l’assenza di un quadro di relazioni sindacali che supporti la contrattazione collettiva transnazionale, unita alle limitate capacità delle organizzazioni sindacali internazionali, si pongono come ostacoli alla stipulazione di accordi di questo tipo. A questo proposito, oltre a un intervento legislativo europeo, che come auspicato recentemente anche dal Parlamento europeo55 doti la negoziazione transnazionale di una base giuridica, preservando l’autonomia delle parti sociali56, sarebbe auspicabile un intervento dell’Oil, che innanzi tutto incrementi le possibilità di azione delle federazioni di livello internazionale, riconoscendo in modo esplicito nelle fonti, anche già esistenti57, la dimensione internazionale dei diritti sindacali58. L’aggiornamento delle convenzioni esistenti in materia richiederebbe, oltre alla riaffermazione del principio della libertà di associazione e del diritto alla contrattazione collettiva secondo l’interpretazione consolidata dei comitati di controllo, anche l’estensione dei diritti collettivi alle federazioni sindacali internazionali o sindacati globali, interlocutori delle grandi imprese e fondamentali per la conclusione degli Accordi quadro internazionali59. Il riconoscimento del diritto alla negoziazione collettiva transnazionale, così come del diritto di esercitare azioni collettive di solidarietà cosiddette cross-border, “incoraggerebbe sicuramente il dialogo sociale e la contrattazione a livello internazionale e contribuirebbe a correggere lo squilibrio di potere esistente tra imprese multinazionali e organizzazioni sindacali, creando un ambiente favorevole alla stipulazione e all’attuazione degli accordi quadro internazionali”60. L’esigenza dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali di allargare il campo d’azione, di organizzarsi su base transnazionale, di negoziare e agire collettivamente oltre i confini nazionali si fa sempre più stringente61, avendo la globalizzazione ridotto l’importanza, “tradizionalmente quasi esclusiva, del rapporto delle relazioni industriali con i sistemi statali”62.

54 S. SCIARRA, L’Europa e il lavoro. Solidarietà e conflitto in tempi di crisi, Laterza, 2013, p.50 55 Risoluzione del PE del 12 settembre 2013 sulla contrattazione colettiva transfrontaliera e il dialogo sociale transnazionale: “potrebbe rivelarsi utile e necessario ai fini di una sicurezza giuridica e di una trasparenza maggiori, nonché della prevedibilità ed esecutività degli effetti giuridici per gli accordi conformi alle disposizioni quadro”. 56 E. ALES, La contrattazione collettiva transnazionale tra passato, presente e futuro, in Giornale di Diritto del Lavoro

e di Relazioni Industriali, n.115, 2007, p. 541 ss. L’autore afferma che “lo strumento più idoneo sembra essere una direttiva che preveda un quadro legale opzionale per la contrattazione collettiva transnazionale comunitaria nell’ambito del quale possano essere conclusi accordi collettivi transnazionali comunitari”, p. 548. 57 Come le convenzioni n.87 e n.98 sulla libertà sindacale e la Dichiarazione tripartita del 1977 sui principi riguardanti le imprese multinazionali e la politica sociale. 58 L’unico riferimento alla dimensione internazionale è contenuto nella Convenzione n.87 che riconosce il diritto delle organizzazioni sindacali e e delle associazioni imprenditoriali di “aderire a organizzazioni internazionali di lavoratori e datori di lavoro” (art.5). Manca però qualsiasi riferimento al dialogo sociale e alla contrattazione collettiva transnazionale, così come al diritto di intraprendere azioni collettive transnazionali, che coinvolgano lavoratori situati in paesi diversi nei confronti di un’impresa multinazionale. 59 La proposta cui si fa riferimento è quella di K. EWING, T. SIBLEY, International trade union rights for the new

millennium, London, Institute of Employment Rights, 2000. In particolare, essi propongono che nella nuova versione delle convenzioni citate vengano inseriti una serie di diritti delle federazioni sindacali internazionali: il diritto di consultazione e negoziazione con le imprese multinazionali su questioni di lavoro di carattere transnazionale e sull’applicazione e il rispetto dei core labour standards, sia nell’impresa madre che nell’ambito dell’intera catena produttiva; il diritto di organizzare azioni collettive contro le imprese multinazionali e il diritto dei lavoratori di aderire a queste iniziative. 60 R. C. DROUIN, The role of the ILO in promoting the development of international framework agreements, p. 258. 61 A questo proposito, B. BERCUSSON ha osservato che “i datori di lavoro cercano di contenere l’impatto delle azioni sindacali sulle catene produttive di dimensioni internazionali, mentre i sindacati tendono ad ampliare le armi del conflitto sindacale realizzando azioni collettive che superano l’ambito territoriale nazionale e che permettono in questo

Page 10: CONSENSO, DISSENSO, RAPPRESENTANZA NEL · PDF fileGli accordi quadro trasnazionali tra responsabilità sociale e relazioni sindacali. Come noto, la mancata precettività delle norme

10

La necessità che si pone è dunque quella di dare fondamento giuridico alle espressioni dell’autonomia collettiva transanzionale, fornendo quel sostegno legislativo che rafforzerebbe gli attori e i prodotti della loro azione, allo stesso tempo rassicurando i sindacati nazionali, che spesso hanno espresso riserve, per il timore che lo sviluppo di un livello transanzionale di contrattazione possa avvenire a loro discapito, con il rischio di compromettere i risultati raggiunti63. Se è vero che la diffusione degli accordi quadro internazionali ed europei sta avvenendo spontaneamente, è comunque indubbio che un sostegno giuridico a queste forme di contrattazione transnazionale in divenire, che superi l’incertezza del quadro attuale chiarendo gli snodi più problematici64, contribuirebbe a dotare di una maggiore solidità e certezza questi strumenti, assai utili per una gestione più equa ed equilibrata della globalizzazione economica.

modo di confrontarsi con le imprese multinazionali”, Restoring balance of economic power in Europe, in DORSSEMONT

F., JASPERS T., VAN HOEK A., Cross-Border collective actions in Europe: a legal challenge, Antwerpen, Intersentia,

2007, p. 3. 62 T. TREU, Compiti e strumenti delle relazioni industriali nel mercato globale, in Lavoro e Diritto, n.2, 1999, p. 204. 63 A questo proposito, per scongiuarre il rischio di conflitti con i contratti collettivi nazionali, il PE suggerisce l’inclusione negli accordi transnazionali della clausola del trattamento più favorevole e di quella di non regresso. 64 Secondo F. GUARRIELLO “L’incertezza giuridica circa il regime applicabile, i problemi di legittimazione a negoziare e di insufficiente strutturazione degli attori e dei collegamenti con i sistemi di contrattazione nazionali (…) rendono alquanto debole il quadro volontario in cui queste negoziazioni si svolgono, minandone l’effettiva capacità di fornire una risposta simmetrica a problemi che si pongono nella dimensione transnazionale”, F. GUARRIELLO, I diritti di

contrattazione collettiva in un’economia globalizzata, in Giornale di Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali, 2012, p.351.