Congiuntura ref. · Nel corso della più grande crisi economica del ... la crescita globale è ......

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Periodico di analisi e previsione Previsioni 13 Luglio 2015 Anno XXII - numero 14 Congiuntura ref . Poche certezze, navigando a vista Rispetto a inizio anno, quando l’avvio del Qe della Bce e la caduta del prezzo del petrolio sembravano innescare una fase di crescita vivace, lo scenario internazionale è peggiorato. Il quadro economico dei paesi emergenti si sta deteriorando. Aumentano le tensioni politiche in diverse aree – Russia, Medio Oriente, Nord Africa. Il consenso nell’opinione pubblica verso le istituzioni europee continua a ridursi. L’esito del referendum greco è solo l’ultimo di una serie di segnali. Se non si avvierà una fase di crescita a ritmi sostenuti, le spinte verso la disgregazione prenderanno progressivamente il sopravvento. La congiuntura europea si mantiene lungo un sentiero di ripresa, a ritmi moderati. La crescita è sostenuta dai consumi e da qualche debole segnale da parte degli investimenti; mancano all’appello spesa pubblica e esportazioni. L’Italia, buona ultima, è finalmente ripartita. I ritmi per ora sono modesti, ma possono bastare per ottenere qualche aumento dell’occupazione. Il consolidamento del ciclo sarà graduale e subordinato a un’evoluzione dei saldi di finanza pubblica non in linea con gli obiettivi.

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Periodico di analisi e previsione

Previsioni 13 Luglio 2015

Anno XXII - numero 14

Congiuntura ref.

Poche certezze, navigando a vista

Rispetto a inizio anno, quando l’avvio del Qe della Bce e la caduta del prezzo del petrolio sembravano innescare una fase di crescita vivace, lo scenario internazionale è peggiorato. Il quadro economico dei paesi emergenti si sta deteriorando. Aumentano le tensioni politiche in diverse aree – Russia, Medio Oriente, Nord Africa.

Il consenso nell’opinione pubblica verso le istituzioni europee continua a ridursi. L’esito del referendum greco è solo l’ultimo di una serie di segnali. Se non si avvierà una fase di crescita a ritmi sostenuti, le spinte verso la disgregazione prenderanno progressivamente il sopravvento.

La congiuntura europea si mantiene lungo un sentiero di ripresa, a ritmi moderati. La crescita è sostenuta dai consumi e da qualche debole segnale da parte degli investimenti; mancano all’appello spesa pubblica e esportazioni.

L’Italia, buona ultima, è fi nalmente ripartita. I ritmi per ora sono modesti, ma possono bastare per ottenere qualche aumento dell’occupazione. Il consolidamento del ciclo sarà graduale e subordinato a un’evoluzione dei saldi di fi nanza pubblica non in linea con gli obiettivi.

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Indice

• Guida alla lettura pag. 3

• L’economia internazionale pag. 4

• Riquadro - Produttività pag. 12

• L’area euro pag. 16

• Le previsioni pag. 28

• L’economia italiana pag. 32

• Riquadro - Auto pag. 47

• Riquadro - Lavoratori stranieri pag. 52

Ultimi lavori e pubblicazioni REF Ricerche

• Caduta dei tassi d’interesse, ripresa internazionale e posticipo degli obiettivi. di F. De Novellis e S. Signorini in: Arachi G. e Baldini M. (a cura di) La fi nanza pubblica italiana. Rapporto 2015. Il Mulino

• Il mondo alla rovescia. Come la fi nanza dirige l’economia di G.Nardozzi. Il Mulino

• Strumenti di misurazione della produttività e dell’effi cienza delle pubbliche amministrazioni, (2015) di Cesare Vignocchi in: L’eccellenza nelle pubbliche amministrazioni, Monografi e AREL

• Laboratorio SPL, Contributo n. 44 -Responsabilità e solidarietà: AEEGSI avvia la perequazione economico-fi nanziaria nel servizio idrico. Luglio 2015

• Iter autorizzativi e semplifi cazione: la Conferenza dei servizi, Analisi empirica e indagine sul campo a cura di REF Ricerche per Confi ndustria Toscana Sud, Giugno 2015

• Investimenti degli Enti locali: dinamiche della spesa e programmazione futura In: Finanza Locale Monitor, a cura di REF Ricerche per Intesa San Paolo, Giugno 2015

• Termometro Finanziario a cura di REF Ricerche per i Professionisti certifi cati EFPA, aprile 2015

• Il debito delle Amministrazioni locali e delle Partecipate In: Finanza Locale Monitor, a cura di REF Ricerche per Intesa San Paolo, Marzo 2015

Il presente rapporto, elaborato con le informazioni disponibili al 9 Luglio 2015 è stato curato da: Marina Barbini, Fedele De Novellis, Valentina Ferraris, Sara Signorini.

La presente pubblicazione è riservata ai soli abbonati per uso personale e non commerciale. Non è, pertanto, consentito modifi care, duplicare, distribuire, divulgare, vendere, trasmettere, riprodurre, pubblicare su qualsiasi mezzo, sotto qualsiasi forma o per qualsivoglia ragione, in tutto o in parte, i contenuti della pubblicazione senza l’autorizzazione scritta di ref. Ricerche.Agli abbonati è consentita la stampa di una copia della pubblicazione per uso esclusivamente personale e non commerciale senza, tuttavia, apportarne alcuna modifi ca. Ogni violazione verrà perseguita a norma di legge ed autorizzerà ref. Ricerche a sospendere l’invio della pubblicazione senza alcun avviso.

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Guida alla lettura

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Caos antieuropeo

L’inattesa rottura della trattativa sul debito greco, il referendum dei giorni scorsi, e le incertezze sulle evoluzioni delle prossime settimane hanno posto al centro dell’attenzione le diffi coltà dell’eurozona a affrontare problemi anche di dimensione economica relativamente contenuta, e riaperto il dibattito sui “grandi temi” della governance europea, sulle esigenze di riforma, sul futuro dell’euro. Per ora è certo che il risultato del referendum greco è l’ennesima, e per ora più eclatante, dimostrazione di insoddisfazione (pienamente giustifi cata) sul funzionamento dell’eurozona. Dietro la discussione sulla vicenda greca emergono quesiti che interessano altre economie, come quella italiana, in maniera pressante. Nel corso della più grande crisi economica del dopoguerra le strategie della politica europea si sono rivelate del tutto inadeguate, non solo in Grecia, dove il crollo del Pil e l’impennata della disoccupazione sono di entità eccezionale, ma anche in altre economie che, come l’Italia, stanno sopportando conseguenze molto pesanti. Ci si chiede allora quale sia la strategia di politica economica su cui intendiamo creare le premesse per una ripresa a tassi sostenuti, adeguati rispetto all’entità delle perdite di prodotto subite durante gli anni scorsi e alla gravità del conseguente disagio sociale. A inizio anno una risposta a questo quesito era giunta da un diverso orientamento delle politiche economiche europee e da una evoluzione benevola del quadro economico internazionale. In particolare, l’impressione era che si potesse iniziare a ipotizzare un allentamento almeno parziale delle politiche di bilancio; l’avvio del quantitative easing della Bce, il conseguente crollo dei tassi d’interesse, l’impennata della borsa e lo scivolamento dell’euro determinavano, insieme al crollo delle quotazioni del petrolio, le premesse per un irrobustimento del ciclo.In pochi mesi lo scenario è cambiato. Innanzitutto, la crescita globale è decisamente inferiore alle attese: il sostegno delle economie emergenti, che costituiva negli anni scorsi uno dei capisaldi degli scenari che prospettavano un rafforzamento del ciclo internazionale, si sta ridimensionando; i focolai di crisi sono numerosi – Russia, Medio Oriente, Nord Africa, oltre al caso greco.

Anche l’effetto del cambio più debole dell’euro è quindi decisamente meno rilevante rispetto a quanto ci si attendeva, data l’ondata di svalutazioni che ha caratterizzato molte economie emergenti negli ultimi due anni.Le prospettive della fi nanza pubblica rischiano infi ne di venire modifi cate dagli eventi delle ultime settimane. Sembrava iniziare a prevalere una lettura meno rigida degli obiettivi di fi nanza pubblica, tale da potere consentire all’Italia di mantenere un livello del defi cit al di sopra degli obiettivi uffi ciali indicati nel Def e approvati dalle autorità europee. Resta qualche rischio: la relativa rigidità mostrata dalle autorità europee nei confronti della Grecia (economia che versa in condizioni sociali drammatiche, molto peggiori di altri paesi dell’eurozona) potrebbe preludere ad una fase in cui gli spazi per letture fl essibili degli scostamenti fra obiettivi e realizzazioni si riducono per gli altri paesi. Il risultato sarebbe allora che la politica di bilancio in Italia diviene di segno più restrittivo rispetto a quanto si sarebbe potuto presumere; il 2016 potrebbe vedere materializzarsi gli aumenti dell’Iva paventati, in apparenza come ultima ratio, nella “clausola di salvaguardia”. I rischi per un’economia come quella italiana, che è appena uscita da una profonda recessione, sono quindi rilevanti. Un quadro economico internazionale meno promettente, e un ritorno a politiche di bilancio di segno restrittivo, farebbero estinguere sul nascere il nuovo ciclo.Al momento il quadro congiunturale resta, sulla base dei principali indicatori, orientato in una direzione moderatamente positiva. L’economia dovrebbe essersi mantenuta lungo un percorso di leggera crescita nel secondo trimestre e, sulla base degli indicatori anticipatori, anche nel terzo. Per ora la crescita è trainata dai consumi delle famiglie, qualche segnale di recupero inizia a emergere dagli investimenti, mentre mancano all’appello esportazioni e spesa pubblica. Qualche risultato positivo dovrebbe arrivare dal mercato del lavoro, anche perché la decontribuzione sulle nuove assunzioni per quest’anno è sostanziosa. La possibilità che la crescita continui su un orizzonte temporale più esteso è strettamente legata all’evoluzione del contesto internazionale, e i rischi all’orizzonte sono aumentati.

L’economia internazionale

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L’economia internazionale

Tendenze recenti

L’economia internazionale

Dove siamo? I primi mesi del 2015 si sono caratterizzati per un andamento esuberante dei mercati fi nanziari, legato alle attese innescate da due principali eventi: la caduta del prezzo del petrolio e l’annuncio del Quantitative easing da parte della Bce. Caduta dell’infl azione e attese di aumento della crescita mondiale hanno determinato un quadro fi nanziario dominato da una combinazione particolarmente favorevole, con tassi d’interesse ai minimi e borse in crescita. D’altra parte, i segnali relativi all’andamento del ciclo economico non sempre sono stati in linea con l’esuberanza dei mercati fi nanziari. Nei primi mesi dell’anno i dati sulla crescita sono stati nel complesso deludenti, con un rallentamento diffuso a molte aree dell’economia mondiale. Gli indicatori relativi all’evoluzione dell’attività economica nei mesi recenti non evidenziano peraltro segnali di rafforzamento. La produzione industriale a livello globale

ha confermato in aprile la relativa debolezza già emersa nei primi mesi dell’anno e nella medesima direzione vanno le prime informazioni sul mese di maggio. Deludenti sono poi le indicazioni relative all’andamento del commercio mondiale. Da queste si evince una particolare debolezza

Pil mondiale

0.0

0.3

0.6

0.9

12 13 14 15

Var. % sul periodo precedente

Esportazioni

-2

0

2

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var % tendenziali

Usa Area euro

Importazioni

-2

0

2

4

6

8

12 13 14 15

var % tendenziali

Usa Area euro

L’economia internazionale

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della domanda nei paesi emergenti, che avrebbe quindi infl uenzato negativamente le esportazioni delle economie avanzate, soprattutto quelle degli Stati Uniti. Le importazioni delle economie avanzate hanno accelerato, con un andamento in linea con quello della domanda, senza che ciò corrispondesse a una accelerazione delle rispettive esportazioni. Nonostante alcuni fattori estemporanei, legati a scioperi in alcuni porti sul Pacifi co, abbiano infl uenzato negativamente il commercio Usa (e quello dei partner commerciali asiatici) i dati complessivi sulle tendenze delle esportazioni americane evidenziano una debolezza di fondo. Altre indicazioni di decelerazione dell’economia mondiale si traggono dai prezzi delle materie prime non energetiche, la cui debolezza è coerente con il ciclo dell’industria mondiale. Infi ne, i principali leading indicators mostrano una frenata del ciclo, soprattutto nelle economie emergenti. In generale, le tendenze delineate mostrano come, rispetto a inizio anno, il quadro congiunturale internazionale sia peggiorato; dovremmo

quindi andare incontro a una fase di decelerazione dell’economia mondiale nella seconda parte dell’anno.Nel corso degli ultimi mesi anche i mercati fi nanziari hanno iniziato a ritracciare, in parte per effetto di una semplice correzione dai massimi raggiunti nei mesi precedenti. Soprattutto nell’area euro si è osservato un rimbalzo signifi cativo dei tassi a lunga. Le borse hanno interrotto la fase di crescita, evidenziando una tendenza al ribasso nel caso dell’area euro, legata sia all’aumento dei tassi d’interesse che a una certa cautela nelle valutazioni degli analisti sulle prospettive dei profi tti; infi ne, anche gli indicatori di premio al rischio hanno risentito nell’area euro del clima di generale incertezza innescato sia dalla crisi greca che dalle crisi di natura politica nei paesi del Nord Africa, del Medio Oriente e in Russia. Sulla scorta del peggioramento delle attese di crescita, una correzione marcata ha anche caratterizzato il mercato azionario cinese. L’insieme di questi elementi di tensione comporta che il quadro dell’economia mondiale appare oggi più fragile rispetto alle tendenze che si prospettavano a inizio anno.

I mercati azionari mondiali

1600

1650

1700

1750

1800

1850

set-14 dic-14 mar-15 giu-15

Indice MSCI WORLD; prezzi in $

Leading indicators Ocse

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100

101

102

103

05 07 09 11 13 15

Indici 2010 = 100; *G7

ec avanzate* emergenti

L’economia internazionale

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Il quadro economico internazionale si è caratterizzato negli ultimi mesi anche per un graduale aumento dell’infl azione rispetto ai valori minimi, spesso di segno negativo, toccati dalla maggior parte dei paesi nei primi mesi dell’anno. Tale andamento ha rifl esso prevalentemente le oscillazioni del prezzo del petrolio, che negli ultimi mesi ha mostrato una tendenza al recupero rispetto ai minimi d’inizio anno. La più recente fase di rialzi è da interpretare alla stregua di un rimbalzo rispetto alla sovrareazione dei mercati osservata a fi ne 2014 dopo l’annuncio dell’Arabia saudita di abbandonare la politica di difesa dei prezzi, allo scopo di scoraggiare gli investimenti nordamericani nei giacimenti di shale oil e shale gas.La mossa dei paesi Opec ha se non altro sortito l’effetto di stabilizzare i livelli produttivi dei paesi non Opec, per cui la crescita della produzione mondiale di greggio ha iniziato ad arrestarsi. Le quotazioni, che a inizio anno erano scese per la varietà Brent al di sotto dei 50 dollari al barile, hanno poi evidenziato un parziale recupero, sino a posizionarsi

Petrolio, quotazioni in dollari

20

40

60

80

100

120

140

10 11 12 13 14

varietà Brent

Prezzi dei metalli

200

300

400

500

10 11 12 13 14 15

Indice S&P GSCI

Prezzi delle materie prime agricole

100

200

300

400

500

600

10 11 12 13 14 15

Indice S&P GSCI

Offerta di petrolio

30

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32

33

34

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36

37

05 07 09 11 13 15

Mln di barili al giorno - *scala sinistra

40

41

42

43

44

45

46

47Opec* Non Opec

Le previsioni per l’Italia

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Economie emergenti zavorra dell’economia mondiale

recentemente intorno ai 60 dollari. Le materie prime non energetiche hanno risentito in parte della stessa riduzione dei costi energetici, e in parte della debolezza della domanda internazionale, e hanno quindi continuato a contrarsi nel corso degli ultimi mesi. Le ampie oscillazione del prezzo del petrolio hanno dominato le tendenze dell’infl azione. Al netto della componente energetica le dinamiche dei prezzi sono apparse nel complesso esenti da particolari tensioni, e questo spiega la persistenza dei tassi d’interesse su valori prossimi a zero nelle maggiori economie, anche quelle dove il ciclo è in una fase più avanzata. Fanno eccezione alcuni paesi emergenti che, avendo registrato

signifi cativi deprezzamenti dei rispettivi tassi di cambio, hanno visto progressivamente aumentare l’infl azione interna.

Un tratto fondamentale del quadro economico del 2015 è costituito dal rallentamento delle economie emergenti. Pur in presenza di situazioni differenziate a seconda dei paesi, le tendenze delle economie emergenti sono caratterizzate da una fase di indebolimento della domanda interna legata al peggioramento delle condizioni fi nanziarie. Tale andamento rifl ette l’uscita di capitali internazionali dopo il cambiamento di regime della politica monetaria della Fed. Con l’annuncio del tapering è iniziata un’inversione nella direzione dei fl ussi di capitali rispetto agli anni precedenti, quando proprio la liquidità immessa dalla Fed sui mercati aveva sostenuto la crescita di questi paesi. I dati sull’andamento delle importazioni dei paesi emergenti non solo sono eloquenti del rallentamento della domanda di queste economie, ma anche del relativo impatto sul commercio mondiale. La decelerazione

di questi paesi si ripercuote quindi sulle economie avanzate attraverso il canale degli scambi commerciali, anche perché i guadagni di competitività conseguiti via cambio debole stanno portando queste economie e espandere le rispettive quote di mercato a prezzi costanti.

Inflazione mondiale

0

1

2

3

4

5

6

7

00 02 04 06 08 10 12 14

Importazioni - economie emergenti

117

119

121

123

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13 14 15

In volume Indice 2010 = 100Elaborazioni su dati Cpb

L’economia internazionale

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Gli indicatori congiunturali evidenziano una decelerazione pronunciata nelle aree interessate da tensioni politiche; in particolare, la Russia è entrata in una fase di recessione. Si sta rivelando piuttosto accentuata la frenata in Cina, anche per effetto del sovraindebitamento delle imprese e della contestuale fase di diffi coltà del settore immobiliare. Il mercato azionario cinese ha registrato un’ampia correzione e la banca centrale sta modifi cando la politica monetaria in direzione espansiva.Il freno alla crescita della domanda mondiale che deriva dal rallentamento dei paesi emergenti spiega anche la frenata delle quotazioni di molte commodities non energetiche. Questo a sua volta aumenta

le diffi coltà dei paesi produttori di materie prime, come nel caso del Brasile. La decelerazione della domanda dei paesi emergenti comporta anche un riorientamento dei fl ussi commerciali internazionali, con conseguenze sull’attività dei settori manifatturieri anche nelle economie avanzate. L’impatto in termini di domanda colpisce soprattutto i paesi dell’area euro che hanno un’esposizione elevata nei confronti della Russia; soprattutto la Germania dipende dal ciclo delle economie emergenti, data anche la specializzazione produttiva nei macchinari per l’industria.Non meno rilevante potrebbe però rivelarsi l’effetto legato ai mutamenti nella posizione competitiva dei diversi paesi. La nuova ondata di svalutazioni sta difatti modifi cando nuovamente i vantaggi di costo nella localizzazione della produzione. Se negli ultimi anni si è guardato con attenzione crescente ai fenomeni di rilocalizzazione della produzione nei paesi avanzati, grazie al recupero di competitività legato anche alla sostenuta dinamica salariale in Cina, le convenienze relative adesso si stanno di nuovo modifi cando, a tutto svantaggio delle economie avanzate. Il punto di rottura potrebbe evidentemente essere rappresentato da un deprezzamento del cambio da parte della Cina, che sta soffrendo per gli effetti delle svalutazioni attuate da altre economie dell’area, fra cui il Giappone. Per ora i guadagni di competitività di molti paesi non sono immediatamente riconoscibili dai dati sulle quote dell’export. Le quote sull’export in valore tendono difatti a risentire della fl essione dei prezzi in dollari praticati dalle imprese di questi paesi a seguito del deprezzamento dei rispettivi tassi di cambio, mentre i dati in quantità sono condizionati dall’andamento dell’interscambio infra-area.

Il deprezzamento delle valuteemergenti rispetto al dollaro e i

differenziali d'inflazione

-60 -40 -20 0 20 40

Russia

Brasile

Turchia

Sud Africa

Indonesia

Malesia

Messico

India

Tailandia

Corea

Cina

diff % fra il cambio a giugno '15 e il livello medio delbiennio 2012-2013; differenziale d'inflazione rispetto agli

Stati Uniti cumulato fra il 2012 e il 2015

cambio differenziali inflazione

L’economia internazionale

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Usa: la crescita continua, si avvicinano i rialzi dei tassi d’interesse

Infi ne, un elemento di rischio è legato al fatto che la successione di fasi di ampio deprezzamento dei cambi da parte di molte economie potrebbe anche avere effetti destabilizzanti sui paesi a valuta più debole, generando spirali infl azionistiche e aumenti dei tassi d’interesse. Difatti, in alcuni paesi le svalutazioni del cambio si associano anche

a differenziali d’infl azione relativamente elevati, e questo comporta anche l’effetto di ridimensionare in tempi rapidi i benefi ci del cambio debole sulla posizione competitiva. Oltre ai casi estremi di Venezuela e Argentina, l’accelerazione dei prezzi più pronunciata sta caratterizzando l’economia russa.

Un contributo delle esportazioni nette alla crescita del Pil di segno negativo ha caratterizzato a inizio anno l’economia Usa. I segnali di frenata del settore manifatturiero americano sono risultati relativamente pronunciati negli ultimi mesi, evidenziando come la decelerazione d’inizio anno non sia stata un fatto sporadico. Tale andamento mette in evidenza come l’industria Usa non sembri nelle condizioni di sostenere un ulteriore apprezzamento del tasso di cambio. Non a caso il dollaro ha smesso di rafforzarsi negli ultimi mesi nei confronti dell’euro.La frenata del manifatturiero si contrappone a indicazioni di crescita più sostenuta da parte dei settori dei servizi e dell’edilizia. Nel

complesso, quindi, nonostante la sorpresa negativa dei primi mesi dell’anno, il quadro è quello di una fase di crescita che si sta protraendo, anche se con ritmi inferiori rispetto ai cicli più recenti dell’economia Usa. Dal punto di vista della domanda, il principale sostegno alla crescita proviene dai consumi, che hanno benefi ciato come in altri paesi della caduta del prezzo del petrolio. Sta anche migliorando gradualmente l’attività delle costruzioni, sulla scorta del rafforzamento della domanda di immobili e degli aumenti dei prezzi delle abitazioni degli ultimi due anni. L’aumento del valore della ricchezza legato al recupero dei prezzi delle case e all’andamento

Usa - Clima di fiducia delle impresemanifatturiere

45

50

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10 11 12 13 14 15

Survey Ism

Stati UnitiProduzione industriale

95

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105

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Indice 2005 = 100

L’economia internazionale

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positivo della borsa negli ultimi anni, congiuntamente alla riduzione del rispettivo grado di indebitamento, ha migliorato la situazione patrimoniale delle famiglie. Inoltre, i consumatori stanno benefi ciando delle migliori condizioni del mercato del lavoro. Difatti, nel corso degli ultimi mesi l’economia Usa ha descritto risultati signifi cativi in termini di occupazione: il tasso di disoccupazione ha continuato a scendere; ha anche iniziato a riprendesi la crescita della forza lavoro, la cui dinamica sino a tutto il 2014 era risultata molto contenuta. Il tasso di partecipazione alle forze di lavoro ha smesso di ridimensionarsi, stabilizzandosi dopo quasi sette anni. L’aumento dell’offerta di lavoro dimostra come la ripresa dell’economia e la caduta della disoccupazione possano stimolare la riattivazione dell’offerta potenziale dei lavoratori che negli anni scorsi erano rimasti fuori dal mercato in assenza di concrete opportunità occupazionali. Questo renderebbe possibile una fase di crescita dell’economia che si protrae ancora, senza comportare tensioni su prezzi e salari, pur in presenza di tassi di disoccupazione molto bassi.

Di fatto, in presenza di tassi di partecipazione all’offerta di lavoro che si sono ridotti, il tasso di disoccupazione perderebbe il proprio valore segnaletico della presenza di tensioni nel mercato del lavoro, tant’è che sinora alla riduzione della disoccupazione non sono corrisposti segnali di accelerazione dei salari. Crescita modesta dei salari e bassi prezzi dell’energia defi niscono un contesto in cui l’economia dovrebbe mantenersi lungo una fase di ripresa senza che emergano segnali di infl azione. Questo scenario risulterebbe molto favorevole alla gestione dell’exit strategy da parte della Fed, che potrebbe mantenere un approccio molto graduale nel percorso di aumento dei tassi d’interesse. In prospettiva, un elemento di preoccupazione è rappresentato dal fatto che la crescita dell’occupazione degli ultimi mesi è risultata relativamente sostenuta una volta tenuto conto della frenata del Pil. Questo comporta che si è accentuata ulteriormente la decelerazione della produttività, fenomeno che ha caratterizzato l’economia Usa negli ultimi anni, al pari di altri paesi. La frenata della produttività può anche essere un ostacolo per l’azione della politica monetaria,

Usa - Tasso di disoccupazione

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6

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9

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98 00 02 04 06 08 10 12 14

Stati Uniti - Inflazione attesa dalmercato

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11 12 13 14 15

Breakeven inflation a 5 anni

L’economia internazionale

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dato che a parità di crescita del costo del lavoro una minore crescita della produttività si tradurrebbe in aumenti più marcati dei costi unitari pagati dalle imprese e dei rispettivi prezzi. Infi ne, la spinta al ribasso sull’infl azione proveniente dalla caduta del prezzo del petrolio si sta attenuando. A inizio 2016, il ritorno dell’infl azione dei prodotti energetici su valori di segno positivo riporterà l’infl azione Usa vicino al 2 per cento. L’insieme di queste circostanze spiega perché le aspettative d’infl azione, pur restando su valori modesti, abbiano recuperato rispetto ai minimi d’inizio anno. Il quadro attuale appare coerente con un approccio graduale da parte della Fed, che inizierà a alzare i tassi d’interesse solamente verso fi ne anno. Certamente i tassi d’interesse resteranno ancora di segno negativo in termini reali tutto quest’anno e il prossimo. Il differenziale fra tassi d’interesse e dinamica dei redditi interni resterebbe

negativo, e questo dovrebbe favorire ancora il processo di deleveraging da parte delle famiglie. Anche la fi nanza pubblica Usa dovrebbe evidenziare un riequilibrio dei saldi, legato principalmente al miglioramento del ciclo economico. Il defi cit dovrebbe assestarsi intorno al 4 per cento del Pil, mentre il debito dovrebbe interrompere la fase di crescita in quota di Pil, stabilizzandosi poco sopra il 110 per cento. Di fatto si completerebbe la fase di peggioramento dei conti pubblici determinatasi nel corso della crisi. Interessante osservare come, confrontando Usa e area euro, l’evoluzione del rapporto debito/Pil negli ultimi anni non sia stata molto diversa, a fronte di un andamento dei saldi molto meno “virtuoso” negli Stati Uniti. Evidentemente la differenza è legata al diverso contesto di crescita, e alla maggiore capacità di governo della crisi delle autorità americane rispetto a quelle europee.

Deficit pubblico

-14

-12

-10

-8

-6

-4

-2

0

05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16

in % del Pil; stime Ocse per il 2015 e il 2016

Stati Uniti Area euro

Debito pubblico

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in % del Pil; stime Ocse per il 2015 e il 2016

Stati Uniti Area euro

Produttività

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Produttività in rallentamento

Nel periodo successivo alla recessione del 2008-2009 molti paesi hanno evidenziato fl uttuazioni anomale della produttività del lavoro, legate soprattutto all’ampiezza delle oscillazioni del prodotto e ai ritardi nell’adeguamento dei livelli occupazionali alle variazioni dell’output. In molti paesi si è osservato un rallentamento della produttività del lavoro interpretabile con un fatto ciclico, cui avrebbe dovuto fare seguito un recupero nella fase più recente, soprattutto nelle economie più dinamiche, legato proprio alla ripresa del ciclo economico. In realtà, nella maggior parte dei paesi vi sono scarsi segnali di accelerazione della produttività del lavoro: considerando l’intero periodo post-crisi emerge come fra i maggiori paesi solo la Spagna abbia evidenziato una decisa accelerazione della produttività, conseguita peraltro in buona misura attraverso un’ampia riduzione dei livelli occupazionali nei primi anni della crisi. Nelle altre economie la crescita media della produttività del lavoro risulta decisamente più bassa rispetto agli anni duemila. Fra i paesi considerati solo l’Italia non registra una

decelerazione della produttività, ma questa non è una buona notizia, avendo confermato negli ultimi anni la stagnazione già osservata nel corso della prima parte degli anni duemila. Si sta confi gurando quindi uno scenario in cui la crescita dell’occupazione appare tutto sommato vivace se rapportata ai tassi di crescita dell’economia. Difatti, in molte economie il tasso di disoccupazione è in discesa nonostante i ritmi di crescita dell’economia non siano elevati. D’altra parte, la bassa crescita della produttività tende a ridimensionare la crescita dell’economia, comportando anche una bassa dinamica dei salari reali. E’ possibile che la bassa crescita della produttività derivi anche dal fatto che parte dello stock di capitale esistente in diversi settori è solo parzialmente utilizzato, rifl ettendo l’eredità di un eccesso di capacità prodottosi dopo la crisi del 2009. Inoltre, anche per questo motivo, veniamo da un prolungato periodo di bassi investimenti, il che avrebbe ritardato i processi di innovazione. Nel complesso, quindi, è probabile che crescita lenta del Pil e della produttività, insieme a una quota degli investimenti sul Pil relativamente bassa, siano alcune caratteristiche del ciclo attuale, che i diversi paesi saranno in grado di superare solamente dopo diversi anni di crescita.

Il rallentamento della produttività dal 2008

0

0.5

1

1.5

2

2.5

Spa Usa Fra Olan Ger Uk Ita

Pil per ora lavorata var % medie annue

2008-2014 2001-2007

L’economia internazionale

Congiuntura ref. luglio 2015 13

Un quadro internazionale in chiaroscuro

Alla luce del quadro brevemente sintetizzato, lo scenario macroeconomico internazionale che fa da sfondo alle tendenze dell’economia italiana è caratterizzato nel complesso da una fase di ripresa, anche se con ritmi di espansione della domanda internazionale contenuti. Il peggioramento degli indicatori congiunturali appare più evidente presso i paesi emergenti, che vedono ancora ridursi il gap di crescita rispetto alle economie avanzate. Inoltre, la crescita del commercio mondiale resta sotto tono. Si conferma la caduta dell’elasticità del commercio mondiale rispetto alla crescita del Pil che ha caratterizzato l’economia mondiale dopo il 2008.L’ipotesi di un ciclo internazionale che si sarebbe progressivamente rafforzato nel corso dei trimestri centrali del 2015 non sembra quindi trovare conferma negli andamenti più recenti che, anzi, in diversi casi confi gurano piuttosto l’ipotesi di un peggioramento nella seconda metà dell’anno. Il fatto che il ciclo non si sia irrobustito nel corso degli ultimi mesi non infl uenza tanto il quadro del 2015, ma apre nuovi dubbi sulle tendenze del 2016, anno che presenta evidentemente diverse incognite.Come abbiamo visto, questi elementi di incertezza derivano in misura rilevante dalle tendenze delle aree soggette a tensioni di carattere geopolitico, come nel caso della crisi fra Russia e Ucraina che sta pesando sull’industria europea, o dei paesi del Nord Africa. Un altro fronte di incertezza riguarda la tenuta del quadro economico in Cina mentre in Europa resta molto incerta l’evoluzione della crisi greca. D’altra parte, a fronte dei ritmi di crescita

Le prospettive

PIL E COMMERCIO MONDIALEVariazioni % medie annue

2014 2015 2016 2017Stati Uniti 2.4 2.1 2.9 3.1Giappone -0.1 1.3 1.5 1.4Regno Unito 2.8 2.4 2.4 2.3Area euro 0.9 1.3 1.5 1.7

Germania 1.6 1.5 1.8 2.1Francia 0.2 1.1 1.1 1.5Italia -0.4 0.7 1.1 1.0Spagna 1.4 2.7 2.3 2.1

Paesi industrializzati 1.4 1.7 2.1 2.2Economie emergenti 4.8 4.2 4.5 5.1

Econ emerg asiatiche 6.2 5.7 6.0 6.5Pil mondiale 3.3 3.1 3.4 3.8Commercio mondiale 2.5 1.2 3.6 4.1

Previsioni

MATERIE PRIME

2014 2015 2016 2017Prezzo del petrolio *- In $ 99.5 63.1 71.0 72.3- In € 74.8 57.3 64.4 62.2

Variazioni % medie annueMaterie prime in $

- Petrolio * -8.1 -36.6 12.5 1.8- No energy ** -4.4 -12.3 -2.3 0.0

Materie prime in €- Petrolio -8.5 -22.9 12.0 -3.4- No energy -4.5 6.0 -2.5 -5.2

* Brent; ** Gsci

Previsioni

PREZZI INTERNAZIONALIVariazioni % medie annue

2014 2015 2016 2017Manufatti in $ -0.9 -12.3 1.2 2.9Manufatti in € -1.0 6.1 1.0 -2.4Prezzi al consumoStati Uniti 1.6 0.0 2.1 2.0Area euro 0.4 0.1 1.0 0.9Giappone 2.7 1.0 0.7 0.8

Previsioni

TASSI E CAMBILivello medio annuo

2014 2015 2016 2017Cambio dollaro-euro 1.33 1.10 1.10 1.16Cambio yen-dollaro 105.9 119.0 120.2 121.4Cambio yen-euro 140.7 130.9 132.5 141.1Tassi ufficialiStati Uniti 0.3 0.4 1.5 2.5Area euro 0.1 0.0 0.0 0.5Giappone 0.0 0.0 0.0 0.5

Previsioni

L’economia internazionale

Congiuntura ref. luglio 201514

non eccezionali, il livello di diverse variabili, come i prezzi delle commodities o quello dei tassi d’interesse, resta ancorato su valori che non rispecchiano certamente l’ipotesi di una ripresa robusta all’orizzonte. L’assestamento del prezzo del petrolio su valori contenuti, anche se superiori ai minimi toccati a inizio anno, e il basso livello dei tassi d’interesse nella maggior parte delle economie, forniscono ancora un sostegno alla domanda internazionale. Dal punto di vista dei tassi d’interesse, il tema centrale è rappresentato dal possibile avvio entro la fi ne di quest’anno, della fase di rialzi dei tassi Usa. Il percorso di aumento dei tassi d’interesse da parte della Fed ha inizio a partire da un livello pari a zero; sarà inoltre molto graduale e subordinato a conferme circa il protrarsi della fase di crescita dell’economia. Di fatto, nonostante il ciclo attuale sia iniziato oramai da sei anni, confi gurando quindi una ripresa abbastanza lunga rispetto agli standard, e nonostante la disoccupazione sia tornata oramai su livelli bassissimi, non paiono ancora materializzarsi le condizioni per una ripresa dell’infl azione, le cui oscillazioni rifl etteranno prevalentemente l’andamento del prezzo del petrolio. Aumenti contenuti dei tassi d’interesse sono attesi anche nel Regno Unito, mentre la Banca del Giappone e la Bce continueranno con le misure di Quantitative easing. L’aumento dei tassi Usa fornirà un sostegno al dollaro, che nel corso del 2016 potrebbe tornare a rafforzarsi soprattutto nei confronti delle valute dei paesi emergenti. In genere la forza del dollaro tenderà a rispecchiare le

attese sulle mosse della Fed, e si muoverà quindi in linea con le attese sul ciclo Usa. Ci attendiamo però che anche l’area dell’euro sia attraversata da una moderata ripresa, suffi ciente a interrompere la fase di indebolimento del cambio dell’euro sul dollaro. E’ probabile che nei prossimi due anni a cedere siano ancora le valute dei paesi emergenti.In conclusione, lo scenario mondiale non presenta quindi grandi spunti di sostegno per le economie avanzate sia in termini di evoluzione della domanda globale che dal punto di vista della posizione competitiva. In positivo vi è il fatto che nel periodo di previsione i prezzi delle materie prime restano su livelli contenuti, favorendo la crescita dei consumi, mentre i tassi d’interesse restano comunque su livelli molto bassi. Il livello dei tassi d’interesse espresso in termini reali resta difatti largamente inferiore al tasso di crescita sia negli Usa che nell’eurozona.

Usa - Tassi reali e crescita

-6.0

-4.0

-2.0

0.0

2.0

4.0

2006 2010 2014

(1) a breve, reali, sulla base dei prezzi al consumo; (2) reale, var %

Tassi d'interesse (1) Pil (2)

L’economia internazionale

Congiuntura ref. luglio 2015 15

Russia, Medio Oriente, Nord Africa, Grecia….

I potenziali elementi di incertezza in questa fase sono molteplici. Innanzitutto, ci sono i diversi fronti di instabilità politica, che riguardano i paesi del Medio Oriente, del Nord Africa e la Russia. Il relativo impatto sulle variabili economiche è certamente di rilievo limitato rispetto alle conseguenze di natura politica che possono derivarne nel medio termine. In ogni caso, il freno alla crescita del commercio mondiale che deriva dalla crisi in Russia e nell’intera area del Mediterraneo pesa sulla congiuntura soprattutto dell’area dell’euro. A ciò si aggiungono gli effetti, al momento ancora diffi cili da anticipare, legati all’incerta gestione della crisi greca.Fra i rischi dello scenario va ricordata l’eventualità di un quadro dell’economia Usa tale da richiedere un profi lo di crescita dei tassi d’interesse più rapido, rispetto al gradualismo che si prospetta in base agli scenari correnti, e incorporato nelle attese dei mercati. Da ciò deriverebbe anche una risalita dei tassi a lunga Usa che avrebbe conseguenze signifi cative sui mercati azionari; il dollaro si rafforzerebbe ulteriormente, schiacciando le valute dei paesi emergenti e lo scenario di rallentamento dell’economia mondiale si accentuerebbe. Come si osserva, i potenziali fattori di crisi sono numerosi. La sovrapposizione di diversi elementi di incertezza potrebbe di per sé tradursi, a prescindere poi dall’effettiva evoluzione degli eventi, in un aumento del

premio al rischio, penalizzando le borse e rappresentando un freno agli investimenti. Questo aumenterebbe la probabilità dello scenario di rallentamento dell’economia mondiale nei prossimi trimestri.

I rischi

RussiaProduzione industriale

105

110

115

120

125

11 12 13 14 15

Indice 2010 = 100

BrasileProduzione industriale

88

92

96

100

104

11 12 13 14 15

Indice 2005 = 100

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 201516

L’area euro

Tendenze recenti

Cambia il mood europeo dopo il referendum greco

L’evento certamente più rilevante degli ultimi giorni è rappresentato dall’evoluzione della crisi greca, prima con il mancato accordo sul debito con le autorità europee, e poi con la vittoria dei no al referendum. Al di là dell’evoluzione che osserveremo nelle prossime settimane, è certo che il referendum rappresenta un ultimo tassello nel percorso di perdita di fi ducia verso le istituzioni europee, comunque già emerso con chiarezza da diversi mesi, attraverso gli esiti elettorali in molti paesi favorevoli alle posizioni antieuropeiste. Di fatto, quindi, il nuovo scenario non è circoscritto alla Grecia, nonostante le condizioni dell’economia greca rappresentino certamente il caso più estremo di insuccesso della politica economica europea. Il dissenso verso le politiche economiche seguite nell’area dell’euro oramai da

diversi anni è d’altra parte pienamente comprensibile, alla luce delle performance economiche disastrose che hanno caratterizzato diverse economie, non solo quella greca. L’eccezionalità della fase che abbiamo attraversato è d’altra parte palese sulla base di qualsiasi indicatore di disagio economico e sociale. Anche la divaricazione nelle performance dei diversi paesi resta elevata. Con il passare del tempo si è rafforzata l’evidenza che vi siano state negli ultimi anni “due Europe” con divari negli esiti economici che vanno al di là delle differenze nelle strutture produttive dei diversi paesi. Gli imputati cui si guarda con attenzione crescente sono l’introduzione della moneta unica, con la perdita dello strumento della variazione del tasso di cambio, e le politiche macroeconomiche utilizzate per affrontare la crisi post-2008. Sebbene sia evidente che le politiche economiche seguite dai Governi nazionali negli ultimi quindici anni abbiano contribuito non poco a portare le economie periferiche verso le diffi coltà attuali, ciò che contribuisce a spiegare l’avanzata dell’euroscetticismo è la sensazione che le politiche economiche, all’interno dell’attuale schema di governance dell’eurozona, siano impotenti nell’azione di contrasto della crisi. Anche nei paesi dove i segnali di recupero iniziano a farsi evidenti, si pensi soprattutto al caso della Spagna, la situazione del mercato del lavoro è talmente disastrata da richiedere molti anni di crescita prima di ripristinare condizioni tali da permettere a tutti di partecipare al mercato in condizioni dignitose. E’ il fenomeno della

Prodotto interno lordo

70

76

82

88

94

100

07 08 09 10 11 12 13 14 15

Indice 2007 = 100

Irl Gre SpaIta Port

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 2015 17

lost generation, ovvero di quanti hanno subito le conseguenze della crisi restando ai margini del mercato del lavoro per troppo tempo, al punto da subirne conseguenze di carattere permanente sul proprio profi lo professionale. Citando una battuta di Munchau sulle colonne del Financial Times: “non c’è differenza per un disoccupato senza speranza di ottenere un lavoro, se i soldi che non riceverà saranno denominati in euro o in dracme”.Il referendum greco è quindi uno spartiacque non solo per le vicende dell’economia greca, le cui evoluzioni nei prossimi mesi spaziano dall’ipotesi di un nuovo accordo sino a quella di un’uscita dall’euro, e neanche per l’impatto economico diretto sugli altri paesi, la Grecia è un paese molto piccolo e gli effetti di cambiamenti nell’economia greca sul resto dell’eurozona saranno comunque limitati. Ciò che conta è il fatto che aumenterà in tutti i paesi la pressione delle domande sociali, per una crescita economica sostenuta e inclusiva. Questo quadro riaprirà il dibattito sulla governance economica europea, anche se realisticamente sarà molto diffi cile individuare risposte risolutive alle questioni da affrontare.

Con buona probabilità si cercherà di tenere a bada le spinte disgregatrici con concessioni limitate e di breve periodo, affi dandosi alla buona sorte e sperando in un quadro economico più favorevole. Ne deriveranno al più delle concessioni per una diluizione dei piani di rientro dei diversi paesi, in modo da favorire un leggero allentamento delle politiche di bilancio, e conferme nella strategia già adottata da alcuni mesi dalla Bce. Vi è anche il rischio contrario, ovvero che l’esito del referendum irrigidisca le posizioni tedesche, impedendo un accordo sul debito greco, e portando la Grecia rapidamente fuori dall’euro. Questo potrebbe rafforzare le spinte disgregatrici, anche in altri paesi, e rendere più diffi cili i piani di rientro delle fi nanze pubbliche. Il caso peggiore è che i mercati inizino a scontare un rischio di cambio crescente negli spread. Il maggiore grado di attivismo della Bce dovrebbe essere in grado di prevenire situazioni come quelle viste nel 2011, ma certamente la fase che si apre, se non si trova un accordo con la Grecia, non sarà semplice.

Troppa fiducia nel Qe?

La prima parte del 2015 per l’area euro è stata nel complesso relativamente favorevole, se si rammentano i timori di un peggioramento del ciclo che si erano palesati a fi ne 2014. Il quadro è migliorato grazie alla caduta del prezzo del petrolio e al cambiamento nella strategia della politica monetaria. La Bce, allarmata dai tassi di infl azione particolarmente bassi, ha avviato il Quantitative easing. L’annuncio del cambiamento della politica monetaria da

parte della banca centrale ha portato i mercati a crescere molto, sia gli obbligazionari che gli azionari. Uno dei canali attraverso i quali gli acquisti di titoli da parte della banca centrale dovrebbero infl uenzare il ciclo economico è che l’incremento dei prezzi delle attività riduce il costo del capitale per le aziende e aumenta i consumi delle famiglie attraverso gli effetti ricchezza. Nel caso americano si ritiene che gli effetti ricchezza legati al Qe della Fed siano stati sostanziali perché i

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 201518

consumatori hanno una elevata propensione alla detenzione di attività fi nanziarie e le imprese tendono a quotarsi in borsa più di quanto accada nei paesi dell’area euro. Un limite del Qe applicato all’area euro è che essendo l’eurozona un sistema molto più “bancocentrico” questi effetti sono meno marcati, le famiglie detengono meno azioni, le imprese tendono a emettere poche obbligazioni proprie e a essere meno quotate, per cui il canale di trasmissione della politica monetaria è meno diretto. Se poi intervengono altri fattori che condizionano in maniera sfavorevole i mercati, anche gli effetti auspicati del Qe possono non materializzarsi. E’ quanto abbiamo visto negli ultimi mesi; se il 2015 era iniziato all’insegna della reazione euforica dei mercati all’annuncio del Qe da parte della Bce, i mesi centrali dell’anno hanno visto un tono decisamente più dimesso. Le tendenze recenti sono state caratterizzate prevalentemente dalla normalizzazione dei livelli di alcune variabili fi nanziarie, dopo l’overshooting di inizio anno. Risalita dei tassi d’interesse, recupero dell’euro e frenata del mercato azionario, sono stati i tratti salienti del quadro fi nanziario dopo il rally dei primi mesi dell’anno. A fi ne giugno poi la volatilità dei mercati è aumentata, rifl ettendo il mancato accordo delle autorità europee con la Grecia. La chiave di lettura apparentemente più appropriata rispetto a questi fenomeni è che si tratti di correzioni fi siologiche dopo una fase euforica dei mercati. In particolare, con il passare dei mesi è divenuta palese l’incoerenza fra l’ipotesi di una congiuntura europea in graduale ripresa e il livello minimo dei tassi d’interesse tedeschi toccato nei mesi primaverili.

Il biancio della Bce: totale attività

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

00 03 06 09 12 15

mld di euro

Germania - Tassi d'interesse adieci anni

0.0

0.3

0.6

0.9

1.2

set-14 nov-14 gen-15 mar-15 mag-15 lug-15

Volatilità attesa della borsaeuropea

0

10

20

30

40

50

11 12 13 14 15

Indice Vix - Attese su volatilità indice Eurostoxx,calcolate dai prezzi di opzioni di durata media di 30gg

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 2015 19

Naturalmente, un euro meno debole, tassi d’interesse sopra i minimi e un andamento meno esuberante delle borse sono fattori che attenuano il sostegno che un quadro internazionale più favorevole può fornire alla congiuntura europea, ma non ne alterano il segno.A questi fattori si è poi aggiunta la mancata chiusura della trattativa fra le autorità europee e il Governo greco a fi ne giugno che ha accresciuto di molto l’incertezza. La volatilità dei mercati azionari europei è quindi aumentata in misura signifi cativa nel corso delle ultime settimane. Nel complesso comunque lo scenario resta dominato da una politica monetaria di segno espansivo. I tassi d’interesse ai minimi dovrebbero favorire la ripresa del credito all’economia e quindi sostenere la domanda interna; essi favoriscono anche il deleveraging nelle economie dove il grado di indebitamento, sia pubblico che privato, è più elevato, liberando risorse dai bilanci di famiglie, imprese e Stati per alimentare la crescita della domanda. La caduta dei tassi d’interesse ha anche effetti sulle prospettive dei conti pubblici

europei. La possibilità di fi nanziare il debito pubblico a tassi molto bassi determina un alleggerimento della spesa soprattutto per i paesi più indebitati. Secondo le stime della Commissione europea per il complesso dell’eurozona il defi cit pubblico si contrarrebbe nel biennio 2015-2016 di circa sette decimi di Pil passando dal 2.4 per cento del 2014 all’1.7 per cento del 2016. Tale contrazione deriverebbe in parte da una minore spesa per interessi, che si riduce di due decimi di Pil, e in parte da un miglioramento del saldo primario, di circa mezzo punto. A sua volta, il miglioramento del primario è dovuto a un peggioramento di quattro decimi del saldo strutturale, a fronte di un miglioramento di quasi un punto dovuto al ciclo e alle una tantum. Di fatto, quindi, nel biennio in corso si verifi cherebbe il passaggio da una intonazione della politica di bilancio restrittiva a una politica leggermente espansiva. Di per sé l’impulso fi scale alla domanda interna nel corso del biennio è modesto, ma il fatto di cambiare il segno della politica di bilancio defi nisce comunque una prima discontinuità della fase attuale

La finanza pubblica dell'eurozona

-5

-4

-3

-2

-1

0

1

2011 2012 2013 2014 2015 2016

dati in % del Pil

interessi saldo primario saldo totale

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 201520

rispetto al percorso seguito sino al 2013. Inoltre, l’impressione è che per diversi paesi – Francia, Spagna, Italia – i conti ex-post evidenzieranno una correzione inferiore a quella incorporata nelle previsioni della Commissione europea, il che comporta che il sostegno della politica fi scale alla domanda europea sarà leggermente maggiore. Nel complesso, quindi, ripresa dell’economia e discesa della spesa per interessi sono le premesse per il mutamento di intonazione della politica di bilancio. In realtà le regole della fi nanza pubblica europea si basano su misure del defi cit espresse in termini strutturali, e quindi invarianti rispetto al cambiamento della crescita economica. Il clima in Europa sembra però cambiato rispetto al momento in cui furono varate le regole del Fiscal compact e si stanno generando le premesse per una valutazione meno rigida dei piani di rientro rispetto agli anni passati. Le pressioni derivanti dal

crescente clima antieuropeista potrebbero favorire questa tendenza.Le politiche monetarie sostengono la crescita dell’area euro anche attraverso il deprezzamento del tasso di cambio. L’entità della svalutazione dell’euro, in termini di cambio effettivo, non è eccezionale, e certamente inferiore rispetto a quanto traspare guardando al solo tasso di cambio bilaterale verso il dollaro. Difatti, molte altre valute si sono deprezzate sul dollaro più di quanto non sia accaduto per l’euro. Se a questo aggiungiamo che la domanda internazionale è apparsa, come abbiamo visto, decisamente meno dinamica rispetto a quanto ci si attendeva a inizio anno, ne deriva che il quadro attuale è decisamente deludente dal punto di vista delle esportazioni. Il recupero dell’area euro sembra in questa fase concentrato sulle componenti della domanda interna, e in particolare i consumi delle famiglie.

Saldo primario: componente ciclica e saldo strutturale

-2

-1

0

1

2

2011 2012 2013 2014 2015 2016

dati in % del Pil

primario corretto per il ciclo componente spiegata dal ciclo saldo primario

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 2015 21

Ripresa dei consumi La dinamica dei consumi è stata sostenuta dall’effetto della discesa del prezzo del petrolio sull’infl azione. Le retribuzioni stanno aumentando a ritmi modesti, ma sono in crescita in termini reali grazie alla caduta dell’infl azione importata. A ciò si aggiungono i primi guadagni occupazionali e le politiche di bilancio meno penalizzanti per il potere d’acquisto dei consumatori rispetto agli anni passati. La discesa dei tassi d’interesse e l’apprezzamento delle attività fi nanziarie dei mesi scorsi (e in alcuni casi anche dei prezzi delle case) hanno concorso a tradurre in maggiori consumi gli aumenti del potere d’acquisto. Il clima di fi ducia dei consumatori ha registrato un miglioramento signifi cativo. La ripresa dei consumi si è sinora accompagnata a un andamento deludente delle esportazioni e a una crescita moderata degli investimenti. Nonostante il contributo negativo delle esportazioni nette alla variazione del Pil, i conti con l’estero hanno continuato a migliorare, benefi ciando in questa fase del guadagno di ragioni di scambio legato alla discesa del petrolio. L’andamento del Pil ha quindi registrato una crescita moderata a inizio 2015; nella parte centrale dell’anno la crescita dovrebbe mantenersi in linea con le tendenze dei primi mesi, salvo eventuali effetti sfavorevoli legati ai contraccolpi della crisi greca sui mercati fi nanziari e sulle attese degli operatori. Un aspetto interessante è rappresentato dal fatto che, nonostante la ripresa dell’area euro sia appena iniziata, l’occupazione ha già evidenziato segnali di recupero. Signifi cativo il timing della svolta, visto che occupazione e Pil hanno iniziato a invertire la tendenza pressoché contemporaneamente, mentre di solito il ciclo dell’occupazione segue l’attività produttiva con un lag temporale di due-tre

Area euro: attività finanziarie delle famiglie

650

700

750

800

850

900

10 11 12 13 14 15

attività nette, in % del reddito disponibile, m.m. 3 termini

Area euro - Fiducia consumatori

-30

-25

-20

-15

-10

-5

0

10 11 12 13 14 15

Inchieste Commissione Europea

Area euro - Pil e occupazione

96

97

98

99

100

101

102

103

07 08 09 10 11 12 13 14 15

Indice I '07 = 100

Occupazione Pil

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 201522

Differenze all’interno dell’area euro

trimestri. Inoltre, la crescita dell’occupazione è simile a quella del prodotto, per cui la produttività non sta accelerando, come dovrebbe accadere nelle fasi iniziali del ciclo economico. Grazie all’aumento degli occupati, anche il tasso disoccupazione dell’area euro ha iniziato a ridursi.Nonostante la leggera riduzione del tasso di disoccupazione, la dinamica salariale è rimasta modesta, condizionata anche dalla caduta dell’infl azione. Per la media dell’area euro la crescita del costo del lavoro si mantiene su ritmi poco sopra l’1 per cento. Il quadro di moderazione salariale è coerente con l’assenza di tensioni sui prezzi. Il tasso d’infl azione è recentemente tornato su valori positivi, prevalentemente per effetto del graduale rientro dalla defl azione della componente dei prodotti energetici e di quelli alimentari. La core infl ation ha presentato un andamento più stabile, registrando valori poco al di sotto dell’1 per cento. L’aspetto più signifi cativo dello scenario

sui prezzi è rappresentato dall’aumento dell’infl azione attesa verifi catosi nel corso delle ultime settimane. Tale incremento rifl ette in parte la stabilizzazione dei corsi del petrolio su valori più elevati rispetto ai minimi di inizio anno, e in parte il miglioramento del quadro congiunturale dell’eurozona.

Area euro - Inflation Linked InterestSwaps

0.4

0.9

1.4

set-14 nov-14 gen-15 mar-15 mag-15 lug-15

Swaps 10 years Swaps 5 years

Le tendenze descritte con riferimento all’area euro nel complesso rivelano divergenze ancora signifi cative fra i singoli paesi appartenenti. Dai tassi di crescita delle maggiori economie emerge con chiarezza come si sia verifi cato un cambiamento nelle gerarchie, con l’economia spagnola che sta approfi ttando più di altre delle opportunità di questa fase di ripresa. In termini relativi la Germania ha rallentato, ridimensionando il proprio gap rispetto alle altre maggiori economie dell’eurozona. La Francia si mantiene in una posizione intermedia e l’Italia continua a presentare un differenziale sfavorevole

rispetto alla media dell’area. Il rallentamento relativo dell’economia tedesca osservato nei mesi scorsi dovrebbe proseguire anche nei trimestri centrali dell’anno, considerando il peggioramento degli indici del clima di fi ducia delle imprese tedesche. La decelerazione è spiegabile in base alla diversa esposizione al ciclo dei paesi emergenti. La caduta delle importazioni, soprattutto delle economie asiatiche e dell’Europa orientale, ha difatti effetti asimmetrici, con l’economia tedesca che risulta esposta in misura signifi cativa alla caduta della domanda di queste economie. Fra le altre economie dell’eurozona, la

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 2015 23

Finlandia sta risentendo in misura rilevante della caduta delle importazioni da parte della Russia. Il principale motore della crescita in Germania è rappresentato dai consumi delle famiglie, che sono in questa fase in una posizione di relativo vantaggio, considerando che il recupero del mercato del lavoro tedesco è in atto oramai da alcuni anni e che questo sta determinando dinamiche salariali più sostenute rispetto alle altre economie dell’area. Sebbene l’infl azione tedesca sia leggermente superiore a quella dei paesi periferici, anche la crescita in termini reali delle retribuzioni è maggiore rispetto alle altre economie dell’area euro. Un’altra fonte di divergenza fra i diversi paesi dell’area euro è rappresentata dall’intonazione della politica di bilancio. Nel corso del biennio 2015-2016 il saldo primario corretto per il ciclo, secondo le stime della Commissione europea, peggiora in Germania di otto decimi di Pil, in Spagna e in Italia di mezzo punto, mentre resta di fatto invariato in Francia. La posizione tedesca è quindi differente dalle altre economie, visto che si tratta dell’unico paese che sta adottando politiche pur marginalmente espansive. La posizione francese è la più problematica dal punto di vista del bilancio pubblico, in quanto il defi cit si colloca su un livello ancora decisamente superiore al 3 per cento in rapporto al Pil, a fronte di una crescita relativamente modesta, frenata soprattutto da problemi di competitività che pesano sull’andamento dell’export. In Spagna la crescita negli ultimi trimestri è risultata più sostenuta rispetto a quella delle altre economie dell’area euro, ed è stata soprattutto caratterizzata da una sostenuta creazione di nuova occupazione, circostanza signifi cativa alla luce delle condizioni

drammatiche in cui è caduto il mercato del lavoro spagnolo negli ultimi anni. Gli indicatori qualitativi si sono disallineati da quelli degli altri paesi dell’area euro, confermando il momento ciclico decisamente più favorevole. Nonostante il miglioramento del quadro macro, la situazione sociale in Spagna è comunque fortemente deteriorata per effetto dell’esplosione della disoccupazione degli anni passati, e anche il grado di fi ducia verso le politiche europee è molto diminuito, come dimostrano i risultati delle recenti elezioni regionali.

Germania - Aspettative delleimprese

92

96

100

104

108

112

10 11 12 13 14 15Indagine Ifo - componente delle condizioni future

Germania - Tasso didisoccupazione

4

5

6

7

8

9

10

11

12

00 03 06 09 12 15

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 201524

Uno degli elementi che avevano caratterizzato la crisi spagnola negli anni scorsi è l’elevato grado di indebitamento del settore privato, sia delle famiglie che delle imprese, e l’ampio stock di crediti deteriorati. Entrambi i fenomeni sono a loro volta legati alla dimensione della passata bolla immobiliare che ha caratterizzato l’economia spagnola negli anni duemila e al successivo collasso del mercato immobiliare. Date queste caratteristiche della crisi spagnola, è possibile che proprio la Spagna sia il paese che può benefi ciare maggiormente del Quantitative easing e di una eventuale ripresa del mercato immobiliare. L’aspetto più interessante della ripresa dell’economia spagnola è però che essa ha trovato sostegno soprattutto nell’andamento particolarmente vivace dei consumi, la cui crescita anno su anno si è portata al di sopra del 3 per cento, un ritmo superiore a quello osservato nelle altre maggiori economie dell’area euro. Tale andamento ha rifl esso in parte una diminuzione del tasso di risparmio, ma è in larga misura legato all’evoluzione recente del potere d’acquisto delle famiglie spagnole. Dal punto di vista della politica fi scale la Spagna deve ancora ridurre molto il defi cit, ma è certamente in una posizione di vantaggio rispetto ad altri paesi, potendo nei prossimi anni realizzare tale percorso di riduzione in un contesto di crescita.Un altro elemento di interesse per valutare l’andamento delle diverse economie dell’area euro è rappresentato dall’evoluzione della rispettiva posizione competitiva. In generale, l’indebolimento dell’euro sul dollaro ha favorito negli ultimi mesi la competitività dell’intera area. All’interno

dell’eurozona vi sono però mutamenti della posizione competitiva infra-area, non meno importanti nel determinare la performance sull’export delle singole economie. Gli indicatori di competitività mettono in luce un miglioramento relativo della posizione della Spagna, anche se i dati non confermano per ora una migliore performance spagnola in termini di esportazioni nonostante la Spagna sia poco esposta alle oscillazioni della domanda nelle economie dell’Europa orientale.

Spagna - Economic sentimentindicator

80

90

100

110

10 11 12 13 14 15

Inchieste Commissione Europea

Spagna - Prezzi reali degli immobili

100

125

150

175

200

00 03 06 09 12 15

Deflazionati con i prezzi al consumo; 1998 = 100

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 2015 25

La ripresa continua, ma il contesto è meno favorevole

La fase di euforia dei mercati che ha caratterizzato i primi mesi del 2015 e gli effetti della caduta del prezzo del petrolio hanno determinato un contesto favorevole alla ripresa europea, tradottosi in una crescita moderata nel primo e probabilmente anche nel secondo trimestre dell’anno. Le caratteristiche della crescita sono molto legate alla caduta del prezzo del petrolio che ha sostenuto il potere d’acquisto e i consumi delle famiglie. Un rafforzamento del ciclo europeo richiederebbe nella seconda parte dell’anno un maggior contributo delle esportazioni alla crescita e un rafforzamento degli investimenti. Le tendenze più recenti dal lato della domanda internazionale, e i numerosi focolai di crisi, ultimo l’involuzione dello scenario greco, lasciano però presumere che il ciclo europeo non potrà contare su un contesto altrettanto favorevole, quale quello emerso a inizio anno. Certamente il ciclo dell’esportazioni resterà sotto tono e probabilmente anche quello degli investimenti tarderà ad accelerare.D’altra parte, l’impulso alla domanda delle

famiglie legato alla caduta del prezzo del petrolio tenderà ad attenuarsi nella seconda metà dell’anno, sia perché parte della passata caduta è stata già incorporata nei livelli della spesa, sia perché le quotazioni hanno recuperato rispetto ai minimi d’inizio anno. Le caratteristiche del ciclo europeo dei prossimi trimestri saranno quindi orientate ancora dalle politiche economiche e dalla capacità di contrastare i diversi fattori che potrebbero alterare le tendenze dei mercati e il clima delle aspettative.Il quadro macro resta guidato dalla politica della Bce. La banca centrale continuerà con il programma di acquisti di titoli di Stato, e potrebbe eventualmente anche rimodulare la dimensione degli acquisti mensili sulla base delle esigenze che emergeranno nei prossimi mesi. Un’uscita anticipata dal programma è possibile nel caso di una ripresa più vivace dell’economia rispetto alle attese. Meno probabile che sia un aumento più rapido dell’infl azione a modifi care la strategia della banca centrale, dato che lo scenario è di graduale normalizzazione con un ritorno della dinamica dei prezzi verso il 2 per cento,

Le prospettive

Differenzali di crescita fra le maggiori economie dell'area euro

-2.0

-1.5

-1.0

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

Germania Francia Italia Spagna

differenziale fra la crescita del paese e la media dell'eurozona in ciascun periodo

02-'05 06-'09 10-'13 14-'17

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 201526

ma con rischi spostati tutti verso il basso. Aumenti degli acquisti di titoli sono invece possibili nel caso di situazioni di instabilità dei mercati, ad esempio legate a ulteriori diffi coltà nella gestione della crisi greca. Nel 2016 la crescita continua ma con ritmi moderati; diffi cilmente si arriverà al 2 per cento.Dal punto di vista dell’articolazione territoriale dovrebbe confermarsi la maggiore forza dell’economia spagnola; la Germania continua a crescere più della media dell’area, ma in assenza di un contesto favorevole all’export, il gap rispetto agli altri paesi sarà inferiore rispetto al recente passato.Gli effetti della politica monetaria consentiranno di superare la fase più diffi cile del ciclo immobiliare anche nei paesi della periferia. Nel complesso dell’eurozona gli investimenti residenziali registrano nel biennio in corso una fase di crescita dopo ben sei anni consecutivi di riduzione. Il ciclo europeo dovrebbe caratterizzarsi ancora per un elevato contenuto di

occupazione. La crescita dell’occupazione si porterà su tassi intorno all’1 per cento, o anche superiori, e il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere nel corso del triennio nonostante i ritmi di crescita non eccezionali. Il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro dovrebbe interrompere la fase di decelerazione dei salari, ma non vi sono ancora le condizioni per una accelerazione del costo del lavoro.Lo scenario di crescita descritto appare comunque suffi ciente per prevenire rischi di defl azione: l’aumento dei prezzi resta legato soprattutto all’esaurimento della fase di caduta della componente energetica mentre l’infl azione core resta su ritmi intorno all’1 per cento. D’altra parte, l’aumento dell’infl azione interrompe la fase di recupero del potere d’acquisto dei salari. La crescita del potere d’acquisto delle famiglie perderà quindi lo stimolo derivante dal guadagno di ragioni di scambio dovuto ai minori prezzi del petrolio, mentre aumenterà il contributo derivante dalla crescita dell’occupazione.

QUADRO MACROECONOMICO (Variazioni % annue)Pil Consumi Consumi Investimenti Export Import

privati collettivi fissi lordiGermania2013 0.2 0.9 0.7 -0.4 1.7 3.22014 1.6 1.2 1.2 3.3 3.7 3.4

2015 1.5 2.3 1.9 2.5 4.1 5.42016 1.8 1.8 1.4 4.5 4.1 4.82017 2.1 1.9 1.2 5.2 4.5 6.6Francia2013 0.7 0.5 1.6 -0.4 1.8 1.82014 0.2 0.6 1.6 -1.2 2.4 3.9

2015 1.1 1.5 1.6 -1.0 4.4 5.92016 1.1 1.1 1.5 -0.3 3.6 3.42017 1.5 1.3 1.6 0.0 4.2 4.1Area euro2013 -0.3 -0.6 0.2 -2.3 2.1 1.32014 0.9 1.0 0.6 1.2 3.7 4.0

2015 1.3 1.7 1.0 1.9 3.4 4.32016 1.5 1.4 0.6 2.6 3.6 3.62017 1.7 1.5 0.6 3.2 4.7 4.9Dati corretti per il diverso numero di giorni lavorativi

L’area euro

Congiuntura ref. luglio 2015 27

Non ci possiamo permettere un’altra recessione

Le esportazioni crescono a ritmi contenuti perché la domanda mondiale si sviluppa a ritmi non eccezionali. Il contributo del net export alla crescita dovrebbe risultare

nullo se non negativo nel corso del biennio. L’interruzione della fase di guadagno di ragioni di scambio interrompe la fase di aumento del saldo commerciale europeo.

I rischi

La tormentata vicenda dell’economia greca rappresenta, a prescindere dalle evoluzioni dei prossimi mesi, un elemento di rottura nel consenso, già incrinatosi da tempo su più fronti, verso le politiche europee. In una certa misura, a prescindere dal dibattito sulle politiche che sarebbero state più idonee in passato, abbastanza evidente è la conferma delle diffi coltà dell’eurozona a gestire crisi di singoli paesi. Inoltre in alcuni casi, quando la crisi è grave, e a prescindere da quali ne siano le cause, un singolo paese può non essere oggettivamente nelle condizioni di uscirne con tempi e costi sociali ragionevoli. La dimensione della crisi dell’economia greca è un caso estremo, ma le diffi coltà di altre economie, quella italiana innanzitutto, rendono di palese attualità il tema della possibile rottura dell’euro nei prossimi anni. Il consenso sulla capacità dei Governi di adottare politiche in grado di assicurare meccanismi di aggiustamento, via mobilità e fl essibilità dei prezzi dei fattori, o con politiche di rafforzamento della struttura produttiva, si sta sempre più riducendo. Le posizioni antieuropeiste hanno a loro favore evidenze crescenti con il passare del tempo. Sebbene vi siano casi di economie – Spagna e Irlanda – che stanno migliorando rapidamente, il quadro europeo continua comunque a caratterizzarsi per risultati decisamente deludenti in una prospettiva storica e nel confronto internazionale. Anche il fatto che nella fase attuale la

politica economica europea poggi di fatto sul Qe della Bce, che rappresenta la replica di politiche adottate da altri paesi diversi anni prima, confi gura un ritardo nella capacità di gestione di problemi che anche altre economie hanno dovuto affrontare. La prospettiva di una fase in cui si protraggono le differenze fra le diverse economie europee in termini di crescita e performance del mercato del lavoro si scontra quindi con il rischio che i mercati possano iniziare a scommettere sulla disgregazione dell’euro, prezzando un rischio di cambio crescente negli spread sui tassi. Si ritornerebbe allora rapidamente al quadro di qualche anno fa, con il vantaggio di una banca centrale più attiva sui mercati, ma con lo svantaggio derivante dal fatto che i livelli del debito pubblico sono aumentati molto nel corso della crisi in quasi tutte le maggiori economie dell’area, e questo riduce molto gli spazi a disposizione per una eventuale nuova fase di peggioramento dei defi cit pubblici. Considerazioni analoghe sul versante sociale: dopo anni di crisi una situazione di ulteriore aumento della disoccupazione e aggravamento delle condizioni sociali potrebbe essere diffi cile da gestire anche sotto il profi lo politico. In altri termini, un’altra recessione nell’area euro non ce la possiamo proprio permettere, anche perché non abbiamo molti strumenti a disposizione per affrontarla.

Italia: i numeri delle previsioni

Congiuntura ref. luglio 2015

QUADRO DI SINTESIVariazioni percentuali salvo diversa indicazione

2014 2015 2016 2017Prodotto interno lordo -0,4 0,7 1,1 1,0Importazioni 1,8 2,8 3,2 3,5

Domanda finale nazionale -0,6 0,3 1,1 1,0Consumi finali nazionali 0,0 0,3 0,9 0,8 - spesa delle famiglie residenti 0,3 0,6 1,1 1,1 - spesa della PA e ISP -0,9 -0,5 0,3 0,0Investimenti fissi lordi -3,3 0,5 2,2 1,8 - macchine, mezzi trasporto -1,7 1,2 3,2 2,4 - costruzioni -4,9 -0,2 1,1 1,2Scorte (contributo) -0,2 0,1 0,0 0,3Domanda nazionale totale -0,8 0,4 1,1 1,3Esportazioni 2,7 2,9 2,7 2,3

Saldo bilancia commerciale (doganale in miliardi di euro) 42,9 55,5 49,1 49,8Saldo partite correnti (miliardi di euro) 31,2 42,5 38,8 40,3

Prezzi al consumo (1) 0,2 0,2 0,9 1,3Prezzi alla produzione beni finali di consumo 0,5 0,1 0,5 0,8

Tasso di disoccupazione 12,7 12,5 12,1 11,6Unità di lavoro totali 0,2 0,4 0,3 0,6Unità di lavoro industria in senso stretto 0,6 -0,4 0,1 0,1V.A industria in senso stretto -1,1 0,6 0,8 0,7

Dati in % del PilSaldo partite correnti 1,9 2,6 2,3 2,4Indebitamento netto -3,0 -2,8 -2,4 -2,0Avanzo primario 1,6 1,2 1,5 1,9Debito P.A. 132,1 133,4 132,3 130,8(1) Indice intera collettività nazionale

Previsioni

IL MERCATO DEL LAVOROVariazioni percentuali salvo diversa indicazione

2014 2015 2016 2017Forze di lavoro 0.8 0.4 0.3 0.3Unità di lavoro 0.2 0.5 0.4 0.6- industria s.s 0.6 -0.3 0.2 0.1- costruzioni -4.5 -1.6 0.2 0.6- servizi 0.5 0.8 0.5 0.8Unità di lavoro dipendenti 0.3 1.1 0.5 0.6Occupati 0.2 0.6 0.7 0.9

Tasso di attività (1) 63.2 63.4 63.5 63.7Tasso di occupazione (1) 55.1 55.4 55.7 56.2

Tasso di disoccupazione (1) 12.7 12.5 12.1 11.6(1) Livello percentuale

Previsioni

28

Italia: i numeri delle previsioni

Congiuntura ref. luglio 2015

REDDITO DISPONIBILE DELLE FAMIGLIEVariazioni percentuali

2014 2015 2016 2017Reddito da lavoro dipendente 1.0 1.4 1.0 1.7Risultato lordo di gestione e redd. misto -2.6 1.5 2.0 2.5Reddito primario netto -0.5 0.7 1.2 1.8Imposte correnti versate 0.9 1.3 3.4 3.1Contributi sociali versati 0.7 0.4 0.4 2.1Prestazioni sociali ricevute 2.7 4.5 2.1 2.7Reddito netto disponibile (1) 0.2 2.2 1.5 1.8Reddito reale disponibile 0.0 1.8 0.7 0.7Consumi nazionali a prezzi costanti 0.0 0.6 1.1 1.1Propensione al consumo (*) 88.0 86.8 87.0 87.2(1) Al netto degli ammortamenti(*) Rapporto percentuale tra consumi e reddito lordo disponibile

Previsioni

PREZZI AL CONSUMO (*)

Variazioni percentuali

2014 2015 2016 2017Alimentari 0.3 0.9 0.6 1.0Non alimentari 0.3 0.2 0.4 0.7Energetici -3.0 -5.9 3.3 3.5Servizi privati 0.6 0.5 1.0 1.4Tariffe pubbliche e prezzi amministrati (**) 2.0 1.4 1.4 1.7Affitti 0.6 0.0 0.4 0.7Totale 0.2 0.2 0.9 1.3(*) Indice per l'intera collettività nazionale (Nic)(**) Al netto prodotti energetici

Previsioni

BILANCIA DELLE PARTITE CORRENTISaldi in miliardi di euro

2014 2015 2016 2017Merci fob-fob 49.5 61.4 56.7 58.8Turismo 12.5 13.5 14.0 14.4Redditi di capitale -9.8 -9.3 -8.4 -7.8Altre voci -21.0 -23.1 -23.5 -25.1Partite correnti 31.2 42.5 38.8 40.3

Previsioni

PREZZI E COSTI NELL'INDUSTRIA IN SENSO STRETTOVariazioni percentuali

2014 2015 2016 2017Retribuzioni per dipendente 2.0 1.6 1.1 1.6Costo del lavoro per dipendente 1.8 1.0 0.6 1.7Produttività per occupato -1.7 1.0 0.7 0.6Clup 3.6 0.0 -0.1 1.1Prezzi materie prime "non oil" in euro -4.5 6.0 -2.5 -5.2Petrolio Brent in euro -8.5 -22.9 12.0 -3.4Prezzi alla produzione beni finali di consumo 0.5 0.1 0.5 0.8

Previsioni

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Italia: i numeri delle previsioni

Congiuntura ref. luglio 2015

LA FINANZA PUBBLICAPubblica amministrazione

2014 2015 2016 2017Valori assoluti in miliardi di euroImposte dirette ed entrate in conto capitale 244.9 251.0 258.8 264.3Imposte indirette 247.0 247.0 256.4 262.9Contributi sociali 216.4 217.3 218.1 222.7Altre entrate 68.9 68.4 69.0 70.2Totale entrate 777.2 783.6 802.4 820.1

Retribuzioni 163.9 163.6 165.3 165.6Consumi intermedi 134.1 132.8 134.9 136.2Prestazioni sociali 328.3 343.2 350.3 359.8Altre uscite correnti 66.1 65.5 66.5 67.5Interessi 75.2 66.4 65.5 66.6Totale uscite correnti 767.5 771.5 782.5 795.7Spese in conto capitale 58.7 58.5 60.2 58.8Totale uscite 826.3 830.1 842.6 854.5Totale uscite al netto interessi 751.1 763.7 777.1 787.9

Variazioni percentualiImposte dirette e entrate in conto capitale -2.1 2.5 3.1 2.1Imposte indirette 3.5 0.0 3.8 2.5Contributi sociali 0.5 0.4 0.4 2.1Altre entrate 0.9 -0.9 1.0 1.7Totale entrate 0.6 0.8 2.4 2.2

Retribuzioni -0.6 -0.1 1.0 0.2Consumi intermedi 0.6 -0.9 1.6 1.0Prestazioni sociali 2.7 4.5 2.1 2.7Altre uscite correnti -0.1 -0.9 1.5 1.5Interessi -3.5 -11.7 -1.3 1.7Totale uscite correnti 0.7 0.5 1.4 1.7Spese in conto capitale 1.4 -0.4 2.8 -2.3Totale uscite 0.8 0.5 1.5 1.4Totale uscite al netto interessi 1.2 1.7 1.8 1.4

SaldiIndebitamento netto -49.1 -46.5 -40.2 -34.5Avanzo primario 26.1 19.9 25.3 32.2

Dati in % del PilPressione fiscale 43.5 43.4 43.7 43.7Totale entrate 48.1 48.1 48.3 48.2Totale uscite 51.1 50.9 50.7 50.2Interessi 4.7 4.1 3.9 3.9Totale uscite netto interessi 46.5 46.8 46.8 46.3Indebitamento netto -3.0 -2.8 -2.4 -2.0Avanzo primario 1.6 1.2 1.5 1.9Debito P.A. definizione Ue 132.1 133.4 132.3 130.8

Previsioni

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Congiuntura ref. luglio 2015

PRINCIPALI PAESI INDUSTRIALIZZATI - 2015-16:PREVISIONI DI CONSENSO (*)

Variazioni percentuali salvo diversa indicazioneItalia Germania Francia Regno Unito Stati Uniti Giappone

Prodotto interno lordo2012 -2.8 0.4 0.4 0.7 2.3 1.72013 -1.7 0.1 0.4 1.7 2.2 1.62014 -0.4 1.6 0.4 2.8 2.4 -0.1

2015 0.7 1.9 1.2 2.4 2.2 1.02016 1.2 2.0 1.6 2.5 2.8 1.7

Consumi privati2012 -4.0 0.7 -0.5 1.5 1.8 2.32013 -2.9 0.8 0.3 1.7 2.4 2.12014 0.3 1.2 0.6 2.5 2.5 -1.2

2015 0.6 2.3 1.5 2.7 2.9 0.32016 0.9 1.7 1.5 2.5 2.9 1.7

Investimenti (1)

2012 -9.3 -3.0 0.3 0.7 7.2 3.62013 -5.8 -2.4 -0.6 3.4 3.0 0.52014 -3.3 3.3 0.7 7.8 6.3 3.8

2015 0.6 3.2 0.7 4.1 3.4 1.92016 1.9 4.6 2.7 5.4 5.2 3.5

Inflazione2012 3.1 2.0 2.0 2.8 2.1 0.02013 1.2 1.5 0.9 2.5 1.5 0.42014 0.2 0.9 0.5 1.5 1.6 2.7

2015 0.2 0.5 0.2 0.3 0.2 0.72016 0.9 1.7 1.2 1.6 2.1 1.0

Tasso di disoccupazione (in % delle forze di lavoro)2012 10.7 6.8 9.4 7.9 8.1 4.42013 12.2 6.9 9.9 7.6 7.4 4.02014 12.7 6.7 9.8 6.2 6.2 3.6

2015 12.5 6.4 10.0 5.4 5.4 3.42016 12.1 6.2 9.8 5.1 5.0 3.3(1) Investimenti fissi lordi per Italia e Regno Unito Investimenti privati per Francia, Stati Uniti e Giappone Investimenti in macchine e attrezzature per Germania (*) Aprile 2015

Economia internazionale

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Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 201532

L’economia italiana

Grazie al cambiamento emerso nel corso dell’ultimo anno su diversi versanti dello scenario economico (prezzo del petrolio, tassi d’interesse, cambio dell’euro, intonazione della politica fi scale), la ripresa dell’economia italiana ha iniziato a concretizzarsi, sebbene con ritmi nel complesso moderati. La gradualità della ripresa si spiega in parte perché gli impulsi positivi all’economia sono stati compensati da altri elementi che hanno operato in direzione meno favorevole, data l’apertura di diversi fronti di crisi, soprattutto di carattere geopolitico: Grecia, Russia, Nord Africa, Medio Oriente. Vi sono anche altri elementi che inducono a ritenere che le caratteristiche di questo inizio del nuovo ciclo non sono assimilabili

a quelle di altre analoghe fasi di ripresa. La ragione sta in buona misura nel fatto che veniamo da una crisi ben più ampia rispetto alle recessioni del passato, e questo di per sé comporta che l’eredità che l’ultima recessione trasmette al nuovo ciclo sia completamente diversa. Non vi sono precedenti storici nel secondo dopoguerra di fasi di crisi che possano essere paragonate a quella attuale. La caduta dei livelli produttivi nella fase più recente è di quasi il 10 per cento; siamo ritornati sui livelli del prodotto di 15 anni fa. E’ cambiata anche la struttura della domanda: i consumi delle famiglie sono del 7 per cento circa al di sotto dei massimi pre-crisi, l’export ha recuperato quasi completamente le perdite, mentre gli investimenti sono ancora del 30 per cento circa al di sotto dei livelli del 2007.Una recessione così ampia come quella alle nostre spalle modifi ca la struttura produttiva, cambiando anche radicalmente i comportamenti. I meccanismi che attivano le fasi di ripresa tradizionali possono anche non venire innescati perché le condizioni questa volta sono differenti. Vi sono innanzitutto effetti che operano dal lato della domanda. Si tratta soprattutto di vincoli di liquidità legati ai problemi del mercato del credito; l’ammontare elevato delle sofferenze bancarie si accosta alle conseguenze del passato crollo del mercato immobiliare. L’eredità della fl essione dei prezzi delle case che fanno da collateral ai prestiti erogati in passato si associa alla perdita di valore delle garanzie reali sui prestiti da erogare in futuro. La ripresa della domanda è poi ostacolata dai comportamenti pro-ciclici delle politiche di bilancio

Economia della ricostruzione

Il Pil dell'economia italiana

90

91

92

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100

00 02 04 06 08 10 12 14

Indice I '08 = 100; le aree ombreggiaterappresentano le fasi di recessione

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 2015 33

fi nalizzati a migliorare i saldi, deterioratisi per effetto della crisi stessa; politiche di riduzione della spesa pubblica sono difatti una priorità dell’agenda del Governo. Conta anche il fatto che le aspettative che guidano le scelte di consumo delle famiglie e le decisioni di investimento delle imprese siano condizionate dalle tendenze degli anni passati, sia in termini di crescita attesa, che di grado di rischio associato a tale attesa. Specie nei settori dove vi è un eccesso di capacità produttiva, le imprese sono disincentivate a effettuare nuovi investimenti, anche quando il cambiamento tecnologico richiederebbe un ammodernamento degli impianti esistenti. Vi sono anche effetti legati al peggioramento dell’offerta. Lo stock di capitale, dopo anni di bassi investimenti, si è ridotto ed è diventato obsoleto; questo comporta un ampliamento del gap tecnologico rispetto ai nostri concorrenti, con effetti sfavorevoli sulla crescita della produttività e sulla competitività delle imprese. Le stesse decisioni della politica di bilancio, che hanno portato a un crollo degli investimenti pubblici, peggiorano la dotazione infrastrutturale dell’economia. Vi è poi l’importante tema del mismatch fra composizione settoriale della struttura produttiva e cambiamenti intervenuti nella composizione della domanda. La domanda attuale non è solo più bassa, ma è anche diversa da quella che veniva soddisfatta dalla struttura produttiva precedente la crisi. I prodotti acquistati sono diversi sia perché l’innovazione ha modifi cato l’offerta, sia perché la domanda è cambiata, o perché si è spostata verso prodotti a prezzo basso o perché i cambiamenti demografi ci portano ad acquistare prodotti e servizi differenti. I settori da cui ripartirà la ripresa non saranno quindi necessariamente gli stessi

che sarebbero in grado di aumentare la produzione in tempi brevi. Su questo tema si innesta quindi la questione delle competenze della forza lavoro. Non è difatti detto che i lavoratori che hanno perso il posto siano in possesso delle professionalità che verranno richieste in futuro; se i posti verranno creati in altri settori, è probabile che persista o aumento lo stock di disoccupati di lungo periodo. D’altra parte, il numero dei disoccupati non rappresenta oggi che una frazione dell’offerta di lavoro potenzialmente attivabile. Molti lavoratori potenziali hanno interrotto l’attività di ricerca, ma rientrerebbero nella forza lavoro se avessero qualche speranza di trovare un impiego. Ecco dunque che la ricostruzione della struttura produttiva, in termini di capitale umano e fi sico deve rappresentare il punto di partenza per proiettare l’economia verso un sentiero di crescita. Non è detto che l’economia sia in grado di ristrutturarsi da sola in tempi brevi. Se le decisioni di investimento ritardano è possibile che la ripresa si mantenga su tassi di crescita modesti. Non a caso in questa prima fase la crescita ha visto un ruolo fondamentale del settore dell’auto, e in particolare grazie ai modelli di nuova introduzione sul mercato sui quali era in corso un’attività di riadeguamento dell’offerta pianifi cata da tempo. Vi sono molte fi liere dove vi sono innovazioni che possono aumentare la competitività del sistema; si pensi all’offerta di servizi turistici grazie all’introduzione di nuove modalità di ospitalità che utilizzano il web per intercettare la domanda e che presentano un’offerta a prezzi competitiva, o al sistema dei trasporti, con i progressi legati all’alta velocità, o a tutte le innovazioni che si aprono sul versante della sharing economy. Più in generale, il paese ha accumulato un

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 201534

Tendenze recenti

ritardo che potrà essere colmato solamente se ripartiranno gli investimenti. Allo scopo le politiche non svolgono un ruolo secondario. Da un lato la scommessa sta nella capacità di fi nanziare le imprese attraverso il canale del credito, legata al Quantitative easing della Bce, e dall’altro in una nuova centralità degli investimenti all’interno della spesa pubblica,

sia dal punto di vista dell’entità delle risorse disponibili, dopo il crollo avvenuto negli anni scorsi, che in relazione alla capacità di gestire tali risorse. E’ questo il senso dell’economia “della ricostruzione”: ripartire dalle macerie della crisi più lunga e ricostruire un sistema produttivo.

La politica di bilancio

L’inizio del 2015 non ha riservato particolari sorprese per le fi nanze pubbliche italiane. Nei dati del primo trimestre dell’anno si leggono tassi di variazione, sia in positivo che in negativo, di entità abbastanza modesta: le entrate sono aumentate dello 0.2 per cento, le spese si sono ridotte dello 0.7 per cento. Il cambiamento più sostanziale è dovuto alla spesa per interessi, che con il Qe ha benefi ciato della importante riduzione dei tassi di emissione.Nella direzione prevista dall’ultimo Def, il primo trimestre dell’anno ha fatto segnare rispetto allo stesso periodo del 2014 una diminuzione del defi cit, che si è ridotto di 1.8 miliardi passando da 23.5 a 21.8 circa. Alla contrazione dell’indebitamento netto non è però corrisposto un miglioramento del saldo primario, che si è ampliato di circa 600 milioni di euro rispetto al primo trimestre del 2014.Alla riduzione del defi cit ha contribuito in misura maggiore la contrazione delle spese, mentre le entrate sono aumentate solo leggermente rispetto al primo trimestre dello scorso anno, restando praticamente invariate in quota di Pil. Sono soprattutto le imposte indirette che stentano a recuperare terreno: nel primo trimestre di quest’anno il

Entrate e spese della P.A

43

45

47

49

51

00 02 04 06 08 10 12 14Elab. REF Ricerche su Istat

In % del Pil; anno mobile

Entrate

Spese

deficit

Entrate e spesa primaria della P.A

39

41

43

45

47

49

00 02 04 06 08 10 12 14Elab. REF Ricerche su Istat

In % del Pil; anno mobile

Entrate

Spesa primariaavanzoprimario

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 2015 35

gettito si è attestato intorno ai 61 miliardi, un po’ più in basso rispetto al primo trimestre dell’anno scorso. Le statistiche mensili sulle entrate tributarie evidenziano che questa perdita di terreno è dipesa essenzialmente dalle imposte legate ai prodotti energetici, oli minerali e gas naturale, che nei primi cinque mesi dell’anno hanno subito un calo di gettito del 10 per cento (più di un miliardo) rispetto allo stesso periodo del 2014. Le altre imposte indirette, inclusa l’Iva, sono invece rimaste praticamente costanti nei primi mesi dell’anno. Anche la performance delle imposte dirette non è comunque stata brillante. La contabilità nazionale segnala nel primo trimestre un incremento inferiore all’1 per cento del gettito complessivo. In effetti nei primi cinque mesi dell’anno si è assistito a un incremento di quasi tutte le voci di imposizione diretta, rispetto al periodo gennaio-maggio del 2014 che aveva fatto segnare una riduzione rispetto all’anno prima. In particolare, sul risultato di gettito delle imposte dirette ha inciso l’aumento delle aliquote di alcune imposte sostitutive, mentre la dinamica di Ires e Irpef non è stata particolarmente vivace. Il gettito Irpef è aumentato solo in misura lieve, dell’1 per

cento circa, in conseguenza soprattutto di un incremento delle ritenute dei lavoratori del settore privato, mentre le ritenute del pubblico hanno fatto registrare un segno meno. Si è invece leggermente ridotto il gettito dell’Ires.Sono poi aumentate, sempre in misura piuttosto contenuta, le entrate derivanti dai contributi sociali, che sono passate dai 45.8 miliardi del primo trimestre 2014 a 46.3 miliardi, e le entrate in conto capitale, con 100 milioni di euro in più rispetto allo scorso anno.Come anticipato, la contrazione delle spese complessive nel primo trimestre del 2015 è dipesa dalla riduzione della spesa per interessi. La discesa dei tassi ha consentito di spendere 2.4 miliardi in meno rispetto al primo trimestre dell’anno scorso, portando la spesa per interessi su valori storicamente molto contenuti. Il dato del primo trimestre valutato in quota di Pil segnala una spesa per interessi al 3.6 per cento, il valore più basso, se confrontato con i dati di ciascun primo trimestre, degli ultimi 17 anni.La variazione tendenziale dei dati trimestrali evidenzia la presenza di dinamiche ricorrenti nelle altre voci di spesa: i redditi del pubblico

Entrate tributarie

210

215

220

225

230

235

240

10 11 12 13 14 15mld di euro, anno mob.;

elab. su Bollettino Entrate tributarie

180

185

190

195

200

Dirette Indirette (scala ds)

Spesa per interessi della Pa

4.0

4.5

5.0

5.5

6.0

6.5

00 02 04 06 08 10 12 14

in % del Pil, anno mobile

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 201536

Anche alla luce di quanto segnalato dalle statistiche più recenti, Ref ricerche non prevede grandi stravolgimenti sul bilancio pubblico italiano, rispetto allo scenario dello scorso aprile. Si continua a ipotizzare un percorso di risanamento, che vede l’indebitamento netto ridursi sensibilmente ogni anno, arrivando alla soglia del 2 per cento del prodotto nel 2017 che corrisponderebbe a una correzione di 3 punti e mezzo di Pil in sei anni. La correzione prevista è però meno pronunciata rispetto a quanto programmato nel Def, che invece stima di trovarsi nel 2017 già sotto l’1 per cento, e in pareggio l’anno successivo. Sul 2015, una differenza importante tra lo scenario qui presentato e quanto prospettato dal Governo nello scorso Def riguarda la

spesa pensionistica e quindi la dinamica delle prestazioni sociali. Nel quadro del Def infatti non era, ovviamente, ancora previsto l’impatto della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità della deindicizzazione delle pensioni superiori a tre volte la minima occorsa nel biennio 2012-2013, come previsto dalle manovre correttive del Governo Monti con il Dl 201 del dicembre 2011. La completa disapplicazione della norma del 2011, conseguenza della sentenza di incostituzionalità in assenza di un intervento in merito del Governo, avrebbe comportato un pesante onere aggiuntivo per le casse dello Stato, che avrebbe determinato una signifi cativa deviazione rispetto agli obiettivi defi niti secondo le regole europee.

impiego e i consumi intermedi sono rimasti sostanzialmente invariati, con una debole variazione in negativo inferiore all’1 per cento per entrambe le voci; la spesa in conto capitale si è ridotta in misura più pronunciata, principalmente per la caduta degli investimenti che si sono ridotti di quasi il 10

per cento; infi ne, in linea con le tendenze del recente passato, le prestazioni sociali hanno fatto registrare un aumento di poco inferiore al 3 per cento.Nei primi quattro mesi dell’anno si è verifi cato un miglioramento signifi cativo del fabbisogno delle pubbliche amministrazioni, che è risultato pari a 28.4 miliardi di euro, in riduzione di quasi 13 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2014. Allo stesso modo, il fabbisogno del settore statale si è ridotto di più di 13 miliardi, passando dai 41.7 dei primi quattro mesi del 2014 ai 27.8 registrati tra gennaio e aprile di quest’anno. Lo stock di debito pubblico ad aprile del 2015 si avvicinava a quota 2200 miliardi, che in rapporto al Pil previsto per l’anno sarebbe pari al 134 per cento, il che è coerente con la previsione del Governo contenuta nell’ultimo Def, che vede il rapporto debito/Pil ancora in aumento nel 2015.

La previsione

Il fabbisogno

-100

-80

-60

-40

-20

0

06 07 08 09 10 11 12 13 14 15

Al netto delle dismissioni. Anno mob. Miliardi di euro

Pub. Amm. Settore statale

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Congiuntura ref. luglio 2015 37

Il Governo è però intervenuto con un decreto-legge emanato il 21 maggio scorso, nel quale sono state defi nite le modalità per una attuazione della sentenza della Corte, che garantissero un trattamento pensionistico adeguato ma che allo stesso tempo consentissero il rispetto degli obiettivi di fi nanza pubblica, comportando quindi un effetto sull’indebitamento netto decisamente inferiore rispetto all’eventualità di completo ripristino della normativa previgente sulla rivalutazione dei trattamenti pensionistici.In generale, modifi care la norma del 2011 signifi ca gravare principalmente sul saldo del 2015, dato che gli effetti contabili dovuti al pagamento degli arretrati si considerano nell’anno in cui avviene l’esborso. A questi si devono aggiungere effetti permanenti dal prossimo anno, dovuti al fatto che la rivalutazione per gli anni successivi al biennio 2012-2013 in cui vigeva il blocco, avviene su basi accresciute dal ripristino (parziale o completo) dell’indicizzazione dei trattamenti pensionistici.Qualora il Governo non avesse legiferato in merito, l’impatto sul bilancio pubblico sarebbe stato pari a circa 17.6 miliardi nel 2015, dati dalla maggiore spesa pensionistica al netto degli effetti fi scali. Di questi, 13.1 miliardi relativi ai rimborsi per il triennio 2012-2014, mentre i restanti 4.5 miliardi di competenza di quest’anno e con effetto di carattere strutturale anche sugli anni successivi, sebbene con una tendenza leggermente calante (da 4.37 miliardi nel 2016 ai 4.1 a partire dal 2019).Il decreto-legge 65 dello scorso maggio ha però disposto che la rivalutazione sia riconosciuta con modalità diverse rispetto a quanto prevedevano le leggi pre-esistenti, differenziate negli anni e per classi di pensione percepita. Per il biennio 2012-2013

la rivalutazione è stata concessa al 40 per cento per i trattamenti fra tre e quattro volte il minimo (prima era al 90), al 20 per quelli tra quattro e cinque volte la minima (prima era al 90), e al 10 per cento per quelli tra cinque e sei volte il trattamento minimo (prima era al 75 per cento). Le pensioni superiori a sei volte la minima, che prima prendevano il 75 per cento della rivalutazione, per il biennio in questione sono state escluse. Dal 2014 la rivalutazione era già prevista avvenire secondo la legislazione previgente. Il Governo ha però previsto con il decreto 65 che la base di partenza sia rivalutata (come risultato dei rimborsi degli anni prima) ma solo in misura parziale: del 20 per cento nel 2014-2015, e del 50 per cento dal 2016. Gli effetti sul bilancio pubblico della sentenza, con le norme appena descritte, sono quindi stati fortemente ridimensionati. Il Governo ha stimato una maggiore spesa (al netto degli effetti fi scali) di circa 2.2 miliardi nel 2015, pari a circa 1 decimo di Pil, che scende a mezzo miliardo a partire dall’anno prossimo. Come risultato di questa maggiore spesa, oltre ad una previsione tendenziale già meno favorevole rispetto al Governo, il quadro qui presentato incorpora una crescita della spesa per prestazioni sociali più pronunciata nel 2015, che si attesta intorno al 21 per cento del prodotto, 4 decimi in più rispetto alla previsione contenuta nel Def dello scorso aprile. Anche per gli anni successivi, sebbene ridimensionato rispetto al 2015, il tasso di crescita delle prestazioni sociali rimane comunque tra il 2 e il 3 per cento.L’andamento previsto per le altre voci di spesa è decisamente meno vivace rispetto alle prestazioni sociali.Le spese di personale dovrebbero rimanere praticamente invariate quest’anno, per poi

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Congiuntura ref. luglio 201538

Il quadro fi nora delineato ipotizza un indebitamento netto superiore alle stime di Governo e agli obiettivi defi niti secondo le regole europee, ma comunque ben al di sotto del 3 per cento del prodotto.La traiettoria che i conti pubblici seguiranno nei prossimi anni non è però esente da rischi. La politica di bilancio, pur essendo lontana dalle imponenti manovre del biennio 2011-2012, non prevede interventi di particolare

stimolo all’economia, demandando buona parte della correzione a un ambizioso programma di revisione della spesa che, se realizzato nella sua interezza, potrebbe avere un impatto negativo sulla crescita.Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda l’attuale incertezza sulle sorti dell’area dell’euro, legata alla possibile uscita della Grecia. Conseguenze sullo spread potrebbero infatti avere un impatto negativo sulla fi nanza

I rischi

mostrare una ripresa molto blanda in ragione del graduale allentamento dei vincoli gravanti sul pubblico impiego, sia per quanto riguarda la consistenza del personale, sia relativamente alle retribuzioni, con una progressiva ripresa delle risorse sulla contrattazione.Sebbene nel quadro qui delineato le misure di revisione della spesa siano state considerate con effi cacia ridotta rispetto alle attese del Governo, anche la spesa per consumi intermedi è prevista ridursi leggermente in termini nominali nel 2015, sebbene in misura decisamente inferiore rispetto al Governo che ipotizza una caduta di quasi il 4 per cento di questa voce. Nel biennio successivo è prevista una ripresa, anche se a ritmi di molto inferiori rispetto ai tassi di crescita storici della spesa per consumi delle Ap, se si escludono gli ultimi anni di restrizione fi scale.Un contributo importante alla riduzione dell’indebitamento netto deriverà dalla caduta degli interessi, che dovrebbe consentire una riduzione della spesa per il servizio del debito superiore al 10 per cento quest’anno, fi no a valori al di sotto del 4 per cento del prodotto nel prossimo biennio.Infi ne, il livello della spesa in conto capitale è atteso ridursi nel 2015, diversamente da quanto previsto nel Def che incorpora

una lieve ripresa. La scelta è dipesa dalla necessità, per quest’anno, di compensare i maggiori esborsi in spesa per pensioni conseguenti la sentenza della Corte costituzionale, in presenza di restrizioni importanti sulla spesa corrente, mentre gli investimenti rappresentano la componente di spesa più facilmente comprimibile, come testimonia la politica adottata negli ultimi anni, in cui è stata utilizzata come “cuscinetto” per centrare gli ambiziosi obiettivi di correzione del saldo di bilancio. D’altra parte, anche il dato del primo trimestre del 2015 segnala una fl essione negli investimenti pubblici.La pressione fi scale è attesa scendere solo leggermente quest’anno, dal 43.5 al 43.4 per cento. La caduta di quest’anno sarebbe più pronunciata se il bonus fi scale degli 80 euro fosse contabilizzato tra le imposte dirette, anziché nella spesa per prestazioni sociali. Per il biennio successivo, nonostante l’ipotesi di cancellazione della clausola di salvaguardia sull’Iva che in questo scenario viene considerata attendibile, la pressione fi scale è attesa comunque in lieve aumento, a differenza di quanto previsto dal Def (se dai valori tendenziali si esclude la clausola di salvaguardia), anche in ragione di una crescita del prodotto più modesta.

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 2015 39

Dopo un lunghissimo periodo di diffi coltà, si rilevano fi nalmente i primi segnali di rasserenamento delle condizioni delle famiglie in Italia. Il reddito disponibile, contrattosi di quasi 11 punti percentuali in termini reali tra il 2007 e il 2014, già durante lo scorso anno ha dato segno di aver toccato i minimi. L’andamento si è prima stabilizzato e, a partire grosso modo dalla seconda metà del 2014, ha invertito la tendenza riprendendo a crescere, seppur a ritmi contenuti. Il miglioramento del reddito disponibile è proseguito anche a inizio 2015. Nel primo

trimestre, infatti, il reddito disponibile reale è cresciuto di 0.6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente; in termini tendenziali il profi lo è tornato a essere positivo.Ciò nonostante, i risultati in termini di spesa per consumi sono stati deludenti. I consumi, in termini reali, si sono lievemente contratti rispetto al trimestre precedente. Dati i buoni risultati sul fronte del reddito, la fl essione dei consumi, per quanto modesta, è da ricondurre a un mutamento nei comportamenti di risparmio: difatti la propensione al risparmio – al netto dei fattori stagionali –

pubblica italiana, attraverso un aumento della spesa per interessi, sulla cui caduta si basa buona parte della correzione nei prossimi anni. Sebbene il dibattito sull’opportunità di imporre manovre restrittive in fasi di congiuntura debole sembri propendere verso un allentamento dei vincoli europei, come confermato anche dalle aperture

della Commissione verso una maggiore fl essibilità delle regole del Fiscal compact, un peggioramento signifi cativo delle prospettive del bilancio pubblico potrebbe innescare la necessità di correzioni aggiuntive, minando così la ripresa ancora non consolidata, e dando inizio a un nuovo circolo vizioso di austerità e recessione.

Consumi in rafforzamento nel 2015, ma si decelera l’anno prossimo

Produzione e domanda

Potere d'acquisto delle famiglie

250

255

260

265

270

275

280

285

290

295

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

mld di euro a prezzi costanti

Propensione al risparmio delle famiglie

9

10

11

12

13

14

15

16

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

% del reddito disponibile, m.m. 2 trimestri

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 201540

è nuovamente aumentata. Nel corso degli ultimi trimestri si è osservato un andamento piuttosto altalenante nella quota di reddito disponibile risparmiata; dopo un improvviso rialzo a inizio 2013, si è evidenziata una stabilizzazione su livelli inferiori ai massimi.Benché sia presto per capire se l’incremento della propensione al risparmio da inizio anno sia un mutamento di tendenza o solo un’ulteriore oscillazione, è pur vero che da alcuni mesi si sta rilevando un cambiamento nei comportamenti di risparmio dichiarati dalle famiglie. Le survey condotte dall’Istat, difatti, registrano un aumento della quota di famiglie che ritengono che vi siano nel breve delle opportunità di risparmio e, soprattutto, un incremento della quota di coloro che affermano di riuscire a risparmiare. Tale quota è raddoppiata nel giro di un paio di anni, e se nel 2014 era mediamente attorno al 17 per cento, nella prima parte del 2015 è salita sopra il 20 per cento, un livello lievemente inferiore a quello pre-crisi. Simmetricamente, è scesa anche la quota di famiglie che dichiarano di doversi indebitare o intaccare i propri

risparmi.Le famiglie d’altra parte potrebbero cercare di ricostituire almeno in parte lo stock di ricchezza eroso durante la crisi; inoltre resta elevata la quota di famiglie indebitate (secondo le inchieste dell’Istat, più di una famiglia su quattro, il 26.9 per cento, dichiara ancora di indebitarsi o di intaccare i propri risparmi, seppure la quota sia in riduzione rispetto ai massimi toccati a inizio 2013). Questo si rifl etterà probabilmente sui comportamenti di consumo e risparmio nel medio termine, con un ritorno a una maggiore parsimonia, che smorzerà in parte la ripresa della spesa.Ad ogni modo, le prospettive per i consumatori sono più favorevoli di qualche trimestre fa, e del resto le stesse famiglie danno mostra di essersene rese conto. Le inchieste evidenziano difatti un notevole miglioramento della confi dence: le famiglie si mostrano più ottimiste nelle valutazioni sul quadro economico generale, con un cambiamento signifi cativo soprattutto nella percezione sulla situazione del mercato del lavoro. I consumatori segnalano inoltre rinnovate intenzioni di spesa, dopo un lungo periodo di stasi, per quanto riguarda l’acquisto di beni durevoli e i lavori di manutenzione della casa. I dati disponibili per il secondo trimestre, come quelli delle immatricolazioni di auto, segnalano del resto una maggior vivacità di spesa.I dati provenienti dal mercato del lavoro, pur con molte oscillazioni, evidenziano un rasserenamento delle condizioni: il profi lo dell’occupazione è tornato crescente, anche grazie agli incentivi fi scali. Dal punto di vista salariale a inizio anno si è osservata una timida accelerazione nel profi lo delle retribuzioni contrattuali. Lo slittamento salariale a inizio 2015 è

Famiglie che riescono a risparmiare

10

15

20

25

30

35

40

00 02 04 06 08 10 12 14% di risposte alle inchieste Istat m.m. 3 termini

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 2015 41

tornato ad essere positivo, per quanto di modesta entità, segno di una crescita anche nella componente di secondo livello delle retribuzioni, maggiormente legata al ciclo. Il rafforzamento del wage drift si osserva soprattutto nei servizi privati (dopo un lunghissimo periodo in cui è rimasto in territorio negativo) e nel settore delle costruzioni. Per quanto l’andamento delle retribuzioni resti moderato in termini nominali, nonostante l’accelerazione di inizio anno, il profi lo dei salari reali benefi cerebbe anche della contenuta dinamica dell’infl azione. Riteniamo pertanto che il 2015 sia l’anno della ripresa del reddito disponibile delle famiglie, come del resto i dati di inizio anno sembrano confermare, anche se per recuperare gli 11 punti percentuali persi cumulati negli ultimi anni sarà necessario un periodo lungo. Il recupero recente del potere d’acquisto

dei consumatori appare legato alla caduta dell’infl azione importata. In prospettiva la dinamica dei prezzi dovrebbe registrare un leggero recupero, a fronte di una dinamica retributiva che tenderà a decelerare. L’andamento del potere d’acquisto sarà quindi legato alla tenuta della dinamica occupazionale. Anche su questo versante però le tendenze sono molto incerte. Terminano difatti gli sgravi contributivi, che stanno sostenendo la domanda di lavoro quest’anno, e questo porterà a una decelerazione della domanda di lavoro. Infi ne, l’impatto della fi scalità sul reddito disponibile, che nell’ultimo anno ha benefi ciato degli effetti dei bonus degli 80 euro, si confi gura come un altro fattore una tantum della fase alle nostre spalle. I rimborsi dovuti al recupero della mancata indicizzazione delle pensioni nel biennio 2012-2013 avranno portata esigua e toccheranno una platea di soggetti limitata.

Il risveglio delle costruzioni?

Per le costruzioni il quadro si sta modifi cando. Il settore viene da una fase di grave crisi, ed eredita un ampio stock di immobili inutilizzati; d’altra parte, il miglioramento delle condizioni creditizie potrebbe sostenere il recupero del mercato dei mutui, favorendo la ripresa della domanda. Per gli investimenti in costruzioni i dati di inizio anno sono stati la vera sorpresa. Nel primo trimestre del 2015, infatti, la spesa per investimenti in costruzioni è aumentata di 0.5 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, interrompendo così un lunghissimo periodo (24 trimestri) di contrazione. Il settore resta però in una condizione di estrema fragilità: i dati sulle compravendite hanno evidenziato nel primo trimestre una

nuova battuta d’arresto, sia per quanto riguarda le abitazioni che, soprattutto, per il comparto non residenziale. Il settore residenziale ha

Italia - Compravendite di abitazioni

350400450500550600650700750800850900

05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15

Migliaia, unità immobiliari normalizzate. Anno mobile. Dati Agenzia delle Entrate

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 201542

Investimenti in ripresa

risentito di una minore domanda da parte delle famiglie, soprattutto per scopi d’investimento. Lo stock di immobili invenduti è aumentato e i prezzi si sono di conseguenza ulteriormente ridotti. A inizio anno i volumi prodotti hanno continuato a muoversi lungo il profi lo cedente, anche se il ritmo della fl essione è in attenuazione: l’impressione è che si sia toccato il pavimento. È interessante allora tirare due somme, immaginando conclusa la fase della lunga caduta: rispetto ai massimi pre-crisi si è perso un terzo (il 34 per cento) del valore aggiunto del settore e il 38 per cento della spesa per investimenti. La riduzione complessiva dei prezzi delle abitazioni rispetto al 2010, anno di inizio della

serie, è stata del 15 per cento, del 20 se si tiene conto dell’andamento contestuale del defl atore dei consumi. Ad ogni modo, gli indicatori congiunturali suggeriscono un miglior andamento nel corso dei mesi primaverili. I dati sulla produzione nelle costruzioni evidenziano un modesto incremento ad aprile; la confi dence delle imprese di costruzioni ha registrato un miglioramento, tornando su livelli pari a quelli registrati poco prima della crisi dell’autunno 2008. Migliorano i giudizi sugli ordini e i piani di costruzione. Inoltre le famiglie hanno ripreso a richiedere mutui, anche grazie ai tassi contenuti, e a condizioni di accesso al credito più favorevoli.

Prezzi delle abitazioni

80

85

90

95

100

105

2010 2011 2012 2013 2014 2015

sulla base del deflatore dei consumiindice base 2010=100, fonte Istat

prezzi nominali prezzi reali

Indice di fiducia settore costruzioni

80

90

100

110

120

130

140

150

05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15

base 2010=100, m.m. 3 mesi, fonte Istat

La caduta della spesa per investimenti si era interrotta già a inizio 2013, ma negli ultimi due anni si è osservata una sostanziale stagnazione. Solo a cavallo tra la fi ne del 2014 e l’avvio del 2015 si è osservata un’inversione di tendenza. In buona misura, la svolta è da ricondurre al marcato incremento osservato negli investimenti in mezzi di trasporto, componente però

altamente volatile della spesa; ad ogni modo tra l’ultimo trimestre dello scorso anno e il primo di questo, questa voce ha cumulato un incremento del 37 per cento rispetto al terzo trimestre del 2014. Parte di questo notevole rimbalzo è dovuta all’immatricolazione di grossi stock di autovetture da parte delle società di noleggio. Le altre componenti della spesa per investimenti, invece, hanno

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 2015 43

registrato una battuta d’arresto.I profi tti non stanno al momento dando ancora segnali di ripresa, ma tutt’al più di assestamento dopo un lungo periodo di caduta pressoché ininterrotta. I dati per le società non fi nanziarie evidenziano a inizio anno una stabilizzazione del risultato lordo di gestione. L’andamento del mark-up è stabile nell’industria in senso stretto, e in timidissimo recupero nei servizi privati; ancora troppo poco per pensare a un recupero dei margini di profi tto a lungo compressi. Il risveglio della spesa per investimenti è stato lungamente ostacolato da due fattori principali: da una parte l’eccesso di capacità produttiva inutilizzata, conseguenza della recessione che ha cancellato quote non trascurabili della produzione, concentrate soprattutto in alcuni settori e dall’altra le diffi coltà di accesso al credito. Per quanto riguarda il primo fattore si evidenziano alcuni cambiamenti favorevoli. Le prospettive di domanda sono in miglioramento e la fi ducia delle imprese a inizio anno ha messo a segno un deciso rialzo. Le imprese si stanno dimostrando più ottimiste che in passato nelle attese circa gli sviluppi a breve dell’economia, come se la ripresa a lungo evocata abbia smesso i panni della mera lontana speranza e abbia cominciato ad essere ritenuta una possibilità concreta. Inoltre, a inizio anno si è evidenziato nell’industria un aumento marcato del grado di utilizzo degli impianti, secondo quanto riportato dalle imprese, e questo suggerisce che una ripresa della domanda di investimenti si potrà osservare già nel 2015.Gli investimenti, d’altronde, dopo un lungo periodo di depressione, sono attesi ripartire non tanto per necessità di ampliamento della capacità produttiva, quanto per rinnovare

Italia - clima di fiducia delle imprese industriali

85

90

95

100

105

110

10 11 12 13 14 15

Indagine Istat

Tasso medio sui prestiti alleimprese e tassi ufficiali

0

1

2

3

4

5

6

07 08 09 10 11 12 13 14 15

tasso sui prestiti Tasso repo Bce

Prestiti alle imprese

-8

-4

0

4

8

12

16

07 08 09 10 11 12 13 14 15

Var. % annua tendenziale dello stock di credito

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 201544

Andamento dei prezzi ancora favorevole…

lo stock di capitale divenuto nel frattempo obsoleto. Se l’autofi nanziamento risulta ancora diffi cile, dato l’andamento ancora non brillante dei profi tti, qualche sostegno alla spesa può arrivare dal credito. Le condizioni di concessione dei prestiti alle imprese sono, secondo le banche, in allentamento. I costi si stanno riducendo, per effetto della politica monetaria degli ultimi mesi; ciò nonostante i prestiti sono ancora in contrazione, anche se sta mutando la loro composizione, con una riduzione dei crediti a breve e a lungo termine a favore invece di quelli a medio termine (tra 1 e 5 anni). Come sempre, però, il dato sui prestiti richiede una certa cautela nella lettura, dato che sintetizza sia tendenze della domanda che dell’offerta.

Nei primi mesi del 2015 è proseguita la crescita delle esportazioni in valore; lo stesso periodo, però, è stato caratterizzato da una ritrovata dinamica delle importazioni, con il risultato di comprimere l’andamento del saldo. La bilancia commerciale,

infatti, dopo una lunghissima fase di ininterrotto miglioramento, ha registrato una stabilizzazione nei primi mesi del 2015. Secondo i dati di commercio estero, i volumi esportati hanno continuato a crescere anche nei primi mesi del 2015,

Criteri applicati per l’approvazione del credito bancario alle imprese

-40

-20

0

20

40

60

80

100

2003 2005 2007 2009 2011 2013 2015Saldo tra le risposte che indicano irrigidimento

/allentamento. Fonte Banca d'Italia

Gli scambi con l’estero

Gli scambi in volume dell'Italia

80

90

100

110

120

130

00 05 10 15Indici delle quantità; 2010=100;

componente di ciclo-trend

Importazioni Esportazioni

Le determinanti del saldo commerciale

90

95

100

105

110

115

120

00 05 10 15

Dati destagionalizzati, m.m. 3 terminiindici 2010 = 100

Ragioni di scambio Copertura reale

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 2015 45

...ma il contributo delle ragioni di scambio è in attenuazione

inizialmente in misura più contenuta ma poi con una dinamica in accelerazione. D’altra parte, però, i volumi importati hanno contemporaneamente registrato un rimbalzo, seguendo il risveglio della domanda interna degli ultimi mesi. L’evoluzione della copertura reale, cioè del rapporto tra i volumi esportati e quelli importati, si è così rapidamente deteriorata. Allo stesso tempo, invece, si è rilevato un miglioramento delle ragioni di scambio: nonostante i prezzi all’export a inizio anno abbiano registrato una battuta d’arresto, la contrazione dei prezzi all’import è stata più marcata, rifl ettendo l’andamento del prezzo del petrolio. Le ragioni di scambio

raggiungono così il massimo degli ultimi quindici anni, compensando il contributo negativo della copertura reale all’evoluzione del saldo commerciale.I dati di contabilità, che includono anche gli scambi di servizi con l’estero, evidenziano una caduta più limitata del defl atore delle importazioni, e quindi, a sostanziale parità di andamenti nei valori scambiati, una dinamica più contenuta dei volumi. Come conseguenza, il contributo del net export, negativo in termini congiunturali, è stato contenuto, con un risultato migliore in termini di crescita del Pil, mentre il miglioramento delle ragioni di scambio, per quanto marcato, è decisamente più limitato.

Sulle tendenze della domanda estera nei prossimi mesi pesano numerosi elementi. Innanzi tutto, lo scenario internazionale è caratterizzato da maggiori margini di rischio. Il commercio mondiale è meno brillante di qualche periodo fa. L’incertezza è complessivamente aumentata.Inoltre, il miglioramento della posizione competitiva dell’economia italiana appare modesto se si guarda al cambio effettivo dell’Italia piuttosto che al cambio bilaterale dell’euro sul dollaro. Di fatto il rafforzamento di alcune valute verso l’euro è parzialmente compensato dall’indebolimento di altre. Allo stesso tempo, le importazioni in quantità stanno ritrovando forza, grazie al risveglio della domanda interna (e ai mutamenti nella struttura produttiva, che hanno portato ad una maggiore propensione all’import per traffi co di perfezionamento in alcuni settori, come l’auto). Di conseguenza il net export, per la prima volta dopo un quadriennio di sostegno alla crescita, vedrebbe ridotto il suo

contributo, che potrebbe assumere un segno negativo, anche se di entità modesta, dal 2016.Il saldo commerciale, ancora in miglioramento nel 2015 grazie all’andamento delle ragioni di scambio, è previsto muoversi verso una stabilizzazione, con una temporanea correzione nel 2016. Infatti, da

Italia - Indice di cambionominale effettivo

70

80

90

100

110

92 97 02 07 12

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 201546

Partite correnti: un ottimo 2015, ma nel 2016 miglioramento in flessione

una parte l’evoluzione dei volumi potrebbe essere lievemente sfavorevole, e dall’altra viene meno l’apporto fi nora positivo sul lato dei prezzi. Le ragioni di scambio, dopo un miglioramento eccezionale, potrebbero

difatti svoltare – seppur provvisoriamente – nel 2016 per effetto di un aumento dei prezzi delle importazioni, che rifl etterebbe il parziale recupero delle quotazioni delle materie prime.

Il recupero messo a segno della bilancia commerciale italiana è stato notevole: nell’arco di un quadriennio si è infatti passati da un defi cit cumulato attorno ai 36 miliardi di euro a un avanzo di circa 40. I ritmi di tale miglioramento, però, hanno registrato una frenata nei primi mesi del 2015. L’avanzo della bilancia commerciale è previsto quindi raggiungere un massimo quest’anno, per poi ridursi lievemente il prossimo.Il surplus delle partite correnti, grazie al sostegno fornito dalle merci, ha toccato livelli record: nel 2014 l’avanzo di parte corrente con l’estero ha raggiunto un livello pari al 2 per cento del Pil. D’altra parte non è stata solo la bilancia commerciale ad essere favorevole alle partite correnti: anche le altre componenti hanno registrato, nel complesso, un miglioramento. Il 2014 però è stato caratterizzato da un assottigliamento dell’avanzo dei servizi (trasporti, viaggi e

altro), a causa soprattutto della minore forza propulsiva della componente dei viaggi all’estero, mentre il disavanzo dei redditi (da lavoro e da capitale) si è pressoché azzerato.Le prospettive per il 2015 restano tutto sommato positive: il deprezzamento

Partite correnti - Saldo totale

-80

-60

-40

-20

0

20

40

60

99 01 03 05 07 09 11 13 15

Miliardi di euro; anno mobile

Componenti del conto corrente

-40-30-20-10

010203040506070

99 01 03 05 07 09 11 13 15

Saldi in miliardi di euro; anno mobile

Servizi Redditi Merci

Partite correnti - Saldo turistico

8

9

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11

12

13

14

99 01 03 05 07 09 11 13 15

saldo - anno mobile; mld. di euro

Congiuntura ref. luglio 2015 47

L’attività produttiva dell’industria italiana sta dando segnali di un timido risveglio, con una tendenza alla crescita seppur a ritmi ancora modesti. Nei primi mesi del 2015 si è osservata una prima svolta della produzione industriale, e l’indice al netto dei fattori stagionali ha registrato, nella media gennaio-aprile, un incremento dello 0.6 per cento rispetto all’ultimo quadrimestre del 2014. La crescita si è concentrata, oltre che nell’energia, nella produzione di beni strumentali e in quella di beni di consumo non durevoli.Un comparto che ha rilevato una crescita notevole è stato il settore produttore di mezzi di trasporto; nei primi quattro mesi dell’anno i volumi prodotti sono aumentati del 9.1 per cento rispetto all’ultimo quadrimestre del 2014, e nel confronto anno su anno l’incremento complessivo è di quasi 18 punti percentuali. L’evoluzione positiva osservata in questo settore ha più che compensato le fl essioni osservate in altri comparti a inizio anno (in particolare tessile e abbigliamento e meccanica), consentendo di osservare il – seppur modesto – incremento dell’indice complessivo. Senza il contributo dei mezzi di trasporto, infatti, si sarebbe osservato un andamento pressoché stabile della produzione. Tra i produttori di mezzi di trasporto, a crescere notevolmente è stata l’attività in particolare del settore dell’automotive. L’incremento nella produzione di autoveicoli, rimorchi e loro parti è stato di oltre 13 punti percentuali nei primi quattro mesi dell’anno rispetto all’ultimo quadrimestre del 2014, e in termini tendenziali la crescita è di oltre il 25 per cento. Per gli altri mezzi di trasporto, invece, l’incremento è molto più contenuto. I dati sembrano così suggerire che vi sia stata una svolta nelle tendenze del settore automobilistico, dopo anni di andamenti calanti. Parte dell’impulso deriva dal risveglio della domanda interna: le immatricolazioni hanno segnato una ripresa a partire dall’inizio del 2014, che ha guadagnato forza con il passare dei mesi. Tale risultato non è sorprendente, considerata la lunga fase di caduta delle immatricolazioni (praticamente dimezzatesi

nel giro di un quadriennio): dopo aver rinviato a lungo, si è reso necessario rinnovare un parco auto divenuto nel frattempo obsoleto. Inoltre, c’è stato l’effetto degli ordini delle società di noleggio, e di quelli legati alle esigenze di Expo. I dati più recenti, però, evidenziano come in realtà le immatricolazioni abbiano recuperato i minimi già a cavallo tra 2014 e 2015, e negli ultimi mesi si siano

Auto in ripresa, ma con cambiamenti importanti

Auto

Produzione industriale

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100

110

120

10 11 12 13 14 15

indice destagionalizzato, b2010=100, Fonte Istat

totale

autoveicoli, rimorchi e semirimorchi

Immatricolazioni di auto

100

120

140

160

180

200

220

06 09 12 15

migliaia, dati destagionalizzati e perequati

Congiuntura ref. luglio 201548

Auto

stabilizzate su livelli non molto superiori. A trainare la ripresa della produzione sembra essere soprattutto la domanda estera. Le esportazioni in valore dei mezzi di trasporto (nel loro complesso) hanno cominciato a crescere a tassi brillanti già dalla seconda parte del 2014, e nei primi mesi del 2015 hanno messo a segno un incremento di circa 20 punti percentuali nel confronto con un anno fa. Anche in questo caso è soprattutto il settore automobilistico, che rappresenta, in valore, poco meno del 40 per cento del totale delle esportazioni del comparto, a guidarne le tendenze. Altri settori, come quello navale, sono caratterizzati da intensa volatilità e sebbene possano determinare il buon risultato di alcuni mesi (quando ci sono grosse consegne, come è stato il caso di febbraio e marzo 2015) non riescono a stabilire le tendenze. La lettura dei dati degli scambi, però, richiede una certa attenzione. Innanzi tutto vanno fatte alcune distinzioni sia all’interno del comparto (tra autoveicoli, carrozzerie e rimorchi e infi ne parti ed accessori) che per quanto riguarda le destinazioni. I dati sui volumi esportati in media d’anno nel 2014 evidenziano un incremento dell’8 per cento per quanto riguarda gli autoveicoli (seguito però da un andamento in fl essione ad inizio 2015), mentre per carrozzerie e parti nel 2014 si è registrata una contrazione dei volumi esportati (rispettivamente, del 3 e del 4 per cento). I dati suggeriscono quindi che stiamo esportando più auto (ma ne stiamo anche

importando di più, come del resto è immaginabile vista la ripresa delle immatricolazioni), ma esportiamo meno componenti, che sono invece maggiormente importate (nel 2014 la crescita dei volumi importati è stata del 6 e del 2 per cento, rispettivamente per carrozzerie e per parti e accessori). I dati per destinazione geografi ca, invece, evidenziano come la crescita dell’export sia prevalentemente da ricondurre al mercato statunitense. La quota di esportazioni dell’automotive assorbita dagli Usa è rapidamente triplicata, passata dal 5 per cento (in valore) di inizio 2012 al 15 per cento di inizio 2015. Tale deciso incremento è da ricondurre a una ritrovata attrattività delle auto italiane per i consumatori americani? Forse. A una maggiore competitività di prezzo grazie alle evoluzioni del cambio? Anche. Ma non va dimenticato il ruolo che sta avendo la nuova multinazionale FCA, nata dalla fusione tra Fiat e Crysler, nell’attivare scambi commerciali, anche per perfezionamento. Infatti, se da un lato sono aumentate le esportazioni di autoveicoli verso gli Stati Uniti, si rileva allo stesso tempo un aumento anche delle importazioni, che da una parte rifl ette indubbiamente la ripresa delle immatricolazioni (quindi della domanda interna), ma che dipende anche dall’aumento dell’import di veicoli con marchio appartenente al gruppo FCA (come Jeep). L’analisi della struttura

Composizione per marchi delle immatricolazioni

0.0%

0.5%

1.0%

1.5%

2.0%

2.5%

3.0%

13 14 15

quota su immatricolazioni tot. Elaborazioni REF Ricerche su dati Anfia

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9%

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15%

16%

Jeep Chevrolet totale marchi USA (scala dx)

Congiuntura ref. luglio 2015 49

delle immatricolazioni, difatti, evidenzia come stia mutando la composizione per marchi, a favore in generale di marchi appartenenti al gruppo FCA e a svantaggio invece di marchi di altri gruppi (in particolare Chevrolet, del gruppo GM). Nel complesso invece il peso delle auto americane rimane costante.Ma l’attività del gruppo FCA si rifl ette anche su un maggior fl usso di scambi dovuto a traffi co di perfezionamento. Sono pressoché raddoppiate le importazioni dagli Stati Uniti di parti ed accessori per autoveicoli, la cui quota sulle importazioni totali è passata dal 2.3 per cento al 5 per cento nel giro di pochi mesi. Nello stesso comparto, la produzione italiana ha registrato un aumento notevole dei volumi prodotti: il traffi co di perfezionamento evidentemente attiva non solo fl ussi di scambi ma anche un maggior impegno produttivo in Italia. In altre parole, il settore italiano dell’auto sta meglio di un paio di anni fa, ma ha sperimentato un mutamento considerevole, con un aumento dell’importanza degli Stati Uniti non solo come mercato di sbocco ma anche come fornitura di pezzi e accessori. I risultati, indubbiamente buoni, degli scambi commerciali in questo settore vanno pertanto letti tenendo in considerazione l’esistenza di fl ussi da

e verso gli Stati Uniti riconducibili a traffi co di perfezionamento. Infi ne, dal lato della produzione, il balzo osservato a partire dalla fi ne del 2014 si sta probabilmente già esaurendo. Una volta entrata a regime la nuova produzione Melfi , è probabile che i livelli produttivi tendano a stabilizzarsi, o comunque a registrare incrementi produttivi più graduali rispetto a quelli osservati nei mesi passati.

Auto

Importazioni di parti e accessori di autoveicoli dagli Stati Uniti

80

130

180

230

280

330

380

430

12 13 14 15

valori destagionalizzati, indice base gen2012=100, elaborazioni REF Ricerche su dati Istat

nascita FCA

dell’euro, gli arrivi per Expo (anche se con risultati che si annunciano inferiori alle anticipazioni) e in generale la maggiore domanda turistica mondiale potrebbero favorire il saldo turistico, che già a inizio anno ha dato segni di recupero. Il Giubileo annunciato per il 2016 potrebbe contribuire a mantenere in crescita anche l’anno prossimo

la spesa dei non residenti, permettendo così di osservare un’espansione del saldo turistico, non suffi ciente comunque a compensare la fl essione del saldo delle merci.Ne deriva che le partite correnti, dopo aver toccato nel 2015 un massimo storico in termini di Pil, potrebbero sperimentare una pausa nel processo di miglioramento nel 2016.

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 201550

Occupazione altalenante, ancora instabile il mercato del lavoro

Sul mercato del lavoro si sovrappongono da qualche tempo le informazioni rese disponibili da svariate fonti statistiche: ci sono quelle di natura campionaria dell’Istat e quelle di natura amministrativa del Ministero del Lavoro sulle Comunicazioni Obbligatorie delle imprese relativamente ai contratti attivati e cessati; a queste ultime si sono aggiunte recentemente anche quelle dell’Inps che attraverso l’”Osservatorio sul precariato” fornisce dati mensili sui nuovi rapporti di lavoro. L’attenzione crescente con cui si guarda a tutti questi dati deriva evidentemente dal tentativo di valutare gli effetti delle misure messe in campo dal Governo. Le diverse fonti rilevano cioè anche per i rifl essi di ciascun nuovo dato sul dibattito politico interno.Naturalmente, l’enfasi con cui si commentano, anche a breve distanza di tempo, dati che forniscono un’indicazione di segno opposto, rischia di essere fuorviante; cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza sui numeri.I dati mensili sulle forze lavoro ci restituiscono una situazione ancora instabile, con l’occupazione che oscilla, come tipicamente avviene per questo tipo di dato. Dopo i risultati negativi dei primissimi mesi dell’anno, ad aprile si era festeggiata la crescita del numero di occupati; nell’ultimo aggiornamento di maggio l’occupazione è tornata però a calare, la disoccupazione è rimasta stabile al 12.4 per cento, e il numero degli scoraggiati ha ripreso a salire (dopo il calo dei quattro mesi precedenti).Tuttavia, qualche segnale positivo si intravede nel confronto anno su anno, più che altro per effetto dell’incremento degli

occupati registrato nei primi mesi dell’anno scorso.I dati sul primo trimestre dell’anno, rispetto a quelli mensili, sono più ricchi di informazioni e consentono di valutare le tendenze dell’occupazione per le diverse tipologie di lavoratori. Il dato relativo alla crescita tendenziale del numero di occupati è complessivamente positivo (+133 mila rispetto allo scorso anno), con miglioramenti per uomini e donne e in tutte le aree territoriali. La crescita annua dell’occupazione deriva in modo sproporzionato dalla coorte anagrafi ca delle persone tra i 55 e i 64 anni, che non a caso sono specularmente “protagoniste” anche del calo degli inattivi: un fenomeno che rifl ette la dimensione demografi ca e i diversi tassi di attività lungo le coorti, ma che si sta verifi cando anche a causa della stretta delle regole sulle pensioni. Nelle classi di età tra i 15 e i 34 anni e in quella tra i 35 e i 49 anni l’occupazione si è ridotta, invece, rispettivamente dell’1.7 e dell’1.4 per cento.

Il mercato del lavoro

Occupati

22000

22200

22400

22600

22800

23000

23200

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08 10 12 14

Dati destagionalizzati, in migliaia

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 2015 51

Un dato positivo riguarda la risalita del numero di occupati a tempo pieno (+0.6 per cento), che negli anni della crisi aveva subito un calo pressoché continuo. Al contempo, tuttavia, è proseguita la crescita del lavoro a tempo parziale, il cui aumento è da attribuire quasi del tutto al part-time involontario, ossia il lavoro a orario ridotto accettato in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno. Il dato del part-time involontario in costante ascesa, sia pure con un trend in rallentamento, indica un mercato del lavoro ancora sofferente.A livello settoriale, i risultati positivi relativi ad agricoltura e servizi sono smorzati dal calo dell’occupazione nell’industria in senso stretto, dopo la crescita dei precedenti tre trimestri, e nelle costruzioni. Le imprese industriali sono ancora in affanno, con l’ampio ricorso alla Cig e alle riduzioni di orario di lavoro, fatte negli anni scorsi per rispondere alla crisi, da riassorbire prima di assumere nuovo personale.Alcuni segnali positivi giungono, in ogni caso, proprio dall’andamento della Cassa integrazione che, dopo essere rimasta su livelli elevati per tutto il 2014, si sta progressivamente sgonfi ando. Tra gennaio e maggio 2015 le unità di lavoro equivalenti a tempo pieno complessivamente coinvolte sono tornate su un livello simile a quello attorno al quale fl uttuavano nel corso del 2008, subito prima che iniziasse il boom di richieste da parte delle imprese. Questa stima è calcolata facendo riferimento alle ore effettivamente utilizzate dalle imprese, che in questi primi mesi dell’anno (secondo quanto indicato dall’Inps) sono state circa il 38 per cento di quelle richieste; il “tiraggio di cassa” si è quindi considerevolmente ridotto rispetto agli anni precedenti.Il ricorso alla Cassa integrazione si sta

riducendo per tutte e tre le tipologie di intervento: tra gennaio e maggio i lavoratori in Cassa ordinaria sono circa 43 mila (-40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2014), quelli in deroga sono passati da 60 mila a 12 mila, mentre restano su livelli più elevati gli occupati in Cassa straordinaria (83 mila), nonostante anche in questo caso il trend risulti in netto calo.Altri segnali positivi sul mercato del lavoro arrivano poi dai dati amministrativi relativi alle attivazioni e cessazioni dei contratti di lavoro. Sulla base dei dati diffusi dal Ministero del Lavoro, nel primo trimestre dell’anno si osserva un saldo netto positivo relativamente ai contratti a tempo indeterminato: i 553 mila contratti attivati si accompagnano a 476 mila cessazioni, pari alla creazione di circa 77 mila nuovi contratti. Data l’alta stagionalità della serie questo dato va confrontato con lo stesso trimestre degli anni precedenti, da cui emerge un miglioramento rispetto al 2014 e al 2013. La quota di contratti attivati a tempo indeterminato è così passata in un anno dal 17.9 al 21.4 per cento sul totale dei nuovi contratti di lavoro, mentre si è leggermente

Equivalenti occupati in CIG

020406080

100120140160180200

08 09 10 11 12 13 14 15Equivalenti occupati calcolati su n. ore utilizzate di

Cig; media mobile; migliaia

Cig ordinaria Cig straordinariaCig in deroga

Congiuntura ref. luglio 201552

Secondo le ultime stime dell’Istat, a inizio 2015 gli stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno residenti in Italia sono poco più di 5 milioni (92 mila in più rispetto all’anno precedente) e sono arrivati a rappresentare l’8.2 per cento della popolazione totale. Nello stesso periodo la popolazione nel suo complesso ha registrato una crescita nulla e quindi le migrazioni dall’estero hanno a malapena compensato il calo demografi co dovuto al saldo naturale negativo.Da alcuni anni l’immigrazione dall’estero sta rallentando: i fl ussi in entrata (che per il 90 per cento sono, ad oggi, da attribuire agli stranieri) si sono ridotti del 9.7 per cento rispetto al 2014 e del 50 per cento rispetto al 2008. Anche il numero di chi ogni anno lascia l’Italia è più che raddoppiato, passando dai 65 mila del 2008 ai 136 mila all’inizio del 2015: se ne vanno sia gli italiani (per i quali la variazione cumulata delle cancellazioni per l’estero rispetto al 2008 è pari al 64.7 per cento), sia gli stranieri (+76.5 per cento). Per entrambi, peraltro, questi dati potrebbero essere sottostimati, in quanto coloro che lasciano l’Italia non sempre si cancellano dalle liste anagrafi che. Per quanto riguarda gli emigrati italiani si tratta prevalentemente – secondo quanto afferma l’Istat – di persone tra i 20 e i 45 anni e il 30 per cento di loro ha una laurea (è il cosiddetto fenomeno del brain drain); per quanto riguarda gli stranieri la decisione di lasciare l’Italia potrebbe in gran parte essere guidata dal deterioramento del mercato del lavoro e dal fatto che in questi ultimi anni molti di loro hanno perso il permesso di soggiorno in seguito a un prolungato periodo di disoccupazione.È calata ai “minimi storici” anche la presenza degli immigrati irregolari, che oggi sono solo il 6 per cento del totale (circa 300 mila unità, secondo le stime della Caritas). Ciò sia per effetto delle sanatorie avutesi qualche anno fa, sia per la minor

forza attrattiva del nostro mercato del lavoro a causa della crisi economica. Per quanto riguarda la situazione degli sbarchi e l’arrivo di clandestini sulle nostre coste (nel 2014, che è stato un anno record, si sono registrati 170 mila sbarchi) bisogna tenere presente che solo una quota minoritaria di questi sceglie di chiedere asilo in Italia, mentre la maggior parte vuole proseguire verso il Nord Europa. Non è più corretto dunque parlare dell’Italia come terra di immigrazione, ma più che altro il nostro è diventato un Paese di transito.

Lavoratori stranieri

Gli stranienti nel mercato del lavoro: il punto sulle dinamiche recenti

Iscrizioni e cancellazioni con l'estero dei cittadini stranieri

0

100

200

300

400

500

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07 08 09 10 11* 12 13 14

*Dati pre-censimento; dati Istat

0

10

20

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40

50

Iscritti Cancellati, scala dx

Gli arrivi di stranieri dall’estero sono diminuiti

Congiuntura ref. luglio 2015 53

Nel primo trimestre 2015 gli stranieri regolarmente occupati in Italia sono risultati quasi 2.3 milioni e rappresentano il 10.3 per cento dell’occupazione complessiva. Nell’arco di un anno i lavoratori immigrati sono aumentati del 3.8 per cento (83 mila in più rispetto al primo trimestre 2014), registrando un ritmo di crescita più intenso rispetto agli occupati italiani, che nello stesso periodo sono cresciuti dello 0.3 per cento. Tuttavia il tasso di occupazione degli stranieri è, di contro, diminuito di 0.4 punti percentuali a fronte di una crescita di 0.5 punti tra gli italiani, interrompendo la dinamica positiva dei precedenti tre trimestri. Risultati altalenanti che confermano come gli immigrati non siano stati affatto esenti dal deterioramento del mercato del lavoro italiano degli ultimi anni, ma anzi abbiano sofferto un graduale peggioramento della propria occupabilità, sperimentando una domanda insuffi ciente ad assorbire la crescita dell’offerta e maggiori rischi di disoccupazione rispetto agli italiani. Nel periodo tra il 2008 e il 2014, infatti, il tasso di disoccupazione complessivo in Italia è cresciuto rapidamente, ma se tra gli italiani è peggiorato di 5.6 punti percentuali arrivando al 12.2 per cento, tra gli stranieri ha raggiunto il 16.9 per cento (crollando di 8.4 punti). Non a caso in questi ultimi anni, come abbiamo detto, i fl ussi in uscita sono cresciuti, si sono ridotte le rimesse verso i Paesi di origine ed è aumentata la percentuale di imprese a conduzione di soggetti nati all’estero (soprattutto nel settore

del commercio, delle costruzioni e dei servizi), una strada spesso obbligata per non rimanere inattivi e potersi garantire il permesso di soggiorno. Secondo i dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio, le imprese individuali guidate da stranieri sono cresciute del 6.3 per cento tra il 2013 e il 2014, superando le 335 mila unità: una ogni 10 imprese che adottano questa forma giuridica. La crisi economica ha, inoltre, ulteriormente peggiorato le possibilità di integrazione degli immigrati, relegandoli ai soliti (pochi) settori e professioni scarsamente qualifi cate tipicamente presidiate dalla manodopera straniera e rafforzando i processi discriminatori che portano all’immobilità occupazionale e quindi sociale.Per quanto riguarda la specializzazione settoriale, mettendo a confronto il primo trimestre 2015 con il primo trimestre 2008 (ovvero quello immediatamente prima della crisi) si osserva come i settori dove si concentrano prevalentemente gli immigrati non solo non sono cambiati negli ultimi sette anni, ma anzi si è verifi cata un’intensifi cazione della specializzazione. Si tratta di settori a maggiore intensità di lavoro poco qualifi cato, dove l’offerta di lavoro da parte degli italiani è in calo da diversi anni. La quota di immigrati sull’occupazione complessiva è ad esempio praticamente raddoppiata nel macro-settore che l’Istat chiama “Altre attività dei servizi”, dove sostanzialmente si trova il settore dei servizi alle famiglie che negli ultimi anni è stato

Lavoratori stranieri

INCIDENZA % DELL'OCCUPAZIONE STRANIERA SUL TOTALEDELL'OCCUPAZIONE IN OGNI SETTORE

I 2008 I 2015

Agricoltura 4,9 13,4

Industria in s.s. 7,3 9,6

Costruzioni 13,8 17,2

Servizi 5,9 9,7

di cui:

Commercio, alberghi e ristoranti 6,3 9,0

Altre attività dei servizi 5,7 10,0

Totale 6,8 10,3

Elaborazioni su dati RCLF Istat

Più di un occupato su dieci è straniero

Congiuntura ref. luglio 201554

caratterizzato da un forte sviluppo.Nel settore dell’agricoltura l’incidenza degli immigrati è aumentata di oltre otto punti percentuali tra il 2008 e il 2015, passando dal 4.9 per cento al 13.4 per cento. La crescita del peso degli occupati stranieri sull’occupazione complessiva del settore si osserva anche relativamente alle costruzioni, nonostante in questo comparto i lavoratori stranieri siano risultati estremamente esposti alle diffi coltà congiunturali derivanti dalle netta inversione del ciclo immobiliare, subendo una perdita cumulata di quasi 13 mila occupati nel periodo di riferimento.Resta elevata, infi ne, la concentrazione degli immigrati nelle professioni meno qualifi cate; e anche in questo caso tale tendenza si è ulteriormente intensifi cata negli ultimi anni. All’inizio del 2015 gli stranieri che risultano svolgere una professione non qualifi cata sono il 34 per cento degli occupati che complessivamente rientrano in questo gruppo professionale, mentre nel primo trimestre 2008 la quota era pari al 22 per cento circa. Se si aggiungono anche gli operai e gli artigiani si osserva che praticamente la metà di coloro che svolgono lavori non particolarmente qualifi cati sono di origine straniera, mentre sette anni fa l’incidenza era pari a circa un terzo.Questi dati hanno portato molti commentatori ad affermare come la dequalifi cazione continui a rappresentare una chiave interpretativa

fondamentale per la lettura del processo di incorporazione lavorativa dei migranti. Tra le criticità principali che questi lavoratori affrontano vi è poi la scarsa possibilità di sviluppo professionale: l’ultimo rapporto annuale dell’Istat sul Paese evidenzia che quasi la metà dei lavoratori stranieri continua a svolgere lo stesso tipo di professione rispetto al primo impego e un altro quarto passa addirittura in un gruppo professionale inferiore a quello iniziale. A ciò si affi anca anche il problema dell’over-education, in quanto i profi li più qualifi cati tendono a svolgere lavori che raramente rispecchiano il loro livello di studio e preparazione.

Incidenza % dell'occupazione straniera sul totale

dell'occupazione per professione

0

10

20

30

40

qualific.etecniche

impiegati eaddetti alcomm.eservizi

operai eartigiani

personalenon

qualific.

I 2008 I 2015

ridotto il peso delle attivazioni effettuate con le altre tipologie contrattuali.La dinamica favorevole della domanda di rapporti di lavoro a tempo indeterminato è proseguita anche nei mesi di aprile e maggio. In questo bimestre il saldo tra attivazioni e cessazioni è risultato positivo e pari a 50mila contratti stabili in più, mentre nello stesso periodo dello scorso anno si era registrato un risultato negativo (-18 mila circa).Certo, l’incentivo per le assunzioni a tempo indeterminato, valido per tutto il 2015, sta accentuando molto anche le trasformazioni di contratti precari in contratti a tempo

Attivazioni e cessazioni di contratti a tempo indeterminato

-28 -41

77

-800

-600

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-200

0

200

400

600

800

I 13 I 14 I15

Valori in migliaia; Dati Comunicazioni Obbligatorie (Ministero del Lavoro)

Attivazioni Cessazioni Saldo

Lavoratori stranieri

Le previsioni per l’Italia

Congiuntura ref. luglio 2015 55

indeterminato: se tra aprile e maggio del 2014 queste erano state circa 41 mila, nell’arco di un anno sono salite a quasi 67 mila.A queste informazioni si aggiungono i nuovi dati dell’”Osservatorio sul precariato” dell’Inps, il cui campo di osservazione sono i lavoratori dipendenti del settore privato. Questi dati, in particolare, esplicitano il numero di rapporti di lavoro instaurati con la fruizione dell’esonero contributivo (legge n. 190/2014), che tra gennaio e aprile sono stati complessivamente 428 mila, di cui però quasi un terzo (il 31.8 per cento) hanno riguardato trasformazioni di contratti da tempo determinato a indeterminato.I dati amministrativi sicuramente aiutano a farsi una prima idea sugli effetti

dell’introduzione dell’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato, operativo da gennaio. A quanto sembra le imprese stanno cercando di approfi ttarne, anche perché non è detto che l’incentivo venga riproposto nel 2016 dato il costo per le fi nanze pubbliche; quello che però non è tanto chiaro è se lo sgravio stia spingendo di più le attivazioni di nuovi contratti o le conversioni tra forme diverse di contratto. Il fatto che il tasso di disoccupazione a maggio sia rimasto stabile suggerisce che la seconda ipotesi sia la più probabile. Resta, invece, diffi cile valutare gli effetti dell’introduzione del contratto a tutele crescenti, entrato in vigore a marzo. Per fare delle valutazioni in merito occorrerà attendere ancora qualche trimestre.

DISTRIBUZIONE % DEI RAPPORTI DI LAVORO ATTIVATI PERTIPOLOGIA DI CONTRATTO

I 2013 I 2014 I 2015Tempo Indeterminato 19.2 17.9 21.4Tempo Determinato 64.2 66.7 65.0Apprendistato 2.5 2.4 2.0Contratti di Collaborazione 8.4 8.0 6.5Altro* 5.7 5.1 5.1

Totale 100.0 100.0 100.0

Dati Comunicazioni Obbligatorie (Ministero del Lavoro)

*La tipologia contrattuale "altro" include: c.di formazione lavoro; c.di inserimento lavorativo; c.di agenzia a tempo determinato e indeterminato; c.intermittente a t. determinato e indeterminato; lavoro autonomo nello spettacolo; lavoro interinale.

ATTIVAZIONI E CESSAZIONI DI CONTRATTI A TEMPOINDETERMINATO

Aprile-Maggio Aprile-Maggio2014 2015

Attivazioni 275.256 379.283Cessazioni -294.190 -329.161Saldo -18.934 50.122

Trasformazioni* da t.det a t.indet 41.077 66.753

Dati Comunicazioni Obbligatorie (Ministero del Lavoro)

*Le trasformazioni estratte dal sistema vengono contabilizzate a parte, pertanto non rappresentano un di cui delle attivazioni ma vanno aggiunte alle attivazioni a tempo indeterminato.

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Congiuntura ref. luglio 201556

Dall’inizio dell’anno nel nostro Paese non si è ancora verifi cata una ripresa stabile dell’occupazione. Tuttavia dalle principali inchieste congiunturali degli ultimi mesi emerge un generale miglioramento del clima di fi ducia da parte di imprese e famiglie per quanto riguarda l’andamento futuro del mercato del lavoro. Il miglioramento delle attese riguarda tutti i principali settori, compreso quello delle costruzioni, per il quale le indagini qualitative hanno evidenziato un balzo in avanti del clima di fi ducia delle imprese, trainato dal miglioramento sulle attese di occupazione.Le indagini condotte presso le famiglie indicano che la quota di coloro che si aspettano un aumento della disoccupazione è tornata sui livelli di inizio 2008.Considerando che l’utilizzo degli sgravi contributivi introdotti dal Governo per l’anno in corso potrebbe subire un’accelerata negli ultimi mesi (nel dubbio che essi vengano rinnovati anche l’anno prossimo), riteniamo che il numero di persone occupate dovrebbe subire una variazione positiva in media d’anno pari allo 0.6 per cento. Non crediamo d’altronde che una variazione maggiore sia ipotizzabile dato che bisogna considerare che la creazione di nuovi posti verrà comunque spiazzata dal riassorbimento in azienda dei

cassintegrati.L’intensità del recupero si consoliderà nel biennio successivo. Il calo occupazionale causato dalla crisi, tuttavia, non si assorbirà rapidamente; nel 2016 in Italia ci saranno ancora 530 mila occupati in meno rispetto al 2008.La fl essione del tasso di disoccupazione, cominciata a inizio 2015, dovrebbe proseguire per tutto l’anno, a fronte di una forza lavoro in debole crescita in media d’anno. Nel 2015 il tasso di disoccupazione dovrebbe portarsi al 12.5 per cento; scenderà progressivamente nel 2016, di pari passo con la risalita dell’occupazione.

Ma le attese sono positive Famiglie: aspettative sulla

disoccupazione*

20

30

40

50

60

70

80

90

00 02 04 06 08 10 12 14

* Istat, inchiesta consumatori: quota di quanti si aspettano un aumento della disoccupazione

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Una ripresa a elevata intensità di lavoro, ma con pochi salari

Nel corso degli anni passati gli accordi nazionali relativi alle retribuzioni contrattuali sono stati orientati da un indicatore d’infl azione attesa rappresentato dalla previsione (effettuata inizialmente dall’Isae e poi dall’Istat) della variazione dell’indice dei prezzi al consumo armonizzati al netto della componente energetica. Di fatto la logica che aveva ispirato tale modello era quella di contrastare problemi precedenti l’arrivo della crisi, essenzialmente il rischio che l’infl azione innescata dall’aumento del prezzo del petrolio potesse generare una rincorsa salariale. All’epoca la priorità era sulle relazioni salari-prezzi, senza particolari riferimenti a variabili rilevanti per il sistema produttivo, come la posizione competitiva delle imprese, o l’andamento della produttività. L’anacronismo rappresentato dall’avere mantenuto questa impostazione per diversi anni, anche quando l’economia italiana si è

trovata ad affrontare problemi di ben altra natura, appare evidente, e questo spiega anche l’esigenza di ripensare il modello contrattuale considerandolo contestualmente alle strategie di crescita del sistema produttivo. Ciò che rende problematica la discussione sulle dinamiche salariali dei prossimi anni è anche il fatto che la fase di prolungata crisi dell’economia ha prodotto negli ultimi anni tassi d’infl azione sistematicamente inferiori alle previsioni. Come si osserva dalla tavola, gli errori di previsione sono prevalentemente per eccesso e solo perché nei due anni di sottostima (il 2011 e il 2012) sull’infl azione si sono manifestati gli effetti delle ampie variazioni della fi scalità indiretta (aumenti aliquote Iva e accise su vari prodotti). Che a una fase di crisi più grave delle attese corrisponda anche un’infl azione più bassa non è ragione di sorpresa. Ciò che rileva in questa fase è il fatto che la logica della contrattazione è quella di prevedere

L’infl azione

INFLAZIONE IPCA AL NETTO DEGLI ENERGETICI IMPORTATI2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018

Previsione del 30 maggio 2009 1.5 1.8 2.2 1.9Previsione del 21 maggio 2010 1.3 2.0 1.8 1.7Previsione del 30 maggio 2011 2.3 2.0 1.9 1.9Previsione del 1° agosto 2012 3.0 2.0 1.8 2.1Previsione del 30 maggio 2013 1.8 1.8 2.0 2.1Previsione del 30 maggio 2014 0.8 1.3 1.5 1.6Previsione del 30 maggio 2015 0.6 1.1 1.3 1.5Realizzazione 1.2 1.1 2.6 3.2 1.3 0.3

ScostamentiPrevisione del 30 maggio 2009 -0.3 -0.7 0.4 1.3Previsione del 21 maggio 2010 -0.2 0.6 1.4 -0.4Previsione del 30 maggio 2011 0.3 1.2 -0.6 -1.6Previsione del 1° agosto 2012 0.2 -0.7 -1.5Previsione del 30 maggio 2013 -0.5 -1.5Previsione del 30 maggio 2014 -0.5

Previsioni Isae e Istat

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un “recupero” dell’eventuale divario fra infl azione effettiva e infl azione prevista al momento in cui sono stati stipulati i contratti precedenti. I contratti in vigore sul triennio 2013-2015 si ritroveranno quindi dinanzi alla circostanza inattesa di un “recupero” di segno negativo di entità rilevante. Ad esempio, chi ha rinnovato il contratto per il triennio 2013-2015 sulla base delle previsioni Istat formulate nell’estate del 2012, ha scontato un’infl azione cumulata nel triennio del 5.9 per cento, mentre l’infl azione cumulata nello stesso periodo (sempre sulla base dell’indicatore Ipca ex-energy) dovrebbe risultare ex-post del 2.2 per cento. Lo scarto da recuperare è quindi ampio, del 3.7 per cento; considerando che per i prossimi tre anni l’infl azione cumulata prevista è pari al 3.9 per cento, ne deriva in sostanza che i salari contrattuali dovrebbero restare fermi fra il 2016 e il 2018. Si tenga presente che questo tipo di relazioni varrà su contratti importanti, come i chimici o i metalmeccanici. A ulteriore complicazione del quadro si deve poi richiamare un elemento di criticità dello scenario attuale. Vale a dire che se si assume una previsione di dinamiche dei salari contrattuali pari a zero, e tenendo conto che

le condizioni del mercato del lavoro non suggeriscono andamenti delle retribuzioni di fatto molto superiori ai contratti, si defi nisce uno scenario in cui le stesse previsioni Istat di una dinamica dei prezzi che si porta verso l’1.5 per cento potrebbero risultare anche eccessive. Queste considerazioni sono importanti perché se si dovesse delineare la prospettiva di un periodo di stagnazione salariale, anche il quadro macro per i prossimi anni acquisirebbe una fi sionomia diversa da quella vista in questa prima fase di ripresa. Difatti, la fase iniziale del ciclo ha tratto spunto dalla discesa dei prezzo del petrolio e da alcuni provvedimenti fi scali a sostegno del potere d’acquisto delle famiglie che hanno favorito un inizio di ripresa dei consumi. Lo scenario a “salari zero” (con salari reali in contrazione) deprimerebbe con buona probabilità la ripresa dei consumi, e sposterebbe l’asse della crescita sull’export, dato che il differenziale di salari e infl azione verso i paesi terzi migliorerebbe la nostra posizione competitiva. A benefi ciare del quadro sarebbero difatti i settori esposti alla concorrenza internazionale, che inizierebbero a giovarsi di un recupero di competitività

Retribuzioni: totale economia

0

1

2

3

4

06 07 08 09 10 11 12 13 14

Salari di fatto, contabilità nazionale, var % a/a

Retribuzioni reali: totale economia

-2.5

-1.25

0

1.25

2.5

06 07 08 09 10 11 12 13 14

Salari di fatto, contabilità nazionale, var % a/a

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Le tendenze recenti Nel corso del 2014 e a inizio 2015, nonostante la dinamica salariale molto contenuta, le retribuzioni sono aumentate in termini reali, grazie alla stagnazione dei prezzi. La fase di infl azione nulla, e in alcuni mesi anche leggermente negativa, sarebbe da ricondurre in buona misura alla caduta del prezzo del petrolio, e quindi alla discesa del defl atore delle importazioni. Su questo aspetto occorre una breve digressione di natura tecnica in quanto secondo la contabilità nazionale fra fi ne 2014 e inizio 2015 il defl atore delle importazioni si sarebbe ridotto molto poco, e comunque meno rispetto sarebbe giustifi cato dall’andamento del prezzo del petrolio. D’altra parte nello stesso periodo i prezzi all’import avrebbero registrato una contrazione ben più marcata rispetto al defl atore. Una conseguenza della stima di un defl atore delle importazioni più alto è che la contabilità nazionale quantifi ca un guadagno di ragioni di scambio modesto e, coeteris paribus, un andamento molto debole del defl atore del Pil cui corrisponderebbe un’ampia contrazione dei profi tti unitari delle imprese. D’altra parte, sempre la contabilità nazionale ha mostrato uno scollamento nel corso dell’ultimo anno fra andamento dell’attività economica e domanda di lavoro, da cui una contrazione decisa della produttività e un

rimbalzo del Clup non traslato sui prezzi fi nali, e quindi in apparenza assorbito nei margini delle imprese.L’andamento cedente della produttività si

Salari e prezzi

-1

0

1

2

3

12 13 14 15

(1) deflatore dei consumi; var % a/a

salari prezzi (1)

Inflazione importata: misurealternative

-5

0

5

12 13 14 15

(1) valori medi unitari import merci (2) prezzi all'importmerci (3) merci e servizi

(1) (2) (3)

verso i partner europei. Il diverso mix di domanda sposterebbe anche la crescita verso l’industria e a scapito dei settori più legati alla domanda interna, come costruzioni e servizi. D’altra parte, un ciclo affi dato in prevalenza alle esportazioni ci esporrebbe a tutti i rischi

legati al diffi cile contesto internazionale. Inoltre, lo senario di moderazione salariale diverrebbe molto rischioso qualora il Governo dovesse applicare la “clausola di salvaguardia” sull’Iva, che comporterebbe un’infl azione più elevata, minori salari reali, e il rischio di una recessione dei consumi.

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sarebbe peraltro protratto nella prima parte del 2015; la peculiarità di tale andamento sollecita più di qualche perplessità, potendo nascondere anche qualche anomalia nella costruzione delle statistiche.Al di là di questo punto, il quadro dei prezzi è caratterizzato da un periodo di sostanziale assenza di tensioni, sia sul fronte interno, per il quadro di quasi stagnazione salariale sopra discusso, sia su quello estero, dato l’andamento tendenzialmente cedente delle materie prime. In prospettiva questo scenario tende di fatto a confermarsi anche se, una volta assorbito l’effetto della caduta delle quotazioni delle commodities, le tendenze dovrebbero iniziare a normalizzarsi. Soprattutto, la componente energetica dei prezzi dovrebbe iniziare a stabilizzarsi dopo un lungo periodo di dinamica ampiamente negativa. In generale, quindi, il pericolo di una fase di defl azione appare scongiurato anche se la dinamica dei

prezzi al consumo dovrebbe restare ancora per qualche tempo su livelli decisamente inferiori al 2 per cento.La dinamica dei prezzi dovrebbe restare contenuta anche perché in molti settori vi sono ampi spazi di capacità produttiva inutilizzata. I recuperi attesi della domanda interna sono di entità modesta rispetto alle perdite di prodotto subite nel corso degli ultimi anni. Lo scenario che si prospetta è quindi quello di un’economia che si mantiene ai margini della defl azione. Il superamento del minimo per la dinamica dei prezzi è subordinato all’effettivo materializzarsi della ripresa dell’attività economica. I rischi in prospettiva riguardano soprattutto l’eventualità che il contesto internazionale si caratterizzi per nuove fasi di svalutazione da parte delle economie emergenti, portando così ad aumentare la pressione sui prezzi interni derivanti dai prezzi dei manufatti internazionale.

Costo del lavoro e produttività

-1.5

-0.8

0.0

0.8

1.5

12 13 14 15

var % a/a

Costo del lavoro Produtt del lavoro

Costo del lavoro per unità di prodotto e deflatore del valore agg

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

12 13 14 15

var % a/a

Clup Deflatore del valore agg

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Salvo diverse indicazioni, le fonti dei dati sui quali si basano le elaborazioni REF Ricerche è Istat per i dati sull’Italia. Per le statistiche internazionali la fonte è Thomson Reuters Datastream.Ricordiamo ai nostri abbonati che Congiuntura REF e gli aggiornamenti quindicinali sono disponibili sul nostro sito internet

REF Ricerche opera con ricerche e consulenze personalizzate, osservatori indipendenti, attività di formazione e affianca aziende, istituzioni, organismi governativi, nei processi decisionali relativi all’economia, alla finanza e alla gestione delle risorse umane. Le previsioni di Congiuntura REF sono punto di riferimento riconosciuto da analisti, operatori e istituzioni. Il gruppo di lavoro di Congiuntura REF è regolarmente consultato dalle istituzioni per valutazioni sul ciclo economico italiano, sulla politica di bilancio e sugli interventi di politica economica. REF Ricerche, inoltre, è uno dei quattro membri italiani dell’AIECE (Association des Institutes Européens de Conjoncture Economique) e fa parte di EUREN (EURopean Economic Network), network di istituti europei di ricerca economica, il cui scopo è migliorare l’analisi dell’economia europea, mediante lo scambio di expertise e la cooperazione a ricerche comuni.