CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale...

280
CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO LAVORI PREPARATORI GANGEMI EDITORE MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

Transcript of CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale...

Page 1: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

CONFERENZA NAZIONALEPER IL PAESAGGIO

LAVORI PREPARATORI

GANGEMI EDITORE

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

Page 2: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

2

©Proprietà letteraria riservata

Gangemi EditorePiazza San Pantaleo 4, Roma

Nessuna parte di questapubblicazione può esserememorizzata, fotocopiata ocomunque riprodotta senzale dovute autorizzazioni;chiunque favorisca questapratica commette un illecitoperseguibile a norma di legge.

ISBN 88-492-0132-X

FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI DICEMBRE 2000BORGIA – ROMA

DA IMPIANTI TIPOLITOGRAFICI GANGEMI EDITORE

Page 3: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

3

Conferenza Nazionale per il Paesaggio

L a v o r i p r e p a r a t o r i

Min is te ro per i Ben i e l e At t iv i tà Cu l tura l i

Gabinetto del Ministro Uff ic io Centrale per i Beni Ambiental i e Paesaggist ic i

GANGEMI EDITORE

Page 4: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

4

I l p r e s e n t e v o l u m e è s t a t o r e a l i z z a t o a c u r ad e l M i n i s t e r o p e r i B e n i e l e A t t i v i t à C u l t u r a l i ,G a b i n e t t o d e l M i n i s t r o e U f f i c i o C e n t r a l e p e r i B e n i A m b i e n t a l i e P a e s a g g i s t i c i :

COMITATO DI REDAZIONED o n a t e l l a C a v e z z a l iL u c a O d e v a i n eM a r i a R o s a r i a P a l o m b iA n t o n i a P a s q u a R e c c h i a

PROGETTO EDITORIALE E PROGETTO GRAFICOD o n a t e l l a C a v e z z a l iM a r i a R o s a r i a P a l o m b i

SEGRETERIA DI REDAZIONEG a i a R e l a z i o n i P u b b l i c h e e C o m u n i c a z i o n e

Page 5: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

5

Minis te ro per i Ben i e l e At t iv i tà Cu l tura l i

1a Conferenza Nazionale per il Paesaggio14-15-16 ottobre 1999

Comples so Monumenta l e d e l S a n M i c h e l e a R i p a G r a n d e

Roma

PRESIDENZA

PRESIDENTE

Giovanna Melandri, Ministro per i Beni e le Attività Culturali

VICE PRESIDENTE

Giampaolo D’Andrea, Sottosegretario di Stato per i Beni e le Attività Culturali

COORDINAMENTO GENERALE

COORDINATORE DEL COMITATO SCIENTIFICO

Giuseppe Chiarante, Vice Presidente del Consiglio Nazionale per i Beni Culturali, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

COORDINATORE SCIENTIFICO

Luca Odevaine, Consulente per le Politiche Ambientali, Gabinetto del Ministro, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

COORDINATORE TECNICO-ORGANIZZATIVO

Donatella Cavezzali, Consulente per l’Architettura e il Paesaggio, Gabinetto del Ministro, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

UFFICIO STAMPA

Gabinetto del Ministro, Ministero per i Beni e le Attività CulturaliGaia Relazioni Pubbliche e Comunicazione

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA

Gaia Relazioni Pubbliche e Comunicazione

Page 6: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

COMITATO SCIENTIFICO

Giuseppe Chiarante, Vice Presidente del Consiglio Nazionale per i Beni Culturali, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Marcello Pacini, Capo Ufficio Legislativo, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Marisa Bonfatti, Presidente del Comitato di Settore per i Beni Architettonici e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Maurizio Calvesi, Presidente del Comitato di Settore per i Beni Artistici e Storici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Adriano La Regina, Presidente del Comitato di Settore per i Beni Archeologici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Anna Cenerini, Avvocato dello Stato

Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Pier Giorgio Ferri, Avvocato dello Stato

Giuseppe Fiengo, Avvocato dello Stato

Maria Alessandra Sandulli, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze Politiche

Giuseppe Severini, Consigliere di Stato

Paolo Urbani, Università degli Studi di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, Facoltà di Architettura

Sandro Amorosino, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Economia

Paolo Leon, Università degli Studi di Roma Tre, Facoltà di Economia

Pietro Valentino, Università degli Studi di Roma Tre

Mario Torelli, Università degli Studi di Perugia, Facoltà di Lettere e Filosofia

Andreina Ricci, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Lettere

Annalisa Maniglio Calcagno, Università degli Studi di Genova, Preside Facoltà di Architettura

Vittoria Calzolari, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Guido Ferrara, Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura, Presidente Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio

Franco Zagari, Università degli Studi di Reggio Calabria, Facoltà di Architettura

Paolo Avarello, Istituto Nazionale di Urbanistica, Università degli Studi di Roma Tre, Facoltà di Architettura

Aldo Aymonino, Università degli Studi di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, Facoltà di Architettura

Stefano Boeri, Università degli Studi di Genova, Facoltà di Architettura

Maurizio Boriani, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura

Giuseppe Campos Venuti, Presidente Onorario INU, Istituto Nazionale di Urbanistica

Lucina Caravaggi, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Alberto Clementi, Università degli Studi di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, Facoltà di Architettura

Giangiacomo D’Ardia, Università degli Studi di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, Facoltà di Architettura

Vezio De Lucia, Urbanista

Vanna Fraticelli, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Facoltà di Architettura

Bruno Gabrielli, Università degli Studi di Genova, Facoltà di Architettura

Roberto Gambino, Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura

Mario Ghio, Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura

Italo Insolera, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Cesare Macchi Cassia, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura

Gianluigi Nigro, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Bernardo Rossi Doria, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Lionella Scazzosi, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura

Stefano Stanghellini, Presidente INU, Istituto Nazionale di Urbanistica – Istituto Universitario di Architettura di Venezia

Antonino Terranova, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Umberto Bagnaresi, Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Agraria

Maria Chiara Zerbi, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia

Tullio D’Aponte, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Preside Facoltà di Scienze Politiche

Marino Livolsi, Libera Università di Lingue e Comunicazione, Direttore Istituto di Comunicazione

Giuliana Campioni, Presidente, Federazione Associazioni Professionali Ambiente e Paesaggio

Marisa Dalai Emiliani, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Lettere e Filosofia

Massimo Venturi Ferriolo, Università degli Studi di Salerno, Facoltà di Lettere e Filosofia

Marcello Fagiolo, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Lettere e Filosofia

Andrea Ruffolo, Architetto

6

Page 7: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

7

COMITATO ORGANIZZATORE

Salvatore Mastruzzi, Direttore Generale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Giuseppe Proietti, Direttore Generale degli Affari Generali Amministrativi e del Personale, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Mario Serio, Direttore Generale per i Beni Architettonici, Archeologici, Artistici e Storici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Alberto Cutillo, Capo del Servizio Rapporti Internazionali, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Pio Baldi, Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici del Lazio, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Stefano De Caro, Soprintendente per i Beni Archeologici di Napoli, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Mario Antonio De Cunzo, Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Margherita Guccione, Ufficio Centrale per i Beni Archeologici, Architettonici, Artistici e Storici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Mario Augusto Lolli Ghetti, Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici di Firenze, Prato e Pistoia, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Ruggero Martines, Soprintendente per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Salerno e Avellino, Ministero per i Beni e

le Attività Culturali

Alessandra Melucco Vaccaro, Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Liliana Pittarello, Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Antonia Pasqua Recchia, Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Anna Maria Reggiani, Soprintendente per i Beni Archeologici del Lazio, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Velia Rizza, Direttore dell'Ufficio Studi, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Paolo Scarpellini, Soprintendente per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Sassari e Nuoro, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Luciano Marchetti, Vicecommissario per le zone terremotate dell’Umbria, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

CONSULTA PER IL PAESAGGIO

Ministero dei Lavori Pubblici, Ministero dei Trasporti e della Navigazione, Ministero dell’Ambiente, Ministero delle Finanze,

Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato, Ministero dell’Interno, Dipartimento per la Protezione Civile,

Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione Economica, Ministero di Grazia e Giustizia, Ministero per le Politiche

Agricole

Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome, UPI-Unione delle Province d’Italia, ANCI-Associazione

Nazionale Comuni Italiani, UNCEM-Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, Associazione dei Parchi Italiani

Amici della Terra, ANCE-Associazione Nazionale Costruttori Edili, Archeoclub, Arcigola, Associazione Bianchi Bandinelli,

Auser, Centro di Documentazione Antonio Cederna, Centro Internazionale per i Beni Culturali di Ravello, Centro Universitario

Europeo per i Beni Culturali, CNA-Consiglio Nazionale degli Architetti, CNI-Consiglio Nazionale degli Ingegneri, C.N.R.-

Progetto Finalizzato Beni Culturali, Comitato per la Bellezza Antonio Cederna, Confindustria, Europa Nostra, FAI-Fondo

per l’Ambiente Italiano, Fondazione Benetton Studi Ricerche, Fondazione Civita, Inarch-Istituto Nazionale di Architettura,

INU-Istituto Nazionale di Urbanistica, Italia Nostra, Legambiente, Mecenate ’90, Movimento Azzurro, Polis, Società

Geografica Italiana, Touring Club Italiano, Verdi Ambiente e Società, W.W.F.-World Wildlife Fund

Page 8: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

8

SESSIONE 1 Paesaggio: legislazione di tutela e normative per il territorio

COORDINATORI

Marcello Pacini, Capo dell'Ufficio Legislativo, Ministero per i Beni e le Attività Culturali Piergiorgio Ferri, Avvocato dello Stato

SEGRETERIA TECNICO-SCIENTIFICA

Maria Giulia Picchione, Daniela Sandroni, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

SESSIONE 2 Paesaggio e sviluppo sostenibile

COORDINATORI

Salvatore Mastruzzi, Direttore Generale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività CulturaliAlberto Clementi, Università degli Studi di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, Facoltà di Architettura

SEGRETERIA TECNICO-SCIENTIFICA

Maria Rosaria Palombi, Maria Giulia Picchione, Rocco R. Tramutola, Alessandra Vittorini, Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali

SESSIONE 3 Paesaggi italiani e qualità della progettazione

COORDINATORI

Pio Baldi, Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici del Lazio, Ministero per i Beni e le Attività Culturali Vezio De Lucia, Urbanista

SEGRETERIA TECNICO-SCIENTIFICA

Lorenza Bolelli, Maurizio Galletti, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

SESSIONE 4 Archeologia e caratteri storici nel paesaggio italiano

COORDINATORI

Adriano La Regina, Soprintendente per i Beni Archeologici di Roma, Ministero per i Beni e le Attività CulturaliMario Torelli, Università degli Studi di Perugia, Facoltà di Lettere e Filosofia

SEGRETERIA TECNICO-SCIENTIFICA

Pietro Cicerchia, Wanda Vaccaro, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

SESSIONE 5 Modelli culturali e politiche per il paesaggio in Europa

COORDINATORI

Alessandra Melucco Vaccaro, Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività CulturaliTullio D’Aponte, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Preside Facoltà di Scienze Politiche

SEGRETERIA TECNICO-SCIENTIFICA

Roberta Alberotanza, Manuel R. Guido, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

SESSIONE 6 Paesaggio, comunicazione, educazione e formazione

COORDINATORI

Velia Rizza, Direttore dell'Ufficio Studi, Ministero per i Beni e le Attività CulturaliMarisa Dalai Emiliani, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Lettere e Filosofia

SEGRETERIA TECNICO-SCIENTIFICA

Vincenzo Cazzato, Antonella Mosca, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

S E S S I O N I T E M AT I C H E

Page 9: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Nelle recenti riforme dell’ordinamento amministrativo dello Stato il Ministero per i Beni e le Attività Cul-turali ha visto pienamente confermata la tutela del paesaggio tra le sue ampliate competenze, un settore in-torno al quale negli ultimi anni si è sviluppato un acceso dibattito legato da un lato all’esigenza di strumen-ti di tutela e di controllo più efficaci ed efficienti, e dall’altro a quale debba essere la funzione stessa della“tutela”, alle soglie del nuovo millennio.

A fronte di una ormai concorde definizione giuridica della materia, la gestione concreta della tutela pae-saggistica nella realtà italiana è il risultato dell’azione concorrente di più soggetti interrelati tra loro, Stato,Regioni, Province e Comuni, che contribuiscono, ognuno per le sue competenze, alla pianificazione del terri-torio e alla salvaguardia dei suoi aspetti paesaggistici.

In questo quadro uno specifico ruolo di salvaguardia e controllo è assegnato in particolare al Ministe-ro per i Beni e le Attività culturali che dal 1985, con la legge Galasso, estende la sua azione di tutela sul 48%dell’intero territorio nazionale.

Nella regolamentazione della legge la tutela del paesaggio è basata sull’apposizione del vincolo pae-saggistico, applicato in primo luogo dalle Regioni delegate, strumento di controllo che doveva inserirsi al-l’interno dei Piani Territoriali Paesistici Regionali, perno di una programmazione più complessiva ed integratadel territorio. Nella realtà la difficoltà nell’applicazione di questo fondamentale strumento di pianificazio-ne del territorio dal punto di vista della tutela dei valori paesaggistici, ha di fatto creato a livello naziona-le una situazione estremamente eterogenea, spesso carente, anche laddove i P.T.P.R. sono stato adottati edapprovati.

Questo è avvenuto in concomitanza e in contrapposizione ai violenti fenomeni di trasformazione delterritorio degli ultimi decenni, a cui si deve la formazione di paesaggi sgradevoli, che altro non sono che l’e-spressione del degrado ecologico e della diffusa dequalificazione insediativa.

Per cercare di portare a soluzione questi problemi, che affondano le proprie radici nella storia stessadel nostro Paese dal dopoguerra ad oggi, è stata nostra intenzione avviare un dibattito istituzionale con ilcoinvolgimento di tutti i responsabili della programmazione, pianificazione e gestione del territorio, dalle am-ministrazioni centrali, alle Regioni, agli Enti locali, ai rappresentanti del mondo scientifico, imprenditoriale edella società civile.

L’obiettivo centrale è stato la costruzione di una forte azione comune che permetterà nel prossimo fu-turo di aprire, anche nel nostro paese, nuovi percorsi per sanare il contrasto tra salvaguardia dei valori sto-rici, culturali e ambientali e necessità legate allo sviluppo economico.

La 1a Conferenza Nazionale per il Paesaggio, organizzata dal Ministero per i Beni e le Attività cultura-li, è nata quindi come momento di riflessione istituzionale del Paese su un bene, il paesaggio italiano, nel qua-le le componenti storiche, culturali e naturalistiche sono inscindibilmente legate al territorio e ai suoi processidi trasformazione, la cui salvaguardia necessita, oggi più che mai, di nuovi e più adeguati strumenti di tute-la e valorizzazione.

9

Presentazione

Per una nuova politica del paesaggio

di Giampaolo D’AndreaSottosegretario di Stato per i Beni e le Attività Culturali

Page 10: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

La Conferenza vera e propria è stata preceduta da un intenso lavoro preparatorio documentato nel pre-sente volume allegato agli Atti della 1° Conferenza Nazionale per il Paesaggio, che ho il piacere di presen-tare. Il volume raccoglie l’insieme dei contributi del Comitato scientifico e della Consulta per il Paesaggio, uncompendio ricchissimo di analisi, idee e proposte altamente qualificate, che si è concluso con la partecipa-zione ai lavori della Conferenza stessa.

Abbiamo altresì ritenuto opportuno presentare in questo volume i testi preparatori che fin dall’iniziosono stati posti alla base della riflessione e del dibattito del Comitato scientifico e della Consulta, in parti-colare il discorso introduttivo del Ministro on. Giovanna Melandri, con il quale sono state delineate le lineeglobali e il senso politico dell’azione da svolgere, e il documento preparatorio, redatto a cura dell’arch. Do-natella Cavezzali e del dott. Luca Odevaine, che ne ha tradotto in termini tecnici e operativi le principaliindicazioni metodologiche.

La pubblicazione degli Atti della 1° Conferenza Nazionale per il Paesaggio, a un anno dal convegno, co-stituisce anche un contributo concreto e operativo ai lavori della “Commissione di studio per la riforma dellanormativa in materia di tutela paesaggistico-ambientale”, nominata dal Ministero a seguito della Conferen-za, alla quale è stato affidato il delicato compito di tradurre in concrete proposte normative le indicazioni emer-se lo scorso ottobre.

A tutti coloro che hanno profuso il loro impegno e la loro professionalità in questi due anni di inten-so lavoro va il mio personale ringraziamento ed un particolare riconoscimento ai Direttori Generali dott.Salvatore Mastruzzi, che ha seguito i lavori della Conferenza, e arch. Pio Baldi, che ne prosegue l’opera,e a tutti i funzionari dell’Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici ai quali si deve il quotidia-no, e spesso oneroso, compito di tutela e salvaguardia dei paesaggi italiani.

* * *

10

Page 11: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Grazie al consenso cresciuto attorno al concetto di sviluppo sostenibile, a partire dall’inizio degli anni ’90, si èandata affermando una crescente sensibilità verso la tutela e la valorizzazione dell’ambiente in cui viviamo.Accanto all’obiettivo dello sviluppo economico è stata introdotta una prospettiva di maggiore equità ambien-tale “capace di soddisfare i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere i bisogni delle generazio-ni future” (World Commission on Environment and Development 1987).Questa affermazione nel nostro Paese ha però riguardato fondamentalmente i fattori legati all’equilibrio am-bientale ed energetico. E’ mancata una pari attenzione verso la tutela del nostro paesaggio, con le sue valenzedi tipo storico e culturale, ed oggi la situazione è quanto mai compromessa. Dopo anni di interventi edilizi einfrastrutturali disattenti alla dimensione architettonica e paesaggistica delle opere, anche da parte pubbli-ca, e dopo le ferite arrecate dall’abusivismo edilizio al territorio, avviare una nuova fase di attenzione e valo-rizzazione è quanto mai necessario.Uno sviluppo sostenibile che riguardi quindi sia le risorse ambientali che quelle paesaggistiche che costitui-scono un patrimonio inestimabile per la qualità della vita di un Paese moderno dal punto di vista culturale maanche economico.L’obiettivo che ci siamo posti fin dall’inizio della preparazione di questa Conferenza Nazionale è stato quin-di quello di farne una Conferenza Nazionale per il Governo e non un convegno, per poter dare delle in-dicazioni politiche precise ed avviare un processo di mutamenti profondi dal punto di vista della riqualificazionedel territorio, della sua protezione, gestione e valorizzazione.Il punto di partenza è stato fare il punto della situazione, capire qual era lo stato del paesaggio italiano a quin-dici anni dalla Legge Galasso, una legge fondamentale per la difesa del territorio italiano che ne ha gover-nato le sorti a partire dal 1985. Capire cosa ha funzionato e cosa no, e capire soprattutto se quella legge po-teva essere in parte migliorata e potenziata.La Legge Galasso, con i suoi principi, ha stabilito una concezione del paesaggio e una dimensione delvincolo paesaggistico tuttora ampiamente valida. Eppure la dicotomia che si è venuta a creare in questianni tra tutela, conservazione e sviluppo ha profondamente lacerato il nostro territorio così come il tes-suto sociale creando sacche di crescente illegalità anche in aree protette e vincolate. Domandarsi oggi se la situazione attuale è dovuta a motivazioni interne o esterne alla legge Galasso, co-sa non ha funzionato nel meccanismo di attuazione della legge, e cosa si può fare per rendere più effi-cace ed efficiente la stessa tutela del paesaggio, è un dovere che dobbiamo affrontare anzitutto comeimpegno politico. Abbiamo quindi deciso di interrogarci per dare risposta a queste ed altre domande suimeccanismi di tutela, di controllo, sulle modalità di pianificazione delle trasformazioni e sull’insieme del-le politiche per il territorio nel nostro Paese come principale obiettivo della Conferenza Nazionale per ilPaesaggio, la prima dopo sessant’anni dalla precedente svoltasi a Capri alle soglie della presentazionedella legge Bottai del 1939(la legge n.1497 sulla protezione delle bellezze naturali).Nei mesi di preparazione della Conferenza Nazionale sul Paesaggio abbiamo raccolto le voci che da più par-ti chiedevano questo momento fondamentale di riflessione e confronto.

11

Gli obiettivi della Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio

di Luca OdevaineCoordinatore scientifico

Consulente per le Politiche Ambientali, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Page 12: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Dalla Conferenza parte ora un processo politico che muterà profondamente, noi ci auguriamo in positi-vo, le politiche di tutela del paesaggio grazie all’apporto e alla collaborazione di tutti i soggetti coinvoltie interessati alla tutela, gestione e valorizzazione dei paesaggi italiani, in primo luogo le Regioni e gli En-ti locali, ma anche il mondo accademico e la società civile, i rappresentanti della tutela e del settore im-prenditoriale.Gli obiettivi quindi della I° Conferenza Nazionale per il Paesaggio scaturiscono dall’analisi dello scenario at-tuale e possono essere così riassunti: delineare gli elementi utili ad un aggiornamento del concetto di paesaggioe di vincolo paesaggistico che possa confrontarsi con le proposizioni della Convenzione Europea sul Paesag-gio; definire le linee degli indirizzi programmatici sulla tutela integrata e sul paesaggio in relazione alle politi-che di settore; affrontare il tema del paesaggio delle infrastrutture sulla base di proposte orientate ad un mag-gior coordinamento e ad una migliore qualità progettuale dei grandi interventi su scala nazionale; definire pro-poste sul tema del paesaggio urbanizzato e sul paesaggio agricolo; affrontare le problematiche specifiche le-gate al paesaggio archeologico; proporre la creazione di procedure di accesso a risorse finanziarie per rea-lizzare i piani di riqualificazione ambientale e paesaggistica. Lo sviluppo sostenibile non può trovare una reale realizzazione se si dimentica che ambiente non è perl’uomo solo natura, ma quell’insieme inscindibile di natura e cultura insito nel paesaggio che ci circonda.

* * *

12

Page 13: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Negli ultimi anni da più parti è stata sollevata l’esigenza di una riflessione organica sullo stato del pae-saggio italiano che coinvolgesse tutti i diversi interlocutori competenti, istituzionali e non, per avviare una nuo-va fase di attenzione e valorizzazione delle immense risorse culturali e paesaggistiche del nostro Paese.

Il confronto si era sempre però arenato nella contrapposizione frontale tra ragioni della tutela e ragio-ni dello sviluppo o nel vicolo cieco dei conflitti di competenze tra amministrazione dello Stato, Regioni ed En-ti locali, senza riuscire a raccogliere il senso di una visione d’insieme, che ricomponendo i legittimi interessiin campo, spostasse i termini del conflitto verso la realizzazione di azioni comuni, a sostegno dei valori cul-turali e paesaggistici del nostro territorio e del suo sviluppo sostenibile.

L’idea di organizzare su questi temi una Conferenza a livello nazionale, avanzata durante il precedentegoverno dal Sottosegretario Bordon e dal Ministro Veltroni, è stata lanciata con forza dal Ministro on. Giovan-na Melandri che ha condotto la realizzazione della Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio, svoltasi aRoma il 14, 15 e 16 ottobre del 1999 nel Complesso monumentale di S. Michele a Ripa Grande.

I lavori preparatori, che hanno preceduto la Conferenza, sono stati inaugurati dal Ministro Melandri il 24marzo 1999 con il discorso di apertura al Comitato scientifico, nel quale il Ministro ha individuato i principaliproblemi aperti indicando il senso e la direzione del comune lavoro da compiere.

Fin dalla fase preparatoria della Conferenza è stata tenuta presente la necessità di condurre un dibattito aper-to e multidisciplinare che ricollegasse la tutela del paesaggio alle più ampie tematiche dello sviluppo sostenibi-le, in relazione alla pianificazione urbanistica e territoriale, agli ecosistemi naturali e ambientali, alla progettazionearchitettonica, alla storia e alla cultura locale.

Molte sono state quindi le professionalità e le competenze coinvolte che hanno contribuito con il loro ba-gaglio di esperienza e disciplina ad indicare nuovi percorsi d’intervento, ad individuare soluzioni possibili af-fermando il senso di una recuperata attenzione verso la salvaguardia del paesaggio storico-culturale del no-stro paese.

Il dibattito precongressuale, durato circa otto mesi e coordinato dal Sottosegretario on. Giampaolo d’An-drea, ha coinvolto il Comitato scientifico, composto da 74 esperti tra avvocati e consiglieri dello Stato, giuristi,soprintendenti, urbanisti, architetti, archeologi, paesaggisti, storici dell’arte, storici, economisti, geografi, agro-nomi, biologi, sociologi. Al Comitato si è affiancata la Consulta per il paesaggio, una commissione allargatacomposta da 40 rappresentanti di istituzioni e associazioni, che ha visto la presenza dei Ministeri con com-petenze concorrenti, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, delle associazioni ambientaliste, degli ordiniprofessionali, delle associazioni imprenditoriali e di categoria.

Le complesse tematiche emerse fin dalle prime riunioni sono state affrontate nei sei gruppi di studio delComitato scientifico: la legislazione di tutela del paesaggio in rapporto alle altre normative per il territorio, il no-do del rapporto tra urbanistica e tutela del paesaggio, la pianificazione paesistica e le competenze diffuse sulterritorio, la frammentarietà dei poteri di autorizzazione e controllo, l’abusivismo edilizio, la tutela dei paesaggiarcheologici e dei paesaggi agrari, i paesaggi contemporanei e la nuova progettualità, ma anche il quadro

13

Verso la Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio

di Donatella CavezzaliCoordinatore tecnico-organizzativo

Consulente per l’Architettura e il Paesaggio, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Page 14: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

internazionale e gli accordi in corso di definizione in ambito europeo, così come gli aspetti legati all’educazione,alla formazione e alla comunicazione.

Dall’insieme del dibattito preparatorio e dei contributi del Comitato scientifico e della Consulta sono na-te le indicazioni di metodo e di contenuto che si sono tradotte nei documenti preparatori presentati dai coor-dinatori dei gruppi di studio come base della riflessione e del confronto nelle sei sessioni tematiche in cui si èarticolata la Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio, testi riportati integralmente nel volume relativo agliatti della Conferenza.

La dialettica instaurata nel corso dei lavori preparatori tra i diversi soggetti responsabili delle scelte di tu-tela, di pianificazione e gestione del territorio, del mondo della cultura e della società civile ha portato ad in-dividuare la necessità di un profondo aggiornamento innanzitutto culturale nei confronti del paesaggio.

Nuovi spazi di raccordo tra politiche per il paesaggio e politiche di settore che consentano di avviare pro-cedure di tutela più efficaci, l’individuazione di spazi e ambiti di concertazione tra soggetti con poteri concor-renti alla tutela, la valorizzazione del paesaggio in rapporto allo sviluppo, una rinnovata attenzione alle com-ponenti progettuali e paesaggistiche dell’architettura, la creazione di linee di indirizzo che definiscano i prin-cipi, le misure d’intervento e le indicazioni metodologiche per chi opera sul territorio: questi i nodi fondamen-tali che sono stati evidenziati e portati al confronto della Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio.

* * *

14

Page 15: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

La partecipazione dell’Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici e delle Soprintendenze alle fa-si preparatorie e ai lavori finali della Prima Conferenza Nazionale sul Paesaggio è stata estremamente signi-ficativa soprattutto per la complessità dei contenuti presenti nell’insieme dei contributi apportati al dibattito.

Occorre considerare il notevole valore aggiunto insito nella possibilità di operare un confronto immedia-to e fecondo tra le problematiche presenti, le proposte emerse e l’esperienza diretta di governo della tutelapaesaggistica. La possibilità, colta in più di una sessione tematica, di “tarare” le componenti del dibattito sul-la scorta di punti di vista più legati all’operatività, all’amministrazione della tutela, ha favorito il raggiungimento,nel corso dei lavori finali, di risultati fortemente orientati alla propositività, avendo più facilmente superato il ri-schio dell’approccio dichiarativo o addirittura tassonomico.

Occorre poi sottolineare, al di là del valore intrinseco dei contributi individuali offerti nelle diverse sessio-ni tematiche, la diffusa consapevolezza da parte della struttura ministeriale coinvolta di quali fossero le pro-blematiche da affrontare in via prioritaria, quali fossero i principali nodi, culturali, istituzionali, organizzativi lacui risoluzione soltanto può generare quella inversione di tendenza indispensabile per uscire dalla passatae attuale inadeguatezza della tutela.

Si è trattato di chiarire anzitutto il rapporto con gli altri soggetti istituzionali: dibattere sul ruolo della tute-la nel contesto della pianificazione paesistica, di quella pianificazione territoriale e settoriale; rivedere tutti glistrumenti conoscitivi finora utilizzati come supporto decisionale in base alle più moderne tecnologie; garanti-re la necessità di un maggiore controllo dell’abusivismo, e l’opportunità di trovare spazi e percorrere stradenuove per una tutela non più limitata agli aspetti rigidamente vincolistici e autorizzatori ma ampliata alla ri-qualificazione e valorizzazione del patrimonio paesaggistico.

Il coinvolgimento della struttura ministeriale in un processo di approfondimento e maturazione culturalesu una tematica tanto scottante, soprattutto nell’attuale fase di ridefinizione di ruoli e responsabilità tra i diver-si livelli istituzionali, ha stimolato infatti una riflessione sulle criticità insite nel sistema della tutela, che il model-lo organizzativo vigente ha notevolmente accentuato.

La imperfetta legittimazione delle competenze statali, la frequente mancanza di condivisione con gli en-ti e le comunità locali dei valori da proteggere, determinano la difficoltà, spesso impossibilità, di raccogliere ilconsenso sulle scelte più restrittive di salvaguardia. La posizione di “ultima spiaggia” della tutela che il Mini-stero ha svolto a partire dalla legge Galasso non soltanto è stata difficilmente gestibile per carenze organiz-zative e inadeguatezza di strumenti e mezzi ma non è riuscita ad impedire danni rilevanti al patrimonio pae-saggistico, per il sostanziale fallimento della stessa politica di pianificazione paesistica realizzata, largamen-te insufficiente e in ritardo rispetto alle cadenze prefissate, che sola avrebbe potuto e dovuto garantire il fun-zionamento fisiologico e non patologico, come invece è avvenuto, del procedimento di tutela.

Se guardiamo all’attività svolta nel passato dalle Soprintendenze non si può negare che una certa fru-strazione derivante dall’impossibilità di entrare al momento giusto nei processi decisionali riguardanti il pae-saggio si è fatalmente trasformata nella sottovalutazione della rilevanza sociale e culturale della tutela pae-saggistica, in una sorta di declassamento nei confronti delle ben più gratificanti attività di tutela monumen-tale e di restauro.

L’attività svolta è stata invece caratterizzata sempre più dalla componente amministrativa, a svantaggio

15

Le strutture centrali e periferiche del Ministero nel confronto della Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio

di Antonia Pasqua RecchiaComitato organizzatore

Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesagistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Page 16: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

degli approfondimenti tecnico-culturali che invece avrebbero dovuto prevalere e che, se coordinati in oppor-tune direttive di livello generale, avrebbero minimizzato il rischio di cadere nella arbitrarietà delle valutazioni,aspetto particolarmente negativo che invece ha spesso caratterizzato l’attività statale in materia.

La “cultura del paesaggio” come sistema complesso è stata a lungo sottostimata, con la conseguente af-fermazione del principio riduttivo di una valutazione di compatibilità strettamente confinata all’ambito visivo-percettivo delle componenti del paesaggio, anzi, ancor più limitatamente, ai famosi “coni visuali”.

Il progressivo recupero di credibilità degli ultimi anni passa attraverso adeguamenti organizzativi, che in-sieme all’istituzione dell’Ufficio Centrale per i Beni e Ambientali e Paesaggistici vedono una forte delocalizza-zione dei procedimenti valutativi, a tutto vantaggio dell’efficienza e dell’efficacia, nel rispetto dei tempi e di unamaggiore trasparenza.

Il dibattito della fase preparatoria e i risultati finali della Conferenza stessa costituiscono invece per tutti isoggetti impegnati nella pratica della tutela, in particolar modo per le strutture del Ministero, l’occasione perabbandonare la riduttiva impostazione estetico-formale dell’azione di tutela, fondata su giudizi di valore cheprivilegiano l’emergenza, la “singolarità”, la “bellezza”.

Quello che ci si aspetta è invece un approccio più scientifico e strutturale, definito da precisi atti che con-feriranno valore normativo alle conclusioni della Conferenza stessa, coerenti con la Convenzione Europea delpaesaggio.

L’obiettivo di trasporre nelle scelte di trasformazione quella cultura del paesaggio così come è maturatain questi anni passa inoltre attraverso l’individuazione e l’esplicitazione di elementi propositivi ai fini della pro-gettazione, che vadano ad arricchire ed integrare il quadro delle prescrizioni e dei dinieghi.

E’ certo che le strutture statali, che hanno partecipato così attivamente ai lavori della Conferenza, sono pron-te e disponibili a assumere gli impegni che il futuro disegno organizzativo del Ministero stabilirà, in un conte-sto di chiara legittimazione dell’attività di tutela per la salvaguardia e la valorizzazione di quei valori che la col-lettività nel suo insieme, e non solo quella locale, ha individuato nei paesaggi italiani.

* * *

16

Page 17: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

17

1a Conferenza Nazionale per il Paesaggio

L a v o r i p r e p a r a t o r i

Page 18: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

18

Page 19: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Nell’aprire i lavori del Comitato Scientifico vorrei in-nanzitutto ringraziare tutti i presenti per aver accolto l’in-vito a far parte degli esperti chiamati ad affiancare il Mi-nistero per i Beni e le Attività Culturali nella realizzazio-ne della Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggionella quale è mia intenzione portare in discussione iproblemi aperti nel campo della tutela del Paesaggio nelnostro paese, e cercare di delineare, con il vostro con-tributo, le linee di possibile positiva soluzione.

Al tempo stesso è mia intenzione portare in questa riu-nione un messaggio di speranza in un cambiamento ditendenza da parte delle istituzioni italiane nei confronti delpaesaggio perché credo che sia arrivato il momento, e nonsi tratta di una banale manifestazione di ottimismo comeconfermano le esperienze in corso in alcuni Comuni italia-ni, in cui possiamo alzare il livello della sfida, in cui possia-mo forse portare a soluzione alcuni nodi storici della situa-zione italiana a partire da una nuova consapevolezza dellepolitiche per il territorio nel loro insieme, con un rilancio de-gli interventi di qualità in campo architettonico e urbanisti-co, con un nuovo rapporto tra tutela dei beni culturali e nuo-va progettualità contemporanea che tenda a realizzare unamigliore qualità globale dei paesaggi italiani.

Credo quindi che sia oggi più che mai necessario edopportuno avviare insieme una riflessione complessivasulle tante tematiche legate al paesaggio, in una Confe-renza il cui obiettivo politico centrale sarà quello di affer-mare che la qualità dei paesaggi rappresenta la base perlo sviluppo sostenibile della società italiana e che occorre,pertanto, individuare quali strumenti, culturali e legislati-vi, servono per far sì che il paesaggio diventi una delle com-ponenti irrinunciabili delle strategie di gestione del territorioda parte delle autorità locali, regionali e nazionali.

Stato delle iniziative in corso

Nel corso del 1998 sono state varate delle riforme che,per il nostro settore, affidano al Ministero per i Beni e le At-

tività Culturali alcune nuove direttrici d’intervento secondole quali all’obiettivo generale di promozione e tutela dei be-ni e delle attività culturali in tutte le loro manifestazioni, siè aggiunta la promozione della cultura urbanistica e archi-tettonica, inclusa l’ideazione e la progettazione nei settoridell’architettura contemporanea, innovativi settori di com-petenza che con il regolamento di attuazione e di riorga-nizzazione del Ministero troveranno la creazione di nuoveapposite strutture, che potranno realizzare supporti effica-ci alle tante iniziative da intraprendere.

A questo fronte di attività, che attua il rinnova-mento delle strutture, si deve unire il rinnovamento del-la normativa sostanziale, da attuarsi attraverso il com-pletamento di iniziative già in corso e la presentazionedi nuovi provvedimenti.

Un primo passaggio di fondamentale importanza èstato la presentazione del Testo Unico delle norme inmateria di beni culturali e ambientali, testo che riordinala normativa di tutela con particolare riferimento alla L.1089/39 e al settore dei beni paesistici, e quindi alle L.1497/39 e L. 431/85.

Le altre tappe fondamentali di questo programmadi rinnovamento è costituito dalla nuova proposta diLegge per l’architettura che sarà presentata entro ilprossimo aprile, ed in materia di tutela del paesaggio,la realizzazione della Prima Conferenza Nazionale per ilPaesaggio come luogo in cui discutere e presentare inuovi indirizzi culturali di una possibile proposta di ag-giornamento legislativo.

Da quanto detto si può rilevare quanto il camminodi rinnovamento che aspetta tutti noi sia enorme e al-trettanto grande l’impegno.

Il Paesaggio

Per quanto riguarda il settore della tutela del paesag-gio la mancata attuazione del cardine stesso della legge Ga-lasso, la previsione dell’obbligo di fare entro un anno i Pia-

19

Discorso di apertura dei lavori del Comitato ScientificoRoma, 24 marzo 1999

di Giovanna MelandriMinistro per i Beni e le Attività Culturali

Page 20: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

ni Territoriali Paesistici, ha significato vanificare i risultati del-la legge quasi del tutto. In mancanza di uno strumento dipianificazione del territorio, che regolasse gli interventi disviluppo dal punto di vista degli aspetti paesaggistici, la nor-mativa regionale si è occupata soprattutto degli aspettiurbanistici della programmazione sul territorio.

Le Soprintendenze, e con esse negli ultimi quattroanni l’Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesag-gistici, hanno continuato dal canto loro a tutelare singolee delimitate porzioni di territorio attraverso lo strumen-to del vincolo paesaggistico ex legibus 1497/39 e431/85, garantendo il controllo delle autorizzazioni re-gionali solo nelle aree sottoposte a tali vincoli.

Solo a partire dal 1995 sono state avviate le proce-dure per l’esercizio dei poteri sostitutivi previsti dalla Ga-lasso nei confronti delle regioni inadempienti che nonavessero adottato ed approvato i PTPR entro il 31-12-86.

Questo quadro normativo ha determinato, in questiquattordici anni dalla approvazione della legge Galasso,una sempre più forte dicotomia tra le leggi nazionali in ma-teria di tutela ambientale e paesaggistica, molto puntua-li e severe, e la situazione reale sul territorio a dir poco nonsoddisfacente, sempre più contraddistinta da forti conflit-ti di competenze tra Stato e Regioni, con una grandecomplessità delle procedure e dei tempi autorizzativi, com-plicati dal ricorso ai tribunali amministrativi, su un territo-rio in gran parte segnato dal fenomeno dell’abusivismoedilizio.

La separazione tra pianificazione urbanistica e ge-stione, in capo alle Regioni, e poteri di tutela e control-lo sul paesaggio, competenza del Ministero per i Beni ele Attività Culturali, ha determinato una forte contrad-dittorietà dell’azione globale sul territorio, creando undoppio canale carente di attività congiunte e preventive.

Occorre quindi avviare una riflessione generale che,senza arretrare sul piano della tutela del paesaggio, portia definire i parametri di una più moderna gestione del ter-ritorio, una normativa e delle procedure che consentanodi regolare gli interventi e le attività che sul territorio è op-portuno abbiano luogo, integrando la conservazione deivalori intrinseci del paesaggio con la sua valorizzazione.

Ciò che va favorito è l’affermazione di una visioneil più possibile integrata tra conservazione e pianifica-zione, rinnovando norme e procedure con criteri omo-genei e preventivi di valutazione.

Credo sia ormai necessario, e non più prorogabile, av-viare una riflessione istituzionale su questi temi, valutandoattentamente i risultati prodotti dall’ordinamento attuale sulpaesaggio, principale patrimonio del nostro paese che laCostituzione pone tra i valori primari da tutelare.

La Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio

Tale è lo scopo della Prima Conferenza Nazionale

sul Paesaggio, un momento di riflessione collettiva delPaese su un argomento, il paesaggio, considerato finoad oggi aspetto secondario se non residuale delle poli-tiche nazionali.

L’iniziativa tende a delineare proposte, colmareeventuali vuoti normativi e stimolare una legislazione piùorganica e coordinata, per indicare linee direttive sullagestione di una risorsa che ha forti ricadute anche eco-nomiche.

È questa una riflessione che presuppone un con-fronto aperto e un’organica collaborazione tra tutte leistituzioni, per arrivare a una revisione e aggiornamen-to culturale e legislativo della normativa che regola il set-tore, raccogliendo anche a livello nazionale le indicazioniche il Consiglio d’Europa ha avanzato con la propostadi Convenzione Europea sul Paesaggio.

È necessario quindi avviare una riflessione su que-sti temi per far sì inoltre che l’isolamento della tutela“passiva”, percepita finora come fastidio e impedi-mento, possa essere trasformato in un apporto co-struttivo e determinante, per giungere a realizzare unamigliore qualità globale dei nostri paesaggi, anche fu-turi, e quindi una migliore qualità del vivere. I tempi so-no maturi ed i temi di discussione non mancano.

Ma vorrei per ora solo porre alla vostra attenzionei nodi principali, in forma di domanda a cui mi piace-rebbe cercare di delineare con voi nel corso dei nostri la-vori, e con la Conferenza di ottobre, delle possibili ipo-tesi in risposta: − di quale aggiornamento, culturale e giuridico, del

concetto di paesaggio e di vincolo si sente oggi l’e-sigenza?

− Come è possibile realizzare una migliore integra-zione tra urbanistica e tutela del paesaggio, trapianificazione e conservazione, partendo dall’e-sperienza maturata fino ad oggi?

− Come attuare un riordino delle competenze sul ter-ritorio disseminate oggi tra varie istituzioni, consovrapposizioni nei processi di pianificazione e ge-stione del territorio. Occorre poter dare rispostaalla domanda “Chi governa il territorio, con qualistrumenti? e soprattutto con quali risultati? ”.

− Come riunificare la frammentarietà dei controlli chespesso non garantisce una omogeneità di indirizzia livello nazionale?

− Sul tema del paesaggio urbanizzato, che vede l’as-salto incontrollato del paesaggio costiero e delle zo-ne intermedie tra città e campagna, quali urgentiproposte possiamo delineare, in stretta collabora-zione tra le diverse istituzioni competenti?

− Cosa proporre per la tutela delle parti storiche del-le città, in sintonia con la promozione di una mag-giore qualità degli interventi nella città moderna, al-la luce delle proposte avanzate dalle Associazionidei Comuni e delle Provincie e da vasti settori del-

20

Page 21: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

21

la cultura urbanistica alla proposta giacente in par-lamento?

E vorrei porre ancora due i temi: − il paesaggio agrario e l’architettura rurale legata a

determinate colture e produzioni di prodotti eno-gastronomici locali, come gli alpeggi, la cui prote-zione e tutela non può essere congelata come se sitrattasse di un monumento ma va legata all’affer-mazione di una vita economica e sociale compati-bile;

− l’abusivismo edilizio, piaga nazionale ancora nondebellata neanche nelle zone “tutelate” con laL.1089/39, fenomeno che inquina pesantementeintere parti del territorio nazionale non solo perl’aspetto di devastazione e saccheggio del territo-rio, ma anche per i forti interessi della criminalità or-ganizzata in questa attività, su cui occorre con co-raggio fare il punto dei pochi successi e del gene-rale fallimento, rivedendo l’approccio globale alproblema. Il Disegno di legge proposto con il Mi-nistro dei Lavori Pubblici spero che possa renderepiù snelle ed efficaci le procedure per le demolizionidegli edifici abusivi. Il testo prevede una semplifi-cazione delle procedure per giungere alla deliberadi abbattimento, poteri sostitutivi dei Ministeri com-petenti qualora le autorità locali non ottemperinoalle disposizioni di legge, strumenti finanziari a sup-porto delle Amministrazioni locali per riqualificarele aree dopo le demolizioni, misure atte a risolverei problemi sociali e di ordine pubblico che spessoimpediscono l’esecuzione delle demolizioni.La domanda da porre è se i danni al paesaggio in-

ferti dall’abusivismo siano davvero irreparabili o se nonsi potrebbe pensare a grandi piani di recupero paesag-gistico- ambientale, riaprendo da un lato il capitolo del-l’architettura del paesaggio, e direi dell’architettura“tout court” e offrendo dall’altro una grande occasio-ne di occupazione sostenibile.

L’azione a tutela del paesaggio deve, infatti, indi-rizzarsi con lo stesso impegno nei confronti del pae-saggio e dell’ambiente costruito. Si intende con ciò ri-badire l’urgente necessità di riqualificare l’urbanistica el’architettura contemporanea, per non mettere più arischio i tratti fondamentali del territorio/museo italiano,

caratterizzato da migliaia di nuclei storici in un tessutopaesaggistico mirabilmente antropizzato. Ovviamentenon si vuole con questo allentare il rigore della tutela.Si vuole, al contrario, incentivare una convivenza più ar-moniosa tra l’antico da difendere e i nuovi insediamen-ti in termini di infrastrutture, impianti e residenze, chedovranno essere comunque edificati nei prossimi anni.

La Conferenza dovrebbe quindi cercare di fornireuno stato quaestionis sul paesaggio e a partire da que-sto definire le linee di una nuova proposta di legge sul-la tutela integrata e sul paesaggio, che si integri con unapolitica urbanistica colta, che sappia guardare ai vinco-li esistenti, derivanti dalla 1497, dalla 431 e dalla 1089,evitando la sovrapposizione di interventi e la duplica-zione di istruttorie, rivendicando la qualità globale delterritorio, abbandonando gli interventi a macchia di leo-pardo per sposare una visione d’insieme.

Nel periodo che ci separa dalla Conferenza Nazio-nale, occorre avviare quindi un lavoro di raffronto e diverifica tra le leggi esistenti, i disegni di legge fermi inParlamento, legge quadro sull’urbanistica e legge sullecittà storiche, e le nuove proposte di legge, sull’archi-tettura e sull’abusivismo edilizio, al fine di proporre l’a-dozione di una normativa coerente che possa confron-tarsi anche con le elaborazioni della Convenzione Eu-ropea sul Paesaggio.

L’ipotesi da verificare è quella di trasformare l’at-tuale sistema della tutela paesaggistica in modo taleche, senza depotenziare le garanzie in vigore, sianocoinvolte le Regioni e gli Enti locali per arrivare a unapianificazione preventiva che limiti gli interventi di con-trollo a monte, quando l’iter delle autorizzazioni e del-le aspettative è già ampiamente delineato, avviandoverso forme di copianificazione anche del paesaggiodiffuso, attraverso strumenti di carattere preliminareed orientativo, capaci di definire gli strumenti di piani-ficazione, i piani di previsione e gestione delle trasfor-mazioni.

In quest’ottica vorrei inoltre avviare, con il vostrocontributo, le modalità di un monitoraggio costante, adisposizione del Governo e delle Regioni, per proporrela creazione di procedure di accesso a risorse finanzia-rie per realizzare Piani di riqualificazione ambientale epaesaggistica.

Page 22: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

22

Page 23: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Premessa

Il paesaggio, inteso come insieme di elementi na-turali interrelati alle componenti storiche dovute allapresenza dell’uomo sul territorio, rappresenta in Ita-lia parte fondamentale della nostra identità culturalee ne costituisce, comprendendo i monumenti e lecittà storiche, l’immagine caratterizzante, una dellemaggiori ricchezze del paese, attrattiva per il turismonazionale e internazionale, prezioso ed immenso pa-trimonio, che la Costituzione pone tra i valori prima-ri da tutelare.

L’organizzazione della Prima Conferenza Nazio-nale sul Paesaggio nasce come riflessione collettiva delpaese su un argomento, il paesaggio, considerato fi-no ad oggi aspetto secondario se non residuale dellepolitiche nazionali.

I temi di discussione non mancano.Le finalità di migliore integrazione tra urbanisti-

ca e tutela del paesaggio, perseguite attraverso la de-lega della materia paesaggistica alle Regioni dispostadal DPR 616/77, non sono state raggiunte, per cui,ferme restando le competenze delle amministrazionilocali e regionali, si rende necessaria una fase di rac-cordo che permetta di programmare e pianificare del-le trasformazioni territoriali compatibili con i diversiaspetti del paesaggio, già in sede di formazione deglistrumenti urbanistici e non solo mediante controlli aposteriori.

Le competenze disseminate tra varie istituzioni,con sovrapposizioni nei processi di pianificazione e ge-stione del territorio. Occorre poter dare risposta alladomanda “Chi governa il territorio, con quali stru-menti? e soprattutto con quali risultati? ”.

La frammentarietà dei controlli che non garanti-sce una omogeneità di indirizzi a livello nazionale, eche ancora oggi considera il territorio solo sotto l’a-spetto urbanistico o naturalistico, secondo logichesettoriali che spesso ignorano l’integrazione con levalenze culturali.

Il paesaggio urbanizzato il cui sviluppo è oggitroppo spesso determinato da valutazioni quantitati-ve, senza alcun controllo di tipo culturale e di qualità,con l’assalto incontrollato del paesaggio costiero edelle zone intermedie tra città e campagna.

I paesaggi archeologici, le aree di interesse nazio-nale e i parchi regionali, le zone con potenzialità ar-cheologica ancora oggi carenti di una normativa omo-genea che regoli le procedure di conoscenza, perime-trazione, valorizzazione e gestione, in rapporto agli stru-menti urbanistici e paesaggistici ai vari livelli territoriali.

Il paesaggio agrario, l’architettura rurale legata adeterminate colture e produzioni di prodotti enoga-stronomici locali, la cui protezione e tutela non può es-sere congelata come se si trattasse di un monumen-to ma va legata all’affermazione di una vita economicae sociale compatibile.

La cartellonistica, la pubblicità stradale e l’anten-nistica urbana ed extraurbana, attività oggi prive dinorme omogenee ed indirizzi unitari che ne regolinol’impianto in rapporto alle valenze non solo ecologiche,ma anche paesaggistiche del territorio.

L’isolamento della tutela “passiva” percepita co-me fastidio e impedimento, e l’atteggiamento di pu-ra conservazione del paesaggio perseguito spesso conesiti poco soddisfacenti dal Ministero, deve esseretrasformato in un apporto costruttivo e determinan-te per giungere a realizzare una migliore qualità glo-bale dei nostri paesaggi, anche futuri, e quindi una mi-gliore qualità del vivere.

Un aggiornamento pertanto filosofico e cultura-le, ed a seguire anche legislativo e procedurale, delconcetto stesso di “paesaggio” e di “tutela” che de-ve quindi essa stessa essere compatibile con l’affer-mazione di una vita economica e sociale, con l’iden-tità specifica di quel patrimonio, inteso come concet-to che si evolve, con valori che cambiano nella co-scienza collettiva, e che possono essere adottati ogniqualvolta vi sia l’esigenza di seguire con “attenzione”le trasformazioni di un luogo.

23

Documento preparatorio ai lavori del Comitato Scientificoconsegnato alla riunione del 24 marzo 1999

a cura di Donatella Cavezzali e Luca Odevaine

Page 24: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Aspetti legislativi

Com’è noto le valenze culturali del paesaggioitaliano sono oggi tutelate attraverso le leggi n.1497del 1939 (sulla Protezione delle bellezze naturali) en.431 del 1985, la cosiddetta legge Galasso (Disposi-zioni urgenti per la tutela delle zone di particolare in-teresse ambientale). Nella legge del ’39 il concetto dipaesaggio sembrava limitarsi alla considerazione diquei segni e di quegli insiemi, per lo più naturali, le cuirelazioni, all’interno di una precisa porzione di terri-torio, venivano reputati significativi dal punto di vistaestetico. Conseguentemente la tutela paesaggisticaveniva riconosciuta a porzioni eccellenti del territorionelle quali esercitare un controllo speciale delle tra-sformazioni antropiche, con l’apposizione del vinco-lo ex lege 1497/39.

Successivamente il concetto di paesaggio è an-dato evolvendosi estendendosi alla tutela di interi am-biti ambientali e del territorio storico per il quale si erapalesemente dimostrata limitata la tutela per puntiemergenti e non sistemica. Questo è avvenuto in con-comitanza e in contrapposizione ai violenti fenomenidi trasformazione del territorio degli ultimi decenni, acui si deve la formazione di paesaggi sgradevoli, chealtro non sono che l’espressione del degrado e delladequalificazione insediativa. La legge 431/85 ha rap-presentato pertanto una prima presa d’atto di questarealtà ed ha significativamente aperto la strada allaevoluzione del concetto di paesaggio ed alla relativatutela.

In primo luogo infatti, com’è noto, la legge Ga-lasso del 1985 considera “paesaggio “ l’insieme deisegni della natura, e l’insieme dei segni della sedi-mentazione dei processi storico insediativi ed econo-mico-culturali, cioè paesaggio come dimensione visi-bile dell’ambiente antropizzato, secondo una logica si-stemica. Tutelare il paesaggio vuol dire allora tutela-re non tanto il “bel paesaggio” ma un determinatopaesaggio con le sue specificità, con l’insieme di se-gni, naturali ed antropici, e con le relazioni che locompongono.

In secondo luogo a partire dalla legge Galasso siè aperta una stagione di pianificazione paesistica cheha assunto una valenza di crescita collettiva di cono-scenza, di pratica professionale, interdisciplinare, di ri-lancio della cultura del piano, in particolare d’areavasta.

Per le Regioni che l’hanno praticata, si è tratta-to di un’occasione fondamentale per procedere allavalutazione della rilevanza dei diversi segni e dunquealla loro attitudine ad essere conservati o trasfor-mati.

Laddove invece è mancato uno strumento di pia-nificazione paesaggistica che coordinasse lo sviluppo

socio-economico del territorio con le esigenze di tu-tela del paesaggio, le regioni hanno affrontato so-prattutto gli aspetti urbanistici, funzionali e produtti-vi della programmazione sul territorio, in assenza dinorme che ne regolassero la compatibilità paesisticasovraordinata.

Solo a partire dal 1995 sono state avviate le pro-cedure per l’esercizio dei poteri sostitutivi previsti dal-la Galasso nei confronti delle regioni inadempientiche non avessero adottato ed approvato i PTPR entroil 31-12-86.

Il Ministero per i beni culturali e ambientali hacontinuato peraltro in questi anni a tutelare le por-zioni di territorio sottoposte al vincolo paesaggisti-co ex L. 1497/39 e L. 431/85, circa il 48% dell’inte-ro territorio nazionale, garantendo il controllo sulleautorizzazioni regionali rilasciate in base all’art. 7dalle Regioni, a cui la tutela del paesaggio è stata de-legata dallo Stato a partire dal D.P.R. n.616/77, o daicomuni nelle regioni che hanno subdelegato talemateria.

Lo Stato, cioè oggi il Ministero per i beni e le at-tività culturali, ha quindi riacquistato a partire dall’85con la legge Galasso il potere di intervenire con unostrumento di controllo sull’autorizzazione regionale,o comunale, qualora ne valuti l’incompatibilità coni vincoli paesaggistici esistenti ma solo al terminedell’iter di autorizzazione, talvolta con un diniego,vale a dire un “annullamento” dell’autorizzazione re-gionale che difficilmente riesce accettabile interve-nendo in una fase così avanzata del processo eco-nomico.

Sempre agli organi regionali spetta, in attuazio-ne dell’art. 117 della Costituzione, la competenza ur-banistica, e l’obbligo, previsto dalla legge 431/85, diredigere i Piani Territoriali Paesaggistici entro un annodalla data di entrata in vigore della legge stessa, valea dire entro il 31 dicembre 1986. I P.T.P. avrebbero do-vuto essere il nuovo strumento vincolistico, dettare lenorme generali della pianificazione degli interventisul territorio in concomitanza con l’individuazione deicriteri e dei parametri di tutela dei valori paesaggisti-ci, graduandone lo sviluppo, facendo scattare le nor-me di salvaguardia.

Occorre quindi sottolineare come il controlloreintrodotto dalla legge Galasso sulle autorizzazioniregionali, o comunali, consentendo solo la possibilitàdi annullare a posteriori le autorizzazioni rilasciate,non ha favorito una concertazione e una proget-tualità preventivamente concordata tra i diversi or-gani competenti, ed inoltre la stessa legge Galasso,pur introducendo l’obbligo per le regioni di dotarsidi P.T.P. e prevedendo il potere sostitutivo dello Sta-to, non ha previsto alcuna verifica qualitativa deglistrumenti adottati o approvati né la creazione di in-

24

Page 25: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

dirizzi e criteri unitari per la redazione dei piani stes-si, non prevedendo un ruolo del Ministero a regime,cioè quando il piano paesistico sia approvato ed invigore.

Questo quadro normativo ha determinato, inquesti quattordici anni dalla Galasso, una sempre piùforte dicotomia tra le leggi nazionali in materia di tu-tela ambientale e paesaggistica, molto puntuali e cul-turalmente avanzate, e la situazione reale sul territo-rio, poco soddisfacente, sempre più contraddistinta daforti conflitti di competenze tra Stato e Regioni, conuna grande complessità delle procedure e dei tempiautorizzativi, complicati dal ricorso ai tribunali ammi-nistrativi, su un territorio in gran parte segnato dal fe-nomeno dell’abusivismo edilizio.

La separazione tra pianificazione urbanistica egestione, in capo alle Regioni e agli enti locali, pote-ri di tutela, competenza sia delle regioni in base al DPR616/77 che del Ministero per i Beni e le Attività Cul-turali, e controllo sul paesaggio, in capo all’ammini-strazione statale, ha determinato una forte contrad-dittorietà dell’azione globale sul territorio creando undoppio canale carente di attività congiunte e preven-tive.

Rimane inoltre irrisolto il problema della diffe-renza dei contenuti, dell’efficacia e del coordinamen-to tra le diverse figure pianificatorie, Piano Territoria-le Paesistico Regionale, Piano Urbanistico Territoriale,Piano Urbanistico Territoriale con valenza paesistica,Piano Territoriale Provinciale di Coordinamento, at-tualmente competenza delle regioni e degli enti locali,e tra questi e gli strumenti di pianificazione in capo al-le amministrazioni centrali dello Stato, i Piani di Baci-no (L. 183/89 “Norme per il riassetto organizzativo efunzionale della difesa del suolo”, modificata dallalegge n. 253/90), i Piani delle Aree Naturali Protette (L.394/90 “Legge quadro sulle aree naturali protette”) ele procedure di V.I.A. (L.349/86 “Istituzione del Mini-stero dell’Ambiente e norme in materia di danno am-bientale”), nonché i vincoli monumentali (L.1089/39“Tutela delle cose di interesse artistico e storico”), i vin-coli paesaggistici e il controllo paesistico (L.1497/39“Protezione delle bellezze naturali” e L.431/85 “Di-sposizioni urgenti per la tutela delle zone di partico-lare interesse ambientale”).

A fronte di un generale obiettivo di tutela e va-lorizzazione, generalmente condiviso, l’attuale com-plessità, la poca chiarezza e la scarsa incisività dell’a-zione di governo sul territorio, richiede un approfon-dimento delle dimensioni operative dei principi di sus-sidiarietà e di cooperazione interistituzionale, ma an-che delle innovazioni sul versante degli atti ammini-strativi e delle figure di piano più adatte ad assicura-re la qualità delle dinamiche di sviluppo dei territori edelle città.

Riflessioni generali

Fermo restando le attuali norme in materia di ur-banistica e tutela del paesaggio, occorre avviare una ri-flessione generale che porti a definire i parametri di unapiù moderna gestione del territorio, una normativa edelle procedure che consentano di regolare gli interventie le attività che sul territorio è opportuno abbiano luo-go, integrando la conservazione dei valori intrinseci delpaesaggio con la sua valorizzazione. Un cambiamentoradicale dei criteri di pianificazione del territorio signi-fica abbandonare la rigidità di un’ottica strettamentevincolistica o puramente urbanistica, per passare a unavisione il più possibile integrata tra conservazione epianificazione, rinnovando norme e procedure con cri-teri omogenei e preventivi di valutazione, con una so-stanziale unitarietà e omogeneità di indirizzo che superiil ruolo solo vincolistico avuto finora dal Ministero peri Beni e le Attività Culturali, avviando dei piani organi-ci al di là dell’intervento repressivo.

La riflessione va inoltre avviata a partire dalla si-tuazione reale di un paese nel quale il paesaggio è sta-to in gran parte distrutto, non solo dall’abusivismoedilizio ma anche a causa di grandi interventi pubbli-ci sbagliati.

Occorre ancora affrontare il nodo dei paesaggi ar-cheologici, la tutela del patrimonio archeologico som-merso e le zone con potenzialità archeologica, nodonon sciolto dalla lettera m dell’art.1 della legge Ga-lasso, dei ritrovamenti archeologici in corso d’opera,e dei parchi e delle aree archeologiche di interesse na-zionale che, al di là del vincolo monumentale della L.1089/39, sono pesantemente investite dall’abusivi-smo edilizio, come la Valle dei Templi o i Campi Fle-grei. Anche per queste aree occorre un’ottica nuova,integrata, la creazione di una sorta di “contratto” traStato, Regioni, anche a statuto speciale, e enti locali,che preveda la possibilità di rivedere unitariamentel’assetto globale delle aree.

L’abusivismo edilizio, piaga nazionale ancora nondebellata neanche nelle zone “tutelate” con la1089/39, fenomeno che inquina pesantemente inte-re parti del territorio nazionale non solo per l’aspettodi devastazione e saccheggio del territorio, ma ancheper i forti interessi della criminalità organizzata inquesta attività, su cui occorre fare il punto dei pochisuccessi e del generale fallimento, rivedendo l’ap-proccio globale al problema.

La domanda da porre è se i danni al paesaggio in-ferti dall’abusivismo siano davvero irreparabili o senon si potrebbe pensare a grandi piani di recuperopaesaggistico- ambientale, riaprendo da un lato il ca-pitolo dell’architettura del paesaggio, e dell’architet-tura “tout court” e offrendo dall’altro una grandeoccasione di occupazione sostenibile.

25

Page 26: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Altro tema cruciale resta la questione dei centristorici rispetto alla quale la proposta di legge “Normesulle città storiche”, attualmente ferma in parlamen-to, ha avuto il merito di affermare il carattere d’insie-me della città storica, tentando di superare sia il con-cetto di “centro storico” come mera zonizzazione ur-banistica sia il vincolo monumentale puntuale, pro-ponendo la strada di una collaborazione tra organipreposti alla tutela e responsabili degli aspetti urba-nistici.

Avviare questa riflessione presuppone un con-fronto aperto e un’organica collaborazione tra gli or-gani pubblici preposti alla tutela del patrimonio cul-turale, i responsabili della pianificazione urbanistica.Ma l’analisi va estesa anche all’interno delle compe-tenze statali, a tutti i Ministeri che a vario titolo sonointeressati alle scelte che coinvolgono il territorio, in-cludendo gli aspetti dell’edilizia, dell’ambiente natu-rale, dell’agricoltura e dei trasporti, in quanto la schi-zofrenia degli atteggiamenti è grave anche all’internodelle competenze statali, ed una riflessione ap-profondita sulle norme, sulle competenze e sulle pro-cedure generali è un atto dovuto e necessario.

La riflessione va anche estesa a tutti gli aspetti le-gati a una moderna tutela del paesaggio che si esten-da non solo ai “bei” paesaggi, e alle zone storica-mente o geograficamente definite, ma che coinvol-ga anche la qualità globale del paesaggio includen-done le aree urbane e extra urbane, le “periferie” econ esse quanto sul territorio si va ad aggiungere adun paesaggio predeterminato, aspetti che oggi nonsono regolati o la cui competenza è talmente suddi-visa tra vari enti da renderla nella pratica inattuabile,quale la regolamentazione della cartellonistica e del-la pubblicità stradale, o la cui emanazione oggi puòessere prevista solo dagli strumenti urbanistici co-munali, quale la regolamentazione delle antenne ra-diotelevisive nelle città e dei grandi elettrodotti nel-le campagne.

Obiettivi della Conferenza Nazionaleper il Paesaggio:

– Fornire uno status quaestionis sul paesaggio apartire dall’analisi dell’applicazione della leggeGalasso e di quella sulla “Protezione delle Bel-lezze naturali”, delineando un aggiornamento, inprimo luogo culturale, del concetto di paesaggioe di vincolo paesaggistico che possa confrontar-si con le proposizioni della Convenzione Euro-pea sul Paesaggio.

– Definire le linee di “indirizzi programmatici sullatutela integrata e sul paesaggio”, una miglioreintegrazione con la pianificazione urbanistica,

che sappia guardare ai vincoli esistenti, derivan-ti dalla L. 1497/39, dalla 431/85 e dalla 1089/39,in stretto rapporto pertanto con l’azione e lecompetenze delle Regioni, evitando la sovrap-posizione di interventi e la duplicazione di istrut-torie, rivendicando la qualità globale del territo-rio. L’ipotesi è quella di aggiornare l’attuale si-stema vincolistico affrontando la sussidiarietàstato-regioni, trasformando gli interventi a mac-chia di leopardo per sposare una visione d’insie-me in modo tale che, senza depotenziare le ga-ranzie in vigore, siano coinvolte le regioni e glienti locali per arrivare a una regolamentazioneanche del paesaggio diffuso, indirizzando versostrumenti di carattere preliminare ed orientativo,capaci di definire gli strumenti di pianificazione,i piani di previsione e gestione delle trasforma-zioni. Creare pertanto una proposta che si rac-cordi da un lato con quella elaborata per la leg-ge sull’architettura di qualità, e con la propostadi legge in corso di elaborazione sull’abusivismoedilizio.

– Affrontare il tema del paesaggio delle infra-strutture, a partire da proposte per una mag-giore qualità progettuale dei grandi interventi ascala nazionale, come base per una migliore qua-lità dei paesaggi e della vita nei territori interes-sati.

– Proporre un riordino delle competenze sul terri-torio, con particolare attenzione alla riorganiz-zazione e riqualificazione di quelle di compe-tenza statale (Piani Territoriali Paesaggistici ex L.431/85, V.I.A. ex L.349/86, Aree naturali protet-te ex L. 394/90, Piani di bacino ex L.183/89),disseminate tra varie istituzioni, con sovrapposi-zione nei processi di pianificazione e gestione delterritorio, partendo dall’analisi dei risultati del-l’attuale ordinamento, affrontando anche il temadella frammentarietà dei controlli che spessonon garantisce una omogeneità di indirizzi a li-vello nazionale.

– La definizione di proposte sul tema del paesaggiourbanizzato, che vede l’assalto incontrollato delpaesaggio costiero e delle zone intermedie tracittà e campagna, che necessita di urgenti pro-poste in stretta collaborazione tra le diverse isti-tuzioni competenti.

– Avviare proposte di aggiornamento al disegno dilegge fermo in Parlamento per la tutela delle par-ti storiche delle città, in sintonia con la promo-zione di una maggiore qualità degli interventinella città moderna, alla luce delle proposte avan-zate dalle Associazioni dei Comuni e delle Pro-vincie, da vasti settori della cultura urbanistica, edal Consiglio Nazionale per i Beni Culturali.

26

Page 27: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

27

* * *

– Porre il tema del paesaggio agrario, e dell’archi-tettura rurale legata a determinate colture e pro-duzioni di prodotti enogastronomici locali la cuiprotezione e tutela non può essere congelata co-me se si trattasse di un monumento ma va lega-ta all’affermazione di una vita economica e socialecompatibile

– Affrontare le specifiche problematiche legate alpaesaggio archeologico e alle zone con potenzia-

lità archeologica, nodo non sciolto dalla lettera mdell’art.1 della legge Galasso, con i ritrovamenti ar-cheologici in corso d’opera, i parchi e le aree ar-cheologiche di interesse nazionale che, al di là delvincolo monumentale della L. 1089/39, sono pe-santemente investite dall’abusivismo edilizio.

– Proporre la creazione di procedure di accesso a ri-sorse finanziarie per realizzare Piani di riqualifica-zione ambientale e paesaggistica.

Page 28: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

28

Page 29: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

29

1a Conferenza Nazionale per il Paesaggio

C o n t r i b u t i

Page 30: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

30

Page 31: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

31

1. L’esperienza della pianificazione territorialepaesistica in Sardegna

La “storia” della pianificazione territoriale paesistica inSardegna è stata, come in altre regioni d’Italia, particolar-mente travagliata. Di piani paesistici o piani territoriali pae-sistici, previsti come facoltativi per le aree tutelate con il vin-colo paesaggistico (art. 5 della legge 29 giugno 1939, n.1497) ne venne definitivamente approvato soltanto uno,quello del Molentargius e del Monte Urpinu1, già redattodalla locale Soprintendenza per i beni ambientali, architet-tonici, artistici e storici e successivamente revisionato da spe-cifica commissione regionale nominata in conseguenzadel trasferimento della competenza in materia di redazio-ne ed approvazione dei piani paesistici e piani territorialipaesistici dallo Stato alla Regione autonoma della Sardegnain forza dell’art. 6 del D.P.R. 22 maggio 1975, n. 4802.

Nessun esito, purtroppo, avevano avuto studi e la-vori propositivi per piani paesistici svolti da alcuni fra i piùimportanti urbanisti italiani nel corso degli anni ‘603.

L’obbligo posto in capo alle regioni “di redazione dipiani paesistici o piani urbanistico-territoriali con specifi-ca considerazione dei valori paesistici ed ambientali” concui tutelare e valorizzare il proprio territorio (in primoluogo le aree tutelate con specifico vincolo paesaggisti-co) dall’art. 1 bis della legge 8 agosto 1985, n. 431 (la c.d.legge Galasso) ha, senza alcun dubbio, “costituito in mo-ra” l’Amministrazine regionale. Dopo un primo periododurante il quale aveva addirittura negato l’applicabilità dibuona parte delle disposizioni della legge n. 431/1985(nota Pres. Giunta reg.le n. 11563 del 20 ottobre 1985),la Regione autonoma della Sardegna provvide ad indivi-duare sedici zone di varia ampiezza sottoposte al vinco-lo temporaneo di non trasformabilità ai sensi dell’art. 1 terdella legge n. 431/1985 fino all’approvazione dei previ-sti strumenti di pianificazione territoriale4.

Con la legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45viene ampliato l’ambito vincolante della pianificazioneterritoriale paesistica, giungendo a prevederla, oltre che

per le aree tutelate con vincolo paesaggistico, perlome-no per la fascia costiera dei due km. dalla battigia mari-na: con gli artt. 12 e 13 venivano, nel contempo, posti vin-coli temporanei (più volte reiterati) e graduali finalizzati al-l’approvazione definitiva dei piani territoriali paesistici5.

Dopo l’adozione da parte della giunta regionale exart. 11 della L.R. n. 45/1989 ed il prescritto periodo di pub-blicazione negli albi pretori per le “osservazioni” da par-te di chiunque vi avesse interesse, venne emanata la leg-ge regionale 7 maggio 1993, n. 23 che, principalmente,conferì all’Esecutivo regionale la competenza già del Con-siglio sull’approvazione definitiva dei piani territoriali pae-sistici ed individuò una serie di beni territoriali (in primo luo-go la fascia dei m. 300 dalla battigia marina) tutelati convincolo di integrale conservazione delle caratteristiche na-turali e, conseguentemente, inedificabili. Per dare organi-cità all’operazione pianificatoria vennero approvate, il 13maggio 1993, ulteriori disposizioni di omogeneizzazionee coordinamento dei piani territoriali paesistici mentrenella seduta del 16 giugno 1993 la Commissione consiliarecompetente in materia urbanistica espresse il proprio pa-rere ai sensi dell’art. 7 della L.R. n. 23/1993. Nelle sedutedel 3 e del 6 agosto 1993 la Giunta regionale deliberò l’ap-provazione dei quattordici piani territoriali paesistici, i qua-li vennero resi esecutivi con altrettanti decreti del Presidentedella Giunta, dal n. 266 al n. 279 del 6 agosto 1993 e suc-cessivamente pubblicati sul supplemento ordinario n. 1 alB.U.R.A.S. n. 44 del 19 novembre 19936.

2. I provvedimenti di annullamento dei pianiterritoriali paesistici

La concreta possibilità di forte “trasformabilità” senzaparticolari motivazioni di vaste aree di elevato valore am-bientale (soprattutto lungo le coste) spinse l’associazioneecologista Amici della Terra (che si avvalse dell’apporto de-gli operatori del diritto dell’associazione Gruppo d’Inter-vento Giuridico) ad impugnare tutti i decreti di esecutività

Amici della terraStefano Deliperi

Riflessioni giuridico-amministrative sui contenuti necessari di un piano paesistico*

Page 32: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

32

dei piani territoriali paesistici chiedendone l’annullamento:sette davanti al T.A.R. Sardegna, i rimanenti con ricorsostraordinario al Capo dello Stato. A conclusione del prescrittoiter procedimentale (relazioni del Ministero per i beni culturalied ambientali e delle locali Soprintendenze ai beni am-bientali ed ai beni archeologici, controdeduzioni degli As-sessorati regionali competenti in materia di beni culturali edi difesa dell’ambiente) sette decreti del Presidente della Re-pubblica, quattro adottati in data 29 luglio 1998 e tre in da-ta 20 ottobre 1998, hanno annullato altrettanti decreti diesecutività di piani territoriali paesistici su conformi pareri delConsiglio di Stato (sezione II), resi in sede consultiva rispet-tivamente nelle adunanze del 13 e del 20 maggio 19987. Ipareri del Consiglio di Stato, accogliendo pressoché in totole motivazioni addotte nei ricorsi ecologisti, hanno “demo-lito” l’operazione pianificatoria regionale. Nella prima seriedi pareri (adunanza del 13 maggio 1998) i motivi fonda-mentali di annullamento sono stati i seguenti: − la disciplina degli ambiti di trasformazione (artt. 17, 18,

22 della normativa di attuazione dei piani territorialipaesistici) prevede tipologie di interventi (opere stra-dali, aeroportuali, dighe, insediamenti industriali e tu-ristico-immobiliari, ecc.) “in antinomia giuridica con laratio di tutela del paesaggio”, mentre in alcuni casi (art.21 della normativa di attuazione) sono addiritturaprevisti illimitati “usi consentiti” (zone “2d”);

− “l’eccesso di potere ha determinato l’adozione di unatto in contrasto con la funzione primaria del pia-no territoriale paesistico”, la quale “è l’attuazionespecifica della valorizzazione ambientale a livello dipianificazione urbanistico-territoriale”, come affer-mato dalla costante giurisprudenza costituzionaleed amministrativa8: i piani territoriali paesistici del-la Sardegna hanno invece “adottato una disciplinain contrasto con la tutela del paesaggio … con-sentendo interventi di trasformazione non in lineacon la natura paesaggistica delle aree”;

− “assoluta carenza di motivazione in ordine alla clas-sificazione come trasformabili di zone oggetto di tu-tela paesaggistica, dotate di destinazione ad areaprotetta, gravate da usi civici, con presenza di vin-coli idrogeologici, archeologici e come zone umide”;

− in particolare non sono in alcun modo individuate lezone soggette ad uso civico, certamente non tra-sformabili per interventi privati, con grave violazionedi legge (L. n. 1766/1927, R.D. n. 332/1928, L.R. n.12/1994 e successive modifiche ed integrazioni);

− tantomeno sono state individuate le volumetrie massi-me ammissibili, in violazione dell’art. 23, comma 1a, nn.1 e 5, del regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357, né lequalità architettoniche dei nuovi edifici, con riguardoalla distribuzione e localizzazione del territorio.La seconda serie di pareri (adunanza del 20 mag-

gio 1998) ha motivato ampiamente, considerandolo as-sorbente rispetto agli ulteriori motivi di ricorso, il rileva-

to vizio dell’eccesso di potere con le seguenti ulteriori ar-gomentazioni: − “la giurisprudenza, costituzionale ed amministrati-

va, ha … sostanzialmente individuato nel pianopaesistico uno strumento di attuazione del vinco-lo, in quanto atto inteso a disciplinarne l’operatività… e a determinare la portata, i contenuti, i limiti egli effetti del vincolo già imposto, concretando unmomento logicamente successivo della sua rego-lazione, volto ad ulteriormente disciplinare … l’o-peratività del vincolo paesistico, che in ogni casopermane e non viene meno”, mentre i piani terri-toriali paesistici approvati dalla Regione autonomadella Sardegna, con tali previsioni, “svuotano” defacto i contenuti del vincolo paesaggistico;

− il piano urbanistico-territoriale con specifica consi-derazione dei valori paesistici ed ambientali, cioè ilpiano territoriale paesistico della Sardegna, può ri-guardare anche ambiti in precedenza non tutelaticon il vincolo paesaggistico, ma, per legge (art. 1 bisdella L. n. 431/1985), è equivalente al piano paesi-stico e deve averne analoghe valenze e prescrizioni;

− “il piano paesistico si colloca … tra vincolo paesaggi-stico-ambientale e autorizzazione, in posizione verti-calmente intermedia, obbligatoria … ma non neces-saria … contribuisce a definire il contenuto precetti-vo del vincolo e, come espressione della autoregola-mentazione preventiva e generale di alcuni elemen-ti della discrezionalità tecnica, orienta … il giudizio dicompatibilità che presiede alla autorizzazione ex art.7 legge 29 giugno 1939, n. 1497, esso non può di-sporre della coercività del vincolo, ma solo deve svi-lupparla in senso conservativo e specificarla (analo-gamente alla relazione che intercorre tra lo stru-mento urbanistico generale e quello attuativo) per ciòche attiene all’uso e alla valorizzazione del territorio”;

− “a ben vedere, appare che la preoccupazione reale siaquella di contrastare, usando in modo improprio l’oc-casione offerta dalla pianificazione paesistica, gli effettilimitativi propri del vincolo, garantendo comunquel’effettuazione di ponderosi interventi, piuttosto che,al contrario, di definire i ristretti parametri di compa-tibilità che consentano di mantenere, come risultato,inalterato il quadro complessivo dei valori paesistico-ambientali protetti. Il che è, dal punto di vista delcontenuto, l’esatto rovesciamento della funzione pro-pria del piano paesistico e realizza già, sotto questoprofilo, un evidente vizio funzionale dell’atto”.

3. I contenuti giuridici necessari di un pianoterritoriale paesistico. Proposte

La Giunta regionale, in seguito alla notifica dei prov-vedimenti di annullamento dei piani territoriali paesistici,

Page 33: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

33

ha adottato due provvedimenti cautelari ex art. 14 dellaL.R. n. 45/1989 (deliberazioni G.R. n. 50/40 del 17 no-vembre 1998 e n. 54/10 del 9 dicembre 1998) che inibi-scono, rispettivamente nelle aree rientranti nei primi quat-tro e nei successivi tre piani territoriali paesistici annulla-ti, gran parte degli interventi di modifica del territorio perun periodo di tre mesi decorrenti dalla pubblicazione sulB.U.R.A.S.9 La successiva scadenza di efficacia dei dettiprovvedimenti senza che sia intervenuto alcun atto con-creto per ovviare alla carenza precettiva la dice lunga, pur-troppo, sull’effettiva reale volontà dell’Esecutivo e del-l’Assemblea regionale di introdurre efficaci correttivi con-cernenti la disciplina di pianificazione del territorio: laproposta di legge regionale n. 497 del 9 febbraio 1999appare in proposito decisamente poco consona. Inten-derebbe, infatti, consentire ex lege una proroga per do-dici mesi dell’efficacia della normativa di attuazione deipiani territoriali paesistici annullati, permettendo, inoltre,l’approvazione dei piani urbanistici comunali in ossequioalla suddetta normativa con ovvie conseguenze in sede diricaduta “a cascata” dei pesanti vizi di legittimità riscon-trati. Sarebbe, infine, concesso un “premio volumetri-co” per insediamenti ricettivi del 5% delle volumetrie deivigenti strumenti urbanistici comunali, qualora esse sianogià esaurite. Decisamente proposte fuori da ogni indica-zione di rispetto delle chiare linee indicate dal Consigliodi Stato, sulla scorta della costante giurisprudenza costi-tuzionale ed amministrativa.

Appare, pertanto, opportuno indicare qualche con-tenuto fondamentale, sotto il profilo giuridico, per l’a-deguamento degli strumenti di pianificazione territorialepaesistica, considerando anche le proposte effettuatedalle associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppod’Intervento Giuridico in relazione all’adozione di unanormativa transitoria per consentire la materiale opera-zione di “riscrittura” dei predetti piani.

Naturalmente devono trovare posto sia in sede didisciplina di attuazione che in sede cartografica i vinco-li di conservazione integrale istituiti con legge di cui al-l’art. 10 bis della L.R. n. 45/1989 come introdotto dal-l’art. 2 della L.R. n. 23/1993 (es. vincolo di conservazioneintegrale della fascia dei metri 300 dalla battigia mari-na, ecc.), senza alcuna possibilità di deroga, neppure perinterventi pubblici (basti pensare al pesante impattoambientale che possono avere dighe, strade, aeropor-ti, ecc.) o di interesse pubblico (basti pensare agli inse-diamenti industriali o a cave e insediamenti turistico-im-mobiliari in esecuzione di programmi integrati d’area dicui alla legge regionale 26 febbraio 1996, n. 14 e suc-cessive modifiche ed integrazioni). Analogamente al-cuna possibilità di deroga deve essere consentita per tut-te le ulteriori aree indicate quali zone di conservazioneintegrale (zone “1” dei piani territoriali paesistici) o do-ve, comunque, è prevalente l’esigenza di conservazionedei caratteri morfologici, naturalistici, ambientali del

territorio (zone “2a” dei piani territoriali paesistici): sitratta, infatti, delle minime conseguenze discendentidall’art. 23, comma 1a, n. 1, del regio decreto n.1357/1940 (regolamento di attuazione della legge n.1497/1939). Analogamente deve essere previsto, per-lomeno per ogni unità paesistica, che andrebbe indivi-duata puntualmente in sede cartografica (per i Comu-ni aventi territorio meno esteso potrebbe riguardarel’intero territorio comunale: potrebbe essere recupera-to il lavoro preparatorio svolto in materia da ogni singolaequipe di professionisti originariamente incaricata per lastesura delle singole proposte di piano), la volumetriamassima ammissibile, inserendo in ogni caso specificanorma di legge per dimezzare il budget volumetrico(comprensivo degli interventi già realizzati e legittima-mente in corso di attuazione) previsto nelle zone “F” (tu-ristiche) dei vigenti strumenti urbanistici comunali. Saràcosì possibile decurtare quei più di 68 milioni di metri cu-bi “insediabili” lungo le coste della Sardegna10 in at-tuazione della previsione di cui all’art. 23, comma 1a, n.2, del regio decreto n. 1357/1940.

Appare, poi, fondamentale includere fra le zone diconservazione integrale tutte le aree di rispetto archeo-logico e idrogeologico, le aree tutelate ai sensi della di-rettiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat na-turali e semi-naturali e, fino all’adozione dello specificopiano del parco o della riserva naturale (vds. art. 10,comma 2a, della L.R. n. 45/1989 come modificato dal-l’art. 1 della L.R. n. 23/1993), gli ambiti rientranti nellaperimetrazione provvisoria delle istituende aree protet-te (legge regionale 7 giugno 1989, n. 31, allegato “A”).Analogamente dovrà essere disposto per i terreni gravatida uso civico (legge n. 1766/1927, regio decreto n.332/1928 e legge regionale n. 12/1994 e successivemodifiche ed integrazioni), non destinabili ad interven-ti di interessi esulanti dalla conservazione ambientale.

Sembrano, inoltre, doverosi disciplinari concernen-ti le tipologie architettoniche utilizzabili per le nuove co-struzioni e per gli interventi di forestazione, secondoquanto indicato dall’art. 23, comma 1a, nn. 3, 4 e 5, delregio decreto n. 1357/1940.

Tali considerazioni e proposte non possono che es-sere concluse con la necessità di previsione di singola,puntuale e congrua motivazione per l’autorizzazione diqualsiasi intervento (rientrante nelle tipologie, entità ezonizzazioni precedentemente previste nel piano terri-toriale paesistico) di modifica territoriale, senza alcunainopinata deroga in favore di eventuali “interventi co-munque previsti”, senza dubbio illegittima in uno stru-mento pianificatorio che, è bene ancora ricordarlo, co-stituisce attuazione del vincolo paesaggistico, ma maideroga al suo contenuto.

Ormai i tempi stringono perché venga finalmenteadottata una puntuale ed efficace disciplina per un cor-retto uso del territorio, sia legislativa che mediante atti

Page 34: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

34

amministrativi di pianificazione. L’obiettivo è elevato, manecessario: tutelare severamente e valorizzare le parti piùpregiate della Sardegna, difendere quello che rappre-senta anche la prima risorsa economica dell’Isola.

NOTE

* Relazione alla II Conferenza Regionale sul Paesaggio, La ricerca delpaesaggio perduto: rassegna di idee e metodi per la determinazione,la salvaguardia e la ricomposizione dei valori paesaggistici della Sar-degna – Sassari, 17 aprile 1999.

1 Decreto dell’Assessore della pubblica istruzione, beni cultura-li, informazione, spettacolo e sport della Regione autonoma dellaSardegna 12 gennaio 1979, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, seriegen., n. 286 del 4 dicembre 1992.

2 Normativa di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna,la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3.

3 Fra i più significativi apporti vi furono quelli di Italo Insolera edi Fulco Pratesi. Si trattava di proposte di piano paesistico relative acomprensori includenti prevalentemente zone di sviluppo turistico inbase a programmi e finanziamenti di cui alla legge 26 giugno 1965,n. 717 (Testo unico della Cassa per il Mezzogiorno) ed al relativo pia-no degli interventi pubblici approvato dal Comitato interministerialeper la ricostruzione (C.I.R.) il 1 agosto 1966. Le proposte di piano re-lative alla Sardegna riguardavano le seguenti aree vaste: Gallura – Ar-cipelago della Maddalena; Costa orientale sarda – Gennargentu; Co-sta centro-occidentale sarda (Sinis e Golfo di Oristano); Comprenso-rio sud-occidentale sardo (costa sulcitana ed Isole di S. Pietro e S. An-tioco); Costa sarda nord-occidentale, Isole Piana, Asinara e Foradada.

4 Si tratta dei decreti dell’Assessore della pubblica istruzione, be-ni culturali, informazione, spettacolo e sport nn. 2997 – 3012 del 23 di-cembre 1985 di sottoposizione a vincolo di temporanea non trasfor-mabilità fino al termine (più volte prorogato) del 20 dicembre 1990 del-le seguenti aree: Quirra, Porto Sa Ruxi, Sinis, Rio Piscinas, Monti dei Set-te Fratelli, Giara di Gesturi, Argentiera e Porto Conte, Stagni di Casa-raccio e delle Saline, Capo Marrargiu, Stagno di S. Teodoro, Litorale traBadesi e Valledoria, Castelsardo, Arcipelago della Maddalena, Litoraletra Baunei e Dorgali, Costa di Siniscola e Orosei. Con ulteriore decretoassessoriale n. 553 del 2 giugno 1989 il vincolo ex art. 1 ter della leg-ge n. 431/1985 veniva esteso a tutta la fascia costiera dei trecento me-tri dalla battigia marina fino al termine del 6 gennaio 1990.

5 I vincoli posti dagli artt. 12 e 13 della L.R. n. 45/1989 riguar-davano la fascia dei due km. dalla battigia marina, con esclusione del-le zone omogenee A, B, C e D degli strumenti urbanistici vigenti ai sen-si del decreto assessoriale n. 2266/U del 20 dicembre 1983 e preve-devano, in ogni caso, una nutrita serie di deroghe, le principali dellequali sono di seguito indicate: manutenzioni ordinarie e straordinarie,interventi agro-silvo-pastorali di modesta entità, opere di interesse pub-blico, di urbanizzazione, di preminente interesse pubblico (anche en-tro la fascia dei m. 150 dalla battigia marina), strutture ricettive ai sen-si della legge regionale 14 maggio 1984, n. 22 (alberghi, residences,multiproprietà, campeggi, ecc. anche nella fascia fra i 150 ed i 500 m.dalla battigia marina) previo nullaosta della Giunta regionale (alla fi-ne saranno ben 235!). Eventuali ulteriori deroghe potevano essere con-cesse dal sindaco del Comune competente, previa deliberazione delConsiglio comunale, nullaosta della Giunta regionale ed autorizzazionepaesaggistica ex art. 7 della legge n. 1497/1939.

6 I quattordici piani territoriali paesistici della Sardegna riguar-dano, quindi, tutta la fascia costiera dei due km. dalla battigia mari-na e vaste zone dell’interno dell’Isola per un’estensione complessivadi circa 10.000 km. quadrati. Le aree tutelate con vincolo paesaggi-stico ai sensi delle leggi n. 1497/1939 e n. 431/1985 ammontano com-

plessivamente ad oltre 139.050 km. quadrati, cioè il 46,14% del ter-ritorio nazionale. La percentuale del territorio regionale sardo tutela-to con vincolo paesaggistico “scende” al 35,54% a cui, però, bisognaaggiungere un ulteriore 7-8% rientrante nella fascia dei due km. dal-la battigia e precedentemente non tutelato dal citato vincolo, dove lanormativa di attuazione di ogni piano paesistico (artt. 1 e 5) ha pre-visto l’autorizzazione paesaggistica ex art. 7 della legge n. 1497/1939per ogni intervento di modifica del territorio. La classificazione dellearee nei piani territoriali paesistici prevede, in sintesi, le seguenti zo-nizzazioni: zona “1” (conservazione integrale); zona “2a” (aree nel-le quali prevale l’esigenza di tutela delle caratteristiche naturali); zo-na “2b” (aree che, pur costituendo sistemi naturali o seminaturali dirilevante valore paesistico, ammettono limitate modifiche dello statodei luoghi); zona “2c” (aree che, pur presentando qualità ambienta-li o particolari ambiti meritevoli di tutela, possono essere oggetto ditrasformazione); zona “2d” (aree già antropizzate e compromesse chepresentano emergenze meritevoli di tutela); zona “2d*” (areali in cuigli interventi sono consentiti solo previo accordo di programma di cuiall’art. 28 della L.R. n. 45/1989, come modificato dall’art. 5 della L.R.n. 23/1993); zona “2e” (aree che presentano minori e non specifica-tamente individuate caratteristiche meritevoli di tutela e, quindi, sog-gette ad interventi di trasformazione); zona “3a” (aree in parte de-gradate, ma non caratterizzate da significative antropizzazioni, che ne-cessitano di interventi di recupero prevalentemente di carattere am-bientale); zona “3b” (aree antropizzate che necessitano di interven-ti di restauro, recupero e riqualificazione di carattere ambientale edurbanistico). Con circolare dell’Assessore regionale degli enti locali, fi-nanze ed urbanistica n. 1 dell’11 marzo 1996 sono state dettate di-sposizioni per l’applicazione della normativa tecnica di attuazione deipiani territoriali paesistici.

7 Si tratta dei seguenti piani territoriali paesistici: − P.T.P. n. 2 di Capo Falcone e Stagni costieri (D.P.G.R. 6 agosto

1993, n. 267), annullato con D.P.R. 29 luglio 1998 su parereCons. Stato n. 472/98 del 13 maggio 1998;

− P.T.P. n. 3 della Media e Bassa Valle del Coghinas (D.P.G.R. 6 ago-sto 1993, n. 268), annullato con D.P.R. 29 luglio 1998 su pare-re Cons. Stato n. 473/98 del 13 maggio 1998;

− P.T.P. n. 4 di S. Teodoro e Budoni (D.P.G.R. 6 agosto 1993, n.269), annullato con D.P.R. 29 luglio 1998 su parere Cons. Sta-to n. 474/98 del 13 maggio 1998;

− P.T.P. n. 5 della Sardegna nord-occidentale (D.P.G.R. 6 agosto1993, n. 270), annullato con D.P.R. 29 luglio 1998 su parereCons. Stato n. 475/98 del 13 maggio 1998;

− P.T.P. n. 8 del Montiferru (D.P.G.R. 6 agosto 1993, n. 273), an-nullato con D.P.R. 20 ottobre 1998 su parere Cons. Stato n.549/98 del 20 maggio 1998;

− P.T.P. n. 9 del Golfo di Oristano (D.P.G.R. 6 agosto 1993, n.274), annullato con D.P.R. 20 ottobre 1998 su parere Cons. Sta-to n. 550/98 del 20 maggio 1998.

− P.T.P. n. 12 della Giara di Gesturi, di Genoni e del Monte Arci(D.P.G.R. 6 agosto 1993, n. 277), annullato con D.P.R. 20 otto-bre 1998 su parere Cons. Stato n. 548/98 del 20 maggio 1998.8 Vds. Corte Cost., 24 febbraio 1992, n. 67; Corte Cost., 13 lu-

glio 1990, n. 327; Cons. Stato, Sez. VI, 4 aprile 1997, n. 553; Cons.Stato, Sez. VI, 26 gennaio 1993, n. 96; Cons. Stato, Sez. VI, 14 no-vembre 1992, n. 873.

9 I due provvedimenti sono stati pubblicati rispettivamente suiBollettini ufficiali della Regione, parti I e II, n. 35 del 20 novembre 1998e n. 38 del 19 dicembre 1998: alla scadenza del termine trimestralenon è seguito alcun provvedimento del Consiglio regionale di ulterioreproroga trimestrale, così come previsto dall’art. 14 della L.R. n.45/1989.

10 Si tratta dell’affinamento della disposizione presente nell’art.32, comma 3a, della normativa di attuazione di ogni piano territoria-le paesistico.

Page 35: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

35

1. Panoramica del settore

Il settore di cui ci occupiamo è comunemente no-to come “affissioni pubbliche”. È una definizione ri-duttiva perché le affissioni sono solo una delle diverse at-tività, svolte con modalità varie, in luoghi pubblici oaperti al pubblico o comunque percepibili da luoghipubblici, tutte ricomprese nell’espressione di gergo pub-blicità esterna, che vanno dalle insegne, ai segnali indi-catori di esercizi, alle strutture pubblicitarie fisse (in par-ticolare quelle a terreno o a parete, adibite alle affissio-ni), ai volantini, alle scritte su mezzi pubblici di traspor-to, agli striscioni aerei.

Gli unici tratti comuni di queste attività sono l’es-sere assoggettate a prelievo tributario e l’essere soggettead autorizzazioni amministrative (dei comuni all’internodei centri abitati; e degli enti proprietari delle strade odelle altre vie di comunicazione all’esterno).

La pubblicità esterna – e le stesse affissioni che nesono solo una specie – non formano oggetto di una di-sciplina amministrativa unitaria e coerente, nella qualesiano considerati, tutelati e coordinati tutti gli interessi,pubblici e privati, ad esse relativi.

Si tratta di interessi molto variegati e talvolta po-tenzialmente confliggenti.

Sul versante degli interessi pubblici abbiamo, sche-matizzando: – quelli, di rango costituzionale, inerenti alla tutela del

paesaggio extraurbano, del paesaggio urbano ed inparticolare dei contesti urbani (centri storici, manon solo), che costituiscono in sé un bene cultura-le e dei singoli edifici o complessi storico artistici);

– quelli, parimenti di rango costituzionale, alla piùampia esplicazione di una attività di comunicazio-ne (ex art.21 Cost.), che è al contempo attivitàd’impresa (art.41 Cost.) (Ed è questa una perce-zione ch’è mancata sino ad oggi);

– queli inerenti la sicurezza stradale; – quelli inerenti l’efficiente organizzazione, da parte

dei comuni, del servizio pubblico delle affissioni el’efficace repressione delle affissioni abusive.Tutti questi interessi vanno ponderati ed equilibra-

tamente composti.

2. Un tentativo di approccio sistemico

Per progettare una nuova legge generale del settoresi può partire da un approccio sistemico, “incrocian-do” interessi ed attività in una sorta di tavola combina-toria.

Dall’incrocio emergono i seguenti punti fermi: – l’interesse alla tutela del paesaggio, dei contesti

urbani pregiati e dei singoli beni architettonici è de-terminante e deve quindi essere considerato una in-variante;

– l’interesse alla massima esplicabilità di questa par-ticolare attività di comunicazione (ma rigorosa-mente nel rispetto delle regole) è parimenti un’in-variante;

– così è anche per l’assoggettamento ad un prelievodi tutte le attività, anche se svolte su aree private;

– viceversa un problema di organizzazione del serviziopubblico si pone solo per le attività svolte su spazipubblici, ma non per quelle svolte su spazi privati;

– ed, anzi, di servizio pubblico si può più propria-mente parlare solo in relazione alla comunicazioneistituzionale, mentre per la pubblicità commercia-le l’interesse pubblico è un altro: controllare che leattività relative si svolgano ordinatamente e rego-larmente e, quindi, contrastare efficacemente abu-sivismo e sopraffazioni.

3. Principi di una futura legge

3.1 Enunciati generali Le attività di pubblicità esterna costituiscono una

Sandro AmorosinoUniversità degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Economia, professore ordinario di Diritto Pubblico dell’Economia

Affissioni pubbliche e tutela del paesaggio: principi per una nuova legge

Page 36: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

forma di comunicazione – a fini istituzionali, informati-vi o promozionali – il cui svolgimento e sviluppo la leg-ge tutela e disciplina affinché si svolgano: – quanto ai mezzi materiali nel rispetto del paesag-

gio, dei contesti urbani e dei beni architettonici; – quanto alle modalità in forme idonee a non pre-

giudicare la sicurezza stradale; – quanto ai contenuti del messaggio nei limiti del

codice penale.Le forme di comunicazione disciplinate dalla legge

sono soggette, come tutte le attività imprenditoriali, acontrollo pubblico esclusivamente per quanto attiene alrispetto, da parte dei mezzi utilizzati, dei limiti e dei di-vieti posti dalla legislazione amministrativa di settore.

In quanto attività di comunicazione al pubblico ilcontenuto dei messaggi è libero nei limiti in cui non sia-no violate norme penali.

3.2 Tutela del paesaggio (proposizioni prenormative)3.2.1. È vietata l’installazione di qualsiasi struttura

o manufatto utilizzabile per le forme di pubblicità ester-na: I) in tutte le aree extraurbane assoggettate a vinco-

lo paesistico ai sensi del T.U. delle norme sui beniculturali;

II) in tutte le altre aree extraurbane tranne quelleindividuate nei piani comunali della pubblicitàesterna;

III) nelle zone di tutela integrale delle aree urbane, in-dividuate nei piani per le affissioni e la pubblicità re-datti dai Comuni d’intesa con le soprintendenzecompetenti;

IV) nelle zone di rispetto delle aree urbane, individua-te nei piani comunali per le affissioni e la pubblicità,salvo nulla osta della Soprintendenza.Sia nelle aree urbane che extraurbane è consenti-

ta la segnaletica indicatrice di fabbriche, imprese, ne-gozi, associazioni, nei limiti indicati dai regolamenti co-munali.

3.2.2. È vietata in tutto il territorio nazionale la di-stribuzione di volantini ad oggetto commerciale (tranneche per manifestazioni, spettacoli, meeting);

3.2.3. È vietata su tutto il territorio nazionale l’ap-posizione di striscioni aerei e di stendardi su pali o strut-ture verticali, eccezion fatta per i siti indicati nel pianocomunale delle affissioni e per la copertura di impalca-ture temporanee.

3.2.4. È proibita la comunicazione pubblicitaria ef-fettuata a mezzo dei veicoli in movimento, ad eccezio-ne delle scritte sui mezzi pubblici e sui veicoli aziendali.

3.2.5. I principi sopraelencati potranno formareoggetto di una delega al governo ad integrare e modi-ficare opportunamente il T.U. delle norme sui beni cul-turali.

3.3 Sicurezza stradale La nuova legge si dovrebbe ispirare ai seguenti in-

dirizzi, che il governo dovrebbe concretizzare median-te un regolamento di delegificazione rivedendo, sem-plificando ed aggiornando il Codice della Strada ed il suoregolamento di attuazione: a) confermare il divieto di installazione di mezzi pub-

blicitari lungo le autostrade e le strade statali pro-vinciali e comunali nei tratti extraurbani, ma sol-tanto ove ciò sia direttamente strumentale alla si-curezza stradale;

b) prevedere deroghe al divieto:– per gli spazi interni alle aree di sosta e ristoro

lungo le strade e autostrade;– per i mezzi pubblicitari posti ad una distanza

non inferiore a 50 metri dal ciglio stradale,sempre che ciò non sia precluso da vincoli pae-saggistici;

– per i mezzi indicatori di attività produttive an-che localizzate nei pressi delle strade purché didimensioni ridotte e recanti unicamente il no-me dell’azienda e l’attività esercitata.

3.4 Piani comunali per la pubblicità esternaI comuni con popolazione superiore a 10-15 mila

abitanti e quelli con popolazione inferiore il cui territo-rio sia soggetto in proporzione superiore al 30% a vin-colo paesistico, sono tenuti, entro un anno dall’entratain vigore della legge, a redigere un piano delle affissio-ni e della pubblicità esterna collocata su immobili, suo-lo o spazi pubblici.

Il piano contiene la localizzazione degli spazi pub-blici nei quali possono essere collocate le strutture perle affissioni nonché dei luoghi utilizzabili per la pubbli-cità esterna.

Il piano è redatto in collaborazione con le organiz-zazioni rappresentative locali degli operatori del setto-re ed è approvato dal Consiglio comunale, previa inte-sa con le soprintendenze competenti per quanto con-cerne le aree soggette a vincolo paesistico, i centri sto-rici e gli immobili storico-artistici.

Il piano indica le aree pubbliche destinate ai diver-si tipi di pubblicità esterna ed individua inoltre: – le zone a tutela integrale, nelle quali è inibita qualsiasi

attività di pubblicità esterna anche su aree private; – le zone a tutela selettiva, nelle quali le attività (e le

relative strutture) sono consentite previo nulla-ostadella soprintendenza;

– le zone nelle quali le affissioni sono libere, salva l’e-ventuale verifica della compatibilità del singolo im-pianto o modalità con il decoro urbano.In caso di mancata approvazione dei piani comunali

entro un anno dall’entrata in vigore della legge: – nelle aree extraurbane è inibita qualsiasi pubblicità

esterna;

36

Page 37: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

37

– nelle aree urbane le attività di pubblicità esterna so-no consentite (previa autorizzazione comunale) e,per i centri storici delimitati dai piani regolatori vi-genti, previo nulla-osta della soprintendenza ai be-ni architettonici;

– non è consentita l’apposizione di striscioni aereinelle aree urbane; i proventi dei canoni e delle im-poste relativi alla pubblicità esterna dei Comuniche non hanno ottemperato all’obbligo di appro-vare il piano sono devoluti al Ministero per i Beni ele Attività Culturali e destinati ad interventi di sal-vaguardia del patrimonio artistico e architettoniconel territorio dei medesimi Comuni.

3.5 Autorizzazione alle attività di pubblicità esterna inluoghi pubbliciLe attività di pubblicità esterna in luoghi pubblici so-

no soggette ad autorizzazione comunale laddove com-portino l’installazione di strutture o supporti materiali omodificazioni fisiche rilevanti dello stato dei luoghi.

L’autorizzazione è rilasciata da un apposito ufficio co-munale, diverso da quello preposto al rilascio delle con-cessioni ed autorizzazioni edilizie (e, conseguentemente,non è soggetta al parere della commissione edilizia).

L’autorizzazione può essere negata esclusivamentein caso di contrasto con disposizioni di legge o aventiforza di legge, con disposizioni dei regolamenti comu-nali o con le previsioni e le prescrizioni del piano comu-nale della pubblicità.

In nessun caso il diniego di autorizzazione può es-sere motivato con il contrasto con prescrizioni dei pianiurbanistici o con l’obbligo di richiedere la concessioneo l’autorizzazione edilizia.

La richiesta di autorizzazione deve essere correda-ta da planimetrie, disegni e fotografie del luogo desti-

nato all’installazione e, ove richiesto, dal nulla-osta (e da-gli atti di consenso dei proprietari pubblici, ove diversidal Comune, dei beni sui quali deve avvenire l’installa-zione).

Il rilascio o il diniego di autorizzazione deve avve-nire entro 30 giorni dal deposito della domanda.

Decorsi 30 giorni dalla presentazione della do-manda l’autorizzazione si intende rilasciata a tutti gli ef-fetti di legge.

Nei casi in cui l’autorizzazione non sia condiziona-ta al previo nulla-osta può essere sostituita da una co-municazione corredata da un’autocertificazione del ri-chiedente, con la quale si attesta la conformità del pro-getto alle norme legislative, al regolamento comunale edal piano della pubblicità esterna.

La comunicazione tiene luogo a tutti gli effetti del-l’autorizzazione.

In caso di dichiarazioni non corrispondenti a veritàsi applicano le sanzioni previste per il falso in atto pub-blico.

Ricevuta la comunicazione corredata da autocerti-ficazione il Comune ha 90 giorni di tempo per annul-larne l’efficacia con provvedimento puntualmente mo-tivato.

Decorso tale termine il Comune decade dalla po-testà di provvedere.

Gli impianti o strutture installati in assenza d’auto-rizzazione o di autocertificazione sostitutiva o a segui-to di autocertificazione non conforme a verità possonoessere rimossi dal Comune, previa diffida all’autorimo-zione entro 30 giorni.

Le installazioni abusive non costituiscono abusi ur-banistici, ma sono soggette a distinte sanzioni ammini-strative e – nel caso concretino danneggiamenti al pa-trimonio storico artistico o al paesaggio – anche penali.

Page 38: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Premessa

Con l’eccezione forse di alcune alte cime di mon-tagna, il paesaggio italiano è notoriamente un paesag-gio fortemente antropizzato; caratterizzato cioè – e sto-ricamente determinato – dalla relazione dialettica, epressoché continua nel tempo, tra i caratteri naturalisticioriginari e la secolare azione di trasformazione operatadall’uomo. Anche le parti più qualificate del paesaggioitaliano sono di fatto segnate e caratterizzate dalla stret-ta fusione di “bellezze naturali” (o piuttosto dalla sedi-mentata stratificazione delle modificazioni indotte dal-la presenza e dagli usi antropici sull’ambiente naturale)e di “beni culturali” propriamente detti.

Questa fusione, riccamente registrata da viaggiatorie vedutisti degli ultimi secoli, costituisce appunto il ca-rattere saliente che connota il particolare valore cultu-rale del paesaggio italiano che per tale via diventa essostesso un bene culturale, almeno nelle parti che riesco-no ancora a testimoniare di questa dialettica storica. Nonc’è dubbio, tuttavia, che negli ultimi decenni questorapporto “organico” tra attività umane, conseguentitrasformazioni territoriali e paesaggio si sia progressi-vamente degradato o interrotto, delineando in qualchemodo una sorta di “cesura nella storia”.

I motivi per cui questo è avvenuto sono diversi escarsamente indagati. Certamente hanno contribuitouna marcata accelerazione dei processi economici (equindi di sfruttamento del territorio), la disponibilità ditecnologie più “potenti” (trasformazioni più rapide epiù estese), la stessa diffusione di mezzi economici, as-sociata in qualche modo alla crescita delle libertà indivi-duali. Alla base di tutto sta però senz’altro un profondodeficit culturale che porta: da un lato, all’indifferenza pergli effetti territoriali delle azioni intraprese; dall’altro la-to, e conseguentemente, alla mancata valutazione deivantaggi e degli svantaggi delle singole azioni e dei loroeffetti cumulativi.

Non solo tra i nostalgici o gli “amanti del passato”,

il protrarsi nel tempo e l’estendersi nello spazio di que-sta noncuranza “sociale” per il territorio e il paesaggiohanno determinato una sorta di motivato rigetto. Tut-tavia questo si traduce purtroppo assai spesso in un“conservatorismo” astratto e di principio, furioso quan-to irragionevole, e soprattutto di fatto inefficace. At-teggiamento che oltre tutto, e proprio dal punto di vi-sta culturale, non fa che sancire quella “cesura nella sto-ria” che è la causa vera del degrado del paesaggio ita-liano, sia nei termini dell’aggressione che in quelli del-l’abbandono.

Il fondamentalismo della cultura tende a identificarenell’istituto del “vincolo” (per altro anch’esso inteso inastratto, e quindi al di là delle specifiche valenze giuri-diche e operative) e, conseguentemente, nell’eserciziodi un “potere” sottratto alla dialettica sociale (in parti-colare a quella politico-amministrativa di Regioni ed En-ti locali) l’unica possibile salvezza. Anche se si trattaspesso di vincoli sommari, improbabili in termini opera-tivi e di gestione, che comunque non sembrano sortirein concreto gli effetti sperati.

Va detto che queste posizioni sono ancora relati-vamente elitarie. Esse si saldano tuttavia diffusamenteal fondamentalismo ambientalista che, pur con altrimezzi – di fatto e sostanzialmente “politici” – tende acensurare e ad ostacolare comunque ogni iniziativa ditrasformazione territoriale; nei casi più estremi perfinoquelle dirette al recupero e alla riqualificazione, ancheambientale. Tracce di questa saldatura tra la “questio-ne” dei beni ambientali e l’approccio eco-ambientalista– saldatura forse impropria ma comunque non priva diragioni – si trovano per altro anche nei disposti legisla-tivi e, diffusamente, in ambienti culturali, anche specia-lizzati. Purtroppo si trovano di frequente solo in termi-ni di opposizione e di negazione; molto più raramenteinvece in termini di proposizione.

Appare invece evidente che, per quanto difficile,l’unica strada possibile per superare il paralizzante con-flitto tra veri e presunti “conservatori” e veri e presunti

Paolo AvarelloIstituto Nazionale di Urbanistica Università degli Studi di Roma Tre, Facoltà di Architettura

Prime note sulla tutela del paesaggio*

38

Page 39: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

39

“distruttori” è tentare di ricucire la cesura creatasi nellastoria, costruendo un progetto di tutela del paesaggioche sia anche, e forse soprattutto, un progetto sociale.

La situazione legislativa

La legge 1497 del 1939, in analogia alla quasi con-temporanea legge 1089 per la tutela dei (singoli) beniculturali, istituisce un sistema di tutela del paesaggio ditipo puntualmente vincolistico, che prevede la specificaindividuazione delle parti di territorio da sottoporre ap-punto a vincolo e la descrizione dei loro specifici carat-teri di rarità e bellezza. Questo meccanismo procedura-le, per così dire “originario”, presenta alcuni aspetti ne-gativi ed altri positivi.

Tra i primi il fatto di essere necessariamente riferi-to e riferibile a “parti” di territorio, sostanzialmente dilimitata estensione, ben individuabili e riconoscibili neirelativi caratteri costitutivi, anche se non è del tutto ve-ra la critica ricorrente, e cioè che l’impostazione con-cettuale della legge del 1939 si limiti a tutelare singole“vedute” più o meno “panoramiche”.

La stessa legge prevede infatti all’art. 5 la facoltà didisporre “piani territoriali paesistici” per le località “va-ste” in cui siano inclusi “complessi di cose immobili” e/o“bellezze panoramiche”. Facoltà allora riservata alloStato, e oggi alle Regioni, tuttora regolamentata nelsuo esercizio dal R.D. 1357/1940, ancora vigente (inquanto non espressamente abrogato), anche se in via diprincipio (e cavilli giuridici a parte) con valore di “normaquadro”. Poche sono comunque le Regioni che hannoinnovato significativamente le disposizioni in esso con-tenute. Ma pochissimi sono anche i “piani territorialipaesistici” statali (e nessuno regionale) approvati primadella legge 431/1985 (v. in seguito).

Sostanzialmente immutata rimane comunque la na-tura del vincolo di tutela il quale, come è noto (ma maiabbastanza), è solo di tipo procedurale. In altre parole ilvincolo non prevede e non esplicita di per se stesso limi-tazioni o specifiche osservanze nelle eventuali trasfor-mazioni del territorio (tanto meno l’assoluta inedificabi-lità o intrasformabilità, come spesso impropriamente sicrede), ma obbliga invece ad acquisire, prima di porre inatto le stesse, uno specifico nulla-osta (in origine statale,poi regionale, oggi, di fatto, regionale e in ultima istan-za statale). Va osservato che la acquisita notorietà di que-sto aspetto non impedisce affatto lo stupore pubblico, ericorrenti scandali, per costruzioni realizzate in zone vin-colate, e magari con regolare nulla-osta regionale e/o diSoprintendenza. È noto anche che tale “vincolo”, di na-tura appunto solo procedurale, non dà luogo ad alcun di-ritto di indennizzo (art. 16, primo comma, L. 1497/1939,sentenza Cc n. 56/1968 ed altre), sebbene lo stesso art.16 preveda al secondo comma tale possibilità in alcuni ca-

si particolari (es. inedificabilità assoluta di aree “da con-siderarsi come fabbricabili”), sotto forma di un non me-glio specificato “contributo”.

Tra gli aspetti positivi della procedura “originale”,comunque, c’è invece il fatto che proprio la specifi-cità/singolarità che è alla base del meccanismo di ap-posizione del vincolo consente intanto di individuare leproprietà interessate, poi di costruire gli elementi di va-lutazione e di giudizio per il rilascio (o meno) dei previ-sti nulla-osta, pur non annullando del tutto, ovviamen-te, la soggettività del giudizio stesso e la sua possibile ar-bitrarietà. Per rendersi conto dell’importanza di questiaspetti, basta leggere i vecchi decreti di apposizione deivincoli, e magari confrontarli con quelli più recenti (i co-siddetti “Galassini”).

Un vero salto di qualità, nella questione, si è co-munque determinato con l’approvazione della L.431/1985. Come è noto questa legge (già “decretoGalasso”) è stata frettolosamente confezionata per pre-venire gli effetti più perniciosi del grande “condonoedilizio” di quello stesso anno (L. 47/1985), che esclu-deva comunque dalla possibilità di ottenere il condonoper gli abusi commessi su immobili vincolati. La L.431/1985, quindi, dichiara tout court “vincolate” – ap-punto ai sensi e per gli effetti della legge del 1939 – in-tere ed estese categorie di beni. In parallelo, la legge isti-tuisce una sorta di corresponsabilità Stato-Regioni perl’esercizio delle funzioni di tutela (solo, e riduttivamen-te, per il rilascio dei prescritti nulla-osta), modificando re-troattivamente il Dpr 616/1977, che appunto aveva giàtrasferito le competenze in materia alle Regioni. Infine,ma non da ultimo, la legge obbliga le Regioni alla re-dazione o di appositi “piani paesistici” o di “piani ur-banistico-territoriali con specifica considerazione dei va-lori paesaggistici e ambientali”, da approvarsi entro il 31dicembre 1986 (in caso di inottemperanza, è previstoanche l’esercizio dei poteri sostitutivi), dando loro anchefacoltà di istituire vincoli provvisori (fino all’approvazio-ne di detti piani) di immodificabilità (temporanea) delterritorio.

Va notato che la L. 431/1985, pur estendendo no-tevolmente sul territorio il regime di tutela, e quindimodificandolo sostanzialmente (a partire appunto dal-la individuazione dei beni da tutelare fino alla loro de-scrizione e alle motivazioni specifiche dell’apposizionedel vincolo), non modifica né la natura del vincolo, néil sistema di gestione delle procedure autorizzatorie (ri-lascio dei nulla-osta), che tende semmai ad essere com-plicato dalla duplicazione delle procedure, tra loro di fat-to indipendenti, e di fatto variabilmente giocate tra Re-gioni e Soprintendenze: da (rari) casi di cooperazione ecollaborazione virtuosa, fino a casi limite, ma tutt’altroche infrequenti, di vergognosi “scarica-barile” e di in-sopportabili ritardi (soprattutto rispetto ai 60 giorni fis-sati per legge, e quasi sempre ignorati nella pratica).

Page 40: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Nonostante la complessità di queste problematiche(evidentemente non solo di tipo amministrativo), e ilmodesto livello “culturale” della L. 431/1985, ad essa vaascritto comunque il merito di aver sollecitato le inerzieregionali nell’esercizio delle più generali funzioni di pia-nificazione e di gestione del territorio. Anche se nonmolte Regioni si sono adeguate al disposto legislativo (epochissime nei tempi previsti), e se i poteri sostitutividello Stato sono stati esercitati piuttosto eccezional-mente, va detto infatti che la L. 431/1985 ha determinatoun decisivo sviluppo della cosiddetta “pianificazione diarea vasta”: sia in ambito regionale (ovviamente, anco-ra, solo in alcune Regioni), sia e assai più diffusamentein ambito provinciale, dopo che le Amministrazioni pro-vinciali ne hanno appunto acquisito competenza, a se-guito della L. 142/1990.

Non è dunque certo casuale o estemporaneo chela pianificazione di “area vasta” abbia assunto tra gli ele-menti fondativi e costitutivi degli stessi piani proprio laconsiderazione – e anzitutto la conoscenza – dei “beniculturali e ambientali”, e proprio nell’accezione – pur la-tamente intesa – e con le finalità specifiche di tutela de-gli stessi beni. Anche se va detto che orientamenti e ar-gomenti analoghi hanno trovato da tempo spazi signi-ficativi e crescenti, tutt’altro che sporadici, anche nei pia-ni regolatori comunali di ultima generazione.

Quanto detto vale comunque anzitutto e in parti-colare proprio per la pianificazione di livello provincialeche è fiorita negli ultimi anni, nonostante qualche resi-stenza regionale, e nonostante le evidenti difficoltà tec-niche ed organizzative (oltre che “istituzionali”) dellestesse Amministrazioni provinciali. Una pianificazioneche comunque è stata diffusamente impostata su basiparzialmente ma decisamente rinnovate, rispetto adesempio a quelle già prefissate dalla L. 1150/1942 peri “piani territoriali di coordinamento”. Con l’ovvio limi-te, naturalmente, della compatibilità e della funzionalitàdelle scale di riferimento (tipiche di questa modalità dipianificazione) alla individuazione dei beni da tutelare ealle specifiche finalità della tutela. Questa non trascu-rabile difficoltà nasce tuttavia con grande evidenza dal-l’estensione del concetto di tutela da limitati e specificiinsiemi di “oggetti” a vaste zone, o addirittura ad inte-re aree geografiche.

Dallo stesso presupposto, in definitiva, nasce ancheuna qualche confusione, o indeterminatezza, tra la dife-sa/tutela delle “bellezze naturali” – intese di fatto come“beni culturali” – e la difesa/tutela dell’ambiente, più o me-no “naturale”, intesa in senso ecologico-ambientalistico.Questa “confusione” assume per altro – ha rivestito di fat-to, per esempio anche nella vicenda della L. 431/1985 –una funzione di “aggregazione sociale” sui temi della tu-tela, più facilmente difendibili in termini generici, come ènoto, che in termini specifici e riferiti a singole azioni o de-terminati oggetti. Ma se di “confusione” si tratta, essa as-

sume comunque una ragione d’essere e un significatoprofondo in tema di paesaggio, e in definitiva anche soloin termini di “vedute panoramiche”. Appare infatti evi-dente che l’aspetto visibile del territorio, e proprio per lefunzioni di tutela, non può essere nettamente disgiunto –nel bene e nel male – dalle caratteristiche costitutive delterritorio stesso, e quindi dal suo “stato di salute” ecolo-gico. In particolare quando le componenti naturalistichesiano più rilevanti, sono proprio tali elementi costitutivi chedeterminano quella particolare configurazione percettibi-le che apprezziamo come paesaggio.

Tutto ciò non toglie che la suddetta confusionepermanga, e possa anche determinare, in alcuni casi, si-tuazioni di conflittualità, soprattutto laddove i due si-stemi di tutela siano nettamente separati “per compe-tenze” (finalità e istituzioni addette). Più in generale,funzioni di tutela a così “largo spettro”, applicate a va-ste porzioni di territorio, rischiano di relegare la tutelastessa a mera dichiarazione di principio, moltiplicandoi controlli e le procedure, senza tuttavia ottenere effet-ti significativi. Se non quello, per altro sporadico e tem-poraneo, di “bloccare” occasionalmente questa o quel-la trasformazione particolarmente eclatante, o comun-que più evidente, o il cui soggetto promotore sia piùesposto, o più facilmente identificabile (e magari “indi-feso” o “politicamente sensibile”). Tipicamente le ope-re pubbliche e gli interventi edilizi, che non siano ov-viamente abusivi.

Conclusioni

Non c’è dubbio quindi che il sistema complessivodella tutela vada riformato, anzitutto per renderlo più ef-ficace. Non è pensabile infatti di riportarlo a quello cheera nel 1939, perché questo non sarebbe culturalmen-te accettabile; non è possibile gestire la “nuova dimen-sione” territoriale, concettuale e in definitiva culturaledella tutela – anche solo del paesaggio – con gli stru-menti e i mezzi (concettuali, culturali, amministrativi eprocedurali) del 1939; né pare utile investire risorse (am-messo che se ne trovino disponibili) per l’incremento ela moltiplicazione puramente quantitativa di quei mez-zi e di quegli strumenti.

Se questo vale anche più in generale, vale in parti-colare per quanto riguarda il paesaggio, ovvero per gliinsiemi estesi di beni culturali e/o di bellezze naturali cheassumono rilevanza territoriale, e che quindi partecipa-no – che lo si voglia o no – dei rischi e delle opportunitàche il far parte di quel determinato territorio comporta.

Per questo occorre riconoscere specificità agli stru-menti di tutela, superando finalmente la illogica con-trapposizione tra “conservatori” e “trasformatori”. Il-logica non solo perché è nella natura del paesaggio lasua trasformazione, ma anche perché del paesaggio, al-

40

Page 41: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

41

meno in Italia, apprezziamo soprattutto la sedimenta-zione delle trasformazioni intervenute nei secoli. Illogi-ca perché è socialmente illogica, anche dal punto di vi-sta economico, ogni trasformazione che distrugga i va-lori che ci si propone di utilizzare, e magari anche di“sfruttare”. Anche se questo non esclude diverse “lo-giche” individuali e private.

La diffusione nelle Regioni e presso le Amministra-zioni territoriali locali di una maggiore attenzione per i be-ni culturali e il paesaggio, nonché di “atteggiamenti”orientati alla loro tutela, ormai sempre più spesso e ten-denzialmente “implementati” nella pianificazione ordi-naria (urbanistica e territoriale), non garantisce ovvia-mente di per se stessa un sistema organico ed efficace ditutela. Essa costituisce tuttavia un segnale importante: – sia nella direzione di un sistema di tutela social-

mente condiviso, almeno nelle finalità generali (emagari, come si è detto, con qualche confusione)e quindi, di fatto, più facilmente e più efficace-mente gestibile;

– sia nella possibilità di una più efficace ripartizionedi compiti e funzioni (piuttosto che di “competen-ze”) tra i diversi enti, organismi e funzioni diretta-mente o indirettamente, genericamente o specifi-camente preposti alla tutela, secondo un sistema dicooperazione e di “sussidiarietà”, che non cancel-li, omologhi o confonda le diverse funzioni e i di-versi ruoli, ma anzi li valorizzi.Occorre quindi che le forze esigue e le competen-

ze più marcatamente specialistiche, delle Soprinten-denze per esempio, vengano utilizzate: – a monte, collaborando “professionalmente” alla

impostazione dei piani (a cominciare da quelli pro-vinciali, come per altro previsto dall’art. 57 del Dl.112/1998 e occorre sollecitare le Regioni a legife-rare in tal senso);

– a valle, intervenendo su casi puntuali che per loronatura e/o importanza lo richiedano (o per i qualilo richieda l’amministrazione locale), in regime, percosì dire, di ordinaria straordinarietà.Per converso la pletora di richieste di nulla-osta che

oggi ingorga propriamente e impropriamente uffici re-

gionali e/o Soprintendenze può essere drasticamente ri-dotta (di tutta l’ordinaria amministrazione, relativa spes-so a questioni di scarso rilievo) implementando normati-ve chiare ed essenziali di tutela – ovviamente fissate diconcerto con gli Enti locali – direttamente nel complessonormativo che regola l’ordinaria amministrazione dell’at-tività edilizia (e delle trasformazioni territoriali in genere),e “delegando”, per così dire, lo stesso Ente locale (inrealtà concordando con le singole amministrazioni) alle re-lative approvazioni, secondo il modello del cosiddetto“sportello unico” (e tuttavia non unificato nelle fonti).

Inutile nascondere a noi stessi le difficoltà di una si-mile impostazione, che tuttavia costituirebbe un decisi-vo salto di qualità – culturale e di efficacia – nelle fun-zioni di tutela. Probabilmente, prima di legiferare espli-citamente in questa direzione, sarebbe opportuno spe-rimentare il metodo e i contenuti della collaborazione in-ter-istituzionale in alcune situazioni, ovvero “monitora-re” eventuali casi di collaborazione già in atto, sostenutiper ora solo dalla buona volontà di alcuni Sindaci e di al-cuni Soprintendenti.

In una prospettiva positiva, infine, un sistema di tu-tela del tipo di quello accennato (che ne riproduca cioèi concetti fondamentali) non solo può migliorare l’effi-cienza della tutela stessa quale è oggi (oltre che di altrefunzioni amministrative), ma contribuire progressiva-mente a modificarne la natura stessa. Spostando cioè ilsuo baricentro dall’evitare alcuni orrori (nemmeno tut-ti) – con la semplice opposizione di un potere “forte” edesterno all’amministrazione locale, espresso da un vin-colo, e all’occasione da un veto – a partecipare attiva-mente alla costruzione (e magari alla ri-costruzione) diun paesaggio che rientri nella storia. E che non facciavergognare di noi i nostri posteri.

NOTE

* Il testo riporta le linee essenziali dei contributi forniti dall’autore nelcorso dei lavori preparatori, confluiti nel Documento della sessione te-matica 2 “Paesaggio e sviluppo sostenibile”. Altri contributi, dell’autore e di altri, sono stati pubblicati su “Urba-nistica informazioni”, a partire dal n. 165/1999.

Page 42: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

1. Aggiornare la cultura del progetto per ilpaesaggio

Una visione più moderna del paesaggio non puòche partire da un aggiornamento culturale dell’idea dipaesaggio stesso sino a declinarne una nuova conce-zione atta a definire i fenomeni complessi che costitui-scono il paesaggio della contemporaneità.

Questa operazione tende a privilegiare i nuovi rapportipolitici e sociali tra patrimonio ambientale e patrimonio cul-turale riesaminando e ridefinendo i valori espressi da alcu-ne nozioni acquisite tra cui quelle della odierna definizio-ne di paesaggio storico e paesaggio della memoria.

Se l’idea e la costruzione del paesaggio oggi sonogeneralmente accettate come lo specchio e il laborato-rio della società che le produce, sempre più urgente di-venta allora la richiesta di costruire dei paesaggi dellacontemporaneità capaci di rispecchiarne valori, artico-lazioni e complessità.

Proprio nella accezione collettiva e totalizzante dellasua fruizione, il paesaggio o, per meglio dire, i paesaggi del-l’odierno non possono prevedere una tutela e uno svilup-po univoci ma devono essere affrontati secondo azioni at-te a incrementare le loro diverse vocazioni e necessità.

I diversi soggetti che sono in grado di definire e mo-dificare il paesaggio (proprietari, più o meno grandi, agri-coli e non, le Amministrazioni locali, le grandi aziende diservizio, lo Stato, i gestori delle reti infrastrutturali, ecc.)devono essere messi in grado di capire quali sono i pae-saggi in cui agiscono (paesaggio da tutelare o paesaggioda sviluppare ad esempio) ed aiutati ad agire.

2. Integrare progettazione del paesaggio eprogettazione del territorio

Com’è possibile integrare conservazione e pro-grammazione essendo stato ampiamente dimostrato chela tutela e il vincolo non bastano più a fronteggiare un

quadro economico in mutazione costante e rapidissimae che proprio per questo si dimostra più forte di qualsia-si piano (commerciale, economico, urbanistico, ecc.)?

Quali le strategie atte a invertire l’attuale tenden-za ad una eccessiva politica di gestione a danno di unachiara ricerca di indirizzo e di manutenzione?

Come primo passo è necessaria una capacità dia-gnostica preventiva nel progetto del paesaggio, che siacapace sia di individuare le emergenze paesaggisticheambientali e culturali (il problema costiero, i paesaggi di-smessi, quelli in via di dismissione o non più in grado didi mantenersi, ecc.) sia di sottolinearne l’autonomia delprocesso analitico.

Questo potrebbe portare all’individuazione di lineedi ricerca capaci di muoversi secondo due direzioni prin-cipali: da una parte il restauro e la tutela dei paesaggida preservare come bene acquisito dall’altro l’incre-mento e lo sviluppo degli ambiti territoriali della tra-sformazione.

I temi emersi con forza negli ultimi decenni, qualipaesaggio delle infrastrutture e delle reti, sembrano al-largare in modo nuovo il concetto di rapporto tra pae-saggio e territorio sino a configurare sempre più una dia-lettica strettissima tra natura, sviluppo urbano e infra-struttura.

Del resto il paesaggio contemporaneo può e deveessere considerato, nella sua accezione più estensiva, co-me la rete connettiva capace di essere supporto prima-rio per tutte le altre risorse economiche del territorio.

3. Fornire criteri e strumenti di guida alla progettazione del paesaggio

Se una strada percorribile oggi sembra essere quel-la di una costruzione attiva del paesaggio attraverso lagestione dell’economia delle trasformazioni, un pro-getto responsabile per il paesaggio dovrà avvenire diconcerto con le trasformazioni del territorio.

Aldo AymoninoUniversità degli Studi di Chieti «Gabriele d’Annunzio», Facoltà di Architettura

Promuovere la progettazione sostenibile del paesaggio

42

Page 43: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

43

Ma se territorio e paesaggio sono ormai in largaparte coincidenti, una delle priorità assolute per mette-re a punto un quadro propositivo chiaro diventa quella distabilire quali e dove sono gli interessi nazionali primari,visto che è impensabile ed altamente inefficace che essipossano estendersi al territorio italiano nella sua globalità.

Strumento di conoscenza e di studio potrebbe quin-di essere quello di una mappatura regionale del territo-rio che porti alla creazione di una “carta italiana dei pae-saggi” che individui aree ove sviluppare dei “Progetti Pi-lota” per la riqualificazione del paesaggio, che potreb-bero funzionare come veri e propri indicatori metodo-logici capaci di proporre normative ambientali a tuttocampo (dalle assenze arboree al rapporto con le pree-sistenze archeologiche, dai sistemi di trasporto e di so-sta all’antennistica) e di funzionare come modelli flessi-bili (e proprio per questo parzialmente esportabili) di svi-luppo sostenibile.

Questi progetti pilota potrebbero essere finanziatidagli effetti economici diretti ed indiretti creati modifi-cando il quadro di assetto da una mera gestione del vin-colo ad un’amministrazione delle risorse indotte, stem-perando inoltre la pressione speculativa indotta in ge-nere proprio dai vincoli stessi.

Le attività di previsione dei progetti pilota, dopo ilvallo delle norme e degli indirizzi metodologici, potreb-bero diventare attività totalmente progettuali.

4. Favorire la sperimentazionedi progettazioni concertate e condivise

I Piani Pilota summenzionati (piani di interesse na-zionale con la promozione e la partecipazione del Mi-nistero per i Beni e le Attività Culturali e di quello perl’Ambiente oltre che le Amministrazioni locali) dovreb-bero affiancarsi ai Piani di Recupero Paesaggistico eAmbientale, vero e proprio strumento base per il go-verno locale del territorio.

Questi processi di riqualificazione del paesaggiocon il concorso delle Autorità locali potrebbero tentare

di avere una struttura sperimentale simile al modello deiPRUSST già varati dal Ministero dei Lavori Pubblici.

La spesa pubblica per questi Piani andrebbe inte-grata con il contributo di altri capitoli di spesa da con-certarsi localmente.

Vi è poi la possibilità di proporre incentivi e sgravifiscali per i privati che presentino progetti di insediamentiche propongano elementi di intervento sul paesaggiocongruenti ai Piani di recupero Paesaggistico e Am-bientale.

Infine sia le Amministrazioni che i privati (questi ul-timi dovrebbero essere stimolati con gli incentivi sovra-menzionati) potrebbero bandire concorsi nazionali ed in-ternazionali per la progettazione ambientale e del ter-ritorio.

5. Accrescere l’importanza del paesaggio nella formazione universitaria

La necessità di migliorare le conoscenze di figureprofessionali che siano capaci di gestire progetti com-plessi prevede nella formazione sia una maggiore at-tenzione da parte delle Università sia un adeguamentodelle Amministrazioni locali.

Sicuramente è necessario un maggiore impegnodelle strutture accademiche universitarie nella ricercadelle modalità necessarie a incrementare didatticamen-te la presenza di corsi atti alla crescita della conoscen-za e alla conoscenza dell’idea di paesaggio nei docentie negli studenti.

L’offerta attuale, sia per quanto attiene l’istruzioneuniversitaria che per quella postuniversitaria, è quanti-tativamente scarsissima.

Più che una formazione specifica che abbia un’usci-ta in una nuova figura professionale (l’ennesima!) sembramaggiormente praticabile la soluzione di corsi di laureaspecifici all’interno delle facoltà tradizionali e la creazio-ne di corsi di formazione e di numerose scuole di specia-lizzazione (aperte anche a tecnici della Pubblica Ammini-strazione) e di borse specifiche di Dottorato di Ricerca.

Page 44: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

L’approccio alla gestione pianificata delle aree ex-traurbane presenta una forte disomogeneità, in ambi-to nazionale. Lo stato dì attuazione degli strumenti nor-mativi di vario livello (dai P.T.R., ai P.T.C.P. ai P.R.G.) è di-versificato e quindi uno dei primi obiettivi da definire èuno standard minimo di recepimento per tutte le realtàregionali. Diventa altrimenti difficile parlare di coordi-namento ed indirizzo centrale ed unitario, laddove si ve-rificano contemporaneamente situazioni di strumentiurbanistici di seconda o terza generazione e situazionidi vuoto normativo per mancato recepimento.

Nella definizione di alcune linee di indirizzo è prio-ritario uscire da una logica che vede lo spazio extraur-bano quale residuato delle politiche territoriali di natu-ra insediativa ed infrastrutturale. Utile confronto è quel-lo da attuarsi con le politiche europee sia generali (gli in-dirizzi sulla pianificazione sostenibile) sia specifiche (i re-golamenti sullo sviluppo rurale).

Riguardo a quest’ultimo approccio si ricorda che,nell’ottica comunitaria, il paesaggio rurale presenta unadimensione storica soprattutto in quanto testimonian-za di metodologie colturali e produttive ormai residua-li. Oggi, più che mai, esso dipende dai fattori economi-ci che condizionano l’azione dei diversi soggetti operantisul territorio, nonché dalla loro qualifica e finalità inse-diativa. Appare comunque maggiormente realistico unapproccio che individui le attività presenti e privilegi losviluppo e il sostegno di quelle riconosciute come so-stenibili, più della classica logica basata sulle qualificheed i requisiti dei singoli operatori.

Nello specifico, il mondo agricolo ha un ruolo de-terminante nell’evoluzione di un territorio, nella tuteladelle sue risorse, nella formazione del paesaggio. L’opi-nione pubblica accorda un’attenzione crescente al rap-porto tra agricoltura e ambiente. L’importanza dell’a-gricoltura per l’ambiente è evidenziata dal fatto che il50,5% e il 27,9% del territorio totale dell’Unione Eu-ropea sono rispettivamente terre agricole e foreste.

Il paesaggio, nella percezione culturale che ne

abbiamo, quali cittadini europei, è stato creato dalle at-tività umane ed in particolare dall’agricoltura. Questospiega perché il paesaggio cosiddetto naturale in realtàspesso non è che seminaturale; dal momento che es-so riflette un certo rapporto tra l’uomo e l’ambiente,il paesaggio rurale è una nozione culturale il cui sen-so è frutto dell’evoluzione storica. Per questo, nellaprospettiva attuale, i luoghi caratterizzati da sistemiagricoli tradizionali sono considerati degni di prote-zione.

Creando il paesaggio, l’agricoltura ne ha accen-tuato le diversità. L’Europa e l’Italia si distinguono peruna moltitudine di paesaggi e ciascuno è custode di unamemoria storica e sociale. Ogni insieme di colture e ditutti gli altri elementi identificativi (compresi i fabbrica-ti rurali, il reticolo delle strade di campagna, le forme didefìnizione dei confini, i corsi d’acqua) possiede un va-lore estetico.

L’abbandono dell’agricoltura degrada la qualità deipaesaggi. Ad esempio, il mantenimento dei prati tra lezone boscate delle aree collinari e montagnose dona va-rietà e bellezza al paesaggio; evita inoltre la rinaturaliz-zazione incontrollata e omologante che caratterizzatanti territori abbandonati di collina e montagna.

L’onnipresenza delle foresta (che esprime un con-cetto ben diverso dal bosco) rischia di assumere un va-lore estetico limitato e una scarsa fruibilità collettiva. Ilmantenimento dell’agricoltura tradizionale può contri-buire, soprattutto in aree ambientalmente difficili, allaconservazione di specie vegetali e animali in via di estin-zione. Preservando questa biodiversità, l’agricoltura puògarantire la sopravvivenza di risorse genetiche. La di-versità genetica riveste un ruolo cruciale: costituisce unpatrimonio che può permettere di modificare le praticheagricole al fine di creare forme di produzione più so-stenibili.

I paesaggi seminaturali tradizionali sono spesso ga-ranzia di un equilibrio durevole tra attività agricole e am-biente: questi habitat non possono essere conservati

Umberto Bagnaresi e Alessandra FurlaniUniversità degli Studi di Bologna, Facoltà di Agraria

44

Page 45: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

45

che a condizione di mantenere l’attività agricola. In ef-fetti una rinuncia all’agricoltura equivale alla distruzio-ne di questi ambiti. Generalmente, tale tendenza di-struttiva non ricrea lo stato naturale d’origine.

Sia che si abbia una visione idilliaca che conflittua-le del rapporto tra queste due entità, gli agricoltori so-no sempre stati considerati come protagonisti nella re-lazione uomo-natura. Certamente questa relazione neltempo è cambiata.

lnfatti, la presenza crescente di non agricoltori,proprietari di porzioni crescenti di suolo extraurbano, ilcambiamento delle condizioni economiche del settoreagricolo e l’influenza delle misure di politica agraria co-mune (PAC) non possono non avere effetti visibili e ri-conoscibili sulla gestione complessiva del territorio. Pro-prio dall’identificazione di queste componenti è possi-bile attivare misure di tutela per gli ambiti cui viene ri-conosciuta una valenza ambientale e paesaggistica su-periore.

La conoscenza della relazione tra evoluzione deipaesaggi e modalità di utilizzo dei suoli agricoli pre-suppone un approccio multidisciplinare alla lettura deiprocessi insediativi, preventiva a qualsiasi intervento pia-nifìcatorio. Sono necessarie cognizioni di ordine geolo-gico, idraulico, pedologico, naturalistico, agronomico edeconomico per valutare possibili evoluzioni e conse-guenze sui paesaggi, soprattutto in un contesto varia-bile e complesso qual è quello italiano.

Oggi più che mai il territorio extraurbano è og-getto di occupazione crescente sia da parte di unadomanda insediativa di elevata qualità residenziale siada parte di politiche infrastrutturali consistenti; d’altrocanto, l’attività agricola si contrae sia come superfici in-teressate sia come numero di operatori. Cresce il nu-mero di soggetti diversi, senza strumenti culturali di ge-stione puntuale del territorio, che risiedono e gesti-scono spazi extraurbani. Diviene urgente predisporre li-nee di indirizzo generali per la tutela dei paesaggi ru-rali tipici del nostro Paese: operativamente è necessa-rio predisporre strumenti normativi che rendano di-sponibili risorse locali da destinarsi alla gestione coor-dinata degli interventi da parte dei privati. Inoltre, glistrumenti urbanistici disponibili possono essere og-getto dì un ampliamento delle proprie potenzialità diindirizzo reale sul territorio, in una logica di protezio-ne e di tutela dell’ambiente del paesaggio antropizza-to, dotandoli di capacità normativa certa anche ri-guardo alla definizione e protezione degli ambiti ter-ritoriali di pertinenza.

Laddove i piani urbanistici prevedono interventi nelterritorio rurale o ulteriori espansioni dell’urbano e di in-frastrutture collegate, sarà opportuno integrare dettipiani con un elaborato atto a documentare il conse-guente impatto sul territorio rurale stesso e le indicazionidi minimizzazione.

Proposte per l’analisi e la tutela del paesaggio rurale

Il paesaggio rurale è soggetto a normali cambia-menti nello spazio e nel tempo conseguenti alla dina-mica delle colture, determinata dalle richieste del mer-cato, dall’evoluzione delle tecniche colturali, da fattorisociali, ecc. Esso può subire anche variazioni perma-nenti, deterioramenti e distruzioni provocati da radica-li cambiamenti d’uso del territorio o da erronee sceltecolturali.

Le componenti variabili del paesaggio rurale di-pendono in genere da cambiamenti di fattori internied esterni che influiscono sulle colture e spesso sullestrutture ed i servizi più direttamente connessi, ma chenon influiscono, o non dovrebbero influire, sulle com-ponenti fondamentali del paesaggio rurale da conside-rarsi comunque fisse o non modificabili, queste ultimesono costituite da fattori naturali (ad es. morfologia, ti-pi di suolo, corsi d’acqua, potenzialità della vegetazio-ne, ecc.) ed antropici (ad es. grandi infrastrutture, cen-tri rurali, emergenze storiche, bonifiche, ecc.) che con-dizionano sensibilmente la distribuzione e la sostanzia-le tipologia delle colture (ad es. rapporti tra boschi ecampi, pascoli, improduttivi, varie emergenze ambien-tali e culturali, ecc.) e da cui dipendono spesso anche al-cune principali tipologie strutturali e di gestione, an-ch’esse permanenti o difficilmente modificabili (ad es. ti-pologie aziendali, tipi di proprietà, parchi e riserve na-turali, aree demaniali, ecc.). Dalle componenti fisse puòanche dipendere la sicurezza di abitati o infrastrutture(ad es. boschi con funzioni protettive, opere di siste-mazione o di bonifica, ecc.) ovvero la presenza di pro-duzioni tipiche o di pregio, l’ubicazione degli insedia-menti, la presenza di emergenze storiche e culturali, lastessa architettura rurale fatta di materiali e forme, i cri-teri di recupero di paesaggi deteriorati, ecc.

Ne consegue l’interesse o l’importanza di distin-guere, nell’analisi di un determinato paesaggio rurale,le componenti fisse da quelle variabili. Dal raffronto tracomponenti fisse e variabili è possibile trarre indicazio-ni e giudizi sulla idoneità delle colture in atto o in pro-getto e sulla loro “sostenibilità”, nonché sulla qualitàdella gestione aziendale. Tali indicazioni sono utili per as-sicurare una durevole conservazione nel tempo dellepotenzialità produttive ed umane esistenti nel territoriorurale e del paesaggio che ne deriva, anche in relazio-ne alle loro funzioni locali e generali.

Fattori variabili “esterni” ed “interni” possono fa-vorire l’abbandono di colture o di vaste aree rurali con evi-denti ricadute sul paesaggio. Dal punto di vista ecologi-co, in seguito all’abbandono, potrebbero determinarsicol tempo effetti positivi per il graduale affermarsi di nuo-vi equilibri naturali; ma non devono essere trascurate al-cune conseguenze negative, quali la perdita di risorseproduttive tradizionali, l’incustodia del territorio, l’altera-

Page 46: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

zione di elevati valori paesaggistici, l’abbandono di edifi-ci storici, ecc. Tra l’altro, un tale abbandono contraddi-rebbe alle direttive di valorizzazione del territorio ruraleraccomandate dall’Unione Europea e chiaramente espres-se nella Dichiarazione di Cork del 1996. Anche in questocaso, l’analisi delle componenti fisse e variabili che agi-scono sulle aree interessate, potrebbe fornire interessan-ti informazioni sulle motivazioni dell’abbandono, sulladinamica del paesaggio, sui possibili equilibri futuri, ecc.

Erronee scelte nell’ambito della gestione delle col-ture agricole e dei boschi o, in generale un errato usodelle risorse produttive, oltre ad una progettazione delpaesaggio rurale non coerente con le componenti nonmodificabili o non rinnovabili, possono determinare al-terazioni e deturpazioni anche gravi al paesaggio stes-so, con perdita di valori umani e produttivi spesso nonrecuperabili.

Tra i “fattori esterni” di deterioramento del pae-saggio rurale possiamo inoltre includere: l’espansione ur-bana ed industriale, la realizzazione di grandi infra-strutture. Questi fattori possono determinare l’abban-dono di colture di grande interesse generale e locale. Ilcambiamento del tipo di proprietà o degli organismipubblici e privati di gestione delle risorse può influenzareil paesaggio.

Anche in questi casi, l’analisi di tutte le componentifisse e variabili del paesaggio rurale permette di valuta-re in modo corretto eventuali impatti determinati dal-l’espansione edilizia, da nuovi insediamenti industriali,da grandi infrastrutture, ecc., nonché di precisare cor-retti criteri di compensazione o minimizzazione, ovverodi recupero di aree rese improduttive. In relazione a ciò,i piani urbanistici che prevedono ulteriori investimenti ointerventi influenti sul paesaggio rurale dovrebbero do-tarsi di un documento obbligatorio di analisi degli im-patti e di minizzazione degli stessi.

Le tecniche di analisi delle componenti del pae-saggio rurale e la valutazione dell’uso delle risorse stes-se sono assai note. Esse richiedono quanto meno lacollaborazione di tecnici esperti in diverse discipline. Ilpaesaggio rurale può anche essere inteso come un in-sieme di tessere elementari che compongono il disegnodi un mosaico di più vasta e varia dimensione. Infatti, ilmanifestarsi nello spazio di analoghi fattori distintivi e di-stributivi della vegetazione e delle colture e dei serviziconnessi, permette di individuare territori o aree ele-mentari omogenee in cui è possibile proporre specifichediscipline per tutelarne i valori produttivi, naturali edumani, ovvero per ripristinare equilibri colturali e paesi-stici deteriorati.

46

Page 47: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

47

Considerazioni sintetiche sui 10 temi individuati conriferimento al paesaggio rurale*

A. Verso un paesaggio sostenibile Nel paesaggio rurale possono riconoscersi compo-

nenti fisse, non modificabili, sia di origine naturale (morfo-logia, suolo, clima, vegetazione potenziale, ecc.) che an-tropica (insediamenti storici, produzioni tipiche, tradizio-ni, ecc.) nonché componenti variabili nel tempo (colture,tipologie aziendali, ecc.) in relazione all’evoluzioni delletecniche, dell’economia e delle esigenze della società in-teressata. La sostenibilità del paesaggio deve riferirsi allacompatibilità dei rapporti tra le suddette componenti.

Fattori esterni (espansione urbana, grandi infra-strutture, bonifiche, ecc.) posssono alterare questi rap-porti; altrettanto dicasi per i fattori interni (mercato,proprietà, aziende, ecc.).

La conoscenza di detti fattori e delle loro ricadutesul paesaggio è essenziale per assicurare al paesaggiostesso la sua sostenibilità, intesa come conservazione neltempo dei suoi valori naturali, produttivi e culturali,espressi da un equilibrio, pur dinamico tra le sue com-ponenti. A questo scopo acquista una importanza es-senziale la conoscenza delle componenti fisse di dettoequilibrio, dei fattori di rischio e di degrado.

Metodi e strumenti moderni di lettura del territoriopermettono di acquisire, registrare, classificare le infor-mazioni necessarie con costi e tempi ragionevoli.

B. Adattare le strategie alla diversità dei paesaggi Come è noto, il nostro Paese è caratterizzato da

una grande varietà di paesaggi; è importante ricono-scere la specificità di ogni paesaggio elementare (si ri-manda in proposito alla definizione del “paesaggio”acquisita dalla maggioranza degli AA.) attraverso unpercorso che abbia come base di partenza la cono-scenza delle componenti fisse del territorio rurale con-siderato. Una corretta gestione del paesaggio ruraledovrebbe riferirsi a tale specifica zonizzazione.

C. Migliorare l’efficacia della pianificazione paesisticaEsistono varie esperienze a cui riferirsi per indivi-

duare i rapporti tra diversi tipi di pianificazione territoria-le, regionale e infra-regionale. Il piano paesistico del ter-ritorio rurale dovrebbe sempre più caratterizzarsi comestrumento utile per monitorare il buon uso delle risorse(espresse dalle componenti citate), sia ai fini produttivi checulturali, e ciò per verificare la compatibilità di detto usocon le esigenze di conservazione delle risorse stesse neltempo. Il piano paesistico deve quindi individuare alcunifondamentali limiti ed orientamenti, caratteristici di ogniunità territoriale locale, entro cui possono essere espres-se varie scelte gestionali (componenti variabili) degli im-prenditori, proprietari o comunque responsabili della ge-stione del territorio rurale considerato.

I suddetti limiti e orientamenti devono trovare unadocumentata motivazione e partecipazione locale, at-traverso opportuni mezzi di informazione.

Il territorio rurale può quindi essere inteso, ai fini pae-sistici, come un mosaico costruito da un insieme di tesse-re di diversa ampiezza, con un diverso significato anche aifini della tutela dei suoi valori produttivi ed umani.

D. Raccordare le politiche per i paesaggi e gli ambientiSi rimanda a quanto espresso. Ovviamente la indi-

viduazione dei limiti ed orientamenti ai fini della tuteladel paesaggio (e, quindi, per quanto detto sopra, ancheai fini del buon e durevole uso delle risorse e dei valoriesistenti) deve tener conto della destinazione d’uso del-le singole aree, individuate da diverse leggi regionali edalla pianificazione territoriale. In questo punto, tra lecomponenti non modificabili merita ricordare il rappor-to tra bosco e conservazione del suolo, le sistemazioniidrauliche, la bonifica, ecc.

E. Raccordare le politiche per i paesaggi e i territori A questo proposito riteniamo opportuno ribadire la

necessità che il piano urbanistico comunale ed anche ipiani infraregionali, qualora incidano direttamente ed in-

Umberto BagnaresiUniversità degli studi di Bologna, Facoltà di Agraria

Il paesaggio sostenibile

Page 48: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

48

direttamente sul territorio rurale, siano obbligatoria-mente corredati da un documento di valutazione del-l’impatto o degli impatti che le loro previsioni possonodeterminare sull’equilibrio e sui valori paesistici esisten-ti comprendente proposte per eventuali azioni di com-pensazione o minimizzazione.In questo possono rientrare le politiche di tutela deglielementi architettonici tradizionali.

F. Raccordare politiche per i paesaggi e politiche disettore Le considerazioni espresse nei punti precedenti pos-

sono essere estese a questo tema.

G. Recuperare i paesaggi compromessi Punto, questo, molto importante per il nostro

Paese, dove i danni determinati da cave, grandi movi-menti di terra, grandi infrastrutture, espansione del-l’urbano, ecc., non vengono sufficientemente consi-derati in funzione di un loro definitivo restauro a finipaesaggistici. Ogni progetto di intensivo sfruttamen-to di risorse rinnovabili e non, dovrebbe essere ac-compagnato da un progetto di restauro completo.Inoltre, tale progetto dovrebbe essere definito e cor-redato da una puntuale analisi del paesaggio rurale in-teressato, idonea a fornire elementi utili per la valuta-zione degli interventi di restauro o di minimizzazioneche vengono proposti.

H. Adeguare gli strumenti di conoscenza, indirizzo evalutazione Le proposte di adeguamento degli strumenti (ov-

viamente, quando questi esistono) dovrebbero essereuniformate come metodo, linguaggio e rappresenta-zione. Ciò comporterà anche la preparazione di perso-

nale tecnico specializzato e, quindi, di corsi di istruzio-ne con carattere applicativo.

Le carte locali delle permanenze e delle vulnerabi-lità corrispondono, per il territorio rurale, a quanto espo-sto nei punti precedenti in relazione all’equilibrio soste-nibile tra componenti ambientali fisse e modificabili.

I. Acquisire risorse per l’intervento Si rimanda a quanto scritto in precedenza e nel

punto successivo.

J. Promuovere la progettazione sostenibile del pae-saggio In questo punto indubbiamente l’obiettivo gene-

rale indicato richiede iniziative specifiche e tali da coin-volgere gli enti direttamente interessati, sia operativi chedi ricerca, pubblici e privati. A questo riguardo, il po-tenziamento e la nuova istituzione di corsi specifici sul-la progettazione diventano essenziali; altrettanto es-senziale la sperimentazione di modelli progettuali darealizzarsi in territori “rurali” pilota, particolarmentesignificativi.

Ovviamente, la progettazione del paesaggio rura-le richiede competenze diverse: agricole, culturali, eambientali. Qui si desidera rilevare che l’analisi dellecomponenti biologico-produttive, per la loro comples-sità e specificità, richiede l’opera dell’esperto agronomoe forestale. A tale scopo, le scuole già operanti e le se-di universitarie interessate al settore, dovrebbero inseri-re corsi specifici nei programmi di insegnamento.

NOTE

* Il testo fa riferimento al documento preparatorio della Sessione te-matica 2 “Paesaggio e sviluppo sostenibile”

Page 49: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

49

Marco Polo descrive a Kublai Kan le città e i paesi che ha visitato. Il Kan domanda:

“Quando ritornerai al Ponente, ripeterai alla tua gente gli stessi racconti che fai a me?

Io parlo parlo, – dice Marco –, ma chi mi ascolta ritiene solo le parole che aspetta. Altra è la descrizione del mondo

cui tu presti benigno orecchio, altra quella che faràil giro dei capannelli di scaricatori

e gondolieri sulle fondamenta di casa mia il giorno del mio ritorno, altra ancora quella

che potrei dettare in tarda età, se venissi fatto prigioniero da pirati genovesi

e messo in ceppi nella stessa cella con uno scrivano di romanzi di avventura.

Chi comanda al racconto non è la voce: è l’orecchio.” 1

Italo Calvino ne Le città invisibili mette in bocca aMarco Polo quello che è il problema centrale di tutti glistudi sul paesaggio, sui modi della sua descrizione e rap-presentazione: il paesaggio non esiste senza l’uomoche lo contempla ed ogni uomo contempla volta a vol-ta un paesaggio diverso al variare della sua cultura e deisuoi fini. In questo senso ogni descrizione, ogni rap-presentazione, compresi il rilievo e la copia, corrispon-dono ad una interpretazione e quindi, in ultima analisi,in quanto selezione tra più possibili alternative, ad un at-to progettuale.

La nozione di paesaggio presuppone dunque lapresenza dell’uomo in quanto soggetto che osserva evaluta la forma di un territorio, che sappia «vederla»,«leggerla», «interpretarla»: “Paesaggio è natura chesi rivela esteticamente a chi la osserva e la contemplacon sentimento: né i campi dinanzi alla città né il tor-rente come ”confine”, “strada mercantile” e “osta-colo per costruire ponti”, né i monti e le steppe deipastori e delle carovane… sono, in quanto tali, “pae-saggio”. Lo diventano solo quando l’uomo si rivolgead essi senza uno scopo pratico, intuendoli e goden-doli liberamente per essere nella natura in quantouomo”2.

Per tutto il medioevo, e ancora per l’uomo del ri-

nascimento e dell’età moderna, un bel paesaggio è unpaesaggio utile, cioè un territorio lavorato dal contadi-no e addomesticato a produrre per il suo sostentamen-to e benessere: da Ambrogio Lorenzetti (Gli effetti delBuon governo) al Viaggio in Italia di M. de Montaigne,alla trattatistica di agricoltura e di giardinaggio (LeonBattista Alberti, Alberto Lollio, Bartolomeo Taegio, Ago-stino Gallo, Vicenzo Tanara, ecc.) utile e diletto sono untutt’uno inscindibile3. L’uomo è al centro della natura,creata per essergli utile, e il paesaggio che egli coglie edapprezza è quello che è il risultato della sua fatica e lacondizione del suo benessere, mentre rifugge quelloselvaggio ed inospitale delle montagne, delle foreste,delle lande deserte.

Il punto di vista comincia a mutare con la rivolu-zione scientifica dell’età moderna: osservatore e natu-ra osservata si distanziano e la natura, così «oggettiva-ta», diviene oggetto della scienza, cioè misurata, rile-vata, sezionata, classificata. È il momento della carto-grafia scientifica, delle grandi classificazioni botaniche ezoologiche, ma anche quello dell’applicazione delle leg-gi della prospettiva alle sistemazioni paesistiche del giar-dino barocco.

È proprio da questa continua ricerca di oggettiva-zione del mondo che nasce la consapevolezza dell’im-possibilità di comprendere in modo univoco la natura.Gli aspetti quantitativi non sono sufficienti a descriverela qualità e la complessità del paesaggio: tra rappre-sentazione estetica e descrizione scientifica del territo-rio si gioca nel corso del XVIII secolo uno scontro che èanche un fecondo incontro: da un lato la «veduta» as-surge a luogo dell’osservazione soggettiva per eccellenza(soggettività nella scelta del punto di osservazione, del-le condizioni di luce, dei particolari da mettere in evi-denza, dello stato d’animo di chi la osserva, la descrive,la rappresenta) e quindi diviene il luogo della riflessio-ne estetica. Dall’altro la cartografia si accinge alla «mi-sura generale dello Stato», a descrivere e rappresenta-re in dettaglio vaste porzioni di territorio (si pensi ai pri-

Maurizio BorianiPolitecnico di Milano, Facoltà di Architettura

Il paesaggio “storico”: alcune questioni di tutela, manutenzione e uso*

Page 50: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

50

mi catasti geometrico-particellari del territorio milaneseo alla cartografia di età napoleonica) con rilievi che so-no prima di tutto il tentativo di rappresentare in modooggettivo –cioé misurabile- i caratteri qualitativi del pae-saggio, le colture e gli elementi naturali che lo com-pongono.

Tuttavia i due modi di rappresentazione non sonotra di loro estranei, poiché entrambi influenzano deci-samente le trasformazioni del territorio e, in partico-lare, il progetto paesaggistico: il primo il giardino, chesi estende a tutto il territorio, ben al di là degli stretticonfini della residenza di campagna; il secondo l’im-pianto delle grandi opere infrastrutturali, che imponeai luoghi coinvolti nuove «magnifiche sorti e progres-sive». Da un lato le grandi utopie paesaggistiche, perle quali tutto il territorio è progettato, naturale ed an-tropico, da un solo demiurgo: Blenheim, CastleHoward, Wörlitz, Muskau, ma anche il Parco della Vil-la Reale di Monza nel progetto del Canonica; dall’al-tro l’inesorabile incedere di strade, canali, ferrovie, bo-nifiche, sistemazioni agrarie, insediamenti urbani, checon la loro logica razionale impongono linee geome-triche e innaturali alle «belle contrade» e alle selvag-ge montagne di un tempo.

Un nuovo punto di svolta è sotteso nell’opera diAlexander von Humboldt4, per il quale il paesaggio nonpuò essere letto se non nella sua storia, naturale edumana e, ancor più, in quella successiva di Eugène Viol-let-le-Duc5 che, con la sua magistrale descrizione delmassiccio del Monte Bianco, compie il passo estremo edecisivo del concepire la natura intera come una im-mensa costruzione: “il nostro globo non è che un gran-de edificio in cui tutte le parti hanno una ragion d’essere;la sua superficie mostra delle forme dettate da leggi fer-ree e rispondenti ad un ordine logico”.

Dunque la natura è il risultato di una costruzione,cui ha messo mano prima il Creatore e poi l’Uomo, sul-la quale sono riconoscibili i segni del trascorrere deltempo. Proprio come tale essa può essere letta comepaesaggio, cioè territorio abitato, luogo della stratifica-zione storica degli eventi naturali ed umani. In questosenso la lettura del paesaggio rientra a buon diritto al-l’interno delle scienze storiche ma è al contempo lacondizione di una rifondazione di un fare architetturache è fare consapevolmente paesaggio, non nel sensodel dilatare la dimensione fisica delle opere, ma in quel-lo dell’incrementare la complessità delle relazioni, spa-ziali ma anche ambientali, tra queste e il loro contesto,con una sempre maggiore responsabilità nei confrontidi quanto si conserva, si crea o si distrugge.

La connessione logica paesaggio-progetto è, d’al-tra parte, già tutta insita nell’etimologia: il termine pae-saggio, come è noto, deriva da «paese», a sua volta trat-to dal latino tardomedievale pagensis, aggettivazione dellatino classico pagus, villaggio [arcaicamente = pietra di

confine, da pangere = conficcare], cioè parte di territo-rio naturale delimitato, segnato e quindi colonizzatodall’uomo. Paesaggio è dunque il territorio naturalepertinente al pagus, cioè la parte di territorio che l’uo-mo riconosce come antropizzato. In questo senso, iltermine paesaggio introduce la presenza dell’uomo cheopera sul territorio e, di conseguenza, la nozione di sto-ria, come ben ci ricorda Emilio Sereni: il paesaggio at-tuale è la somma di tutti i paesaggi, prima naturali e poiantropici, del passato: esso è la “forma che l’uomo…coscientemente e sistematicamente imprime al pae-saggio naturale”6.

Per chi si occupa dei problemi della tutela e dellaconservazione dei Beni Culturali è quindi possibile un’a-nalisi antropologica del paesaggio, intesa come “capa-cità di comprendere dei segni, di decodificare il mes-saggio”7 che le diverse attività umane hanno lasciatodietro di sè sul terreno.

Il termine paesaggio richiama pertanto una dupli-ce presenza dell’uomo sul territorio: in quanto antro-pizzatore della Natura (il villaggio che ha colonizzato ilterritorio) e in quanto osservatore della stessa Natura re-sa domestica dalla laboriosità del colono o dalla inter-pretazione dell’osservatore (in questo ultimo senso an-che la natura più “selvaggia” è antropizzata in quantointerpretata come tale dall’uomo).

«Natura vista attraverso una cultura, questo è ilpaesaggio8: non c’è definizione più sintetica, più chia-ra e, come vedremo, più utile ai fini operativi.

Appare dunque evidente che, preso nel suo signi-ficato più profondo, il termine paesaggio va dunque benal di là del più neutrale termine di «veduta», termine chespesso ne è erroneamente considerato quasi un sinoni-mo. Il paesaggio è infatti il territorio costruito dall’uomoe valutato in quanto risultato della sua attività, è cioè ilterritorio dove la storia degli uomini si è esplicata ed halasciato le sue tracce: per questo esso può essere defi-nito come un territorio cui è stato aggiunto, diretta-mente o indirettamente, lavoro umano, lavoro che ne hadeterminato un nuovo assetto, diverso da quello origi-nario.

In questo senso l’agricoltura [= cura dell’agrum,cioè del territorio non abitato] può essere consideratacome l’attività paesaggistica per eccellenza.

Un altro concetto, quello di ambiente è spesso con-fuso con il paesaggio. La stessa vecchia titolazione delMinistero dei Beni Culturali e Ambientali italiano è sta-ta spesso, all’estero, fonte di equivoci, visto che esisteanche un Ministero dell’Ambiente. Anche in questo ca-so può venirci in aiuto l’etimologia: nel termine am-biente è insito il senso dello “stare dentro”, stare inmezzo” [dal latino ambire = andare intorno, circonda-re, da cui ambiente = ciò che ci circonda]: nell’ambien-te l’osservatore guarda a sé stesso come parte di un tut-to, studia le relazioni che è in grado di intrattenere con

Page 51: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

51

il suo contesto, ricerca situazioni di equilibrio tra sé e ciòche lo circonda; costruisce cioè la propria vita, scrive lapropria storia all’interno di un ecosistema più generaledi cui partecipa.

In queste accezioni, i concetti di ambiente e di pae-saggio rappresentano due strumenti conoscitivi di gran-de importanza per definire problemi e compiti della tu-tela e del governo del territorio abitato: osservato comepaesaggio, un territorio deve essere difeso in quantoluogo ove sono depositate le tracce della storia umana,del suo confrontarsi con la Natura, del suo trasformar-la, in quanto cioè sistema di segni e significati che vol-ta a volta vi si sono accumulati; osservato come am-biente, il territorio è il luogo del mantenimento/ripristi-no di uno stato di equilibrio tra l’Uomo e la Natura, nelquale venga garantita la riproducibilità del Mondo, pernoi e per le future generazioni.

Ambiente e paesaggio non esistono di per sé, co-me qualcosa di separato, ma sono modi di interpretareil mondo che l’uomo utilizza per i propri fini progettua-li di conservazione e di trasformazione del territorio.

Quello che appare evidente è il fatto che le tra-sformazioni indotte sulla Natura dalle attività umaneintroducono in ogni caso degli elementi di disequilibriorispetto allo stato iniziale o, meglio, definiscono un nuo-vo stato di equilibrio, di per sé instabile in quanto risul-tato dell’aggiunta di lavoro umano ad un territorio na-turale che di per sé assumerebbe una differente confi-gurazione.

Un tale precario equilibrio può essere garantito so-lo dalla continua aggiunta di nuovo lavoro da parte del-l’uomo; in altre parole da una continua opera di manu-tenzione che garantisca la conservazione delle opere rea-lizzate, di fronte al loro inesorabile deperirsi.

Si tratta di un fatto ben noto, in passato, anche achi si occupava di progettazione paesistica, che è bensintetizzato in un passo di Hermann von Puckler-Mu-skau: “La nostra creazione è viva e i nostri quadri, ana-logamente a quelli della natura, … non sono statici,bensì in incessante divenire e una volta portati a termi-ne non li possiamo mai abbandonare a se stessi…Dovela mano [dell’uomo] viene a mancare, le nostre operenon solo decadono, ma si trasformano in qualcosa di to-talmente diverso da quello che erano al momento del-la creazione”9. Quello che vale per un giardino, per unparco (ma per Puckler giardino e paesaggio sono tutt’u-no), vale per ogni paesaggio costruito, in particolareper il paesaggio agrario, soprattutto nel momento in cuii sistemi tradizionali di conduzione dei suoli vengono adecadere, per abbandono o per nuove esigenze eco-nomiche. Inesorabilmente, mancando la mano dell’uo-mo che lo mantenga, un paesaggio tende a ritornare al-lo stato naturale: “Succede sempre così; il suolo si ven-dica dell’uomo che diserta l’agricoltura, e che sprezza ibenefici del lavoro, che sconosce i suoi diritti e la sua for-

za, che lo affida a braccia mercenarie, che insulta la suadignità giudicandolo retaggio di schiavi”10.

I problemi della tutela e conservazione di un pae-saggio presentano una loro specificità: contrariamente al-le architetture propriamente dette, il paesaggio agrario(uso qui il termine in senso lato, contrapposto al pae-saggio “urbano”) è il risultato di un’opera di costruzio-ne diffusa, realizzata nel corso dei secoli dall’intera po-polazione (contadini in particolare) e composta da ma-teriali altamente deperibili o instabili (vegetazione, acque,terra, pietre a secco, ecc.): in esso, gli stessi edifici inci-dono più per le loro qualità diffuse (materiali costruttivi,tipi edilizi, modalità insediative) che per i loro caratteri sti-listici ed architettonici specifici.

Per questo, la conservazione del paesaggio storicoè oggi molto più difficile che in passato: i modi tradi-zionali di conduzione dei suoli tendono quasi ovunquea venir meno: intere porzioni di territorio, un tempo abi-tate sono ora abbandonate in quanto economicamen-te marginali; i materiali costruttivi storici, un tempo re-cuperati sul posto o nelle immediate vicinanze (e quin-di perfettamente omogenei all’ambiente naturale), so-no sostituiti dai nuovi materiali industriali, prodotti arti-ficiali di provenienza esterna, più economici, ma rara-mente compatibili con quelli antichi; lo stesso si può di-re per i tipi edilizi e, addirittura, per gli elementi vege-tali (colture agricole o elementi di arredo). Quella che untempo era una forma di autocostruzione e automanu-tenzione perfettamente integrata nel territorio, per evi-tare che diventi una trasformazione incongrua se nonaddirittura violenta delle condizioni naturali o storiche diun sito, necessita oggi di un contributo progettualespecialistico molto più complesso e articolato che nonin passato.

Chi affronta oggi i problemi della tutela e conser-vazione del paesaggio, si trova infatti di fronte alla ne-cessità di un controllo progettuale, sia dei nuovi inter-venti che delle opere di manutenzione, molto più diffi-cile e diffusivo che non in passato: non basta più infat-ti affidarsi alla sapienza costruttiva dei nostri padri che,un po’ per necessità e un po’ spontaneamente, sape-vano integrarsi alle preesistenze storiche e naturali. Que-sta sapienza è infatti ormai persa o, nei pochi casi in cuiancora sopravvive, risulta economicamente e cultural-mente obsoleta. È necessario invece compiere scelte trauna gamma molto ampia di soluzioni possibili, coinvol-gendo una gamma molto ampia di operatori: dagli spe-cialisti dei diversi settori coinvolti nella gestione del ter-ritorio, ai contadini, agli abitanti, ai residenti tempora-nei delle seconde case.

È proprio da questo fenomeno che deriva lo scon-tro tra chi si occupa della salvaguardia del paesaggio euna cultura dell’autocostruzione, del «fai da te», abituatada sempre ad agire senza controlli: cultura che una vol-ta non poneva grandi problemi (per le piccole dimensioni

Page 52: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

delle trasformazioni indotte e per la sua quasi naturalecapacità di autocontrollo) ma che oggi diventa «abusiva»e devastante proprio per la nuova complessità delle que-stioni coinvolte o per le più estese dimensioni di inter-vento consentite dalle attuali tecnologie.

Il problema della tutela e della conservazione di unpaesaggio storico sta infatti proprio nel fatto che si trat-ta di salvaguardare un bene per definizione altamentediffuso al cui governo non può che partecipare la tota-lità della popolazione (poiché è la totalità della popola-zione che l’ha prodotto e, soprattutto, che ancor oggilo abita), ma che la popolazione attuale non è più in gra-do di governare agevolmente per la superiore com-plessità delle scelte da mettere in campo.

Il fallimento di una politica di tutela paesistica gio-cata solo sul piano del divieto alla trasformazione è pro-prio dovuto alla sottovalutazione del fatto che il pae-saggio è in primo luogo un territorio costruito, che co-me tale deve essere sottoposto ad una continua manu-tenzione per contrastarne il degrado e che per esseremantenuto deve essere in qualche modo usato.

Manutenzione ed uso comportano necessaria-mente anche interventi, siano essi di conservazione e/odi adeguamento dell’esistente, siano essi di nuova rea-lizzazione: è proprio la qualità di questi interventi (e, na-turalmente, la loro quantità e distribuzione), come ab-biamo visto necessariamente diffusi e difficilmente con-trollabili, che risulta decisiva per la salvaguardia del pae-saggio storico e per la forma del paesaggio futuro.

Allo stesso modo, proprio in quanto prodotto ditutti (e, spesso, ricordo di una vita peggiore di quella at-tuale), il paesaggio storico stenta ad essere compreso co-me valore: molte delle distruzioni operate sul patrimo-nio paesistico del nostro territorio sono dovute, primaancora che a malafede o a fenomeni di carattere spe-culativo, al misconoscimento del valore di documentostorico che esso possiede proprio in quanto luogo do-ve si sono depositate le tracce del lavoro di innumere-voli generazioni umane. È invece proprio questo che fadel paesaggio, a tutti gli effetti, un monumento che, inquanto tale, va non solo tutelato giuridicamente, ma an-che conservato nei suoi aspetti morfologici, materici edarchitettonici ed utilizzato in modo responsabile e com-patibile con la sua natura.

Quello che distingue un paesaggio, in particolarenel caso in cui gli elementi costitutivi principali sonoquelli naturali, (zone agricole, giardini e parchi storici, si-ti di interesse naturalistico) rispetto ad un monumentointeso nel senso più stretto del termine (l’edificio, il cen-tro storico), è la sua delicatezza: delicatezza di compo-nenti, come si è detto (la materia vegetale, il terreno, leacque, ecc.), e delicatezza delle opere di manutenzionenecessarie per conservarlo (lavori stagionali e continui,interventi diffusi e numerosi, eseguiti non necessaria-mente da specialisti, ecc.): mentre le opere di manu-

tenzione ad un edificio possono essere messe in cantierecon periodicità dell’ordine del decennio ed utilizzandoin prevalenza progettisti e manodopera specialistica, lavariabilità di un paesaggio agrario o di un giardino ri-chiede opere stagionali ed annuali continue ed impre-scindibili, anche se non sempre programmabili a priori,opere quasi sempre affidate a figure professionali ma-gari espertissime nel loro settore ma non necessaria-mente in quello dell’architettura e della tutela e con-servazione dei beni culturali.

Questo significa che, se un paesaggio storico è il ri-sultato di attività produttive che tendono ad uscire dal-la contemporaneità, a divenire obsolete, antieconomi-che, la sua conservazione diviene pressoché impossibi-le senza che ad esso vengano attribuite nuove funzionie nuovi ruoli sociali ed economici: pochi anni di abban-dono possono infatti determinare alterazioni profon-de, ben più che per un edificio, mentre un suo uso im-proprio o forme di manutenzione inadeguate possonoprovocare una perdita irreversibile delle caratteristichecostruttive storiche.

La bellezza del paesaggio italiano sta, d’altra par-te, proprio nel fatto che esso è il risultato di una gran-de quantità di lavoro umano messa in atto per contra-stare le condizioni ostili dei luoghi nel loro assetto na-turale: quanto più il clima, l’orografia, i caratteri pedo-logici erano difficili, tanto più gli uomini sono stati co-stretti a modellare e migliorare il terreno, a regolarel’afflusso e lo smaltimento delle acque, a proteggere lecolture dagli sbalzi climatici, dai venti e dalle intempe-rie, a produrre, in una parola, paesaggio.

Questi paesaggi difficili sono anche i più precari: al-lestiti per coltivare terreni marginali o difficilmente ac-cessibili sono i primi ad essere abbandonati al venir me-no di una redditività economica accettabile. Faticosi daprodurre sono infatti anche faticosi da mantenere: legrandi monocolture specializzate praticate in altri terri-tori esercitano una concorrenza insostenibile; l’abbatti-mento dei costi di trasporto e lo sviluppo delle tecnichedi conservazione distruggono le piccole colture locali chevedevano una discreta possibilità di sopravvivenza nel-le condizioni di relativo monopolio in cui operavano. Lecolture ai margini dei rispettivi areali sono le prime a ce-dere il passo; nuove coltivazioni, più redditizie, sostitui-scono quelle tradizionali: vigneti, oliveti, agrumeti, ca-stagneti, marcite, risaie sono lasciati in abbandono e,con la loro scomparsa, scompare anche il paesaggioche esse avevano prodotto. L’agricoltura della globaliz-zazione produce più che la rinaturalizzazione, l’inselva-tichimento di aree un tempo pregiate e celebri per i lo-ro prodotti e per la qualità del paesaggio.

D’altra parte, le leggi economiche hanno le loro ra-gioni: non si può costringere un contadino a lavorarenelle stesse faticose condizioni dei suoi avi, per di più conun reddito in tendenziale diminuzione per via della con-

52

Page 53: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

53

correnza internazionale. Né ci si può limitare ad accet-tare forme di sopravvivenza degli antichi modi coltura-li nel secondo lavoro di ex contadini inurbati o negli hob-bies dei fine settimana di qualche appassionato di quel-la estrema forma di giardinaggio cui si sta riducendo l’a-gricoltura in certe zone del nostro territorio.

Come dare dunque una qualche speranza ai nostriantichi paesaggi? Occorre in primo luogo cominciare adosservare le cose da un punto di vista meno settoriale:è chiaro che se si intendono valutare costi e benefici del-l’attività agricola solo in funzione delle quantità di pro-dotto per unità di superficie e del loro valore di merca-to, quella dell’abbandono di tutti i paesaggi agrari «dif-ficili» è una sorte facilmente prevedibile, ed anche intempi brevi.

È però vero che l’agricoltura tradizionale svolgevail solo compito di produrre beni di consumo, senza svol-gere contemporaneamente, e magari inconsciamente,altri servizi?

Quello che distingue il contadino-allevatore dal suoantenato raccoglitore-cacciatore è il fatto che quest’ul-timo si deve preoccupare esclusivamente di non impo-verire troppo l’ambiente naturale in cui vive, mentre ilprimo ha il compito, molto più difficile, di riprodurre, an-no per anno, l’ambiente naturale- artificiale che si è co-struito.

L’agricoltore dunque, per definizione, non è soloproduttore di beni primari, in particolare alimentari, maanche manutentore del territorio: si occupa infatti di ga-rantire il permanere delle condizioni di produttività deiterreni, della riproducibilità dei suoli appunto.

Lo stretto rapporto che è storicamente intercorsotra produzione agricola e manutenzione del territorio hafatto sì che esso sembrasse implicito: l’agricoltore nonera ricompensato per il suo lavoro di tutore del pae-saggio, bensì per il prodotto agricolo immesso sul mer-cato; a sua volta però, la salvaguardia del territorio erala condizione indispensabile di una buona produzioneagraria.

Con lo sviluppo della rivoluzione industriale questorapporto si indebolisce e tende a venir meno: moltearee marginali dal punto di vista economico sono ab-bandonate all’inselvatichimento, mentre altre, più van-taggiose, vedono l’avvicendarsi di sistemi colturali sem-pre più specializzati. L’agricoltura contemporanea in-duce sul territorio vaste opere di livellazione, regolariz-zazione, ricomposizione fondiaria, edificazione di strut-ture per il ricovero e la prima lavorazione dei prodottidella terra; nuove colture e nuove costruzioni sostitui-scono quelle tradizionali mentre antichi impianti (siepi,rogge, muri di recinzione, fienili, stalle, ecc.) sono rimossio abbandonati.

I costi dell’abbandono di parti del territorio (quellemontane in particolare) e del sovrasfruttamento di altrenon sono più a carico del produttore agricolo, ma non

per questo scompaiono: sono semplicemente trasferitisul bilancio dell’intera collettività (dissesti idrogeologici,inquinamento, degrado paesistico, ecc.).

Un secondo grande gruppo di problemi è posto dal-le questioni ecologico-ambientali: la rottura degli equi-libri naturali compiuta con la rivoluzione industriale nonha riguardato solo il rapporto natura/città; per quantoparadossale possa sembrare, anche nel settore agrico-lo si sono avute forti ripercussioni, che hanno determi-nato una vera e propria crisi ecologica agricola: la de-sertificazione delle campagne, la rottura delle catene ali-mentari naturali, la forte riduzione della biodiversitàpresente sul territorio per unità di superficie.

Il contadino produttore-manutentore antico eraanche responsabile conservatore della naturalità del ter-ritorio, avendo imparato a sue spese che, oltre agli equi-libri geologici ed idraulici, anche quelli ecologici costi-tuivano la condizione di una buona produzione, perqualità e quantità. Anche questa cura dell’ambiente, untempo insita nella gestione dei fondi agricoli, dei boschie dei pascoli, è oggi messa a carico della collettività.

Quanti rischi il dissesto idrogeologico, l’inquina-mento dell’aria e delle acque, l’impoverimento dellabiodiversità facciano correre oggi alla collettività è sintroppo facile esporre, dal momento che sono oggetto dicronaca quasi quotidiana. Allo stesso modo, il degradoper abbandono dei fabbricati rurali e delle sistemazioniagrarie tradizionali comporta una perdita irreversibile diun patrimonio culturale che avrebbe invece ancora mol-to da trasmetterci.

È dunque necessario ed urgente rivedere radical-mete la figura professionale (e anche sociale) dell’agri-coltore, dell’uomo della terra: almeno per certe parti delterritorio, il mondo della sovrapproduzione agricola stan-dardizzata dovrebbe essere almeno affiancato, se non ad-dirittura sostituito, da un nuovo mondo, quello di unaproduzione magari ridotta per quantità e migliorata perqualità, attenta tuttavia a quel ruolo storico di manu-tentore del territorio e dell’ambiente che, come abbiamovisto, competeva un tempo al contadino.

Valori economici della produzione agricola, asset-to idrogeologico del territorio, condizioni ecologico-ambientali: non sono queste le uniche categorie di giu-dizio di cui possiamo disporre nella valutazione dellecondizioni di un’area geografica: nella storia del pae-saggio italiano utile e diletto sono costantemente pre-senti nei giudizi degli scrittori di agraria e nelle descri-zioni dei viaggiatori.

Si aggiunge così un’altra variabile, quella estetica:il mondo agricolo è anche produttore di paesaggi; ilcontadino è il primo architetto del paesaggio. Anzi: sipuò osservare come la figura professionale dell’archi-tetto del paesaggio nasca proprio in concomitanza conil venir meno, a seguito della rivoluzione industriale, diuna spontanea produzione paesaggistica di qualità da

Page 54: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

parte del mondo agricolo e con il progressivo allonta-narsi della natura dalla città.

Gli agricoltori devono nuovamente tornare ad essereproduttori e gestori di paesaggi di qualità, paesaggi neiquali l’uomo torni ad abitare, nel senso più vero del ter-mine, che è quello di avere con continuità (tenere), e daiquali invece non tenda, appena possibile, a sfuggire.

È dunque necessario coinvolgere nel nuovo pro-getto agrario tutte le problematiche che un tempo neerano governate in modo implicito: quelle agronomichenaturalmente, ma, come si è visto, anche quelle am-bientali e culturali. Esplicitare e governare in modo ra-zionale la complessità dei problemi di gestione territo-riale individuati comporta naturalmente una nuova as-sunzione di responsabilità da parte non solo del mon-do agricolo ma anche di tutte le categorie professiona-li che, direttamente o indirettamente, si occupano deitemi della pianificazione territoriale e delle realizzazio-ni architettoniche, infrastrutturali e paesaggistiche ad es-sa conseguenti. Il prezzo che stiamo pagando alla set-torialità e alla separatezza tra le diverse competenze ètroppo alto da accettare: troppo alto per gli agricoltori,che devono vedere rivalutato il loro lavoro (e il redditoconseguente), assegnando ad essi anche il ruolo di ma-nutentori del territorio, di custodi/implementatori dellesue qualità paesaggistiche e naturali; troppo alto per lacollettività, che necessita con urgenza di adeguati in-terventi di tutela, conservazione e recupero delle risor-se, ambientali e culturali, del territorio in cui dobbiamovivere.

Non si tratta dunque di ritornare indietro, ad unagricoltore in costume antico che recita la parte delbuon selvaggio ad uso dei turisti delle città: c’è molta ne-cessità di ricerca, sperimentazione e innovazione in que-sto settore.

Come conservare i pregi del paesaggio agrario sto-rico senza il fardello del prezzo delle fatiche inumane chelo hanno prodotto? Come garantire una buona (perqualità ma anche per quantità) resa agraria senza en-trare in contraddizione con le esigenze di mantenimentodell’equilibrio ecologico e di conservazione del paesag-gio culturale?

È possibile un paesaggio agrario contemporaneo diqualità paragonabile ai migliori paesaggi antichi?

È possibile per la città tornare alla campagna sen-za perdere l’effetto urbano (l’aria di città rende liberi)?

Scienze naturali e agrarie, scienze fisiche, applica-zioni ingegneristiche, architettura, impiantistica, infor-matica ma anche tutte le scienze umane, a partire dal-la geografia e dalle scienze della conservazione dei be-ni culturali: per tutte c’è non solo spazio ma anche esi-genza di studi e ricerche e di applicazioni sperimentali,se solo sapranno andare al di là dei ristretti campi disci-plinari specifici e confrontarsi l’una con l’altra e tutte coni problemi emergenti.

Si rende necessaria una sorta di piano regolatoreper le aree non urbane, che sappia coinvolgere in un’u-nica strategia operativa l’insieme delle tematiche sopraindicate: un piano di gestione che consenta inoltre allediverse variabili in gioco di fornire delle economie di sca-la alle altre.

Una produzione agricola a bassa redditività puòtrovare tuttavia ampie forme di sostegno presso altri ca-pitoli di spesa: la sistemazione idrogeologica, il moni-toraggio dei fenomeni relativi, la piccola manutenzionedelle opere; la conservazione e il miglioramento dellabiodiversità complessiva di un’area; la rinaturalizzazio-ne di territori degradati (corridoi ecologici, forestazioneurbana, ecc.); il turismo e la valorizzazione culturale diun sito (ecomusei, itinerari escursionistici, agriturismo);il miglioramento della qualità degli insediamenti resi-denziali; il risparmio energetico e l’impiego di energierinnovabili.

Si potrebbe iniziare da alcuni progetti sperimenta-li (piani di recupero paesaggistico ma anche piani di tu-tela e gestione), in particolare a partire da alcuni dei piùcelebrati paesaggi culturali oggi in grave stato di ri-schio: paesaggi a denominazione d’origine controllatache devono tornare a produrre prodotti DOC e che pro-prio per questo sono in grado di offrire un ambienteDOC sia ai loro abitanti che ai visitatori. L’interesse scien-tifico di un simile progetto, le economie di scala che con-sentirebbe, le sinergie di risorse mobilitabili, appaionoevidenti.

Ne consegue: a) Una tutela puramente vincolistica può servire a ral-

lentare il degrado o la trasformazione di un pae-saggio, ma non è sufficiente a garantirne la con-servazione. Anzi, in certi casi, un vincolo, non ac-compagnato da opportuni interventi in positivo,può costituire una concausa del degrado, accele-rando l’abbandono del sito da parte del proprieta-rio/utente, che spera in questo modo nel venir me-no delle cause delle limitazioni imposte al propriooperare.

b) Conservare senza riutilizzare comporta l’inevitabileuscita del bene dal mercato, il suo ingresso nelcampo delle economie assistite; in breve la radica-le diminuzione di quanto si riesce a conservare, ola sua riduzione a «riserva» decontestualizzata dalresto del territorio.

c) Solo una piccola parte del paesaggio storico può es-sere musealizzata, cioè conservata di per sé, senzache ne venga consentito un uso economicamenteproduttivo. È necessario definire quindi nuovi usiper il paesaggio storico, usi che siano compatibilicon i problemi della salvaguardia dei valori in essocontenuti, ma che siano al contempo veri usi, eco-nomicamente significativi.

d) È necessaria altresì una riflessione su quanto gli an-

54

Page 55: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

55

tichi usi e le tecniche di gestione ad essi connessi sia-no effettivamente obsoleti, verificandone le poten-zialità non solo sul piano microeconomico dell’a-zienda agricola o del reddito individuale, ma anchea livello globale (controllo dell’assetto idrogeologi-co e dei fattori ecologico-ambientali; qualità degli in-sediamenti umani; interesse turistico; ecc.).

e) Fondamentale è l’opera di conoscenza (documen-tazione, rilievo, inventario) dei siti sui quali inter-venire, da realizzarsi a scale opportune, che per-mettano di comprendere nei dettagli le compo-nenti costruttive dei paesaggi storici e i problemi at-tuali della loro conservazione, e da operarsi non so-lo con finalità scientifiche ma anche allo scopo didivulgare al massimo livello possibile la conoscen-za dei valori storico-documentari, ma anche natu-ralistici e ambientali, insiti in essi. Qui più che al-trove, si deve operare un vero e proprio disvela-mento dei valori incorporati nel paesaggio storico,valori che, per loro natura, tendono rapidamente,nel giro di poche generazioni, ad essere dimenticatie disconosciuti.

f) Ancora più fondamentale è la costruzione di unconsenso diffuso sull’opportunità dalla conserva-zione del paesaggio storico. Questo consenso si ot-tiene solo con la comprensione da parte di tutti deivalori insiti in esso, ma anche con la dimostrazionedel fatto che i beni così conservati possiedono an-cora una loro utilità (ambientale, sociale e, possibil-mente, anche individuale) e costituiscono una risorsaeconomica che, se correttamente sfruttata, può an-che garantire una rendita apprezzabile.L’insieme di queste operazioni potrebbe costituire

un importante punto di svolta nella pianificazione del-la tutela paesistica: non più la sola salvaguardia passivadi aree valutate esclusivamente in un’ottica puramentevisuale, ma la conservazione e la manutenzione appro-priata degli elementi costitutivi il paesaggio inteso comepaesaggio costruito, per il quale è necessario ritrovare,

magari aggiornati, gli antichi usi o progettare nuovi usicompatibili con la sua strutturazione storica.

Ancora una volta ritorna Ambrogio Lorenzetti: ogniPaese ha, alla fine, il paesaggio che si merita.

NOTE

* Questo testo costituisce l’ampliamento e la rielaborazione di duepubblicazioni dell’autore: – Il paesaggio come “paesaggio costruito”.Manutenzione, conservazione e uso di un patrimonio storico, in: M.Bo-riani (a cura di), Giardino e paesaggio. Conoscenza, conservazione,progetto, Alinea, Firenze, 1997. Manutenzione del paesaggio: un nuo-vo/antico ruolo per l’agricoltura, in A.Cazzani (a cura di), Giardinid’Agrumi: limoni cedri e aranci nel paesaggio agrario italiano, GrafoEdizioni, Brescia, 1999 (in corso di stampa).

1 I.Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino, 1972, pag. 143.2 J.Ritter, Paesaggio. Uomo e natura nell’età moderna, Milano,

1994 (titolo originale: Landschaft. Zur Funktion der Ästhetischen in dermodernen Gesellschaft, Müunster, 1963), pag.47.

3 Cfr: Montaigne, Viaggio in Italia, Laterza, Bari, 1991; L.B.Al-berti, I primi tre libri della famiglia, Libro III, Della economia,1433-34,ristampa: Firenze, Sansoni, 1946; A.Lollio, Lettera di M.Alberto Lollio,nella quale rispondendo ad una di M.Hercole Perinato, egli celebra lavilla e lauda molto l’agricoltura, Venezia, 1544; B.Taegio, La Villa:dialogo di M.Bartolomeo Taegio, Milano, 1559; A.Gallo, Le vinti gior-nate dell’Agricoltura et de’ piaceri della villa, Venezia, 1569, ristam-pa anastatica: Forni, Sala Bolognese, 1978; V.Tanara, L’economia delcittadino in villa, libri 7, Venezia, 1687.

4 A. von Humboldt, Kosmos. Entwurf einer physichen weltbe-schreibung, Cotta, Stuttgart-Tubingen, 1845, trad. it.: Cosmos. Sag-gio di una descrizione fisica del mondo, Venezia, 1850.

5 E. Viollet-le-Duc, Le Massif du Mont Blanc, Bandry, Paris-Lié-ge, 1876.

6 E.Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano, Bari, Laterza,pag. 3

7 Caruso, L’analisi antropologica del paesaggio, in “Edilizia Mo-derna”, nn.87-88, 1966, pagg. 12-16

8 Ch.Blanc-Pamard, J.P.Raison, voce Paesaggio, Enciclopedia Ei-naudi, 1980.

9 H. von Puckler-Muskau, Giardino e paesaggio, Milano, 1984(titolo originale: Andeutungen über Landschaftsgärtnerei, Stuttgart,1834), pag.116.

10 C.Cattaneo, La città come principio (a cura di M.Brusatin), Pa-dova, 1972 (titolo originale: L’uomo e il suolo, in: “Il Politecnico”, XVIII,1863), pag.51.

Page 56: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

In questa nota presento alcune considerazioni sin-tetiche relative ad alcuni termini, definizioni, problemiproposti nell'intervento del Ministro Melandri (del 24marzo 1999) e nel documento successivamente inviatodal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Prevedo,se possibile, di ampliare questo contributo nella 2a fa-se del programma di lavoro previsto dal Ministero per iBeni e le Attività Culturali.

Termini, concetti, definizioni

I termini ambiente, territorio, paesaggio, sono -come è noto - presenti e assumono significati diversi indiversi ambiti disciplinari e culturali (naturalistico-ecolo-gico, storico-geografico, filosofico-estetico, socio-eco-nomico-antropologico, urbanistico-architettonico). Vor-rei cercare di sintetizzare i contenuti e le correlazioni trai termini ambiente, territorio, paesaggio, precisandoche - come accade per ogni tentativo di definizione eschematizzazione - lo scopo è soprattutto quello di fa-cilitare la ricerca delle tante correlazioni tra le interpre-tazioni e la sostanza degli oggetti e che alle definizioninon si attribuisce un valore assoluto né statico.

Il termine ambiente viene assunto soprattutto se-condo l'accezione di tipo fisico-naturalistico-ecologicocome insieme di risorse biotiche e abiotiche tra lorocorrelate e interagenti.

Il termine territorio viene assunto soprattutto se-condo l'accezione delle discipline umanistiche (socioeconomiche-territoriali antropologiche).

Per il termine paesaggio propongo una ipotesi didefinizione alla quale sono pervenuta partendo - moltianni fa – dai contributi dati alla costruzione di una ideadi paesaggio da persone che studiavano e operavano indiversi settori disciplinari e che ho avuto la fortuna di po-ter frequentare o di conoscere attraverso i loro scritti1.Secondo questa definizione "il paesaggio è la manife-stazione sensibile e percepita in senso estetico, del si-stema di relazioni che si determina nell'ambiente biofi-

sico e antropico e che caratterizza il rapporto delle so-cietà umane e dei singoli individui con l'ambiente e conil territorio, con i siti e i luoghi, in cui si sono sviluppati,abitano e operano".

Al termine sistema o struttura, viene attribuito ildoppio significato derivato dalla formulazione di C. Le-vi-Strauss2 e di F. Braudel (attraverso la citazione e inte-grazione datane da L. Gambi3).

Fanno parte di una prima sfera (geosfera-biosfera)le risorse primarie (terra, acqua, sole, aria) che, in rela-zione alle situazioni di altitudine, latitudine e allo spes-sore e fertilità del suolo, consentono e favoriscono tipi diflora e di associazioni vegetali, tipi di fauna e animali (tracui l'uomo, visto come parte del regno animale): questoinsieme interrelato e dinamico costituisce la strutturaambientale. Le sue componenti sono studiate prevalen-temente, singolarmente e nel loro insieme, dalle disci-pline fisico-naturalistiche. Di una seconda sfera (noosfe-ra o gnoseosfera) fa parte la popolazione umana - vistacome complesso di esseri pensanti che, nei diversi periodistorici e nelle diverse parti del globo terrestre si organiz-za e si insedia in modi diversi in rapporto alla propriaidentità e alla propria cultura (livelli sociali, economici,educativi, politici); che prende coscienza e possesso del-l'ambiente trasformandolo in territorio. Lo studio dei ca-ratteri e delle vicende della noosfera è, prevalentemen-te, compito delle discipline umanistiche. La ricerca dellastruttura è stata, nei primi decenni di questo secolo, il co-mune interesse e il terreno di incontro e di colloquio trasettori disciplinari che, soprattutto all'inizio del XIX secolo,si erano separati su due fronti: scientifico - positivista eumanistico – estetico - idealista. Sia nelle scienze natu-rali che nelle scienze umane si manifesta la necessità ditradurre i fenomeni studiati in atti comunicativi, alla ba-se dei quali è la struttura (psicologia e percezione comecomunicazione; genetica, ereditarietà come trasmissio-ne in codice, ecc.).

Gli ambiti della biosfera e della noosfera compren-denti l'ambiente e i siti, il territorio e i luoghi sono ideal-mente circoscritti da un cerchio al cui centro si trova

Vittoria CalzolariUniversità degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

56

Page 57: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

57

l'habitat, luogo dell'abitare per eccellenza. La sfera ge-neratrice del paesaggio - la sfera della memoria dellementalità, delle attitudini, delle intenzioni - entra in con-tatto con la sfera dell'habitat, dell'ambiente, del territo-rio attraverso le idee, attraverso l'osservazione e la co-noscenza e, simmetricamente, attraverso lo sguardo el'intuizione, attraverso i giudizi estetici che un individuo,un gruppo o una società dà delle realtà che rientrano nelsuo campo di osservazione e ricordo. Ogni giudizio ha inse qualcosa di progettuale, perché sollecita una triplicedomanda: come è, come era, come potrebbe essere?

La linea circolare che delimita la sfera della memo-ria, delle idee, della visione e riflessione, del giudizio eprogetto e quella che racchiude la sfera dell'habitat, delterritorio e dell'ambiente determinano un campo idea-le, lo spazio del paesaggio. Si potrebbe anche pensareche la prima linea circolare simbolizzi più decisamente ilpaesaggio-idea; 1'altra linea il paesaggio-oggetto o me-glio il paesaggio-struttura. Se questa interpretazione disignificato di paesaggio viene accettata, progettare ilpaesaggio significa ampliare, rendere più ricco, più ac-cessibile e significante il campo di cui si e detto.

Contraddizioni tra proposizioni teoriche, progettoe azione

Vi è oggi una forte contraddizione tra la quantitàdi proposizioni teoriche ed elucubrazioni in tema di pae-saggio moltiplicatesi negli ultimi quindici anni e la scar-sa incidenza che le proposizioni hanno avuto sui modidi fare leggi, sviluppare piani; e soprattutto sul produr-re le poche opere che, in special modo in Italia, posso-no essere annoverate tra i progetti di paesaggio. Loscarto tra teoria e realtà è in parte connaturato con lalunghezza dei tempi che separano il progetto di pae-saggio dal suo attuarsi e divenire percepibile e per la dif-ficoltà di rappresentare nel suo insieme una creazionepaesistica. Dalla dilatazione dei tempi e dalla scarsezzadi realizzazioni discende anche la difficoltà di verifichesul vivo che sarebbero indispensabili per valutare le que-stioni legate all'uso, all'evoluzione, alla gestibilità e so-stenibilità economica, tutte essenziali per poter miglio-rare anche la qualità del progetto.

Ma la ragione più profonda della contraddizionedetta sta, forse, nella non coerenza tra principi assunticome fondamento delle elaborazioni teoriche e criteri (oa volte "non criteri") seguiti nel progetto, includendo inquesta dizione i diversi tipi sia di piani che di progetti checon diverse denominazioni e diverso grado di specificitàagiscono sul paesaggio4. In particolare viene semprecontraddetta l'idea di sistema, che peraltro è continua-mente sbandierata, sia con riferimenti ambientali e eco-logici che con riferimenti architettonici e urbanistici o vi-sivi. In realtà i parametri e criteri di giudizio assunti so-

no molto vicini a quelli che portano a una zonizzazionedi tipo tradizionale, come appare ad esempio nelle zo-nizzazioni secondo la legge sulle Aree protette, n.394/91. La notevole quantità di dati in diversi settori di-sciplinari che vengono oggi richiesti per i piani e per levalutazioni di impatto ambientale rischiano di esserestratificati più che integrati e la forma di valutazionemulticriteria, che dovrebbe tendere appunto a consen-tire un giudizio integrato, porta piuttosto a esaminareentità tra loro disomogenee lette secondo una grigliageometrica anziché secondo un metodo strutturale.

Lineamenti per il progetto di paesaggio

Sembra allora che uno dei modi per costruire una li-nea di progettazione del paesaggio più soddisfacente po-trebbe essere il ripartire dal concetto di sistema e scoprirequale possa essere la traslazione di alcuni requisiti del si-stema nel progetto di paesaggio e nella sua realizzazionee gestione. Rudolf Arnheim nel suo studio "Ordine e com-plessità nella progettazione del paesaggio", indica nell'or-dine - "come il grado e il tipo di normazione che governai rapporti tra le varie parti di un insieme" - e nella com-plessità - "la molteplicità delle relazioni tra le varie parti diun insieme" - le categorie fondamentali per comprenderee organizzare mentalmente e fattualmente la realtà in cuiviviamo5. "Se il mondo non fosse ordinato e la mente nonfosse capace di percepire e creare l'ordine l'uomo non so-pravvivrebbe"6. Ordine e complessità appaiono antagoni-sti, e tuttavia l'uno non può sussistere senza l'altro; "Com-plessità senza ordine produce confusione; ordine senzacomplessità genera noia"7. La assenza di ordine è oggi lacondizione più diffusa e sofferta sia nel paesaggio natura-le che in quello costruito; la creazione di ordine è il pre-supposto fondamentale di un progetto e spesso coincidepiù che nell'aggiungere nel levare. Altri requisiti che speci-ficano il significato di ordine, lo integrano e possono rife-rirsi sia a fatti materiali che immateriali, sono : la continuità:di spazi, di flussi – in particolare di flussi d'acqua – di per-corsi, ma anche di flussi di cure e di finanziamenti; - la va-rietà e la coerenza : dalla biodiversità alla opportunità di at-tività diversificate; - il rapporto con il contesto e la qualitàdell'opera: il rapporto tra trame insediative e trame am-bientali, tra percorsi e strutture del territorio; il rapporto congli orizzonti e le visuali; il non occultamento di alcune ope-re, come ad esempio quelle tecnologiche, ma il migliora-mento delle loro qualità; - la densità di elementi naturali oartificiali e il loro reciproco rapporto : la "land art" cerca didare un nuovo senso al paesaggio con l'inserimento dipochi nuovi elementi evocativi.

Altri requisiti sono la rumorosità o la quiete, la con-centrazione o rarefazione, oggetti e odori, la densitàd'uso, ecc. Il progetto di paesaggio dovrebbe sapere uti-lizzare questi requisiti e prefigurare il risultato ottenibile.

Page 58: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

58

Ma contemporaneamente è importante compren-dere i caratteri strutturali del territorio nel suo com-plesso, nella sua tridimensionalità e temporalità.

Il secondo passaggio è la costruzione di uno sche-ma strutturale che interpreti i caratteri fondamentali deisiti e dei luoghi, le correlazioni tra fattori fisici e umani.Lo schema strutturale, che ha necessariamente già in seuna idea di progetto è e resterà il "pensiero essenziale"del processo ciclico di cui si è detto all'inizio: idea, co-noscenza, interpretazione, giudizio, progetto. Solo dopoche si sarà entrati in possesso dell'idea di struttura im-maginata, interpretata, costruita - si potrà dare inizio aquello che si indica normalmente con i termini di pro-getto o piano, accompagnati da varie oggettivazioni.

NOTE

1 J. Mc Harg e V. Giacomini (ecologia), L. Gambi, E. Sereni (sto-ria), E. Sestini (geografia), R. Assunto (estetica), M.T. Parpagliolo e P.Porcinai (architettura del paesaggio), V. Gregotti (progettazione ur-

banistica e architettura), B. Hackett (pianificazione paesistica), E. Tur-ri (semiologia del paesaggio)

2 "un .sistema retto da coesione interna, comprensibile com-parando fenomeni diversi tra loro e riconducibili allo stesso sistema direlazioni" (C. Levi-Strauss)

3 Ne ha scritto qualche anno fa il Braudel definendo la struttu-ra "une organisation, une conference... assemblage, architecture,mais plus encore une réalité que le temps use mal et véhicule trbs lon-guement". In termini più elementari e forse più espliciti si potrebbedire che "le strutture sono il telaio, o meglio, le forze di fondo dellastoria sociale : quella dei destini collettivi, cioè degli aggruppamentiumani coerenti, solidali, armonici. Sono, in una parola, i complessi diuna civiltà". L. Gambi : Critica ai concetti geografici di paesaggio uma-no, Faenza, 1961, p. 20

4 A parte la molteplicità di strumenti istituzionali (Piani Paesistici,Piani Territoriali di Coordinamento, Piani di Settore, Piani RegolatoriGenerali, Progetti d'area ecc.) non esiste una diversità nelle modalità enei contenuti; come osserva R. Gambino (…) non esiste una pianifica-zione paesistica né una pianificazione ecologica ma esistono molte for-me di pianificazione paesistica ed ecologica. In R. Gambino, Conserva-zione - innovazione: ambiente paesaggio, territorio, UTET 1997 pag. 188

5 Scritto nel 1960 per un manuale sull'architettura del paesag-gio, pubblicato in "Verso una psicologia dell'arte", Einaudi, 1969

6 ibid. p. 1537 ibid. p. 154

Page 59: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

59

Il presente documento, redatto nell’ambito dei la-vori di preparazione della “Prima Conferenza Naziona-le per il Paesaggio” indetta dal Ministero per i Beni e del-le Attività Culturali, si basa su un approccio transdisci-plinare che ha come fine ultimo quello di garantire la tu-tela del quadro paesistico, assicurare l’equilibrio ecolo-gico e promuovere il recupero e la creazione di nuovipaesaggi sostenibili nel quadro del soddisfacimento del-le esigenze di crescita culturale ed economica.

Si tratta di un contributo che la Federazione Asso-ciazioni Professionali Ambiente e Paesaggio forniscenell’intento di cooperare al processo di riordino organi-co della normativa vigente ed al coordinamento di prin-cipi, obiettivi, misure e strumenti tecnici di intervento,consapevole che il nostro Paese sta vivendo una fase cru-ciale di riflessione sulle possibili strategie integrate di di-fesa, gestione e sviluppo di questo specifico settore.

Si segnala come in questa sede si faccia ampio ri-chiamo ai materiali di seguito elencati, utilizzati come ri-ferimento e spunto di ulteriori riflessioni, sottolineandoche l’apporto della FEDAP si concentra sugli aspetti tec-nico-scientifici che sono propri delle Associazioni checompongono la Federazione. In particolare, in questa fa-se di lavoro, ci si sofferma brevemente su alcuni puntiritenuti d’importanza sostanziale ai fini applicativi delleistanze scientifiche, a integrazione e richiamo di quan-to già esposto nei testi seguenti: – Regione Lombardia Indirizzi per una nuova legisla-

zione sulla difesa, la gestione e lo sviluppo della na-tura e del paesaggio. Bollettino Ufficiale della Re-gione Lombardia, 9.12.1995.

– Tavola rotonda Acer/Fedap/Aiapp Nuovi profili pro-fessionali per il piano, il progetto e la gestione delpaesaggio, Roma 5 marzo 1996. In 33 rd IFLAWorld Congress, Proceedings n. 2, Firenze 12-15ottobre 1996. Acer 3/96.

– Tavola rotonda Acer/Fedap/Aiapp Le valenze am-bientali della Pianificazione territoriale, Milano 16aprile 1996. In 33 rd IFLA World Congress, Procee-

dings n. 2, Firenze 12-15 ottobre 1996. Acer 4/96– Guido Ferrara e Giuliana Campioni Tutela della na-

turalità diffusa, pianificazione degli spazi aperti ecrescita metropolitana. Il Verde Editoriale, Milano,1997.

– FEDAP Prima Conferenza Nazionale sulle profes-sioni dell’ambiente e paesaggio, Roma 21 novem-bre 1997. Relazione introduttiva, a cura di Giulia-na Campioni. In Notiziario AIN n.51. Acer 2/98(sintesi).

– FEDAP Prima Conferenza Nazionale sulle professio-ni dell’ambiente e paesaggio, Roma 21 novembre1997. Proposte e criteri per una pianificazione in-tegrata. Sintesi dei contributi della IV CommissioneFEDAP, a cura di Gioia Gibelli. In Acer 3/98 (sintesi).

Premessa

È noto come l’organizzazione dello Stato per la di-fesa della natura e del paesaggio sia caratterizzata da unadiarchia tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali eMinistero dell’Ambiente. Il Ministero per i Beni e le Atti-vità Culturali promuove le iniziative necessarie per laprotezione del patrimonio storico e artistico nazionale,nonché per la protezione dell’ambiente, con riguardo al-le zone archeologiche e naturali; il Ministero dell’Am-biente assicura la conservazione e la valorizzazione delpatrimonio naturale nazionale.

Questo assetto riflette la diversa evoluzione di duetradizioni culturali, rispettivamente estetico-paesisticae naturalistica, e delle corrispondenti politiche non an-cora adeguatamente integrate.

Inoltre, gli strumenti normativi attualmente dispo-nibili, quali la legge 1497/39 sulla protezione delle bel-lezze naturali e la legge 394/91 sulle aree protette, ma-nifestano prevalentemente un carattere selettivo, ossiasono stati finalizzati soprattutto per la tutela delle com-ponenti di maggior pregio del territorio. Essi fanno in-

Giuliana CampioniPresidente della Federazione Associazioni Professionali Ambiente e Paesaggio

Primi materiali elaborati dalla FEDAP

Page 60: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

fatti riferimento, rispettivamente, a due principi fonda-mentali: la difesa del paesaggio nella sua accezioneestetica (quadro paesistico, bellezze naturali) e la dife-sa della natura come ecosistema limitatamente alle areedi più spiccata naturalità (parchi nazionali e riserve di na-tura, parchi naturali).

Ciò premesso, si ritiene necessaria la presa d’atto del-l’evoluzione culturale del concetto di paesaggio interve-nuta dagli ultimi decenni. Mentre infatti, come in prece-denza richiamato, la concezione giuridica affermatasi nel-l’ambito dei beni culturali e ambientali considera il pae-saggio in senso estetico (quadro paesistico), l’evoluzioneculturale più recente lo concepisce anche come ecosiste-ma che include l’uomo e le sue opere, sottolineando lanecessità di fornire, accanto alla tutela del quadro paesi-stico, l’assicurazione dell’equilibrio ecologico1.

Ricordiamo a proposito un concetto basilare mes-so in luce dalle più recenti teorie ecologiche: considerareil paesaggio come “un sistema vivente in continua evo-luzione”. In altre parole il paesaggio alle diverse scale: – ha una forma fisica e un’organizzazione spaziale

specifica (struttura); – possiede una dinamica interna dovuta al movi-

mento e al flusso di energia tramite acqua, vento,piante e animali (funzionamento);

– è soggetto ad evoluzione nel tempo in funzionedella dinamica o dell’alterazione nella struttura e nelfunzionamento (cambiamento)2.Dunque, il paesaggio per sua natura vive e si tra-

sforma, pur essendo fondato su elementi che permet-tono la distinzione di tipi e di forme relativamente esclu-sive dipendenti dai diversi siti e dalla loro storia natura-le e antropica.

La conservazione del paesaggio è direttamente le-gata all’apprezzamento di questa sua peculiare capacitàdinamica interna e ogni intervento di controllo delletrasformazioni ben difficilmente potrà dirsi esaurito in un“vincolo” che volesse banalmente “impedire” le tra-sformazioni stesse.– La pianificazione è a sua volta tenuta a considerare

le esigenze sistemiche del paesaggio. È un ciclosenza fine: la pianificazione condiziona le trasfor-mazioni territoriali, che condizionano le attività uma-ne, che richiedono nuove trasformazioni, che ne-cessitano di modifiche ai piani. Questo tipo di pro-cesso richiede un approccio pianificatorio diversodall’attuale, capace di rispondere in tempo reale al-le esigenze evolutive degli organismi viventi.Nel nostro Paese l’unico tipo di pianificazione co-

nosciuta e consolidata per il controllo dell’uso del suo-lo, pianificazione “fisica”, è quella propria dell’ordina-mento urbanistico e degli istituti assimilati. Nell’ottica so-pra delineata la pianificazione territoriale e urbanisticapotrebbe venire a costituire il momento di ponderazio-ne e di coordinamento tra le istanze socio-economiche

che le sono proprie, spesso definite da piani speciali, ele istanze di tutela del paesaggio, considerate come unparticolare tipo di richiesta da confrontare con le altre.

Con il termine di pianificazione paesistica si inten-de la pianificazione speciale per la difesa, la gestione elo sviluppo della natura e del paesaggio, che mira ad evi-tare o ridurre il più possibile i danni ambientali prima del-la loro manifestazione e ad attenuare i conflitti tra le esi-genze antropiche e quelle naturali. Essa costituisce, in li-nea di principio, il tipo di pianificazione più idoneo a ga-rantire l’evoluzione del paesaggio in generale, la difesadelle specie e dei biotopi, la fruizione culturale e ricrea-tiva degli spazi aperti nell’intera gamma di interventi cheva dal giardino urbano ai parchi estensivi territoriali eagrari, la riqualificazione del territorio in tutte le suecomponenti biotiche e abiotiche. In tale quadro i pianidel paesaggio dovrebbero possedere carattere di indi-rizzo per la pianificazione urbanistica, quali portatori dilinee guida di settore il più possibile coagenti con leistanze socio-economiche e localizzative che le sonoproprie.

Tra queste due categorie di piani emergono quin-di molte sinergie potenziali, per il carattere trasversaledi entrambe, ma anche significative differenze non so-lo per la diversità dei ruoli (rispettivamente di “arbitro ditutte le istanze” e di “avvocato della natura e del pae-saggio”) ma anche per l’impossibilità di omologare tut-ti i contenuti. Infatti, come richiamato, mentre la piani-ficazione territoriale e urbanistica si occupa fondamen-talmente del governo degli usi del suolo, la pianifica-zione paesistica contiene essenzialmente la previsione dimisure attive per la difesa, la gestione e lo sviluppo delpaesaggio.

Tuttavia il fatto che i piani debbano essere uno o piùdi uno può costituire di per sé un problema secondario,mentre è essenziale che i contenuti operativi propri e ca-ratteristici della pianificazione del paesaggio siano co-munque assicurati e presenti nell’atto pianificatorio, al-lorché afferisce al territorio aperto e gli spazi inedifica-ti, a partire dalle professionalità che ne sono garanti.

Rilevata la necessità di disporre dei contenuti di“piani del paesaggio”, bisogna infatti porsi il problemadel tipo di qualificazione degli operatori che sono in gra-do di predisporli in rapporto con il loro grado di com-plessità relativo, ovvero di definire a chi spetta la re-sponsabilità tecnico-scientifica di questi argomenti econtenuti strategici della pianificazione, e ciò non solonel corso della fase analitico-propositiva e progettuale,ma anche in quella di attuazione, monitoraggio e con-trollo, afferente agli enti territoriali coinvolti. Poichè nonsembra scontato che coloro che attualmente esercitanol’attività della pianificazione urbanistica (ingegneri e ar-chitetti, generalmente) coincidano tout-court con i tec-nici dell’ambiente e del paesaggio che, come è ben no-to, si articolano al loro interno in diverse forme di spe-

60

Page 61: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

61

cializzazione, anche se non sfugge che la transdiscipli-narietà – solitamente necessaria – non deve essere in-tesa come pratica automaticamente estensibile a tutti icasi di studio, ma va relazionata di volta a volta alla na-tura dei problemi da risolvere.

Considerazioni introduttive: principi fondamentalie strategie per la difesa, la gestione e lo sviluppodel paesaggio

La politica di tutela del paesaggio inizialmente è sta-ta impostata per la mera conservazione dei beni indivi-duati, vietando determinati interventi sui beni stessi. Almoderno concetto di tutela è funzionalmente collega-to quello di manutenzione e gestione che comprendetutte le misure attive aventi lo scopo di conservare lo sta-to esistente. Dal concetto di gestione si è poi passati aquello di restauro di componenti naturali e paesistichegravemente danneggiate ed a quello di sviluppo di nuo-ve componenti in sostituzione di altre distrutte (neoe-cosistemi).

Le descritte forme di intervento sono tra loro col-legate da un gradualismo non solo funzionale ma anchetemporale. Le prime misure da adottare sono quelle didifesa del patrimonio paesistico esistente, per poi pas-sare a misure di sviluppo e gestione, ossia a momenti re-si necessari dalla dinamicità dei rapporti uomo-ambientetipica della società contemporanea, che presuppongo-no l’uso di strumenti diversi e integrativi da quelli uti-lizzati per la mera tutela.

In questo passaggio di campo trova piena applica-zione il principio di prevenzione, che mira a realizzareadeguate misure che consentano di evitare o ridurre ilpiù possibile i danni ambientali derivanti dagli interven-ti sul paesaggio prima della loro manifestazione. Taleprincipio può essere giustificato con la cosiddetta teo-ria dello spazio libero, ossia con la necessità di nonesaurire la capacità di carico della natura mediante con-sumi eccessivi, per consentire una ulteriore crescita del-la società e dell’economia e per conservare spazi liberida qualsiasi forma di edificazione e infrastrutturazionecon funzione di rigenerazione.

È importante peraltro riflettere che un’azione pre-ventiva in senso stretto, ossia diretta soltanto ad impe-dire il verificarsi dei danni, non è sufficiente. La difesa delpaesaggio in senso dinamico richiede oggi non solo unuso il più possibile rispettoso del presente, ma anche uninsieme di misure attive per il risanamento dei danni pro-vocati nel passato e il modellamento dell’ambiente perle generazioni future.

Trova altresì applicazione il principio di causalità ilquale mira ad attribuire all’agente che provoca i danniambientali i costi per prevenire o compensare i danni

stessi, e che dovrebbe venire a costituire il principio ispi-ratore della normativa sulla regolamentazione degli in-terventi; solo quando non sia possibile identificare l’a-gente i costi dovrebbero essere trasferiti a carico dellacollettività.

Si ricorda come questo principio abbia trovato af-fermazione crescente nel settore della salvaguardia del-l’ambiente dagli inquinamenti dove si esprime con la for-mula “chi inquina paga”. Al contrario, la maggior par-te dei danni al paesaggio provocati da interventi antro-pici sono ancora lungi dall’essere valutati con procedu-re soddisfacenti e conseguentemente attribuiti ai ri-spettivi agenti.

Esso non deve più essere disponibile come benegratuito e perciò quando un progetto di trasformazionedel territorio comporta danni al paesaggio dovrebbe es-sere compito del responsabile evitare i danni stessi o, seciò non è possibile, compensarli o risarcirli a sue spese.

Il passaggio da una tutela di tipo vincolistico ai pro-cessi di difesa, gestione e sviluppo del paesaggio pre-suppone anche l’attivazione di specifiche strategie di in-tervento, e tra queste, in primo luogo, il passaggio dauna strategia di breve a una strategia di lungo periodo.

I programmi di trasformazione del territorio pos-sono solitamente essere realizzati nel breve periodo e ri-sultano vincenti perché giudicati prioritari dall’opinionepubblica, anche se comportano grosse perdite per iltessuto nazionale degli ecosistemi.

Viceversa gli intervalli temporali di formazione e dirigenerazione degli ecosistemi sono molto più lunghi eciò mette in condizioni di palese difficoltà la politica didifesa del paesaggio. Pertanto, in queste condizioni difatto, molte perdite di ecosistemi risultano irreversibili,anche perché spesso intervengono modifiche dei fatto-ri locali che impediscono il ripristino dell’ecosistema ori-ginario.

Si aggiunga la difficoltà di percepire tutti gli sviluppiecologicamente sfavorevoli e quindi il lungo lasso ditempo che spesso trascorre per il riconoscimento deidanni connessi agli interventi di trasformazione del ter-ritorio.

Considerazioni simili valgono per la distruzione deltessuto storico dei beni ambientali, prodotto del lavorodi generazioni, con perdite spesso irreversibili.

Risulta dunque importante che la politica di difesadel paesaggio elabori strategie di lungo periodo per pre-venire i suddetti sviluppi negativi influendo adeguata-mente su tutti gli altri settori della politica territoriale.

Parallelamente alla dilatazione temporale lo svi-luppo moderno porta a una dilatazione spaziale dellapolitica di difesa del paesaggio per far fronte ai danniche da locali tendono a divenire generali.

Nella fase iniziale dello sviluppo economico per ri-solvere i problemi creati dai danni locali si è fatto ricor-

Page 62: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

62

so alla difesa selettiva, comprendente misure di tutela in-dirizzate alla conservazione di complessi con cospicui va-lori estetici e di componenti ed aree paesistiche di par-ticolare valore.

Negli ultimi decenni l’enorme crescita delle areeurbane e industriali e delle infrastrutture di trasporto ele trasformazioni in senso intensivo dell’agricoltura han-no raggiunto un livello tale da minacciare globalmenteil quadro paesistico e l’equilibrio ecologico.

Per risolvere questi problemi un’efficace politica didifesa del paesaggio non può limitarsi ad adottare di-sposizioni isolate, ma deve avere una visione globale cer-cando di influire su tutti gli spazi, le situazioni ed i pos-sibili interventi dell’uomo. Da una difesa selettiva si de-ve quindi passare ad una strategia di difesa totale del ter-ritorio mediante la messa a punto di nuovi strumenti diinformazione, pianificazione e regolamentazione.

La difesa totale comprende tre classi fondamenta-li di obiettivi: – la salvaguardia delle aree naturali e seminaturali di

maggior importanza come superfici prioritarie perla tutela della natura e del paesaggio;

– lo sviluppo di tecnologie e modalità di utilizzazio-ne del territorio che risparmino il più possibile il pae-saggio evitandone l’indiscriminato consumo;

– lo sviluppo di un sistema di collegamento funzio-nale a rete tra le suddette aree mediante strutturepaesistiche adatte ubicate nei paesaggi intensivi.

Criteri e specifiche per la stesura dei piani e procedure di gestione

Si individuano alcuni criteri e specifiche ritenuti diimportanza basilare ai fini della gestione sistemica delpaesaggio e dell’attenzione ai problemi ambientali.

Tra i criteri base di riferimento inseriamo i seguenti: – L’esigenza di integrare gli aspetti antropici e natu-

rali può essere soddisfatta solo se la pianificazioneè preceduta da analisi complete alle diverse scalespaziali e da valutazioni dei sistemi oggetto di pia-no. Analisi, valutazioni e diagnosi ambientali de-vono mettere in luce a priori le caratteristiche strut-turali e funzionali dei sistemi e le effettive compa-tibilità ambientali e possibilità di trasformazione. Ta-le criterio implica necessariamente l’esigenza di in-dividuare strumenti anche quantitativi per lo studioe la valutazione del paesaggio con indicatori ap-positi.

– La necessità di integrazione tra paesaggio edifica-to e paesaggio “aperto” e la loro interdipendenzaimplica inoltre il concetto di “bilancio” e di “com-pensazione” e può modificare il concetto di “con-servazione” della natura. Non è più sufficiente in-fatti mantenere o riqualificare l’esistente: la con-

servazione avviene anche attraverso l’aggiunta dielementi nuovi in grado di migliorare la stabilità de-gli elementi naturali presenti (ad esempio la realiz-zazione di corridoi biotici di connessione).

– Il concetto di dinamismo nel tempo e nello spaziodei sistemi ambientali ha ricadute significative sul-la pianificazione e sulle caratteristiche degli stru-menti di piano: per esempio l’importanza dell’esa-me dell’evoluzione storica del territorio, la necessitàdi aggiornamenti continui dei dati territoriali e di ve-rifiche veloci sulle decisioni di piano, l’individua-zione di criteri particolari per la gestione delle fasceecotonali, e di alcune fasce di territorio caratteriz-zate da confini variabili, ecc.

– La congruenza tra le componenti geo-morfologichee quelle biologiche alle diverse scale spaziali è allabase di un’evoluzione equilibrata dei sistemi pae-sistici. Ciò comporta verifiche multidisciplinari nel-le fasi di studio, di progetto e di controllo ad ogniscala d’intervento, dalle più sintetiche a quelle didettaglio.Di seguito vengono elencate alcune specifiche, de-

rivate dai criteri su esposti, finalizzate all’avvio di una pia-nificazione che tenga effettivamente conto delle istan-ze ambientali. Esse comprendono: – La limitazione della frammentazione degli habitat– Il mantenimento della bio-diversità e del giusto

grado di eterogeneità dei paesaggi.– L’aumento della complessità a scapito della bana-

lizzazione ecosistemica.– L’equilibrata distribuzione degli elementi di natu-

ralità anche nei fondovalle, nelle pianure e nellecittà (in particolare si ricorda l’esigenza di rinatura-zione dei corsi d’acqua che in molti casi rimango-no l’unica possibilità concreta di diffusione della na-turalità anche nei tessuti altamente antropizzati).

– La rivalutazione del paesaggio agrario come im-portante sistema plurifunzionale potenziale, conimportanza ambientale e non solo agronomicasempre che sia integrato da elementi seminaturalicompatibili.

– La conservazione attiva del patrimonio storico-cul-turale e di quello ambientale (in riferimento alle esi-genze dinamiche dei sistemi ambientali).

– L’attenzione alla localizzazione, distribuzione e for-ma degli elementi che costituiscono il paesaggio,poichè cambiando l’ordine degli elementi il risulta-to cambia.

– L’analisi paesistico-ambientale come fase prelimi-nare imprescindibile degli studi propedeutici ai pia-ni. Questa determina ed impone il quadro tecnicoe scientifico di riferimento per la successiva operadi pianificazione, che agirà quindi essenzialmentenell’ambito delle trasformazioni possibili.

– L’utilizzo di indicatori ambientali a supporto dell’analisi

Page 63: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

63

paesaggistico-ambientale, dell’individuazione degliscenari di piano e del controllo sul piano stesso.

– L’introduzione del concetto di “compensazione”,correttamente definita ed individuata, come abi-tuale complemento di trasformazioni compatibilianche di piccola entità ai fini del miglioramento del-la qualità ambientale, fermo restando il principio di“diagnosi ambientale” a monte.

– L’individuazione di strumenti anche normativi per ilmiglioramento qualitativo del costruito sia a livellodi integrazione con il contesto architettonico/am-bientale, sia a livello di conservazione dell’energiae delle risorse (bio-architettura, reimpiego delle ac-que bianche, ecc.).

– L’occorrenza di un’accurata progettazione deglispazi verdi, per il miglioramento qualitativo deglistessi sia a livello di integrazione con il contesto eco-logico-paesaggistico, sia a livello di fruizione dellepopolazioni (uomini e/o animali).

In sintesi, relativamente alla stesura dei piani emer-gono le seguenti principali esigenze: – che gli strumenti di piano siano organizzati con “pia-

ni strategici” a più scale spaziali interrelate. I vari li-velli di pianificazione vanno correlati “a cascata” al-le varie scale di intervento in modo da aumentare illivello di dettaglio sia delle analisi, sia delle valuta-zioni, sia delle prescrizioni via via che la pianificazio-ne discende dai livelli superiori a quelli inferiori.

– che considerino tutto il territorio sia antropico (ru-rale ed urbano) che naturale o naturaliforme comeun’unica entità, composta da più componenti dastudiare, valutare e gestire attraverso l’impiego ditutte le conoscenze disciplinari coinvolte.

– che tengano conto dell’alto livello di eterogeneitàdel territorio italiano e della conseguente impossi-bilità di fornire norme standard a livello nazionale,ma solo criteri e richieste. Le norme precise po-tranno stabilirsi solo a livello locale.

– che utilizzino preferibilmente, ove possibile, comeriferimento spaziale i confini naturali (bacini, sot-tobacini, unità ambientali, ecc.) quali ambiti che laNatura ha delineato da secoli.

– che siano aggiornabili in tempi ragionevoli con pro-cedure snelle che consentano veloci verifiche dicompatibilità delle eventuali modifiche territoriali.

Relativamente alle procedure e gestione dei piani leesigenze identificate sono le seguenti: – prevedere metodologie di studio, valutazione e pia-

nificazione improntate alla transdisciplinarietà. – garantire che tutte le discipline coinvolte siano af-

frontate negli studi preliminari al piano e fornisca-no ognuna il proprio contributo alla redazione delpiano stesso.

– prevedere metodologie di studio, valutazione e pia-nificazione che contemplino, tra l’altro, l’utilizzodi modelli dinamici e indicatori ecologici tra gli stru-menti di controllo.

– assicurare in ogni momento che l’integrazione del-lo strumento di pianificazione possa ammettereadeguamenti e nuovi approfondimenti, indivi-duando procedure di approvazione e di variantisnelle.

– predisporre uffici di piano permanenti per la verifi-ca attuativa dei piani e l’implementazione dellebanche dati predisposte in fase di redazione.

– incentivare l’utilizzo delle nuove tecnologie (GIS oSIT) per l’istituzione delle banche dati territoriali, lagestione del territorio e la verifica dell’attuazionedei piani.

– prevedere la figura del “tecnico ambientale” daaffiancare al tecnico comunale nella gestione delterritorio.

– individuare strumenti di controllo sia della qualitàdei piani, sia della gestione degli stessi.

Allegato: Articolazione dei piani

L’ipotesi delineata in premessa della integrazionedella pianificazione urbanistica con quella paesaggisti-ca richiede una precisa ricerca affinchè la normativaprovveda a provocare espliciti dettati circa la competenzaamministrativa che può essere normata nei tre seguen-ti tre livelli principali di piano:

Regionale, che fornisca la programmazione terri-toriale di riferimento per i livelli inferiori, tenendo pre-senti gli aspetti socio-economici, politici e ambientali discala regionale. La pianificazione così concepita deveriunire in un solo strumento direttore regionale sia le ca-ratteristiche, sia le vocazioni, sia le opportunità di un ter-ritorio, comprese quelle schiettamente ambientali edecologiche. Le grandi analisi e le conseguenti grandiscelte degli strumenti nazionali e regionali possono (edebbono) avvenire in modo meditato ma indicativo(programmazione territoriale), mentre le scelte provin-ciali e comunali interverranno con crescente esattezza econcretezza proprio usufruendo del coordinamento ge-nerale effettuato, prima di loro ed alla grande scala, dalpiano direttore regionale.

La programmazione regionale dovrebbe inoltre pre-vedere specifici piani delle aree metropolitane, delimi-tarne le aree d’interesse e prevedere modalità di esecu-zione degli stessi, inoltre provvedere al coordinamentocon i piani provinciali interessati.

Provinciale o di bacino, che fornisca le linee guida perla pianificazione comunale in base ai programmi regionali(il confine provinciale è sicuramente un riferimento più

Page 64: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

64

semplice, ma il bacino è considerato più corretto poichéè naturalmente individuato; la scelta del bacino imponeperò alcune riflessioni in riferimento all’enorme differen-za dimensionale che si verifica tra i vari bacini, per cui pos-sono servire degli accorpamenti o dei sottobacini peruniformare questo livello di pianificazione).

I Piani provinciali o di bacino devono: – fornire gli elementi conoscitivi del territorio per

quanto riguarda tutti gli aspetti coinvolti;– costituire lo strumento di coordinamento dei Piani

regolatori, fornendo linee guida precise e condizioniper le trasformazioni prevedibili;

– individuare le unità ambientali per la pianificazionecomunale;

– supplire alla pianificazione comunale o intercomunaleallorchè i comuni non siano in grado di effettuarla;

– individuare incentivi per la pianificazione di inter-venti di “compensazione ambientale”.

Comunale o intercomunale, entro unità ambienta-li individuate dai piani di bacino o provinciali.

I P.R.G. o P.R.G.I. (strutturali e operativi) sono glistrumenti attuativi per la gestione del territorio urbanoed extraurbano, previo il recepimento degli strumentipianificatori sovraordinati sia in fase di redazione che divariante. La variante di P.R.G. dovrebbe essere obbliga-toria in ottemperanza ai piani sovraordinati.

I P.R.G. dovranno disporre altre linee guida precisee condizioni per i progetti delle aree da trasformare, ecioè per le effettive azioni sul territorio: queste devonoessere finalizzate alla costruzione di un sistema inte-grato e non di un insieme disorganizzato di compo-nenti indipendenti, come troppo spesso succede.

I nuovi piani dovranno essere interrelati e dovran-no prendere in considerazione tutta la complessità deisistemi territoriali, in modo da evitare le sovrapposizio-ni dei piani di settore: eventuali approfondimenti diaspetti settoriali dovranno essere effettuati all’interno deipiani stessi, comunque sempre da équipe di lavoro mul-tidisciplinari.

La necessità di pianificare a più scale è un’esigen-za già accolta dalla legge urbanistica italiana, attraver-so l’istituzione dei Piani territoriali regionali e, oggi, deiPiani paesistici provinciali. L’efficacia di questi strumen-ti sta nell’effettiva interazione e operatività dei vari livellidi piano. Le varie scale spazio-temporali a cui si affron-tano i problemi hanno legami precisi: ai livelli superiori(ad esempio Piani paesistici o di bacino), vanno affron-tati i problemi di scala spaziale maggiore e le trasfor-mazioni che avvengono in tempi lunghi.

Perché questa pianificazione unica alle diverse scalespaziali risulti efficace occorre che i criteri generali daadottare su tutto il territorio nazionale siano ben precisi.I vari livelli di pianificazione, come segnalato in prece-denza, vanno correlati “in cascata” alle varie scale d’in-tervento in modo da aumentare il livello di dettaglio siadelle analisi, sia delle valutazioni, sia delle prescrizioni viavia che la pianificazione discende agli ambiti provinciali ecomunali.

Questi condizionamenti “a cascata”, dai livelli su-periori a quelli inferiori, non sono sufficienti: l’operativitàdelle scelte infatti deriva dall’esistenza di opportunità efattori limitanti locali, che dovranno essere recepiti dai li-velli superiori di piano. Solo così è possibile intraprende-re delle scelte realistiche che tengano conto delle effet-tive diversità locali oltre che delle strategie generali. Leprocedure pertanto dovrebbero poter tener conto anchedelle eventuali interazioni dal basso verso l’alto.

NOTE

1 Questa evoluzione di fatto è già riscontrabile nella normativastatale e regionale – con particolare riferimento alla pianificazione so-vraordinata di cui, ad esempio, alle L. 431/85 (piani paesistici regio-nali), L. 183/89 (piani di bacino) L. 142/90 (piani provinciali) – nel qua-dro di una politica di difesa della natura e del paesaggio che tengaconto delle funzioni di compensazione dei carichi ambientali e dellefunzioni ricreative esercitate dagli ecosistemi seminaturali.

2 W. E. Dramstad, J. Olson, R. T.T. Forman: Landscape EcologyPrinciples in Landscape Architecture and Land-Use Planning, HarvardUniversity Graduate School of Design, ASLA, 1996, pag. 14.

* * *

Pianificazione urbanistica e pianificazione del paesaggio*

1. Premessa

In Italia, com’è ampiamente noto, l’unica forma dipianificazione conosciuta e consolidata per il controllodell’uso del suolo (pianificazione “fisica”) è quella pro-pria dell’ordinamento urbanistico e degli istituti assimi-lati. Ora, per molti lustri l’urbanistica tradizionale ha af-

fidato il controllo dell’uso degli spazi aperti a due opzioniprincipali: – in primo luogo le “zone agricole” hanno costitui-

to, quasi per definizione, delle “riserve” predispo-ste ad accogliere i futuri sviluppi degli insediamen-ti, per cui è stato sufficiente – per poterle norma-re – far riferimento ad un indice di fabbricabilità di

Page 65: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

65

0,03 mc/ mq, senza ulteriori specificazioni attinen-ti alla qualità ambientale o ai problemi e necessitàpeculiari delle aree agricole in quanto tali1;

– in secondo luogo gli spazi “verdi” interni al tessu-to urbano hanno costituito, di norma, macchie apelle di leopardo, utili a soddisfare il bilancio dellacontabilità degli standard, ma senza alcun ap-profondimento o compromissione nella verifica delbilancio ambientale della città nel suo complesso,ovvero come ecosistema meritevole di essere mo-nitorato e governato come tale.

Da qualche anno a questa parte questo tipo di ap-proccio ha oggettivamente subìto dei profondi ripensa-menti, a seguito dell’approfondimento apportato in se-de di pianificazione territoriale su tre diversi fronti: – l’esperienza condotta sulla istituzione e gestione

delle aree protette (parchi regionali in primo luogo,ma anche esperienze come quella qui presentata,d’iniziativa degli Enti locali direttamente coinvolti);

– le ricadute sui piani urbanistici comunali dellaL.431/85 (piani paesistici regionali);

– le prime esperienze e discussioni derivanti dallapianificazione territoriale provinciale, ex L. 421/90.

Pertanto, anche indipendentemente dagli istitutigiuridici vigenti, un crescente interesse pervade moltistrumenti di piano2 che si impegnano direttamente in: – campagne di perlustrazione ambientale, talvolta

anche assai approfondite e raffinate, rivolte a rico-noscere i principali caratteri e fattori fisici, ecologi-co-naturali e paesaggistici del territorio urbano edextraurbano, con l’intento di porli sotto tutela;

– previsioni e specifiche progettazioni di aree pro-tette riguardanti aree peculiari (parchi e riserve na-turali di livello locale), con qualche speciale atten-zione ai progetti di recupero di situazioni degrada-te (per es. cave e discariche);

– ridisegno delle nuove previsioni insediative, conprivilegio particolare assegnato alle attività di ri-qualificazione e di riconfinazione del rapportocittà/campagna;

– crescente attenzione nei confronti degli spazi aper-ti, con dettaglio di “progetti suolo” e “progetti-nor-ma” che aprono nuovi orizzonti al progetto di quel-le parti di città di tipo “non minerale”.

Nelle esperienze più mature e finalizzate ci si pro-pone anche di: – dare alle aree “agricole” e a tutte le aree inedificate

in genere connotati di tutela del paesaggio, conun’ampia considerazione del contributo che questepossono dare ad uno stabile assetto del territorio edel paesaggio non urbano e talvolta anche a quel-lo urbano;

– conferire agli spazi verdi un significato che con-senta di coniugare il loro ruolo di servizio con ipossibili riflessi di natura ambientale che possonooffrire a tutta la città, comprendendo in essi le in-terazioni positive che sussistono fra verde pubblicoe verde privato o fra verde pubblico e spazi aperti;

– prendersi carico più in generale e in varia misuradella questione ecologica, cominciando a costruiremodelli d’uso dello spazio abitato come variabile di-pendente delle condizioni dello stato e della dina-mica ambientale, ivi compreso – in qualche caso –il problema della conservazione della biodiversità.

Nella prassi della pianificazione comincia ad emer-gere insomma, in modo non occasionale ma specifico,lo specialissimo ed insostituibile ruolo che giocano nel-la città e nel territorio gli elementi naturali, ambientalie culturali, ovvero la rete degli spazi lasciati “vuoti” daiprocessi insediativi veri e propri, tanto da favorire una ri-flessione a tutto campo circa la necessità dei “piani delpaesaggio” non solo ai livelli superiori (piano paesisticoregionale, piano territoriale provinciale), ma anche allascala comunale che notoriamente è quella che incide di-rettamente sulle scelte concrete.

Che c’è dunque di così originale in questa nuovafrontiera della politica di piano? Semplicemente, unaconsiderazione non occasionale del paesaggio, anzi, lasua diretta presa in carico: si sta assistendo, in parole po-vere, ad una piccola rivoluzione copernicana, dato chenel nostro Paese, come in tutti gli altri paesi del mondo,il paesaggio alle diverse scale: – ha una forma fisica e un’organizzazione spaziale

specifica diversa dal mero spazio fisico o dal terri-torio o dall’ambiente (struttura);

– possiede una dinamica interna dovuta al movi-mento e al flusso di energia tramite acqua, vento,piante e animali (funzionamento);

– è soggetto ad evoluzione nel tempo in funzionedella dinamica o dell’alterazione nella struttura e nelfunzionamento (cambiamento) 3.

Dunque, il paesaggio per sua natura vive e si tra-sforma, pur essendo fondato su elementi che permet-tono la distinzione di tipi e di forme relativamente esclu-sive dipendenti dai diversi siti e dalla loro storia natura-le e antropica. La conservazione del paesaggio non po-trà pertanto che tenere conto di questa sua peculiare ca-pacità dinamica interna e ogni intervento di controllodelle trasformazioni ben difficilmente potrà dirsi esau-rito in un “vincolo” che volesse banalmente “impedire”le trasformazioni stesse4.

A questo livello “sono previste tre categorie di sitie strutture naturali e paesistiche d’interesse comunale: – componenti paesistiche, costituite da strutture ca-

ratteristiche della campagna, quali piccoli corpi

Page 66: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

66

d’acqua, alberi isolati o in gruppo, formazioni ve-getali ai confini di proprietà, siepi e macchie dicampo, muri a secco, scarpate e terrazzamenti,meritevoli di protezione nel loro complesso, salva lapossibilità di modifiche locali, nel rispetto dell’e-quilibrio ecologico e del quadro paesistico;

– aree e componenti verdi storiche, costituite da sitie strutture progettate soprattutto per fini estetici,culturali, scientifici e di decoro, da tutelare nella lo-ro complessità ed estensione storica, comprese lecostruzioni, in relazione all’importanza documen-taria ed al valore paesistico ed ambientale;

– aree e componenti verdi urbane costituite da siti estrutture verdi pubbliche e private, prive di valorestorico, all’interno ed ai margini delle aree edifica-te, progettate e gestite per obiettivi ambientali e so-ciali, quali la difesa del quadro paesistico, il miglio-ramento del clima e dell’igiene urbana, la ricrea-zione nel tempo libero, la difesa e l’esperienza del-la natura da interconnettere con le aree del pae-saggio aperto”5.

Se questo è il problema, emergono spontanee al-cune domande: – a quali obiettivi, contenuti e articolazione devono

essere riferiti i piani che trattano queste risorse eche assolvono ai suddetti compiti di conservazionedinamica?

– Si deve ritenere che i piani del paesaggio coincida-no tout court con i piani urbanistici, per quanto am-pliati di responsabilità specifiche, oppure si deve fartesoro dell’esperienza tedesca, austriaca e svizzeraper una pianificazione di tipo autonomo, che fian-cheggia e condiziona in modo dialettico quella ur-banistica?

– Sul piano pratico ed effettivo a chi spetta la re-sponsabilità tecnico-scientifica di questi argomen-ti e contenuti strategici della pianificazione, sia nel-la fase analitico-propositiva e progettuale che nel-la fase di attuazione, monitoraggio e controllo, af-ferente agli enti territoriali coinvolti?

2. Obiettivi, contenuti e articolazione dei “piani del paesaggio”

Facendo astrazione del caso qui presentato e vo-lendo fare un elenco teorico delle responsabilità di unprogramma d’intervento sul paesaggio alle diverse sca-le, si devono citare: – l’analisi diagnostica delle risorse ambientali dispo-

nibili, mediante l’identificazione delle componentinaturali e paesistiche d’interesse e la loro fragilitàrispetto ai presumibili gradi di minaccia reale e po-tenziale;

– la verifica delle possibilità di riqualificazione ed ar-ricchimento delle situazioni di stato, difendendol’articolazione e la diversità degli ambienti e dellestrutture territoriali;

– la conservazione del paesaggio aperto sia in cittàche fuori di essa, ostacolando la sua progressiva ri-duzione quando questo comporti danni agli ecosi-stemi, ivi compresi quelli urbani;

– le possibilità di ampliamento della connettività eco-logica mediante corridoi di collegamento fra biotopinaturali ed aree verdi urbane ed extraurbane;

– il mantenimento di fasce di adeguata profonditàlungo i corpi d’acqua di qualsiasi tipo e livello, inmodo da lasciare casse d’espansione adeguate espazi opportuni ai boschi ripari;

– la riabilitazione ecologica dei paesaggi degradati,individuando di volta in volta nuovi usi compatibi-li (talvolta fortemente innovativi rispetto agli as-setti precedenti);

– l’apertura alla fruizione culturale e ricreativa dellearee di interesse paesaggistico.

In altri termini, i piani del paesaggio sono necessa-riamente tenuti a prendere in considerazione: 1) la storia delle interazioni uomo-risorse-territorio-

paesaggio; 2) l’attuale stato di fatto dei processi d’uso, la consi-

stenza delle entità sociali e i rapporti di scambio esi-stenti al momento sul territorio considerato;

3) l’inventario complessivo di tutte le risorse econo-mico-territoriali esistenti, ovvero conosciute al mo-mento attuale;

4) la valutazione ponderata della domanda presentee potenziale (d’uso, di sfruttamento, di servizi) dariferirsi alle risorse esistenti;

5) l’analisi dello stato di fatto istituzionale sui criteri esugli organismi attualmente preposti alla gestio-ne, all’uso e alla pianificazione eventuale del terri-torio dato;

6) l’analisi delle potenzialità d’uso delle risorse neisingoli settori di attività economica e di dotazionedi servizi;

7) l’analisi dei livelli di compatibilità interni alle po-tenzialità d’uso nei confronti delle risorse nel lorocomplesso, con riferimento specifico alle metodo-logie dell’ecologia del paesaggio;

9) la traduzione dei modelli ecologico-territoriali pos-sibili in un “piano d’insieme” o altri strumenti ana-loghi, in grado di mettere a punto i singoli aspettioperativi (ivi compreso la stipula di accordi con i pri-vati per la loro implementazione entro il modelloipotizzato);

10) l’individuazione di progetti specifici per la realizza-zione di particolari obiettivi assunti come prioritaried urgenti, previa individuazione di organismi (di

Page 67: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

67

norma a prevalente responsabilità pubblica) per ilcoordinamento o la sostituzione degli enti di ge-stione esistenti non sufficientemente finalizzati al-lo scopo (coordinamento, concentrazione o de-centramento di competenze sia di tipo ammini-strativo che tecnico).

I passaggi logici precedenti possono essere ovvia-mente semplificati o ridotti, ma è fuori di dubbio che laloro inesistenza complessiva coincide con l’assenza del-la pianificazione del paesaggio dagli strumenti pianifi-catori correnti.

Infatti, la “pianificazione paesistica” si ispira so-stanzialmente al principio della “prevenzione” e mira adevitare o ridurre il più possibile i danni ambientali primadella loro manifestazione e ad attenuare i conflitti tra leesigenze antropiche e quelle naturali. Essa costituiscepertanto il solo tipo di pianificazione più idoneo a ga-rantire la difesa e la gestione della natura e del pae-saggio in generale, la tutela delle specie e dei biotopi,la fruizione culturale e ricreativa degli spazi aperti, in tut-ta la gamma di interventi che va dal giardino urbano aiparchi estensivi territoriali e agrari, la riqualificazionedel territorio in tutte le sue componenti biotiche e abio-tiche. In questo quadro, i piani del paesaggio dovreb-bero possedere carattere di indirizzo per la pianificazio-ne urbanistica. Essi contengono infatti la previsione dimisure attive per la difesa e l’evoluzione della natura edel paesaggio, da considerare come linee guida il piùpossibile coagenti con le istanze socio-economiche e lo-calizzative espresse dalla pianificazione ordinaria. Inol-tre, ai fini di una gestione sistemica del paesaggio, i pia-ni paesistici dovrebbero esistere a più scale spaziali in-terrelate, in modo tale che i piani di scala vasta coordi-nino la pianificazione alle scale inferiori e forniscano li-nee guida e condizioni per le trasformazioni territoriali.Questi condizionamenti “a cascata” dai livelli superioria quelli inferiori, dovrebbero poi tenere conto delle ef-fettive diversità e fattori limitanti locali, oltre che dellestrategie generali, essere facilmente aggiornabili e con-sentire veloci verifiche di compatibilità delle modificheeventuali ed essere più propositivi che vincolistici.

3. Uno o più piani?

“Con il termine di “pianificazione paesistica” si in-tende la pianificazione speciale per la difesa, la gestionee lo sviluppo della natura e del paesaggio (…). Tale for-ma di pianificazione rientra nella più vasta famiglia deglistrumenti di pianificazione ambientale, che si ispirano alprincipio di prevenzione (…), mirante ad evitare o ridur-re il più possibile i danni ambientali prima della loro ma-nifestazione. (…). La pianificazione territoriale ed urba-nistica costituisce il momento di ponderazione e coordi-

namento fra le istanze socio-economiche (spesso an-ch’esse definite da piani speciali) e le istanze di difesa del-la natura e del paesaggio, che a loro volta è opportunoche siano formalmente considerate come una particola-re richiesta di utilizzazione da confrontare con le altre. Traqueste due categorie di piani emergono molte sinergiepotenziali, per il carattere trasversale di entrambe, ma an-che significative differenze non solo per l’accennata di-versità dei ruoli (rispettivamente di “avvocato della natu-ra e del paesaggio” e di “arbitro” di tutte le istanze), maanche per l’impossibilità di omologare tutti i contenuti. In-fatti, mentre la pianificazione territoriale ed urbanistica sioccupa fondamentalmente del governo degli usi del suo-lo, la pianificazione paesistica come sopra definita con-tiene anche la previsione di misure attive per la difesa, lagestione e lo sviluppo della natura e del paesaggio”6.

È ben noto e presente a tutti il lungo dibattito sul-le istanze di ricongiungimento della materia ambienta-le a quella urbanistica, che ha visto molto attive le ca-tegorie interessate che fanno speciale riferimento all’I-stituto Nazionale di Urbanistica7. Tuttavia, da un lato icontenuti specifici della pianificazione del paesaggioprecedentemente descritti (che sono poco noti in Italia,mentre in altri contesti sono ricchi di un’esperienza plu-ridecennale), e dall’altro gli apporti disciplinari e tecniciche si rendono necessari (cfr. il paragrafo successivo),consigliano di approfondire l’assunto generale che ununico ed inscindibile strumento di piano, nelle sue pro-cedure e contenuti articolati, possa comprendere e coor-dinare, tout court, tanto gli aspetti ambientali quantoquelli paesaggistici e urbanistici.

Si fa riferimento, di norma, a tre diverse scale d’in-tervento degli istituti di piano: – il livello sovracomunale, di cui alle L. 431/85 (piani

paesistici regionali), L. 183/89 (piani di bacino), L.142/90 (piani provinciali), L. 349/91 (piani dei parchi);

– il livello comunale, di cui alla L. 1150/42 e alle di-verse leggi urbanistiche regionali;

– il livello localizzato, in rapporto alla natura specifi-ca dei problemi.

Il livello sovracomunaleI contenuti dei piani paesistici di scala sovralocale

(regionale / provinciale / comprensoriale) sono notoria-mente riferiti a situazioni territoriali d’area vasta e ri-guardano in estrema sintesi: – le invarianti del sistema ambientale, quanto a vincoli

permanenti e direttamente cogenti e politiche di tu-tela (risorse idriche, siti di interesse geomorfologico,flora, boschi e monumenti vegetali, fauna, ecc.);

– l’individuazione delle zone ecologiche prioritarieper la difesa della natura con l’eventuale indivi-duazione di dettaglio di aree protette di livello sot-tordinato, anche per la compensazione dei carichiambientali esistenti o previsti;

Page 68: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

68

– la promozione, sostegno e disciplina di attività cheabbiano dirette responsabilità nella riproduzionedel paesaggio nel tempo (attività agro-silvo-pasto-rali, agriturismo, ecc.);

– le misure generali per l’eliminazione dei danni allanatura e al paesaggio e per il miglioramento del lo-ro valore ricreativo;

– la disciplina del sistema insediativo (patrimonio in-sediativo esistente, infrastrutture e servizi, zone dinuovo insediamento, strutture ricettive e turisti-che, strade e disciplina dei trasporti e del traffico,elettrodotti e altri impianti tecnologici, impianti didepurazione e smaltimento rifiuti).

Si tratta quindi di un’attività complessa, che devetener conto di una molteplicità di fattori non tutti affi-ni o congruenti, per cui appare indispensabile far riferi-mento a responsabilità tecniche di tipo transdisciplina-re dove, accanto all’urbanistica, si rendono necessarietutte le competenze professionali delle scienze agrono-miche, naturalistiche, geologiche e ambientali, dato chedalla loro sinergia dipende direttamente la qualità del-le decisioni da adottare. In questo caso, pertanto, la“qualità” del piano si fonda su una efficiente organiz-zazione di ruoli tecnico-disciplinari specifici, ognunocompartecipe in modo paritetico della responsabilitàdelle scelte. Questa impostazione è stata peraltro giàbrillantemente collaudata in numerosi esempi riferibili aivari istituti pianificatori precedentemente citati; in altricasi si deve riconoscere invece che l’interdisciplinarità ne-cessaria è stata più un espediente di facciata che unascelta consapevole.

Il livello comunalePer questo caso si può fare riferimento a significa-

tivi precedenti, quale ad esempio quello, ormai invalsoin diverse Regioni italiane, di supportare ogni Piano Re-golatore Generale Comunale da appositi “studi geolo-gici”, al fine di prevenire danni da aree sismiche, aree fra-nose, aree esondabili, nonché per dare indicazioni perla coltivazione delle cave, ecc. In questo caso esperti pro-fessionisti, per propria natura diversi (professionalmen-te parlando) dai pianificatori in senso stretto, redigonoanalisi e studi tecnici atti a produrre “carte di rischio” eforniscono indicazioni normative di settore e prescri-zioni specifiche che hanno evidenti ricadute sulle sceltedi piano. Questo peraltro resta “unico” e continua adavere i referenti istituzionali classici, ivi comprese le pras-si di adozione, discussione e approvazione.

Un altro esempio della stessa natura è sperimentatoin una Regione a statuto speciale: la Regione Siciliana pre-vede da tempo che ciascun Piano Regolatore Generale Co-munale sia dotato di uno “studio agro-forestale”8 che vie-ne redatto esclusivamente da Dottori Agronomi e Forestalie i cui contenuti assolvono numerosi compiti affini a quel-

li della pianificazione del paesaggio. Anche in questo ca-so, prescrizioni e indirizzi hanno poi effetto sulle decisio-ni del piano urbanistico vero e proprio (configurazione fi-sica di aree a vincolo, ecc.) senza alcuna necessità di isti-tuti diversi dal Piano Regolatore Generale Comunale.

Questa esemplificazione di situazioni già speri-mentate potrebbe essere generalizzata e riferita in mo-do specifico anche ai piani del paesaggio (che eviden-temente potrebbero accogliere e contenere sia gli stu-di geologici che quelli agro-forestali, oltre a quanto re-sta da approfondire nel merito), in modo cioè che le me-todologie e i diversi passaggi logici propri della pianifi-cazione ambientale e paesaggistica siano limpidamen-te trattati in quanto tali, lasciando poi allo strumento isti-tuzionale i poteri di sintesi e di istruttoria di merito,sempre entro “l’unicità del piano”.

Sotto questo profilo, pertanto, il particolare che ipiani debbano essere uno o più d’uno costituisce un pro-blema secondario, mentre sembra indispensabile riba-dire in questa sede che i contenuti operativi propri e ca-ratteristici della pianificazione del paesaggio dovrebbe-ro essere comunque assicurati e presenti nell’atto pia-nificatorio, a partire dalle professionalità che ne hannoacquisito la specifica responsabilità, e non solo quindicon le finalità degli studi geologici e quelli agro-forestali,a cui si riferivano gli esempi citati, ma in un organicospettro di analisi diagnostiche di natura ambientale epaesaggistica.

Il livello localizzatoL’ultimo caso può interessare progetti di tutela e ge-

stione di aree naturalistiche peculiari, come un biotopo,oppure dimore e tenute storiche i cui “paesaggi” sonoin necessità di attuare trasformazioni, oppure casi dipianificazioni ambientali “di dettaglio” susseguenti aprocedure di V.I.A. e simili.

Ad esempio il caso del biotopo naturale del LagoPudro a Trento9 per i problemi che presenta appartienead un livello di pianificazione decisamente “altro” ri-spetto all’urbanistica intesa in senso stretto, pur posse-dendo tutti i requisiti disciplinari e metodologici di unpiano del paesaggio. Esso discende, come istituto di“piano”, da un disposto legislativo che in sé e per sé nonfa riferimento né all’urbanistica né alla pianificazione ter-ritoriale10, pur essendo stato opportunamente indivi-duato e previsto in precedenza dal Piano urbanistico pro-vinciale e Piano urbanistico comprensoriale (come pia-ni territoriali sovraordinati). Infatti, a seguito del censi-mento e dell’individuazione di biodiversità di livello ter-ritoriale, la pianificazione urbanistica ordinaria deman-da ad un piano specifico (i cui contenuti sono quelli diun piano del paesaggio) l’intervento programmaticospecifico, entro il quale i compiti pianificatori spettanoovviamente a figure professionali diverse da quelle del-l’urbanista.

Page 69: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

69

Ma possono essere citati anche altri casi di piani delpaesaggio che operano a valle dell’urbanistica, tali cioèda renderne operative e cogenti le opzioni quadro, co-me avviene per i “paesaggi d’autore”, in cui le azioni daindividuare per la conservazione riguardano eminente-mente gli aspetti gestionali e progettuali di dettaglio at-tinenti l’assetto dei soprassuoli11, e dove, fra gli altriesperti, possono trovare ampio spazio operativo gli stu-diosi dell’arte dei giardini.

Analoghi esempi possono essere rintracciati nelle ri-cadute di natura paesaggistica conseguenti le disposi-zioni di minimazione d’impatto derivanti dagli studi diV.I.A., dove sono rintracciabili ampi spazi operativi peri dottori naturalisti, i cultori dell’ingegneria naturalistica,dell’ingegneria idraulica, ecc.

4. Uno o più approcci disciplinari integrati?

Rilevata la necessità di disporre dei piani del pae-saggio, bisogna evidentemente porsi il problema dellaqualificazione professionale e tecnica degli operatoriche sono in grado di predisporli, in rapporto stretto conil loro grado di complessità relativo. Non sembra affat-to scontato, infatti, che coloro che attualmente eserci-tano l’attività della pianificazione urbanistica (ingegne-ri e architetti, generalmente) coincidano tout-court coni tecnici dell’ambiente e del paesaggio che, come ab-biamo accennato, si articolano al loro interno in diver-se forme di specializzazione. Gli esempi precedente-mente illustrati mostrano già la scesa in campo nellaprassi della pianificazione ordinaria di dottori in geolo-gia, agraria e scienze forestali, mentre d’altro canto nonc’è dubbio che gli urbanisti che si dedicano da decennialla pianificazione di aree sensibili e protette sono sem-pre più numerosi.

Certo è che i problemi da risolvere in questo cam-po non sono tutti uguali. Facendo riferimento alla casi-stica summenzionata (ovvero al livello sovracomunale,comunale e localizzato), appare evidente che a proble-mi complessi devono sottendere gruppi di lavoro al-trettanto articolati e complessi, le cui responsabilità e legerarchie interne saranno da precisare non in astratto,ma in relazione diretta con gli obiettivi e i contenuti delpiano in esame. In altre parole, la transdisciplinarità – so-litamente necessaria – è comunque da relazionare vol-ta a volta alla natura e alla scala dei problemi da risol-vere e quindi non deve essere intesa come pratica au-tomaticamente estensibile a tutti i casi di studio.

Da quanto detto si evince che le diverse disciplinesono chiamate sempre più a specificare con chiarezza ilproprio ruolo e il proprio contributo all’interno dei pro-cessi di pianificazione, che così facendo divengono la se-

de di un confronto interdisciplinare aperto e in continuodivenire. “Deve essere in altre parole precisato il contri-buto che le singole professionalità (analisti ambientali, na-turalisti, agronomi, forestali, geo-pedologi, architetti delpaesaggio, ecologi del paesaggio) possono dare ad unapianificazione orientata in senso naturalistico ed ecolo-gico, da affiancare ad una pianificazione urbanistica spe-cificatamente tesa alla definizione degli aspetti tecnico-funzionali, offrendo la propria disponibilità e competen-za ad approfondire il dialogo sul terreno dei rapportiistituzionali con quegli enti di governo del territorio chegià si stanno muovendo in questa direzione”12.

NOTE

* Rielaborazione dal volume Tutela della naturalità diffusa, pianifica-zione degli spazi aperti e crescita metropolitana, a cura di Giuliana eGuido Ferrara, Il Verde Editoriale, Milano 1997.

1 cfr. DM. 1444/68.2 cfr. La pianificazione del paesaggio e l’ecologia della città, a cu-

ra di G. Campioni, A. Caucci, L. Piazza, I. Romitti, L. Vallerini, Alinea,Firenze 1996; cfr. anche Sistema del verde ecosistema urbano, a cu-ra di Adriana Ghersi e Anna Sessarego, Alinea, Firenze, 1996.

3 W. E. Dramstad, J. Olson, R.T.T. Forman: Landscape EcologyPrinciples in Landscape Architecture and Land-Use Planning, HarvardUniversity Graduate School of Design, ASLA, 1996, pag. 14.

4 cfr. FEDAP, Valenze ambientali della pianificazione territorialein Italia, in 33rd IFLA World Congress, Proceedings n.2 pag. 849, Fi-renze 12-15 ottobre 1996.

5 Mario Di Fidio, Il ruolo del Comune nei nuovi programmi re-gionali per la natura e il paesaggio, Convegno Paradeisos 1996, Mon-za 29 ottobre 1996.

6 Regione Lombardia, Indirizzi per una nuova legislazione sulladifesa, la gestione e lo sviluppo della natura e del paesaggio, Bollet-tino Ufficiale della Regione Lombardia, 9.12.1995.

7 Cfr. fra l’altro, INU XXI Congresso La nuova legge urbanistica.I principi e le regole, Bologna, 23-25 novembre 1995; INU, Ministerodei LL.PP.: Seconda biennale delle città e degli urbanisti d’Europa. Lasfida delle città europee. Sostenibilità ambientale e solidarietà socialedi fronte alla competizione economica – Roma 8-13 settembre 1997

8 La norma proviene dal disposto incrociato della L.R. 2.6.76 n.78 e dall’Art. 3 comma 11 L.R. 30.4.91 n. 15.

9 cfr. AA.VV.: Progetto per la tutela e la valorizzazione del bio-topo di interesse provinciale “lago Pudro”, Provincia Autonoma di Tren-to, Servizio Parchi e Foreste Demaniali, Trento 1991, 2 voll. 242 pag.Al progetto in parola hanno fornito contributi numerose discipline am-bientali e naturalistiche in un quadro intrecciato di competenze e re-sponsabilità che esemplifica opportunamente quanto si afferma nelsuccessivo paragrafo.

10 cfr. Art. 5 Legge Provinciale Provincia di Trento n. 14/86.11 cfr. AA.VV.: Il ritorno di Pan. Ricerche e progetti per il futuro

di Pratolino. Alinea, Firenze 1985; cfr: Guido Ferrara, Giuliana Cam-pioni, Liberato Agriesti (a cura di): Le Cascine di Tavola a Prato, dal Ri-nascimento al nuovo rinascimento. Ibiscos Editrice, Empoli, 1990.

12 cfr. FEDAP, Valenze ambientali della pianificazione territoria-le in Italia, in ACER n. 4/96; oppure in 33rd IFLA World Congress, Pro-ceedings n. 2 pag. 849, Firenze 12-15 ottobre 1996.

* * *

Page 70: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

70

La Carta di Napoli*

La “Carta di Napoli” è stata redatta per accelerarei processi volti a fare del paesaggio una risorsa stra-tegica per il futuro e uno dei fondamenti su cui basarelo sviluppo sostenibile del Paese. Essi sono riferibili inparticolare: – alla rinascita generale di valori e interessi nei con-

fronti del paesaggio, con aggiornamento e am-pliamento del suo significato semantico;

– alla reale centralità del paesaggio in tutti i mo-menti di confronto con le istanze di trasforma-zione del territorio, nel quadro delle politiche dicontrollo dell’uso delle risorse.

Oltre a questo, essa intende costituire un puntodi riferimento in merito all’avvio di nuovi strumentiprocedurali e legislativi, anche in riferimento a inizia-tive di rilievo quali la Prima Conferenza Nazionale peril Paesaggio indetta nel 1999 dal Ministero per i Benie le Attività Culturali.

Alla Carta hanno dato il proprio apporto compe-tenze disciplinari diverse, con il contributo delle As-sociazioni professionali operanti in Italia e riguardan-ti l’ambiente e il paesaggio, raccogliendo in modounitario contributi la cui specificità non impedisce il ri-ferimento mirato allo stesso identico tema. Tutto ciòne determina i contenuti, ne rafforza le istanze e con-sente di presentarla in sede istituzionale quale puntofermo del dibattito in corso, in quanto espressioneunitaria degli specialisti professionalmente coinvolti.

La Carta intende costituire un documento di la-voro utile ad aprire il dibattito, senza alcuna inten-zione di immodificabilità. È concepita in forma di mo-zione ed è strutturata in 20 raccomandazioni strate-giche, per contribuire a superare le ben note diffi-coltà in cui si dibatte la conservazione del paesaggioitaliano, al fine di aprire nuovi scenari per interpre-tarne le mutazioni in atto e governare al meglio ilcambiamento.

I suoi principali aspetti innovativi possono esseresintetizzati come segue: – definitivo abbandono del concetto di “bellezza

naturale” e affermazione del paesaggio come si-stema di ecosistemi e permanenza storico-cultu-rale;

– superamento del vincolo autorizzativo e sua so-stituzione con adeguati processi di piano e diprogetto;

– identificazione del ruolo e della preparazione deitecnici specialisti;

– precisazione in termini di qualità di principi, criterie metodi di intervento;

– coordinamento e integrazione fra urbanistica or-dinaria e paesaggistica, nella definizione dialetti-ca dei ruoli.

Gli specialisti del settore, facendosi interpretidelle aspirazioni della società civile, chiedono conforza alle istituzioni competenti, anche attraversol’apporto della presente mozione unitaria, di defini-re a breve i termini della riforma degli ordinamenti ditutela del paesaggio in Italia a livello legislativo enormativo.

PRINCIPI E STRATEGIE

1. Contenuti e metodi per interpretare il paesaggio

Riconosciuto che il concetto di paesaggio in Ita-lia ha attualmente molteplici interpretazioni e che inquesto documento si fa esplicito riferimento a quellache considera il paesaggio come “un sistema viventein continua evoluzione” che alle diverse scale: – ha una forma fisica e un’organizzazione spaziale

specifica (struttura); – possiede una dinamica interna dovuta al movi-

mento e al flusso di energia tramite acqua, ven-to, piante e animali (funzionamento);

– è soggetto ad evoluzione nel tempo in funzionedella dinamica e delle modifiche nella struttura(cambiamento).

Considerato che il paesaggio, in conseguenza diquanto sopra: – è costituito dall’alternanza e dall’interazione tra il

sistema degli spazi aperti (naturali e antropici) ele strutture insediative;

– è fondato, pur essendo un’entità in trasforma-zione, su elementi che permettono la distinzio-ne di tipi e di forme relativamente esclusive di-pendenti dai diversi siti e dalla loro storia natu-rale e antropica, e che pertanto è possibile unaclassificazione dei diversi paesaggi presenti inuna regione, stabilendone le caratteristichestrutturali e funzionali, utili anche come indiriz-zo e riferimento per le trasformazioni e la ge-stione.

Si raccomanda che il paesaggio venga sottopostoanche in Italia a studio e valutazione, in modo che siaidentificabile quale specifica risorsa culturale e am-

Page 71: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

71

bientale, e come tale reso evidente ai diversi operatori,tenendo soprattutto conto delle seguenti caratteri-stiche che interagiscono fra loro: – ecologico-ambientali e naturalistiche– storico-insediative e architettoniche– visuali-percettive e dell’aspetto sensibile.

Si raccomanda inoltre che siano messe a puntometodologie quadro che non trascurino nessuna del-le caratteristiche sopra citate. Tali metodologie do-vranno riguardare sia le fasi di studio, valutazione ediagnosi, sia le fasi di indirizzo per la pianificazione,la progettazione e la gestione, nonché il controllo emonitoraggio del paesaggio, tenendo conto dei se-guenti principi di base: – la transdisciplinarietà, in quanto metodo di lavo-

ro adatto ad integrare i diversi apporti disciplina-ri in sintesi costruttive;

– le caratteristiche dinamiche del paesaggio chedeterminano l’esigenza di studiarlo a diverse sca-le spazio-temporali, mettendo in evidenza le re-lazioni e le interdipendenze tra di esse;

– la presenza nel paesaggio di una struttura rico-noscibile, ciò che richiede analisi appropriate perindividuare gli elementi strutturali e apposite va-lutazioni per comprenderne il significato nonchél’origine della loro dimensione e forma;

– la possibilità di individuare diversi paesaggi in ba-se alle loro caratteristiche strutturali e dinami-che, sottolineando l’importanza di studi effet-tuati su unità di paesaggio individuate da confi-ni fisico-ambientali e storico-culturali e non daconfini amministrativi;

Si richiede che tra gli strumenti idonei alle anali-si si individuino opportuni indicatori debitamente te-stati e mutuati dalle singole discipline oltre ad indica-tori sintetici in grado di descrivere a grandi linee com-portamenti complessi, considerato che ad ogni realtào scala appartengono indicatori propri che devonoessere scelti in base alle caratteristiche del paesaggioin esame preliminarmente individuate. Va altresì te-nuto conto del fatto che nessuna caratteristica setto-riale o disciplinare è comunque di per sé prevalentesulle altre e che i beni considerati rispondono co-munque a criteri di qualità controllabili.

Si auspica che le informazioni riguardanti il pae-saggio siano correntemente organizzate in banchedati rese permanentemente accessibili e disponibili aoperatori, professionisti, funzionari e studiosi. Le ban-che dati dovranno essere costituite a livello regiona-le, provinciale e comunale, come raccolta istituziona-lizzata, tenendo conto della basilare esigenza di isti-tuire standard nazionali per la raccolta e classificazio-

ne dei dati, affinché essi siano efficacemente utilizza-bili e confrontabili.

Si osserva infine che gli aspetti estetici del pae-saggio, per loro natura non sottoponibili a specificamisurazione e ponderazione mediante indicatori, sia-no considerati dagli autori degli interventi entro l’e-splicitazione della loro professionalità analogamentea quanto accade per tutte le altre attività di tutela,conservazione e trasformazione dirette ad altri con-testi culturali (aree archeologiche, centri storici, pa-trimonio edilizio, ecc.).

2. Tutela, sviluppo sostenibile e gestione

Considerato che la tutela del paesaggio deveessere adeguata alle caratteristiche evolutive del pae-saggio stesso, e che pertanto non può limitarsi amisure vincolistiche e di limitazione, ma deve svol-gere un ruolo attivo in riferimento alle necessarieazioni di conservazione, potenziamento, riqualifica-zione e gestione delle sue componenti riproducibili,molte delle quali strettamente dipendenti dalla pre-senza umana.

Si sottolinea l’importanza fondamentale delleazioni di prevenzione, che intendono evitare o ridur-re il più possibile i danni ambientali derivanti dagli in-terventi sul paesaggio prima della loro manifestazio-ne. Queste devono integrarsi con quelle mirate alcontrollo dinamico delle trasformazioni.

Si sottolinea inoltre l’urgenza di mettere in cam-po strategie di intervento di lungo periodo e di ca-rattere il più possibile integrato al fine di attuare le op-portune politiche che consentano di esplicare la più ef-ficace prevenzione nei confronti delle minacce e del-le pressioni che incombono sul paesaggio, prevenzio-ne la cui carenza costituisce in Italia una delle causeprincipali del degrado e della distruzione del patri-monio paesistico-ambientale.

Si riafferma che un’azione preventiva in sensostretto, ossia diretta soltanto ad impedire il verificar-si dei danni, è necessaria ma non è sufficiente, perchél’insieme delle misure da prendersi per il risanamen-to del degrado prodotto nel passato e per il modella-mento dell’ambiente per le generazioni future costi-tuisce un compito irrinunciabile di qualunque societàpassata, presente e futura, che richiede azioni fina-lizzate ad un decisivo miglioramento della situazionepaesistico ambientale.

Riconoscendo inoltre con crescente preoccupa-zione che le istituzioni preposte alla tutela del nostroPaese si sono dimostrate disarmate e impotenti neiconfronti dell’enorme crescita delle aree urbane e in-dustriali, della inarrestabile proliferazione delle infra-

Page 72: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

strutture a rete e delle trasformazioni strutturali del-l’agricoltura, che complessivamente hanno raggiuntoun livello tale da minacciare globalmente il quadropaesistico e l’equilibrio ecologico.

Si raccomanda di adottare specifiche strategie diintervento di lungo periodo nei confronti dell’imple-mentazione del paesaggio, al fine di prevenire gli ef-fetti negativi dei programmi di sviluppo socioecono-mico e di trasformazione del territorio che, per lo piùimposti nel breve e medio periodo, possono compro-metterne il tessuto storico e i processi evolutivi conperdite spesso irreversibili; si rinvia in proposito alpunto 1 dell’Appendice della citata Convenzione Eu-ropea del Paesaggio1.

Si raccomanda altresì di non limitarsi ad adotta-re disposizioni isolate, ma di passare con urgenza dauna mera difesa selettiva ad una strategia di gestionetotale del territorio, mediante la messa a punto dinuovi strumenti di informazione, pianificazione e re-golamentazione del paesaggio.

3. Adattare le politiche alla diversità dei paesaggiPrendendo atto che i vincoli ai sensi delle L.

1497/39 e 431/85 non sono scaturiti da un esame si-stematico delle varie condizioni di stato fisico-am-bientale del territorio e dall’analisi delle risorse ri-chiamate nella precedente RACCOMANDAZIONE n. 1,ma hanno seguito un processo di selezione caso percaso, appoggiandosi a mere descrizioni dello statodei luoghi che si è in gran parte modificato.

Riconoscendo che le aree sottoposte a vincolopaesistico comprendono al loro interno situazioni mol-to diverse, ivi comprese situazioni gravemente dan-neggiate, o in presenza di processi di sviluppo irre-versibile, che da tempo non si trovano più nella con-dizione di prevenire e contenere le trasformazioni,ma in quella opposta di essere sottoposte a specifichepolitiche di recupero e intervento.

Riconoscendo altresì che anche al di fuori dellearee vincolate esistono condizioni di stato ambienta-le di alto pregio che possono suggerire l’adozione diadeguate misure di tutela o che comunque appaionointeressanti per le argomentazioni proposte alla pre-cedente RACCOMANDAZIONE n.1.

Si raccomanda, anche in riferimento all’Art. 6punto III della citata Convenzione Europea del Pae-saggio, di procedere ad una ricognizione, identifica-zione e localizzazione dei paesaggi presenti sull’inte-ro territorio nazionale (atlante dei paesaggi) sulla ba-se delle caratteristiche esposte nella RACCOMANDA-ZIONE n. 1.

Si suggerisce che detta classificazione sia da af-fidare agli enti provinciali e/o regionali, previa indivi-duazione di criteri e metodi coordinati per la classifi-

cazione dei paesaggi ai quali gli enti preposti si deb-bano adeguare.

Si raccomanda altresì che analisi, valutazioni ediagnosi ambientali divengano normale prassi permettere in luce a priori le caratteristiche strutturali efunzionali dei sistemi e le effettive compatibilità am-bientali e possibilità di trasformazione ogni volta chesi intenda procedere ad azioni di pianificazione o pro-gettazione paesistico ambientale. La congruenza trale componenti geo-morfologiche e quelle biologichealle diverse scale spaziali è alla base di un’evoluzioneequilibrata dei sistemi paesistici. Ciò comporta verifi-che multidisciplinari nelle fasi di studio, di progetto edi controllo ad ogni scala d’intervento, dalle più sin-tetiche a quelle di dettaglio.

Si auspica in conseguenza di quanto sopra che ilivelli di vincolo non vengano graduati al loro interno,perché la condizione della tutela preventiva deve es-sere unitaria e riguardare lo “status speciale per i pae-saggi che necessitano di specifiche misure di prote-zione o di altro tipo di azione in considerazione dellaloro qualità, rarità storica e/o naturale e/o di altri spe-cifici significati”2.

Si auspica altresì che sia rimessa alla diretta re-sponsabilità delle istituzioni di pianificazione espres-se ai vari livelli il compito di individuare le politichedi sviluppo e di trasformazione graduata sulla basedelle diverse tipologie di paesaggio precedentementeindividuate sulla base di specifiche analisi diagnosti-che.

Si fa appello in particolare affinché l’attribuzionedi valore alle tipologie di paesaggio operata in sede dipiano non abbia come conseguenza solo l’imposizio-ne di servitù, obblighi, e soggezioni (vincoli, divieti),ma debba sempre scegliere in positivo le migliori op-portunità per una conservazione sostenibile, anchein riferimento all’interesse socio-economico (svilup-po) del territorio e dei suoi abitanti.

GLI SPECIALISTI E LE COMPETENZE TECNICHE

4. La professionalità degli esperti di settore

Richiamando l’Art. 6 punto II della citata Con-venzione Europea del Paesaggio, che impegna ad“istituire la formazione di specialisti della conoscenzae dell’intervento sui paesaggi” e ad “instaurare pro-grammi pluridisciplinari di addestramento professio-nale complementare per le diverse categorie profes-sionali, pubbliche o private interessate direttamente oindirettamente dal paesaggio”.

Riconoscendo che il lavoro dei professionisti cheoperano sul territorio (ingegneri, architetti, urbanisti,geometri, agronomi, forestali, geologi, naturalisti,

72

Page 73: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

73

ecc.) riveste un’importanza eccezionale, perché dallaqualità della progettazione ed esecuzione delle singoleopere dipende in larga misura la qualità complessivadel paesaggio.

Preso atto che appare indispensabile definire a chicompeta di volta in volta la responsabilità tecnico-scientifica di argomenti e contenuti strategici dellapianificazione e progettazione del paesaggio, e ciònon solo nel corso della fase diagnostico-propositiva,ma anche in quella di attuazione, monitoraggio econtrollo, afferente agli enti territoriali coinvolti.

Considerato che non sembra scontato che le pro-fessioni attualmente responsabili di interventi sul ter-ritorio coincidano tout-court con i tecnici dell’am-biente e del paesaggio che, come è ben noto, si arti-colano al loro interno in diverse forme di specializza-zione e che la transdisciplinarietà – solitamente ne-cessaria – deve essere intesa come metodo di lavoro,e come tale adattata di volta a volta alla natura deiproblemi da risolvere.

Si raccomanda che la soluzione di un problemacomplesso come quello della produzione e riprodu-zione del sapere nel campo della pianificazione e pro-gettazione del paesaggio non sia unidirezionale mapluridirezionale, e presupponga, come condizione ir-rinunciabile, il superamento di fatto delle barriere di-sciplinari e professionali esistenti.

Si raccomanda che le istituzioni ai vari livelli (Mi-nisteri, Regioni, Province e Comuni) si dotino di uf-fici o di consulenti opportunamente specializzati ecompetenti che curino in permanenza i problemidella tutela, modificazione e gestione del paesaggio,sulla base delle responsabilità volta a volta occorrentiper l’esame tecnico e specialistico di piani e proget-ti sia ordinari che di settore, nonché per le procedu-re di V.I.A..

Si fa appello affinché, in applicazione delle Di-rettive CEE 89/48 e 92/51, si proceda entro il settoreconsiderato al riconoscimento delle professioni non re-golamentate organizzate in Associazioni che garanti-scano le competenze e la qualificazione dei profes-sionisti iscritti mediante procedure convalidate. È daconsiderarsi determinante la funzione di garanzia chele Associazioni avranno nei confronti del mercato ri-spetto alla professionalità dei propri soci, essendo lo-ro compito assicurare sia che il “segno di apparte-nenza” venga effettivamente concesso solo a coloroche ne hanno e ne mantengono nel tempo i “requi-siti”, sia la qualità del prodotto tecnico. Si raccoman-da infine che il titolo di paesaggista sia protetto perlegge e sia riservato ai soci di specifiche Associazioniriconosciute ai sensi dell’Art. 1 lettera f) della citata di-rettiva CEE3. Analoga procedura dovrà essere seguitain casi simili e quanto meno per il titolo di naturalistae quello di pedologo.

5. La scuola e la formazione

Ritenendo che tutte le discipline tradizionali, dal-la botanica alla pedologia, dall’architettura alla storia,dall’agronomia all’urbanistica, dalla selvicoltura all’a-nalisi territoriale, dalla geografia antropica alla geoli-tologia, tanto per fare solo alcuni esempi, debbanocontribuire alla formazione dei tecnici con responsa-bilità nel campo del paesaggio.

Ritenendo che ci siano nozioni che devono restarepatrimonio dei singoli specialisti, si ritiene altresì cheesista un ampio plafond culturale, comprendente ma-terie attinenti l’area naturalistica, storica, tecnico-co-struttiva, progettuale e pianificatoria, che è indispen-sabile divenga, magari con modalità e spessore voltaa volta diversificati, patrimonio culturale comune del-le diverse professionalità in gioco.

Convinti che così facendo, una vera coscienzapaesaggistica, ovvero una visione olistica della ge-stione del territorio, possa essere indistintamente tra-smessa a coloro che a vario titolo si occupano di pae-saggio, inducendoli non a fornire contributi unidire-zionali, ma a lavorare collegialmente nell’interessesuperiore della conservazione dinamica e creativadell’ambiente naturale e antropico e dei paesaggiculturali.

Si fa presente l’esigenza che esperienze analitichee progettuali sul paesaggio vengano a far parte delcurriculum di studi dei tecnici comunque destinati adoperare in questo campo, al fine di definire soggettidotati di un bagaglio cognitivo comune ed allo stes-so tempo capaci di controllare problemi specifici.

Si auspica altresì una crescita delle iniziative di isti-tuzione di Master pubblici e privati mirati alla forma-zione post-laurea, al fine di affrontare al meglio la sfi-da dell’integrazione con l’Europa; si sostiene, in ognicaso, il ruolo delle Scuole private, rispondenti a de-terminati requisiti, nel rilascio di diplomi capaci dicreare nuove figure professionali, offrendo gli stru-menti adeguati per un’idonea qualificazione e l’aper-tura di nuovi sbocchi occupazionali.

Si sottolinea la convenienza di fornire sostegnotecnico-scientifico ai Corsi di aggiornamento profes-sionale e perfezionamento al fine di migliorare le pre-stazioni di quanti sono già operanti nelle attività di tra-sformazione e gestione del paesaggio.

Si richiede che, in analogia a quanto accade damolti decenni nella quasi totalità dei paesi indu-strializzati e in risposta al punto II c dell’Art. 6 dellacitata Convenzione Europea del Paesaggio, si incen-tivi la creazione di corsi di laurea che formino spe-cialisti in pianificazione e progettazione del paesag-gio, adatti a svolgere una funzione tecnica di tipo“generalista” con responsabilità e competenze spe-cifiche sul paesaggio entro gruppi di studio interdi-

Page 74: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

sciplinari abilitate ad organizzare un sistema com-plesso di decisioni.

Si auspica infine la diffusione delle Scuole di spe-cializzazione post-laurea (da aprire ai laureati di di-versa provenienza) il cui diploma dovrà essere equi-parato alla laurea specifica secondo modelli larga-mente consolidati in Europa.

6. Diffusione ed evoluzione della cultura delpaesaggio

Ricordando che nella società moderna il concet-to di paesaggio ha assunto una pluralità di significa-ti ignota al passato, tanto che oggi esso è considera-to talvolta da un punto di vista estetico-visuale comepanorama, talvolta da un punto di vista storico-cul-turale come palinsesto, e talvolta da un punto di vistaecologico come insieme di ecosistemi.

Sottolineando che questa maggiore complessitàsemantica deve essere vista come una ricchezza, poi-ché, lungi dal mortificare i singoli aspetti particolari delpaesaggio, ne consente una maggior valorizzazione si-nergica in tutti i momenti del difficile confronto con leistanze di utilizzazione e trasformazione del territorio.

Si raccomanda che gli operatori e gli studiosi dipaesaggio si facciano portatori di una nuova sintesi tranatura e cultura (visione olistica interdisciplinare), chefavorisca una rinascita generale di valori e interessi peril paesaggio nella società e nelle istituzioni.

Si raccomanda altresì che in coerenza con il prin-cipio dello sviluppo sostenibile, che soddisfa le esi-genze attuali dell’umanità senza comprometterequelle delle generazioni future, ovvero curando chetutte le azioni umane tendano a rientrare nella ca-pacità di carico degli ecosistemi da esse coinvolti, sigarantisca che a queste ultime venga trasmesso unadeguato patrimonio di beni paesistici, necessari alsoddisfacimento di vitali esigenze materiali e spiritualidella collettività attraverso un principio di responsa-bilità generale, ossia una forma di obbligazione mo-rale per tutte le persone fisiche e giuridiche, nelle at-tività private, economiche e pubbliche, al fine di evi-tare le azioni nocive e realizzare azioni utili alla con-servazione e all’incremento dei beni paesistici.

PROGETTAZIONE E QUALITÀ DEL PAESAGGIO

7. Manufatti e contesto

Rilevato che ogni trasformazione sul territoriocomporta delle ricadute sul paesaggio, che possonoavere effetti sia nell’intorno immediato che a lunga di-stanza sia nel breve che nel lungo periodo e che di

norma i progetti tecnici responsabili delle trasforma-zioni non sono tenuti a farsi carico del problema.

Considerato che la maggior parte dei danni alpaesaggio provocati da interventi antropici sono an-cora lungi dall’essere valutati con procedure soddi-sfacenti e conseguentemente attribuiti ai rispettiviagenti e che il paesaggio non deve più essere dispo-nibile come bene gratuito.

Si osserva che è compito del responsabile delletrasformazioni evitare i danni eventuali che le tra-sformazioni stesse possono comportare al paesaggioo, se ciò non è possibile, compensarli o risarcirli a suespese.

Si raccomanda in conseguenza l’applicazione delprincipio di causalità, il quale attribuisce all’agenteche provoca i danni ambientali i costi per prevenire ocompensare i danni stessi, che dovrebbe pertanto co-stituire il principio ispiratore della normativa sulla re-golamentazione degli interventi.

Si raccomanda anche che, nella impossibilità diidentificare i responsabili dei danni pregressi al pae-saggio, i relativi oneri di risanamento siano a caricodella collettività, secondo il principio di redistribu-zione; è peraltro opportuno cogliere in positivo tut-te le occasioni di trasformazione del territorio, checonsentano di migliorare i paesaggi degradati, coin-volgendo gli operatori privati e riducendo così laspesa pubblica, in particolare si ricorda la possibilitàdi impiego delle opere di mitigazione e compensa-zione per migliorare contesti ambientali, e non soloper riparare danni prodotti dalle opere soggette aV.I.A.

Rilevato inoltre che nella prassi corrente la docu-mentazione tecnica presentata per l’ottenimento del-la concessione o autorizzazione si limita al singololotto entro cui si intende operare, senza alcun riferi-mento alle condizioni contestuali.

Si fa appello affinché l’autorità abilitata al con-trollo sia tenuta a rigettare d’ufficio le pratiche chenon siano documentate rispetto alle conseguenze am-bientali e paesaggistiche delle trasformazioni.

Si richiede che ogni singolo intervento capace diavere delle trasformazioni e delle ricadute sul pae-saggio sia affidato: – comunque e sempre ad un garante, un respon-

sabile, un esperto, uno specialista di paesaggio,in grado di asseverare che l’opera in questione alpaesaggio o non fa del male o addirittura intro-duce elementi migliorativi;

– oppure, in situazioni di particolare importanza,ad un’idonea progettazione specialistica sul pae-saggio stesso, da condurre in parallelo (ed even-tualmente in contraddittorio) con la progettazio-ne tecnica dell’opera in sé (per es. elettrodotto,edificio, ecc.).

74

Page 75: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

75

Si suggerisce infine la messa a punto di standardqualitativi di riferimento, cui sottoporre i progetti daautorizzare e che, in raccordo alla RACCOMANDA-ZIONE n. 4, dette prescrizioni seguano un iter istitu-zionale simile a quanto attuato per il responsabiledella sicurezza nei cantieri, già in uso nella prassi cor-rente a seguito dell’approvazione del D.L. 14.8.96 n.494.

8. Il vincolo autorizzativo

Ricordando le considerazioni di cui alla RACCO-MANDAZIONE n. 3, secondo la quale il territorio at-tualmente vincolato ai sensi della vigente L. 1497/39dovrebbe essere rivisto sulla base di una rilettura del-le reali situazioni di stato variamente presenti sul ter-ritorio nazionale.

Si raccomanda che i poteri di controllo sulle tra-sformazioni da effettuare sull’attuale vincolo ex L.1497 e 431 siano totalmente sotto la responsabilitàdelle Regioni con possibilità di delega agli enti locali,purché questi siano obbligati ad assolvere dette re-sponsabilità con il supporto tecnico di specialisti for-mati ai sensi della RACCOMANDAZIONI n. 4 e n. 5 eattraverso la emanazione di norme tecniche quadro,manuali e indirizzi metodologici proposti a livello cen-trale.

Si raccomanda altresì il mantenimento di un ruo-lo dei poteri degli Uffici decentrati del Ministero per iBeni e le Attività Culturali, non più per esercitare ilcontrollo a posteriori rispetto agli interventi, ma perfornire contributi positivi ai processi di pianificazioneafferenti il paesaggio.

9. Complessi paesaggistici e giardini storici

Considerato che in particolari ambiti il disegnoformale dello spazio fisico a scala urbana e rurale hacontraddistinto in modo rilevante la storia del nostroPaese, con la presenza di vere e proprie architetture de-gli spazi aperti (paesaggio d’autore) e che a tutt’ogginon solo non sussiste alcuna forma organica ed esau-stiva di inventario valutativo da condurre su basi sto-rico-critiche ma che detto patrimonio risulta frequen-temente dimenticato nella prassi di tutela ordinaria.

Considerato altresì che ogni Regione del nostroPaese dispone di un numero straordinario di giardinistorici per i quali appare improrogabile un censimen-to su scala nazionale.

Tenuto conto che la grande maggioranza dei be-ni culturali emergenti, ivi comprese le aree archeolo-giche, lega la propria esistenza all’integrità del con-testo paesaggistico di cui fa parte.

Constatata la lacunosità e approssimazione concui il patrimonio paesaggistico presente nel nostroPaese è mantenuto, con particolare riguardo ai parchie giardini delle grandi città che, ancorché pubblici estorici, al di là dei vincoli a cui sono sottoposti, versa-no frequentemente in condizioni di abbandono e didegrado, nonostante che al loro interno vengano svol-te attività di lucro da parte di enti sportivi e ricreativipubblici e privati.

Si fa appello perché sia dato seguito a quantoproposto dalla “Carta dei Giardini Storici” (Carta di Fi-renze – ICOMOS) del 12 Settembre 1981 per quantoriguarda, in particolare, l’impegno del Ministero com-petente a curare in collaborazione con l’Università etutti gli altri enti interessati il censimento e la sche-datura di tutti i manufatti e dei contesti paesaggisti-ci sopra richiamati.

Si raccomanda che i suddetti censimenti sianostrettamente integrati alle tipologie di paesaggio di cuialla RACCOMANDAZIONE n. 3 in modo che possaessere stabilito un organico raccordo con connotatistrutturali del paesaggio culturale.

Si raccomanda inoltre che i citati contesti venga-no adeguatamente protetti dalla legislazione di settoree siano considerati per la loro rilevanza entro i processidi pianificazione ordinaria e che siano fatti oggetto,nei casi in cui occorra, di organici progetti di restau-ro delle componenti architettoniche e biologiche al fi-ne di recuperarne la centralità culturale che ne hadeterminato la creazione.

Si suggerisce infine che i grandi parchi urbanistorici siano affidati a forme di gestione aziendale, co-stituendo caso per caso un’apposita “Authority” concompiti di governo e di bilancio e con responsabilitàautonome, in modo da equilibrare i modi d’uso com-patibili con i risarcimenti e le prassi manutentive ne-cessarie.

10. Creazione di nuovi paesaggi

Constatato che in Italia la difesa del paesaggio,essendosi in prevalenza limitata al controllo a poste-riori degli interventi puntuali di trasformazione delterritorio, manifesta un grosso deficit di cultura pro-gettuale, la quale dovrà essere in futuro sviluppata an-che per il risanamento dei vastissimi paesaggi chehanno ormai perso i loro valori morfologici ed ecolo-gici tradizionali, senza acquistarne di nuovi, ossia so-no informi e deformi, anche in riferimento a quantoprevisto al punto 2 dell’Appendice della citata Con-venzione Europea del Paesaggio.

Preso atto della necessità di integrazione tra pae-saggio edificato e paesaggio “aperto” e che la loro in-terdipendenza implica il concetto di “bilancio” e di

Page 76: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

“compensazione” che può modificare profondamen-te le frontiere della conservazione della natura, limi-tate d’ordinario a situazioni considerate di particola-re pregio ambientale.

Considerato che, nei confronti delle necessitàevolutive dei processi produttivi ed insediativi non èpiù sufficiente oggi limitarsi a mantenere o riqualifi-care l’esistente, e che la conservazione può avvenireanche attraverso l’aggiunta di elementi nuovi in gra-do di migliorare la stabilità degli elementi naturalipresenti (ad esempio tramite la realizzazione di corri-doi biotici di connessione).

Si raccomanda di avviare forme di progettazioneintegrata entro i processi di trasformazione del terri-torio esistenti o previsti che tenga conto delle istanzeambientali e paesaggistiche, mediante il persegui-mento dei seguenti obiettivi: – il mantenimento della bio-diversità e del giusto

grado di eterogeneità dei paesaggi;– l’aumento della complessità a scapito della bana-

lizzazione ecosistemica;– l’equilibrata distribuzione degli elementi di natu-

ralità anche nei fondovalle, nelle pianure e nellecittà; in particolare si ricorda l’esigenza di rinatu-razione dei corsi d’acqua che in molti casi ri-mangono l’unica possibilità concreta di diffusio-ne della naturalità anche nei tessuti altamente an-tropizzati;

– la rivalutazione del paesaggio agrario come im-portante sistema plurifunzionale potenziale, conimportanza ambientale e non solo agronomicasempre che sia integrato da elementi seminatu-rali compatibili (cfr. RACCOMANDAZIONE n. 19);

– la conservazione attiva del patrimonio naturalisti-co e storico-culturale, a conferma di quanto pre-visto nella RACCOMANDAZIONE n. 9, in riferi-mento alle esigenze dinamiche dei sistemi am-bientali;

– l’utilizzo di indicatori ambientali a supporto del-l’analisi paesaggistico-ambientale necessaria alprogetto, secondo quanto indicato nella RAC-COMANDAZIONE n. 1;

– l’introduzione del concetto di “compensazione”,correttamente definita ed individuata, come abi-tuale complemento di trasformazioni compatibi-li anche di piccola entità, ai fini del migliora-mento della qualità ambientale;

– la creazione di nuovi elementi di qualità naturali-stica diffusa a valenza multipla (riequilibrio eco-logico, minimazione degli impatti di grandi ope-re e infrastrutture, ecc.) attuata anche mediantela costruzione di reti ecologiche, che rappresen-tano strutture indispensabili ai fini della conser-vazione della biodiversità e della sostenibilità inrelazione al fatto che uno dei maggiori problemi

della conservazione del paesaggio è la frammen-tazione del territorio;

– l’individuazione di strumenti anche normativi peril miglioramento qualitativo del costruito sia a li-vello di integrazione con il contesto architettoni-co/ambientale, sia a livello di conservazione del-l’energia e delle risorse (bio-architettura, reim-piego delle acque bianche, ecc.);

– l’occorrenza di un’accurata progettazione deglispazi aperti, per il miglioramento qualitativo de-gli stessi sia a livello di integrazione con il con-testo ecologico-paesaggistico, sia a livello di frui-zione delle popolazioni (uomini e/o animali);

– l’attivazione su larga scala della prassi di creare exnovo non banali e frammentate “aree verdi” maveri e propri “parchi e giardini” (con particolareriguardo a quelli privati, da incentivare e valo-rizzare) che costituiscono da sempre il luogo delpaesaggio che accoglie l’atto progettuale piùmirato, deciso e finalizzato a creare un “beneculturale” che si fa sempre e comunque caricodel problema dell’inserimento ambientale e pae-saggistico di ciò che lo motiva (per esempio unavilla, un parco giochi, un centro sportivo, ecc.).

11. Recupero di aree degradate

Considerato che le periferie, le aree industrialidismesse, le aree di abusivismo edilizio, ecc. necessi-tano di interventi urgenti di ripristino paesaggistico eambientale;

Considerato che lo sviluppo delle infrastrutture arete (elettrodotti, gasdotti, rete stradale e autostra-dale, ecc.), l’inserimento nel territorio di cave e di-scariche, la bonifica di aree contaminate e il recupe-ro delle stesse, nonché il recupero delle aree dismes-se in genere, costituisce sempre più spesso motivo digravi conflitti fra gli enti gestori dei servizi e le popo-lazioni e gli enti locali coinvolti, che lamentano quasisempre la mancata considerazione degli aspetti di tu-tela del paesaggio.

Considerato altresì che la progettazione di detteopere prevede inevitabilmente profonde trasforma-zioni ambientali e paesaggistiche che devono essereaffrontate da idonee professionalità, necessariamen-te non coincidenti con quelle richieste dalla proget-tazione e dalla specifica tecnologia dei singoli manu-fatti, al fine di porre sotto controllo gli esiti a breve ea lungo termine delle trasformazioni stesse.

Riconosciuto che in linea tutto affatto generalegli ecosistemi naturali o antropici possano essere mo-dificati ma solo previe garanzie che consentano l’in-staurarsi di nuovi equilibri con essi non contraddittori.

Si richiede, in coerenza con la RACCOMANDA-

76

Page 77: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

77

ZIONE n. 7, che i progetti preliminari, definitivi edesecutivi di queste opere siano affiancati da: – opportune analisi diagnostiche sulla struttura del

paesaggio per la selezione dell’alternativa nonsolo meno impattante, ma anche che consentaun miglioramento dell’assetto paesistico am-bientale originario

– verifica dell’interazione con le reti ecologiche– progetti di paesaggio disegnati come processo

organico aperto al mutamento e allo svilupponel tempo, in vista della conservazione delle ri-sorse, dell’aumento della capacità portante degliecosistemi nei confronti delle comunità faunisti-che presenti e potenziali, e di ogni altro aspettoqualitativo per il futuro

– progetti di minimazione per l’inserimento dei ma-nufatti specifici

– progetti di compensazione per il miglioramentodelle condizioni originarie

– attivazione e ottimizzazione nel tempo dei moni-toraggi relativi alle opere per loro natura dinami-che, quali le opere di paesaggio, con manuten-zioni programmate già in fase di primo interven-to e tarate a seguito dei monitoraggi. Considerato infine che l’attività estrattiva, pur

rappresentando un’attività economica consolidata le-gata alle risorse del territorio, è venuta a costituire neltempo un elemento di acuta perturbazione ambien-tale, con situazioni particolarmente gravi nei casi in cuisi è proceduto all’escavazione di materiali litoidi inambiti sensibili e con dimensioni che hanno compor-tato un notevole impatto con l’ambiente.

Si raccomanda la definizione di nuove proceduree modalità di escavazione tali da garantire un correttorapporto “estrazione di materiale utile / conservazionedell’ambiente”, con il maggior vantaggio economico ela minima deturpazione ambientale, e capaci altresì ditrovare applicazione nel recupero delle cave dismesse,tenendo sempre presente la necessità di definire prio-ritariamente la destinazione d’uso finale dell’area.

12. Il paesaggio delle grandi operenella disciplina del V.I.A.

Convinti che gli obiettivi di difesa, gestione e svi-luppo del paesaggio debbano essere confrontati con leesigenze socioeconomiche della collettività.

Riconoscendo che la disciplina del V.I.A. nelle sueprassi in via di definizione possa costituire un utile ter-reno di confronto sotto questo profilo.

Constatato che il settore del paesaggio nella prati-ca degli studi di impatto costituisce di norma un setto-re marginale che non tiene nel dovuto conto dei con-tenuti della RACCOMANDAZIONE n. 1.

Considerato che la legge Merloni ter riconosce al-l’Art. 2 tra le opere pubbliche gli interventi di Ingegne-ria Naturalistica e viste le evidenti ricadute positive sulpaesaggio extraurbano derivanti da tali tecniche basa-te sull’impiego di specie autoctone.

Si ritiene opportuno che per la composizione deipossibili conflitti, in alternativa ai tradizionali processiamministrativi, debbano essere sperimentate nuoveforme di negoziato tra i diversi attori, che consentanodi realizzare simultaneamente il massimo dei beneficicomplessivi.

Si ritiene altresì necessario che, al fine di afferma-re in modo significativo le ragioni del paesaggio nel-l’ambito del suddetto negoziato, vengano espletate leseguenti procedure: – venga introdotto come prassi il concetto di V.I.A.

“strategica” propedeutica alla progettazione del-le opere e di indirizzo delle stesse, comprendentelo studio delle diverse alternative oltreché “l’op-zione zero”;

– il processo negoziale sia strutturato in modo taleda garantire la rappresentazione efficace degliinteressi del paesaggio, mediante fasi di analisidei problemi, valutazione delle soluzioni e for-mulazione delle proposte, con particolare riguar-do alle indagini preventive sulle tipologie di pae-saggio, in modo da stabilire a priori le localizza-zioni di minore fragilità paesaggistica (analisi del-le alternative);

– l’inserimento delle opere nel paesaggio, special-mente quello extraurbano, privilegi gli interventidi rivegetazione con specie locali. In tal senso leopere di mitigazione e compensazione dovrannoimpiegare, ove possibile, tecniche di rinaturazionee di Ingegneria Naturalistica che soddisfino finalitàstrutturali e funzionali (di consolidamento, anti ru-more e tampone in genere), ma anche ecosistemi-che con la creazione di stadi vegetali dinamici pa-ra naturali, nonché di ricostruzione di habitat estrutture per la continuità faunistica;

– le opere di mitigazione non si limitino a semplici in-terventi di rinverdimento, a posteriori rispetto alletrasformazioni proposte, ma che si prendano cari-co di misure atte all’inserimento organico delleopere nel quadro delle esigenze sistemiche (ecolo-giche, visuali e storico-culturali) proprie della strut-tura portante del paesaggio considerato;

– nei casi in cui esista una concentrazione di più ope-re, queste vengano valutate nel loro insieme poichél’impatto globale è diverso dalla somma dei singo-li impatti;

– si tenga conto che molto spesso i danni maggio-ri al paesaggio derivano dalla somma delle piccoleopere che non vengono mai valutate piuttostoche da un’unica grande opera.

Page 78: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

IL PAESAGGIO NELLA PIANIFICAZIONE ORDINARIA

13. Rapporti fra pianificazione ordinaria e paesaggio

Considerato che in Italia l’unica forma di pianifi-cazione consolidata per il controllo dell’uso del suolo(pianificazione fisica) è quella propria dell’ordina-mento urbanistico-territoriale e degli istituti assimila-ti, che costituisce sempre più spesso il momento diponderazione e di coordinamento tra le istanze so-cioeconomiche che le sono proprie e le istanze di tu-tela dell’ambiente e del paesaggio, considerate comeun particolare tipo di richiesta da confrontare con lealtre.

Considerato altresì che con il termine di pianifi-cazione paesistica si intende la pianificazione specia-le per la difesa, la gestione e lo sviluppo della naturae del paesaggio, che mira intenzionalmente a: – evitare o ridurre il più possibile i danni ambienta-

li prima della loro manifestazione– attenuare i conflitti tra le esigenze antropiche e

quelle naturali– garantire l’evoluzione del paesaggio, ivi compre-

sa la difesa delle specie e dei biotopi e la tra-smissione alle future generazioni delle tracce sto-riche e della cultura dei luoghi

– assicurare la fruizione culturale e ricreativa deglispazi aperti

– riqualificare il territorio nelle sue componenti bio-tiche e abiotiche

– individuare incentivi per la compensazione am-bientale e la creazione di reti ecologiche

– individuare e proteggere i giardini storici e i pae-saggi d’autore, tenendo conto degli aspetti ge-stionali e manutentivi che li caratterizzano. Si raccomanda, anche a riguardo dell’indicazio-

ne n. 5 proposta dall’allegato della Convenzione Eu-ropea del Paesaggio, che negli atti pianificatori di ti-po ordinario, allorché afferiscono il territorio apertoe gli spazi inedificati, venga resa obbligatoria ai va-ri livelli la considerazione delle esigenze sistemichedel paesaggio e delle esigenze evolutive degli orga-nismi viventi, a partire dalla qualificazione delle pro-fessionalità che ne sono garanti (cfr. RACCOMAN-DAZIONE n. 4).

Si raccomanda altresì che le istanze della pianifi-cazione del paesaggio non siano “ricongiunte” conquelle urbanistiche, ma siano oggetto di considera-zione specifica, parallela e dialettica, in modo che siasempre identificabile il percorso logico che le ha mo-tivate e che siano resi evidenti i possibili conflitti fra l’e-voluzione e/o conservazione degli ecosistemi e lo svi-luppo dei processi insediativi e funzionali; pertanto siauspica che la legge urbanistica quadro in corso di di-scussione sancisca, accanto all’unicità delle procedu-

re istituzionali dei piani, i requisiti esigenziali prece-dentemente esposti.

Si raccomanda al tempo stesso di promuovere,mediante appositi disposti di legge, idonei istituti dipianificazione del paesaggio mirati alla soluzione diproblemi specifici, portatori di linee guida di settore di-rettamente interagenti fra le istanze socio-economichee quelle specifiche della natura e del paesaggio (aquesto fine si rimanda alle raccomandazioni n. 18-20seguenti).

14. Contenuti della pianificazione del paesaggio

Ribadendo quanto affermato alla RACCOMAN-DAZIONE n. 13 circa la necessità di sviluppare formedi pianificazione paesistica non alternative o con-trapposte e fra loro sinergiche e complementari, di ca-rattere: – trasversale, come contributo alla pianificazione

territoriale ed urbanistica ed alla pianificazionesettoriale (piani dei parchi, piani agro-forestali,piani per la difesa del suolo, ecc.);

– speciale, come strumenti di pianificazione auto-noma delle autorità competenti per la difesa delpaesaggio. Considerato che la pianificazione paesistica deve

essere concepita come strumento attivo in grado dicoinvolgere una molteplicità di forze istituzionali, tec-niche economiche e sociali, e di mobilitare adeguatiinvestimenti, cogliendo in positivo le occasioni di tra-sformazione del territorio.

Si raccomanda che enti pubblici e privati sianoabilitati dalla legge ordinaria a predisporre piani delpaesaggio, o meglio ad integrare in modo completoe rispondente alle necessità, alle diverse scale di at-tuazione (provinciale, comunale, locale), sulla base diparticolari istanze emergenti da specifiche situazioninon risolvibili mediante la pianificazione ordinaria dicui alle raccomandazioni n. 14-17, e pertanto concontenuti attuativi e particolareggiati.

Si raccomanda altresì che fra le dirette respon-sabilità di un programma d’intervento specificata-mente mirato al paesaggio rientrino almeno le se-guenti: – l’analisi delle risorse ambientali disponibili, me-

diante l’identificazione delle componenti natu-rali e paesistiche d’interesse e la loro fragilità ri-spetto ai presumibili gradi di minaccia reale e po-tenziale;

– la verifica delle possibilità di riqualificazione ed ar-ricchimento delle situazioni di stato, difendendol’articolazione e la diversità degli ambienti e del-le strutture territoriali;

– la conservazione del paesaggio aperto sia in città

78

Page 79: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

79

che fuori di essa, ostacolando la sua progressivariduzione quando questo comporti danni agliecosistemi, ivi compresi quelli urbani;

– le possibilità di ampliamento della connettivitàecologica mediante corridoi di collegamento frabiotopi naturali ed aree verdi urbane ed extraur-bane;

– il mantenimento di fasce di adeguata profonditàlungo i corpi d’acqua di qualsiasi tipo e livello, inmodo da lasciare casse d’espansione adeguate espazi opportuni ai boschi ripari;

– la riabilitazione ecologica dei paesaggi degrada-ti, individuando di volta in volta nuovi usi com-patibili (talvolta fortemente innovativi rispettoagli assetti precedenti);

– l’apertura alla fruizione culturale e ricreativa del-le aree di interesse paesaggistico;

– l’individuazione di progetti specifici per la realiz-zazione di particolari obiettivi assunti come prio-ritari ed urgenti, previa individuazione di organi-smi (di norma a prevalente responsabilità pubbli-ca) per il coordinamento o la sostituzione deglienti di gestione esistenti non sufficientementefinalizzati allo scopo (coordinamento, concentra-zione o decentramento di competenze sia di tipoamministrativo che tecnico).

15. I piani urbanistico territoriali sovraordinati

Ritenendo che sia opportuno soddisfare il requi-sito della congruità paesaggistica dei contenuti deipiani territoriali di tipo sovraordinato previsti dalleleggi in vigore (livello regionale / provinciale / com-prensoriale / piani di bacino / piani territoriali dei par-chi), con particolare riguardo ai “piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori pae-saggistici e ambientali” di cui alla L. 431/85.

Si raccomanda che essi non siano rinviati all’at-tuazione dei piani subordinati (comunali), in funzionedel loro obiettivo di inquadramento e di indirizzo nonsolo a livello metodologico ma anche per gli aspettipropriamente localizzativi.

Si raccomanda che essi prendano in considera-zione (in estrema sintesi): – le invarianti del sistema ambientale, quanto a vin-

coli permanenti e direttamente cogenti e politichedi tutela (risorse idriche, siti di interesse geo-morfologico, flora, boschi e monumenti vegeta-li, fauna, ecc.);

– l’individuazione delle zone prioritarie per la dife-sa della natura con l’eventuale individuazione didettaglio di aree protette di livello sotto ordina-to, anche per la compensazione dei carichi am-bientali esistenti o previsti; ma soprattutto crite-

ri e linee guida per l’incremento e la gestionedella naturalità diffusa nel territorio non protet-to che appare quello a più alta vulnerabilità;

– la promozione, sostegno e disciplina di attivitàche abbiano dirette responsabilità nella riprodu-zione del paesaggio nel tempo (attività agro-sil-vo-pastorali, agriturismo, ecc.);

– le misure generali per l’eliminazione dei danni al-la natura e al paesaggio e per il miglioramentodel loro valore ricreativo;

– la disciplina del sistema insediativo (patrimonio in-sediativo esistente, infrastrutture e servizi, zone dinuovo insediamento, strutture ricettive e turisti-che, strade e disciplina dei trasporti e del traffi-co, cave, elettrodotti e altri impianti tecnologici,impianti di depurazione e smaltimento rifiuti,ecc.). Si richiede, a questo fine, di far riferimento a re-

sponsabilità tecniche di tipo transdisciplinare dove,accanto all’urbanistica, si rendono necessarie tutte lecompetenze professionali necessarie all’analisi dia-gnostica di tipo ambientale, dato che la “qualità” delpiano si fonda in questo caso su una efficiente orga-nizzazione di ruoli tecnico-disciplinari specifici, ognu-no compartecipe in modo paritetico della responsa-bilità delle scelte strategiche.

16. I piani dei parchi naturali

Ritenuto indispensabile di identificare all’internodelle aree protette i processi degradativi, in atto epotenziali, a carico delle risorse territoriali, con parti-colare riferimento a quelle primarie come il paesaggio,l’insediamento storico, i beni culturali e naturali, ecc.,al fine di individuare le soluzioni tecniche e i disposi-tivi normativi più idonei a garantirne la conservazio-ne, la riproducibilità, la sostenibilità.

Considerato il fatto che ogni intervento operatosul territorio può rappresentare, a seconda delle mo-dalità con cui è concepito e gestito, un’occasione diriqualificazione ambientale dell’esistente ma anchedi sperimentazione e innovazione all’altezza dei tem-pi, contro un’assenza di iniziativa e di controllo chepotrebbe solo incentivare i processi di degrado.

Vista l’opportunità di pilotare il necessario cam-biamento, tendendo alla ricostituzione di un paesag-gio di tipo unitario nel rispetto delle preesistenze cul-turali e delle leggi fondamentali dell’ecologia, glo-balmente aderente alle esigenze della società con-temporanea e quindi capace anche di garantire lacontinuità delle relazioni ambientali, paesaggistiche,spaziali e funzionali fra aree limitrofe ma diversa-mente connotate (agricoltura, zone umide, aree pro-tette, ecc.).

Page 80: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Convinti che qualsiasi sistema territoriale, com-preso quello delle aree protette, possiede per sua na-tura connotati di dinamicità tali che lo rendono co-munque soggetto nel tempo a mutamenti, i quali, inmancanza di un’adeguata pianificazione ambientale,possono risultare non coordinati con le caratteristichenaturali, paesaggistiche e insediative del contesto cir-costante.

Considerato che l’Unione Internazionale per laConservazione della Natura (IUCN), ha recentemen-te ridefinito le linee guida per la individuazione del-le categorie di gestione delle aree protette4, al fine dicostituire uno strumento atto a facilitare la comuni-cazione, l’informazione e l’adeguamento delle areeprotette ad obiettivi gestionali unitariamente ricono-sciuti.

Tenuto conto del fatto che ogni parco naturale inItalia (nazionale, regionale, provinciale) interessa dinorma un territorio molto variegato sotto il profilo ditutte le componenti ambientali, con condizioni di va-riabilità spaziale che sono il prodotto delle interazio-ni dinamiche tra processi geologici e climatici, popo-lamenti ed azioni antropiche finalizzate ad un usoproduttivo delle biocenosi e quindi che esso è con-notato da un’organizzazione spaziale caratteristicadegli ecosistemi territoriali (unità di paesaggio), ognu-na delle quali possiede aspetti ambientali specifici emeccanismi di riproduzione molto peculiari, ognunadelle quali richiede una specifica prassi di tutela ed uti-lizzazione.

Convinti che ogni parco naturale costituisca per-tanto un grappolo di aree protette secondo le defini-zioni internazionali, entro cui il paesaggio (categoria5) appare quella quantitativamente predominante.

Ricordando che questa categoria riguarda le areedove “l’interazione tra uomo e natura ha prodotto neltempo un paesaggio ragguardevole di notevole valo-re estetico, ecologico e/o culturale, spesso ad alta di-versità biologica”.

Si raccomanda di perseguire i seguenti obiettiviper questa specifica tipologia di area protetta: – “Mantenere l’armoniosa interazione di natura e

cultura attraverso la protezione del paesaggio, lacontinuazione degli usi del suolo, delle pratichecostruttive, delle manifestazioni sociali e cultura-li tradizionali;

– sostenere i modi di vita e le attività economicheche risultano in armonia con la natura e con la tu-tela della struttura sociale e culturale delle co-munità insediate;

– mantenere la diversità del paesaggio, dell’habitate delle specie e degli ecosistemi ad essi collega-ti;

– eliminare e prevenire, dove necessario, gli usi delsuolo e le attività che risultano incompatibili sia

per natura dell’intervento che per livello; – realizzare le condizioni per il corretto godimento

dell’area da parte dei visitatori attraverso un tipodi turismo e di ricreazione idonei e appropriati pertipo e scala alle peculiarità dell’area;

– sostenere le attività educative e di ricerca scienti-fica capaci di contribuire al benessere a lungotermine dei residenti e al sostegno pubblico del-le attività di conservazione dell’area;

– arrecare giovamento e contribuire alla prosperitàdelle comunità locali mediante la produzione diprodotti naturali (ad esempio derivanti dalle atti-vità forestali, di pesca, ecc.), e la fornitura di ser-vizi (ad esempio legati alle risorse idriche o a for-me compatibili di turismo) ”5.

17. I piani regolatori comunali e i loro strumenti di attuazione

Constatato con soddisfazione che nella prassi or-dinaria della pianificazione di livello comunale co-mincia ad emergere in modo non occasionale lo spe-cialissimo ed insostituibile ruolo che giocano nellacittà e nel territorio gli elementi naturali, ambientali eculturali, ovvero la rete degli spazi lasciati “vuoti” daiprocessi insediativi veri e propri.

Constatato altresì che sono sempre più numero-si i piani regolatori che attuano: – campagne di perlustrazione ambientale, talvolta

anche assai approfondite e raffinate, rivolte a ri-conoscere i principali caratteri e fattori fisici, eco-logico-naturali e paesaggistici del territorio ur-bano ed extraurbano, con l’intento di porli sottotutela attiva;

– previsioni di aree protette (parchi e riserve natu-rali) di livello comunale, con qualche speciale at-tenzione ai “parchi fluviali” o ai progetti di recu-pero di aree degradate (cave e discariche);

– ridisegno delle nuove previsioni insediative, conprivilegio particolare assegnato alle attività di ri-qualificazione e di riconfinazione del rapportocittà/campagna. Si raccomanda che gli strumenti urbanistici di li-

vello comunale siano tenuti in via ordinaria a: – conferire alle aree “agricole” e a tutte le aree

inedificate in genere connotati di tutela del pae-saggio, con un’ampia considerazione del contri-buto che queste possono dare ad uno stabile as-setto del territorio e del paesaggio non urbano etalvolta anche a quello urbano;

– conferire agli spazi verdi un significato che con-senta di coniugare il loro ruolo di servizio con ipossibili riflessi di natura ambientale che posso-no offrire a tutta la città, comprendendo in essi

80

Page 81: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

81

le interazioni positive che sussistono fra verdepubblico e verde privato o fra verde pubblico espazi aperti;

– prendere in carico più in particolare la questioneecologica (isole di calore, reti di connettività in-terne al tessuto edificato, habitat faunistici, ecc.)cominciando a costruire modelli d’uso dello spa-zio abitato come variabile dipendente delle con-dizioni dello stato e della dinamica ambientale, ivicompreso – in qualche caso – il problema dellaconservazione della biodiversità. Si raccomanda altresì che siano messi in eviden-

za entro i piani regolatori e i loro strumenti di attua-zione: – le componenti paesistiche, costituite da strutture

caratteristiche della campagna, quali piccoli cor-pi d’acqua, alberi isolati o in gruppo, formazionivegetali ai confini di proprietà, siepi e macchie dicampo, muri a secco, scarpate e terrazzamenti,meritevoli di protezione nel loro complesso, sal-va la possibilità di modifiche locali, nel rispettodell’equilibrio ecologico e del quadro paesistico;

– le aree e componenti verdi storiche, costituite dasiti e strutture progettate soprattutto per finiestetici, culturali, scientifici e di decoro, da tute-lare nella loro complessità ed estensione storica,comprese le costruzioni, in relazione all’impor-tanza documentaria ed al valore paesistico edambientale;

– le aree e componenti verdi urbane costituite da si-ti e strutture verdi pubbliche e private, prive di va-lore storico, all’interno ed ai margini delle areeedificate, progettate e gestite per obiettivi am-bientali e sociali, quali la connotazione e valoriz-zazione del quadro paesistico, il miglioramentodel clima e dell’igiene urbana, la ricreazione neltempo libero, la difesa e l’esperienza della natu-ra da interconnettere con le aree del paesaggioaperto. Si raccomanda infine, per quanto attiene specifi-

catamente le procedure e la gestione dei piani in esa-me che si tenga conto delle seguenti esigenze: – prevedere metodologie di studio, valutazione e

pianificazione improntate alla transdisciplinarietà; – garantire che tutte le discipline coinvolte siano

affrontate negli studi preliminari al piano e for-niscano ognuna il proprio contributo alla reda-zione del piano stesso;

– prevedere metodologie di studio, valutazione epianificazione che contemplino, tra l’altro, l’uti-lizzo di modelli dinamici e indicatori ecologici tragli strumenti di controllo;

– assicurare in ogni momento che l’integrazionedello strumento di pianificazione possa ammet-tere adeguamenti e nuovi approfondimenti, in-

dividuando procedure di approvazione e di va-rianti snelle;

– predisporre uffici di piano permanenti per la ve-rifica attuativa dei piani e l’implementazione del-le banche dati predisposte in fase di redazione;

– incentivare l’utilizzo delle nuove tecnologie (GIS oSIT) per l’istituzione delle banche dati territoria-li, la gestione del territorio e la verifica dell’at-tuazione dei piani;

– prevedere la figura del “tecnico ambientale” daaffiancare al tecnico comunale nella gestione delterritorio;

– Individuare strumenti di controllo adeguati, dalpunto di vista del paesaggio, sia della qualità deipiani, sia della gestione degli stessi.

LA PIANIFICAZIONE DEL PAESAGGIO PER FINALITÀ MIRATE

18. Difesa del suolo

Condividendo le argomentazioni della “Mozioneper il finanziamento degli interventi di difesa del suo-lo e manutenzione del territorio” proposta dal Mini-stero dell’Ambiente secondo cui “la messa in sicurezzadel territorio non rappresenta solo una necessità, maè anche una grande occasione di sviluppo e di occu-pazione”, e facendo riferimento al D.L. 180/98 “De-creto Sarno” e seg.;

Ricordando che il “recupero della funzionalitàdei sistemi naturali e delle aree agricole, a scala di ba-cino, nei territori di montagna, collina e pianura” do-vrà essere rivolto: – “al miglioramento della funzionalità idraulica dei

suoli forestali nel territorio montano e collinare,con particolare riferimento alla formazione, al re-cupero, manutenzione e rinaturalizzazione dellesuperfici boscate;

– alla regimazione e rinaturalizzazione della reteidrografica superficiale;

– alla forestazione su estese superfici, secondo cor-rette pratiche selvicolturali, che si integrino conl’uso dei suoli favorendo pratiche agricole e zoo-tecniche sostenibili e la residenza o reinstallazio-ne in loco di nuclei familiari;

– all’incentivazione di attività agricolo-forestali epastorali collaboranti e compatibili con la difesadelsuolo, con particolare riferimento agli inter-venti sulle superfici erbacee del territorio monta-no e collinare, e adeguamento dell’attività agri-colo-pastorale ai fini della resistenza all’erosionedei suoli;

– agli interventi di manutenzione degli alvei e di re-cupero, anche naturalistico, del reticolo idrogra-

Page 82: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

fico gestito da consorzi idraulici e di bonifica6”. Si raccomanda pertanto che:

– vengano attivati o rafforzati i servizi nazionaligeologico e del suolo e i servizi regionali di con-trollo ambientale e raccolta dati (Sistema delleAgenzie Ambientali – Legge 61/94), quali istitu-zioni permanenti preposte alla creazione di unabanca dati e al perfezionamento di un idoneastrumentazione conoscitiva;

– stante il ruolo che le Leggi 142/90 e 183/89 rive-stono per la tutela dell’ambiente, si acceleri la lo-ro messa in atto mediante la rapida redazione ap-provazione ed attuazione degli appositi Piani Ter-ritoriali di Coordinamento Provinciali e Piani di Ba-cino, sollecitando uno specifico riferimento di-retto e indiretto alla difesa del suolo;

– tutte le aree protette del Paese (Parchi Nazionali,Parchi Regionali, Parchi Provinciali, Riserve naturali,Paesaggio protetto) ai sensi delle leggi 349/91(Piani dei parchi) 1497/39 (Tutela del paesaggio)e 431/85 (Piani paesistici regionali) siano dotate aivari livelli di competenza della prevista pianifica-zione ambientale e paesistica, entro cui gli inter-venti di riordino dei soprassuoli vengano collaudatiin sede regionale e successivamente selezionatiper la loro implementazione in via prioritaria;

– gli strumenti urbanistici comunali siano tenuti adelaborare appositi studi d’area vasta sul tema de-gli interventi di difesa dei suolo e di tutela deipaesaggi forestale e agro-pastorale, con specifi-ca analisi dei processi ecosistemici in essere fina-lizzata al recupero delle situazioni di instabilità edegrado;

– si ricorra comunque alle ordinarie procedure diV.I.A. per la valutazione e il monitoraggio delle ri-cadute di tutti gli interventi di riordino e difesa delsuolo;

– si tenga conto della forte relazione esistente tradifesa dei suolo e conservazione e protezionedelle coperture pedologiche (suolo in senso stret-to); il suolo, infatti, può essere considerato l’in-dicatore e contemporaneamente il primo ogget-to della maggior parte delle azioni/processi cheproducono disfunzioni dei sistemi naturali e fe-nomeni degradativi;

– si introduca la valutazione pedologica tra gli ele-menti centrali dei processi di pianificazione terri-toriale, per quanto attiene alle risorse ambienta-li con particolare attenzione ai sistemi agricoli;

– si privilegi l’impiego delle tecniche di IngegneriaNaturalistica negli interventi di sistemazioneidraulica, di consolidamento dei versanti franosie di aree denudate in genere, riconoscendo ilprincipio della scelta dell’intervento a minor livellodi energia a pari funzione.

19. Aree agricole

Considerato che nei territori a matrice eminen-temente rurale, ove lo sviluppo insediativo non haancora condizionato la struttura del paesaggio agra-rio anche laddove le aziende perseguono obiettivi dialta redditività: – il riconoscimento del ruolo essenziale svolto dai

singoli operatori in campo agricolo nella gestio-ne e nel mantenimento dei caratteri peculiari deidiversi agroecosistemi;

– il sostegno delle tecniche colturali tradizionali,frutto di una cultura agronomica secolare, attra-verso appositi incentivi economici e mirate ricer-che in ambito tecnico e scientifico;

– la tutela del patrimonio cultivarietale tipico dellediverse realtà regionali, mediante opportuni ri-conoscimenti economici;

– forme di promozione attraverso la realizzazione dispecifiche banche del germoplasma;

– il recupero e potenziamento della connessioneecologica;

– risultano strategici ai fini della salvaguardia del pa-trimonio paesaggistico esistente–Si raccomanda che al loro interno sia attuata la di-

fesa dei valori ambientali mediante l’attivazione diappositi programmi di miglioramento agricolo am-bientale, finalizzato fra l’altro al: – riordino fondiario finalizzato alla creazione di una

dimensione aziendale capace di consentire un’at-tività agricola professionale a tempo pieno e re-sistente a trasferire ad altri usi la sua base fon-diaria;

– restauro del paesaggio agrario storico e recuperodel patrimonio edilizio esistente per nuove attivitàcompatibili;

– equipaggiamento del paesaggio agrario attuatomediante l’impianto di vegetazione non coltura-le programmata e progettata con “macchie dicampo”, siepi permanenti, filari alberati (equi-paggiamento del paesaggio agrario), tenendoconto dell’esposizione, della predominanza deiventi, della flora locale; le siepi alte, oltre a sta-bilizzare il terreno, permetteranno la formazionedi nicchie ecologiche capaci di garantire la so-pravvivenza di vertebrati e insetti utili allo scopodi contenere la popolazione dei fitofagi sotto lasoglia di intervento;

– mantenimento dei viali alberati, caratterizzanti lageneralità dei paesaggi agrari italiani, mediantetempestive sostituzioni degli esemplari deperien-ti e l’adozione di idonee tecniche di potatura ri-spettose dell’architettura della chioma della pian-ta e dei principi della fisiologia vegetale;

– rinaturazione dei corsi d’acqua e ricostituzione

82

Page 83: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

83

della continuità delle fasce boscate riparie al finedi garantire soglie di biopotenzialità e degli altriindicatori ecologici congrue ed accettabili in rap-porto al ruolo svolto dall’ambito nel sistema ter-ritoriale; in particolare, nella disposizione lungo ifossi e i canali l’impianto di siepi potrà contribui-re all’intercettamento degli elementi di fertilità,che altrimenti andrebbero ad arricchire le acquesuperficiali;

– offerta di incentivi agli agricoltori che assumanoimpegni per la manutenzione dei paesaggi agra-ri storici, con particolare riguardo ai sistemi in-frastrutturali, ai ciglionamenti e alle colture tra-dizionali. Si raccomanda altresì di incoraggiare l’agricoltu-

ra biologica utilizzando tecniche agronomiche più ri-spettose dei cicli naturali e stagionali, ricordando chequesto sistema di produzione consente risultati ac-cettabili per il produttore, in termini di rese, e mino-ri costi (derivati dal minore e più attento utilizzo dimezzi tecnici), una qualità interessante dal punto divista nutrizionale ed infine un impatto ambientalemeno accentuato; la conduzione razionale e sosteni-bile permette un graduale recupero degli equilibriambientali e la sua durata varia in funzione dellecondizioni aziendali (ambiente pedoclimatico, condi-zioni di inquinamento preesistente, tipo di coltura,ecc.).

20. Aree metropolitane e urbanizzate

Considerato che gli aspetti ecologici della cittàprevalgono sulle distinzioni degli azzonamenti urba-nistici e che non sono risolvibili con le definizioni nu-merico-quantitative degli standard di settore sia invirtù della loro natura sistemica che degli intervallitemporali di formazione e rigenerazione loro carat-teristici.

Ritenendo che gli spazi aperti urbani (strade,scarpate, orti, fossati, spazi di pertinenza di servizipubblici, parcheggi, residenze, verde privato e pub-blico, ecc.) costituiscono il vero tessuto connettivodelle funzioni della città, in qualità di filtro obbligatoattraverso cui la maggior parte delle persone cheusano la città transita o trascorre la vita di tutti igiorni.

Preso atto che ciò non di meno lo spazio inedifi-cato si configura di norma quale area di resulta la-sciata disponibile dalle fasi di crescita del tessuto edi-lizio, sostanzialmente priva di una considerazione stra-tegica o di una specifica progettualità.

Rilevato che in molti casi la domanda di aree ver-di non riesce ad essere soddisfatta dalla programma-zione di parchi e giardini pubblici, soprattutto quan-

do questi costituiscono episodi isolati separati e su-balterni al costruito.

Considerato che in ogni contesto urbano si ren-de necessario fare riferimento alle classi di ruolo (eco-logico, percettivo, funzionale) in cui tutti gli spaziaperti pubblici e privati possono trovare corretta col-locazione, per capire quali siano le finalità che cia-scuno di essi svolge attualmente rispetto a quelle chepotrebbe svolgere in un processo di riequilibrio pae-saggistico-ambientale dei contesti urbanizzati.

Si raccomanda di promuovere appositi piani delpaesaggio finalizzati: – all’integrazione fra contesto architettonico e con-

testo ambientale; – al miglioramento dei processi di conservazione

dell’energia e delle risorse; – alla creazione di un’offerta di servizi rispondenti

alle esigenze culturali e psicofisiche dei cittadini; – alla creazione di forme urbane “di pregio”, nel re-

cuperato rapporto armonico fra parte costruita(minerale) e parte non costruita (biotica);

– alla individuazione di aree per la separazione de-gli usi del suolo conflittuali, ovvero spazi apertiopportunamente previsti per ridurre la conflit-tualità attualmente in essere fra insediamenti didiversa finalità mediante la previsione di aree ver-di di “riequilibrio” (pubbliche e private) a cui af-fidare il ruolo di mitigazione degli impatti com-plessivamente prodotti dall’inquinamento atmo-sferico, acustico e microclimatico;

– alla costruzione di una rete di apparati protettivi,con funzioni di verde di compensazione per mi-gliorare il grado di vivibilità del contesto circo-stante e innalzarne l’immagine complessiva e conopportuni collegamenti con le aree di connettivitàecologica esterne agli insediamenti;

– alla conservazione dinamica del paesaggio, conparticolare riguardo sia ai problemi d’area vastaintercluse nel centro abitato (aree di antico in-sediamento rurale, zone boscate, zone ripariee/o fluviali) sia ai problemi di tipo più specifico(tutela di diversità storico-culturali e naturali-stiche).

NOTE

* Mozione approvata all’unanimità dai partecipanti al Convegno FE-DAP e AIAPP “La trasformazione sostenibile del paesaggio” – Na-poli, 8 ottobre 1999.Testo redatto a cura di: Guido Ferrara, Giuliana Campioni – con con-tributi di: Elena Accati, Renzo Carniello, Paolo Cornelini, RobertoCigliano, Biagio Cillo, Marco Devecchi, Mario Di Fidio, Antonio DiGennaro, Roberto Gambino, Gioia Gibelli, Matteo Guccione, Gio-vanna Longhi, Gianluigi Nigro, Fabrizio Orlandi, Claudio Panerari,Andrea Pochini, Giambattista Rivellini, Giuliano Sauli, Lionella Scaz-zosi, Flora Vallone, Paolo Villa.

Page 84: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

1 Council of Europe, Congress of Local and Regional Authori-ties of Europe: Fifth Session, Strasbourg 26-28 May 1998, EuropeanLandscape Convention.

2 Punto 4 dell’Appendice della Convenzione Europea del Pae-saggio, cit.

3 “È assimilata ad un’attività professionale regolamentata l’at-tività professionale esercitata dai membri di un’associazione od or-ganizzazione che, oltre ad avere segnatamente lo scopo di pro-muovere e di mantenere un livello elevato nel settore professiona-le in questione, sia oggetto, per la realizzazione di tale obiettivo, diun riconoscimento specifico da parte di uno stato membro e rilasciai suoi membri un titolo di formazione, esiga da parte loro il rispet-to di regole di condotta professionale da essa prescritte, conferiscaai medesimi il diritto di un titolo professionale, di un’abbreviazioneo di beneficiare di un status corrispondente a tale titolo di forma-zione”.

4 cfr. World Conservation Union: Guidelines for Protected AreasManagement Categories, World Conservation Monitoring Centre,1994. Il documento individua 6 diverse categorie di aree protette: I:

Riserva integrale; II: Parco Nazionale (area protetta gestita principal-mente per la tutela degli ecosistemi e per la ricreazione); III: Monu-mento naturale (area protetta gestita principalmente per la conser-vazione di specifiche caratteristiche naturali); IV: Riserva orientata(area protetta gestita principalmente per la conservazione attuatamediante interventi gestionali); V: Paesaggio protetto (area protettagestita principalmente per la conservazione del paesaggio e per la ri-creazione); VI: Area di gestione delle risorse (area protetta gestitaprincipalmente per un uso degli ecosistemi naturali capace di garan-tirne la durata).

5 World Conservation Union, op. cit.6 Mozione per il finanziamento degli interventi di difesa del

suolo e manutenzione del territorio nel programma globale di svilup-po del QCS 2000-2003 in allegato alla “Proposta di azione per il re-cupero della funzionalità dei sistemi naturali e delle aree agricole, ascala di bacino, dei territori di montagna, collina e pianura” del Mi-nistero dell’Ambiente, Ministero per le Politiche Agricole, Corpo Fo-restale dello Stato del febbraio 1999, a cui la FEDAP e le associazioniprofessionali federate hanno dato la propria adesione.

84

Page 85: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

85

Questa nota muove dal tentativo di dimostrare lafertilità di un punto di vista esplicitamente progettualequando si affronti il tema del paesaggio all’internodelle discipline urbanistiche e territoriali. L’ipotesi checercherò di argomentare è la seguente: quando lapianficazione muova dalla rilevazione dei mutamenticontemporanei e dai processi di codificazione delle“nuove” domande collettive, secondo una tradizionedisciplinare ormai consolidata, il paesaggio come spa-zio teorico autonomo dal progetto non può esistere,né è mai esistito.

Fin dagli anni ‘20-30 il paesaggio assunto all’in-terno delle elaborazioni urbanistiche, in stretto rap-porto con il dibattito istituzionale sulla codificazionedel nuovo bene giuridico “paesaggio”, non è identi-ficabile con una formulazione disciplinare astratta (ilpaesaggio è…). Il paesaggio dell’urbanistica, così co-me il paesaggio delle prime leggi di tutela dell’Italiaunita, non è un “oggetto in sé”, ma un oggetto con-nesso ad una azione di rilevanza collettiva: paesaggioda difendere.

Anche in quegli anni, in modo simile a quanto ac-cade oggi, le diverse interpretazioni “disciplinari”1

provenienti da campi di ricerca anche molto distanti(dalla filosofia alle scienze naturali) furono assuntedagli urbanisti e rielaborate criticamente in base allanecessità di “agire” sul territorio, in stretto rapportoalla richiesta di una codificazione legislativa “certa”dei nuovi valori collettivi (paesaggio come bene di in-teresse pubblico) e di nuovi strumenti atti a conseguireconcretamente la tutela del valore riconosciuto (limi-tazioni ai diritti di proprietà; piani come strumenti divalutazione preventiva delle trasformazioni ammissi-bili, ecc.).

Le proposte degli urbanisti muovono dal con-fronto con il vasto e radicato movimento di opinioneche in tutta Europa era nato in difesa del paesaggiocontro le trasformazioni distruttive della cosiddetta

“rivoluzione industriale”. Nel corso di cento anni, at-traverso il paesaggio, sono stati affermati i diritti delpassato e della memoria, sono stati eretti argini con-tro i caratteri distruttivi della trasformazione “moder-na”. Ma, sempre in nome del paesaggio, sono stati im-maginati percorsi ragionevoli di ricomposizione deiconflitti, progetti in grado di riconfigurare nel presen-te forme e valori del passato. E soprattutto gli urbani-sti, rifiutando la contrapposizione sterile (da Giovan-noni a Quaroni ad Astengo), hanno esplorato con te-nacia nuovi percorsi per ricondurre il paesaggio (con isuoi valori di tradizione e di memoria) all’interno de-gli strumenti di controllo del territorio, e cioè i piani co-munali ed i piani territoriali. La difesa del paesaggio haassunto così frequentemente i caratteri innovativi di ungrande progetto di ricomposizione (tra passato e fu-turo, tra ragioni orizzontali del moderno ed identifi-cazioni locali, tra innovazione e tradizione). In alcuniperiodi, sotto il peso delle “sconfitte” e delle cancel-lazioni, (come nel terribile secondo dopoguerra, o ne-gli anni più recenti dell’abusivismo dilagante) la dife-sa si è necessariamene trasformata in contrapposizio-ne, protesta contro un paese incapace di affermare ipiù elementari diritti del suolo nazionale: stabilità idro-gelogica, difesa delle stratificazioni e delle permanen-ze storiche di inestimabile valore culturale e scientifi-co, controllo delle trasformazioni insediative.

Contemporaneamente il paesaggio, all’internodelle discipline territoriali, ha annesso e metabolizza-to una grande quantità di apporti teorici, ampliandoenormemente il proprio campo di lettura e di inter-pretazione delle forme riconosciute del territorio.

Dopo la fase di fondazione dell’inizio del Nove-cento, caratterizzata dall’eroico sforzo di costituzionedell’oggetto “paesaggio” (operazione di naturatutt’altro che idealista, improntata piuttosto ai para-digmi della classificazione storicista, ancora oggi lar-gamente presenti nella cultura della tutela), l’inseri-mento dello stesso all’interno della dimensione urba-

Lucina CaravaggiUniversità degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Page 86: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

86

nistica amplia e precisa non solo la complessità del-l’oggetto stesso2 ma anche i significati che questoassume all’interno della trasformazione “moderna”dello spazio. Nel secondo dopoguerra, a seguito del-la distruzione senza precedenti operata con la rico-struzione, in una stagione di accorate denunce e diproteste, le indagini di natura antropo-geografica estrutturalista rendono ancora più vasto e articolato ilcampo di significati che il paesaggio assume nella cul-tura contemporanea (testo, documento, bene). L’in-terpretazione paesistica impronta i lavori e le dichia-razioni della Commissione Franceschini. La speranzadi una ricomposizione passa attaverso l’evidenziazio-ne dei legami che stringono inscindibilmente beni cul-turali e beni ambientali, monumenti e paesaggi. Alcentro delle indagini non compaiono più “oggetti” di-screti ma i sistemi di relazioni che caratterizzano, edanno significato, ai “beni” da tutelare. Anche il pae-saggio viene assunto come testo non riproducibile lacui sopravvivenza è il presupposto per il suo studio ela sua interpretazione futura.

Nel corso degli ultimi 30 anni il dialogo “fecon-do” tra istanze della conservazione e progetti di ri-composizione si è progressivamente ridotto. Spesso isostenitori della conservazione hanno dato l’impres-sione di essersi allontanati dal territorio, di aver ab-bandonato l’ascolto dei diversi soggetti, di aver ri-mosso la confusa conformazione dello spazio con-temporaneo ed i comportamenti collettivi che lo po-polano. I paesaggi “riconosciuti” si sono ritirati dallezone della trasformazione, hanno abbandonato i fon-dovalle, le pianure e progressivamente le coste ed iterritori urbanizzati rifugiandosi nelle aree collinari emontane.

I paesaggi da difendere non abitano più il terri-torio contemporaneo, cedendo così ad una separa-zione dagli esiti progettuali devastanti: la separazionetra paesaggi di valore (da tutelare) e paesaggi dello svi-luppo (da sacrificare).

La separazione tra paesaggi con un nome (quel-li riconosciuti, identificabili, comunicabili) e paesaggisenza nome (quelli “tutti uguali”) è il segnale evi-dente di una sfiducia progettuale, della rinuncia ad im-maginare nuove possibilità di ricomposizione e di mi-glioramento.

Mentre furono proprio le immagini e le intrepre-tazioni di un progetto “possibile” (sorretto dalla vo-lontà di ricomporre la frattura tra paesaggi storici emodernità) a guidare le speranze dei primi sostenito-ri delle disposizioni di tutela all’inizio del ‘900, a so-stenere le posizioni degli urbanisti negli anni ‘30, asorreggere le lucide indicazioni di ricomposizionestrutturale del paesaggio (culturale e ambientale)espresse dalla Commissione Franceschini.

E di nuovo oggi, se si vuole contribuire alla con-servazione dei paesaggi italiani, è necessario riaffer-mare la centralità del progetto. Inteso come prefigu-razione - spaziale, formale, economica ed ammini-strativa - del mantenimento, del recupero e della ri-configurazione dei diversi paesaggi riconosciuti. Unprogetto capace di proporre azioni condivise, realisti-che, di interesse e rilevanza collettiva.

Lo spazio che ha progressivamente allontanato ilpaesaggio dal progetto, cresciuto all’interno delle di-scipline territoriali, può essere descritto sinteticamen-te attraverso la ricognizione di alcune figure consoli-date, largamente utilizzate per la costruzione di pro-grammi, piani e progetti, e che oggi, diversamente daiperiodi in cui furono messe a punto, appaiono irrigi-dite, legate ad immagini del passato, prive della dut-tilità necessaria per confrontarsi con i temi del muta-mento contemporaneo.

Il catalogo

Già nel 1913, ma con maggiore determinazioneall’indomani dell’approvazione della prima legge ditutela, alcuni esponenti dell’Amministrazione delloStato, in collaborazione con il T.C.I. e con il Comita-to Nazionale per la difesa del paesaggio, promuovo-no la formazione del primo catalogo del paesaggioitaliano che, sul modello delle disposizioni normativefrancesi, avrebbe dovuto costituire un efficiente sup-porto all’azione di conoscenza e di tutela del pae-saggio da parte dello Stato. Migliaia di schede furo-no distribuite dal T.C.I., grazie alle quali prendevaforma una “grande inchiesta governativa sulla quan-tità e sui caratteri dei paesaggi da difendere”3. L’ar-ticolazione della scheda di rilevamento era ispirata acriteri di oggettività attraverso i quali si sperava dipervenire ad un elenco “indiscutibile” del patrimonionaturale e dei paesaggi degni di tutela, al riparo dal-le accuse di “estetismo” che, già all’epoca, eranoquelle più utilizzate dai “nemici” della tutela. Ma “ilrilevamento collettivo non ebbe gli esiti sperati, sia intermini quantitativi che in termini qualitativi: il nu-mero delle schede non fu quello sperato e nei tempiprevisti, ma soprattutto le domande precise e tassa-tive non esaurivano la necessità di “segnalazione” deirilevatori: alcuni credono utile raccontare la storiadel proprio paese o fare delle discussioni più o menoesatte sul carattere degli edifici monumentali. Il chedimostra come non abbiano capito nulla (…). Man-ca quasi sempre il nome del proprietario nel cui ter-reno si trova la bellezza naturale”4.

Il catalogo può essere considerato una forma co-stitutiva del progetto di conservazione del paesag-gio. Ma già nella prima sperimentazione concreta ap-

Page 87: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

87

pariva evidente la difficoltà di collegare in forma “di-retta” catalogo e azioni di tutela.

All’interno delle strutture di pensiero dell’iniziodel secolo il processo di “oggettivazione” del pae-saggio appariva l’unico percorso possibile per entra-re nel mondo delle regole “riconosciute” (accesso al-le classificazioni degli oggetti “meritevoli di tutela” edai musei). Così, analogamente ai monumenti e alleopere d’arte, anche il paesaggio, dopo aver affronta-to il processo di auto-riduzione e definizione univoca,fa il suo ingresso nello spazio omologato dei catalo-ghi. Nonostante già nel 1903 Alois Riegl mettesse inguardia circa i rischi della tendenza ad assolutizzare ivalori storici del passato (valori che erano piuttosto daattribuire al punto di vista “moderno” dell’osservato-re), la potenza normativa del catalogo ebbe la meglio.Così anche il paesaggio di Ruskin e di Boni, che pa-radossalmente nasceva proprio dall’affermazione deidiritti individuali e collettivi della “memoria” (il valo-re dell’antico, secondo la definizione di Riegl) inestri-cabili da identificazioni culturali ed aspirazioni mora-li, quel paesaggio che era stato l’anima del romanti-cismo e che, ben oltre le riduzioni storicistiche, con-tinuerà a scorrere in modo sotterraneo in tutti i mo-vimenti di avanguardia culturale sia del primo che delsecondo dopoguerra, finirà incasellato e viviseziona-to nelle raccolte (quanto mai eteronomiche) degli“oggetti” da conservare.

Da quegli anni la speranza positiva che il catalo-go potesse supportare in forma “diretta” il progettodi conservazione del paesaggio non è mai scomparsa,generando non solo equivoci normativi, ma anche il-lusioni, sprechi di risorse e qualche alibi. Oggi è pos-sibile affermare la raggiunta “autonomia” dei duetermini catalogo – progetto di conservazione.

Il catalogo si è trasformato in una costellazionevariegata di operazioni indispensabili per la gestionee la comunicazione dei Beni Culturali e Ambientaliconsiderati come risorse non riproducibili: risorse eco-nomiche, scientifiche, culturali, sociali, di identità re-gionale e nazionale, ecc. Grazie ai processi di infor-matizzazione il catalogo (ogni volta ri-organizzabile infunzione di esigenze specifiche) ha acquistato la fi-sionomia di un servizio indispensabile, sia nazionaleche internazionale, una banca dati necessaria al lavoroquotidiano di migliaia di soggetti diversi. L’inevitabileprossima immissione del Catalogo nella “rete globa-le” permetterà di compiere fino in fondo la meta-morfosi. I dati sono indispensabili alla programma-zione, alla gestione tecnica e finanziaria dei Beni Cul-turali, le “conoscenze” (soprattutto se aggiornate) dinatura geografica, ecologica, storica sono strumentipreziosi per il lavoro di tutti coloro che operano sul ter-ritorio. Ma la speranza che grazie ai cataloghi ed aicensimenti si possa pervenire in modo “diretto” al

progetto di conservazione è un’illusione che è svani-ta da tempo, da quando si è cominciato a pensare chela storia dell’arte non si esauriva nei musei e nei mo-numenti, che la medicina non coincideva con la sud-divisione in cliniche, che la ricerca delle scienze natu-rali andava oltre la ricognizione sistematica delle spe-cie presenti sulla terra.

Investire in nuovi inventari al di fuori dei proget-ti di catalogazione nazionale già attivi (e che hanno bi-sogno di investimenti costanti per fornire un serviziostabile)5 senza affermare preliminarmente il sensoprogettuale della ricerca, (criteri di selezione e tema-tizzazione), avviare cioè nuove campagne di rileva-mento senza una chiara finalità progettuale, appareinopportuno e difficilmente giustificabile, conside-rando la scarsità di risorse pubbliche e l’urgenza di da-re soluzione a qualcuno dei tanti problemi che affol-lano il territorio italiano (quelli più diffusi, o quelliemergenti; quelli giudicati paradigmatici o simbolici,ecc.- c’è solo l’imbarazzo della scelta).

Il paesaggio zona

All’interno della discipline urbanistiche e territo-riali, a partire dagli anni ‘30, il paesaggio è stato ri-condotto ad un progetto “alla grande scala”, attra-verso il quale distinguere parti definite, ordinabili at-traverso sequenze lineari di incrementi e decrementi(di valore, di uso, di trasformazione, ecc.). Questa im-magine fu in qualche modo imposta al paesaggio da-gli urbanisti, non senza contraddizioni, resistenze epolemiche. Un ordine “diverso” da quello del passa-to viene immaginato e sovrapposto al territorio e al-le città. Anche il paesaggio è ricondotto alla “razio-nalità” di funzioni e spazi specializzati, interconnessie resi complementari grazie a potenti infrastrutture dicollegamento.

Ma è nel secondo dopoguerra, dagli anni ‘60 inpoi, che il processo di riduzione urbanistica del pae-saggio viene inscritto in un sistema compiuto ed or-dinato, attraverso una particolare applicazione dei cri-teri dello zoning alla tutela. L’immagine, ormai deltutto astratta, di zone a massima tutela (con succes-sive fasce concentriche di attenuazione del vincolo)orienta la costruzione dei primi piani paesistici, e suc-cessivamente, in modo davvero sorprendente, i pianidei parchi naturali, e perfino dei parchi archeologici,riducendo enormemente la complessità (ed anche lafertilità progettuale) dei paesaggi esplorati, tutti si-milmente ricondotti agli schemi radiocentrici dei mo-delli urbanistici più diffusi. Le immagini dei piani, chesi consolidano anche nel paesaggio, sono popolate dinuclei centrali (di tutela), fasce ed anelli di “filtro”, cin-ture protettive e cunei di penetrazione. La certezza dei

Page 88: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

88

confini dello zoning male si adatta alla continuità edalla complessità dei paesaggi esplorati, che finisconocon l’essere ricoperti da campiture compatte sotto lequali non si scorgono più differenze, modalità di fun-zionamento, immagini, identità collettive.

Da questo “approccio scientifico” il paesaggioha ereditato tutta la pesantezza delle procedure di av-vicinamento, gli inquadramenti territoriali, lo schiac-ciamento zenitale delle differenze, le analisi poste co-me oggettive, il rifiuto di ogni dimensione formale esoggettiva.

L’allontanamento delle descrizioni urbanistichedalla forma e dalle immagini del suolo, e dai signifi-cati che queste assumono per i diversi soggetti che undeterminato paesaggio lo trasformano quotidiana-mente attraverso processi di identificazione con l’e-redità del passato ma anche attraverso spinte al cam-biamento, è stato alimentato da fattori storici diver-si. Da influenze ideologiche (per es. la negazione deivalori di identità locale e nazionale ritenuti a lungo pe-ricolose eredità del ventennio fascista; il timore versoogni giudizio di natura soggettiva o, peggio, estetica,ecc.); dall’uso di categorie progettuali per troppo tem-po pre-supposte giuste, non soggette cioè ad una co-stante verifica critica (zonizzazione, a-temporalità del-le previsioni, discesa gerarchica dal generale al parti-colare); da una fiducia astratta (non verificata cioèattraverso esperienze concrete) nell’efficacia delle di-sposizioni normative improntate al vincolo.

Il paesaggio è stato isolato, relegato all’internodel perimetro delle zone da conservare. Per contro le“zone della trasformazione” non sono state immagi-nate da nessuno, per molti anni, come un paesaggio.

Il paesaggio testo

Altre esplorazioni di paesaggio a cominciare da-gli anni ‘60, hanno delineato figure di progetto me-no deterministiche. Si tratta delle interpretazioni sin-teticamente riconducibili alla “paesistica”, in cui èevidente il riferimento alle modalità di indagine dellatradizione strutturalista.

Attraverso l’integrazione di ricerche tradizional-mente settoriali (storico-geografico-antropolologiche)l’oggetto dell’indagine - il paesaggio - diviene il mo-tore di ricerca di specifici sistemi di relazioni, grazie aiquali è possibile riconoscere i diversi paesaggi: rela-zioni dinamiche, e storicamente determinate, tra azio-ni umane e strutture fisico-ambientali, tra razionalitàcollettive ed uso delle risorse, tra sistemazioni delsuolo e forme del paesaggio.

Queste rappresentazioni, sullo sfondo di un pae-se incapace non solo di valorizzare ma anche solo diesercitare la più elementare tutela del proprio patri-

monio storico e naturale, hanno finito per alimenta-re uno sguardo rivolto prevalentemente al passato.

La ricerca delle diverse culture materiali, delleaspirazioni collettive e delle storie minori che hannoconcorso a costruire gli straordinari “paesaggi italia-ni” ha dato vita ad un vasto immaginario culturale,popolato di segni, tracce, strati, iconografie, trasfor-mazioni climatiche, agricole, ambientali.

Ma a questa rappresentazione si connette, spes-so indissolubilmente, quel “sentimento” che Ruskinper primo battezzò come pietas verso i segni del pas-sato. Il paesaggio “che abbiamo ereditato” è identi-ficato con valori inattuali, che vengono opposti ai va-lori della contemporaneità, percepita come volgare, di-struttiva, insensata. Il paesaggio si fa testo, ma assu-me rapidamente la forma del testo storico da conser-vare. L’interpretazione del paesaggio si chiude pro-gressivamente all’interno dei territori ad elevata per-manenza storica, guida progetti di restauro eccellen-te, ma si ritira dai territori della trasformazione. Le for-me del mutamento contemporaneo diventano un fa-stidioso “pulviscolo”6 che opacizza le immagini delpassato fino a cancellarle.

Eppure le letture paesistiche, saldamente con-nesse all’interpretazione della “struttura”, hanno de-lineato itinenari interpretativi che avrebbero potutoguidare fertili esplorazioni progettuali.

Correlando forme e contesti storici, connettendoterritori vasti e singole parti attraverso il riconosci-mento di medesime modalità organizzative, ricondu-cendo un testo olistico come il paesaggio a procedu-re di smontaggio e ri-montaggio di pochi materiali co-stitutivi, le letture paesistiche hanno proposto moda-lità coerenti, ma non assolute, per attraversare il pro-getto del paesaggio, modalità poco diffuse e pocosperimentate, relegate più spesso nella sezione delle“analisi”7.

Il paesaggio unità

Negli ultimi venti anni il paesaggio è tornato alcentro del dibattito urbanistico, grazie soprattutto agliobblighi istituzionali connessi alla redazione dei pianipaesistici della L.431/1985. Uno dei caratteri domi-nanti delle nuove elaborazioni è stata certamente l’as-sunzione unanime del paesaggio come “prodottocomplesso”, grazie all’acquisizione delle letture paesi-stiche, che dalle Dichiarazioni della Commissione Fran-ceschini del 1968 in poi, hanno largamente condizio-nato anche le definizioni normative e gli strumenti ditutela del paesaggio (creazione del Ministero Beni Am-bientali e Culturali, ordinamenti regionali, ecc.).

La questione della “pluridisciplinarietà” divieneun tema centrale per l’organizzazione della ricerca e

Page 89: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

89

per l’articolazione normativa dei primi piani paesisti-ci. Obiettivo ricorrente nella costruzione dei piani èpervenire alla “sintesi” efficace dei diversi apporti.

I paesaggi delle diverse discipline non appaionoperò facilmente comparabili e tanto meno sintetiz-zabili attraverso procedure lineari. All’interno dellemolte discipline che hanno a che fare con lo spazio(dalla geografia allo studio della vegetazione, dallageologia alle scienze forestali, dall’urbanistica all’ar-chitettura), il paesaggio, attraverso percorsi discipli-nari ormai più che secolari, è stato definito e utilizzatoautonomamente. Ogni disciplina, nel lungo percorsodi delimitazione dei propri ”oggetti” di indagine, hacostruito un proprio paesaggio, frequentemente alcentro di dibattiti, ripensamenti, ri-formulazioni. Esullo sfondo della propria storia ogni disciplina haacquisito il diritto di utilizzare, all’interno della pro-pria area semantica, il termine paesaggio. Ogni di-sciplina propone il suo paesaggio. Per questo il ten-tativo di pervenire a definizioni “uniche”, sinteticheo riassuntive, spesso perseguito dalla pianificazioneterritoriale e paesaggistica, è una prospettiva, oltreche opinabile dal punto di vista conoscitivo, destina-ta alla sicura sconfitta. La tendenza alla “oggettiva-zione” sintetica del paesaggio è evidente nella ricer-ca delle unità (di paesaggio). L’analisi dei piani ex-le-ge 431/1985 evidenzia, anche in questo caso, le apo-rie di un procedimento che tende all’“oggettività”;un procedimento attraverso il quale si spera di per-venire alla struttura del paesaggio (la comparsa deltermine unità è da porre in relazione alla larga diffu-sione di quello di struttura) attraverso la sovrapposi-zione di “perimetri” diversi, ognuno dei quali pro-dotto da una specifica indagine disciplinare (perime-tri geologici, perimetri vegetali, perimetri insediativi,perimetri amministrativi). Le difficoltà nascono proriodalla convinzione che sia possibile sommare lettureradicalmente differenti tra loro, redatte con stru-menti, modi e finalità troppo distanti per risultareragionevolmente comparabili, e tantomeno “som-mabili”, pervenendo ad una sintesi “superiore”.Quando invece si affermi che la finalità di un pianonon è quello della individuazione più o meno ogget-tiva di “strutture unitarie” ma quello di pervenire aunità funzionali per la trasformazione e gestione diun territorio, sembrerebbe necessario esplicitare conmaggiore chiarezza le ipotesi, le strategie e gli argo-menti progettuali che hanno determinato quel parti-colare riconoscimento (e non un altro), senza sco-modare variabili oggettive esterne al progetto. Conquesto non si vuole affermare l’inutilità di delimita-zioni areali che contengano al loro interno strategieintegrate di intervento su suolo, acqua, aria, vegeta-zione ed insediamenti, anzi, quanto sottolineare chela “forma” di simili ripartizioni è una scelta eminen-

temente progettuale e, come tale, difficilmente de-ducibile attraverso operazioni meccaniche e sovrap-posizioni di dati.

Già in occasione del dibattito sulla “forma” deipiani paesistici venne messa in discussione “l’oppor-tunità” di ricorrere a categorie di sintesi che, come nelPiano dell’Emilia Romagna, muovendo dalla assun-zione di alcune “invarianti”, approdavano a perime-tri rispetto ai quali non era chiaro il destino delle al-tre variabili, diversamente dalla scelta di lasciare aper-ta la delimitazione che proveniva dai diversi punti divista “disciplinari” (per es. nel piano della Liguria, gliambiti delineati in rapporto alla geologia, quelli rela-tivi alla vegetazione e quelli connessi ai sistemi inse-diativi non sono stati sovrapposti e “sintetizzati” masono stati proposti in forma autonoma all’interno delpiano). Si può, ovviamente, decidere che un “ele-mento” assume un valore particolare, trainante o diresistenza, rispetto ad altri, ma in questo caso do-vrebbe essere esplicitata ed argomentata con maggiorrigore la tematizzazione progettuale che ha guidato lascelta.

In sintesi si potrebbe affermare che se l’obiettivonon è la ricerca di unità “oggettive” di paesaggio mala funzionalità di una delimitazione progettuale ognipiano ri-definisce i confini delle sue “parti” al fine diperseguire specifici obiettivi di progetto.

Per esempio se il paesaggio è assunto come esi-to della relazione tra “elementi differenti” non appa-re necessariamente obbligatorio ricorrere a partizioniareali “unitarie”, ma potrebbe essere sufficiente indi-viduare azioni orizzontali o verticali rivolte ad ele-menti determinati (specifiche sistemazioni di suolo,funzionamenti idraulici e tecniche agricole particola-ri, ecc.) fornendo indicazioni normative puntuali che,nel loro insieme, si ipotizza riusciranno ad incremen-tare positivamente il “prodotto” paesaggio che si in-tende mantenere (o rivitalizzare, recuperare, trasfor-mare, ecc.).

Temi di progetto dei paesaggi contemporanei

Le assunzioni di fondo da cui muove questa no-ta provengono dal dibattito svoltosi all’interno dellaCommissione Paesaggio e sviluppo sostenibile, coor-dinata da Alberto Clementi.

Dal dibattito sono emersi temi che possono gui-dare possibili sperimentazioni progettuali, più vicine al-le trasformazioni dei paesaggi contemporanei, co-struendo forse nuove figure di connessione tra pae-saggio e progetto.

Una considerazione di fondo, evidente e condi-visa, è che i percorsi di ricerca del paesaggio semprepiù frequentemente coincidono con quelli del nuovo

Page 90: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

90

rapporto tra economie e ambiente, rapporto definitosinteticamente “sviluppo sostenibile”.

Considerare il paesaggio una risorsa, il cui valo-re può essere conservato ed incrementato nel temposolo in rapporto ad investimenti adeguati, e conse-guenti ri-valutazioni, è un’assunzione non priva diconseguenze. Il paesaggio appare una risorsa moltoparticolare, definibile come l’esito di relazioni dina-miche tra assetti fisico-spaziali e processi di identifi-cazione collettiva rivolti al passato (identità, memo-ria, continuità) ed al futuro (domande, aspirazioni,esigenze di miglioramento e trasformazione). Qualeesito (e non oggetto dato) di un processo dinamico,il paesaggio-risorsa è storicamente determinato, ècioè “diverso” nel tempo e definibile con esattezzasolo in rapporto ad un preciso contesto di apparte-nenza (contesto fisico-spaziale, socio-culturale e tem-porale).

Il paesaggio appartiene alla famiglia delle “risor-se limitate”, i cui limiti (di uso, di trasformazione, diinterpretazione) non possono essere individuati equantificati in modo “assoluto”, oggettivo. L’indivi-duazione dei limiti appare piuttosto un’operazionespecifica e contestuale, da valutare in rapporto alle“potenzialità” (di uso, di trasformazione, di interpre-tazione), all’interno di un determinato contesto fisico-temporale-culturale.

L’individuazione dei limiti e delle potenzialità del-la risorsa paesaggio è operazione eminentemente pro-gettuale. La stessa figura di limite-vincolo suggeriscenuove possibilità: perdendo i tratti stereotipi dell’im-pedimento (rispetto alle figure dello sviluppo illimita-to) e diviene campo di coerenza all’interno del qualetracciare nuovi percorsi interpretativi.

In assenza di consapevoli strategie di valorizza-zione il paesaggio è destinato a permanere come ri-sorsa “potenziale”.

In questa direzione appare necessario concen-trare l’attenzione sulla gestione della risorsa (rispettoalla tradizionale gestione del vincolo) e di individuare,attraverso un processo di tematizzazione8, le politiche,i piani ed i progetti finalizzati a creare le condizioni dipossibilità, indispensabili alla ri-valutazione effettivadella risorsa paesaggio.

Il rapporto tra paesaggio e sviluppo sostenibile èormai evidente e trasversale, tanto da rendere inutile(oltre che improduttiva) il tentativo di delinearne unadefinizione settoriale. Sempre più frequentemente ilpaesaggio, o meglio i diversi immaginari che orienta-no il riconoscimento dei diversi paesaggi, è identificatocome forma dello sviluppo sostenibile, forma di unnuovo auspicato equilibrio tra azioni umane e limitidelle risorse primarie (aria-acqua-suolo). L’attenzioneper i paesaggi della bio-diversità, i paesaggi della na-turalità, ma anche per i paesaggi recuperati (o ri-na-

turalizzati) segnala nuove tendenze nei processi diidentificazione collettiva.

Ma il paesaggio, seppure unanimemente ricono-sciuto come prodotto complesso, inscindibile dall’e-quilibrio ambientale, dagli insediamenti, dall’agricol-tura e dalle infrastrutture, non compare in forma espli-cita né all’interno dei programmi di finanziamento“integrati” né all’interno degli interventi settoriali, econtinua ad essere tutelato come un oggetto isolato.Così il paesaggio italiano ha acquistato la fisionomiadi una mappa dell’emergenza stabile, sempre piùaffollata di richieste di intervento; mentre la mappadelle azioni di recupero, di restauro e, in molte regio-ni meridionali, la mappa del ritorno alla legalità, èancora tutta da costruire.

In questa direzione è necessario avviare azionisperimentali che permettano di ricondurre concreta-mente il paesaggio all’interno della programmazioneeconomica, delle politiche di spesa, degli interventisettoriali9, dei piani territoriali e urbanistici. Afferma-re la trasversalità del paesaggio significa aprire unanuova stagione di progetti, e forse riuscire a costrui-re nuove figure di connessione tra progetto e pae-saggio, più vicine ai temi della trasformazione con-temporanea. Per scongiurare il pericolo di produrrenuove figure astratte e prive di efficacia, è necessariotenere saldamente uniti obiettivi specifici e quadri dicoerenza generali (pensare globalmente e agire lo-calmente). È indispensabile cioè affrontare i problemidel paesaggio scegliendo punti di vista precisi, ravvi-cinati, non generici, e sottoporre la ricerca a continueverifiche di coerenza rispetto a contesti più vasti.

Uno dei molti percorsi possibili, delineato di se-guito come esempio, è quello che guarda al paesag-gio dal punto di vista dell’agricoltura, e viceversa.

Paesaggi dell’agricoltura

Agricoltura e paesaggio sono difficilmente scin-dibili nella gran parte del territorio italiano. Il lororapporto è caratterizzato da una straordinaria conti-nuità e varietà storica, da un mosaico di immagini lo-cali in cui forma del suolo, identità collettive e pro-duzioni tipiche sono inseparabili dal clima, dall’ac-qua, dalle pendenze dei versanti e dai saperi localiconsolidati nel corso del tempo.

Il paesaggio diventa l’immagine di un rapportoequilibrato tra prodotti e contesto di produzione (con-testo ambientale – paesistico – storico), con i suoi li-miti e le sue possibilità, fattori questi generalmenteannullati dall’agricoltura industrializzata. L’agricoltu-ra sostenibile torna ad essere (come sempre è stato nelpassato) un’attività composita, in cui il “produrre” èfortemente integrato con la manutenzione del terri-

Page 91: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

91

torio, con il presidio sociale dello spazio aperto, conla reinterpretazione contemporanea delle identità lo-cali, ma anche con il turismo diffuso, con la protezio-ne dei beni culturali sparsi, con la prevenzione ed ilmonitoraggio dei dissesti idro-geologici.

Diverse proposte possono sostenere questa pro-spettiva, attraversando sia i programmi di integrazio-ne delle politiche di spesa, connettendo cioè settoritradizionalmente “separati” come agricoltura-am-biente-paesaggio (il principio dell’integrazione è sta-to esplicitamente affermato dal Ministero del Bilancioe del Tesoro nei documenti di programmazione deifondi strutturali 2000-2006, in rapporto alle disposi-zioni comunitarie), sia nuovi progetti per i paesaggicontemporanei, dove le attività agricole sono avvici-nate al restauro, alla demolizione degli insediamentiabusivi, al recupero ambientale.

Un primo insieme di proposte può essere imma-ginato in rapporto ai paesaggi da recuperare nellecittà e nei territori della diffusione insediativa, ma an-che nelle aree fluviali occupate da capannoni e stra-de, e nelle aree costiere sature di costruzioni. Le areeagricole ancora presenti all’interno di questi spazi de-vono essere considerate “presidi paesistici”. Le attivitàconnesse all’agricoltura sostenibile possono contri-buire infatti al miglioramento dell’aria, dell’acqua e delsuolo, e permettere di recuperare brani di paesaggioagrario “dismesso”, spesso di rilevante interesse sto-rico (come è evidente, per esempio, nell’area romana,dove l’abbandono e l’attesa hanno contribuito a man-tenere paesaggi “arcaici” ormai in corso di estinzio-ne per effetto dell’agricoltura industrializzata). Solo sel’agricoltura sostenibile tornerà ad essere un’attivitàcompetitiva lo spazio agricolo diventerà una forma“resistente” rispetto all’omologazione insediativa. So-lo attraverso adeguate politiche di spesa e di incenti-vo, ma anche attraverso un controllo più rigoroso del-la compatibilità ambientale delle attività agricole, ipaesaggi agrari residuali potranno essere reinterpre-tati come paesaggi contemporanei della diversità, del-la sorpresa, della pausa, trasformandosi in segnali, ri-ferimenti spaziali, luoghi di nuova identificazione col-lettiva.

Altre azioni urgenti dovrebbero essere rivolte aipaesaggi della diversità biologica e colturale, in par-ticolare nelle aree collinari e alto collinari appennini-che dove agricoltura sostenibile, ambiente e paesag-gio sono strutturalmente intrercciati.

Ma i paesaggi della biodiversità, dove l’agricolturapartecipa ancora attivamente alla stabilità ed alla com-plessità dei sistemi ecologici, sono paesaggi in pro-gressiva riduzione; la scarsa redditività delle colture inrapporto all’alto costo di manutenzione del suolo col-tivato (soprattutto nelle aree alto collinari e montane)induce fenomeni di abbandono secondo una ten-

denza che appare inarrestabile dal secondo dopo-guerra ad oggi.

Il loro mantenimento è connesso a politiche in-tegrate di incentivo che ancora una volta appaionotrasversali rispetto alla tradizionale ripartizione dicompetenze: in primo luogo la difesa delle produzio-ni agricole locali e la loro promozione in rapporto al-l’immagine del territorio, attraverso, per esempio, laformazione di un “catalogo paesistico” delle produ-zioni DOC italiane, in cui il rapporto tra qualità deiprodotti e qualità dei paesaggi viene riconosciuto edaffermato. Anche il recupero delle biodiversità agra-rie (varietà eliminate dall’omologazione produttiva,soprattutto tra le specie da frutta) potrebbe esserepromosso ed incentivato attraverso progetti di rein-tegrazione paesistica, attraverso i quali affermare il va-lore della “diversità agraria” come indissolubile dalleforme tradizonali degli impianti, dalle opere di siste-mazione del suolo, ecc. che costituiscono preziosiesempi di razionalità tecnica e ambientale.

Un terzo gruppo di proposte potrebbe essere ri-volto ai paesaggi dell’eccellenza agricola, quei pae-saggi in cui l’eccellenza dei prodotti sembra traspari-re dalla cura del suolo, dalla manutenzione delle co-struzioni, dalla razionalità morfologica dei collega-menti (paradigmaticamente i paesaggi del vino e del-l’olio di qualità)

In questi contesti la risorsa paesaggio è già stret-tamente interconnessa alla qualità dei prodotti ed al-la loro promozione.

La sede principale per la loro difesa è certamen-te quella della Comunità Europea dove la qualità deiprodotti italiani è minacciata dalle sempre più fre-quenti circolari di “omolagazione” alimentare, dovealla mancanza di certificazione e riconoscimento del-le “differenze” fa seguito il rischio di penalizzazioneeconomica e commerciale.

Sarebbe inoltre auspicabile attivare programmidi ricerca finalizzati all’affermazione culturale ed eco-nomica della dimensione paesistica quale dimensionecostitutiva delle “produzione di qualità”, promuo-vendo in particolare la promozione di progetti di re-stauro paesistico, capaci di ravvivare il dibattito teori-co sul concetto stesso di “restauro del paesaggio”, averificare economicamente le diverse ipotesi di inter-vento, a favorire l’innovazione all’interno dei “pae-saggi storici”.

NOTE

1 Il fatto che i riferimenti culturali più diffusi fossero quelli del-la critica poetica, e che la riflessione filosofica sull’estetica avesseun ruolo centrale rispetto ad altri tipi di indagine, non può far di-menticare che tali riferimenti erano, per esempio, strettamenteconnessi alla riflessione giuridica sull’adeguamento del “diritto” al-

Page 92: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

92

le nuove istanze collettive, e cioè al dibattito sulle prime formula-zioni legislative in materia di difesa delle “opere d’arte”, dei mo-numenti e del paesaggio, intesi per la prima volta come “cose” diinteresse pubblico. Ma altrettanto costitutivi nella definizione dei di-ritti della tutela furono gli apporti disciplinari delle scienze natura-li, ed in particolare della botanica e della geologia. Il giudizio iro-nico e spesso superficiale che molti anni dopo è stato riservato aldibattito “estetizzante” del primo ‘900 è, dal punto di vista stori-co, un giudizio privo di significato.

Con questo si intende sottolineare come, in modo non dissi-mile da quanto avviene oggi, la riflessione urbanistica, progettua-le e giuridica è inesorabilmente connessa ai temi “prevalenti” in undeterminato periodo storico, ed alle riflessioni disciplinari che, inquello stesso periodo, assumono valori collettivi evidenti. Come sefra cinquanta anni si ironizzasse sulla dominante “ambientale” deldibattito contemporaneo sul paesaggio, che potrebbe essere in-terpretata come una passiva sudditanza alle discipline biologiche,mettendo a confronto il dibattito odierno con quelli che, tra cin-quanta anni, saranno giudicati punti di vista più interessanti.

2 Che il paesaggio fosse difficilmente riducibile ad una defi-nizione certa secondo le regole della classificazione storicista era giàdel tutto evidente nel dibattito degli anni ‘20-30. Letture a-poste-riori poco attente al contesto storico hanno individuato nei termi-ni bellezza naturale, bellezza panoramica, ecc. i segni indubitabilidella riduzione estetica e soggettiva del paesaggio, finenedo conl’imputare a quelle definizioni (che nel contesto di appartenenzaavevano signifcati molto diversi da quelli attribuiti loro negli anni‘60-70) il fallimento delle politiche di tutela.

3 T.C.I. – Comitato nazionale e comitati locali per la difesa deimonumenti e dei paesaggi italici, Milano, 1922.

4 L.Parpagliolo, Il catalogo delle bellezze naturali e la legisla-zione estera in materia, in T.C.I. – Comitato nazionale e comitati lo-cali per la difesa dei monumenti e dei paesaggi italici, Milano, 1922

5 La formazione e l’aggiornamento di un catalogo devono es-

sere considerate operazioni in continuo divenire, diversamente dal-le immagini statiche del passato. Costruire e far vivere un catalo-go è un’operazione ben più complessa e articolata che produrre uncensimento; il catalogo sta acquistando infatti significati total-mente diversi proprio in virtù della elevatissima circolazione con-temporanea delle informazioni, e della natura di servizio che que-ste assumono per gli operatori più diversi.

6 Il termine è utilizzato da Stefano Boeri nella lettura dell’”omo-logazione” che caratterizza i paesaggi contemporanei, con riferi-mento alla diffusione di “edifici solitari e ammassati che caratteriz-za le aree contermini alle grandi città dell’Europa meridionale”; in:G. Basilico, S. Boeri, Sezioni del paesaggio Italiano, Udine, 1997.

7 Tra i pochi tentativi di esplorazione progettuale connessa al-l’interpretazione paesistica compare la ricerca di Vittoria Calzolari;come esempio si cita il recente testo dedicato a Roma: V.Calzolari(a cura di), Storia e natura come sistema. Un progetto per l’area ro-mana, Roma, 1999.

8 La tematizzazione è intesa come selezione, gerarchia e ar-gomentazione di punti di vista contemporanei attraverso i quali pro-cedere alla definizione delle scelte progettuali di fondo.

9 Con intervento settoriale si indica frequentemente un de-terminato comparto funzionale, che si presume dotato di una pro-pria, ed autonoma, razionalità tecnica, totalmente svincolato dalcampo di interrelazioni (per es. ambientali, territoriali, estetiche,ecc.) a cui partecipa e dalle quali è condizionato. Questa interpre-tazione del termine settoriale ha determinato ingenti sprechi di ri-sorse (soprattutto ambientali, ma anche economiche e territoriali),ed ha spesso impedito di cogliere le opportunità progettuali con-nesse, per es. ai programmi di conversione agricola, alla realizza-zione di opere e infrastrutture di interesse pubblico, alle grandi tra-sformazioni della produzione e distribuzione di energia del secon-do dopoguerra. Al termine settoriale è sempre più frequentemen-te contrapposto, nel dibattito sulle politiche economiche e territo-riali, il termine integrato.

Page 93: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

93

In un’epoca in cui il paesaggio è diventato uno de-gli argomenti più di moda, o meglio una delle tante pre-de su cui si concentrano le voglie di tutti, vale la penadi interrogarsi, non solo e con rigore sulla sua essenza,ma anche sui significati che si vogliono dare al terminee quindi sulla qualificazione e sulla finalizzazione degliinteressi che si muovono attorno a tale argomento.

Interessi che proprio perché il termine definitorionon è abbastanza univocamente e rigorosamente pre-cisato o quanto meno è suscettibile di diverse interpre-tazioni e di diverse elaborazioni, trovano campo e mo-do di esplicarsi arrogandosi diritti e competenze al di làdi ogni intrinseca loro capacità; ancora quando il pro-blema si pone con termini assolutamente definibili, laevanescenza della definizione diventa più rischiosa osoprattutto suscettibile di contraddizioni intrinseche e dimanipolazioni strumentali.

Si sottolinea quanto sopra perché se il problemadella definizione del “paesaggio” è tuttora tutto da af-frontare, è ancora più difficile e complessa la identifi-cazione dei metri con cui si misura il paesaggio o megliola sua qualità (altro termine tutto da codificare in sen-so univoco).

I metri a cui fare riferimento sono tali e tanti per cuila soggettività diventa l’elemento predominante ed il ri-schio, viceversa, di cercare una oggettività della defini-zione finisce con lo snaturare il criterio stesso di letturadel contenuto del paesaggio. Anche e soprattutto per-ché il paesaggio non si pone in un quadro fisso e comeun fatto statico, ma dinamico, in continua evoluzione;non ha un momento di riferimento, ma un tempo di let-tura. Questo continuo mutarsi avviene secondo regoleprobabilistiche che se volessimo dimensionare e rego-lamentare a priori probabilmente finirebbero non solocon l’essere assolutamente inapplicabili, ma con l’e-sprimersi sempre con una valutazione a posteriori: rife-rendosi quindi, non solo al già visto, ma al compiuto (co-me troppo spesso accade).

Può darsi che sia la disgrazia del Paesaggio, può

darsi che sia la sua fortuna. Ma quello che è certo è chel’implicazione della evoluzione del paesaggio è intrinsecaalla sua stessa natura di ente complesso, fatto dellasommatoria di componenti a loro volta complesse, es-senzialmente imprevedibili, molto spesso connesse, o al-tre volte sconnesse tra di loro e che finiscono col com-binarsi per l’esprimere una specie di summa degli ele-menti legati alla società, agli ambienti e alle situazioniche involgono ogni presenza ed ogni luogo, dal territorioalla psiche, in una struttura tanto articolata e tanto ric-ca di variabili da essere ingovernabile secondo un pro-cesso logico rigoroso o comunque con regole prede-terminate.

Da qui nasce la perplessità di fronte a tentativi chesi rivolgano o si propongano con specifico riferimentoalla volontà o alla intenzione di governare il paesaggio.

La prima e più facile ipotesi è quella di pensare aduna regolamentazione che ingessi un certo paesaggio,il che presuppone una scelta che indichi certi elementicome intangibili; ma in quel momento e per quella stes-sa scelta avremo già contraddetto la tutela del paesag-gio nella sua vera essenza o ne avremo addirittura estra-niato e distrutto la vera entità.

In altre parole si intuisce quanto sia scarsa la pos-sibilità (che arriva a rasentare l’impossibilità) di dare del-le regole in una situazione sistemica quale quella delpaesaggio in divenire, quindi dinamica; per di più strut-turata e caratterizzata da elementi imponderabili e re-sa ancor più imprevedibile dal fatto che l’uomo nel pae-saggio è presente quale attore, quale produttore e co-me fruitore.

L’uomo quale “essere” è assolutamente ingover-nabile e imprevedibile a priori, e in questo sta la sua for-za di essere un produttore autonomo di pensiero, di ar-te, di cultura, di filosofia e come tale un partecipe es-senziale del divenire dell’umanità. In un sistema di que-sto genere appare difficile assegnare delle regole: il ri-schio sta nel fatto che assegnando delle regole si di-strugga il sistema stesso; ne viene come conseguenza

Francesco Cetti SerbelloniCentro Universitario Europeo per i Beni Culturali

Paesaggio e beni culturali

Page 94: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

necessaria chiedersi chi, come, con quale autorità, conquale potere le possa stabilire e far rispettare.

L’esperienza anche recente non fornisce elementiconfortanti; si è assistito ad interventi che di fatto rap-presentano la pura negazione delle migliori intenzionicol risultato di configurare una contraddizione rispettoalla capacità del paesaggio di essere testimonianza, li-bro aperto della evoluzione del tempo e della società chevive su quel territorio in quel momento, in quella situa-zione nel suo divenire. Ogni volta che si è cercato di fis-sarlo si sono ottenuti dei risultati di assoluta medio-crità, premessa alla autodistruzione, perché si sono tol-ti gli slanci illuminanti e si sono legittimate le bruttureanonime. Si sono cioè confortate, rese plausibili, resepossibili le tendenze della mediocrità cioè quelle checontraddicono al tempo stesso la validità della cultura edel bene come espressione di cultura.

L’esperienza è davanti a tutti e trova controprove nelgraduale degrado a edilizia deteriore di tanti modesti com-plessi preesistenti camuffati nei modi più volgari o le si-stemazioni di certi paesaggi rurali (urbani e/o suburbani)secondo ipotesi che si sono dimostrate, quali sono, di as-soluta incompatibilità e di negazione perché rappresentanoal massimo un tentativo di mediazione; tentativi di impe-dire il peggio rinunciando per ciò stesso a dare spazi e ispi-razione al meglio. Si vedano a proposito i paesaggi carat-terizzati dai piccoli villaggi rurali, certe sistemazioni agra-rie, certi interventi di maniera anche in paesaggi costruitidi grande valore, oppure certe fossilizzazioni in un conte-sto ultroneo di situazioni che ormai non avevano più ra-gione né possibilità di essere quali erano prima, che nel lo-ro divenire si erano consolidate, ma che non hanno saputomantenere il passo della trasformazione in contenuti cul-turali e che sono state condannate a soccombere, o a per-dere non solo identità ma significato.

Situazioni quali certe arginature fluviali (ad es.: nelTicino) o cose di questo genere, stanno a dimostrare cheil tentativo o peggio la presunzione di assegnare rego-le a sistemi polivalenti, complessi, che sono d’altra par-te tipicamente legati all’uomo e alla natura e che sonoquelli più in grado non solo di creare e di determinare,ma di divenire espressioni e valori di beni culturali sononon solo un fallimento, ma non hanno possibilità di cit-tadinanza nel mondo della cultura.

Questa loro incompatibilità nella cittadinanza staproprio nella contraddizione in termini.

L’uomo è creatore; può essere creatore anche di co-se obbrobriose, e spaventose, ma è altrettanto vero cheassai spesso quello che crea e quello che fa, quello chetraduce in quel complesso di aspetti visuali, conoscitivied espressivi che costituiscono nel loro contesto artico-lato il paesaggio quale sedimentazione di tutte le pre-senze in chiave storica sul territorio e nella interpreta-zione geografica delle interrelazioni fisiche, biologicheed espressive, rappresenta un risultato non banale che

in casi fortunati giunge al punto di essere un prodottoartistico e culturalmente pregnante.

Il rischio peggiore è che la devoluzione a qualcunoo a qualche regola di decidere ciò che sia bene e ciò chesia male con poteri discriminatori assoluti finisca con l’es-sere, da un lato espressione di una delega in termini sog-gettivi a persone che finirebbero col trovarsi nelle maniun potere assolutamente pericoloso e sproporzionato,e rischino, dall’altra parte, di comportare l’adozione dischemi o di regole che rappresentando il modo piùsemplice e più naturale per superare l’impasse del vin-colo finiscono con l’essere non solo banali, ma povereper la stessa rigidità che debbono assumere.

In questo caso non sono solo banali o povere masono contraddittorie rispetto per esempio a quello chela società, che vive su quel territorio e che è portatricedi caratteristiche che nel paesaggio vorrebbe esprime-re o vorrebbe realizzare non solo per coerenza con séstessa ma anche come realizzazione del suo esistere.

Si può dire che è proprio la banalità che alla finerappresenta l’incrocio e la testimonianza tradotta nellostesso paesaggio e in tutta la vita della umanità di cui ilpaesaggio è la summa delle espressioni fisiche, psicolo-giche e sociali. Sta proprio in questa contraddizione larealtà di un paesaggio che non può più essere espres-sione di una tendenza o comunque di una realtà ma èespressione di una paura. Una situazione nella quale al-la capacità inventiva, alla capacità di governo, alla ca-pacità di espressione, alla capacità di coraggio di esse-re portatore di qualche cosa, si contrappone la pauradella prevaricazione, la paura dell’abuso, la paura dellalegge che non tiene. Ci si adatta quindi alla regola del-la così detta normalità, come mondo di cui si accetta osi vuole una referenza rassicurante che tolga il senso del-la paura perché dà il conforto del consenso.

Il conforto del consenso nell’ambito del paesaggiospesso, o meglio quasi sempre, è un confronto che do-vrebbe venire da dopo, dal risultato che è di verifica, so-prattutto in termini di coerenza, di rispondenza e di ca-pacità di essere ricco di valori che gli diano la dignità dibene culturale. A questo punto nasce veramente un’al-tra interrogazione che forse è preliminare: se il paesag-gio è un bene culturale o sotto quali condizioni il pae-saggio è un bene culturale e/o sotto quali aspetti, in qua-li situazioni e con quali mezzi essendo un bene cultura-le entra nella fascia delle entità per le quali si pongonodegli obblighi e delle legittimità della tutela da parte del-la collettività oppure esce da questa fascia per entrarenel più ampio orizzonte della tutela della universalità deivalori.

È necessario porsi questo interrogativo perché èevidente che certe violenze, certi interventi, certi muta-menti, certe innovazioni solo raramente sono accettatecomunque da un senso comune; mentre sono accetta-te all’insegna di una verifica che possa essere fatta da

94

Page 95: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

qualcuno che si assume la responsabilità di avallarne laammissibilità.

Se con occhio critico guardassimo la gran partedei più bei paesaggi complessi italiani o non italiani, na-turali o costruiti, soprattutto quelli costruiti, (per quellinaturali bisognerebbe riferirsi a quelli puramente natu-rali che forse oggi non esistono nemmeno più) se rife-rendoci a questi e a quelli ci si immaginasse per un mo-mento di toglierne dei pezzi o per creare la situazionequo ante per arrivare a quello che era dopo, quasi maisi riuscirebbe ad essere teoricamente e intimamente ca-paci di fare la scelta. Non solo, ma dovremmo e po-tremmo dubitare sulla capacità di fare questa scelta seci riferissimo in modo globale a considerare le situazio-ni generali della geografia, dei tempi, e dei mezzi, del-l’economia di cui il paesaggio è la sintesi espressiva.Ma se il paesaggio è la sintesi espressiva di tutto questoe se si vuole riconoscere ad esso un valore di bene cul-turale non si dovrebbe allora intendersi sul fatto che ilbene culturale, così come il bene ambientale, sono fat-tori e valori trasversali e non autonomi e quindi devonoessere letti e interpretati in una sintesi globale, colletti-va, critica, dialettica della società di cui il paesaggio è altempo stesso espressione, costruzione, soggetto, og-getto, e quant’altro?

Questo si propone come uno dei punti da ap-profondire per costruire una nuova realtà; altrimenti sirischia di ricadere nella logica di un qualche cosa che ègiudicato sufficiente secondo un senso comune e al so-lo scopo di identificarne le ragioni che giustifichino lapossibilità di renderlo intangibile. Il che però, non sipuò dimenticare, vuole dire al tempo stesso, dato che sitratta di una entità non finita, ma in continuo divenire,di una entità dinamica, di una entità complessa, isolan-dola dalla realtà per farne una estraniazione rispetto alcontesto vuole dire già distruggerlo, impedirgli di vive-re la vita che gli è propria e che lo costituisce testimo-ne del passato e progetto per il futuro.

È necessario chiedersi se questa opera di tutelanon rischi di essere un’opera viceversa di distruzione; senon si rischi di farne una operazione di deresponsabi-lizzazione in base alla quale creando dei canoni, deivincoli, dei riferimenti, si riesca a stabilire a priori apo-ditticamente, con una approssimazione che farebbepaura, valutare fino in fondo ciò che è bene, ciò che èmale, ciò che è giusto, ciò che è sbagliato, ciò che si de-ve e ciò che non si deve, ciò che si può e che non si può.

Non è possibile nascondersi che ciò sarebbe possi-bile solo in una società che per essere coerente do-vrebbe rifiutare la logica della dialettica al suo interno equindi o vivere di dogmi o vivere di poteri autonomi pre-stabiliti e assoluti che, anche quando fossero illumina-ti, sarebbero preclusivi alla formazione ed evoluzionedella cultura.

Sembra che questa sia una delle contraddizioni e dei

conseguenti problemi che investono il nostro mondo edi fronte al quale la convocazione di una conferenza sulpaesaggio si pone con una problematica a tutto campoche impone di proporsi prima ancora della verifica delle“ragioni” e dei “perché” la verifica delle motivazionidei “se” e cioè delle legittimazioni di chi e di come sia ingrado di discuterne per imporre, per inventare e/o perstrutturare delle regole che siano limitate ad alcuni set-tori e che non investono globalmente la società.

Può sembrare una fuga in avanti, ma è un ripensa-mento sul passato. È storicamente provato che le piùgrandi malversazioni in tema di paesaggi e di visioni glo-bali della società sono avvenute subdolamente e il piùdelle volte nel rispetto delle regole; le regole per la lorostessa natura dovevano dire sì o no a qualcosa o a qual-cuno e dovevano creare dei riferimenti che nel momen-to stesso in cui venivano proposti erano già obsoleti per-ché il divenire era molto più veloce della evoluzione del-la capacità di lettura e della capacità di intenderne gli ef-fetti e di progettarne e proporre le alternative o le cor-rezioni. Non per niente in tempi recenti abbiamo nota-to che le modificazioni del paesaggio sono state dram-matiche, sono state le più violente, le più sconvolgenti eancora oggi siamo qui ad interrogarci se questo nuovopaesaggio nel suo complesso olistico sia coerente o me-no con la società che lo ha determinato. Questo forse èl’unico interrogativo lecito; è l’unico problema, profon-do costruttivo che ci si deve proporre; cioè non solo e nontanto giudicare se ciò che è avvenuto è bene o male, mase ciò che è avvenuto corrisponda a una società che hasaputo, o voluto esprimersi e sul come si è voluta espri-mere; ne trarremmo l’indicazione di una società che nel-la generalità tende a rifuggire dalle sue responsabilità glo-bali; tende a ricercare il colpevole nell’altro e tende ad in-dividuare comunque un ente, un qualcuno o un qualchecosa che sia in grado di giudicare, colpevolizzare e re-golamentare creando nuove regole; che queste nuove re-gole le vuole creare secondo un suo modo di vedere, unasua intenzione che è ancora tutta da verificare nella coe-renza rispetto alla società di fronte alla quale lo stessopaesaggio si propone alla critica che noi oggi stiamo fa-cendo.

Il rischio che questa conferenza corre, rischio co-mune a molte di queste riunioni, è quello di inventarenuovi poteri, di creare nuovi alibi, di creare nuovi col-pevoli e di decolpevolizzare altri tanti nuovi innocenti chetali non sono ma che mirano a diventarlo. Se ognuno siguardasse allo specchio in qualunque momento dellasua vita e si immedesimasse nei prodotti del suo agirepotrebbe verificare quanta sia la coerenza tra il suo sta-re, il suo vivere, il suo fare, il suo comportarsi, il suo sen-tire e il paesaggio che gli sta attorno.

Vi è ragione di temere che la verifica sia dramma-ticamente positiva e cioè che in fondo vi sia una grossarispondenza tra il paesaggio che ci sta attorno e noi che

95

Page 96: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

96

abbiamo operato in quel mondo di cui lo stesso pae-saggio è prodotto ed espressione. Questo nelle grandie nelle piccole cose, nelle grandi e nelle piccole mani-festazioni, nei comportamenti, nella educazione, nellescelte valoriali di fronte alle quali anche il patrimonio dibeni culturali risulta mortificato. Tra i beni culturali mor-tificati si pone in prima fila il paesaggio inteso, non so-lo e non tanto come bene a sé, ma come sintesi di mol-ti beni tra loro correlati e interagenti.

Forse perché questo attuale modo di vivere l’incul-tura si è dimostrato prevalente rispetto alle istanze cul-turali. Questo è il dilemma e la vera ragione che ha ispi-rato o ispira riunioni di questo tipo nelle quali si vorrebbeuscire con delle soluzioni, con delle indicazioni che peròrischiano sempre di essere fughe verso deleghe, versoampliamenti di poteri, verso invenzioni di competenzee verso elusioni delle responsabilità.

Di fronte ai beni culturali dell’umanità ognuno dinoi ha una responsabilità singola e collettiva totale e ir-rinunciabile. Se la sua capacità culturale non è cresciu-ta, se la società che lo ha prodotto non l’ha posto inquesta situazione il rischio che le sue colpe siano diffi-cilmente individuabili e condannabili è altissimo. Maancora una volta dobbiamo desumerne che la società èviziata perché si è autoviziata o perché l’abbiamo vizia-ta noi che ne siamo al tempo stesso padri e figli e in ognimodo partecipi. È corrotta e a-culturata non perché losia diventata da sola ma perché è espressione di scelte,di atteggiamenti di cui noi tutti singolarmente e glo-balmente siamo responsabili.

Queste sembrano domande importanti a cui darepreliminarmente risposta non per proporre che qualun-que tipo di vincolo o di poteri preclusivi debba essere ri-

fiutato, soprattutto di fronte all’emergenza, ma perporsi chiaro il problema che anche per il paesaggio va-le il fatto che finché una società non se ne faccia cari-co nel suo profondo e non ne sia profondamente con-vinta, non ne abbia assunto la responsabilità in senso to-tale quale coerenza per il suo stesso esistere, difficil-mente si potranno ottenere dei risultati che non sianoquelli di idolatrare dei simboli, dei segni, dei monu-menti, dei ricordi, di fronte ai quali il futuro sarà semprepiù oscuro non solo per quegli stessi casi e/o relitti iso-lati, ma anche per la speranza, che d’altra parte è ne-cessaria per ammettere la sopravvivenza dell’umanità,che altri prodotti sorgano e che altre proposte altret-tanto ardite, altrettanto ricche, altrettanto espressivedella umanità nei suoi valori e nelle sue credenze pos-sano attuarsi.

Porsi questo come un vero problema di fronte alquale si impone di ritrovare la necessaria umiltà per di-re che non possiamo credere nei miracoli, che non pos-siamo aspettarci da provvedimenti più o meno inventa-ti o da poteri, anche se illuminati (e oggi l’illuminazio-ne ci pare molto, molto lontana e improbabilmenteidentificabile) la soluzione di queste situazioni delle cuirealtà siamo tutti investiti.

Di queste realtà siamo parti, prodotti, produttori,vittime o colpevoli e comunque attori, al di là della vo-glia di dichiararci “altri” e non responsabili; voglia cheè tanto insana, quanto quella di sperare che altri, per dipiù non identificati e identificabili risolvano i problemiche ci stanno davanti e di cui ci stiamo facendo caricoin questa situazione e in questo momento con una pro-posizione che nonostante tutto e a dispetto di noi stes-si deve lasciare delle speranze.

Page 97: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

1. Nozione di paesaggio

Piuttosto che riferirsi alle cose – non importa se ele-menti interrelati tra natura e storia o veri e propri oggettifisici – appare opportuno ancorare la nozione di pae-saggio ai valori di cui sono portatrici le società nel loroevolvere nel tempo, accettando la complessità di una pro-spettiva teorica che non accetta riduzionismi o separa-tezze, ma che investe l’intero processo di costruzione euso dell’ambiente insediativo e di elaborazione dei suoisignificati. La ricchezza del paesaggio italiano è fattadella inscindibilità delle forme fisiche dalle forme socialie dai processi culturali che si sono stratificati nel tempoe che agiscono tuttora nel donare senso all’esistente.

La nozione del paesaggio implica necessariamentela nozione di territorio e la complessità dei rapporti chesi istituiscono tra le forme fisiche e i comportamentidegli attori locali.

2. Ruolo della amministrazione

Per misurarsi con i processi concreti di cui sonoespressione i valori delle società che modellano il pae-saggio con le proprie attività, non è sufficiente limitar-si ad esercitare funzioni di regolazione e controllo ri-spetto a ciò che viene ritenuto (spesso unilateralmente)come una invariante assoluta da rispettare nelle even-tuali azioni di trasformazione.

Occorre contribuire attivamente al diffondersi diattitudini positive e più responsabili nei confronti dellatutela e valorizzazione del paesaggio da parte dei mol-ti attori che a vario titolo intervengono nella sua tra-sformazione, tanto a livello centrale che locale.

A questo scopo appare opportuno farsi carico inparticolare delle seguenti altre funzioni:

a. Orientamento strategico Contribuire alla elaborazione di una visione-guida

condivisa degli assetti paesaggistici che si intende assu-

mere per il futuro di un determinato territorio, alle diversescale di governo: nazionale, regionale, provinciale, co-munale. In particolare per il livello nazionale si tratta didare sostanza alla definizione delle linee-guida degli as-setti territoriali e ambientali prevista esplicitamente dal-la «Bassanini» e che oggi vede impegnati rispettivamenteil Ministero dei Lavori Pubblici e il Ministero dell’Am-biente in verità con scarsa propensione alla mutua col-laborazione (e forse proprio l’iniziativa di un terzo mini-stero come il Ministero per i Beni e le Attività Culturali po-trebbe far evolvere positivamente la costruzione di un’i-dea guida concertata per il territorio italiano).

b. Coordinamento intersettoriale Contribuire al raccordo e alla armonizzazione delle

politiche di settore, facendo valere attraverso le opportuneforme di dialogo e di concertazione interistituzionale il ri-conoscimento del valore determinante della qualità deipaesaggi nei processi di sviluppo. Non dovrebbero esse-re più tollerabili azioni importanti decise senza la consa-pevolezza delle loro conseguenze sui paesaggi locali. Sidevono avviare processi di cooperazione attiva tra i diversisoggetti, uscendo dalla logica di una imposizione unila-terale e per decreto di un valore che deve invece esserecostruito e aggiornato consensualmente una volta rico-nosciuta la centralità del tema del paesaggio. In questaprospettiva particolare attenzione va rivolta alla pro-grammazione dei fondi comunitari 2000-2006, che – diconcerto con il Ministero del Tesoro, del Bilancio e dellaProgrammazione Economica – dovrebbe diventare il ban-co di prova di una nuova capacità di indirizzare le politi-che di settore verso obiettivi di qualità del paesaggio.

c. Attivazione progettualità Promuovere azioni condivise di riqualificazione e va-

lorizzazione dei paesaggi, mobilitando la rete degli attorilocali come indispensabili protagonisti nella costruzionedelle scelte e nella loro realizzazione. È nella costruzionecooperativa dei progetti che si elaborano nuove identità,superando il metodo delle azioni puntuali e disgiunte che

97

Alberto ClementiUniversità degli Studi di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, Facoltà di Architettura

Page 98: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

98

accentua la frammentazione e la perdita di senso dell’esi-stente. E questo vale anche e soprattutto per il paesaggio,che è rappresentazione prima di tutto dei valori identitaridelle società locali, e che acquista significato nell’incontrotra esperienze del passato e orizzonti di attesa per il futu-ro esplorati attraverso la costruzione di progetti collettivi.

Dunque il Ministero per i Beni e le Attivita Cultura-li dovrebbe farsi interprete del bisogno di progettualitàpromuovendo azioni finalizzate al miglioramento dellecondizioni di tutela e valorizzazione dei paesaggi, anco-rate all’interno delle complessive politiche di conserva-zione e trasformazione del territorio.

d. Guida, coordinamento, progetto In definitiva il ruolo che dovrebbe assumere il Mi-

nistero per i Beni e le Attività Culturali si può sintetizzarenel seguente modo: meno gestione diretta, più capacitàdi indirizzo, coordinamento, progettualità.

Nella prospettiva che si propone, il Ministero per iBeni e le Attivita Culturali dovrebbe sempre più confi-gurarsi come un attivatore e un regolatore di processo,cioè un soggetto che orienta le interazioni con gli altrisoggetti istituzionali finalizzandole alla preparazionecollegiale di strategie e di progetti condivisi, fondati suvisioni d’assieme dei paesaggi da tutelare e valorizzare.

3. Temi di intervento

3.1. Snellimento e concentrazione selettiva delle attivitàamministrativeLe attività degli organi amministrativi centrali e pe-

riferici del Ministero per i Beni e le Attivita Culturali, og-gi appesantite da un eccessivo assorbimento delle pra-tiche di gestione del quotidiano, dovrebbero essere snel-lite per consentire un impegno più selettivo delle risor-se più qualificate sui temi di importanza strategica peril futuro del paesaggio italiano.

Le attività di gestione dovrebbero essere decentratenello spirito della riforma Bassanini, in particolare indivi-duando nella Provincia (opportunamente attrezzata con leindispensabili risorse umane, culturali e scientifiche, e ade-guatamente assistita dagli organi decentrati del Ministe-ro per i Beni e le Attivita Culturali) il livello più appropria-to per esercitare in modo integrato la gestione del pae-saggio e del territorio, anche ai sensi della L.142/1990. Ildecentramento dovrebbe venire accompagnato da pro-tocolli utili per semplificare e accelerare le procedure (sulmodello dell’esperienza della Soprintendenza Beni Am-bientali Architettonici Artistici e Storici di Pisa e del Comunedi Bagni di Lucca) e da accordi-quadro necessari per re-sponsabilizzare maggiormente le strutture della Regione.

Al tempo stesso il Ministero per i Beni e le AttivitaCulturali dovrebbe rilanciare con forza la sua iniziativa inmateria di indirizzo e coordinamento delle politiche per

il paesaggio, evitando l’isolamento di un mero eserciziodelle funzioni di vincolo e incentivando le interazioni po-sitive con gli altri rami della amministrazione centrale(Ministero dei Lavori Pubblici, Ministero dell’Ambiente inparticolare), con le Regioni, con le Province, con i Comu-ni. La modalità più efficace per attivare rapporti di colla-borazione in verticale e in orizzontale con gli altri soggettiistituzionali è quella della promozione di programmi e diprogetti di intervento sul territorio, stimolati attraverso unfondo di finanziamento delle progettualità locali.

3.2. Rete dei paesaggi di importanza nazionale Non diversamente da quanto si sta facendo in ma-

teria di Reti ecologiche nazionali, di Parchi e aree Pro-tette, o, su un piano diverso, per la rete delle strade edelle infrastrutture con il trasferimento delle compe-tenze alle Regioni, anche per i Paesaggi appare oppor-tuno selezionare alcuni ambiti di interesse nazionale lacui tutela e valorizzazione dovrebbero far capo soprat-tutto al Ministero per i Beni e le Attivita Culturali.

Si tratta però di andare oltre la concezione «di re-cinto» da salvaguardare per accedere a quella di terri-torio da governare, agendo non soltanto all’interno del-l’area, ma anche sulle sue connessioni con l’intorno. Èsoprattutto sulle aree di transizione tra siti tutelati eambiente circostante che occorre agire, con politiche at-tive di riqualificazione e sviluppo sostenibile, perchénon abbiano a riprodursi le infelici esperienze dei tantisiti archeologici di straordinaria valenza come Villa Adria-na, Campi Flegrei, Pompei, Paestum, Agrigento, cir-condati da contesti insediativi così degradati da snatu-rare la stessa esperienza dei siti tutelati; o come tanticentri storici che appaiono decontestualizzati e incom-prensibili nelle loro relazioni con l’intorno e che chiedonodi venire immessi in un contesto di sviluppo che li rico-nosca come presenze determinanti.

Dunque la individuazione dei paesaggi di impor-tanza nazionale non dovrebbe essere l’ennesima pro-posizione di aree da vincolare più severamente, quantopiuttosto una selezione critica di situazioni che andreb-bero governate attraverso il concorso delle diverse am-ministrazioni centrali e locali coordinate dal Ministero peri Beni e le Attivita Culturali al fine di assicurare una ade-guata politica di riqualificazione e tutela attiva del pae-saggio, con la promozione delle risorse pubbliche e pri-vate necessarie per rendere fattibili le misure previste.

3.3. Programmi di Riqualificazione Ambientale e Pae-saggistica (PRAP)Strumento importante per dimostrare la validità

della nuova filosofia dovrebbero diventare i nuovi stru-menti da istituire appositamente, Programmi di Riqua-lificazione Ambientale e Paesaggistica, l’analogo deiPRUSST (Programmi di Riqualificazione Urbana e Svi-luppo Sostenibile del Territorio) lanciati appena un an-

Page 99: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

99

no fa dal Ministero dei Lavori Pubblici per orientare leazioni dei Comuni in materia di politiche per le città eper il territorio.

Mentre i PRUSST agiscono soprattutto sulle operedi infrastrutturazione e sui progetti complementari disviluppo insediativo, i PRAP dovrebbero investire i pae-saggi da riqualificare, in particolare i paesaggi di im-portanza nazionale in condizioni di degrado ma anchei paesaggi associati alle grandi infrastrutture che attra-versano il territorio italiano, nonché i paesaggi associatiai grandi segni della natura, come i fiumi e le coste.

In questa loro funzione di stimolo alla riprogetta-zione dei paesaggi con la mobilitazione delle risorseeconomiche pubbliche e private, i PRAP costituisconoanche l’occasione per dialogare attivamente con le al-tre iniziative di sviluppo, come i Patti territoriali, i Pro-grammi di Infrastrutturazione di cui ai fondi comunita-ri 2000-2006, i Programmi di sviluppo agricolo, e gli al-tri programmi che a vario titolo portano ad azioni sulpaesaggio e l’ambiente.

In definitiva la introduzione di questo nuovo stru-mento, eventualmente da concertare anche con il Mi-nistero dei Lavori Pubblici, dovrebbe consentire un no-tevole salto di qualità nelle politiche della conservazio-ne attiva per il paesaggio, diventando il banco di provadelle capacità di orientare propositivamente le disponi-bilità di Regioni, Province, Comuni e soggetti pubblici eprivati che agiscono nei diversi contesti locali di pae-saggio da salvaguardare e riqualificare.

3.4. Strumenti conoscitivi di base, Carte dellepermanenze Per migliorare sostanzialmente la qualità delle pro-

gettazioni urbanistiche e architettoniche nei contestiricchi di sedimentazioni storiche, il Ministero per i Benie le Attivita Culturali dovrebbe promuovere la produ-zione di «carte delle permanenze» secondo metodolo-gie unificate e fondate sulle più avanzate acquisizionidella ricerca urbana e territoriale. In particolare, le car-te delle permanenze dovrebbero individuare i segni e itracciati d’impianto che denotano una maggiore capa-cità di resistenza alle trasformazioni nel tempo, orien-tando consapevolmente una attività di progettazione ca-pace di istituire un dialogo critico con l’esistente.

Le carte, diversamente dalla carta dell’Agro e simi-li, non dovrebbero avere un valore vincolistico quantopiuttosto di indirizzo delle scelte progettuali per renderlecompatibili con l’obiettivo di rispettare i diritti di un te-sto ricco di stratificazioni storiche quale è il paesaggioitaliano. Solo in alcuni casi i tracciati e i segni di perma-nenza dovrebbero assumere il ruolo di invarianti strut-turali da imporre prescrittivamente.

Le carte di permanenza potrebbero essere prodot-te tramite un accordo tra il Ministero per i Beni e le At-tivita Culturali e il Ministero dell'Università e della RicercaScientifica e Tecnologica, con il concorso della rete del-le università regionali, in particolare con le Facoltà di Ar-chitettura, attraverso la formula del cofinanziamentoper progetti di rilevante interesse nazionale.

Page 100: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

100

Le vecchie leggi di Giuseppe Bottai (legge 1° giu-gno 1939, n. 1039, e legge 29 giugno 1939, n. 1497)tuttora vigenti volevano solo tutelare le cose di maggioreinteresse storico o artistico, i paesaggi di particolarebellezza, le singolarità geologiche; cioè volevano tute-lare i siti più pregiati magari trascurando il resto. Il ri-sultato è stato solo parziale perché, quando la pressio-ne economica è stata forte, non si sono tutelate le co-se ed i paesaggi di particolare interesse, mentre si èsempre trascurato tutto il resto del territorio.

Fallite le leggi Bottai e travolta anche la legge Ga-lasso (legge 8 agosto 1985, n. 431), che voleva solo ade-guare la 1497 del ‘39 avvicinandola all’urbanistica, orasi dovrebbe cambiare radicalmente l’approccio al pae-saggio, si dovrebbe tutelare tutto lo spazio vissuto, cu-rare la qualità architettonica delle trasformazioni ne-cessarie e restaurare gli spazi degradati.

L’architettura è lo spazio trasformato dall’uomo.In Europa non vi è paesaggio allo stato di natura. L’uo-mo ha trasformato il territorio per sentirlo il più possi-bile a sua immagine. Ha trasformato il paesaggio perrenderlo più piacevole e più utile per sé.

Il paesaggio è architettura

Immaginate una campagna toscana con un campodi girasoli, un filare di cipressi che seguono i tornanti diuna strada come una regolare punteggiatura. In un’al-tra stagione invece dei girasoli vi può essere una diste-sa ondeggiante di erba medica a fiori lilla, è sempre ar-chittettura.

Monteriggioni è chiusa in perfetta geometria nel-le sue mura, dal colle scendono filari di viti, non po-trebbero esistere gli uni senza le altre.

Se tutto è architettura e tutto è paesaggio non hasenso distinguere leggi e competenze.

Ogni città è uno stupendo testo costruito dall’uo-mo pietra dopo pietra, generazione dopo generazione.

Forse i libri di storia si fermano ad una certa data ma lastoria no. Certo in una città, ma più in genere in un ter-ritorio, si sa che cosa si è fatto in ogni epoca, e a voltese ne conservano i segni, ma la città continua a viveree continuerà nel futuro. Tranne poche eccezioni, cittàferme nel tempo per una qualche irreversibile catastro-fe come Pompei o Ercolano, nella città tutto il passatoè nel presente e continuerà ad esserci nel futuro.

Non ha più senso preoccuparsi di perimetrare ilcentro storico come se solo nel centro storico si doves-se garantire qualità di vita. Tutto il territorio abitato dal-l’uomo deve essere piacevole, salubre, comodamente vi-vibile.

Ancora oggi si sente dire, per fortuna in aree cul-turali sempre più ristrette: salviamo i monumenti e de-moliamo il resto. L’equivoco è durato decenni. Il vinco-lo (dichiarazione e notifica di interesse storico-artisticoai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o dichia-razione di particolare valore paesaggistico ai sensi del-la legge 29 giugno 1939, n. 1497) è stato inteso comeindividuazione di cose da salvare in un mare di oggettiinutili.

Il sitema – Comuni, Regioni, Stato – dovrebbe inmodo ben articolato garantire l’ordinato assetto del ter-ritorio, conservare tutti i valori culturali, e programma-re il massimo sviluppo compatibile. Nobili obiettivi cheraramente si raggiungono. Accade a volte, in particola-ri occasioni in settori limitati o in ambiti ristretti che lecose funzionino davvero armonicamente.

In generale no.Nel paesaggio il sistema previsto dal D.P.R. 15 gen-

naio 1972, n. 8, dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e del-la legge 8 agosto 1985, n. 431, forse avrebbe potutofunzionare; ma non si può dire che abbia funzionato.

Lo Stato per l’art. 4 del D.P.R. 616/77 e per l’art. 1bis, comma 2, della legge 431/85 avrebbe dovuto eser-citare i poteri sostitutivi. Lo ha fatto in ritardo dopo an-ni dalle scadenze previste. Il primo D.P R. per i poteri so-stitutivi in materia di pianificazione paesistica è stato

Mario Antonio De CunzoUfficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

La cultura urbanistica e architettonica

Page 101: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

101

quello per la Campania, del 15 giugno 1994. Ma, cosaancora peggiore, lo Stato non ha mai esercitato i com-piti di indirizzo, lasciando le regioni in una casistica va-ria e quasi mai realmente efficace, per di più alle presecon gli orientamenti ondivaghi della giurisprudenza am-ministrativa.

In Italia, vi sono tre Ministeri che si preoccupano delterritorio: Ministero per i beni e le Attività Culturali, Mi-nistero dell’Ambiente, Ministero dei Lavori Pubblici (sop-presso il Ministero per le Aree Urbane, inglobato negliInterni il Ministero della Protezione Civile).

Ogni Regione ha competenza in materia di pianifi-cazione urbanistica e pianificazione paesistica ed ha com-petenza (delegata) in materia di tutela del paesaggio.

Allo Stato resta per la legge Galasso, L. 431/85, ilpotere di annullamento delle autorizzazioni rilasciatedalla Regione. È come se lo Stato conservasse un dirit-to di veto, da esercitare però solo dopo che la Regioneha terminato il suo faticoso e spesso lungo procedi-mento.

In queste condizioni è difficile realizzare una since-ra leale cooperazione tra lo Stato e le Regioni.

La Conferenza Nazionale per il paesaggio potreb-be avviare un rapido e deciso processo di adeguamen-to delle leggi di tutela e naturalmente un parallelo ade-guamento degli uffici.

Vi sono nel comune sentire alcuni punti fermi sulconcetto di paesaggio: 1) Non è possibile distinguere il paesaggio dall’archi-

tettura. Ovunque l’uomo ha configurato lo spaziocon il suo lavoro.

2) Nella cura e nella tutela dell’architettura non pos-sono esserci differenze tra l’edilizia esistente e l’e-dilizia nuova. La vigente legge 1089 del 1939 con-sente la tutela solo dell’architettura che ha più di 50anni, con l’architetto morto. In questo campo giàsi stanno facendo passi avanti, il Ministero per i Be-ni e le Attività culturali sta organizzando un siste-ma di incentivi per favorire la produzione di archi-tettura di qualità.

3) Non si può limitare la tutela ad alcune emergenzenelle quali si riconosce maggiore qualità. Bisognatutelare la qualità di tutto lo spazio vissuto, opera-re per il restauro del paesaggio e dell’ambiente, cu-rare la qualità di tutte le trasformazioni nello spa-zio vissuto.

Non si può pretendere di trasformare tutto in un so-lo colpo, leggi, ministeri, ambiente e paesaggio; ma ènecessario avere chiari gli obiettivi e lavorare, passo do-po passo, nella direzione più opportuna. O almeno oc-corre provarci.

Page 102: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

102

1. Una succinta analisi del problema

1.1. Malgrado la flessione demografica e lo spo-polamento delle campagne, verificatisi nel dopoguerra,avessero creato condizioni favorevoli alla tutela del pae-saggio, quest’ultimo è certamente il bene culturale che,negli ultimi anni, ha subito in Italia gli attentati più nu-merosi e più gravi1.

1.2. Al di là dell’ipotesi di una sensibilità culturale piùattenta alla componente monumentalistica che alla com-ponente naturale del bene da tutelare, le principali cau-se del fenomeno possono essere così schematizzate:– «cultura della lottizzazione», consecutiva alla na-

turale tendenza dei proprietari terrieri a compen-sare l’improvvisa perdita di reddito agricolo subitanel dopoguerra mediante la vendita di aree fabbri-cabili là dove l’accresciuto benessere materiale del-la popolazione ne generava la domanda (fasce co-stiere, parchi e giardini di ville urbane, terreni inte-ressati dall’espansione urbana o dal desiderio degliabitanti dei centri minori di sostituire il proprio al-loggio con una costruzione più spaziosa ed igieni-ca situata al di fuori del nucleo storico, ecc.). Aquesta tendenza si è tentato, talvolta, di porre fre-no attraverso l’imposizione di vincoli (strumenti discarsa efficacia a fronte di forti interessi economi-ci), ma non promuovendo alternative economiche;

– abusivismo edilizio, consecutivo, da un lato, all’insuf-ficiente disponibilità delle autorità locali ad assicurarela piena applicazione delle norme di tutela vigenti e,d’altro lato, alle ridotte possibilità di intervento delleautorità centrali (in particolare le soprintendenze), ca-renti di mezzi e costrette ad intervenire ex post;

– «malcostruzione», consecutiva ad una normativa (inparticolare: piani regolatori) la quale, anziché imporrecriteri di costruzione in funzione del paesaggio (qualitipologie caratteristiche, impiego di materiali locali,ecc.), normalmente preferisce lasciare ampia libertà dicostruzione oppure limitare il diritto di costruire;

– politica agricola orientata esclusivamente a fini pro-duttivi o sociali, senza riguardo alle esigenze pae-saggistiche2.

1.3. Si giustifica che il problema del paesaggio ita-liano sia considerato anche in una prospettiva europeanon solo perché il paesaggio italiano è componente es-senziale del patrimonio culturale europeo, ma ancheperché l’importante fonte di reddito che esso rappre-senta è stata nel passato ed è tuttora in gran parte fun-zione del turismo europeo.

2. Una proposta di azioni limitate ma concrete

2.1. La sommaria analisi che precede è sufficiente adindicare le difficoltà che si incontrano nel volere, da unlato, contrastare un fenomeno che coinvolge vasti inte-ressi economici con strumenti intesi a soffocare l’impul-so economico anziché offrirgli sbocchi alternativi; e nelcontare, d’altro lato, sull’effettiva collaborazione delle au-torità locali per l’applicazione degli strumenti suddetti.

2.2. Indipendentemente da una necessaria riformarivolta soprattutto a predisporre strumenti normativiche impongano, oltreché vincoli, un’edilizia coerentecon le caratteristiche particolari di ogni singolo paesag-gio, ed intesa inoltre a potenziare e rendere tempesti-vo l’intervento delle autorità centrali, appare utile por-re rapidamente in opera degli esempi concreti di valo-rizzazione economica del paesaggio, valorizzazione rea-lizzata non a scapito della tutela, ma grazie all’azione ditutela. Nulla, infatti è più convincente dell’esempio.

È a tal fine che due azioni concrete complementa-ri, limitate ma suscettibili di applicazione immediata e diulteriore estensione, vengono proposte di seguito.

2.3. Zone pilota per una valorizzazione economicasostenibile del paesaggio.

Si tratterebbe di selezionare alcune zone nelle qua-li il paesaggio è particolarmente bello e tuttora sano e le

Europa Nostra

Un sintetico punto di vista europeo sul problema del paesaggio in Italia

Page 103: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

103

autorità locali sono disposte a collaborare. Per tali zoneverrebbe predisposto, con la collaborazione delle autoritàlocali, delle forze economiche regionali (banche, impre-se, camere di commercio ecc.) e della società civile (pro-loco, associazioni di tutela dei beni culturali e dell’am-biente, ecc.), un progetto dettagliato di sviluppo basatosu una valorizzazione economica del paesaggio non sol-tanto compatibile con la sua tutela, ma che punti sulla tu-tela come attrattiva particolare di richiamo turistico.

Perché le zone prescelte possano essere facilmen-te gestite e possano svolgere una funzione esemplare,esse non dovrebbero essere né troppo numerose, nétroppo grandi, né troppo famose.

Quanto al progetto, esso adotterebbe un approcciointegrato, mirerebbe cioè a coinvolgere e convogliaretutte le forze vive, pubbliche e private, interessate alla tu-tela ed alla valorizzazione economica del paesaggio di cuitrattasi. Così, ad esempio: le autorità centrali e regiona-li potrebbero avere per compito la definizione dei vinco-li necessari e dei criteri di restauro, di costruzione e diconduzione fondiaria; l’eventuale concessione di contri-buti o agevolazioni fiscali; la sorveglianza ed il controllo;l’organizzazione di corsi di formazione per la gestione delpaesaggio nonché per l’accoglienza e la guida dei turi-sti; la pubblicità all’estero tramite gli uffici turistici na-zionali e gli istituti di cultura; ecc. Le banche locali po-trebbero invece concedere prestiti agevolati al restauro,all’allestimento di strutture di accoglienza turistica pres-so l’abitante, all’avviamento di attività artigianali, ecc.

2.4. Strade a prevalente vocazione paesaggistica.La modernizzazione della rete stradale italiana è sta-

ta quasi sempre realizzata attraverso la costruzione diautostrade o superstrade il cui tracciato è interamenteautonomo rispetto a quello delle strade preesistenti.Cosicché sono numerose le strade rimaste praticamen-te inutilizzate.

Molte di tali strade posseggono una valenza pae-saggistica elevata. Perché lo Stato, cui tali strade ap-partengono (trattandosi normalmente di strade stata-li o provinciali), non le destina a fini turistici, più che ditraffico, e non le classifica in una categoria nuova, lacui denominazione esprima la loro valenza paesaggi-stica? Alla nuova destinazione e classificazione do-vrebbero poi far seguito, naturalmente, provvedimen-ti atti a potenziare la valenza paesaggistica e la frui-zione turistica di tali strade, quali, ad esempio, l’im-posizione di limiti di velocità, l’incoraggiamento all’u-tilizzazione pedonale e ciclistica, l’allestimento di piaz-zuole panoramiche, una manutenzione effettuata pre-servando le vecchie strutture come muri, ponti e pa-racarri in pietra, ecc.

Le strade di cui trattasi contribuirebbero così tantoalla tutela paesaggistica quanto allo sviluppo turisticodella zona in cui si trovano.

2.5. Disponibilità di EUROPA NOSTRA a collaborare al-la realizzazione delle azioni suddette.

EUROPA NOSTRA, nella sua qualità di federazionepan-europea delle organizzazioni non governative im-pegnate nella tutela e nella valorizzazione di tutte lecomponenti del patrimonio culturale, è pronta a colla-borare, soprattutto per il tramite delle organizzazioni chedi essa fanno parte (le quali, in Italia, comprendonoFAI, Italia Nostra, Touring Club Italiano ed altre), tantoall’identificazione delle possibili zone pilota o strade avocazione paesaggistica, quanto nella preparazione deirelativi progetti dettagliati. EUROPA NOSTRA potrebbeinoltre attribuire alle zone e strade prescelte un proprio« marchio di garanzia » suscettibile non soltanto di fa-vorirle quali destinatarie del turismo europeo, ma anchedi porle in situazione privilegiata per beneficiare dei fi-nanziamenti dell’Unione Europea.

3. Conclusioni

La proposta di EUROPA NOSTRA non pretendecerto fornire la ricetta miracolo per risolvere i proble-mi complessi legati alla tutela del paesaggio italiano.Ma benché inizialmente realizzabile solo in scala ri-dotta, potrebbe già dare un segnale importante di im-pegno serio e concreto in favore del paesaggio. Il suc-cesso che le azioni proposte dovessero poi consegui-re, conducendo alla loro generalizzazione, non con-tribuirebbe solo alla tutela del paesaggio, ma produr-rebbe risultati positivi anche sotto altri riguardi. Cosi,ad esempio, sotto il profilo sociale esso creerebbe po-sti di lavoro in loco (contribuendo a frenare l’urbaniz-zazione e la pendolarità) e manterrebbe in vita attivitàtradizionali, tanto artigianali quanto agricole, che ri-schiano di scomparire. Sul piano della cultura, po-trebbe migliorare la generale sensibilità ai beni cultu-rali e rafforzare l’attaccamento al proprio luogo d’ori-gine. Potrebbe anche, proponendo nuove mete al tu-rismo, alleggerire la pressione del flusso turistico làdove questa rischia di diventare eccessiva.

NOTE

1 V. Libro Bianco sul Paesaggio pubblicato dal T.C.I., uno deimembri italiani di EUROPA NOSTRA.

2 Solo recentemente delle alternative sono state offerte, adesempio attraverso la normativa comunitaria rivolta a finanziare la noncoltivazione di terreni (« set-aside ») o a favorire l’agricoltura rispet-tosa dell’ambiente (in special modo regolamento CEE 2078/92).

* * *

Page 104: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

104

1. In sede di preparazione della Prima Confe-renza Nazionale italiana per il Paesaggio, EUROPANOSTRA, federazione pan-europea delle organizza-zioni non governative (ONG) impegnate in favore delpatrimonio culturale dell’Europa, ha già presentatouna prima proposta, ispirata a fini pratici, tendente,da un lato, all’istituzione di zone pilota di tutela e va-lorizzazione del paesaggio, e, d’altro lato, a far sìche le numerose strade italiane dotate di valenzapaesaggistica ma sottratte all’intensità del trafficodalla successiva costruzione di autostrade e super-strade con diversa sede stradale, vengano classifica-te in apposita categoria che consenta di tutelarle edequipaggiarle non già in funzione del traffico, ma infunzione della valorizzazione dell’elemento paesag-gistico e di una fruizione turistica legata al paesaggio.La realizzazione contribuirebbe a dimostrare coi fat-ti che non vi è contraddizione tra tutela del paesag-gio e sviluppo economico, ma che anzi uno sviluppoeconomico duraturo passa necessariamente attra-verso la tutela del paesaggio.

2. La presente seconda Comunicazione rispondeanch’essa, come la prima, a finalità eminentementepratiche, conformemente al metodo che EUROPANOSTRA predilige. Essa non suggerisce le linee del-l’indispensabile futura politica di maggior tutela delpaesaggio, ma si limita a porre in rilievo talune ge-nerali tendenze e incongruenze empiricamente ri-scontrate in Italia, le quali dovranno essere rimosseperché la futura tutela possa rivelarsi efficace. Spet-ta alle autorità italiane individuare ed eliminare lecause delle stesse. Apparentemente tali cause risie-dono, per l’essenziale, in una non sufficientementesviluppata coscienza sul valore del proprio paesaggio(soprattutto a livello locale) e nell’inadeguato coor-dinamento tra i vari settori e livelli della Pubblica Am-ministrazione preposta alla tutela.

Nell’intento di chiarire meglio la natura e la por-tata delle tendenze e incongruenze evidenziate, l’in-dicazione di ciascuna di esse è illustrata da un esem-pio concreto, scelto tra i molti che avrebbero potutoessere citati.

EUROPA NOSTRA non ignora che tendenze e in-congruenze simili siano riscontrabili anche in altriStati europei, ma ritiene che in Italia esse abbianocondotto e conducano a conseguenze particolar-mente gravi, non fosse altro a causa dell’ecceziona-le importanza quantitativa e qualitativa di quella par-te del patrimonio culturale europeo la cui responsa-bilità incombe all’Italia.

3. Tra le tendenze nocive riscontrate, la prima epiù importante consiste nel far ricorso ad interventi

frazionati, anziché concepire e realizzare piani di in-sieme, idonei a mobilitare, per ciascuna zona, la to-talità delle potenzialità della zona stessa; nonché latendenza a non prevedere, prima dell’intervento, l’a-zione consecutiva all’intervento stesso resa da questonecessaria.

Un esempio concreto e attuale di questa ten-denza puo riscontrarsi in Monteleone Sabino (Rieti),l’antica città romana di Trebula Mutuesca che lascomparsa via Cecilia collegava alla via Salaria. Il pae-saggio ancora scarsamente contaminato di Monte-leone Sabino possiede indubbiamente le qualità ne-cessarie perché la sua valorizzazione ne faccia il fat-tore centrale di sviluppo dell’intera zona: entro unacornice campestre di gran fascino, formata da ulive-ti, vigne e querce centenarie, tale paesaggio com-prende il caratteristico paese, importanti vestigia ro-mane, una chiesa romanica di straordinaria bellezzae spiritualità, e numerosi antichi casali colonici qua-si sempre in rovina.

È in corso di completamento uno scavo mirantea rendere più visibili i resti dell’anfiteatro romano, peril quale sono stati stanziati due miliardi di lire. Que-sto intervento circoscritto è, di per sé, più che posi-tivo. Senonché:– l’intervento non essendo collegato ad un piano

integrato capace di valorizzare l’insieme dellepotenzialità della zona, il risultato ottenuto po-trà forse attirare qualche studioso o qualche vi-sitatore di passaggio in più, ma non potrà con-durre, malgrado la relativa importanza delle som-me spese, ad un corrispondente beneficio per lacomunità locale in termini di sviluppo del turismoculturale (senza contare che la recinzione con re-te metallica dell’area degli scavi riduce sensibil-mente il precedente fascino paesaggistico dellazona);

– non sono previsti stanziamenti per le indispen-sabili sorveglianza e manutenzione dei reperti.

Di conseguenza l’intervento rischia di penalizza-re, anziché valorizzare, il « capitale » paesaggisticodella zona e, con esso, lo sviluppo economico dellacomunità locale. E le somme stanziate rischiano di es-sere state spese inutilmente.

Al contrario, un piano integrato, il quale faces-se convergere sulla zona, in tempi ravvicinati, uncomplesso di interventi complementari intesi alla va-lorizzazione economica del paesaggio (azioni di re-cupero e restauro del patrimonio archeologico e ar-tistico; azioni di incoraggiamento al restauro da par-te dei privati mediante prestiti agevolati, contributi,assistenza tecnica; predisposizione di strutture di ac-coglienza mediante destinazione ad albergo degli

Page 105: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

edifici esistenti che a ciò si prestano e mediante ac-coglienza presso l’abitante di tipo « bed and break-fast » o agrituristico; azioni di incoraggiamento al-l’artigianato locale; azioni di formazione per l’assi-stenza turistica; ecc.), condurrebbe indubbiamente aduno sviluppo economico nel contempo generalizza-to e durevole della zona, grazie ad un turismo cultu-rale non sporadico e giornaliero, ma costante e sta-bile. Il costo di un tale piano sarebbe superiore aquello di interventi isolati, ma realizzerebbe un inve-stimento, anziché dar luogo ad una spesa in massi-ma parte improduttiva.

4. Tendenza a privilegiare un vantaggio imme-diato, ma che compromette il paesaggio, anchequando la valorizzazione del paesaggio appare chia-ramente essere il fattore di sviluppo corrispondentealla vocazione della zona.

La valle del Taro, nell’Appennino parmense, puòfornire un esempio di tale tendenza.

La crisi dell’agricoltura di montagna ha condot-to ad uno spopolamento della valle ed ha reso pen-dolari le forze di lavoro ancora presenti, cui le indu-strie della pianura padana offrono più facilmenteun impiego. La notevole bellezza naturale della val-le, là dove non è già stata compromessa, e la relati-va vicinanza di città d’arte, offrono ancora una po-tenzialità importante per un turismo di tipo ecologi-co e culturale. Tale potenzialità appare essere, inol-tre, la sola via possibile per uno sviluppo economicoa lungo termine.

La recente costruzione di una superstrada, checorre lungo il letto del fiume e che si aggiunge ad unavariante della linea ferroviaria costruita anch’essa, supiloni di cemento, nel letto del fiume, favorisce lapendolarità facilitando l’accesso alla pianura (van-taggio immediato), ma compromette definitivamen-te, nella parte della valle attraversata, la vocazione disviluppo duraturo offerta dal paesaggio. Nella partedella valle non sacrificata (ma è già previsto il pro-lungamento della superstrada) manca un programmadi sviluppo basato sulla valorizzazione del paesaggio(e già negli anni ’80 gli investimenti importanti dovutiai PIM –Programmi Integrati Mediterranei- furonoorientati a fini diversi e non hanno lasciato alcunatraccia).

Un altro esempio è offerto, in Toscana, dalla pro-gettata superstrada Grosseto – Fano (detta «dei DueMari»).

Il progetto nuoce incontestabilmente alle carat-teristiche paesaggistiche della zona collinare di Val diChiana, una zona in cui tali caratteristiche sono par-ticolarmente rilevanti. Esso tuttavia, a quanto pare, èstato preferito a una variante che, correndo lungo

l’autostrada A1, eviterebbe il danno al paesaggio,ma comporta un percorso più lungo di pochissimichilometri ed un tempo di percorrenza superiore diqualche minuto.

5. Incongruenza dell’attitudine adottata in zonediverse, benché di simile valenza paesaggistica, ri-guardo a situazioni aventi analogo impatto sul pae-saggio.

Esempio: Nell’isola del Giglio, in cui le cave digranito furono fortunatamente abbandonate già nel-l’immediato dopoguerra, sono vietati perfino i mini-mi prelievi di granito (da parte dei due soli vecchi scal-pellini rimasti) necessari al restauro di immobili esi-stenti. In Sardegna, invece, le cave di granito conti-nuano a deturpare paesaggi eccezionali.

6. Frequente inadeguatezza dei piani regolatorinei Comuni ad elevata valenza paesaggistica.

Un esempio è offerto dal piano regolatore del giàcitato Comune di Monteleone Sabino. Il piano pre-vede una zona nella quale la superficie minima edi-ficabile è di qualche centinaio di metri quadrati enella quale vigono alcune prescrizioni circa le carat-teristiche cui gli edifici debbono conformarsi. Al difuori di tale zona, la superficie necessaria a chi vogliacostruire è di almeno un ettaro.

Le critiche a tale piano, generalizzabili ai piani delmaggior numero di Comuni, sono soprattutto le se-guenti:– nella zona destinata all’edificazione, le prescri-

zioni circa le caratteristiche degli edifici sono in-sufficienti ad assicurare costruzioni compatibilicon l’architettura tradizionale della zona e, per-tanto, con il paesaggio;

– nella stessa zona, la superficie sufficiente per co-struire, mantenuta al minimo nel lodevole in-tento di favorire gli acquirenti dei lotti, ha rag-giunto rapidamente, in virtù dell’elementare leg-ge della domanda e dell’offerta, lo stesso prez-zo che avrebbe avuto una superficie più ampia(con vantaggio, quindi, non per gli acquirentidei lotti, ma per i proprietari dei terreni lottizza-bili);

– al di fuori della zona destinata ad edificazione,non è fatta distinzione, per determinare la su-perficie minima, tra costruzioni nuove e restau-ro, con ampliamento, delle antiche costruzionirurali.

Risultato: nella zona di edificabilità, nascita diun quartiere di tipo cittadino, ad alta densità di co-struzione e privo di rispetto per le tipologie carat-teristiche del luogo; al di fuori, numerose antiche ca-

105

Page 106: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

se rurali di piccola dimensione in abbandono e in ro-vina.

Nel limitarsi a presentare alla Prima ConferenzaNazionale italiana per il Paesaggio comunicazioni dicarattere esclusivamente pratico, EUROPA NOSTRA sipropone di contribuire a far sì che la Conferenza

stessa, oltreché preludere alla necessaria revisionedegli strumenti normativi di tutela del paesaggio,possa anche, già nell’ambito della normativa vigen-te e con effetto immediato, condurre ad una ancorpiù necessaria miglior gestione del patrimonio pae-saggistico.

106

Page 107: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

107

Premessa metodologica (per definire il temaallo studio sotto il profilo del paesaggio)

Volendo esprimere in modo estremamente sinte-tico le peculiari caratteristiche della risorsa paesaggio,si può essere certi che esso: a) ha sempre una sua forma fisico spaziale (struttu-

ra), che in molti casi (non in tutti, ma quasi cer-tamente almeno in quelli già vincolati) si identi-fica con un bene culturale diffuso, in qualchemodo equipollente ad un centro storico (in ver-sione rurale) o in qualche caso addirittura costi-tuente un “paesaggio d’autore” firmato e data-to (sistemazioni paesaggistiche d’area vasta, giar-dini storici);

b) possiede una dinamica interna aperta, tuttoraoperante ed attiva, che assicura il suo funziona-mento e riproduzione, in quanto sopporta i costidi manutenzione e gestione, che in molti casi so-no di dimensioni rilevantissime, pur non essendoquasi mai espressamente indagati o riconosciuti;

c) è storicamente soggetto all’evoluzione e/o alcambiamento, alterazione e sovvertimento com-presi, con possibilità che questi ultimi riguardinosia il punto a) che il punto b).In sintesi, il paesaggio come risorsa non è sem-

pre e comunque un’invariante, da fotocopiare cosìcom’è per i secoli a venire e quindi in linea generaleconsente e prevede la possibilità (oggi come in pas-sato) di accogliere trasformazioni e manufatti. Que-sta constatazione tuttavia necessita di essere inqua-drata sempre entro il sistema di valori che il paesag-gio esprime, che dovranno essere oggetto di un’i-struttoria conoscitiva precedente o parallela all’in-tervento, in modo che le sue risultanze siano capacidi condizionarlo, allo scopo di raggiungere un buonlivello di integrazione fra opera prevista e contesto.Questa non sempre e necessariamente coincide conla mimesi o la negazione dell’opera o del manufatto,

ma comunque necessita, per andare a buon fine, diconoscere le caratteristiche di tessuto e di strutturadel paesaggio, sia per verificare la loro tollerabilità al-le variazioni ipotizzate, sia per gestire le relazioni,mitigazioni e raccordi mediante un opportuno pro-getto. Progetto di paesaggio, si badi, e non dell’o-pera, in modo che questa sia garantita dal miglior rac-cordo possibile con il contesto. Si tratta dunque di unrapporto dialettico, non di banali “rinverdimenti” di-sposti a posteriori.

Tutti sanno che il paesaggio dei dintorni di Fi-renze costituisce un luogo straordinario dove sorgo-no manufatti di altissimo pregio storico e architet-tonico, come le ville, i parchi e giardini, le torri, lechiese, le case coloniche e i manufatti di arredo “mi-nore”. Tuttavia, se ci limitassimo a farne l’elencotramite una schedatura, o a fornire notizie sulla lo-ro origine e storicità, nonostante lo stupore per tan-ta ricchezza, perderemmo molto del significato delpaesaggio come tessuto complesso, come sistema disegni, come valore d’insieme capace di fornire mes-saggi che nessuno dei beni localizzati citati esprimeda solo.

E infatti ciò che contraddistingue il paesaggio to-scano come bene culturale è proprio la tessitura, il pa-linsesto, la trama del disegno, l’architettura dello spa-zio, che non è fatta solo di insediamenti come le vil-le le case e le chiese, ma è fatta soprattutto da lineedi tensione coordinate ed interagenti in un tutto uni-co, dovute alle molte centinaia di segni intrecciati cheuna società rurale millenaria ha prodotto lungo il cor-so della storia, ovvero: – le strade di crinale– la rete dei sentieri e dei percorsi poderali e vicinali– le prode, in qualche caso ancora affidate a muri

a secco– gli allineamenti dei filari delle piantagioni, con

particolare riguardo a viti e olivi– i boschi ripari lungo i corsi d’acqua

Guido FerraraUniversità degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura Presidente dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio (AIAPP)

Osservatorio ambientale quadruplicamento ferroviario Bologna Firenze

Page 108: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

108

– la connettività dei boschi lungo le pendici piùimpervie

– l’equipaggiamento del paesaggio messo in ope-ra per “necessità” estetica, per puro diletto, sen-za finalità produttive, come i grandi viali albera-ti, le piantagioni isolate di cipresso…

In tutto questo si avverte una finalità esteticaconsolidata, costruita da un autore collettivo sa-piente.

Ma non è ancora tutto.Il paesaggio è percezione sensoriale (non solo vi-

siva, anche se è soprattutto visiva) che deve essereesplorato sotto il profilo dei seguenti connotati: – i crinali– i fondovalle percorsi dai corpi d’acqua– le emergenze architettoniche– le barriere e i filtri– il movimento altimetrico– le grandi vedute consentite dalle linee di percor-

renza.Questi elementi determinano una rete nella re-

te, creando una straordinaria possibilità di fruizionepercettiva, che costituisce un bene culturale ag-giunto.

E infine il paesaggio è anche un mosaico di eco-sistemi il cui equilibrio è assicurato dagli scambi di-namici che riguardano tutti gli esseri viventi che lo abi-tano, ovvero piante e animali che interagiscono con-tinuamente. Così, l’ecomosaico della campagna to-scana è una costruzione “architettonica” fatta so-stanzialmente da diverse popolazioni di esseri viven-ti, un giardino esteso a livello geografico, un luogo po-licentrico diffuso, composto di tante tessere ognunadelle quali ha un proprio stato di equilibrio. O di squi-librio, naturalmente.

Perché nulla vieta che in questo contesto già sus-sistano forme di inquinamento e di destrutturazione,o addirittura di degradazione irreversibile sui tre si-stemi di valori precedentemente descritti, ovvero: – i valori storico insediativi– i valori percettivi o valori visuali– i valori ecologici.

Le cause più diverse possono aver prodotto gua-sti, che è sempre opportuno diagnosticare e ricono-scere, perché nulla teoricamente impedisce che gliinterventi futuri possano eliminarli.

Ora il nostro problema è: Cosa succede quando in questo tessuto fatto di

tensioni interagenti arriva qualcosa di inedito e di in-congruo per forma, per dimensione e per funzione?Qualcosa che non risulti dagli atti di gestione conser-vativa di chi quel territorio lo abita ma che derivi dadecisioni sovraordinate, esogene, inevitabilmente so-vrapposte al contesto?

La tesi di queste pagine è molto semplice: unatrasformazione fondata sull’ignoranza del paesaggiogenera conflitti irrisolti e perdita di opportunità e di va-lori, mentre una trasformazione controllata (“inte-grata”), basata sulla struttura del paesaggio e sulladiagnostica preventiva ricerca e trova di norma le so-luzioni più opportune. E questo a Firenze è vero perle colline di Scandicci che sono percorse da fasci dielettrodotti ENEL ad alta tensione, o dalla valle del-l’Ema all’Impruneta che è in attesa di conoscere la so-luzione della terza corsia dell’Autostrada del Sole odella valle della Sieve, per la quale la TAV propone l’u-nico impegnativo attraversamento a cielo aperto del-la tratta Bologna-Firenze: tutti progetti non indolori,tutti progetti che non risulta abbiano preventivamen-te operato una specifica indagine diagnostica dei va-lori del paesaggio interessato e conseguentemente sipropongono all’attenzione degli Enti locali e degliabitanti mancanti di uno specifico progetto di mini-mazione e integrazione delle opere.

Dal mio punto di vista, che è soltanto quello di uncultore della materia, ciò che manca in questi casi è lostudio delle diverse componenti del paesaggio in sé,come luogo deputato al controllo delle trasformazio-ni, come contesto costituito da tessuti e da reti sen-sibili in cui è oggi inaccettabile anche in Italia (comeaccade da molti decenni in tutti i paesi industrializza-ti) che opere fuori scala vengano progettate senzaaver valutato le diverse alternative e senza aver pre-ventivamente analizzato: – la struttura portante del paesaggio– il valore culturale ed estetico delle componenti– il funzionamento e le regole di riproduzione.

Il progetto della TAV sulla Sieve

La prima conseguenza della precedente pre-messa è che non avendo il progetto alcun elabora-to di tipo analitico-diagnostico sul paesaggio diret-tamente coinvolto dall’opera, non è possibile cono-scere in anticipo – a livello tecnico-scientifico – co-me le sue componenti potranno reagire all’inter-vento. Si è giustamente richiesto che il viadotto fos-se il più possibile vicino al suolo, con una soluzioneche attenui il contrasto visivo conseguente, ma po-co o nulla sappiamo degli allineamenti planimetricia livello geografico o alla scala locale, poco o nullasull’esistenza e sulla distribuzione dei valori sopraci-tati, con una evidente difficoltà nel formulare ungiudizio di merito.

Non è escluso che la Val di Sieve nel tratto con-siderato sia poco coinvolta da vincoli sostanziali equindi che il rischio di “inquinamento” strutturale evisivo del paesaggio sia non rilevantissimo, ma non

Page 109: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

109

* * *

c’è dubbio che il progetto dell’intervento resta man-cante di un elemento fondamentale, che è costitui-to dalle specifiche opere di minimazione e ottimiz-zazione paesaggistica. Infatti, a questo proposito, glielaborati di “inserimento ambientale” compresi nelprogetto costruttivo1 e presentati in Conferenza deiservizi 1995 non appaiono soddisfacenti, anche per-ché la disposizione planoaltimetrica delle specie ve-getali proposte appare palesemente priva di relazio-ni e non collegata con il reticolo dei campi e l’orga-nizzazione strutturale del paesaggio circostante, erischia perfino di aggravare l’incombenza e l’isola-mento ambientale della macro struttura costituitadal viadotto e dal ponte.

Sembrerebbe invece possibile ed opportuno ope-rare nuove piantagioni con finalità ricostruttive dellereti ecologiche, della connettività e del disegno strut-turale del contesto d’area vasta circostante, entro cuiil cantiere TAV ha specifiche responsabilità per gli in-terventi da effettuare per motivi idraulici o di riasset-to ambientale.

Una considerazione a parte merita il ponte, la

cui emergenza nel paesaggio costituisce evidente-mente una scelta, ma che per essere condivisa do-vrebbe introdurre nuovi valori (architettonici, co-struttivi, estetici) al contesto interessato, non pro-porre solo imponenza ed elementi fuori scala ri-spetto al contesto.

Per quanto visto, si osserva che le carenze ri-scontrate non sono insuperabili, una volta che si in-tenda responsabilmente decidere di affrontarle. Per-tanto si propone che l’Osservatorio Ambientale or-ganizzi una commissione ad hoc perché il progettosia speditamente provvisto delle elaborazioni man-canti, in modo che il progetto di inserimento pae-saggistico di questa importante opera possa dimo-strare la considerazione dei fattori di stato attual-mente ignorati.

NOTE

1 Cfr. Simulazioni fotografiche Viadotto Sieve, paragrafo “In-serimento ambientale” comprensivo di un elenco di 32 specie ar-boree e 22 specie arbustive da porre a dimora a fianco dell’opera.

L’iniziativa del Ministro Melandri rientra fra quellea lungo invocate dall’AIAPP e pertanto esprimiamo tut-to il nostro apprezzamento e ci dichiariamo disponibilia supportarla con ogni mezzo. Peraltro essa appare lo-devole negli obiettivi e nel metodo proposto, in quan-to non solo tenta di rimettere al centro dell’attenzioneculturale del Paese un tema che da lustri naviga nellamarginalità e nell’incertezza, ma ha anche l’intenzionedi riproporre in diversa luce i caratteri istituzionali vigenti.Pur con tutta la prudenza invocata da Bernardo Secchi,non si può infatti non rilevare in proposito che: – La legislazione di inquadramento vigente (L.

1089/39 e L. 1497/39) è stata concepita quandola legge urbanistica non esisteva. Questa nel frat-tempo non solo è divenuta il canale obbligato peril controllo dell’uso del suolo, ma è stata ancheoggetto di numerosissime revisioni (senza natu-ralmente escludere quelle tuttora allo studio), e in-fine è stata recepita da parte delle diverse Regio-ni con formule alquanto diverse, tanto che parla-re di “urbanistica” in Trentino, in Sicilia o in To-scana non è esattamente la stessa cosa. A granvoce tuttavia si pretende che le istituzioni riguar-danti il paesaggio debbano invece integrarsi aquesta variabilità sia spaziale che temporale. Ècurioso notare che a fronte di questo ribollire del-l’iniziativa legislativa riguardante l’urbanistica, leleggi di tutela del paesaggio si trovino invece ad

essere ingessate nei loro principi ormai obsoletiimmobili esattamente da 60 anni, ignorando glienormi passi avanti sul tema compiuti dalle poli-tiche di gestione territoriale riguardante il pae-saggio promosse da Enti Parco, Autorità di Baci-no, Regioni, Province (con particolare riguardo diquelle a statuto speciale) e Comuni.

– Ad avviso dell’AIAPP questa situazione non è piùsostenibile: infatti sia nei contenuti che nel lessi-co usato l’ordinamento giuridico vigente appareincerto e non rispondente ai problemi sul tappe-to. Esso da tempo non risponde ai molti argo-menti e temi su cui (ad esempio) l’incontro odier-no si è ampiamente intrattenuto, a partire dalla re-lazione di apertura del Ministro, o con riferimen-to alla Convenzione Europea del Paesaggio, sot-toscritta anche dall’Italia, a cui la nostra Associa-zione ha fornito a suo tempo contributi direttitramite l’IFLA (International Federation of Land-scape Architects) e l’EFLA (European Foundationof Landscape Architecture).

In conclusione, la vera e propria azione istituziona-le sul paesaggio in Italia appare oggi labile, tecnica-mente indefinita e sostanzialmente privata di strumen-ti operativi concreti e certi, in grado di operare non so-lo a livello regionale o di gestione puntuale dei vincoli,ma anche alle altre scale in cui si deve correttamente

Page 110: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

esplicare il controllo dell’uso del suolo, pena il suo so-stanziale fallimento.

Per le peculiari caratteristiche del paesaggio, l’im-posizione e gestione dei vincoli su quelli giudicati dipregio storico-ambientale è una condizione necessaria,ma non sempre essa è sufficiente alla prevenzione deiconflitti e quindi al raggiungimento della tutela effetti-va e anzi, come è stato notato anche in questa sede, es-sa stessa è causa di conflitti ulteriori, non sempre utili al-la conservazione, ma anzi in qualche caso solo al suocontrario.

Per questi motivi noi riteniamo che vada riaffermatal’identità e la specificità disciplinare della pianificazionedel paesaggio in sé, per quanto opportunamente inte-grata, trasversale e sinergica con la pianificazione terri-toriale urbanistica, soprattutto per quanto riguarda lemisure adatte alla gestione e allo sviluppo nel tempo del-le risorse riproducibili.

Riteniamo pertanto una battaglia degna di migliorcausa quella di continuare a chiedere la banale coinci-denza/identità fra paesaggistica e urbanistica, mentre cisembra praticabile e più corretta una impostazione di-sciplinare integrata, meglio se con riferimento ad un rap-porto di partnership di tipo dialettico, dove sia cioè di-stinguibile l’apporto delle diverse componenti conosci-tive e strumentali (discipline tecnico-scientifiche), nonnecessariamente sempre allineate e concordi rispettoagli obiettivi conclamati.

Siamo altresì consapevoli del fatto che l’atto del pia-nificare il territorio, ancorché rivolto al paesaggio, attienesostanzialmente alla prevenzione delle situazioni di cri-si, non ancora alla loro soluzione effettiva “a regime”.Infatti è la progettazione del paesaggio a costituire og-gi in Italia un altro capitolo inevaso e sostanzialmenteinesplorato nella prassi corrente a cui va soggetta lacostruzione e ricostruzione del territorio. Non credo didire una cosa nuova se affermo che in tutti i paesi in-dustrializzati della terra, dall’Argentina alla Slovenia,dal Canada alla Corea del Sud, il tecnico investito di-rettamente di questa responsabilità è l’architetto delpaesaggio.

E per esemplificare sul tema, vi ripropongo l’inter-rogativo che ho sentito serpeggiare in alcuni degli in-terventi che mi hanno preceduto (per esempio Annali-sa Maniglio Calcagno, Mario Ghio), ovvero: chi è at-tualmente nella prassi corrente il responsabile tecnico-scientifico del progetto del paesaggio conseguente edimplicito alle strade e autostrade, agli elettrodotti, alledighe, alle antenne e ripetitori, alle forestazioni, allegrandi e profonde trasformazioni agrarie, agli insedia-menti diffusi e puntuali? Troverete certamente sempreun architetto, un ingegnere, un agronomo responsabi-li del manufatto o degli interventi a rete oggetto dellatrasformazione, ma di norma non troverete un respon-sabile tecnico per il tema del paesaggio, che invece è il

risultato conclusivo e primario (la centralità del tema in-vocata dal Ministro) che sarà sotto gli occhi di tutti adopera eseguita. E per questa figura tecnica, definibile co-me “paesaggista”, intendo qualcuno che si faccia cari-co di verificare la sostenibilità globale dell’intervento ri-spetto ai tre fattori prima citati e che quindi assuma ilruolo di garante e di responsabile della struttura-fun-zionamento-evoluzione (in positivo) del paesaggio. Inqualche caso, eccezionalmente, egli è presente ma conun ruolo marginale, spesso a posteriori e a copertura,mentre solo nei casi esemplari (che in quanto eccezio-ni confermano la regola) sarà stato coinvolto in modo“integrato”.

L’AIAPP da tempo si fa portatrice dell’istanza chequesta responsabilità da straordinaria diventi ordinariae che sia affidata specificatamente a tecnici e specia-listi che il paesaggio l’abbiano studiato propriamenteda tecnici e da specialisti, anche indipendentementedalla loro professionalità originaria, superando lo sta-to di competizione fra le varie titolarità professionali,spesso spinta al limite dell’indecenza. Preciso che la no-stra richiesta non intende implicare direttamente i no-stri associati, che sono pochi e di cui peraltro abbiamoaccertato i livelli di specializzazione spesso assai di-versificata, ma il quadro generale dell’esercizio delleprofessioni tecniche in Italia, dato che non appare piùaccettabile che tutti si possano dichiarare indiscrimi-natamente paesaggisti, ovvero che di fronte a questepeculiari caratteristiche del problema, la vera discipli-na da richiamare sia soltanto la genericità e la “tutto-logia”. Per ancorarsi a qualcosa di concreto e di im-mediata attuazione, noi pensiamo che gli architetti, gliingegneri, gli urbanisti, gli agronomi, ecc., dovrebbe-ro essere stimolati ad indicare con certezza alla loroclientela pubblica e privata quali fra loro abbiano ef-fettivamente compiuto significative esperienze in que-sto campo e siano quindi qualificabili come “paesag-gisti certificati” dalla stessa categoria di appartenenza,in modo che nell’immediato si possa procedere entroquella rosa di competenze, con una certa garanzia diqualità nei risultati attesi.

Con diretto riferimento a questi temi, Mario Ghioe Annalisa Maniglio Calcagno molto opportunamenteci ricordavano poco fa che i tecnici che il paesaggio lomanipolano di continuo, ordinariamente neppure san-no che esista il problema. Noi pensiamo che questo li-vello di “piccola barbarie paesaggistica” deve essererapidamente superato: toccherà naturalmente alla scuo-la proporre i vari livelli di specializzazione per i tecnici giàformati o proporre nuovi titoli di studio per quelli da for-mare ad hoc.

In conclusione, la Conferenza di ottobre, comeconfronto aperto a 360°, sembra costituire una grandeopportunità per il Paese per uscire dalle proprie difficoltàin un settore tenuto fino ad oggi in stato di soggezio-

110

Page 111: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

111

Nel documento di base della Commissione, in lineagenerale molto ben articolato e condivisibile, si rileva uncerto livello di possibile “buonintenzionismo” che puòpeccare di astrazione, ogni volta che in esso si fa riferi-mento a “incentivare”, “potenziare”, “migliorare”,“promuovere”, senza entrare nel merito (per ora, evi-dentemente) di ciò che occorre per ottenere in pratical’obiettivo: e questo vale in una lettura trasversale deidieci temi di proposta, dal punto a) al punto j).

Mi propongo pertanto di formulare qui un’ipote-si empirica e pragmatica, che parte dalla constatazio-ne che nella prassi corrente ogni intervento sul territo-rio, dall’irrigazione agli elettrodotti, dai rimboschimen-ti alle attività estrattive (senza parlare dell’edilizia), pro-pone comunque delle ricadute dirette sul paesaggio, fi-no a costituirne in qualche caso le linee evolutive anchea lungo termine (nel bene o nel male), operando tra-sformazioni strutturali che – con riferimento specificoalla prassi corrente in Italia – in generale sono “figlie dinessuno”, ovvero sono operate al di fuori di una istrut-toria di tipo tecnico capace di conferire al paesaggio unsignificato centrale e strategico, e come tale non su-balterno rispetto agli altri fattori (funzionali, urbanisti-ci, sociali). Ovvero: senz’altro per ogni opera sarà at-tualmente individuabile un progettista (della cava, delrimboschimento, dell’elettrodotto), mentre sarà bendifficile trovare qualcuno che sia direttamente respon-sabile, in modo circostanziato e professionale, del pro-getto di paesaggio inevitabilmente collegato all’operaconsiderata.

In altri termini si può tranquillamente affermare chenell’esperienza italiana il percorso classico di analisi / dia-gnosi / cura è praticamente inevaso rispetto al paesag-gio e in modo sostanzialmente anomalo rispetto a quel-lo che accade non solo in Europa ma nella stragrandemaggioranza dei paesi industrializzati del mondo. Au-spico quindi la necessità che le opere che hanno rilevantiricadute sull’assetto del paesaggio siano fornite sempredi un’apposita istruttoria tecnica che si faccia carico: – dell’analisi diagnostica preventiva del contesto che

riceve l’intervento;

– delle verifiche delle trasformazioni indotte e dellaloro compatibilità col punto precedente;

– del progetto di paesaggio vero e proprio, che nonprovveda solo alle minimazioni e mimetismi a po-steriori (in subalternità rispetto ad altre esigenze),ma che sappia dimostrare che l’intervento: a) non disturba o modifica in modo distruttivo le

risorse e i valori esistenti (dopo averli identifi-cati e descritti);

b) può produrre nuovi valori che possono essereanche più elevati rispetto a quelli antecedenti.

La accensione di una specifica responsabilità di pro-gettazione del paesaggio compete direttamente a coloroche l’intervento lo promuovono (e quindi senza costi ag-giuntivi per la collettività), che evidentemente sarannotenuti ad affiancare il progettista dell’opera di trasfor-mazione con un garante, un responsabile, un esperto,uno specialista di paesaggio, in grado di asseverare chel’opera in questione al paesaggio o non fa del male o ad-dirittura introduce elementi migliorativi.

Come dicevo, questa proposta vuol essere empiri-ca e speditiva, dato che senza alcun dubbio essa può es-sere trattata alla stregua di quanto da tempo si prevede,ad esempio, per il responsabile della sicurezza nei can-tieri, già in uso nella prassi corrente a seguito dell’ap-provazione del D.L. 14.8.96 n. 494. Questo evidente-mente comporta delle ricadute sugli ordinamenti vigen-ti, per cui si raccomanda che questa indicazione vengaopportunamente segnalata anche alla Commissione.

In conseguenza di quanto sopra propongo che nelpunto J del documento di base si aggiunga un minu-scolo ed apparentemente innocuo punto “j – Rendereobbligatoria nella prassi ordinaria la individuazione diuna responsabilità tecnica del progetto di paesaggioper ogni trasformazione significativa dello stato originaledei luoghi, che asseveri la sostenibilità delle trasforma-zioni proposte”. Inoltre, il punto a5 (che attualmentesuona “incentivare la progettualità”) potrebbe essere in-tegrato come segue: “integrare la progettualità delleopere ordinarie con responsabilità tecnico-specialisti-che riguardanti il paesaggio”.

Contributo al documento della Sessione “Paesaggio e sviluppo sostenibile”

* * *

ne e marginalità. L’AIAPP si propone pertanto di fornireuno specifico contributo sui molti e pertinenti interro-gativi proposti nella relazione di apertura dal Ministro. Es-sa pertanto è lieta di mettere a disposizione fin da oggialla Segreteria della Conferenza i materiali pregressi pro-

dotti sul tema specifico in Convegni, Conferenze e Ta-vole Rotonde sia a livello nazionale che internazionale,con particolare riguardo a quanto a suo tempo predi-sposto per il 33° Congresso Mondiale dell’IFLA e pub-blicato negli Atti.

* * *

Page 112: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Si fornisce un contributo specificatamente miratoallo sviluppo del punto 5 del documento di base.

Il paesaggio di una regione data è fondamental-mente costituito dal sistema degli spazi aperti entro cuii fattori insediativi antropici possono costituire il dise-gno, l’equipaggiamento e l’arredo. Com’è noto, essopuò essere definito e descritto in molti modi, in quan-to non è un oggetto, non è chiuso nello spazio e nonè statico nel tempo, mentre al tempo stesso è un ar-chivio vivente di natura e cultura, un palinsesto stori-cizzato, un mosaico polimaterico e policentrico, unatrama portatrice di risorse, che sarebbe bene sotto-porre anche in Italia a censimento ed inventario (se-condo modalità da approfondire ad aggiornare neltempo), in modo che esse fossero identificabili e mi-surabili in termini di valore, e come tali rese evidenti aidiversi operatori, tenendo soprattutto conto degliaspetti: a) ecologico-ambientali e/o naturalisticib) storico-insediativi e/o architettonicic) visuali-percettivi e/o dell’aspetto sensibile.

Ognuno di questi aspetti può essere evidenziato at-traverso la scelta di opportuni indicatori. Nessuna ca-ratteristica settoriale o disciplinare costituente risorsadel paesaggio è comunque di per sé superiore alle al-tre e pertanto tutte dovranno essere collezionate, ana-lizzate e censite tramite opportune schedature e car-tografazioni.

In particolare, l’arcaico concetto di “bellezza na-turale” contenuto nella L. 1497/39 può essere attua-lizzato in quello di “valori visuali”, sulla cui analisispecifica esiste un’ampia letteratura a livello nazionaleed internazionale1. Non si dimentichi quindi il bam-bino nel gettar via l’acqua sporca di una definizioneobsoleta.

I dati riguardanti il paesaggio possono essere or-ganizzati in banche dati rese permanentemente acces-sibili e disponibili a operatori, professionisti, funzionarie studiosi. Le banche dati possono essere costituite a li-vello regionale, provinciale e comunale, come raccoltaistituzionalizzata dei materiali analitici necessari alla re-dazione dei piani di assetto territoriale previsti dalla leg-ge ordinaria ai vari livelli e alle varie scale di approssi-mazione e lettura. Le banche dati riguardano le condi-zioni di stato di tipo fisico-ambientale sia attuali che sto-riche. Le banche dati possono riguardare la preventivavalutazione della sensibilità del paesaggio rispetto alletrasformazioni.

Il paesaggio deve essere altresì considerato comeluogo di possibile cambiamento e trasformazione, oper interventi attivi o per mancanza di supporto ge-stionale dei fatti riproduttivi del paesaggio stesso(per es. quello agrario o storico/culturale). Sarebbe as-sai utile poter disporre di un’analisi del variare dellerisorse del paesaggio (di cui ai precedenti punti a-c)

nel tempo, meglio se facendo riferimento a date si-gnificative della trasformazione dei fattori socio-eco-nomici (per esempio 1940-1970-oggi). Questo eser-cizio permetterebbe altresì di prevedere l’assetto pae-saggistico del contesto territoriale studiato nell’im-mediato futuro, sia nel caso che non si operassero in-terventi, sia nel caso opposto: il confronto degli in-dicatori di stato ci consentirebbe un controllo delletrasformazioni ben più probante di quello che acca-de oggi.

Per quanto attiene i suggerimenti che possono sca-turire dalla Commissione per un aggiornamento delcorpus normativo-istituzionale si ribadisce che:a) ogni livello di pianificazione ordinaria (a livello re-

gionale, provinciale, comunale, locale) dovrebbeessere appoggiato e nutrito da un’opportuna pia-nificazione paesistica, che avesse in prima istanzail compito dell’analisi diagnostica precedentemen-te illustrata, con la predisposizione di idonee ban-che dati;

b) ogni singolo intervento capace di avere delle tra-sformazioni e delle ricadute sul paesaggio dovreb-be essere affidato ad un’idonea progettazione spe-cialistica sul paesaggio stesso, da condurre in pa-rallelo (ed eventualmente in contraddittorio) con laprogettazione tecnica dell’opera in sé (per es. elet-trodotto). L’attività e/o responsabilità della progettazione

del paesaggio attiene in modo assai circostanziato al-la nostra tradizione storica, sia per interventi d’area va-sta (dalla centuriatio romana alle sistemazioni agrariedei primi di fine ‘800) che per interventi diretti di si-stemazioni localizzate (cfr. le migliaia di giardini stori-ci e sistemazioni paesaggistiche “d’autore” che quasiogni regione italiana possiede): si può affermare anziche in Italia fino all’inizio del XX secolo una vera preoc-cupazione per gli effetti distruttivi delle trasformazio-ni non aveva ragione di esistere, dal momento che laconsiderazione del paesaggio era in qualche modoimmanente ad ogni trasformazione2, in modo implici-to o esplicito.

A mio avviso appare abbastanza sorprendenteche in un contesto come quello della Prima Confe-renza Nazionale per il paesaggio non sia pratica-mente presente la parola “giardino”, che costituisceil luogo del paesaggio che accoglie l’atto proget-tuale più mirato, deciso e finalizzato a creare un“bene culturale” e che evidentemente si fa sempree comunque carico del problema dell’inserimentoambientale e paesaggistico di ciò che lo motiva (peresempio una villa, un parco giochi, un centro spor-tivo, ecc.). E questo evidentemente non da oggi, madai giardini pensili di Babilonia all’ultimo Garden Fe-stival che qualche città europea ha prodotto di re-cente.

112

Page 113: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

In questa comunicazione, pertanto, si rivendica lanecessità della progettazione del paesaggio integrata aquella degli interventi fisici sul territorio che siano ca-paci di modificarlo, fino a giungere alla opportuna (etalvolta necessaria) progettazione del giardino, datoche evidentemente si tratta di due facce dello stessoproblema.

NOTE

1 Per esempio, durante i lavori della Conferenza è stato notatoche l’inserimento di un solo edificio (o addirittura la coloritura di una

facciata di un edificio esistente) in modo difforme da un centro sto-rico retrostante è sufficiente a creare una forma di inquinamentopaesaggistico. Questo attiene sicuramente ai valori visuali, può o me-no interessare anche quelli storico-architettonici, mentre non afferiscea quelli ecologici. Questa riflessione comporta anche una critica neiconfronti della necessità di affrontare in Commissione il capitolo del“paesaggio dei centri storici”, in quanto questo aspetto appare comeun problema nel problema, che non può essere impostato e risolto inassenza della considerazione a monte del fattore paesaggio, inteso co-me risorsa complessa e globale.

2 Paradossalmente, la crisi del paesaggio italiano nasce con laspecifica legge del 1922, che com’è noto ha costituito l’archetipo del-la vigente legge 1497/39, dove si precisava senza pudore che “le bel-lezze panoramiche””non possono essere distrutte né alterate senzail consenso del Ministero.”

113

Page 114: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

114

1. Esistono in Italia le condizioni per una svoltastrategica necessaria a rinnovare metodi, strumenti enorme della tutela dei paesaggi italiani e del governodelle loro trasformazioni.

Questa svolta è resa possibile da una grande tradi-zione di Enti, Istituti e Associazioni che, con le loro ini-ziative educative e culturali, con le loro battaglie d’ideehanno contribuito alla diffusione di nuove sensibilitàverso la natura e verso la memoria. Questa tradizione èstata affiancata, nell’ultimo quindicennio, dentro e fuo-ri dall’università, da ipotesi di adeguamento e di speri-mentazione dell’attrezzatura conoscitiva, operativa enormativa per la salvaguardia e la valorizzazione deipaesaggi in tutto il territorio nazionale.

Studiosi, operatori, uomini di scienza e di legge,hanno deciso di incontrarsi e confrontarsi in un forume di promuovere, in collaborazione tra loro, anche in vi-sta della Conferenza che il Governo intende organizza-re nel prossimo ottobre, una serie di iniziative scientifi-che, editoriali ed espositive che contribuiscano a ripor-tare la questione dei paesaggi italiani al centro del di-battito politico e culturale del Paese.

2. Il forum ha cercato di raccogliere e confrontarei molteplici esiti di questo lavoro per: a) offrire materiali e proposte sulle linee generali di

una grande campagna di alfabetizzazione verso ipaesaggi e di una riforma delle norme legislative;riforma che, consolidando il principio invalicabile,fissato dalla Costituzione, della tutela del paesag-gio come compito della Repubblica, sappia utiliz-zare strumenti capaci di guidare il processo di mo-dificazione al quale i paesaggi sono sottoposti;

b) migliorare l’intesa multidisciplinare sui concetti fon-damentali attinenti alla sfera del territorio (ammi-nistrazioni, catasti topografici, usi); alla sfera del-l’ambiente (strutture idrogeologiche, ecosisteminaturali); alla sfera del paesaggio (forme, identità,percezioni);

c) fare il punto su quanto si pensa e quanto si fa in Ita-

lia per conoscere, salvaguardare e valorizzare il pa-trimonio di memoria e di natura costituito dai no-stri paesaggi;

d) promuovere idee e delineare sperimentazioni cheappaiano utili ad una svolta strategica, teorica epratica, fondata sul presupposto che tutela, salva-guardia, valorizzazione e gestione sono aspetti in-tegrati, reciprocamente indispensabili di un effetti-vo buongoverno delle trasformazioni dei paesaggiitaliani;

e) offrire agli operatori, agli specialisti, ai responsabi-li, un’occasione di confronto e di informazione sul-le esperienze paesaggistiche, sulle scuole, sulle ri-cerche, sulle iniziative editoriali e di comunicazione,anche in rapporto con le altre esperienze europee.

3. Il forum è stato organizzato in sei sessioni te-matiche e una tavola rotonda conclusiva. Ogni sessioneè stata aperta e chiusa da un coordinatore e, dopo le co-municazioni dei relatori, è stato dato spazio all’inter-vento dei partecipanti. Prima dell’inizio delle sessioni siè svolta un’apertura a cura di Gherardo Ortalli e Rossa-na Bettinelli nella quale è stato ripercorso il lavoro pre-paratorio e sono stati delineati gli obiettivi generali delforum.

La sessione Idee e parole-chiave per capire i pae-saggi, coordinata da Eugenio Turri, con relazioni di Fran-cesco Corbetta, Ernesto Guidorizzi, Giuseppe Papagno,Carlo Socco, Maria Chiara Zerbi, ha compiuto una ri-cognizione nell’ampio dibattito contemporaneo. È sta-ta rilevata una persistente varietà di linguaggi e di si-gnificati ed è stato individuato un nucleo centrale di ri-ferimenti, di aggiornamenti e di conquiste del “pensa-re e agire” per i paesaggi, all’intersezione tra campi e di-scipline. È emersa l’esigenza comune a tutte le comunitàscientifiche e operative di articolare e distinguere il con-cetto di territorio da quello di ambiente e da quello dipaesaggio. Tenuto conto che il concetto di paesaggio è– nella storia delle idee degli ultimi due secoli – un con-cetto polisemico, importante punto d’intesa tra varie di-

Fondazione Benetton Studi e RicercheDomenico Luciani

Per una “Carta” dei paesaggi italiani*

Page 115: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

scipline è apparso il legame tra l’idea di paesaggio e l’i-dea di identità, fino ad aprire un’ipotesi di studio sul luo-go come individuo. Questo legame è necessario alle di-verse comunità di studiosi e di operatori; è, più in ge-nerale, utile alla formazione di una adeguata sensibilitàcollettiva, di nuovi comportamenti individuali e di più si-cure consapevolezze e responsabilità sociali; è infine in-dispensabile per conoscere e fissare i limiti di compati-bilità e di sostenibilità delle trasformazioni, vale a dire perdefinire il programma di governo delle trasformazioni.

La sessione sulle Fonti e documenti per conoscerei paesaggi, coordinata da Lucio Gambi, con relazioni diGiovanni Banchini, Maurizio Bossi, Pierluigi Dall’Aglio,Massimo Quaini, Gilmo Vianello, ha posto in luce laparticolare stratificazione e ricchezza del patrimoniodocumentario, cartografico e iconografico conservato edisponibile nel nostro Paese, così come i molteplici pro-blemi di indagini sui fondi, di riordino e di valorizzazio-ne dei depositi, di interpretazione critica delle informa-zioni contenute nei documenti, di continuità e di ag-giornamento delle ricognizioni.

È emerso il pericolo di una deriva banalizzante del-la cartografia tecnica contemporanea ed è stata pro-posta l’ipotesi di un profondo rinnovamento delle car-te dei paesaggi, con un uso intelligente delle nuovetecnologie.

La centralità della geografia nell’ordinamento sco-lastico italiano è emersa come una delle basi per unanuova campagna di alfabetizzazione sui paesaggi.

Si è così delineata una proposta relativa al rinno-vamento della pubblicistica (atlanti, guide) e in genera-le alla educazione e divulgazione della storia e dellageografia dei nostri paesaggi.

La costituzione di centri archivistici e museali loca-li che raccolgano fonti e documenti sulle trasformazio-ni territoriali, ambientali e paesaggistiche ha trovato unprimo momento di documentazione e di confronto.

La sessione sui Metodi e sperimentazioni per ope-rare nei paesaggi, coordinata da Domenico Luciani, conrelazioni di Umberto Bagnaresi, Mariapia Cunico, Ro-berto Gambino, Francesco Lechi, Annalisa Maniglio Cal-cagno, ha permesso un confronto diretto tra diverse me-todologie operative, attitudini professionali e ipotesiformative. È emersa un’ampia diversificazione tra pro-blemi e prospettive degli interventi nella città, in parti-colare nella “nuova città” (periferie, città diffusa) e, dal-l’altra parte, problemi e prospettive degli interventi neipaesaggi dell’agricoltura e, in generale, nei grandi spa-zi aperti non urbani.

La riflessione si è concentrata sull’esigenza di unaradicale distinzione tra progetto architettonico (pas-saggio dal disegno alla realizzazione in tempi brevi e mo-di definiti), piano urbanistico (previsione delle funzionie degli usi del territorio), disegno/programma paesag-gistico (definizione delle cose da fare per dar forma e vi-

ta a un luogo in tempi lunghi e modi processuali). Diconseguenza è apparsa urgente la formazione di figu-re professionali peculiari, i paesaggisti, capaci di coor-dinare la vasta tastiera di specialismi pertinenti nellacontinuità tra conoscere e intervenire.

È emersa la rivendicazione delle arti e delle scien-ze contemporanee a misurarsi con l’operatività e la pro-gettualità nei paesaggi, potendo immaginare e realizzaremodificazioni qualitative coerenti con le loro identità,con committenze e concorsi così come avviene in altriPaesi europei.

Nella sessione dedicata alle Interpretazioni, imma-gini e parole per comunicare i paesaggi, coordinata daFabrizio D’Amico, sono stati proiettati alcuni densi spez-zoni televisivi raccolti da Nino Criscenti e commentati daacute riflessioni di Andrea Zanzotto con una testimo-nianza su un suo personalissimo itinerario nei luoghi.

La sessione sui Poteri e strumenti per salvaguarda-re e valorizzare i paesaggi, coordinata da Gianni Tami-no, con relazioni di Donatella Cavezzali, Sauro Turroni,Mario Zambrini ha compiuto un’ampia ricognizione sulcoacervo di iniziative europee, nazionali, regionali e lo-cali nel campo delle politiche agrarie (in vista della Agen-da 2000), delle grandi operazioni infrastrutturali (in vi-sta del passaggio dalla valutazione d’impatto ambientale“a valle” alla valutazione strategica “a monte”) e delleprincipali tendenze insediative, in particolare nelle areedi maggiore addensamento. Le questioni di salvaguar-dia e valorizzazione dei paesaggi appaiono oggi decisi-ve nella costruzione dell’Europa, delle diverse ipotesiattuali e dei diversi ambiti geografici nei quali si va de-lineando questa costruzione. Si tratta di immaginareuna articolazione federalista dei poteri che, per quantoattiene il nostro Paese, punti alla più precisa individua-zione dei compiti assegnabili da una parte alle autono-mie e dall’altra alle strutture centrali e/o di coordina-mento.

Nella sessione sulle Norme e istituzioni per gover-nare le trasformazioni dei paesaggi, coordinata da Giu-seppe Severini, con relazioni di Piergiorgio Ferri, Riccar-do Fuzio, Antonio Mansi, il tema centrale è stato quel-lo della efficacia dell’intervento pubblico.

Così, per quanto riguarda la distribuzione dellecompetenze sull’asse Stato/Regione/Enti locali, anchecon riguardo al principio di sussidiarietà e in ragione del-la effettiva capacità di cura, va preso atto realistica-mente dei fattori che definiscono, anche in concreto,una tale idoneità compiuta. Altrettanto, per ciò checoncerne le sanzioni sia penali che amministrative, oc-corre recuperare la loro completa esecuzione, anche at-traverso un coordinamento delle tipologie. In questoquadro, alcune tendenze in atto sono state oggetto diattenzione critica: dal riordino e accorpamento dei mi-nisteri, alle varie forme semplificatrici e concentratricidell’azione pubblica.

115

Page 116: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

116

Si è infine sottolineata la diversità tra fine di con-servazione e fine di sviluppo, rintracciando nel loro con-fronto esterno il risultato possibile.

4. A conclusione dei lavori del forum, si è svolta unatavola rotonda sul tema Paesaggi italiani, per il gover-no delle trasformazioni, coordinata da Domenico Lu-ciani, con relazioni di Fabrizio D’Amico, Lucio Gambi,Costanza Pera, Giuseppe Severini, Gianni Tamino, Eu-genio Turri.

Rispettando le posizioni articolate emerse da un di-battito di forte intensità e alto livello nell’arco dei quat-tro giorni, si è concordato su alcuni punti, che possonoessere considerati ormai acquisiti e che devono co-munque essere posti alla base di ogni intervento nor-mativo.

Premesso che il paesaggio non è più proponibile co-me “spazio vuoto” ma come sistema complesso, luogodi emergenze, assetti e memorie fondamentali per l’i-dentità di chi lo vive: a) risulta non più accettabile la tradizionale identifi-

cazione/confusione tra paesaggio, ambiente e ter-ritorio;

b) è indispensabile procedere a una meditata redistri-buzione dei poteri che assegni a ciascun livello digoverno le responsabilità che è in grado di soste-nere effettivamente;

c) si afferma una volta per tutte l’assoluta inscindibi-lità del patrimonio paesaggistico dal patrimonioculturale;

d) si attende la formulazione di una legge quadro cherilanci e riqualifichi la protezione del paesaggio se-condo un disegno unitario e riorganizzi le fonda-mentali funzioni di tutela, gestione, valorizzazione;

e) in una eventuale riorganizzazione dei ministeri sichiede l’autonomia della struttura preposta al pae-

saggio nell’ambito del fondamentale collegamen-to col sistema dei beni culturali, nell’inscindibilità delplesso organizzativo;

f) il governo delle trasformazioni dei paesaggi nonpuò prescindere dall’istituzione di una specifica fi-gura di adeguato livello a cui affidarne il disegno.Le conclusioni del forum possono essere sintetizzate

nelle seguenti valutazioni generali.Il nostro Paese è un insieme di paesaggi diversi,

ognuno dei quali racchiude e rappresenta fattori natu-rali, stratificazioni storiche, insediamenti umani, in rela-zione tra loro genetica e funzionale e in permanente tra-sformazione.

Ogni paesaggio presenta un proprio assetto di lun-ga durata, peculiari caratteri, forme identificabili e per-cettibili; tutto ciò contribuisce a definirne l’identità, i ca-ratteri intangibili, le soglie insuperabili per la compati-bilità delle modificazioni.

I paesaggi costituiscono, nel loro insieme, un pa-trimonio fondativo della compagine nazionale e un va-lore comune incommensurabile, del quale tutti i cittadinisono singolarmente e collettivamente responsabili eprovvisori custodi.

La salvaguardia e la valorizzazione dei paesaggi èperseguita dalla Repubblica, in tutte le sue articolazio-ni centrali, regionali e locali, in accordo con le comunitàinsediate, con l’uso puntuale di sanzioni e di incentiviche ricercano un equilibrio lungimirante tra conserva-zione e innovazione.

NOTE

* Materiali dal Forum: Paesaggi italiani, per il governo delle tra-sformazioni organizzato dalla Fondazione Benetton Studi Ricerchecon la collaborazione del Touring Club Italiano e della sezione ve-neta di Italia Nostra Castelfranco Veneto e Asolo, 26-27-28-29maggio 1999

Page 117: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

117

È convinzione, più volta ribadita, del FAI – Fondoper l’Ambiente Italiano, che bene artistico e bene pae-saggistico meritino il medesimo impegno di tutela inquanto sono entrambi preziosi beni culturali. Sono dueconcetti intimamente correlati poiché non si può pen-sare di salvaguardare un monumento senza preoccuparsidi ciò che gli sta intorno.

L’unicità che contrassegna tanti paesaggi italianideve essere difesa dai molteplici attentati nascosti die-tro falsi progetti di sviluppo, individuando nel paesaggioun sistema complesso e articolato di sedimentazionistoriche e memorie che ne determinano l’identità

Aggiornare e rivedere le leggi di tutela

Da qualche tempo si discute con crescente insi-stenza sull’eventualità di una revisione delle leggi di tu-tela: revisione che secondo alcuni dovrebbe consisterein un integrale rifacimento; secondo altri in un aggior-namento delle leggi esistenti.

È bene ricordare che alla base dell’attuale discus-sione vi sono essenzialmente due motivi:1. L’avvenuta moltiplicazione dei soggetti preposti, in

un modo o in un altro, alle varie forme di tutela.2. L’insoddisfazione e l’avversione di alcuni di tali sog-

getti verso altri.

I diversi parametri dell’azione di tutela

Mentre il punto 1 è un dato di fatto obiettivo, il pun-to 2 deve essere oggetto di attento studio e sarebbe sba-gliato scegliere in base a simpatie o alleanze che hannoorigine in un quadro assai diverso da quello della tutela.

Inoltre occorre domandarsi se le leggi sulla tutelacostituiscono effettivamente un fatto unitario o se nonsi debbano valutare con criteri diversi la tutela che pro-viene dall’esistenza di specifiche presenze archeologicheo storiche e la tutela di ambienti complessi e di paesaggi.

Non esiste un solo paesaggio

La storia della tutela, è un altro fatto, è passata dalsingolo frammento all’insieme, dalle leggi del 1939 al-la cosiddetta “Legge Galasso” 431/85: non c’è adessouna certa volontà di rimettere in discussione propriol’insieme come oggetto di tutela?

Il paesaggio è l’insieme di diverse componenti - ar-chitettura, agricoltura, urbanistica; non c’è un solo pae-saggio, ma tanti paesaggi e bisogna rifuggire dall’uni-cità ideologica.

Il caos delle competenze pianificatorie

Ecco perché è bene considerare sempre, contem-poraneamente, tutto il quadro legislativo in quanto è dalcombinato-disposto di molte leggi a diverso livello (Sta-to, Regioni, Enti locali) e di vari periodi (dal 1939 alle re-centissime leggi Bassanini) che deriva la situazione at-tuale. Aggiornare o cambiare la 1089, la 1497 o la 431non ha senso se contemporaneamente non si intervienea modificare coerentemente altre leggi nazionali e re-gionali, se non si determina con precisione il quadro del-le competenze pianificatorie oggi distribuite tra regioni,Stato e altri enti pubblici. E tantomeno si può ignorare ilgrande complesso legislativo della Comunità Europea.

Il fine comune è il benessere della società

Non si tratta solo di contemporaneità operativa dileggi e di istituzioni, ma anche di contemporaneità di di-scipline e di campi d’intervento. È dalla convergenza chederiva l’assetto generale sia a livello di “paesaggio” chea livello di “territorio” o di altre categorie sia culturali cheeconomiche.

Il paesaggio, l’ambiente, il territorio, i beni culturalie ambientali, la pianificazione, la politica agricola co-munitaria, il turismo devono essere concordemente di-

Fondo per l’Ambiente Italiano (F.A.I.)

Documento in vista della Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio

Page 118: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

118

sciplinati e devono coerentemente operare per l’unicofine: il benessere della società e, in essa, degli individui.

Per una “Carta del paesaggio”

Questo quadro complesso, ma unitario, può esse-re definito redigendo una “Carta del paesaggio”: di-chiarazione dei fini da perseguire, a cui i singoli atti le-gislativi e attuativi devono mirare e su cui si può verifi-care la loro congruenza.

Su tale carta – che dovrà essere, peraltro, un do-cumento più puntuale rispetto agli enunciati contenutinel “Progetto di convenzione europea del paesaggio”,incluso nella “Raccomandazione 40/1998” approvatadalla 5a Sessione del Consiglio d’Europa riunitosi a Stra-sburgo il 26-28 maggio 1998 - devono basarsi il meto-do e gli strumenti attraverso cui operano i vari ministe-ri variamente interessati ai temi dell’ambiente e del pae-saggio, le regioni e quant’altri.

Il ruolo dell’educazione scolastica

A fianco della “Carta del paesaggio” deve esseremesso in atto l’insegnamento del paesaggio e dei suoicomponenti: la natura, l’agricoltura (non soltanto sottoil profilo della coltivazione della terra, ma anche in quan-to fonte di un’alimentazione sana e corretta, di promo-zione turistica, di nuove opportunità occupazionali; sen-za ovviamente trascurare il ruolo esercitato dall’agricol-tura nella prevenzione di smottamenti e incendi), le pre-senze storico-testimoniali, il patrimonio culturale e arti-stico, a tutti i livelli scolastici (dalle materne all’università)e para-scolastici, coprendo la storica carenza dell’inse-gnamento italiano verso ciò che non è mera specula-zione intellettuale astratta.

Ampliare il valore del vincolo

La Carta dei paesaggi deve anche affrontare, su-perando le incertezze riscontrabili nella normativa vi-gente, l’argomento dell’ampliamento del vincolo dalsingolo monumento al suo contesto, dell’estensionedel valore del vincolo da semplice strumento di controlloa strumento d’intervento consapevole per le soprinten-

denze sul territorio, nonché dell’inserimento di nuoveforme architettoniche nel paesaggio e del significato chesi intende dare alla parola “restauro” applicata al pae-saggio: un concetto per ora vuoto al quale è necessa-rio dare un preciso e rigoroso contenuto.

La tutela, infatti, ha come obiettivo il mantenimen-to di valori (indipendentemente dai criteri con cui pos-sono essere valutati), ma noi viviamo in un momento sto-rico in cui tali valori hanno subito un tale degrado da nonpotersi recuperare con giri di valzer semantici.

E il recupero passa necessariamente anche attra-verso una progettazione coordinata con la progettazio-ne del nuovo, la quale, però, non deve essere mitizza-ta, né tantomeno considerata equivalente e confronta-bile con i valori preesistenti.

La tutela non è un ostacolo per lo sviluppo

La contrapposizione di una politica della tutela auna politica dello sviluppo, insieme al luogo comune -troppe volte ripetuto - secondo cui la tutela si opponeallo sviluppo e il degrado è il prezzo inevitabile - anchese spiacevole - da pagare, non possono essere più ac-cettati. Sono convinzioni che si basano su conti sbagliati,sulla sopravvalutazione di immediati guadagni in alcu-ni settori e, di contro, sulla sottovalutazione dei suc-cessivi oneri e degli enormi danni che vengono scarica-ti su altri settori, più deboli e meno rappresentati, manon per questo meno incidenti sulla qualità dell’am-biente e sulla vita della società.

Tre proposte per salvare il salvabile

– Elaborare piani paesistici senza deroghe (causa pri-maria della vanificazione di ogni proposta)

– Unificare tra le regioni i criteri di tutela del pae-saggio

– Predisporre un’iter di verifica e approvazione deipiani urbanistici in zona di tutela che preveda una“Conferenza dei servizi” a cui partecipino i rap-presentanti della Soprintendenza, della Regione edei Comuni di appartenenza. In tal modo si acce-lererà il processo di approvazione del piano in esa-me che sarà valutato al meglio sia sotto l’aspettodella tutela sia dello sviluppo compatibile.

Page 119: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Definizione di nuovi strumenti di controllo dellaqualità degli interventi sul territorio, qualità delpaesaggio, qualità dell’architettura e delle grandiinfrastrutture a scala nazionale

Il controllo della qualità del paesaggio tutelato può es-sere garantito, in taluni casi, dalla sua salvaguardia inte-grale oppure da uno sviluppo compatibile sancito in sededi programmazione generale degli interventi infrastruttu-rali di rilevanza pubblica (fra i quali, oltre agli interventi edi-lizi che discendono da piani urbanistici comprensoriali, visono le grandi reti viarie autostradali, anche a caratteretranseuropeo; le reti stradali statali; le linee ferroviarie adAlta Velocità; le reti di trasporto energetico quali elettro-dotti, gasdotti e metanodotti; le centrali di produzione dienergia elettrica; le attività connesse con l’attività estrat-tiva di idrocarburi e di gas naturale; la coltivazione di risorsegeotermiche; l’attività estrattiva mineraria; le grandi ope-re di regimazione e di difesa idraulica quali dighe di rite-nuta, dighe di laminazione e le casse di espansione; le ope-re infrastrutturali quali porti commerciali marittimi, aero-porti, interporti; gli impianti per lo smaltimento di rifiuti tos-sico - nocivi; gli impianti chimici integrati, ecc.), in modotale che i tracciati ed i siti prescelti sotto il profilo della com-patibilità urbanistica e della convenienza economica nonconfliggano con l’interesse paesaggistico tutelato, o conaltri interessi di tipo archeologico o monumentale. Tale va-lutazione dovrebbe essere fatta ex ante in sede di con-certazione generale, quale la Conferenza Stato – Regioni,con l’attiva partecipazione dell’Amministrazione dei Benie delle Attività Culturali, e precedere altri momenti valu-tativi attualmente vigenti quali la V.I.A. (art. 6, DPR349/1986) e le Conferenze dei Servizi (DPR 383/1984;art. 81 DPR 616/1977) che avvengono a fronte di una vo-lontà di scelta del sito e del progetto già espressa dal pro-ponente e, il più delle volte, già confrontata con gli Enti lo-cali, motivo per il quale, l’eventuale dissenso espresso daquesto ministero ai sensi dell’art. 82 del DPR 616/1977, avalle del processo formativo delle intese delle Ammini-strazioni proponenti con gli Enti locali nell’ambito della pro-

grammazione urbanistica e/o di altri piani di settore e lapredisposizione dei relativi progetti, vanifica, anche se inperfetta coerenza con il dettato Costituzionale (art. 9), la-boriosi iter procedurali e progettuali, con conseguentimaggiori costi che ricadono sulla collettività, se non ancheperdite di finanziamenti comunitari e rallentamenti di pro-cessi produttivi ed occupazionali di sicuro detrimento perl’economia del paese nel suo complesso

Progettazione del recupero dell’edilizia storica e delrecupero del paesaggio

Si rileva l’improcrastinabile necessità di varare unanormativa tesa alla tutela ed al recupero delle città stori-che e dei territori ad essi contermini (in particolare i pic-coli, numerosi centri disabitati o in via di rapido abban-dono), integrata con la salvaguardia o, comunque, con losviluppo sostenibile dei territori circostanti non ancorasoggetti a radicali mutamenti. Tale iniziativa andrebbecorrelata con forme di incentivazione e/o defiscalizzazio-ne tali da compensare le eventuali penalizzazioni inflitteallo jus aedificandi, perlopiù consentite dalle vigenti nor-me urbanistiche, e tali da orientare, in aree consimili, i sog-getti privati e l’imprenditoria edilizia verso il recupero del-l’antico anziché in direzione della costruzione del nuovo.E’ indispensabile che le norme che sostengono tali poli-tiche di settore siano ricomprese nell’ambito degli stru-menti di pianificazione territoriale paesaggistica. In pro-spettiva si potrebbe ottenere un ’indotto occupazionalenon secondario attraverso la ripresa del settore edilizio, at-tualmente in crisi, con un’obiettivo in linea con l’azionedi tutela di questa Amministrazione. Per quanto attienenello specifico alla progettazione del recupero dell’edili-zia storica sarebbe opportuno riesaminare ed, eventual-mente, aggiornare le esperienze maturate anni addietroal riguardo (Recupero del centro storico di Bologna; Car-ta di Gubbio, ecc.) ed analizzare e tenere conto delletendenze in atto in talune zone a vocazione turistica delnostro territorio (recupero di complessi agricoli per agri-

119

Maurizio GallettiUfficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

La tutela del paesaggio: azioni e procedure*

Page 120: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

turismo; recupero di ville storiche e piccoli borghi per uti-lizzo alberghiero sulla scorta del successo ottenuto da ini-ziative consimili in Francia – Chateaux Relais – ; in GranBretagna ed in altri paesi europei).

Riqualificazione dell’industria edilizia, recuperodelle tecniche storiche e lavoro qualificato

Sarebbe opportuno a questo proposito promuove-re, in accordo con il Ministero del Lavoro, il Ministerodell’Industria, il Ministero dei Lavori Pubblici e il Ministerodell’Ambiente e con le Associazioni di Categoria com-petenti, iniziative volte a riattivare le scuole – cantiereove riqualificare mano d’opera del settore edilizio inC.I.G. per utilizzarla attraverso canali preferenziali neicantieri di recupero e di restauro.

In tale prospettiva sarebbe altresì indispensabile pro-muovere iniziative legislative tese ad incentivare la ripre-sa di attività produttive tradizionali a supporto dell’attivitàdi recupero edilizio e di restauro quali ad esempio la ma-nifattura dei rivestimenti e dei materiali di copertura incotto; i materiali di rivestimento lapidei, ecc. Tali attivitàandrebbero coordinate in sede regionale con la pianifi-cazione di settore relativa all’attività estrattiva (piano ca-ve) in un possibile ciclo virtuoso che incida in modo mi-rato nell’ambiente e minimizzi gli impatti che solitamen-te provocano nel paesaggio tali attività. E’ superfluo sot-tolineare come anche in questi casi, la presenza attiva delMinistero per i Beni e le Attività Culturali nelle sedi pro-grammatorie opportune renderebbe meno conflittualel’azione di tutela, che interviene, come è noto a valle deiprocessi di programmazione urbanistici e di settore.

Tutela del paesaggio e nuove tecnologie

Anche in questo caso, dalla promozione di accor-di con il Ministero dell’Industria, dei Lavori Pubblici e del-l’Ambiente e con le Associazioni di Categoria compe-tenti, potrebbero scaturire degli indirizzi e degli stimolinei confronti dei produttori affinché si studino materia-li e rivestimenti che possano utilizzarsi, in modo econo-micamente vantaggioso, in tutti quegli episodi edilizi(nuovo o recupero, con esclusione del restauro monu-mentale) ove la mimesi è sufficiente a garantire la ne-cessaria compatibilità con l’ambiente ed il paesaggio tu-telato anziché ricorrere al materiale tradizionale.

Per quanto attiene agli elementi emergenti “estra-nei” ai contesti tutelati quali tralicci elettrici, antenne a tra-liccio e paraboliche si potrebbe, anche in questo caso, at-traverso la promozione delle Amministrazioni e delle Ca-tegorie interessate, studiare tecnologie alternative e/oelementi mimetici che ne consentano l’inserimento sen-za arrecare turbativa, tenendo conto di eventuali espe-rienze già maturate al riguardo in altri paesi europei.

Grandi appalti pubblici e ingegneria ambientale

E’ indispensabile che i progetti dei manufatti edelle opere d’arte più rilevanti sotto il profilo della tra-sformazione territoriale connessi con le grandi infra-strutture sopracitate, qualora ammissibili sotto il profi-lo della compatibilità paesaggistica, siano oggetto di ap-positi concorsi di architettura e che nelle commissionidi esame sia presente l’Amministrazione dei Beni e del-le Attività Culturali, in linea con quanto espresso nelD.L.vo n. 368/1998; in tale modo, stimolando con-fronti progettuali, anche di livello internazionale, si po-trebbero superare esiti che risultano attualmente rare-fatti e conchiusi nelle corrette ma, talvolta, algide ela-borazioni delle società di ingegneria; incapaci, peraltro,nella maggior parte dei casi, di produrre “segni” cul-turalmente significativi. Difatti il mero ricorso alle tec-niche di ingegneria ambientale e di bio ingegneria ècondizione necessaria ma non sufficiente a garantireuna efficace qualità progettuale complessiva tale darendere accettabile una “diminutio” dell’integrità del si-to tutelato a fronte, invece, di un intellegibile prodot-to dell’ingegno che risulti in simbiosi con l’ambiente sucui incide e che trasforma.

Linee generali per una normativa che regoli lacartellonistica, la pubblicità stradale, l’antennisticaurbana ed extraurbana

Per quanto riguarda la cartellonistica e la pubblicitàstradale si tratterebbe di ricondurre a qualità di segno –ove ciò è possibile e non in tutti i contesti di interessepaesaggistico lo è – il contenitore nonché il contenuto,selezionando in modo adeguato le immagini in relazio-ne al contesto, qualora esso sia antropizzato in parte onon lo sia affatto (in tal caso il divieto dovrebbe essereassoluto). Sarebbe altresì opportuna l’introduzione dinorme che prevedano l’irrogazione di sanzioni econo-micamente rilevanti nel caso, frequente, di abusi, con lapossibilità per l’Ente preposto alla vigilanza ed al con-trollo (Comune) di procedere all’immediata rimozionedell’oggetto.

Non si può prescindere, infine, dal coinvolgimen-to del mondo universitario e della ricerca scientificanel suo complesso, laddove esistano, già elaborati, stu-di e ricerche che andrebbero coordinati, veicolati e di-retti nella risoluzione delle problematiche sopra enun-ciate.

NOTE

* Contributo ai lavori della Sessione 3: Paesaggi italiani e qualità del-la progettazione

120

Page 121: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Premessa

Il paesaggio, in quanto risorsa complessa che inte-ressa l’intero territorio nazionale, può svolgere un ruo-lo cruciale, finora largamente sottovalutato a livello po-litico e culturale, per lo sviluppo sostenibile del Paese. Es-so costituisce la più eloquente e visibile espressione diquella “unità nella varietà” che caratterizza in modo pe-culiare l’Italia, permeandone non soltanto l’estrema di-versificazione dell’immagine e delle forme fisiche, maanche l’articolazione storica delle culture e delle for-mazioni sociali, dei sistemi economici locali, delle formeorganizzative e del tessuto produttivo. Il paesaggio inol-tre – in quanto espressione significativa del quadro di vi-ta delle popolazioni, secondo l’interpretazione racco-mandata dal Consiglio d’Europa – costituisce un nododi convergenza di pratiche sociali e di politiche pubbli-che diversificate, la cui coerente integrazione è condi-zione imprescindibile per la sostenibilità dello sviluppo.

Il patrimonio paesistico italiano è stato esposto, so-prattutto nella seconda metà del secolo, a devastanti pro-cessi di degrado, mutilazione e distruzione. Potenti spin-te omologatrici, connesse all’industrializzazione della ba-se economico-produttiva, alla modernizzazione degli ap-parati infrastrutturali e, più recentemente, alla globaliz-zazione delle dinamiche economiche e sociali, hannooffuscato o cancellato specificità e differenze essenziali,alterato o reso irriconoscibili molti paesaggi originari,smantellato unitarietà e solidarietà lentamente costruitesinel corso dei secoli. Tali spinte si sono incrociate con im-pulsi di crescita impetuosi, alternati a processi di più omeno rapido declino, che hanno diversificato i percorsidi sviluppo all’interno dei diversi quadri ambientali, pro-ducendo nuove differenze e ponendo le basi di nuovi“ambienti insediativi”, nei quali stentano a prender for-ma nuove coerenti configurazioni paesistiche.

Tuttavia la complessa stratificazione dei depositiculturali e la stessa conseguente diversificazione ecosi-stemica conferiscono al patrimonio paesistico italiano ec-

cezionali doti di fungibilità, adattabilità e resistenza neiconfronti dei processi trasformativi. Nonostante il de-grado, la risorsa paesistica offre tuttora straordinarieopportunità per sorreggere e qualificare lo sviluppo delPaese. È responsabilità nazionale, prima che regionale elocale, coglierle con coerenti azioni di governo, che af-frontino i nodi strutturali del degrado ed aprano pro-spettive strategiche di rivalorizzazione. La salvaguardiae la valorizzazione della risorsa paesaggio, lungi dal po-tersi rinchiudere negli angusti orizzonti della difesa pas-siva e puramente vincolistica, comportano un forte im-pegno politico e progettuale per azioni complesse di go-verno del territorio, basate sulla duplice consapevolez-za che le cose possono cambiare e che non si possonoseparare le cose dal loro divenire. In questa prospettivaevolutiva, l’istanza conservativa deve inevitabilmenteallearsi alle esigenze di autentica innovazione.

Articolare le strategie di sviluppo in funzione della diversità paesistica (ex punto b)*

Ragioni: La diversità paesistica, latamente intesa (in accordo

con la Convenzione del paesaggio proposta dal Consi-glio d’Europa, 1998) è una risorsa importante sotto mol-ti profili: soprattutto ecologico (in quanto più che in al-tri paesi essa è fortemente e storicamente connessa al-la biodiversità e quindi alla resilienza dei sistemi am-bientali nei confronti delle perturbazioni indotte dai pro-cessi di trasformazione); economico (in quanto riflette erafforza la differenziazione degli ambienti insediativi e deimilieux che propiziano lo sviluppo locale, ed in partico-lare arricchisce e diversifica l’offerta turistica e l’appeal neiconfronti di operatori, visitatori e consumatori esterni);e sociale (in quanto esprime e rende riconoscibili le iden-tità socio-territoriali e le culture locali). Ma la diversitàpaesistica non può essere salvaguardata se non salva-

121

Roberto GambinoPolitecnico di Torino, Facoltà di Architettura

Page 122: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

guardando le differenze e le specificità dei contesti ter-ritoriali, e quindi articolando opportunamente le strate-gie di sviluppo. In questo senso è necessario tornare a fa-re i conti col territorio o, in altri termini, “territorializza-re” adeguatamente le politiche del paesaggio.

Azioni: 1) riconoscere la diversità paesistica come aspetto es-

senziale del quadro di riferimento conoscitivo, va-lutativo e interpretativo su cui fondare le politichedi sviluppo sostenibile del Paese: a cominciare dal-la Carta della Natura prevista dalla L.394/1991, at-tualmente in corso di elaborazione da parte deiServizi tecnici nazionali, che dovrà quindi incorpo-rare la piena considerazione del patrimonio paesi-stico in tutti i suoi aspetti naturali e culturali;

2) definire a livello nazionale strategie di sviluppo so-stenibile che valorizzino la risorsa paesaggio e le suediversificate declinazioni locali e che evitino o con-tengano gli impatti negativi sui paesaggi determinatidalle tendenze trasformative in atto: a tal fine rive-ste importanza decisiva l’identificazione, non piùprocrastinabile, delle “linee fondamentali dell’asset-to del territorio con riferimento ai valori naturali edambientali” previste dalla L.394/1991 e rilanciatecon ruolo e contenuti assai ampliati dal Dlgs112/1998. La definizione delle “linee” deve infatticostituire la prima e fondamentale sede di confron-to e valutazione integrata delle scelte di tutela e disviluppo da cui dipendono le sorti del paesaggio ita-liano, e nella quale inoltre si precisa il contributospecifico dell’Italia alla costruzione, tuttora in corso,dello Schema di sviluppo dello spazio europeo.

Raccordare la tutela del paesaggio e le politiche ambientali (ex punto d)*

Ragioni: La convergenza delle politiche concernenti am-

biente e paesaggio risponde ad esigenze ormai larga-mente avvertite a livello europeo, come dimostra da unlato l’accoppiamento degli obiettivi della biodiversità edella diversità paesistica nelle recenti direttive dell’U-nione Europea, dall’altro la concezione integrata delpaesaggio proposta dal Consiglio d’Europa nel 1998con il progetto di Convenzione del paesaggio. Ragionipiù specifiche si avvertono in Italia a causa sia deglistretti legami storicamente determinatisi tra la diversifi-cazione economica-sociale-culturale che si riflette neipaesaggi e la diversificazione biologica, sia del grandeimpatto paesistico di molte politiche ambientali; traqueste, in particolare, la difesa del suolo e la gestione

delle acque, la realizzazione recentemente avviata del-la rete ecologica nazionale, le politiche dei parchi e del-le aree protette, le politiche per l’agricoltura sostenibi-le e quelle per il turismo sostenibile.

Azioni: 1) individuare sedi e modalità di confronto e integra-

zione tra le politiche ambientali e le politiche di ge-stione del paesaggio, in particolare nella program-mazione dei fondi strutturali;

2) integrare pienamente la considerazione del pae-saggio nella pianificazione dei parchi e delle areeprotette: – attribuendo alla pianificazione e gestione dei

territori interessati dai parchi e dalle aree pro-tette (che coprono, considerando le aree con-tigue cointeressate, quasi un quarto del terri-torio nazionale) un ruolo fondamentale di spe-rimentazione per le politiche di gestione delpaesaggio;

– riconoscendo nel paesaggio, latamente inteso,una fondamentale chiave interpretativa delpatrimonio di valori naturali-culturali che facapo ai parchi (non a caso internazionalmen-te classificati, per la maggior parte, come“paesaggi protetti”), e quindi delle prospetti-ve di valorizzazione;

– coordinando le politiche di gestione dei parchicon le politiche di tutela e valorizzazione pae-sistica dei rispettivi contesti territoriali;

3) coordinare le politiche di gestione del paesaggiocon quelle di difesa del suolo, in particolare: – introducendo la considerazione dei valori pae-

sistici nell’elaborazione dei Piani di Bacino pre-visti dalla L.183/1989;

– individuando i principali nessi critici che pos-sono determinarsi tra istanze di valorizzazionepaesistica ed esigenze di difesa e sicurezza,come tipicamente nel caso delle fasce fluviali,interessate sia dai Piani stralcio delle Autoritàdi bacino, sia dalle misure di salvaguardia pre-viste dalla L.431/1985;

4) ripensare radicalmente le politiche d’emergenza ed’intervento urgente legate alle cosiddette cala-mità naturali, in termini tali da ridurre i rischi di de-vastazione paesistica conseguenti alla casualità, al-la settorialità, alla disorganicità ed alla scarsa lun-gimiranza degli interventi stessi.

NOTE

* Il testo fa riferimento al Documento preparatorio della Sessione te-matica 2 “Paesaggio e sviluppo sostenibile”

122

* * *

Page 123: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

123

Non è certo casuale che la Prima Conferenza Na-zionale per il Paesaggio cada nel momento in cui, da piùparti e per le ragioni e nei modi più diversi, si avverte l’e-sigenza di innovazioni importanti nel governo del terri-torio. Il faticoso avvio delle riforme istituzionali (destinatoa modificare significativamente il ruolo rispettivo dei di-versi attori istituzionali, in nome del principio di sussi-diarietà, e a spostare sempre più l’attenzione dai pro-blemi di government a quelli di governance), il dibatti-to parlamentare sulle riforme “urbanistiche”, i tentati-vi avviati per rinsaldare i rapporti tra politiche ambien-tali e politiche territoriali, i lavori in corso per la forma-zione della Carta della natura (base della definizione,non più procrastinabile, delle “linee fondamentali d’as-setto del territorio nazionale” già previste dal DPR616/1977) e quelli che concorrono alla definizione del-lo “Schema di sviluppo dello spazio europeo” e dellenuove politiche europee per gli spazi rurali e per le retiinfrastrutturali, il rilancio stesso, in chiave più spiccata-mente “territorialista”, della programmazione dei fon-di strutturali, delineano nel loro insieme un quadro –estremamente fluido ed aperto – di profondo e generaleripensamento delle pratiche e delle politiche fin qui se-guite per il governo del territorio. Tale ripensamento èstato a sua volta sollecitato da grandi mutamenti negliscenari urbani e territoriali, che hanno registrato da unlato l’esplosione della crisi ambientale, dall’altro e con-giuntamente l’emergere di inedite spinte alla diffusionedegli insediamenti e delle infrastrutture, tali da cancel-lare i confini della città e da trasferire nel paesaggio ex-traurbano il teatro principale del cambiamento. È inquesto quadro – indubbiamente diverso da quello del1985 in cui (accanto alla discussa legge sul condono) siinserì la riforma della L.431 – che non può non collocarsila discussione attuale sulle nuove politiche del paesag-gio praticabili in Italia. È in questo quadro che prendeevidenza la rilevanza politica, economica, sociale e cul-turale della “questione paesistica”. Lungi dal potersi ri-durre ad un mero problema di razionalizzazione tecni-co-amministrativa dell’azione di tutela, tale questione in-veste il nodo dei rapporti tra società e territorio, delmodo in cui essi si danno oggi nel nostro Paese e delmodo in cui è possibile ridisegnarli.

Nelle parole che il Ministro Melandri aveva rivoltoalla Commissione Scientifica incaricata di preparare laConferenza, nella seduta d’insediamento, si era in effetticolta l’intenzione di imprimere una svolta alle politicheper il paesaggio finora sviluppate nel nostro Paese. Unasvolta coerente con le radicali innovazioni provvida-mente introdotte con la L.431/1985, ma tuttavia estre-mamente impegnativa a fronte del quadro complessivodi pratiche e di politiche che non hanno finora consen-

tito di frenare efficacemente i processi di degrado e diavviare una coerente ed adeguata valorizzazione dellarisorsa paesaggio nell’interesse del Paese. Tre grandisvolte strategiche sembrano profilarsi, alle quali tutte ogran parte delle altre innovazioni auspicate potrebberoricondursi; esse concernono: – il senso del paesaggio,– il senso dell’azione di tutela,– la centralità del territorio.

1. La prima svolta strategica concerne il sensodel paesaggio

Il ruolo che al paesaggio deve essere attribuito nel-le politiche nazionali e locali, il significato che la sua tu-tela innovativa può assumere nelle strategie di sviluppodel Paese e delle sue diverse aree territoriali. Intendersisu ciò (che è cosa diversa dalla disperata impresa di de-finire una volta per tutte una nozione così invincibil-mente polisemica e complessa come quella di paesag-gio) è necessario anche soltanto per riscontrare positi-vamente le raccomandazioni che il Consiglio d’Europaha affidato al progetto di Convenzione del paesaggioapprovato nel 1998. Quando il Consiglio d’Europa invi-ta a considerare il paesaggio come “un aspetto essen-ziale del quadro di vita delle popolazioni, che concorreall’elaborazione delle culture locali e che rappresentauna componente fondamentale del patrimonio culturalee naturale dell’Europa”, non meno che una fonda-mentale “risorsa economica”, o quando ricorda chetutto il territorio europeo (”paesaggi rimarchevoli “ e“paesaggi ordinari”) ha valenza paesistica, la rispostaappropriata non può consistere nella semplice aggiun-ta di una direzione generale di un Ministero o di nuovevoci dell’agenda politica, ma va ricercata in un ripensa-mento profondo di tutte le politiche che incidono, di-rettamente o indirettamente, sull’evoluzione, positiva onegativa, del patrimonio paesistico. Ed è questo, in Ita-lia, un compito estremamente impegnativo, che non sol-tanto batte in breccia ogni tentativo di rinchiudere laconsiderazione del paesaggio in singoli paradigmi scien-tifici e culturali (come quelli estetico-semiologici o quel-li ecologici o quelli storicisti) ma che soprattutto pone inevidenza una indeclinabile responsabilità dello stato na-zionale, che attraversa tutte le sue articolazioni e tuttele consolidate competenze ministeriali. Alcune implica-zioni meritano di essere segnalate.

Anzitutto il riconoscimento del valore economicodella risorsa paesaggio sposta l’attenzione dai problemidi semplice protezione a quelli più complessi della ge-stione, ponendo in discussione un ampio ventaglio di

Paesaggio e sviluppo sostenibile del territorio

Page 124: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

124

politiche più o meno direttamente interessate all’uso ealla valorizzazione di tale risorsa, come quelle turisticheo quelle agricole. Tale riconoscimento può essere infat-ti utilmente accostato a quello che segnalò, all’inizio de-gli anni ‘70, il ruolo economico dei centri storici e del pa-trimonio edilizio esistente, aprendo la strada ad una piùmatura considerazione, da parte di un ampio schiera-mento di forze politiche, sociali e culturali, delle politicheurbane e per la casa. Nell’attuale contesto, la conside-razione delle dimensioni economiche della questionepaesistica dovrebbe consentire, ad esempio, di contra-stare più efficacemente gli effetti devastanti della “mo-dernizzazione” agricola (come l’omologazione-semplifi-cazione, la scomparsa dei “paesaggi di piccola scala”, l’e-rosione dell’agricoltura periurbana o la marginalizzazio-ne delle attività tradizionali del pascolo); o di cogliere lerilevanti ricadute occupazionali che potrebbero derivareda un organico rilancio delle attività di “manutenzione”paesistica, dentro e fuori delle aree protette; o di valu-tare i costi che la conservazione del paesaggio, come lasua devastazione, comporta.

Va poi sottolineato il significato complesso che staassumendo, in Italia, il definitivo superamento delle con-cezioni riduttive, prevalentemente “visibilistiche”, cheimpregnavano la tutela paesistica prima della L.431.L’abbandono di tali concezioni, con l’appoggio insosti-tuibile dell’”ecologia del paesaggio”, concorre certa-mente a strappare l’azione di tutela dall’insostenibile di-screzionalità delle valutazioni estetiche soggettive e dal-la “schiuma edonistica” che spesso le pervade, e lanciaun solido ponte di congiunzione con le azioni di tutela,scientificamente fondate, dell’ambiente fisico, delle ri-sorse primarie, dei processi biologici fondamentali (ba-sti pensare alle connessioni tra la biodiversità e la diver-sità paesistica). Ma tale abbandono non comporta cer-tamente (come il dibattito degli ultimi anni ha ben di-mostrato) la perdita d’interesse per quei valori estetici esemiologici, storici e culturali del paesaggio che sem-brano anzi caratterizzarne la straordinaria attualità. Par-ticolare rilievo assume (anche in riferimento alla Con-venzione europea), il passaggio dal riconoscimento di sin-goli paesaggi culturali, meritevoli di specifica tutela, al ri-conoscimento del valore culturale dei paesaggi, soprat-tutto nel senso: a) che si riconosce così che il paesaggio ha sempre –

anche quando i suoi connotati naturali sembranoesenti da ogni contaminazione antropica, come neipaesaggi “della scoperta” – un imprescindibile si-gnificato culturale, legato ai contenuti ed alle mo-dalità dell’esperienza paesistica, ai legami inscindi-bili tra ecosfera e semiosfera, alle motivazioni e aicondizionamenti degli stessi “sguardi” che vi siorientano;

b) che si conferisce in tal modo all’intero territorio, in-dipendentemente dall’eccellenza dei valori estetici

od ecologici delle sue singole parti, comprese quel-le degradate o trascurate come tipicamente le pe-riferie urbane e metropolitane, un significato ed uninteresse culturale e quindi un’esigenza di forme piùo meno articolate di tutela e d’intervento (l’atten-zione per i valori diffusi ed ordinari, visibili o laten-ti, prende quindi il posto di quella tradizionalmen-te riservata ai monumenti, alle “bellezze naturali”,alle aree di particolare valore).

Andando oltre, si potrebbe osservare come il nuo-vo “senso del paesaggio” rimetta in discussione lo stes-so concetto di bene culturale, che, soprattutto sulla sciadella definizione operatane dalla Commissione France-schini, ha svolto un ruolo di primo piano nell’orientare nelnostro Paese l’azione di tutela. Alla luce del dibattito po-litico-culturale degli ultimi decenni, sembra in effetti dif-ficile negare i limiti di un concetto che induce necessa-riamente a concentrare l’attenzione sui singoli oggetti ditutela, in qualche modo enucleandoli dal contesto econsentendone l’assimilazione ai beni “posizionali” fre-quentati dagli economisti. Il dibattito sui centri storici osui parchi naturali (che per entrambe le categorie hamesso in evidenza i rischi della separatezza e la straor-dinaria ricchezza e rilevanza dei rapporti col contesto) oil definitivo superamento dell’idea romantica dei “beipaesaggi” tendono a spostare l’attenzione dal concettodei beni culturali a quello, assai più complesso e com-prensivo, di patrimonio culturale. Concetto, quest’ultimo,che implica la considerazione dei processi di “patrimo-nializzazione” con cui si stabiliscono relazioni comples-se di appartenenza, identificazione ed autorappresenta-zione tra i luoghi di deposito dell’eredità materiale ememoriale e le culture locali storicamente e spazial-mente determinate. Concetto, ancora, che evoca l’inte-razione processuale tra oggetti e componenti diversifi-cate, il loro far sistema (e non semplici inerti “giacimen-ti” di risorse disarticolate). Al centro dell’attenzione si si-tuano così i processi anzichè i prodotti, mentre il conte-sto, da sfondo passivo e indifferente – come ancoratroppo spesso viene considerato nelle misure di tutela onegli interventi di restauro – diventa il legante necessa-rio dei singoli eventi culturali, stretto ad essi in una pro-spettiva intrinsecamente co-evolutiva. Mediazione sim-bolica tra società e territorio, il patrimonio organizza equalifica il paesaggio, legando dinamicamente la co-scienza storica alle attese, ai progetti e ai “disegni terri-toriali” (come li chiamava Emilio Sereni) della societàcontemporanea.

2. La seconda svolta strategica concerne ilsenso dell’azione di tutela

Il significato concreto che può essere assegnato al-

Page 125: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

la “conservazione” dei valori paesistici quando questi va-lori non sono più confinabili in poche circoscritte areeprotette o nelle “bellezze naturali”, ma investono dif-fusamente e pervasivamente l’intero territorio, quandoessi si trovano coinvolti in dinamiche evolutive ed inprocessi di transizione che introducono brusche ed ine-vitabili discontinuità con le lente sedimentazioni delpassato e che pongono di fronte a scelte concrete;quando, in sostanza, il semplice “riconoscimento” deivalori in atto deve cedere il passo al progetto. In linea diprincipio, la necessità di spostare l’azione di tutela dal-la gestione di vincoli “ciechi e muti” al “progetto d’in-novazione conservativa” non sembra incontrare oppo-sizioni; anche per l’evidente insufficienza dei vincoli me-ramente “procedurali” derivanti dalla L.1497 e dallaL.431 (spesso tutto si riduce ad “un bollo in più”) e perle distorsioni connesse all’incontrollabile discrezionalitàdella loro applicazione, in carenza dei piani previsti. Tut-tavia il passaggio “dai vincoli al progetto” appare in co-sì clamoroso contrasto con le pratiche correnti che me-rita sottolinearne alcune implicazioni.

Esso comporta, evidentemente, un ripensamentoradicale del concetto stesso di conservazione, in dupli-ce direzione. Prima di tutto nel prendere atto di quellastraordinaria dilatazione spazio-temporale del “principiodi conservazione” che ha trovato pieno riconoscimen-to nella Carta di Gubbio riproposta dall’Associazione Na-zionale Centri Storico Artistici nel 1990: dal monumen-to alla città storica al territorio storico globalmente in-teso; ma anche, dalle emergenze naturali alle bioregio-ni, al territorio intero come struttura vivente; ed anco-ra, dai beni arbitrariamente fissati in uno specifico mo-mento storico ai paesaggi e al territorio come palinse-sti in continua evoluzione, senza discriminanti cronolo-gici. Ma a questa dilatazione del campo d’attenzione siè accompagnata – e non avrebbe potuto non accom-pagnarsi – una modificazione profonda del significatostesso della conservazione. Se alla fine degli anni ‘60,agli albori della “svolta ambientalista”, l’istanza con-servativa era vista soprattutto come vincolo e limitazio-ne alle attese di sviluppo (i “limiti dello sviluppo” delMIT), essa tende ormai sempre più spesso a coniugarsicon quelle, nel grande abbraccio dello “sviluppo soste-nibile”. Le evidenze empiriche ci ricordano sempre piùspesso che non c’è autentica conservazione senza in-novazione (è così in natura – non si possono “separarele cose dal loro divenire”- ma è così anche nel campo ar-tistico e culturale: non c’è restauro che possa limitarsi afermare l’azione del tempo, che non ridia senso nuovoall’opera restaurata). Ma anche, simmetricamente, nonc’è più spazio per azioni innovative che prescindanodall’esistente e dal suo carico di memorie, che ignorinola complessa tensione delle istanze conservative. È laconservazione, oggi, il vero luogo dell’innovazione, nel-la misura in cui ogni innovazione paesistica non può che

riguardare “paesaggi già costruiti”, vale a dire model-lati o anche soltanto caricati di significato dalle societàumane. Ed è questa la ragione più profonda per cui nonci può essere tutela senza progetto.

Questo passo decisivo – dalla gestione dei vincoli alprogetto di gestione delle risorse, dalla tutela passiva al-la conservazione innovativa – ha anche implicazioni im-portanti per la professionalità e la formazione degli ope-ratori o per le configurazioni tecniche e giuridiche del-le misure di tutela. Ma, se è vero che “non c’è paesag-gio senza progetto”, è anche vero che il progetto delpaesaggio non è un affare privato degli architetti, deipaesaggisti e degli operatori istituzionali. Non si può an-zi celare il rischio che alle derive burocratiche della ge-stione dei vincoli si contrappongano le derive corpora-tive di una progettualità totalmente autoreferente, pri-va di rapporti con le storie, le dinamiche e le creativitàdi coloro che vivono ed operano nelle realtà locali. Alcontrario, ridar senso al paesaggio, riprendere creativa-mente quei “discorsi paesistici” che i processi di degra-do hanno spesso traumaticamente interrotto, è unagrande impresa collettiva, una sfida che impegna inte-rattivamente l’intera società e che costringe a rivedereil ruolo e le responsabilità rispettive delle diverse istitu-zioni, delle comunità e degli attori locali e dei diversi por-tatori d’interessi.

3. Una terza svolta strategica concernela centralità del territorio

Nella questione paesistica i processi di trasforma-zione degli usi del suolo, gli sviluppi insediativi ed in-frastrutturali e le politiche urbanistiche e territoriali svol-gono (nel bene e nel male) un ruolo decisivo nelle di-namiche del paesaggio. Non si salva il paesaggio senon si salva il Paese; e non si salva il Paese se non si tor-na a fare seriamente i conti col territorio. Questa affer-mazione non va fraintesa: riconoscere che il paesaggio“nasce entro e dal territorio” (Gambi) o che la tutela delpaesaggio deve essenzialmente basarsi sul governo delterritorio non implica l’identificazione dei due concetti.Il concetto, o meglio la “nozione sociale” di paesaggioevoca infatti valori – come quelli semiotici, od estetici,o mitologici – che non si manifestano direttamente nel-l’assetto del territorio; l’esperienza paesistica implicainoltre una dimensione “soggettiva” ben diversa dallasoggettività inerente la produzione e l’abitazione delterritorio. Non va dimenticato che il paradigma paesi-stico ha mostrato la sua fertilità proprio nell’oltrepassa-re i contributi pur decisivi del paradigma “scientifico” enel misurarsi coi processi d’identificazione ed auto-rap-presentazione che coinvolgono le comunità locali e la lo-ro capacità di “far significare le cose” (Barthes). Ma è nelterritorio che i problemi di difesa del suolo, di riequilibrio

125

Page 126: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

e stabilizzazione ecologica, di salvaguardia della qualitàambientale, d’innovazione dell’agricoltura e dei pro-cessi produttivi, di riorganizzazione degli assetti inse-diativi e di modernizzazione delle reti infrastrutturali siincrociano, ripercuotendosi sul paesaggio. Ed è quindiprima di tutto nel governo del territorio che va trovatala chiave per rispondere positivamente alla domanda dipaesaggio e per non distruggere o sprecare questa ri-sorsa fondamentale del Paese. In altri termini la con-servazione e l’arricchimento dei valori paesistici fannoparte integrante dello sviluppo sostenibile del territorio.È da questa constatazione che occorre partire per ri-prendere il cammino avviato con la L.431/1985, evitan-do ogni ingiustificata settorializzazione e ridefinendole responsabilità che il governo del territorio a tutti i li-velli deve finalmente e con piena consapevolezza assu-mersi nei confronti del paesaggio.

A livello centrale, ciò ribadisce la necessità di quel-la funzione “d’indirizzo e coordinamento”, ripetuta-mente affermata sul piano legislativo ma finora tropposcarsamente esercitata, in particolare per ciò che con-cerne: a) la definizione degli obiettivi e delle regole, cui de-

ve ispirarsi l’azione di tutela e riqualificazione pae-sistica a tutti i livelli e in tutti i settori d’intervento;

b) la definizione delle Linee fondamentali d’assetto delterritorio nazionale (previste dalla L.394/1991 e ri-lanciate con ruolo e contenuti assai ampliati dalDlgs 112/1998), in rapporto da un lato con la Car-ta della Natura in corso di elaborazione (che nonpuò limitarsi a considerare il paesaggio soltantosotto il profilo ecologico, in pieno contrasto conquella visione olistica, ricomprensiva di aspetti na-turali e culturali, che è stata recepita nella Con-venzione europea) e, dall’altro, con lo Schema disviluppo dello spazio europeo, nel quale la specifi-cità paesistica dell’Italia deve trovare la giusta con-siderazione;

c) il coordinamento delle politiche a vario titolo inci-denti sull’assetto, l’evoluzione e la fruizione delpaesaggio (gestione dei rischi, difesa e sistemazio-ne del suolo, agricoltura e territori rurali, maglie in-frastrutturali e reti urbane, reti ecologiche e spazinaturali, ecc.);

d) la programmazione delle azioni economiche perlo sviluppo sostenibile dei principali sistemi territo-riali (arco alpino, Appennino, isole e sistemi costie-ri), anche ai sensi della L.426/98, sulla base di ac-cordi interministeriali, con le Regioni e gli altri sog-getti pubblici e privati;

e) la promozione della conoscenza, il coordinamentoe lo sviluppo dei sistemi informativi e dei sistemi dimonitoraggio, atti a supportare ed orientare l’a-zione di tutela a tutti i livelli, oltre che le attività del-le Soprintendenze.

Non si può sottovalutare il fatto che questo coor-dinamento “trasversale” interferisce pesantemente nel-le competenze attribuite ai diversi settori dell’ammini-strazione centrale. Un’adeguata e preventiva conside-razione dei valori paesistici non può evitare di incidere,ad esempio, sulle scelte di fondo che orientano le poli-tiche infrastrutturali (autostrade e ferrovie veloci, elet-trodotti ed impianti di produzione energetica, opere didifesa del suolo e di sistemazione idraulica, ecc.) oltreche, ovviamente, sulle modalità attuative delle politichestesse. Ancor più direttamente, la considerazione pae-sistica è destinata ad interferire con le politiche am-bientali, soprattutto quelle volte alla realizzazione diuna infrastruttura ecologica nazionale (inserita nella re-te ecologica europea cui l’Italia è tenuta a concorrere).Questa si fonda infatti principalmente sulla realizzazio-ne della rete ecologica nazionale, che deve incorporaree interconnettere il sistema nazionale dei parchi e dellearee protette, interessando le fasce fluviali e gli ambititerritoriali di maggior interesse naturalistico. Il sistemadelle aree protette ha conosciuto negli ultimi vent’anniuna crescita spettacolare, per cui si può stimare cheuna quota prossima al 25% del territorio nazionale siacoperto o influenzato direttamente dai piani e dalle al-tre misure di protezione concernenti i parchi e le areeprotette, il che conferisce ovviamente un ruolo strategicoalle politiche ivi praticabili nei confronti dei problemicomplessivi del paesaggio (tanto più che per la maggiorparte le aree protette italiane risultano classificate in-ternazionalmente come “paesaggi protetti” e non po-che figurano o figureranno prossimamente come pae-saggi culturali nella lista Unesco del patrimonio mon-diale); simmetricamente, va notato che la tutela paesi-stica, all’interno e all’esterno delle aree protette, si staconfigurando come una strategia fondamentale per as-sicurare a tali aree un’efficace protezione, secondo leesperienze più aggiornate; per cui parrebbe davverodifficile e insensato proporre politiche del paesaggioche prescindessero dalle politiche dei parchi e delle areeprotette, e viceversa.

Questi pochi cenni bastano ad intendere come iltentativo di fecondare con “un’adeguata considerazio-ne dei valori paesistici-ambientali” (come vuole la L.431)le diverse politiche che li possono investire, richieda laricerca di ricomposizioni ed unità d’intenti che non pos-sono certo fondarsi su improbabili riaccorpamenti degliambiti di competenza ma comportano piuttosto unenergico riorientamento verso l’esercizio cooperativodel potere. Ciò riguarda non soltanto le relazioni “oriz-zontali” tra i diversi settori di governo – come tipica-mente tra il Ministero dei Beni e delle Attività Culturalie quello dell’Ambiente e del Territorio – ma anche le re-lazioni “verticali” tra i diversi livelli, interessate da quelpotente “rimescolamento dal basso” che le riformehanno finora solo parzialmente riscontrato. La defini-

126

Page 127: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

zione di indirizzi ed opzioni di fondo a livello centralenon è affatto in contrasto con l’orientamento alla mas-sima responsabilizzazione delle Regioni e degli Enti lo-cali nell’azione di tutela, che al contrario concorre arafforzare, nella misura in cui offre loro un quadro co-noscitivo e programmatico di riferimento. È in tale qua-dro che le Regioni possono adempiere ai compiti loro at-tribuiti di pianificazione paesistica (uscendo da una trop-po lunga stagione di ritardi e latitanze) e gli Enti localipossono più efficacemente contribuire alla tutela pae-sistica, sulla base di letture attente e ravvicinate dei di-versi paesaggi e di articolati e differenziati criteri di ge-stione, oltre che su opportune misure regolative.

Un’adeguata considerazione del ruolo e dei valoridel paesaggio richiede certamente approcci integratinei processi di pianificazione e gestione del territorio,che sono oggettivamente ostacolati dalla frammenta-zione degli strumenti e delle competenze. In particola-re sembra ormai necessario andare oltre quell’ambiva-lenza tra piani paesistici e piani urbanistici-territorialiche ha trovato ospitalità nella L.431/1985, riconoscen-do a questi ultimi (e quindi soprattutto ai Piani Territo-riali di competenza delle Province, come già previsto dalDlgs 112/98, ed ai Piani Regolatori di competenza deiComuni) l’obbligo di integrare pienamente nei propricontenuti il tema del paesaggio. Così come sembra ne-cessario pretendere dai Piani di Bacino ex L.183/1989(oltre che, ovviamente, dai Piani dei Parchi, peraltro giàvincolati a ciò dal loro ruolo “sostitutivo”) analoga con-siderazione dei valori paesistici.

Tuttavia, non è con la “onnicomprensività” dei pia-

ni urbanistici-territoriali che si può tentare di imprigio-nare la complessità trans-scalare e polisemica del pae-saggio, la sua insopprimibile e dinamica diversità. Ladiversificazione degli strumenti ed il pluralismo dei sog-getti di governo riflettono, in larga misura, l’evoluzionedei processi decisionali che caratterizza la società con-temporanea e la complessificazione inarrestabile deiproblemi che essa deve gestire. La co-pianificazione,attraverso la concertazione, le conferenze di servizi, gliaccordi di pianificazione tra i diversi soggetti di gover-no, è una via obbligata per conferire all’azione di tute-la la necessaria efficacia, realizzando le indispensabili si-nergie.

La necessità di comportamenti e pratiche coope-rative va d’altronde ben oltre i soggetti istituzionali,coinvolgendo gli attori locali ed i portatori d’interessi dacui, in ultima analisi, dipendono le dinamiche trasfor-mative del paesaggio. Il loro coinvolgimento nei progettidi conservazione innovativa non mira sempre e soltan-to alla ricerca di “accordi lieti” o di accettabili compro-messi; come dimostra l’esperienza dei patti territoriali,esso è anche indispensabile per dar voce agli interessi di-scordi, per fare emergere i conflitti e strutturare diver-samente i problemi, tenendo conto delle diverse pulsioniche sottostanno ai processi di costruzione dei diversipaesaggi, radicandoli nelle specifiche realtà territoriali.La valorizzazione della diversità paesistica – che costi-tuisce una straordinaria ricchezza del Paese – non puòche inquadrarsi in una prospettiva dialogica e coopera-tiva, nella quale le creatività locali trovino piena possi-bilità di espressione.

127

Page 128: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

128

Introduzione

Si ricordano alcuni degli scopi della Prima Confe-renza Nazionale per il Paesaggio dichiarati dal MinistroMelandri nei giorni di apertura della Conferenza:

avviare una riflessione globale che porti a proporrenuovi strumenti atti a garantire una migliore qualità glo-bale; individuare … nuovi strumenti anche procedurali elegislativi … per far sì che il paesaggio diventi una dellecomponenti irrinunciabili delle strategie di pianificazionee gestione del territorio da parte delle autorità locali, re-gionali, nazionali; indicare linee direttive su una risorsache ha anche forti ricadute economiche; avviare con tut-te le istituzioni coinvolte e le associazioni interessate aquesto processo una riflessione coraggiosa ….

Durante la prima riunione di docenti universitari edi rappresentanti di Associazioni ambientaliste e cultu-rali presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali,convocata in preparazione della Prima Conferenza, il Mi-nistro ha tra l’altro precisato esser necessario: – giungere a una profonda revisione, in ambito cul-

turale, della nozione di paesaggio;– ridefinire culturalmente e migliorare nei fatti i rap-

porti tra processi tendenti a qualificare paesaggi eprocessi dell’urbanistica;

– armonizzare a tal fine le diverse competenze che in-tervengono non solo nelle città ma anche sui lorodintorni e al loro esterno: su campagne, rilievi, co-ste…..

– ridurre la frammentarietà dei controlli sulle tra-sformazioni;

– determinare un legame tra cultura materiale e com-patibilità ambientale;

– istituire un OSSERVATORIO sulle evoluzioni territo-riali comportanti trasformazioni di paesaggi; giun-gere a confronti all’interno di un OSSERVATORIO IN-TERNAZIONALE (evidente riferimento a S.D.E.C.,O.R.A.T.E.,5° Prog.Quadro della Commiss. Europea)È implicita una giusta affermazione: paesaggi am-

mirevoli allo sguardo, ma di campagne e città invivibili

per disfunzioni gravi, ovvero per inquinamenti di suoli,o di acque, o dell’atmosfera, non sono che parvenze dipaesaggi; sono paesaggi destinati a scomparire.

Esplicitamente, si chiede in qual modo far sì che ilpaesaggio diventi una delle componenti irrinunciabilidelle “strategie” di pianificazione e gestione del terri-torio e dell’ambiente da parte delle autorità locali, re-gionali, nazionali.

I cinque documenti che seguono sono parti di unasola risposta, e suggeriscono una “strategia di azioni”,nessuna indipendente dalle altre e inutile senza le altre.

Il primo contiene una reinterpretazione – sollecita-ta da recenti documenti del Consiglio d’Europa – delrapporto tra “percezione” e “paesaggio” nelle societàdi tutti i tempi, ma da riconsiderare oggi per condizio-ni di vita di questi nostri anni. Una reinterpretazione cheè alla base dei punti successivi, in cui sono illustrate leprincipali iniziative che, secondo l'autore, dovrebbero es-ser prese quasi contemporaneamente in vari campi esettori: – l’adozione di nuove leggi di livello nazionale e re-

gionale, a) – introducenti nuove o più severe misuredi salvaguardia sull’intorno di aree, opere, beni,percorsi, altre risorse di interesse archeologico, sto-rico, artistico, ecologico, ambientale; b) – obbli-ganti a studi più attenti e completi degli attualisulle relazioni e reciproche influenze, in ogni terri-torio, tra luoghi, risorse, attività, sfruttamenti; c) –favorenti, anche con finanziamenti appositi, un lar-go ricorso a strumenti e sistemi di monitoraggiocontinuo sui principali elementi e fenomeni misu-rabili nei territori, nell’ambiente, nei paesaggi;

– la conseguente modificazione di strumenti, meto-di e procedure ora in uso sia per le pianificazioni ter-ritoriali, urbanistiche, ambientali ai diversi livelli de-cisionali (Stato, Regioni, Province, Comuni) sia perle progettazioni e realizzazioni di grandi opere (fer-rovie e stazioni, porti, aeroporti, autostrade, gran-di impianti, ecc.);

– l’addestramento in forme nuove (per lo sviluppo e

Mario GhioUniversità degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura

Page 129: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

129

la diffusione di una cultura e prassi di ordine pluri-e infra-disciplinare) di ricercatori, amministratori,professionisti, personale amministrativo, affinchèsiano in grado di partecipare a processi di pianifi-cazione comportanti non solo, ma anche, conser-vazione o riqualificazione di paesaggi ovvero crea-zione di nuovi paesaggi; processi obbliganti semprea collaborazioni sistematiche, di lungo periodo, tra“esperti” in discipline diverse, portatori di respon-sabilità diverse.Queste le principali iniziative da prendere contem-

poraneamente, per consentire anche in Italia la elabo-razione, adozione e realizzazione di veri e propri “pianidi paesaggio” (da non confondere con gli attuali “Pia-ni Paesistici” e “Piani Territoriali-Paesistici”, utili oggisolo in piccolissima parte, malgrado il loro nome, alperseguimento dei fini indicati dal Ministro).

Quanto all’ Osservatorio “nazionale” (non di un sin-golo Ministero, di una singola Regione o Provincia, po-tendo già oggi ogni Ministero, Regione e Provincia far-si il suo osservatorio secondo le sue competenze, il cheinfatti avviene) e ai possibili collegamenti con un Os-servatorio internazionale, sembra molto difficile la suaistituzione se non saranno prese prima le iniziative rias-sunte in A e più ampiamente illustrate nel seguito.

Possono essere istituiti osservatori “di settore”; ogniMinistero ha già il proprio e così quasi tutte le Regioni equasi tutti gli Enti di settore; uno sui piani regolatori è sta-to istituito dall’INU in collaborazione con la Regione To-scana, nella sede della Regione; osservatorio molto uti-le, che però non “osserva” molti dei fenomeni (es. le “re-lazioni e reciproche influenze” tra luoghi, risorse, attività,decisioni, ecc.), dei problemi, degli strumenti, delle pro-cedure cui è stata dedicata la Conferenza.

L’argomento “osservatori” non è affrontabile com-piutamente, per ora, se non saranno risolti prima mol-ti dei problemi ricordati dal Ministro e trattati nel seguito;per il momento, potranno essere tentati alcuni esperi-menti “semplici”, “di prova”, forse nell’ambito delle ini-ziative suggerite in 4.

1. Paesaggio e cultura della pianificazione neidocumenti del Consiglio d’Europa e dellaCommissione Europea: una ri-definizionedella nozione di paesaggio

1.1- Se si escludono i progetti e gli interventi ri-guardanti il paesaggio dei Parchi Nazionali e dei ParchiRegionali, il cui numero e la cui estensione è fortunata-mente in crescita, non si può certo affermare che in Ita-lia – Paese ricco forse più di tutti gli altri d’Europa, dipaesaggi urbani e non urbani di altissima qualità, ma an-che più di altri segnato da gravissimi guasti – sia visibi-le il risultato di un qualche recente “progetto di pae-

saggio”, di un qualche intervento di notevole respiroqualificante non solo, entro ristretti limiti, un luogo,un’opera, un complesso di riconosciuto valore, ma un’a-rea ampia, estesa, includente complessi urbani e indu-striali inquinati e trafficati, contenente beni di interessestorico, artistico, archeologico e, all’interno e sull’intor-no, terreni in parte abbandonati, in parte coltivati, spes-so degradati e privi di una qualsiasi qualità.

Esistono oggi tuttavia, e sono da ricordare, nume-rosi provvedimenti, leggi, norme e procedure che of-frono alcune possibilità di operare sul fronte del pae-saggio, ma in modo insufficiente.

Salvaguardie: all’esterno dei suddetti Parchi Nazio-nali e Regionali, si fa ricorso a quei “piani paesistici” e“piani territoriali-paesistici” previsti dalle nostre leggi;questi, malgrado il loro nome, definiscono e impongo-no solo “salvaguardie” di aree naturalisticamente e sto-ricamente importanti (aree e risorse di riconosciuto in-teresse naturalistico e/o ambientale: boschi e foreste, co-ste sul mare, terreni sui lati dei grandi corsi d’acqua, ecc.)ed escludono l’edificabilità in alcuni luoghi, in altri for-temente la limitano, imponendo indici di edificabilità ter-ritoriali o fondiari particolarmente bassi. Indipendente-mente dai suddetti piani e già prima dell’approvazionedella legge che li prevede, esistevano e perdurano in Ita-lia gli effetti positivi di molte “salvaguardie”, le più ef-ficaci delle quali quelle poste sui centri storici, su ville sto-riche, su aree di alto interesse archeologico e paeleon-tologico.

Interventi: non sono mancati e non mancano i re-cuperi e restauri di centri antichi, di complessi monu-mentali, di monumenti singoli, di ville storiche, non le fo-restazioni o riforestazioni di monti e colline (però, spes-so, con essenze non autoctone) e le cure lungo costa difamose pinete; non le realizzazioni, anche se non nu-merose, di nuovi parchi e giardini urbani.

Norme in alcuni piani regolatori. Ancora a favore di“progetti di paesaggio” (ma senza che questi possanoessere poi realmente redatti e attuati) nei piani adotta-ti da alcune Regioni, Province, Comuni (con indicazionitanto più precise quanto più il piano si avvicina al livel-lo del Comune) sono delimitate tante diverse “zone”,stabilendo non solo le utilizzazioni e trasformazioni con-sentite in ciascuna (in una solo residenze e uffici, in al-tra solo industrie, in altre solo coltivazioni, ecc.) ma sta-bilendo anche le forme e dimensioni da conferire alleopere nuove realizzabili o, se già esistenti, trasformabi-li. Anzi, per gli interventi in alcune zone (ad esempio perriattamenti e recuperi di edifici in centri storici, per le co-struzioni agricole in aree extraurbane di valore storico opaesistico o ambientale e, a volte, per tutte le costruzioniesistenti e prevedibili in un Comune, sono prescritti an-che i materiali e i colori da utilizzare; allo stesso modo,per tutti gli impianti a verde da eseguire con alberi e ce-spugli lungo viali, in giardini e parchi pubblici, in giardi-

Page 130: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

ni privati, sui lati di strade storiche o, in aree agricole, suiconfini di campi coltivati, si impone l’impianto di essenzeautoctone o almeno da lungo tempo localmente natu-ralizzate.

Insufficienze. Nei modi suddetti, si opera certo afavore di possibili, eventuali, futuri “progetti dipaesaggio”, ma resta sempre una indifferenza più omeno marcata nei riguardi del “contesto” di opere,elementi, luoghi salvaguardati, o recuperati, o trasformati,e da qui deriva una forte disattenzione alle “relazioni ereciproche influenze” tra un luogo e l’altro, una risorsae l’altra, una trasformazione e l’altra. Tutto ciò fa sì cheveri e propri “progetti di paesaggio” non siano parte dellestoria italiana degli ultimi cinquant’anni. I dintorniimmediati e non immediati di tanti centri, elementi, sitie percorsi storici, così come di tanti luoghi di alto interessenaturalistico e ambientale, specialmente in questi ultimicinquant’anni sono stati brutalmente alterati.

1.2. Solo da poco tempo qualcosa di nuovo, di cui an-che in Italia si dovrà tener conto, sta avvenendo sulfronte del paesaggio.L’apprezzabile novità, più volte citata dal Ministro

Melandri in apertura di Conferenza, è in principi e con-cetti non nuovi in sé (anzi, ciascuno, isolatamente con-siderato, è piuttosto antico, moltissime volte espresso,molte volte e in molti luoghi esemplarmente applicato),ma per la prima volta esplicitamente o implicitamenteespressi e insieme richiamati in documenti di enti inter-nazionali che, in certa misura, di quei principi e concet-ti potrebbero favorire l’applicazione anche in Italia, nel-lo studiare, pianificare e gestire vasti territori, ponendonein luce la storia e salvaguardandone o riqualificandonel’ambiente.

Uno dei documenti è del Consiglio d’Europa, cheha adottato e diffuso da poco un “Progetto di conven-zione europea sul paesaggio”; un altro della Commis-sione Europea, che proprio durante il ‘99 (nei mesi in cuiè stata preparata dal Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali la “Prima Conferenza italiana per il paesag-gio”) si andava preparando, non si sa se procederà co-me fin ora dichiarato. Ma i documenti sotto questoaspetto più importanti sono lo S.D,E.C. (Schéme de dé-veloppement de l’éspace communautaire) e l’O.R.A.T.E.(Obsérvatoire en résau de l’aménagement du térritoireeuropéen). Le elaborazioni dei tre documenti sono du-rate anni. Le approvazioni sono del ‘98 e ‘99, con pro-messe di incentivi da parte della Commisione Europea,erogabili agli Stati che le faranno proprie e a Regioni,Province, Comuni che vi si atterranno.

L’intento è comprensibile a pieno solo leggendoquesti documenti insieme e confrontandoli tra loro: intutti e tre, i paesaggi considerati (da conservare, o mi-gliorare, o nuovi da progettare) sono tutti quelli possi-bili, ovunque percepiti e percepibili – montani, collina-

ri, di pianura, costieri, marini; agricoli e forestali; esistentiall’esterno, sui dintorni e all’interno degli aggregati ur-bani e industriali di qualsiasi epoca, dimensione, valore,importanza – e di ciascuno di questi sono considerate lerelazioni con altri, contigui o lontani.

Specialmente nel citato documento del Consigliod’Europa appare con frequenza l’espressione “perce-zione”. Leggendo, si comprende che non è più e nonsoltanto quel tipo di percezione che, intorno al 1300, sidice abbia spinto qualcuno ad inventare la parola “pae-saggio”, prima inesistente. È piuttosto una percezioneche, già presente in forma istintiva in società umane del-la preistoria, in forme sempre più affinate e complesseha accompagnato poi tutta l’evoluzione umana nei rap-porti di ogni società con il proprio territorio, nonché conl’ambiente naturale in cui tali territori erano e sono im-mersi e di cui fanno parte. Perciò, non è solo la perce-zione di chi dipinge paesaggi o li descrive in poesia o inprosa (a volte dovuta anche dall’osservare un insieme diluoghi da un solo punto, qualche volta persino in un so-lo istante) né di chi studia e commenta opere d’arte let-terarie o pittoriche rappresentanti o evocanti paesaggi.Neppure quella o quelle di chi studia paesaggi secondouna singola disciplina (solo storia o archeologia, sologeografia o ecologia, antropologia, economia, ecc.)senza confrontare le percezioni sollecitate dal coltivarela propria disciplina con quelle che alimentano e di cuisi alimentano altre discipline.

Tutte queste potrebbero esser definite percezioni“pure”: nascono da pura esigenza di comprendere alcu-ni dei caratteri di un paesaggio, di rappresentarli, o de-scriverli, o più semplicemente di ricordarli e far ricordarela suggestione provata, senza intenzione alcuna di inter-venire su di essi per conservarli se pregevoli, modificarli sein qualche punto o nell’insieme disarmonici, migliorarli se,per chi li osserva o li studia, del tutto insignificanti.

Di tutt’altra natura – e, certo, mai ottenibile osser-vando un insieme di luoghi da un punto (tanto meno inun istante) – quella particolare percezione degli spazi,delle risorse naturali e culturali, di insediamenti, produ-zioni e consumi, nonché delle relazioni e reciproche in-fluenze, nello spazio e nel tempo, tra tutti questi ele-menti, sistemi, processi, che nasce – non tanto in un in-dividuo quanto in una società insediata in un territorio– dall’intenzione di accumulare conoscenze utili ad im-maginare le trasformazioni possibili in prospettiva, indi-viduarne le cause vicine e lontane, per intervenire atempo ove necessario.

Questa non è solo percezione delle trasformazioniavvenute e in corso. È una “percezione ad ampio spet-tro”, rivolta sia al passato che al futuro, critica in en-trambe le direzioni e, in entrambe le direzioni, permea-ta di immaginazione, indispensabile specialmente oggiin ogni società che voglia compiere scelte tempestive diinteresse generale per assicurarsi la sopravvivenza in

130

Page 131: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

131

luoghi che, pur trasformandosi, non solo siano orga-nizzati correttamente, ma siano sotto ogni aspetto ar-moniosi e significativi.

È questa particolare percezione, alla radice di quelmodo di operare che fu di molte delle società di epocheantiche, medioevali, rinascimentali, quando le trasfor-mazioni economiche, sociali, ambientali erano lente,semplici gli strumenti e ogni mercato locale era assai po-co influenzato dagli altri; società che coltivando boschie campagne, usando suoli e acque, producendo case,strade e ogni altra opera indispensabile alla sopravvi-venza, modellarono con grande arte e coerenza non so-lo ogni elemento e luogo, ma anche la “scena di insie-me” delle aree da loro abitate e sfruttate.

Di questo modo di percepire-operare si avverte ades-so acutamente l’esigenza non solo, ma anche, a causadella crescente rapidità e intensità delle trasformazioni edei degradi prodotti dall’ormai dirompente evolversi del-l’economia a scala mondiale servita da tecniche e tec-nologie ogni giorno più avanzate, con improvvisi acca-parramenti e sfruttamenti di spazi e risorse naturali eumane da parte di sempre più consistenti capitali priva-ti continuamente tendenti ad aggregarsi per dominaresempre meglio i mercati; da invecchiamento di intere po-polazioni, trasmigrazioni di altre da paesi poveri, au-mento costante del turismo di massa, di consumi e rifiuti,di attentati all’ambiente, più pesantissimi interventi pergrandi opere di pubblico interesse o ritenute tali.

Pertanto, la “percezione” cui siamo invitati è, inrealtà, una “percezione-lungimiranza” e questa è ora darinnovare con frequenza per due ragioni almeno: – per orientare a tempo, nel corso delle trasformazioni

che sopravvengono, l’uso degli spazi e delle risor-se naturali e culturali, così che sia ancora possibilecontinuare a soddisfare, in generale, tutti gli inte-ressi pubblici, generali, diffusi (ma è di interessepubblico anche l’armonia dell’insieme e, se la siotterrà, non sarà più un’armonia “statica”: dovràcambiare anch’essa nel tempo);

– perché anche negli individui che vivono in una stes-sa regione, la percezione-lungimiranza cambia ne-cessariamente nel tempo.Però, se in tempi trascorsi si poteva operare, pro-

durre, sopravvivere secondo una percezione-lungimi-ranza quasi istintiva, oggi questa è ottenibile solo at-traverso operazioni complesse (vedi 3) in cui, attraver-so complesse strumentazioni, possano intervenire e pos-sano confrontarsi analisi, prospezioni e previsioni con-dotte secondo quasi tutte le discipline. Operazioni chedevono infatti consentire di individuare e comprendereanche fatti e fenomeni non immediatamente e non atutti evidenti: non solo le trasformazioni di ordine eco-nomico, sociale, tecnologico, culturale in corso e quel-le che sono sul punto di sopravvenire, ma anche nu-merose forme di occulto inquinamento, emungimenti

eccessivi da acque superficiali e profonde, abbassamentiprogressivi di vaste pianure, lenta scomparsa di spiagge,lenta alterazione di sistemi ecologici terrestri e marini,….. e le relazioni e reciproche influenze tra un feno-meno e l’altro. Tutto ciò – come avviene da tempo inmolti dei paesi maggiormente industrializzati, ma po-chissimo in Italia – impone il ricorso a monitoraggi con-tinui su un alto numero di fenomeni, essendo pratica-mente impossibile, senza veri monitoraggi, quantifica-re gli andamenti dei fenomeni: si prevede “a tentoni”,e in ugual modo sono compiute le scelte.

In questo quadro, è evidente che il paesaggio (siail “paesaggio di grande insieme”, sia quello che, per i sin-goli luoghi urbani ed extraurbani è e sarà da concepiree riconcepire spesso in relazione all’insieme) potrà esseresalvaguardato, o qualificato, o più volte riqualificato, oanche inventato, solo se derivante da operazioni che af-fiancheranno, o saranno parte intrinseca, di pianifica-zioni, programmazioni e progettazioni riguardanti ad untempo e ovunque: – il territorio (cioè campagne e boschi, rive di fiumi e

coste sul mare, aggregati urbani e industriali, in-frastrutture e impianti),

– l’ambiente naturale (acque, suoli, atmosfera, siste-mi ecologici),

– l’ambiente culturale (luoghi e opere di interesse pa-leontologico, archeologico, storico, artistico; percor-si storici; centri storici) ovviamente operando sugliaspetti economici, sociali, finanziari, amministrativi,organizzativi che direttamente o indirettamente inci-dono sugli assetti, gli usi e le qualità del territorio, del-l’ambiente naturale, dell’ambiente culturale.Se ora sembra possibile rispondere ovunque alle

nuove esigenze, ciò è dovuto anche all’evoluzione av-venuta negli ultimi anni e tuttora in corso in tutte le di-scipline scientifiche, nonché in tutte le tecniche e tec-nologie di analisi, prospezione, previsione, simulazionee rappresentazione a tutte le scale geografiche, nonchédi calcolo rapido dei costi pubblici e privati da sostenereper realizzazioni, manutenzioni, gestioni, più ipotesisui benefici. Se non esistessero queste tecniche e tec-nologie a nessuno verrebbe in mente di sostenere che,in tema di paesaggio, si potrebbe ormai operare ovun-que nei modi sopra indicati, abbandonando gradual-mente l’operare “per settori”, “a brani”, attraverso“poteri confinati”, affidandosi a “saperi confinati”.

1.3. Iniziative da prendere.In generale, i nostri strumenti di pianificazione, per

tante ragioni molto deboli per ciò che riguarda il pae-saggio, lo sono in particolare:– per la perdurante assenza, già posta in luce, di al-

cune salvaguardie e misure precauzionali sull’in-torno dei siti e percorsi di interesse archeologicoe storico, dei centri storici, di luoghi e risorse di al-

Page 132: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

to interesse naturalistico, ecologico, ambientale; – inoltre, per la perdurante assenza, all’interno e sul-

l’intorno di ogni territorio comunque abitato esfruttato, di ricerche e valutazioni riguardanti le re-lazioni e reciproche influenze tra un luogo e l’altro,una risorsa e l’altra, un’attività produttiva e l’altra,un intervento e l’altro;

– ricerche e valutazioni possibili solo se saranno for-temente incrementati, all’interno e sull’intorno diogni territorio comunque abitato e sfruttato, glistrumenti di continuo, automatico monitoraggiosulle quantità e qualità delle risorse naturali, delleattività, delle produzioni, dei traffici, di consumi erifiuti, dei recuperi e riusi, ecc.Poiché queste precauzioni sono essenziali per giun-

gere poi a qualificare realmente i paesaggi del paese, adesse è dedicato un apposito documento (vedi 2).

Alle suddette insufficienze si affianca la presenza dialcune procedure di pianificazione improprie, con una se-parazione quasi schizofrenica tra i processi pianificatoridi Regioni, Province, Comuni da un lato e, dall’altro, leattività e iniziative degli Enti di Settore responsabili del-le progettazioni e realizzazioni di porti, aeroporti, ferro-vie, stazioni, autostrade e relativi svincoli, nodi di scam-bio, il tutto con forti squilibri nell’assegnazione di fondipubblici ai diversi Enti. Prevalgono ancora, in Italia, mo-di di operare ben diversi da quelli suggeriti dal Consigliod’Europa e dalla Commissione Europea. Non dapper-tutto, ma in molte Regioni, si opera ancora non solo per“luoghi” astratti dal loro contesto, ma anche per “set-tori di competenza” (per le procedure vedi 3).

Il tutto è negativamente rafforzato dalla inade-guatezza, nelle università e nei corsi di dottorato, degliaddestramenti dei nostri urbanisti, paesaggisti, pubbli-ci amministratori. Per giungere ad una migliore prepa-razione dei futuri professionisti, amministratori e delpersonale amministrativo occorrono appositi e non su-perficiali addestramenti, e parti importanti dei citati do-cumenti europei sono dedicati a questo aspetto. Quel-li dell’UE contengono promesse di contributi non indif-ferenti agli enti pubblici che con ordine e sufficiente in-tensità intendano dedicarvisi coinvolgendo anche or-ganismi e settori privati. Occorre un addestramento nonbreve, pressoché assente in Italia, adatto a coinvolgeree a fare operare insieme e a lungo cultori di quasi tuttele discipline, per l’affermarsi di una cultura e prassi in-ter e infra-disciplinare (vedi 4).

2. Proposta riguardante un ‘’Reticolo dellesalvaguardie’’

In Italia, per legge, devono essere rispettate e nonedificate fasce di rispetto di varia ampiezza sui bordi distrade provinciali e nazionali, ferrovie, aste fluviali, lun-

go le coste di laghi e del mare, intorno ai cimiteri. Quivalgono ragioni di ordine igienico, sanitario, ambienta-le e di sicurezza. I siti di interesse paleontologico, ar-cheologico, storico, artistico, i centri storici, i percorsi sto-rici, elementi e sistemi caratterizzanti tutti il paesaggioitaliano molto più di quello di altri paesi, non sempre eovunque godono, in Italia, di obbligatorie (non “facol-tative”) misure di salvaguardia sul loro intorno, e questenon dovrebbero essere “fasce” di profondità rigida-mente e astrattamente prestabilita, ma “ambiti” diprofondità anche notevole (però mai inferiore ad unminimo invalicabile) da definire durante i processi dipianificazione cui è dedicato il punto 3.

Qualsiasi Comune amministrante settori di territo-rio non protetti (sono, questi, tutti i siti esterni a “par-chi nazionali” a “parchi regionali” e tutti quelli il cui usonon è condizionato da leggi o norme già in vigore (ve-di 1.1), settori che, pertanto, coprono la grande mag-gioranza del territorio nazionale, può decidere di con-cedere diritti di edificazione, o di realizzare una o piùstrade nuove anche a pochi metri dai confini di un sitoarcheologico o storico, di una strada storica, di un cen-tro storico che in tutto o in parte è ancora in contattocon la campagna. (Per i siti archeologici, è anche un fa-cilitare l’attività notturna di quelli che un tempo eranodefiniti tombaroli, ormai molto organizzati, collegati agruppi internazionali, operanti a volte con escavatori).

In ugual modo, importanti Enti di Settore possonoproporre nuovi tratti autostradali e ferroviari, stazioni,porti, aeroporti, nodi di scambio, grandi linee di tra-sporto dell’energia, cabine di trasformazione, ecc. nel-le immediate vicinanze di molti dei suddetti siti, luoghie percorsi. Possono proporli e presto o tardi li realizza-no, vista la improprietà e incompletezza delle nostreprocedure Simulazione Impatto Ambientale e Valuta-zione Impatto Ambientale, visti gli squilibri nelle dispo-nibilità di fondi pubblici da parte dei vari Enti e delle va-rie Amministrazioni locali, visti i risultati di gran parte del-le attuali “conferenze di servizi” e degli attuali “accor-di di programma”.

Tra l’altro, se – come nei pressi immediati del Par-co dell’Appia Antica, dei complessi archeologici di Er-colano, Pompei, Agrigento, Tivoli e di migliaia di altri –esistono già edifici pubblici o privati su aree che dasempre sono state “edificabili”, nulla vieta che un gior-no o l’altro una qualche Amministrazione Comunaledecida di incrementare gli indici di edificabilità, cheeventuali proteste e ricorsi per una qualche ragione nonabbiano successo, e che grandi volumi sostituenti quel-li ora esistenti e contenenti abitazioni, uffici, alberghi, ri-storanti “di prestigio” siano “valorizzati” dalla vista suiresti di interesse storico, artistico, archeologico che do-vrebbero essere in ben altro modo valorizzati.

Il Parlamento, su indicazione del Ministero per iBeni e le Attività Culturali, previo accordo con le Regio-

132

Page 133: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

133

ni, dovrebbe finalmente emanare in tempi brevi unalegge che imponga “ambiti di rispetto” non rigidi (per-ciò, di profondità variabile secondo locali esigenze cul-turali, ambientali e soprattutto “paesistiche”) sull’intor-no dei siti, luogi e percorsi suddetti, con possibilità di ar-ticolarne la dimensione punto per punto secondo pro-cedure nuove; in tal modo, consentire di variarne l’am-piezza nei diversi punti e nelle diverse direzioni da un mi-nimo assoluto e non riducibile ad un massimo eventuale,così che sia possibile tener conto del variare dei carat-teri del paesaggio (esistente da creare) sul più vasto in-torno, secondo morfologia, geologia, idrologia locale,locali caratteri naturalistici, locali insediamenti esistentio previsti.

Completando le salvaguardie già imposte dalle leg-gi oggi in vigore con quella qui suggerite, si determi-nerebbe ciò di cui troppo si avverte l’assenza in Italia: un“reticolo delle salvaguardie”, prevalentemente formatodall’intreccio tra le reti dei percorsi storici e le reti dei cor-si d’acqua, i cui punti di incontro sono quelli in cui so-no sempre sorti elementi e complessi di interesse stori-co e/o archeologico.

Esempio di traccia per un testo possibile: dapper-tutto – qualunque sia il sito, luogo o percorso di inte-resse storico, artistico, archeologico, paleontologico,ovunque esso sia – obbligo di imposizione da partedelle Regioni, e di specificazione da parte di Province eComuni, di “ambiti di rispetto”, inedificabili e non at-traversabili da strade e ferrovie, di profondità anche va-riabile, da decidere punto per punto e luogo per luo-go in base a studi e piani e progetti da redigere e ap-provare secondo le procedure consentite (vedi, sul rin-novo di queste procedure, il punto 3.3) ma in nessunpunto meno profonde di … e non più di… … misura-ti normalmente alla linea di confine del sito o luogo edai bordi del percorso, con obbligo di prevedere in pia-ni, programmi, progetti di qualsiasi tipo e livello riqua-lificazioni, recuperi, restauri dell’ambiente e degli ele-menti e sistemi costituenti paesaggio, ivi comprenden-do edifici, ponti e altre opere visibili dall’interno del si-to, luogo o percorso dotato di uno o più di uno degliinteressi citati.

Si ricorda che una legge francese del ‘83 limitata-mente a luoghi e opere di valore storico e archeologicoe ai centri storici, fissa a 500 metri e non meno l’am-piezza delle fasce di rispetto sull’intorno; poi, nel ‘93, per“insiemi” formati da luoghi e opere del genere suddet-to e tra loro vicini, sono stati previsti i noti ZPPAUP con-sistenti in progettazioni e interventi di ordine specifica-tamente paesistico. Fasce di rispetto lungo e intornoopere e luoghi di valore sono imposte da decenni in In-ghilterra, Germania, Olanda, Svizzera, Austria. Quasiovunque sono in uso da molti decenni le greenbelt in-torno ai luoghi urbanizzati. In gran ritardo, si suggeri-scono qui per l’Italia precauzioni e procedure non ne-

cessariamente uguali, ma con simili effetti. Sarebbe anche importante (contemporaneamente

alla emanazione o anche prima della emanazione diuna legge del tipo suggerito o di altra tendente allo stes-so fine) invitare diverse strutture universitarie ad orien-tare per un certo numero di anni un consistente nume-ro di tesi di laurea e di borse di studio in modo che sia-no presi sistematicamente e più volte in esame, dal pun-to di vista di discipline diverse (non solo dal punto di vi-sta di chi coltiva discipline dell’ingegneria, dell’architet-tura, dell’urbanistica, della storia o dell’archeologia) luo-ghi prossimi a:– siti di interesse paleontologico, archeologico, storico,– centri storici,– percorsi storici, anche se tali luoghi sono già edifi-

cati o già infrastrutturati, o compresi in ambiti sog-getti a trasformazioni per previsto sviluppo econo-mico o per previsto abbandono, analizzando così ri-petutamente e da punti di vista disciplinarmente di-versi:

– le relazioni trascorse, esistenti e prevedibili tra ca-ratteri dei siti, centri, percorsi suddetti e i caratteridei dintorni;

– le possibilità tecniche, giuridiche, economiche dimodificare i piani e programmi locali in modo daporre in luce “sistemi” formati (come detto e si ri-pete) da siti, luoghi, percorsi di interesse storico, ar-tistico, archeologico, paleontologico, ed elementi esistemi contigui, di interesse naturalistico, ecologi-co, ambientale, paesistico.Questo argomento (tesi di laurea, tesi di dottorato)

è sviluppato nel punto 4.

3. Proposte per i processi e per le procedure dipianificazione / programmazione

3.1 Processi, prima parte. Sembra ragionevole attenersi a quanto precisato

nell’Art. 2 del Progetto di “Convenzione europea delpaesaggio”, predisposto nel ‘96 e ‘97, elaborato con lapartecipazione di rappresentanti di governi nazionali, diamministrazioni regionali, di altri enti della UE, appro-vato a Strasburgo nel maggio ‘98 come “raccomanda-zione”, dal Congresso dei Poteri Locali e Regionali d’Eu-ropa.

L’Art. 2 recita: “La presente Convenzione si appli-ca a tutto il territorio europeo e riguarda gli spazi natu-rali, rurali, urbani e periurbani; essa concerne sia i pae-saggi straordinari che i paesaggi ordinari: tutti quelliche influiscono sull’ambiente di vita delle popolazio-ni”. Con parole diverse, analogo concetto è espresso peri territori d’Europa in documenti della Commissione Eu-ropea: S.D.E.C. e O.R.A.T.E.

Page 134: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

134

Si dovrebbe pertanto assumere a) che anche le leggi, norme, procedure italiane ri-

guardanti direttamente o indirettamente il pae-saggio debbano favorire non solo un’attenzione aipaesaggi percepibili in luoghi (abitati e non) di ri-conosciuto interesse naturalistico, ambientale, sto-rico, archeologico, culturale, … o soltanto estetico-scenografico, ma anche ai luoghi del tutto privi diqualità, abitati e non, già degradati o in pericolo didegrado, e/o necessariamente da trasformare connuove costruzioni e infrastrutture;

b) che a questo fine, intanto e per prima cosa, sia dacompletare l’attuale insieme di salvaguardie e mi-sure precauzionali, iniziando dalla istituzione diquel “reticolo di salvaguardie” raccomandato alpunto 2, abbracciante non solo, come ora, alcunifiumi, alcune strade, ecc., ma anche i dintorni im-mediati e non di luoghi di interesse paleontologi-co, argheologico, storico, artistico, di centri storicie percorsi storici, reticolo da concepire in funzionedi successivi piani e progetti di paesaggio;

c) che le stesse leggi, norme, ecc., debbano sempreobbligare, tra l’altro, ad acquisire conoscenze si-stematiche su relazioni e reciproche influenze, at-tuali e probabili in futuro, tra luoghi diversi, risor-se diverse, attività diverse e diversi sfruttamenti,per giungere all’attenzione generalizzata di cui si èdetto in a);

d) che ai fini detti in c), per la quantificazione di ciòche avviene e di ciò che si vuole avvenga (senza laquale nessun calcolo di relazioni e reciproche in-fluenze è possibile) sia da incentivare con provve-dimenti appositi l’impianto di numerosi sistemi dimonitoraggio dei principali fenomeni, naturali enon, e il completamento o rinnovo dei sistemi dimonitoraggio esistenti;

e) che (vedi Procedure in 3.3) sia da imporre in tutte leprocedure di ricerca, valutazione, e decisione ri-guardanti pianificazioni urbanistiche, territoriali, am-bientali (tutte direttamente o indirettamente inci-denti su tutti i paesaggi, attuali e futuri) l’apporto si-stematico di quegli Enti di settore (responsabili di au-tostrade, ferrovie, porti, aeroporti, grandi reti di im-pianti) che oggi non sempre partecipano alle pro-cedure di pianificazione di Regioni, Province, Co-muni e solo dopo, quando devono attuare loro pro-getti, li corredano di impropri “studi di impatto am-bientale”, non sono affatto tenuti a “studi di im-patto paesistico” e impongono il tutto obbligandotutti a sottoscrivere tardivi “accordi di programma”;

– di quei Ministeri che, come il Ministero per i Beni e leAttività Culturali, oggi intervengono prevalentemen-te con controlli tardivi, finali, su “progetti di opere”,disponendo di soli sessanta giorni per decidere;

– degli altri Ministeri, in particolare quelli per l’Istru-

zione e la Sanità, le cui attrezzature sono e saran-no quasi interamente da migliorare e spesso da ri-localizzare in gran parte d’Italia. N.B.: L’apporto sistematico di tutti gli Enti di setto-

re ai processi di pianificazione è in uso in vari Paesi;ovunque si afferma che “consente, poi, alto risparmio ditempo e denaro”.

3.2 Processi, seconda parte.Oggi, in Italia, in fatto di processi di pianificazione

territoriale-urbanistica-ambientale (a fianco, o all’inter-no, o a seguito dei quali dovranno essere posti ovunquein atto, non solo nei parchi nazionali e regionali, anchestrumenti e metodi di vera pianificazione e progetta-zione paesistica di ampio respiro) i migliori “metodi dicoinvolgimento ciclico” delle Province da parte delleRegioni, poi dei Comuni da parte delle Province, sonoin uso solo in alcune Regioni del nord e centro-nord (perora, poco o per nulla nel centro-sud e nel sud) e anchenel nord e centro-nord non da molto tempo, dopo mol-te alterazioni negative ormai avvenute, e con non lievidifferenze tra una Regione e l’altra in fatto di tempesti-vità ed efficacia. Efficacia minima, per ora, nelle areedensamente occupate da attivissime, piccole e medie in-dustrie, da allevamenti di suini, ecc., perciò colpite da al-ti inquinamenti e, come tali, “squalificate alla base”per ciò che attiene ai paesaggi; migliori i paesaggi giàesistenti e quelli ottenibili in futuro in aree prevalente-mente agricole e boscate, con produzioni di frutta, uva,vini pregiati, ecc.

In tutti i casi, i suddetti “metodi di coinvolgimentociclico”, anche in situazioni difficili, promettono neltempo i risultati migliori in fatto di ambiente e di pae-saggio.

Per discuterne in questa sede e chiarire in cosaquesti processi, malgrado la loro complessità, sianoancora insufficienti anche nelle aree meno compro-messe, sono da considerare i “periodi di pianificazio-ne”. Si intende qui e nel seguito, per “periodo di pia-nificazione” quel periodo durante il quale una Regio-ne o una Provincia ritiene che un insieme di “stru-menti di pianificazione” (piani, programmi, progetti,norme, incentivi e disincentivi) definiti e decisi all’ini-zio del periodo, possa continuare ad esser valido peril governo delle trasformazioni prevedibili durante tut-to il periodo (ad esempio e orientativamente, un de-cennio) supponendo che le previsioni fatte all’inizio delperiodo siano valide a un di presso per quel periodo;pertanto che, prima della fine del periodo (o anche du-rante il suo corso, se interverranno fenomeni inizial-mente non previsti) tutti o gran parte degli strumentisiano da rivedere e aggiornare.

Per ciò che riguarda le informazioni, i suddetti “me-todi di coinvolgimento ciclico” generalmente compor-tano la raccolta e diffusione – prima dell’inizio di ogni

Page 135: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

135

nuovo “periodo di pianificazione” – di aggiornate infor-mazioni cartografiche e alfanumeriche. Di queste, rac-colte e aggiornate inizialmente a livello regionale e rap-presentate alfanumericamente e cartograficamente informa sintetica, si chiede poi il controllo, un ulteriore ag-giornamento e il completamento a livello intermedio; al-trettanto si opera subito dopo nei rapporti tra livello in-termedio e livello comunale; in tal modo, di livello in li-vello, le informazioni diventano più particolareggiateusando scale di rappresentazione a denominatore gra-dualmente inferiore. Il tutto viene poi riassunto e ri-rap-presentato in forma sintetica a livello regionale per essereutilizzato, come detto, per l’avvio del periodo di pianifi-cazione successivo o di eventuali periodi intermedi.

Altrettanto avviene per le scelte di pianificazione. LaRegione, interpretando leggi e rispettando decisioni dilivello nazionale, indica alle Province le sue scelte. OgniProvincia, nel verificare i dati e le cartografie ricevute enel rispondere alla Regione specificando il tutto in mo-do molto più particolareggiato, precisa anche in qualmodo intende attenersi alle scelte di pianificazione del-la Regione, proponendo correzioni e aggiustamenti.Ciò che è accettato dalla Regione entra nel “piano re-gionale” e per ogni Provincia diventa “piano provincia-le di massima”. Uguale il ciclo per giungere ai “piani co-munali” che, se approvati dalle Province, rendono defi-nitivi gli stessi piani provinciali.

Allo scopo, ai diversi livelli, sono istituiti di tempo intempo gruppi diversi di esperti, ciascun gruppo incaricatodi approfondire, descrivere, rappresentare – per il livelloa cui opera – “insiemi” di problemi specifici (economici,sociali, finanziari, amministrativi, geografici, geologici, ur-banistici, ambientali, ecc.) e di delineare soluzioni possi-bili, poi accettate o non accettate dalle Pubbliche Am-ministrazioni. Ma un supporto di grande importanza acosì consistente lavoro è dato, non in tutte ma in alcu-ne delle Regioni e Province suddette, da speciali Istituti(creati, generalmente, dalle stesse Regioni) che non oc-casionalmente ma in permanenza svolgono ricerche ediffondono informazioni riguardanti settori particolari: leattività agricole e le lavorazioni in loco dei prodotti, ov-vero le attività forestali, l’artigianato locale, ecc. Altri Isti-tuti operano in permanenza in campo statistico, altri an-cora in campo cartografico, ecc.

E non come “progetto di paesaggi”, ma a favoredel paesaggio, esiste poi quella definizione di “zone” giàricordata in 1.3, con precisazione delle opere attuabili enon attuabili in ciascuna “zona”, delle densità consen-tite, dei materiali e colori utilizzabili, nonché delle es-senze vegetali da impiantare in viali, giardini, parchi,lungo strade esterne e sul confine di campi coltivati.

Si è detto che questo modo di operare e pianificarepiù o meno “per periodi”, coinvolgendo ciclicamente i trelivelli amministrativi, non esiste ancora in molte Regionid’Italia e che, anche là dove esiste, è ancora debole per

diverse insufficienze, tra le quali sono particolarmenteimportanti quelle elencate in 3.1, voci a, b, c, d, e.

Ma, supponendo che tali insufficienze siano primao poi eliminate, per concludere questo sommario esa-me dei nostri processi di pianificazione, val la pena sof-fermarsi sulle “procedure decisionali”.

3.3 Procedure decisionali; approvazioni ufficiali di do-cumenti di pianificazione. Secondo i più volte citati documenti europei sul

paesaggio: – i documenti di pianificazione predisponenti pro-

getti di paesaggio devono porre tra l’altro in luce lerelazioni e reciproche influenze tra i diversi luoghi,elementi e fenomeni rilevati, e tra fenomeni previ-sti o che si vogliono favorire;

– le decisioni prese dalle Amministrazioni pubblichedurante e al termine dei processi di pianificazione eprogrammazione, dovranno essere precedute daun’ampia diffusione dei documenti elaborati e deipiani e programmi da approvare, diffusione seguitada dibattiti pubblici, con ampia partecipazione diquegli istituti di ricerca universitari e di quelle asso-ciazioni private di cultura (oltre che di operatori pri-vati) che non hanno partecipato allo svolgimento diricerche preliminari né alla stesura dei documenti fi-nali ecc.; il tutto al fine di far controllare dal maggiornumero possibile di studiosi ed esperti la validità e lacompletezza di tali ricerche e di tali documenti.È noto che, invece, anche nei migliori e più accu-

rati processi e documenti italiani di pianificazione, lesuddette “relazioni e reciproche influenze” non sono af-fatto sistematicamente esaminate e illustrate: restanodecisamente nell’ombra, pur essendo aspetti sostan-ziali di ogni ambiente e di ogni paesaggio; è inoltre no-to che le “pubblicazioni” dei piani, oggi in uso in Italia,non danno certo luogo a quelle analisi, a quei dibattitie controlli che sono raccomandati nei documenti euro-pei; di solito, anche se l’invito a muovere obiezioni e adavanzare suggerimenti è rivolto a tutti, intervengono poiquasi solo, e in modo molto formale, quei privati che ri-tengono leso un qualche loro diritto, e quelli che chie-dono indici di edificabilità più alti.

A questo punto occorre formulare la seguente ipo-tesi, anche se per il momento utopica: – che prima o poi i metodi di pianificazione descritti

sommariamente in 3.2 si diffondano ad altre Regioni;– che siano gradualmente eliminate le varie insuffi-

cienze elencate in 3.1; – che ai processi di pianificazione regionale, provin-

ciale e comunale partecipino realmente, responsa-bilmente e fin dall’inizio tutti gli Enti di settore ope-ranti nel territorio considerato e in territori circo-stanti, responsabili di grandi infrastrutture e gran-

Page 136: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

di impianti, così che gli “studi di impatto ambien-tale” siano svolti con l’apporto e il consenso delleAmministrazioni locali e che siano eliminati i tardi-vi “accordi di programma”;

– che agli stessi processi partecipino anche e fin dal-l’inizio attrezzate Soprintendenze, rappresentantidegli altri Ministeri, esperti paesaggisti dotati diformazione apposita quale quella indicata in 4;

– che, pertanto, ad ogni fase conclusiva di un qualchegruppo di documenti (anche quelli preliminari, pron-ti per essere utilizzati poi in altre fasi) si possa proce-dere nel modo esemplificato nella pagina che segue.Esempio di “presentazione” e di “procedura di par-

tecipazione” per documenti consistenti in rappresenta-zioni cartografiche, fotografiche, statistiche, più schede,descrizioni, giudizi, riguardanti situazioni, relazioni, reci-proche influenze esistenti al momento in cui inizia un “pe-riodo di pianificazione” e ritenuti completi dall’Ammini-strazione pianificante:a) conoscenze al momento acquisite su clima, meso-

climi, microclimi;b) localizzazione e caratteri di elementi, sistemi e in-

tersistemi geologici morfologici, idrologici, idro-geologici, pedologici, fitologici, ecologici, e lorodintorni;

c) localizzazioni geografiche, dimensioni, caratteri fi-sici di insediamenti e infrastrutture, e loro immediatidintorni; situazioni ambientali e paesistiche;

d) localizzazione e caratteri di luoghi, aree, fasce di giàriconosciuto interesse ambientale e loro immedia-ti dintorni; situazioni paesistiche;

e) localizzazione e caratteri fisici di opere, luoghi,aree, trame, tracce di interesse storico, artistico,archeologico, e loro dintorni; situazioni ambienta-li a paesistiche;

Per le relazioni e reciproche influenzef) – descrizioni/rappresentazioni delle relazioni so-

stanziali (individuabili solo attraverso studi edesperimenti di natura tecnica o scientifica) edelle relazioni percepibili come “paesaggi”, esi-stenti all’interno di a, b, c, d, e, e/o esistenti traa, b, c, d, e;

– citazioni e schede di opere tecniche, scientifi-che, pittoriche, letterarie, fotografiche, cine-matografiche, di articoli su giornali e riviste, diopere di propaganda turistica, riguardanti lerelazioni e inter-relazioni

– citazioni e schede di atti amministrativi compiutiin passato o in corso, tendenti alla salvaguardia,qualificazione, riqualificazione di elementi e si-stemi da Ia a Ie (o loro | parti) e/o alla salva-guardia, qualificazione, riqualificazione di rela-zioni tendenti ad evitare pericoli, inquinamen-ti, alterazioni, degradi, impatti ambientali, ecc.

Per la partecipazionePubblicazione e ampia diffusione – anche via inter-

net e con CD-rom, dei documenti prodotti a termine difase, impegnando soprattutto Province, Comuni, Enti disettore, a controllare e precisare con loro documenti,schede, cartografie più particolareggiate, sollecitandoosservazioni, indicazioni, suggerimenti da altre Ammini-strazioni, Organismi, Enti che non hanno direttamentepartecipato alle elaborazioni di fase, in particolare a e da1-Dipart. Universitari coltivanti le più diverse discipline, 2-altri Organismi scientifici, 3- Associazioni culturali, 4-Amministrazioni di livello superiore e inferiore, 5- Enti disettore non operanti nella Regione, 6- Regioni Provinceconfinanti,.Ministeri, 8-abitanti e altri fruitori.

Ugualmente, gli altri gruppi di documenti (ciascu-no da integrare con pubblicazione e sollecitazioni digiudizi, come sopra) riguarderanno – come sempre – si-tuazioni, tendenze in atto, simulazioni prospettiche,previsioni, ipotesi di decisioni, ecc.in relazione a:– aspetti demografici, sociali, occupazionali;– aspetti finanziari, investimenti, redditi, fallimenti;– produzioni, distribuzioni, consumi, rifiuti e relativi

trattamenti;– comunicazione e trasporti; – residenze e complessi residenziali;– industrie e complessi industriali;– ambiente nei suoi vari aspetti, impatti ambientali;– cartografie, relazioni, norme di pianificazione ter-

ritoriale, urbanistica, ambientale e indicazioni perprogettazioni di paesaggi.

Va ricordato che questo metodo, apparentementerichiedente tempi lunghi, è invece in uso in molti paesid’Europa, perché riconosciuto adatto a far risparmiarepoi, durante le realizzazioni, gran quantità di tempo edenaro. Per ora è improbabile in Italia per numerose ra-gioni: scarsità di strumenti, modesta preparazione tec-nica e scientifica di tanti amministratori, difesa da par-te dei grandi Enti di settore dei poteri loro conferiti,ecc. Ma sarà indispensabile prepararsi. E uno dei pro-blemi nuovi da risolvere sarà, tra molti altri, il comeanalizzare e come porre in luce, di così diversi aspetti, lerelazioni e reciproche influenze. In merito, vedi 4.

4. Proposta riguardante gli addestramenti dinuovi tipi di esperti

(avanzata dall'autore, anche a nome di “INU-FondoEuropa”, ai coordinatori della sessione tematica 2 e 4) .

Per giungere a miglioramenti della qualità globale(non solo formale, ma anche economica, sociale, am-bientale, culturale) di ambiti territoriali ampi, natural-mente complessi, già utilizzati in passato in modi com-

136

Page 137: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

137

plessi e spesso disordinati, ora sul punto di essere inve-stiti da trasformazioni sia dirette che indotte, oltre aprocessi di pianificazione del tipo illustrato in 3 occor-rono quasi sempre appositi investimenti pubblici di ri-lievo, poi da recuperare nel tempo. Sono cioè da avvia-re ogni volta e luogo per luogo “cicli economici” al-quanto speciali, e questi, per essere avviati e seguiti peranni, richiedono spesso un’alta specializzazione di chi vilavora e un’alta capacità di operare a lungo in gruppo.

In breve tempo non è certo possibile migliorare so-stanzialmente il livello di preparazione tecnica, scienti-fica amministrativa e risvegliare l’interesse verso il be-nessere sociale e l’equilibrio ambientale, della maggio-ranza di coloro che, già oggi amministratori o dirigentio consulenti di Amministrazioni Pubbliche o di Enti disettore, non hanno già raggiunto per loro conto alti li-velli in tale tipo di cultura e/o, per loro virtù, non han-no tali interessi e capacità.

Non esiste in Italia un numero sufficiente di ammi-nistratori, dirigenti, loro collaboratori in grado di operarea favore della qualità globale cui si dovrebbe tendere esembra si voglia tendere. Ma poco a poco, anno dopoanno, tutti costoro – preparati e non – sono e sarannosostituiti da altri, provenienti da studi universitari e,spesso, da esperienze di specializzazione post-lauream.Questi possono e potranno godere di una preparazio-ne tecnica e scientifica diversa se si darà subito corso adazioni tendenti a tal fine.

Sono perciò da sollecitare sia i Ministeri che le Am-ministrazioni di Regioni e Province (molti dei quali Enticoncedono già, ogni anno, borse di studio a laureati, masenza organizzarle in “sistemi”) a prendere iniziativetendenti a soddisfare le esigenze nel campo della for-mazione e informazione, ai fini di una nuova cultura eprassi inter- ed infra-disciplinare.

A questo fine, pur dovendosi sempre prevedere il ri-lascio di titoli individuali di specializzazione in una sola oin poche discipline, si dovrebbe tener conto del fatto chele pianificazioni e programmazioni qui considerate deri-vano sempre da attività svolte contemporaneamente dadiversi individui, ciascuno dei quali ovviamente monodi-sciplinato o quasi, ma in grado di operare a lungo insie-me agli altri secondo un metodo che potrebbe esser de-finito “corale” (o, meglio, di ricerca di una “coralità”) tut-ti sollecitandosi, confrontandosi e non di rado scontran-dosi, per giungere a risultati da tutti o dalla maggioran-za condivisi, comunque apprezzabili e condivisibili dallepopolazioni e dalle Amministrazioni che “politicamente”dovranno farli propri. Le pianificazioni – programmazio-ni territoriali/ urbanistiche/ ambientali di vasto respiro edi lungo periodo non sono “progetti”; sono processi incui sono da impegnare insieme “esperti” in quasi tuttele discipline: non solo geologi, idrologi, idrogeologi, na-turalisti, ingegneri, architetti, paesaggisti, storici, ar-cheologi, ma anche medici, sociologi, economisti, giuri-

sti, amministrativisti…, e in Italia (nei corsi universitari, neicorsi di specializzazione, attraverso le borse di studio, an-che tenendo conto delle trasformazioni ormai in corsonelle strutture e negli insegnamenti universitari) pratica-mente non esistono, se esistono sono pochissimo cono-sciuti, e proprio non sembra che nei nuovi ordinamentisiano previsti, veri allenamenti ad operare a lungo ingruppo, su temi complessi, da parte di “esperti” dotatidi preparazioni scientifiche e tecniche così diverse comequelle su elencate.

Per questa ragione si propongono nuove forme dispecializzazione, così strutturate: 1) istituzione – da parte di un Ente pubblico o un

gruppo di Enti pubblici, in accordo con Diparti-menti Universitari – di “cicli di borse di studio”, con-cedendo contemporaneamente ogni anno tali bor-se a 15 o 20 giovani, opportunamente selezionati,laureati in discipline diverse, ciascuno già possessodel titolo di “dottore” nella propria disciplina (quin-di, preferibilmente, borse post-dottorato, previstein molti documenti dell’Unione Europea e incenti-vabili dall’Unione Europea);

2) avendo scelto preventivamente (da parte del Mini-stero e/o dall’Amministrazione concedente le borse,o dal gruppo di Enti che hanno preso insieme l’ini-ziativa) un ambito territoriale sufficientemente vasto,complesso, e sul punto di essere investito da tra-sformazioni;

3) così che i 15 o 20 “dottori” cui saranno state con-temporaneamente concesse le speciali borse di stu-dio possano essere concretamente impegnati a stu-diare e descrivere, ciascuno per proprio conto esecondo la sua disciplina, non solo le situazioni tra-scorse, esistenti, probabili in prospettiva, ma le cau-se vicine e lontane dei cambiamenti avvenuti e pre-vedibili, e le possibili forme di rimozione o limita-zione sostanziale dei fenomeni negativi nell’ambi-to territoriale preindividuato,

4) prevedendo però in ogni ciclo un Seminario ognimese, ciascuno della durata di due-tre giorni (da 15a 18 Seminari nel triennio) per incontri e confron-ti sistematici tra tutti i borsisti ciascuno impegnatoa presentare in forma scritta e a illustrare oral-mente in ogni seminario:– la parte di ricerca svolta nel mese precedente;– considerazioni sul seminario precedente;– ipotesi per dare soluzione ai problemi studiati;– confrontare e discutere pubblicamente più vol-

te i risultati delle varie ricerche in corso e le di-verse ipotesi di soluzione, e confrontare que-ste ipotesi con soluzioni che in altre parti d’I-talia e in altri paesi d’Europa hanno avuto evi-dente successo, e con i metodi, gli strumenti,i tempi impiegati e i costi sostenuti per tali so-luzioni.

Page 138: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

5) prevedendo inoltre almeno un viaggio all’esteroogni anno per esami accuratamente predisposti diproblemi simili a quelli studiati, soluzioni adottate,risultati ottenuti;

6) impegnando inoltre, dal secondo anno in poi, tut-ti i borsisti (anche quelli che non hanno abitudinea prendere in considerazione gli aspetti geografici,urbanistici, territoriali dei problemi da loro studia-ti) a collaborare alla redazione di documenti e car-tografie rappresentanti la localizzazione di risorseesistenti, evoluzioni trascorse, evoluzioni configu-rabili in prospettiva, possibili linee di intervento acorrezione di tendenze ritenute negative, ecc.;

7) pubblicando e diffondendo le relazioni conclusive deiborsisti che hanno costantemente e positivamentepartecipato, rilasciando a ciascuno di questi un tito-lo riconosciuto valido dall’Ente o dagli Enti organiz-zatori.Costo previsto per un ciclo: min.: 1 mil.do di Lire distribuibile in tre anni: L. 330milioni / anno in media max: 1,5 mil.di Lire distribuibile in tre anni: L. 500milioni/anno in media.È il costo sostenuto ogni anno, anche da alcuni pic-

coli Comuni, ciascuno dei quali ama distribuire premi apropri abitanti che si laureano, per trarne un vantaggiodi puro prestigio.

Una forma più semplice, meno impegnativa, pra-ticamente priva di costi ma di una certa efficacia perlo sviluppo di una cultura pluridisciplinare può consi-stere nell’invito a laureandi in discipline diverse, ai ri-spettivi relatori, di svolgere contemporaneamente ilavori preparatori delle loro tesi di laurea in modo chein ciascuna tesi, dal punto di vista della disciplina col-tivata dal laureando, sia esaminata la situazione esi-stente e prevedibile in un determinato ambito terri-toriale (es. un piccolo Comune e suoi dintorni), im-pegnando tutti a incontrarsi spesso per illustrare cia-scuno agli altri i problemi da lui individuati e le solu-zioni da lui ritenute possibili, e assicurando a tuttiquelli che si laureeranno la pubblicazione totale oparziale del loro lavoro, indicando il nome dell’auto-re e quello del relatore.

Anche questo tipo di esperimento dovrebbe esse-re ripetuto per molti anni consecutivi, invitando ogni an-no, ai dibatti sui problemi individuati, i laureati degli an-ni precedenti e i rispettivi relatori.

138

Page 139: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

139

Le analisi e le valutazioni che hanno affrontato il te-ma della tutela e dell’intervento nel paesaggio hannofornito, nel corso della Conferenza Nazionale del pae-saggio, molti spunti utili a qualificare il punto di vista dichi opera sul fronte della tutela. Un punto di vista che,nel panorama delle funzioni istituzionali del nuovo Mi-nistero per i beni e le attività culturali, è urgente preci-sare, spostando l’attenzione dall’oggetto della tutela, ilpaesaggio (sul cui significato “plurimo” si è anche inquesta sede a lungo dibattuto1), a soggetti, obiettivi estrumenti di una tutela paesistica “non meramente di-fensiva” ma partecipe, con piena corresponsabilizza-zione, delle politiche territoriali.

Si è anche detto che una disciplina, come quelladella tutela del paesaggio, può superare l’appiattimen-to vincolistico che l’ha connotata fino ad oggi, solo mu-tando radicalmente prospettiva. È ovvio che in questa di-rezione molti sono gli ostacoli da superare: di natura giu-ridica e amministrativo-gestionale. E anche di naturaculturale.

È innanzitutto necessario rilevare la difficoltà di af-frontare queste tematiche con la mentalità di chi ope-ra per la tutela dei beni architettonici. Nel concreto, sitratta di una mentalità che è ancora fortemente condi-zionata dai principi e dalle modalità del restauro, per lopiù mirato ad intervenire su singoli oggetti, seguendo l’i-stanza conservativa.

La tutela del paesaggio non richiede solo un saltodi scala, per la considerazione (ovvia) che riguarda un in-sieme complesso e diffuso di beni, ma necessita di un at-teggiamento valutativo e progettuale: con capacità di in-terazione in un processo dinamico, per individuare, di-rei senza pregiudizi, gli obiettivi da perseguire e gli in-terventi da intraprendere. Considerando l’ampio spettrodi situazioni che si presentano, dalla tutela integrale al-la valutazione ex ante delle trasformazioni indotte daiprocessi di riqualificazione o di sviluppo, alle proposte direstauro del paesaggio.

Si delinea, pertanto, per l’attività di tutela paesisti-

ca un orizzonte di accezioni enormemente dilatato chevanno affrontate con gradi diversi di progettualità. Lacentralità della dimensione progettuale della tutela pae-sistica è ben esemplificata dal paradosso di BernardoSecchi che ha osservato come “forse tutto il paesaggiodovrà essere progettato se vorrà essere conservato”.

Una dimensione progettuale che è ancora più evi-dente quando il danno è già stato consumato, laddoveè necessario dar forma o “nuova forma” al paesaggio:dopo l’abusivismo, dopo il terremoto, in situazioni di ab-bandono e marginalità. In casi come questi emergonoi limiti della cultura del restauro. Perché applicare alpaesaggio il tema del ripristino può essere solo un eser-cizio intellettuale: come nell’approccio visionario di Vio-let-le-Duc che concepisce e restituisce in disegni puntualile immagini del Monte Bianco prima dell’erosione onella suggestiva proposta di Bruno Taut di sfaccettare ipicchi alpini in giganteschi cristalli.

Tuttavia se non è possibile considerare il paesaggioun “grande manufatto” e quindi attingere in toto allemetodologie disciplinari del restauro architettonico sipuò riflettere in analogia a queste per alcuni aspettidell’intervento sul paesaggio: per l’attenzione alla con-servazione della materia fisica che supporta l’immagine(si pensi all’impatto prodotto dagli interventi di sostegnodella Unione Europea che, modificando le coltivazioni,comportano di conseguenza radicali trasformazioni delpaesaggio, indipendentemente dalla presenza di vin-coli); per la necessità di operare in un ottica di preven-zione al fine di salvaguardare quel carattere di palinse-sto2 che fa del paesaggio un archivio vivente; per le li-mitazioni d’uso indispensabili a salvaguardare contestipaesistico-culturali particolarmente fragili.

Con questa premessa è però necessario porre l’ac-cento sul fatto che solo da una cultura progettuale puòdiscendere un’attività di tutela paesistica efficace, checonsideri complementari gli obiettivi conservativi conquelli di “risignificazione contemporanea” del paesag-gio compromesso o di “invenzione” di luoghi. Una tu-

Margherita GuccioneUfficio Centrale per i Beni Archeologici Architettonici, Artistici e Storici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Paesaggio e ProgettoConsiderazioni in margine ai temi della tutela ambientale e paesaggistica

Page 140: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

tela volta ad alimentare la ricerca progettuale sui temidella progettazione paesistica, per rispondere anche a unbisogno collettivo di reinterpretazione del paesaggio, ca-pace peraltro di superare la stereotipa contrapposizionenaturale/artificiale o antico/moderno.

Per condurre un’efficace opera di tutela occorrepromuovere una cultura progettuale che utilizzi capacitàprofessionali insieme a strumenti di conoscenza e di va-lutazione dei paesaggi italiani. Gli atlanti del territorio oi manuali dei paesaggi, più volte citati nei contributiper la Conferenza Nazionale, potrebbero essere una“base condivisa” per la progettazione e per la valuta-zione, con l’accortezza di non proporre una dimensio-ne precettistica (tanto pericolosa quanto inadeguata alcaso del paesaggio) ma metodologie e indirizzi. Il so-stegno della qualità del progetto di architettura è uncontributo qualificante della tutela paesistica. Non soloin casi eccellenti o esemplari, ma soprattutto nella mi-riade degli interventi diffusi che disegnano il paesaggio.

Il recente disegno di legge recante “Disposizioni perla promozione della cultura architettonica e urbanistica”individua alcune linee di promozione in tal senso (peresempio con il favorire il ricorso alla procedura concor-suale per individuare soluzioni di qualità) che possonocostituire un primo nucleo da sviluppare per sostenerela qualità del progetto nel e del paesaggio. Con i “do-vuti distinguo” determinati dal salto di scala tra pae-saggio e edificio, dalla molteplicità degli interessi in gio-co, dai costi aggiuntivi che appunto dalla qualità di-scendono e che, nel caso del paesaggio, si amplificanoa dismisura.

Alla qualità è riferito il binomio del titolo in cui i duetermini, paesaggio e progetto, sono legati idealmente (egrammaticamente dalla congiunzione “e”) appunto dalconcetto di qualità. Si postula pertanto un rapporto diinterdipendenza tra paesaggio e progetto. Ma se è ve-ro che la qualità del paesaggio richiede una progetta-zione di qualità, è anche vero che una progettazione diqualità è il presupposto dell’intervento (corretto) nelpaesaggio.

È questa una riflessione che si pone al limite diquanto previsto dalla legislazione vigente sull’eserciziodella tutela paesistica, in cui la valutazione per l’inseri-mento nel paesaggio tutelato di un’opera non ne con-sidera la qualità del progetto, ma opera solo una verifi-ca di legittimità (che valuta se la trasformazione opera-ta dall’intervento progettato non vanifichi le motiva-zioni del vincolo che insiste in quel dato paesaggio, mo-tivazioni legate peraltro ad un preciso momento tem-porale). In questo giudizio (e per questo va qualificato)è posto un nodo importante e sono evidenti le conse-

guenze che la sola valutazione della legittimità comportasul piano operativo all’azione delle Soprintendenze.Senza considerare, oltretutto, che il vincolo pone con-dizioni pesanti sulla base di motivazioni espresse anchein modo generico e vago, senza registrare le trasfor-mazioni che pesantemente hanno segnato il paesaggio(dopo decenni di abusivismo e provvedimenti di con-dono), spesso senza fornire elementi per individuare levalenze reali da salvaguardare o da recuperare.

Un ordine di problemi sia sul versante legislativo chesu quello dell’indirizzo metodologico-culturale è dunquelegato al dispositivo giuridico del vincolo paesistico e alsuo contenuto sostanziale, nelle derivazioni estetico-formali della 1497/39 o di natura tipologica della431/85. L’altro ordine di problemi dipende invece daimomenti decisionali: si è proposto, ma certo non basta,di spostare l’azione di tutela al momento di redazionedei piani, di limitare un potere di annullamento tanto di-screzionale quanto inaccettabile, per il fatto stesso diporsi come “ultima spiaggia” di un processo avviato giàda tempo e da altri soggetti.

In tutte le diverse fasi di pianificazione e di gestio-ne la tutela dovrebbe svolgersi con modalità definite enote: per ovvi motivi di trasparenza, per rendere pubbliciaccanto agli strumenti limitativi anche gli strumenti diconoscenza, indirizzo e valutazione che informano l’a-zione dell’amministrazione. A maggior ragione questovale nella prospettiva di momenti di cooperazione inte-ristituzionale che comportino un allargamento del cam-po con il coinvolgimento (e la corresponsabilizzazione di-retta) di nuovi soggetti nella gestione e nel controllo deivincoli.

Non vanno infine tralasciate altre questioni: la con-traddizione tra vincoli puntuali (o per categorie tipolo-giche) e una tutela del paesaggio che necessariamentesi proietta in una dimensione territoriale e ambientale.A tal proposito si è spesso osservato come sarebbe op-portuno superare la dicotomia tra paesaggio protetto epaesaggio non protetto. In una accezione nuova, la tu-tela paesistica potrebbe tutelare, con intensità diverse,tutto il paesaggio.

NOTE

1 Il carattere complesso e sistemico del paesaggio è stato evi-denziato da una nutrita letteratura critica che ha ampiamente messoin risalto non solo le diverse accezioni del termine paesaggio, ma an-che le sfumature di significato, le sovrapposizioni e le confusioni chesi ingenerano con concetti contigui, quali ambiente, territorio, insie-me geografico.

2 Cfr. André Corboz, Il territorio come palinsesto, in: Casabella,516, 1985, pp.22-26.

140

Page 141: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

141

1. Premessa

Il presente contributo si propone di mettere in di-scussione il concetto usualmente accreditato di paesag-gio al fine di precisarne uno differente e più “evolutivo”;quindi, forte delle precisazioni concettuali stabilite, cer-ca di indicare quali ricadute operative e legislative pos-sano generarsi da quel diverso concetto di paesaggio.

Viene dunque recepita e sviluppata una delletraiettorie di lavoro delineate dal Comitato Scientifico:l’aggiornamento del concetto di paesaggio. Che taleaggiornamento sia urgente ed indifferibile lo dimo-strano i fatti: ci si affronta spesso oggi con assetti ine-diti del paese, caratterizzati sovente dall’ibrido, cioèdall’arbitraria giustapposizione ovvero dall’incongruoaccostamento di materiali territoriali appartenuti, lun-go il corso storico, ad ambiti distinti e talora contrap-posti: si mescolano infatti materiali rurali, naturali ed ar-tificiali, ordinati e caotici, centrali e periferici. Tali con-trapposizioni sono oggi superate in una superiore pro-miscuità, vero tratto distintivo di quella urbanizzazionedel territorio che gli studiosi hanno definito variamen-te Città Diffusa, Ipercittà, ecc. Questo quadro ineditoimpone la revisione degli strumenti interpretativi ac-creditati e dei valori in funzione dei quali vengonoemessi i giudizi di qualità. Il concetto di paesaggio nonfa eccezione: la rielaborazione del suo statuto e la ri-definizione dei valori che lo sostanziano, si impongonocome progetto culturale necessario.

Il mancato aggiornamento della nozione di pae-saggio alle ragioni della contemporaneità appare infattila vera causa ostativa alla ridefinizione degli obiettivi daperseguire nel medio e lungo termine e alla precisazio-ne degli strumenti normativi e progettuali pertinenti.

2. Il paesaggio non esiste in sé

Affermiamo che il paesaggio non esiste in sé; esi-ste il paese, il mondo. Il paesaggio è piuttosto un co-

strutto culturale, ovvero l’esito di un giudizio criticoesteticamente intenzionato, frutto dell’osservazione edelle reiterate esperienze del paese stesso considera-to sotto lo specifico riguardo degli aspetti figurativi.Pertanto, occuparsi di paesaggio significa occuparsidei valori figurativi del paese, ed il termine paesaggio,notoriamente polisemico, è qui inteso esclusivamentenella sua eccezione figurativa, essendo demandate al-tre accezioni a termini correlati come ambiente, terri-torio, ecc.

Ma il giudizio critico esteticamente intenzionatodel paese, il cui esito è il paesaggio, fonda su un re-pertorio più o meno consapevole di valori figurativi:quelli dell’educazione estetica di un determinato in-dividuo, che appartiene a una precisa cultura, ad unluogo, ad un’epoca, ad una società. Tali valori figura-tivi sono quindi storicamente determinati e, pertanto,variabili.

Come scrive Eco, “ciò che interviene a definire lenostre attese e le nostre tendenze (a proporci una se-rie di esigenze formali), non è una naturale adesione al-la felicità organizzativa dei processi naturali, ma tuttoun mondo di esperienze precedenti che ci guidano nel-la scelta della organizzazione percettiva entro un cam-po di stimoli dati”1, e questo è perché “la percezionedi un tutto non è immediata e passiva: è un fatto di or-ganizzazione che si apprende in un contesto socio-cul-turale; in tale ambito le leggi della percezione non so-no fatti di pura naturalità ma si formano entro deter-minati modelli di cultura”2.

Semplificando ai limiti del tollerabile, diremo cheil “modello di cultura” presente in ogni giudizio criticosul paese è fornito dalla pittura di paesaggio e co-munque dalle arti della rappresentazione sorelle dellapittura (fotografia, cinema). Il paesaggio è infatti un co-strutto culturale nato all’interno della disciplina pitto-rica, ove assume la dignità di genere autonomo solo apartire dal ‘600, identificandosi progressivamente inun corpus di valori codificati che scarsamente si sonomodificati nel tempo, fino costruire un vero e proprio

Istituto Nazionale di ArchitetturaFederico Bilò

Valori estetici e paesaggio contemporaneo

Page 142: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

stereotipo culturale. Per converso, guardare il mondocon occhio esteticamente intenzionato è attitudine chederiva dalla pittura, essendo proprio la pittura ad inse-gnare all’occhio a saper vedere, a riconoscere ed indi-viduare in uno scenario reale qualità estetiche.

A valle di queste premesse, consideriamo que-st’affermazione di Bruno Zevi che, nel lontano 1962,prendendo atto del “paesaggio inedito” dovuto allaterritorializzazione urbana e ribadita la biunivocità delrapporto - lungo l’arco storico - tra assetti territoriali epaesaggio pittorico, notava che “i testi iconograficiscorrono assai meno nel tratto di storia che va dal ri-sorgimento ad oggi. I disboscamenti inconsulti, le stra-de ferrate, i programmi parziali di riforma, la mecca-nizzazione, il saccheggio delle campagne da parte deimonopoli industriali, inducono radicali rielaborazionigeografiche, nuove forme del paesaggio che i pittorinon captano se non in episodi marginali. Si manifestacosì una scissione tra arte e paesaggio che tuttora per-dura”3. Le affermazioni di Zevi ci inducono ad affermareche, se l’arte non guarda il paese, mancando di ag-giornarne l’interpretazione, simmetricamente la cultu-ra del paesaggio non guarda l’arte; vogliamo cioè af-fermare che le difficoltà interpretative intorno al pae-saggio contemporaneo derivano dal mancato assorbi-mento, da parte della cultura paesaggistica, dell’inse-gnamento dell’arte contemporanea; e ciò che pertan-to occorre è un rinnovamento della percezione, unarifondazione dei parametri dell’aisthesis, una rifonda-zione basata sulla lezione dell’arte del Novecento, dan-do corpo all’affermazione di Remo Bodei secondo cui“un’opera d’arte riesce a rinnovare la percezione dellecose appiattite dall’abitudine”4.

3. Valori estetici e paesaggio contemporaneo

Stiamo dunque esprimendo la necessità di indivi-duare e rendere operanti nuovi valori estetici da af-fiancare ai vecchi, nella convinzione che le regioni deicontesti e le ragioni dei programmi indurranno a sce-gliere i valori più opportuni e congruenti che presiedo-no all’attività critica del valutare, dello scegliere, delprogettare.

Infatti, così come sarebbe causa di giudizi inap-propriati e fuorvianti assumere i valori estetici dellacontemporaneità per emettere un giudizio critico suuno scorcio di paese ancora largamente rimasto nel suoassetto storicamente formatosi (se non per disvelarnevalenze ulteriori), analoga inadeguatezza è quella chederiva dall’assunzione dei valori estetici della storia peremettere giudizi critici sull’aspetto contemporaneo delpaese laddove questo sia contraddistinto da quell’ibri-da mescolanza che è la cifra peculiare di questi tempi.

Intendiamo affermare che attualmente la nozione

di paesaggio è sostanziata da un persistente pre-giu-dizio, poiché alcune connotazioni del paesaggio stes-so sono ritenute soprastoriche e immutabili. Ci si scon-tra con quel luogo comune che consiste nella triplice at-tribuzione di naturalità, bellezza ed armonia al pae-saggio; tale convincimento, che deriva dalla coscienzapaesaggistica maturata entro la pittura seicentesca e isuoi canoni estetici, resiste pervicacemente a qualunquetentativo di modificazione, e si configura come vero eproprio stereotipo culturale.

Posizioni culturali così connotate da pregiudiziestetico-ideologici spiegano, ma non giustificano, l’im-barazzo davanti al paese ibrido e complesso della con-temporaneità, rendendo più acuta la necessità dell’e-nunciazione di un nuovo progetto culturale riguardo ilpaesaggio, sostanziato da valori figurativi nuovi, che af-fianchino quelli ereditati dall’età preindustriale; a nostroparere, tali nuovi valori figurativi, che istituiscono ilpaesaggio contemporaneo, devono derivare dall’inse-gnamento dell’arte moderna, dalla sua peculiare vio-lenza figurativa5, dalla sua iconoclastia.

Restare legati a modelli obsoleti apre infatti solo al-lo spazio della nostalgia e della recriminazione, oscuraqualunque qualità del diverso - in questo caso il nuo-vo -, e soprattutto produce atteggiamenti progettualiinefficaci, minati all’origine da una volontà di conser-vazione che sempre si riduce ad inseguire i cambia-menti, senza peraltro mai raggiungerli, incapace di pro-grammarli e indirizzarli.

Ovviamente le precedenti considerazioni non im-plicano l’emissione di un giudizio assolutorio nei con-fronti dei moltissimi scempi irresponsabilmente com-piuti ai danni del paesaggio, o meglio del territorio: tut-ti quei casi che non sono ispirati da una consapevole so-stituzione di valori figurativi, ma soltanto da stolta in-consapevolezza ed ignoranza, con il solo risultato di al-terare la fisionomia storica dei luoghi.

Proviamo dunque a considerare un differente re-pertorio di valori, sostituendo il brutto al bello, l’artifi-ciale al naturale, il disarmonico all’armonico; potremoforse negare l’attualità e la pregnanza di questi valorinella contemporaneità, o la loro centralità nell’arte delNovecento?

Seguiamo per un attimo le indicazioni del futuri-smo italiano, che si è adoperato per combattere l’i-deologia della bellezza naturale: come dice Luisa Bo-nesio, “Boccioni, nelle sue riflessioni tecniche ha pre-conizzato la vittoria della <pubblicità rossa> sulla natura<verde di rabbia>, codificando l’ideale della trasfor-mazione industriale e tecnologica del paesaggio natu-rale”6. Benché sconfitta dalla metafisica, l’indicazionefuturista deve essere recepita, sviluppata ed aggiorna-ta ai tempi; dunque il brutto, l’artificiale e il disarmonicodefiniscono i valori estetici su cui fondere uno statutocontemporaneo del paesaggio, e l’arte del Novecento

142

Page 143: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

143

ha prodotto innumerevoli opere ispirate a tali valori:dobbiamo dunque trasferire al paesaggio “quella vio-lenza dell’immagine” in cui Franco Purini riconosce “laprima eredità delle avanguardie storiche”7.

Rintracciamo tali valori estetici nelle opere degli ar-tisti, lungo le due vie distinte del coinvolgimento e delriserbo (Schwitters e Rauschenberg vs Mondrian eJudd), considerando cioè tanto le avanguardie negati-ve8 che quelle costruttive. Impariamo dalle scomposi-zioni e sovrapposizioni cubofuturiste; dalle macchinespaesatrici dipinte da Dalì, dal suo giustapporre impre-vedibilmente – condensare – ciò che appartiene a luo-ghi diversi; impariamo dalle polimaterie di Prampolini eBurri, e torniamo ad osservare con occhi nuovi le so-vrapposizioni di elementi, materiali, colori e tessitureche troviamo nel paese che ci circonda; impariamo dal-l’opera di Rauschenberg che, come dice Jellicoe, “è digrande importanza per gli architetti paesaggisti, perchéegli sembra coordinare in un’unica vasta composizioneun gran numero di oggetti senza rapporto tra loro”9;impariamo dalle cataste di Kounellis, sovrapposizioni in-coerenti di vari prodotti e relitti; impariamo dalle rare-fazioni e concentrazioni materiche di Fontana, veri epropri sistemi gravitazionali; e così via.

Come si vede, solo una profonda conoscenza ecomprensione dell’arte di questo secolo ci consentirà didotarci di strumentazioni critiche tali da poter emette-re giudizi critici sul paese che ci circonda che risultinoaccordati ai tempi, e di fare scelte progettuali consistentiin manipolazioni positive degli incoerenti materiali ter-ritoriali presenti sul campo.

4. Verso il progetto

Il senso ultimo, proiettato cioè sull’attività pro-gettuale, di questa apparentemente oziosa discussio-ne, si ritrova nella tensione dialettica tra conservazio-ne e trasformazione, troppo spesso ridotta allo sterilepredominio del primo termine; ed anche in questo ca-so ci dobbiamo confrontare con una catena di pre-giudizi. È significativo constatare come l’unica azioneprogettuale per il paesaggio esplicitamente ritenutaopportuna da Rosario Assunto (forse colui che in Ita-lia ha compiuto le riflessioni sul paesaggio più fonda-te dal punto di vista filosofico) sia il restauro, “non so-lo per restituire ai luoghi l’aspetto visuale originario, maper recuperare certi attributi del paesaggio come realtànaturali”10.

Non ci dilungheremo ulteriormente sull’inoppor-tuna volontà di congelare certi valori figurativi delmondo, ritenuti evidentemente definitivi ed insupera-bili, né sull’ostinazione nel valutare il paesaggio infunzione della naturalità; piuttosto è necessario preci-sare come tali convincimenti delegittimino di fatto la

cittadinanza ed il progetto del nuovo, specie laddovequest’ultimo non si ispiri ad una non sempre necessa-ria poetica dell’ascolto. Eppure già nel 1964 ErnestoRogers evidenziava lucidamente la necessità di “ri-prendere le fila” della tradizione della trasformazioneconsapevole e artistica del territorio, per (e sono lesue parole) “inventare un nuovo paesaggio per i 50 mi-lioni di italiani che ormai ci vivono”. Suggerendo al-cune modalità, Rogers scriveva che dal “dialettico con-trasto di questa azione del preservare e dell’inventareil nuovo paesaggio, sorgerà un’Italia nuova come ar-monico sviluppo della sua storia”11.

Il primato della conservazione, sotteso al quadro le-gislativo a partire da un’interpretazione troppo orien-tata dell’art. 9 della Costituzione, svilisce gravementel’idea stessa di progettualità. È infatti inibita, se non deltutto esclusa, qualunque possibilità di ampliamento osostituzione dei valori figurativi ereditati dal paesaggiostorico, ovvero e implicitamente escluso qualunquemetro di valutazione estetica diverso dall’armonia, dal-l’ambientamento, dalla mimesi.

Anche negli strumenti urbanistici la conservazionesi istituisce quale asse portante; considerando infattiquesta situazione dal punto di vista che abbiamo sin quiadottato, noteremo come sia esclusa qualunque possi-bilità di trasformazione del paese stesso che non facciacentro sull’ideale dell’armonia, escludendo in toto lamodernità. Salvo poi vederne reintrodotti nei fatti i pro-dotti meno qualificati, ad esempio nelle cementificazioniad alta densità delle coste, ma non già sulla scorta di unapur possibile consapevolezza estetica, bensì soltanto inaccondiscendenza alle ben più “reali” pressioni econo-miche. E qui si evidenzia un’ulteriore debolezza con-cettuale: finché il paesaggio o, meglio, il paese verràconsiderato come puro oggetto di contemplazione, tra-scurando le ineliminabili spinte economico-politiche cheinevitabilmente lo percorrono e lo trasformano - si pen-si alla rendita fondiaria - gli strumenti vincolistici rimar-ranno insufficienti12. Per di più, in un paese che ha fat-to consuetudine del condonare qualsivoglia abuso edi-lizio, che sostanzialmente ignora procedure come l’e-sproprio, la confisca, la demolizione, che significato puòassumere una legislazione vincolistica?

Crediamo invece che il senso più autentico delprogetto della conservazione risieda nella possibile dia-lettica storico-contemporanea, non già come congela-mento di un passato mitico - sua imbalsamazione e so-stanziale falsificazione - quanto piuttosto come con-trasto reattivo. Trasponendo dal monumento al pae-saggio un ragionamento di Giovanni Carbonara, oc-correrebbe volgere il progetto di restauro al consegui-mento di un’immagine “diversa e non sostitutiva ri-spetto a quella originaria perduta, riprogettata utiliz-zando e reimmettendo in un <circuito> figurativo i re-sti esistenti accanto ad elementi attuali”13.

Page 144: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

144

NOTE

1 UMBERTO ECO, Necessità e possibilità nelle strutture musicali,in: U.E., La definizione dell’arte, Mursia, Milano 1978, pag. 178.

2 Ivi, pag. 179.3 BRUNO ZEVI, Per una moderna coscienza critica del paesag-

gio, in “L’Architettura. Cronache e storia” n. 78, 1962.4 REMO BODEI, Le forme del bello, Il Mulino, Bologna 1995,

pag. 121.5 Cfr.: FRANCO PURINI, Rifluita nel suo stesso successo, in “Lo-

tus” n. 57, 1988. Ora anche in: F.P., Dal progetto. Scritti teorici di Fran-co Purini 1966-1991, Kappa Roma 1992, pag. 145. Cfr. anche ALES-SANDRO ANSELMI, Il paesaggio dell’architettura, in: FABRIZIO ROSSIPRODI, Atopia e Memoria, Officina, Roma 1994.

6 LUISA BONESIO, La terra invisibile, Marcos y Marcos, Milano1993, pag. 9.

7 PURINI, Rifluita nel suo stesso… cit.8 A proposito delle avanguardie negative scrive Manfredo Tafu-

ri: “Gli oggetti indifferenti, <che galleggiano sospesi nel flusso dellacorrente monetaria>, sono ora disponibili: ridotti a segni, essi posso-no essere inseriti in un processo di metamorfosi continue. È questo l’o-biettivo ultimo di Duchamp che, montando su uno sgabello una ruo-ta di bicicletta, o rovesciando un orinatoio e ponendo all’oggetto co-sì manipolato il titolo di Fontana (1917), non ha solo fini scandalisti-ci. L’intera realtà è <ready-made>, già data. Eppure, il sì detto al rea-

le ne consente la trasformazione; consente, appunto, di agire in es-so. L’opera distruttiva delle avanguardie <negative> rivela così il suovolto costruttivo”. In: MANFREDO TAFURI, FRANCESCO DAL CO, Ar-chitettura contemporanea, Electa, Milano 1979, vol. I, pag. 105.

9 GEOFFREY JELLICOE, L’architettura del Paesaggio, Edizioni diComunità, Milano 1982, didascalia fig. 145.

10 ROSARIO ASSUNTO, Il Paesaggio e l’Estetica, Novecento, Pa-lermo 1994, pag. 466.

11 ERNESTO ROGERS, Homo additus naturae, in “Casabella-Continuità” n. 283, 1964.

12 Riportiamo a questo proposito due osservazioni di PaoloLeon. La prima: “Poiché si altera il paesaggio allo scopo di appro-priarsene, il risultato è la sua distruzione, non la creazione di un nuo-vo paesaggio – come invece avverrebbe se l’alterazione rispondessead un bisogno diverso da quello paesaggistico (produttivo, sociale, ar-tistico, ecc.). Questa è una distinzione molto rilevante, che sfugge spes-so ai conservazionisti”. La seconda: “… il vincolo è condizione ne-cessaria, non sufficiente, per la conservazione del paesaggio: non ac-compagnato dalle altre misure, il vincolo può addirittura favorire l’e-spandersi della rendita; è noto, infatti, che poiché il vincolo restringel’offerta, esso genera spesso le forze (sociali, politiche, malavitose) chelo rendono inefficace”. PAOLO LEON, La politica del paesaggio, in“Casabella” n. 575/6, 1991.

13 GIOVANNI CARBONARA, La Reintegrazione dell’Immagine,Bulzoni, Roma 1976, pag. 100.

Page 145: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

145

Che cos’è il paesaggio

1. Il paesaggio è il prodotto storico di una lun-ghissima e multiforme sedimentazione di imprese, pro-getti, lavori ed edificazioni con cui l’uomo ha organiz-zato l’ambiente in cui vive. Natura e storia formano di-verse unità di paesaggio – naturale, agrario, urbano –,ciascuna caratterizzata da genesi, caratteri, significati,utilità, problemi diversi, ma tutti leggibili tenendo con-to di quell’intreccio. Esso concorre quindi a formare l’in-dentità dei luoghi.

2. Nella vicenda culturale italiana ed europea ilpaesaggio è stato oggetto di interpretazioni diverse.Queste però non devono essere viste come l’espressio-ne di posizioni antitetiche, ciascuna delle quali si con-trappone alle altre, ma come l’espressione di differentipunti di vista, ciascuno dei quali sottolinea uno degliaspetti del paesaggio.

3. L’intervento dell’uomo sulla natura ha avutoed ha segni diversi: dal positivo al negativo. A volte(con semplice manutenzione, oppure con la formazio-ne di nuovi paesaggi agrari, oppure con la creazione diopere integrate nel paesaggio preesistente) ha aggiun-to valore alla forma della Terra, altre volte (con l’incuriae l’abbandono, con l’eliminazione dei segni del passa-to in nome del profitto immediato, con l’artificializza-zione dissennata) ha sottratto valore e distrutto il patri-monio culturale e storico costituito dal paesaggio, ha ri-dotto la ricchezza della civiltà umana.

Lo stato attuale del paesaggio italiano

4. In Italia, negli ultimi cinquant’anni, lo spazio ur-banizzato è aumentato di dieci volte. Prima della se-conda guerra mondiale, città e paesi erano ancora se-parati dalla campagna e da grandi vuoti. Ora i residui

territori rurali e naturali, soprattutto se di valore pae-saggistico, hanno perso qualità e consistenza, per lamancanza di politiche di conservazione attiva, con laconseguenza di essere esposte ai processi irrazionali diurbanizzazione. Oggi, quasi ovunque, gli intervalli a ca-rattere prevalentemente agricolo e naturale sono statisostituiti da una sconfinata periferia, senza forma e sen-za memoria.

Anche se è quasi nulla la crescita demografica edè minimo ogni altro parametro dello sviluppo, il consu-mo di suolo agricolo continua inesorabile. Mentre il re-cupero degli spazi dismessi, sempre solennemente di-chiarato come irrinunciabile, solo in rari casi è diventa-to un’autentica alternativa all’ampliamento urbano.Questa dinamica perversa, che andrebbe meglio studiatae documentata, è certamente la più vistosa manifesta-zione della grave crisi che affligge il governo del territorioe del paesaggio del nostro paese.

Perché conservarlo, perché incrementarlo

5. Il paesaggio è memoria ed è risorsa culturale. Ilpaesaggio è un deposito di storia. In esso è rappresen-tato e testimoniato il nostro passato, il passato della no-stra civiltà. Esso è dunque il fondamento della identitàdelle diverse comunità che abitano il pianeta (dalle na-zionali alle locali). Esso serve – a noi e alle generazionifuture – perché è una insostituibile risorsa della civiltà,è la materia vitale che alimenta il futuro.

6. Il paesaggio è anche risorsa economica. Semprepiù, nell’economia moderna, i settori legati alla produ-zione di “beni immateriali”, tra i quali i comparti lega-ti alla ricreazione e al benessere fisico, al turismo, alla co-noscenza e al godimento estetico, assumono crescenterilievo. In moltissime aree dell’Italia (e dell’Europa), ilpaesaggio di qualità è luogo e condizione per produzionieno-gastronomiche “di nicchia”, caratterizzate dalla

Italia Nostra

Diciotto punti per la Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio

Page 146: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

qualità e dall’identità, fondamentali per lo sviluppo eco-nomico e sociale delle aree coinvolte e per la conserva-zione di valori universali.

7. Nei prossimi decenni non va trascurato il pesoche può avere per lo sviluppo dell’occupazione in mol-te regioni italiane un’azione di manutenzione del suo-lo, di riduzione dei rischi e dei costi del degrado am-bientale, di avvio di un’azione di presidio ambientale. Sitratta di ricostruire e mantenere ambienti naturali di-strutti dall’incuria dell’uomo (e minacciosi per la so-pravvivenza nelle aree a valle del degrado), oppure am-bienti caratterizzati dai manufatti e dalle forme del pae-saggio agrario.

8. Alla qualità del paesaggio è legata anche laqualità della vita. La bellezza dei panorami, l’armonia deiluoghi nei quali si svolge la sua vita sono essenziali peril benessere della donna e dell’uomo, del bambino e del-l’anziano. Nell’epoca della globalizzazione, la concor-renza tra le regioni e le città assume sempre di più laqualità dell’ambiente (come componente della qualitàdella vita) come un valore economico da mettere in gio-co nel “marketing urbano”. Ciò pone, una volta anco-ra, l’esigenza di migliorarne la qualità del paesaggioanche là dove (come nelle periferie urbane) non si è sta-ti capaci di creare qualità nuove, ma solo di distrugge-re quelle preesistenti.

Come governarlo

9. Come ricordato anche nella memoria introdut-tiva del Ministro, il Congresso dei poteri locali e regio-nali d’Europa ha predisposto, anche con la partecipa-zione attiva del governo italiano, un progetto di con-venzione che può e deve costituire la base per ogni ul-teriore approfondimento.

Si assumono i seguenti quattro punti indicati dalprogetto di convenzione su cui il governo sembra esse-re disponibile ad impegnarsi.

a) Riconoscere giuridicamente il paesaggio in quantocomponente essenziale del contesto di vita dellepopolazioni, espressione della diversità del loro co-mune patrimonio culturale, ecologico, sociale edeconomico e fondamento della loro identità.In merito si rilevano i seguenti fatti:– dal 1948 la Costituzione repubblicana sancisceall’art. 9 che: la Repubblica “tutela il paesaggio eil patrimonio storico artistico della Nazione”. Conquesto viene data sanzione giuridica al riconosci-mento del paesaggio italiano come elemento fon-dante dell’identità del paese. Questo è perfetta-

mente coerente con il principio enunciato nellaproposta di convenzione;– già dal 1939 vige in Italia una legge che rico-nosce il paesaggio come un valore e ne promuovee disciplina la tutela. Essa è stata successivamenteemendata e perfezionata, anche in attuazione deldettato costituzionale.

b) Formulare e attuare politiche paesaggistiche voltealla protezione, alla gestione, alla pianificazionedei paesaggi tramite l’adozione di provvedimentiparticolari (…).– La legge 431, ultimo aggiornamento delle leg-ge di tutela del paesaggio, riconosce ed indica ipaesaggi che sono soggetti a tutela e definisce glistrumenti della tutela individuandoli nei piani ter-ritoriali paesistici.

c) Avviare procedure di partecipazione del pubblico,delle autorità locali e regionali e degli altri prota-gonisti interessati dalla concezione e dalla realiz-zazione delle politiche paesaggistiche (…).– È questo il punto debole dell’attività di tutela inItalia, non pienamente attuata, laddove le leggi so-no state disattese ed aggirate, accreditando, anchein vasti strati dell’opinione pubblica e della cultura,tesi non documentate sulla non modernità delle po-litiche di tutela.

d) A considerare sistematicamente il paesaggio nellepolitiche di gestione del territorio, di urbanistica ein quelle a carattere culturale, ambientale, agrico-lo, sociale ed economico, nonché nelle altre politi-che settoriali che possano avere una influenza di-retta o indiretta sul paesaggio.– Il principio della pianificazione, apparentemen-te affermato in Italia, è di fatto delegittimato dallaprassi della legislazione settoriale e particolare, fre-quentemente orientata a svincolare le scelte di tra-sformazione dagli obblighi di coerenza alle sceltegenerali della pianificazione.

10. La legge n.431/85 ha affrontato il tema della in-tegrazione dei contenuti paesaggistici con quelli urba-nistici, laddove indica che le Regioni possono redigerepiani territoriali con contenuti paesistici. Fin dalla sua ap-provazione, anche le Regioni apparentemente più evo-lute hanno dimostrato la loro incapacità ad assumere re-sponsabilità delegate dalla nazione. Diverse Regioni, sulcui territorio insiste notoriamente un patrimonio di in-teresse nazionale, e per il quale lo Stato giustamente hasempre speso risorse aggiuntive, fecero un ricorso con-tro la legge presso la Corte Costituzionale – che lo haopportunamente respinto – in nome di una idea del-l’autonomia resa irresponsabile rispetto agli interessi

146

Page 147: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

147

generali. Ancora oggi continuano ad esservi forti resi-stenze ad attuare indirizzi proposti dalla legge.

11. Queste resistenze, in quindici anni, non hannofatto emergere ragioni oggettive per mettere in discus-sione il modo in cui la legge ha posto le premesse perinnovare il sistema di pianificazione. Infatti, esiste orauna esperienza di attuazione di quella legge (là doveun’attuazione positiva e pur reticente vi è stata) che in-duce a sottolineare, e a proporre come indirizzi, i se-guenti punti: a) il sistematico riconoscimento delle qua-lità storiche e naturali del territorio, ad ogni livello di go-verno e di pianificazione (nazionale, regionale, provin-ciale, comunale), come base costituente della pianifica-zione; b) l’individuazione degli interventi ammissibili edelle utilizzazioni compatibili negli spazi territoriali, co-me criterio preliminare per ogni decisione da attuare; c)l’inserimento della “specifica considerazione dei valoripaesistici e ambientali” nella pianificazione territoriale eurbanistica ordinaria, a tutti i livelli.

12. L’esperienza della attuazione della legge 431/85e la constatazione delle tendenze attuali di cambia-mento del paesaggio nazionale, propongono ora l’esi-genza di:a) mantenere integro l’impianto. Pertanto la legge n.

431/85 resta nella sua impostazione un caposaldodella vigente legislazione, conforme anche agli in-dirizzi della proposta europea di convenzione sulpaesaggio;

b) integrarne i contenuti laddove non consente spe-cifici interventi la cui necessità è resa evidente dalrilievo dello stato del paesaggio descritto nelle pre-messe di questo documento. Infatti nell’elenco dicui all’art. 1 del DL n. 312/85 (Galasso), recepitodalla L. 431/85, non sono inclusi i territori agricoliche formano il paesaggio agrario italiano. Occorredunque che tali territori siano aggiunti all’elenco eche, da parte del Governo, siano presi urgente-mente tutti gli altri provvedimenti complementari,necessari ad assicurare la tutela attiva della loro in-tegrità;

c) perfezionarne il meccanismo attuativo, chiarendoinnanzitutto che non è ammissibile la subdelega, daparte delle Regioni, del potere di autorizzazione aiComuni, in quanto non capaci di rappresentarel’interesse generale a tutelare il paesaggio. Inoltre,occorre estendere il contenuto del controllo deisoggetti preposti alla tutela della sola verifica di le-gittimità, al merito dei provvedimenti autorizzativi;

d) corredarla degli strumenti operativi necessari peruna estesa e sistematica applicazione, resa finoraepisodica e debole dalla mancanza di allocazione dispecifiche ed adeguate risorse umane e finanziarieda parte del Governo. I compiti degli uffici centra-

li e periferici del Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali sono ora svolti in forma episodica e sol-tanto dimostrativa, a causa della assoluta man-canza di adeguate strutture organizzative, in ter-mini di personale, servizi, mezzi finanziari di inter-vento. Infatti, i compiti di tutela di competenzadello Stato sono sostanzialmente affidati ad un mi-nuscolo ufficio centrale, ed a Soprintendenze sem-pre più deboli, prive dei più elementari strumenti(tra cui sarebbe essenziale un sistema informativosul paesaggio italiano) indispensabili anche in vistadei compiti indicati nei punti successivi di questodocumento.Non sembra possibile, in conclusione, che un pae-se che è il luogo su cui è fondata da sempre l’ideadi paesaggio, non disponga delle strutture e deimezzi migliori per conservarlo.

13. Obiettivo primario del Governo deve esserequello di conferire piena efficacia alla conservazione e algodimento dell’insieme dei beni paesaggistici, ed inparticolare dei beni culturali che ne costituiscono unacomponente essenziale, da parte delle generazioni pre-senti e future. Lo stato di degrado di vaste porzioni delterritorio e del paesaggio italiano impone che in molticontesti la tutela si realizzi, oltre che con politiche di ma-nutenzione e mantenimento, con interventi di recupe-ro, a partire dalla ricognizione delle risorse residue e lari-creazione di valori paesaggistici. Soltanto una corret-ta gestione del territorio, ovvero la pratica efficace del-la pianificazione territoriale e urbanistica, può creare lecondizioni per una efficace azione di valorizzazione del-le risorse paesaggistiche, di recupero, e per la creazio-ne di architettura di valore.

14. Sottolineare l’utilità della pianificazione signifi-ca andare finalmente oltre la parzialità e, quindi, l’in-sufficienza della protezione passiva (dei vincoli di tute-la). Ma occorre, al tempo stesso, riaffermare che essa co-stituisce un necessario passaggio obbligato verso l’at-tuazione della politica di tutela. Il vincolo deve essere inprimo luogo considerato come un atto preliminare dipianificazione che provvederà ad articolare le politiche,sia attive che passive, di tutela. In secondo luogo – co-me dimostra l’esperienza della attuazione della legge431/1985 – il vincolo agisce strumentalmente come sol-lecitazione alla pianificazione e, quindi, alla possibilità diuna fruizione dei beni paesaggistici che ne garantisca laconservazione.

15. Oltre alle condizioni fin qui indicate, la tutela at-tiva del paesaggio richiede l’impiego di tutti gli strumenticomplementari disponibili: le politiche e le azioni di set-tore, gli incentivi finanziari, la partecipazione a pro-grammi e progetti nazionali e sovranazionali, il concor-

Page 148: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

148

so dell’imprenditoria privata. Questi strumenti devonoessere strettamente integrati nella pianificazione e, so-prattutto, non devono essere adoperati in contrastooppure come alternativa ad essa.

16. La tutela e la valorizzazione del paesaggio met-tono in gioco una pluralità d’interessi collettivi: da quel-li nazionali a quelli locali. Occorre evitare sia il rischio del-la negazione di uno o dell’altro degli interessi coinvolti,sia quello del conflitto paralizzante tra le istituzioni pre-poste alla cura di tali interessi. Il principio di sussidiarietà1

è il criterio utilizzabile per stabilire a chi spetta la re-sponsabilità della decisione finale in relazione ad oggettie ad aspetti, tra i quali i beni culturali ed i valori pae-saggistici, che non sono attribuibili esclusivamente adistituzioni che rappresentano soltanto parti della collet-tività nazionale, ma delle quali è indispensabile garan-tire il concorso nella formazione delle scelte.

17. Esiste però una malintesa interpretazione delprincipio di sussidiarità, indicato nel testo del trattato diMaastricht all’art.3b, di cui si trova riscontro in tutta la ma-teria contenuta nei decreti Bassanini, e nella letteraturacontingente sul federalismo. Questa interpretazione si-gnificherebbe, secondo alcuni, il trasferimento di compi-ti dello Stato agli Enti Locali, anche se questi oggettiva-mente non hanno i requisiti costitutivi per gestire i pro-blemi che sono di competenza dei livelli superiori. Si fin-ge di non distinguere tra compiti dell’uno e compiti del-l’altro, in una furiosa opera di decentramento spesso nonpertinente. Non pare possibile sostenere che la gestionedella tutela della costa (migliaia di chilometri), il paesag-gio agrario (migliaia di ettari), il sistema degli insedia-menti storici ed archeologici grandi e piccoli (migliaia), dei

grandi fiumi e dei monti, possano essere tutelati in formeed intensità non omogenee e diverse a seconda dei Co-muni dove si trovano. Ecco dunque dove la corretta ap-plicazione del principio di sussidiarietà trova ragione di es-sere applicato con l’indicazione della competenza delloStato con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Co-sa che è già posta e risolta in questi termini fin da quan-do è stato approvato l’art. 9 della costituzione.

18. Riassumendo dunque, non sembra necessarione urgente mettere mano a leggi di riforma complessi-va del settore. L’attuale sistema normativo è, nei princi-pi, pienamente rispondente a una efficace e compiutapolitica di governo e di tutela del territorio, e può esse-re perfezionato con semplici integrazioni. Esso è infattibasato sull’attribuzione ai poteri locali delle competen-ze in materia urbanistica, mentre compete allo Stato ga-rantire la tutela (ed indirizzare la valorizzazione). Se la si-tuazione attuale è del tutto insoddisfacente, non è percarenza normativa (soltanto cinque regioni hanno com-piutamente attuato la legge n. 431/85). È invece ne-cessario che l’amministrazione statale preposta alla tu-tela sia adeguatamente attrezzata, a partire dal poten-ziamento qualitativo e quantitativo del personale e del-la strumentazione operativa.

NOTE

1 Trattato di Maastricht, art. 3b: “Nei campi che non ricadononella sua esclusiva competenza la Comunità interviene, in accordo conil principio di sussidiarietà, solo se, e fino a dove, gli obiettivi delle azio-ni proposte non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Sta-ti membri e, a causa della loro scala o dei loro effetti, possono esse-re raggiunti meglio dalla Comunità”.

Page 149: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

149

Paolo LeonUniversità degli Studi di Roma Tre, Facoltà di Economia

Il paesaggio è un bene, e dunque va amministrato,non soltanto regolato. Poiché la proprietà di questo be-ne (o meglio del suo supporto fisico) è in genere diffu-sa, i singoli proprietari non hanno come missione quel-la del paesaggio (conservazione, valorizzazione), maquella della risorsa come fattore di produzione (per ilmercato, o per il servizio pubblico, o per qualsiasi altroscopo che si danno i soggetti secondo la loro specificamissione). Si ritiene, in genere, che apponendo vincolialla risorsa allo scopo di creare il bene paesaggio, sipossa riuscire a far trasformare la risorsa generica inpaesaggio, anche agli occhi dei proprietari della risorsa.

In parte, il vincolo effettivamente genera la risorsa;ma poiché apporre un vincolo crea ogni volta una scar-sità, il suo valore implicito (di mercato o fuori mercato)cresce, mentre il valore di tutto ciò che non è vincolatodiminuisce, accrescendo l’uso di ciò che il vincolo nondefinisce come paesaggio. Ora, il problema del pae-saggio sta largamente nella sua definizione fisica, e sela definizione è imperfetta (come sarà sempre il caso)parte del non-paesaggio (che però è paesaggio) verràcompromessa. Forse più importante è un’altra conside-razione: se il vincolo è solo apposto, ma non ammini-strato, può facilmente generare le forze volte ad an-nullarlo. È chiaro, infatti, che se il vincolo rende implici-tamente maggiore il valore delle aree vincolate, allora sicreeranno gli interessi per scardinarlo e profittarne a fi-ni privati o commerciali come avviene per i parchi e learee protette. Il paradosso è che le popolazioni il cui ter-ritorio è vincolato ritengono che il vincolo riduca il lororeddito; ma è noto che tale visione è spesso telescopi-camente errata: le popolazioni ritengono che il reddito

futuro atteso di un paesaggio – una volta che fosse de-finito tale – spetta ai proprietari della risorsa fisica sullaquale insiste il paesaggio; ché se il paesaggio non fos-se definito, le popolazioni non si attenderebbero altroreddito che quello derivante dallo sfruttamento di unaqualsiasi risorsa fisica (un generico suolo, la pesca, l’al-levamento, la coltivazione, la raccolta del legno).

Da ciò segue che il paesaggio deve essere ammini-strato, ovvero che il bene deve avere una qualche for-ma di gestione. Poiché non siamo nel caso dei parchi odelle aree protette, e poiché il bene materiale sul qua-le insiste il paesaggio è proprietà altrui, la gestione del-la quale si parla non è la gestione di un bene fisico, mala gestione delle attività che valorizzano il paesaggio.

Il paesaggio è fonte di godimento individuale ecollettivo. La parte di utilità individuale dovrebbe esse-re assoggettata ad un prezzo, mentre l’utilità collettivadovrebbe essere finanziata dallo Stato. Il paesaggio èambedue queste cose – come qualsiasi bene culturale –e dunque la sua gestione non può che essere mista, ispi-rata cioè da forme di gestione aziendale e da forme digestione pubblica. Nel nostro ordinamento, abbiamo di-verse forme societarie capaci di combinare le due diverseforme di gestione. È in ogni modo evidente che do-vrebbe sorgere, sulla scorta di questo ragionamento, unqualcosa che assomiglia all’agenzia del paesaggio: agen-zia, non semplice ufficio pubblico, e proprio per la com-binazione delle due utilità da massimizzare.

Si può creare un’agenzia del paesaggio (senza chequesta possieda il bene), sul quale apporre un prezzo peril godimento individuale e che riceva risorse pubblicheper valorizzarne l’utilità collettiva?

Page 150: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Partendo dal presupposto, che sembra sufficiente-mente condiviso, di una forte innovazione del significatoe del valore stesso della risorsa paesaggio, sottolineo al-cuni punti in una logica progettuale.

Ciò al duplice scopo di mettere in luce la parte piùimportante di quella innovazione, cioè il superamento inpositivo dalla logica della sola tutela – perseguita esclu-sivamente dalla norma, mentre ogni azione ha in séuna proposta di modificazione che va quindi dalla nor-ma stessa indirizzata - e di offrire un contributo allaformulazione di linee di comportamento da discutere al-la Conferenza per il paesaggio. In tal senso queste no-te fanno riferimento alle domande poste dal Ministro alComitato scientifico al termine della sua relazione, esolo ad alcune di esse.

In primo luogo sembra utile e necessario riportarequi i punti forti di quella innovazione di significato re-lativamente alla concezione stessa di paesaggio.

L’accettazione dell’esistenza di differenti famiglie dipaesaggi che vanno trattate in modi fortemente diver-si. Ai due estremi: il paesaggio dei nuovi “territori ur-bani” della città contemporanea milanese che individuai suoi spazi collettivi nei grandi vuoti delle aree protet-te, degli spazi agricoli residuali, dei verdi lineari lungo icorsi d’acqua naturali e artificiali, avendo eliminato ogniseparazione tra città e non città, tra urbano e naturale;i paesaggi storici più celebrati della cultura agricola to-scana.

La derivazione di ciò dal fatto di considerare degnidi attenzione tutte le famiglie di paesaggi. Essendo es-si in ogni caso visti come la specifica forma di rappre-sentazione del continuo lavoro di modificazione – stra-tificazioni e progetti - dei territori di vita da parte dellediverse popolazioni, e il substrato della specificità, cioèdella qualità della vita delle medesime.

La coscienza del valore economico oltre che cultu-rale del paesaggio.

La visione dinamica del paesaggio, che si scontracon lo strumento statico del vincolo per la difesa della

sua specificità, e che deve invece portare ad un lungo evario lavoro teso a individuare i modi di intervento suiprocessi di progettazione del paesaggio, al migliora-mento dei loro risultati. Di qualsiasi processo si tratti: in-conscio o coscente dei propri riflessi morfologici, pub-blico o privato, diretto o mediato, di grande o di picco-la scala.

Avendo come sfondo questi punti forti, mi sembra chenella costruzione di linee di comportamento viste comestrumenti di quel lungo e vario lavoro, i seguenti argomentidebbano essere messi sul tavolo e approfonditi, dandouna risposta tentativa ad alcune delle domande poste al Co-mitato scientifico e ad altre che sembrano ugualmenteimportanti.

Assumere un atteggiamento attivo in relazione al-le risorse paesistiche e più in generale ambientali porta,oltre a non separare conservazione e innovazione, a ri-conoscere un carattere progettuale alla stessa conserva-zione.

Ciò significa intendere quelle risorse come poten-zialità da costruire ancor più che come presenze da re-gistrare. Significa aggiudicare loro valore tramite le mo-dalità con le quali esse vengono intese da un progettoche le vede parte integrante.

Assumere un atteggiamento attivo porta ad affer-mare una prassi progettuale secondo la quale il progettodi trasformazione è contemporaneamente progetto direcupero della memoria ed innesco di una nuova iden-tità culturale che entra in sintonia con quella già esi-stente e sedimentata, facendola riemergere.

Non è possibile parlare di valore paesistico o di va-lore storico-culturale di un territorio – che definisce insenso moderno il significato di quello paesistico – senon riferendosi alle potenzialità e ai vincoli costituiti, atutti i livelli della grande come della piccola scala, dallapermanenza di elementi strutturanti la forma ambientaleed urbana: non solo quindi sotto specie di ambienti este-ticamente pregevoli, di manufatti storici e artistici o di so-pravvivenze dell’ambiente naturale, ma dell’insieme dei

Cesare Macchi CassiaPolitecnico di Milano, Facoltà di Architettura

150

Page 151: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

151

segni e delle forme che si sono depositati nella lunga sto-ria di antropizzazione e trasformazione del territorio.Questo appare essere l’aggiornamento culturale dellanozione di paesaggio di cui abbiamo modernamente bi-sogno.

L’assunzione di responsabilità nei riguardi della for-ma del territorio può costituire oggi lo strumento checon minore ambiguità ci permette di parlare dei diversiluoghi e insieme di definire uno sfondo su cui costruirela qualità di un progetto per essi, realizzando nell’uni-co possibile modo un corretto rapporto pianificazio-ne/conservazione. È infatti constatazione via via semprepiù condivisa che la forma fisica del territorio si configuriquale deposito dei valori storico-culturali e paesistici, co-me risorsa economica e culturale, e che la permanenzanel tempo di questo aspetto della realtà costituisca co-me un vero e proprio “monumento”.

È il mutamento di significato al perdurare della for-ma, che definisce una condizione monumentale per i va-lori e per i segni che definiscono quella forma. Ren-dendoli materiali preziosi per la progettazione degli spa-zi da essi strutturati e in generale dell’intero territorio.La condizione di quelle risorse e di quei segni è infatti perun verso dinamica e per un altro statica.

Il paesaggio è specificità, è differenza, è localismo.Ci si potrebbe quindi attendere una naturale attenzio-ne ai suoi significati e valori da parte dei livelli di gover-no locali. Questa è invece, nella maggioranza dei luoghie dei momenti, fortemente carente anche quando il li-vello centrale mette in campo iniziative e normative chechiedono questa attenzione.

Il tema del paesaggio pone in luce con grandechiarezza il problema del rapporto biunivoco – loca-le/globale – di valori, interessi, capacità culturali, assu-mendo con ciò un significato di straordinaria valenza. Fa-cendo emergere con chiarezza il significato culturaledella politica.

Da qui può anche partire una riflessione su qualenon semplicistico, moderno aggiornamento giuridicodella nozione di paesaggio abbiamo bisogno, su comeattuare un riordino delle competenze sul territorio, sul-la necessità di verificare i risultati del governo del ter-riorio.

Il ruolo delle Regioni in particolare, dall’epoca del-la loro creazione negli anni ‘70, avrebbe potuto riassu-mersi degnamente nel favorire il coniugarsi della crescitaeconomica con il corretto uso del territorio di vita dellediverse comunità nazionali. Assumendo come stru-mentalmente fondamentale e degno della massima ri-conoscibilità il rapporto positivo tra pianificazione econservazione, tra progetto e tutela, tra modificazionee custodia. L’omologazione in atto tra le parti – spazi emanufatti – dei singoli territori e in parte tra i territoristessi, la perdita delle differenze, la diminuzione del va-lore del capitale disponibile, rappresentano invece il fal-

limento, o meglio la non presa in considerazione di uncompito politico-culturale che riferendosi al senso deldatato articolo costituzionale sulla difesa del paesaggio,l’avrebbe specificato nelle diversità culturali e quindiaggiornato nella modernità.

Si sta aprendo una forbice tra accessibilità ai più perle scelte localizzative e di immagine, e decadimento diciò che viene conseguito. Ciò è pericoloso per i nostri“territori urbani”, ma anche per la democrazia.

Il paesaggio è tutto il contesto, non ne è parte. Néfisica, né scalare. Tutte le scale sono ugualmente im-portanti nella sua definizione, a livello di lettura, di uso,così come a livello del processo di progettazione chedobbiamo saper indirizzare.

Il rapporto tra le scale è diverso per le differenti fa-miglie di paesaggi.

Ad esempio, la scala minuta degli elementi costi-tutivi il paesaggio della città contemporanea si rappor-ta direttamente con la scala geografica del “territorio ur-bano”.

Quest’ultimo riassume in un’unica forma strutturalele diverse città che lo compongono, ma mentre le piùantiche hanno elaborato al loro interno valori interpo-sti che, mediando significati e spazi, costituiscono rife-rimento per la scala minuta, definiscono gerarchie or-dinative, la città contemporanea non presenta tra lesue parti fattori di contiguità e di corrispondenza spa-ziale capaci di elaborare una scala intermedia. In essa siaffermano invece rapporti tra luoghi analoghi separati,e la loro stessa dimensione, insieme alla distanza nellospazio e nel tempo e alla pervasività rispetto all’univer-so fisico disponibile, costituisce un riferimento geogra-fico che emerge fortemente a fianco della scala deicomponenti singoli.

A fianco di questa autoreferenzialità, sono i vuotiterritoriali a definire la scala geografica del territorio ur-bano attraverso la loro disponibilità, le loro differenti tes-siture, il loro valore di differenza, il loro significato col-lettivo.

Ne emerge un paesaggio che solo un osservatorenon interessato, o statico, può scambiare per casuale eprivo di riferimenti al contesto. La sua caratteristica è in-vece quella di situarsi tra i due estremi apparentemen-te senza contatto della scala complessiva e della scala deldettaglio.

Ne emerge la necessità di un progetto che sappiamettere in luce in modo compiutamente integrato il rap-porto tra la scala minuta e la scala geografica, cogliendole potenzialità che stanno nella nuova dimensione, neinuovi significati e modi d’uso della città contemporanea.Per dare alla sua affermazione sul territorio un significatoculturale che si aggiunga, innovandolo radicalmente, aquello raggiunto in altri momenti della storia e della di-mensione della città. Mettendo con ciò in luce quali pro-poste urgenti per le zone urbanizzate, e anche il significato

Page 152: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

e l’utilità, in alcuni casi e contesti, di piani di recupero pae-sistico e ambientale.

Una concezione allargata di paesaggio urbano sto-rico e l’assunzione delle testimonianze tipologiche nonsolo per il loro valore di singoli fatti edilizi ma come par-ti integranti di ambienti complessi ed estesi che travali-cano e i limiti municipali e le competenze stabilite dal-le leggi del ‘39, sono punti base per un atteggiamentomoderno su i centri storici e la loro tutela.

Una progressiva estensione semantica del concettodi centro storico ha caratterizzato la riflessione nelle se-di di dibattito (Ancsa), fino ad introdurre la nozione di“città esistente”. Il superamento di una tradizione nor-mativa che in materia di tutela del patrimonio culturalespesso contribuisce a far sì che le pratiche si limitino al-la conservazione di singoli “pezzi” quali reperti immersiin un territorio che sempre meno è il loro e che ne can-

cella le relazioni, è invece tutto da conquistare e moltopotrà contribuire allo stesso aggiornamento della no-zione di paesaggio.

In generale, limiti ormai evidenti di una situazionein evoluzione sono quelli rappresentati da una troppoimmediata associazione tra valore e storia.

Strade da perseguire sono quelle del riconosci-mento di valore a una rosa di testimonianze monu-mentali, storiche e moderne, tali da costituire i capisal-di dell’immagine di un paesaggio; del riconoscimento divalore alla lettura a sistema di queste testimonianze, an-che al di là del valore puntuale, in modo tale, ad esem-pio, da costituire una base di partenza per una riflessionesul paesaggio agrario e sull’agricoltura rurale, attraver-so il riconoscimento del valore delle “tipologie conno-tanti”, quali sono in molti territori italiani cascine, villee acque artificiali.

152

Page 153: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

153

La peculiarità dell’“operare sul paesaggio” (e cioèdella pianificazione e progettazione paesistica) va ravvi-sata nella particolare considerazione che deve essereattribuita alla complessa natura di questa entità fisicascientificamente analizzabile, organizzata in sistemi na-turali e artificiali, prodotto dell’interrelazione tra cultu-ra, azione dell’uomo ed evoluzione spontanea dellerealtà naturali.

Per “operare sul paesaggio” occorre, quindi, fa-re riferimento al sistema diffuso di “beni e di valori”che lo connotano e lo caratterizzano, alla dinamica in-terna che ne assicura il funzionamento, alle relazioniintercorrenti tra realtà naturale e attività umana, aiprocessi che lo modificano incessantemente, all’espe-rienza percettiva che lega la società all’immagine delterritorio.

Un’azione istituzionale sul paesaggio, dotata distrumenti operativi concreti, consente di passare dallatutela vincolistica al corretto uso delle risorse ambientali– frequentemente sottovalutate dalla pianificazione ur-banistica –, alla possibilità di migliorare e accrescere il po-tenziale ecologico ed ambientale della città e del terri-torio (attraverso uno studio analitico del complesso in-treccio delle interrelazioni esistenti fra fattori naturali eartificiali, tra vocazioni e usi del suolo), alla capacità diprodurre nuovi paesaggi e di riqualificare quelli esisten-ti consolidandone strutture e funzioni.

L’attuale politica del territorio, invece, continua acontrapporre luoghi dove la civiltà economica può ef-fettuare alterazioni a luoghi in cui la natura – e quindideterminate risorse di base, indispensabili alla vita – so-no protette, dando origine ad azioni difensive e com-pensative, quali i parchi, le riserve naturali, e i luoghi sot-toposti a tutela paesistica.

Per raggiungere il concetto di totalità dinamica ecomplessa, che comprende tutto ciò che sul nostro pia-neta è “permeato e generato dalla vita”, occorre af-fiancare al concetto di “zone da tutelare” (contrappo-ste a superfici a disposizione dell’uomo), l’individuazio-

ne di misure finalizzate alla valorizzazione e gestione del-le risorse territoriali. Occorre impadronirsi dell’esperien-za paesistica coniugando tra loro approcci diversi e traloro complementari, che insieme concorrano ad inda-gare la complessa natura del paesaggio.

La pianificazione (e anche la progettazione) paesi-stica impone quindi, alla pianificazione urbanistico-ter-ritoriale nuove prospettive subordinando ogni interven-to e trasformazione antropica del territorio alla letturaanalitica (alla conoscenza approfondita cioè di tutti glielementi naturali e antropici), all’individuazione dei va-lori e del complesso intreccio di relazioni esistenti nelpaesaggio, al rispetto delle componenti ambientali, al-l’individuazione dell’evoluzione in atto nel territorio e al-la definizione delle misure di intervento più opportuneper indirizzare la compensazione e la riqualificazionedegli squilibri esistenti e per individuare le premesse perle trasformazioni future.

Viene posta, in tal modo, al centro dello studio,un’adeguata individuazione e valutazione delle carat-teristiche paesistiche e ambientali del territorio ed inparticolare la conoscenza degli aspetti relazionali deivari elementi, fattori e caratteri del paesaggio; la com-prensione dei legami funzionali che connettono tra lo-ro fenomeni e processi e delle dinamiche in atto nel-l’insieme paesistico considerato. Viene sollecitata e ap-profondita, inoltre, l’analisi e la comprensione delle mu-tazioni paesistiche passate, delle dinamiche evolutivein atto e delle probabili mutazioni future.

Dalla conoscenza e dall’integrazione di queste co-noscenze devono quindi essere ricavate le regole quali-tative e quantitative per il controllo e la guida delle tra-sformazioni stesse, per l’individuazione di indirizzi pro-positivi per la costruzione (e modalità d’uso) di nuovipaesaggi.

Gli studi sugli assetti geomorfologici, vegetaziona-li e antropici, sulle qualità visive e sui valori panoramicidel paesaggio, le valutazioni sulle vunerabilità e le po-tenzialità ambientali, assumono un peso determinante

Annalisa Maniglio CalcagnoUniversità degli Studi di Genova, Preside della Facoltà di Architettura

Alcune considerazioni per operare sul paesaggio Dall’impegno analitico alla sperimentazione

Page 154: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

sia nell’analisi dello stato attuale, sia negli orientamen-ti da assumere rispetto alle trasformazioni e agli inter-venti attuabili, nonché alle azioni di tutela, di valorizza-zione e/o di riqualificazione da promuovere.

La disciplina paesistica porta, quindi, necessaria-mente, ad un ampliamento dei processi conoscitivi e in-terpretativi del territorio e ad una integrazione interdi-sciplinare tra diversi studi specialistici.

L’elaborazione conoscitiva, fondata su basi analiti-che, utilizza la scomposizione per temi e fattori dellacomplessità ambientale e culturale allo scopo di com-prenderne le specificità e individuare le interrelazionitra tematismi diversi.

L’elaborazione descrittiva e/o cartografica tende arendere esplicito il valore e la peculiarità dei beni e de-gli elementi di interesse paesistico, culturale e ambien-tale e il differente grado di vulnerabilità del territorio inrapporto agli usi cui può essere sottoposto, onde pro-muovere azioni differenziate di tutela e/o modalità di va-lorizzazione, di riqualificazione e di gestione.

Il sistema descrittivo – comunicazione grafica e lin-guistica – vengono, quindi, a fare parte integrante del-l’analisi dei caratteri e delle peculiarità paesistiche non-ché della valutazione delle potenzialità e/o della vulne-rabilità dei luoghi.

Con l’aggettivo “paesistico” collegato al termine di“pianificazione” ci si riferisce all’obiettivo primario di ri-collegare l’assetto del paesaggio naturale e antropico al-le esigenze di uno sviluppo qualitativo delle risorse e almantenimento quantitativo del patrimonio di base; dipromuovere un uso non distruttivo dello spazio, del-l’ambiente naturale e delle sue risorse, finalizzando ledecisioni alla protezione del patrimonio dei beni cultu-rali e ambientali cui si attribuisce valore; di individuarel’uso ottimale delle “risorse” attraverso la scelta degli in-terventi e delle attività compatibili, dei loro modi di at-tuazione della loro quantificazione e localizzazione al fi-ne di renderli ammissibili.

Questa intenzionalità può prevedere interventi vol-ti a perpetuare le modalità esistenti di utilizzazione delsuolo e/o ad attuare interventi migliorativi (e/o di tute-la) dei valori paesistici, degli equilibri ecologici e dellequalità ambientali.

Può promuovere il corretto uso dei beni attraversointerventi volti a modificare, con obiettivi mirati, l’attualemodo di utilizzazione e gestione del territorio.

Può evidenziare, in altri casi, utilizzazioni impro-prie di beni, di elementi singoli o di sistemi paesistici eprevedere interventi di ripristino ambientale.

Questi obiettivi vanno spazialmente riferiti, attra-verso una idonea perimetrazione cartografica, alle si-tuazioni individuate e agli obiettivi da perseguire.

È necessario precisare inoltre che l’attuale imposta-zione della pianificazione urbanistica – la rigidezza degli

enunciati, delle logiche funzionali, i metodi di valutazio-ne generalmente utilizzati nella ricerca di idoneità inse-diativa – sono coniugabili con difficoltà con l’imposta-zione della disciplina paesistica che si esprime attraver-so condizionamenti all’uso del suolo dedotti da criteri divalore e vulnerabilità e dalla individuazione e compren-sione delle possibili evoluzioni del sistema paesistico.

La pianificazione urbanistica, infatti, tende soprat-tutto a promuovere l’uso dello spazio riconducendo ledecisioni alla finalità di soddisfare i bisogni funzionali re-lativi alle molteplici attività umane.

La vastità dei bisogni che la pianificazione urbani-stica deve soddisfare, la quantità di problematiche coin-volte nelle scelte urbanistiche porta, e ha portato so-vente, a considerare come “secondarie” o a trascuraredel tutto, le finalità di tutela e valorizzazione dei benipaesistici e le regole per un corretto uso e/o protezionedelle risorse ambientali del territorio.

La pianificazione paesistica intesa nella sua acce-zione più completa, e cioè come disciplina di sintesi, ri-cerca i migliori usi della risorsa sulla base delle conside-razioni di sintesi che emergono dalle conoscenze acqui-site nella fase analitica multi-disciplinare; stabilisce regolee misure di intervento indirizzate a compensare e mini-mizzare gli squilibri esistenti; persegue il raggiungimen-to delle istanze della collettività nei confronti del vastoambito indicato genericamente come “qualità della vita”.

La peculiarità delle analisi paesistiche consiste nel-la particolare considerazione che viene attribuita aglielementi caratterizzanti il paesaggio e nel diverso valo-re che viene attribuito alla leggibilità dell’insieme, al-l’integrità, rarità, peculiarità, di forme e strutture paesi-stiche, all’importanza ecologica, scientifica, culturale evisuale di un territorio; sono tutti criteri utili alla valuta-zione dei paesaggi, frequentemente sottovalutati nellapianificazione urbanistica.

Con la presa di coscienza dell’esauribilità delle ri-sorse e dei limiti di modificabilità dell’ambiente, il terri-torio non è più considerato come oggetto passivo deiprocessi di trasformazione, ma come soggetto degli in-terventi e delle scelte; la pianificazione urbanistica eterritoriale si trova quindi a dover conciliare lo sviluppoinsediativo, produttivo, strutturale (e perciò economico)con l’esigenza di tutelare le qualità paesistiche e le ri-sorse ambientali; a dover acquisire le novità di merito edi metodo che la disciplina paesistica promuove riguar-do all’uso del territorio.

La disciplina paesistica, da integrare alla pianifica-zione urbanistica, ricerca modi d’uso del territorio cheassicurino la tutela della qualità e minimizzino la pro-babilità di arrecare danni al sistema di beni individuati neifattori agronomici, vegetazionali, geologici, idrici, ar-chitettonici, paesaggistici, visivi e panoramici; individua

154

Page 155: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

155

forme e modi di riqualificazione del paesaggio e del-l’ambiente, in diverse situazioni di degrado, compro-missione, perdita di valori.

Per quanto osservato più sopra, gli indirizzi paesi-stici utilizzabili all’interno della pianificazione urbanisti-ca (nell’attuale struttura e concezione) sono ancora ne-cessariamente assai riduttivi rispetto ai principi fondati-vi e alle finalità che la pianificazione paesistica persegue:finalità, come osservato più sopra, di valorizzazione, tu-tela, riqualificazione e miglioramento dell’equilibrio am-bientale e della potenzialità ecologica dei territori, dif-ficilmente coniugabili con gli strumenti amministrativi econ l’apparato normativo dei piani regolatori.

Nel piano paesistico vengono inoltre individuatepossibilità di scelte e strumenti per produrre e ricrearenuovi paesaggi; vengono individuate modalità per nonimpoverire, destrutturare o distruggere quelli esistenti(con elementi estranei alla dinamica del paesaggio stes-so), per consolidarne e potenziare strutture e funzioniecologiche, per compensare gli squilibri esistenti.

Una struttura progettuale e normativa, lontana daschematismi e rigidità funzionali, propositiva e aperta apossibili “variabili” paesistiche, capace di coniugare fun-zioni e processi del piano urbanistico e del piano paesisticosembra essere ancora prematura sul piano attuativo.

Le “analisi e le sintesi paesistiche”, i “giudizi di va-lore” su porzioni o elementi del paesaggio, le conside-

razioni sulle dinamiche in atto, le valutazioni sulla “vul-nerabilità o attitudine” ad accogliere trasformazioni e/onuove attività, consentono di adottare misure per avviareuna tutela attiva del paesaggio, promuoverne qualità eidentità, per concretizzare prospettive di sviluppo so-stenibile.

Consentono in particolare non solo di– conseguire un progressivo superamento del sistema

vincolistico e inibitorio in favore di strategie pro-positive (riequilibratrici o riqualificatorie) nell’at-tuale situazione paesistico-territoriale;

ma possono anche– favorire operazioni progettuali fondate sull’attenta

considerazione dell’identità culturale dei luoghi,per riconferire leggibilità a paesaggi incoerenti o di-sgregati, per conservare e potenziare i caratteripaesistici fondamentali;

– contribuire a valutare nel piano e nel progetto, lapluralità di fattori implicati nei processi di modifi-cazione delle paesistico-ambientali;

– contribuire a superare le tendenze ad operare coninterventi puntuali e non coordinati;

– favorire quelle trasformazioni che assicurino un mi-gliore equilibrio ecologico e riducano le condizionidi vulnerabilità;

– contrastare l’abbandono, l’alterazione e/o lo sman-tellamento delle strutture agrarie paesaggistica-mente rilevanti.

Page 156: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

156

Dopo un evento catastrofico come il terremoto, ilpaesaggio rappresenta un elemento da tenere in giustaconsiderazione sia nella definizione degli interventi legatiall’urgenza che di quelli programmati per il definitivo ri-pristino dei beni danneggiati. Nel caso dell’Umbria le zo-ne colpite avevano, per la maggior parte, già subito deifenomeni di progressivo depauperamento in relazionesia alla diminuzione della popolazione residente sia aglieffetti perversi di precedenti eventi sismici e, soprattut-to, degli interventi postsismici. La zona montana a con-fine con le Marche aveva progressivamente perduto lacapacità di esprimere un’economia in grado di dare il ne-cessario sostentamento alle popolazioni che prima vi ri-siedevano, e fenomeni migratori, anche imponenti, ave-vano progressivamente vuotato degli abitanti i borghimontani, riducendo a seconde case quelle che una vol-ta erano abitazioni principali.

Gli effetti del sisma e di questa profonda modificadel tessuto sociale si sono sommati ed hanno rapida-mente sconvolto un tessuto urbano e rurale stratificatosinei secoli e progressivamente adattatosi alla natura delterritorio ed alle esigenze umane.

I paesaggi culturali, come ben definiti dall’arch.Carla Maurano, consulente dell’Ente Parco dell’Etna:“sono il risultato formale di processi evolutivi di tra-sformazione degli ambienti naturali da parte delle co-munità antropiche. Tali processi sono stati originati dal-la necessità primaria di rispondere a ben definite esi-genze materiali e spirituali, ed attivati attraverso la mes-sa in opera di artifici che, in modi diversi, hanno reso ma-nifesta nel tempo la volontà dell’uomo di razionalizza-re la Natura ed interpretarne a proprio vantaggio leggie regole. Artifici che, in modi diversi, hanno garantito ildelicato quanto complesso equilibrio dinamico deriva-to dal rapporto tra le diverse culture ed i relativi ambientinaturali, tanto attraverso l’applicazione razionale di tec-niche e tecnologie “eco-derivate”, quanto attraverso l’u-tilizzo strumentale di codici e fenomeni apparentemen-te distinti come la “sacralizzazione” dei luoghi e la “ri-

tualizzazione religiosa” dei comportamenti sociali.La comparsa di “nuovi modelli di sviluppo”, avulsi

da un’attenta storicizzazione e teoricamente poco attentiad alcuni valori strutturali delle singole culture, quali il ra-dicamento al territorio e l’identificazione con i valori uni-ci e specifici del paesaggio, ha inciso profondamente sustrutture sociali apparentemente semplici e forti ma inrealtà estremamente complesse e fragili, ed ha innesca-to pericolosi processi di perdita di identità e di progres-siva incomprensione ed allontanamento dei singoli indi-vidui dal loro “paesaggio culturale”, dal loro ambiente.Quest’ultimo, modificato per millenni dall’uomo, sembraavere perduto quello stretto legame con la vita umanastessa e con le esigenze legate alla sopravvivenza dellacollettività che ne aveva permesso la graduale antropiz-zazione nel rispetto della straordinaria ricchezza e varietàdegli ecosistemi naturali, la trasformazione del territorioed il mantenimento delle caratteristiche di “naturalità”(considerata come tasso eccezionale di biodiversità del-le specie animali e vegetali in presenza dell’attività e del-le modificazioni umane) e di “spazialità culturale” (con-siderata come valore connesso alla sfera umana ed im-prescindibile dall’ecosistema naturale)”.

Il brusco alterarsi degli equilibri consolidati dal tem-po e l’introduzione di innovazioni tecnologiche a gran-de impatto ambientale, unite ad una incontrastata vo-lontà di “modernizzazione ed industrializzazione”, han-no stravolto alcune delle aree di fondovalle e condan-nato all’abbandono molte delle aree di cresta del siste-ma montagnoso che fiancheggia la Val Nerina.

Il Commissario per i Beni culturali danneggiati dalsisma ha ritenuto di dover prendere atto di queste con-siderazioni e della constatazione che in occasione diprecedenti eventi sismici gli interventi di ricostruzionenon si erano preoccupati di opporsi a tali tendenze de-generative, ma anzi le avevano assecondate. Basti ri-cordare gli interventi post-sisma a Cascia in località San-ta Maria della Neve o a Sellano in località Postignano o,ancora a Norcia in località Biselli, ove gli amministrato-

Luciano MarchettiVicecommissario per le zone terremotate dell’Umbria, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Page 157: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

157

ri e gli amministrati si erano lasciati lusingare dalla sire-na del “più nuovo e più bello” realizzando nei fatti del-le squallide periferie urbane in luogo dei piccoli e sug-gestivi centri storici danneggiati dal terremoto.

In quest’ottica, per evitare il ripetersi di tali negati-ve eventualità il Vice-commissario per i beni danneggiatinella Regione Umbria ha perseguito due linee di inter-vento. Da un lato, attraverso la normativa sulla rico-struzione, privilegiare il recupero del costruito rispetto al-la demolizione con successiva ricostruzione ex-novo delpatrimonio danneggiato, pur garantendo dei livelli di si-curezza adeguati in relazione alla sismicità dell’area;dall’altro, studiare metodi di consolidamento adeguatie forme di utilizzo del territorio che potessero garanti-re una crescente ripresa delle attività economiche equindi sociali nell’area della montagna.

Questa seconda azione si è concretizzata in un ac-cordo di programma con la Regione Umbria, due co-muni dell’area ed il servizio Sismico Nazionale per un’at-tività di ricerca che potesse fornire, attraverso degli stu-di su campioni ristretti, una metodologia di interventoe di valorizzazione del particolare territorio esaminato.

Lo studio della presenza umana nel territorio umbrointeressato dal sisma ha un valore particolare in quantoquelle aree, oggi marginali, sono state interessate da at-tività agro-silvo-pastorali che hanno consentito lo svi-luppo di una società locale caratterizzata, anche, da fe-nomeni di rilevante valore culturale, come quello dellaScuola Medica di Preci che, sviluppatasi nel XIII secolo for-se come emanazione e conseguenza dell’analoga scuo-la benedettina, chiusa in seguito alla proibizione dell’e-sercizio dell’arte medica per i chierici, è rimasta vitale fi-no al XVIII secolo; o come i numerosi cicli di affreschi dibuona fattura realizzati ad opera di artisti anche non au-toctoni. Realtà che si erano potute affermare anche in re-lazione ad una prosperità non trascurabile degli insedia-menti urbani e rurali.

La ricerca, quindi, doveva approfondire lo studio diqueste aree in quanto sia il Ministero per i Beni e le At-tività Culturali che il Commissario Delegato per il recu-pero del patrimonio culturale danneggiato dal terremo-to non potevano ignorare l’esigenza di approfondire laconoscenza al fine di utilizzarla proficuamente per il lo-ro recupero. Per ovvi motivi di urgenza e di oneri sop-portabili da un ufficio provvisorio come quello del Com-missario ci si è concentrati su due aree campione scelteall’interno dell’area terremotata: la frazione di Monte-santo di Sellano e quella di Roccanolfi di Preci, la secon-da all’interno del Parco Nazionale dei Sibillini e la primain una zona limitrofa. Da un preventivo esame dei costiper il recupero degli immobili danneggiati si è constata-to come, a fronte di una presenza umana stabile di po-che unità, gli oneri relativi fossero assai rilevanti e quin-di il recupero di tali insediamenti trovava la sua unica giu-stificazione nelle necessità culturali e di salvaguardia am-

bientale. Ma la semplice ricostruzione non poteva ga-rantire un mantenimento dei livelli di insediamento sta-bile delle due frazioni e nemmeno un loro incremento,condizioni che sole potevano conseguire un efficace estabile mantenimento delle condizioni socio-culturali diqueste aree. Conseguentemente, si è reso necessarioverificare quali possibilità di sviluppo compatibile fosse-ro oggettivamente ipotizzabili per le aree in oggetto equindi per l’intero territorio della Val Nerina Umbra.

La convenzione con la sezione umbra di Legam-biente era conseguente all’attività svolta dai volontari diquesta organizzazione nell’area della Val Nerina per il ri-levamento dei danni provocati dal terremoto e quindi al-la conoscenza già acquisita dei relativi problemi. Da ta-le accordo è poi nato il coinvolgimento della scuola me-dia superiore di Perugia, l’Istituto tecnico ad indirizzoscientifico e tecnologico “G. Bruno”, con la convinzio-ne che solo la scuola può costituire quel veicolo di co-noscenza e di sensibilizzazione della popolazione ne-cessaria per creare una coscienza civile sensibile alla tu-tela del patrimonio culturale ed ambientale dell’area, eche, nello stesso tempo, la scuola stessa rappresenta unafucina di idee e di proposte per l’uso del territorio. La col-laborazione con la scuola, da un lato, arricchisce di ideenon convenzionali la ricerca e, dall’altro, contribuisce al-la formazione dei giovani facendo loro prendere co-scienza dei limiti dello sviluppo e della necessaria ricer-ca della sua compatibilità.

Alla comunità scolastica, professori ed allievi, è sta-ta richiesta una partecipazione particolare ed unica nelsuo genere; le classi si sono incontrate con la realtà delterritorio acquisendo le informazioni sulla sua storia esulla sua evoluzione attraverso incontri sia con speciali-sti che con gli abitanti del luogo, ripristinando, in un cer-to senso, quella tradizione di trasmissione orale della co-noscenza, della storia e delle tradizioni che ha caratte-rizzato la cultura di tutte le nostre zone prima dell’alfa-betizzazione generalizzata.

Gli studenti proseguono in questa attività di ricer-ca e di elaborazione e proposta che vedrà il suo compi-mento nel giugno del 2000.

Un’altra importante considerazione sulle possibili li-nee di ricerca e di valorizzazione del “bene paesaggio” sipuò trarre dagli studi intrapresi dall’Arch. Maurano per ilParco dell’Etna e per quello del Cilento sulle interrelazio-ni fra millenaria presenza umana, la sua grande mobilitàe quindi la possibilità di esportazione e scambio di tecni-che, credenze e modalità di trasformazione dei territorielaborando specifici linguaggi conformativi del paesaggio.

La ricerca storico-culturale, portata avanti dall’ar-chitetto si lega all’analisi dei diversi ambienti, da quellipiù singolari a quelli più facilmente identificabili, comequelli terrazzati delle zone collinari, tipici di tutte le cul-ture contadine che hanno operato su siti declivi perrenderli adatti all’utilizzo agricolo.

Page 158: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

L’architetto constata come interi territori appaianosapientemente disegnati e ristrutturati dall’uomo conun lavoro durissimo e continuato nel tempo che, pre-supponendo la conoscenza profonda dei singoli sisteminaturali e del loro funzionamento, testimonia la possibi-lità di interventi di antropizzazione eco-compatibili purnella loro radicalità, a condizione che la collettività uma-na rispetti le leggi e le regole del corpo-territorio di quel-la Grande Madre disponibile a farsi modificare per pro-durre quanto a lei richiesto solo in cambio di rispetto edattenzioni costanti.

La ricerca di questi rapporti fra uomo e specifico sitoambientale può riallacciare quei legami storici e culturalitroncati dall’avvento dell’industrializzazione e meccanizza-zione selvagge con la loro illusoria possibilità di trasforma-zione radicale degli ambienti ad uso esclusivo della comu-nità antropica e senza una valutazione delle conseguenzesecondarie della scomparsa del patrimonio di biodiversitàche aveva caratterizzato le singole aree geografiche.

Dagli studi effettuati emerge come: “l’appropria-zione dei territori collinari, ad esempio, che pure è fun-zione di esigenze variabili delle comunità residenti (so-pravvivenza, contingenze storiche, geografiche ed eco-nomiche più o meno complesse), si fonda sulle poten-zialità e caratteristiche intrinseche del versante prescel-to per il terrazzamento. È la natura del luogo (microcli-ma, qualità dei terreni, rete idrografica, ecc.) a deter-minare non solo il tipo e le modalità del terrazzamento,la posizione di cisterne, accessi e costruzioni, ma anchela scelta dei cultivar da impiantare, che vengono sele-zionati con criteri sperimentali attentissimi agli equilibriecologici dell’area, a quelli statici dei muri ed alla ge-stione e funzionalità del versante. I paesaggi terrazzatiriproducono così artificialmente l’assetto del sistemanaturale di partenza, riproponendosi come organismi vi-venti in cui è richiesto ad ogni componente la collabo-razione, l’integrazione, la piena assolvenza alle propriefunzioni, pena la perdita dell’equilibrio dinamico checontraddistingue l’intero sistema e la sua rovina. Allaconservazione di questo equilibrio sono spesso legati an-che i rituali dedicati a Demetra o elementi di religiositào credenza contadina volti all’organizzazione ed al man-tenimento di usi e doveri sociali relativi. In realtà, l’esi-stenza di un processo divino che lega l’uomo alla terrae la partecipazione ad esso dell’individuo, del contadi-no, rispondono alla necessità che questi sia consapevo-le e responsabile dell’importanza e del valore “sacro” delsuo ruolo, del suo lavoro indispensabile a pulire i muri,a drenare e conservare le acque, a mantenere attivo, vi-tale, sicuro e produttivo il sistema collinare.

Ma anche il sistema terrazzato non è che parte di unsistema territoriale più ampio, ed esso interagisce con al-tri tipi di paesaggi culturali, che usa e dai quali viene usa-to, garantendo equilibrio all’intera struttura di riferi-mento: il sistema delle foreste, il più delle volte anch’es-

se “antropizzate”, riconvertite e segnate da luoghi di cul-to e percorse da superstiziose credenze, i centri urbani ru-rali, cerniere strategiche e “nicchie” di particolari attivitàsociali, gli insediamenti sparsi, veri e propri sistemi au-tosufficienti, ecc. Questi paesaggi culturali, insieme, rap-presentano gli elementi costitutivi di un unicum le cuiparti sono definite e distribuite secondo regole antichee sperimentate, attente al tipo e all’uso o non uso deisuoli, alle condizioni geologiche, alla conservazione del-le specie meglio adattate ai terreni e al clima, alla irregi-mentazione e al non spreco delle acque, all’attenzionee alla precauzione per gli effetti degli eventi meteorolo-gici; regole antiche, sperimentate e comuni elaborate, af-finché il sistema territoriale complessivo possa essereequilibrato, funzionare al meglio e garantire al meglio chici vive, in una realtà inscindibile di ambiente, tradizione,cultura, religiosità, produttività. In quella realtà millena-ria di conservazione e sviluppo che ha plasmato e carat-terizzato i nostri territori, i nostri paesaggi culturali.”

Queste ricerche possono poi essere fonte di sceltemetodologiche di intervento per il loro recupero checonsentano di avvicinarsi con umiltà e conoscenza del-la complessità strutturale di questi siti, evitando inter-venti che possano in qualche modo comprometterne lacorretta conservazione.

È necessario ricordare che spesso interventi anchedi natura diversa possono incidere sulla conservazionedel paesaggio ed anche sulla salvaguardia degli uominiche risiedono in determinate aree, numerosi sono gliesempi di scelte errate nella realizzazione di infrastrut-ture che hanno provocato più danni che benefici: per ci-tarne una fuori dal territorio nazionale, basti ricordarela realizzazione di una strada di fondovalle nella catenadell’Atlante in Marocco, più precisamente nella vallatadell’Urika, la cui conseguenza immediata è stata una ra-pida urbanizzazione delle aree adiacenti con lo sposta-mento dei vecchi abitati in quota nelle nuove aree difondovalle, un tempo destinate ad usi esclusivamenteagricoli. Un’analisi storica dello sviluppo delle comunitàumane nell’area avrebbe evidenziato come la scelta dicostruire in quota fosse frutto, non solo di necessità di-fensive e di economizzazione delle scarse aree agricoledisponibili, ma anche di difesa dalle piene improvvise delfiume di fondovalle soggetto ad un regime torrentizioestremamente variabile. Questa considerazione avrebbesconsigliato di realizzare le opere nel modo in cui sonostate effettivamente eseguite e che la piena del 1997 hadistrutto con la perdita di numerose vite umane.

Questo tipo di ricerca della matrice antica dell’an-tropizzazione delle singole aree, del suo legame conl’immaginario tradizionale, le credenze religiose e le at-tività di sfruttamento dei diversi ambienti, può rappre-sentare la realtà del nostro patrimonio secondo un an-golo visuale non usuale e foriero di metodologie di con-servazione nuove ed efficaci.

158

Page 159: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

159

La tutela del paesaggio, inteso in un’accezione piùampia rispetto a quella di “aspetto visibile della strutturafisica del territorio”, rientra nel più vasto tema dell’usodi risorse scarse in un sistema complesso e dinamico; peresso non si può parlare di conservazione dello status quoma di valutazione delle trasformazioni compatibili conla conservazione dei valori esplicitati dalla collettività,della quale costituiscono il patrimonio. La trasmissibilitàdei valori alle generazioni future segna il limite dello svi-luppo sostenibile (sviluppo che soddisfa i bisogni e leaspirazioni della presente generazione senza compro-mettere la possibilità per le future generazioni di soddi-sfare i propri bisogni).

Finora la gestione della tutela, giuridicamente de-rivata da un’idea di paesaggio ereditata dal pensieroidealistico-crociano, è stata essenzialmente, se nonesclusivamente, conservazione dello status quo. Appli-cata ad una risorsa allocata sul territorio, quindi sulla ba-se fisica di ogni attività umana, naturalmente dinamica,la tutela si è tradotta in non uso.

Ma la tutela del paesaggio sul territorio non può es-sere solo vincolistica e punitiva: pianificare, dettare nor-me, imporre vincoli, negare o assentire autorizzazioni.

La risorsa “paesaggio”‘ è tra le poche capaci di ri-dare identità e qualità ad una vita e ad uno spazio sem-pre più soffocati dalla standardizzazione ma anche dal-l’antropizzazione selvaggia. Solo intervenendo su areeestese vi è residua possibilità di salvare sia i beni cultu-rali che il paesaggio nella sua interezza, nei suoi aspet-ti emergenti e nella sua qualità diffusa, in quella qualitàche fa definire il Bel Paese un museo all’aperto.

Per difendere tale risorsa, per valorizzarla utiliz-zandola senza consumarla, non bastano gli interventiautoritativi. Occorre una capacità propositiva nuova,iniziative coraggiose che pongano il problema del re-stauro del paesaggio in termini non subalterni rispettoa quello monumentale.

Interventi esemplari, che indichino una precisa vo-lontà di politica culturale, ma che segnino anche l’iniziodi una tutela attiva diffusa a tutte le scale.

Ciò significa naturalmente disponibilità di risorseche attualmente non ci sono, né nel bilancio dell’Am-ministrazione centrale, né nei bilanci degli Enti delega-ti alla tutela paesaggistica.

La costruzione di un credibile piano finanziario,che non sia incompatibile con gli attuali indirizzi di po-litica economica, passa attraverso alcune prioritarie ac-quisizioni concettuali.1. Attribuzione di Valori diversi a paesaggi diversi,

quindi “dichiarare” l’interesse pubblico alla con-servazione di quei valori: è questa la sostanza deivincoli paesistici e, comunque se ne voglia modifi-care la gestione e la stessa impostazione giuridica,non si può negare che il vincolo oggi rappresentala difesa temporanea dei suddetti valori, “in atte-sa che la pianificazione consenta di articolare lepolitiche, sia attive che passive, di tutela” (Salzano).

2. L’uso del suolo, in contesti paesaggistici di pregio,quindi vincolati, consente la formazione di una sor-ta di “rendita posizionale” concettualmente ana-loga a quella che si gode da chi detiene il diritto diproprietà o di uso in contesti urbani di pregio.

3. Tale “rendita” è di difficile quantificazione, perchériferita a beni immateriali, come sono quelli pae-saggistici. Essa si riferisce a chiunque usi il suolo, siaesso privato cittadino sia istituzione o ente pubbli-co.Fatte queste premesse, si ritiene che la collettività,

cui appartiene nella sua globalità il bene paesaggistico,dovrebbe intercettare una parte, sia pur minima, deibenefici (anche se non sempre monetizzabili) derivantia chi usa il suolo dal fatto che il contesto paesaggisticoè vincolato, quindi di particolare valore, ma in cui peròè anche giuridicamente riconosciuto un interesse pub-blico.

Le risorse in tal modo acquisite dovrebbero costi-tuire un Fondo Unico per il Restauro del Paesaggio, cuiattingere per gli interventi di riqualificazione e restauronecessari a trasformare la tutela passiva e denegante intutela attiva e valorizzazione del bene.

Salvatore MastruzziDirettore Generale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Acquisire risorse per interventi di restauro del paesaggio

Page 160: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Ovviamente la strumentazione giuridica da ap-prontare può essere più o meno complessa, può gra-duare o meno l’incidenza del “contributo” da pagarsi daparte di chi usa il suolo e anche il paesaggio (edilizia pri-vata, residenziale e non, alcune opere pubbliche) e daparte di chi usa il suolo ma non anche il paesaggio (re-ti infrastrutturali).

Si potrebbe parlare di 2% e 1% sul valore delleopere che si vogliono realizzare.

È necessario precisare che non si tratta di una mi-sura di compensazione riferita al singolo intervento.Infatti ogni intervento, per poter essere realizzato incontesto vincolato, deve comunque contenere in séquelle caratteristiche, originarie o derivate da prescri-zioni e limitazioni, che lo fanno giudicare “compatibi-le” con il contesto stesso. Le stesse misure compensa-tive, che spesso accompagnano le realizzazioni dellegrandi opere, non possono essere disgiunte dalle ope-re stesse, di cui costituiscono componente essenziale af-

finchè, nel bilancio paesaggistico complessivo di quelcerto ambito territoriale, vi sia una valutazione positi-va dell’intervento.

Il contributo di cui si è parlato si pone invece adun livello più generale, che esula dall’ambito territorialesu cui incide il singolo intervento. Si tratta di reinte-grare in ambito nazionale, attraverso interventi di ri-qualificazione e di restauro che in generale non ri-guarderanno le aree delle singole opere autorizzate, la“risorsa paesaggio” nella sua globalità. Si potrebbe af-fermare, con evidente traslazione concettuale dal-l’ambito dei beni culturali, che si vuole mantenere inal-terato il patrimonio paesaggistico nel suo complesso,anzi, se possibile, che se ne vuole accrescere il valorepatrimoniale.

Da ciò la perfetta congruenza con i principi di so-stenibilità delle trasformazioni, da ciò la concreta at-tuazione dei principi stabiliti dalla conferenza di Am-sterdam sullo sviluppo sostenibile (1998).

160

Page 161: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

161

Il paesaggio nella geografia italiana

Il paesaggio nella disciplina geografica costituisceun tema centrale e una primaria fonte di conoscenza,anche se la sua storia risulta caratterizzata da varie fa-si evolutive che gli hanno attributo, di volta in volta, im-portanza e significati diversi.

Nella prima metà del nostro secolo il paesaggioha avuto un ruolo centrale non solo in Italia ma anchepresso le scuole russe, tedesche, francesi, imponen-dosi come concetto oggettivo che fa riferimento aglielementi naturali e umani e alle loro relazioni sul ter-ritorio.

Tra i maestri della disciplina che hanno gettato lebasi della tradizione geografica italiana il primo ad af-frontare il tema del paesaggio è Antonio Renato Toniolo(Toniolo, 1954) 1, il quale distingue tra Naturlandschafte Kulturlandschaft, il primo definito naturale, astratto,spazioso e vario, primitivo, zoologico e biologico; il se-condo è invece il paesaggio umano, detto anche geo-grafico, ma anche politico, biologico, artificiale, che siconfigura, per esempio, attraverso un’attività minera-ria, agricola, industriale, proponendo una sorta di pae-saggificazione dell’intera geografia, tentativo intrapre-so anche da Umberto Toschi il quale, fin dal 1949, de-finì la geografia come la scienza che studia gli insiemi,asserendo che il primo insieme è il paesaggio e che lageografia, quella vera, è la scienza del primo insiemefondamentale che è il paesaggio (Toschi, 1962) 2.

Dello stesso periodo è l’opera di Renato Biasutti ilquale fa propria una posizione fisicalista, che conside-ra il paesaggio naturale come prodotto della natura, ca-ratterizzato esclusivamente dai suoi aspetti fisici (Bia-sutti, 1962) 3.

Promotore della teoria possibilista del paesaggioumanizzato è Aldo Sestini (Sestini, 1947a, 1947b,1963)4 sostenitore del paesaggio antropogeografico; lasua opera, Le fasi regressive dello sviluppo del paesag-gio antropogeografico, fu subito apprezzata e, per

questo, inserita da Philip L. Wagner e Marwin W. Mike-sell insieme a quella di Max Sorre ed Albert Demangeonnella sezione “Landscape and Ecology” della loro ras-segna5.

Non tutti i maestri della geografia di questo pe-riodo, tuttavia, hanno ritenuto di dover dedicare parti-colare attenzione al tema del paesaggio nei loro “gran-di” manuali della geografia classica; tra questi ricor-diamo Roberto Almagià (1961) ed Elio Migliorini (1953);il termine paesaggio ricorre invece nel poderoso ma-nuale di Osvaldo Baldacci (1972), anche se riferito so-prattutto al paesaggio agrario o considerato quale ri-sultato di un determinato processo morfogenetico6.

Più di recente Costantino Caldo accenna ad una“geografia del paesaggio sviluppatasi fra le due guer-re” (1979) e Piero Dagradi introduce il concetto di pae-saggio agrario come spazio connotato dalle tecnicheagricole (1982), in sintonia con la concezione di PaulClaval (1983)7.

Un ulteriore approfondimento degli studi analiticisul paesaggio permette di giungere al saggio critico diFranco Farinelli (1980)8 e alla “profonda traccia” diAdalberto Vallega (1978, 1985) 9, in parte fatta propriaanche da Maria Chiara Zerbi, più avanti citata.

La metodologia di indagine geografica si sostanziain una “descrizione esplicativa” che muove dall’osser-vabile e si spinge nella ricerca delle cause che hannoconcorso a determinare quel particolare paesaggio. Perportare a termine questo livello di analisi sono affian-cate all’osservazione fonti storiche e statistiche le qua-li consentono di effettuare il passaggio dalle struttureosservabili ai processi che queste sottendono (Zerbi,1993, 1994)10. Un percorso praticabile grazie alla par-ticolare attenzione dedicata alla problematica degli in-dicatori ambientali, al ruolo che essi esplicano nella ri-cerca geografica, alla loro natura, ai tipi multiformi, lacui centralità nelle diverse fasi della ricerca geograficaè ormai da tempo posta in particolare evidenza (CornaPellegrini, 1986 e Zerbi, 1987)11.

Patrizia MicoliGeologo direttore coordinatore, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

La ricerca scientifica e la geografia del paesaggio e dello sviluppo sostenibile

Page 162: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

162

Già alla fine degli anni ‘60 e soprattutto nel corsodegli anni ‘70 si profila l’emergere della questione am-bientale poiché diventano sempre più evidenti i limitidello sviluppo intensivo e indiscriminato, perseguitonegli anni della ripresa economica e sociale del dopo-guerra. In corrispondenza di tali ritmi di crescita si re-gistrano parallele espansioni delle attività che interes-sano il territorio, quasi sempre incontrollate, come se lospazio costituisca una risorsa fungibile o rigenerabile(Micoli, 1992)12. Si consolida, in quegli anni, il princi-pio secondo il quale l’Homo oeconomicus non può es-sere il soggetto passivo e irriflessivo di processi decisi aldi fuori delle parti, in ambiti ristretti e incontrollati. Nel-la valutazione di cosa, come e quando produrre co-mincia a ricollocarsi la stima prioritaria delle finalità“complessive” del lavoro, dell’imprenditoria, degli in-terventi sul territorio, delle iniziative finanziarie, tecni-che e amministrative (Paratore, 1988) 13. Solo con lalegge 431/85, sulla quale torneremo più avanti, si po-trà parlare di svolta ambientalista nell’urbanistica ita-liana; con essa la ricongiunzione tra paesaggio, am-biente e urbanistica compie un sicuro passo avanti: in-fatti, la tutela ambientale acquista piena rilevanza ur-banistica, territoriale e socioeconomica, entrando aconnotare obbligatoriamente la pianificazione (Gam-bino, 1989)14.

C’è da registrare, tuttavia, che in Italia, a partire da-gli anni ‘60, la ricerca geografica tende a ridimensionarel’approccio al paesaggio come fonte informativa poichésostituisce lo studio delle relazioni verticali intercorren-ti tra l’uomo e l’ambiente, di cui il paesaggio costitui-sce una sorta di interfaccia, con lo studio delle relazio-ni orizzontali generate da flussi di persone, di merci, dicapitali, di informazione tra aree differenti, relazioninon sempre di facile percezione attraverso il paesaggio.

Recentemente, almeno negli ultimi quindici, ven-ti anni, il paesaggio è tornato in auge, anche se non piùcome fonte di conoscenza, ma con nuove connotazio-ni: quella percettiva, che individua in esso l’aspetto vi-sibile dell’ambiente, oggetto di fruizione individuale esociale, e quella ecologica, in base alla quale è auspi-cabile una sorta di pianificazione che sia il risultato diuna cooperazione dell’uomo con il mondo ecologico.Si tratta, in sostanza, dell’utilizzo dello spazio secondole attitudini proprie dell’ambiente, evidenziate attra-verso una cartografia tematica il più possibile ampia edella adozione di una connotazione rispettosa della or-ganizzazione biologica del paesaggio, che viene ad as-sumere la valenza di un sistema di ecosistemi.

Ci riferiamo a una serie di analisi diverse e, talo-ra, contrastanti, che la Zerbi ha saputo sistemare in unasorta di teoria del paesaggio arricchita, ne Il paesaggiotra ricerca e progetto, di fermenti diversi che si pon-gono come obiettivo comune il superamento del dua-lismo cartesiano, sempre presente nella disciplina geo-

grafica, e la comprensione del mondo in modo sinte-tico, olistico.

Una varietà concettuale di paesaggionella legge 431/85

A distanza di quindici anni circa dalla sua emana-zione, la legge 431/85 richiede alcune riflessioni sulleimportanti novità introdotte, sulle molte luci e pocheombre dei suoi effetti.

Il merito più grande che da più parti le viene rico-nosciuto è quello di aver ricongiunto nel paesaggiol’ambiente e l’urbanistica, poiché attraverso i suoi det-tami la tutela ambientale è divenuta parte integrantedei problemi di rilevanza urbanistica, territoriale, so-cioeconomica e culturale, entrando a connotare obbli-gatoriamente la pianificazione15.

Per questo motivo la legge, come è facile com-prendere, ha rivelato subito un aspetto dirompenteed un significato provocatorio, anche se positivo, dalmomento che il suo dettato invita a “ripartire dal-l’ambiente” per progettare città e territorio, puntandoal miglioramento della qualità della vita con rinnova-to vigore a motivo della solida e ampia legittimazionegiuridica dei vincoli ambientali e del crescente con-senso accordato dall’opinione pubblica alle “ragionidell’ambiente”.

La legge Galasso, inoltre, conferisce effettiva riva-lorizzazione del Piano come strumento deputato a mo-tivare, differenziare e giustificare le scelte di tutela e ra-zionalità distributiva negli interventi sull’ambiente e sulpaesaggio.

Come diretta conseguenza di questo cambiamen-to, si viene determinando anche una diversa attribu-zione delle responsabilità tecniche e scientifiche diquanti sono deputati ad intervenire nel governo del-l’ambiente; responsabilità che non ricadono più esclu-sivamente sull’urbanista e sull’architetto, ma vengonocondivise dalle altre figure professionali che partecipa-no alla stesura dei Piani stessi, quali naturalisti, geolo-gi, geografi, agronomi, forestali ecc.

C’è da rilevare, tuttavia, come la mancata defini-zione del concetto di paesaggio da parte della legge431, per questo precocemente contestata16, abbia la-sciato spazio alle più diverse interpretazioni, alimen-tando una sorta di confusione. In generale, l’analisidelle relazioni e dei documenti programmatici che ac-compagnano i Piani fa registrare una presa di distanzadalle concezioni estetizzanti, dal vedutismo che avevacaratterizzato il precedente concetto di paesaggio, le-gandolo a quello di un godimento esteriore destinatoa pochi amanti del bello.

In particolare, la legge Galasso, non definendo inmodo chiaro e preciso l’oggetto dei Piani, genera una

Page 163: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

163

grande confusione, anche lessicale, che prende il so-pravvento anche nelle componenti analitiche dei pia-ni, sia quelle che riguardano le “cose”, sia quelle cheriguardano i “costrutti”, come ambiente, paesaggio,territorio, patrimonio culturale. Tutto ciò, emerso in fa-se di applicazione della legge, non costituisce altroche la punta di un iceberg che tradisce la reale inade-guata maturazione della nuova concezione dell’am-biente e del paesaggio, non solo nel sapere comune,ma anche nel sapere scientifico delle discipline inte-ressate.

In questo quadro, si vengono affermando due ten-denze contrapposte; una considera il paesaggio comeun “bene” di particolare valore e, per questo, identifi-cabile e vincolabile come risorsa rara, unica o scarsa chedeve essere tutelata e valorizzata; l’altra tende a “dis-solvere” tale concetto in quello di territorio, identifi-cando nel paesaggio essenzialmente il divenire e, percosì dire, il conformarsi di una certa società in un cer-to territorio, che nient’altro esprime se non i valori delpaese reale.

La nozione di “paesaggio edificato”, proposta findal 1845 dal Cattaneo, il concetto di “abitare” svilup-pato da Haidegger (1976), le più recenti delucidazionidel Gambi (1986) sul paesaggio che “nasce entro e dalterritorio”, costituiscono riferimenti autorevoli a favo-re di quest’ultima posizione, peraltro condivisa da chiscrive, la quale, in generale, sembra godere di maggiorfavore17.

Questi concetti, naturalmente, prendono forma esi consolidano soprattutto a livello teorico, poiché nel-le pratiche sociali e nelle scelte operate per il governodel territorio non sempre si riflette questa nuova posi-zione non facile da realizzarsi a motivo delle spesso di-vergenti esigenze della tutela, da un lato, e dello svi-luppo, dall’altro.

Tale mancata definizione, tuttavia, non sminuiscel’importanza delle innovazioni introdotte con l’appli-cazione della legge 431/85 né sminuisce il merito diaver riconosciuto al paesaggio un valore autonomo, diaver allargato i vincoli espressi dai Piani ad un maggiornumero di categorie di beni, di aver promosso la tute-la delle risorse primarie, quali suolo e acque, per cui ilpaesaggio sembra essere assimilabile alla somma dellerisorse da tutelare.

Aspetti, questi, che possono condurre ad una sot-tovalutazione del ruolo simbolico-rappresentativo delpaesaggio, dal momento che non si comprende benein che cosa lo stesso differisca dalla somma delle suerisorse (Gottmann, 1985)18. Al riguardo, è utile riflet-tere su come da una parte il riconoscimento dei par-chi e delle grandi aree naturali si propone come “me-tafora del nostro rapporto con la natura, come tracciasu cui ricostruire il nostro atteggiamento nei confron-ti delle risorse e dei processi naturali” (Gambino,

1986)19. Dall’altra, la tutela o la valorizzazione delpaesaggio nella pianificazione contemporanea diven-tano momenti strettamente correlati alla crisi dell’o-dierno ordine urbano e alla ricerca di identità e di spe-cificità, che sembra imporsi di fronte alla uniforma-zione e banalizzazione dello spazio e alla globalizza-zione dei processi urbani (Mazza e All., 1988)20 nel vil-laggio globale.

È per questi motivi, infatti, che sembra prendereforma a scala internazionale, travalicando le vecchieeconomie di prossimità, l’individuazione di quadri am-bientali specificamente connotati; un modo, questo, peraffermare e rivendicare la propria identità, il ruolo spe-cifico nella rete delle relazioni economiche, sociali eculturali.

Il bene culturale “paesaggio” nella politica italiana

La Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente elo Sviluppo, tenuta a Rio nel 1992, ha impresso unasvolta storica alla geopolitica mondiale, una svolta de-stinata ad incidere profondamente anche nella culturadel paesaggio del nostro Pianeta.

In tale sede, infatti, è stato distinto di netto il con-cetto della crescita da quello dello sviluppo del piane-ta Terra; da quel momento si è convenzionalmente sta-bilito che il primo sta ad indicare un accrescimento nonnecessariamente dai risvolti positivi mentre il secondoimplica una espansione o realizzazione di potenzialità,il conseguimento graduale di uno stato più completo,comunque migliore, che implichi anche l’idea di una“crescita” qualitativa; si è determinata, insomma, unabiforcazione culturale estrinsecantesi appunto in duemodi diversi di intendere lo sviluppo.

Fino a quel momento, infatti, vigeva una posizio-ne convenzionale secondo la quale sviluppo e crescitaeconomica coincidevano ed entrambi erano oggetto diindagine attraverso l’analisi dei tassi di aumento del-l’occupazione, del prodotto nazionale lordo e del pro-dotto lordo pro-capite, mentre il rapporto tra compor-tamento sociale e ambiente costituiva solo una “ester-nalità” rispetto al sistema economico.

A partire da tale data si è affermata con prepo-tenza la nuova posizione che non identifica necessa-riamente lo sviluppo con la crescita, che include l’am-biente nelle internalità del sistema economico, checomporta un miglioramento della qualità della vita,del paesaggio, del patrimonio culturale, che implical’affermazione di valori che riguardano la società e lanatura.

Questa nuova consapevolezza risulta tanto più ri-levante a motivo della consistenza del patrimonio cul-turale del nostro Paese; c’è da rilevare, infatti, che i no-stri beni culturali e ambientali costituiscono una risor-

Page 164: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

164

Una gestione sostenibile dei beni culturali e am-bientali23, tuttavia, non si esaurisce in un’opera di ri-cognizione e catalogazione, in una tutela, ripristino evalorizzazione capita e attuata da una élite di speciali-sti, ma costituisce un evento di portata assai più ampia,che deve dilatarsi e includere altri momenti, preceden-ti e successivi, quanti sono necessari alla fondazione diuna cultura allargata, premessa indispensabile per unafruizione sociale piena e consapevole (fig. 1).

Si tratta di una “cultura” diversa che deve diven-tare patrimonio della collettività non meno che deglioperatori del settore e che si concretizza nel giustoequilibrio tra esigenze della tutela e della fruizione, frale istanze della conservazione, della valorizzazione e delriuso, mettendo nel debito conto la funzione strategi-ca che tali beni possono giocare nei processi di riorga-nizzazione territoriale, in quanto potenziali perni disviluppo economico e socio-culturale a patto di esserecoinvolti da un management creativo e lungimirante(Grosso 1996a, 1996b, Mautone,1994)24.

Un ruolo importante nella prospettiva di questaconvinzione gioca il senso dell’appartenenza al pro-prio ambiente di vita, al proprio habitat, nell’accezio-ne più feconda del termine, un sentimento che op-portunamente stimolato e arricchito può condurre a su-perare i confini del “particolare” per una identità ca-ratterizzata da orizzonti sempre più ampi che si allar-gano a comprendere l’intero Pianeta25, pur non com-portando detrimento alcuno alla dimensione locale.

La geografia della regione coincidecon la geografia del paesaggio

Il concetto di paesaggio e sviluppo sostenibile nonpuò essere scisso dal concetto di regione e sviluppo so-stenibile; non è un caso che esponenti di rilievo delladisciplina geografica, come ad esempio, Max Sorre so-stenessero che regione e paesaggio costituiscono dueentità che possono coincidere.

Se ripercorriamo brevemente la storia della regio-ne, dobbiamo sottolineare come nel XIX secolo questaviene identificata in una struttura costituita dall’am-biente fisico che genera una funzione e, appunto, daquesto connubio nasce la regione. Successivamente,nello stesso secolo, la stessa viene assimilata ad un’as-sociazione di elementi fisici e culturali che costituisco-no una struttura soggetta ad evoluzione nel tempo.

Nella seconda metà del secolo XX (1950-1980) siafferma una concezione strutturalista che ha comepresupposto la regione funzionale costituita da unastruttura e da una funzione in continua evoluzione:queste ultime due voci si ritiene costituiscano dueaspetti inscindibili della realtà; mentre struttura e fun-zione rispondono alla logica della meccanica raziona-le, la struttura in evoluzione segue le regole della ter-modinamica.

Nel complesso, la concezione strutturalista della re-gione si sostanzia nel paradigma del funzionalismo,per cui si può individuare un magnete (città, porto,un’industria, un nodo di traffico) che ha un suo cam-po di forza, cioè un territorio di gravitazione.

Le attività economiche esercitate dal magnete edal suo intorno costituiscono le funzioni della strut-tura e il loro sviluppo nel tempo determina l’evolu-zione della regione, la quale può essere studiata e co-nosciuta attraverso i livelli di analisi diacronico e sin-cronico.

In questo contesto assumono valore di parole chia-ve la centralità, la coesione, la gerarchia, l’area di gra-vitazione determinata dal dominio di un elemento cen-trale; l’insieme dei concetti suesposti permette di deli-neare i tratti di una regione funzionale di tipo polariz-zato, un’area organica, organizzativa, nodale e, dun-que, gravitazionale dotata di una struttura che puòessere descritta attraverso le funzioni che esplica, inparticolare attraverso le attività economiche.

Per comprendere quale tipo di paesaggio esprimaquesta tipologia di assetto territoriale è opportuno fa-re riferimento alla teoria delle località centrali del Ch-ristaller (1980)26. Lo studioso tedesco conferì spessoreconcettuale e ricchezza metodologica alla regione gra-zie alla sua teoria basata su un campo di forza, costi-tuito appunto dalla località centrale che può sostan-ziarsi in vario modo; un esempio può essere quello diun polo industriale che viene ad assumere una “cen-

sa tale da rappresentare l’elemento portante di unmondo fondato sulla sostenibilità21; tutto ciò vieneriaffermato con forza dalla concettualizzazione se-condo la quale il paesaggio viene letto come l’insiemenon scomponibile del substrato naturale e del patri-monio storico, archeologico, artistico, etnografico:una sorta di palinsesto naturale in cui si iscrivono i se-gni dell’uomo22.

L. n.1089/39 su

tutela delle Òcose di

interesse artistico e

storicoÓ

L. n.1497/39 su

tutela delle Òbellezze

naturali e panoramicheÓ

BENI

CULTURALI(Conv. LÕAia - 1954)

1948

Costituzione

art. 9 - Tutela del

paesaggio = uno dei

compiti fondamentali

della Repubblica

1967

Commissione Franceschini

per tutela e valorizzazione

del patrimonio storico,

archeologico, artistico

e del paesaggio

1975

Istituzione del

Ministero per i

Beni Culturali

e AmbientaliL. n.431/85

Legge Galasso

1986

Istituzione

Ministero Ambiente

Fig. 1. Importanti tappe di sviluppo del concetto di beni culturali

Page 165: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

165

tralità” che è funzionale, e non necessariamente to-pografica.

Il concetto di regione funzionale, tuttavia, implicauna forma di riduzionismo poiché, basandosi su strut-tura e funzione, manifesta una sostanziale assenza diattenzione per le relazioni che si instaurano tra comu-nità e ambiente. È dunque una concezione che si svi-luppa sulle coordinate orizzontali costituite dalla distri-buzione delle funzioni sul territorio e non su quelleverticali intercorrenti tra comunità e ambiente e che faproprie come idee trainanti la localizzazione, la diffu-sione e la “crescita”.

Una regione diversa da quella indicata dal Toschicome tratto della superficie terrestre individuata e dif-ferenziata per i suoi caratteri, soprattutto per quelli delproprio paesaggio; una regione che negli anni ‘60 an-cora si sostanziava in un insieme di strutture disaggre-gate, mentre si cominciava a concepire la realtà in ter-mini di complessità.

La vera confutazione di questa teoria si avrà solonegli anni ‘70 quando la presa di coscienza dello svi-luppo vorticoso delle città suggerirà di proporre comeprioritaria la questione ambientale, sancita nella Con-ferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (Stoc-colma, 72).

Ad essa si deve il merito di aver introdotto uffi-cialmente la variabile ambiente nelle politiche di ge-stione del territorio, di aver considerato la città e l’in-dustria come luoghi della possibile compromissioneambientale e, di conseguenza, di aver indicato la ne-cessità di affrontare la questione ambientale su scala re-gionale (Mura 1996)27.

Di contro alla crescita economica ad ogni costo co-mincia ad affermarsi il ruolo di rilievo della tecnologia,attraverso i sistemi informativi di riferimento, e di unacultura consapevole dei limiti dello sviluppo e partico-larmente attenta alla questione ambientale, alla qualitàdella vita, alla tutela del patrimonio culturale.

La regione, pertanto, comincia a non essere piùidentificata in un tratto di territorio omogeneo in basea una o più caratteristiche (funzioni) che lo differen-ziano dal territorio esterno, ma in un “organismo”,cioè in uno spazio che si caratterizza, rispetto all’ester-no, per una coesione finalizzata al raggiungimento diun obiettivo, alla realizzazione di un progetto.

I presupposti della geografia del paesaggiodello sviluppo sostenibile

Una forma di identificazione della regione con ilpaesaggio, a nostro avviso, può essere rintracciata giàin alcune opere della geografia classica e può essereconsiderata implicita nell’opera stessa del Biasutti chene Il paesaggio terrestre distingue dieci tipi di “pae-

saggio umano”: 1. Regioni prive di abitanti,…10. Re-gioni industriali e minerarie.

Nel tempo si è consolidato lo stretto legame esi-stente tra regione e paesaggio; con i P.T.P. (Piani Terri-toriali Paesistici) il legame è divenuto ancora più stret-to poiché il paesaggio subisce un sostanziale cambia-mento concettuale e diventa progetto, anticipando diqualche anno l’avvio della nuova cultura, consapevoledella necessità dello sviluppo sostenibile per la tutela delPianeta.

Abbiamo già avuto modo di accennare come l’ap-proccio al paesaggio diventi prepotentemente opera-tivo, richiedendo l’intervento di varie professionalitàche concorrano alla realizzazione del progetto e, inparticolare, ponendosi in stretto collegamento con lemodalità operative del lavoro empirico del geografo28,nonostante la sussistenza di diverse concettualizza-zioni determinate dall’indirizzo teorico metodologicoseguito.

Piace richiamare ancora una volta Dematteis per il-lustrare il percorso che, ad avviso di chi scrive, preludeall’orientamento verso la complessità e, dunque, versola consapevolezza della necessità di perseguire lo svi-luppo sostenibile. Lungo questo percorso si affermanodue tendenze fondamentali, che si differenziano perprocessi logici inversi.

Il “paesaggio simbolo”, un insieme di segni da in-terpretare, offre un’immagine che costituisce l’iniziodi un percorso conoscitivo, individuale o collettivo,che può condurre alla conoscenza, esplicitando i si-gnificati evocati da quella immagine iniziale e già im-pliciti in essa.

Un paesaggio inteso, dunque, come metafora eu-ristica o pedagogica29, come punto d’arrivo privilegia-to, anche se soggettivo, della conoscenza scientificadella Terra nei suoi rapporti con l’uomo; concezione chesi è affermata a motivo di un rinnovato interesse per laproblematica della percezione e della rappresentazionegeografica, che ha riportato in auge il soggetto che per-cepisce o osserva il paesaggio, prendendo le mossedall’esperienza percettiva per seguire diversi iter fina-lizzati a spiegazioni causali dei comportamenti e delleazioni verso il mondo esterno o all’esplorazione delle re-lazioni “interne” soggettive e intersoggettive30.

Il “paesaggio modello”, costruzione razionaleesplicativa di realtà esterne, può essere studiato attra-verso uno schema di relazioni spazio-temporali, atto aspiegare le forme sensibili di quella porzione di territo-rio, oppure di tipi di forme che si ripetono con caratterisimili in aree diverse, con un percorso logico che indi-vidua nel riconoscimento il punto di arrivo del proces-so conoscitivo, al quale si può arrivare sintetizzando, inuna costruzione razionale e oggettiva, elementi e rela-zioni già note in astratto.

È interessante, in questo contesto, riproporre il

Page 166: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

166

SOGGETTO

OGGETTO

MODELLOSIMBOLO

rapporti interni:

paesaggio come

costruzione mentale

del soggetto -

rappresentazione

(approccio etico)

rapporti fra soggetti:

paesaggio come prodotto

storico - sociale - culturale

(approccio storico)

rapporti causali

tra cose: paesaggio

come geosistema

(approccio positivistico)

rapporti tra

rappresentazioni e cose:

paesaggio come risultato

di tale rapporto

(approccio estetico)

da G. Dematteis, modificato

Fig. 2. Componenti concettuali del paesaggio

percorso logico seguito dal Dematteis per delineare ilrapporto esistente tra paesaggio geografico e piani, in-troducendo, accanto alla succitata bipartizione tra sim-bolo e modello, gli aspetti soggettivi e oggettivi dellarappresentazione separati da assi cartesiani che ripar-tiscono quattro quadranti (fig. 2); quello di NE è cam-po della geografia storicistica e delle scienze sociali,quello di SE della geografia fisica e dell’approccio po-sitivistico, quello di SO della percezione dell’uomo chetenta di collegare in qualche modo le azioni esterne conle rappresentazioni interne; da ultimo il quadrante diNO, dove il paesaggio diventa un fatto esclusivamen-te interno, una mera costruzione mentale.

È interessante passare da questo sintetico sche-ma del paesaggio geografico alla illustrazione grafi-ca dell’azione esercitata attraverso i piani. Per attua-re questo passaggio Dematteis lascia inalterato l’assedell’oggetto/soggetto, poiché esso riguarda tanto i

contenuti della conoscenza quanto dell’azione; mo-difica, invece, l’asse orizzontale indicando nel sim-bolo il corrispondente prodotto progettuale della pia-nificazione “debole” e nel modello quello della pro-gettazione “forte”, basata su criteri rigorosamente ra-zionali (fig. 3).

In questa ripartizione progettuale è possibile indi-viduare nei campi SE e SO una pianificazione che si ba-sa soprattutto sugli oggetti, sugli elementi costitutivi delpaesaggio con un approccio di tipo naturalistico, chevaluta come prioritari i rapporti fra le cose con una me-todologia strettamente razionale, basata sul calcolo, aSE; di tipo estetico, cioè particolarmente attento nonsolo agli oggetti in quanto tali ma in quanto segni, sim-boli resi tali dalla nostra percezione, a SO.

Di chiara comprensione il quadrante di NE, relati-vo all’approccio di tipo storicistico, dove importantisono i soggetti e la loro storia, da ricostruire attraver-so documenti di natura giuridica, socio-economica, ar-tistica. Particolare attenzione deve essere riservata alquadrante di NO, anche se, forse, il più ostico per ilgeografo31 maggiormente avvezzo a proiettare studi,ricerche e interventi in una dimensione bimodulare, inquanto maturati interiormente al soggetto e proietta-ti successivamente all’esterno, sulle “cose” rappresen-tate.

Fondamentale è, comunque, anche per la disci-plina geografica questo livello di analisi, che si sostan-zia nella conoscenza della “natura” interna della rap-presentazione, per agire avendo ben maturato le in-tenzioni, le modalità e le finalità dell’intervento suisoggetti che ne determinano la trasformazione.

Porsi in tale prospettiva, inoltre, aiuta a compren-dere meglio come gli altri approcci conoscitivi e di azio-ne non siano fra loro alternativi ma complementari, no-nostante ciascuno di essi risulti il più adatto in deter-minati contesti.

In presenza di un fenomeno di erosione, che siacostiera, fluviale, carsica o di altra origine, il quadran-te che ha più titolo è sicuramente quello di SE, anchese con il ricorso al settore di NE è possibile fare una ve-rifica socio-economica e culturale, necessaria in faseprogettuale, e con l’ausilio del quadrante di SO è pos-sibile tenere nel debito conto anche l’attribuzione deivalori simbolici alla fisionomia dei luoghi.

In questo quadro si collocano momenti conosci-tivi e progettuali diversi, caratterizzati da numerosecontraddizioni, che possono essere composte attra-verso due distinte scelte politiche. L’una adotta il pia-no suggerito da uno solo dei quadranti nel tentativodi individuare, attraverso un campo ben delimitato,norme semplificatrici e regole assolute; l’altra ritienenecessario il ricorso al quadrante di NO stimando inpositivo l’ampliare e il sottoporre ad analisi critica ilprogetto, caratterizzato da dubbi e idee contrastanti,

SOGGETTO

OGGETTO

PIANIFICAZIONEÓ

FORTEÓ

regole di coerenza

interna:

produzione di senso

norma giuridica:

agire sui rapporti

sociali tra soggetti

(es.: centro storico)

calcolo:

agire sui rapporti

tra cose

(es.: fenomeno dierosione)

progetto fisico:

agire sulle cose

come segni

(cfr.MICOLI P., op. cit.,

S. Maria in Trastevere)

PIANIFICAZIONEÓ

DEBOLEÓ

da G. Dematteis, modificato

Fig. 3. Componenti concettuali del paesaggio nella pianifi-cazione territoriale

Page 167: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

167

nella convinzione di privilegiare le scelte migliori per-ché ponderate, maturate e attuate in un quadro valu-tativo più ampio.

In tale fase, naturalmente, il discorso meta-geo-grafico diviene parte integrante di quello geografico.

La riproposizione per sommi capi di queste sinte-tiche ed efficaci trasposizioni grafiche della conoscen-za e della pianificazione del paesaggio è sembrata par-ticolarmente adatta a sostenere la tesi che individuanella legge Galasso il momento storico nel quale si af-ferma nella sostanza, in Italia, il concetto di sviluppo so-stenibile. Accanto a quelle descritte si ritiene utile in-trodurre un’altra costruzione grafica della fase di stu-dio e di quella operativa (fig. 4), altrettanto efficace neldescrivere il processo logico-concettuale e quello pro-gettuale correlati alla gestione del paesaggio; le relati-ve spiegazioni sono illustrate nella legenda della stes-sa figura32.

I piani paesistici, infatti, nascono nell’intento ditutelare tutti i tipi di paesaggi, naturali e antropizzati,anche urbani, e per salvaguardare gli ecosistemi, pur ri-badendone l’importanza anche sotto i profili socio-economico, culturale, estetico, percettivo.

A ciò si aggiunga che gli approcci sopra ricordaticostituiscono un’importante metodologia di indagineche può, sempre ad avviso di chi scrive, essere ricon-dotta alla teoria della complessità che considera la re-gione come un organismo che si caratterizza per unapropria coesione sociale finalizzata al raggiungimentodi un obiettivo, alla realizzazione di un progetto.

Sarà non privo di interesse vedere applicata la teo-ria della complessità e dello sviluppo sostenibile adun’area specifica. Per questo motivo, chi scrive, sta ap-profondendo, sotto il profilo geografico, un caso di stu-dio che evidenzi, tra l’altro, il ruolo fondamentale delmateriale documentario, in particolare di quello carto-grafico, nonché della tecnologia; di rilievo è, infatti, peruna pianificazione che miri al perseguimento dello svi-

OGGETTI

IMMAGINI

STUDIO AZIONE

1 diretto del Sistema Produttore

2 indiretto del Sistema Produttore

3 diretto del Sistema Paesaggio Visibile

4 del Filtro Percettivo

5 del Sistema Utilizzatore

6 indiretta tramite lÕam�nag�ment,

la costruzione

7 diretta sullÕaspetto paesaggistico

8 sul Filtro Percettivo tramite

lÕinformazione, la legislazione

9 sul Filtro Percettivo tramite le scelte,

i mitida M.C. Zerbi, 1993, modificata

SISTEMA

PRODUTTORE

SISTEMA

PAESAGGIO VISIBILE

SISTEMA

UTILIZZATORE

OGGETTI

(Beniculturali)

ELEMENTI

DÕIMMAGINI

ZONA DI

NON

RIDUCIBILITAÕ

FILTRO

PERCETTIVO

Abiotico

Biotico

Costruito

Ricerca, studio

Fruizione,

vendita

Azione

am�nag�ment

.. .

.

...

.

.

1

6

2 9

4

3

5

8

7.

Fig. 4. Involucro concettuale geografico

luppo sostenibile, il supporto dei sistemi informativigeografici.

Si tratta di uno studio pilota che potrà costituire unpunto di riferimento per aprire un confronto che pro-duca un arricchimento finalizzato a migliorare ed, even-tualmente, a completare il risultato raggiunto e adestendere questa esperienza anche ad altre aree.

Piace concludere sottolineando che la strada in-trapresa verso l’armonizzazione dei piani paesistici, alfine di individuare nuove “aree sensibili” facendo te-soro della esperienza fin qui maturata, costituisce lachiave di lettura e di accesso ad una politica realmen-te protesa verso la realizzazione dei paesaggi dello svi-luppo sostenibile, preoccupata di preservare l’integritàdegli ecosistemi, di creare gestioni efficienti delle risorsenaturali, di garantire equità alle comunità umane, ri-spettando in tal modo i diritti delle generazioni future.

NOTE

1 TONIOLO A. R., Compendio di geografia generale, Milano,Messina, Principato, 1954 (VII edizione).

2 TOSCHI U., Corso di geografia generale, Bologna, Zanichel-li, 1962 (V edizione).

3 BIASUTTI R., Il paesaggio terrestre, Torino, UTET, 1962 (II edi-zione).

4 SESTINI A., Il paesaggio antropogeografico come forma diequilibrio, in “Bollettino della Società Geografica Italiana”, Roma1947a, pp. 1-8; Idem, Le fasi regressive nello sviluppo del paesaggioantropogeografico, in” Rivista Geografica Italiana”, Firenze, Pacini,1947b, pp. 153-171; Idem Il paesaggio, Milano, Touring Club Ita-liano, 1963. Nonostante Aldo Sestini abbia contribuito a consegui-re i livelli più alti che la letteratura geografica italiana ha raggiuntonel produrre analisi di paesaggi secondo i canoni della geografia clas-sica, ben diverse sono le rappresentazioni del paesaggio fornite dal-la letteratura contemporanea che punta a focalizzare la organizza-zione economica del territorio e le implicazioni sociali ad essa corre-late, oppure, attraverso un’analisi tipicamente ecologista, a eviden-ziare gli atteggiamenti irresponsabili e le speculazioni e a valutare gliimpatti ambientali prodotti dall’opera dell’uomo sul territorio. At-tualmente, comunque, qualunque sia il peso attribuito all’ambientefisico, si conferisce maggiore rilievo al comportamento umano diquanto avvenisse nell’atmosfera ispirata a Vidal de la Blache, capo-scuola dei geografi francesi, il quale diverge dal determinismo na-turalistico ratzeliano per aprire ad un possibilismo in cui la storia ri-veste maggiore importanza dell’ecologia.

5 LANDO F., Paesaggio e geografia culturale. In merito ad al-cune pubblicazioni, in “Rivista Geografica Italiana”, Firenze, Pacini,1995, pp. 495-511. Si veda il dotto excursus che l’Autore fa “navi-gando” attraverso pubblicazioni inerenti al paesaggio e alla geografiaculturale; di rilievo, anche perché stimolanti per ulteriori approfon-dimenti, le conclusioni cui Fabio Lando giunge, anche se non com-pletamente condivisibili, ad avviso di chi scrive.

6 Dei tre maestri della Geografia cfr. BALDACCI O. Geografiagenerale, Torino, UTET, 1972; ALMAGIÁ’ R., Fondamenti di geogra-fia generale, Roma, Cremonese, 1961, 2 voll. e MIGLIORINI E., La ter-ra e gli uomini. Lezioni di geografia umana, Napoli, Pironti, 1953 (IIedizione). Si veda anche BALDACCI O., Il pensiero geografico, Bre-scia, La Scuola, 1978; CARACI I., Storia del pensiero geografico, inFERRO G. e CARACI I., Ai confini dell’orizzonte, Milano, Mursia,1979; DEMATTEIS G., Le metafore della Terra. La geografia umanatra mito e scienza. Milano, Feltrinelli, 1985. CARACI I., Storia dellageografia in Italia dal secolo scorso ad oggi, in CORNA PELLEGRINI

Page 168: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

168

G. (a cura di), Aspetti e problemi della geografia, Milano, Marzora-ti, 1987, pp. 45-94 e GAMBI L. Critica ai concetti geografici di pae-saggio umano, in Idem, Una geografia per la storia, Torino, Einaudi,1973, pp. 148-174.

7 Nel testo si fa riferimento a: CALDO C., Geografia umana, Pa-lermo, Palumbo, 1979; DAGRADI P., Introduzione alla geografiaumana, Bologna, Pàtron, 1982, (II edizione); CLAVAL P., ‘Elements degéographie humaine, Parigi, Génin, 1974, trad. it. Elementi di geo-grafia umana, Milano, Unicopli, 1983, (II edizione).

8 FARINELLI F., Due modelli in cerca di riflessione, insediamen-to e paesaggio, in CORNA PELLEGRINI G. e BRUSA C. (a cura di), Laricerca geografica in Italia, Varese, ASK Edizioni, 1980, pp. 793-799.

9 VALLEGA A., Il Paesaggio, concetto mitico, in Cassa di Ri-sparmio di Savona (a cura di), Il paesaggio costiero della provincia diSavona. Evoluzione e problemi, Savona, Cassa di Risparmio, 1978, pp.303-314; Idem, Paesaggio, in AA.VV., Gli strumenti del sapere. Iconcetti. Torino, UTET, 1985, vol, II, pp. 606-608.

10 ZERBI M. C., Paesaggi della geografia, Torino, Giappichelli,1993; Idem (a cura di), Il paesaggio tra ricerca e progetto, Torino,Giappichelli 1994.

11 CORNA PELLEGRINI G., Gli indicatori ambientali nella ricer-ca geografica, in P. SCHMIDT DI FRIEDBERG (a cura di), Gli indicato-ri ambientali: valori, metri e strumenti nello studio dell’impatto am-bientale, Milano, F. Angeli, 1986, pp. 181-188; ZERBI M. C., Gli in-dicatori ambientali nella ricerca geografica, in CORNA PELLEGRINI G.(a cura di), Aspetti e problemi della geografia, vol. I, Milano, Mar-zorati, 1987, pp. 725-70.

12 MICOLI P., Premessa geografica allo studio dei piani territo-riali paesistici del Comune di Roma, in “geografia”, Roma, Edigeo,1992, pp. 115-123; Idem, Quali parametri per i piani territoriali pae-sistici del Comune di Roma?, in “geografia”, Roma, Edigeo, 1993,pp. 65-79.

13 PARATORE E., La vitalità della natura e l’uomo economico neiPiani Paesistici: l’esempio del Lazio, in “geografia”, Roma, Edigeo,1988, pp. 123-126.

14 GAMBINO R. I piani paesistici nell’esperienza urbanistica, in“Rivista Geografica Italiana”, Firenze, Pacini, 1989, pp. 427-443;Idem, I piani paesistici: uno sguardo d’insieme, in “Urbanistica”,1988; cfr. anche PALLOTTINO M., Relazione presentata al Convegnoorganizzato dall’INU, Paesaggio, Ambiente, Pianificazione territoria-le (Cagliari, 1987).

15 Pianificazione urbanistica e tutela paesistico-ambientale inItalia seguono per lo più percorsi diversi e paralleli, che solo in ra-ri casi deviano da questa impostazione di base per alcune sporadi-che occasioni d’incontro. Anche sotto il profilo giuridico questidue momenti della pianificazione hanno matrici diverse, le leggi1089 e 1497 del 1939 che disciplinano rispettivamente il patrimo-nio artistico e delle bellezze naturali e la legge urbanistica 1150/42,per cui nei fatti si determina una divisione che non si limita agli in-dirizzi pianificatori ma si manifesta anche nelle pratiche ammini-strative e nei comportamenti sociali che il territorio esprime. Nonha avuto un ruolo determinante nella composizione di questa di-visione neanche la legge 1187/68 che introduce nei Piani regolatoril’obbligo della “tutela delle zone a carattere storico, ambientale epaesistico, né il DPR n. 616/77 concernente il riordino della mate-ria urbanistica articolando in modo nuovo la distribuzione dellecompetenze fra Stato e Regioni e che, in particolare, all’art. 80 in-clude nella materia urbanistica “le operazioni di salvaguardia e ditrasformazione del suolo nonché la protezione dell’ambiente”(GAMBINO R., op..cit., 1989).

16 GAMBI L., La costruzione dei piani paesistici, in “Urbanisti-ca”, 1986.

17 Al riguardo, si vedano: CATTANEO C., Industria e morale, inAtti della Società d’incoraggiamento di Arti e Mestieri, Milano, 1845;HAIDEGGER M., Saggi e discorsi, Milano, Mursia, 1976 e GAMBI L.,op. cit., 1986.

18 GOTTMANN J., La città invincibile, Milano, Franco Angeli,1985.

19 GAMBINO R., Nuovi indirizzi per i parchi, in Atti del Conve-gno: Dodici parchi per il Veneto per il 1987, Venezia, 1986; cfr. an-che Idem, Piani paesistici: uno sguardo d’insieme, in “Urbanistica”,1988, pp. 6-62; Idem, Il paesaggio edificato: piani paesistici e pro-spettive di recupero, in “Recuperare”, 1989.

20 MAZZA L. (a cura di), Le città del mondo, Milano, Electa,1988.

21 La politica dello sviluppo sostenibile è il traguardo più am-bizioso che l’umanità si sia posta, ben più impegnativo di quello percui nel 1945 furono istituite le Nazioni Unite. Infatti, sviluppo soste-nibile vuol dire preservare l’integrità degli ecosistemi e creare gestioniefficienti delle risorse naturali, garantire equità alle comunità uma-ne e rispettare i diritti delle generazioni future (cfr. VALLEGA A.,Geopolitica e sviluppo sostenibile. Il sistema mondo nel secolo XXI,Milano, Mursia, 1994).

22 Il termine “beni culturali”è stato introdotto recentemen-te per sostituire le precedenti categorie di “cose di interesse arti-stico e storico” – dette anche “cose d’arte” o “antichità e belle ar-ti” – e di “bellezze naturali e panoramiche”. Tali espressioni figu-rano infatti nelle leggi 1089/1939 e 1497/1939 concernenti ri-spettivamente la tutela delle precitate categorie di “beni”. Le leg-gi del 1939 sono dominate da una impostazione estetica; si fa ri-ferimento a ville, giardini, parchi che si distinguono per la loro “noncomune bellezza”, complessi di cose immobili aventi valore “este-tico” tradizionale, a bellezze naturali. Ma possono individuarsi al-tri criteri oltre quello estetico: il criterio scientifico che opera conparticolare riguardo alle “singolarità geologiche”; il criterio stori-co-sociale, il quale interviene con rango non inferiore a quelloestetico nella qualificazione dei complessi aventi valore estetico etradizionale (è il caso dei centri storici); il criterio della fruibilità pub-blica, il quale agisce in rapporto alle bellezze panoramiche, da pro-teggere in quanto si possono godere da un punto di vista o di bel-vedere accessibili al pubblico. Le “cose” che entrano a far partedella categoria dei beni ambientali sono prodotti della creativitàumana. L’uomo ha contribuito in varia misura come agente mo-dificatore dell’ambiente naturale. Il paesaggio è dunque una te-stimonianza di un certo ambiente socio-economico e del suo evol-versi nel tempo. Inoltre, “culturale” deriva dalla destinazione allafruizione umana, sia essa scientifica, estetica o di altra natura. Lanuova terminologia di beni culturali sorge in ambito internazionale,introdotta, probabilmente in occasione della Convenzione per laprotezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (l’Aja,maggio 1954), nel cui art. 1 sono considerate le categorie di be-ni culturali prescindendo dalla loro origine e dal loro proprietario.Di patrimonio e attività culturali si parla anche nella Convenzioneculturale europea per la protezione del patrimonio culturale e na-turale del mondo (Parigi, dicembre 1954). La Costituzione, all’art.9, individua nella tutela del paesaggio uno dei compiti fonda-mentali della Repubblica.

Nel 1967 la Commissione Franceschini pubblica: “Per la sal-vezza dei beni culturali in Italia, per la tutela e la valorizzazione delpatrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio”. Nel1975 è istituito il Ministero per i beni culturali e ambientali; nel 1986il Ministero per l’ambiente.

23 In tema di geografia e beni culturali, oltre alle opere citatesi vedano anche: BELLEZZA G., Geografia e beni culturali, Milano, An-geli, 1999; il numero monografico di “geotema”, organo ufficiale del-l’Associazione Geografi Italiani, Bologna, Pàtron, n. 1, 1996; CERRETIC. e TABERINI A. (a cura di), Ambiente geografico, storia, cultura esocietà, Roma, Centro Italiano per gli Studi Sorico Geografici, 1998.

24 GROSSO N., Agricoltura, tutela dell’ambiente e conserva-zione del paesaggio: le frontiere dell’agro-ecologia nella CEE –UE, in“Rivista Geografica Italiana”, 1996a, pp.215-225; idem, Uso, tute-la e valorizzazione del paesaggio e della dimora rurale nella pro-spettiva di uno sviluppo sostenibile. Il caso dell’area metropolitana mi-lanese, in “Bollettino della Società Geografica Italiana”, 1996b, pp.491-515; idem, Geografia e beni culturali e ambientali nella costru-zione di un futuro sostenibile. Il caso della foresta di Camaldoli, in “Ri-

Page 169: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

169

vista Geografica Italiana”, Firenze, Pacini, 1998. Quest’ultimo studioè stato eseguito nell’ambito di gruppi di ricerca CNR e FAR 60%, coor-dinati da E. Manzi, ordinario presso l’Università di Pavia.

25 Su questi temi si veda CALDO C. e GUARRASI V. (a cura di),Beni culturali e geografia, Bologna, Pàtron, 1994; in questo volumecfr. anche MICOLI P., S. Maria in Trastevere, un bene culturale nellapercezione geografica, pp. 182-200.

26 CHRISTALLER W., Le località centrali della Germania meri-dionale, trad. di Malutta E. e Pagnini P., Milano, Franco Angeli, 1980.

27 Per un programma di gestione sostenibile delle regioni ita-liane, Relazione presentata da Mario Mura, studioso, prematura-mente scomparso, in occasione della Giornata di lavoro tenuta pres-so la Società Geografica Italiana sul tema: La regione sostenibile.Geografia regionale e nuovi modelli di gestione del territorio, Roma,Villa Celimontana, 15 febbraio 1996.

28 DEMATTEIS G., I piani paesistici. Uno stimolo a ripensare ilpaesaggio geografico, in “Rivista Geografica Italiana”, Firenze, Paci-ni, 1988, pp. 445-455.

29 DE VECCHIS G., (a cura di), I paesaggi del Lazio: letture, in-terpretazioni, percezioni, in “Semestrale di Studi e Ricerche di Geo-grafia”, Roma, Università degli Studi “La Sapienza”, n. 2, 1993. Nelvolume vengono presentati approcci al paesaggio diversi ma compa-tibili: storico, letterario, geografico, musicale, artistico in un articola-to diorama che offre la possibilità di operare un confronto tra i diversimetodi seguiti.

30 DEMATTEIS G., I Piani …, op. cit.; l’Autore rammenta nelle no-te il carattere ambiguo del concetto di paesaggio nella geografia ac-cademica che, partendo dalla regola “prima osservare e descrivere”,propone una natura percettibile, concreta, viva e persino soggettivadel paesaggio, come premessa e stimolo emotivo alla sua conoscen-za, e ricorda come venga riservato al concetto “tipo di paesaggio” ilcarattere di modello astratto. Dà inoltre indicazioni bibliografiche perl’esame del percezionismo e del behaviorismo nello studio del pae-saggio, nonché per l’approccio fenomenologico e semiologico allostesso.

31 In questo campo hanno avuto un ruolo di sensibilizzazione edi avvio a questo tipo di approccio al paesaggio: OLSSON G. Birds inEgg. Eggs in Bird, London, Pion, 1980; RAFFESTIN C., I segni della geo-grafia, in Hérodote Italia, 4 (1981), pp. 47-76; FARINELLI F., Episte-mologia e geografia, in CORNA PELLEGRINI G. (a cura di), Aspetti eproblemi della geografia, Milano, Marzorati, 1987, vol II, pp. 1-37;MARTURANA H. e VARELA F., L’albero della conoscenza, Milano,Garzanti, 1987.

32 Si sottolinea un particolare: con questo schema si è inteso fa-re specifico riferimento al paesaggio culturale, cioè a quello che si con-nota per la presenza di un bene culturale. È chiaro che il senso del mo-dello concettuale non cambia se non restringiamo gli oggetti ai solibeni culturali ma li ampliamo a comprendere tutti gli elementi costi-tutivi del paesaggio stesso. Sul paesaggio culturale si veda PICCARDIS., Il paesaggio culturale, Bologna, Pàtron, 1986.

Page 170: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

170

Per inquadrare le attività del Ministero dei LavoriPubblici che influiscono sulla dinamica evolutiva delpaesaggio occorre fare riferimento all’ampio ventagliodelle sue attività.

Esse riguardano in prevalenza azioni destinate atrasformare il territorio e dunque il paesaggio, ma sonoanche presenti aree di lavoro, quali la difesa del suolo,la cui impostazione più recente è indirizzata al rispettodei caratteri storici e naturali del territorio, con ciò co-stituendo una potenziale area di “collaborazione” conla tutela paesistica.

Analogamente va sottolineata la cooperazione tradisciplina urbanistica e tutela paesistica quando la primaè informata ai principi dell’uso sostenibile del territorio.

1. Nell’ambito dei nuovi orientamenti per la dife-sa del suolo, espressi con apposite previsioni legislativeo atti di indirizzo, vanno ricordate le attività di indivi-duazione e perimetrazione delle aree di libera esonda-zione dei corsi d’acqua – “fasce fluviali” per la cui sal-vaguardia sono previste specifiche misure, anche di de-localizzazione – quelle dedicate alla tutela del reticoloidrografico minore, alla conservazione del potere di as-sorbimento dei suoli attraverso la copertura vegetale, al-la salvaguardia degli insediamenti nella fascia collinaree dei loro caratteri costitutivi, e al rilascio del minimo de-flusso costante vitale negli alvei.

2. Nel campo della trasformazione del territorio unesempio evoluto è rappresentato dai Programmi di Ri-qualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile che attra-verso interventi di recupero di strutture esistenti e di ri-qualificazione di aree urbane anche industriali sono fi-nalizzati ad un minor consumo di territorio e ottengo-no quindi effetti positivi per la conservazione del pae-saggio.

3. È stato da tempo diramato, ed è in corso di con-certazione, uno schema di disegno di legge per rafforza-re gli strumenti a disposizione degli Enti locali, e il relati-

vo intervento sostitutivo, nelle misure di contrasto e di de-molizione delle costruzioni abusive.

4. Sono in corso specifiche azioni, sul dettagliodelle quali si fa riserva di riferire, per la repressione del-la cartellonistica pubblicitaria abusiva lungo le stradestatali.

5. Sul fronte della realizzazione delle linee elettri-che ad alta tensione si sottolinea la necessità di uno spin-to aggiornamento della normativa, in parte in corso insede parlamentare, anche per iniziativa del Ministero deiLavori Pubblici.

6. La trasparenza delle procedure di programma-zione e approvazione dei progetti introdotta dalla leg-ge Merloni agevola, attraverso lo strumento dei pro-grammi triennali delle opere pubbliche, l’attività di con-certazione e di collaborazione tra enti, che può esplicarsifin dal progetto preliminare con il ricorso ad appositeconferenze dei servizi di consultazione e orientamento.

In termini generali sarebbe auspicabile che la tute-la del paesaggio non si traducesse soltanto in una veri-fica “a valle” del processo di progettazione attraverso unnullaosta dell’ente preposto alla osservanza dei vincolirelativi alla porzione di territorio su cui si va ad operare,ma che si individuassero appropriate modalità per poterincorporare fin dalle prime fasi del progetto gli aspettida tutelare, facendo sì che la tutela del paesaggio nonsia percepita come una sorta di “resistenza alla trasfor-mazione” del territorio ma rappresenti anzi un criterioinformatore di tale trasformazione.

Uno strumento per mirare a questo obiettivo po-trebbero essere i Piani Territoriali Paesistici (o il Piano ter-ritoriale di coordinamento), se essi scendessero ad unascala maggiore di dettaglio per quanto riguarda le in-frastrutture nell’ambito della programmazione/pianifi-cazione d’area. In tal caso la definizione del piano pae-sistico dovrebbe trovare la fattiva collaborazione delle

Ministero dei Lavori PubbliciDirezione Generale della Difesa del Suolo

Nota preliminare per la Consulta per il Paesaggio

Page 171: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

171

amministrazioni competenti all’infrastrutturazione ter-ritoriale.

Ci si dovrebbe poi indirizzare verso una tutela atti-va del paesaggio in connessione con la realizzazione digrandi opere infrastrutturali: nel loro processo di idea-zione e attuazione potrebbe infatti svilupparsi una con-certazione di azioni volte al miglioramento paesistico (at-tuando per punti quello che è già ipotesi di lavoro delMinistero per i Beni e le Attività culturali: i piani di ri-qualificazione ambientale e paesaggistica). Si pensi, adesempio, alle necessità di collocazione di materiali di sca-vo o di demolizione, da utilizzare per il recupero o la ri-configurazione di aree.

Per il miglioramento del paesaggio industriale sipotrebbero avviare concorsi internazionali per idearedei manufatti edilizi industriali di miglior qualità, met-tendo in atto una politica di sgravi fiscali ed incentivi fi-nanziari, specie nel mezzogiorno, per gli operatori del

settore che adottino gli standard di qualità individuati.Nel settore industriale si potrebbe pensare ad un mar-chio analogo all’ecolabel.

Si raccomanda infine l’istituzione di qualche mec-canismo premiale, anche di tipo simbolico, per i privatiche hanno concorso nelle loro proprietà alla tutela deicaratteri del paesaggio italiano.

Se si esamina poi il rapporto tra amministrazione tu-telante e paesaggio si rileva una problematica: la unitàdi paesaggio da tutelare solitamente supera i confiniamministrativi comunali. Il soggetto referente per lamaglia elementare del paesaggio potrebbe quindi esseredi livello più appropriato alla sua scala: le Soprintendenzepotrebbero svolgere tale compito.

Si auspica infatti il superamento di una certa con-trapposizione tra culture diverse e tra enti diversi pergiungere ad una effettiva collaborazione nel persegui-re l’auspicabile obiettivo della qualità del paesaggio.

Page 172: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

172

Le origini delle attività artigiane si confondono conquelle stesse dell’umanità. Risalgono alle prime espe-rienze con le materie offerte dalla natura, alla indivi-duazione delle necessità pratiche e alla scoperta – sug-gerite dai bisogni della vita – dell’attitudine ad inventa-re e costruire gli strumenti per soddisfarle.

I primi manufatti sono semplici ed elementari, ri-chiamano immediatamente l’ambiente naturale e lematerie prime che questo offre, rivelano le abitudini eil modo di vivere del gruppo sociale che li ha prodotti emostrano una chiara destinazione all’uso per il quale so-no stati realizzati.

L’ambiente naturale offre modelli, ispira forme ecolori.

Bastano queste premesse per giustificare il ricono-scimento della funzione dell’artigianato nel contestodelle tematiche sul paesaggio inteso “come insieme dielementi naturali interrelati alle componenti storichedovute alla presenza dell’uomo sul territorio”.

La stessa toponomastica delle città rimane ancora atestimoniare e a ricordarci l’intensa attività svolta dagli ar-tigiani che improntarono di sé l’economia del tempo.

Dagli inizi ad oggi si può dire che non esiste solu-zione di continuità.

Le nostre imprese artigiane (circa 1.3 milioni, 1/3 diquelle complessive italiane) costituiscono una rete con-nettiva essenziale del nostro sistema produttivo, capil-larmente diffusa sull’intero territorio.

In particolare l’artigianato di qualità, oltre che fat-to socio-economico, culturale, artistico, costituisceun’importante componente del turismo, un richiamoche si unisce alla bellezza della natura, ai patrimoni ar-tistici e culturali, ai fattori climatici ed ambientali per at-tirare verso l’una o l’altra località.

Alcuni paesi d’Italia si distinguono soprattutto perla loro “natura” artigiana.

Valga un esempio per tutti: la tutela della denomi-nazione d’origine delle produzioni di ceramica artisticae tradizionale, ai fini della difesa e della conservazionedelle loro caratteristiche tecniche e produttive, viene

attuata dallo Stato con l’apposizione di una marchio pre-visto dalla legge n. 1/90 così come modificata dall’art.44 della legge n. 52/96.

Tutto ciò riguarda le zone individuate dal Consiglionazionale ceramico, che ha sede presso il Ministero del-l’Industria e che attualmente sono:

Albissola Superiore e Albissola Marina (SV), Asse-mini (CA), Bassano del Grappa (VI), Caltagirone (CT), Ca-podimonte (zona del Comune di Napoli), Castellamon-te (TO), Castelli (TE), Cerreto Sannita e San Lorenzello(BN) – Civita Castellana (VT), Deruta (PG), Faenza (RA),Grottaglie (TA), Gualdo Tadino (PG), Gubbio (PG), Im-pruneta (FI), Lodi (MI), Montelupo Fiorentino (FI), Nove(VI), Orvieto (TR), Santo Stefano di Camastra (ME), Sciac-ca (AG), Squillace (CZ), Vietri sul Mare (SA), Urbania (PS).

Quando si entra in queste città si respira nell’aria laloro origine artigiana; l’attenzione del visitatore viene at-tratta dalle tantissime vetrine che espongono ceramicheprodotte secondo forme, decori, tecniche e stili che so-no divenuti patrimonio storico e culturale di quelle zone.

E ogni città ha un suo museo che riveste un ruoloimportante e arricchente nella vita attiva, culturale e direlazione. Essi infatti sono un punto ed un’occasioned’incontro, una fonte d’idee, un motivo di riflessione edi riappropriazione dei valori del passato che spingonoad una innovazione verso le prospettive di mercato.

Quanto detto per la ceramica vale per altri settoridell’artigianato artistico.

Raramente l’artigianato di un determinato territo-rio appare distaccato dai valori culturali, archeologici,ambientali, tradizionali e sociali che hanno caratteriz-zato, attraverso i secoli, il modo di esprimersi artigia-nalmente e la vita di quella particolare zona.

Nel condividere tutta una serie di interventi a li-vello locale, destinati al recupero e ad una migliore vi-vibilità dei centri storici, nel cui ambito l’artigianato, so-prattutto quello del settore del restauro, gioca un ruo-lo importantissimo si ritiene di richiamare un problemache è diventato di grande attualità per la categoria: laprosecuzione dell’iter legislativo delle proposte di leg-

Ministero dell’Industria del Commercio e dell’ArtigianatoDirezione Generale Sviluppo Produttivo e Competitività

L’artigianato artistico e il paesaggio

Page 173: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

173

ge recanti “norme per la tutela e la valorizzazione del-l’artigianato artistico” (testo unificato – AC 969 – 992– 2861) sulle quali è in corso un dibattito che prendelo spunto dal passaggio delle funzioni statali alle re-gioni in materia di artigianato ai sensi del D. Lgs. n.112/98.

Se da un lato è necessario prevenire ogni forma diduplicazione e di aggravio inopportuno dei bilanci pub-blici occorre ribadire che – rispetto ai principi di federa-lismo e alle competenze delle Regioni – lo Stato resta ti-

tolare della potestà di determinare e definire forme giu-ridiche qualificanti attività economico-settoriali.

I “principi fondamentali” stabiliti nel sopra richiamatotesto unificato adottato dalla X Commissione della Came-ra dei Deputati sono in armonia con il tema della Confe-renza. Essi, infatti, intendono garantire il recupero, la tute-la, la valorizzazione, la promozione della tradizione dell’ar-tigianato artistico e tipico, valorizzando anche mestieri cherischiano la scomparsa e riconfermandone il ruolo ai fini del-la valorizzazione delle tradizioni e delle culture locali.

Page 174: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

174

“La Repubblica promuove lo sviluppo della culturae la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e ilpatrimonio storico e artistico della nazione” (art. 9 del-la Costituzione).

L’ampio, pubblico dibattito apertosi da alcuni anniin Italia sulla sorte del nostro patrimonio artistico, stori-co e ambientale, è servito, se non altro, a meglio chia-rire e fare intendere quale sia, in termini concreti, il rap-porto che corre tra questo e i restanti 138 articoli dellaCostituzione repubblicana.

Al di là della sua poca esplicita formulazione, il ri-ferimento di tale articolo ai diritti del cittadino alla vita,al lavoro e al progresso civile (diritti che la Costituzionesi impegna a garantire e a promuovere), appare ormaielementare e diretto.

Tutela dell’ambiente vuol dire, infatti, salvaguardiadell’equilibrio ecologico, che è condizione dello svilup-po biologico, quindi della vita stessa del genere umano;e vuol dire, al tempo stesso, controllo per una correttae razionale utilizzazione delle risorse naturali, su cui sifondano il lavoro dell’uomo e lo sviluppo di una societàorganizzata.

Tutela del patrimonio storico e artistico significa,d’altra parte, conservazione e recupero delle testimo-nianze e dei prodotti della scienza, dell’arte e della cul-tura delle passate civiltà, ai fini dell’acquisizione diun’esperienza e di una coscienza storica, che sole con-sentono il progresso civile della società, dando un si-gnificato alla nostra esistenza e uno scopo al nostro la-voro.

Tutti questi valori, che siamo soliti apprezzare nel-la loro specifica e contingente rilevanza e che sono og-getto di studio di singole e differenti scienze e discipli-ne, rappresentano dunque, all’atto pratico, aspetti di-versi di un medesimo problema esistenziale. Un proble-ma che tutti noi ci sforziamo, in un modo o nell’altro,di risolvere, tenendo conto delle esigenze e delle scelteindividuali o sociali, ma quasi sempre ignorando o elu-dendo i suoi primi termini e condizioni.

Risulta pertanto evidente che una politica di tute-la e di promozione culturale, volta a salvaguardare talevitale e civile equilibrio da ogni possibile sconvolgimen-to, e a contenere quindi da un lato la sconsiderata ag-gressione dell’uomo al suo ambiente e a prevenire, dal-l’altro, i danni provocati da eventuali catastrofi natura-li, deve fondersi sul preciso intendimento dell’intimorapporto che lega quei fatti e quei fenomeni in un or-ganico sistema dinamico. Questo soprattutto in un Pae-se come l’Italia, dove non è dato trovare alcun luogo ealcuno spazio in cui l’intervento dell’uomo non abbia inqualche modo alterato l’opera della natura e, al tempostesso, non ne sia stato condizionato.

Secondo una consuetudine ormai consolidata, ilpaesaggio viene visto come uno scenario naturale im-moto ed inerte e non come un ambiente in gran partecodificato e trasformato dagli uomini. In altre parole lalettura del territorio è sempre avvenuta secondo criteriestetici senza tenere conto che nel paesaggio sono in-seriti invece i segni delle trasformazioni delle societàcontadine, del mutare dell’economia, del progresso del-le tecniche.

Pertanto, ad un osservatore attento, i vecchi borghi,le case, i laghi, i fiumi, le stesse forme dei campi deb-bono apparire come documenti e testimonianze di unastoria che deve essere in gran parte ancora scritta.

Senza dubbio, nel nostro secolo, l’azione dell’uomoha notevolmente modificato il paesaggio, tanto che al-cune volte risulta difficile individuare le numerose tra-sformazioni che anche in breve tempo si sono susse-guite.

Nella maggior parte dei casi è però ancora possibilescorgere nell’ambiente molti aspetti che testimoniano ilnostro passato, che ne individuano le caratteristichespecifiche e, di conseguenza, offrono l’opportunità dimettere in atto una corretta azione di tutela.

Pertanto ci accingeremo a modificare il paesaggioin cui viviamo solamente quando saremo consapevoli delrispetto verso il patrimonio culturale che ci circonda.

Movimento AzzurroAssociazione di protezione Ambientale

Rocco ChiriacoPresidente

Page 175: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

175

1. Sul concetto di paesaggio

Nell’esperienza comune “paesaggio” è quellaparte di territorio che si abbraccia con uno sguardo daun punto determinato; nel concetto di paesaggio è in-fatti insito il rapporto percettivo tra uomo e territorio.Un territorio è paesaggio quando viene visto, quandovengono colti i messaggi che esso manda dal punto divista percettivo; quando, cioè, l’uomo ”legge” i segniche esso contiene, ricavandone un qualche arricchi-mento dello spirito, sul piano della conoscenza e/odell’emozione estetica. In questo territorio ed in que-sto paesaggio i segni sono sia quelli della natura e deisuoi cicli sia quelli lasciati dalle vicende e dalla storiadell’uomo.

In questa accezione il concetto di paesaggio pre-scinde da giudizi di valore: il paesaggio esiste nella mi-sura in cui esiste il territorio con i suoi segni ed esisteun uomo che li percepisce. Certo, il livello e lo spes-sore della percezione cambiano secondo la capacità el’intenzione, individuali e/o collettive, di leggere ed in-terpretare nel territorio i segni e le loro relazioni; mamentre la percezione del paesaggio è in qualche mo-do soggettiva, i segni fisici che lo costituiscono, i lo-ro caratteri, le loro relazioni sono oggettivi, indivi-duabili ed analizzabili scientificamente dalle diverse di-scipline che studiano la natura, l’insediamento antro-pico e le loro dinamiche.

Fino a qualche tempo fa il concetto di paesag-gio sembrava limitarsi alla considerazione di queisegni e di quegli insiemi di segni, per lo più natura-li, le cui relazioni, all’interno di una precisa porzio-ne di territorio, venivano reputati significativi dalpunto di vista estetico. Conseguentemente la tute-la paesistica aveva per oggetto quelle situazioni ter-ritoriali nelle quali, tramite apposite procedure, ve-niva riconosciuta questa condizione (“bellezze na-turali”); dunque una tutela mirata alla “conserva-zione” di porzioni eccellenti di territorio nelle quali

esercitare un controllo speciale delle trasformazioniantropiche.

Successivamente il concetto di paesaggio si è ve-nuto evolvendo con l’estendersi della cultura ecologicae della cultura della città e del territorio storici, inconcomitanza e in contrapposizione ai violenti feno-meni di trasformazione del territorio degli ultimi de-cenni. Il carattere accelerato ed intenso delle trasfor-mazioni antropiche (dai fenomeni insediativi all’infra-strutturazione del territorio, dalle pratiche agricole alprelievo e consumo delle risorse naturali) ha spessoconsistentemente alterato il sistema dei segni del ter-ritorio e, soprattutto, delle loro relazioni; ciò sia di-rettamente con un processo di cancellazione, sostitu-zione o introduzione di nuovi segni, sia indirettamentecon la mutazione delle condizioni di funzionamentodei cicli naturali. È così che si sono moltiplicati i pae-saggi sgradevoli, che altro non sono che la rappre-sentazione sintetica e visibile dei fenomeni del de-grado ecologico e della dequalificazione delle formeinsediative, e si è palesemente dimostrata inadegua-ta la tutela per punti emergenti e non sistemica. Lalegge 431/85 ha rappresentato una prima presa d’at-to di ciò ed ha aperto significativamente la strada al-la evoluzione del concetto di paesaggio ed alla relati-va tutela.

Com’è noto la legge, che risente del dibattito edell’elaborazione teorica sull’ambiente sotto il dupli-ce profilo dei beni culturali e dell’ecologia, conside-ra beni di interesse generale non più gli elementi chesingolarmente esprimono qualità estetiche e pano-ramiche, ma tutti quegli elementi naturali ed antro-pici che per categorie concorrono, secondo una lo-gica sistemica, a “segnare” il territorio contribuendoa definirne i caratteri ecologici, antropici e paesaggi-stici. Si tratta, sotto il profilo teorico, di un salto diqualità rilevante: il paesaggio è inteso come insiemedei segni della natura, come insieme dei segni dellasedimentazione dei processi storici insediativi ed eco-

Gianluigi NigroUniversità degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Paesaggio e ambiente: politiche di piano e cooperazione interistituzionale

Page 176: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

176

nomico-culturali, come relazione tra i segni e dunqueanche come immagine estetica: in sintesi paesaggiocome dimensione visibile dell’ambiente, cioè dellecondizioni materiali e spirituali nelle quali negli spe-cifici territori si svolge la vita dell’uomo. Tutelare ilpaesaggio vuol dire allora tutelare anche l’ambientecome sopra inteso, e dunque non tanto il “bel pae-saggio” contrapposto al “non paesaggio”, ma un“determinato paesaggio” caratterizzato dalla speci-ficità dei segni naturali ed antropici di cui è costitui-to e dalle relazioni che questi segni tra loro determi-nano.

2. La pianificazione paesistica dopo la L. 431/85

Non condivido i giudizi banalizzanti o addirittu-ra negativi sull’attività di pianificazione paesisticadelle Regioni a seguito della L. 431/85. Innanzituttoperché tre quarti delle Regioni dispongono oggi dipiani paesistici formati in seguito ed in ossequio allalegge; in secondo luogo per il significato che la sta-gione di pianificazione paesistica provocata dalla L.431/85 ha assunto come esperienza di crescita col-lettiva di conoscenza, di pratica professionale inter-disciplinare, di sperimentazione e rilancio della culturadi piano, in particolare d’area vasta. Si è trattato in-fatti, per le Regioni che l’hanno praticata, di una oc-casione unica per procedere all’inventario dei “segni”del territorio, costruito attraverso una elaborazioneinevitabilmente multidisciplinare finalizzata anche al-la valutazione della rilevanza dei diversi segni e dun-que della loro attitudine ad essere conservati/tra-sformati.

La sistematica ricognizione e descrizione dei se-gni o, se si vuole, dei beni oggetto di tutela e di at-tenzione paesaggistica ha aiutato le comunità inte-ressate dai piani paesistici a riconoscere e rappre-sentare le caratteristiche naturali ed antropiche si-gnificanti, positive e negative, del proprio territorio,con indubbia crescita della cultura collettiva in pro-posito. Il ricorso diffuso agli specialisti portatori deivari saperi (geologi, biologi, agronomi, archeologi,storici dell’architettura, ecc.) non solo ha favoritoun processo di conoscenze integrate, ma ha anchecomportato il passaggio da un atteggiamento me-ramente descrittivo ed astratto proprio, fino a qual-che tempo fa, delle scienze della terra, ad un atteg-giamento valutativo, indirizzato a rendere ragionedelle regole della tutela e/o della valorizzazione. Èappena il caso di sottolineare in questo quadro lapresenza, tra gli altri specialisti, del progettista e delpianificatore: la finalità della tutela e della valoriz-zazione richiede da un lato la motivazione e la gra-

duazione del vincolo, dall’altra la esplicitazione del-le valenze e delle opportunità insite nelle risorsepaesistico-ambientali nonché la individuazione deisegni del paesaggio esistente da assumere come ri-ferimento per il paesaggio da costruire nel futurodella storia dell’uomo.

Ma l’aspetto a mio avviso più significativo e chequi mi preme sottolineare di quella esperienza è ilcontenuto ed il carattere prevalenti che la pianifica-zione paesistica ha assunto e che l’hanno differen-ziata rispetto alla pianificazione urbanistico-territo-riale. Al di là della denominazione e dei riferimentilegislativi regionali (di legislazione paesistica o di le-gislazione urbanistica) in base ai quali sono stati for-mati, i piani paesistici redatti dalle Regioni, salvo ilcaso della Regione Lazio che ha assunto come rife-rimento la figura pianificatoria nazionale istituitadalla L.1497/39, si risolvono in discipline di compa-tibilità, più o meno articolate e differenziate volte afornire indicazioni di procedura, di metodo e di va-lutazione cui fare riferimento nelle dinamiche di svi-luppo e nel processo di trasformazione funzionaleantropica del territorio, peraltro regolato dalla pia-nificazione territoriale ed urbanistica. Ciò a confer-ma, anche in quella circostanza, che il piano paesi-stico nasce come ipotesi più razionale, meno discre-zionale e più dinamica, di gestione del vincolo di tu-tela, mentre il piano urbanistico territoriale, che tro-va limiti e linfa dal piano paesistico cui è subordina-to, cura l’assetto funzionale e produttivo del terri-torio; assetto in nome del quale appone vincoli ma,come è noto, di altra natura. Ma su questo torneròin seguito.

3. Il paesaggio ed i beni culturali nelle pratichedi progettazione e pianificazione urbanistica

I piani urbanistici e territoriali dell’ultima genera-zione pongono al centro della propria attenzione gliaspetti ambientali, sia ecologici che culturali. La co-struzione dei contenuti progettuali dei piani si basasempre più su una teoria interpretativa dei processi ditrasformazione antropica del territorio secondo laquale la qualità dello spazio urbano e di quello ex-traurbano è strettamente connessa con la loro capa-cità di restituire i segni della stratificazione storica equelli dei caratteri naturalistici; ciò in un’accezioneglobale e sistemica, a prescindere dalla presenza divincoli di tutela monumentale e paesistica.

Non bisogna infatti dimenticare la tradizione del-la cultura urbanistica, alla quale si deve l’introduzio-ne, nel corpo legislativo, appunto urbanistico, del“centro storico”. Tradizione che ha portato nella pras-

Page 177: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

177

si progettuale e pianificatoria ad estendere, nella co-struzione dei piani, l’attenzione all’esistente nel suocomplesso (dal centro storico alla città storica ed al ter-ritorio storico, dalle “zone agricole” agli “ambiti dipaesaggio”) e ad assumere un atteggiamento pro-gettuale diversificato in rapporto alle situazioni spe-cifiche e di contesto; atteggiamento che consente diarticolare l’intensità della trasformazione dalla con-ferma dello stato attuale alla riqualificazione, al nuo-vo impianto.

È evidente però che il piano urbanistico e/o ter-ritoriale deve fare i conti con la sua ridotta capacità diregolamentare i comportamenti dei privati in nome diinteressi generali che non siano di tipo urbanistico ogenericamente ambientale e, sul versante della ge-stione, con il rischio di invadere il campo attualmen-te riservato ad autorità diverse da quella urbanistica,che esercitano comunque le proprie competenze ed ilproprio potere attraverso l’apposizione del vincolo ela relativa gestione o attraverso le procedure dellaV.I.A.; ciò anche a prescindere dall’esistenza di pianipaesistici regionali ovvero di piani urbanistico-territo-riali con contenuti e valenza anche ambientali e pae-sistici.

L’irrisolto problema della differenza dei contenu-ti e dell’efficacia delle diverse figure pianificatorie(piano paesistico; urbanistico-territoriale; urbanistico-territoriale con valenza paesistica) tutte attualmenteimputate alle Regioni ed agli Enti locali, e tra questeed i Piani di bacino, i Piani delle Aree naturali protet-te, nonché i vincoli monumentali e paesistici e le pro-cedure V.I.A., è alla base dell’attuale complessità, po-ca chiarezza e scarsa incisività del governo del terri-torio e della sua inefficacia rispetto agli obiettivi, in ge-nere condivisi, della tutela e della valorizzazione. Sitratta di un problema che postula un approfondi-mento, anche in questo campo, delle dimensioni ope-rative dei principi della sussidiarietà e della coopera-zione interistituzionale, ma anche e contemporanea-mente della innovazione sul versante degli atti tecni-co-amministrativi e delle figure di piano più adatte adassicurare, nella tempestività, la qualità alle dinamichedi sviluppo dei territori e delle città.

4. Tra vincolo e piano

4.1 La tutela Nell’attuale ordinamento le politiche della tutela

si esprimono attraverso il vincolo e la sua gestione. Ilvincolo altro non è che un diritto che l’Amministra-zione competente si riserva riguardo ai singoli ele-menti del territorio, via via individuati ovvero rica-denti nelle categorie di cui all’art. 1 della legge

431/85, di decidere, di volta in volta, e cioè per singoliprogetti ed in modo sostanzialmente discrezionale,quali debbano essere i comportamenti operativi per-ché gli interventi siano da considerarsi rispettosi del-la tutela e dunque, sotto questo profilo, legittimi. Ilvincolo non stabilisce preventivamente e concreta-mente la portata della limitazione che esso stessocomporta né è accompagnato da modalità prefissatedi approfondimento conoscitivo e di esplorazione pro-gettuale volta a conciliare conservazione e valorizza-zione.

Corollario di ciò è che il vincolo, al di là deglisforzi di sistematicità introdotti dalla L. 431/85, nelmomento in cui viene apposto, è generico, non sigradua rispetto alla rilevanza assoluta e contestualedell’elemento vincolato; è un vincolo cieco e muto,che nulla dice rispetto al modo migliore per attuare latutela, o, se parla, dice le cose più comode per una ge-stione piattamente burocratica della tutela basata sul-la conservazione più o meno assoluta, trascurando lequestioni della valorizzazione del bene e cioè della suaincarnazione nel ciclo vitale del territorio e, in ultimaanalisi, della sua stessa sopravvivenza.

In sostanza la necessità di una individuazione or-ganica delle componenti paesaggistiche del territorioappartenenti al sistema naturale e/o a quello antropi-co e delle loro relazioni visibili ed invisibili, nonché lanecessità di inserire beni e “segni” nei processi di vi-ta delle comunità, superando la banale equivalenza travincolo ed immutabilità del bene, spingono alla ricer-ca di un più stretto rapporto tra politiche di vincolo epolitiche di piano.

Ma c’è un’ulteriore ragione, non meno impor-tante delle altre, che invita alla ricerca di questo rap-porto. Sempre nell’attuale ordinamento le compo-nenti del territorio che ne costituiscono la valenzapaesaggistica, e cioè i “segni” della natura e della sto-ria dell’uomo, afferiscono a materie ed a competen-ze diverse, imputate a poteri diversi. Né sembra pos-sa essere altrimenti, dal momento che la nostra formadi democrazia è caratterizzata dal pluralismo dei po-teri costruito sull’articolazione, per livelli e settori, inverticale ed in orizzontale, delle competenze; circo-stanza che rende pressoché improponibile una ipote-si di ricerca di sintesi e di sinergie basata sul riaccor-pamento delle competenze relative alle materie terri-toriali e dunque sul conseguente e relativo riaccorpa-mento dei poteri.

Sembra più ragionevole puntare ad una ricom-posizione ed integrazione in corso d’opera dei con-tenuti frammentati “per competenze”, nell’eserciziocooperativo del potere, utilizzando strumenti tecnicied amministrativi adeguati a questa ricomposizioneed integrazione nonché a modalità decisionali interi-

Page 178: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

178

stituzionali; muoversi, cioè, nella prospettiva di col-locare la tutela e la valorizzazione nel processo dipiano.

4.2 L’integrazione tra tutela e valorizzazione:alcune questioni aperteUna prima questione riguarda la utilità di affida-

re a tecniche di piano la stessa individuazione, ad in-tegrazione eventuale di quanto non già sottoposto avincolo, delle componenti naturali ed antropiche delterritorio che, in quanto “segni”, costituiscono “be-ni” sotto il profilo paesaggistico e la cui conservazio-ne attiva è di preminente interesse pubblico. La se-conda questione riguarda la individuazione del mo-dello di pianificazione (caratteri del processo di piano,scala, tipo e contenuto degli strumenti di piano) ca-pace di integrare tutela e valorizzazione, vincolo epiano e di facilitare la cooperazione tra titolari delle re-lative competenze, ai vari livelli e nei diversi settori.

La individuazione delle componenti che costitui-scono “beni” dal punto di vista paesaggistico richie-de, specie dopo la L. 431/85, una loro considerazio-ne integrata volta a cogliere, in relazione all’apparte-nenza al sistema naturalistico e/o a quello antropico,le condizioni essenziali, anche invisibili, della loro so-pravvivenza come “segni”, nonché una valutazionecirca la rilevanza relativa che essi assumono rispetto alcontesto ai fini dell’attivazione di politiche articolatee differenziate di tutela e valorizzazione. Non c’è dub-bio che il processo di piano, inteso come insieme di at-ti tecnici ed amministrativi di governo delle trasfor-mazioni territoriali ed urbane è la sede più adatta perquesta individuazione.

D’altra parte il processo di piano è anche la sedecongrua per l’intreccio della tutela con le politiche divalorizzazione; la sede per passare da un vincolo cie-co ed astratto a regole volte ad integrare la conser-vazione dei segni ereditati con l’eventuale introdu-zione di nuovi segni senza distruggere o banalizzarei segni precedenti; la sede soprattutto per introdurrenuovi usi che consentano al bene di non essere se-gregato, di rientrare invece in circuiti virtuosi di atti-vità sociali ed economiche che gli assicurino, quantomeno, una dignitosa sopravvivenza attraverso un rea-le radicamento col territorio.

Ma in quale momento del processo di pianifica-zione, con quali soggetti, con quali strumenti ipotiz-zare questo virtuoso incontro tra vincolo e piano?Attraverso un piano paesistico-ambientale o un pia-no territoriale-urbanistico? È sbagliato ritenere che laquestione sia stata risolta dalla L. 431/85 nel mo-mento in cui ha lasciato la facoltà alle Regioni di sce-gliere tra piano paesistico e piano territoriale urbani-stico con valenza paesistico-ambientale; o dal DL

112/98 che ha attribuito al Piano territoriale di coor-dinamento provinciale di cui alla L. 142/90 la possi-bilità di assumere il valore e gli effetti dei piani di tu-tela nei settori della natura, dell’ambiente, della di-fesa del suolo e delle bellezze naturali, cioè dellecomponenti fondamentali del paesaggio. I veri nodidella questione non sono stati affrontati: può il pia-no regionale paesistico o territoriale urbanistico convalenza paesistico-ambientale, ovvero il P.T.C.P. ave-re valore esplorativo e dichiarativo dei beni e, conse-guentemente, imporre discipline conformative dellaproprietà, in nome dell’interesse paesaggistico, perbeni non precedentemente ed autonomamente sot-toposti a vincolo con le procedure ordinarie ex lege1497/39? Quale il ruolo delle diverse Amministrazio-ni (regionale e statale) nella formazione, approvazio-ne e gestione di questi piani? La disciplina stabilita dalpiano regionale paesistico o territoriale urbanisticocon valenza paesistico-ambientale, ovvero dal P.T.C.P.,che di fatto consiste nel regolare preventivamente, ar-ticolandoli in funzione della rilevanza contestuale delbene, i comportamenti procedurali, conoscitivi e pro-gettuali ai fini del rilascio delle autorizzazioni, è vin-colante ed a quali condizioni, la gestione del vincoloda parte dell’Amministrazione centrale e periferica delMinistero per i Beni e le Attività Culturali.?

5. Due ipotesi a confronto

Fermo restando il mantenimento dell’attuale se-parazione tra vincolo paesaggistico e disciplina urba-nistica e tra le relative gestioni, si possono tuttavia evi-denziare possibilità innovative, quanto a strumenti eprocedure, volte a rendere più sistemica, complessivae condivisa la considerazione del paesaggio in tutte leoccasioni di trasformazione antropica (dal prelievodelle risorse naturali, alle pratiche agricole e foresta-li; dal divenire delle forme insediative, allo sviluppodelle reti infrastrutturali). Le innovazioni fanno riferi-mento, schematicamente, a due diverse ipotesi di la-voro.

La prima consiste nel lasciare immutato l’attualemeccanismo di individuazione dei beni e quindi diapposizione del vincolo, eventualmente migliorando-lo sotto il profilo della partecipazione e condivisione,attraverso forme concrete di collaborazione interisti-tuzionale (comitati congiunti formati da Soprinten-denze, Regione, Provincia, Università, ecc.); nell’affi-dare poi alla pianificazione territoriale/urbanistica re-gionale, provinciale e comunale, la definizione dellaportata operativa del vincolo, ovvero delle regole darispettare nelle aree vincolate in rapporto ai diversi usied alle diverse trasformazioni antropiche possibili. Ciò

Page 179: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

179

utilizzando procedure formali di copianificazione eriassorbendo in detta pianificazione la disciplina deipiani paesistici regionali preesistenti.

La seconda consiste invece, in primo luogo, nel-l’innovare l’attuale meccanismo di individuazione deibeni, di graduazione ed apposizione del vincolo,estendendo e rendendo obbligatori i piani paesistici alivello regionale, intesi come piani di ricognizione si-stemica dei caratteri paesaggistici ed ambientali delterritorio che rivestono interesse pubblico, di defini-zione delle regole della compatibilità delle trasforma-zioni antropiche. Tali piani dovrebbero essere frutto diuna pratica di sussidiarietà tra Stato e Regioni e, tra-mite queste ultime, Province e Comuni, nonchéespressione formale di copianificazione delle Regionie dello Stato. Consiste, in secondo luogo, nell’affida-re alla Provincia ed ai Comuni la possibilità di specifi-care ed approfondire le regole della compatibilità, ov-vero di interventi specifici di qualificazione paesistico-ambientale, come contributo integrante il piano pae-sistico-ambientale regionale e quindi distinto dal pro-prio strumento di pianificazione territoriale ed urba-nistica; il contenuto del quale dovrà essere comunquecompatibile con le regole del piano paesistico regio-nale.

Nel primo caso il piano territoriale/urbanistico sa-rebbe la sede delle inevitabili mediazioni tra politichedi conservazione e politiche di trasformazione; ciòcon il rischio di rendere meno chiari ed espliciti gliaspetti tecnico-scientifici delle situazioni conflittuali edelle possibili alternative e di aumentare oltre misurail connotato politico delle decisioni di piano. Inoltre,la compresenza nello stesso piano urbanistico, di re-gole conformative della proprietà imputabili a valoriconnaturati al bene (caratteri del paesaggio) ovvero avalori da attribuire al bene (aspetti funzionali-urbani-stici) porterebbe, come già sta portando, a conse-guenze la cui portata è oggi non ancora valutata ap-pieno1.

Nel secondo caso i piani separati, uno (piano pae-sistico-ambientale matrice strutturale del territorio re-gionale) caratterizzato da discipline di compatibilitàpaesistico-ambientale, gli altri (piano territoriale pro-vinciale, piano urbanistico comunale) da discipline ur-banistiche per la realizzazione degli interventi dell’as-setto programmato, potrebbero essere il risultato diprocedure trasparenti tramite le quali le decisioni sa-rebbero prese in una maggiore evidenza della porta-ta tecnica delle alternative e delle scelte.

La seconda ipotesi, allo stato attuale, mi sembrala più convincente. In effetti ritengo che occorra assi-curare la tutela del paesaggio e del suo divenire fina-lizzando l’istituto del vincolo alla costruzione di una“disciplina paesaggistica”, basata sulla considerazio-

ne organica e sistematica dei “segni” che caratteriz-zano e diversificano i territori regionali costituendone“il paesaggio”, prima ed insostituibile dimensionedella loro identità e riconoscibilità.

L’organicità e la sistematicità che è bene caratte-rizzi questa disciplina ne postulano la costruzione at-traverso un “piano”, la cui finalità deve essere quel-la di aiutare tutti i soggetti dai quali dipendono le tra-sformazioni del territorio (e dei suoi segni) ad avere at-tenzione al paesaggio. Fornendo, a chi usa il territo-rio, a chi lo pianifica, a chi ne progetta le trasforma-zioni ed a chi le esegue, le informazioni, gli indirizzi,i criteri, le indicazioni necessarie a leggere il paesag-gio e le sue componenti, a prevedere o a progettaredi inserirsi in esso con attenzione ai suoi “segni” in-troducendo solo segni capaci di arricchire quelli pree-sistenti e le loro relazioni. Fornendo, inoltre, indica-zioni circa l’opportunità di aiutare l’attenzione per ilpaesaggio con apposite politiche di sostegno (agri-coltura, periurbano, ecc.).

Il contenuto di questa disciplina, che non puòche essere costituita con l’apporto delle diverse scien-ze e conoscenze, naturalistiche ed antropiche, checonsentono di cogliere l’essenza costitutiva e le dina-miche proprie delle molteplici componenti del pae-saggio, sarà quello di stabilire le condizioni della com-patibilità delle trasformazioni, in rapporto alla valuta-zione della rilevanza del paesaggio e dei suoi segni(graduazione del “vincolo”) ed alla diversa consisten-za ed alla diversa intensità della trasformazione an-tropica. Una disciplina di “compatibilità paesaggisti-ca”, dunque, che avrà lo scopo di suggerire, ovvero diimporre, i comportamenti conoscitivi, valutativi, ar-gomentativi che devono accompagnare la definizionedelle politiche di settore a tutti i livelli, delle azioni diprogetto e di intervento in modo che la cultura delpaesaggio si diffonda nelle pratiche di governo e ditrasformazione del territorio.

La circostanza poi che, in questa seconda ipote-si, la disciplina di compatibilità paesistico-ambientalesia frutto di copianificazione tra Regioni e Stato, ren-de quest’ultima più autorevole di quanto non sareb-be se fosse definita in sede di Piano Provinciale. Ciò inparticolare rispetto alla possibilità di praticare verificheadeguate di compatibilità paesistico-ambientale nelcaso di interventi di trasformazione promossi dai po-teri forti (Anas, Enel, F.S., Società di telecomunicazio-ni, Radiotelevisioni, ecc., e le stesse Amministrazionisettoriali statali e regionali).

Questa ipotesi comporta una ricollocazione delruolo dello Stato in materia di copianificazione paesi-stico-ambientale nonché un suo ridimensionamento inmateria di amministrazione diretta; non sarebbe pos-sibile prevedere per le Regioni la facoltà di condivide-

Page 180: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

180

re con lo Stato (cioè con tutti i Ministeri che hannocompetenza sul territorio: dal Ministero dei LavoriPubblici, al Ministero dell’Ambiente, dei Trasporti, deiBeni e le Attività Culturali) la pianificazione paesisti-ca ed ambientale a fronte di semplificazioni delle pro-cedure autorizzative (Nulla-Osta, Valutazione ImpattoAmbientale, ecc), di sostegni finanziari alle politicheregionali di riqualificazione paesistico-ambientale? Miauguro che questa ipotesi possa essere approfonditain sede di Conferenza per il Paesaggio.

NOTE

1 Se è vero che il TAR Lazio ha riconosciuto la possibilità di in-serire elementi di disciplina ambientale nell’ambito di quella urbani-stica è anche vero che ciò ha giustamente autorizzato molti osserva-tori a ritenere necessario, accanto a quello dei vincoli urbanistici, il ri-sarcimento dei vincoli ricognitivi, magari estendendo la perequazioneoltre misura e dunque rischiando di renderla impraticabile perchéambientalmente insostenibile. A questo proposito è necessario che ilTesto Unico delle disposizioni legislative sui beni culturali e sui beni pae-sistico-ambientali contenga le disposizioni della legge 1497/39 sullanon indennizzabilità dei vincoli paesistico-ambientali.

Page 181: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

181

A. Intervento alla riunione del 24 marzo 1999

È ormai da tempo urgente ed indispensabile fare ilpunto sull’efficacia della legge Galasso e mettere insie-me le esperienze positive e negative delle gestioni mi-nisteriale e regionali, per arrivare a delineare un asset-to normativo più snello e più efficace per la tutela.

Già negli anni 1992-93 si era lavorato per l’orga-nizzazione di un convegno, che poi il Ministero non ri-tenne di realizzare. Vi fu però in sede di comitatoscientifico e poi nella giornata di seminario organizzatanel giugno 1993 un utile scambio di esperienze fra tec-nici dell’Ufficio Centrale, delle Regioni, delle Soprin-tendenze, dei Ministeri dell’Agricoltura e dei LavoriPubblici, ecc.

La richiesta nostra era quella di anticipare il mo-mento del nostro impegno almeno all’esame dei pianiattuativi, al fine di riuscire a tutelare il paesaggio in mo-do più complessivo e di dare maggiori certezze al cit-tadino.

Ora finalmente il Ministero ha la volontà politica diaffrontare la questione del nostro paesaggio malato e diaprire un confronto per migliorarne la tutela.

Espongo di seguito i risultati che secondo me si do-vrebbero raggiungere.

1) Una concezione più consapevole ed ampia delconcetto del paesaggio da tutelare, da intender-si comea. Paesaggio culturale, cioè il palinsesto dei da-

ti fisici della formazione storica del paesaggioe dei rapporti fra i vari processi, che dovreb-be essere tenuto in conto nella progettazionedi qualsivoglia intervento edilizio, dell’espan-sione di un abitato, della realizzazione di pic-cole e grandi opere pubbliche, dell’uso delsuolo ecc.

b. Paesaggio naturale, cioè gli aspetti ecologici, ve-getazionali, geomorfologici, i fiumi, le monta-

gne ecc., con la consapevolezza che si tratta dinatura antropizzata, cioè storicamente in mas-sima parte modellata dal lavoro dell’uomo (oanche dal suo abbandono), per la quale occor-rerebbe attenzione alle problematiche della con-servazione, riqualificazione, salubrità, vita.

c. La riproposta in termini più aggiornati del pae-saggio inteso come spazio di percezione, co-me “luogo” nel quale le comunità locali rico-noscono la propria identità e nel quale i turi-sti, i visitatori individuano le caratteristiche pe-culiari del sito. Occorre difendere l’azione di tu-tela del paesaggio dalle critiche di chi bolla co-me superato l’orientamento di tutela dei suoivalori d’immagine. È un errore ridurre la que-stione del paesaggio alla sola questione eco-logico-ambientale od economico-sociale. Lamancanza in Italia di una disciplina attenta al-la “forma del territorio” (il paesaggio) – fattaeccezione per pochi studiosi e filosofi comun-que perlopiù separati dalla concreta operatività– ed il modo di “fare urbanistica” con poca onessuna attenzione agli esiti formali delle pre-visioni dei piani ritengo siano due delle causedella poca consapevolezza culturale con cui inItalia dal dopoguerra ad oggi si è intervenutisul territorio.

2) Il riconoscimento della natura sovraordinata del fi-ne dell’attenzione al paesaggio, che dovrebbe es-sere insieme il quadro di riferimento ed anche la ga-ranzia comunque assicurata della pianificazione ur-banistica a tutti i livelli.La scelta che venne fatta negli anni ‘70 di concen-trare sui tavoli delle Regioni la pianificazione terri-toriale e la tutela del paesaggio aveva come finel’integrazione delle due materie, ma non vi furonoesiti in tal senso, poiché l’attenzione alla qualità delpaesaggio nei fatti risulta perdente se posta sullo

Liliana PittarelloSoprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Page 182: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

stesso piano di altre esigenze e discipline, le qualisi possono esprimere con dati e normative sempli-ci e certe (come gli standard, gli indici di cubatura,le zone, ecc.), mentre i temi del paesaggio (l’ar-monia, la bellezza, i modi di percezione, l’atten-zione alla costruzione storica del territorio, la qua-lità compositiva degli interventi, l’attenzione alla na-tura…) non si possono certo quantificare e normarein modo semplice.L’affermazione che la tutela del paesaggio è mate-ria sovraordinata significa accrescere la consapevo-lezza delle Regioni delegate e pretendere da ognipiano urbanistico la previsione dell’esito visivo (unasorta di valutazione dell’”impatto paesistico”) del-le trasformazioni previste e rese possibili, al di là diindici e zonizzazioni.Per garantire la tutela del paesaggio inteso in que-sta accezione è indispensabile che il Ministero con-tinui ad avere un ruolo: senza la riflessione impo-sta dalla legge Galasso, infatti, pur con i limiti del-la macchinosità delle procedure ivi definite, proba-bilmente in Italia oggi si parlerebbe ben poco dipaesaggio, il cui concetto di tutela sarebbe statodefinitivamente perlopiù soccombente e dimenti-cato nell’ambito della pianificazione urbanistica.Questo ruolo dovrà però accrescersi in termini di qua-lità, ed essere prima di tutto un ruolo di indirizzo.

3) La revisione della legge Galasso, tale da, pur non al-terandone gli aspetti sostanziali, dare agli uffici del-lo Stato un ruolo tecnico e progettuale, sollevandoli– a regime – dal controllo frammentario a tappetostabilito dalla legge, un controllo essenzialmente diprocedura di tutti i provvedimenti autorizzativi del-le Regioni delegate e degli Enti locali subdelegati,in un momento in cui i processi economici delle va-rie operazioni sono già molto avanzati.

La riforma dovrebbe garantire: a) intese fra Stato e Regioni finalizzate alla defi-

nizione dei criteri cardine della pianificazionepaesistica, così da assicurare maggiori certez-ze al cittadino ed una più complessiva elabo-razione in fase di programma;

b) la definizione, anche sulla base di esperienzepositive sperimentate nei 14 anni passati daRegioni ed Uffici ministeriali centrali o perife-rici, di criteri di indirizzo generali (a riempire ilsilenzio del 1986 quando nessun indirizzo ven-ne dato dal Ministero alle Regioni per la pia-nificazione paesistica), atti a definire e chiari-re: – le caratteristiche irrinunciabili del P.P. o P.C.P.

(che dovranno giungere a definire i diversigradi di tutela – dalla conservazione inte-

grale al risanamento e recupero ecc. – daesercitare nelle varie zone classificabili in unpaesaggio, sulla base di approfonditi studiconoscitivi, sviluppando cioè i criteri fonda-tivi sui quali venne elaborato il Piano Terri-toriale di Coordinamento Paesistico ligure);

– le procedure approvative del piano paesi-stico;

– le condizioni perché si possano approvare“varianti” del P.P;

– le modalità delle subdeleghe (ora ampia-mente utilizzate delle Regioni in forza del-l’art.118 della Costituzione);

– fra queste modalità, l’obbligo al reale con-trollo da parte delle Regioni delegate sul-l’operato degli Enti locali subdelegati: è in-fatti assurdo quanto accade ora in Liguria,dove non essendo normata nessuna formaoperabile di tale controllo, anche la verificadella corretta applicazione della subdelega(cioè ad esempio se una casa progettatasuperi o meno i 400 mc ed allora sia com-petenza nel primo caso della Regione, nelsecondo del Comune, ma solo se superio-re ai 5.000 abitanti, sennò della Provincia,ecc.) ricade sulla Soprintendenza;

– fra queste modalità, l’obbligo della defini-zione degli indirizzi irrinunciabili della tute-la, che anche gli Enti subdelegati dovrannoseguire;

c) il chiarimento di “come va a finire” il proces-so di pianificazione e controllo stabilito dalla L.431, cioè cosa accadrà a regime, quando laRegione si sia fornita di un P.P valido ed ap-provato e siano stati definiti i criteri di cui alpunto b). Io credo che in questo caso sia as-surdo ed insostenibile che lo Stato proseguanel controllo caso per caso, la delega potreb-be essere data in toto alle Regioni, magari de-finendo fra Soprintendenze e Regioni dei tavolidi confronto, delle “conferenze di verifica”periodiche. Gli uffici statali, superate le mac-chinose procedure definite dalla L. 431, ve-drebbero così ridefinito il loro ruolo in terminidi qualità e sarebbero impegnati in quanto so-pra indicato al punto a) ed in questa attività diverifica congiunta.

Questo sarebbe il fine da raggiungere in tutta Ita-lia, ma con tempi differenziati a seconda delle re-gioni, perché dovrà attuarsi sulla base dello stato at-tuativo della pianificazione paesistica, che è diver-so di regione in regione.

4) I mezzi per raggiungere i fini enunciati dovrebbe-ro essere:

182

Page 183: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

183

– L’elaborazione di intese sul piano culturale tec-nico-scientifico intorno alla definizione dellacomplessità del paesaggio da tutelare fra Mi-nistero, Regioni, Università, Associazioni, altriMinisteri interessati;

– formazione di un tavolo privilegiato Stato de-legante/Regioni delegate (ricordando peraltroil loro recente atteggiamento sulla porzione delT.U. relativa al paesaggio) per la definizionedelle linee di riforma della legge Galasso, evi-tando il clima del conflitto sulle competenzeistituzionali (che a mio modo di vedere sareb-be pericoloso ed improduttivo nell’ottica diaffrontare concretamente la difficile questionedel paesaggio italiano), al fine di orientare in-sieme la materia sulla base anche delle espe-rienze positive e di una serena ed obiettivavalutazione di quelle negative;

– Potenziamento delle strutture e dei mezzi del-le Soprintendenze.

B. Testo approntato per “Urbanistica Informazioni”n.165/99, accolto nei documenti preparatorial Convegno

In queste settimane, il Ministero per i Beni e le At-tività Culturali è impegnato fra l’altro in due importantiprogetti: il primo, già annunciato fin dai primi giorni delsuo incarico dal Ministro Melandri, è relativo al disegnodella cosiddetta legge sull’”architettura”, che ha il finedi promuovere la qualità in architettura e nel paesaggio;il secondo è l’organizzazione della Prima ConferenzaNazionale per il paesaggio, che si svolgerà a ottobre.

Queste iniziative dimostrano una nuova attenzioneal territorio da parte del Ministero, che finalmente si ap-presta a svolgere quel ruolo di alto profilo di indirizzoculturale che dovrebbe competere allo Stato, soprattuttoin relazione ad una materia come il territorio, la cui pro-grammazione, gestione, tutela è in Italia tanto fram-mentata da implicare ad esempio Conferenze dei servi-zi in molti casi composte da parecchie decine di soggetti.

Certo è che esprimere indirizzi sulla qualità degli in-terventi non è di per sé facile. Ci vuole coraggio oggi inItalia a parlare di “bellezza”, di “inserimento armonico”,di “adesione al contesto storico”, ecc. Lo sanno bene leSoprintendenze, che dal 1939 per legge si occupano dipaesaggio: spesso veniamo accusati di fare tutela inmodo ottuso ed oscurantista, di adottare parametri su-perati (come sarebbero i criteri “estetici” e “vedutistici”),di volere le “casette tutte uguali”, di indicare operazio-ni false ed antistoriche quando prescriviamo l’impiegodei materiali tradizionali della zona, di voler impedire cheil nostro momento storico si esprima con un proprio lin-guaggio in architettura. Eppure, quando si guarda il

paesaggio italiano, cresce generale un senso di sconfor-to. Allora, il turista ed il cittadino usano parole sempli-ci per definire quanto vedono: un paesaggio apparebello o brutto, salvaguardato o scempiato, armonico odisordinato. L’opera insigne di architettura può risulta-re illeggibile all’interno di un’espansione urbana squa-lificata, oppure tante opere vicine possono lasciare di-sorientati, tanto dissonanti sono i linguaggi espressi. Edallora, senza tanti ragionamenti ma come semplice scel-ta dettata dal fastidio visivo, molti turisti possono sce-gliere di non tornare e l’economia di una località può ri-cevere duri colpi. La consapevolezza di questo disagio èormai estesa: è nata persino una nuova associazione innome della “Bellezza” ed altre associazioni storiche fan-no convegni sulla “bellezza del paesaggio”. La bozzadella cosiddetta legge sull’”architettura” introduce unconcetto fondamentale, mutuandolo peraltro dalla vi-gente legge sulla tutela del paesaggio e dalla Costitu-zione, ma esplicitandolo: il modo col quale gli inter-venti edilizi si inseriscono nel contesto ha interesse pub-blico, cioè chi si fa una casa o chi gliela progetta non de-ve soddisfare solo le proprie esigenze o i propri gusti, madeve pensare che l’ingombro, la facciata, il tetto o il ga-rage della sua casa saranno visti da milioni di cittadini,passanti e turisti e dai loro figli che verranno, che han-no il diritto di non essere infastiditi dal suo intervento,che hanno il diritto di vedere una cosa “bella”, un in-serimento “non stonato”. Nell’800 ed all’inizio del ‘900si ricercava il “decoro urbano” e non credo che nessu-no oggi possa negare l’alta dignità, qualità e bellezza,ad esempio, della Circonvallazione a monte di Genovao dei grandi corsi e piazze di Torino in quel periodo.

In realtà, il senso del giudizio diciamo “estetico”espresso ai sensi della legge 1497/39 si è venuto chia-rendo nei decenni di questo dopoguerra, arricchendo-si di significati e motivazioni: parlare di “bellezza”, di”armonia” di un sito è un modo semplice per indicareche quel sito ha nel tempo assunto caratteristiche che,per richiamare Rosario Assunto, lo individuano e lo qua-lificano come “luogo”: per perpetuarne l’individualità,che è poi quanto garantisce all’uomo il senso di appar-tenenza ed il sentirsi a proprio agio, occorre che i nuo-vi interventi pongano attenzione al processo di costitu-zione storica di quella località, alle relazioni che vi si so-no instaurate, ai segni delle generazioni che si sonosusseguite. Quando gli interventi non prestano atten-zione a questi valori, i “luoghi” si dissolvono, il filo con-duttore della loro storia viene spezzato, le relazioni frai diversi elementi diventano irriconoscibili ed allora l’uo-mo, disorientato, definisce “brutto” quel posto. Questoè un Paese in cui per secoli il paesaggio è stato costrui-to attraverso parametri visivi, secondo allineamenti vi-suali, secondo regole (gli ordini dell’architettura anchela tradizione costruttiva dei borghi): perché mai non sidovrebbe più, oggi, parlare di estetica del paesaggio o

Page 184: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

dell’architettura? Alcuni affermano che il degrado qua-litativo e formale delle espansioni edilizie dal dopo-guerra ad oggi sia proprio dovuto alla mancanza di re-gole compositive che garantiscano, come nei secoli pas-sati, un alfabeto comune agli interventi, al di sopra deiquali certo un tempo poteva eccellere un’architetturaper genialità particolare del progettista o per una fun-zione specifica, inserita comunque in un contesto dielementi in qualche modo “in tono”, come le note inun’armonia. È probabile che da decenni stiamo vivendoancora il rifiuto dell’accademia, il rifiuto dell’eclettismodi inizio secolo, finendo però per creare un clima dipersonalismo che assicura ad ognuno (che sia il pro-prietario, l’imprenditore o le troppe figure professiona-li che possono firmare un progetto) di costruire case co-me più gli piacciono, alla sola condizione, ma neanchesempre, viste le piaghe dell’abusivismo e dei condoni,che segua regole che non sono più compositive e for-mali, ma che derivano esclusivamente da norme sem-plici, perché quantificabili e motivabili sulla base di di-scipline che offrono dati certi: l’igiene, gli indici di cu-batura, le distanze dai confini, ecc. I regolamenti edilizicomunali e le normative dei piani regolatori difficilmentesi avventurano a dare prescrizioni finalizzate alla “qua-lità” delle opere, oppure, se anche indicano i materialie le tecniche da utilizzare, gli uffici comunali valutano ingenere piccoli abusi le opere in contrasto, e quindi nonli impediscono e non li perseguono.

La gestione del territorio in Liguria non fa eccezione.Anche se il Piano Territoriale di Coordinamento Paesisti-co, in vigore dalla fine del 1986 ed esteso all’intera Re-gione (oggi per l’80% vincolata ai sensi delle leggi1497/39 e 431/85), ha caratteristiche di grande origina-lità ed aderenza alle tematiche della salvaguardia degliaspetti naturalistici, geomorfologici, culturali e tradizionalidel territorio ed anche se le commissioni edilizie comunalivengono integrate con i cosiddetti “membri esperti” perla quota parte di competenza paesistica subdelegata, difatto accade che l’esito non sia soddisfacente: sono po-chi i Comuni che si sono finora dotati del “livello pun-tuale” del P.T.C.P. (da definirsi attraverso il rinnovo del pia-no regolatore); troppi sono i modi normati per andare invariante del piano paesistico; gli uffici tecnici dei piccoliComuni (il 41% dei 235 Comuni liguri ha meno di 1000abitanti e ben il 18% meno di 500) sono ridotti ad un so-lo tecnico, quasi mai laureato; la Regione poco ha fattoper qualificare i “membri esperti” ed i tecnici comunali,peraltro a ciò impegnata da una propria legge del ‘91; lesubdeleghe sono state attribuite a Province e Comuni sen-za nessun incremento di personale e senza nessun altrosupporto; la Regione non attua il controllo della gestio-ne delle subdeleghe da parte degli Enti locali e questocompito finisce per ricadere sul lavoro svolto dalla So-printendenza ai sensi della L. 431/85. L’esperienza ligure,cioè, chiarisce che la qualità del paesaggio e delle opere

non si garantisce solo attraverso un buono strumento dipianificazione territoriale al 25.000 od anche al 10.000.Dovrebbe essere il piano regolatore comunale con valenzapaesistica a chiarire metodi e criteri per intervenire con at-tenzione prioritaria alla qualità del paesaggio e si do-vrebbe trovare il modo di comprendere nel suo iter le ve-rifiche dell’esito di impatto paesistico di quanto reso fat-tibile. E dovrebbe essere anche garantita una gestione chesappia indirizzare e garantire la qualità degli interventi. L’e-sperienza ligure chiarisce, anche, quanto le difficoltà di co-niugare le esigenze di sviluppo e quelle della salvaguar-dia del paesaggio fatichino ad essere superate: non sa-rebbe difficile riconoscere come la salvaguardia delle ri-sorse territoriali sia in molti casi d’aiuto e non in contra-sto con l’economia locale, ma questa consapevolezzatarda a farsi strada, certo perché manca una creatività in-novativa da parte degli imprenditori (che tendono a con-tinuare a proporre il modello di sviluppo delle seconde ca-se, rivelatosi spesso illusorio ed in ultima analisi dannosoall’economia delle comunità), ma anche perché occorro-no più azioni di sostegno alle attività agricole o legate al-la trasformazione dei prodotti locali.

Che fa la Soprintendenza, nello svolgimento delruolo residuo disposto dalla L. 431/85? La legge preve-de procedure di controllo di rara inadeguatezza e mac-chinosità sull’operato delle Regioni: il controllo è quasi dimera legittimità ed il conseguente parere non si puòesprimere attraverso indicazioni utili a migliorare la qua-lità dell’inserimento nel contesto, ma può solamenteesplicitarsi attraverso l’annullamento del provvedimentoautorizzativo regionale o dell’Ente subdelegato o attra-verso il mancato annullamento. Inoltre, la legge preve-de che questo controllo venga attuato sui progetti edi-lizi (e non sui piani attuativi), di fatto cioè quando i pro-cessi economici sono già molto avanzati, addirittura do-po la concessione edilizia, nel caso di materia subdele-gata ai Comuni. Un annullamento espresso a questopunto, soprattutto nel caso di edifici inseriti in un pianoattuativo su cui la Regione abbia già da anni espresso“parere di massima paesistico” favorevole, come acca-de in Liguria, crea ovviamente grave danno all’operato-re e mostra un lavorare schizofrenico della Pubblica Am-ministrazione nel suo complesso, così da rendere odio-so il provvedimento assunto dalla Soprintendenza, pur atutela del bene comune che è il paesaggio.

Per rendere più qualificato ed utile il suo ruolo, la So-printendenza ligure ha a lungo richiesto di esaminare i ci-tati “pareri di massima paesistici” previsti dalle normati-va regionale sui piani attuativi: la Regione non ha aderi-to a tale richiesta, ma nel settembre 1994 ha legiferatodi inserire il Soprintendente o suo delegato fra i membridei Comitati Tecnici Urbanistici regionale e provinciali,nelle sedi, cioè, dove vengono esaminati i piani regola-tori ed i piani attuativi. Pur fra le grandi difficoltà che ta-le lavoro implica per un ufficio gravemente sottoorgani-

184

Page 185: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

185

co come quello ligure, certamente in tal modo viene fi-nalmente garantita alla Soprintendenza una visione ter-ritoriale delle problematiche e quindi l’elaborazione di pa-reri maggiormente qualificati. Nelle sedi dei C.T.U. si at-tua inoltre un confronto più diretto fra le istanze che perbrevità sintetizzo in “urbanistiche” e “paesistiche”, istan-ze che devono trovare una integrazione e composizionenella pianificazione territoriale e nella sua gestione.

È cresciuta così la prassi di colloquio e di collabo-razione fra gli uffici, che ha proprio in questi giorni por-tato alla presentazione di un documento di indirizzicongiunto per la interpretazione delle norme del P.T.C.P.sulla base dell’esperienza di gestione maturata dal 1987e contenente anche alcune prime semplici indicazioni(che si vorrebbero negli anni prossimi estendere alla re-dazione di sorte di “manuali” sulla falsariga di quantoviene fatto in Francia) sui criteri di valutazione dell’in-serimento paesistico degli interventi.

Il documento si inquadra nell’intesa Regione Ligu-ria–Ministero in corso di definizione, finalizzata a svi-luppare sia attività congiunte di indirizzo e di formazio-ne per tecnici delle Amministrazioni locali, membriesperti delle commissioni edilizie integrate e progettistiin relazione alle specifiche normative locali ed alla qua-lità degli interventi in riferimento al contesto culturale epaesistico, sia attività di studio sulle caratteristiche sto-riche e compositive del paesaggio ligure e forme nor-mative idonee, al fine di aggiornare il vigente P.T.C.P., co-me previsto dalla legge urbanistica regionale del 1997.L’intesa prevede anche la possibilità di attivare a tali fi-ni convenzioni e collaborazioni con l’Università e laScuola di specializzazione del Paesaggio.

In questo modo, ci si impegna a unire le forze perlavorare alla migliore qualità possibile del paesaggio li-gure, ben sapendo che in questo campo non esistonoformule preconfezionate di esito sicuro e che nessunopuò affermare di esserne il detentore.

C. Appunto per l’incontro del 13 luglio 1999 delGruppo “Legislazione di tutela e normativeper il territorio”

L’appunto che segue raccoglie anche contributi re-lativi al lavoro di altri gruppi (Gruppo “Paesaggio e svi-luppo sostenibile” e Gruppo “Paesaggi italiani e qualitàdella progettazione”).

1) “Paesaggio” – “paesaggi”Non concordo con questo plurale di cui si com-

piacciono molti esperti di materie scientifiche. Non sitratta di mera questione formale indicare il termine al sin-golare o al plurale. Il termine “paesaggio” implica il rap-porto di percezione fra uomo e territorio. Sono convin-ta che noi dobbiamo parlarne al singolare. Trovo sba-

gliato riferirsi ad elenchi di “paesaggi”, perché questosembra dimenticare il rapporto con l’uomo, sembra chesi tratti di elenchi di categorie, di “cose”, mentre è il rap-porto percettivo con l’uomo che distingue l’azione del-la tutela del paesaggio da quella della gestione del ter-ritorio o dell’ambiente.

Del resto, il Progetto di convenzione europea citail termine sempre al singolare, quando ne parla in sen-so generale. Lo cita al plurale quando si riferisce a “pae-saggi” dei diversi Stati o comunità, ma non a diverse ca-tegorie (paesaggio agrario, industriale, urbano, ecc.,come alcuni teorici tendono a fare).

2) Il vincolo2.1 La proposta di mutarne natura attribuendogli gra-

di diversi di valore.Nelle discussioni dei vari gruppi di lavoro spesso

emerge il convincimento che il vincolo su di un’areaperimetrata debba precisare cosa vi si possa fare e da ciòderiva l’indicazione di stabilire diversi gradi di vincolo.

Non concordo con tale orientamento che confon-de il riconoscimento di valore paesistico insito nel vincolocon i diversi gradi di tutela che solo la programmazio-ne paesistica può definire.

2.2 La tutela passiva.Viene spesso avanzata la contrapposizione fra “tu-

tela passiva” svolta sulla base dei vincoli e la “tutela at-tiva”, svolta con finanziamenti ed interventi di riqualifi-cazione. Tali due attività non dovrebbero essere viste incontrasto, ma in sinergia.

Oggi molti definiscono “passiva” la tutela pluride-cennale esercitata dall’Amministrazione statale ai sensidella L.1497, nel senso che non è stata tale da esserepropositiva. Ma mi sembra eccessivo quanto espressonel documento dell’Ufficio Centrale distribuito nell’in-contro del 30 giugno, che addirittura afferma che “fi-nora la gestione della tutela … è stata essenzialmente,se non esclusivamente, conservazione dello status quo.Applicata alla risorsa allocata sul territorio…la tutela siè tradotta in un non uso”. Non riesco a riconoscere inquesta definizione l’esercizio della tutela: finora la tutelaè stata esercitata avendo attenzione – e molta – alle esi-genze economiche alla base dei singoli progetti di in-tervento, espresse o rappresentate perlopiù dagli Enti lo-cali. Basta guardarsi intorno. Altro che “non uso”!

In sostanza, difendo il vincolo, inteso come “ricono-scimento di valore paesistico” e ritengo che debba so-pravvivere alla pianificazione, in contrasto con quanto espo-sto dal prof. Salzano nel punto 11 dello scritto distribuitosempre il 30 giugno, dove viene affermata l’utilità del vin-colo come “difesa temporanea, in attesa che la pianifica-zione consenta di articolare le politiche sia attive che pas-sive di tutela”. Il vincolo, cioè il giudizio di valore, non puòessere passibile delle varianti che la pianificazione territoriale

Page 186: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

può subire: per questo deve sopravvivere. Certo, nelle areedi vincolo oggetto di una pianificazione qualificata devonoessere superati, come dirò dopo, i “doppi controlli”.

3) Il Piano Paesistico3.1 Estensione del piano.– il D.P.R. n.8/72 trasferisce alle Regioni la pianifica-

zione paesistica ex art.5 della L.1497/39– la L.431/85 impone alle Regioni di attuare i “Piani

Paesistici” o i “Piani urbanistico-territoriali con spe-cifica valutazione dei valori paesaggistici e am-bientali“

– il D.L.112/98, art.57, stabilisce che le Regioni con leg-gi regionali prevedano che il piano territoriale di coor-dinamento provinciale assuma il valore e gli effetti deipiani di tutela nei settori che cita, fra cui la “tutela del-le bellezze naturali” non mi è quindi chiaro perchéqualcuno affermi che non si può tutelare il paesaggiose questo è “onnipresente”, se lo si concepisce in ma-niera “totalizzante”, come se in tal modo la sua tute-la si annullasse nella gestione urbanistica. Le norme vi-genti citate non identificano infatti la tutela del pae-saggio con la gestione urbanistica, ma indicano nellostesso strumento (il piano territoriale di coordinamen-to) la possibilità di affrontare in modo integrato am-bedue le tematiche, che sono mantenute distinte.

Mia opinione, anche sulla base dell’esperienza digestione del Piano Territoriale di Coordinamento Paesi-stico (P.T.C.P.) ligure, è che: – la tutela della qualità del paesaggio – come la di-

fesa del territorio – debba essere intesa come fina-lità “sovraordinata” alla quale deve tendere la pia-nificazione territoriale a tutti i livelli;

– il paesaggio sia tutto quanto l’uomo percepisce,cioè l’intero territorio1. Sarà il piano paesistico, ri-ferito all’intero territorio, ad indicare diversi gradi ditutela, ad esempio: a. aree di valore assolutob. aree di sviluppo “compatibile”, ulteriormente

da diversificarec. aree abbandonate o compromesse da assog-

gettare a restauro ambientaled. aree a caratteristiche specialie. aree prive di valore paesistico

3.2 Natura del piano.Nella sede della revisione della legge Galasso, op-

pure di una “Intesa quadro con le Regioni sulla gestio-ne della Galasso”, occorrerebbe sancire: a) la definizione degli indirizzi irrinunciabili della tutela,

che Stato, Regioni, Enti subdelegati dovranno se-guire (che sarebbe bene fossero gli stessi in tuttaItalia; potrebbe essere la “Carta del paesaggio”sulla quale si sta lavorando).

b) le caratteristiche irrinunciabili del Piano di Coordi-namento Paesistico. Secondo me, esso dovrebbe:– basarsi sulla conoscenza delle componenti sto-

riche e naturali del paesaggio e di un ap-profondito esame visivo dello stesso;

– essere occasione e strumento di riordino dei vin-coli esistenti (sulla base del giudizio di valoredelle singole aree): con ciò si sancirebbe la naturavincolistica del giudizio di valore attribuito dalP.C.P. ad aree non precedentemente vincolate;

– indicare i diversi gradi di tutela (conservazioneintegrale, diversi gradi di sviluppo compatibi-le, risanamento e recupero di aree abbando-nate o compromesse, aree dove non occorretutela specifica, ecc.) con valore prescrittivo, daprogrammare di esercitare sull’intero territorioregionale per quanto sopra detto, suddiviso eclassificato con perimetrazioni su cartografiealmeno al 10.000) 2;

– per alcune zone selezionate assumere l’aspet-to di piano disegnato di landscape;

– comprendere norme d’attuazione di dettaglio,fino alla redazione di manuali per gli inter-venti sul costruito, per gli interventi sul terre-no e per il rispetto delle tipologie edilizie tra-dizionali in ambiti paesistici così caratterizzati;

– a mente delle normative, dovrebbe essere ilPiano di Coordinamento Provinciale ad assu-mere valenza paesistica, ma il riordino dei vin-coli e le zonizzazioni possono travalicare il con-fine provinciale: per queste definizioni, la sededovrebbe essere quindi, meglio, uno stru-mento-quadro regionale. Ogni Regione do-vrebbe comunque individuare sulla base dellasua storia il rapporto fra Piano Territoriale Re-gionale, Piani di Coordinamento Provinciali,Piani Regolatori Comunali: quel che conta èche tutti questi livelli di pianificazione dovreb-bero rispettare il fine della salvaguardia delterritorio e del paesaggio.

c) le procedure approvative del Piano, che dovrannocomprendere il parere dell’Amministrazione dei Be-ni Culturali (l’”intesa” prevista dall’art.57 delD.L.112/98).

3.3 L’attuazione e gestione del Piano.Nella sede della revisione della legge Galasso, op-

pure di una “Intesa quadro con le Regioni sulla gestio-ne della Galasso”, occorrerebbe sancire: a) le condizioni perché si possano approvare “varian-

ti” alle previsioni di Piano. Ove, come detto sopra,il piano stesso abbia natura “vincolistica”, tali va-rianti non dovrebbero incidere sui “giudizi di valo-re” attribuiti alle singole zonizzazioni e quindi suivincoli;

186

Page 187: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

187

b) l’attuazione del Piano Paesistico attraverso i PianiRegolatori Comunali3, i quali dovrebbero affronta-re durante il percorso della loro elaborazione deimomenti di verifica sull’impatto visivo di quanto sista valutando di rendere eseguibile (o anche di ri-sanare), sulla base di progetti planovolumetrici;

c) le modalità delle subdeleghe agli Enti locali da par-te delle Regioni della gestione della tutela paesisti-ca: esse dovrebbero sussistere solo in presenza dipianificazione paesistica approvata, di indirizzi ditutela paesistica sanciti e precisati e di uffici tecnicidegli Enti locali sufficientemente dotati di persona-le qualificato ed a ciò preparato. Le disposizioni rin-novate in materia dovrebbe avere valore retroattivo;

d) l’obbligo al reale e concreto controllo ed indirizzoda parte delle Regioni delegate sull’operato degliEnti locali subdelegati;

e) l’espressione di parere delle Soprintendenze suiPiani Regolatori Comunali e sui piani attuativi, pre-feribilmente in sede di concerto con le Regioni e leProvince (e non solo all’interno dei Comitati Tecni-ci Urbanistici Regionali o Provinciali dove il votodella Soprintendenza conta solo x 14, od addirittu-ra in alcune regioni non conta neppure).

4) Riordino delle competenze fra i diversi livelli isti-tuzionali Nella stessa sede della revisione della legge Galas-

so, oppure di una “Intesa quadro con le Regioni sulla ge-stione della Galasso”, si dovrebbe precisare “come va afinire” il processo pianificatorio, attraverso un riordinodelle competenze come attualmente distribuite: – ove il Piano Paesistico sia buono ed approvato dal-

l’Amministrazione dei Beni ed ove ci siano le ne-cessarie garanzie per la sua gestione corretta (pun-to 3.3), potrà essere delegato alle Regioni anche ilcontrollo “puntuale” oggi attuato dal Ministeroper i Beni e le Attività Culturali attraverso le So-printendenze;

– la delega totale alle Regioni dovrà cioè avvenire inmaniera differenziata, via via che esse avranno ela-borato i Piani Paesistici secondo i criteri stabiliti e sisiano dotate delle normative atte alla gestione cor-retta del piano;

– potrebbero conservarsi momenti di verifica con-giunta, attraverso “conferenze” Regione-Soprin-tendenza periodiche appositamente istituite;

– Il Ministero dovrebbe anche poter disporre di fon-di per attuare progetti di risanamento o recuperoambientale di aree degradate o abbandonate conelevati valori storici e paesistici.

5) Fondi per il risanamento e recupero paesisticoIl Documento diramato dall’Ufficio Centrale il 30 giu-

gno configura una sorta di tassa “sulla bellezza”, che ver-

rebbe a formare un fondo da gestire a livello centrale sen-za rapporto con le aree di derivazione di tali somme. Miaopinione è che, essendo il vincolo perlopiù vissuto comeun gravame, questa tassa sarebbe non operabile perchéestremamente impopolare, a meno che non venisse con-cepita chiaramente proporzionata alla redditività dell’operae finalizzata con immediatezza ed evidenza al recuperoambientale, evidenza che si può garantire solo ove le ope-re di recupero vengano attuate nella stessa area territoriale(comune, o almeno provincia) da cui la tassa è tratta. Seproprio si vuole seguire questa strada, sulla quale nonposso non esprimere perplessità, si potrebbe studiare,cioè, un sistema affine agli oneri di concessione (anche sequesto fondo non è pensato gestito dai Comuni), oppu-re si potrebbero condizionare certe autorizzazioni alla rea-lizzazione di opere di risanamento e valorizzazione paesi-stica di aree o strutture pubbliche o comuni.

Occorrerà immaginare un sistema di incentivi per ilrecupero paesistico e, soprattutto, per la cura dell’am-biente (ad esempio, ripagare gli agricoltori per opere oculture finalizzate alla conservazione, valorizzazione, ri-presa di coltivazioni, ecc.): a tal fine, occorrerebbe si-stematizzare i contributi di derivazione europea che giàoggi vengono erogati dalle Regioni. Nelle varie com-missioni si è molto sentito parlare della necessità di re-cupero del paesaggio di territori compromessi. Secon-do me bisognerebbe, oltre che pensare al paesaggio deiterritori guastati dalle opere abusive, avere attenzione al-le aree montane ed agricole degradate per abbandono,dove un intervento di recupero ambientale potrebbe ri-costituire l’economia del luogo, richiamando lavoro edabitanti. Non porrei come prioritarie le aree degradatedall’abusivismo, anche perché bisognerebbe che l’in-tervento di recupero creasse o favorisse attività lavora-tive stabili, non solo quelle connesse col cantiere.

Infine, occorre orientare verso la qualità delle ope-re ed il recupero ambientale le ingenti somme che ven-gono spese da vari soggetti pubblici sul territorio, at-traverso un rapporto autorevole del Ministero per i Be-ni e le Attività Culturali con le altre Amministrazioni eSoggetti centrali.

6) La formazione dei tecnici Concordo appieno con quanto detto dal Cons. Se-

verini, circa i margini di valutazione discrezionale che co-munque resterebbero nella gestione della tutela a livel-lo puntuale, anche in presenza di piano paesistico pre-scrittivo corredato da dettagliate norme attuative. Allo-ra, occorre che tutti siano sensibilizzati e professiona-lizzati nella tutela paesistica: i tecnici comunali, i mem-bri “esperti” che integrano le Commissioni edilizie neicasi di subdelega, i professionisti5 … A mente dell’e-sperienza pluridecennale maturata, l’AmministrazioneCentrale del Ministero e le Soprintendenze dovrebberolavorare con le Regioni a questo fine.

Page 188: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

7) Senso della riformaa) Le proposte sopra esposte sono finalizzate:

– alla miglior qualità della tutela del paesaggioitaliano,

– ad un migliore, più certo ed agile rapportodel cittadino con la Pubblica Amministrazione,

– ad un miglior rapporto fra i vari livelli istitu-zionali.

b) Sarebbe così salvaguardato e messo a disposizionedell’interesse pubblico quel patrimonio di espe-rienza maturato nelle Soprintendenze a motivo del-le loro competenze istituzionali, di “saper leggere”il paesaggio (in senso storico, vedutistico, estetico,di qualità …) e di curarsi della tutela del patrimo-nio storico territoriale (che è competenza esclusivadelle Soprintendenze), mettendole in condizioni difare quello che per la loro specializzazione tecnicasanno fare meglio, – collaborando cioè alla pianificazione della qua-

lità del paesaggio– collaborando con le Regioni nelle attività di

sensibilizzazione e formazione– progettando o valutando progetti di risana-

mento o recupero ambientale – valutando insieme con le Regioni, ma con un

ruolo definito ed autorevole i piani attuativi edi P.R.G., preferibilmente – come sopra detto –in corso di stesura, per la valutazione dell’im-patto paesistico di quanto da essi previsto rea-lizzabile.

8) Le struttureTutto quanto sopra esposto implica un grosso sfor-

zo normativo ed economico: in relazione alle Soprin-tendenze con organici inadeguati, occorrerà rinforzar-ne le strutture ed accrescerne i mezzi.

NOTE

1 Del resto, così è inteso nella pianificazione paesistica ligure.2 Sviluppando cioè i criteri fondativi sui quali venne elaborato il

P.T.C.P. ligure. Ricordo che il Piano Territoriale di Coordinamento Pae-sistico della Liguria: – è in vigore in scala al 25.000– è stato adottato alla fine del 1986 ed approvato nel 1990– è stato elaborato sulla “carta dei vincoli”, su cartografie de-

scrittive, sulla base di studi approfonditi storici, vegetazionali,geomorfologici, ecc. per quanto era possibile in quegli anni econ i tempi definiti dalla L. 431

– individua per l’intero territorio regionale, attraverso perimetrazionial 25.000, le aree sottoposte a differenziati gradi di tutela

– comprende il “livello territoriale” e quello “locale”. Si deve de-finitivamente attuare nel “livello puntuale”, che le norme pre-vedono venga definito dal Piano Regolatore Comunale con va-lenza paesistica: attualmente, solo pochi Comuni hanno a tal fi-ne variato i vigenti P.R.G.In sostanza, anche se certamente il P.T.C.P. ligure è da migliorare

apportandovi le variazioni che si verificano indispensabili dopo 14 an-ni di gestione (soprattutto per introdurvi previsioni di “recupero am-bientale”), i suoi criteri fondativi appaiono validi e, penso, estensibilicome “modello” a livello nazionale.

3 Come è previsto nel P.T.C.P. ligure.4 In Liguria il Soprintendente o suo delegato è stato inserito con

diritto di voto in tali Comitati fin dal settembre 1994 da leggi regionali.5 La Soprintendenza ligure è già molto impegnata in attività di

“formazione”: è infatti in corso di formalizzazione un’Intesa con la Re-gione anche a tal fine indirizzata, sono stati elaborati documenti“congiunti” con la Regione per la precisazione di alcune norme at-tuative del P.T.C.P., sono stati negli anni scorsi attuati ed anche ora so-no programmati incontri con Regione, Province, Ordini professionaliper concordare attività formative e per la messa a punto di manualisulla falsariga di quelli francesi.

188

Page 189: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

189

Tre principi

L’evoluzione legislativa che si è sviluppata dal 1939 aoggi e il dibattito culturale che l’ha accompagnata (dallalegge Bottai alla legge Galasso, dalla Commissione Fran-ceschini alla Commissione Papaldo, …), e le esperienzecondotte nel nostro Paese (negli aspetti positivi come inquelli negativi) conducono a porre come decisivi e centralitre principi, tra loro non dissociabili, che devono presiedereall’azione di tutela del paesaggio e dei beni culturali:1. i beni cultuali e ambientali, e il paesaggio che ne co-

stituisce la sintesi territoriale, sono patrimonio ina-lienabile nella collettività nazionale: quindi la loroindividuazione e tutela sono competenza primariadello Stato;

2. l’azione di vincolo è indispensabile per garantire lasalvaguardia dei beni e il loro godimento da partedelle generazioni presenti e future; essa è perciòcompito che lo Stato è tenuto a esercitare anche invia presuntiva;

3. la pianificazione territoriale e urbana deve costitui-re il metodo e l’insieme di strumenti capace di con-ferire piena efficacia alla tutela dei beni culturali eambientali, di raggiungere la sintesi nel complessodelle esigenze attinenti l’uso del territorio, da ot-tenere il concorso di tutti gli interessi (generali e lo-cali) coinvolti.

L’appartenenza nazionale

È l’insieme dei beni culturali e naturali, compresi nelloro processo di formazione storica, che costituisce il fon-damento dell’identità culturale della nazione. Quei beniperciò non sono attribuibili alla piena ed esclusiva dispo-nibilità di istituzioni che rappresentano soltanto parti di ta-le collettività. Di tali istituzioni, e delle comunità che esserappresentano, è indispensabile garantire il concorso, madeve essere chiaro a chi appartiene la responsabilità del-la decisione finale, in ogni procedura di concorso.

Del resto, nell’esperienza dell’ultimo mezzo secolo,è dimostrato che – nonostante gli errori e le inefficien-ze dimostrate dall’azione statale – le responsabilità piùgravi e le negligenze più devastanti devono essere at-tribuite, nella grande maggioranza delle situazioni ter-ritoriali, alle azioni locali.

L’auspicabile progredire del processo di integrazio-ne europea può consentire di far evolvere l’attribuzionedelle competenze verso il livello sovranazionale, nella mi-sura in cu si manifesta la presa di coscienza di una iden-tità culturale dell’Europa, e quindi di una responsabilitàcomunitaria nella tutela dei patrimoni che di tale iden-tità costituiscono il fondamento.

Utilità del vincolo

Vincolare un bene non risolve certo tutti i proble-mi della sua conservazione e del suo godimento. È tut-tavia indispensabile per garantirne la sussistenza, cioè labase materiale di ogni possibile fruizione. In tal senso èindispensabile rivendicare la piena legittimità dell’azio-ne di vincolo finché lo svilupparsi dei processi di anali-si, di definizione dei modi di godimento e di conserva-zione, di attribuzione patrimoniale non abbiano garan-tito tutte le condizioni necessarie.

In tal senso va pienamente recuperata la proposta,avanzata dalla seconda Commissione Papaldo, tendentea far sì che taluni beni culturali fossero dichiarati tali dal-la legge ed altri, descritti dalla stessa legge, fossero “be-ni culturali presunti” e come tali assoggettati “al regimedei beni culturali dichiarato proprio della loro categoria”,finché non sia emessa una “dichiarazione negativa”.

La pianificazione

La più matura evoluzione culturale induce a consi-derare la pianificazione territoriale e urbana come ilmetodo generale che le istituzioni pubbliche elettive

Polis Associazione Culturale

Edoardo Salzano

Note per la riunione della Consulta per il Paesaggio del 3 maggio 1999

Page 190: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

adottano, a qualunque livello territoriale (nazionale, re-gionale, provinciale, comunale) per conferire coerenzae trasparenza a tutte le scelte suscettibili di modificarel’assetto del territorio. Nel campo della tutela dei beniculturali è dalla legge Bottai che tale consapevolezzaemerge, e trova la più compiuta (finora) espressionenella legge Galasso.

Ciò non significa chiudere gli occhi di fronte allarealtà e dimenticare che in molte circostanze i piani re-golatori comunali, e gli stessi piani presentati come ispi-rati da “specifica considerazione dei valori paesistici eambientali”, abbiano avallato, o addirittura promosso,azioni di distruzione dei beni culturali e ambientali e dimanomissione irreparabile di paesaggi di rilevante inte-resse. Significa invece assumere la pianificazione terri-toriale e urbana, a tutti i livelli, come il luogo, e l’insie-me degli strumenti, che può consentire di portare a sin-tesi le diverse esigenze concernenti le trasformazionidel territorio, di comporre in un unico quadro di deci-sioni gli interessi e le azioni dei diversi soggetti pubbli-ci coinvolti nel processo di trasformazione, di ottenereil consenso necessario per dare efficacia e continuità al-l’azione di tutela.

La concorrenza dei poteri e l’istituto della “intesa”

Rivendicare il ruolo della pianificazione come luo-go della sintesi tra esigenze e interessi attinenti diversilivelli di responsabilità e di governo significa metterel’accento su tre aspetti.

In primo luogo, il criterio da assumere per distin-guere le responsabilità coinvolte. Tale criterio non puòessere assunto che nel principio di sussidiarietà corret-tamente inteso (secondo lo statuto europeo).

In secondo luogo, l’esigenza (e la responsabilità)della concorrenza dei poteri nell’azione di tutela. Se la

responsabilità primaria spetta allo Stato, i livelli di go-verno regionale e locale sono certamente legittimati aconcorrere con esso nell’azione di individuazione, defi-nizione, tutela.

In terzo luogo, e conseguentemente, l’istituto del-la intesa tra poteri concorrenti come fonte di legittima-zione complessiva delle decisioni da ciascuno di essi as-sunte. È opportuno a tale proposito indicare un recen-te testo normativo che può costituire, se esteso al di làdel suo specifico contesto, un modello sulla cui base af-frontare compiutamente la questione.

Un modello per le “intese”

Si tratta del testo dell’art. 57 del decreto legislati-vo 112/1998 (il cosiddetto Bassanini bis).

“La Regione, con legge regionale, prevede che ilpiano territoriale di coordinamento provinciale di cuiall’articolo 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, assu-ma il valore e gli effetti dei piani di tutela nei settori del-la protezione della natura, della tutela dell’ambiente,delle acque e della difesa del suolo e della tutela dellebellezze naturali, sempreché la definizione delle relati-ve disposizioni avvenga nella forma di intese tra la pro-vincia e le amministrazioni, anche statali, competenti”.

È un modello, del resto, che è già stato più volte pro-posto e applicato in concrete esperienze di governo del ter-ritorio. Esso può dar luogo a utili semplificazioni e snelli-menti delle procedure. Così ad esempio (e in particolare)negli strumenti di pianificazione formati attraverso tali“intese” potrebbe essere stabilito se e per quali “ogget-ti” sia ancora necessaria l’acquisizione del provvedimen-to abilitativo dell’autorità statale (nullaosta o simili), e perquali “oggetti” invece i provvedimenti abilitativi dell’au-torità locale, verificandone la conformità agli strumenti dipianificazione, assolvano anche alla finalità di tutela.

190

Page 191: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

191

È difficile immaginare una fase di transizione e dicrisi altrettanto complessa come è l’attuale per quel checoncerne il governo del territorio e la tutela del pae-saggio. Molteplici sono i fattori determinanti lo stato diincertezza che, pur in presenza di un vivacissimo dibat-tito scientifico, culturale e politico, caratterizza i processivalutativi e decisionali su quei temi: si va dalle contrap-posizioni apparentemente solo terminologiche alla reim-postazione critica di discipline come l’urbanistica e la pia-nificazione, dalla ridefinizione degli obiettivi e dei con-tenuti della tutela alla riorganizzazione dei sistemi isti-tuzionali di decisione e di controllo.

È vero comunque che le fasi di trasformazione, an-che se tumultuosa, costituiscono premessa necessaria disuccessivi stati di equilibrio maggiormente aderenti, neidiversi ambiti, ai bisogni delle società in cui si determi-nano. Ne deriva l’auspicio che si raggiunga, in tempi nonlunghi, la conciliazione tra le ragioni dello sviluppo equelle della conservazione dei valori, poste sinora inrapporti quasi sempre conflittuali.

I valori, i bisogni

La tutela del paesaggio (inteso nell’accezione to-talizzante e non in quella dicotomica di aspetto visibiledella struttura fisica del territorio, cioè dell’ambiente)rientra nel più vasto tema dell’uso di risorse scarse in unsistema complesso e dinamico; per esso non si può par-lare di conservazione dello status quo ma di valutazio-ne delle trasformazioni compatibili con la conservazio-ne dei valori esplicitati dalla collettività, della quale co-stituiscono il patrimonio. La trasmissibilità dei valori al-le generazioni future segna il limite dello sviluppo so-stenibile (sviluppo che soddisfa i bisogni e le aspirazio-ni della presente generazione senza compromettere lapossibilità per le future generazioni di soddisfare i pro-pri bisogni).

Rispetto alla chiarezza dell’assunto generale appare

molto più complessa e perfino confusa la trasposizionesul piano delle scelte, essenzialmente perché risultaestremamente difficoltoso strutturare un metodo con-diviso di valutazione, secondo un approccio consen-suale, che comporti l’equa ripartizione di costi e bene-fici tra i diversi gruppi. Ciò sia a causa della imperfettalegittimazione dei soggetti investiti della decisione sia,essenzialmente, del conflitto (o della non coincidenza)nello spazio, tra interessi locali e globali e, nel tempo, tratempi brevi e tempi transgenerazionali. A chiunque si oc-cupi di questioni ambientali risulta evidente la discrasiatra consenso “prossimo” e consenso “remoto” alle scel-te sul paesaggio, tanto più condivise, anche nelle for-mulazioni più vincolanti, quanto meno incidono nel-l’ambito ristretto della soggettività dei gruppo o degli in-dividui. La soglia che stabilisce il limite della disponibi-lità a modificare i comportamenti in ragione delle scel-te ambientali è molto variabile, a seconda dell’imme-diatezza, reale o presunta, del ritorno di beneficio. Il ri-tardo con cui lo strumento del piano (sia esso inteso co-me piano-testo che come piano-processo o in qualsiasialtra accezione la cultura urbanistica lo voglia intende-re) è stato approntato è da imputare soprattutto alle dif-ficoltà di conciliare il consenso con le scelte selettive (orestrittive) sull’uso del suolo che il piano impone.

Da ciò la necessità di stabilire il minimo comun de-nominatore del valore da tutelare, che sia generalmen-te condiviso, e di conferire il massimo della legittima-zione ai soggetti individuati per la tutela. Da ciò, anche,la necessità di ridefinire i rapporti tra tali soggetti, anchealla luce di un bilancio ultradecennale.

I Soggetti istituzionali e gli strumentiSembra innegabile il fatto che il Ministero per i Be-

ni e le Attività Culturali stia affrontando negli ultimitempi con maggior determinazione e cognizione di cau-sa le problematiche connesse all’amministrazione dellatutela ambientale e paesaggistica, ponendosi come in-terlocutore autorevole nel dibattito scientifico sul te-

Antonia Pasqua RecchiaUfficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Paesaggio e sviluppo, antinomie componibili*

Page 192: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

192

ma. Soltanto poco più di quattro anni orsono, in occa-sione di un importante convegno sul tema del “Pae-saggio”, I’Istituzione deputata alla sua tutela risultava in-vece clamorosamente assente. Oggi non è così, ma l’in-dubbia maggiore visibilità raggiunta non deve trarre ininganno circa la facilità di semplificare e risolvere tutti inodi problematici che si sono via via accumulati neltempo.

È opinione diffusa che le difficoltà di attuare in Ita-lia una efficace politica di tutela ambientale e paesag-gistica siano dipese anzitutto dalla riduttiva imposta-zione estetico-formale dell’azione di tutela, fondata sugiudizi di valore che privilegiavano l’emergenza, la “sin-golarità”, la “bellezza”, in secondo luogo dal “mostroburocratico” centralizzato che ha ostacolato o addirit-tura impedito il riconoscimento del ruolo positivo svol-to dall’approccio “localistico” al problema della tutelastessa.

La realtà sembrerebbe dimostrare altrimenti.È senz’altro vero che nel nostro Paese hanno sten-

tato ad affermarsi concetti totalizzanti come l’ecologiadel paesaggio, nei quali l’approccio olistico è la pre-messa per stabilire, in un crescendo di ampliamenti edintegrazioni, una sorta di “primato” terminologico, pae-saggio come sistema di ecosistemi, in cui sono ricom-prese tutte le altre accezioni (ambiente, territorio, ecc.).Ma è pur vero che sin dal 1984-85 è maturata, anche alivello di normativa, la concezione della tutela estesa acomplessi strutturali, il cui valore è nella loro stessa fun-zione strutturante, piuttosto che limitata ad oggetti di-chiarati ed individuati nella loro singolarità.

La perfetta adeguatezza rispetto ai tempi delle tra-sformazioni istituzionali e delle maturazioni disciplinariè stata allora dimostrata anche nel’individuazione dellemodalità di attuazione: la legge 431 infatti aveva cor-rettamente indicato, in conformità alla legislazione vi-gente, nella Pianificazione paesistica regionale lo stru-mento principe di quella vera ed efficace politica di tu-tela che si voleva realizzare.

Le difficoltà insorte nell’attuazione del complesso si-stema di regole allora introdotto sono quindi da impu-tare più a fattori connessi alla formazione del consensoche non ad un generico ritardo della cultura “del pae-saggio” (o dell’ambiente).

Analizzare il paesaggio, identificarne i valori (valu-tarlo), valutarne la compatibilità delle trasformazioniproposte: pur volendo circoscrivere tali operazioni ad unambito di applicazione limitato (escludendo l’accezioneolistica del termine, propria dell’approccio ecologico), lasfida posta nel 1985 agli organi istituzionali era assai im-pegnativa, ma anche assai stimolante e coinvolgente.

Non si può dire che la sfida sia stata vinta e che sisiano raggiunti gli obiettivi di trasporre nelle scelte di tra-sformazione quella cultura del paesaggio che si è det-to essere già allora pienamente matura.

Ritardi ed errori si sono avuti per entrambi i sog-getti: a livello di Regioni ed Enti locali per quanto ri-guarda gli adempimenti, a livello di Amministrazione sta-tale per quanto riguarda le carenze organizzative.

L’obiettivo fondamentale, quello di dotarsi in tem-po reale (rispetto alle grandezze in gioco) di una effica-ce pianificazione paesistica, è stato mancato nella mag-gior parte dei casi: anche quando ci sono, è difficileche i Piani siano strutturati in modo tale da costituire unquadro di riferimenti certi entro cui collocare le valuta-zioni degli interventi. A volte è l’incongruenza della sca-la, a volte è la genericità delle analisi e delle valutazio-ni del paesaggio, quasi sempre è l’assenza di elementipropositivi ai fini della progettazione, che vadano ad ar-ricchire ed integrare il quadro delle prescrizioni e dei di-nieghi.

Di più, la delega della valutazione di compatibilitàdegli interventi che quasi tutte le regioni hanno adottatoa favore delle province e persino dei comuni ha prodottoeffetti assai contraddittori e spesso nefasti per la tute-la, in ragione del conflitto tra consenso remoto alla con-divisione dei valori e dissenso prossimo alla limitazionedelle scelte.

Se è indubbiamente riscontrabile una crescentedomanda di identità dei gruppi, (integrativa ma, si ri-tiene, non sostitutiva della domanda di identità nazio-nale), e se è altrettanto indubbio che essa si sostanzianella riscoperta del patrimonio culturale “prossimo” enella enunciata difesa e protezione del patrimonio am-bientale-paesaggistico “prossimo”, non si può negarel’effetto deleterio della enfatizzazione del carattere sem-pre e comunque positivo delle scelte regionalistiche o lo-calistiche in tema di tutela, a detrimento delle scelte cen-trali che avrebbero un carattere sempre e comunque ne-gativo.

Il “regionalismo” come riconoscimento e valoriz-zazione dell’interdipendenza dei fattori culturali e na-turali delle diverse aree non può delegittimare, sia pu-re implicitamente, il soggetto centrale deputato alla tu-tela di quei valori che la collettività nel suo insieme, enon solo quella locale, ha individuato in quella stessa in-terdipendenza, e, ancor più, in quegli stessi fattori cul-turali e naturali.

Percorrendo questa strada si potrebbe incorrere inun certo strabismo intellettuale, come quello che addi-rittura attribuisce ad una coscienza ecologica ante lit-teram il complesso delle rivendicazioni e delle lotte chele comunità hanno combattuto lungo tutta l’Età mo-derna per la conservazione degli usi civici sia sulle terredemaniali che su quelle feudali e private.

La sfida sul paesaggio non può dirsi però nemme-no vinta dai soggetti statali indicati nella norma come“ultima spiaggia” della tutela.

Nel Ministero per i Beni e le Attività culturali lescelte di accentrare i poteri della tutela, a qualsiasi sca-

Page 193: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

193

la si esercitassero (dal comignolo all’autostrada) furonofatte, nel 1985, nel contesto di un dibattito culturale sul-la allora recentissima legge 431, nel corso del quale simetteva in luce, da parte di alcuni, la necessità di attri-buire invece agli organi periferici del Ministero stesso, leSoprintendenze, autonomia decisionale. La valutazionedi compatibilità delle trasformazioni che qualsiasi inter-vento induce nei beni paesaggistici si sarebbe dovutaistruire e concludere, almeno per alcune categorie di in-terventi, nella Soprintendenza, allo stesso modo in cuiall’autonomia decisionale dei Soprintendenti era ed èdemandata la valutazione sulla compatibilità delle tra-sformazioni sui beni culturali.

Allora prevalsero scelte organizzative che privile-giarono la componente amministrativa nella gestionedella tutela, proprio da parte dell’Ufficio Centrale cheavrebbe dovuto, più di ogni altro organo del Ministero,valorizzare i contenuti tecnico-culturali di quella stessaattività.

All’obiettiva condizione di frustrazione che ne èderivata a livello periferico, accentuata dalla sempremaggiore inadeguatezza di strumenti e di mezzi, spes-so si è reagito con una sorta di declassamento delle at-tività di tutela ambientale svolte nelle Soprintendenze ri-spetto a quelle più gratificanti della tutela e degli inter-venti sul patrimonio culturale. D’altro canto l’ingorgofunzionale ed operativo che si è ben presto determina-to a livello centrale ha prodotto una contestuale e sem-pre più accentuata inadempienza dell’Amministrazione,manifestatasi in modi e circostanze diverse: mancato ri-spetto dei tempi per l’emissione dei pareri, frequente as-senza nelle sedi decisionali intersettoriali (come le Com-missioni di Valutazione di Impatto Ambientale), opa-cità mostrata nei confronti del cittadino, sia in quantoesercente un diritto sia come osservante un dovere.

Ne è derivata una progressiva perdita di credibilitàda parte dell’Amministrazione, sia pure in un contestoin cui l’applicazione delle due leggi di tutela paesaggi-stica (legge 1497/1939 e legge 431/1985) ha comunquecostituito l’unica possibilità di conservazione di quei va-lori la cui persistenza avrebbe pur dovuto essere, per gliEnti locali, obiettivo irrinunciabile e prioritario nel go-verno del territorio. In una sorta di infausto circolo la len-ta, anche se informale, estromissione dai centri decisio-nali ed un certo logorio dell’immagine, hanno favoritol’instaurarsi, nell’Amministrazione ed in particolare nel-le Soprintendenze, di una sindrome da accerchiamento,che ha rafforzato ancor più i rigidi connotati denegan-ti dell’azione di tutela (di cui l’annullamento delle au-torizzazioni regionali o locali costituisce l’atto più em-blematico).

La “cultura del paesaggio” come sistema com-plesso diventa sempre più estranea agli operatori dellatutela che, essendo prevalentemente architetti, do-vrebbero invece avere insiti nella loro storia formativa,

per così dire nel loro codice genetico professionale, iprincipi della complessità, dell’integrazione, dell’inter-settorialità, della processualità. Una sorta di pervicaceautodisistima permette l’affermazione del principio ri-duttivo di una valutazione strettamente confinata al-l’ambito visivo-percettivo delle componenti del paesag-gio, anzi, ancor più limitatamente, ai famosi “coni vi-suali”.

Complessivamente si può parlare di una sconfitta.

La riorganizzazione della tutelaL’istituzione dell’Ufficio Centrale per i Beni Am-

bientali e Paesaggistici nel dicembre 1994, attivo dal giu-gno 1995, nel contesto storico-politico-culturale cui si èaccennato, costituisce però un segnale importante: è lariaffermazione di quanto lo Stato ritenga importanteconservare i valori del paesaggio all’interno dei proces-si di trasformazione del territorio; è la riproposizione del-la difesa del diritto collettivo al paesaggio lato sensu neiconfronti degli interessi legittimi settoriali e locali a rea-lizzare interventi nel paesaggio stesso; è infine, per loStato, la ricostituzione, notevolmente rafforzata, dellachance di operare con efficienza ed efficacia che si erapersa nel corso di dieci anni.

L’ampio decentramento realizzato a livello orga-nizzativo nell’esercizio della tutela connota l’azione del-l’Ufficio Centrale in senso radicale: si riconoscono e va-lorizzano le competenze tecniche delle Soprintendenze,se ne sollecita l’autonomia decisionale, anche in rap-porto al ruolo preponderante che si attribuisce alla co-noscenza del paesaggio, conoscenza che è patrimonioprimo dell’organo periferico.

Tutta l’attività amministrativa viene semplificata, sirafforzano le strutture logistiche e si realizzano complessiprogetti di informatizzazione, al centro e in periferia, conl’obiettivo di recuperare efficienza ed efficacia all’azio-ne di tutela, mediante il rispetto dei tempi certi, inveroassai ridotti rispetto a prima, e la massima trasparenzarispetto ai cittadini e alle altre istituzioni.

Si investono risorse per la realizzazione di uno deipiù complessi e completi sistemi informativi territoriali fi-nalizzato alla conoscenza del paesaggio, dei suoi valo-ri, delle sue vulnerabilità, dei suoi vincoli, delle sue su-scettività, delle sue compatibilità.

Si recupera credibilità presso le altre istituzioni epresso i cittadini.

Si impostano infine i problemi di coordinamento edi indirizzo a livello nazionale della tutela ambientale,con la consequenziale necessità di pervenire alla defini-zione di criteri metodologici cui uniformare l’attività de-gli organi periferici, pur nel rispetto delle rispettive spe-cificità territoriali, mai tanto cogenti come in questosettore.

È proprio in questa fase di primo bilancio, decisa-mente positivo, che si focalizzano i temi di riflessione per

Page 194: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

un’ancora più efficace azione di tutela, i cui riferimentiterminologici sono quelli della negoziazione e della con-sensualità, del bilancio ecologico-economico, della com-patibilità tra la scala delle regole e quella delle trasfor-mazioni proposte.

La negoziazione preventiva si conferma sempre piùcome strumento anche economicamente vantaggioso perpervenire alla valutazione consensuale: il potere dene-gante proprio dello Stato, che annulla decisioni già presein altre sedi, se in molti casi ha indubbiamente impeditoche si continuassero a perpetrare scempi nel paesaggio haanche mostrato tutti i limiti di una barriera a valle, sia peri riflessi dannosi sul corretto rapporto tra i diversi livelli del-l’Amministrazione che concorrono alla realizzazione del-lo stesso obiettivo (tutelare il paesaggio), sia per l’impos-sibilità di applicarsi a tutte le autorizzazioni che ne abbi-sognerebbero, con la nefasta conseguenza di introdurreuna disparità di trattamento, fonte prima di contenzioso.Nel ritenere comunque valida una ripartizione di compe-tenze tra Stato e Regioni, a fronte dei tanti progetti di tra-sformazione tra cui, non ultimo, quello della istituzione diuna Autorità unica per il “governo del territorio”, si sot-tolinea tuttavia la necessità di istituzionalizzare il momen-to di confronto prima della valutazione definitiva.

Il tema del bilancio ecologico-economico è analo-gamente di importanza fondamentale, soprattutto nelcaso della valutazione dei grandi interventi. La doppia at-tribuzione fa riferimento alla onnicomprensività che, al-ternativamente, viene rivendicata a ciascuno dei duetermini. Se si intende il paesaggio come complesso diecosistemi, in una prospettiva temporale molto lunga,il bilancio ecologico assomma in sé, alla fine, anche levalenze economiche. Se si intendono come valori delpaesaggio non solo quelli connessi alla mediazione cul-turale dell’uomo - come la memoria dei luoghi, o i se-

gni dell’antropizzazione, o la rappresentazione di esso-, bensì anche quelli connessi all’uso di esso come ri-sorsa, il bilancio economico comprende anche quelloecologico. In qualunque modo la si voglia intendere, siritiene che la valutazione della compatibilità debba es-sere effettuata considerando l’intervento proposto co-me uno degli elementi, non l’unico. Altri elementi daconsiderare sono le misure compensative e la stessa as-senza di intervento; anch’essa infatti induce trasforma-zioni in un contesto diacronico tipico di un sistema com-plesso come il paesaggio.

Il tema della compatibilità della scala si pone infinenon appena si voglia verificare I’efficacia della strumen-tazione della tutela, come sta succedendo per la Pianifi-cazione paesistica. Il problema è di importanza fonda-mentale, come sa chiunque abbia effettuato valutazionidi compatibililtà: lo scollamento che si è spesso sottoli-neato tra il Piano e la valutazione, da cui deriva la lettu-ra solo vincolistica del Piano stesso (vincolo come nega-zione di uso, non come proposta di uso compatibile) è de-terminato anche dalla non corrispondenza dei parametriscalari del Piano con quelli dell’intervento. Forse non è az-zardato affermare che mentre le macrotrasformazioni sipossono governare con il Piano, le microtrasformazioni,la cui individualità e densità assai spesso disorienta il va-lutatore, si possono governare solo con il progetto.

Nell’uno come nell’altro caso è di importanza cru-ciale il poter disporre di tutti i più avanzati strumenti co-noscitivi, in particolare di sistemi informativi territoriali.

NOTE

* La maggior parte di queste considerazioni sono state pubblicate suEconomia della Cultura, 1997, anno VII, n 2, con il titolo: Il metodo con-diviso - Tutelare il paesaggio tra decentramento e regionalizzazione.

1. Organizzare un monitoraggio permanentesul paesaggio per la “Produzione di unrapporto triennale sullo stato del Paesaggio”

Il monitoraggio deve essere orientato verso le areemaggiormente “sensibili”:– da un punto di vista soggettivo: aree molto vulne-

rabili, con bassa capacità reattiva delle componen-ti e bassa capacità di assorbimento, visivo e non;

– da un punto di vista oggettivo: entità delle “pres-sioni” subite, determinata dal numero e dal tipo de-gli interventi che vi si collocano.Il progetto potrebbe avviarsi mediante l’utilizzazione

di un sistema informativo territoriale nazionale, come èquello dell’Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Pae-saggistici, nel quale, dalle sedi periferiche, dovrebbe in-serirsi in tempo reale ogni informazione relativa alle ri-chieste di autorizzazione ad intervenire in aree vincolate.

* * *

Adeguare gli strumenti di conoscenza, indirizzo e valutazione Contributo all’elaborazione del documento preliminare della Sessione “Paesaggio e svilupposostenibile”

194

Page 195: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

195

Il rafforzamento di tale Sistema informativo è per-tanto essenziale. Si prevede in futuro una connessionein rete anche con gli Enti locali (con le Soprintendenzesarà attuata nei prossimi mesi).

La finalità di elaborare un “Rapporto triennale sullostato del paesaggio” è quella di disporre di uno strumen-to conoscitivo di supporto alle decisioni, in grado di orien-tare le scelte di politica del paesaggio, con riferimento a:– rimodulazione degli strumenti di tutela, dimostra-

tisi eventualmente inefficaci;– pressione per rimodulare i grandi interventi di tra-

sformazione del territorio e gli stessi programmi disviluppo settoriali, da cui la cadenza triennale delRapporto, coincidente con la cadenza temporaledella programmazione;

– definire i programmi di riqualificazione e restaurodel paesaggio.È necessario selezionare indicatori sia quantitativi (dal-

la pressione demografica, alla crescita del reddito, al numerodegli interventi, alla loro dimensione economica ecc.) siaqualitativo (tipologie di opere, tipologia dei soggetti, ecc.).

2. Promuovere la formazione di carte localidelle permanenze e delle vulnerabilità

Si tratta di avviare un sistema di “catalogazione dif-fusa” dei paesaggi, necessariamente demandata agli en-ti territoriali, ma con criteri e standard di rilevamento de-finiti univocamente.

L’individuazione delle permanenze, nell’ambito dei si-stemi di paesaggio, porta a definire parti o insiemi di elementinel P. tipologicamente riconoscibili e perimetrabili. Di taliparti è necessario definire “indici” di vulnerabilità, secondola capacità di reazione delle componenti alle trasformazioniindotte dalla realizzazione di certe tipologie di opere.

La carta della vulnerabilità dovrebbe costituire lostrumento principe per la valutazione preventiva, cioèper quella valutazione che, ormai è acclarato, si ritiene ne-cessario sostituire alla valutazione ex post, i cui caratterinegativi, almeno in certe formulazioni, sono ampiamen-te riconosciuti.

La carta della Vulnerabilità costituisce l’integrale del-la capacità di carico di quel paesaggio, della soglia limitedi compromissione.

Le carte delle Permanenze e delle Vulnerabilità co-stituiranno il più rilevante strato informativo del GIS sulpaesaggio italiano.

3. Estendere la valutazione preventiva e le verifiche successive

Si ritiene ormai improrogabile il riconoscimento, co-me unico strumento davvero efficace, del criterio della

concertazione preventiva tra i diversi soggetti che gover-nano il territorio, tutti legittimati istituzionalmente. Laconcertazione presuppone condivisione di scelte e valo-ri. La concertazione si rafforza con la misurazione conti-nua del grado di affidabilità delle decisioni prese di con-certo alla prova dei fatti (cioè delle realizzazioni).

È allora evidente, per l’Amministrazione in parti-colare, il ruolo della verifica, che riguarda la qualità de-gli esiti delle politiche, delle norme e delle scelte dei va-ri soggetti.

Lo strumento può essere quello del monitoraggiodi cui al punto 1, i cui dati vengano poi rapportati ai mo-menti decisionali già realizzati, ma che ne possono an-che venir modificati.

Quindi:Concertazione a livello dei piani – valutazione pre-

ventiva – verifica dei risultati.Il momento autorizzatorio puntuale è lasciato alle

autorità locali.

4. Potenziare la presa in carico del Paesaggionella Valutazione Ambientale Strategica(V.A.S.)

Si vuole porre l’accento sulla necessità di ricono-scere, nell’ambito del tema ambientale, il ruolo specia-le che hanno le componenti paesaggistiche, intese siacome risorse naturali, sia come risorse culturali. Ancorasi vuole sottolineare l’importanza che le risorse cultura-li in quanto tali, intese cioè nella loro accezione più co-mune di “patrimonio culturale”, rivestono nel contestodella definizione di uno “Stato dell’ambiente” che sia fi-nalizzato alla valutazione della sostenibilità dello svi-luppo che si intende perseguire nell’Unione (come risultaevidente dal Trattato di Amsterdam).

Il trattare le suddette componenti in maniera som-maria e tutto sommato quasi subalterna nell’ambitodella Valutazione Ambientale Strategica si ritiene chepossa produrre conseguenze piuttosto gravi sia sullaefficacia della procedura stessa sia, in via più generale,sulla stessa attuazione dei programmi di sviluppo.

Si ribadisce la necessità peraltro ormai general-mente acquisita, di “anticipare” le valutazioni al puntoda concertare le scelte che concernono il governo delterritorio e i programmi di sviluppo. D’altro canto cosìcome l’ambiente non si tutela soltanto, o principal-mente, con interventi di finanziamento diretti nel cam-po dell’ambiente, bensì integrando la tematica am-bientale in tutti i settori di investimento, così il paesag-gio, sia nella accezione naturalistico-ecologica che inquella antropico-culturale, non si tutela solo con inter-venti diretti, bensì con l’integrazione della sua dimen-sione specifica, accanto a quella ambientale, nei piani enei programmi di sviluppo.

Page 196: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

L’integrazione della componente paesaggistica nel“sistema ambiente” deve essere recepita e inserita a tut-ti i livelli delle linee guida.

All’interno della V.A.S dei piani e dei programmi disviluppo da finanziare con i fondi strutturali riveste in-fatti ruolo parallelo, integrante e non secondario agliaspetti specificamente ambientali e naturalistici tutela-ti dal Ministero dell’Ambiente, la valutazione degli aspet-ti paesaggistici legati alla conformazione naturale, sto-rico e culturale del territorio, e degli aspetti storico-ar-tistici, archeologici e architettonici specificamente tute-lati, in Italia, dal Ministero per i Beni e le Attività Cultu-rali con le competenze derivanti da diverse leggi(1497/39, 431/85, 349/1986, 1089/39).

Nel modello del partenariato, che è alla base del-la fase programmatoria dei Fondi strutturali, il ruolo del-le autorità ambientali, nazionali e regionali, “è di im-portanza cruciale per assicurare la conformità dellestrategie e degli interventi con gli indirizzi di politica am-bientale comunitaria, in un’ottica di promozione dellosviluppo sostenibile, nonché per garantire il rispettodella normativa in materia ambientale”. Il coinvolgi-mento, fin dalle primissime fasi di definizione dellestrategie settoriali di intervento, delle Autorità Am-bientali dovrà pertanto includere in stretto partenaria-to le Regioni e le Amministrazioni centrali competenti,ossia i due Ministeri che in Italia, con differenti ango-lazioni, hanno competenza sulla tutela ambientale, ilMinistero dell’Ambiente e il Ministero per i Beni e le At-tività Culturali.

Il riconoscimento del ruolo esclusivo al Ministerodell’Ambiente nella strutturazione dell’ “Autorità am-bientale” non può comportare la sottovalutazione dicompetenze, la dispersione di capacità professionali,l’esclusione di strutture preposte alle valutazioni di com-

patibilità paesaggistica del Ministero per i Beni e le At-tività Culturali e pertanto non solo istituzionalmentema anche culturalmente e naturalmente predisposte afornire tutti i più opportuni strumenti per la V.A.S. rela-tiva al paesaggio.

Fortunatamente con il Ministero dell’Ambiente si èdefinito un modello operativo nel quale il Ministero peri Beni e le Attività Culturali, con le sue strutture centra-li e periferiche, affianca le Autorità ambientali, regionalie nazionali, nel processo di supporto alle Autorità del-lo sviluppo nella preparazione dei piani e di valutazionedelle loro implicazioni, con evidente particolare riguar-do agli aspetti dell’ambiente che implicano la compati-bilità con la tutela paesaggistica, storica, archeologica earchitettonica dei programmi.

L’inserimento nella V.A.S. degli operatori suindica-ti evita la frammentarietà di valutazioni e controlli epermette una unitarietà di indirizzi a livello nazionale.

Gli strumenti e le metodologie previste per le pro-cedure di V.A.S., sia nella fase di valutazione ex ante, siaintermedia ed ex post, dovranno rendere effettiva ed ef-ficace l’integrazione della componente ambientale-pae-saggistica-culturale nelle politiche di settore e nella co-struzione dei Programmi Operativi Regionali, quale ele-mento fondamentale della sostenibilità dello sviluppo edel risanamento del contesto economico, sociale, am-bientale, paesaggistico e culturale dell’intero Mezzo-giorno. Tanto si riconosce e si conferma nel “Rapportodi Sintesi” sulla prima fase della programmazione dei FS,secondo cui “il Programmatore deve assicurare tutela emanutenzione (alle risorse naturali e culturali) non piùsolo in omaggio a esigenze generali di rispetto della bio-diversità, del paesaggio e delle testimonianze storiche,ma perché questo è essenziale, in contesti definiti, a ga-rantire il successo dell’azione di sviluppo”.

196

Page 197: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

197

Se il paesaggio archeologico costituisce uno deglielementi fondamentali di quello storico è pur vero cheil suo significato attuale è mutato con il progredire del-la scienza archeologica, è quindi quanto mai opportu-na una riflessione sulle problematiche di approccio cherichiedono il paesaggio con rovine, caro a tutti coloroche dell’archeologia conservano una visione romantica,le aree archeologiche statali ben differenziate dai par-chi archeologici ed i resti che emergono sia dopo igrandi lavori infrastrutturali che dopo gli scavi pro-grammati.

Paesaggio con rovine

Nel paesaggio con rovine risiede gran parte del fa-scino esercitato dal nostro paese, soprattutto nel XVIII eXIX secolo.

La formazione di generazioni di classi dirigenti av-veniva allora attraverso i canoni di Winckelmann del“bello, giusto, vero” che aveva nell’Italia, in Roma in par-ticolare, una delle sue sedi privilegiate.

L’atmosfera di quei viaggi si può ancora oggi re-spirare in alcune parti della campagna romana, miraco-losamente salvata dall’avanzare dell’edilizia modernaspontanea e programmata, ad esempio nei grandi ac-quedotti che adducevano l’acqua a Roma, nei resti del-le strade consolari, nei templi e nei sepolcri che si ergonosolitari sullo sfondo della campagna laziale.

La stessa atmosfera si respira anche all’interno del-le aree archeologiche.

Area archeologica e parco archeologico

Entrando nell’argomento è opportuno sia chiarireil rapporto fra parco archeologico e parco naturalisticoambientale, che quello fra parco e area archeologica.

Il parco naturalistico ambientale si avvale di un si-stema classificatorio e normativo, nato in ambito inter-

nazionale e recepito nelle definizioni in uso nella legi-slazione italiana nazionale e regionale.

Il parco archeologico, invece, non ha avuto alcunprocesso classificatorio, né a livello internazionale, ovela componente archeologica rientra come categoria di“valore storico culturale” nella struttura territoriale, néin Italia ove nonostante un vivace dibattito, a partire da-gli anni sessanta ad oggi, abbia accompagnato la pro-posta di creazione di parchi archeologici nelle aree lazialie siciliane, non esiste alcun riferimento normativo néclassificatorio a livello nazionale ed ove i parchi archeo-logici laddove esistenti, sono regolamentati da leggi re-gionali. La storia dell’istituzione del parco archeologicodell’Appia Antica che penetra nel cuore di Roma, è chesi avvale di una legge istitutiva che lo classifica fra i par-chi a valenza naturalistico-ambientale della Regione La-zio, è in qualche modo esemplificativa di quanto è sta-to compiuto in Italia in materia.

Se il termine “parco”, così come è stato mutuatodal mondo naturalistico, sottolinea la concezione diun’area delimitata, caratterizzata dalla presenza di unaserie di beni tipologicamente affini, concentrati spazial-mente per la fruizione pubblica, con l’aggettivo ar-cheologico si qualifica la particolare valenza che la zo-na riveste per il patrimonio culturale.

Differente è la definizione di “area archeologica”,quale si è andata costituendo sulla scia della riscopertadell’antichità e a seguito dei grandi scavi, che a partiredal Rinascimento hanno riportato alla luce le più im-portanti aree archeologiche italiane: Villa Adriana a Ti-voli (fine del XV secolo, 1724 e 1742), Ercolano (1711e 1738), Palatino (1720), Pompei (1748), Templi sicilia-ni (1715 e 1759), Etruria (XVIII secolo), Ostia (1855), Pae-stum (XVIII secolo), ecc. L’area archeologica è solita-mente uno spazio di proprietà pubblica di limitata esten-sione (qualche decina di ettari di fronte alle decine di mi-gliaia dei parchi), gestito direttamente dall’amministra-zione ed istituito a scopo di tutela, conservazione e frui-zione. Inoltre il rapporto con il territorio circostante è fit-tizio, dal momento che al loro interno, le aree archeo-

Anna Maria ReggianiSoprintendente Beni Archeologici del Lazio, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Archeologia e Paesaggio

Page 198: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

198

logiche “storicizzate” sono il frutto di decenni di inter-venti di scavo e di manutenzione che hanno alterato ilrapporto con l’ambiente; rispetto all’intorno soprattut-to nel centro sud dell’Italia, l’area archeologica si pre-senta il più delle volte come una sorta di “isola felice”circondata da zone altamente degradate a livello am-bientale e archeologico. In ultima analisi si può dire cheil processo di costituzione delle aree archeologiche de-maniali custodite non ha finora preso in considerazionel’ipotesi di aree tampone come ulteriore protezione del-l’area stessa.

Attualmente non esiste uno strumento normativoa livello nazionale che consenta la istituzione di un par-co archeologico; la creazione o l’ampliamento di un’a-rea archeologica dalla nascita dello stato unitario adoggi, avviene grazie ad un provvedimento di espropriodelle zone interessate.

Per quanto concerne, invece, la proposta di istitu-zione di un parco archeologico, per chi opera nel Mini-stero, punto di riferimento sono le direttive ministerialiemanate attraverso una serie di circolari.

Si ricordano in particolare le note che assimilandola definizione statica di area archeologica quale “Museoall’aperto” (circolare del Ministero per i Beni Culturali eAmbientali, art. 15.11.90) ne suggeriscono la propostae definizione nell’ambito di una pianificazione territorialepiù ampia, quale è il Piano Nazionale per l’Archeologia;in questo quadro, la creazione di un parco archeologi-co dovrebbe avvenire grazie all’emanazione di un ap-posito decreto, in cui le aree da assoggettare a tutela de-vono essere chiaramente individuate e per le quali glistrumenti di regolamentazione sono le leggi 1089/1939,616/1977, 431/1985.

Resta da valutare, sulla base dei risultati ottenuti, segli attuali strumenti legislativi siano sufficienti alla rea-lizzazione dello scopo e al raggiungimento di finalità cheinteressano la tutela del territorio in cui il parco è ubi-cato, nonché gli aspetti di carattere gestionale derivan-ti dalla sua istituzione.

In tale contesto l’argomento si presenta in chiaveproblematica, soprattutto per quanto concerne i crite-ri di perimetrazione, la classificazione dei parchi rispet-to alle esigenze di conservazione, che in certi casi im-pongono di limitare i flussi di visita, il rapporto con il ter-ritorio circostante, l’equilibrio da ricercare tra l’aspettonaturalistico ambientale e quello archeologico-monu-mentale, la necessità di istituire un coordinamento ge-stionale delle attività che si svolgono all’interno delparco (dalla manutenzione e restauro dei monumenti,alle varie attività umane consentite, ecc.) e relativa co-pertura finanziaria.

Del tutto diverse dal punto di vista normativo, so-no le situazioni in cui è stata recepita l’esigenza di tuteladi un’area, attraverso l’uso di piani regolatori delle gran-di aree urbane, di piani regionali, di leggi a carattere ur-

banistico, che regolano l’uso del territorio e la sua pia-nificazione, inserendo normative per l’inserimento diaree verdi da destinare a parco archeologico.

Attività di scavo

Infine è da valutare il modo con cui i nuovi scavimutano il paesaggio archeologico tradizionale. È unambito questo che è stato finora vissuto in termini con-flittuali per l’evidente disagio di comporre in un unicoquadro le ragioni dell’interesse pubblico, nel caso digrandi opere infrastrutturali e quelle dell’archeologia.

L’esigenza di riproporre in termini positivi il dibat-tito fra interesse pubblico e privato è ormai diffusa-mente sentita non solo dagli Enti preposti alla tutela, maanche dai settori più avanzati di quanti operarono nel-l’ambito dei Lavori Pubblici e che tentano di invertire unatendenza che ha fatto in passato delle esigenze occu-pazionali, il perno della programmazione degli inter-venti sul territorio.

Non sono infatti lontani i tempi ricordati da A. Emi-liani nel saggio “Una politica dei Beni Culturali” – “in cuibuona parte delle mura delle nostre città fu abbattutanon solo per fare largo alle incalzanti esigenze di traffi-co, ma anche per dare lavoro agli stessi operai disoccu-pati; due modi ugualmente ipocriti per coprire quasiovunque la lenta speculazione resa possibile dalle areeliberate! …” considerazione che mantiene la sua validitàanche per periodi successivi.

Il problema della tutela dei depositi archeologici èstato così affrontato dapprima per i centri urbani, apartire dal Convegno di Rapallo nel 1978 “Archeologiae pianificazione dei centri abitati” e, successivamente,pianificato soprattutto in Emilia Romagna, con la rea-lizzazione di carte archeologiche tematiche (come quel-le di Modena e di Faenza) e più recentemente dibattu-to nei convegni.

È evidente la necessità di limitare per quanto pos-sibile rinvenimenti cosiddetti “fortuiti” con conse-guenti imprevisti nella realizzazione delle opere pub-bliche relative. Un esame del territorio interessato dal-l’opera, corredato da specifiche ricerche, porta inve-ce alla conoscenza preliminare delle presenze ar-cheologiche oggetto di interferenza da parte del pro-getto, così da ridurre a casi veramente fortuiti, nel cor-so dei lavori, i rinvenimenti assolutamente non pre-ventivabili.

La metodica tradizionale non consente di pro-grammare né il numero, né i tempi, né i costi dei fermiin corso d’opera. La nuova metodologia programmati-ca consente invece di conoscere a monte il numero e lecaratteristiche degli interventi archeologici e, quindi, dipianificarne i tempi e i costi.

L’attività archeologica diviene così una realtà inse-

Page 199: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

199

rita su di un’ampia programmazione territoriale, e lo sca-vo archeologico affrontato come opera prioritaria.

L’adozione di tale strategia è quella prevista dallaconvenzione europea per la protezione del patrimonioarcheologico, siglata a Malta nel 1992 che per com-binare le rispettive esigenze dell’archeologia e dei pro-getti di sviluppo, prevede opportune misure per faci-litare la conservazione integrata del patrimonio ar-cheologico, il finanziamento della ricerca e conserva-zione archeologica, la diffusione dell’informazionescientifica.

Ricordando che il patrimonio archeologico, è unelemento essenziale per la conoscenza della storia del-

l’uomo e riconoscendo che è gravemente esposto a ri-schi di varia natura, stabilisce anche l’istituzione di zo-ne di riserva archeologica.

L’adozione dei principi della convenzione di Maltaed in generale una migliore conoscenza della normati-va europea potrebbe essere un elemento di contributoal dibattito nel nostro paese.

Va da sé, comunque, che anche in questa materia,la concertazione degli interventi tra tutti i livelli interes-sati dalle pubbliche amministrazioni, deve diventare lostrumento ordinario di azione, da formalizzare attra-verso opportune procedure quali l’accordo di program-ma, i patti territoriali, ecc.

Page 200: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

200

1. Preliminarmente1 – sotto il profilo del metodo– si deve sottolineare come il Ministero abbia indetto laPrima Conferenza Nazionale per il Paesaggio senza unaprevia consultazione con la Conferenza dei Presidentidelle Regioni e delle Province Autonome, cui spetta,ormai da oltre vent’anni, la gran parte delle competen-ze in materia di paesaggio.

Va altresì sottolineato come il documento prepa-ratorio sia stato elaborato nel chiuso degli uffici mini-steriali senza alcun confronto preliminare con le Regio-ni e poi diffuso per il dibattito con tutte le istituzioni ele forze sociali, culturali interessate.

In questo modo si è voluto dare un indirizzo ed untaglio al dibattito preliminare tale da condizionare, in se-guito, l’andamento della Conferenza.

Come ha più volte sottolineato la Corte Costi-tuzionale, in materia di tutela del paesaggio, vale ilprincipio della leale collaborazione tra Stato e Re-gioni.

Collaborazione che, per essere leale, non può tradursiin subordinazione di uno dei due soggetti interessati.

La stessa struttura organizzativa dei lavori pre-paratori vede una netta prevalenza del personalestatale con la totale esclusione di quello regionaleche pure – specie in materia di pianificazione paesi-stica – è quello che ha maturato la più significativaesperienza.

2. Il documento esordisce richiamando tutta unaserie di problematiche, in modo non propriamente coor-dinato, forse poste a titolo esemplificativo di quello cheè lo stato dell’arte nella materia.

Manca un inquadramento storico della proble-matica che, nel dibattito culturale italiano, è statoaperto con la Commissione Franceschini e le sue con-clusioni.

Non appare, inoltre, una riflessione sull’evoluzioneistituzionale delle competenze dall’istituzione del Mini-stero per i BBCC al ruolo attribuito alle Regioni con i DPRdel 1972 e 1977, sino alla legge 431.

3. I dati legislativi ed istituzionali sono richiamatisoltanto per sottolineare il ruolo del Ministero in rela-zione alla legge Galasso.

Un ruolo, questo, esercitato in termini di controlloburocratico delle autorizzazioni rilasciate dalle Regioni.

Pur lamentando i limiti di tale ruolo, il documentotrascura di evidenziare le carenze statali in materia, spe-cie quelle relative alla potestà di indirizzo e di coordi-namento – assegnatagli dai DPR di trasferimento e de-lega delle funzioni alle Regioni -, la incapacità dimostratadi pervenire ad una legge quadro in materia di tutela deibeni culturali e del paesaggio che pure costituiva unospecifico impegno previsto dal DPR 616/77.

Di contro vengono evidenziati, in modo tenden-zioso e fuorviante, i limiti che pure ha avuto, l’azione del-le Regioni, non sempre omogenea e tempestiva nell’a-dozione degli strumenti di pianificazione e di tutela.

La mancata concertazione tra Stato e Regioni inmateria di tutela paesistica viene attribuita semplicisti-camente al dato legislativo senza considerare l’atteg-giamento assunto dagli organi ministeriali sia in sedecentrale che, soprattutto, periferica.

Così pure, l’assunto che il mancato controllo dellapianificazione paesistica da parte del Ministero abbia im-pedito verifiche di tipo qualitativo (in cosa consistanopoi, non è dato sapere), non considera che in gran par-te delle Regioni le Soprintendenze hanno potuto – quan-do lo hanno voluto – collaborare con le Regioni allastesura dei piani territoriali paesaggistici.

Questo tipo di argomentazione rivela l’assunto difondo delle tesi ministeriali, volte a rimarcare le re-sponsabilità delle Regioni non solo per la mancata ado-zione dei Piani paesistici ma anche e soprattutto sul-l’efficacia della pianificazione.

Va quindi sottolineato che se di responsabilità si de-ve parlare, esse attengono sia allo Stato che alle Regio-ni, con un’aggravante a carico del Ministero dei BBCCche, dalla sua istituzione ha brillato per assenza in ordinealla trattazione delle problematiche della tutela e piani-ficazione paesistica.

Regione Autonoma della SardegnaAssessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport

Osservazioni al Documento preparatoriodella Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio (approvato dalla Giunta Regionale il 15.7.99)

Page 201: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

201

Le uniche indicazioni che si traggono dagli atti sta-tali, riguardano la materia del condono edilizio, inoltresi è avuta un’unica circolare sulla legge Galasso, peral-tro di carattere introduttivo e che quindi ha avuto po-chissima utilità nell’applicazione dei disposti innovativiprevisti dalla legge Galasso.

La Conferenza Nazionale per il Paesaggio non puòquindi tradursi in un processo all’attività delle Regioniche sono state lasciate sole nell’individuare le più op-portune linee di tutela e pianificazione paesistica.

4. Che il quadro legislativo nazionale e regionale– in materia di territorio, paesaggio ed ambiente – ab-bia subito, in questi ultimi quindici anni una forte evo-luzione è un dato indiscutibile che richiede un forte in-tervento di razionalizzazione, semplificazione e coordi-namento.

Ciò che si deve sottolineare – nel documento mi-nisteriale – è l’assenza di ogni riferimento al dibattito incorso, specie per ciò che concerne il federalismo istitu-zionale.

Il principio di sussidiarietà non può essere solo ac-cennato, come fa il documento ministeriale, ma deve co-stituire il criterio discriminante per ogni qualsivoglia di-segno di riassetto istituzionale in materia di tutela epianificazione del territorio.

La soluzione per i problemi del coordinamento tra levarie forme e finalità di tutela non può essere certo trovatain un nuovo centralismo statalista ma solo in un assettoche sia rispettoso dell’autonomia regionale e locale.

Il riordino deve riguardare non solo gli assetti del-le competenze istituzionali ma anche e soprattutto leprocedure che attengono i processi decisionali in mate-ria di valutazione ambientale, pianificazione e tutela.

L’esperienza delle Conferenze di servizi e l’insuffi-ciente avvio dell’esperienza dello sportello unico, sonolì a dimostrare che è necessario individuare sedi deci-sionali vicine ai problemi, in grado di procedere in mo-do rapido e coordinato sia per ciò che riguarda gli in-terventi pubblici e produttivi sia per ciò che riguarda lageneralità dei cittadini.

Soprattutto va evidenziato come – in una materiacome quella della tutela ambientale e paesaggistica – sianecessario superare il grado elevato di discrezionalità po-sto in capo a soggetti decisionali monocratici per per-venire all’individuazione di parametri certi e prefissati chediano certezza del diritto al cittadino ed all’operatoreeconomico.

Parametri e certezza che possono darsi solo conun’efficace e coordinata pianificazione del territorio econ procedure decisionali improntate ad una collegialitàeffettiva e non formale.

5. La materia della tutela paesaggistica ed am-bientale – dai tempi della Commissione Franceschini –

si è evoluta ed ha raggiunto livelli di complessità tali cheinvestono i principi fondamentali dell’ordinamento.

Essa non riguarda solo e soltanto la dimensione cul-turale, che è pure essenziale, della società, ma investela vita quotidiana di tutti i cittadini, in termini di qua-lità della vita e della crescita personale e civile di ciascunodi essi.

La centralità assunta dalla questione ambientale in-veste ormai tutti i settori del vivere civile, tanto chepuò affermarsi che essa costituisca parte essenziale deldiritto di cittadinanza riconosciuto e tutelato dalla Co-stituzione.

Ciò porta a ritenere che la Conferenza per il pae-saggio vada ad assumere una notevole valenza politicaed istituzionale, per cui le tematiche da trattare devonoessere viste nella prospettiva di un miglioramento dellaqualità della vita del cittadino, miglioramento che nonpuò che essere perseguito se non in una logica di par-tecipazione e di coinvolgimento diretto dei singoli cit-tadini interessati.

Bisogna pertanto rifuggire dalle tentazioni di stam-po illuministico che inducono a ritenere il cittadino co-me un soggetto da tenere sotto controllo perché altri-menti provoca danni.

Sotto questo profilo, l’enfatizzazione posta sui dan-ni indotti dall’abusivismo porta da un lato a colpevoliz-zare il cittadino e, dall’altro, a rimuovere le responsabi-lità istituzionali – non solo in termini di mancati controllima anche e soprattutto in termini di mancata pianifi-cazione – che ricadono sugli organi pubblici.

Tutti gli strumenti che possono e devono essereindividuati per migliorare o recuperare una qualità delpaesaggio, devono vedere la partecipazione attenta e re-sponsabile dei cittadini, singoli o associati nelle orga-nizzazioni, non solo ambientaliste, che operano sul ter-ritorio.

La tutela del paesaggio non è qualcosa che inte-ressa o può interessare solo le istituzioni preposte, essa,per essere realmente efficace, deve coinvolgere tutti i cit-tadini in un processo di maturazione culturale, civile edemocratica che occorre sostenere non solo con glistrumenti di controllo ma anche e soprattutto con quel-li di valorizzazione.

6. La positività delle sperimentazioni richiamatedal documento non può essere attribuita alla determi-nante presenza del Ministero in rapporto agli altri sog-getti coinvolti, anche perché altre esperienze di colla-borazione, pur tradotte in atti di pianificazione, si sonorivelate non risolutive.

Vale al riguardo rammentare che tutte le fasi dielaborazione della pianificazione paesistica in Sardegnahanno visto la partecipazione delle Soprintendenze mi-nisteriali. Ebbene ciò non ha impedito che, al mutare diSoprintendenti, cambiasse l’atteggiamento del Mini-

Page 202: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

202

stero arrivando all’annullamento di una parte dei Pianipaesistici che i Soprintendenti a suo tempo avevanoapprovato con il loro voto negli organi regionali a ciòpreposti.

Ed è per questo che gli esempi proposti non pos-sono considerarsi come esemplificativi di una positiva ri-sposta alle esigenze di coordinamento in materia di tu-tela paesistica ed ambientale.

7. Tra gli obiettivi indicati dal documento prepa-ratorio, quello primario da perseguirsi da parte dellaConferenza deve essere quello di individuare un coor-dinamento ed una semplificazione delle procedure chepresiedono al governo del territorio, riaffermando lacentralità della pianificazione territoriale, paesistica edambientale, superando l’attuale assetto di frammenta-zione delle competenze riordinandole in un disegno fe-deralista ispirato al principio della sussidiarietà.

Solo all’interno di tale prospettiva possono essereinquadrati gli altri obiettivi posti dal documento.

Al riguardo si ritiene non percorribile l’ipotesi dipervenire a soluzioni onnicomprensive, valide per tuttoil territorio nazionale.

L’Italia è costituita da un insieme di paesaggi, di va-lenze territoriali, ambientali, culturali ed artistiche, assaidifferenti e che richiedono un approccio mirato e nonomogeneo in termini di pianificazione e tutela.

Non esiste un paesaggio italiano, esistono i pae-saggi italiani, a dimensione regionale o infraregionale.Ad essi va dedicata attenzione, al fine di individuare so-luzioni calibrate in relazione ai contesti ed alle valenzeindividuabili come meritevoli di tutela e valorizzazione.

La stessa bozza di Convenzione europea sul pae-saggio insiste sulla diversità dei paesaggi, rilevabile nonsolo su scala europea ma anche su scala nazionale.

Non a caso si sta sperimentando l’ipotesi di valo-rizzazione dei paesaggi mediterranei nell’ambito delprogetto Interreg della UE.

Da qui deriva la centralità della pianificazione comepresupposto necessario ed indispensabile della gestionedel territorio, della sua tutela e valorizzazione, nel ri-spetto delle peculiarità che caratterizzano i vari pae-saggi regionali e infraregionali.

Solo lo strumento della pianificazione può garan-tire una tutela mirata e finalizzata alla valorizzazione deisingoli paesaggi e delle peculiarità paesistiche ed am-bientali riscontrabili sul territorio.

Insistere sulla omogeneità di indirizzi o di criteri ditutela, validi per tutto il territorio nazionale, può darel’impressione che si voglia solo supportare un disegnodi riassetto centralistico dell’assetto delle competenzeistituzionali senza che ciò garantisca un’efficace e vali-da tutela del territorio.

Il coordinamento tra le varie forme di tutela devequindi perseguirsi a partire da un raccordo e razionaliz-

zazione dei diversi strumenti di pianificazione e tutela alivello regionale e locale, superando l’attuale sovrappo-sizione che si traduce in duplicazione e moltiplicazionedelle procedure di controllo, individuando quello che –per ogni ambito territoriale – è l’ambito, il soggetto e leprocedure di governo e tutela del territorio.

Ad esempio, in un ambito di parco, dotato di pia-no e propri organi di gestione, non ha molto significa-to mantenere la vigenza di altri strumenti di pianifica-zione per continuare ad esercitare le competenze dicontrollo derivanti dalla disciplina paesistica, forestale,urbanistica, demaniale, di uso civico, ecc.

Il problema del coordinamento tra le varie forme digestione e tutela del territorio non può essere risolto so-lo con il coordinamento dei vari strumenti di pianifica-zione, si richiede, anche e soprattutto, un coordina-mento delle varie procedure di valutazione e di autoriz-zazione/concessione delle ipotesi di trasformazione delterritorio.

Si tratta quindi di individuare forme di coordina-mento che superino le rigidità dell’attuale formula del-la Conferenza di servizi per giungere ad operare unamultidisciplinare valutazione degli interventi di trasfor-mazione del territorio con un confronto aperto alle va-rie forze economiche, sociali e culturali interessate.

Il principio che deve essere giustamente affermatoper un effettivo coordinamento ed una razionalizzazio-ne delle procedure di pianificazione e tutela paesistica-ambientale è quello del federalismo e della sussidia-rietà.

In tale prospettiva va riaffermato il ruolo dei sog-getti locali, pubblici e privati, nella gestione e nella tu-tela del territorio, ruolo che può essere surrogato soloin caso di insufficienza o di straordinarietà.

Un tale coordinamento non può che essere effet-tuato mediante una procedura aperta, non chiusa al so-lo momento istituzionale ma che veda la partecipazio-ne di tutti i soggetti interessati, pubblici o privati.

La procedura deve garantire, insieme, certezza deitempi per rispondere alle esigenze di sviluppo del terri-torio ed evitare le attuali lungaggini burocratiche che,spesso, impediscono la realizzazione delle iniziative.

Un obiettivo di tal genere deve costituire il primoimpegno di una Conferenza che non può essere solo unmomento di studio e di verifica ma avere anche carat-tere propositivo.

Bisogna inoltre considerare il fatto che la valenzapaesaggistica ed ambientale di un dato territorio non èlimitata al solo ambito locale. Molti paesaggi, così comei beni culturali, hanno valenza nazionale ed anche in-ternazionale. La loro tutela deve quindi coinvolgere an-che i soggetti che si pongono a tali livelli, senza che ciòsi traduca in nuove forme di centralismo tutorio, di livellonazionale o, magari, sovranazionale.

Ciò pone il problema di un coordinamento con le

Page 203: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

203

politiche comunitarie e con i progetti di intervento chein tale sede vengono elaborati.

8. L’obiettivo della tutela paesaggistica ed am-bientale non può che essere quello di perseguire uno svi-luppo sostenibile del territorio anche e soprattutto diquelli che vivono oggi in condizioni di grave crisi eco-nomico-sociale.

La sostenibilità dello sviluppo non può però tradursiin un limite allo sviluppo, per cui l’eventuale valutazio-ne negativa di interventi che venissero proposti dovrà es-sere accompagnata dall’individuazione di alternativecompatibili con il paesaggio-ambiente.

Una tale esigenza impone di ripensare l’attualestruttura della legislazione di tutela basata principal-mente su una disciplina meramente vincolistica in mo-

do da pervenire ad una sua integrazione con specifici in-terventi di valorizzazione e sviluppo.

A tal fine si ritiene opportuno che in sede di con-ferenza vengano affrontati anche i problemi che atten-gono la valenza economica delle politiche di tutela e divalorizzazione paesistica ed ambientale, in modo da co-niugare ambiente e sviluppo, così da favorire ed incen-tivare la partecipazione popolare alle politiche di tutela.

NOTE

1 Nota del Comitato di redazione: la Conferenza dei Presidentidelle Regioni e delle Province Autonome ha fatto parte della “Con-sulta per il Paesaggio” a partire dalla riunione del 3 Maggio 1999, tra-mite la rappresentanza della Regione Piemonte, capofila per il setto-re relativo al paesaggio della Conferenza dei Presidenti delle Regionie delle Provincie Autonome.

Page 204: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

204

I principi contenuti in premessa risultano condivisi-bili nelle loro linee generali, tuttavia identificare nel so-lo processo urbanistico l’elemento di trasformazionedel paesaggio risulta alquanto semplicistico, alla luce del-la molteplicità di strumenti programmatici e finanziari,legati sia a politiche comunitarie che nazionali. Questistrumenti, ad azione diffusa e di notevole spessore pergli effetti di trasformazione territoriale da essi prodotta,sono riferibili in particolare al settore agricolo, turistico,infrastrutturale, di risanamento ambientale e di difesadel suolo.

La Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggiorappresenta un’occasione irripetibile per rilanciare, omeglio per varare, una concreta politica del paesaggioche non si appiattisca esclusivamente su di un regimevincolistico passivo gestito in modo opinabile (in quan-to basato sulla soggettività di chi esercita il controllo esulla contingenza) ma che risulti al passo coi tempi, siadal punto di vista concettuale che da quello dei mecca-nismi di gestione. Una politica finalmente allineata conaltre leggi di settore (es. i Parchi) dotata di adeguatistrumenti finanziari tali da permettere una efficace evo-luzione dei piani vigenti (estendendoli all’intero territo-rio regionale), nonché una reale valorizzazione e recu-pero dei paesaggi più degradati (anche per effetto del-l’abusivismo edilizio) o destrutturati (da parte delle retiinfrastrutturali, di politiche agricole incentivanti la mo-nocoltura o da fenomeni di sprawl urbano).

È necessario abbandonare la tutela per categoriecollegata alla L. 431 riconducendo alla dovuta transito-rietà un dispositivo concepito in attesa dell’elaborazio-ne dei Piani Paesistici regionali. Tali categorie, inoltre,non risultano identificative dei paesaggi caratterizzantila realtà italiana, ma rappresentano mere “geometrie”non riconducibili ad alcuna struttura organica od orga-nizzata del territorio, sia in campo geografico, che geo-morfologico o storico-culturale.

Occorre trovare un diverso ruolo per il vincolo ex le-ge 1497 in quanto superato dall’elaborazione e dai

contenuti dei Piani Paesistici. Risulta infatti anacronisti-ca ed inspiegabile l’attuale tendenza a sovrapporre ta-le vincolo ad aree già tutelate dai Piani Paesistici o da-gli Strumenti urbanistici (se non attribuendo a questa at-tività la volontà di riappropriarsi di una competenza daparte dello Stato) in quanto teso a salvaguardare i solipunti di eccellenza del territorio, secondo un’imposta-zione “monumentalista”, paragonabile a quella che haguidato l’elaborazione del Piano della Campania. Non siritiene esistano infatti paesaggi che meritano di esseretutelati ed altri che possono essere “consumati”.

I Piani Territoriali Paesistici non dovrebbero essere,ne avrebbero dovuto essere, “il nuovo strumento vin-colistico” ma l’univoco e sintetico quadro di riferimen-to per valutare la sostenibilità delle trasformazioni ter-ritoriali di qualsivoglia natura (non solo urbanistica!) ta-li comunque da non alterare i tratti tipici del paesaggio;così come il Piano di Bacino costituisce l’univoco riferi-mento per valutare i rischi naturali e le politiche di mi-tigazione degli stessi. Entrambi questi strumenti do-vrebbero e potrebbero essere integrati e assimilati, se-condo un reale principio di sussidiarietà, nei diversi livellidi programmazione e pianificazione territoriale. Solo inquesto modo sarebbe possibile infatti ottenere un’as-sonanza ed una integrazione di obiettivi che portereb-be ad una maggior chiarezza ed efficacia degli stru-menti stessi (in Emilia-Romagna questo processo è giàin corso e sembra funzionare).

Occorre promuovere una vasta campagna di alfa-betizzazione sul paesaggio nell’ambito delle attuali e fu-ture attività di educazione ambientale (da cui questo te-ma risulta nei fatti inspiegabilmente escluso), in quan-to la reale salvaguardia dello stesso passa necessaria-mente attraverso la creazione di una consapevolezza po-polare. Un qualsiasi oggetto od un paesaggio diventa un“bene culturale” solo nel momento in cui la conoscen-za viene condivisa e l’oggetto o il paesaggio può esse-re fruito, altrimenti l’oggetto stesso viene inteso comereperto parte di un catalogo.

Regione Emilia RomagnaGiancarlo PoliAssessorato Territorio, Programmazione e Ambiente

Appunti sul Documento preparatoriodella Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio

Page 205: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

205

Per quanto concerne la semplificazione delle pro-cedure questa può ottenersi attraverso l’eliminazionedelle autorizzazioni ex art. 7 della L. 1497 che, come èampiamente dimostrato dalla prassi, non hanno pro-dotto nessun risultato apprezzabile, se non in terminipubblicistici, determinandosi a valle di tutto il processodecisionale.

Avviare una nuova stagione di collaborazione tra or-gani periferici dello Stato e Regioni al fine di operare si-nergicamente e non in contrapposizione (come troppospesso ancora oggi si verifica) a partire dalla condivisio-

ne degli obiettivi della pianificazione paesistica regionale,su basi paritetiche, oggettive e sussidiarie.

Nonostante il notevole sviluppo concettuale che siriscontra nel documento preparatorio emerge ancoraqua e là un atteggiamento “tematico” nei confrontidel paesaggio, quasi si potessero enucleare dall’insiemecategorie come: paesaggi archeologici, paesaggi urba-ni, rurali, ecc. Deve essere chiaro che nella realtà italia-na essi rappresentano una astrazione, un mezzo facili-tato di lavoro e di elaborazione, e non già paesaggicompiutamente intesi.

Page 206: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

206

Come contributo ai lavori preliminari alla PrimaConferenza Nazionale per il Paesaggio ritengo utile for-nire una sintesi del serrato dibattito tenutosi nella TavolaRotonda organizzata il 17 aprile 1999, in occasione del-la Prima Settimana della Cultura, presso la Soprinten-denza per i Beni Ambientali e Architettonici di Brescia,Cremona e Mantova, dal titolo “Vorremmo salvare ilpaesaggio, chi ci aiuta?”.

Un titolo volutamente provocatorio, scelto per l’in-contro che ha visto riuniti, nel salone della Soprinten-denza, amministratori pubblici, rappresentanti del Mi-nistero, dell’Avvocatura di Stato di Brescia, del Tribuna-le Amministrativo di Brescia, nella persona del Presi-dente, della Regione, delle Province e dei Comuni, per-sonalità politiche e professionisti.

La Soprintendente ha introdotto il dibattito accen-nando al malessere che prova, insieme agli architettidel suo ufficio, dinanzi all’impossibilità di espletare unafattiva azione di tutela, intesa come prevenzione, con-servazione e valorizzazione, avendo le Soprintendenzesolo il potere di annullare le autorizzazioni sindacali perravvisata illegittimità alla fine dell’iter burocratico di unapratica: questo a fronte di un territorio dalle variegatee peculiari caratteristiche paesaggistiche tutelato ai sen-si delle leggi 1497/39 e 431/85 con vincoli che copro-no il 50,35% dell’intera superficie.

Il nostro ruolo di censori formali è impopolare oltreche defatigante, e la nostra azione, che, per chi ignorala prassi, può essere giudicata tardiva, il più delle volte èvanificata dalle sentenze della giustizia amministrativa.

Certo non voleva essere il nostro stato d’animo il te-ma dell’incontro, ma piuttosto la pubblica dichiarazio-ne della nostra ferma determinazione ad espletare la tu-tela del paesaggio, anche se nella forma contratta pre-vista dalla normativa vigente, intendimento questo im-plicito nel titolo, e nel contempo l’impellente necessitàdi individuare i nostri alleati in una battaglia ormai datempo in corso e dall’esito quanto mai incerto.

I convenuti hanno risposto con osservazioni pun-

tuali e suggerimenti che meritano la massima conside-razione. Per motivi di spazio, non potendo offrire la tra-scrizione integrale dei singoli interventi si cercherà diriassumerne i contenuti raggruppandone le tematiche.

Il territorio della Lombardia orientale e l’impegnodella Soprintendenza (arch. G.B. Sannazzaro, Ispettoredella Soprintendenza):

Nel 1997 sono state espletate dall’Ufficio 4723istruttorie (6169 nel 1998 e 6336 nel 1999) e decreta-ti 101 annullamenti (137 nel 1998). La maggior partedegli annullamenti è certamente a tutela della Val Ca-monica e del Lago di Garda dove la notevole attività edi-lizia a destinazione turistica è fra le cause più rilevanti dipossibile conflitto con la tutela dei rispettivi ambiti e ca-ratteri tipologici paesaggistici, che mutano, nella ValCamonica, nel risalire o nel discendere il corso alpino oprealpino dell’Oglio e che creano nel Garda un contra-sto di particolare effetto nella cornice paesistica defini-ta dal lago e dalla montagna. Se nella Val Camonica diparticolare impegno è stato l’accordo per un percorso al-ternativo dell’elettrodotto Gorlago/Capo di Ponte, nelGarda di grande delicatezza appare il mantenimento diboschi, uliveti, di strutture caratteristiche quali le limo-naie o di un intero villaggio operaio testimonianza di ar-cheologia industriale come Campione del Garda. Pro-blemi non mancano anche nella tutela del territorio delSebino e nella Franciacorta.

Nel territorio della Bassa Bresciana, caratterizzatadall’unitarietà di aspetti percettivi legati alla secolareconduzione agricola, così come nel Cremonese e nelCremasco, particolarmente problematica è la valuta-zione di nuove strade comprendenti anche ampi svin-coli, e spesso le conseguenti contaminazioni industria-li. Nel Cremasco è opportuno rammentare il caso delponte strallato di Montodine, cui la Soprintendenza siè opposta in sede di Conferenza Servizi, ma che sem-bra essere stato assentito dall’Amministrazione Cen-trale.

Sylvia Righini PonticelliSoprintendente Reggente per i Beni Ambientali e Architettonici per le Province di Brescia, Cremona e Mantova Ministero per i Beni e le Attività Culturali

“Vorremmo salvare il paesaggio, chi ci aiuta?”

Page 207: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

207

Gli strumenti di tutela (arch. Vallara Dirigente Re-gione Lombardia, arch. A. Ferruzzi, Consulente Regio-ne Lombardia).

L’evento cui viene data la maggiore importanza è l’a-dozione da parte della Regione del Piano Paesistico (nonancora approvato), un documento che, secondo i relato-ri, si distingue per la sua modernità in quanto non è as-solutamente un piano di azzonamento ma attribuiscegrande importanza alla conoscenza del territorio, qualepremessa essenziale per un’adeguata tutela. Esso è dotatodi un apparato documentale di notevole spessore, che do-vrebbe consentire ed agevolare la successiva pianificazioneterritoriale demandata alle Province. Inoltre si ispira allaConvenzione europea del paesaggio, la quale, secondol’arch. Boschi, rappresentante del Ministero presso il Con-siglio d’Europa, è un documento regressivo rispetto ai li-velli ai quali siamo arrivati in Italia (non avendo tutti ipaesi, infatti, un’abitudine a ragionare in termini di tute-la, di filosofia della conservazione). Qualità prevalente, se-condo l’arch. Ferruzzi è tuttavia il ritorno alla discrezio-nalità del giudizio, straordinaria novità che ha come tra-guardo il raggiungimento della qualità, finalità ricercatanon solo dagli Ordini professionali ma anche dalla Facoltàdi Architettura. Bisogna accettare che la tutela cambi conla cultura, che i giudizi siano attualizzati quindi non è piùauspicabile continuare a sperare nei piani regolatori, matendere ad ottenere non solo quantità ma anche qualità,e valorizzare ciò che il Piano Paesistico ha, cioè il recupe-ro della capacità di giudizio senza meccanismi di auto-maticità.

Pianificazione urbanistica e pianificazione ambien-tale, (arch. Bettinelli, Consigliere di Italia Nostra, arch.Cupaiolo, Dirigente del Servizio Territoriale e Provincia-le di Brescia, arch. R. Boschi, Ispettore Centrale del Mi-nistero per i Beni e le Attività Culturali, arch. Tramuto-la, dell’Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesag-gistici).

Ma come possono coniugarsi le concrete previsio-ni dettate dai piani regolatori con l’attuale normativa ditutela del paesaggio? Come comporre il dualismo trapianificazione urbanistica e pianificazione ambientale?Italia Nostra auspica una soluzione legislativa che facciaprevalere le ragioni dell’ambiente sulla rapina del terri-torio, innanzitutto con quella legge sul regime dei suo-li che sarebbe una delle scelte di fondo risolutive che nelnostro Paese non si sono ancora volute fare. Preconiz-za inoltre la valutazione di impatto ambientale non al-la fine di un procedimento come verifica, ma durante l’i-ter in modo che si arrivi ad una certificazione parallelaed ancora che la valutazione sia estesa ai piani urbani-stici. La stessa Regione, che pure attribuisce una gran-dissima importanza nella tutela del paesaggio agli stru-menti urbanistici, essendo gli strumenti che dialoganomaggiormente con il progetto, non fornisce nel Piano

Paesistico nessuna indicazione per una revisione in que-sto senso dei piani vigenti.

Molto acutamente l’arch. Boschi osserva come l’o-biettivo della tutela del paesaggio sia preservare l’am-biente senza o con una minima parte di interventi del-l’uomo, quello dell’urbanistica è, al contrario l’organiz-zazione dell’intervento dell’uomo: finalità assolutamentecontrapposte e inconciliabili.

L’arch. Tramutola ritiene che questa conflittualità,questo parlare dell’urbanistica e del paesaggio come didue categorie sia un concetto in fase di superamento inquanto la tutela del paesaggio è sovraordinato, come di-ce la Costituzione, rispetto agli altri strumenti di gover-no del territorio.

Allo stato attuale della normativa lo strumento ur-banistico prevale rispetto ai dispositivi riguardanti la tu-tela del paesaggio. La verifica ambientale è effettuata daparte degli organi competenti che, oggi in Lombardia,si identificano con i Comuni; gli stessi enti territoriali chea suo tempo si erano dotati di quei piani regolatori,spesso tuttora in vigore, che hanno contribuito siste-maticamente alla distruzione del paesaggio. Poche so-no quelle amministrazioni che percorrono la strada im-popolare di una verifica degli strumenti urbanistici pro-ponendone varianti riduttive. Né la presenza di dueesperti ambientali, con funzione consultiva, presso lecommissioni edilizie, assicura una fattiva tutela del pae-saggio non avendo nessuna chiara norma da contrap-porre alle indicazioni dei piani regolatori. Il Piano Paesi-stico della Lombardia infatti, solo adottato ma non an-cora approvato, è uno strumento di indirizzo e di coor-dinamento che rinvia a provincie e comuni la futuranormativa di attuazione.

Se si dispone solo di piani urbanistici che sono stru-menti di gestione e non di tutela del territorio, quale saràla sorte del paesaggio?

Bisogna forse ricominciare dalle coscienze, sugge-risce l’Assessore provinciale dott. Tino Pino, prima cheil bene che vogliamo salvare sia del tutto scomparso.L’arch. Boschi dà la misura dell’importanza di questo be-ne definendolo l’archivio storico dell’uomo, poiché in es-so vi sono tutti i segni della storia dell’uomo. Una realtàda preservare non con metro scientifico perché la tute-la del paesaggio è “una costruzione mentale” frutto delcoinvolgimento della pittura della poesia, della lettera-tura, della musica, una dimensione lontanissima da chiinvece il paesaggio lo vuole utilizzare. Tino Bino fa rile-vare come nel cittadino lombardo la cultura del fare edel lavoro sia insita nel proprio carattere, tanto da rite-nere che ciò lo assolva da qualsiasi cosa faccia o co-struisca. Bisogna convincersi che lo sviluppo non è piùnella quantità ma nella qualità.

Avere il coraggio dei vincoli, ridare loro dignità edefficacia questa sembra la strada da percorrere risol-vendo nel contempo il problema della “riduzione di

Page 208: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

208

rendita”, come propone l’arch. Cupaiolo, limitando l’u-so del territorio con strumenti come la perequazione ur-banistica o territoriale che consente di spostare gli effettieconomici degli interventi non avvenuti e garantire l’in-teresse privato ma soprattutto quello pubblico della sal-vaguardia del paesaggio.

Nel panorama attuale della tutela, l’architetto di-venta una delle risorse in campo per la tutela del terri-torio, sia esso progettista, urbanista o esperto ambien-tale. L’arch. Maffeis, rappresentante dell’Ordine degli Ar-chitetti di Brescia rileva come l’architetto debba opera-re nel paesaggio ed il suo operato comporta modificheal territorio più o meno innocue, che a volte possono an-che valorizzarlo.

L’arch. M. Fasser della Soprintendenza, vede il pro-fessionista imbrigliato da norme e cavilli legislativi che loprivano di quell’inventiva architettonica che dovrebbe es-sere propria del suo operare. A questo si aggiunga il rit-mo frenetico con il quale vengono rilasciate le conces-sioni edilizie che non lascia spazio ai dovuti approfon-dimenti e contribuisce all’impoverimento progettuale.L’arch. Terzi, Assessore del Comune di Cremona non na-sconde la propria preoccupazione per l’interpretazioneallargata che potrebbe essere data al concetto di impresacon la conseguenza che circa il 50% delle richieste pas-

serebbe attraverso lo ‘sportello unico’ già in funzione indiverse città.

Nel clima di incertezza sulle reali sorti del nostropaesaggio forte e determinante è il ruolo culturale e diguida riconosciuto alla Soprintendenza che gli interve-nuti vorrebbero più forte. Il Presidente del TAR Dott. A.Ingrassia di Brescia ha avuto parole di elogio per losforzo prodigato dal nostro ufficio, rilevando tuttaviacome la struttura della Soprintendenza sia insufficien-te quanto all’organico ma soprattutto al supporto giu-ridico inesistente all’interno dell’ufficio, ma che, a suoparere, sarebbe indispensabile, fintanto che le motiva-zioni per l’annullamento dei decreti sindacali dovrannoessere costruite sulla legittimità del procedimento. Il di-scorso potrebbe cambiare, dice il Dott. Ingrassia, qua-lora fosse recuperato allo Stato il potere di una valuta-zione di merito. L’avvocato dello Stato R. Montagnoli,che segue costantemente il nostro operato, rileva co-me la giurisprudenza amministrativa abbia spesso da-to indicazioni in materia di vincolo, di autorizzazionepaesaggistica, di annullamenti, ma come raramente sipossano trovare sentenze che approfondiscano la na-tura di questa strana situazione per cui la Regione, puòautorizzare i lavori e poi il Ministero può annullare l’au-torizzazione regionale.

Page 209: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

209

Lo stato in cui si presenta ovunque il territorio na-zionale con tutte le sue ricche risorse, in termini di cat-tivo aspetto, cattiva qualità, degrado ambientale, è ta-le che la proposta di affrontare il tema della tutela delpaesaggio trova largo consenso, genera grandi atte-se e spinte a partecipare ad una discussione che da an-ni stagnava, nonostante che i suoi termini fossero giàda anni posti con chiarezza.

Gli interessi rappresentati sono diversi e con-trapposti. Da una parte sono quelli di chi, sull’onda diuna tendenza parlamentare e governativa evidente,spinge per una ulteriore deregolamentazione dell’usodel territorio, asserendo che le regole della tutela – ivincoli – costituiscono un ostacolo alla libera trasfor-mabilità di ogni parte territorio. Dall’altra da chi ri-scontra nella debolezza istituzionale, se non nella pas-sività dello Stato nell’attuare correttamente e com-piutamente la politica di tutela che le leggi, anche ag-giornate dallo stesso Parlamento e dai Governi, pre-scrivono e consentono.

Un’attività di promozione della revisione della le-gislazione vigente è in atto, da parte di giuristi e le-gislatori, con l’obiettivo di rendere i vincoli “flessibi-li” ed aggirabili, e forse anche di trasferirne la ge-stione, col pretesto dello snellimento delle procedure,agli Enti locali. Ci si domanda se l’intera conferenza siaconcorde con questo orientamento, e se i sottocomi-tati che si interessano delle questioni di merito, nonabbiano nulla da dire sull’opportunità di imboccare lastrada della deregolamentazione.

Comunque, la discussione in atto chiarisce chela questione del paesaggio interferisce con quelladell’assetto del territorio, e che quest’ultima nellasua attuale logica istituzionale, non incorporandoin se stessa la questione della tutela delle risorsestoriche e naturali del territorio, non può proporsi co-me “prevalente” rispetto alla politica di tutela e con-servazione. Né potrebbe eventualmente incorporarein sé la questione della tutela, dandogli soluzione

con procedimenti di contaminazione di responsabi-lità istituzionali e deregolamentazione, a favore deiquali esiste peraltro un orientamento diffuso quan-to discutibile.

Dall’altra parte anche il Parlamento è attivo. Lacommissione dei Lavori Pubblici della Camera dei De-putati lavora su una nuova legge urbanistica che do-vrebbe scaturire, a quanto sembra, da ben 17 diversidisegni di legge di cui nessuno è proposto dal Gover-no. Un nota della Presidenza della Commissione enun-cia diligentemente e senza però indicare priorità eopzioni, tutte le possibili questioni da affrontare, tracui naturalmente è citata quella della tutela del pae-saggio. Anche da quel versante non si percepisconoespliciti segnali di indirizzo che possano orientare l’os-servatore sulle intenzioni dei legislatori. Se mai ce nesono, sono relativi a insofferenza per i vincoli, non so-lo quelli paesaggistici, ma anche tutti gli altri di naturaambientale.

* * *

Conviene dunque esporre un punto di vista defi-nito cominciando con il ripercorrere la storia relativa-mente recente della questione della tutela del pae-saggio.

La tutela del paesaggio è disciplinata in Italia findall’inizio del secolo con specifiche leggi. Tuttavia ècon l’art. 9 della Costituzione che si sancisce l’inte-resse della collettività nazionale a che si tuteli il pae-saggio.

Il testo dell’art. 9 della Costituzione segue di po-co tempo ed in un contesto politico istituzionale rin-novato, la conclusione di una discussione parlamen-tare di grande interesse (leggasi la relazione di ac-compagnamento del Ministro Bottai) conclusasi nel1939 con il varo della L. 1497/39 che regolamenta latutela del paesaggio e delle “Bellezze d’insieme”.

Bernardo Rossi DoriaUniversità degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Page 210: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

210

È nello stesso contesto politico e culturale che nel1942 viene approvata la legge urbanistica n. 1150, icui fondamenti sono tuttora alla base della legisla-zione vigente, e che in particolare innovava rispetto alpassato laddove estendeva il sistema di pianificazioneall’intero territorio, non limitandolo come in prece-denza al solo territorio urbano. Questa estensione siriferiva non soltanto al territorio agricolo di ciascun co-mune, ma si manifestava in sede di pianificazione ter-ritoriale dove si rappresentavano interessi che travali-cavano quelli delle collettività locali e dei confini en-tro cui sono insediate.

Il fatto che fossero formulate due diverse leggiper la tutela del paesaggio, definito bellezze d’insie-me, e per l’assetto del territorio, era essenzialmentedeterminato dalla circostanza che i legislatori di allo-ra avevano ben chiara l’idea che gli interessi della col-lettività nazionale, tra i quali quello della tutela del pa-trimonio culturale e del paesaggio, si rappresentava-no nello Stato, mentre gli interessi delle collettività lo-cali si rappresentavano presso gli Enti locali. Ciò chenon escludeva che vi fossero appropriate procedureper confrontare questi interessi e, ovviamente com-porli.

L’applicazione della legge 1497/39 fu di difficileattuazione anche a causa di un regolamento del 1940che non corrispondeva allo spirito innovativo dellalegge, ma faceva piuttosto riferimento ad una prassidi pianificazione dell’ampliamento degli abitati cosìcome regolata prima del 1942.

Che il tema della composizione degli interessirappresentati nei procedimenti attuativi delle due leg-gi non fosse risolto è risultato evidente fin dal dopo-guerra. In sede di attuazione della riforma regionalesi cercò di affrontare il problema che sembrava ag-gravarsi con il trasferimento delle competenze pri-marie dell’urbanistica. Fu proprio per favorire l’inte-grazione delle istanze di tutela del paesaggio conquelle della pianificazione territoriale che le compe-tenze della Pianificazione Paesistica furono delegatealle Regioni (e non trasferite per riaffermare il princi-pio costituzionale dell’art. 9).

L’integrazione tra le diverse istanze non ha tro-vato attuazione a causa della incapacità costitutivadelle neoistituite Regioni a farsi carico di responsabi-lità delegate.

Nel 1985 i legislatori ritennero di fare un ulterio-re passo avanti varando la legge 431, definendo “opelegis” i territori soggetti a vincoli paesaggistici entrocui eventualmente predisporre piani paesistici. Purnon interessando l’intero territorio la legge indicavaquelle parti (coste, laghi, monti, boschi, ecc.) che inogni caso sono di interesse generale.

La legge 431/85 affrontava anche il tema dellaintegrazione dei contenuti paesaggistici con quelli

urbanistici, laddove indicava che le Regioni “posso-no” redigere piani territoriali con contenuti paesisti-ci. Di fatto pochissime leggi regionali hanno trattatol’argomento, non riuscendo comunque a cogliere lepotenzialità di integrazione tra istanze di interesse na-zionale e locale e facendo confusione tra vincoli ur-banistici e vincoli di tutela e relative responsabilità digestione. Di qui nasce l’equivoco non accettabile se-condo cui esisterebbero territori di interesse paesag-gistico (pochi e ristretti) e territori non paesaggisticiove operare senza i necessari scrupoli.

Ci furono d’altra parte forti resistenze da partedelle Regioni ad accettare gli indirizzi proposti dallalegge 431/85. Fin dalla sua approvazione le Regioniapparentemente più evolute dimostrarono la loro in-capacità ad assumersi responsabilità delegate dalloStato. Ad esempio la Regione Umbria sul cui territo-rio insiste notoriamente un vasto patrimonio di inte-resse nazionale e per il quale lo Stato giustamente hasempre speso risorse aggiuntive, fece un ricorso allaCorte Costituzionale, opportunamente respinto, innome di una idea dell’autonomia resa irresponsabilerispetto agli interessi generali.

* * *

Se la problematica che emerge dall’esame del-le esperienze in materia è quella esposta, le que-stioni da affrontare non sono quelle di favorire a li-vello nazionale istanze di riduzione dei vincoli o ditrasferimento delle responsabilità di gestione a li-velli regionali e locali, quando l’esperienza concretamostra che per natura istituzionale e costitutiva leRegioni e gli Enti locali non possono rappresentarela prevalenza degli interessi a tutelare il patrimonioculturale della nazione.

Pare naturale invece che si riaffermi il principiodell’integrità dell’intero territorio nazionale, e d’altraparte la necessità che si provveda al governo delle suerisorse con lo strumento della pianificazione. Sul pri-mo punto, l’integrità del territorio, non dovrebbero es-serci dissensi se è vero che la preoccupazione per lostato del paesaggio nazionale è diffusa ovunque. Sulsecondo punto qualcuno vorrà forse discutere, mapare che sia difficile pensare che i piani urbanisticidebbano perdere quei contenuti strategici e perma-nenti che sono caratteristici di scelte dimensionate inuno spazio temporale durevole e intergenerazionale,riguardanti la sostenibilità, rinnovabilità, durevolezzadelle risorse.

Come non pensare che il patrimonio storico enaturale ovvero il paesaggio non costituisca un con-tenuto di questi piani locali anche se indotto dallo Sta-to? Ma anche, come non pensare che il paesaggio che

Page 211: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

211

si vuole tutelare sia quello visto e riconosciuto con gliocchi della collettività nazionale, prima ancora checon gli occhi spesso appannati dalle necessità o vel-leità locali, e spesso particolari?

È in voga ora l’orientamento a dividere i Pianiurbanistici in una parte cosiddetta strutturale conte-nente le prescrizioni di lunga durata ed una operati-va che in realtà si configura come un programma digestione a breve scadenza. Perché no, purché il pia-no strutturale incorpori ciò che è riconosciuto come ri-sorsa da conservare e valorizzare, in nome della col-lettività nazionale.

In questo occorre forse un supplemento di di-scussione. Nel formulare argomentazioni, come quel-le appena esposte, si afferma che ciò collima con l’af-fermazione del principio di sussidiarietà, adottato neitrattati europei, secondo cui ai livelli istituzionali piùalti compete esclusivamente ciò che non può farsicorrettamente ai livelli inferiori.

Esiste però una malintesa interpretazione di que-sto principio, di cui si trova riscontro anche in tutta lamateria contenuta nei cosiddetti decreti Bassanini, enella letteratura contingente sul federalismo. Si ritie-ne che sussidiarietà significhi esclusivamente trasferi-mento di compiti dello Stato, anche quelli come lacompetenza in materia di tutela dei beni culturali epaesaggistici, alle Regioni e agli Enti locali, anche sequesti oggettivamente non possono avere i requisiticostitutivi per gestire i problemi che sono di compe-tenza dei livelli superiori. Ma si finge di non distin-guere tra compiti dell’uno e compiti dell’altro, in unafuriosa opera di decentramento spesso non pertinen-te in nome di uno slogan che a ben vedere risulta de-magogico: avvicinare le decisioni ai cittadini. Dimen-ticando che individualmente i cittadini non possonodecidere e che per questo ed altri compiti si sono da-ti delle specifiche istituzioni.

Per fare un esempio si pensi alla rete nazionaledei trasporti che attraversa decine di comuni, pro-vince e regioni, e che proprio in conformità al princi-pio di sussidiarietà non può che essere di pertinenzadello Stato che infatti ha la competenza per la defi-nizione delle “linee fondamentali” dell’assetto delterritorio.

Analogamente non pare possibile sostenere chenella gestione della tutela della costa (8000 km), ilpaesaggio agrario (migliaia di ettari), il sistema degliinsediamenti storici ed archeologici grandi e piccoli(migliaia), dei grandi fiumi e di monti, si adottino op-zioni di intensità differenziate di tutela nei diversi co-muni che comprendono parti di queste risorse. Eccodunque dove la corretta applicazione del principio disussidiarietà trova ragione di essere applicato con l’in-dicazione della competenza dello Stato, con il Mini-stero per i Beni e le Attività Culturali, a stabilire le ca-

tegorie di beni che, tutti e con la medesima intensità,una volta che ne siano stati riconosciuti i caratteri,debbono essere tutelati. Cosa che è già posta e risol-ta in questi termini fin da quando è stata approvatala Costituzione.

La vera questione su cui occorre invece discu-tere è sulla effettiva volontà politica del Governo difar funzionare correttamente lo Stato in materia ditutela del paesaggio e del territorio. La verità è chenon siamo ancora usciti da un lungo periodo di di-simpegno che ha visto attuarsi un processo di ridi-mensionamento ed impoverimento, in termini di ri-sorse finanziarie strumentali ed umane, del ruolodell’amministrazione del Ministero per i Beni e le At-tività Culturali,, centrale e periferica, a seguito delquale si manifesta una debolezza strutturale, inca-pace di fornire i servizi che sarebbero richiesti. Lascelta del trasferimento di competenze, sarebbechiaramente una manifestazione di disimpegno ul-teriore su di un problema che è, e non può che es-sere nazionale.

È vero che la mondializzazione dell’economiaprescinde dall’attenzione per il territorio, e ne ap-panna i caratteri e l’identità. Cosichè, da visioni cen-tralistiche corrispondenti sembra proporsi la esigen-za di poter prescindere dalla considerazione dei valoridella fisicità del territorio, con cui si manifesta la for-ma e la bellezza del paesaggio. Se questo fosse l’in-dirizzo governativo prevalente, la scelta di indire laConferenza sembrerebbe oggettivamente in con-traddizione.

Rinforzare e riqualificare, con nuove risorse uma-ne e strumentali, l’organizzazione dello Stato. Perfe-zionare la legislazione esistente per renderla più effi-cace ed operante per tutto il patrimonio paesaggisti-co. Non possono essere che questi gli obiettivi delGoverno che peraltro per bocca del Ministro ha di-chiarato di volersi uniformare ad un documento ap-provato dalla Conferenza europea dei poteri locali, al-la cui elaborazione ha contribuito. Ed in tal sensosembra opportuno partire da un aggiornamento co-noscitivo sullo stato del territorio per definire megliogli strumenti di intervento che debbono essere messia punto oppure perfezionati.

L’aggiornamento non potrà prescindere dalla con-statazione:a) che il territorio nazionale è saturo in quanto a

spazio destinato alla urbanizzazione; b) che la parte urbanizzata contiene in sé vasti spa-

zi che possono essere destinati a soddisfare bi-sogni di ammodernamento e sviluppo in una ot-tica di riqualificazione e recupero del diffuso de-grado esistente;

c) la parte non urbanizzata comprende i tratti si-gnificativi della ‘naturalità’ e del paesaggio agri-

Page 212: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

colo e insediativo del territorio nazionale e necostituiscono l’identità da conservare e valoriz-zare, ed è ugualmente soggetta ad azioni di de-grado da abbandono e da sfruttamento non per-tinente come ad esempio nel caso del cosiddet-to “materiale lapideo” ovvero le Cave.Non solo dunque esiste il problema di “conser-

vare” ciò che risulta non investito da un cinquanten-nale ed estensivo processo di urbanizzazione ancoranon arrestato. Esiste il problema di trovare indirizzi diriqualificazione all’interno degli spazi urbanizzati. Il di-sagio che muove attorno alla Conferenza è quellodeterminato dalla constatazione del fallimento dellapolitica del territorio del dopoguerra in termini di qua-lità insediativa offerta. Il brutto paesaggio contem-poraneo (se può essere tale un paesaggio) si è so-vraimposto ad un bel paesaggio che c’era prima. Unainnovativa opera di ripristino e re-invenzione dellaqualità urbana è ancora possibile ed occorre pro-muoverla.

Conservare laddove ci sono risorse integre, ri-pristinare e ricreare laddove ci sono risorse mano-messe. Questi dunque degli obiettivi da promuovereben puntualizzando che contrariamente a quanto af-fermano coloro che sono pregiudizialmente ostili al-la conservazione questa è compito innovativo e pro-gressivo, così come ripristinare un contesto significaricrearvi un ambiente vivibile a partire dalle risorse ori-ginarie.

* * *

In realtà queste tesi possono trovare e trovano lar-go consenso e, se questo è vero, la discussione si spo-sta sugli strumenti da adottare per attuare una poli-tica di tutela del paesaggio.

Due sono le parole ricorrenti ed emergenti inquesta discussione: “Vincolo” e “Progetto”. L’unoper essere demonizzato, l’altro per essere esaltato. Enon sembra esagerato dire che in proposito sussisteuna grande confusione, anche perché, visto da chi sioccupa di pianificazione, si dovrebbe parlare anche diuna terza parola che però tende ad essere accanto-nata: il “Piano”.

L’ansia di sapere quale sia il nostro futuro e so-prattutto l’ansia di modellarlo, traspare da questo di-battito e si traduce nel trasferire nell’idea di progettoun significato onnicomprensivo e totale che risulta ri-duttivo e soprattutto non risolutivo.

La Conferenza Nazionale per il Paesaggio è in-detta dal Governo in un intrigante abbinamento conuna proposta di legge di promozione della buona ar-chitettura. Significativo è il fatto che l’istanza del pro-getto trovi spazio nell’iniziativa governativa, che sen-

te la necessità di incentivare e premiare il buon pro-getto di architettura, proposito questo, assolutamen-te condivisibile.

C’è però il dubbio che si possa eludere il problemadella cattiva qualità dell’ambiente territoriale e paesag-gistico pensando che possa essere risolto da un molti-plicarsi di singoli e buoni progetti architettonici. E c’è an-che il dubbio conseguente che il progetto urbanistico ela pianificazione, possano essere per questo considera-ti superflui. Tanto che nelle discussioni preparatorie del-la Conferenza per il paesaggio, anche se nessun argo-mento sembra trascurato, il perno della questione risultarelativo al fatto che secondo alcuni dei fautori e pro-motori del buon progetto architettonico, sono i vincoliche impediscono e tarpano la creazione architettonica.

Non si smetterà di ricordare, per contestare que-sta tesi, che l’invenzione della macchina, atto crea-tivo bello, fondamentale e “moderno” degli inge-gneri, non avrebbe mai potuto avvenire se gli inge-gneri progettisti non si fossero scrupolosamente po-sti in condizione di rispetto rigoroso dei vincoli del-la natura. E che anzi proprio la profonda compren-sione dei vincoli (cosa cui spesso i progettisti di ar-chitettura si dichiarano ostili) è all’origine di quegliatti creativi.

Per analogia si deve ritenere che lo sforzo di co-noscenza della natura del territorio, del suo significa-to, delle sue componenti non può non essere alla ba-se del progetto di trasformazione e costituire il vin-colo, proprio il vincolo…di riferimento per ogni attodi progettazione e pianificazione.

Da tempo si fanno sforzi conoscitivi e di com-prensione sulla natura del territorio. Non abbastanzaancora s’è fatto per ancorare a questi sforzi conosci-tivi un metodo progettuale efficace e pertinente. Il fat-to è che lo sforzo di aggiornare il campo e il metododelle analisi conoscitive per superare la inadeguatez-za e non pertinenza dei contenuti dei piani e dei pro-getti, ha finora prevalso, ed in questo senso ha con-ferito una dimensione ‘settoriale’ ed in qualche casofuorviante, alle ricerche prodotte.

Per questo occorre sicuramente andare oltre la ca-pacità affinata negli anni recenti di conoscere le risorsepaesaggistiche e naturali del territorio ancorando il lo-ro riconoscimento ad una idea programmatica… pro-gettuale. Semplificando si può affermare che occorreche il campo delle analisi conoscitive sia frutto di unariflessione pre-analitica che è soggettiva e presuppo-ne un’idea… un progetto di relazione col territorio incui si opera, che prenderà forma col progredire dellaconoscenza.

Se questa è una delle dimensioni della riflessionesul progetto urbanistico, che ovviamente è diverso ecomplesso rispetto al progetto edilizio, occorre fare ul-teriori passi avanti.

212

Page 213: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Progetto è un modello ideale che non esistenella realtà, verso cui si tende. Anche i piani urba-nistici, soprattutto nel passato, prima e dopo la ri-voluzione francese si sono configurati come tali esono stati rappresentati con dei disegni simili a quel-li dei progetti architettonici, corredati da altri ela-borati. Mentre il risultato dei progetti edilizi che so-no essenzialmente atemporali per la brevità del tem-po in cui generalmente si realizzano, somiglia fisi-camente alla rappresentazione ovvero al disegnooriginale, il risultato dei progetti urbanistici è di-verso perché il tempo e la gente, ovvero la città, ob-bligano l’adeguamento continuo, la gestione pro-lungata del progetto, il suo cambiamento da mo-dello disegnato a piano, ovvero a programma com-

plesso di governo delle trasformazioni. Il piano ècontenuto nella totalità della realtà urbana e terri-toriale nella misura in cui essa vi è riconosciuta, enon ne può prescindere. Il disegno del progetto delpiano somiglia soltanto al disegno della città che suquella base si è realizzato, ma è molto più ricco edenso di informazione.

In conclusione, vincolo, progetto, piano sono tut-ti termini complementari ed inseparabili. Il progetto ar-chitettonico, necessario e irrinunciabile, non è suffi-ciente come strumento a se stante. Anzi così conce-pito risulta perfino fatuo. Occorre che si inserisca in unprocesso di governo delle trasformazioni urbane eterritoriali e di eventi più complessi ed articolati neltempo.

213

Page 214: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Bella Italia, amate sponde, Pur vi torno a riveder!

Trema in petto e si confonde L’alma oppressa dal piacer.

(V. MONTI: Dopo la battaglia di Marengo)

Bisognerà un giorno vedere che cosa manca alle nostre grandi città:ampi e quieti ed estesi luoghi adatti alla meditazione, luoghi con

lunghi portici spaziosi per le giornate cattive o troppo assolate,dove non penetri strepito di vetture e di mercanti (…)

(F. NIETZSCHE: La gaia scienza)

La perdita del legame con lo spazio e il paesaggio è stataproporzionale, negli ultimi decenni, all’intensità delle modificazionipaesistiche. Esse hanno cancellato gli antichi riferimenti, le antiche

memorie, con lo smarrimento che ne consegue con chi in esse siera identificato; (…)

(E. TURRI: Semiologia del paesaggio italiano)

È per questo che, non essendoci mai preoccupati di valutare lacompatibilità ambientale delle attività e degli insediamenti, rispetto

alla “qualità ambientale”, alle “potenzialità “ e alle “capacità dicarico” degli ecosistemi, oggi ci troviamo a parlare di distruzione e

scempio del territorio, con conseguenze spesso gravissime per lasicurezza e la salute.

(A. MASULLO: Il pianeta di tutti: vivere nei limiti perché la terra abbia un futuro)

Il nostro concetto di “benessere” si è profonda-mente modificato negli ultimi anni. La constatazionequotidiana di un crescente degrado ambientale e la dif-fusione e apprendimento dei dati relativi a questo de-grado, impongono alla nostra cultura e ai nostri com-portamenti un ripensamento dei modelli di sviluppo tra-dizionali basati su uno sfruttamento intensivo delle ri-sorse. Non sfugge a questa regola il “paesaggio” che è,da un lato “ forma esteriore del territorio”, ma anche“lo spazio ambientale e culturale” in cui le trasforma-zioni socio-economiche si producono.

Una politica del paesaggio ha da un lato l’obietti-vo di preservare gli aspetti estetico-culturali e le radicimnemoniche della storia e delle tradizioni, dall’altro ladifesa di valenze naturalistiche e ecologiche. E tuttavia,non può pretendersi nemmeno un estremismo conser-

vazionista, tenuto conto delle dinamiche economichedella società e delle trasformazioni che esse, benchéspesso in modo convulso e irrazionale, comportano. Ènecessario quindi che un’avveduta politica di difesa pae-saggistica contrasti le dinamiche più distruttive e antie-conomiche, ma non ostacoli quelle necessarie.

Il paesaggio attuale è esso stesso, infatti, risultatodi trasformazioni che nel lontano passato hanno pro-dotto problemi e lacerazioni di cui oggi abbiamo persotraccia.

Il problema della tutela e della valorizzazione pae-saggistica è legato, oggi, alla portata spesso imprevedi-bile delle dinamiche di trasformazioni sociali ed econo-miche (pensiamo al solo fenomeno dell’immigrazionedegli ultimi anni, alla globalizzazione dei mercati, o allebibliche migrazioni turistiche) che proiettano un pae-saggio cresciuto (fin solo a qualche decennio addietro) se-condo logiche di economie contadine e locali, in una di-mensione planetaria che – malauguratamente – tende adassimilare luoghi, tradizioni, culture diversissimi tra loro.

Oggi, perciò si aggiunge all’impatto prodotto daigrandi flussi di urbanizzazione e industrializzazione delprimo dopoguerra e al guasto di una generale insensi-bilità verso il “parametro estetico” dell’architettura –quello di un Paese che si avvia ad essere (volente o no-lente) multietnico e in cui sarà molto più difficile distin-guere il preservando dal trascurabile.

Posto che la politica “ecologica” ricade in altrecompetenze, obiettivo di una politica del paesaggio ri-mane essenzialmente quello di mantenere il più possi-bili inalterate le valenze naturalistiche e culturali di pre-gio, consentendo, al contempo, che quelle trasforma-zioni che l’evoluzione della società richiede avvenganoin coerenza con criteri di qualità (naturalistica e cultu-rale).

In questo senso, anche gli ambiti già compromessi dainterventi deturpanti effettuati – nel passato recente –devono trovare adeguati strumenti di “ripristino”.

Andrea RuffoloArchitetto

214

Page 215: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

215

1. Ampliamento del concetto giuridico-amministrativo di paesaggio

Il concetto di paesaggio si è andato ampliando sianella sua accezione terminologico-culturale, sia nellasua valenza prettamente giuridico-amministrativa.

Dal punto di vista lessicale il termine paesaggio èandato spostandosi da un’idea di scorcio o veduta ec-cellente a quella di territorio-ambiente.

Dal punto di vista giuridico-amministrativo si è as-sistito ad un analogo processo, che – dal protezionismodi ambiti limitati (già presente nelle legislazioni di diversiPaesi fin dall’inizio del secolo) – ha portato a identifica-re sempre più il paesaggio con un’area vasta di territo-rio, fino ad assumere, come è stato detto - il significa-to di forma esteriore del territorio.

Di questa “forma esteriore” fa parte il quadro na-turalistico (oggi di competenza del Ministero dell’Am-biente) che, nei suoi aspetti faunistici e vegetazionali, ri-chiede adeguate politiche di protezione degli ecosistemi.

Ma v’è di più: la qualità ambientale, con i suoi ri-flessi di tipo percettivo (rumori, odori, inquinamenti,modificazioni del microclima, ecc.) è essa stessa ele-mento essenziale della qualità paesaggistica e della suamodalità di percezione.

Pertanto si può dire che il concetto amministrativodi paesaggio non può oggi prescindere da connotazio-ni di carattere ecologico.

Il paesaggio é sì, dunque, semiologia del territorioe della tradizione artistico-culturale, ma anche “territo-rio dell’ambiente”.

2. Limiti della pianificazione territoriale e della valutazione d’impatto ambientale

La pletora di strumenti di pianificazione per il con-trollo del territorio e delle sue modificazioni hanno ge-nerato, oltre ad un inevitabile disordine di linee di indi-rizzo, anche la paralisi, controproducente e sfociantenell’abusivismo, di ogni attività di trasformazione.

Mi soffermerò su un unico punto che sembra pa-radigmatico: la paradossale inconciliabilità tra gli obiet-tivi delle politiche di protezione ecologica e quelle di pro-tezione paesaggistica. La politica ambientale (che si tra-duce in diversi strumenti di pianificazione) infatti, ha perobiettivo di preservare i livelli qualitativi dell’ambiente;il rispetto di tali livelli, inevitabilmente, comporta de-centramento e delocalizzazione di attività, invadendoperciò ambiti paesaggisticamente meno compromessi.Per converso, la conseguenza è che sempre nuovi am-biti paesaggistici vengono invasi dai nuovi interventiestendendo il degrado. La procedura cosiddetta di Va-lutazione di Impatto Ambientale é paradossalmente, lostrumento amministrativo che, oggi, consente e avalla

questo consumo di territorio. Nel cosiddetto Giudizio diCompatibilità Ambientale, che conclude la proceduraautorizzatoria ambientale e inizia quella di tipo urbani-stico, gli aspetti paesaggistici sono marginali e la con-certazione “ambiente-beni culturali” riguarda la solaverifica del rispetto dei vincoli paesaggistici, ai qualispesso si ovvia con deroghe. Le reali vocazioni paesag-gistico-territoriali non sono considerate in quanto laprocedura di V.I.A. segue e non precede le scelte loca-lizzative.

È quindi necessario individuare linee di indirizzodel territorio nazionale che permettano di ribaltare talelogica distruttiva del paesaggio.

3. I limitati campi visuali del paesaggio italiano

La particolarità e la varietà della formazione geolo-gica e naturalistica del nostro Paese, costituisce – insiemeal suo imponente retaggio di testimonianze storico-arti-stiche – la vera singolarità che pone il nostro Paese in unaposizione di preminenza assoluta rispetto ad altre situa-zioni paesaggistiche seppur vicine (penso alla Francia o al-la Spagna). La varietà del “menù” paesaggistico italiano,cioè la possibilità di avere in breve spazio unità paesag-gistiche totalmente diverse tra loro, costituisce da un la-to la bellezza e il fascino della situazione italiana (con evi-denti riflessi sul turismo) ma ne è anche il punto di mag-giore vulnerabilità.

Non v’è dubbio infatti che, proprio per la limitatez-za dei campi visuali del paesaggio italiano (Sestini) cir-coscritti da rilievi e numerose emergenze orografiche (adifferenza di quelli mitteleuropei che si estendono finoall’orizzonte) ogni intervento di modificazione dell’assettodel territorio (seppur minimo) assume connotazione diemergenza visuale rilevante. Emergenza che secondo ladottrina (K. Lynch), positivamente o negativamente, per-mane nel campo mnemonico di quel determinato pae-saggio.

L’eccezionalità del paesaggio italiano, ammiratodal mondo intero per l’armonico sodalizio tra confor-mazione orografica, assetto vegetazionale, eccezionalitàartistico-urbanistiche (le cui radici affondano nei pro-dromi elleno-etruschi) e condizioni climatiche, richiedeun supplemento di qualità che deve trovare – proprio perla sua vulnerabilità – sostanza in una più moderna cul-tura del progetto e di architettura del paesaggio.

4. Assenza di giudizio estetico nell’autorizzazionedi opere di modificazione del territorio

La totale assenza di giudizio estetico e di qualità èfrequente nelle procedure di rilascio delle concessioniedilizie, o delle autorizzazioni rilasciate dai Comuni.

Page 216: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Le commissioni Edilizie – ex-Commissioni di “ornatocittadino” – non sono altro che meri passaggi burocra-tici. L’istruttoria sui progetti viene predisposta prece-dentemente e da chi, in genere, non ha sensibilità este-tiche.

Questo disinteresse per la qualità estetica ha pro-dotto una legislazione e un’abitudine culturale e am-ministrativa che ha focalizzato ogni interesse sul datoeconomico-dimensionale (le cubature per esempio) sen-za minimamente distinguere tra prodotti di pregio ar-chitettonico e non.

Ma v’è di più: la logica conseguenza di questo di-sinteresse per il bello ha prodotto proprio in Italia (in-ternazionalmente riconosciuta come Patria della bellaarchitettura) innumerevoli guasti paesaggistici prodot-ti da un’edilizia appiattita su stereotipi grossolani e in-differenti alle preesistenze. Questo è anche il risultatodella indifferenziazione di una ridda di professionalitàche operano nell’edilizia ma che, solo in Italia, sono le-gittimati a firmare progetti di architettura. Geometri,periti edili, ingegneri, ecc. hanno poco a che fare conil “bello”. In tutta Europa solo gli architetti e i paesag-gisti sono gli unici professionisti deputati alla presen-tazione di progetti di trasformazione edilizia e paesag-gistica.

Per concludere questo aspetto, basta confrontare lasituazione italiana, in cui il tecnico del Comune (quasisempre geometra almeno nei piccoli comuni) decide ilbuono e il cattivo, con quella francese dove ogni auto-rizzazione è istruita preventivamente, anche sotto il pro-filo estetico, da un “Architecte des Bâtiments de Fran-ce”; mentre, ove si ricada nell’ambito di uno dei “Mo-numents o Sites Classés” (corrispondenti a quelli di cuialla L.1497/39 e 1089/39) è necessario, l’ulteriore as-senso di un “Architecte des Monuments Historiques deFrance”.

Suggerimenti

1. Qualitá del paesaggio e dell’architettura. Limi-tazione delle professionalità estranee all’architettura; li-nee guida per Nuovi Regolamenti Edilizi Comunali.– Maggiore rilievo agli aspetti qualitativi e estetici

dell’architettura che devono concorrere a formareil giudizio di un’opera tanto quanto quelli quanti-tativi; di conseguenza limitazione dell’ambito di in-tervento di professionalità estranee al discorso del-l’architettura e del paesaggio, almeno nelle zone dipregio paesistico, in sintonia con il quadro norma-tivo dei maggiori paesi europei.

– Promozione della qualità architettonica che comeé stato sottolineato (Sandulli, Pittarello, De Cunzo),deve riguardare, dove possibile, anche l’incentiva-zione di libertà espressive di qualità e non soltanto

l’imbrigliamento in mal definite tipologie, total-mente anodine, che – proprio per la loro insignifi-canza (per non dire bruttezza) – costituiscono ol-traggio alla nostra cultura estetica. In questo sen-so ci si attende molto dall’iniziativa della Legge sul-l’architettura, lanciata dall’allora Ministro Veltroni esaggiamente raccolta dal Ministro Melandri.

– Linee guida per la ridefinizione di competenze este-tiche delle Commissioni Edilizie e per le revisonidei Piani Regolatori che tengano conto dei valoriestetici delle preesistenze (materiali, criteri veduti-stici, illuminazioni, piantumazioni autoctone, ecc.),ma anche di nuove problematiche (es.: antennetelevisive e di telecomunicazioni; linee di elettrifi-cazione, impiantistica di sicurezza, zone per archi-tettura innovativa, ecc.).

2. Ecologia del paesaggio. Limitare le fonti di di-sturbo percettivo: linee di indirizzo per l’ aggiornamen-to dei Regolamenti di Edilizi e di Igiene.

Linee di indirizzo che possano regolamentare – an-che sotto il profilo paesistico – aspetti di disturbo am-bientale altrimenti trascurati dalle normative e che por-tino ad un aggiornamento periodico dei RegolamentiEdilizi e di Igiene dei Comuni.

Mi riferisco soprattutto – ma non solo – al rumore:la cui recente regolamentazione (vedere: “Piani urbanidel rumore” ex DPCM14/11/97), ancorché largamenteinapplicata, non sembra sufficiente a diminuire i pro-blemi. Infatti anche in questo caso la legislazione nonentra nel merito della “qualità del rumore” ma solodella sua intensità. Non si può pertanto diminuire l’im-patto di disturbo (o “estetico”) del rumore, poiché es-so è denotato da classificazioni quantitative che richie-dono peraltro lunghe procedure di controllo, monito-raggio, valutazione con il risultato di vanificare qualsia-si rapido intento repressivo.

Risulta, per esempio, che vengano esentate taluneforme di rumore (sirene di mezzi di emergenza, ampli-ficatori di finte campane di chiese, ecc) i cui effetti sul-la percezione qualitativa del paesaggio sono noti o fa-cilmente intuibili.

Mi riferisco anche al problema del traffico veicola-re (privato e pubblico) con il suo corollario di impatti vi-suali e ambientali.

3. Commissioni locali per il il ripristino paesaggisti-co. Istituzione – a livello locale – di gruppi di lavoro cheindividuino situazioni di particolare compromissione,avviando Piani di ripristino paesaggistico da attuarsi an-che attraverso le demolizione di interventi recenti a for-te impatto visuale e individuando possibili fonti di fi-nanziamento.

Segnalo a questo proposito, che in Francia da cir-ca 10 anni i Comuni e gli Enti locali attingono a Fondi

216

Page 217: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

217

Europei per la riconversione di ambiti industriali e mi-nerari dismessi e di periferie di città e piccoli comuni cre-sciuti in maniera casuale.

4. Un piano direttore del paesaggio nazionale. Lineedi indirizzo di assetto territoriale e paesistico.

Istituzione di un Ufficio (affiancato da esperti) conil compito di redigere un Piano Direttore del TerritorioNazionale che – sulla falsariga e in accordo a quello dialtri paesi europei – invidui le linee generali dell’assettoterritoriale e paesistico del Paese.

L’esperienza pur significativa delle Proiezioni Terri-toriali del Progetto ’80 potrebbe essere provvidamenteriaggiornata.

Piano che dovrebbe – come per la ”Relazione sulloStato per l’ambiente” – aggiornare periodicamente la fo-

tografia del territorio nazionale, tenendo conto dei prin-cipali fenomeni di trasformazione: de-industrializzazione,terziarizzazione, mobilità, nuove conurbazioni ecc.

Un Piano che potrebbe aiutare a limitare il consu-mo di territorio mantenendo il più elevato possibile il tas-so di concentrazione urbanistico e infrastrutturale (siveda la politica dei “points noirs” di Svezia e Francia), eche – nel rispetto delle diverse autonomie – esalti le rea-li vocazioni territoriali.

Nell’ambito di tale Piano potrebbero figurare tral’altro indicazioni per la concertazione di Programmiutili a promuovere l’adeguamento di grandi infrastrut-ture nazionali (penso alle reti autostradali e ferroviaria)o di quelle urbane (penso alle metropolitane e ai par-cheggi) la cui stentata funzionalità è, oggi, fonte di ul-teriori guasti ambientali e paesaggistici.

Page 218: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

Interessante e utile mi sembra la proposta di for-mulare, quale sbocco culturale e politico della Confe-renza, una “Carta italiana del paesaggio”. Un docu-mento cioè (se ne ho compreso le intenzioni) che pon-ga all’opinione pubblica i temi e gli impegni di fondo,con un linguaggio chiaro e semplice ma con il massimodi rigore possibile.

Sulla base della scaletta proposta da Pio Baldi vorreiproporre alcune molto sintetiche enunciazioni, vere e pro-prie “tesi” facilmente argomentabili, ma la cui argomen-tazione tralascerò raccogliendo l’invito alla brevità. Le rag-grupperò secondo tre domande che mi sembra riassu-mano alcuni dei punti del documento di Pio Baldi: che co-s’è il paesaggio, a che cosa serve, come governarlo.

Che cos’è il paesaggio (punto 5.1.1)

1. Il paesaggio è il prodotto storico della cultura edel lavoro dell’uomo sulla natura. Natura e storia, va-riamente integrandosi nelle varie parti del pianeta, for-mano tipi diversi di paesaggio (naturale, agrario, urba-no), ciascuno caratterizzato da genesi, caratteri, signifi-cati, utilità, problemi diversi, ma tutti leggibili tenendoconto di (a partire da) quell’intreccio. Esso definiscequindi l’identità dei luoghi.

2. Nella vicenda culturale italiana ed europea ilpaesaggio è stato oggetto di interpretazioni diverse1.Queste però non devono essere viste come l’espressio-ne di posizioni antitetiche, ciascuna delle quali si con-trappone alle altre, ma come l’espressione di differentipunti di vista, ciascuno dei quali sottolinea uno degliaspetti del paesaggio.

3. L’intervento dell’uomo sulla natura ha avuto edha segni diversi: dal positivo al negativo. A volte (con lasemplice manutenzione, oppure con la formazione dinuovi paesaggi agrari, oppure con la creazione di ope-re integrate nel paesaggio preesistente) ha aggiuntovalore alla forma della Terra, altre volte (con l’incuria e

l’abbandono, con l’eliminazione dei segni del passato innome del profitto immediato, con l’artificializzazionedissennata) ha sottratto valore e distrutto il patrimonioculturale e storico costituito dal paesaggio, ha ridotto laricchezza della civiltà umana.

A che serve (punto 5.1.2)

4. Il paesaggio è memoria e il paesaggio è risorsa.Il paesaggio è un deposito di storia. In esso è rappre-sentato e testimoniato il nostro passato, il passato del-la nostra civiltà. Esso è dunque il fondamento dellaidentità delle diverse comunità che abitano il pianeta(dalle nazionali alle locali). Esso serve (a noi e alle ge-nerazioni future) perché è una insostituibile risorsa del-la civiltà, è la materia vitale che alimenta il futuro.

5. Il paesaggio è anche risorsa economica. Semprepiù, nell’economia moderna, tendono ad accrescere il lo-ro peso (fino a diventare dominanti) i settori legati allaproduzione di “beni immateriali”, tra i quali i compartilegati alla ricreazione e al benessere fisico, al turismo, al-la conoscenza e al godimento estetico assumono cre-scente rilievo. In moltissime aree dell’Italia (e dell’Euro-pa) il paesaggio di qualità è luogo e condizione perproduzioni enogastronomiche “di nicchia”, caratteriz-zate dalla qualità e dall’identità, fondamentali per lo svi-luppo economico e sociale delle aree coinvolte e per laconservazione di valori universali.

6. Nei prossimi decenni non va trascurato il pesoche può avere per lo sviluppo dell’occupazione in mol-te regioni italiane un’azione di manutenzione del suo-lo, di riduzione dei rischi e dei costi del degrado am-bientale, di avvio di un’azione di presidio ambientale. Sitratta di ricostituire e manutenere ambienti naturali di-strutti dall’incuria dell’uomo (e minacciosi per la so-pravvivenza nelle aree a valle del degrado), oppure am-bienti caratterizzati da un assiduo rapporto di costru-zione del paesaggio agrario.

Edoardo SalzanoIstituto Universitario di Architettura di Venezia

Dodici tesi per la Conferenza Nazionale sul Paesaggio*

218

Page 219: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

219

7. Alla qualità del paesaggio è legata anche laqualità della vita: La bellezza dei panorami, l’armonia deiluoghi nei quali si svolge la sua vita sono essenziali peril benessere della donna e dell’uomo, del bambino e del-l’anziano. Nell’epoca della globalizzazione, la concor-renza tra le regioni e le città assume sempre di più laqualità dell’ambiente (come componente della qualitàdella vita) come un valore economico da mettere in gio-co nel “marketing urbano”. Ciò pone, una volta anco-ra, l’esigenza economica di migliorare la qualità del pae-saggio anche là dove (come nelle periferie urbane) nonsi è stati capaci di creare qualità nuove, ma solo di di-struggere quelle preesistenti.

Come governarlo (punti 5.2.2 e 5.2.3)

8. Obiettivo primario è quello di conferire piena ef-ficacia alla protezione e al godimento dei beni paesag-gistici (di quelli esistenti e di quelli da realizzare) da par-te delle generazioni presenti e future. La pianificazioneterritoriale e urbanistica, come insieme di metodi e stru-menti volti ad assicurare coerenza alle trasformazioni delterritorio garantendo trasparenza e partecipazione alprocesso delle decisioni, è l’ambito entro il quale taleobiettivo può essere raggiunto.

9. Particolarmente significativo, da questo punto divista, il modo in cui la legge 431/1985 ha posto le pre-messe per innovare il sistema di pianificazione. L’espe-rienza di attuazione di quella legge (là dove un’attua-zione positiva vi è stata) induce a sottolineare, e a pro-porre come indirizzi, i seguenti punti:a) l’assidua ricognizione delle qualità naturali e stori-

che del territorio, ad ogni livello di governo e di pia-nificazione (nazionale, regionale, provinciale, co-munale), come prima fase della pianificazione;

b) l’individuazione delle trasformazioni fisiche ammis-sibili e delle utilizzazioni compatibili con le caratte-ristiche proprie di ogni unità di spazio come con-dizione per ogni decisione sulle trasformazioni dapromuovere o consentire;

c) l’inserimento della “attenta considerazione dellevalenze paesistiche e ambientali” nella pianifica-zione territoriale e urbanistica ordinaria, a tutti i li-velli.10. Una tutela attiva del paesaggio richiede l’im-

piego di tutti gli strumenti disponibili: le politiche e leazioni di settore, gli incentivi finanziari, la partecipazio-

ne a programmi e progetti nazionali e sovranazionali, ilricorso all’imprenditoria privata. Questi strumenti devo-no essere strettamente integrati nella pianificazione,non devono essere adoperati in contrasto ad essa op-pure come alternativa.

11. Sottolineare l’utilità della pianificazione significariconoscere la parzialità, e quindi l’insufficienza della pro-tezione passiva (dei vincoli di tutela). Ma occorre al tem-po stesso ribadirne l’utilità, sotto un duplice profilo. In pri-mo luogo, il vincolo è necessario come difesa tempora-nea, in attesa che la pianificazione consenta di articolarele politiche, sia attive che passive, di tutela. In secondo luo-go perché (come dimostra l’esperienza della 431/1985) ilvincolo agisce strumentalmente come sollecitazione allapianificazione, e quindi alla possibilità di fruizione dei be-ni paesaggistici che ne garantisca la conservazione.

12. La tutela e valorizzazione del paesaggio espri-me una pluralità d’interessi collettivi: da quelli naziona-li a quelli locali. Occorre evitare sia il rischio del conflit-to paralizzante sia quello della negazione di uno o l’al-tro degli interessi coinvolti. Il principio di sussidiarietà,nella sua accezione corretta2, è il criterio utilizzabile perindividuare a chi spetta la responsabilità della scelta inrelazione agli oggetti e aspetti su cui occorre decidere.L’estensione a tutte le fattispecie dell’istituto dell’intesatra amministrazioni pubbliche, introdotto nell’ordina-mento italiano con l’articolo 57 del decreto legislativo112/1998 è lo strumento pratico da impiegare per ot-tenere il più alto consenso e la più tempestiva efficacia.

NOTE

* Contributo ai lavori della Sessione 3: Paesaggi italiani e qualità del-la progettazione

1 Basterà ricordare la concezione estetica del paesaggio, cheesprime certo il punto di vista più antico e consolidato, quella del pae-saggio come “rappresentazione materiale e visibile della Patria [Ö].lafisionomia, la caratteristica, la singolarità per cui una nazione si dif-ferenzia dall’altra” (Benedetto Croce), quella del “paesaggio come luo-go della memoria e del tempo” (Rosario Assunto), quella del pae-saggio come “forma che l’uomo, nel corso ed ai fini delle sue attivitàproduttive, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggionaturale (Emilio Sereni), e quelle più recenti della cosiddetta “ar-cheologia del paesaggio” e della “ecologia del paesaggio”.

2 Trattato di Maastricht, art.3B: “ Nei campi che non ricadononella sua esclusiva competenza la Comunità interviene, in accordo conil principio di sussidiarietà, solo se, e fino a dove, gli obiettivi delle azio-ni proposte non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Sta-ti membri e, a causa della loro scala o dei loro effetti, possono esse-re raggiunti meglio dalla Comunità.”

Page 220: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

220

Il paesaggio costituisce un valore primario per il no-stro ordinamento, che ne pone la tutela, unitamente aquella del patrimonio storico e artistico della Nazione, tragli obiettivi prioritari della Repubblica, enunciati tra i prin-cipi fondamentali della Costituzione (art. 9).

Il significato del termine “paesaggio” ha quindiimmediatamente assunto la massima importanza, de-terminando i confini della protezione costituzionale edella conseguente primazia della relativa disciplina su-gli altri interessi confluenti sul territorio.

L’originaria concezione del paesaggio come “qua-dro naturale” e la conseguente identificazione della suanozione giuridica con quella di bellezza naturale, indi-viduata attraverso specifici prowedimenti di vincolo, èstata rapidamente superata in favore di un’accezione as-sai più ampia dell’espressione.

In forza della naturale evoluzione delle disposizionicostituzionali “a causa delle modificazioni introdotte nel-l’ordinamento complessivo in cui sono inserite e del di-venire storico della società in cui quelle sono applicate”(C. Cost. 11-25.2.1988 n. 211 in tema di sanità pubbli-ca), ad essa viene infatti ora onnicomprensivamente at-tribuito il significato di “forma esteriore del territorio”quale risulta dalla combinazione tra gli elementi natura-li e l’intervento dell’uomo (C. Cost. 26.2-3.3.1986 n. 39).

In questa più moderna accezione, il termine pae-saggio assume anche una connotazione storico-cultu-rale, ponendosi come una testimonianza della storia,delle radici, della cultura e quindi dell’identità di una co-munità insediata sul territorio, sicché esso non è più sol-tanto costituito dal complesso dei singoli beni, sottopostia vincolo, per abbracciare invece l’intero aspetto este-riore dei luoghi e la relativa tutela costituzionale non sirisolve nella salvaguardia e valorizzazione dell’esistente,ma si estende alla disciplina di ogni intervento umanoche possa modificarne il profilo estetico, in una “ricon-siderazione assidua dell’intero territorio alla luce dellaprimarietà del valore estetico-culturale” (C. Cost.27.6.1986n. 151).

Questa più “ampia” concezione del paesaggio siadatta in modo particolare al nostro Paese, nel quale la“forma” del territorio sotto tutti gli anzidetti aspetticostituisce un bene assolutamente fondamentale: il no-stro, più che ogni altro Paese, unisce straordinarie bel-lezze naturali (alle coste e alle isole si aggiungano lesplendide campagne del centro-Italia oltre al meravi-glioso scenario alpino ed appenninico) a grandiose ope-re d’arte, testimonianza di diverse e molteplici epochestoriche e culturali (dai resti greci a quelli etruschi e ro-mani, dall’arte bizantina agli splendori del rinascimen-to, dal gotico, al barocco, al neoclassico, ecc.) e le unee le altre costituiscono un tutt’uno assolutamente in-scindibile.

L’aspetto esteriore del nostro territorio quale essorisulta dalla combinazione tra l’elemento naturale e l’in-tervento dell’uomo, rappresentando una straordinariatestimonianza storico-culturale, è del resto la fonte diuna delle nostre maggiori ricchezze, se non addiritturala principale: il turismo.

Nelle aree panoramiche come nelle città d’artequesto riveste non soltanto un importantissimo valoreeconomico, ma anche un primario ruolo culturale, fa-vorendo lo sviluppo stesso della popolazione e una mag-giore conoscenza dell’Italia nel mondo, non priva di ri-flessi anche sul piano commerciale.

Il paesaggio, inteso nell’anzidetto senso più globaledi “forma” del territorio, di “apparenza” di questo, loabbraccia quindi nella sua interezza, perché ogni ango-lo, anche remoto, contribuisce a formarne il profiloesteriore.

La protezione che la Corte Costituzionale assicuraa questo bene investe dunque l’intero territorio nazio-nale ed implica che ogni tratto di questo - e non soltantoquelle parti che presentino particolari caratteristiche - siatutelata e valorizzata per assumere un aspetto estetica-mente più apprezzabile e offrire migliore testimonianzadella vita e della cultura del popolo che vi è insediato.

In quest’accezione il paesaggio assorbe quindi a

Maria Alessandra SandulliUniversità degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze Politiche

Premessa ad uno studio per la riforma della legislazione sulla tutela del paesaggio

Page 221: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

221

pieno titolo anche le aree culturalmente rilevanti e dun-que i beni storici e archeologici visibili dall’esterno, ma,soprattutto, assorbe qualsiasi intervento dell’uomo cheimplichi una trasformazione esteriore del territorio.

In questi sensi la tutela del paesaggio e la conse-guente disciplina degli interventi su di esso viene ne-cessariamente ad interferire con tutti gli altri interessi, inprimis economici, che in vario modo confluiscono sul ter-ritorio e, soprattutto, con il modello tipico di gestione diquesto: la pianificazione urbanistica.

Un’autorevole dottrina (PREDERI) ha anzi afferma-to la piena coincidenza tra le due nozioni, soprattutto inconsiderazione della più ampia accezione di governodel territorio assunta dall’urbanistica nell’art. 80 D.lgs.616 del 1977, anche se questa tesi è stata espressarnenterifiutata dalla Corte Costituzionale (sent. 359 del 1986).

La stretta connessione tra disciplina urbanistica e tu-tela del paesaggio emerge peraltro chiaramente dal-l’atteggiamento del legislatore nella L. 431 del 1985, chesignificativamente esalta il ruolo della pianificazionequale strumento per la tutela paesistica, imponendol’adozione, in alternativa, dei piani paesistici e dei nuo-vi “piani urbanistico-territoriali”, con specifica conside-razione dei valori paesistici ed ambientali, che sembra-no aprire la strada alla composizione in unica sede de-gli interessi sulla forma del territorio, destinata a supe-rare l’attuale modello del “sistema di tutela parallelo, incui ogni potere pubblico prowede autonomamente al-la tutela di quello specifico interesse cui è addetto”.

Da un sistema vincolistico teso alla mera conserva-zione dell’esistente, si passa infatti ad un sistema di tu-tela del paesaggio nel suo momento dinamico, attra-verso il modello tipico della disciplina urbanistica: la pia-nificazione.

Il principio informatore della L. 431 del 1985, chevede negli strumenti di pianificazione il modello di ge-stione dei beni ambientali è ripreso e sviluppato nellesuccessive leggi 183 del 1989 per la difesa del suolo e394 del 1991 sulle aree protette alle quali, rispettiva-mente, si deve l’introduzione dei piani di bacino, pre-valenti su quelli paesistici e dei piani dei parchi, sostitu-tivi per le aree protette di qualsiasi strumento pianifica-torio e dunque idonei a riunire in sé tanto la disciplinapaesistica quanto quella urbanistica.

La proliferazione dei piani di disciplina del territo-rio, in una con la diffusione dello strumento delle co-siddette varianti automatiche alle relative disposizioni co-stituisce per vero uno degli aspetti più criticabili della no-stra legislazione in materia e una delle maggiori causedi malgoverno del territorio.

In un momento nel quale, anche sotto la spinta co-munitaria, si tende alla semplificazione delle proceduretanto legislative che amministrative, sviluppando i mo-delli di composizione unitaria dei diversi interessi, è ana-cronistico un sistema che, su un unico ambito territo-

riale, prevede una serie di discipline parallele, alle qua-li peraltro è dato agevolmente derogare in sede di rea-lizazzione di opere pubbliche.

Il recente D.lgs. 112 sembra fare un passo avantia tale riguardo, prescrivendo da una parte che le pro-cedure di localizzazione delle opere pubbliche di inte-resse statale siano attivate previa presentazione alla re-gione di un quadro annuale delle opere e degli inter-venti che l’Amministrazione interessata intende realiz-zare sul suo territorio e che nel caso di variazione au-tomatica agli strumenti urbanistici la stessa Ammini-strazione debba predisporre uno specifico studio suglieffetti urbanistico-territoriali e ambientali dell’inter-vento e sulle misure per il suo inserimento territoriale;e prevedendo dall’altra che le Regioni possano conpropria legge affidare al piano territoriale di coordina-mento provinciale di cui all’art. 15 L. 142 il valore e glieffetti dei piani di tutela nei settori della protezione del-la natura, della tutela dell’ambiente, delle acque e del-la difesa del suolo e della tutela delle bellezze natura-li, sempre che la definizione delle relative disposizioniavvenga nella forma dell’intesa tra la provincia e le am-ministrazioni anche statali competenti (e dunque, oltreRegioni, Comuni, Comunità montane, ecc., anche iMinisteri dell’Ambiente, dei Beni Culturali e Ambientali,dei Lavori Pubblici, ecc.).

Lo strumento, il cui valore è però condizionato al-l’acquisizione dell’intesa, può quindi divenire la sedeper la composizione unitaria dei diversi interessi, nel ri-spetto delle linee-guida tracciate dallo Stato nell’eserci-zio dei compiti di cui all’art. 52 co. 1 del decreto, attra-verso intese nella Conferenza unificata, linee che do-vranno tener conto, secondo il puntuale disposto del de-creto delegato, dei valori naturali e ambientali, della di-fesa del suolo e dell’articolazione territoriale delle reti in-frastrutturali delle opere di competenza statale, nonchèdel sistema delle città e delle aree metropolitane ancheai fini dello sviluppo del Mezzogiomo e delle aree de-presse del Paese.

Ove adeguatamente esercitata, tale funzione potràeffettivamente fornire la traccia per una politica del ter-ritorio che, rispettando l’obiettivo fissato dalla L.537/93di eliminare inutili duplicazioni, “unificando in partico-lare le funzioni di ambiente e territorio”, abbia come pri-mo obiettivo la valorizzazione delle sue caratteristiche,attraverso la promozione di una programmazione ur-banistica ad essa funzionale tanto nella zonizzazione enelle tipologie costruttive quanto nella realizzazionedelle più opportune infrastrutture.

Il piano territoriale a livello provinciale con valore edeffetti dei piani di tutela settoriale dovrebbe poi assumerecarattere generale e necessario, con la previsione di in-terventi sostitutivi delle Regioni ed eventualmente delloStato in caso di mancato raggiungimento dell’intesa.

Anche se il ruolo assunto dalle Regioni nell’attua-

Page 222: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

le sistema legislativo le pone al centro della gestione delterritorio, anche sotto il profilo della tutela del paesag-gio, coerentemente del resto con il disposto costituzio-nale (la Repubblica nelle sue diverse articolazioni), il va-lore primario del paesaggio rende necessarie delle sedistabili di confronto tra le esigenze, anche economiche,regionali di tale gestione e gli obiettivi generali di tutelaa tutto campo della forma del territorio affidati al Mini-stero per i beni e le attività culturali.

Con più specifico riferimento alla disciplina urba-nistica, il nuovo piano territoriale - nel quale l’apportodei Comuni è evidentemente fondamentale e decisivo- dovrebbe poi costituire l’occasione per una generale ri-disciplina della pianificazione urbanistica che, rivalu-tando il momento della programmazione, essenziale aduna corretta gestione del territorio alla luce anche delsuo valore estetico-culturale, riduca comunque la pos-sibilità delle varianti automatiche, attualmente così dif-fuse da negare effettività ad ogni scelta pianificatoria.

Il piano provinciale di coordinamento delle esigen-ze economiche e paesaggistiche avrebbe inoltre il van-taggio di una più attenta considerazione delle aree in-termedie tra città e campagna, delle quali piu difficil-mente i piani regolatori comunali possano avere un’a-deguata visione d’insieme.

Perché possa parlarsi di tutela del paesaggio in sen-so effettivo è però necessario in primis fronteggiare il di-lagante fenomeno dell’abusivismo, che i recenti inter-venti di sanatoria non contribuiscono certamente a fre-nare.

A tale riguardo si impone una duplice politica rivoltada una parte ad una rigida repressione degli abusi at-traverso una diffusa ed incondizionata applicazione del-le misure ripristinatorie e dall’altra ad una maggiore tol-leranza nei confronti di quegli interventi che possano inqualche modo integrarsi con il paesaggio esistente. Inparticolare, tenendo conto delle insopprirnibile esigen-

ze sociali delle popolazioni residenti, appare opportunostudiare un sistema meno limitativo nei loro confronti,tutelato magari da vincoli al trasferimento e all’utilizza-zione del bene.

A questi fini sarebbe opportuno affidare a comita-ti di esperti lo studio per il recupero delle zone già edi-ficate e per la migliore utilizzazione di quelle ancora in-contaminate.

In particolare, occorrerà ad esempio imporre per inuovi interventi e le modifiche di quelli esistenti nelle zonedi maggiore interesse paesistico specifiche tipologie archi-tettoniche che ne valorizzino l’inserimento nel quadro pree-sistente, costituendone anzi una nuova caratterizzazione.

Le Piramidi davanti al Louvre sono soltanto unodegli esempi di perfetta conciliabilità del moderno conl’antico, con la sola fondamentale condizione che il mo-derno sia però esso pure “bello”. Se viene così sponta-neo pensare all’opportunità di modelli di architettura co-stiera, non si può ad esempio negare l’opportunità an-che di modelli di architettura rurale ben integrata con ilpaesaggio circostante per tutelare e valorizzare i benienogastronomici del Paese.

Piuttosto che vietare in toto l’edificazione sulle fa-sce costiere o nelle zone montane con l’inevitabile ri-corso ad abusi potrebbe essere quindi preferibile indivi-duare nell’ambito di esse le zone meno esposte ed im-porre al loro interno un’architettura predefinita, oltre aspecifiche misure di salvaguardia e magari di valorizza-zione della vegetazione, e ad apposite garanzie control’inquinamento delle acque.

Quanto alla repressione dell’abusivismo occorreràun monitoraggio completo e continuo con l’unificazio-ne dei controlli in un’unica autorità, preferibilmente in-dividuata in quella comunale competente a disporre il ri-pristino entro un termine prestabilito dalla relativa de-nuncia, salvo incorrere in gravi responsabilità e aprire lastrada all’esercizio di poteri sostitutivi.

222

Page 223: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

223

Principi generali

Definiamo paesaggio l’aspetto fisico e visibile del-l’ambiente naturale integrato con le componenti e imutamenti dovuti alla presenza storica dell’uomo sul ter-ritorio.

Al paesaggio riconosciamo anzitutto un valore diidentità del luogo, intesa come unica e irripetibile inte-grazione tra assetto naturale del suolo e presenza sto-rica dell’uomo, attuatasi attraverso una lenta ed equili-brata, e perciò sostenibile, trasformazione fisica del-l’ambiente, prima delle recenti repentine alterazioni.Tutti i beni culturali presenti sul territorio costituisconoparte integrante del paesaggio locale.

Al paesaggio riconosciamo poi diversi altri valori,che ne fanno una risorsa essenziale per l’armonioso eduraturo sviluppo dell’attività dell’uomo sul territorio, eper il perseguimento di una sempre più elevata qualitàdella vita. Diversi e importanti sono i benefici derivantidalla cura del paesaggio storico: lo sviluppo dell’industriaturistica, l’ordinato funzionamento del sistema territo-riale, il rapporto mnemonico e affettivo tra abitante eabitato, la generale manutenzione dell’ambiente.

Fenomeni di vario genere, in prevalenza molto re-centi e quasi sempre riconducibili all’azione impropria einopportuna dell’uomo contemporaneo, fortementecondizionato dalle accresciute esigenze della società at-tuale, hanno depauperato il paesaggio storico dandoluogo a paesaggi compromessi, o dismessi, o addirittu-ra rifiutati dalle collettività locali.

Il paesaggio è oggi esposto al rischio costante di de-terioramento e depauperamento, certamente per l’ab-bandono dei suoli e dei siti, ma anche a causa dei po-tenti mezzi di trasformazione di cui la nostra epoca di-spone, e delle sempre più numerose e diversificate esi-genze della società attuale. E se aumenta la capacità dimodificare il paesaggio, deve aumentare la capacità dicontrollarne le modifiche.

Le azioni e le attività connesse con la tutela del pae-

saggio devono mirare anzitutto a conservare inalterati iconnotati paesistici assunti dall’ambiente fisico attra-verso i mutamenti apportati dall’uomo attraverso il tem-po, e al tempo stesso ad eliminare gli elementi estraneie stridenti, e i guasti arrecati al paesaggio stesso.

La rete dei percorsi storici (sentieri, mulattiere, stra-de, tratturi, ecc.) costituisce parte integrante del pae-saggio, sia come elemento formativo del quadro pano-ramico, sia come luogo di punti di vista privilegiati, e de-ve pertanto essere salvaguardata, ed anzi reintegrata eriutilizzabile, laddove sia stata cancellata o nascosta.

La progettazione e la tutela del paesaggio

La tutela del paesaggio non deve essere consideratauno dei tanti tematismi del territorio, bensì un obietti-vo sovraordinato rispetto ai criteri di uso del suolo e dipianificazione urbanistica. Su questa base, devono es-sere fissate chiare norme di riferimento, in forma con-certata, tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Mi-nistero dei L avori Pubblici e Regioni, con la collabora-zione delle Università e delle Associazioni portatrici di in-teressi diffusi. Deve essere istituito, in sede decentrata,un tavolo di concertazione Stato/Regione.

Il Piano paesistico (provinciale o regionale) deve es-sere redatto dalle Regioni e approvato dal Ministero peri Beni e le Attività Culturali. In caso di inadempienza daparte della Regione, sarà redatto direttamente dal Mi-nistero per i Beni e le Attività Culturali. I piani territorialidi coordinamento provinciali, in fase di formazione o direvisione, devono avere valenza paesistica, e pertantodevono essere costruiti d’intesa con il Ministero per i Be-ni e le Attività Culturali.

Il Piano Paesistico deve possedere le seguenti irri-nunciabili caratteristiche: approfondita conoscenza del-le componenti storiche e naturali del paesaggio locale(atlante del paesaggio); disciplina d’intervento articola-ta in funzione del grado di conservazione e trasforma-

Paolo ScarpelliniSoprintendente per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici delle province di Sassari e NuoroMinistero per i Beni e le Attività Culturali

Carta italiana del paesaggio

Page 224: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

zione al quale assoggettare il territorio vincolato; normedi attuazione di dettaglio, fino all’adozione di manualidel paesaggio per ambiti paesistici omogenei; preventi-va concertazione o approvazione da parte del Ministe-ro per i Beni e le Attività Culturali. La qualità degli in-terventi ammissibili non può che essere assicurata dal-la coerenza con i caratteri del paesaggio storico, da di-stinguere nel confuso accatastamento di segni e ma-nufatti di anonima e recente fattura.

Adeguamento normativo

Le modifiche e le integrazioni legislative devono es-sere volte essenzialmente a prevenire la costituzione diinteressi, pubblici o privati, contrastanti con la primariaesigenza della tutela del paesaggio.1. Istituzione di un doppio controllo di merito (Ente lo-

cale e Ministero per i Beni e le Attività Culturali) sul-la compatibilità paesaggistica degli interventi.

2. Ripristino del preventivo parere vincolante delle So-printendenze sugli strumenti urbanistici.

3. Obbligo da parte delle Regioni della redazione deiPiani Territoriali Paesaggistici, possibilmente estesia tutto il territorio regionale, con norme di attua-zione che disciplinino gli interventi nel dettaglio,piuttosto che limitarsi a dettare limiti e divieti talo-ra insufficienti o troppo estesi. I piani devono esseresottoposti all’approvazione del Ministero per i Be-ni e le Attività Culturali.

4. Istituzione di un Comitato Paritetico RegionalePaesistico (composto da Soprintendenti e da al-trettanti rappresentanti dell’Amministrazione Re-gionale e presieduto dal Presidente della GiuntaRegionale o suo delegato, ad esempio Assesso-re regionale competente), con il compito diorientare, in maniera concertata, tutte le formedi controllo della tutela e della qualità del pae-saggio.

5. Subordinazione dell’attività di programmazione,prima della fase iniziale, di tutte le opere pubblichead una previa verifica di competenza paesaggisti-ca da parte delle Regioni e delle Soprintendenze(Comitato Paesistico).

6. Istituzione di un fondo del Ministero per i Beni e leAttività Culturali per attivare o incentivare inter-venti di prevenzione del degrado ambientale, direalizzazione del restauro ambientale per la riqua-lificazione paesaggistica delle aree degradate, pur-ché l’obiettivo sia il ripristino del paesaggio “stori-co” e non l’“abbellimento” estetico generico delterritorio, ovvero, in caso di irreversibile degrado, laformazione di un paesaggio di qualità coerente ecompatibile con le caratteristiche naturali e storichedel luogo.

7. È necessario incentivare la formazione professionalesul tema della progettazione ambientale e della tu-tela del paesaggio.

(…)

224

Page 225: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

225

Non è questa la sede per esporre compiutamente lequestioni relative alla nozione, complessa, di paesaggio.Si dà comunque qualche cenno ai riferimenti teorici prin-cipali che si utilizzano, perché il contributo operativoche segue risulti più chiaro.

Il termine “paesaggio” è assunto come concetto piùcomplesso ed esaustivo rispetto a quello di “territorio” (le-gato a una lettura degli aspetti funzionali dell’uso del suo-lo, propria della tradizione delle discipline urbanistiche) ea quello di “ambiente” (con cui si fa riferimento priorita-riamente ai problemi di carattere ecologico): esso rac-chiude in sé molte valenze e comprende diverse letture set-toriali a cui ogni territorio può essere sottoposto (storiche,architettoniche, estetiche, ecc.), cui si intrecciano quelle na-turalistiche, ambientali, economiche, funzionali, ecc.

Il paesaggio è “manufatto” complesso, artificio,costruzione dell’opera della natura e dell’opera degliuomini che nei secoli lo hanno utilizzato, conservato e in-novato, sempre trasformato. In questo senso il concet-to di paesaggio si applica a tutto quanto il territorio, nonsolo a parti o componenti di particolare qualità o signi-ficato, pur richiedendo strumenti di lettura e di interventospecifici: l’opera dell’uomo e l’opera della natura sonopresenti ovunque in un intreccio inscindibile.

Il paesaggio è in continua trasformazione, “operaaperta”, in mutamento inevitabile non solo per inter-venti di grande scala, ma soprattutto per interventi minutie puntuali, nei quali sono implicati tantissimi operatori, neltempo e nello spazio, che continuamente aggiungono etrasformano, per contrastare l’azione continua e capilla-re della natura. Il paesaggio è carico, in ogni sua parte, ditracce e segni della storia degli uomini che vi hanno la-vorato: in questo senso è un grande “archivio vivente”,aperto per chi voglia e sappia leggerlo; è “palinsesto”, ununico documento continuamente in parte riscritto, nonsemplice stratificazione. L’intervento sul paesaggio nonpuò che essere, sempre e comunque, di trasformazione:tutela e conservazione si realizzano solo attraverso un mu-tamento continuo, consapevole, guidato, tuttavia pieno

di comprensione e rispetto per tutto ciò che ci giunge dalpassato e che deve caricare sempre di nuovi significati/funzioni e di nuovi interventi umani ogni parte per tra-smetterla al futuro. Come per i beni architettonici e icentri storici, anche per quanto riguarda il paesaggio si èormai da più parti e da tempo posta in rilievo l’esigenzadi superare il conflitto tradizionale tra una prassi della tu-tela avente per oggetto singoli beni o aree in quantoepisodi eccezionali e la necessità di salvaguardare l’insie-me diffuso del paesaggio stesso.

Oggi, attraverso il tema della pianificazione del pae-saggio non si pone solo un problema di tutela e conser-vazione dei caratteri storico-culturali ereditati dal passa-to, insieme a quelli di salvaguardia e incremento dei va-lori ecologico-ambientali che vi si intrecciano, ma ancheun problema di qualità, di riconoscibilità e di identità perl’intero territorio, sia urbano, che agricolo, che di frangia,ecc. Raggiungere una qualità globale, dunque, è unameta che investe tutte le parti del territorio nel suo com-plesso: accanto alle esigenze di salvaguardia storica e/onaturalistica di ciò che è giunto a noi in condizione di pre-valente buona conservazione, si pongono necessità diaggiunta e innovazione per tutte quelle aree che sono ab-bandonate, degradate, che hanno perso o che sono pri-ve di identità architettonica e di connotazioni qualitative.

Questa concezione di paesaggio è matura nell’ela-borazione culturale, sia in Italia che all’estero, e ha tro-vato espressione, di recente, nella bozza di testo per laConvenzione europea per il paesaggio (1999), promos-sa dal Congresso dei Poteri locali e regionali del Consi-glio d’Europa e ora in attesa di definitiva approvazione.Le differenze fra il problema dell’ambiente e il problemadel paesaggio (pur nella loro interazione) sono in fase diapprofondimento nelle elaborazioni più recenti di moltiPaesi europei, e assumono una loro evidenza soprattut-to in quelli, come la Germania, dove la questione ecolo-gica ha avuto un peso determinante nel definire le poli-tiche di tutela e gestione del territorio, soprattutto nellaseconda metà del ‘900.

Lionella ScazzosiPolitecnico di Milano, Facoltà di Architettura

Aggiornamento della nozione di paesaggio

Page 226: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

226

Revisione legislativa

È ricorrente una critica alle leggi fondamentali dellatutela, in particolare la legge 1497 del 1939, frutto di unaimpostazione culturale legata prevalentemente all’affer-mazione del valore estetico dei beni; tuttavia, fin dalle pri-me riflessioni critiche sulle due leggi del 1939 compiutenel secondo dopoguerra (a partire dalla CommissioneFranceschini), molti autori hanno posto in evidenza comeil testo della legge 1497/39 lasci aperte, in realtà, variepossibilità interpretative, che hanno permesso finora epermettono ancora di utilizzarla per la tutela di beni,aree e componenti molteplici, con motivazioni differentida quelle puramente estetiche (valori naturalistici, geolo-gici, tradizionali, ecc.): essa è ancora sufficientementeflessibile per rispondere alle attuali esigenze.

Inoltre, la legge 431 del 1985, che ha integrato la1497, ha di fatto introdotto nella cultura diffusa e nellastrumentazione tecnica, attraverso l’obbligatorietà deipiani paesistici, un capovolgimento concettuale dell’i-dea di tutela: ha affermato, infatti, la necessità del pro-getto/piano preventivo come strumento che deve guidarela tutela, invece del solo “vincolo”, strumento discre-zionale di controllo che interviene a posteriori rispetto alformarsi delle volontà e dei progetti di trasformazione.Inoltre, essa ha creato le condizioni per iniziare a speri-mentare, nel concreto, un processo di decentramentodelle responsabilità di tutela del paesaggio, in coerenzacon la consapevolezza che le necessità di diffusione del-l’opera di tutela non possono essere risolte con l’esten-sione dei tradizionali poteri discrezionali di vincolo al-l’intero paesaggio.

Certo, l’applicazione della legge 431 attraverso il de-centramento di competenze alle Regioni (e attraverso di es-se spesso direttamente ai Comuni) e il ruolo di controllo edi surroga affidato alle Soprintendenze e agli Uffici centralidel Ministero hanno creato e creano non poche difficoltàe contraddizioni: oltre all’incapacità da parte di alcune Re-gioni di condurre a maturazione positivamente i processi dipiano, gli organismi decentrati (Regioni, Comuni, Soprin-tendenze, ecc.) hanno incontrato notevoli difficoltà a ri-spondere ai compiti loro affidati con le forze e le compe-tenze di cui essi dispongono, insufficienti per quantità, maanche per qualità, in una situazione culturale priva di pro-fessionalità consolidate nel settore dell’architettura del pae-saggio (l’Italia è uno dei pochissimi paesi al mondo a nonaver avuto fino a pochissimi anni fa scuole per paesaggi-sti, né universitarie né di grado inferiore), e senza che i li-velli di governo più alti (Stato e Regioni) fornissero linee gui-da unitarie per affrontare i molteplici e complessi problemidi progetto e di gestione del paesaggio.

Il tempo trascorso dall’approvazione della L. 431va probabilmente considerato come un periodo di spe-

rimentazione di cui occorre oggi fare un bilancio: da unlato il decentramento di competenze non si è rivelato ri-solutivo; dall’altro emerge la necessità (anche alla lucedelle difficoltà incontrate da esperienze di forte decen-tramento compiute in altri paesi) di confermare un ruo-lo, pur con necessità di mutamento, per organismi de-centrati dello Stato, come le Soprintendenze, che han-no dimostrato competenze professionali comunque for-mate ai problemi della tutela (anche se non specifica-mente su quelli del paesaggio) e godono di autonomiarispetto agli interessi locali. Inoltre, soprattutto negli an-ni più recenti, sono state avviate in molte parti d’Italia, adopera dei più diversi soggetti istituzionali (Comuni, So-printendenze, Province, Enti locali diversi, come gli Entidi gestione di aree protette, ecc.), una serie di speri-mentazioni volte a innovare i caratteri della strumenta-zione tecnica di progetto, le modalità e gli strumentiper la realizzazione e la gestione delle scelte, i rapportifra amministrazioni locali e amministrazione dello Stato,ecc.: la relazione del Ministro ha portato alcuni casi, maessi sono più numerosi, anche se sviluppatisi occasio-nalmente e soprattutto non generalmente noti, per cuinon costituiscono ancora un corpo consolidato di cono-scenze cui poter fare riferimento.

Piuttosto che impegnare gli operatori su un dibat-tito difficile per una nuova legge di tutela, necessaria-mente pieno di implicazioni teoriche e di principio, cherischierebbero di far scivolare in secondo piano i temioperativi, più urgenti, è probabilmente più utile utilizza-re le possibilità che l’attuale normativa e l’attuale asset-to di competenze consentono, sviluppando più com-piutamente e operativamente il processo positivo di ca-povolgimento delle modalità della tutela avviato dalla L.431 (dal vincolo al piano). Alla diffusa insofferenza neiconfronti dei “vincoli” di tutela occorre rispondere pro-ponendo forti innovazioni nel ruolo degli organismi del-lo Stato e degli organismi locali e rendendo più operati-va la nuova concezione di tutela attiva del paesaggio cheè andata maturando.

Direzioni di lavoro:

Si sottolineano in particolare tre direzioni di lavoro: 1. L’ampliamento del campo di applicazione della pro-

gettazione/pianificazione paesistica a tutto il pae-saggio, non solo a quello che è riconosciuto di par-ticolare valore, al paesaggio del quotidiano: tutelae governo di tutto il territorio.

2. Il rafforzamento e contemporaneo mutamento delruolo del livello centrale di governo.

3. La ridefinizione delle finalità e dei caratteri deglistrumenti di piano e progetto per il paesaggio.

Page 227: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

227

Nello specifico:

1. Tutela e governo di tutto il paesaggio

L’Italia, con la legge 431, ha ampliato fortementeil campo di interesse della progettazione del paesaggio,ma solo estendendolo all’intero territorio, al paesaggiodel quotidiano, non unicamente alle parti che possonoessere riconosciute di particolare valore, è possibile ri-spondere oggi alla domanda diffusa di qualità paesisticadi tutti i luoghi di vita: è possibile, cioè, affrontare an-che i problemi di recupero delle frange degradate aimargini degli insediamenti storici, delle aree dismesse,di miglioramento delle cadute di qualità, di innovazio-ne, oltre a quelli di conservazione della qualità esisten-te. Già oggi sono abbastanza diffusi casi in cui singoleamministrazioni comunali, o sovracomunali, si dotanodi piani settoriali (che affrontano soprattutto problemiecologico-ambientali o i problemi di dotazione di areeverdi, ecc.), senza tuttavia che essi siano inseriti in unquadro organico di conoscenze e di scelte e che sonoprivi di riferimenti normativi e operativi definiti e omo-genei, almeno di massima, a livello regionale o nazio-nale. Inoltre, il paesaggio si costruisce a diverse scale diintervento e per governarlo occorre conoscerlo e “pro-gettarlo” (conservare, innovare, recuperare) alle stessescale, anche quelle più dettagliate. Ciò significa fare inmodo che il processo di pianificazione/progettazionedel paesaggio si sviluppi organicamente anche ai livel-li amministrativi inferiori a quelli regionali, anche se ciònon può significare un’estensione quantitativa degliattuali compiti di controllo delle Soprintendenze.

Del resto, diversi Paesi europei si sono dotati, inparte o in toto, di una pianificazione paesistica che si oc-cupa di tutto il territorio extraurbano (Germania, PaesiBassi, Francia, Svizzera), non solo di aree eccezionali. Es-sa si sviluppa con varie modalità: per esempio, in Ger-mania o, più di recente, in parte anche in Francia, i pia-ni paesistici, pur non essendo strumenti obbligatori, coin-volgono l’intero territorio comunale o sovracomunale edivengono operativi appoggiandosi, in genere, alla pia-nificazione urbanistica.

Si tratta, quindi, di abbandonare definitivamenteuna concezione di tutela per episodi eccezionali, pergradazioni di valore assoluto da attribuire alle diverse par-ti del territorio, poiché questo porta come conseguenzail potenziale abbandono di ciò che rimane, ritenuto di mi-nor valore, a trasformazioni non connotate qualitativa-mente. Ogni parte del territorio ha diritto, invece, adun’attenzione di tipo paesaggistico, alla qualità.

Ciò non significa non riconoscere le specificità, le ca-ratteristiche e i valori dei singoli luoghi, ma significa far-lo in senso progettuale, operativo, attivo, non ai fini del-la sola difesa della qualità esistente. E non significa nep-pure non prevedere unità paesistiche sottoposte a par-

ticolare regime di pianificazione e di gestione per tute-larne meglio le specificità (aree archeologiche, stradestoriche, ecc.). Del resto, già nella storia della protezio-ne della natura e dell’ambiente si è compreso che non èopportuno tutelare solo le eccezionalità, ma occorrecoinvolgere l’intero territorio.

2. Governo centrale e governo locale: il ruolo del centro

Uno dei modi per poter rispondere a volontà di am-pliamento del campo di interesse, senza ampliare quan-titativamente il lavoro dei funzionari della tutela, è quel-lo di puntare decisamente su un rafforzamento del ruo-lo di indirizzo tecnico e operativo degli organismi centrali.La necessità del decentramento delle competenze nonpuò essere posta in discussione (a beni diffusi non puòche corrispondere tutela diffusa); occorre, tuttavia, chenon venga meno, e che anzi si rafforzi maggiormente ri-spetto all’oggi, un impianto uniforme per la tutela/pro-gettazione/pianificazione dei beni paesistici.

Anche alla luce delle esperienze estere, occorre ri-vedere il ruolo degli organismi del Ministero (ma anchedelle Regioni), perché essi assumano un forte ruolo pro-positivo di stimolo, di incentivazione, di indirizzo meto-dologico, di esemplificazione, di riconoscimento dei me-riti, al posto di quello di prevalenti controllori nel processodi trasformazione del paesaggio: in particolare, ciò si-gnifica sviluppare iniziative diverse e molteplici, che va-dano dalla predisposizione di nuovi strumenti progettuali,operativi e gestionali, al supporto tecnico-scientifico, al-la capacità di definizione di priorità, all’attitudine didat-tica, ecc.

In particolare:

2.1. Ruolo di indirizzo nella definizione di metodologiedi piano/progetto e nelle procedure di attuazione daparte dei livelli centrali del governo dei beni cultu-rali e paesistici. La progettazione e la pianificazione delle opere di

conservazione e trasformazione del paesaggio richiedo-no indagini e un iter progettuale specifici, diversi daquelli della pianificazione urbanistica. Essi sono oggettodi riflessione e sperimentazione in vari Paesi europei.Una metodologia di progetto/piano che sia adeguata aiproblemi e che sia patrimonio diffuso tra i tecnici, costi-tuisce la premessa necessaria perché possa essere ga-rantita una qualità alta delle realizzazioni a venire, sia nel-le opere di innovazione, che in quelle di salvaguardia.

Nella attuale situazione italiana, sarebbe utile unadefinizione minimale (periodicamente aggiornata) di unametodologia di studio del paesaggio e di progetto/pianocui tutti gli elaborati debbano rispondere: una serie di re-

Page 228: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

228

quisiti minimi per l’elaborazione dei piani a tutte le scale,dei progetti ad alto impatto territoriale, degli stessi elabo-rati che accompagnano le richieste di autorizzazione perinterventi singoli che devono essere presentate ad Enti lo-cali e soprintendenze (oggetto e modalità degli studi pre-liminari, scale di rilievo, di studio e di progetto, caratteri efinalità degli elaborati progettuali, ecc.). Essa dovrebbeinteressare sia le metodologie di studio che gli elaborati dipiano/progetto a tutte le scale (del resto per la V.I.A. vi so-no standard metodologici da rispettare nell’elaborazionedei progetti, anche se la parte relativa alla lettura del pae-saggio nei suoi aspetti storici e culturali è decisamente ca-rente rispetto a quella degli aspetti ecologico-naturalisti-ci, per loro natura più facilmente misurabili).

Anche se non ci fosse nessun mutamento nell’attualeorganizzazione della tutela e nel ruolo delle Soprinten-denze, sarebbe già un grosso avanzamento se i pareri po-tessero essere dati in base a una documentazione pre-definita che sia in grado di documentare adeguatamen-te i caratteri del paesaggio e di illustrare le conseguenzepaesistiche delle proposte di intervento: in tal modo l’ar-bitrarietà comunque inevitabile di ogni scelta, sarebbe mi-tigata dalla presenza di molteplici dati conoscitivi ogget-tivi e dalla presenza di un corpo di regole conoscitiveomogenee e di criteri noti per assumerli. Anche l’even-tuale sostegno economico per opere sul paesaggio, aenti pubblici e a privati, dovrebbe essere sempre condi-zionato al rispetto di ben definite caratteristiche meto-dologiche di progetto e di intervento. Ciò è tanto più im-portante, quanto più aumentano le risorse che il Gover-no intende mettere a disposizione per il settore.

Le esperienze estere, avendo già in parte percorsotale strada (in particolare la Francia, la Gran Bretagna, laSvizzera), rappresentano in questo senso un riferimentoper l’Italia, carente anche di adeguate strutture di for-mazione professionale specifica.

Sarebbe opportuno che il livello centrale dell’Am-ministrazione dello Stato sviluppasse tale ruolo direttivo,coinvolgendo le migliori competenze che sono presentiin Italia, in uno sforzo concentrato nel tempo ed ecce-zionale che indirizzi dal punto di vista metodologico l’o-pera di tutela, pur attribuendo comunque la più ampiaautonomia di sperimentazione a ogni realtà locale, conle sue specificità e tradizioni sia territoriali, che culturali,che amministrative, che economiche, che operative, ecc.

Un ruolo simile potrebbero anche assolvere le Regioni.

2.2. Raccordo di politiche settoriali. La tutela del paesaggio passa spesso, anche nell’e-

sperienza di altri Paesi, attraverso finanziamenti, sovven-zioni e incentivi economici. Il problema, tuttavia, non èquello di trovare e mettere a disposizione nuovi fondi estrumenti, quanto quello di utilizzare anche ai fini della tu-tela e della progettazione del paesaggio quelli già esi-stenti, provenienti da settori diversi, come l’agricoltura, l’e-

cologia, la conservazione della natura, la forestazione, i la-vori pubblici, l’urbanistica, le attività e le istituzioni cultu-rali, il turismo, l’edilizia, ecc. Particolare attenzione do-vrebbe essere posta, per esempio, per capire gli effetti sulpaesaggio delle politiche comunitarie europee, in parti-colare quelle agricole e infrastrutturali, ecc. e per esserepronti, mobilitando le necessarie competenze tecniche, aorientarli opportunamente e ad utilizzarli anche ai fini del-la conservazione e della progettazione del paesaggio. Sitratta di stabilire un raccordo continuo tra le politiche set-toriali nel quadro delle finalità di tutela e di miglioramen-to paesistico. Per esempio, dovrebbe essere pienamentesviluppata, nella pratica delle azioni di sostegno delle at-tività agricole, una concezione della figura dell’agricolto-re (che già viene affermata, anche se non senza contrad-dizioni, nei documenti della politica agricola comunitaria)non più solo come produttore di reddito, ma anche comegarante della protezione del territorio (con un ruolo di ma-nutentore), nei suoi valori storico-culturali e ecologico-naturalistici, oltre che di risorsa per la fruizione ricreativae turistica, economica, ecc. La politica europea del set-asi-de, in questo senso, può essere considerata un’occasioneperduta. Ancora: la tutela finanziata di certi valori natu-ralistici, andrebbe collegata, sia concettualmente che nel-la concretezza dei progetti, con quella della tutela anchedel significato storico ad essi collegato e delle sue tracce(si pensi, per esempio, al doppio valore, ecologico e stori-co, del sistema dei tratturi, dei pascoli, ecc., ma anche diuna semplice siepe di separazione fra i campi).

Se si accetta una concezione di paesaggio consa-pevole della presenza contemporanea di significati sto-rici, naturalistici, architettonici, occorre che sia costruitosaldamente un intreccio fra le politiche della tutela del-la natura con quelle della tutela del patrimonio storico-culturale, con quelle dell’innovazione. In questo mo-mento anche i Paesi europei che in passato più di altri sisono impegnati, in prevalenza, per lo sviluppo di uno so-lo degli aspetti costitutivi del paesaggio (in particolare perla tutela dell’ambiente e l’ecologia) stanno muovendosiverso un’integrazione di tale politica con quelle per la tu-tela delle tracce storiche e per la qualità dell’intero pae-saggio come luogo di vita dei suoi abitanti e come risorsacapace di ospitare una molteplicità di funzioni (da quel-le turistiche, a quelle produttive, alla mobilità, alla resi-denza, ecc.). La multifunzionalità è infatti divenuta unodei principali concetti chiave per una politica per il pae-saggio, in molti paesi esteri.

3. Ridefinizione delle finalità e dei caratteri deglistrumenti di piano/progetto per il paesaggio

Il ruolo e i caratteri degli strumenti di piano/progettodel paesaggio costituiscono un punto fondamentale,ma anche delicato, per garantire la qualità della conser-

Page 229: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

229

vazione/trasformazione/aggiunta, in modo da risponde-re alle nuove esigenze di avere un paesaggio di qualitàdiffuso all’intero territorio. Del resto, vari altri Paesi eu-ropei, anche quelli dove è presente da più lungo tempouna tradizione di attenzione e di attiva politica per ilpaesaggio, stanno vivendo oggi una fase di sperimen-tazione di nuove modalità di progetto, di controllo e diindirizzo delle trasformazioni del paesaggio.

In Italia la tradizione della strumentazione urbani-stica e l’esperienza della pianificazione paesaggistica se-guita alla legge 431/85 hanno prodotto fino ad oggi de-gli strumenti per il governo del paesaggio che in preva-lenza regolamentano le volontà e le azioni di trasforma-zione del territorio condotte o programmabili dai varisoggetti e operatori che in esso operano: essi in sostan-za non differiscono molto dalla procedura dei “vincoli”di tutela della legge 1497/39, se non per il fatto di giun-gere a monte e non a valle della formazione delle volontàdi intervento; di essere maggiormente motivati, in quan-to fondati su una serie di analisi e studi; di utilizzare, du-rante l’elaborazione, verifiche e concertazioni con la po-polazione e i suoi rappresentanti.

Pertanto occorrerebbe prevedere nei piani/progettiper il paesaggio:

3.1. Integrazione con un programma di azioni e di investimenti. I piani che si occupano di paesaggio non si preoc-

cupano, in genere, della strumentazione operativa, at-tuativa, gestionale, per la realizzazione delle scelte che es-si indicano; spesse volte esse restano sulla carta, altre vol-te restano affidate a strumenti occasionali o estempora-nei e non coordinati tra loro. Occorrerebbe corredareogni piano/progetto per il paesaggio di un elaboratotecnico di natura attiva, ossia di un’ampia parte dedica-ta a stabilire strumenti per l’attuazione e la gestionequotidiana delle scelte (a medio e lungo termine), indi-viduandoli tra quelli esistenti o definendone di nuovi: puòtrattarsi di strumenti organizzativi, gestionali, didattici eformativi, istituzionali, amministrativi, di immagine, ecc.,da sviluppare nel tempo (non solo economici e finanzia-ri, quali sussidi, premi, finanziamenti, incentivi, ecc.).Questo compito andrebbe attribuito a tutti i piani e i pro-getti per il paesaggio, a tutte le scale e sia per quelli re-lativi ad aree a gestione speciale, che per quelli che si oc-cupano di interi territori amministrativi.

In particolare, a titolo di esempio: potrebbero esseredefiniti, a livello nazionale o regionale o di area o di sin-golo comune, modelli di contratti da stipulare con i pri-vati per la gestione e la manutenzione di specifici aspet-ti o componenti (come muri a secco, terrazzamenti, pa-scoli, alberature, aree umide, ecc.) a fronte di contribu-ti, sovvenzioni, ecc., provenienti da vari settori; potreb-bero essere messe a disposizione di agricoltori e opera-

tori specifiche competenze progettuali o materiale co-noscitivo di dettaglio dei diversi aspetti costitutivi delpaesaggio (per esempio, tecniche costruttive e materialidi terrazzamenti, di canalizzazioni, ecc.); potrebbero es-sere preparati strumenti didattici (pieghevoli; manuali eschede tecniche rivolti alla popolazione, agli agricolto-ri, ai tecnici, agli amministratori, all’associazionismo;esemplificazioni tecniche; corsi di aggiornamento; ecc.)che diffondano la consapevolezza del valore dei carat-teri paesistici del territorio e che aiutino gli operatori aintervenire su di essi con modalità di manutenzioneadeguate; potrebbero essere raccolte e messe a dispo-sizione dei molteplici operatori e dei proprietari, in mo-do facilitato, le informazioni relative a tutte le occasio-ni di sovvenzioni provenienti dai settori dell’agricoltura,dell’ecologia, della tutela della natura, della cultura, delturismo, dell’edilizia, delle opere pubbliche, delle ac-que, ecc.

Il piano si dovrebbe configurare, dunque, anche co-me piano e programma di gestione: non tanto un siste-ma di vincoli e di regolamentazioni dell’iniziativa dei sin-goli, quanto (anche) una raccolta e messa a disposizio-ne di occasioni di finanziamento, di informazioni, di sug-gerimenti utili, di supporti conoscitivi, tecnici, operativi,ecc. Anche in questo caso ci sono esperienze estere si-gnificative.

3.2. Integrazione con un programma di interventistraordinari e di manutenzione ordinaria. Gli strumenti progettuali e di piano che si occupano

di paesaggio tendono a mantenere una separazione trail momento della progettazione dell’intervento di carat-tere straordinario da quello della definizione delle moda-lità di gestione ordinaria dei luoghi nel tempo a venire: in-vece, il piano dovrebbe definire una programmazionenel tempo degli interventi, anche se di massima. In par-ticolare, dovrebbe sviluppare una serie di indicazioni a di-versa scala per guidare le trasformazioni a breve termine,con opere di carattere straordinario, ma anche a medioe lungo termine, definendo, con diverse modalità, crite-ri per le opere di manutenzione e di piccola trasforma-zione diffusa, fatte dal sommarsi di modesti interventipuntuali (che costituiscono il fattore che spesso determi-na la permanenza o lo stravolgimento o la distruzione del-la qualità complessiva dei luoghi). In coerenza con la ne-cessità di una lettura di dettaglio dei caratteri formali ematerici degli aspetti storico-architettonici del paesag-gio, il piano/progetto dovrebbe lavorare ad una analogascala di dettaglio, per definire le proprie indicazioni. L’e-sempio dei master plan inglesi e dei management planpuò costituire in questo senso un riferimento assai utilee sperimentato, almeno in aree speciali, ma in questa di-rezione si muovono anche francesi, tedeschi, ecc., chehanno definito specifici strumenti operativi o che inte-grano comunque gli studi e le normative dei piani di ca-

Page 230: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

230

rattere generale con indicazioni di carattere attuativo.Anche in Italia, tuttavia, vi sono alcune sperimentazioni in-teressanti (terrazzamenti, strade storiche, ecc.).

3.3. Struttura del pianoDiverse metodologie di pianificazione dei paesaggi

messe a punto in diversi Paesi europei, come la Gran Bre-tagna o la Francia, sottolineano l’opportunità di prepa-rare le scelte di intervento con una serie di valutazioni del-le risorse esistenti (culturali, storiche, naturali, ecc.), del-le condizioni qualitative e dei problemi di degrado dellevarie parti che costituiscono il paesaggio preso in esame:su questa base è possibile definire le azioni di conserva-zione, di eliminazione, di miglioramento, di innovazio-ne/sostituzione, di innovazione/aggiunta da program-mare e attuare. Si tratta di una struttura di piano legatae finalizzata all’operatività, profondamente diversa daquella a carattere prevalentemente descrittivo e norma-tivo che è prevalente nell’esperienza italiana.

Anche sulla base delle più recenti sperimentazioniestere e italiane, sarebbe opportuno ripensare profon-damente la strumentazione tecnica di piano e di progettoper il paesaggio, che, a qualsiasi scala e a qualsiasi fina-lità sia indirizzata, dovrebbe comprendere di massimaquattro fasi concettuali: 1) Lettura del paesaggio (individuazione di unità pae-

sistiche e lettura di dettaglio delle caratteristiche); va-lutazione delle potenzialità e dei problemi di de-grado ai fini della regolamentazione e della defini-zione e programmazione di interventi.

2) Definizione delle scelte e dei criteri di governo in ter-mini di: a) conservazione, b) innovazione/aggiunta,c) recupero del degrado.

3) Criteri e programmazione degli interventi sul ma-nufatto, sia di carattere straordinario che di manu-tenzione ordinaria, a breve-medio-lungo termine.

4) Identificazione delle risorse (non solo economiche,ma in senso lato), definizione degli strumenti e pro-grammazione delle azioni e delle fasi per l’attua-zione delle scelte (programma di gestione).

3.4. Nota su alcuni problemi di lettura del paesaggio. L’apparato concettuale e metodologico per legge-

re il territorio come paesaggio appare ancora, in gene-re, insufficiente. In particolare, andrebbero approfondi-ti i problemi metodologici relativi alla lettura degli aspet-ti storico-culturali e le questioni inerenti l’individuazionedelle “unità” di paesaggio (o aree omogene). Sono an-che da approfondire i problemi di lettura di dettaglio de-gli aspetti formali e materici dei caratteri storico-archi-tettonici del paesaggio.

Il problema della lettura degli aspetti storici è mol-to sentito attualmente in diversi Paesi esteri ed è ogget-to di attenzione anche in quelli, come la Germania o iPaesi Bassi, che hanno una lunga tradizione di pianifica-

zione del paesaggio o dove la politica per il paesaggio ri-guarda prevalentemente gli aspetti ecologico-ambientali.Del resto, a livello internazionale, l’Icomos, attraverso ilsuo Comitato per i giardini e il paesaggio, sta condu-cendo una riflessione per una definizione più articolatadelle tipologie dei ‘paesaggi culturali’.

In particolare: Lettura dei caratteri storico-culturali e unità di pae-

saggio.Mentre gli aspetti naturalistici e i problemi ecologi-

co-ambientali del territorio godono di metodologie di let-tura da tempo sperimentate (geologia, vegetazione, fau-na, morfologia, ecc.), assai meno soddisfacenti sono ingenere le modalità di lettura utilizzate per gli aspetti sto-rico-culturali del territorio (archeologia, beni architetto-nici, usi e tradizioni, insiemi visivi, ecc.). Spesso la lettu-ra si risolve in un semplice censimento dei beni architet-tonici e degli elementi storici del territorio (ville, castelli,edifici rurali, edifici produttivi, edifici religiosi, aree a pa-scolo, aree con terrazzamenti, frutteti-oliveti-castagneti,giardini, strade, ecc.): anche se assai vasto, esso si pre-senta più come una sommatoria di oggetti isolati tra lo-ro e nel contesto o come un insieme di elementi puntuali(per esempio, i beni religiosi maggiori e minori), piutto-sto che come una lettura di sistemi i cui componenti so-no legati da relazioni funzionali storiche (Venezia e la la-guna, la villa e la sua proprietà fondiaria, la casa ruralee il podere mezzadrile, la strada storica con la rete minoredi strade e i manufatti che devono ad essa la loro pre-senza, ecc.). Si tratta di approfondire il tema delle unitàdi paesaggio, superando una concezione di paesaggioche lo vede costituito da un puzzle di aree omogenee, afavore di una concezione a sistema: probabilmente oc-corre intendere tali unità a volte come aree, ma altre vol-te come rete di relazioni in spazi non contigui o altre an-cora come elemento lineare; esse possono di volta in vol-ta intrecciarsi e sovrapporsi in tutto o in parte in uno stes-so territorio. Ognuna può corrispondere a un sistemafunzionale.

Lettura di dettaglio dei caratteri formali e matericidegli aspetti storico-architettonici del paesaggio.

In genere, le metodologie di lettura utilizzate per gliaspetti storico-architettonici del paesaggio si fermano auna scala poco dettagliata (1: 10.000, 1: 5.000, 1: 2.000)e possono rilevare solo il disegno generale di certi com-ponenti paesistici i cui caratteri storici dipendono, inve-ce, essenzialmente, dai materiali e dalle tecniche co-struttive utilizzate (come accade, per esempio, nei mu-retti in pietra a secco dei terrazzamenti collinari, nelle pa-vimentazioni dei percorsi, nelle divisioni vive dei campi,nelle canalizzazioni, ecc.). Il problema di una metodolo-gia più adeguata è vivo soprattutto nelle aree forte-mente e capillarmente costruite nel corso del tempo dallavoro dell’uomo, come le aree collinari coltivate a vi-

Page 231: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

231

gneto, oliveto, frutteto, ma anche in quelle di pianura,con le regolamentazioni delle centuriazioni, delle boni-fiche, ecc.: si tratta di veri e propri manufatti che richie-dono un approccio analitico analogo a quello dei ma-nufatti edilizi o dei centri storici. È dunque opportuno, co-me già peraltro vi sono alcuni esempi, fare riferimento atutta la grande elaborazione metodologica e all’espe-rienza operativa delle discipline della conservazione peraffrontare tali temi, pur con i necessari adeguamenti.

Alcune prospettive a breve/medio termine

Sembra fondamentale, in questo momento, la cir-colazione di informazioni, la documentazione di espe-rienze italiane e straniere, l’aggiornamento della cultu-ra tecnica italiana nel settore dell’architettura del pae-saggio.

Negli anni scorsi, di fronte alla carenza di una cul-tura diffusa tra i tecnici e gli operatori, sia delle Soprin-tendenze che esterni, sul tema della tutela dei giardinistorici, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha as-sunto un ruolo di forte promozione del tema, organiz-zando grandi convegni annuali, finanziando ricerche eproducendo pubblicazioni specifiche che coinvolgesseronuovi operatori, organizzando un apposito Comitato disettore, ecc.: va riconosciuto che tale azione ha avuto unforte ruolo propositivo nel determinare l’attuale benmaggiore grado di attenzione diffusa per il tema delgiardino storico in Italia a ogni livello.

A breve termine, occorre probabilmente realizzareper il paesaggio un tipo di azione simile a quella, anchese il tema del paesaggio si presenta carico di maggiori dif-ficoltà per le implicazioni sulle modalità di organizzazio-ne del governo del territorio nel suo complesso, sul ruo-lo degli organismi dello Stato e degli Enti locali, sulle com-petenze disciplinari che coinvolge.

Per esempio potrebbe essere utile, fra l’altro (non inordine di importanza): – Fare della Conferenza l’occasione di un bilancio e la

sede di presentazione delle esperienze più signifi-cative maturate in questi anni in Italia, con la fina-lità di iniziare a formare un corpo consolidato e tra-smissibile di conoscenze tra gli operatori del setto-re, i tecnici, gli amministratori, ecc. Programmare in-contri annuali analoghi per alcuni anni.

– Promuovere un ruolo attivo del Ministero per i Benie le Attività Culturali, nei prossimi anni, nel racco-gliere, vagliare e far circolare informazioni sulle espe-rienze più interessanti, in atto e compiute in Italia nel-la progettazione e nella gestione del paesaggio.

– Istituire un Comitato per il paesaggio presso il Mi-nistero per i Beni e le Attività culturali (analogo a al-tri come quello per i giardini storici, ecc.), o, meglio,un organismo con qualche maggior potere.

– Elaborare una “Carta del paesaggio”, documento diintenti simile alla proposta di “Convenzione europeaper il paesaggio”, capace, tuttavia, di entrare un po’più nel merito, rispetto ad essa, dei problemi pro-gettuali e attuativi e delle specificità italiane. Essa po-trebbe fra l’altro collegarsi alla Carta italiana del re-stauro del 1972, che si articolava in una parte ge-nerale e una parte di “Istruzioni”, più facilmente efrequentemente modificabili e aggiornabili: mentreaffrontava i temi dei centri storici, lasciava ancorascoperti sia i giardini storici che il paesaggio.

– Integrare la strumentazione per il governo del ter-ritorio attualmente prevista a livello comunale eprovinciale con specifici Studi e/o Piani per il pae-saggio (sviluppando quel processo di pianificazioneavviato con la L. 431), che dovrebbero coinvolgeretutto il territorio amministrativo, non solo aree spe-ciali, e promozione del concetto di Programma digestione. Potrebbe essere lasciata libertà alle singoleRegioni (o Province?) di definire più precisamente leforme e le caratteristiche di tali strumenti, secondole proprie specificità culturali, amministrative, ecc.,e facendo tesoro delle sperimentazioni anche nonsistematiche svolte in questi anni. Per esempio, oc-corre stabilire: obbligatorietà dei piani; caratteri (so-lo studi sui problemi paesistici oppure veri e propripiani paesistici); programmi di gestione come par-te integrante o come strumento autonomo rispet-to ai piani; rapporto tra studi e/o piani per il pae-saggio e la pianificazione urbanistica; rapporto trastudi e/o piani per il paesaggio e studi e/o piani re-lativi ai problemi dell’ambiente-ecologia-tutela na-turalistica, ecc.

– Rafforzamento del ruolo delle Province, che paionogli enti che in questo momento possono impegnarsipiù degli altri per una pianificazione e un governoper il paesaggio (piani, ma anche sovvenzioni, in-centivi, finanziamenti legati alla loro gestione, azio-ni didattiche e formative, ecc.). Vi sono degli esem-pi italiani significativi.

– La pianificazione/progettazione per il paesaggio vaformulata, fin dalle prime fasi di studio e di elabo-razione, di concerto con le Soprintendenze compe-tenti per territorio (esperienze in questo senso sonogià state svolte).

– Obbligatorietà di una integrazione delle domandedi concessione edilizia con documentazione speci-ficamente finalizzata a dimostrare la compatibilitàdelle trasformazioni dal punto di vista paesaggisti-co (oltre che ecologico-ambientale): permesso pae-saggistico (l’esperienza francese pare significativa).È opportuna la definizione puntuale di una docu-mentazione minima da produrre, che ne assicuri laqualità.

– Definizione da parte del Ministero (e eventuale pro-

Page 232: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

232

mozione della stessa operazione da parte delle Re-gioni) di linee guida metodologiche per l’introdu-zione nella strumentazione urbanistica attuale (Pia-ni regolatori, piani di area, ecc.) di contenuti pae-saggistici, definendo caratteri metodologici minimistandard e comprendendo eventualmente anchegli aspetti della gestione: analisi e studi, elaboratitecnici progettuali (per esempio, la scala di rilievo eprogetto), elaborati normativi, elaborati di pro-grammazione e gestione, ecc.

– Elaborazione di un Manuale esemplificativo da di-stribuire ad amministratori locali e tecnici, per mo-strare modalità di utilizzazione della vigente nor-mativa urbanistica di livello locale anche ai fini delgoverno del paesaggio (soluzione minimale rispet-to a quella di specifici studi/piani con contenuti pae-saggistici e ambientali).

– Per aree di particolare degrado (per esempio, peri-ferie e aree di connettivo nelle conurbazioni me-tropolitane, aree di abusivismo, ecc.), promozioneda parte del Ministero (ma anche di Regioni) di al-cuni “Piani di recupero paesaggistico” modello.

– Potrebbe essere incentivata l’elaborazione di stu-di/piani per il paesaggio, prevedendo, per esempio,facilitazioni per enti e per privati nell’ottenere fi-nanziamenti per agricoltura, ecologia, lavori pub-blici, turismo, cultura, patrimonio storico, ecc. soloin presenza di un tale studio o piano.

– Definizione, da parte del Ministero per i Beni e le At-tività culturali (o di altri enti territoriali) di modelli dicontratti che accompagnino obbligatoriamente l’e-rogazione di sussidi e finanziamenti per opere di ma-nutenzione, intervento straordinario, ecc., relative alpaesaggio o relative ad altre opere che abbiano in-fluenza sul paesaggio (per esempio, agricoltura,ambiente-ecologia, ecc.).

– Promozione, da parte del Ministero per i Beni e leAttività culturali o altri Enti locali, di bandi per il fi-nanziamento o la premiazione di esperienze esem-plari: più che piani o progetti, sembra opportunopremiare esperienze di buona gestione e buona va-lorizzazione (per esempio, formazione e aggiorna-mento tecnico, attività di studio, attività didatticheverso la popolazione, marchi di qualità, sostegno diprodotti locali tradizionali, predisposizione di at-trezzature turistiche, ecc.), sviluppate da Ammini-strazioni pubbliche o da privati, in alcuni settori si-gnificativi: paesaggi agrari storici, strade storiche,parchi archeologici, ecc.. Si può fare riferimento aipositivi risultati di esperienze quali i progetti “LI-

FE”, “INTERREG”, ecc. o alle campagne di premia-zione e finanziamento di progetti di qualità pro-mosse dalla Comunità Europea da alcuni anni sutemi definiti di volta in volta (per es. i giardini stori-ci, ecc.), o a altre esperienze estere, come quellefrancesi (label).

– Promozione da parte del Ministero per i Beni e le At-tività Culturali o altri Enti locali di campagne di sen-sibilizzazione a tema periodiche (per es. annuali)per la tutela/recupero/valorizzazione del paesaggio.Per esempio, per elementi strutturanti il paesaggio,come terrazzamenti e muri a secco; per forme di col-ture tradizionali (frutteti, vigneti, castagneti…); persistemi di canalizzazioni storiche; per siepi e divisio-ni vive dei campi; ecc.

– Sviluppo di una politica di tutela specifica per alcu-ni settori o tipi di paesaggio che presentano pro-blemi particolari (per esempio, le strade storiche,spesso sovra-regionali e con esigenze di governounitario) definendone metodologicamente gli stru-menti, le forme di gestione, di fruizione, ecc., anchefacendo riferimento a esperienze estere (Svizzera,Stati Uniti, Gran Bretagna, ecc.). Definizione di nuo-ve tipologie di aree protette di livello nazionale, ol-tre ai parchi naturali (per esempio i ‘paesaggi linea-ri’ o i paesaggi ‘a sistema’ o ‘a rete’), che devono es-sere governate con criteri di piano e di gestioneunitari. Per tale tipo di unità paesistiche dovrebbe es-sere elaborato uno specifico piano paesistico e pro-gramma di gestione.

– Per quanto riguarda le competenze pubbliche pa-rallele e spesso preponderanti che influiscono sulletrasformazioni del paesaggio (lavori pubblici, am-biente, trasporti, politiche agricole, natura, ecc.) e igrandi interventi pubblici che spesso non fanno iconti con gli aspetti paesaggistici (e solo in partecon quelli ecologico-ambientali), potrebbe essereutile la costituzione di un gruppo di lavoro perma-nente interministeriale fra esperti di progettazio-ne/tutela del paesaggio ed esperti degli altri settoriinteressati (rappresentanti dei Ministeri): di partico-lare urgenza il raccordo fra paesaggio e i settori del-l’agricoltura, dell’ambiente-conservazione della na-tura, dei lavori pubblici, per definire almeno qualchesinergia negli interventi e negli strumenti d’azionedelle politiche in Italia. Esigenze di raccordo delleposizioni italiane ci sono anche nei confronti delle po-litiche della Unione Europea, in particolare per l’a-gricoltura, che spesso è stata ed è fattore di trasfor-mazione e distruzione di paesaggi agrari.

Page 233: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

233

La Società Geografica Italiana, fondata a Firenze nel1867, ha svolto nella sua storia un importante ruolo dipromozione delle conoscenze geografiche, dapprimacon il supporto offerto a varie iniziative di esplorazionedi terre lontane e, successivamente, con il progressivoimpegno nella geografia cosiddetta “scientifica”, or-ganizzando congressi (il primo Congresso GeograficoItaliano si svolse a Genova, nel 1892, in occasione del-le celebrazioni colombiane), sostenendo ricerche e stu-di nelle varie branche della disciplina ed impegnandosi,anche, nell’editoria geografica.

È in questa linea che ha recentemente (luglio 1992)ri-definito il proprio Statuto, le proprie finalità ed obiet-tivi. Come scopo fondamentale si propone “il progres-so delle scienze e conoscenze geografiche” e, comeobiettivo primario, la Società “promuove e favorisce ilprogresso degli studi geografici con particolare riguar-do alla conoscenza del territorio, paesaggio ed am-biente, e alla salvaguardia dei beni culturali, ambienta-li e paesaggistici. Inoltre promuove la diffusione in Ita-lia di una cultura geografica facendosi iniziatrice, perquesto scopo, di pubbliche riunioni, conferenze, escur-sioni, viaggi di studio, proiezioni, convegni, tavole ro-tonde, ecc…”.

È importante sottolineare questo preciso impegnodel Sodalizio a fronte del tema del Paesaggio - con cuiil Ministero sta confrontandosi - ma anche di temi vici-ni quali l’ambiente e il territorio o quali i beni culturali,ambientali e paesaggistici di cui i primi si sostanziano.Questi temi non sono certo nuovi per la disciplina geo-grafica.

È noto come nella Geografia, analogamente allamaggior parte delle discipline tradizionali, si assista og-gi ad un vero pluralismo negli approcci, nelle tematichee nelle relative metodologie. Si può tuttavia riconosce-re, al suo interno, il perdurare di un piccolo numero ditradizioni che ne costituiscono, per così dire, le radiciprofonde. Esse vengono generalmente indicate cometradizione spaziale (la tradizione attenta alle localizza-

zioni, alle distanze ed alla loro influenza sui fenomeni re-lazionali), la tradizione corografica (la descrizione dei luo-ghi), la tradizione dello studio scientifico della Terra (nel-le sue parti costituenti) e la tradizione dello studio del-le relazioni uomo-ambiente. Ogni tradizione ha avuto,per così dire, un proprio momento di gloria nell’evolu-zione della disciplina, momento durante il quale si è im-posta sopra le altre dominandole, senza tuttavia annul-larle. La storia della disciplina è scandita dal succedersidi questi momenti, ciascuno dei quali è caratterizzato dadifferenti strumenti concettuali ed operativi.

Nella situazione contemporanea, sia pure in mododifforme a seconda delle scuole, sta ritornando alla ri-balta la tradizione di studio delle relazioni uomo-am-biente, una tradizione che assegna una particolare im-portanza al concetto di “paesaggio”. Si può osservarecome il ri-emergere di questa tradizione sia stato solle-citato da cause esterne alla disciplina: il diffondersi diuna nuova sensibilità collettiva nei confronti dell’am-biente - e del suo aspetto direttamente percepibile, ilpaesaggio – e l’affermarsi di nuovi bisogni post mate-rialistici nelle società più avanzate. Molte discipline scien-tifiche, non soltanto la geografia, si sono trovate nellacondizione di ricevere stimoli dal contesto sociale piut-tosto che nella condizione di fornirne. Ciò sembra ap-plicarsi particolarmente bene al caso dei movimenti am-bientalisti o alla riscoperta delle identità culturali locali.

Si impone oggi, nella geografia italiana, un parti-colare impegno di elaborazione culturale in queste di-rezioni, a proposito del quale alcuni Autori (Pinchemel,1996) hanno parlato di un “ricentraggio” della Geo-grafia, che equivale ad una ripresa dei suoi motivi tra-dizionali, dai quali estrarre, mobilitando i nuovi stru-menti a disposizione, tutte le potenzialità che rispon-dono alle esigenze contemporanee.

Il rinnovato interesse per l’ambiente e per il pae-saggio ha già trovato espressione, a livello accademico,nella tipologia e nella intitolazione dei corsi di geogra-fia ai quali è stata aggiunta la “Geografia dell’Ambien-te e del Paesaggio”, recentemente attivata in alcune

Società Geografica Italiana

Documento per la Conferenza Nazionale per il Paesaggio

Page 234: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

234

Università italiane. Il nuovo corso di insegnamento nonesaurisce certo la Geografia ma ne rappresenta una di-rezione di sicura espansione.

Se dal piano del “discorso” che i geografi fannosulla realtà si passa alla realtà stessa si può osservare co-me il paesaggio italiano abbia conosciuto, negli anni delsecondo dopoguerra, trasformazioni così profonde daalterarne gli stessi caratteri distintivi. Sono ben note leforme di evoluzione – comuni alle principali società in-dustriali avanzate – che hanno prodotto attentati alpaesaggio: il decentramento industriale e gli incontrol-lati insediamenti residenziali soprattutto nelle cintureperiurbane, le pressioni antropiche sui litorali, la realiz-zazione di infrastrutture di trasporto attente più agliaspetti funzionali che non a quelli ambientali, i cam-biamenti tecnici ed economici nel settore agricolo chehanno cancellato i caratteri agrari tradizionali di moltiluoghi.

Questi orientamenti – che restano forti ancora og-gi – sono stati insufficientemente considerati sotto ilprofilo dei loro effetti sull’ambiente e sul paesaggio.Gli obiettivi di sviluppo economico, che hanno svolto esvolgono un ruolo egemone, vengono invocati per giu-stificare situazioni di degrado ambientale che si sareb-bero potute evitare adottando una visione più lungimi-rante. Nella realtà l’idea di sviluppo sostenibile, divenutapopolare alla fine degli anni Ottanta e subito adottatacome slogan politico, non ha ancora dato luogo a tra-duzioni operative convincenti.

Lo stato di cose sopra delineato rende oggi indi-spensabile una politica pubblica per il paesaggio. Aprima vista i termini “politica” e “paesaggio” sembra-no difficilmente accostabili. Il paesaggio è un concettocomplesso e proteiforme, difficile da maneggiare. Pu-re non è indifferente l’utilizzo di questo concetto al po-sto di quello di ambiente o di territorio. Esso traduce l’e-voluzione nella sensibilità collettiva che si è compiuta da-gli anni Settanta ad oggi, un’evoluzione che ha risco-perto gli aspetti estetici, negati o trascurati dall’archi-tettura e dall’urbanistica, e soprattutto il valore “patri-moniale” del paesaggio, elemento di identità territo-riale, riserva di storia e di cultura da tramandare alle ge-nerazioni future (le relazioni con l’idea di sostenibilità so-no qui evidenti), risorsa per il benessere dei residenti eper l’attrazione dei visitatori e dei turisti.

Per costruire un politica pubblica per il paesaggiooccorre che si verifichino varie condizioni. La prima fradi esse è la legittimazione dell’idea stessa di paesaggio,ancora messa in discussione, da varie parti, nel dibatti-to recente. A tale legittimazione potrà dare un impor-tante contributo il livello sovranazionale, attraverso at-ti giuridici e di indirizzo. Particolarmente significativaappare al riguardo la Convenzione Europea del Pae-saggio proposta dal Consiglio d’Europa. Essa compor-

ta definizioni di base e proposte di linee d’azione ingrado di creare punti di riferimento comuni e condivisi-bili da parte di tutti i Paesi membri.

In secondo luogo diventa indispensabile la promo-zione di una conoscenza rivolta all’azione. Proprio sulpiano conoscitivo il contributo della comunità dei geo-grafi può avere grande rilievo. Poche discipline dispon-gono oggi, come la geografia, di una riflessione così ar-ticolata sul paesaggio: sui suoi significati, i suoi deter-minanti e i suoi componenti, le modalità con cui ap-prenderlo. Il bagaglio conoscitivo sul paesaggio, rimasto“congelato” negli anni dello sviluppo teorico e quanti-tativo della disciplina, ha cominciato ad essere rivisto edattualizzato da varie scuole geografiche americane edeuropee, con risultati di notevole interesse. Uno sforzoanalogo si sta verificando nella ricerca geografica italia-na. Questo impegno mette oggi la geografia in gradodi rispondere a varie esigenze di conoscenza, in parti-colare nella formazione verso la quale la disciplina si èprevalentemente indirizzata.

La geografia ha svolto, già nel passato, un’impor-tante funzione educativa nei confronti del paesaggio.Un pezzo forte nell’insegnamento scolastico della di-sciplina è sempre stata la “lettura del paesaggio”, un’o-perazione attraverso la quale si passa dal piano dell’os-servazione sensibile al piano dell’interpretazione delleforme del paesaggio. Sul valore didattico di questa ope-razione sono disponibili oggi vari contributi che tendo-no a valorizzare il momento soggettivo di rapporto conla natura e le componenti culturali del paesaggio, tra-scurate dagli approcci di natura prevalentemente geo-grafico-fisica. Occorre, al riguardo, riconoscere le spe-cificità dell’insegnamento geografico per i vari ordini etipi di scuola, evitando le semplicistiche riduzioni del-l’insegnamento della geografia a “scienza della Terra”.Quest’ultimo è un approccio di grande importanza cheva affiancato, non sostituito, all’approccio di studio del-le relazioni uomo-ambiente, su cui si fonda la specificitàdella disciplina. In un momento come l’attuale che ne-cessita di una comprensione unitaria dell’ambiente,l’ambiente trasformato dall’uomo, appare paradossalel’eventualità di una marginalizzazione della disciplinanell’insegnamento medio superiore. Al contrario, è ne-cessario pensare ad un rilancio dell’insegnamento del-la disciplina in direzioni socialmente utili. L’educazioneall’ambiente (nei suoi aspetti scientifici) ed al paesaggio(nei suoi aspetti esperienziali e culturali) è certamenteuna di esse.

Alla funzione educativa, da svolgersi in modo mi-rato nella scuola, è necessario si affianchi un’opera disensibilizzazione rivolta al più vasto pubblico. I mezzi dicomunicazione di massa sono, a questo proposito, glistrumenti fondamentali. Il paesaggio, in modo più omeno consapevole, è un grande protagonista delle im-magini da cui siamo inondati. Alla varietà dei suoi mo-

Page 235: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

235

di di apparire vanno collegati, quando possibile, stru-menti per consentirne una lettura critica, per capirne lefunzioni, per promuovere il rispetto dei suoi valori. Il pae-saggio rappresenta un aspetto fondamentale del con-testo di vita delle popolazioni che devono poter svolgereun ruolo attivo nella sua evoluzione partecipando alladefinizione degli obiettivi di qualità paesaggistica del lo-ro territorio.

Fra le funzioni formative si impone, come indila-zionabile, la preparazione di tecnici capaci di tutelarepaesaggi sensibili, restaurare paesaggi degradati, dise-gnare nuovi paesaggi interpretando nel loro agire nonsoltanto il punto di vista degli esperti ma anche quellodelle comunità locali, delle associazioni di tutela di in-teressi collettivi, del pubblico generico. È urgente “in-ventare” e riconoscere uno “status” a degli operatoritecnici del paesaggio, o “paesaggisti”, o “architetti delpaesaggio” che abbiano competenze specifiche, rico-nosciute e riconoscibili, sul nostro patrimonio visivo. Lageografia può certamente dare il suo contributo, ma in-sieme ad essa una varietà di altre discipline. Ciò che èimportante qui sottolineare è che questa figura profes-sionale va oggi costruita e riconosciuta come da tempoavviene in altri Paesi. Non appaia provocatorio ricorda-re che negli Stati Uniti si celebra quest’anno di cente-nario della fondazione dell’Associazione Americana de-gli Architetti del Paesaggio o suggerire di guardare, peresempio, all’esperienza della vicina Francia quanto allescuole di formazione di “paesaggisti”. Si impone una ri-

flessione sulle caratteristiche di una formazione supe-riore per “operatori del paesaggio” anche in relazionealle ipotesi di riforma dei corsi di laurea universitari.

Create le condizioni per una considerazione più re-sponsabile del patrimonio paesaggistico del nostro Pae-se, attraverso un’opera di sensibilizzazione, formazioneed educazione da intraprendere urgentemente, resta lagrande sfida di immaginare corsi d’azione capaci pre-servare quanto resta dei quadri visivi che hanno reso ce-lebre la nostra penisola, e di restituire valore a quanto èancora possibile. È una sfida che passa attraverso un’at-tenta ricognizione degli strumenti legislativi disponibili(per i quali l’Italia non è seconda a nessuno) ma anchedell’efficacia (ben più discutibile) di tali strumenti perimmaginare altre, più incisive, forme di azione.

Ci si aspetta un’applicazione degli strumenti di ti-po fiscale, riconoscendo al paesaggio ed ai beni am-bientali una dignità paritetica a quella dei beni cultura-li, la sperimentazione di forme contrattuali tra soggettipubblici e privati per la realizzazione di interventi sul pae-saggio, l’incoraggiamento di comportamenti individua-li più consoni nei nuovi interventi edilizi o negli interventidi rinnovo. Ma soprattutto ci si aspetta una chiara as-sunzione di responsabilità da parte dei soggetti pubbli-ci, ai diversi livelli, perché sappiano proporre azioni di“gestione sostenibile” del paesaggio capaci di armo-nizzare la sua evoluzione con le istanze economiche, nelrispetto delle aspirazioni di qualità paesaggistica semprepiù diffuse nella società.

Page 236: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

236

Il presente contributo, dopo aver discusso della no-zione di paesaggio, esamina come in Italia l’esigenza del-la sua tutela e valorizzazione sia stata recepita dalla le-gislazione nazionale e regionale in materia di pianifica-zione del territorio. Quindi si concentra sulle forme di va-lutazione che possono essere impiegate per soddisfaretale esigenza nella elaborazione degli strumenti di pia-nificazione territoriale.

1. Il paesaggio quale risorsa ambientale

La gestione del paesaggio, della sua tutela e della suaevoluzione, richiede di essere impostata su un’aggiorna-ta interpretazione del concetto stesso di paesaggio.

Vi sono infatti molti modi diversi di concepire ilpaesaggio: da quelli più tradizionali, incentrati sulla per-cezione della veduta paesaggistica e panoramica, aquelli più recenti che fanno piuttosto riferimento allastruttura portante del paesaggio, ovvero al “territorio”,alla sua forma geologica, alle sue condizioni ambienta-li, anche in senso prettamente ecologico, e natural-mente alla configurazione degli insediamenti.

Il paesaggio, in Italia, è un “paesaggio storico”, di-segnato almeno in pari misura dalla natura e dalla lun-ga presenza dell’uomo. È questo, in definitiva, che lorende estremamente vario, articolato, interessante, eperciò unanimamente riconosciuto come valore. Ed è unvalore aggiunto a quello dei singoli elementi che locompongono, sia naturalistici che appunto storico-cul-turali (Avarello, 1999).

I diversi punti di vista da cui si può guardare alpaesaggio convergono in questa considerazione e con-corrono ad arricchire le possibili letture e interpretazio-ni del paesaggio, e di conseguenza a fornire indicazio-ni e criteri per la sua tutela e valorizzazione.

Per tali ragioni, anche il paesaggio così interpreta-to rientra fra i beni ambientali che, a partire dagli anni’80, iniziano ad essere percepiti come risorse scarse e

pertanto considerati meritevoli di tutela. La preoccupa-zione per una progressiva riduzione, in termini quanti-tativi e qualitativi, dello stock di risorse disponibili si ac-compagna via via al riconoscimento della loro impor-tanza in ambito economico e sociale (Fusco Girard,1993).

Le risorse ambientali non vengono più viste comebeni pubblici puri utilizzabili a prezzi nulli nel processodi produzione e consumo, ma come beni intermedi (omisti pubblici/privati). Infatti i principi di “non rivalità”e “non escludibilità” nel consumo1, che caratterizzanoi beni pubblici, sono validi fino al punto in cui non si ri-tiene necessario ridurre gli effetti generati dalla conge-stione nel loro uso o dall’inquinamento, che ne dimi-nuiscono l’utilità ricavabile dai singoli individui e posso-no anche comprometterne la possibilità di utilizzo daparte delle generazioni future (Stellin,1994).

Negli anni ’90, grazie al consenso cresciuto attor-no al concetto di sviluppo sostenibile, in quanto “capacedi soddisfare i bisogni dell’attuale generazione senzacompromettere i bisogni delle generazioni future”(World Commission on Environment and Development,1987), anche in Italia gli obiettivi di tutela e valorizza-zione dell’ambiente e del paesaggio assumono caratte-re prioritario nella legislazione e nella pianificazione delterritorio. Essi orientano infatti la promozione dello svi-luppo economico verso una prospettiva di equità inter-generazionale ed infragenerazionale.

2. Il paesaggio e l’ambiente nell’esperienzaitaliana di pianificazione

In Italia la tutela del paesaggio si è basata per lun-go tempo sulla legge 1497 del 1939, che la circoscrive-va alle cosiddette “bellezze naturali”. La funzione dellatutela poteva essere esercitata dallo Stato attraverso vin-coli imposti su specifici beni oppure, nel caso di vaste lo-calità, mediante la elaborazione di un “piano territoria-

Stefano StanghelliniPresidente INU, Istituto Nazionale di Urbanistica – Istituto Universitario di Architettura di Venezia

Tecla MambelliUniversità degli Studi di Padova

La sostenibilità nella pianificazione del paesaggio*

Page 237: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

237

le paesistico”. Lo scopo di questo tipo di piano consistevanell’impedire che le aree di tali località fossero utilizzatein modo pregiudizievole alla “bellezza panoramica”.

Dopo che negli anni ‘70 le competenze istituzionaliin materia di pianificazione paesistica erano state tra-sferite dallo Stato alle Regioni, la legge 431 del 1985 haaccolto una nozione più ampia di paesaggio. La tutelaè stata infatti estesa a vaste “categorie di beni” (fascecostiere, terreni contermini ai laghi, fiumi e loro spon-de, montagne, aree boscate, ecc.). Per tali vaste parti delterritorio, inoltre, la funzione della tutela è stata asso-ciata a quella della valorizzazione attraverso la redazio-ne, da parte delle Regioni, di “piani paesistici e piani ur-banistico-territoriali con specifica considerazione dei va-lori paesistici ed ambientali”.

In questo modo, dunque, il “piano territoriale pae-sistico” ha esteso i suoi contenuti dal paesaggio in sen-so specifico all’ambiente in genere: nato per tutelare sin-goli beni e “vedute panoramiche”, esso è diventato ungenerico strumento di tutela ambientale, anche diffusa.

L’esperienza italiana di pianificazione è segnata an-che da un altro tipo di evoluzione, la quale interessa in-vece la pianificazione territoriale esercitata dagli Entilocali. Per effetto delle leggi nazionali e regionali suldecentramento amministrativo, infatti, alla pianifica-zione territoriale delle Province sono state delegate lefunzioni di tutela in genere (es. difesa del suolo e pre-venzione delle calamità, protezione della flora e dellafauna, tutela e valorizzazione delle risorse idriche edenergetiche, ecc.) e quindi anche quella di tutela pae-saggistica. Questa infatti oggi tende ad inserirsi nei pia-ni territoriali delle Province per esplicita delega regionale.

Un importante punto di passaggio di questo se-condo processo evolutivo sono le nuove leggi regiona-li di pianificazione territoriale e urbanistica. Le Regionistanno infatti definendo nuovi sistemi di pianificazioneterritoriale, ispirati agli indirizzi culturali affermatisi nelrecente dibattito nazionale fra cui spicca il principio del-la sostenibilità dello sviluppo (Inu, 1995 e 1998).

Per effetto di questo principio al sistema dei pianiterritoriali è richiesto di declinare la sostenibilità anzituttonella forma “forte”, allo scopo di garantire la conser-vazione delle risorse ambientali riconosciute uniche enon sostituibili, e secondariamente nella forma cosid-detta “debole”, curando cioè che in ogni trasforma-zione fisica della città e del territorio il consumo delle ri-sorse ambientali sostituibili sia compensato dall’incre-mento di altre2.

3. Le valutazioni per la sostenibilità nelle nuove forme del piano

L’evoluzione della pianificazione territoriale ed ur-banistica promossa dalle nuove leggi regionali trova un

caposaldo fondamentale nella distinzione delle compo-nenti “strutturali” della pianificazione da quelle “ope-rative” (Inu, 1998).

Il piano strutturale, oltre a formulare indirizzi stra-tegici di sviluppo, è strumento di individuazione vinco-lante delle parti di territorio destinate a essere preservateda sostanziali trasformazioni in considerazione dei lororiconosciuti valori culturali e ambientali. Esso guarda allungo periodo. La pianificazione operativa guarda inve-ce al breve-medio periodo: definisce gli ambiti di inter-vento entro le zone che il piano strutturale ha ricono-sciuto suscettibili di trasformazione e precisa i contenu-ti funzionali e morfologici di tali trasformazioni.

Questa impostazione risulta funzionale al recepi-mento, nella pianificazione territoriale, dell’idea di svi-luppo sostenibile articolata nelle due accezioni di “de-bole” e “forte”. Di conseguenza essa consente di pre-cisare il contributo che la valutazione sta recando aipiani territoriali con valenza paesistico-ambientale(Mambelli, 1999).

Infatti, pur essendo il processo di pianificazioneper sua natura da sempre intriso di valutazioni, il prin-cipio di sostenibilità enfatizza il ruolo della valutazionenella pianificazione (Fusco Girard e Nijkamp, 1997).

L’obiettivo di realizzare la sostenibilità cosiddettaforte è proprio della dimensione strutturale della piani-ficazione. L’interpretazione della sostenibilità in terminidi cambiamenti non decrescenti delle quantità specifi-che di capitale naturale legittima infatti la ricerca di in-dicatori di sostenibilità non monetari e, sulla loro base,la definizione di norme di tutela delle risorse non ripro-ducibili.

Le tecniche di valutazione impiegate per definire ilimiti inderogabili alla trasformabilità del territorio han-no lontane radici nella teoria dei limiti dello sviluppo ur-bano, comunemente nota come “teoria delle soglie”.Del resto l’accezione forte della sostenibilità richiedel’individuazione di soglie limite espresse con particolariindicatori che misurano la consistenza e le caratteristi-che qualitative delle risorse ambientali e paesistiche.

Valutazioni di questa natura sono acquisite allapratica di pianificazione3. Tuttavia il carattere sistemicodei fenomeni ambientali – che richiede una difficile co-struzione di indicatori complessi – rende sempre piùcomplicata e problematica la individuazione dei limiti ditrasformabilità del territorio (Fusco Girard e Nijkamp,1997). Un secondo problema è che in ogni comunitàcoesistono esigenze, valori e obiettivi diversi, talvolta an-che conflittuali, in merito all’uso delle risorse territoria-li, che vanno riconosciuti e legittimati (Gambino, 1997).

Questi problemi possono essere affrontati con va-lutazioni di tipo multicriteriale, che si avvalgono di unagamma di metodi molto estesa ed in continua espan-sione. Nella pianificazione territoriale, poiché le ipotesidi uso delle risorse si presentano il più delle volte pre-

Page 238: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

238

determinate dal punto di vista tecnico, si impieganometodi che aiutano a scegliere fra alternative definite,valutate sulla base di un numero finito di attributi4.

La sostenibilità debole, invece, compete alla di-mensione operativa della pianificazione. Al piano ope-rativo spetta il compito di assicurare che il bilancio del-le trasformazioni ipotizzate sia attivo sotto il profilo pae-sistico-ambientale.

Secondo questa impostazione, le scelte che ven-gono compiute implicano la formulazione di giudizi divalore su tutte le risorse in gioco, in vista delle decisio-ni che devono essere assunte in merito alla loro utiliz-zazione.

Di fronte alla necessità di dover scegliere tra opzionialternative in relazione a un determinato complesso diobiettivi, occorre utilizzare valutazioni che comportanola stima di valori monetari in termini di costi e beneficiper i soggetti coinvolti e per la comunità, dato che loscopo principale è attribuire un prezzo al bene. La riccaletteratura sulle procedure di valutazione monetaria del-le risorse ambientali ha trovato applicazione in alcuneesperienze concrete, in cui si è cercato di stimare lafunzione di uso o di conservazione di aree rurali e di par-chi (Franceschetti, 1997; Stellin e Rosato, 1998)5.

Per valutare se una modificazione dell’attuale allo-cazione delle risorse è efficiente (ossia se produce un au-mento del benessere sociale), l’analisi economica sug-gerisce di misurare i costi e i benefici ad essa associatie, quindi, di calcolare i benefici sociali netti conseguen-ti alla decisione di investimento o di regolamentazione.La modificazione progettata viene quindi confrontatacon la situazione senza progetto.

Tuttavia, se si vogliono ottenere risultati soddisfa-centi, vanno rispettate delle assunzioni assai restrittiverispetto alla commensurabilità monetaria: questo com-porta una forte riduzione del campo d’indagine e ri-chiede che il risultato dell’analisi economica sia inte-grato con una matrice d’impatto che espliciti gli effettidel progetto difficilmente monetizzabili.

Indipendentemente da ciò, l’analisi costi-benefici hamostrato significative limitazioni nel caso dei piani ter-ritoriali e urbani, in quanto non consente di considera-re gli aspetti distributivi. Alcune recenti sperimentazio-ni mirano quindi a modificare il suo impianto, in modoche esso possa tenere conto della distribuzione degli ef-fetti delle previsioni e delle regolamentazioni fra i diversigruppi che formano la comunità coinvolta. Tali speri-mentazioni si pongono quindi in stretta sintonia con la“valutazione dell’impatto comunitario” (Lichfield, 1996):stimando i costi e i benefici associati a ogni progetto ela loro distribuzione tra i gruppi sociali, esse operano unadescrizione globale dell’insieme dei progetti che for-mano il piano operativo.

4. Paesaggio e sviluppo sostenibile nelle leggiurbanistiche regionali

La più recente legislazione urbanistica regionale,rinnovatasi secondo i principi della riforma urbanistica alungo dibattuti nel Paese, pone dunque nuova atten-zione all’ambiente e al paesaggio, attraverso la decli-nazione del concetto di sviluppo sostenibile nella piani-ficazione urbanistica e territoriale, e l’introduzione diesplicite procedure di valutazione.

Le leggi urbanistiche delle Regioni Toscana (LR5/95), Umbria (LR 31/97), Liguria (LR 36/97), Valle d’Ao-sta (LR 11/98), Basilicata (LR 23/99) e la proposta di leg-ge della Regione Emilia-Romagna (novembre 1999), of-frono al riguardo indicazioni di grande interesse, anchese, nonostante le esplicite dichiarazioni di principio,manchino ancora precisi riferimenti metodologici perinformare la pianificazione locale al principio della so-stenibilità.

L’attenzione prestata allo sviluppo sostenibile (espli-citamente individuato come principale obiettivo dell’at-tività di governo del territorio in Toscana, Liguria, Valled’Aosta ed Emilia Romagna) implica comunque, in pri-ma istanza, la valutazione ambientale degli effetti del-le azioni di trasformazione sul territorio e la definizionedi standard e di indicatori ecologico-ambientali.

Alcune Regioni che dispongono di un ampio patri-monio naturalistico da difendere, propongono preva-lentemente verifiche di compatibilità ambientale per lavalutazione degli effetti delle azioni di trasformazione sulterritorio.

La Regione Valle d’Aosta prevede valutazioni di im-patto ambientale per le varianti sostanziali ai Piani Rego-latori Generali (secondo le procedure stabilite dalla legi-slazione regionale in materia), mentre la Regione Umbriaprevede che il piano comunale determini “i parametri eco-logici di ogni ambito urbano in ordine almeno alla su-perfice minima non pavimentabile” (LR Umbria 31/97art.2) e valuti le azioni di trasformazione previste in basead un bilancio degli effetti sulle risorse essenziali del ter-ritorio, verificandone la compatibilità igienico-sanitaria.

Queste valutazioni, di tipo preventivo, sono essen-zialmente valutazioni di impatto e si collocano all’iniziodel processo di piano (ex ante). Sono valutazioni fina-lizzate a scegliere tra alternative localizzative o a stabi-lire l’ammissibilità di determinate azioni di piano.

Un secondo gruppo di Regioni sta cercando di in-trodurre valutazioni per la sostenibilità del piano in vistadegli obiettivi di efficienza ed efficacia del piano stesso,piuttosto che per la sola tutela ambientale.

Toscana e Liguria prevedono infatti più articolate va-lutazioni degli effetti sui sistemi ambientali e socio-eco-nomici, mentre Basilicata ed Emilia-Romagna prevedonovalutazioni della sostenibilità ambientale e insediativa.

In questa ottica, di grande attenzione all’evoluzio-

Page 239: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

239

ne e alle modifiche dei sistemi naturali ed antropici, è ne-cessario un aggiornamento continuo dello stato delle ri-sorse e delle mutazioni intercorse nel paesaggio e nel-l’ambiente, a cui contribuiscono forme di monitoraggioe valutazioni ex post.

Il monitoraggio, sulla base di una sistematica rac-colta di informazioni, è finalizzato, attraverso determi-nati indicatori, a tenere sotto controllo lo stato di criti-cità delle risorse, mentre la valutazione (ex post) è l’u-nica attività capace di misurare l’efficacia degli interventie di correggere e/o riformulare le strategie di piano. Inquesta accezione la valutazione assume il ruolo fonda-mentale di “interprete” del territorio sulla base di unalettura stratificata, finalizzata alla sua salvaguardia e va-lorizzazione.

Nei testi delle leggi urbanistiche regionali i due prin-cipali strumenti a cui vengono demandati la funzione del-la conoscenza ed il compito di definire indirizzi di tute-la, sono costituiti dal Piano territoriale di coordinamen-to provinciale e dal Piano strutturale comunale.

Per quanto riguarda il primo strumento, alla valu-tazione è riconosciuto il compito di definire indicatori dirischio e di sensibilità delle risorse, e di procedere alla de-finizione di invarianti e unità di paesaggio attraverso lacreazione e la sovrapposizione di mappe di criticità set-toriali. Attraverso la costruzione del quadro conoscitivodel territorio si provvede alla rappresentazione e valu-tazione dello stato del territorio e dei processi evolutiviche lo caratterizzano. Il Piano provinciale assolve, inquesto modo, al compito di definire le caratteristiche deisistemi naturali ed antropici del territorio.

Il Piano strutturale comunale, a sua volta, definiscepiù nel dettaglio per il territorio comunale i bilanci del-le risorse territoriali ed ambientali e i criteri per la for-mulazione del giudizio di compatibilità ambientale. Que-sti ultimi saranno espressi in quantità fisiche e/o con va-lori di soglia, standard o parametri che non devono es-sere superati. Sempre in campo ambientale, il Pianostrutturale comunale ha infine il compito di indicare lestrategie di sviluppo socio-economico sostenibile e le di-verse destinazioni del territorio, in relazione alla preva-lente vocazione delle sue parti e alle tutele paesaggisti-co-ambientali.

5. La valutazione del paesaggio nella pianificazione: sviluppi metodologici

L’esigenza di migliorare la qualità delle nuove for-me di pianificazione con un’adeguata conoscenza del-le risorse ambientali e in particolare di quelle paesaggi-stiche e della loro accettabile evoluzione, può essere rac-colta soprattutto da due procedure di valutazione: laStrategic Environmental Assessement e la CommunityImpact Evaluation.

È noto come la dimensione ambientale dello svi-luppo sostenibile sia generalmente affrontata, anchesotto la spinta di direttive comunitarie, dalle valutazio-ni di impatto ambientale. A livello di politiche, piani eprogrammi, la valutazione di impatto assume una naturastrategica e viene denominata Strategic EnvironmentalAssessment (SEA)6. È questa una metologia su cui me-rita soffermarsi in modo specifico perché appare su-scettibile di interessanti sviluppi anche per quanto ri-guarda le risorse paesaggistiche.

La SEA è stata definita come un “formalizzato, si-stematico e comprensivo processo per valutare gli effettiambientali di una politica, piano o programma e le suealternative, includendo la predisposizione di un rappor-to scritto sui risultati di questa valutazione, e utilizzan-do tali esiti in un processo decisionale che tenga contodella partecipazione pubblica” (Therivel et al, 1992).

Essendo predisposta nelle fasi iniziali del processodecisionale, prima che sia stata definita la tipologia e lalocalizzazione di tutti i progetti, la SEA può assicurareche tutte le alternative siano adeguatamente valutate,siano considerati gli impatti cumulativi7 e i soggetticoinvolti siano consultati. Per questo la SEA viene con-siderata uno strumento di fondamentale importanzaper il raggiungimento dello sviluppo sostenibile (Theri-vel e Partidario, 1996).

La costruzione di indicatori e indici di sostenibilità,su cui si basano le valutazioni di impatto, sono di fon-damentale importanza per il raggiungimento di unosviluppo sostenibile. L’indicatore può essere definito co-me uno strumento che serve a misurare la diffusione el’entità di un fenomeno. Esso permette di comparare si-tuazioni che mutano nel tempo e nello spazio e di se-gnalare le variazioni anomale che si determinano. L’in-dice permette la misurazione sintetica (o la definizionedi un concetto) attraverso la combinazione delle infor-mazioni fornite da più indicatori (Marradi, 1980). Nellospecifico gli indici ecologici hanno l’obiettivo di misura-re gli effetti delle attività umane sulla capacità di caricodel territorio.

Per ogni indicatore di sostenibilità deve essere spe-cificato un valore di soglia critico, che non può essere su-perato senza provocare danni irrevocabili all’ambiente eal paesaggio. L’insieme dei valori di soglia rappresentaquindi un sistema di riferimento per valutare lo stato at-tuale dei sistemi considerati e l’accettabilità delle loromodificazioni in seguito a determinati interventi.

Tuttavia, se lo sviluppo sostenibile integra più di-mensioni, ciò significa che non deve essere ricercata lasola tutela ambientale. In particolare, quando la soddi-sfazione dei bisogni di una comunità insediata in un de-terminato territorio postula interventi che modificano ilpaesaggio, allora occorre studiare il rapporto esistentetra gli elementi costitutivi del paesaggio e le categoriedi domanda sociale di uso del territorio. In questo caso,

Page 240: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

240

è necessario affrontare la valutazione del paesaggio inmodo diverso, individuandone le varie componenti co-stitutive e mettendo queste in relazione con le esigen-ze umane coinvolte nella fruizione dello stesso.

Per la definizione delle componenti costitutive delpaesaggio occorre ricorrere a conoscenze specialistiche(geologia, biologia, archeologia, agronomia, ecc.). Il con-tributo di queste scienze permea le modalità di formazio-ne del piano territoriale facendole evolvere da un approc-cio puramente descrittivo a un approccio di tipo valutati-vo, volto cioè a far interagire profondamente il momentoconoscitivo con quello “progettuale” e a legittimare cosìle scelte e le regole della tutela o della trasformazione.

In relazione al processo decisionale in cui la valu-tazione dovrà inserirsi, si potrà procedere a misurazionidiverse tramite punteggi sintetici su scala ordinale ocardinale, tramite indici di varia natura, e persino di na-tura monetaria (Tempesta, 1993). Tra i metodi che noncomportano la stima di valori monetari meritano di es-sere segnalati la stima della qualità visiva, la valutazio-ne per indicatori sintetici, la valutazione per domanded’uso specifiche, la valutazione ecosistemica e natura-listica, la valutazione su base storica (Tempesta, 1991).

Il metodo della Community Impact Evaluation (CIE)proposto da Lichfield può comunque riassumere i prin-cipali obiettivi della sostenibilità, nel momento in cui in-tegra l’efficienza economica con la tutela delle risorseambientali e paesaggistiche, e cerca l’equità attraversol’elaborazione di una matrice contabile che identifica be-nefici e costi per i differenti gruppi sociali di una comu-nità (Lichfield, 1996).

Nel caso in cui oggetto della valutazione sia una po-litica, un piano o un programma (strumenti a cui è ri-conosciuta una dimensione strategica) è stato recente-mente proposto un aggiornamento della CIE, il quale in-tegra in tale metodologia la Strategic EnvironmentalAssessment dando vita alla Strategic Plan Evaluation(Lichfield, 1997). Questo metodo è ancora in fase di spe-rimentazione e un suo importante campo applicativopotrà essere senz’altro costituito proprio dalla pianifi-cazione di territori provvisti di risorse paesistico-am-bientali.

BIBLIOGRAFIA

AA. VV. (1998), Evaluation in Planning. Facing the Challenge of Com-plexity, Kluwer Academic Publisher, Dordrecht

AVARELLO P. (1999), “ll paesaggio dei beni culturali”, Urbanistica Infor-mazioni, n. 165

FRANCESCHETTI G. (1997), “Criteri e procedure di valutazione del pae-saggio”, XXVII Incontro CeSET, Reggio Calabria 22-23 ottobre

FUSCO GIRARD L. (1987), Risorse architettoniche e culturali: valutazionie strategie di conservazione. Una analisi introduttiva, Angeli, Mi-lano

FUSCO GIRARD L. (1993), Estimo ed economia ambientale: le nuove fron-tiere nel campo della valutazione, Franco Angeli, Milano

FUSCO GIRARD L., NIJKAMP P. (1997), Le valutazioni per lo sviluppo so-

stenibile della città e del territorio, Angeli, MilanoGAMBINO R. (1996), Progetti per l’ambiente, Angeli, MilanoGAMBINO R. (1997), Conservare Innovare: paesaggio, ambiente, terri-

torio, Utet, TorinoINU (1995), “La nuova legge urbanistica: i principi e le regole”, XXI

Congresso, documento preliminare, supplemento a UrbanisticaInformazioni, n. 141

INU (1998), “La nuova legge urbanistica. Indirizzi per la riforma del pro-cesso di pianificazione della città e del territorio”, UrbanisticaInformazioni, n. 157

LICHFIELD N. (1996), Community Impact Evaluation, UCL, LondonMAMBELLI T. (1999), Il ruolo della valutazione nelle recenti leggi urba-

nistiche regionali, Daest, VeneziaPEARCE D. W., TURNER R. K. (1991), Economia delle risorse naturali e del-

l’ambiente, Il Mulino, BolognaSTANGHELLINI S. (1996), Valutazione e processo di piano, Alinea, FirenzeSTELLIN G. (1994), “Sviluppo sostenibile locale e risorse storico-cultu-

rali: strategie e valutazioni”, XXIV Incontro di studio CeSET, Na-poli 6-7 ottobre

STELLIN G., ROSATO P. (1998), La valutazione economica dei beni am-bientali, CittàStudi, Padova

TEMPESTA T. (1991), La valutazione del paesaggio agrario, Padova.TEMPESTA T. (1993), “La valutazione del paesaggio rurale tramite indi-

ci estetico-visivi e monetari”, Genio Rurale n. 2TURNER R. K. (ed., 1994), Sustainable Environmental Economics and

Management, Belhaven Press, LondonWORLD COMMISSION ON ENVIRONMENT AND DEVELOPMENT, (1987), Our Com-

mon Future, Oxford

NOTE

* Il presente testo, concepito unitariamente, è stato redatto dal prof.Stanghellini per quanto riguarda i paragrafi 1, 2 e 3, e dalla dott.ssaMambelli relativamente ai paragrafi 4 e 5. Gli autori ringraziano il prof.Paolo Avarello e il prof. Giuseppe Stellin per i suggerimenti ricevuti.

1 “In economia un bene pubblico si caratterizza principalmen-te per la non rivalità nell’uso fra i diversi utenti – cioè il carattere di con-sumo collettivo del bene – e per la non escludibilità di alcuni indivi-dui dai benefici da esso prodotti. Il fatto che un bene possa essere con-sumato collettivamente significa che ogni utente ha libero accesso al-la quantità e alla qualità totale del bene, senza che per questo dimi-nuisca quella disponibile per gli altri utenti” (Stellin, 1994).

2 Com’è noto, nell’idea di sviluppo sostenibile la crescita eco-nomica e la conservazione delle risorse ambientali non sono in con-trapposizione. Infatti lo sviluppo viene considerato sostenibile se le ri-sorse rinnovabili sono utilizzate a un ritmo che non supera il tasso del-la loro riproduzione e quelle non rinnovabili sono rimpiazzabili con ri-sorse rinnovabili. Tuttavia non tutte le risorse sono riproducibili. Eproprio sul postulato dell’unicità e della non sostituibilità di importanticategorie di capitale naturale e antropico, si basa il concetto di “so-stenibilità forte”, affermato dalla ecological economics. Questa ac-cezione di sostenibilità trova giustificazione anche nell’impossibilità diconoscere le preferenze delle generazioni future, nell’incertezza sul-la evoluzione del sistema economico e ambientale, e nel problema del-l’irreversibilità delle trasformazioni ambientali. L’accezione “debole”dello sviluppo sostenibile assume invece la completa sostituibilità tracapitale naturale e capitale artificiale e, conseguentemente, la totalecommensurabilità monetaria delle risorse territoriali (Turner, 1994).

3 In Italia, ancora all’inizio degli anni ‘70, queste valutazioni ve-nivano impiegate con riferimento al rischio idrogeologico, alla difficoltàdi drenaggio, alla copertura forestale, alla fertilità del terreno. Più re-centemente sono state estese a nuove categorie di risorse ambienta-li, nel frattempo divenute scarse, ma anch’esse caratterizzate dal fat-to di essere misurabili, a fini di tutela, con parametri tecnici.

4 Tali metodi, pur condividendo la base informativa della matri-ce di pay off – che esplicita la composizione della comunità interes-

Page 241: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

241

sata ed i criteri di valutazione di ciascun gruppo –, differiscono so-stanzialmente per quantità e qualità delle informazioni richieste. Perquesto possono essere distinti in due principali gruppi. Il primo utiliz-za le funzioni ordinali, senza richiedere l’attribuzione di pesi ai criteridi scelta; il secondo, invece, impiega procedure più articolate e, nor-malmente, richiede una precisa individuazione dei pesi.

5 La ricerca scientifica, nell’intento di “catturare” le varie com-ponenti del valore economico totale, ha dilatato lo spazio disciplina-re che tradizionalmente era occupato dall’estimo. Poiché solo per al-cune categorie di risorse territoriali il valore è espresso dal mercato, at-traverso il prezzo, mentre per le risorse ambientali e paesistiche il va-lore fa riferimento anche a variazioni di utilità di cui beneficiano i con-sumatori (reali o anche solo potenziali), il “valore economico totale”di queste risorse, nell’accezione “debole” dello sviluppo sostenibile,si presta ad essere pensato come somma del valore d’uso attuale e dei

valori indipendenti dall’uso, come il valore di opzione (rappresentatodalla disponibilità a pagare per usi futuri) ed il valore di esistenza o in-trinseco, che è indipendente dall’uso attuale e potenziale (Pearce e Tur-ner, 1991).

6 L’applicazione pratica della valutazione ambientale strategica(SEA) è molto cresciuta negli ultimi anni. Nuove leggi e direttive per la SEAsono in corso di definizione in tutto il mondo. Da segnalare, fra esse, ledirettive europee e la legislazione nazionale in molti paesi europei.

7 Gli impatti cumulativi possono essere distinti in impatti addi-tivi, nel caso di progetti che individualmente hanno un impatto tra-scurabile ma complessivamente hanno un impatto significativo, impattisinergici, quando gli impatti totali di diversi progetti eccedono la som-ma dei loro impatti individuali, ed impatti di saturazione della soglia,quando l’ambiente resiste fino ad un certo livello poi rapidamente de-grada (Therivel et al, 1994).

Page 242: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

242

Introduzione

A partire dagli anni ’80, l’ambiente naturale iniziaad essere percepito come una risorsa scarsa da tutela-re: la preoccupazione per una progressiva riduzione, intermini quantitativi e qualitativi, dello stock di risorse di-sponibili si accompagna al riconoscimento della loroimportanza in ambito economico e sociale (Fusco Girard,1993).

Le risorse ambientali non vengono più viste co-me beni pubblici puri utilizzabili a prezzi nulli nel pro-cesso di produzione e consumo, ma come beni in-termedi (o misti pubblici/privati). Infatti i principi dinon rivalità e non escludibilità nel consumo, che ca-ratterizzano i beni pubblici, sono validi fino al pun-to in cui non si ritiene necessario ridurre gli effetti ge-nerati dalla congestione nel loro uso o dall’inquina-mento, che ne diminuisce l’utilità ricavabile dai sin-goli e può anche comprometterne la possibilità diutilizzo da parte delle generazioni future (Stellin1994).

Questa nuova attenzione per le risorse ambientaliha portato ad attribuire un valore economico a que-ste risorse. La ricca letteratura sulle procedure di va-lutazione monetaria delle risorse ambientali ha trova-to applicazione in alcune esperienze concrete, in cuisi è cercato di stimare la funzione di uso o di conser-vazione di aree rurali, di parchi, di bacini fluviali Fran-ceschetti 1997, Stellin e Rosato 1998). A queste ap-plicazioni non ha fatto seguito alcun indirizzo nor-mativo.

Negli anni ’90 grazie al consenso cresciuto attor-no al concetto di sviluppo sostenibile, definito comequello sviluppo “capace di soddisfare i bisogni dell’at-tuale generazione senza compromettere i bisogni del-le generazioni future” (World Commission on Envi-ronment and Development 1987), gli obiettivi di tute-la e valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio han-no trovato posto nell’agenda di legislatori ed urbani-sti accanto all’obiettivo dello sviluppo economico en-

tro una prospettiva di equità intergenerazionale e in-fragenerazionale.

Con l’assunzione del principio della sostenibilitàdello sviluppo entro la recente legislazione urbanistica re-gionale, rinnovatasi secondo i principi della riforma ur-banistica a lungo dibattuti nel Paese, la valutazione è sta-ta per la prima volta istituzionalizzata all’interno delprocesso di piano anche se in termini ancora generici ea volte ambigui.

Nel presente contributo, dopo aver presentato sin-teticamente il quadro delle valutazioni per lo sviluppo so-stenibile presenti nelle rinnovate leggi urbanistiche re-gionali, si è ritenuto opportuno soffermarsi sulle formedi valutazione che possono essere impiegate per la va-lutazione dell’ambiente e del paesaggio negli strumen-ti di pianificazione urbana e territoriale, come suggeri-mento e indirizzo per l’attività normativa.

1. Paesaggio, territorio e ambiente nel recentequadro legislativo regionale.

La riforma urbanistica in corso di attuazione in di-verse Regioni assume tra i propri principi fondativi la so-stenibilità dello sviluppo e la conoscenza dell’identità ter-ritoriale. L’attenzione prestata allo sviluppo sostenibileimplica l’assunzione di esplicite procedure di valutazio-ne, quali la valutazione degli effetti delle azioni di tra-sformazione sul territorio e la verifica di compatibilitàambientale rispetto all’uso delle risorse essenziali delterritorio. Dall’analisi dei testi di legge è possibile deli-neare tre principali approcci alla valutazione come stru-mento per orientare le scelte in campo paesaggistico edambientale.a. Da un lato vi sono Regioni che seguono un ap-

proccio valutativo di tipo preventivo: le valutazionisono essenzialmente valutazioni di impatto (o de-gli effetti di un’azione del piano sulle risorse es-senziali del territorio) e si collocano all’inizio delprocesso di piano(ex ante).

Stefano Stanghellini, Giuseppe Stellin, Paolo Rosato, Giuliano Marella, Tecla Mambelli

Paesaggio e sostenibilità: il contributo della valutazione

Page 243: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

243

I principali campi di utilizzo delle tecniche di valu-tazione ex ante possono essere ricondotti a due ilprimo consiste nella pre-visione, nel senso di desi-gnazione dei possibili scenari legati alla decisioneipotizzata, assegnando ad essi una probabilità at-tesa di realizzazione. Il secondo campo di applica-zione è quello della verifica dei possibili impatti diuna decisione: Ci si riferisce in questo caso a scel-te già effettuate, per cui il ruolo della valutazionein questo caso è di evidenziare i possibili effetti ditali scelte (e di valutare l’opportunità dell’imple-mentazione del progetto specifico). Queste valuta-zioni sono finalizzate alla scelta tra alternative lo-calizzative o a stabilire l’ammissibilità di determinareazioni di piano (valutazioni di compatibilità am-bientale).

b. Il secondo approccio colloca le valutazioni semprein fase preventiva, aprendo al contempo a valuta-zioni ex post. Nel momento in cui la valutazione èfinalizzata alla definizione di ambiti (di conserva-zione, di trasformazione, di nuovo impianto) o al-la individuazione delle unità di paesaggio, la ne-cessità di un aggiornamento continuo dello statodelle risorse e delle mutazioni intercorse nel pae-saggio e nell’ambiente necessita sia di forme dimonitoraggio sia di valutazioni ex post. Il monito-raggio, sulla base di una sistematica raccolta diinformazioni, è finalizzato, attraverso determinatiindicatori, a tenere sotto controllo lo stato di criti-cità delle risorse mentre la valutazione (ex post) èl’unica attività capace di misurare l’efficacia degli in-terventi e a correggere e/o riformulare le strategiedi piano. In questa accezione la valutazione assu-me il ruolo fondamentale di “interprete” del terri-torio sulla base di una lettura stratificata, finalizza-ta alla sua salvaguardia e valorizzazione.

c. Il terzo approccio si basa sulla costruzione di indi-catori prestazionali, sia come soglia di sostenibilitàambientale delle trasformazioni, sia come mecca-nismo indirizzato ad un processo conoscitivo e mi-gliorativo del piano. L’indicatore può essere defini-to come uno strumento che serve a misurare ladiffusione e l’entità di un fenomeno. Esso permet-te di comparare situazioni che mutano nel tempoe nello spazio e di segnalare le variazioni anomaleche si determinano.Questo approccio prevede la costruzione degli in-dicatori in fase di predisposizione del piano e la lo-ro valutazione in fase di attuazione del piano o do-po determinati periodi di tempo.Nei testi di legge sono spesso presenti anche rife-rimenti alla creazione di apposite strutture per la va-lutazione e il monitoraggio. Si propone infatti l’i-stituzione sia di Nuclei di valutazione urbanisticaavente il compito di coordinare e monitorare le at-tività di valutazione, sia di Osservatori urbanistico-

ambientali con finalità di valutazione e controllodell’efficacia dei piani sulla base di specifici indica-tori prestazionali ed ambientali.

2. Quali valutazioni negli strumenti dipianificazione per la gestione sostenibile delterritorio?

Con la legge 142/90 lo Stato attribuisce al Pianoterritoriale di coordinamento provinciale competenzein materia di tutela dell’ambiente e della difesa delsuolo, oltre al compito di definire le linee strategichedi assetto del territorio e le infrastrutture di livelloprovinciale.

Questo strumento viene quindi individuato comestrumento atto ad una conoscenza continua ed inter-settoriale del territorio soprattutto sotto l’aspetto am-bientale e della vulnerabilità delle risorse e come mo-mento di indirizzo strategico a scala vasta, soprattuttoin ambito di territorio rurale e “metropolitano”.

Questa sua duplice valenza suggerisce almeno dueforme di valutazione per il paesaggio e i beni ambien-tali in quanto momento di “organizzazione” della co-noscenza e definizione degli strumenti per la conserva-zione/valorizzazione del territorio e in quanto occasio-ne di concertazione per la gestione dei conflitti am-bientali e l’individuazione delle risorse necessarie alla va-lorizzazione del territorio.

a. Nel primo caso la valutazione assolve al compitodi definire una procedura che è possibile riassu-mere in tre fasi principali: dall’identificazione del-le risorse e dalle indicazioni sulla raccolta e trat-tamento delle informazioni si passa all’elabora-zione dei dati sulla base di criteri che pongono inevidenza le relazioni del sistema sotto osserva-zione, per giungere alla valutazione vera e pro-pria, che permette di esprimere un giudizio (sul-lo stato di criticità delle risorse o sulla scelta traalternative differenti) e di orientare direzioni d’a-zione successive. A partire dalla costruzione delquadro conoscitivo del territorio si provvede quin-di sia alla rappresentazione sia alla valutazione delterritorio e dei processi evolutivi che lo caratte-rizzano.La valutazione assolve, in questo modo, al com-pito di definire le caratteristiche dei sistemi natu-rali ed antropici del territorio, individuando le va-rianti strutturali di stabile configurazione o lentamodificazione, attraverso indicatori di stato, dicriticità e di potenzialità, su cui poi individuareclassi di vulnerabilità, capacità di carico del terri-torio e/o della risorsa e condizioni da soddisfare infase di programmazione degli interventi. La valu-

Page 244: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

244

tazione indica inoltre come effettuare i bilancidelle risorse territoriali ed ambientali ed esprime-re i criteri per la formulazione del giudizio di com-patibilità ambientale, ove il grado di dettaglio delquadro conoscitivo lo consenta in quantità fisichee/o con valori di soglia, standards o parametri chenon devono essere superati. Sempre in campoambientale ha infine il compito di indicare, perambiti territoriali sub-provinciali, le strategie disviluppo socioeconomico sostenibile, le diversedestinazioni del territorio, in relazione alla preva-lente vocazione delle sue parti e alle tutele pae-saggistico ambientali.

b. Seguendo il secondo punto di vista, nel momentoin cui la pianificazione si trova ad affrontare que-stioni complesse, specie con riferimento alle varia-zioni di utilità legate alle caratteristiche delle risor-se, diventa essenziale una corretta individuazione eun’efficace esplicitazione dei valori che la colletti-vità attribuisce a questi beni.

Gli elementi valutativi che scaturiscono dalla pre-senza di diverse categorie sociali d’uso apportano unforte contributo alla soluzione dei problemi relativi al-le conflittualità nella gestione del territorio urbano erurale. Di fronte alla necessità di dover scegliere traopzioni alternative in relazione a un determinatocomplesso di obiettivi, la valutazione rappresenta in-fatti il mezzo per assumere consapevolmente le de-cisioni riguardo all’uso e alla tutela delle risorse eper elevare l’efficacia nel grado di raggiungimentodegli obiettivi. In questo contesto possono essere uti-lizzate valutazioni che comportano la stima di valorimonetari in termini di costi e benefici per i soggetticoinvolti e per la comunità, dato che lo scopo prin-cipale è attribuire un prezzo al bene, e in senso piùlato assume nuova importanza la valutazione delleesternalità.

Nel caso di beni che non hanno apprezzamentosul mercato, le tecniche proposte in letteratura pos-sono essere distinte in due grandi gruppi a secondache il metodo sia basato sulla stima di valori moneta-ri non monetari e, fra i primi, in quelli che si ricolle-gano ai mercati reali (metodi convenzionali ed esti-mativi) ed in quelli che, ricorrono alla nozione di ren-dita (surplus) del consumatore. I metodi utilizzati perstimare la funzione di domanda, e quindi il surplus,possono essere distinti in diretti ed indiretti. I metodiindiretti (metodo del costo di viaggio, metodo edoni-metrico) utilizzano i rapporti che si instaurano fra i be-ni ambientali e beni privati durante l’attività di con-sumo. La fruizione del bene ambientale, infatti, spes-so è possibile perché esiste una complementarietàcon il consumo di beni privati, il cui prezzo è facil-mente rilevabile.

Queste metodologie possono rivelarsi efficaci nel-la determinazione del valore d’uso della risorsa, ma nondei valori di non uso; le valutazioni hanno infatti comepremessa l’effettivo utilizzo del bene.

Quando l’obiettivo è la determinazione di valorinon necessariamente associati ad una effettiva frui-zione della risorsa, oppure quando non è possibilestabilire una connessione con il consumo o il valore dibeni privati, è necessario far ricorso ai metodi diretti.Questi cercano di stimare il valore di un bene am-bientale simulandone il mercato anche se questo èinesistente (Valutazione ipotetica o contingente). Ta-le simulazione poggia su interviste dove i soggetticonsultati sono chiamati ad esprimere la loro dispo-nibilità a pagare per conservare una certa risorsa am-bientale oppure la loro disponibilità ad accettare unacompensazione per rinunciare alla fruizione o all’esi-stenza della stessa.

Tra i metodi che non comportano la stima di va-lori monetari ci sono la stima della qualità visiva, la va-lutazione per indicatori sintetici, la valutazione perdomande d’uso specifiche, la valutazione ecosistemi-ca e naturalistica, la valutazione su base storica (Tem-pesta 1991)

Conclusioni

Al piano oggi viene richiesta la capacità di co-gliere le relazioni di complementarità e di sinergia sucui si fondano i processi di strutturazione territoriale,di significazione paesistica, di “produzione del suolo”.La valutazione disegna allora un proprio spazio nelladefinizione di regimi di intervento e perimetrazione diambiti.

A partire dalla conoscenza del territorio, la valu-tazione assolve un ruolo fondamentale anche nel ga-rantire efficacia al governo del territorio in chiave so-stenibile, poichè le politiche di tutela, valorizzazionee trasformazione vengono gestite dinamicamente, siaattraverso il confronto con una conoscenza sempreaggiornata del territorio, sia attraverso verifiche dicoerenza con l’insieme che comportano anche valu-tazioni periodiche di adeguatezza delle prescrizionidel piano.

Un terzo ruolo per la valutazione si viene a delinearenel momento in cui il piano deve affrontare la trasfor-mazione del paesaggio, attraverso politiche o pro-grammi d’intervento. In questo caso è necessario inter-venire sul paesaggio conoscendo le compatibilità tra leesigenze delle comunità insediate e le sue regole evo-lutive. Per conseguire lo scopo di evidenziare il rappor-to esistente tra gli elementi costitutivi del paesaggio ele categorie di una domanda sociale di uso del territo-rio, è necessario affrontare la valutazione del paesaggio

Page 245: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

245

in modo diverso, individuandone le varie componenticostitutive e mettendo queste in relazione con le esi-genze umane coinvolte nella fruizione dello stesso.

Il processo di piano è infatti la sede adeguata perintegrare la tutela con politiche di valorizzazione attra-verso la definizione di regole volte a coniugare la con-servazione dei segni del passato con l’introduzione dinuovi usi. La possibilità di attivare anche per il beneambientale un utilizzo sociale ed economico gli può in-fatti assicurare una preservazione attraverso un suo ruo-lo fondamentale per il territorio.

BIBLIOGRAFIA

FRANCESCHETTI G. (1997). “Criteri e procedure di valutazione del pae-

saggio”, XXVII Incontro CeSEI, Reggio Calabria 22-23 OttobreFUSCO GIRARD L. (1993). Estimo ed economia ambientale: le nuove fron-

tiere nel campo della valutazione, Franco Angeli, Milano.MAMBELLI T. (1999a), il ruolo della valutazione nelle recenti leggi ur-

banistiche regionali, Daest, Venezia (in corso di pubblicazione).STANGHELLINI S. (1996), Valutazione e processo di piano, Alinea, Firen-

ze.STELLIN G. (1994). “Sviluppo sostenibile locale e risorse storico-cultu-

rali: strategie e valutazioni” XXIV Incontro di studio CeSET, Na-poli 6-7 ottobre

STELLIN G., Rosato P. (1998), La valutazione economica dei beni am-bientali, Città Studi, Padova.

STELLIN G. STANGHELLINI S. (1997), “Politiche di riqualificazione delle areemetropolitane: domanda di valutazione e contributo delle di-scipline economico-estimative”, Genio Rurale n. 7/8

TEMPESTA T. (1993), “La valutazione del paesaggio rurale tramite indi-ci estetico-visivi e monetari. Genio Rurale n. 2

WORLD COMMISSION ON ENVIRONMENT AND DEVELOPMENT, (1987), Our Com-mon Future, Oxford.

Page 246: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

246

Premessa

La storia più che centenaria della nostra Associazio-ne ha dimostrato e continua a dimostrare la disponibilitàde T.C.I. a impegnarsi direttamente ogni volta che si ri-chiedano contributi per la salvaguardia del patrimonioculturale e paesaggistico del Paese. Ci sia consentito di ri-cordare infatti come proprio sul tema della conservazionedei beni paesaggistici è incentrato un Libro Bianco pub-blicato nel 1998 dal T.C.I. intitolato “La tutela del pae-saggio in Italia”. Questa pubblicazione costituisce tuttoraun punto di riferimento importante per chi voglia affron-tare con serietà e spirito propositivo l’argomento. Il con-tributo che segue è ad esso ispirato e si può leggere co-me l’aggiornamento di un percorso mirato all’aumentodella consapevolezza dell’opinione pubblica iniziato mol-ti anni fa.

1. Il concetto di paesaggio per il Touring ClubItaliano

“La cosiddetta bellezza della natura è in realtà ilprodotto dell’intelligenza del pensiero e del lavoro uma-no nel corso di più millenni: è un immenso libro, un pa-linsesto in cui sono scritti millenni di storia”. (Giulio Car-lo Argan, discorso di approvazione al Senato della leg-ge n. 431 del 1985, detta Galasso)

Un legame tutto particolare unisce Touring e “l’im-menso libro” del paesaggio. Esso è il tema di fondo cheha accompagnato la vita e l’attività dell’associazione inpiù di un secolo di esistenza, con un’attenta riflessionesulla somma di elementi naturali, artistici, storici e tra-dizionali italiani e la loro evoluzione. Con il sano prag-matismo che da sempre costituisce l’anima del Sodali-zio, il T.C.I. rende operante il comma dello Statuto che,tra i principali mezzi d’azione, indica: “dare opera perla tutela del paesaggio”, portando ad intervenire per ladifesa e la manutenzione di un patrimonio che rappre-

senta uno degli aspetti della nostra identità nazionale”.

Il Touring Club italiano lavora per un’ecologia delpaesaggio, per un equilibrio dei fattori che lo compon-gono, affinché possano godere di armonia e benesse-re. Questo approccio nei confronti di natura, arte, sto-ria e tradizione è anche ciò che distingue il T.C.I. da al-tre associazioni, che si battono chi per la salvaguardia deibeni storico-artistici, chi per il mondo della natura, chiper proteggere gli animali, chi per una migliore qualitàdella vita. Il Touring, convinto che ciascuna di queste“creature” sia nata dall’altra, per l’altra, in una rete dirapporti, dipendenze e scambi reciproci, lavora per l’in-sieme di tutte queste componenti correlate tra loro.

2. Come si può integrare conservazione epianificazione del paesaggio, modalità esoggetti istituzionali

Il T.C.I. considera necessario e prioritario realizzarei piani territoriali paesistici, sia rilanciando l’attuazionedella legge 431/1985 (legge Galasso), sia attivando unapiena collaborazione fra le Regioni tuttora inadempienti,l’Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici ele Soprintendenze, in modo da giungere ad una reda-zione ed approvazione di piani anche tecnicamentepuntuali e rispettosi della risorsa-paesaggio tanto in-taccata, ai quali uniformare i piani regolatori comunali.I piani paesistici e territoriali erano, e restano, lo stru-mento fondamentale per superare in positivo la semplicesommatoria di vincoli e vincoli imprimendo dinamismoad una corretta gestione del territorio.

Ci sembra inoltre opportuno saldare al rilancio del-la legge Galasso quello della legge n. 183/1939 sulla Au-torità di Bacino, anch’essa poco attuata e finanziata, ela definizione di una legge-quadro nazionale per l’ur-banistica che definisca e coordini i principi regolatori del-le Regioni, superando così l’ormai invecchiata legge ur-

Touring Club Italiano (T.C.I.)a cura del Centro Studi

Page 247: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

247

banistica generale del 1942.Il T.C.I. non vuole promuovere il cosiddetto neo-

centralismo, anzi è perfettamente concorde con chi so-stiene che il decentramento sia una scelta irreversibile,tuttavia considera sbagliato azzerare i poteri centrali insettori decisivi come quelli del territorio. Al contrario, al-cuni poteri centrali, resi altamente qualificati sul pianotecnico-scientifico da investimenti “in cervelli”, vannorafforzati includendovi quelli di surroga, come già av-viene per i piani paesistici, allorché le Regioni non fac-ciano ciò che devono fare, rigorosamente, per la difesae la manutenzione attiva del territorio. Senza la qualeanche i valori del paesaggio vengono cancellati.

Citiamo testualmente lo stesso Giuseppe Galasso:“Se si rovina il paesaggio, di quale sviluppo turistico sicrede di parlare? Se si dissipano le risorse naturali e ter-ritoriali, di quali e razionali trasformazioni agrarie edaltre iniziative economiche si crede di parlare? Se l’in-quinamento dell’ambiente supera i livelli meno tollera-bili, si può ancora parlare di qualità della vita?”.

Anche se la pratica ritornasse di moda, un adepto delGrand Tour, arrivando oggi in Italia, assai difficilmente po-trebbe descrivere i paesaggi che ci hanno invece lasciatoi viaggiatori dei secoli trascorsi. Perché quello che era ilgiardino d’Europa è ormai profondamente cambiato nelsuo insieme, nel suo stesso tessuto. Ed è proprio questotessuto che è andato in buona misura perdendosi.

Il danno, logicamente, è stato progressivo nel tem-po e si è accentuato negli ultimi anni. Complice forse an-che una certa latitanza, o inerzia, legislativa: per cui perquasi mezzo secolo la normativa pre-bellica non è sta-ta innovata, né tanto meno affinata. Finché non sonocomparsi prima il decreto e poi la legge nota col nomedel suo proponente, Giuseppe Galasso (legge 431 del1985), dal 1940 in poi l’unico provvedimento riguar-dante il paesaggio è stato la delega alle Regioni dellecompetenze ad esso relative.

Utile ricordare come, nei decenni che hanno pre-ceduto la guerra appena citati, la legislazione era limi-tata forse anche perché la stessa cultura dell’epoca nonaveva assimilato concetti fondamentali quali quelli del-la inscindibilità fra beni ambientali e beni culturali nellaconservazione preventiva e programmata.

Nel 1939 con le due leggi Bottai, la n. 1089 per ilpatrimonio storico-artistico e la n.1497 per le bellezzenaturali e paesistiche, l’antica scissione è rimasta e, a li-vello di pianificazione, la prima legge urbanistica gene-rale è arrivata soltanto nel 1942 dopo un cammino de-cennale. Legge innovativa, la quale per la prima voltaprevedeva piani regolatori o programmi di fabbricazio-ni per l’intero territorio italiano. Essa dettò pure normesevere sull’abusivismo (inapplicate) prescrivendo addi-rittura l’arresto per i costruttori illegali. Sino ad allora ipiani riguardavano unicamente le città e il loro ingran-

dimento. E anche dopo, i piani regolatori non sono sta-ti granché preveggenti sul piano paesistico.

Ma torniamo al momento in cui le Regioni ricevo-no la delega ad occuparsi dei problemi che riguardanoil territorio ed il paesaggio. Nel 1972 (DPR n. 8) nella de-lega riguardante l’urbanistica vengono inopinatamenteinclusi i piani paesistici territoriali. La decisione viene ri-badita nel 1977, con il DPR n. 616. Poche Regioni han-no poi segnato all’attivo della loro azione di governo unareale attenzione ai problemi non soltanto dell’ambien-te, ma soprattutto del paesaggio. Dal 1972 al 1984nemmeno un piano paesistico era stato adottato dalleRegioni. Mentre lo spreco edilizio è dilagato con effet-ti devastanti (per 56 milioni di abitanti esistono otre100 milioni di stanze; siamo i maggiori produttori-con-sumatori di cemento al mondo, e il consumo della ri-sorsa-territorio passa dagli oltre 6.000 chilometri d’au-tostrade all’abusivismo delle zone panoramiche e ar-cheologiche).

Di qui il ricorso nel 1984 al decreto ministeriale(21 settembre 1984), poi nel 1985 alla legge Galasso n.431, che imponeva alle Regioni di approvare i pianipaesistici entro l’anno seguente. Una legge che GiulioCarlo Argan, nel discorso d’approvazione tenuto al Se-nato, definì “di salute pubblica” e che se applicata se-riamente (come non fu), avrebbe consentito alle gene-razioni future di ritrovare, nella conservazione del pae-saggio italiano, il “palinsesto” della nostra storia.

Il provvedimento è organico, svelto ed essenziale,nel definire una sorta di carta dell’Italia da salvare. Vie-ta qualsiasi attività di trasformazione nelle aree vincola-te – che definisce – e obbliga le Regioni a pianificare l’u-so del loro territorio. Con grande e lodevole celerità, leSopritendenze hanno subito provveduto a definire leampie aree degne di tutela che, per la nuova legge, so-no soggette ad “ assoluta immodificabilità” fino all’e-manazione dei piani.

Fonda la tutela su un criterio oggettivo (AntonioCederna) e fa compiere il salto dal concetto di bene cul-turale a quello di paesaggio, che è fondamentale per lapianificazione paesistica (Calogero Muscarà).

3. Come difendere il territorio senza bloccare losviluppo

La natura dell’attività che caratterizza il T.C.I., im-pone che le sue considerazioni siano orientate allo svi-luppo ed alla tutela del paesaggio come risorsa turisti-ca. I principi individuati tuttavia sono chiavi operativeestendibili anche alla tutela delle ricchezze ambientali epaesaggistiche in senso lato.

In un recente convegno organizzato a Venezia nelmarzo di quest’anno sul tema del “Destination marketing

Page 248: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

248

and management” si è molto discusso sulle politiche dipianificazione a salvaguardia del territorio. Una città,una valle, o un parco possono essere “sotto assedio” inmolti modi: i centri storici possono essere minacciati dapossibili speculazioni edilizie, le valli insidiate da interventistrutturali scriteriati (strade, ferrovie, pianificazioni edili-zie, ecc.), un parco spogliato da flussi turistici non rego-lamentati, i beni culturali negati alla fruizione pubblica,o dimenticati in scantinati polverosi e così via.

L’assedio va affrontato (come tutti gli assedi), conlungimiranza e con il consenso di tutti gli attori (pubblicie privati) dell’area a rischio. Un termine apparso di re-cente nel linguaggio dei pianificatori territoriali è quel-lo di sviluppo sostenibile, questo concetto è oggi la pa-rola d’ordine per ogni tipo di intervento su un’area geo-grafica, e in modo particolare per quelli di tutela.

I principi su cui si fondano i nuovi modelli di svi-luppo innovativo e responsabile sono:– Sostenibilità ambientale. Rispetto per l’ecosistema,

l’ambiente naturale e preservazione degli equilibriesistenti come prima condizione per la percorribi-lità di ogni ipotesi di sviluppo;

– Sostenibilità tecnica. Rispetto della soglia delle ca-pacità di carico delle risorse non riproducibili, per-ché esse non vengano danneggiate o addiritturaesaurite;

– Sostenibilità sociale e culturale. Rispetto e valoriz-zazione delle specificità locali, preservazione dell’i-dentità sociale e culturale dell’area e coinvolgi-mento della comunità residente nei processi deci-sionali e gestionali;

– Sostenibilità economica. Garanzia di efficienza eco-nomica: preferire la conversione di realtà già esi-stenti piuttosto che la realizzazione ex novo di in-terventi che potrebbero risultare inutilizzabili al va-riare delle condizioni di mercato.

Il T.C.I. non desidera che le giuste istanze di tutelae salvaguardia di risorse paesaggistiche del nostro pae-se entrino in collisione con le necessità di promuovernela crescita.

La teoria dello sviluppo economico e sociale sosteni-bile infatti si basa su un’ottica orientata alla massimizza-zione del profitto nel lungo periodo: il rispetto dei suoi prin-cipi consente di realizzare sistemi redditizi a basso impat-to, che potranno essere fruiti dalle generazioni future.

4. Come tutelare i centri storici, il paesaggioagrario e l’architettura rurale

La tutela e la salvaguardia di centri storici, paesag-gio agrario e architettura rurale, comporta un’analisi

dettagliata di realtà e fenomeni che spesso hanno aspet-ti molto diversificati fra loro.

Per quanto riguarda il paesaggio agrario da alcunidecenni due problemi complementari lo mettono seria-mente in pericolo. Da una parte il processo di urbaniz-zazione e l’esodo massiccio delle campagne e delle areemontane, soprattutto nelle colline interne e negli al-peggi, dall’altra la rapida modernizzazione delle tecno-logie agricole e la trasformazione delle colture determi-nano lo sfruttamento intensivo, l’impoverimento e laperdita di biodiversità dei paesaggi rurali tradizionali.

Per tentare di dare una risposta eco-compatibile aiproblemi contradditori posti dalla trasformazione degliaspetti economici, sociali e produttivi del mondo agricoloe cercare di garantire la sopravvivenza di alcuni paesaggirurali tipici, negli ultimi anni si è andata sviluppando laricerca nel campo della gestione del paesaggio.

Gli orientamenti della nuova politica comunitaria,a favore delle zone rurali, fissati nel 1996 nella dichia-razione di Cork, riconoscono la centralità dell’agricolturacome “tramite tra la popolazione e l’ambiente”, la ne-cessita di una “corretta gestione delle risorse naturali”,e l’importanza della “conservazione” e del “potenzia-mento della biodiversità e dei paesaggi culturali”.

Punto qualificante del nuovo programma agricolo,diventa così la sostenibilità: “Le politiche devono pro-muovere uno sviluppo rurale che tuteli la qualità e l’a-menità dei paesaggi rurali ed europei (risorse naturali,biodiversità e identità culturale) così che il loro sfrutta-mento da parte della generazione attuale non compro-metta le prospettive delle generazioni future”.

In Italia le cose stanno andando a rilento, ma le Re-gioni cominciano a sostenere iniziative volte a potenziarel’agriturismo e le strutture ricettive, promuovendo il re-cupero e la valorizzazione delle architetture e il riuso del-le aree dismesse, secondo gli obiettivi della Convenzio-ne europea del paesaggio che prevede l’istituzione dispeciali marchi di qualità ambientali. È proprio versoquesta direzione che il T.C.I. si sta muovendo.

Muovendosi in questa direzione il T.C.I., in colla-borazione con l’assessorato al turismo della Regione Li-guria, ha ideato il progetto Bandiere Arancioni, volto al-la creazione di un contrassegno di qualità per le localitàdell’entroterra e con lo scopo fondamentale di valoriz-zare (soprattutto turisticamente) le risorse del territorio.Dopo la presentazione della fase pilota che ha coinvol-to le località dell’entroterra ligure, il Sodalizio sta ora in-teressando una rete di contatti per l’estensione del pro-getto ad altre regioni italiane, nella convinzione chequesto tipo di iniziative legate all’autenticità del terri-torio, alla promozione della qualità ed all’insegna dellasostenibilità, favoriscano il binomio virtuoso compostoda conservazione e sviluppo.

Per quanto riguarda i centri storici, sia città che

Page 249: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

249

centri minori, i problemi di tutela riguardano in primoluogo la mancanza di una legislazione specifica di sal-vaguardia della loro integrità. A livello operativo si po-trebbero individuare strumenti che restituiscano equili-brio alle dinamiche di fruizione dei centri storici di resi-denti e turisti. Nello specifico si potrebbero adottare leseguenti soluzioni:– limitazione del traffico;– creazione di itinerari e percorsi che utilizzino mez-

zi di trasporto alternativi all’automobile;– incentivi all’utilizzo dei mezzi pubblici.

5. Come combattere l’abusivismo edilizio

La piaga dell’edilizia illegale sul territorio italiano èestesa e gravissima. Sono 3 milioni e mezzo gli edificiabusivi costruiti ed autodenunciati tra il 1950 ed il 1984,e quasi quattro quinti, ovvero 2,7 milioni di alloggi ille-gali sono stati eretti tra il 1970 ed il 1983. L’edilizia ille-gale ha preso d’assalto le aree di maggior pregio am-bientale e soprattutto le coste. Il Cresme stima che cir-ca 1 milione e settecentomila case abusive abbianosommerso i litorali della penisola tra il 1950 ed il 1983,dalla riviera di ponente alla costiera Sorrentino-Amalfi-tana, dal litorale romano alle coste calabresi, pugliesi,sarde e siciliane.

Nonostante una leggera flessione registrata allafine degli anni ottanta la piaga dell’abusivismo conti-nua a rappresentare ancora oggi una delle minaccepiù serie per il paesaggio italiano. Secondo stime ela-borate da Cresme e Legambiente, dal 1982 al 1997 ilBel Paese è stato inondato da 970 mila nuove caseabusive, a fronte di 3.800.000 abitazioni legali. Leabitazioni abusive costruite negli ultimi quattro annisono 207 mila, in larghissima percentuale al Sud(76,3%), per una superficie di 29 milioni di metri qua-drati di cemento illegale. L’attività abusiva rappresen-ta così almeno il 25% della produzione dell’edilizia le-gale del Paese.

A meno di un anno dal 2000, malgoverno del ter-ritorio ed illegalità continuano a dettar legge in vasteRegioni del Paese. La normativa urbanistica e sanziona-toria è inutilmente complicata. Le Capitanerie di Porto,cui è affidato il controllo del litorale, non dispongonodelle relative cartografie. Le demolizioni non vengonoeseguite. Il TAR accoglie ricorsi e blocca procedimenti neiconfronti degli abusivi. I Comuni tardano ad applicarepiani regolatori. Governi regionali e nazionali tornano aparlare dei condoni. In questo quadro poco edificante,la lotta all’abusivismo sembra appartenere alla sferadelle buone intenzioni, piuttosto che alla lista precisi do-veri delle amministrazioni.

Detto questo, il T.C.I. crede sia necessario renderepiù severa l’opera di prevenzione e repressione dell’a-

busivismo edilizio divenuto ormai un autentico cancrodel territorio e del paesaggio italiano. Continuare nel-l’attuazione dell’intesa col Ministero della Difesa, che af-fida all’esercito - pur lasciandola finanziariamente a ca-rico dei Comuni - l’opera di demolizione dei fabbricatiillegali anziché agli enti bloccati da problemi di consen-so, ma soprattutto opporsi in modo deciso a qualunquesanatoria degli edifici sorti sul demanio marittimo. Sa-natoria che aprirebbe il varco ad una nuova ondata diabusi lungo le coste.

6. Paesaggio, turismo e produzioneenogastronomica

I turisti del vino in Italia vengono quantificati in 2,5milioni (di cui la metà stranieri). Secondo una ricerca del-la Università Bocconi, l’enoturismo oggi ha un giro d’af-fari annuo intorno ai 3 mila miliardi (che include le spe-se di viaggio, pernottamento, ristorazione e acquisti divino in loco). Le aziende vinicole sono 900, di cui 700 as-sociate al “Movimento per il Turismo del Vino”.

In base a rilevazioni del “Movimento”, i visitatoridelle cantine italiane sono aumentati nel 1998 del 50%rispetto al ‘97. Ma c’è ancora molto spazio per cresce-re. In Francia, per esempio, il 30% del reddito dellecantine deriva dalla vendita diretta di vino ai visitatori.In Italia siamo solo al 3%.

Un’idea per diffondere la cultura eno-gastronomi-ca è quella di tracciare le “strade del vino”. Si tratta dipercorsi in cui l’offerta turistica è integrata in modo cheil turista, visitando il territorio, possa apprezzare, con-temporaneamente, le caratteristiche eno-gastronomi-che, ambientali, paesaggistiche, artistiche e culturali.

In Francia queste strade esistono da decenni. Cosìcome esiste (oltralpe) una figura professionale nuova(per l’Italia) che è la “guida turistica del vino”. Questosignore (o signora) dovrà conoscere Giotto e Piero del-la Francesca allo stesso livello di un Chianti o di una Ver-naccia, e dovrà saper guidare il turista sia a una degu-stazione di Barolo in località la Morra sia al museo Egi-zio di Torino.

Secondo uno studio del Censis, presentato il 10aprile scorso al Vinitaly di Verona, il turismo del vino èdestinato a intercettare sempre più quote di mercato:nel giro di 4-5 anni raddoppieranno gli arrivi, passan-do dagli attuali 2,5 milioni a 5 milioni, generando 18milioni di presenze, e un giro d’affari superiore a 5 mi-la miliardi.

Una avvertenza metodologicaNella cifra dei 2,5 milioni di turisti del vino non so-

no inclusi gli escursionisti che, per definizione, non ven-gono conteggiati tra i turisti. Gli escursionisti del vino sa-rebbero intorno a 1 milione. Costoro si recano sui luo-

Page 250: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

250

ghi di produzione (vigne), di lavorazione e invecchia-mento (cantine) più volte all’anno.

Alcune considerazioni generali– È evidente che una vigna ben tenuta contribuisce

alla bellezza del paesaggio. Alcuni paesaggi tosca-ni sono come dei quadri, con quella infilata di col-line coltivate a vite, una prospettiva di tanti appez-zamenti dai colori diversi a seconda dell’esposizio-ne del sole, del tipo di vitigno, del grado di matu-razione.

– Un vigna ben tenuta implica la cura del territorio.Se oggi in Italia assistiamo a tanti disastri geologi-ci la causa prima è l’abbandono del territorio mon-tano e collinare da parte dei contadini. In certe zo-ne d’Italia, come in Valtellina e nelle Cinque Terre,tenere una vigna significa costruire terrazzamentiche servono anche a rafforzare i pendii e trattene-re la terra. Evitando così slavine e frane.

7. Cartellonistica, “antennistica” (ripetitori,ecc.), impiantistica

“Sempre caro mi fu quest’ermo colle e questa siepe…”.Oggi Leopardi avrebbe qualche problema in più a im-

maginare “l’Infinito” e a trasmetterci la forza di concet-ti legati alla sacralità del paesaggio. Al di là del caso spe-cifico, che ha visto uno dei più famosi paesaggi italianicorrere il rischio pochi mesi fa di essere deturpato da tra-

licci dell’Enel, il Touring è da molti anni che lotta al finedi ricordare come, anche per gli interventi di pubblica uti-lità sul territorio, occorre uscire da una logica di conto eco-nomico aziendale e valutare con lungimiranza il vero rap-porto tra i costi e benefici per la comunità.

Antenne paraboliche attaccate come ragni sui tet-ti e sulle facciate delle case, ripetitori che come vessillidi conquistatori sanciscono il loro diritto di proprietà sul-le cime di colline e montagne ed enormi cartelloni pub-blicitari che nascondono le linee architettoniche dellecittà, sono presenze sempre più invadenti nel “panora-ma” del nostro Paese, senza considerare la piaga deigraffiti.

Il T.C.I. disapprova fortemente questo genere discempi. Già nel 1949, sempre per difendere le bellezzedel territorio naturale e urbano, il Sodalizio intrapreseuna campagna di sensibilizzazione per fare abolire i car-telli pubblicitari disposti lungo le strade italiane. Ognimese venivano pubblicate sulla rivista foto documenta-rie di devastazioni paesaggistiche sia urbane che agra-rie, spesso inviate da soci indignati.

L’intero patrimonio italiano è a rischio e non soloper i problemi di manutenzione che lo affliggono, maanche per colpa di deliberati e deleteri progetti che nontengono in alcun conto una conservazione dinamicadel territorio.

Per il Touring è compito di tutti gli italiani vigilare suibeni storici, artistici e ambientali perché sono patrimo-nio di tutti, testimoniano la nostra civiltà e costituisco-no una delle maggiori attrazioni del nostro Paese.

Page 251: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

251

Mezzo secolo di tutela paesistica

All’interno della riflessione in corso sulla necessitàdi riformare il quadro legislativo riguardante i temi del-la pianificazione e più in generale del governo del ter-ritorio, una particolare importanza riveste l’organizza-zione e la disciplina dei livelli di pianificazione territoriale,in considerazione soprattutto delle manifestate esigen-ze di decentramento amministrativo che stanno carat-terizzando il dibattito politico contemporaneo.

In materia di tutela dei beni ambientali, l’attuale as-setto normativo rappresenta in maniera emblematica l’e-voluzione storico-culturale del concetto di tutela paesag-gistico-ambientale: da un’accezione ispirata essenzialmentea valori di carattere estetico-naturalistici (L. 29/06/1939, n.1497), a quella estensiva della L. 08/08/1985, n. 431 cheha esteso il principio di salvaguardia e tutela a zone defi-nite di “particolare interesse ambientale” sulla base di con-notati morfologici ed ubicazionali di categorie generalizzateprefissate ex-lege, e pertanto definiti come “beni diffusi”.

Le componenti culturali che hanno determinatol’evoluzione del concetto di “bellezza”, si sono sommatealla necessità di conoscere i caratteri strutturali del ter-ritorio (naturali ed antropici) e la loro associabilità inunità significative finalizzate alla definizione di un ap-proccio sistemico con scelte di programmazione e svi-luppo compatibili con la natura del territorio.

Il riconoscimento di relazioni sempre più strette traambiti disciplinari, prima considerati complementari senon autonomi, quali l’ambiente, il paesaggio, il territo-rio e l’urbanistica, ha introdotto nuove attribuzioni sulpiano delle competenze, sia per quanto riguarda gli or-gani preposti all’esercizio delle stesse, sia per quanto ri-guarda le procedure con cui attuarle.

La tutela delle bellezze naturali prevista dallaL.1497/39, dato il “notevole interesse pubblico” ad es-se riconosciuto dalla stessa legge, era compito esclusi-vamente del potere centrale dello Stato, che esercitavaquesto ruolo, in maniera sovraordinata rispetto alle

competenze urbanistiche dei Comuni, attraverso l’allo-ra Ministero dell’Educazione Nazionale.

A seguito dell’istituzione delle Regioni, il D.P.R.15/01/1972, n.8, all’art.1 lett. a), trasferiva ad esse lefunzioni amministrative esercitate dagli organi centralie periferici dello Stato in materia di urbanistica ed in par-ticolare quelle relative all’approvazione dei piani terri-toriali di coordinamento (PTC) già previsti dall’art.5 del-la legge 17 agosto 1942, n.1150.

L’ultimo comma dello stesso articolo stabiliva, inol-tre, già da allora il trasferimento alle regioni delle attri-buzioni esercitate dall’allora Ministero della PubblicaIstruzione (prima esercitate dal Ministero per l’Educa-zione Nazionale, poi dal Ministero per i Beni Culturali eAmbientali) relative alla redazione ed approvazione deiPiani Territoriali Paesistici di cui all’art.5 della L.1497/39;l’art.9 del richiamato D.P.R. attribuiva, inoltre, la funzio-ne di indirizzo e coordinamento dell’attività amministra-tive delle Regioni allo Stato, demandando al Ministro deiLavori Pubblici il potere di proposta in merito “alla iden-tificazione delle linee fondamentali dell’assetto del ter-ritorio nazionale con particolare riferimento alla artico-lazione territoriale degli interventi statali di rilevanza na-zionale, alla tutela paesistica, ambientale ed ecologica delterritorio ed alla difesa e conservazione del suolo”.

La dicotomia tra i due ambiti disciplinari, quelloprettamente urbanistico e quello paesaggistico, non su-scitava evidentemente ancora la dovuta attenzione: lanecessità di assicurare unitarietà all’attività di pianifica-zione urbanistica ai vari livelli di programmazione, nonsi riscontrava in egual modo per l’attività di pianifica-zione a carattere paesistico, che se pur concepita, nelquadro dell’attività di coordinamento ed indirizzo attri-buita al Ministro dei Lavori Pubblici come uno degliaspetti delle “linee fondamentali dell’assetto del terri-torio”, acquisiva minore rilevanza a livello regionale, es-sendo la redazione dei P.T.P. (Piani Territoriali Paesistici)subordinata a criteri di discrezionalità in quanto facoltàe non obbligo delle regioni stesse.

Rocco R. TramutolaUfficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Urbanistica e tutela del paesaggio: verso una pianificazione per il governo del territorio

Page 252: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

252

Il D.P.R 24/07/77, n. 616 ha confermato l’estensio-ne del concetto di “urbanistica” come “disciplina del-l’uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti cono-scitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni disalvaguardia e di trasformazione del suolo nonché laprotezione dell’ambiente” (art. 80); conseguentemente,con gli artt. 82 e 83, ha ampliato lo spettro delle fun-zioni amministrative delle regioni, disponendo il trasfe-rimento (in materia di urbanistica e protezione della na-tura, di riserve e parchi naturali) e la delega ad esse dicompetenze, precedentemente esercitate dagli organicentrali e periferici dello Stato, inerenti alla protezionedelle bellezze naturali e quindi alla individuazione e tu-tela delle stesse.

Al Ministro per i Beni Culturali e Ambientali de-mandava il potere di integrare gli elenchi delle bellezzenaturali approvate dalle regioni e di inibire lavori o di-sporne la sospensione, qualora essi recassero pregiudi-zio a beni qualificabili come bellezze naturali anche in-dipendentemente dalla loro inclusione negli elenchi,determinando in questo modo un regime di concor-renzialità nell’esercizio delle competenze.

Ciò che è avvenuto nel nostro Paese nel periodo im-mediatamente successivo è, ancora oggi, facilmente con-statabile; è stato comunque sufficiente a che il Sottose-gretario di Stato allora in carica, On. Galasso, ritenesse ne-cessario, con Decreto Ministeriale 21 settembre 1984,adottare un provvedimento di salvaguardia, unico nellastoria della legislazione in materia, che riconoscesse, da-ta la specificità territoriale del nostro Paese, necessario edurgente una “dichiarazione di notevole interesse pubbli-co” di fattispecie generalizzate di ambiti territoriali.

Si rilevava come, la molteplicità dei provvedimentiadottati o da adottare, dovuta soprattutto al regimeconcorrenziale tra Stato e Regioni venutosi a verificarea seguito del D.P.R.616/77, imponeva l’esigenza di uncoordinamento metodologico e normativo, che, utiliz-zando gli strumenti giuridici esistenti, configurasse nelsuo insieme una disciplina coerente e perequata degli in-teressi in questione su tutto il territorio nazionale, pre-supposto indispensabile della redazione di piani paesi-stici, in considerazione soprattutto delle forti disparità ditempi con cui si stava procedendo alla redazione dei pia-ni stessi: a quella data erano in vigore soltanto dieci pia-ni paesistici.

Si riconosceva che le zone del territorio nazionale,ricadenti in fasce territoriali che segnano le grandi lineedi articolazione del suolo e delle coste costituivano di perse stesse, nella loro struttura naturale, il primo ed irri-nunciabile patrimonio di bellezze naturali e d’insiemedello stesso territorio nazionale, e che pertanto fosse ne-cessario assicurare una specifica tutela per il loro pri-mario valore paesistico, in considerazione dell’assolutanecessità di dover sottrarre le suddette aree al crescen-te degrado del patrimonio ambientale, unanimemente

constatato oltre che dalle forze politiche e sociali anchein sede parlamentare in occasione della discussione del-l’iniziativa legislativa sul condono edilizio.

Si considerava indispensabile per le zone non di-sciplinate dai piani territoriali paesistici, l’adozione diprovvedimenti cautelari urgenti per rendere più incisival’attuazione delle prescrizioni di cui alla L.1497/39, e per-tanto si decretava l’integrazione degli elenchi delle bel-lezze naturali e d’insieme di cui ai punti 1, 3, e 4 dellastessa legge con una serie di categorie di beni e luoghi,da considerarsi sottoposti a vincolo paesaggistico.

Ad ulteriore garanzia di tutela delle bellezze natu-rali e d’insieme ed in vista dell’adozione di adeguatiprovvedimenti di panificazione paesistica si disponevache i competenti organi periferici del Ministero per iBeni Culturali e Ambientali individuassero nell’ambitodelle zone appartenenti alle categorie predefinite, e nel-le altre comprese negli elenchi redatti ai sensi dellaL.1497/39 e del R.D. 3/6/1940, n.1357, ed in altre zo-ne di interesse paesistico, le aree in cui sarebbero statevietate, fino al 31 dicembre 1985, modificazioni del-l’assetto del territorio, nonché opere edilizie e lavori.

La L.431/85, che ha convertito in legge, con mo-dificazioni, il D.L. 27 giugno 1985 n.312, integrandol’art.82 del D.P.R. 616/77, ha sancito l’accettazione de-finitiva dei principi ispiratori che avevano sollecitato il le-gislatore ad emanare dispositivi urgenti, stabilendo pro-cedure e competenze che avrebbero dovuto dotare ilPaese di adeguati strumenti pianificatori per l’eserciziodella tutela paesaggistica secondo criteri di equità e tra-sparenza, su parti considerevoli di territorio.

Stato-Regioni: l’esercizio di poteri concorrenti

Numerosi sono gli aspetti della legge sottoposti averifiche di compatibilità costituzionale a seguito di con-tenziosi sorti sulla scorta di paventati conflitti di attri-buzione tra Stato e Regioni, che hanno in questi anniprodotto una copiosa letteratura giurisprudenziale.

Alla base di questo conflitto si possono sintetica-mente rappresentare alcuni aspetti fondamentali: – l’ampia formulazione del concetto di urbanistica

esplicitata dall’art.80 del D.P.R. n.616/77, introdu-ce una considerazione integrale del territorio e diglobale disciplina dell’uso e delle trasformazioni diquesto – raggiungibile soltanto attraverso il con-corso di valutazioni e discipline diverse di fatto nonriscontrato nell’attuazione delle rispettive funzioni;

– l’attribuzione alle Regioni delle competenze sul pia-no operativo, in parte trasferite (quelle urbanisti-che), ed in parte delegate (quelle paesistiche), è sta-ta interpretata in contrasto con l’unitarietà dellanuova accezione di urbanistica introdotta dal-l’art.80 della 616/77;

Page 253: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

253

– l’impiego di speciali strumenti di pianificazione ter-ritoriale quali mezzi della protezione paesaggisticaprimaria ha alimentato un perpetrato conflitto di at-tribuzione tra gli stessi ambiti disciplinari nel ten-tativo di ritenere che la disciplina paesaggistica pri-maria potesse essere subordinata all’urbanistica oaddirittura inclusa in essa.

Inizialmente la Corte Costituzionale, in occasionedei conflitti di attribuzione sollevati dalle Regioni neiconfronti degli organi di controllo dello Stato, in consi-derazione delle diverse funzioni, trasferite e delegate, hapiù volte confermato la separazione tra i due ambiti di-sciplinari, individuando nella pianificazione paesisticauno strumento limitato alla conservazione dei profiliestetizzanti del territorio.

Questo orientamento è stato successivamente mes-so in discussione dalla stessa Corte che, a seguito del-l’emanazione della L.431/85, con sentenza n.359/85, ri-chiamando la disciplina del paesaggio stabilita nell’art.9della Costituzione che “erige il valore estetico-cultura-le riferito anche alla forma del territorio a valore prima-rio dell’ordinamento, e correlativamente impegna tut-te le pubbliche istituzioni, e particolarmente lo Stato ele Regioni a concorrere alla tutela e alla promozione delvalore”, ha ricondotto sia la tutela del paesaggio che ladisciplina urbanistica a forme di gestione del territorio,ponendo quale valore primario dell’ordinamento giuri-dico l’interesse estetico culturale connesso alla tutela delpaesaggio, alle cui esigenze deve adeguarsi anche l’ur-banistica.

La sola delega alle Regioni delle attribuzioni in ma-teria paesistica viene così riconfermata quale fonda-mentale intenzionalità del legislatore finalizzata a ga-rantire una regolazione degli interventi orientata all’at-tuazione del valore paesistico come valore estetico-cul-turale legato a scelte di più ampio respiro.

L’indagine conoscitiva sull’attuazione della leggeGalasso

L’art. 1-bis della L.431/85 ha imposto alle Regioni,e, in caso di inadempienza di queste, allo Stato, l’obbligodi sottoporre a specifica normativa d’uso e di valorizza-zione ambientale i territori di interesse paesistico elen-cati dal quinto comma dell’art.82 del D.P.R.616/77 me-diante la redazione di piani paesistici o di piani urbani-stico-territoriali con specifica considerazione dei valoripaesistici ed ambientali, da approvarsi entro il 31 di-cembre 1986.

L’esigenza di disporre di un quadro generale deglistrumenti legislativi prodotti dalle regioni in materia dipianificazione territoriale, in adempimento al dispostodell’art. 1 bis della L.431/85 ha indotto l’Ufficio Centrale

per i Beni Ambientali e Paesasggistici1 ad avviare, tramitele Soprintendenze competenti dislocate sul territorionazionale, una prima indagine ricognitiva.

L’indagine svolta costituisce più che un bilancioconsuntivo sull’applicazione della legge, una prima rac-colta di informazioni necessarie all’individuazione delleregioni che di fatto non disponevano di alcuno stru-mento di governo che consentisse, almeno sul piano de-gli adempimenti formali, l’auspicato livello di tutela pre-figurato dall’applicazione della legge.

Questo ha consentito subito dopo aver affrontatoil caso della Campania, (dove il Ministero per i Beni Cul-turali e le Attività Ambientali, grazie al lavoro delle So-printendenze territorialmente competenti coordinatodal Servizio Pianificazione Territoriale dell’Ufficio Centraleper i Beni Ambientali e Paesaggistici, ha redatto, eser-citando il potere sostitutivo previsto, quattordici pianistralcio, sostituendosi d’autorità ad una Regione ina-dempiente, il cui territorio era ormai sottoposto alle di-sposizioni di immodificabilità ed inibitorie di cui all’art.1 quinquies della L.431/85), di adoperarsi affinché altreRegioni, ancora del tutto inadempienti avviassero leprocedure di adozione dei Piani: la Calabria e la Lom-bardia, sono state oggetto di diffida formalmente deli-berata dal Consiglio dei Ministri nel luglio 1996, su pro-posta del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali, a se-guito delle quali per la Calabria si è avviato l’esercizio deipoteri sostitutivi disposto con D.P.R. 16.02.98, e per laLombardia si è in attesa del completamento dell’iter diapprovazione del PTPR adottato con D.G.R. VI/30195 del25/07/1997.

Collateralmente sono in corso diverse iniziative discambio e collaborazione con altre regioni al fine digiungere rapidamente al completamento degli iter ap-provativi dei Piani, in molti casi solo adottati con deliberedi Giunta e mai approvati dal Consiglio Regionale.

Ritengo sia utile riportare alcune riflessioni sull’esi-to dell’indagine, che complessivamente, credo ricon-fermi la necessità ed urgenza di giungere ad un disegno“organico” della materia.

Un primo elemento che emerge riguarda diretta-mente il livello di formulazione della legge, che pur in-dividuando essa stessa intere categorie di beni per de-finizione sottoposte alla tutela non ha fornito in manierapiù chiara ed esplicita gli indirizzi a cui gli strumenti diesercizio della tutela stessa dovessero far riferimento, au-mentando in questo senso il livello di disorientamentoindividuando genericamente nei P.T.P. o nei P.U.T. glistrumenti pianificatori con cui le regioni avrebbero do-vuto adempiere ai propri compiti di pianificazione inmateria di tutela.

La mancanza di un quadro di riferimento e di di-rettive di indirizzo da parte dello Stato, ha consentito cheogni regione decidesse autonomamente organizzandouna propria legislazione e definendo i propri strumenti

Page 254: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

254

di pianificazione che di fatto non hanno garantito ilmedesimo livello di efficacia e la stessa univocità di in-terpretazioni, vanificando quel nobile tentativo auspicatodal legislatore, che aveva prefigurato nell’equipollenzadi strumenti pianificatori originariamente diversi (P.T.P. eP.U.T.) il proseguimento del processo di unificazione traambiti disciplinari, già avviato sul piano ideologico nor-mativo con l’enunciato dell’art.80 del D.P.R. 616/77.

Così la possibilità di poter disporre indifferente-mente di P.T.P. o di P.U.T. si è di fatto trasformata nellaelaborazione di strumenti, nella forma, negli obiettivi enell’efficacia, del tutto diversi per ciascun territorio re-gionale. Il rischio di trasferire questo carattere di incer-tezza e genericità nei livelli di pianificazione sottordina-ta è reale, ed ha rappresentato in alcuni casi uno degliaspetti più ostativi al compimento dell’iter proceduralerelativo alla definizione degli strumenti stessi.

Le tipologie di piani riscontrate denotano, anche at-traverso la sola denominazione adottata, quanto sia di-versificato il panorama legislativo in materia.

In generale i P.T.P., strumenti sicuramente di piùforte impostazione paesistico ambientale essendo essinati per questi fini specifici ed in qualche modo a que-sto fine normati (art.5 L.29/06/39, n.1497 e art.23 R.D.03/06/40, n. 1357), risentono di impostazioni differen-ziate (a volte anche per ambiti della stessa regione) es-sendo il risultato di elaborazioni compiute da gruppi diprogettisti diversi a cui è mancata una unica direttiva.

I P.U.T. molto spesso risentono di una impostazio-ne legata alla tradizione di programmazione economi-ca/territoriale, pertanto nati essenzialmente come “Do-cumenti di indirizzo territoriale/infrastrutturale di sup-porto alla programmazione economica” sono stati pla-smati allo scopo con delibere regionali che si limitano adintrodurre solo alcune nozioni che potessero garantireun minimo di valenza paesistico-ambientale, assolven-do così al disposto dell’art. 1-bis della L.431/85.

Pianificazione e governo per il territorio:un’ipotesi di lavoro

Alla luce di queste constatazioni, le difficoltà con cuilo Stato esercita, pur nell’adempimento dei propri com-piti istituzionali, i propri poteri di controllo sono notevolie soprattutto imputabili sul piano istituzionale alla se-parazione che di fatto continua ad essere tra i poteri del-la pianificazione e i poteri della tutela. Per quanto ri-guarda quest’ultima in particolare l’attuale quadro distrumenti pianificatori è sicuramente una delle causedella disomogeneità con cui vengono esercitati i poterida parte dello Stato sull’intero territorio nazionale: l’am-pia maglia di definizione della pianificazione paesistica,unita alla mancanza di parametri oggettivi nella formu-lazione di giudizi di compatibilità, consente di fatto un

ampliamento dei margini di discrezionalità nella valuta-zione degli interventi estremamente dannosa ai fini del-la tutela di un patrimonio di valore universale.

Il rilevante interesse pubblico, della questione am-bientale esige, quindi, un’appropriata collocazione ancheall’interno di un ipotetico quadro riformatore del sistemadi pianificazione, che pur nel rispetto dei principi di sus-sidiarietà, responsabilità ed autonomia per il governodel territorio, ne garantisca il necessario grado di tutela.

L’automatico recepimento del principio di sussidia-rietà, secondo cui le responsabilità pubbliche vanno at-tribuite alle autorità territorialmente più vicine ai citta-dini interessati, implica che, per ogni livello di pianifica-zione siano precisati gli oggetti e gli aspetti di cui essoè responsabile. Tutto questo, nell’ambito dell’accezioneforte di sviluppo sostenibile, (che implica la conserva-zione delle risorse ambientali contraddistinte da unicitàe non sostituibilità il cui valore non è negoziabile), nonpuò che essere un portato della “pianificazione strut-turale” (da distinguersi da quella “programmatica”),che dovrebbe contenere disposizioni immediatamenteprecettive e direttamente operative sulla base di regolee principi certi e ben definiti predisposti già all’internoanche di un eventuale “quadro di riferimento territo-riale” di competenza dello Stato.

A questo proposito si pensi agli effetti che, all’in-terno dell’attuale quadro legislativo e normativo dellecompetenze e degli strumenti pianificatori in vigore,potrebbe avere l’esercizio dei poteri sub-delegati in ma-teria di tutela ambientale da parte dei Comuni, senza ilcontrollo dello Stato.

La universalità dei beni ambientali non ci consente,oggi più che mai, l’applicazione sul territorio nazionale diprincipi e livelli di tutela differenziati alle “specificità geo-politiche” del proprio territorio regionale, senza conside-rare che la dimensione delle componenti ambientali me-ritevoli di tutela hanno spesso limiti interregionali.

In questa logica la definizione per vaste porzioni diterritorio di elementi strutturali acquista un ruolo fon-damentale nell’ambito di ciascun livello di pianificazio-ne, molto più di quanto possa garantire di farlo una do-tazione generalizzata di singoli piani strutturali comunali.

L’acquisizione della coscienza dei problemi am-bientali e insediativi di area vasta all’interno di un uni-co piano strutturale del territorio non può prescindereda un’interazione, da prevedersi per ciascun livello di pia-nificazione, tra competenze diverse: un campo di con-certazione/confronto tra le diverse istanze pubbliche adiverso titolo competenti sul territorio, nel rispetto del-lo spirito concorsuale previsto dalla Costituzione.

Alla luce delle considerazioni suesposte appare evi-dente l’esigenza di operare una ricognizione all’internodi un “testo unico” dell’intero corpus normativo attual-mente vigente, come fase propedeutica alla stesura diuna nuova “legge quadro”, che al di là di ogni questio-

Page 255: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

255

ne meramente nominalistico-giuridica dovrà chiamarsi“per il governo del territorio” e non “urbanistica”, cheregolamenti in maniera semplificata e trasparente i prin-cipi di una pianificazione moderna che, superando ognidistorsione e discrasia, abbia come obiettivo il rispetto ela valorizzazione del territorio nella sua interezza senzainibire l’espressione delle rispettive capacità di governo.“Il piano” quindi inteso come la sintesi delle certezze perun corretto ed armonioso sviluppo sostenibile.

NOTE

1 La quantità notevole di istruttorie progettuali sottoposte al-l’esame del Ministero, in parte derivante anche dalla inefficacia del-l’esercizio della tutela da parte delle regioni, insieme al riconosci-mento della rilevanza delle competenze istituzionali in materia, pre-cedentemente assolte dalla DIV.II dell’Ufficio Centrale per i BeniAmbientali Architettonici Archeologici Artistici e Storici nell’ambitodel Ministero per i Beni Culturali, ha fatto sì che con D.P.R. 20 di-cembre 1994 n.760, si istituisse l’Ufficio Centrale per i Beni Am-bientali e Paesaggistici.

Page 256: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

256

1) Sarebbe quanto mai opportuno fare un raffrontoapprofondito tra il dettato della legge 97/94 “Nuo-ve norme per le zone montane” ed i temi prepa-ratori la Prima Conferenza Nazionale per il Pae-saggio.Alcuni quesiti, a puro titolo esemplificativo:– quanto incidono nel disegnare il paesaggio le

attività tipiche di montagna agrozootecnichee forestali?

– quanto le attività estrattive?– quanto il recupero a fini abitativi e agrituristi-

ci di borghi e i casolari rurali?2) Più che in altre fasce territoriali il paesaggio mon-

tano è stato disegnato e conformato da una inte-razione millenaria quanto equilibrata avvenuta trauomo e natura, seguendo il buon senso derivantedalle leggi non scritte. A questo proposito, una ri-lettura aggiornata della storia della civiltà monacalesarebbe di grande supporto conoscitivo.

3) La montagna europea ha 30 milioni di abitanti, dicui 10 milioni sono italiani. Se ne deduce che in Ita-lia, più che altrove, l’emergenza vera non è tantol’ambiente quanto una soglia di presidio umano chene garantisca la cura e la valorizzazione.

4) La simbiosi “paesaggio-lavoro” è d’obbligo maavrà una prospettiva se sarà condotta culturalmentee politicamente da una forte e convinta concerta-zione istituzionale:– assetto istituzionale di governo locale pianifi-

cazione urbanistica (Comune-Comunità Mon-tana);

– ruolo di programmazione e pianificazione ter-ritoriale della Provincia;

– fonti finanziarie (Agenda 2000, patti territo-riali, trasferimenti perequativi della finanza lo-cale riservati ai Comuni montani, manuten-zioni forestali, difesa del suolo, carbon tax);

– decentramento delle soprintendenze;– snodo Regione.

5) Le ragioni per cui è necessario e urgente rimodula-

re i registri erogativi della finanza locale, a favore deiComuni montani e delle Comunità montane, sonopresto dette:– ogni singolo Comune montano è un presidio

produttivo che non solo eroga servizi pubbliciper il miglioramento delle condizioni di vitama è l’unico “cantiere attivo” esistente che cu-ra e valorizza il grande malato italiano: il suo-lo. E ne ricostituisce, metodicamente, il liftingpaesaggistico.

– La montagna è la fabbrica (in parte potenzia-le) più bella, estesa e sana che l’Italia abbia.

– I sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali nesono gli amministratori delegati, la sovrinten-dono e dirigono assieme ai 10 milioni di per-sone che la abitano.

– I Comuni montani, così intesi e riconosciutida Regioni, Stato e Unione Europea, possonoessere una risorsa motrice di qualità per la vi-ta e per un moderno modello di sviluppo chevoglia e debba basarsi sulla diffusione territo-riale delle opportunità occupazionali ed esi-stenziali.

La montagna dei Comuni, delle arti e dei mestieri

L’Europa d’inizio millennioL’Europa d’inizio millennio non potrà che essere

l’Europa del lavoro, diffuso territorialmente, e delle pro-duzioni di qualità che sole possono competere sui mer-cati internazionali. In questo assunto stanno le ragionie la forza della moneta unica.

Il Parlamento Europeo e le linee di GovernoIl dibattito del neo Parlamento Europeo dovrà dar-

si un significato finanziario, economico e sociale stori-camente inedito quanto incidente e determinante la vi-ta quotidiana dei singoli europei, compresi quelli che abi-tano i territori montani.

Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (UNCEM) Lucio Cangini

Page 257: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

257

Obiettivo occupazioneSe Sparta piange, Atene non ride: la disoccupazio-

ne è una piaga socio-economica che accomuna territo-rio e città.

L’arte, la creatività e il valore lavoroApertura di un cantiere culturale su scala europea

che trasformi tramite un diffuso impulso di progettua-lità locale i beni culturali e il paesaggio montano in oc-casioni e opportunità di lavoro.

Il valore lavoro e la risorsa cultura

Il valore lavoro sta alla base di ogni evoluzione so-ciale e di tutti i processi di sviluppo produttivo.

Ma è alla cultura (intesa come soggettiva ricerca esi-stenziale e consapevolezza di vita) che va riconosciuto il pri-mato di fattore politico che genera e forma l’identità civi-le delle comunità locali e attiva, definendola qualitativa-mente, l’opera di buon governo dell’istituzione pubblicacomune che, sola, ci permetterà di transitare dall’Europadell’economia e degli Stati all’Europa che attualizza lapropria storia, che è la storia della civiltà occidentale.

La concezione di cultura che qualifica e migliora lecondizioni di vita male si concilia con l’Europa dell’Euro.

Ma i processi culturali e i processi politici non pos-sono e non devono fare a meno di convivere come ele-menti conduttori delle opzioni di governo dell’U.E.

Opzioni finalizzate alla costruzione di una demo-crazia a 360° di cui l’aspetto economico è parte inte-grante, seppure fondamentale.

La fabbrica culturaI beni culturali e il paesaggio montano sono un

grande giacimento che può e deve dare lavoro.Innanzitutto, non più spesa ma investimento sui

giovani, sulla loro energia creativa, sulla loro capacità diprogettare il futuro e, quindi, di trasformare il patrimo-nio culturale in valore economico-occupazionale.

Spopolamento nelle aree marginali e caos urbano incittàLa tendenza allo spopolamento in “campagna”

aggrava il caos urbano in città, con le drammaticheconseguenze che si riversano negativamente sulla vita ditutti i giorni abbassando il livello di guardia della sicu-rezza sociale.

Due solitudini due emarginazioni una sola causa una so-la terapia

All’emarginazione economica tipica dei territori“più lontani” corrisponde l’emarginazione urbana.

Ambedue le emarginazioni provocano solitudineumana.

La causa è una sola: lo squilibrio territoriale.La terapia dovrà, quindi, essere una sola: un pro-

getto di governo europeo che si muova sul binario pro-duzioni di qualità-equilibrio territoriale, sia in città chenella periferia territoriale.

L’Europa delle cittàMonica Wulf-Mathies membro della Commissione

Europea è incaricata di una azione comunitaria: l’Euro-pa delle città.

Parla con grande competenza delle città ma sembranon avere cultura territoriale. Occorre un recupero poli-tico della consapevolezza culturale che città e territoriosono vicendevolmente legati, nel bene e nel male.

L’Europa dei Comuni delle arti e dei mestieriPer rendere “compiuta e nuova” la dimensione

politica entro la quale agirà il Parlamento Europeo, sa-rebbe opportuno dare gambe ad una azione comuni-taria specifica per i territori periferici che riuscisse a fa-re il paio con l’Europa delle Città.

Le eccellenze progettuali da mettere in cantiereattivo che possono creare lavoro e nuoveprofessionalità

a) Il Comune e la domiciliazione dell’arte e della crea-tività.

b) Estetica del paesaggio:– manutenzioni forestali (bosco);– produzioni tipiche agrozootecniche (prati);– industria del legno (bosco);– industria delle cave (bosco) (prati);– tutela del suolo (prevenzione dissesti);– organizzazione e programmazione scolastica;– formazione professionale in riferimento pre-

valente alle risorse endogene;– economia integrata e industria salmone;– recupero e utilizzo del patrimonio immobilia-

re di rilevanza storico-architettonica.

Obiettivo Europa– L’eitica del bello per migliorare le condizioni di

vita di ogni singola persona.– Misura dello sviluppo economico, della pianifi-

cazione territoriale e dell’estetica del paesaggio.

Page 258: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

258

Il documento preparatorio della Prima ConferenzaNazionale per il paesaggio offre un ampio panorama deiproblemi esistenti in materia di disciplina della materiae permette qualche riflessione nel merito.

Occorre premettere che le questioni sollevate nonattengono solo alla materia del paesaggio, ma riguar-dano anche quella dei beni culturali (ad es. i centri sto-rici di cui al ddl Veltroni), con la possibilità quindi di am-pliare il campo d’azione delle commissioni di studio.

Inoltre, va ricordato che la materia relativa alle co-siddette bellezze naturali e più in generale alla tutela delpaesaggio è delegata dal 1977 alle Regioni (art.82 DPR616) ma il potere di approvare i piani paesistici è con-ferito fin dal 1972 (DPR n.8).

Spettano comunque al delegante poteri di con-trollo e d’indirizzo sull’esercizio della delega. Il D.lgs.112/98 non ha inciso sul riparto delle funzioni. È que-sto un terreno praticabile per correggere e migliorare l’a-zione amministrativa di Regioni ed Enti locali.

Come pure permane la possibilità del Parlamentodi intervenire, così come avvenuto con la L. 431/85, le-giferando in materia, avendo riguardo soprattutto all’art.9 della costituzione.

Si elencano qui le questioni che sembrano più im-portanti.

1. I piani paesistici o urbanistico-territoriali

a) In base alle disposizioni della L. 431/85 i piani, daun lato, sottopongono a normativa d’uso e di valoriz-zazione ambientale i beni e le aree, individuati in via ge-nerale ed astratta dal 5 co. dell’art.82 616/77 (cosiddettibeni ambientali ope legis, oggetti necessari dei piani),dall’altro lato, recepiscono (dandogli specifico conte-nuto) i vincoli puntuali o d’insieme, relativi alle bellezzenaturali di cui agli “elenchi” ex artt. 4 e 6, L. 1497/39(compilati dallo stato, prima del 616/77, o, successiva-mente, dallo stesso “integrati” ed oggi dalle regioni).

In sostanza, la finalità del legislatore è quella di da-re una disciplina adeguata ai beni ed alle aree che assu-mono un particolare valore paesaggistico-ambientale.

La concreta disciplina d’uso e valorizzazione, oltreche nelle tavole grafiche, è contenuta nelle norme tec-niche del piano, ove appunto dovrebbero essere indicatele modalità di utilizzazione dei beni vincolati compatibilicon la natura dei medesimi. Fermi restando i casi in cuisia necessario disporre la totale immodificabilità dell’a-spetto esteriore protetto dalla normativa in esame.

La predisposizione dei piani paesistici è volta, insostanza, a superare la genericità delle tutele imposte.

Nella prassi, tuttavia, la carenza delle prescrizioni delpiano paesistico è spesso causa di incertezza e conflit-tualità tra amministrazione preposta alla tutela e privatiproprietari, come tra la prima e le amministrazioni locali,competenti in materia urbanistica.

Poiché ogni trasformazione dei beni vincolati (sia diquelli ope legis sia di quelli individuati con provvedi-mento ad hoc) è sottoposta ad autorizzazione ai sensidell’art.7 della L. 1497/1939, più la prescrizione conte-nuta nel piano paesistico è generica più aumentano imargini di discrezionalità dell’autorità preposta al rilasciodell’autorizzazione.

L’ambito d’intervento del piano paesistico è peral-tro molto ampio, riguardando, a volte, l’intero territorioregionale; ne consegue che, specie nelle aree e sui be-ni ai quali si applicano prescrizioni di piano che ne am-mettono la trasformabilità, inevitabilmente queste as-sumono contenuti generali che possono prestarsi adinterpretazioni discrezionali, creando, così, anche di-sparità di trattamento tra situazioni territoriali identichesotto il profilo della tutela paesaggistica.

b) La “distanza” esistente tra piano paesistico e pia-ni urbanistici comunali – quest’ultimi devono comunquedisciplinare anche il territorio sottoposto a piano paesi-stico – potrebbe oggi essere riempita dal piano territo-riale di coordinamento provinciale.

Paolo UrbaniUniversità degli Studi di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, Facoltà di Architettura

Note per la Sessione “Paesaggio: legislazione di tutela e normative per il territorio”

Page 259: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

259

Si tratterebbe, cioè, di attribuire al piano paesisti-co una funzione di salvaguardia (fino all’emanazione delpiano provinciale valgono comunque le indicazioni delprimo) e di direttiva nei confronti della pianificazioneprovinciale, demandando invece al Piani Territoriali diCoordinamento Provinciali (P.T.C.P.) il compito di speci-ficare più analiticamente la disciplina d’uso dei beni sot-toposti a tutela paesaggistica per i quali il piano paesi-stico abbia ammesso la trasformabilità, secondo un’or-dinata procedimentale propria della pianificazione ur-banistica comunale (Piano Regolatore Generale e vincolidi rinvio a piani attuativi).

È questo il senso della disposizione contenuta nel-l’art.57 del D.lgs. 112/98, che prevede che il piano pro-vinciale possa assumere il valore e gli effetti del piano disettore paesistico (oltre che di quelli relativi all’ambien-te, alla difesa del suolo ecc.), sempre che la definizionedelle relative disposizioni avvenga nella forma delle in-tese tra la provincia e le amministrazioni anche statalicompetenti.

La finalità della norma non è solo quella di favori-re una osmosi consensuale tra le varie discipline di tu-tela – che restano comunque separate riguardo l’eser-cizio dei poteri autorizzatori o di vigilanza dei soggetticompetenti – quanto, per quel che qui c’interessa, di in-dividuare una disciplina di tutela maggiormente artico-lata, che possa costituire un punto di riferimento certonon solo per le Amministrazioni comunali, ma anche peri proprietari delle aree incluse nel piano paesistico.

Si ridurrebbe in tal modo l’ambito di discrezionalitàdell’Amministrazione regionale preposta alla disciplinad’uso delle aree ricomprese nel piano paesistico –l’autorizzazione dell’art.7 – poiché in tal modo il prov-vedimento di autorizzazione paesistica cambierebbe na-tura giuridica, perdendo il carattere conformativo del di-ritto del proprietario per assumere quello – proprio del-la concessione edilizia – di controllare che il progetto delprivato (o delle amministrazioni) sia conforme alle pre-scrizioni del piano paesistico.

La disciplina ora tratteggiata s’inserirebbe coeren-temente nel sistema di pianificazione delineato da alcu-ne regioni, che prevede la cosiddetta autoapprovazionedei piani urbanistici generali comunali da parte dei co-muni in presenza del piano provinciale di coordinamen-to vigente (in tal senso L.R. Abruzzo 11/99, artt.43-44 (at-tuativa del D.lgs.112/98) o mediante parere di conformitàpreventivo della provincia sullo schema di P.R.G. (L.R.Umbria 31/97 artt.9 e 10: L.R.Toscana 5/95 art.25).

c) Per stare al tema, si potrebbero dettare indirizzialle regioni titolari del potere di redazione (e modifica)dei piani paesistici, per integrare nei modi e nelle formeda concordare le disposizioni dei piani all’interno dei pia-ni provinciali, in riferimento a determinate aree o a de-terminati vincoli ecc.

Tale attività di copianificazione potrebbe essere ap-punto disciplinata negli accordi tra le Amministrazioni(provinciale, regionale o statale).

Questo potrebbe comportare l’introduzione di unatipologia di vincoli paesistici più ricca di quella attual-mente in vigore, che tenga conto, in base ad una letturapiù attenta del territorio a livello provinciale, delle dif-ferenti caratteristiche della tutela.

2. La subdelega ai comuni in materia di autorizzazione paesistica

In molte regioni, sono stati subdelegati ai comuni(in qualche caso alle province) i poteri autorizzatori di cuiall’art.7 integrando le commissioni edilizie con esperti inmateria di tutela ambientale, storico-artistica, con effettispesso negativi o insoddisfacenti per l’assenza della“qualità” di esperto. Anche qui sarebbe opportuno ri-chiamare le Amministrazioni regionali alla individuazio-ne di più severi criteri di selezione in base ad effettivi ti-toli di specializzazione o di studio.

3. Tutela dei beni ambientali e rilocalizzazionedegli insediamenti incompatibili con la salvaguardia

Riprendendo quanto contenuto nella relazione delMinistro circa la redazione di piani di recupero paesag-gistico-ambientale (anche non oggetto di fenomeni diabusivismo edilizio) si potrebbero prendere utili spuntidalla legislazione vigente per la disciplina di situazionianaloghe.

Ci si riferisce all’art.17 comma 59 della L.127/97 inmateria di società di trasformazione urbana (per il recu-pero di aree produttive dismesse o quartieri degradati) ealle disposizioni contenute nel D.L. 180 conv. nella L. 3agosto 1998 n.267 (art.1 5 co e art.4) con riferimento al-la rilocalizzazione delle attività produttive e delle resi-denze private in aree soggette a rischio idrogeologico.

Si tratta ovviamente di discipline diverse ma i cuiprincipi potrebbero essere applicati alle aree paesaggi-stiche da risanare.

La redazione di programmi di risanamento am-bientale-paesaggistico d’iniziativa statale o regiona-le/provinciale dovrebbe prevedere anche la valorizza-zione delle caratteristiche delle aree interessate (attivitàmuseale, itinerari turistico-culturali, agriturismo, coltu-re biologiche ecc.). Anche in questo caso si potrebbepensare ad una politica di partenariato da parte del Mi-nistero per i Beni e le Attività Culturali analogamente aquanto previsto da parte del Ministero del Tesoro (pat-ti territoriali) e dal Ministero dei Lavori Pubblici (PRUSST).

In breve gli elementi mutuabili, secondo una gra-

Page 260: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

260

dualità che può essere valutata dal legislatore a secon-da delle situazioni potrebbero essere: – incentivi per la rilocalizzazione di attività e di edifi-

ci (produttivi o residenziali) accompagnata dallapredisposizione di una pianificazione urbanisticastralcio predisposta per la rilocalizzazione di aree co-munali/demaniali (regionali o statali) o aree priva-te soggette a piani attuativi convenzionati (com-parti, lottizzazioni) con possibilità di trasferimenti dicubatura delle volumetrie da rilocalizzare.

– perimetrazione delle aree interessate dal risana-mento ambientale e paesistico (da parte dei Co-muni, o delle Province, di concerto con le Soprin-tendenze) equivalente (solo per determinate zoneall’interno della perimetrazione) a dichiarazione dipubblica utilità, con successiva acquisizione bona-ria o mediante esproprio.

– (eventuale) costituzione di società miste con com-piti progettuali/attuativi (già predeterminati dal pro-gramma di risanamento ambientale-paesaggisti-co) degli interventi di risanamento-riqualificazio-ne-valorizzazione paesaggistico-ambientale.

4. Disciplina generale edilizio-architettonicanelle aree soggette a tutela paesaggistica

Nella disciplina d’uso delle aree ricomprese nei pia-ni paesistici molto spesso non vengono previste, al di làdi generiche indicazioni, “norme per i diversi tipi di co-struzione” come previsto dall’art.23 del reg. di attua-zione 1357/1940 della L.1497/39; gli interventi ediliziammessi risultano – sotto il profilo architettonico – spes-so pregiudizievoli alla tutela. Si tratta di un tema assaidelicato di difficile ancoraggio a regole e criteri che non

lascino ampi margini di discrezionalità, differenziato inrapporto alle località oggetto di salvaguardia e diversi-ficato in rapporto alle aree geografiche.

Si potrebbe comunque procedere con indicazionirelative al divieto di uso di determinati materiali, colo-razioni, ecc. da un lato ed al rispetto dell’architettura deiluoghi, dall’altro da introdurre obbligatoriamente nellenorme tecniche dei piani paesistici.

5. Beni paesaggistico-ambientali e sportello alle imprese

Solo per memoria si segnala che l’introduzione del-la disciplina dello sportello alle imprese (D.lgs. 112/98art.23-25 e regol.447/98) che costituisce un favor dellegislatore allo sviluppo economico da un lato, e la nuo-va disciplina della conferenza dei servizi di cui all’art.17della L.127/97 dall’altro, richiedono una riconsiderazio-ne attenta del ruolo e della presenza della Soprinten-denze e del Ministro nel rilascio delle autorizzazioni exart.7 nelle zone oggetto di richiesta (anche in varianteagli strumenti urbanistici) di localizzazione d’impiantiproduttivi.

Sembra necessario emanare indirizzi alle Soprin-tendenze in materia.

Segnatamente, e a titolo di esempio, in presenzadel potere di annullamento del Ministro su autorizzazionirilasciate dalle regioni, sembrerebbe necessario richie-dere la presenza delle Soprintendenze nella Conferen-za dei servizi, anche non in presenza di vincoli paesag-gistici o storico-artistici, onde evitare contraccolpi suc-cessivi in fase di realizzazione degli insediamenti pro-duttivi, oggetto spesso di complessi interventi anche fi-nanziari (ad es. patti territoriali).

Page 261: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

261

Ogni paesaggio appartiene all’uomo e raccontauna lezione giunta da lontano e visibile nella sua este-ticità diffusa, opera dello spirito nel corso della storia.Prodotti della libertà, cioè dell’azione creatrice dell’uo-mo, i paesaggi sono il risultato di un fare, di un dare for-ma con l’attività demiurgica, che costruisce, dà vita auna realtà, che trasforma attraverso l’arte e la tecnica.Quest’attività è etica in quanto ha nelle azioni lo scopodella trasformazione come atto stesso della libertà delsoggetto.

Il paesaggio, orizzonte della contemplazione, è pro-dotto della libertà, risultato dell’arte, effetto del fare edell’agire degli uomini. Non è una realtà soltanto este-tica, ma soprattutto etica, terreno dell’azione, spaziodella vita umana associata. Appartiene al mondo delpossibile, che può essere altrimenti a seconda delle scel-te che guidano la trasformazione. Noi fissiamo attra-verso l’arte e la tecnica la nostra effimera figura di viventioltre il passaggio del tempo.

Ogni paesaggio, come è stato sottolineato da MartinSchwind, è un’opera d’arte paragonabile a qualunque crea-zione umana, ma molto più complessa: mentre un pittoredipinge un quadro, un poeta scrive una poesia, un intero po-polo crea un paesaggio; costituisce il serbatoio profondo del-la sua cultura: «reca l’impronta del suo spirito»1.

Paesaggio è il luogo particolare al quale apparte-niamo. Parliamo di paesaggi, perché «il» paesaggio insenso astratto, non esiste, come ha suggerito GeorgSimmel, il primo a trattare di una Filosofia del paesag-gio all’inizio del nostro secolo. Esistono i paesaggi comerealtà immanente, forme di culture.

Ogni cultura instaura il suo rapporto con la natu-ra, creando un luogo con determinati caratteri e realiz-zato in molti modi, attraverso diverse poetiche; luoghimodellati in concorrenza e in gemellaggio con la natu-ra e divenuti di conseguenza lo specchio della storia, del-la cultura e della società che li ha promossi.

I paesaggi sono contenitori culturali, serbatoi storicie riflessi del mondo, fatti umani, interventi effettuati nelcorso del tempo, dove la storia è contenuto della natura,

sede della relazione con l’uomo, demiurgo di un ambien-te peculiare. Documenti della natura e della storia, i pae-saggi sono ambiti complessivi della vita dell’uomo: cia-scuno con la propria peculiarità, espressione di una datalibertà; in quanto riflessi del mondo sono caratterizzati dal-la simultanea contemporaneità di presente e di passato.

Profondo è il legame dell’uomo con il suo paesag-gio. Dalla figura della natura nella sua espressione co-smica l’uomo ha modellato le forme di paesaggio, siaquelle osservate, indipendenti dalla sua volontà, sia quel-le create dalla libertà. La formazione di un popolo è con-nessa al suo paesaggio, alla totalità dell’immagine delproprio mondo «afferrata» dalla contemplazione. Trapopolo e luogo il legame è stretto e vitale, etico.

Le opere della cultura hanno una stretta relazionecon il paesaggio, grazie alla creatività. Il rapporto tral’uomo e il suo ambiente è intenso e formativo. Il pae-saggio è decifrabile nella sua realtà come fatto umano,somma degli interventi antropici effettuati nel corso deltempo: è lo spazio dove si «legge il mondo» nella suacomplessità. Ogni stato, ogni momento storico può es-sere individuato nel paesaggio, luogo che accoglie la re-lazione tra l’uomo e la natura e rispecchia il cosmo: il ri-sultato irreversibile di trasformazioni, l’azione pratica diun movimento continuo risalente alle origini stesse delterritorio. In esso sono individuabili i mutamenti socia-li, il modificarsi dei modi di produzione, dell’abitare,delle forme urbane, dei modi di vita, delle attività lavo-rative ed economiche, soprattutto della vita umana.

I paesaggi sono sempre stati – come ha scritto Rai-ner Maria Rilke – il cammino dell’uomo, «la strada cheegli percorreva, e tutte le palestre e i teatri nei quali iGreci trascorrevano la loro giornata; le valli, dove si ra-dunavano gli eserciti, i porti, da cui si partiva per av-venturose imprese, e nei quali si ritornava, dopo anni,la mente piena di ricordi meravigliosi; le feste che siprolungavano sin nelle notti sfarzose, vibranti d’un suo-no argenteo; le processioni degli dèi e la folla intornoagli altari: questo era il paesaggio in cui si viveva»2.

Massimo Venturi FerrioloUniversità degli Studi di Salerno, Facoltà di Lettere e Filosofia

Appunti per una definizione del «paesaggio»

Page 262: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

262

Rilke ricorda inoltre che la storia delle forme delpaesaggio, ancora tutta da scrivere, sarebbe, per chi loportasse a termine, «un compito che impressiona per lanovità e la profondità inaudite»: la storia della civiltà edella cultura estetica nella loro trasformazione. Verreb-bero così rappresentati figure, aspetti e valori mutevoliche hanno attraversato e caratterizzato epoche e fasistoriche3.

Ogni paesaggio è quindi natura trasformata dal-l’uomo nel corso della storia; è concettualmente ben dif-ferente dalla natura con la quale viene spesso confusoin quanto elemento fondante presente nella realtà e nel-l’immaginario. La natura, in sé e per sé, si differenzia dal-l’arte, in rapporto alla quale non è altro che la vita spon-tanea, l’esistenza delle cose per se stesse, secondo leg-gi necessarie; inoltre, come unità di una totalità, non haparti, è priva di contorni. Ciascun paesaggio, invece, ne-cessita di delimitazione e deve essere compreso in unorizzonte momentaneo o durevole; è essere-per-sé, unrilievo individuale e caratteristico rispetto all’unità in-dissolubile della natura. È sezione della natura comeunità specifica, ma è una realtà che si allontana com-pletamente dal concetto di natura.

Quando camminiamo per la natura libera e perce-piamo i suoi elementi, la nostra attenzione si pone su sin-goli particolari che osserviamo, come alberi, prati, cam-pi, acque; ci muoviamo intorno a un determinato am-

biente «naturale». Al suo interno possiamo vedere in-sieme queste semplici parti, come un complesso di case,colline, piante e fiori, che di per sé non formano ancoraun «paesaggio». La pianta in sé per sé, pur degna dellanostra ammirazione o emozione, non è paesaggio, sem-mai sua parte come tassello da inserire in una visione piùampia che suscita un sentimento particolare, trasmessoda una realtà estetica che contempliamo vivendo in es-sa, come ci ha insegnato Rosario Assunto in Il paesaggioe l’estetica.

L’esperienza estetica del paesaggio è la insepara-bilità della contemplazione dal suo viverci dentro. È unassioma importante che rende affine l’esperienza este-tica del paesaggio a quella dell’architettura, della città:entrambe non possono separare, se non attraverso unatto di astrazione a posteriori, la contemplazione del-l’ambiente in cui viviamo dal dimorarvi, con tutte le sueimplicazioni: il contenuto fa tutt’uno col vivere in ciò checontempliamo.

NOTE

1 M.Schwind, «Senso ed esperienza del paesaggio» (1950),tr.it. di A.Iadicicco, Tellus, VI (14, 1995), pp.10-11, p.10.

2 R.M. Rilke, Del paesaggio, in Del poeta (a cura di N.Sàito), Ei-naudi, Torino 1955, pp.5-6.

3 Ibid., Worpswede, in Del poeta, cit., p.59.

* * *

Leggere il mondo. Il paesaggio documento della natura e della storia

Per formulare soluzioni idonee in una prospettiva direcupero e valorizzazione dei beni culturali tra archeo-logia, sistemi museali e itinerari turistici, dobbiamo su-perare le ristrette tradizionali barriere concettuali di ter-mini come «parco», «sito archeologico», «museo», infavore di una visione dinamica culturale aperta, com-prensiva dello spazio del paesaggio come totalità delrapporto natura-storia; paesaggio come giardino del-l’uomo, terreno reale attraversato dall’umanità. Si trat-ta dello spazio delimitato da un’area geografica com-prensibile al nostro sguardo, dove nei fatti e nei docu-menti troviamo la chiave per lo studio della storia del-l’umanità dentro la natura e le sue trasformazioni an-tropiche. In questo ambito si deve sviluppare un senti-mento di rispetto nei confronti del nostro passato e delnostro presente, da tramandare, con il territorio intero,alle generazioni future; visione etica da inserire in un’ot-tica di recupero e, soprattutto, di valorizzazione, che tie-ne conto di una visione globale della vita e dell’am-biente come scenario della storia all’interno del rap-

porto natura-cultura, che lo ha contraddistinto e carat-terizzato con i segni dello stanziamento antropico.

Il giardino e il paesaggio sono leggibili nella lororealtà come insieme di fatti umani, nel senso della glo-balità degli interventi dell’uomo effettuati nel corso deltempo: è lo spazio dove «leggere il mondo» nella suacomplessità. Qui la storia è contenuto della natura1.Rosario Assunto ha dato una definizione pregnante: «ilpaesaggio è natura nella quale la civiltà rispecchia sestessa, riconosce se stessa, immedesimandosi nelle sueforme: le quali, una volta che la civiltà, una civiltà contutta la sua storicità, si è in esse riconosciuta, si confi-gurano ai nostri occhi come forme, a un tempo, dellanatura e della civiltà»2.

Ogni stato, ogni momento storico può essere indi-viduato nel paesaggio, dove l’uomo deposita la sua re-lazione con la natura, creando una struttura, un puntofermo sul quale studiare il mondo3. L’immagine del luo-go è forma della conoscenza4, un’antica rappresenta-zione da inseguire e indagare attraverso ogni spazio e

Page 263: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

263

tempo fino alla più recente contemporaneità. In questocontesto possiamo interpretare Storia – Paesaggio – Si-ti – Mutamenti. Il paesaggio è il risultato irreversibile ditrasformazioni, il punto di arrivo di un movimento con-tinuo risalente alle origini stesse del territorio. In esso so-no individuabili i mutamenti sociali, il modificarsi deimodi di produzione, dell’abitare, delle forme urbane, deimodi di vita, delle attività lavorative ed economiche,soprattutto della visione del mondo e della vita, la Wel-tanschauung.

Il paesaggio non è soltanto la spia del nostro con-creto operare (e quindi esserci) nel mondo, ma è ancheelemento della nostra relazione con la natura, derivatada una consuetudine temporale con essa, radicata findai tempi antichissimi che possiamo percepire. La storia– ha scritto Marc Bloch – «è, prima di tutto, la scienzadi un mutamento»5 e ogni storico «per riuscire a deci-frare il libro oscuro del passato, deve, il più delle volte,leggerlo a ritroso»6.

Lucien Febvre in un saggio magistrale dal titolo«Le sorprese di Erodoto e le conquiste dell’agricolturamediterranea», scritto nel 1940, ha colto il problemadella trasformazione del paesaggio7. Lo storico france-se offre la traccia di un percorso a partire da una con-statazione: Erodoto non riconoscerebbe i «suoi» pae-saggi, se oggi dovesse ripercorrere lo stesso itinerario deiviaggi da lui compiuti nel V secolo a.C.

Immagino il buon Erodoto mentre rifà oggi il suoperiplo del Mediterraneo orientale. Quali stupori! Que-sti frutti d’oro entro gli arbusti verde scuro, considerati«caratteristici del paesaggio mediterraneo», aranci, li-moni, mandarini: non si ricorda affatto di aver visto nul-la di simile in vita sua… Perbacco! Sono frutti dell’E-stremo Oriente, portati dagli arabi. Queste piante biz-zarre dalle sagome insolite, aculee, lance fiorite, nomistrani, cactus, agavi, aloe; come sono diffuse! Mai vistein vita sua… – Perbacco! Sono americane. Questi gran-di alberi dal fogliame pallido che, tuttavia, portano unnome greco, Eucalipto: in nessun posto ne ha visti di si-mili, in contrade conosciute, il Padre della Storia… – Per-bacco! Sono australiani. E queste palme? Erodoto le haviste una volta nelle oasi in Egitto, mai sui bordi euro-pei del mare azzurro? Mai, neppure i cipressi, questi per-siani.

Le sorprese, continua Febvre, non cessano qui: ilpomodoro, peruviano; la melanzana, indiana; il pepe-roncino, guyano; il mais, messicano; il riso, arabo. La li-sta è pressoché interminabile e vuole dimostrare il mu-tamento del paesaggio avvenuto nella storia a secondadelle diverse influenze dei popoli via via entrati diretta-mente o indirettamente in contatto col mondo medi-terraneo.

Il percorso del giardino nella storia svela un tema diampia portata teorica e pratica. La sua prospettiva è«aperta»: c’invita a seguire la lezione inglese, foriera dei

parchi del XVIII secolo, per superare ogni istinto alla re-cinzione e affrontare oggi, con una nuova visione del-l’ambiente, il territorio che ci circonda, il paesaggio siaesso «naturale», antropico o urbano. Lo statuto episte-mologico del giardino moderno e, come va concettual-mente sottolineato in modo inequivoco, con maggioreaccezione quello contemporaneo, è costituito dal saltodella barriera per uscire definitivamente da qualunqueambito precedentemente considerato o definito giardi-no. Di questa categoria dobbiamo far tesoro per impo-stare correttamente in una dimensione attuale il temadel paesaggio.

In un contesto di differenza dei luoghi ci riferiamoimplicitamente a Friedrich Schiller quando sottolineavala contrapposizione fra la Gartenlandschaft, chiamata«vero parco inglese», dove la natura «appare nella suaintera grandezza e libertà e dove deve aver annientatoin apparenza ogni arte», e il giardino, «nel quale l’artecome tale può essere evidente». Il parco o giardino-paesaggio (Gartenlandschaft) presuppone, almeno inepoca moderna, la natura liberamente rappresentata at-traverso l’artificio delle forme nascoste. Ma l’artificio èun dato di fatto oggettivo che caratterizza il paesaggio.Dobbiamo essere consapevoli della quasi inesistenza diaree terrene prive di tracce antropiche. L’uomo, fin dal-la sua nascita e nel corso della sua esistenza, è un esserenaturale parte integrante della natura come sua cellu-la, e con essa ha sempre convissuto modificandola inmodo diretto o indiretto.

Anche i filosofi antichi erano coscienti di quest’af-finità. La Politica di Aristotele è lì a dimostrare la natu-ralità della vita umana associata e delle sue creazioni«urbane». L’uomo è per natura un «essere costruttoredi poleis», corretta traduzione di animale politico. Cen-to anni prima di lui Sofocle, in un celebre passo del-l’Antigone, parla di «impulsi naturali al vivere in so-cietà», dell’uomo agricoltore: «e l’eccelsa fra gli dèi, laTerra / eterna, infaticabile, egli travaglia, / volgendo gliaratri di anno in anno, / rivoltandola con i figli dei ca-valli»8. L’attività dell’uomo, quindi, modifica il paesag-gio; così come le forme di vita presenti nella Politica ari-stotelica: la natura ha differenziato i modi di vita deglianimali e degli uomini9 e «la maggior parte degli uominivive della terra e dei frutti del suolo». Per tacere della pri-ma determinazione reale del concetto di paesaggio co-me territorio che «dovrà potersi abbracciare con un so-lo sguardo»10: comprensivo della città, della campagnae del mare; ossia del paesaggio urbano, di quello vege-tale o campagna extraurbana e di quello marino. È unconcetto insito nella mentalità greca: i demi erano com-prensivi delle tre «parti» del territorio.

Herder ricorda ancora il posto dell’uomo nellanatura quando parla della comprensione della «natu-ra presente dell’uomo quale è e quale deve essere inrapporto all’ambiente in cui l’uomo è stato chiamato

Page 264: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

264

ad operare, cioè la madre terra, sicuri che anche que-sta esistenza è l’agire di una forza in un sistema di for-ze, nell’armonia di un mondo divino»11. L’uomo èl’ultimo figlio della natura in quanto «culmine e som-ma di tutti gli elementi terreni» ed è «soggetto alleleggi della sua dimora, che sono leggi eterne di sa-pienza e di ordine..»12. La terra è per il filosofo ilgrande giardino della natura dove germogliano tan-te cose diverse13.

In questo contesto si configura la techne. La culturaè unita alla terra: il paesaggio e il giardino seguonol’uomo e il suo modo di vita. L’intervento dell’uomopuò modificare la natura con abilità, con rispetto, sen-za distruggerla, con l’ambizione di regolarla, persino ri-produrla sulla spinta della creatività che lo stesso geniusloci favorisce e la metafora del giardino, fin dai suoi piùantichi simbolismi mitici, suggerisce. Il paesaggio comeil giardino sono due aspetti del luogo storico dove l’op-posizione arte-natura si esprime pure in natura-cultura.

L’uomo, parte organica della natura, produce ma-nufatti, organizza insediamenti, risolve i propri bisognicon l’utilizzo di materiali naturali in forma naturale.Queste riflessioni sono presenti nel Dizionario dei sino-nimi di Nicolò Tommaseo: «Il naturale è la natura tem-perata, secondata e sforzata dall’abito, dall’arte, da cir-costanze ove ha parte l’umana volontà, prepotente oimpotente a disgregarle o raccoglierle o a liberarsene».Tuttavia questo valore naturale si annulla nella ciecaviolenza dell’uomo sulla natura: la storia è anche rap-porto tra techne e violenza e il paesaggio, come il giar-dino, il grande scenario dove essa si consuma. Se siesce dall’ambito del naturale si scivola pericolosamen-te nel degrado.

La dimensione moderna della natura è un com-plesso da conservare, comprensivo degli interventi del-l’uomo. Conservazione è salvaguardia dei beni vitali,considerati anche all’interno dello sviluppo socio-cultu-rale del territorio. Questa totalità si fonda sul dato di fat-to concreto e reale che il principale di questi beni è ilgiardino, inteso nella vasta accezione comprensiva delpaesaggio. Una visione del mondo di tale portata ri-conduce l’uomo, con l’agire etico, al sentimento re-sponsabile della natura. Si apre l’entità concettuale del-la coscienza paesaggistica. L’uomo è responsabile delletrasformazioni come è artefice dei suoi giardini, che so-no parte integrante della trasfigurazione del paesaggioin quanto «tecnica dolce», cioè arte.

La terra, l’ambiente nel senso peculiare di «spazioche circonda una cosa o una persona e in cui questa simuove o vive»14, il paesaggio, cioè l’ambiente colto nelsuo essersi fatto forma15, il giardino come terreno direttodella relazione uomo-natura, spazio di esercizio dell’ar-te, possono essere ricondotti a un’unica entità. È realtàconcreta e non solo simbolica e metaforica della dimo-ra materiale nella quale l’uomo vive, e parte fonda-

mentale dell’ecologia, in quanto la terra tutta, nel suosenso totale, «costituisce oggi un’iscindibile unità dielementi naturali e culturali»16.

In questo rinnovato contesto la metafora giardinopuò comprendere la città oltre il suo dualismo con ilgiardino. Il costruttore di città e il giardiniere possonosuperare la loro intrinseca contraddizione, per realizzarela possibile equivalenza città-giardino attraverso il pro-cesso d’identificazione dei contenuti vitali del luogo.Nella città, nata in opposizione al giardino, si rifugiò l’u-manità scacciata da Eden, per conservare la propriaesistenza. Il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente èstretto. L’atteggiamento che possiamo nutrire nei con-fronti del giardino, del paesaggio, della natura tutta, delgrembo della vita, in definitiva di noi stessi, diventacosì vitale.

Lettura del territorio, abbiamo quindi detto, comeindagine sul mondo, sulle trasformazioni segnate nel si-stema paesaggio dall’elemento uomo che mentre ope-ra, modificando la natura che lo aveva generato e ac-colto nel suo ampio grembo e, connotandola antropi-camente, crea fatti naturali. Il paesaggio diventa così l’in-ventario della vita degli uomini dove le cose stesse han-no significati. L’interpretazione del paesaggio presup-pone l’analisi della sua storia naturale prima della com-parsa dell’uomo e, in seguito, il divenire «antropico».Questa metodologia ci permette di conoscere un sito al-l’interno della «lettura del mondo».

Con le premesse dell’antropizzazione siamo con-sapevoli del fatto che ogni paesaggio – da intendersi co-me parte estrapolata alla totalità della natura (la qualeè nella sua complessività l’esistenza del mondo) dallosguardo dell’uomo – contiene, come deposito storicodelle trasformazioni operate dall’uomo dopo, e primadalla natura stessa, documenti che sono la prova tan-gibile e visibile della storia, cioè della modificazione del-la natura preesistente da parte della mano dell’uomo.

Dati questi presupposti, ogni punto del nostro ter-ritorio, da qualunque parte esso si osservi e quindi di-venti così paesaggio, come ogni lembo della terra, è real-mente un sito archeologico da indagare per trarre le te-stimonianze della storia sia essa naturale o antropica. Lavenuta dell’uomo appare il punto di cesura tra natura eartificio. E l’uomo, per prendere in prestito il titolo diun’opera celebre, crea il mondo 17.

La conseguenza è semplice: ogni parco è archeo-logico in quanto giardino, paesaggio. L’accezione ar-cheologico va oltre il parco per investire il territoriotutto come concatenazione infinita di paesaggi. Effet-to di questa concezione epistemologica, che trova il suopunto di forza nel superamento delle barriere, è il sor-passamento della logica romantica dell’estetica della ro-vina, che pur avendo il merito di aver fondato i pre-supposti dell’«archeologia», si rivela oggi obsoleta einadeguata alle nuove domande scientifiche coinvol-

Page 265: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

265

genti il nostro essere, il nostro ambiente e il «paesag-gio storico».

Perché la formulazione di un ulteriore «parco ar-cheologico» inserito in un sistema museale e in un per-corso turistico abbia senso e interesse, deve necessa-riamente formulare qualcosa di nuovo. Questa novità siaggancia all’attuale visione del paesaggio, del mondo edell’ambiente che collochi una determinata zona comeponte tra paesaggi. Si offre allora una lettura del terri-torio come punto di collegamento pieno e non vuoto oartificiosamente costruito come bene minore da valo-rizzare tra due ambiti archeologico-paesaggistici di af-fermata tradizione turistica. In questo modo si abbat-tono confini e mentalità che non esistono naturalmen-te ma artificiosamente. Di un artificio, si badi bene e siperdoni il paradosso, che non contempla nella sua con-tinuità e totalità il fattore antropico.

Queste premesse offrono all’utente – una voltasvelati i suoi bisogni culturali – la possibilità di un per-corso (o itinerario come si preferisce) volto alla cono-scenza del significato pieno e completo dei reperti (sto-ria del sito), del loro contesto ambientale storico, la sto-ria precedente e successiva del sito (e quando parliamodi storia intendiamo anche la contemporaneità che diquesta storia è lo sbocco terminale attuale). Il procedi-mento ci offre di più: la lezione per il futuro. La tutelae la valorizzazione, così come la conservazione e i pro-getti di sviluppo, traggono da qui preziose indicazioni.

Un sistema paesaggistico comprensivo di parco ar-cheologico – frutto dell’idea di sito archeologico da noipercorsa – sistemi museali e itinerari turistici diventaforma di conoscenza globale supportata da rigore scien-tifico e da lettura aperta, documentaria. Ancora una vol-ta con Marc Bloch, «Seguiamo, dunque, in senso inversola linea del tempo, giacché è necessario; ma seguiamo-

la passo passo, sempre attenti alle irregolarità e alle va-riazioni della traiettoria, e senza voler passare d’un bal-zo, come si è fatto troppo spesso, dal secolo XVIII all’etàdella pietra levigata»18.

NOTE

* Pubblicato in Giardino e paesaggio. Conoscenza, Conserva-zione, Progetto, a cura di M.Boriani, Alinea, Firenze 1996, pp.130-131(«A-Letheia 7).

1 R.Assunto, Il paesaggio e l’estetica (1973), Novecento, Paler-mo 19942., p.314.

2 Ibid., p.337.3 Cfr. R.Borchardt, Der leidenschaftliche Gärtner (1938), Greno,

Nördlingen 19873, p.37, a proposito del giardino.4 Cfr. F.Apel, Die Kunst als Gätren. Zur Sprachlichkeit der Welt

in der deutschen Romantik und im Ästhetizismus des 19.Jahrhunderts,Winter, Heidelberg 1983, p.24.

5 M.Bloch, I caratteri originali della storia rurale francese (1952),tr.it. di C.Ginzburg, Einaudi, Torino 1973, p.XXIV.

6 Ibid., p.XXVII. 7 Saggio pubblicato per la prima volta nelle Ann. d’Hist. Soc. nel

1940 (pp.29-32), e quinto capitolo del noto libro di Lucien Febvre, Pourune Histoire à part entière (S.E.V.P.E.N., Paris 1962).

8 Sofocle Antigone 354-375 (trad.R.Cantarella). 9 Aristotele, Politica, I 9. 10 Ibid., VII 5. 11 J.G.v.Herder, Idee per la filosofia della storia dell’umanità

(1784), Libro primo cap.I, a cura di V.Verra, Laterza, Bari 19922, p. 14.12 Ibid., p.15. 13 Ibid., p.58. 14 S.v. «ambiente» in Vocabolario della lingua italiana, Istituto

dell’Enciclopedia Italiana. 15 Cfr. I.Pizzetti, «Luoghi della coscienza paesaggistica», Casa-

bella, 575-576 (LV 1991), pp.48-53, p.49. 16 V.Hösle, Philosophie der ökologischen Krise, Oscar Beck,

München 1991; tr.it. di P.Scibelli, Einaudi, Torino 1992, p.11.17 R.J.Forbes, Man the Maker, Schuman, New York…; tr.it. di

F.Tedeshi Negri, dal titolo L’uomo fa il mondo, Einaudi, Torino 19603. 18 Op.cit., p.XXIX.

Page 266: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

266

Negli ordinamenti giuridici moderni le elabora-zioni della dottrina giuridica e le norme emanate dal le-gislatore nascono dalle spinte e dalle esigenze della so-cietà. Normalmente una norma, prima di essere “leg-ge” dal punto di vista formale, è un fatto che esistenella coscienza dei cittadini. Per quanto riguarda invecela nozione giuridica di “paesaggio” si può dire che inItalia sia avvenuto il contrario. È stato il legislatore, conle due leggi 1089 e 1497 del 1939 sulla tutela delle co-se di interesse storico artistico e sulla protezione dellebellezze naturali, a prendere coscienza della necessitàdi tutelare e proteggere il paesaggio italiano quale“valore estetico culturale”, prima che questi concettidivenissero patrimonio della società.

Si è trattato di un cammino lungo e tuttora in fa-se di evoluzione sia culturale che giuridica.

Il concetto giuridico di paesaggio è stato infattielaborato a partire dalle due leggi del ’39, passandoattraverso la Costituzione del 1948, le elaborazionigiurisprudenziali della Corte Costituzionale, della Cor-te dei Cassazione e dei giudici di merito, i pretori inparticolare, e quelle della dottrina giuridica. Attraver-so queste elaborazioni si è passati da una concezionerestrittiva del paesaggio, considerato e tutelato sola-mente dal punto di vista estetico, ad una onnicom-prensiva che arriva al concetto di “bene ambientale”elevato a “valore primario dell’ordinamento” (CorteCostituzionale sentenza n. 359 del 18.12.1985).

La visione del paesaggio considerato soprattuttoda un punto di vista estetico continua ad essere cul-turalmente predominante, ciò anche in conseguenzadi una nostra cultura prevalentemente orientata agliaspetti letterari ed umanistici. È di tutta evidenza cheil paesaggio costituisce invece la base fisica degli eco-sistemi, con i loro flussi energetici, le loro caratteriz-zazioni climatiche, i loro cicli biogeochimici, la loro ric-chezza di vita (forme viventi, dai microorganismi allaflora e fauna superiore), l’influsso della presenza uma-na, che in molti casi ha luogo da secoli e che, in unpaese come il nostro, difficilmente non ha esercitato

un’influenza diretta o indiretta su tutti gli ecosistemipresenti. Questa considerazione ambientale del pae-saggio è di fondamentale importanza per un’analisi di-namica e moderna del concetto stesso di paesaggio enon può non rifarsi ai principi che la disciplina dellaLandscape Ecology (Ecologia del paesaggio) ha prov-veduto a elaborare e diffondere negli ultimi vent’an-ni. L’ecologia del paesaggio considera infatti il pae-saggio stesso come un sistema di ecosistemi e indivi-dua significativi approcci e chiavi di lettura praticooperativi di grande interesse e di promettenti pro-spettive per il futuro.

La considerazione sistemica e quindi l’analisi del-le tante “componenti” del paesaggio non può esse-re ignorata da una Conferenza Nazionale sul Paesag-gio che, a nostro avviso, deve contribuire a chiarirequanto il paesaggio non possa più essere considera-to solo da un punto di vista letterario-umanistico,punto di vista certamente importante, che non deveessere certo eliminato, ma che va integrato con la vi-sione ecologico-ambientale dello stesso.

Da ciò discende una considerazione molto signi-ficativa relativa alla ineludibile integrazione, oggi cer-to inesistente, tra pianificazione urbanistica e valuta-zione ambientale ecologica del paesaggio. Anche la vi-sione strettamente pianificatoria in senso urbanisticodeve compenetrarsi con un’ottica di ecologia del pae-saggio e quindi con un’attenta analisi dello stesso co-me sistema di ecosistemi.

Nonostante questo fermento culturale e giuridi-co la tutela del paesaggio italiano è ancora affidata,sostanzialmente, alle leggi del ’39 ed alla “legge Ga-lasso” (431/1985).

La Legge 1/6/39 n. 1089“Tutela delle cose di interesse storico artistico”

La legge individua alcune categorie di “cose”d’interesse storico artistico, attraverso una elencazio-

World Wildlife Fund (WWF)

Paesaggio. La nozione giuridica: dalla tutela estetica al concetto di “ambiente”

Page 267: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

267

ne di alcune categorie di beni mobili o immobili chepresentano interesse “artistico, storico, archeologicoo etnografico”. L’interesse artistico veniva definito intermini estetici, ossia il bene oggetto di tutela dove-va suscitare una sensazione di gradimento nell’osser-vatore (M. Cantucci). L’interesse storico, invece, si rav-visava in oggetti che costituivano fonte di documen-tazione per la ricerca e testimonianza dello svolgi-mento di eventi umani.

Siamo ancora quindi, e d’altronde non potevaessere altrimenti, ad una concezione del paesaggioconsiderato unicamente da un punto di vista del go-dimento estetico. Anche la dottrina (G. Cogo) ha ri-tenuto tale concezione del bene oggetto di tutela ditipo elitario oltre che estetizzante.

La L. 1089/39 subordina la tutela dei beni alla lo-ro previa individuazione formale. Per i beni dei priva-ti, dev’essere emanato un decreto del Ministro deiBeni Culturali che riconosca il valore storico e artisti-co, con la conseguente notifica del vincolo ai pro-prietari o possessori o detentori a qualunque titolodell’oggetto. Per i beni pubblici o di persone giuridi-che, occorre che siano inseriti in un apposito elencodescrittivo, redatto a cura dei rappresentanti legalidegli enti.

La norma in esame, dunque, garantisce la tutelaalle cose che fanno parte del patrimonio artistico uf-ficialmente dichiarato. L’applicazione della sanzionepenale prevista dall’art. 59 nei casi di violazione deivincoli e alterazione delle cose sottoposte a tutela, sigiustifica dunque non in ragione del danno arrecatoal bene tutelato, ma per il fatto che vi è disobbe-dienza all’autorità, attraverso il mancato rispetto delvincolo posto dalla stessa. Infatti, a conferma di taletipo di tutela, la Corte Suprema di Cassazione (Cass.18/3/1988, in C.P. 1989, 96) ha ravvisato nell’ipotesidi violazione delle disposizioni sulla conservazione eintegrità delle cose di interesse storico e artistico, ilconcorso formale tra l’art. 59 L. 1089/39 e l’art. 733C.p., poiché questo predispone una tutela generaledel patrimonio culturale.

La Legge 30/6/1939 n. 1497“Protezione delle bellezze naturali”

La legge conferma la definizione del bene og-getto di tutela già data dalla L. 1089/39 e identificaall’art.1 le bellezze naturali: a) gli immobili che ab-biano cospicui caratteri di bellezze naturali o di sin-golarità geologica; b) ville, parchi, giardini non con-templati dalla L.1089/39 che si distinguono per la lo-ro non comune bellezza; c) complessi di immobili checompongono un caratteristico aspetto estetico o tra-dizionale; d) bellezze panoramiche considerate come

quadri naturali o punti di vista o belvederi accessibilial pubblico e dai quali si goda lo spettacolo di questebellezze.

Attraverso queste leggi viene posta in essere unatutela del complesso delle opere dell’uomo e della na-tura, esclusivamente da un punto di vista estetico.Quindi vengono escluse dalla tutela tutte le categoriedi beni che non rientrano nella disciplina di tali norme.

L’articolo 9 della Costituzione

Vi si afferma come valore primario la tutela delpaesaggio e del patrimonio storico e artistico della na-zione.

Significativo è il fatto che la Costituzione utilizziil termine paesaggio e non quello di ambiente. Tutta-via al riguardo la Corte di Cassazione (Cass. Pen. III,20/10/1983 n. 421) ha chiarito che, in tema di tuteladell’ambiente, la Costituzione all’art.9 collega aspet-ti naturalistici (paesaggio) e culturali (promozione del-lo sviluppo della cultura e tutela del patrimonio stori-co artistico) in una visione non statica ma dinamica,non meramente estetica ma di protezione integrata ecomplessiva dei valori naturali “insieme con quelliconsolidati delle testimonianze di civiltà”. La CorteCostituzionale ha affermato che “l’integrità ambien-tale è un bene unitario che va salvaguardato nellasua interezza” (Corte Cost., 24.2.1992, n. 67) ed ilConsiglio di Stato che “La tutela del paesaggio è in-teresse prevalente su qualunque altro interesse pub-blico e privato relativo all’area interessata e l’ammi-nistrazione deve tenere conto di questa situazione.(Sez. IV, 27/10/1988, n. 1179).

Il D.P.R. n. 616/1977

L’art. 82 conserva in capo al Ministro per i beniculturali il potere di integrare gli elenchi delle bellez-ze naturali approvati dalle Regioni, nonché di dispor-re la sospensione dei lavori che rechino pregiudizio atali beni. Tale decreto inoltre ha delegato (ma nontrasferito) alle Regioni le funzioni riguardanti l’indivi-duazione delle bellezze naturali da proteggere, la con-cessione dei nullaosta per l’esecuzione dei lavori, l’ap-plicazione delle sanzioni amministrative.

La legge 8.8.1985, n. 431”Disposizioni urgenti per la tutela delle zone diparticolare interesse ambientale”

La legge, meglio conosciuta come “Legge Ga-lasso”, perché scaturita dal Decreto ministeriale del

Page 268: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

268

21 settembre 1994 firmato dall’allora sottosegretarioai Beni culturali e ambientali, Giuseppe Galasso, rap-presenta il primo tentativo in Italia di andare oltre latutela di singoli “beni” o “cose” considerati dal pun-to di vista meramente estetico ed approntare una di-sciplina organica per la salvaguardia dei “beni am-bientali” intesi in senso lato. La legge 431/85 haesteso il vincolo paesaggistico-ambientale”, ai sensidella L. 1497/39, ad intere categorie morfologiche dibeni (territori costieri, boschi, montagne, rive di fiu-mi e laghi, parchi, aree archeologiche.). Avendo talevincolo efficacia ope legis, non richiede nessun prov-vedimento amministrativo di notifica. Qualsiasi mo-dificazione da apportare in un’area soggetta a vincolodev’essere approvato dalla Regione (alla quale spet-ta anche il compito di redigere un Piano Paesistico),o dall’ente locale sub-delegato. È inoltre previsto uncontrollo del Ministero per i beni Culturali e Am-bientali sulle autorizzazioni regionali nelle aree vin-colate, con potere di annullamento, da esercitarsientro il termine di sessanta giorni.

La “Legge Galasso” ha dunque segnato il supera-mento di una visione estetico – paesaggistica, impo-nendo il vincolo giuridico a categorie di beni per il lo-ro intrinseco valore ambientale e naturalistico e per laloro potenziale esposizione al pericolo di alterazione.

La sua approvazione provocò commenti positivied entusiastici dei più prestigiosi esponenti del mon-do ambientalista, ad iniziare da Antonio Cederna checosì commentava sulle pagine di “La Repubblica” del28 settembre 1984: “Dopo la cieca urbanizzazioneche ha degradato il bel paese e minaccia di cancel-larne paesaggio e ambiente (ben tre milioni di ettaridi terreno agricolo sono stati distrutti in vent’anni), ec-co finalmente un provvedimento che va nella direzio-ne della tutela e della salvaguardia”. E il Presidente delW.W.F. Italia Fulco Pratesi, sul Corriere della Sera: ”Sitratta di una vera bomba e certo il più completo, ef-ficace ed esteso intervento di tutela territoriale dallanascita dello Stato unitario ad oggi”.

La nuova legge, dichiarata “norma di riformaeconomico sociale” e che, in quanto tale, doveva es-sere rispettata ed attuata da tutte le regioni, suscitòda parte di alcune di esse reazioni negative, fino allapronuncia della Corte Costituzionale, investita delproblema della legittimità della legge Galasso per la-mentate invasioni della sfera delle competenze re-gionali. La Corte con le note sentenze n. 151, 152,153, del 1986, dichiarò la legittimità costituzionaledella L. 431/85, nonché il dovere da parte delle regionie province autonome di rispettare il principio di “lea-le cooperazione e collaborazione” tra Stato e regioniin materia di tutela paesistica e protezione delle bel-lezze naturali.

La legge 431/1985 ha avuto, inoltre, il ruolo ri-

levantissimo di stimolare interpretazioni dei giudici dimerito, della Cassazione, della Corte Costituzionale,e della dottrina che hanno portato all’elaborazione eda una costante evoluzione della “nozione giuridica diambiente”. Grazie ad esse, l’ambiente è divenuto unbene meritevole di tutela giuridica, sul quale si eser-cita un diritto dell’intera collettività. Naturalmente ilconcetto giuridico di ambiente, in senso stretto, nonpuò coincidere con quello dato dall’ecologia: l’ordi-namento giuridico può prendere in considerazionel’ambiente solo considerandolo come bene materia-le e, quindi, riconoscere una tutela specifica sola-mente a quei beni accessibili, oggetto di interesse del-la collettività. Partendo dalla tutela del paesaggio,giurisprudenza e dottrina hanno delineato alcuni con-cetti fondamentali: l’ambiente è un bene giuridicounitario, dell’intera comunità, comprendente tuttele risorse naturali e culturali; è un diritto fondamen-tale di ogni uomo, nonché un interesse primario edassoluto rispetto agli altri interessi pubblici, compre-si quelli economici; è un bene economico suscettibi-le quindi di una valutazione pecuniaria.

Si deve sempre alla giurisprudenza l’opera di in-terpretazione delle singole previsioni della legge Ga-lasso e di chiarimento, soprattutto in ordine ai rap-porti con le altre norme apparentemente confliggentio in concorrenza. Ad esempio: in rapporto alla ma-terie riconducibili all’urbanistica (di competenza re-gionale) la Corte di Cassazione ha chiarito che “il no-stro sistema positivo ha adottato una concezione am-pia della ‘materia urbanistica’, coincidente con l’as-setto complessivo del territorio, e come tale non ri-conducibile all’uso del territorio urbano in senso stret-to (…). Ne deriva che la tutela dell’ambiente rientraa pieno titolo nella materia urbanistica o, più esatta-mente, che la materia ambientale coincide con quel-la urbanistica” (Cass. Pen., III, N. 2670 del16.3.1995). Quanto ai rapporti tra la concessione ur-banistico- edilizia comunale ed il nulla-osta paesag-gistico, anche nei casi di subdelega ai comuni delpotere del rilascio dell’autorizzazione, è stato più vol-te rilevato che “Il nulla-osta ambientale e la conces-sione edilizia, pur essendo provvedimenti autonomi,sono tra loro collegati in una sequenza procedimen-tale nella quale il primo si pone come presupposto ri-spetto al potere urbanistico” (Tar Campania, sez. III,1.2.1994, n. 26).

La legge 431/85 e la sua tutela giudiziaria

La violazione delle disposizioni di cui all’art. 1sexies L. 431/85, costituisce una nuova ipotesi di rea-to che concorre con la contravvenzione di costruzionesenza concessione, o in difformità (di cui alla L.

Page 269: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

269

47/1985, art. 20, lett. C, che prevede le sanzioni pe-nali per l’inosservanza delle norme in materia di atti-vità urbanistica ed edilizia, in particolare in zone sog-gette a vincolo) e con il reato di cui all’art. 734 C.P.(“Distruzione o deturpamento di bellezze naturali”),che sanziona penalmente “chiunque, mediante co-struzioni, demolizioni o in qualsiasi altro modo, di-strugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggettialla speciale protezione dell’Autorità”. Un primo orien-tamento giurisprudenziale considerava la fattispeciedi cui all’art. 734 c.p. reato di danno, ossia il paesag-gio doveva aver subito un’effettiva menomazione. Inseguito, altro orientamento ha considerato la fatti-specie, di cui all’art. 734, reato di pericolo e quindi rav-visabile anche per il fatto di aver posto in essere un’at-tività di potenziale distruzione o deturpamento dellebellezze naturali. (Cass. Pen. III, 30.1.1991, n. 01032).

Al fine di configurare il reato di cui all’art.1 sexiesL. 431/85, la giurisprudenza ha precisato che non ènecessaria la costruzione di opere edilizie ma è suffi-ciente qualunque modificazione della morfologia delterritorio, dell’aspetto estetico e biologico dei luoghisoggetti a vincolo, senza autorizzazione. La Cassa-zione ha infatti affermato che il mutamento dell’a-spetto estetico e biologico di un corso d’acqua va ri-compreso nel reato di cui all’art.1 sexies L. 431/85.(Cass. Pen. III, n. 17010, del 6.12.1989).

La Corte di Cassazione ha affermato che l’art.734 adotta la tecnica “del rinvio formale non recetti-zio ad altra fonte che fornisce le regole di qualifica-zione della distruzione o deturpamento” di beni am-bientali. (Cass.Pen. 6.4.1991, n. 3852). Pertanto, perdefinire le bellezze naturali non ci si può rifare esclu-sivamente alla L.1497/39 che tutela i beni paesistici dalsolo punto di vista estetico, ma, alla luce dell’art.9 del-la Costituzione, va considerato il bene ambientale insenso unitario. Quindi l’art. 734 c.p. ha ”per ogget-to le menomazioni permanenti o le distruzioni del-l’ambiente, in tutte le sue componenti essenziali, ivicomprese la flora e la fauna”.

È stato inoltre precisato che, per applicare l’art.734 c.p., non è necessaria la distruzione del beneambientale essendo sufficiente un’alterazione dellesue caratteristiche paesaggistiche o naturalistiche(Cass.Pen., 24.1.1989, n. 182), e che si ha altera-zione del paesaggio anche con l’aggiunta di ele-menti (cartelli pubblicitari, antenne) che romponol’equilibrio delle sue varie componenti (Cass. Pen.,6.6.1990, n. 1683). Sempre la Suprema Corte diCassazione ha messo in evidenza che le bellezzepaesaggistiche sono il risultato di componenti varie,la conformazione del terreno, la vegetazione natu-rale, l’ubicazione e il tipo di fabbricati esistenti, ilpaesaggio e la cornice complessiva. (Cass.Pen. III,19.2.1982, n. 1803).

Le Sezioni Unite della Cassazione Penale si sonospinte ancora oltre, affermando la sussistenza del rea-to di distruzione o deturpamento di bellezze naturalidi cui all’art. 734 c.p. in aree vincolate dalla L.431/1985, anche in presenza del nulla-osta paesag-gistico, che può assumere rilevanza solo ai fini dellavalutazione dell’elemento psicologico o della gravitàdel reato.

Necessità di una modifica della legge Galasso,testo unico delle norme in materia di beniculturali e ambientali, attuazione delle leggiBassanini e riforma dei Ministeri

Siamo consapevoli che questi temi sono di straor-dinaria complessità e, proprio in considerazione diquesto intreccio di norme e competenze, vanno af-frontati con un ragionamento organico ed unitario.

I difetti della Legge 431/85 e necessità di modifiche

Perché, nonostante la grande portata innovati-va dei principi della L. 431/85, nonostante lo straor-dinario contributo di giurisprudenza e dottrina allasua evoluzione ed alla sua applicazione sempre piùampia, nonostante si sia arrivati in Italia a quasi il50% di territorio vincolato, il territorio italiano ha su-bito un degrado pesantissimo, i fenomeni di abusi-vismo edilizio sono arrivati a livelli vergognosi (si co-struiscono abusivamente intere città persino sul de-manio marittimo, si veda il caso del “Villaggio Cop-pola Pineta Mare”, in Campania), la riforma dellalegge urbanistica non riesce a vedere la luce, perarrivare alla demolizione del Fuenti serve addiritturauna legge ad hoc?

Non sarebbe corretto attribuire al mancato fun-zionamento della Legge Galasso, responsabilità chesono invece collettivamente da ascrivere all’intero si-stema politico-amministrativo, peraltro espressionedella società italiana. Tuttavia, allo scopo di fornire uncontributo al miglioramento del quadro normativopossiamo evidenziare alcuni passaggi critici della Leg-ge 431/85.

Il ruolo delle regioni: si è detto di come da par-te di molte regioni vi sia stata una reazione negativaall’approvazione della L. 431/85, che ha generatoconflitti di competenze dinanzi alla Corte Costitu-zionale, che è intervenuta con le sentenze sopra ri-chiamate. Evidentemente il richiamo formale ai “prin-cipi di leale collaborazione e cooperazione tra Statoe regioni” per la tutela di un bene costituzionalmen-te riconosciuto e garantito non è bastato. Molte re-gioni hanno gestito il sistema autorizzatorio del vin-

Page 270: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

270

colo paesaggistico, limitandosi ad un controllo buro-cratico-formale, rilasciando spesso autorizzazioni inassenza di istruttorie serie e dettagliate. La situazio-ne si è rivelata ancora più disastrosa nelle regioniche hanno subdelegato il rilascio dei nulla-osta pae-saggistici ai comuni. La gestione del vincolo paesag-gistico si è rivelata in sostanza quale occasione diconflitti tra Stato e regioni, a danno del territorio edel paesaggio.

Le regioni hanno inoltre spesso mancato di attuarele pianificazioni urbanistico-territoriali di loro esclusivacompetenza, ad iniziare dai Piani Paesistici territoriali.

Attualmente, con l’inizio della riforma in senso fe-deralista dello Stato, le “Leggi Bassanini” ed i decreti at-tuativi che hanno trasferito alle regioni diverse e rilevanticompetenze anche in materia ambientale, la situazionepotrebbe divenire ancora più conflittuale. Ancora di re-cente si sono verificati conflitti di attribuzione risoltisi di-nanzi alla Corte Costituzionale. Noto è il caso della Re-gione Veneto che lamentava l’illegittimità di una circo-lare del Ministero dei Beni culturali che dettava proce-dure applicative per la trasmissione da parte delle Re-gioni alle Soprintendenze delle autorizzazioni in sana-toria nelle aree vincolate, assentite per “silenzio assen-so”, a seguito dei condoni edilizi dell’85 e del ‘96, al fi-ne di esercitare i poteri di annullamento delle stesse. An-cora una volta la Corte Costituzionale, ritenendo infon-dato il ricorso, ha ribadito che i poteri dello Stato e del-le Regioni in materia di tutela del paesaggio e delle bel-lezze naturali sono concorrenti, con un potere autono-mo di annullamento da parte del Ministero dei beniculturali “per di più in occasione di sanatoria-condonoedilizio”, da esercitarsi “con l’osservanza del principio diequilibrata concorrenza e cooperazione delle compe-tenze statali e regionali” (Corte Costituzionale, 4- 8maggio 1998, n. 157).

Il ruolo dello Stato: sebbene debba riconoscersi alMinistero dei Beni Culturali, ed in particolare alle So-printendenze regionali, un ruolo attivo nel controllodelle trasformazioni territoriali nelle aree vincolate, conl’esercizio dei poteri di annullamento delle autorizzazioniregionali e debba ugualmente riconoscersi uno sforzo,soprattutto recentemente, di razionalizzare e potenzia-re le strutture centrali e periferiche (ad esempio con l’i-stituzione dell’Ufficio centrale per i beni ambientali epaesaggistici), anche allo Stato sono da addebitare re-sponsabilità sulla mancata attuazione della Legge Ga-lasso. In particolare il mancato esercizio dei poteri so-stitutivi nei confronti delle regioni inadempienti rispet-to all’obbligo di approvazione dei piani paesistici terri-toriali. Emblematico è il caso della Campania (che è pe-raltro la regione italiana con il più alto numero di abusiedilizi, in aree vincolate e non): solamente nel ’94 il Mi-nistero dei Beni culturali ha esercitato i poteri sostituivinell’emanazione dei piani paesistici, dopo una telenovela

di ricorsi, controricorsi e l’intervento anche della Magi-stratura penale. Si può quindi concludere che la L.431/85 ha da una parte contribuito alla tutela dei beniambientali e del paesaggio, ma i meccanismi della dop-pia competenza Stato-regioni (o Stato-Comuni nei casidi subdelega) si sono rivelati inadeguati a dare una ri-sposta efficace e puntuale alla pletora di richieste diautorizzazioni di trasformazioni in aree vincolate. Uncontributo negativo è stato senza dubbio dato dai con-doni edilizi e dai mancati interventi delle amministrazioniper le demolizioni di costruzioni non autorizzate e nonsanabili nelle zone sottoposte al vincolo della Galasso.

Ma, a nostro avviso, quello che è veramente man-cato e che ha contribuito in maniera rilevante alla di-sapplicazione delle norme della L. 431/85, è stato il rap-porto di “leale collaborazione e cooperazione tra lo Sta-to e le regioni ed enti locali”, più volte sollecitato anchedalla Corte Costituzionale con le sentenze cui prima ab-biamo fatto cenno. Vi è stato invece un continuo brac-cio di ferro tra amministrazioni regionali e locali da unaparte, e Soprintendenze e Ministero dei Beni Culturalidall’altra, con numerosi interventi della Magistratura pe-nale ed amministrativa, spesso sollecitate dalle Associa-zioni di protezione ambientale come W.W.F. e Italia No-stra, che si sono molte volte sostituite all’inerzia degli en-ti pubblici preposti alla tutela paesaggistico-ambientale.

La sovrapposizione di competenze ed il rapportocon altre pianificazioni.I trasferimenti di competenze attuati con le leggi“Bassanini” in materia di “territorio e ambiente”

A questa situazione va aggiunto il moltiplicarsi esovrapporsi di normative nazionali e regionali che, indiversi modi, riguardano materie e competenze affinia quelle disciplinate dalle leggi del ’39 e dalla L.431/85. Si pensi alle diverse norme che attribuisconocompetenze pianificatorie alle regioni, allo Stato o adaltri enti pubblici: i Piani Territoriali di coordinamento,i Piani degli Enti Parco, che si intersecano o sovrap-pongono con i Piani Territoriali Paesistici, le pianifica-zioni delle autorità di bacino, i piani per il disloca-mento degli impianti di gestione dei rifiuti, i piani deitrasporti, le competenze regionali e statali in materiadi Valutazione d’impatto ambientale e, da ultimo, iltrasferimento di competenze attuato con le cosid-dette leggi “Bassanini” in materia di “territorio e am-biente”.

In particolare il decreto legislativo 112/98, d’at-tuazione della L. 59/97, ha ridistribuito anche le com-petenze riguardanti “Territorio e urbanistica” (TitoloIII, capo II) e “Beni e attività culturali”.

Quanto alle prime, l’art. 52 (“Compiti di rilievo na-zionale”) ha stabilito che “(…) hanno rilievo nazionale i

Page 271: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

271

compiti relativi alla identificazione delle linee fondamen-tali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento aivalori naturali e ambientali, alla difesa del suolo e alla ar-ticolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delleopere di competenza statali (…)”. L’art. 56 conferisce al-le regioni e agli enti locali tutte le “funzioni amministra-tive non espressamente mantenute allo stato”.

Quanto ai “Beni e attività culturali”, l’art. 148 hainnanzitutto dato le definizioni di “Beni culturali” e“Beni ambientali”. Evidentemente il legislatore si è ac-corto della necessità di dare finalmente una definizionegiuridica a tali concetti, fino ad ora desunti, come ab-biamo accennato prima, da diverse leggi e dalle elabo-razioni di giurisprudenza e dottrina giuridica. I “Beniculturali” vengono definiti come “quelli che compon-gono il patrimonio storico, artistico, monumentale, de-moetnoantropologico, archeologico, archivistico e li-brario e gli altri che costituiscono testimonianza aventevalore di civiltà così individuati in base alla legge”.

I “Beni ambientali” sono “quelli individuati in ba-se alla legge quale testimonianza significativa del-l’ambiente nei suoi valori naturali o culturali”. Que-st’ultima definizione ci appare riduttiva rispetto aiprogressi delle scienze giuridiche ed ecologiche.

L’art. 149, riserva allo Stato i compiti di tutela deibeni culturali di cui alla legge 1089/39 e D.P.R.30.9.1963, n. 194, nonché funzioni e compiti di cui al-l’art. 82 D.P.R.616/77 e L. 431/85. Importante il com-ma 2 che recita ”Lo Stato, le regioni e gli enti locali con-corrono all’attività di conservazione dei beni culturali”.

Riteniamo quindi che, come già dichiarato dalMinistro Melandri nella relazione fatta alla Commis-sione ambiente del Senato il 9 febbraio scorso, il pri-mo fondamentale impegno del “nuovo” Ministerodei Beni e delle attività culturali, debba essere quellodi “unire le forze di Stato ed enti locali, con la valo-rizzazione del ruolo di questi ultimi”, per una politi-ca unitaria di conservazione e tutela del patrimonioculturale e ambientale italiano.

Ciò significa creare o rafforzare strutture, perso-nale adeguato e competente e mezzi finanziari, so-prattutto a livello regionale. Senza quest’impegno, iltimore è che si acuisca il conflitto tra Stato e regionie si accrescano le divisioni di competenze e funzioniche, nelle materie riguardanti l’ambiente, i beni cul-turali, portano solamente ad ulteriore degrado am-bientale, paesaggistico e territoriale.

Proposte: il Testo Unico delle norme in materiadi beni culturali e ambientali ed il riordinodei Ministeri

La L. 59/97 ha inoltre previsto, nell’ambito delriordino delle competenze e dello snellimento e sem-plificazione procedurale, anche il riordino dei Ministerie degli organi della Presidenza del Consiglio dei Mi-nistri, da concludersi entro il 31 luglio 1999 (terminecosì prorogato dalla L. 8.3.99, n. 50 la “Bassaniniquater”). La bozza di decreto legislativo approntatodal Governo, che dovrebbe essere approvata entromaggio, prevede dieci “superministeri” (al posto de-gli attuali 25), tra i quali quello delle “Infrastrutture etrasporti” e quello dell’ “Ambiente e territorio”.

Sempre la L. 50/99 (art. 7) ha infine previsto l’e-manazione entro il 2001 di otto testi unici riguardanti“materie e settori omogenei”, elencati nell’allegato3. Due di questi riguarderanno: 1) ambiente e tuteladel territorio; 2) urbanistica ed espropriazioni. All’e-manazione dei testi unici si accompagneranno rego-lamenti per la delegificazione e snellimento di pro-cedimenti amministrativi (art. 1, co. 1), tra cui i pro-cedimenti per l’assoggettamento a vincolo e per il ri-lascio delle relative autorizzazioni, di cui alle leggi1089 e 1497 del ’39 e 431/85 (nn. 38/39, Allegato 1).

Il “Testo Unico delle norme in materia di beniculturali e ambientali” quindi va ad inserirsi in questocomplesso sistema di riordini e snellimenti, e non puònon tenerne conto.

Riteniamo essenziale che il T.U. disponga finalmen-te in maniera chiara e definitiva la differenziazione tra i“beni culturali” in senso stretto, di competenza del Mi-nistero dei Beni e delle attività culturali ed i “beni am-bientali” di competenza del nuovo Ministero dell’am-biente e del territorio. Alla luce di quanto detto in prece-denza sull’evoluzione del concetto giuridico di “ambien-te”, riproporre e perpetuare una confusione terminolo-gica, concettuale e sostanziale tra le due categorie di be-ni, con intrecci non chiari di compiti e funzioni, sarebbeun errore grave e anacronistico. Conseguentemente saràanche necessaria una modifica della L. 431/85 nel sensodi attribuire la gestione dei vincoli in tutte le aree di inte-resse ”ambientale - naturalistico” (coste, fiumi, laghi, bo-schi e foreste, parchi, zone umide, montagne, ecc.) al Mi-nistero dell’ambiente.

Page 272: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

272

Secondo Renato Biasutti, uno fra i più grandi geo-grafi del paesaggio, sono gli elementi dovuti all’uomo edalla sua storia a costituire i tratti unificanti del paesaggiodella penisola italiana. Dal punto di vista dei tratti natu-rali, invece, ben pochi paesi, di pari estensione mostra-no un’analoga varietà di aspetti, irriducibile ad unità.Gli elementi comuni, capaci di identificare il paesaggioitaliano sono di carattere culturale. Questi elementi, in-trodotti dall’uomo nel paesaggio naturale sono divenu-ti componenti essenziali di ogni rappresentazione pae-saggistica del nostro Paese. A sottolineare lo stretto rap-porto tra paesaggio e cultura è recentemente intervenutala Convenzione Europea del Paesaggio che muove dal-l’osservare come tra le forme primarie in cui la cultura siconcretizza vi siano i beni materiali e l’organizzazione ter-ritoriale. In questa luce il paesaggio proprio di ogni lem-bo del territorio europeo rappresenta un elemento fon-damentale di identità, in quanto capace di integrare gliaspetti della natura e della cultura. “In una società in cuila comunicazione ha la tendenza a generalizzare ed a ba-nalizzare i modelli, oggi il patrimonio ed il paesaggio han-no il ruolo di garanti della specificità e della diversità”.

Evidenziare l’intenso processo di umanizzazionesubìto dal paesaggio italiano non implica il negare l’im-portanza delle residue aree naturali (nelle zone mon-tuose, lungo le aste fluviali..) che per sopravvivere de-vono essere tra loro raccordate da adeguati corridoiecologici. I valori della “naturalità”, affermatisi sull’on-da dei movimenti ambientalisti, non sono per nulla inantagonismo con i valori storico-artistici insiti nella mag-gior parte del territorio italiano. Detti valori si pongono,invece, in netta antitesi – insieme ai valori della cultura– nei confronti della progressiva cancellazione dell’ iden-tità del “Bel Paese” operata da trasformazioni urbani-stiche ed architettoniche che spesso ne hanno “sfigu-rato” il volto, sia per la loro modesta qualità che per latotale noncuranza dei caratteri locali. Queste trasfor-mazioni sono responsabili della omologazione di molteperiferie urbane e persino di alcuni centri storici la cui at-

mosfera è stata annullata da anonimi, ubiquitari, arre-di urbani.

Tra gli strumenti per controllare le trasformazioni –almeno quelle aventi conseguenze rilevanti sull’am-biente – è prevista, nell’ordinamento comunitario ed inquello italiano, la procedura di valutazione di impattoambientale (V.I.A.).

Almeno in linea teorica il ruolo riconosciuto al pae-saggio (sia dalla direttiva 337/85/CE che dalla normati-va italiana di recepimento) è di grande rilievo. Da sot-tolineare, in particolare, l’apertura che la concezione dipaesaggio presenta nel Decreto Presidente Consigliodei Ministri (D.P.C.M.) 27 dicembre 1988, una conce-zione che abbraccia anche i beni culturali e che esplici-ta la consapevolezza che il paesaggio costituisca uno deifondamenti dell’identità locale.

Un punto di sicuro interesse, in vista della 1ª Con-ferenza Nazionale per il Paesaggio è il conoscere come“paesaggio” e “beni culturali” siano stati considerati neidossier d’impatto che accompagnano le richieste di au-torizzazione, all’autorità competente, per le opere inprogetto. Come avvio alla discussione su questo puntosi ritiene utile presentare una breve sintesi dei risultati diun’indagine condotta presso l’archivio dell’Ufficio Cen-trale per i beni ambientali e paesaggistici su un cam-pione di 28 dossier d’impatto ambientale (redatti tra il1992 e il 1998), indagine che ha esaminato il modo incui è stata trattata la componente paesaggio.

L’intento è stato quello di evidenziare i punti di for-za e di debolezza degli studi fin qui condotti per risali-re al tipo di “conoscenze”, sia di carattere metodologi-co che contenutistico, capaci di migliorare la qualitàdegli studi stessi. Questa scelta metodologica rispondead una duplice esigenza. Il nuovo campo disciplinare del-la valutazione ambientale ha ormai alle spalle – anchein Italia – più di un decennio di sperimentazione. È giun-to quindi il momento di compiere prime verifiche sulladiffusione di questo sapere, sul livello di approfondi-mento e sugli esisti cui ha dato luogo nella prassi per at-

Maria Chiara ZerbiUniversità degli Studi di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia

Il paesaggio nella valutazione di impatto ambientale

Page 273: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

273

tivare – ove possibile – dei feed-back positivi. Il punto dipartenza scelto sembra inoltre indirizzarsi lungo la stra-da imboccata da vari organismi internazionali che han-no approfondito il tema dell’efficacia della valutazionedi impatto ambientale (V.I.A.) concentrando, in parti-colare, l’attenzione sulla fase di redazione del dossierd’impatto e sulla rispondenza della documentazionefornita agli obiettivi interni allo studio. L’approccio, giàsperimentato (in sede internazionale) per il dossier d’im-patto nel suo complesso, si ritiene possa essere fecon-do, anche relativamente ad una singola componente, invista di possibili comparazioni con lo “stato dell’arte”,relativamente alla trattazione del paesaggio, caratteri-stico di altri contesti nazionali.

La componente “paesaggio” nei dossier d’impattoambientale

L’esame della componente paesaggio è avvenutaconsiderando, nel dettaglio, la sezione del quadro am-bientale ad essa dedicata, ma non in modo esclusivo.Spesso, infatti, elementi significativi ai fini dell’analisi del-la componente vengono anticipati nell’introduzione ge-nerale ai tre quadri richiesti dalle Norme di attuazione onelle specifiche parti introduttive al quadro ambientaleo al quadro programmatico (ove vengono segnalate leindicazioni contenute nei P.T.P. o l’esistenza di vincoli dadecreto) o, perfino, al quadro progettuale ove possonotrovare posto considerazioni relative all’inserimento pae-saggistico dell’opera.

Dal punto di vista del metodo di lavoro l’esamedel dossier è stato condotto secondo i seguenti profili: – tipologia dell’opera,– professioni coinvolte nella stesura dello studio d’im-

patto (ed, in particolare, dell’impatto paesaggisti-co),

– concezione teorica del paesaggio,– metodologie di delimitazione dell’ “ambito di rife-

rimento”,– metodi di analisi e valutazione della qualità del

paesaggio ante operam,– metodi di stima degli impatti,– tipologia delle misure di mitigazione o compensa-

zione,– bibliografia citata.

In altra sede si è dato conto, in modo analitico, deirisultati ottenuti dall’indagine. Ci si limita qui ad alcunirichiami. Gli studi d’impatto esaminati presentano variecarenze, a cominciare dalla concenzione di paesaggiotroppo angusta di cui molti soffrono, fino alle insuffi-cienze metodologiche nella previsione degli impatti,previsione condotta al più su un piano meramente “vi-sivo”. La messa in evidenza di questi limiti non può, tut-tavia, rappresentare un avvallo alla rimozione della com-

ponente paesaggio negli studi di impatto, ma – al con-trario – deve far innescare dei feed-back positivi volti adun miglioramento della qualità degli studi stessi. Nonsembri superfluo ricordare, come lo stesso progetto diConvenzione Europea del Paesaggio proponga (al pun-to 5 dell’allegato) tra gli strumenti giuridici, ammini-strativi, fiscali e finanziari specifici che possono essereadottati in vista della salvaguardia, della gestione e del-la pianificazione dei paesaggi “…l’inclusione delle con-siderazioni paesaggistiche nell’ambito degli studi di im-patto ambientale”.

Si è ritenuta pertinente, in sede di indagine empi-rica, una preliminare suddivisione delle opere conside-rate in due sottoinsiemi: opere a carattere puntuale (16casi) ed opere a carattere lineare (12 casi) che presen-tano proprie specificità sotto vari profili. È agevole os-servare come le opere a carattere lineare generino sulpaesaggio un impatto che si snoda lungo una specifica“direzione”, il che porta a considerare un ambito diimpatto a forma di “corridoio”, mentre le opere puntualiabbiano un ambito di influenza che si estende, nor-malmente, tutt’intorno all’opera che occupa approssi-mativamente una posizione centrale.

Le opere a carattere lineare, presenti nel campioneesaminato, sono rappresentate da: linee ferroviarie adalta velocità, raccordi stradali, tangenziali e strade, elet-trodotti. Le opere a carattere puntuale sono rappresen-tate da: riconversioni di centrali termoelettriche, am-pliamenti di porti turistici e commerciali, centrali idroe-lettriche, esplorazioni petrolifere, dighe, serbatoi, inva-si artificiali, impianti di smaltimento o loro ampliamen-ti, interporti.

Quanto alle competenze professionali implicatenello studio di impatto, solo nella metà dei casi esami-nati viene data informazione sulla composizione dell’é-quipe di studio. È invece specificata la figura professio-nale del responsabile dello studio (e firmatario dellostesso) che è generalmente quella dell’ingegnere (maanche, sia pure in modo episodico, altre figure tecnichequali quelle dell’agronomo e del chimico). Dove appa-re una segnalazione relativa all’estensore del capitolo sulpaesaggio si fa riferimento alla figura dell’architetto.

Per poter delineare un filo conduttore all’interno ditutta la trattazione della componente è risultato di pri-mario interesse conoscere la concezione o le concezio-ni teoriche di paesaggio adottate nel corso dello studiodi impatto. Non sempre sono presenti definizioni espli-cite di paesaggio con funzione introduttiva rispetto al-la trattazione. Ove lo siano, le definizioni ruotano prin-cipalmente attorno a due distinti nuclei di significato (tal-volta compresenti in uno stesso studio). Il primo fa rife-rimento ad una concezione di paesaggio di derivazionestorico-geografica. Si possono cogliere varie sfumature:dal paesaggio geografico fisico (il riferimento teorico èad Aldo Sestini, 1963) alla distinzione tra “paesaggio

Page 274: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

274

geografico” e “paesaggio sensibile” fino alla sottoli-neatura dell’aspetto “sistemico” e dell’aspetto “dina-mico” del paesaggio. Un secondo nucleo di significatiruota attorno alla concezione di paesaggio come siste-ma di segni, con particolare riferimento ai segni lascia-ti dall’uomo. Si evidenziano dei legami con una conce-zione di paesaggio come “bene culturale complesso”,“patrimonio” al quale vengono attribuiti una varietà divalori. Viene riconosciuto, in particolare, il “significatotestimoniale” ed il “ruolo documentario”. Genera sor-presa il fatto che solo in un numero estremamente ri-dotto di casi si riconosca esplicitamente l’importanza del-l’aspetto estetico (e percettivo) e della qualità visiva delpaesaggio. A questi significati principali attribuiti al pae-saggio si affiancano altri significati corollari, ma di scar-sa consistenza. Tra di essi è però da segnalare una con-cezione di paesaggio che assume, nella V.I.A., una rile-vanza del tutto particolare ai fini della tutela, quella di“componente di sintesi”, capace di offrire una visioned’insieme anche delle altre componenti (analiticamen-te trattate nel dossier). Se si guarda alla relazione traconcezione di paesaggio che – esplicitamente o impli-citamente – appare essere adottata e l’approccio me-todologico usato nelle successive fasi di analisi e valu-tazione del paesaggio, si osserva come non sempre esi-sta la necessaria consequenzialità. Le due fasi risultano,in generale, scollegate dai riferimenti teorici ai quali do-vrebbero appoggiarsi.

Un importante nodo metodologico è rappresenta-to dalla delimitazione delle aree di riferimento utili percaratterizzare la qualità del paesaggio. Nel D.P.C.M. 27dicembre 1988 si distingue tra il “sito”, riferito alla lo-calizzazione puntuale dell’opera, e l’ “area vasta”, rife-rito al più ampio contesto entro cui si inserisce l’operain progetto. L’esame del campione di dossier evidenziacome la distinzione tra “sito” ed “area vasta”, indicatadal decreto, non sia sempre introdotta e, quando pre-sente, non si diano chiare indicazioni relativamente ai cri-teri di delimitazione utilizzati. Nella maggioranza deicasi, per individuare l’ambito o gli ambiti di studio ci siserve di un criterio implicito consistente in un’anticipa-zione della fase di analisi degli impatti, delimitando,cioè, l’area entro la quale si potranno risentire gli effet-ti generati dal progetto. In linea generale nella fase dianalisi della qualità del paesaggio si assiste ad una fo-calizzazione della descrizione sul contesto più ristrettoe si dà un’interpretazione di natura essenzialmente vi-siva all’”area vasta”. Nelle opere a carattere puntuale,questa interpretazione dell’area vasta in senso visivoporta, negli studi più evoluti, alla determinazione del-l’area di potenziale influenza visiva (o bacino di intervi-sibilità), determinazione che si avvale di ben note tec-niche manuali o automatiche. Nelle opere a carattere li-neare dove il problema di delimitazione dell’area “ri-stretta” di riferimento appare risolto dalla semplice in-

dividuazione di un corridoio di ampiezza adeguata (da1,4 a 6 km), a cavallo dell’ipotetico tracciato, l’aspettopiù controverso riguarda, invece, la determinazionedell’”area vasta” utile alla caratterizzazione del pae-saggio. Spesso, infatti, le analisi si allargano a coprire va-ste regioni entro le quali è localizzato il tracciato, con undivario così evidente rispetto alla scala dell’intervento daprivare la descrizione paesaggistica di una qualsiasi ef-ficacia.

L’analisi e valutazione del paesaggio ante-operamcorripondono alla prima, essenziale fase di studio dellacomponente paesaggio, fase che è finalizzata (attra-verso le metodologie d’analisi suggerite dallo stessoDecreto 27 dicembre 1988) alla caratterizzazione dellasua qualità. Negli studi esaminati la metodologia utiliz-zata passa, in linea generale, attraverso due momentisuccessivi: descrizione del paesaggio a gradi diversi didettaglio, valutazione della sua “qualità”. I due mo-menti sono di natura differente: il primo non richiede l’e-spressione di giudizi di qualità, il secondo li richiede. Levalutazioni sono basate, quando presenti, sul giudizio dichi compie lo studio (giudizio “esperto”) ma si riscon-tra, in alcuni casi, l’appoggio ad indicatori di qualità. Lascala a cui vengono condotte le analisi è, prevalente-mente, di medio dettaglio (da 1: 25000 a 1: 50000),mentre si fa riferimento a scale più grandi per l’analisidi sito. Gli approcci inferibili dal campione possono es-sere ricondotti ai seguenti: approccio geografico, tramiteil quale si “leggono” i caratteri oggettivi del paesaggioe la sua evoluzione, approccio percettivo (o gestaltico)teso ad individuare le sensazioni che il paesaggio creanell’eventuale osservatore. Un aspetto caratteristico cheaccomuna quasi tutti gli studi esaminati appare esserel’orientamento descrittivo piuttosto che valutativo del-lo stato del paesaggio esistente. Si evidenzia al propo-sito un nodo metodologico largamente irrisolto e di cuinon è facile prevedere il superamento.

Un secondo nodo metodologico è quello corri-spondente alla fase di individuazione e di valutazione de-gli impatti. La metodologia nettamente prevalente con-siste nella valutazione delle modificazioni visive che larealizzazione dell’opera comporta. Secondo questa in-terpretazione dell’impatto paesaggistico si riproponecome metodo di individuazione degli impatti l’analisi vi-siva. Dai casi di studio più elaborati, si può inferire unametodologia articolata nelle seguenti fasi: 1) individua-zione di punti chiave o punti di vista lungo percorsi par-ticolarmente rilevanti (scelti in base alla relazione di vi-sibilità con l’intervento ed al livello di frequentazione),2) documentazione fotografica, con fotoinserimenti odisegni, che riportano la “vista” sull’opera dai punti se-lezionati, 3) stima della vulnerabilità del paesaggio. Nel-la maggior parte dei casi esaminati la valutazione degliimpatti è puramente qualitativa. In uno solo caso (nel-le integrazioni richieste dal Ministero) sono state forni-

Page 275: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

275

te scale di valore degli impatti (punteggio da 1 a 10). Co-me osservazione conclusiva si segnala come i sistemi dirappresentazione grafica delle trasformazioni subite dalpaesaggio (disegni, fotomontaggi, fotoinserimenti…)siano, in generale, rivolti ad una restituzione, più o me-no realistica, del sito trasformato, ma non siano ac-compagnati da alcun giudizio che possa direttamenteservire al processo decisionale. Il giudizio viene, per co-sì dire, affidato all’evidenza offerta dalla rappresenta-zione, evitando così l’esplicitazione della valutazionestessa. È opportuno sottolineare, infine, come difficil-mente la trattazione consideri le differenti categorie diimpatto: diretti/indiretti, trascurabili/rilevanti, a bre-ve/medio/lungo termine… Al più viene fatto cenno,sporadicamente, a qualche categoria di impatto con ri-ferimento a particolarità dell’opera in progetto. Nonvengono mai considerati, invece, gli impatti di tipo cu-mulativo che sono di fondamentale importanza se si in-tende la V.I.A. come strumento di allocazione degli im-patti sul territorio in un’ottica di sostenibilità.

Come conseguenza del prevalere di un’ottica uni-dimensionale nell’individuazione degli impatti sul pae-saggio (impatti visivi), il catalogo delle mitigazioni chesi può estrarre dai casi esaminati è molto ridotto tipo-logicamente (creazione di fasce vegetate, schermi di al-berature) avendo come finalità primaria la mascheratura– di natura cosmetica – dell’opera. Ulteriori obiettivi chesi affiancano alla mitigazione visiva riguardano: la ri-naturalizzazione, nelle forme più complete possibili,del sito di intervento mediante la formazione di bioce-nosi autoctone, la cura nella scelta dei materiali co-struttivi e dei colori. Tra le proposte di opere di mitiga-zione viene suggerito, in alcuni casi di studio, il ricorsoall’ingegneria naturalistica. La “discreta” diffusione diquesta proposta è sintomo di una nuova attenzione perl’aspetto naturalistico oltre che per l’aspetto visivo. È pe-raltro da ricordare come questa disciplina nuova ed incorso di evoluzione intenda fornire modalità tecnichedi risoluzione di problemi di stabilità e di riqualificazio-ne paesaggistica e non possa essere ridotta ad unatecnica da utilizzare per l’arredo di infrastrutture di tra-sporto. Le opere di ingegneria naturalistica devono es-sere dimensionate in modo da tener conto degli oneriaggiuntivi che la loro realizzazione comporta. Va ag-giunto, inoltre, che qualunque opera di ingegneria na-turalistica o di schermatura visiva richiede specificheopere di manutenzione quando sia previsto l’impiegodi materiale vegetale. Per assicurare che le opere pre-viste negli studi siano realizzate e che venga effettua-ta la necessaria manutenzione sarebbe opportuno iden-tificare – in sede di richiesta di autorizzazione – un re-sponsabile che abbia il compito di seguire l’evoluzionedell’opera in costruzione, degli interventi di mitigazio-ne e della successiva cura.

È opportuno osservare, infine, come in un territorio

quale quello italiano, particolarmente ricco di reperti ar-cheologici, assumano particolare rilievo le mitigazionirelative agli impatti sui beni culturali. In alcuni casi esa-minati vengono adottate delle modalità di carattere pre-ventivo, indicando la necessità – durante la fase di can-tiere – di operare dei controlli di natura archeologica.

Linee di ricerca aperte

A conclusione dell’indagine sulle modalità di trat-tazione del “paesaggio” nel campione di studi di impattoesaminato, emerge tutta la complessità di questa com-ponente ambientale e la conseguente varietà di approc-ci, di strumenti analitici e valutativi che sono stati mobi-litati nel tentativo di dominarla. Ciò è in larga misura damettere in relazione al recente costituirsi del campo di-sciplinare della valutazione ambientale ed alla comples-sità, al suo interno, della componente paesaggio.

Appare con tutta evidenza la mancanza di cono-scenze teorico-metodologiche sufficientemente conso-lidate e condivise per fornire una guida allo studio delpaesaggio nella valutazione di impatto ambientale. Nelcampione esaminato, si possono riconoscere approcci di-versi dei quali è facile rintracciare la disciplina di origine(geografia, psicologia ambientale, architettura, ecologiadel paesaggio..) ma di cui è ancora difficile prevedere laconfluenza in un paradigma unitario. Si impone, peral-tro, uno sforzo di elaborazione teorica per evitare chevengano giustapposti tra loro indicatori provenienti dadiscipline diverse, senza alcun quadro metologico pre-definito che ne orienti razionalmente l’utilizzo.

Dai risultati dell’indagine empirica emergono nonsoltanto generiche richieste di più sicuri sfondi teorici,ma anche alcune indicazioni più precise. La prima di es-se può essere considerata la presa d’atto (quasi generale)dell’inadeguatezza di un approccio meramente “scien-tifico” completamente immemore degli aspetti “per-cettivi” del paesaggio dell’area in cui l’opera verrà rea-lizzata. Tale consapevolezza non si manifesta necessa-riamente in modo esplicito, ma si evince dall’affiancar-si di approcci, per così dire, “oggettivi” ad approcci“soggettivi”. Da questo punto di vista la prassi stabili-tasi sembra sopravanzare le indicazioni che emergonoda certa manualistica in circolazione, facendo presagi-re il formarsi, nel tempo, di paradigmi di collegamentotra indicatori “oggettivi” e “soggettivi”. La seconda in-dicazione che si può derivare dall’analisi del campionedi studi riguarda l’adozione di due differenti ottiched’indagine. La prima restringe la concezione di paesag-gio al mero aspetto visibile dell’ambiente, concentran-do l’attenzione sul modo di apparire del sito prima e do-po l’intervento, sui cambiamenti osservabili dai punti epercorsi a più alta sensibilità e sulle ripercussioni che ta-li cambiamenti generano sugli osservatori (insider o out-

Page 276: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

276

sider). Una seconda ottica considera, invece, le compo-nenti costituitive del paesaggio ed i processi che influi-scono su di esse. Da questa più ampia concezione dipaesaggio derivano differenti strategie di analisi e divalutazione che, tuttavia, negli studi in esame sono uti-lizzate in modi piuttosto elementari. Le due ottiche po-trebbero essere qualificate rispettivamente come ap-proccio visivo e come approccio paesaggistico. Nellarealtà degli studi esaminati questi approcci sono anco-ra scarsamente delineati, spesso sono usati in modopromiscuo o complementare, ma è indubbio che si ten-ti – magari confusamente – di superare il livello mera-mente visivo almeno nella fase di definizione dello sta-to di qualità del paesaggio ante operam. Non risulta, in-vece, che da queste differenti ottiche siano ricavate me-todologie differenziate di individuazione e valutazionedegli impatti “visivi” e “paesaggistici”, non essendoquesta fase pienamente implementata se non in po-chissimi casi.

Dal bilancio – sia pure provvisorio – dei punti di for-za e di debolezza degli studi esaminati si possono rica-vare anche orientamenti più direttamente operativi. Inprimo luogo appare necessario un più impegnato sfor-zo definitorio dei termini “chiave” nello studio del pae-saggio, spesso utilizzati senza una piena comprensionedelle loro valenze semantiche. Il problema principalederiva, è vero, dalla comprensenza di più discipline sul-lo stesso campo di studio, ma anche da un relativo ri-tardo, rispetto a quanto avviene in altri Paesi, nel pre-disporre “strumenti” adeguati (dai glossari ai forum didiscussione) che consentano ai ricercatori di confrontarsisu un oggetto complesso e necessariamente trandisci-plinare quale è il paesaggio. In secondo luogo, vi è l’e-sigenza di un approfondimento dei metodi, delle tecni-che e degli strumenti di analisi e valutazione (sia dellaqualità del paesaggio in assenza di intervento, sia degliimpatti sullo stesso). Nel campione esaminato, le ope-razioni di valutazione del paesaggio ante operam cosìcome la valutazione degli impatti sul paesaggio ap-paiono appena abbozzate e comunque lontane dal po-ter conferire al paesaggio una funzione discriminantenelle scelte. Al riguardo si intravedono due possibili li-nee di ricerca:– un approfondimento della distinzione (prima ri-

chiamata a proposito delle concezioni di paesaggio)tra impatti visivi ed impatti paesaggistici, distinzio-ne che sembra feconda sia sul piano teorico che suquello delle metodologie;

– la sperimentazione di metodi di implicazione delpubblico nella valutazione del cambiamento chesarà prodotto dalla realizzazione dell’opera.Il paesaggio – che rappresenta l’interfaccia tra l’os-

servatore e l’ambiente – costituisce infatti la compo-nente ambientale che più d’ogni altra può valorizzare ilruolo del “pubblico” (comunità locali, visitatori o asso-

ciazioni portatrici di interessi diffusi) nella valutazione diimpatto ambientale, ruolo ampiamente riconosciuto siadalla direttiva V.I.A. emendata (97/11/CE), sia dalla Con-venzione Europea sul paesaggio.

Si possono, infine, ricavare dall’analisi empirica deisuggerimenti relativamente alle misure di mitigazione edi monitoraggio. È stato evidenziato, nel commento aicasi di studio, come le misure di mitigazione proposte(esclusivamente di carattere visuale) abbiano una fun-zione “cosmetica” volta a mascherare l’inserimento del-la nuova opera nel suo contesto. È una prospettiva, que-sta, molto riduttiva che può essere capovolta medianteun ribaltamento del momento in cui affrontare il pro-blema: dall’attuale collocazione nella fase finale (con larealizzazione dell’opera o successivamente) alle fasi ini-ziali in cui l’opera viene progettata. Le mitigazioni do-vrebbero cioè nascere all’interno del processo di pro-gettazione a partire dall’inserimento nel contesto e daldesign dell’opera. Si arriva allora nel cuore del dilemmatra inserimento e design che mantengano una strettacontinuità con l’esistente o, al contrario creino uno stac-co produttore di un nuovo carattere del paesaggio, dinuove immagini che, nel futuro, lo potranno forse iden-tificare. Ancora una volta, appare rilevante il confrontotra l’opinione degli “esperti” e l’opinione della “gentecomune” per capire quali siano le aspetttive nei confrontidel proprio quadro di vita. Va infine richiamata l’impor-tanza del monitoraggio, un’operazione che implica ilconsiderare in modo razionale la variabile “tempo” nel-la costruzione o ri-costruzione del contesto paesaggisti-co. Gli impatti paesaggistici sono infatti immediatamen-ti visibili, a partire dalle fasi di cantiere, mentre le miti-gazioni adottate hanno tempi di realizzazione e di com-pletamento propri. Il monitoraggio dovrebbe assolvere al-la funzione di controllare l’efficacia delle mitigazioni, se-guendo l’evoluzione nel tempo del paesaggio, una fra lepiù dinamiche componenti ambientali, per introdurre gliadattamenti che risultino mano a mano necessari.

Ruolo dell’Autorità competente nella V.I.A.

Compito fondamentale per l’Autorità competenteè la formulazione di un parere sulla compatibilità am-bientale dell’opera per cui è richiesta l’autorizzazione,parere da cui dipende l’esito della procedura autorizza-tiva. L’esame del dossier di impatto ambientale è voltoad accertare per la componente in esame la correttez-za delle valutazioni fornite in sede tecnica, valutazioniche possono trovare utili riscontri nei pareri formulati daorgani di consultazione, da associazioni ambientaliste oda portatori di interessi speciali.

L’esame del dossier d’impatto dovrebbe consenti-re una duplice verifica: di rispondenza dello studio allerichieste della normativa vigente e ad eventuali accordi

Page 277: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

277

(sui contenuti e sul livello di approfondimento) even-tualmente intervenuti tra l’autorità competente ed ilproponente; di correttezza metodologica e di consi-stenza dei risultati forniti ai fini della formulazione di pa-reri sulla compatibilità dell’opera. Qualora il dossierd’impatto non offra elementi sufficienti per prendereuna decisione possono essere richiesti al proponentedei completamenti delle parti dello studio reputate la-cunose. Sono disponibili nella letteratura scientifica in-ternazionale dei criteri per valutare gli studi di impattoambientale. Sarebbe utile ricavare da questi dei criterispecifici per la verifica della parte del dossier dedicata alpaesaggio.

A fianco del ruolo primario di carattere autorizza-tivo – regolamentato dalle norme in vigore – le autoritàcompetenti possono utilmente assolvere ad altre im-portanti funzioni.

Offrire supporto al proponente, nelle fasi inizialidello studio di impatto ambientale sia da un punto di vi-sta informativo che metodologico. Una conoscenza pre-liminare, di particolare rilievo per la componente in esa-me, riguarda il contesto di inserimento dell’opera dalpunto di vista pianificatorio. Tenuto conto della varietàdegli strumenti di piano e delle politiche relative un aiu-to significativo può essere offerto dalla ricostruzionedel contesto normativo dell’opera. Il ruolo di supportosarà tanto più produttivo quanto più consentirà all’au-torità competente di orientare le scelte del proponentenelle direzioni desiderate, rendendolo cosciente dei pro-blemi di salvaguardia della qualità visiva e paesaggisti-ca delle aree interessate dall’intervento e delle politichepredisposte nei loro confronti.

Alla fornitura di informazioni sull’ambiente di pia-no potranno utilmente affiancarsi dei suggerimenti dinatura metodologico-tecnica sulle modalità di analisidel paesaggio e di valutazione del suo stato di qualità.Ciò potrebbe realizzarsi mediante la redazione di “gui-de” che fungano da modelli operativi per gli estensoridello studio di impatto.

Accanto a queste informazioni ed orientamenti ge-nerali, dovrebbero essere concertati con il proponente,in relazione alla natura dell’opera ed al suo contesto diinserimento, il livello di dettaglio cui condurre lo studio,i risultati conoscitivi attesi sullo stato di qualità visiva epaesaggistica ante operam ed il grado di definizione del-la previsione relativa alla entità e rilevanza del cambia-mento prodotto dall’opera.

Un’ulteriore importante funzione che può esseresvolta dall’autorità competente riguarda la verifica del-la messa in atto delle misure di mitigazione ed il con-trollo della loro efficacia nel tempo. La responsabilità del-la realizzazione delle misure di mitigazione previste nel-la richiesta di autorizzazione grava sul proponente. L’au-torità competente deve però operare un adeguato con-trollo e garantirsi la possibilità di intervenire con misure

impositive da studiarsi opportunamente (forme di ac-cordo legale, versamenti cauzionali…) in caso di ina-dempienza. Affinché l’autorità competente possa svol-gere pienamente il proprio ruolo è opportuno che ven-gano identificate sia misure di mitigazione a caratteregenerale per tipologia d’opera – che fungano da riferi-mento – sia misure particolari in rapporto al caso speci-fico. Il monitoraggio, nel tempo, oltre a controllare l’ef-ficacia delle misure di mitigazione nell’evitare o nel ri-durre gli impatti previsti può consentire di ottenere unaserie di obiettivi corollari: verificare se gli impatti previ-sti si sono concretizzati e se è mancata la previsione diimpatti che sono insorti nella realtà. Ciò renderebbepossibile da una parte la realizzazione di interventi chepongano rimedio a situazioni non previste e dall’altra unmiglioramento degli studi conseguente ad una più pre-cisa conoscenza delle conseguenze ambientali prodot-te dalle opere dell’uomo.

È infine da sottolineare come la componente “pae-saggio” possa offrire un punto di vista “autonomo”nella formulazione del giudizio di compatibilità da par-te delle autorità competenti. È facile osservare come esi-sta un parallelismo tra il processo di analisi e valutazio-ne della componente paesaggio e l’intera procedura diV.I.A. Il paesaggio rappresenta, infatti, una componen-te di sintesi capace di restituire la “globalità” degliaspetti ambientali che vengono analiticamente indaga-ti nella trattazione delle singole componenti. Inoltre es-so costituisce il contesto fisico in cui l’opera verrà rea-lizzata. Quest’ultima deve inserirsi nel paesaggio che asua volta risulterà modificato. Per mettere in rapportoopera e paesaggio diventa quindi essenziale conoscereda una parte le caratteristiche dell’opera e dall’altraquelle dell’ambiente in cui si inserisce. La valutazionedell’impatto paesaggistico deriverà dall’esame delle re-lazioni che si istituiscono e dal loro grado di compatibi-lità. È questa l’operazione fondamentale che sottendel’intera procedura.

La presa di coscienza di questa analogia operativafa capire il ruolo strategico che la valutazione dell’im-patto paesaggistico di un’opera è in grado di svolgere.Essa coglie, infatti, non tanto gli aspetti tecnici settorialidell’ambiente né i singoli caratteri funzionali dell’opera,ma piuttosto la compatibilità globale tra il progetto edil suo contesto di riferimento.

La valutazione dell’impatto paesaggistico ha tuttele potenzialità per fornire un punto di vista “autonomo”nel processo decisionale, processo che potrà poi avva-lersi di analisi approfondite e di rigorose misurazioninella previsione degli impatti settoriali. Ma a fianco di es-si, resta l’indubbia utilità di un punto di vista “globale”come quello paesaggistico, punto di vista che introdu-ce, fra l’altro, considerazioni di natura culturale – altri-menti assenti – e che si presta ad interpretare, dal pun-to di vista dei valori, la sensibilità collettiva.

Page 278: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

278

Page 279: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

279

Indice

PRESIDENZA, COORDINAMENTO GENERALE

COMITATO SCIENTIFICO

COMITATO ORGANIZZATORE, CONSULTA PER IL PAESAGGIO

SESSIONI TEMATICHE

PresentazionePer una nuova politica del paesaggio

Giampaolo D’Andrea, Sottosegretario di Stato per i Beni e le Attività Culturali

Gli obiettivi della Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio Luca Odevaine, Consulente per le Politiche Ambientali, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Verso la Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio

Donatella Cavezzali, Consulente per l’Architettura e il Paesaggio, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Le strutture centrali e periferiche del Ministero nel confronto della Prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio

Antonia Pasqua Recchia, Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

LAVORI PREPARATORI

Discorso di apertura, riunione del comitato scientifico del 24 marzo 1999

Giovanna Melandri, Ministro per i Beni e le Attività Culturali

Documento preparatorio a cura di

Donatella Cavezzali, Consulente per l’Architettura e il Paesaggio, Ministero per i Beni e le Attività CulturaliLuca Odevaine, Consulente per le Politiche Ambientali, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

CONTRIBUTI

Amici della Terra – Stefano Deliperi, Responsabile Nazionale Settore Coste e Pianificazione Territoriale

Sandro Amorosino, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Economia

Paolo Avarello, Istituto Nazionale di Urbanistica - Università degli Studi di Roma Tre, Facoltà di Architettura

Aldo Aymonino, Università degli Studi di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, Facoltà di Architettura

Umberto Bagnaresi e Alessandra Furlani, Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Agraria

Umberto Bagnaresi, Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Agraria

Maurizio Boriani, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura

Vittoria Calzolari, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Giuliana Campioni, Presidente della Federazione Associazioni Professionali Ambiente e Paesaggio ⁄

Lucina Caravaggi, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Francesco Cetti Serbelloni, Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali

Alberto Clementi, Università degli Studi di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, Facoltà di Architettura

Mario Antonio De Cunzo, Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici,Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Europa Nostra

Guido Ferrara, Presidente Associazione Italiana di Architettura del PaesaggioUniversità degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura

Fondazione Benetton, Studi e Ricerche – Domenico Luciani

Page 280: CONFERENZA NAZIONALE PER IL PAESAGGIO - unirc.it · Nicola D’Angelo, Magistrato Tribunale Amministrativo Regionale, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero

280

Fondo per l’Ambiente Italiano – F. A. I.

Maurizio Galletti, Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Roberto Gambino, Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura

Mario Ghio, Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura

Margherita Guccione, Ufficio Centrale per i Beni Archeologici Architettonici, artistici e Storici e PaesaggisticiMinistero per i Beni e le Attività Culturali

Federico Bilò, Istituto Nazionale di Architettura

Italia Nostra

Paolo Leon, Università degli Studi di Roma Tre, Facoltà di Economia

Cesare Macchi Cassia, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura

Annalisa Maniglio Calcagno, Università degli Studi di Genova, Preside della Facoltà di Architettura

Luciano Marchetti, Vice Commissario per le zone terremotate dell’Umbria, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Salvatore Mastruzzi, Direttore Generale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Patrizia Micoli, Geologo Direttore, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Ministero dei Lavori Pubblici, Direzione Generale della Difesa del Suolo

Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato, Direzione Generale Sviluppo Produttivo e Competitività

Movimento Azzurro, Rocco Chiriaco

Gianluigi Nigro, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Liliana Pittarello, Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria,Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Polis - Associazione Culturale, Edoardo Salzano

Antonia Pasqua Recchia, Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Anna Maria Reggiani, Soprintendente per i Beni Archeologici del Lazio, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Regione Autonoma Sardegna, Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali Informazione, Spettacolo e Sport

Regione Emilia Romagna, Giancarlo Poli – Assessorato Territorio, Programmazione e Ambiente

Sylvia Righini Ponticelli, Soprintendente Reggente per i Beni Ambientali e Architettonici per leProvince di Brescia, Cremona e Mantova Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Bernardo Rossi Doria, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura

Andrea Ruffolo, Architetto

Edoardo Salzano, Istituto Universitario di Architettura di Venezia

Maria Alessandra Sandulli, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze Politiche

Paolo Scarpellini, Soprintendente per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Sassari e NuoroMinistero per i Beni e le Attività Culturali

Lionella Scazzosi, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura

Società Geografica Italiana

Stefano Stanghellini, Istituto Universitario di Architettura di Venezia , Tecla Mambelli, Università degli Studi di Padova

Stefano Stanghellini, Giuseppe Stellin, Paolo Rosato, Giuliano Marella e Tecla Mambelli

Touring Club Italiano a cura del Centro Studi

Rocco R. Tramutola, Ufficio Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici, Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, UNCEM – Lucio Cangini

Paolo Urbani, Università degli Studi di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, Facoltà di Architettura

Massimo Venturi Ferriolo, Università degli Studi di Salerno, Facoltà di Lettere e Filosofia

World Wildlife Fund – W.W.F.

Maria Chiara Zerbi, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia