Comunismo e identità di genere - SEI Editrice · mo posto la totale dedizione alla causa del...

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1 UNITÀ 4 Comunismo e identità di genere F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 APPROFONDIMENTO B La rivoluzione dei ruoli e dei comportamenti La rivoluzione di febbraio, che provocò l’abdicazione dello zar e la proclamazione della repubblica, secondo il calendario occidentale ebbe inizio l’8 marzo 1917. Le prime a scen- dere in piazza furono le operaie, decise a protestare per il fatto che i loro salari erano no- tevolmente inferiori a quelli degli operai maschi. Come occasione per la loro manifesta- zione di rivendicazione salariale, le operaie scelsero la Festa della donna, istituita nel 1910 dalla Conferenza internazionale dei movimenti femminili. Il 20 luglio 1917, un decreto del governo provvisorio concesse alle donne russe pieni diritti in campo politico, dichiarandole elettrici ed eleggibili senza riserve. Inoltre, in occasione dell’ultima offensiva russa (nell’estate del 1917) fu crea- to il Battaglione femminile della morte, organizzato su inizia- tiva di Marija Botchkareva, la quale – a titolo personale – aveva già ottenuto di potersi arruolare nel 1914 e di combattere al fron- te. La speranza della Botchkareva, nel momento in cui propose la costituzione di un battaglione composto da sole donne, era di suscitare nei maschi un’ondata di emulazione e di orgoglio. La presenza delle donne al fronte avrebbe dovuto bloccare l’esodo in massa dei disertori; feriti nell’onore – si diceva e si sperava – i soldati maschi non avrebbero più abbandonato quelle trincee che invece, con rinnovato patriottismo, le donne avrebbero di- Comunismo e identità di genere Tre donne soldato russe appartenenti al Battaglione femminile della morte. L’8 marzo Parità di diritti Festa della donna Su proposta di Rosa Luxenburg, fu indivi- duato l’8 marzo, per ricordare quanto era ac- caduto due anni prima, nel 1908, a New York. Durante uno sciopero, le donne che lavora- vano presso l’industria tessile Cotton avevano occupato uno stabilimento. Per farle uscire e obbligarle a riprendere il lavoro, il proprie- tario della fabbrica, Johnson, appiccò il fuoco. Il risultato fu la morte di 129 operaie. le parole IL SECOLO DELLE DONNE

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La rivoluzione dei ruoli e dei comportamentiLa rivoluzione di febbraio, che provocò l’abdicazione dello zar e la proclamazione dellarepubblica, secondo il calendario occidentale ebbe inizio l’8 marzo 1917. Le prime a scen-dere in piazza furono le operaie, decise a protestare per il fatto che i loro salari erano no-tevolmente inferiori a quelli degli operai maschi. Come occasione per la loro manifesta-zione di rivendicazione salariale, le operaie scelsero la Festa della donna, istituita nel1910 dalla Conferenza internazionale dei movimenti femminili. Il 20 luglio 1917, un decreto del governo provvisorio concesse alle donne russe pienidiritti in campo politico, dichiarandole elettrici ed eleggibili senza riserve. Inoltre, inoccasione dell’ultima offensiva russa (nell’estate del 1917) fu crea-to il Battaglione femminile della morte, organizzato su inizia-tiva di Marija Botchkareva, la quale – a titolo personale – avevagià ottenuto di potersi arruolare nel 1914 e di combattere al fron-te. La speranza della Botchkareva, nel momento in cui proposela costituzione di un battaglione composto da sole donne, era disuscitare nei maschi un’ondata di emulazione e di orgoglio. Lapresenza delle donne al fronte avrebbe dovuto bloccare l’esodoin massa dei disertori; feriti nell’onore – si diceva e si sperava –i soldati maschi non avrebbero più abbandonato quelle trinceeche invece, con rinnovato patriottismo, le donne avrebbero di-

Comunismo e identitàdi genere

Tre donne soldato russeappartenenti alBattaglione femminiledella morte.

L’8 marzo

Parità di diritti

Festa della donnaSu proposta di Rosa Luxenburg, fu indivi-duato l’8 marzo, per ricordare quanto era ac-caduto due anni prima, nel 1908, a New York.Durante uno sciopero, le donne che lavora-vano presso l’industria tessile Cotton avevanooccupato uno stabilimento. Per farle usciree obbligarle a riprendere il lavoro, il proprie-tario della fabbrica, Johnson, appiccò ilfuoco. Il risultato fu la morte di 129 operaie.

le parole

IL SECOLODELLE DONNE

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feso a oltranza, in nome della nuova repubblica. In realtà, le soldatesse ottennero suisoldati l’effetto opposto, in quanto la loro presenza convinse molti uomini del fatto cheil governo inviava al fronte le donne perché non c’erano più riserve: dunque, la guer-ra era irrimediabilmente perduta.Come i loro colleghi maschi, la maggior parte delle soldatesse non sopravvisse all’offen-siva; infine, quanto restava del battaglione femminile fece parte dello sparuto gruppo disoldati che – senza particolare impegno – difese il Palazzo d’Inverno al momento del col-po di stato bolscevico, nell’ottobre 1917. Il periodo iniziale del regime comunista registrò un’esplosione di innovazioni radica-li e di proposte rivoluzionarie, nei campi della famiglia, della condizione femminile edella gestione della sessualità. Per molti bolscevichi, il matrimonio era un’istituzioneborghese, basata sul principio della subordinazione della moglie al marito, e finaliz-zata solo a uno scopo: permettere a chi possedeva i mezzi di produzione di traman-dare la proprietà, di generazione in generazione. Dunque, la forma che il rapporto dicoppia e la famiglia avrebbero assunto nella società del futuro era tutta da ripensare eda reinventare. Nel nuovo gruppo dirigente, per l’originalità e la radicalità delle sue opinioni, si distin-se subito Aleksandra Kollontaj, che si eresse a teorica dell’amore-gioco, una modalità estre-mamente libera di vivere gli affetti e la sessualità. Nelle relazioni amorose, secondo Kol-lontaj, non esisteva nulla di eterno; per non soffocare la spontaneità dei sentimenti, nes-suno doveva più essere obbligato a convivere con qualcuno che non amava. Quanto ai fi-gli, la società tutta se ne sarebbe fatta carico, superando anche a questo livello la conce-zione borghese sul ruolo educativo insostituibile dei genitori.

Innovazioni nel diritto di famigliaL’idea secondo cui la società nel suo complesso poteva farsi carico del mantenimentoe dell’educazione dei bambini naufragò in breve tempo, alla prova dei fatti. Dopo laguerra civile e la carestia del 1921-1922, infatti, il Paese fu invaso da una vera ondata

di orfani e di bimbi abbandonati, che vivevano di furti,di elemosine e di prostituzione. Il loro numero non fu maivalutato con precisione, ma era elevatissimo, oscillando trai 7 e i 9 milioni, a seconda delle stime. Molti si aggrega-rono in bande di teppisti pericolosi e tossicodipendenti.A partire dal 1923, l’unica misura che il governo seppe adot-tare fu di inviare coloro i quali venivano arrestati al lagerdelle isole Solovki. Quanto alle idee libertarie della Kollontaj, esse furono ac-colte con entusiasmo da molti studenti, da numerosi gio-vani e dagli artisti d’avanguardia, ma non erano assolu-tamente condivise da Lenin, che non era interessato a que-ste tematiche e anzi era preoccupato per gli effetti deva-stanti che un’eccessiva libertà sessuale poteva comporta-re sulla disciplina. Ben più importante della spontaneitàsentimentale ricercata dalla Kollontaj, Lenin metteva al pri-mo posto la totale dedizione alla causa del partito, che po-teva comportare anche rinunce e sacrifici. Così, la primaimmagine ideale di donna bolscevica che fu lanciata uf-ficialmente, in un poster appositamente creato per l’8 mar-zo 1920, non aveva nulla di sensuale; certo, era figura eman-cipata dal suo ruolo tradizionale, ma appariva prima di tut-to un’operaia competente e una militante responsabi-le, consapevole che i suoi gravosi compiti economici e po-litici le avrebbero lasciato ben poco spazio per una faccendafrivola come l’amore.

Manifesto sovietico del1926 che esalta il ruolodella donna lavoratrice.

La scritta infatti dice:«Donna emancipata,

costruisci il socialismo!».

Critiche al matrimonio

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Non furono poche le donne comuniste che si identificarono appieno in questo ideale didonna sobria, indipendente, nubile, in ultima istanza dura, mascolina e, tutto sommato,asessuata. Per molte di loro fu addirittura una forma di legittima difesa, di fronte allatradizionale supremazia maschile nell’ambiente familiare o, peggio ancora, di fronte a un’in-terpretazione maschilista delle idee libertarie, che materialmente si esprimevano in atteg-giamenti cinici e brutali, mascherati da trasgressioni antiborghesi. Il diritto di famiglia, comunque, fu completamente rinnovato. Il matrimonio, natural-mente, fu sganciato da qualsiasi rito religioso e divenne una faccenda puramente ci-vile; inoltre, il marito non poté più imporre il proprio nome alla moglie e fu sancita lapiù assoluta eguaglianza tra i coniugi. Per lo Stato, le unioni di fatto ebbero lo stessovalore di quelle di diritto; del resto, le procedure per ottenere il divorzio furono sempli-ficate in una maniera che non aveva equivalenti in nessun altro Paese. L’aborto, infine,venne autorizzato senza limitazioni il 20 novembre 1918. Di fronte a questi bruschi cambiamenti, l’opinione pubblica occidentale reagì spesso inmodo indignato e sprezzante. Nei resoconti di viaggio di chi, negli anni Trenta, visitò l’U-nione Sovietica, è frequente trovare l’accusa secondo cui la rivoluzione aveva ucciso la fem-minilità, o per lo meno fatto appassire la grazia della donna slava. Gli avversari del co-munismo, soprattutto i cattolici, mettevano l’accento, invece, sullo sfascio dell’istituzio-ne familiare e sul crollo della moralità. Anne Louise Strong, giornalista americana spo-sata per alcuni anni con un moscovita, dopo aver sottolineato la serietà delle ragazze rus-se, fece invece il punto della situazione nel modo seguente: «Per noi, l’essenza del matri-monio è un’amicizia durevole e il soddisfacimento di una normale vita fisica, mentale edemotiva. Solo il futuro può dirci quanto possa durare; noi speriamo per tutta la vita, manon facciamo alcuna promessa».

DOCUMENT ILe perplessità di Lenin sul libero amoreIl testo seguente riporta un severo giudizio, che l’autrice attribuisce a Lenin. Il passo è tratto dalle

memorie di Klara Zetkin, una militante bolscevica che nel 1929 pubblicò i suoi ricordi relativi alla figu-ra del leader rivoluzionario, che a più riprese dimostrò di non condividere le opinioni di Aleksandra Kol-lontaj sul libero amore.

Mi hanno detto che gli argomenti principali trattati nelle serate di lettura e discussionedelle compagne sono il sesso e il matrimonio. Essi costituiscono il principale argomentodi interesse, di istruzione e di educazione politica. Quando me lo hanno detto non riuscivoa credere alle mie orecchie. Il primo paese di dittatura del proletariato, accerchiato dai con-trorivoluzionari di tutto il mondo. Nella stessa Germania, la situazione richiede la massimaconcentrazione possibile di tutte le forze proletarie, rivoluzionarie, per debellare la contro-rivoluzione, sempre più forte e diffusa. E le compagne discutono di problemi sessuali… Que-ste idee sbagliate sono particolarmente dannose, particolarmente pericolose, soprattuttonel movimento giovanile. Per alcune persone possono facilmente contribuire alla sovrec-citazione e all’esagerazione nella vita sessuale, sprecando la salute e l’energia della gio-ventù…

Come è noto, esiste una famosa teoria secondo cui nella società comunista la soddi-sfazione dei desideri sessuali, dell’amore, sarà semplice e priva d’importanza come bere unbicchier d’acqua. La teoria del bicchier d’acqua ha fatto diventare pazzi i nostri giovani, com-pletamente pazzi… I giovani in particolare hanno bisogno della gioia e della forza della vita.Uno sport sano, il nuoto, la corsa, la marcia, l’esercizio fisico di tutti i tipi, e interessi intellet-tuali multiformi… Menti sane in corpi sani.

R. PIPES, Il regime bolscevico. Dal Terrore rosso alla morte di Lenin, Mondadori, Milano 2000, pp. 384-385, trad. it. L.A. DALLA FONTANA

Si può affermare che, per Lenin, la liberazione sessuale fosse uno degli obiettivi prioritari della rivoluzione?

In quale direzione devono essere incanalate, secondo Lenin, la salute e l’energia della gioventù? Che cos’era la «teoria del bicchier d’acqua»?

Libertà di divorzio e di aborto

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Le nuove rigidità stalinianeStalin era ancora più cauto di Lenin, in fatto di sessualità, e nemico di rivoluzione dei co-stumi tradizionali, in questo campo. Pertanto, negli anni Trenta, il dittatore adottò unaserie di misure finalizzate a riportare ordine nella caotica situazione della famiglia russa.In effetti, a Mosca, i divorzi toccarono nel 1935 il 44,3% delle coppie sposate, mentre leinterruzioni di gravidanza, nel 1934, erano 3 per ogni nascita: di fatto, le donne russe ave-vano adottato l’aborto come strumento di contraccezione. La campagna staliniana per la restaurazione della famiglia e della moralità tradizionale ini-ziò nel 1934, con la criminalizzazione dell’omosessualità, avanzando il pretesto che ilmondo degli omosessuali costituisse un pericoloso gruppo di pressione politica, perico-loso per il governo e lo Stato. Nei due anni seguenti, le procedure per il divorzio venne-ro notevolmente appesantite, mentre l’aborto fu dichiarato illegale nel giugno del 1936.Nel medesimo tempo, l’arte ufficiale sovietica (il realismo socialista) fece proprio il mo-dello virile neoclassico e incominciò a rappresentare gli eroi del lavoro con sembianze al-quanto simili a quelle dei guerrieri e degli atleti nazisti: la principale differenza, a livelloiconografico, sta nel fatto che, mentre in Germania il razzismo spingeva a un uso siste-matico del corpo nudo, i virili operai dell’arte comunista erano quasi sempre vestiti o, almassimo, a torso nudo. I ruoli sessuali, dunque, nella Russia degli anni Trenta vennerovia via ridefiniti con estrema precisione: mentre il compito primario della donna era lamaternità, quelli dell’uomo erano il lavoro e la difesa della patria socialista. È altresì vero che moltissime donne russe, per far fronte alle difficili condizioni econo-

miche in cui versava l’URSS, erano costrette a lavorare: nel 1940, la mano-dopera femminile operaia era il 43% del totale. Tale percentuale subìun ulteriore, notevole incremento negli anni di guerra, al punto che,nel 1945, le donne costituivano il 56% del totale degli operai e degliimpiegati. Durante il conflitto mondiale, inoltre, si diffuse l’abitudi-ne di abilitare le donne anche a lavori particolarmente duri e pesanti.

Sull’intera società russa gravava una densa cappa di puritanesimo,che provocò una formidabile e collettiva rimozione dell’eros. Secon-

do alcuni storici, questo nuovo clima in cui crebbero i giovani so-vietici negli anni Trenta aiuta a comprendere la brutale esplo-

sione di stupri verificatasi in Germania nella primaveradel 1945 a opera dei soldati del-

l’URSS. L’ondata di violenzacontro le donne tedesche(almeno 2 000 000, in to-tale; oltre 100 000 nella

sola città di Berlino) non sispiegherebbe solo come una vendetta

per le atrocità commesse dai tedeschi in Unione So-vietica. Piuttosto, l’ingresso da trionfatori in Ger-

mania fu vissuto dai soldati e dalle autoritàdell’Armata rossa (che non posero alcun fre-

no agli stupri di massa) come un ecce-zionale momento di sospensione della nor-ma: un’improvvisa e quasi vulcanicaesplosione istintuale, da tollerare, prima

del ritorno dei giovani alla rigidanormalità sovietica.

Aborto comecontraccettivo

Eroi del lavoro

Vera Muchina, Il lavoratore e la ragazza delcollettivo agricolo, 1935 (San Pietroburgo,Museo russo di Stato).

Rimozionedell’eros

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BR i fe r i me n t i s t o r i o g r af i c iDonne e famiglie in URSS negli anni Trenta

All’inizio degli anni Trenta, Stalin prese atto del caos in cui era precipitata l’URSS sotto il profilo del-le relazioni di genere e delle dinamiche interne alla famiglia. Pertanto, gran parte delle norme liberta-rie degli anni Venti fu ritirata o modificata in senso restrittivo. Malgrado ciò, la presenza femminile nelmondo del lavoro continuò a crescere, passando dal 28,8% del 1928 al 43% del 1940. L’industrializza-zione forzata, con il suo crescente bisogno di manodopera, non era più di tanto compatibile con il re-cupero dei ruoli tradizionali.

[Secondo Stalin,] la costruzione del socialismo esige una società stabile con una celluladi base, la famiglia, forte ed unita. Si devono colmare inoltre le perdite provocate dalle guerree dalla repressione. Gli imperativi economici e ideologici si saldano per creare un nuovo mo-dello in cui la famiglia è riabilitata. Denigrarla diventa il segno di un pregiudizio borghese edestremista. Esce di scena l’androgina esaltata. D’ora in poi si glorifica la Mater Familias [lamadre di famiglia, n.d.r.] dai fianchi larghi. La “Pravda” esalta la mungitrice scelta che conle sue dita agili fa sgorgare fiumi di latte, simbolo di fertilità. Nell’agosto del 1935, il giornale“Izvestija” dichiara: «Le nostre donne, cittadine a pieno titolo del paese più libero delmondo, hanno ricevuto dalla Natura il dono di essere madri. Possano custodirlo gelosamenteper mettere al mondo degli eroi sovietici!». Nell’aprile del 1936, Stalin scrive sul giornale“Trud”: «L’aborto che distrugge la vita è inammissibile nel nostro paese. La donna sovieticaha gli stessi diritti dell’uomo, ciò però non la esime dal grande e nobile dovere datole dallanatura: la donna è madre, dà la vita».

Nel 1935 si scatena una virulenta campagna di stampa attorno a due problemi: l’abortoe il divorzio. Nel 1928, vi erano 1,5 volte più aborti che nascite; nel 1934, a Mosca, vi eranotre aborti per ogni nascita. Nel maggio del 1935, la percentuale di divorzi in città è del 44,3%.L’aborto viene dunque soppresso nel giugno del 1936, salvo per ragioni mediche, nono-stante l’opposizione evidente delle donne che si manifesta in un gran numero di lettere aigiornali. In compenso, viene introdotto un sistema di assegni familiari e vengono aumentatigli assegni alimentari. La procedura per il divorzio, d’altro canto, viene appesantita: presenzaobbligatoria dei coniugi, iscrizione sulle carte d’identità, sentenza pubblica, costo accre-sciuto. Viene tuttavia mantenuto il matrimonio di fatto.

Con queste riforme si stabilisce un forte legame tra maternità, matrimonio permanentee famiglia individuale solida. Nel 1935 viene ristabilita anche l’autorità paterna. Da principiogli effetti sono spettacolari. In un anno, la percentuale dei divorzi cala del 61,3%. A Mosca,fra l’ottobre del 1935 e l’ottobre del 1936, gli aborti diminuiscono di quindici volte. La na-talità ricomincia a crescere, ma in scarsa misura. La caduta è inesorabile: 44,7% nel 1925;39,2% nel 1939; 31% nel 1940. Restando immutate le condizioni oggettive, le donne con-tinuano ad abortire. Lo fanno clandestinamente, con tutti i rischi che ciò comporta.

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Marito e moglie in undipinto russo degli anniTrenta del Novecento.Stalin, pur riconoscendol’importanza del lavorofemminile nellefabbriche, sottolineava lanecessità per le donne diessere prima di tuttobuone mogli e madri.

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Per dominare l’intera società ed assicurarsi un apparato devoto, Stalin utilizza lo stru-mento del terrore. Nel 1935 la pena di morte è in vigore già da 12 anni; nel 1937 viene au-torizzata la tortura; arresti arbitrari e in massa, spettacolari processi truccati scandiscono igiorni e le notti. Tra il gennaio del 1937 e il dicembre del 1938, si contano 7 milioni di per-sone arrestate e 3 milioni di vittime fucilate o decedute nei campi. Fra i comunisti arrestati,le donne sono il 12-14%. Le accuse sono identiche per tutte: sabotaggio, trotzkismo, spio-naggio… A queste si aggiunge, dall’agosto del 1934, la nozione di parente di un traditore,che colpisce soprattutto le mogli e le sorelle: da 2 a 5 anni di campo per mancata denun-cia di un marito o di un fratello nemico del popolo, 5 anni di confino per il solo fatto di igno-rarlo. I figli sono inviati negli orfanotrofi. La delazione, incoraggiata, smembra di fatto le fa-miglie e i rapporti umani, mentre i manifesti si illuminano di volti sorridenti.

Nel 1937, l’eroina di un libro riassume in questi termini ciò che ci si aspetta da lei: «“Unamoglie dev’essere anche una madre felice, capace di creare attorno a sé un’atmosfera se-rena senza per questo abbandonare il suo lavoro, per il bene della comunità. Deve anchesaper conciliare tutte queste cose rivaleggiando con le prestazioni del marito sul lavoro”.“Esatto”, dice Stalin». È un obiettivo tanto più difficile da raggiungere in quanto il governonon mantiene le sue promesse. Le disposizioni del 1936 in materia di asili-nido e scuole ma-terne rimangono un pio desiderio. Nel 1951, la loro rete è inferiore a quella del 1934 e nellecampagne è il deserto. La vita è dura, ma a sostenere la gente provvedono la speranza inun futuro migliore, l’accettazione dei sacrifici o la rassegnazione.

F. NAVAILH, Il modello sovietico, in G. DUBY, M. PERROT, Storia delle donne in Occidente. Il Novecento, a cura di F. THÉBAUD, Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 287-290, trad. it. A. CHITARIN

Spiega l’espressione«Esce di scenal’androgina esaltata».

Come fu accolta dalledonne russel’introduzione deldivieto di abortire?

Quali sono le principaliaccuse mosse alledonne arrestatenell’URSS degli anniTrenta?

Donne in lagerLo scrittore polacco Gustaw Herling passò circa due anni (tra il 1940 e il 1942) in un lager so-

vietico della regione di Kargopol . Nelle sue memorie, ricorda la drammatica condizione delle don-ne deportate, esposte a soprusi e umiliazioni ulteriori, rispetto agli uomini. Sotto questo profilo, il la-ger fu lo specchio della società sovietica che, al di là delle apparenze e delle solenni dichiarazionidi principio, conservava ancora una fortissima dose di maschilismo, carico di conseguenze negati-ve per le donne russe.

[In Germania e nella Russia sovietica] si è sperimentato che, quando il fisico di un uomoha raggiunto il limite estremo di resistenza, non si può più contare, come si riteneva prima,

sulla forza di carattere e sul rispetto dei valori spirituali; non c’è nulla in realtà chel’uomo non possa essere indotto a fare dalla fame e dalla sofferenza fisica.

[…] Sono giunto al convincimento che l’uomo può essere umano solo incondizioni umane, e considero assurdo il giudicarlo severamente dalle

azioni che egli compie in condizioni disumane, come sarebbe assurdomisurare l’acqua dal fuoco, e la terra dall’inferno. E la difficoltà, peruno scrittore che intenda descrivere obiettivamente un campo dilavoro sovietico, è ch’egli è costretto a scendere nelle profonditàdell’inferno dove non è possibile trovare ragioni umane che spie-ghino azioni disumane. E di laggiù i volti dei suoi compagni mortie di quelli forse ancora in vita guardano a lui, e le loro labbra, li-vide di fame e di freddo, sussurrano: «Racconta tutta la veritàsu di noi, di’ che cosa siamo stati costretti a fare».

In difesa delle donne va detto che la morale del campo,come ogni altro sistema di valori, aveva la sua ipocrisia. Così,per esempio, a nessuno sarebbe passato per la mente di bia-simare un giovane se, per migliorare la sua situazione, diven-tava l’amante dell’anziana dottoressa dell’ospedale, ma la gra-ziosa ragazza che si dava per fame al vecchio ripugnante

addetto al deposito del pane, era naturalmente una prostituta.[…] Le donne si prestavano benissimo a servire da capri espia-

tori, non solo perché di rado avevano da vendere qualcos’altro cheil proprio corpo, ma anche perché persino nel campo portavano su

di sé il peso della morale convenzionale vigente nel mondo esterno,secondo la quale l’uomo che possiede una donna dopo un breve cor-

teggiamento è un brillante seduttore, ma la donna che si dà a un uomoappena conosciuto è di facili costumi. Il criterio morale, e la conseguente ipo-

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Una donna ucrainadetenuta nel lager diVorkutlag negli anni

Quaranta delNovecento, si fa

fotografare davanti all’exmattonificio

nel quale lavorava come detenuta.

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crisia, varia secondo le condizioni di vita del prigioniero prima dell’arresto. Il problema nonesisteva in realtà per i russi, abituati ai matrimoni da cinque rubli e alle unioni carnali nei ga-binetti pubblici secondo gli immediati istinti fisiologici, e il loro atteggiamento verso di essosi esprimeva nello scherno con cui salutavano l’istituzione dell’eguaglianza legale concessaalle donne dal nuovo regime. I prigionieri stranieri, e anche i comunisti più anziani, scuote-vano sovente la testa sul generale declino della moralità in Russia.

Comunque, è certo che la fame più di ogni altra cosa vinceva la resistenza delle donne;e dopo, non c’erano più ostacoli a fermarle per quella china che le riduceva ai più bassi gradidell’animalità sessuale. Alcune cedevano, non solo per migliorare la propria situazione o pertrovare un protettore potente, ma anche nella speranza della maternità. E questo non va in-teso in senso sentimentale: le donne incinte nel campo erano libere dal lavoro tre mesi primae sei mesi dopo il parto. Sei mesi era un periodo stimato sufficiente per l’allattamento delneonato, che veniva poi tolto alla madre e portato via per qualche ignoto destino. La ba-racca della maternità di Ercevo era sempre piena di donne che con patetica gravità spin-gevano avanti a fatica il peso dei loro ventri gonfi, andando in direzione della cucina a pren-dere la minestra. Ma riesce difficile parlare di sentimenti, di reali sentimenti umani in quellasituazione, quando si era costretti a far l’amore in presenza dei compagni di prigione, o, nellamigliore delle ipotesi, nel magazzino degli abiti vecchi, su pile di stracci sudati e maleodo-ranti. A distanza di tanti anni resta nella memoria una sensazione di disgusto come nel ro-tolarsi nel fondo melmoso di una fontana disseccata, e un profondo disprezzo per se stessoe per la donna che una volta sembrava così vicina…

G. HERLING, Un mondo a parte, Feltrinelli, Milano 1994, pp. 151-154, trad. it. G. MAGI

Per quale motivo la morale del campo è definita ipocrita?Con che atteggiamento, a giudizio dell’autore, i maschi russi guardavano alle norme che

proclamavano l’uguaglianza tra uomini e donne?Che cosa spingeva le donne del campo a cercare la maternità?

Un gruppo di donnevengono imbarcate su un piroscafo diretto al lager delle isoleSolovki. Le condizioni di vita delle detenute nei lager eraparticolarmentedrammatica non solo perle terribili sofferenzefisiche ma anche per i continui soprusi a cuidovevano sottostare.