COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA': UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA....

14
Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media. UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTA' DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN PSICOLOGIA COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA': UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA Relatore: Tesi di Laurea di: Prof. MARCO GUICCIARDI ANDREA MOI © Andrea Moi

description

Ricerca su comunicazione sociale e pubblicità. Introduzione e primo capitolo.

Transcript of COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA': UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA....

Page 1: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CAGLIARIFACOLTA' DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

CORSO DI LAUREA IN PSICOLOGIA

COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA': UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW

MEDIA

Relatore: Tesi di Laurea di:Prof. MARCO GUICCIARDI ANDREA MOI

© Andrea Moi

Page 2: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

ANNO ACCADEMICO 2002 – 2003

…Personalmente di un libro come Pinocchio ricordo solo le immagini. La memoria visiva (e non quella letteraria) è la memoria storica

dell'umanità…

…Il fatto di vedere il sangue, il male, la violenza forse aiuterà l'umanità a smettere di essere così

cretina…

…Le immagini dei campi di concentramento hanno sicuramente colpito di più di tutto quello

che è stato scritto…

…L'immagine è sempre immagine. Non faccio distinzioni. L'immagine non è alla ricerca della verità, è la documentazione degli avvenimenti

che ci circondano, mentre la scrittura è alla ricerca di una verità…

…L'immagine è la verità, la scrittura è la ricerca della verità….

Oliviero Toscani, 2002

© Andrea Moi

Page 3: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

indice- capitolo uno. psicologia e pubblicità.

1. Una (doverosa) scelta di campo.1.1. Scienze del comportamento e comunicazione.

2. Psicologia per il marketing. Marketing per il sociale.3. Marketing nella pubblicità sociale.

3.1. Tipologie della pubblicità non-profit.3.1.1. Pubblicità Progresso e Amnesty International.

3.2. Emittente, Messaggio, Ricevente. Chi dice cosa a chi?3.2.1. Emittente.3.2.2. Messaggio.

3.2.2.1. Caratteristiche del medium. Tramite quale canale?

3.2.2.2. Informazione scritta.3.2.2.3. Televisione.3.2.2.4. Internet.

3.2.3. Ricevente.Appendice di paragrafo.

- capitolo due. teorie e modelli.1. Psicologia e comunicazione di massa.

1.1 Alcune teorie sugli effetti della comunicazione di massa sulla società.

1.1.1.Teoria delle differenze individuali.1.1.2.Teoria della differenziazione sociale.1.1.3.Teoria delle relazioni sociali.

1.2.Influenza selettiva.2. Da cosa sono sorrette le azioni?

2.1. Percezione, Motivazione, Atteggiamento.2.2. Percezione.2.3. Motivazione.2.4. Atteggiamento.2.5. Intenzione.

3. Un modello di riferimento.3.1. Cosa avviene nella pubblicità sociale?

- capitolo tre. Metodologia di una ricerca psicosociale.1. Teorie, ipotesi e statistiche.2. Questionari e interviste.3. Campione.4. Somministrazione del questionario.5. Applicazioni.

5.1. Analisi della varianza.5.2. L’azione ben ragionata.

5.2.1. Differenziale semantico.5.2.2. Correlazioni.

5.3. Protocollo per la misura dell’efficacia comunicativa.6. Riassunto.

capitolo quattro. Discussione dei risultati.1. Conclusioni.2. Progetto per una nuova pubblicità sociale.

APPENDICI:A Il questionario.B Le professioni della pubblicità.C Oliviero Toscani: La rappresentazione della realtà.BIBLIOGRAFIA

© Andrea Moi

Page 4: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

Capitolo due. Teorie e modelli.“...but can you fake it, for just one more show...”

William P. Corgan

1. Psicologia e comunicazione di massa.

Secondo il saggista Zecharia Sitchin1 la “comunicazione proviene dallo spazio”. Certo è che negli ultimi 100.000 anni grazie alla comunicazione il mondo si è evoluto in un modo incredibile anche per la scienza ufficiale. In questo “stralcio” di anni l’uomo è passato dal costruire imponenti opere megalitiche come le piramidi e l’Eliopoli a grandissime opere artistiche per arrivare alla rivoluzione dei superconduttori e quindi ai microchip al silicio. Di certo tutto questo non si deve solo alla grande inventiva e alla capacità di adattamento dell’uomo. La comunicazione ha permesso l’evoluzione da sempre.

L’ultima creazione della comunicazione sono i media, che fanno la loro comparsa agli inizi del XX secolo con l’invenzione del cinema da parte dei francesi fratelli Lumière (anche se Thomas Edison aveva inventato il cinetoscopio già dal 1893…) e del telegrafo senza fili da parte di Gulielmo Marconi. Certo all’epoca della loro invenzione queste tecniche “avveniristiche” non avevano niente a che vedere con il sistema di telecomunicazioni di massa esistente oggi, ma di certo non si può dire che ci abbiano messo molto a radicarsi nella vita quotidiana dell’uomo moderno, visto che già dagli anni cinquanta la televisione aveva raggiunto la massima penetrazione nel territorio americano e il telefono l’ha raggiunta negli anni settanta (anche se in questi ultimi anni si è raggiunta una nuova evoluzione del campo). Sicuramente il forte impatto che queste strutture hanno avuto sull’aumento delle opportunità comunicative di linguaggio, alla luce del breve tempo in cui si sono sviluppate (circa cento anni), non è giudicabile dall’uomo moderno. La trasformazione continua non permette l’uomo di focalizzare i cambiamenti e i “passaggi” avvenuti in questi ultimi anni così da “rimandare ai posteri l’ardua sentenza”; ciononostante la ricerca in questi anni accumula una serie di risultati in campo sociologico, economico, culturale, psicologico tali da contribuire positivamente alla comprensione (anche futura) di questi aspetti, compreso quello mediatico.

Studiare la comunicazione di massa e il modo che ha di influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti, come si sta cercando di fare in questa ricerca, non è però l’unica dimensione studiabile del grande complesso della comunicazione sociale. Non bisogna cadere nell’errore di trascendere dalla cultura che ha creato quel tipo di comunicazione, quindi dal sistema di valori e dalla storia che ha permesso di produrre un certo contenuto all’interno di quella società. Non bisogna trascendere nemmeno dai meccanismi che regolano tutte le società come la stabilità, il cambiamento, il conflitto sociale, le interazioni. Non bisogna trascendere dalla psicoanalisi (utilizzata sempre più spesso come punto di riferimento ufficiale del rapporto tra pubblicità e consumo), della neurobiologia (che comunque a sua volta non trascende dalla prospettiva comparativa dell’evoluzione secondo la quale esiste continuità tra homo sapiens e vita animale) e infine dal cognitivismo. Appare inutile evidenziare che la trattazione di ognuno di questi argomenti ci porterebbe molto lontano dall’ipotesi di questa ricerca che, dal canto suo, spera di poter dare una spiegazione soddisfacente ad una piccola parte di questo grande argomento che è la comunicazione sociale.

Uno dei suggerimenti che danno DeFleur e Ball-Rockeach nel loro testo sulle comunicazioni di

1 Scienziato russo di origine ebrea esperto in lingue semitiche, è uno dei pochi studiosi viventi in grado di tradurre i caratteri cuneiformi delle biblioteche di Ninive e di Babilonia.

© Andrea Moi

Page 5: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

massa è quello che considerare i singoli media in una teoria che analizza l’attacco “massivo” di televisione, radio, cinema, stampa e internet non consentirebbe una adeguata comprensione del sistema delle comunicazioni2. In un’ottica di insieme l’importanza crescente (o decrescente) di un singolo medium non comprometterebbe il sistema complessivo di comunicazione mediale all’interno di una società. Questo è proprio il nostro caso. Infatti il nostro punto di arrivo, la campagna contro la pena di morte della Nexta.com in collaborazione con Oliviero Toscani e l’associazione Nessuno tocchi Caino, non si basa sull’apporto di un singolo media, ma di tutti.

1.1 Alcune teorie sugli effetti della comunicazione di massa sulla società.

Grazie ai “cross-over” tra i diversi principi scientifici tutte le applicazioni evolvono e si migliorano. Le tecnologie continuano a sviluppare e con loro sviluppano le possibilità comunicative dell’uomo. Non si parla solo di linguaggio, ma anche di arte, sport, ecc. Tutto insomma è soggetto a trasformazione continua. La comunicazione si serve della sociologia e dell’antropologia, la pubblicità della psicologia e del marketing, i media di tutte queste tecniche. La scientificità acquisita di queste scienze non ha fatto altro che aumentare il potere di ognuno di esse; Lasswell ha sostenuto ripetute volte che la propaganda è uno dei mezzi più potenti al mondo (specialmente associata all’industria bellica)3 e Platone stesso nella Repubblica disse che la cultura di massa avrebbe rovinato le giovani menti, proponendo addirittura una forma di censura contro i cantastorie. Ma le citazioni su questo argomento sono veramente tante. Sicuramente però ai media non si può imputare solo una natura negativa. Da sempre a difesa del proprio partito i sostenitori dei media hanno messo avanti il fatto che le radio, le televisioni e la stampa hanno contribuito innanzitutto all’informazione poi all’economia e non per ultimo allo sviluppo tecnologico e scientifico. E così come l’uomo di Cro-magnon ebbe la possibilità di sopravvivere all’uomo di Neardenthal, più forte e robusto, grazie alla sua migliore capacità comunicativa, così ogni processo di evoluzione nel sistema della comunicazione di massa aggiunge nuovi stimoli e nuovi “mondi” di miglioramento all’uomo del XXI secolo.

Quali siano i veri effetti sulla società pochi li possono analizzare con sistematicità, proprio per quel problema temporale di cui si discuteva prima, ossia: il processo di evoluzione della comunicazione di massa è ancora in atto. Ma già dall’avvento del cinema Payne Fund studiò l’impatto dei film sui pensieri e comportamenti di migliaia di bambini. Questo mosse molti studi portando dalla mancanza completa di una metodologia alla costituzione di una disciplina (“comunicazioni di massa”) già dal secondo dopoguerra, contribuendo in modo attivo alla costituzione di una base teorica alla moltitudine di ricerche che sono state svolte in seguito secondo un metodo basato su tre modelli principali che spiegano come le persone usano o sono influenzate dalle comunicazioni di massa. Questi tre costrutti prendono il nome di:-teoria delle differenze individuali

2 DEFLEUR – BALL-ROCKEACH, Teorie delle comunicazioni di massa. Il Mulino, 1989.3 Molto bella e storicamente importante è la sua riflessione: “Le piccole tribù primitive possono saldare i loro membri eterogenei in un’unità da combattimento grazie al suono del

tam-tam e ai ritmi indiavolati della danza. E’ nelle orge di esuberanza fisica che i maschi più giovani si predispongono alla guerra e che giovani e vecchi, uomini e donne fanno propri gli scopi della tribù.

Nella Grande società non è più possibile fondere la riottosità degli individui nella fornace delle danze di guerra; uno strumento più nuovo e sottile deve saldare migliaia e perfino milioni di esseri umani in una massa fusa di odio, volontà e speranza. Una nuova fiamma deve incenerire il cancro del dissenso e temperare l’acciaio dell’entusiasmo bellicoso. Il nome di questi nuovi incudine e martello della solidarietà sociale è propaganda.”.

HAROLD LASSWELL, Propaganda Tecnique in the World War. Knopf, 1927.

© Andrea Moi

Page 6: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

-teoria della differenziazione sociale-teoria delle relazioni sociali.

1.1.1.Teoria delle differenze individuali.

L’abbraccio della psicologia al metodo sperimentale, all’inizio del XX secolo, sollevò diverse questioni riguardanti le differenze tra gli individui. Era possibile stabilire un metodo se gli individui erano tendenzialmente diversi tra di loro? Questa era una delle domande che si posero gli psicologi. La risposta va ricercata all’interno di questa teoria che metteva in evidenza alcune tra le caratteristiche dell’uomo più discusse nei venti anni precedenti: l’origine delle differenze era dovuta all’apprendimento o all’ereditarietà?Questa teoria fu influenzata molto dalle ipotesi di Charles Darwin sull’evoluzione della specie. Difatti prima fra tutte si fece avanti l’ipotesi che l’uomo, in quanto specie animale, aveva tendenze e modelli di comportamento ereditati durante il suo processo di evoluzione. Una serie di studi spostò, di anno in anno, l’accento prima sull’apprendimento semplice (studi sulla memoria di Ebbinghaus), poi sul condizionamento (semplice e operante da parte di Pavlov e Skinner), sulla motivazione, sugli istinti (studi di McDougall) e solo infine sugli atteggiamenti, vero argomento al centro degli interessi di militari, politici, pubblicitari per tanti anni.Nel cercare di esplicitare il meccanismo che permette di aumentare le probabilità che il pubblico aderisca a certi messaggi persuasivi si scoprì che, viste le grandi differenze tra gli individui, una strategia che colpisse tutti allo stesso modo sarebbe stata poco efficace. Per logica i messaggi dovevano essere studiati in base al target e ai suoi interessi, bisogni, valori. Era un primo passo verso le psicografie e le segmentazioni di mercato, strumenti che consentivano di avere un rapporto completo sulla parte di popolazione interessata agli acquisti, ai voti, su come e quando acquistavano e come e dove e quando ricevevano il messaggio emesso dai media.

1.1.2.Teoria della differenziazione sociale.

La teoria della differenziazione sociale si occupava delle differenze che intercorrono tra i gruppi sociali e le diverse strutture sociali. Emersa dalla sociologia si basava sull’identificazione di gruppi religiosi, di lavoratori, studenti, differenti per abitudini, area di residenza e classe sociale. Studiando queste categorie si mettevano in evidenza le somiglianze tra i gruppi e le affinità di comportamento e di atteggiamento. Al centro di questa tendenza c’era il fatto che, per seguire le direzioni della società e accontentarla in ogni suo desiderio, bisognava compilare una precisa mappatura dei legami tra gli individui. Religione, razza e sesso non erano di certo le uniche variabili considerate. Tutto è importante all’interno di questa teoria: l’orientamento politico, il reddito, il livello di istruzione e le subculture solo per citarne alcune. La ricerca prende una piega sondaggistica e il confronto statistico dei comportamenti fa emergere il fatto che la differenziazione sociale produce modelli di comportamento differenti.

1.1.3.Teoria delle relazioni sociali.

L’ultima scoperta in campo sociologico sul comportamento selettivo del pubblico fu quella che i vincoli che legano gli individui all’interno dei propri gruppi influenzavano in modo altrettanto

© Andrea Moi

Page 7: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

evidente il comportamento nei confronti delle comunicazioni di massa. Una ricerca americana aveva dimostrato, nel 1940, che nel caso di campagna elettorale gli elettori al massimo rinforzavano le proprie convinzioni o le proprie indecisioni, ma quasi mai avveniva che, grazie ai media, gli elettori cambiassero completamente idea4. La stessa ricerca portò ad un felice risultato constatando che le relazioni con i pari e le “discussioni” influenzavano il soggetto per almeno un 10% in più dei media tradizionali. Inoltre si mise in evidenza che la comunicazione media-ricevente aveva un doppio flusso: avveniva in due passaggi; nel primo passaggio i media rinforzavano le convinzioni dei soggetti maggiormente informati (opinion leaders) e nel secondo passaggio questi soggetti maggiormente informati comunicavano e rinforzavano le convinzioni di altri individui che seguivano meno continuativamente i media. L’importanza di questa nuova figura venne subito sfruttata da diverse ricerche che misero in evidenza i canali preferiti dagli opinion leaders, come interpretavano le informazioni acquisite e come a loro volta le trasmettevano.

1.2.Influenza selettiva.

Le teorie sopra elencate fanno parte di quella corrente di studi riguardanti l’influenza selettiva. Secondo questo filone (che ricordiamoci si colloca temporalmente subito dopo le teorie di Pavlov e Skinner) l’individuo dosa la propria risposta considerando tre principali variabili intervenenti:

S R(impatto mediale) (comportamento/azione)

Fig. 1

Queste variabili influenzano il comportamento secondo la teoria classica, ma alcune altre variabili sono state studiate riguardo la selettività degli individui nei confronti dei media, essa è influenzata dall’attenzione, dalla percezione, dalla memorizzazione e dall’azione esplicita (es: le differenze individuali, categoriali e relazionali tendono a focalizzare l’attenzione dell’individuo verso canali alternativi, tendono a dare un significato-percezione diversa alle cose e a non fare agire tutti nello stesso modo) che filtrano le informazioni in base a quelle che risultano all’individuo più attinenti ai suoi interessi, più congeniali. Tuttavia, nonostante la complessità, le teorie riguardanti l’influenza selettiva sono considerate ancora dei buoni strumenti per lo studio degli effetti delle comunicazioni di massa sulla società inoltre le variabili sono state considerate valide in centinaia di esperimenti e sondaggi5. Esistono altri due filoni a livello teorico molto importanti (Teorie dell’influenza indiretta e Teoria sulla costruzione del significato) ma è stata scelta l’influenza selettiva perché è l’unica che si concentra sull’hic et nunc, il qui e ora6. Mentre ad esempio la teoria dell’influenza indiretta studia

4 LAZARSFELD-BERELSON-GAUDET, The People’s Choice. 1944.5 Vedi: DEFLEUR – BALL-ROCKEACH, Teorie delle comunicazioni di massa. Il Mulino, 1989.6 Si accennano le teorie alternative sugli effetti dei media sul pubblico. Le più datate fanno riferimento a tre filoni

principali: l’istintualismo, la teoria ipodermica (o del proiettile magico) e il comportamentismo. Queste si sono evolute dando luogo a cinque altre teorie principali che attribuiscono ai media un’influenza a breve termine mediata

© Andrea Moi

-differenze individuali

-categoria o società di appartenenza

-relazioni sociali

Page 8: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

approfonditamente le evoluzioni storiche, culturali e sociali legate alle guerre, le depressioni economiche e le scoperte (e forse negli anni potrebbe risultare anche più efficace nel dare una interpretazione definitiva dei risultati sugli effetti dei media sulla società) l’influenza selettiva è nata legata in modo stretto con gli studi di psicologia (sia storica che contemporanea) basati “sull’esperimento” come metodologia e sulle influenze immediate delle variabili indipendenti sulle variabili dipendenti, tralasciando quasi completamente gli effetti a lunghissima scadenza (perché economicamente poco convenienti) e gli effetti ritardati nel tempo. L’utilizzo di questa teoria all’interno di questo lavoro acquisisce inoltre un’importanza notevole considerando che si vorrebbe dimostrare come il target sia influenzato dalla presentazione di una campagna di sensibilizzazione sociale sin da pochi minuti dopo la sua somministrazione7 e di come il target prenda in considerazione il fatto di emettere un’azione esplicita conseguente all’esposizione al media (o ai media).

2. Da cosa sono sorrette le azioni?

Spesso i pensieri che si fanno, e che dovrebbero sorreggere le azioni che compieremo in futuro, non corrispondono a quanto si è detto o a quanto si è pensato. Quante volte abbiamo sentito la frase: “Io predico bene, ma razzolo male” riguardo al fumare o riguardo al bere? Effettivamente le intenzioni non corrispondono sempre alle azioni ma di certo non possiamo dire che le une siano il contrario delle altre. Secondo una teoria abbastanza comune l’individuo mette “sulla bilancia” vari argomenti che prende in considerazione prima di compiere un’azione, e una volta determinato il peso di ogni argomento, decide ciò che per lui sia meglio fare.

2.1. Percezione, Motivazione, Atteggiamento.

Secondo Fabris8 se ci fosse una strettissima correlazione tra la situazione e la risposta dell’individuo si potrebbe omettere l’analisi di ciò che accade all’interno dell’individuo; purtroppo questa non è una situazione realistica, anzi, avviene il contrario: lo stimolo fornisce soltanto l’occasione della risposta, che è risultante dello stimolo insieme ad altri fattori che filtrano l’azione comportamentale del soggetto.

2.2. Percezione.

Uno dei fattori intervenenti tra lo stimolo e il comportamento è la percezione. La percezione può essere intesa come un apprendere con la mente, cogliere con l’intelletto tramite i sensi la realtà di stimoli che ci circonda. L’evoluzione più importante in questo campo di studi è stata compiuta dalla

da più fattori, queste teorie sono: il neobehaviourismo, la teoria di Hovland, la teoria della dissonanza cognitiva di Festinger, la teoria di Lazarsfeld, la teoria del flusso comunicativo a due livelli, la teoria funzionalista e la teoria degli usi e delle gratificazioni. L’altro filone, che fa riferimento agli effetti a lungo termine, vanta tre teorie principali: la teoria dell’agenda setting, la teoria della coltivazione e la teoria della spirale del silenzio. I risultati di molte di queste teorie hanno messo e continuano a mettere in evidenza l’influenza mediata da fattori personali e sociali.

Fonti: E.GOFFMAN, La vita quotidiana come rappresentazione. Il Mulino.A.MATTELART, La comunicazione-mondo. Il Saggiatore, 1994.M.WOLF, Teorie delle comunicazioni di massa. Bompiani Editore.7 per le specifiche sulla ricerca si rimanda al capitolo tre.8 GIAMPAOLO FABRIS, La pubblicità. Teorie e prassi. Ed. FrancoAngeli, 1997.

© Andrea Moi

Page 9: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

scuola della gestalt che, superando le teorie meccanicistiche classiche, dimostra che l’individuo non percepisce oggettivamente la realtà, ma ne fornisce una visione personale. La risposta ad un certo stimolo, quindi, sarà influenzata oltre che dalle caratteristiche proprie dello stimolo anche dall’ambiente che lo contiene e dalle motivazioni che muovono l’azione nei confronti di quello specifico oggetto. Le leggi che regolano gli effetti prodotti dalla percezione sono centinaia e servono a dare coerenza e organizzazione alla percezione stessa. Secondo un’idea base del cognitivismo è artificiale però suddividere in modo netto un unico sistema di elaborazione delle informazioni in percezione, pensiero e memoria che, da questo punto di vista, sono gli elementi costituenti del sistema percettivo.

2.3. Motivazione.

Anche la motivazione ha suscitato un grande interesse in campo pubblicitario e la loro miscomprensione implica una totale incomprensibilità del comportamento. In una interessante metafora di Fabris9 la motivazione è l’energia che stimola i comportamenti. Una forza che muove la volontà, l’individuo verso una certa direzione e verso determinati scopi per arrivare ad una soddisfazione o ad un annullamento dell’insoddisfazione. Per l’enorme mole di studi prodotti in questa direzione difficilmente si è arrivati ad una definizione univoca e certa di ciò che la motivazione debba rappresentare per l’individuo: alcuni l’hanno collegata al bisogno organico o psicologico (lo stato di bisogno crea una tensione che l’individuo cerca di allentare), alcuni ad un equilibrio che l’uomo cerca di tenere costantemente in seguito a perturbazioni emotive, altri ancora a fattori coscienti e intellettivi mentre altri a fattori istintivi e ricollegabili a fattori antropologici. Spesso si fa riferimento al concetto di motivazione sociale, ossia l’esigenza di estendere rapporti interindividuali positivi, collaborazioni e coesione. Questo fattore si fonde nella pubblicità commerciale con la desiderabilità sociale, dettata dai trend che l’uomo tende ad assecondare per sentirsi parte della comunità.

2.4. Atteggiamento.

Molte altre ricerche suggeriscono che alla base dei comportamenti ci siano gli atteggiamenti10. In verità tra i comportamenti e gli atteggiamenti esiste una relazione reciproca di interattività11. E’ comunque innegabile che le relazioni tra diversi atteggiamenti formino una base al comportamento dell’individuo. Per l’uomo del marketing è di primaria importanza capire come nascano gli atteggiamenti e come si possano modificare. Il concetto di atteggiamento è strettamente legato al comportamento sociale dell’uomo. Ma cosa si intende per atteggiamenti? E qual è la base motivazionale degli atteggiamenti? La risposta al primo quesito è volutamente breve, in quanto una spiegazione esauriente sulla storia degli atteggiamenti e su come si misurano richiederebbe uno spazio eccessivo per questo lavoro 12

(Allport sosteneva che: “gli atteggiamenti vengono misurati con più successo di quanto siano

9 GIAMPAOLO FABRIS (1997), Ibid.10 Esiste uno studio che ne afferma l’esatto contrario, e cioè che atteggiamento e comportamento non sono quasi mai

correlati. Questo studio viene citato in DEFLEUR – BALL-ROCKEACH: ALLEN E. LISKA, The Consistency Controversy: Readings on the Impact of Attitudes on Behaviour, 1975.

11 Si vedano gli studi sul “Pregiudizio” in Taylor-Moghaddam, 2000 o sul “Modellamento” e la “Stereotipizzazione” in WILLIAMS, Psicologia per il marketing. Il Mulino, 1981.

12 Si rimanda ai lavori di: TRENTIN (1991,1995), DAWES-SMITH (1985), CHAIKEN-STANGOR (1987), THURSTONE-CHAVE (1929), LIKERT (1932), GUTTMAN (1950), KELLY (1955), OSGOOD E TANNENBAUM (1957).

© Andrea Moi

Page 10: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

definiti”13). Si metterà più che altro in evidenza l’atteggiamento inteso in un quadro più ristretto, quale quello della relazione tra atteggiamenti e azione in un quadro si comunicazione sociale.Tra due grandi filoni che hanno tentato un approccio metodologico all’atteggiamento i primi hanno tentato di dare una definizione all’atteggiamento del genere:“Processo di consapevolezza individuale che determina le attività reali o possibili dell’individuo in un mondo sociale” (W.I. Thomas e Florian Znaniecki, 1927); “Indicatori attraverso i quali è possibile prevedere le azioni delle persone” (1988);“Tendenza psicologica che si esprime valutando una particolare entità con un certo grado di favorevolezza o sfavorevolezza” (Eagly e Chaiken, 1993)Kretch e Crutchfield (1948) li presentano come “un’organizzazione permanente di processi motivazionali, emotivi, percettivi e cognitivi riguardo ad alcuni aspetti del mondo dell’individuo”. Allport (1954) invece proponeva, come definizione di atteggiamento: “uno stato mentale di prontezza, organizzato grazie all’esperienza, che esercita un’influenza direttiva o dinamica sulle risposte dell’individuo a tutti gli oggetti e situazioni con cui è in relazione”. Queste definizioni stabiliscono, in genere che gli atteggiamenti: -svolgono un ruolo determinante nel dare forma al comportamento;-si riferiscono a persone od oggetti;-sono parte dell’individuo e, in quanto strettamente connesse alle percezioni e alle reazioni dell’individuo a stimoli ambientali, hanno un carattere motivazionale;-vengono appresi, possono essere duraturi e possono mutare col tempo.Tutti gli approcci elencati mettono gli atteggiamenti in relazione a tre variabili riferite (a seconda di chi abbia enunciato il modello14) generalmente a: -una componente riferita alle convinzioni di verosimiglianza dell’individuo riguardo le informazioni in suo possesso (componente cognitiva);-una componente riferita ai suoi sentimenti personali (componente affettiva);-una tendenza di comportamento influenzata dalla società o da altre persone (componente conativa-comportamentale).

2.3. Intenzione.

Il secondo grande filone di teorici dell’atteggiamento riconduce invece tutto alla sola componente affettiva15. Una teoria curata da Ajzen tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta (prima teoria dell’azione ragionata poi teoria del comportamento pianificato) metteva in primo piano l’Intenzione. Secondo Ajzen questo dato era influenzato dagli atteggiamenti (proprie preferenze in genere), dalla norma soggettiva (compiacere presunte aspettative altrui) e dal senso di controllo (convinzione personale di poter affrontare con successo una situazione). Il tentativo di misurare l’intenzione è stato messo in atto facendo una relazione tra due dati: la forza del proposito da mettere in atto e la probabilità percepita che il comportamento sia messo in atto. La prima è considerata una variabile di controllo personale, mentre la seconda può essere influenzata da fattori non dipendenti dall’individuo (es. intervento esterno). Nel questionario messo a punto da Ajzen venivano misurati le variabili di Atteggiamento, Norma soggettiva e Senso di controllo con delle domande a scelta che si presentavano come una scala 1-7 agli estremi del quale si trovavano degli aggettivi bipolari del tipo: poco probabile-molto probabile, vero-falso, molto-poco, etc. Venivano infine prese in considerazione ciò che Ajzen e Fishbein chiamarono le credenze salienti, ossia dei dati riferiti alle tre variabili più direttamente accessibili e trattabili matematicamente delle variabili stesse: le

13 ALLPORT, Attitudes, 1935.14 ROSENBERG-HOVLAND (1960), EAGLY-CHAIKEN (1993), GREENWALD (1968), BAGOZZI (1978).15 Si veda PETTY-CACIOPPO (1981) secondo il quale gli atteggiamenti sono: “Un sentimento positivo o negativo,

generale e durevole, nei confronti di una certa persona, oggetto o argomento” e FISHBEIN-AJZEN (1975).

© Andrea Moi

Page 11: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

credenze comportamentali, le credenze normative e le credenze sul controllo16.

Credenze salienti

Intenzione

Fig. 2

Non è un caso che questo modello prenda forma negli stessi anni del modello generale sugli atteggiamenti e del modello dell’influenza selettiva e che i frequenti interscambi e ricerche condotte sulle stesse strade abbiano portato ad una simile definizione degli atteggiamenti nei modelli messi a punto da Ajzen e Fishbein così come da Rockeach e da Trentin (per quanto riguarda le teorie generali sugli atteggiamenti).

Per quanto riguarda il secondo quesito D. Katz (1960) mette alla base degli atteggiamenti quattro funzioni:-La funzione strumentale o adattiva, che dirige l’individuo verso oggetti gratificanti e lo allontana da quelli non desiderati;-La funzione di difesa dell’Io, che protegge l’individuo dal dover riconoscere i propri errori, una sorta di difesa alla propria continuità (come ad esempio i pregiudizi);-La funzione di espressione del valore, che permette l’individuo di esprimere concetti che riflettono valori dell’individuo vissuti come fondamentali;-La funzione cognitiva, che dà coerenza e direzione alle azioni dell’individuo.

3. Un modello di riferimento.

“Noi crediamo che tra il dire e il fare, ci sia di mezzo il riflettere” hanno sostenuto Caprara e Barbaranelli. “La mente non solo interpreta le richieste dell’organismo e dell’ambiente e coordina l’azione in modo da assecondarne le pressioni ed i vincoli. Ma agisce trasformativamente su mondo interno e mondo esterno tramite capacità di simbolizzazione, di anticipazione, di apprendimento per imitazione, di confronto con gli altri, di verifica della efficacia della propria condotta in corso d’opera.”17 .Ma cosa significa precisamente “Trasformativamente”? Significa dire che l’uomo non è considerato una grossa scatola nera che fa corrispondere una risposta sempre allo stesso tipo di domanda, ma ha un’organizzazione interna che gli consente, tramite la riflessione e un sistema di regolazione e autoregolazione, di conservare una certa continuità interiore pur dando risposte che possono in un certo modo spiazzare delle eventuali previsioni. Questo sistema da continuità alla condotta e coscienza della propria identità. Una cosa che contraddistingue l’uomo, sostengono Caprara e Barbaranelli, è la capacità-necessità di rendere conto degli eventi e delle ragioni del proprio

16 Queste variabili e i calcoli associati verranno esaminate in modo più approfondito nel paragrafo dedicato all’analisi dei dati.17 GIAN VITTORIO CAPRARA-CLAUDIO BARBARANELLI, Capi di governo telefonini bagni schiuma.

Determinanti personali dei comportamenti di voto e di acquisto. Raffaello Cortina Editore, 2000.

© Andrea Moi

-Atteggiamenti

-Norma soggettiva

-Senso di controllo

Credenze comportamentali

Credenze normative

Credenze sul controllo

Page 12: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

operato in accordo all’accertamento di determinati nessi di causalità.

Piano piano sembra che ci stiamo avvicinando al modello S-O-R che è stato alla base delle conoscenze e teorie psicologiche per molti anni dal superamento della psicologia meccanicistica basata sul modello S-R, ed in effetti è così, se ci limitassimo nella nostra interpretazione del contesto a considerare la “O” come l’insieme delle caratteristiche O1, O2 e O3 dell’organismo contestualizzato alla sua intenzione di compiere un’azione. Dove O1, O2 e O3 sono le tre variabili tanto comuni ai diversi studi analizzati (vedi fig. 3) che danno forma ai modelli selettivi di attenzione, percezione, memorizzazione e azione esplicita. Questi modelli selettivi potrebbero attivare l’intenzione a compiere l’azione. La corrispondenza tra l’intenzione di compiere l’azione e il comportamento vero e proprio è stata dimostrata da Ajzen e Fishbein grazie ad uno stratagemma: usare lo stesso numero di indici di misura sia per l’atteggiamento sia per il comportamento 18. Seguendo lo stesso ragionamento Shavitt e Fazio aumentarono la salienza (indirettamente) delle funzioni misurate in modo da farle combaciare con la salienza degli atteggiamenti valutati19.

Fig. 3

Seguendo la logica di questo modello non resta che rispondere a due domande: In che modo le tre componenti cognitiva, affettiva e conativa “danno forma” ai modelli selettivi di attenzione? E fino a quanto possiamo dire che l’intenzione sia “circa uguale” al comportamento messo in atto?

Innanzitutto partiamo col dire che i modelli selettivi di attenzione-percezione-memorizzazione-azione sono propri dell’individuo. Ne abbiamo assunto l’esistenza per inferenza ma non c’è modo si misurare (a meno che non li si voglia misurare uno per uno, ma questo trascenderebbe dal nostro obiettivo) quanto essi influiscano sull’intenzione di attuare un comportamento. La loro presenza rende di fatto il modello più completo, ma non più complesso, visto che le variabili che noi cercheremo di misurare prescindono da questi quattro meccanismi. D’altro canto le variabili misurabili (che a loro volta sono inferenze sull’atteggiamento del soggetto) possono essere registrate tramite risposte a quesiti. Più sono chiari i quesiti più sono chiare le inferenze che si possono fare su quegli specifici atteggiamenti che l’individuo vuole mettere in atto (o ha intenzione di mettere in atto).

Analizzando questo modello possiamo identificare due tipi di variabili indipendenti e due tipi di variabili dipendenti. Le componenti cognitiva, affettiva e conativa agiscono da variabili

18 AJZEN-FISHBEIN, 1977. La correlazione tra atteggiamenti e comportamento era molto forte quando gli indici mostravano una corrispondenza adeguata. Es: In genere si usava un sistema bipolare per la misura degli atteggiamenti: vi piace o no il candidato n°1?. Mentre la misura effettiva dell’azione prefigurava una variabilità molto più elevata: 1-votare; 2-votare per x; 3-votare per x nel 2003; 4-votare per x nel 2003 nella circoscrizione di Cagliari.

19 SHAVITT-FAZIO, 1991. La correlazione tra atteggiamenti ed intenzioni è più elevata quanto vengono rese salienti le caratteristiche dell’atteggiamento che verrà misurato successivamente ( esperimento su 7up e Perrier).

© Andrea Moi

AttenzionePercezioneMemorizzazioneAzione esplicita

Componente cognitiva (O1)

Componente affettiva (O2)

Componente conativa (O3)

Intenzione

Comportamento

Page 13: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

indipendenti (in modo x) nei confronti dell’intenzione, variabile dipendente. Ma l’intenzione può essere anche focalizzata come variabile indipendente nei confronti del comportamento (azione) vero e proprio20.

3.1. Cosa avviene nella pubblicità sociale?

Ora osserviamo più da vicino quali siano i passi dell’apprendimento sociale. Come avviene l’immagazzinamento delle nozioni e la trasformazione in azione di quanto appreso? Come primo passo possiamo osservare sicuramente le esperienze pregresse dell’individuo. Nel momento in cui l’individuo “subisce” l’intervento mediale è già in possesso di una cultura personale, di un retroterra di credenze personali (ciò che i cognitivisti chiamano “predisposizioni acquisite”) più o meno apprese in precedenza21 (Comportamento passato), di una “coscienza di gruppo” che lo spinge a comportarsi secondo regole ben precise di convivenza sociale (NS), di una serie di convinzioni riguardo la verosimiglianza delle informazioni in suo possesso e delle informazioni nuove a cui è sottoposto (A) e dalla sensazione che circostanze avverse possano in qualche modo influenzare la propria decisione. In un secondo momento l’individuo riceve il messaggio (di qualsiasi tipo) e sviluppa (sempre in base ai suoi modelli di attenzione, percettivi, di memoria e di azione esplicita) un’intenzione ad agire secondo modelli di azione predeterminati. Solo in un secondo momento c’è la possibilità che l’individuo agisca o no22.

Fig. 4Il metodo di analisi secondo il quale verrà misurato il comportamento verrà illustrato nel capitolo relativo alla ricerca.

20 Si ricordano le definizioni di variabile indipendente intesa come variabile sotto controllo a cui si fa assumere dei diversi valori dallo sperimentatore, e di variabile dipendente intesa come momento di misurazione dei valori assunti in corrispondenza alle variazioni della variabile indipendente; si rimanda per altre definizioni, caratteristiche e metodologia a:

ARENI-ERCOLANI-SCALISI, Introduzione all’uso della statistica in psicologia, LED (1994); KEPPEL-SAUFLEY,Jr-TOKUNAGA, Disegno sperimentale e analisi dei dati in psicologia, EdiSES (1992).

Si rimanda inoltre al capitolo dedicato alla ricerca.21 Si è detto “più o meno” perché certi (rari) tratti possono essere di origine ereditaria.22 Nelle teorie riguardo l’apprendimento sociale sembra strano non citare nemmeno una volta Bandura e la sua teoria riguardo il modellamento, ossia l’apprendimento per osservazione. In verità la teoria di Bandura si addice bene al mondo della comunicazione di massa che utilizza rappresentazioni della vita sociale tramite attori, personaggi che descrivono stili di vita o “modi” di utilizzo ma ben poco si addice alla comunicazione sociale, e ancora meno al tipo di comunicazione da noi analizzata, ben più ancorata all’azione personale che agli stili imitativi (o perlomeno poco si addice alla comunicazione sociale da noi analizzata in cui non è sviluppato nessun tipo di costrutto legato all’imitazione).

© Andrea Moi

AttenzionePercezioneMemorizzazioneAzione esplicita

(A)

(SC)

(NS)

Intenzione

ComportamentoMessaggio

Comportam. Passato

Page 14: COMUNICAZIONE SOCIALE E PUBBLICITA':   UNA RICERCA PSICOSOCIALE TRA CARTA STAMPATA E NEW MEDIA. Capitolo Due

Comunicazione sociale e pubblicità: Una ricerca psicosociale tra carta stampata e new media.

Secondo Fabris (1997) una ricerca in pubblicità deve:1- Avere un modello teorico di riferimento sull’azione della pubblicità;2- Avere un modello di riferimento riguardante gli “steps” del processo di persuasione;3- Avere un interesse particolare per le dimensioni significative da indagare;4- Non trascurare dimensioni della teoria o precedenti esperienze che sono potenzialmente

rilevanti.Indica inoltre lo studio del target un’azione, seppur scontata, importante alla luce del fatto che sia la maggiore fonte di errore nelle ricerche sulla pubblicità. Riprodurre con grande fedeltà la popolazione per la quale la pubblicità è stata studiata è uno dei punti cruciali della ricerca in pubblicità.Esaminiamo quindi le informazioni da noi raccolte fino ad adesso:-Come modello teorico di riferimento per la pubblicità si è assunta la teoria dell’Influenza Selettiva;-Come modello descrittivo per il processo di persuasione si assume quello appena descritto in fig. 4;-Le variabili da indagare sono le tre menzionate nel modello.

Il quadro può sembrare grosso modo completo, visto che le basi teoriche (teoria dell’azione ragionata, considerazioni sugli atteggiamenti e sulla comunicazione di massa) fanno riferimento a studi conosciuti e di cui si è dimostrata la validità (statistica e non) negli anni addietro e fanno parte del patrimonio della teoria psicologica23 e l’analisi del target sarà uno dei primi argomenti trattati nel prossimo capitolo.

Il prossimo passo sarà di impostare un’analisi psicosociale di confronto tra il mezzo televisivo/informazione scritta e il mezzo Internet.

23 Particolare riferimento per TRENTIN (1991,1995) e i testi citati di statistica in psicologia.

© Andrea Moi