COMPITI PER LE VACANZE ESTIVE - Classe 4 SU p. 14 a 29...

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COMPITI PER LE VACANZE ESTIVE - Classe 4 SU 1. Leggere da p. 14 a 29 del libro di testo Contesti letterari, vol. 5 2. Lettura obbligatoria: A. D’Avenia, L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita. 3. Letture consigliate - leggere almeno uno dei seguenti titoli: L. SCIASCIA, A ciascuno il suo; Il giorno della civetta; La scomparsa di Majorana D. BUZZATI, La boutique del mistero; Il deserto dei Tartari G. VERGA, I Malavoglia; Mastro-Don Gesualdo G. D’ANNUNZIO, Il piacere LUIGI PIRANDELLO, Il fu Mattia Pascal; Novelle per un anno; Uno nessuno centomila; Sei personaggi in cerca d’autore G. BASSANI, Il giardino dei Finzi-Contini ITALO SVEVO, Una vita; Senilità; La coscienza di Zeno CESARE PAVESE, La luna e i falò; La casa in collina ITALO CALVINO, Il sentiero dei nidi di ragno B. FENOGLIO, Una questione privata; Il partigiano Johnny A. CAMUS, Lo straniero 4. Tra le tracce proposte, svolgerne due di diversa tipologia (es. saggio breve e analisi del testo; saggio breve e tema di ordine generale ecc.): TIPOLOGIA A ANALISI DEL TESTO 1. Ludovico Ariosto, Orlando furioso, Canto I, 3-6 Piacciavi, generosa Erculea prole, ornamento e splendor del secol nostro, Ippolito, aggradir questo che vuole e darvi sol può l'umil servo vostro. Quel ch'io vi debbo, posso di parole pagare in parte e d'opera d'inchiostro; né che poco io vi dia da imputar sono, che quanto io posso dar, tutto vi dono. Voi sentirete fra i più degni eroi, che nominar con laude m'apparecchio, ricordar quel Ruggier, che fu di voi Non dovete rimproverarmi che sia poco ciò che vi restituisco Che mi preparo ad elogiare

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COMPITI PER LE VACANZE ESTIVE - Classe 4 SU

1. Leggere da p. 14 a 29 del libro di testo Contesti letterari, vol. 5

2. Lettura obbligatoria: A. D’Avenia, L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita.

3. Letture consigliate - leggere almeno uno dei seguenti titoli:

L. SCIASCIA, A ciascuno il suo; Il giorno della civetta; La scomparsa di Majorana

D. BUZZATI, La boutique del mistero; Il deserto dei Tartari

G. VERGA, I Malavoglia; Mastro-Don Gesualdo

G. D’ANNUNZIO, Il piacere

LUIGI PIRANDELLO, Il fu Mattia Pascal; Novelle per un anno; Uno nessuno centomila; Sei

personaggi in cerca d’autore

G. BASSANI, Il giardino dei Finzi-Contini

ITALO SVEVO, Una vita; Senilità; La coscienza di Zeno

CESARE PAVESE, La luna e i falò; La casa in collina

ITALO CALVINO, Il sentiero dei nidi di ragno

B. FENOGLIO, Una questione privata; Il partigiano Johnny

A. CAMUS, Lo straniero

4. Tra le tracce proposte, svolgerne due di diversa tipologia (es. saggio breve e analisi del testo;

saggio breve e tema di ordine generale ecc.):

TIPOLOGIA A – ANALISI DEL TESTO

1. Ludovico Ariosto, Orlando furioso, Canto I, 3-6

Piacciavi, generosa Erculea prole,

ornamento e splendor del secol nostro,

Ippolito, aggradir questo che vuole

e darvi sol può l'umil servo vostro.

Quel ch'io vi debbo, posso di parole

pagare in parte e d'opera d'inchiostro;

né che poco io vi dia da imputar sono,

che quanto io posso dar, tutto vi dono.

Voi sentirete fra i più degni eroi,

che nominar con laude m'apparecchio,

ricordar quel Ruggier, che fu di voi

Non dovete rimproverarmi che sia poco ciò che vi

restituisco

Che mi preparo ad elogiare

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e de' vostri avi illustri il ceppo vecchio.

L'alto valore e' chiari gesti suoi

vi farò udir, se voi mi date orecchio,

e vostri alti pensieri cedino un poco,

sì che tra lor miei versi abbiano loco.

Orlando, che gran tempo innamorato

fu de la bella Angelica, e per lei

in India, in Media, in Tartaria lasciato

avea infiniti ed immortal trofei,

in Ponente con essa era tornato,

dove sotto i gran monti Pirenei

con la gente di Francia e de Lamagna

re Carlo era attendato alla campagna,

per far al re Marsilio e al re Agramante

battersi ancor del folle ardir la guancia,

d'aver condotto, l'un, d'Africa quante

genti erano atte a portar spada e lancia;

l'altro, d'aver spinta la Spagna inante

a destruzion del bel regno di Francia. […]

Capostipite

Importanti

Tra loro abbiano posto i miei versi

Asia centrale e nord occidentale

Germania

Pentirsi amaramente

1. Comprensione del testo: dopo un’attenta lettura, riassumi il contenuto informativo del testo

2. Analisi del testo:

a. Analizza gli aspetti formali del testo (rime, strofe, lessico…). Ariosto adotta il tradizionale

stile, elevato e solenne, della poesia epica?

b. Perché Ariosto si chiara “umile servo” di Ippolito?

c. Quale tono utilizza il poeta nel tessere le lodi di Ippolito?

d. Spiega l’espressione “battersi ancor del folle ardir la guancia,/ d’aver condotto”. Perché

l’ardir è ritenuto folle?

e. Quali personaggi vengono nominati nel testo? Presentali brevemente, spiegando il ruolo che

assumono nell’opera?

3. Interpretazione complessiva e approfondimenti: proponi una tua interpretazione complessiva

del brano, soffermandoti in particolare sui rapporti tra intellettuali e potere. Fai anche

riferimento al contesto storico-politico dell’epoca di Ariosto. Rifletti sull’attualità dell’opera del

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poeta prendendo spunto da quanto afferma Italo Calvino: “Ariosto ci insegna come

l’intelligenza viva anche, e soprattutto, di fantasia, d’ironia, d’accuratezza formale, come

nessuna di queste doti sia fine a se stessa ma come esse possano entrare a fare patte d’una

concezione del mondo, possano servire a meglio valutare virtù e vizi umani. Tutte lezioni

attuali, necessarie oggi, nell’epoca dei cervelli elettronici e dei voli spaziali. È un’energia volta

verso l’avvenire, ne sono sicuro, no verso il passato, quello che muove Orlando, Angelica,

Ruggero, Bradamante, Astolfo.”

2. Carlo Goldoni, La locandiera, Atto III, Scena ultima

Il Servitore del Cavaliere e detti.

SERVITORE: Signora padrona, prima di partire son venuto a riverirvi.

MIRANDOLINA: Andate via?

SERVITORE: Sì. Il padrone va alla Posta1. Fa attaccare: mi aspetta colla roba, e ce ne andiamo a

Livorno.

MIRANDOLINA: Compatite, se non vi ho fatto...

SERVITORE: Non ho tempo da trattenermi. Vi ringrazio, e vi riverisco. (Parte.)

MIRANDOLINA: Grazie al cielo, è partito. Mi resta qualche rimorso; certamente è partito con poco

gusto. Di questi spassi non me ne cavo mai più.

CONTE: Mirandolina, fanciulla o maritata che siate, sarò lo stesso per voi.

MARCHESE: Fate pure capitale della mia protezione.

MIRANDOLINA: Signori miei, ora che mi marito, non voglio protettori, non voglio spasimanti, non

voglio regali. Sinora mi sono divertita, e ho fatto male, e mi sono arrischiata troppo, e non lo voglio

fare mai più. Questi è mio marito...

FABRIZIO: Ma piano, signora...

MIRANDOLINA: Che piano! Che cosa c'è? Che difficoltà ci sono? Andiamo. Datemi quella mano.

FABRIZIO: Vorrei che facessimo prima i nostri patti.

MIRANDOLINA: Che patti? Il patto è questo: o dammi la mano, o vattene al tuo paese.

FABRIZIO: Vi darò la mano... ma poi...

MIRANDOLINA: Ma poi, sì, caro, sarò tutta tua; non dubitare di me ti amerò sempre, sarai l'anima

mia.

FABRIZIO: Tenete, cara, non posso più. (Le dà la mano.)

1 Posta: stazione per il cambio di cavalli delle carrozze.

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MIRANDOLINA: (Anche questa è fatta). (Da sé.)

CONTE: Mirandolina, voi siete una gran donna, voi avete l'abilità di condur gli uomini dove volete.

MARCHESE: Certamente la vostra maniera obbliga infinitamente.

MIRANDOLINA: Se è vero ch'io possa sperar grazie da lor signori, una ne chiedo loro per ultimo.

CONTE: Dite pure.

MARCHESE: Parlate.

FABRIZIO: (Che cosa mai adesso domanderà?). (Da sé.)

MIRANDOLINA: Le supplico per atto di grazia, a provvedersi di un'altra locanda.

FABRIZIO: (Brava; ora vedo che la mi vuol bene). (Da sé.)

CONTE: Sì, vi capisco e vi lodo. Me ne andrò, ma dovunque io sia, assicuratevi della mia stima.

MARCHESE: Ditemi: avete voi perduta una boccettina d'oro2?

MIRANDOLINA: Sì signore.

MARCHESE: Eccola qui. L'ho ritrovata, e ve la rendo. Partirò per compiacervi, ma in ogni luogo fate

pur capitale della mia protezione.

MIRANDOLINA: Queste espressioni3 mi saran care, nei limiti della convenienza e dell'onestà.

Cambiando stato, voglio cambiar costume; e lor signori ancora profittino di quanto hanno veduto,

in vantaggio e sicurezza del loro cuore; e quando mai si trovassero in occasioni di dubitare, di

dover cedere, di dover cadere, pensino alle malizie imparate, e si ricordino della Locandiera.

1. Comprensione del testo: dopo un’attenta lettura riassumi il contenuto informativo del testo.

2. Analisi del testo

a. Quale linguaggio utilizza Goldoni?

b. Che cosa intende indicare Goldoni con la dicitura “(Da sé)”? Come definiresti i pensieri che

emergono da queste battute?

c. Che cosa intende dire Mirandolina quando afferma: «Cambiando stato, voglio cambiar

costume»?

d. Quale personalità manifesta Mirandolina? Rispondi facendo riferimento al testo.

e. La commedia si chiude con le parole di Mirandolina. Quale significato si può attribuire loro?

f. Esponi le tue osservazioni in un commento personale di sufficiente ampiezza.

2 Boccettina d’oro: la boccettina regalata dal Cavaliere a Mirandolina era finita nel paniere della

biancheria e quindi, per caso, nelle mani del Marchese.

3 Espressioni: offerte.

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3. Interpretazione complessiva e approfondimenti: Mirandolina, pur richiamando vagamente la

figura della servetta maliziosa4, si distingue chiaramente dalle maschere della commedia

dell’arte. Traccia un quadro della riforma goldoniana del teatro, facendo riferimento al testo.

Soffermati sulla figura di Mirandolina, riflettendo sul grado di attualità del modello di donna

che esso incarna.

3. Ugo Foscolo, Alla sera

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Forse perché della fatal quïete

tu sei l’immago a me sí cara vieni,

o sera! E quando ti corteggian liete

le nubi estive e i zeffiri sereni,

e quando dal nevoso aere inquïete

tenebre e lunghe all’universo meni

sempre scendi invocata, e le secrete

vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

questo reo tempo, e van con lui le torme

delle cure onde meco egli si strugge;

e mentre io guardo la tua pace, dorme

quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

morte

accompagnano

conduci

schiere delle preoccupazioni

per colpa delle quali egli (il tempo) con me

si consuma

1. Comprensione del testo: dopo un’attenta lettura, riassumi il contenuto informativo del testo.

2. Analisi del testo

a. Analizza gli aspetti formali del testo (rime, strofe, lessico...)

b. Individua i due principali campi semantici attorno a cui è costruita la poesia. Fai qualche

esempio.

c. Soffermati sulle numerose personificazioni.

d. Soffermati sui termini riferiti al tempo e spiega l’espressione «reo tempo».

e. Quale immagine della morte emerge da sonetto?

4 Maschera legata all’ambiente popolare incarna il ruolo di un’avvenente servetta alle dipendenze

di una nobile famiglia, astuta, vivace e ogni tanto civettuola; alcuni dei suoi comportamenti, non

sempre vengono visti di buon occhio.

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f. Perché i versi 8 e 9 possono essere definiti il vero centro del componimento?

3. Interpretazione complessiva e approfondimenti: proponi una interpretazione complessiva del

brano, evidenziando i parallelismi tra il contenuto del testo (l’interiore lacerazione dell’io) e la

sua forma. Approfondisci il tema dell’insoddisfazione e inquietudine esistenziale in Foscolo con

opportuni riferimenti ad altre opere dell’autore.

4. Alessandro Manzoni, I promessi sposi, capitolo VIII

Tonio, allungando la mano per prender la carta, si ritirò da una parte; Gervaso, a un suo cenno,

dall’altra; e, nel mezzo, come al dividersi d’una scena5, apparvero Renzo e Lucia. Don Abbondio,

vide confusamente, poi vide chiaro, si spaventò, si stupì, s’infuriò, pensò, prese una risoluzione:

tutto questo nel tempo che Renzo mise a proferire le parole: - signor curato, in presenza di questi

testimoni, quest’è mia moglie -. Le sue labbra non erano ancora tornate al posto, che don

Abbondio, lasciando cader la carta, aveva già afferrata e alzata, con la mancina, la lucerna,

ghermito, con la diritta6, il tappeto del tavolino, e tiratolo a sé, con furia, buttando in terra libro,

carta, calamaio e polverino7; e, balzando tra la seggiola e il tavolino, s’era avvicinato a Lucia. La

poveretta, con quella sua voce soave, e allora tutta tremante, aveva appena potuto proferire: - e

questo... - che don Abbondio le aveva buttato sgarbatamente il tappeto sulla testa e sul viso, per

impedirle di pronunziare intera la formola. E subito, lasciata cader la lucerna che teneva nell’altra

mano, s’aiutò anche con quella a imbacuccarla col tappeto, che quasi la soffogava; e intanto

gridava quanto n’aveva in canna: - Perpetua! Perpetua! tradimento! aiuto! - Il lucignolo, che

moriva sul pavimento, mandava una luce languida e saltellante sopra Lucia, la quale, affatto

smarrita, non tentava neppure di svolgersi, e poteva parere una statua abbozzata in creta, sulla

quale l’artefice ha gettato un umido panno. Cessata ogni luce, don Abbondio lasciò la poveretta, e

andò cercando a tastoni l’uscio che metteva a una stanza più interna; lo trovò, entrò in quella, si

chiuse dentro, gridando tuttavia: - Perpetua! tradimento! aiuto! fuori di questa casa! fuori di

questa casa! - Nell’altra stanza, tutto era confusione: Renzo, cercando di fermare il curato, e

remando con le mani, come se facesse a mosca cieca, era arrivato all’uscio, e picchiava, gridando: -

apra, apra; non faccia schiamazzo -. Lucia chiamava Renzo, con voce fioca, e diceva, pregando: -

5 Come al dividersi d’una scena: come all’aprirsi delle tende di un sipario teatrale.

6 La mancina... la diritta: la mano sinistra... la mano destra.

7 Polverino: il contenitore della sabbia utilizzata per asciugare l’inchiostro.

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andiamo, andiamo, per l’amor di Dio -. Tonio, carpone8, andava spazzando con le mani il

pavimento, per veder di raccapezzare9 la sua ricevuta. Gervaso, spiritato, gridava e saltellava,

cercando l’uscio di scala, per uscire a salvamento.

In mezzo a questo serra serra, non possiam lasciar di fermarci un momento a fare una riflessione.

Renzo, che strepitava di notte in casa altrui, che vi s’era introdotto di soppiatto, e teneva il

padrone stesso assediato in una stanza, ha tutta l’apparenza d’un oppressore; eppure, alla fin de’

fatti, era l’oppresso. Don Abbondio, sorpreso, messo in fuga, spaventato, mentre attendeva

tranquillamente a’ fatti suoi, parrebbe la vittima; eppure, in realtà, era lui che faceva un sopruso.

Così va spesso il mondo... voglio dire, così andava nel secolo decimo settimo.

1. Comprensione del testo: dopo un’attenta lettura, riassumi il contenuto informativo del testo.

2. Analisi del testo

a. Colloca l’episodio nel contesto della vicenda del romanzo.

b. Soffermati sugli aspetti formali (lingua, lessico, ecc.) del testo.

c. Analizza spazi e tempi e rifletti sulle scelte di Manzoni.

d. La lanterna che si spegne e il successivo buio assumono un valore simbolico: quale?

e. A tuo parere, anche in questo testo emerge uno dei tratti caratteristici de I promessi sposi,

cioè l’ironia? Rispondi facendo gli opportuni riferimenti testuali.

f. Quale tipo di narratore è presente ne I promessi sposi? Rispondi facendo riferimento al testo.

3. Interpretazione complessiva e approfondimenti: nella parte finale del testo emerge un tema

tipicamente manzoniano: la lotta tra oppressi ed oppressori. Delinea lo sviluppo di questa

tematica nel pensiero di Manzoni, facendo riferimento a testi a te noti. Rifletti sul valore e

sull’importanza delle scelte linguistiche di questo scrittore.

TIPOLOGIA B – SAGGIO BREVE

AMBITO ARTISTICO LETTERARIO: Il sé e l’altro da sé: il tema del doppio

Pieter Paul Rubens, Romolo e Remo allattati dalla lupa, 1616 circa

8 Carpone: con ginocchia e mani a terra.

9 Raccapezzare: recuperare, trovare.

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Caravaggio, Narciso, 1600

Picasso, Ragazza allo specchio, 1932

Bisogna innanzi tutto che sappiate qual è la natura dell’uomo e quali prove ha sofferto; perché

l’antichissima nostra natura non era come l’attuale, ma diversa. [...] la forma degli umani era un

tutto pieno: la schiena e i fianchi a cerchio, quattro bracci e quattro gambe, due volti del tutto

uguali sul collo cilindrico, e una sola testa sui due volti, rivolti in senso opposto; e così quattro

orecchie, due sessi, e tutto il resto analogamente, come è facile immaginare da quanto se detto.

[…] Possedevano forza e vigore terribili, e straordinaria superbia; e attentavano agli dèi. [...] Ma

finalmente Zeus, pensa e ripensa: «Se non erro, dice, ce l’ho l’espediente perché gli uomini, pur

continuando a esistere ma divenuti più deboli, smettano questa tracotanza. Ora li taglierò in due e

così saranno più deboli, e nello stesso tempo più utili a noi per via che saranno aumentati di

numero.» [...] Ecco dunque da quanto tempo l’amore reciproco è connaturato negli uomini: esso

ci restaura l’antico nostro essere perché tenta di fare di due una creatura sola e di risanare così la

natura umana. Ognuno di noi è dunque la metà di un umano resecato a mezzo come al modo delle

sogliole: due pezzi da uno solo; e però sempre è in cerca della propria metà.

Platone, Simposio, 189d-191e

Esaminando quindi l’aspetto morale e la mia stessa persona, sono giunto a formulare la

fondamentale e originaria dualità dell’uomo. Avevo constatato che, se potevo essere in tutta

onestà ora una o l’altra delle due nature che si contendevano il campo della mia coscienza, ciò era

dovuto solo al fatto d’essere radicalmente l’una e l’altra. E, sin dall’inizio, molto prima che lo

sviluppo delle mie scoperte scientifiche mi facesse intravedere la concreta possibilità di un simile

miracolo, presi ad accarezzare, come si accarezza un prediletto sogno a occhi aperti, l’idea di

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separare queste due componenti. Se, mi dicevo, potessi isolarle ciascuno in una identità separata

e distinta, la vita sarebbe alleggerita di quanto ha di più intollerabile: l’uomo ingiusto se ne

andrebbe per la sua strada, affrancato dalle aspirazioni e dai rimorsi del suo integerrimo gemello;

mentre l’uomo giusto potrebbe procedere dritto e sicuro lungo il suo eletto cammino, facendo il

bene di cui si compiace senza essere più esposto alla vergogna e al pentimento di un compagno

malvagio, a lui estraneo. Non è forse questa la maledizione del genere umano: che, aggrovigliati in

un incongruo legame, due esseri agli antipodi siano costretti a combattersi in eterno nel grembo

straziato di una medesima coscienza? Come dissociarli, allora?

Robert Louis Stevenson, Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hide, 1886

Nel dormiveglia ricordo che il mio testo asserisce che con questo sistema si può arrivare a

ricordare la prima infanzia, quella in fasce. Subito vedo un bambino in fasce, ma perché dovrei

essere io quello? Non mi somiglia affatto e credo sia invece quello nato poche settimane or sono a

mia cognata e che ci fu fatto vedere quale miracolo perché ha le mani tanto piccole e gli occhi

tanto grandi. Povero bambino! Altro che ricordare la mia infanzia! Io non trovo neppure la via di

avvisare te, che vivi ora la tua, dell’importanza di ricordarla a vantaggio della tua intelligenza e

della tua salute. Quando arriverai a sapere che sarebbe bene tu sapessi mandare a mente la tua

vita, anche quella tanta parte di essa che ti ripugnerà?

Italo Svevo, La coscienza di Zeno, 1923

AMBITO SOCIO-ECONOMICO: Essere o apparire?

Noi esistiamo perché gli altri ci vedono, ci conoscono, ci prendono in considerazione. Il bambino fa

i capricci per “esistere” agli occhi dei genitori. Preferisce prendere sgridate e botte anziché essere

ignorato. [...] Per questo ogni persona vuole essere riconosciuta. Ogni persona che ti saluta

potenzia il tuo essere. Il politico famoso e il divo noti dappertutto sembrano addirittura più veri.

Tutti hanno bisogno dell’apprezzamento dell’altro. Anche il genio. Nel film Amadeus, Mozart si

vanta della sua bravura, la ostenta. Sa di essere il più grande musicista vivente. Sa che cosa vale,

eppure ha continuamente bisogno di conferma. Il più grande dei cantanti, il maggiore dei registi, il

più noto fra gli scrittori, ogni volta che esce una sua nuova opera ha il batticuore. Ogni volta la sua

sicurezza interiore va alla ricerca di riconoscimenti per darsela, per convincersi di avere meriti.

Questo desiderio di valere mediante l’apparire è la vanità. Alcuni cercano la vicinanza delle

celebrità, altri fanno collezione di titoli, medaglie, cariche. Oggi la gente dispone di una scorciatoia:

la televisione. Apparendo in televisione diventi istantaneamente noto a tutti, viene riconosciuto da

tutti. Moltissimi, perciò, fanno di tutto per andarvi.

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Francesco Alberoni, Il senso di vertigine dell’apparire per essere (forse), «Corriere della Sera», 19 maggio 2003

Nella società moderna, il conseguimento di identità nella sua dimensione individuale e collettiva

non può prescindere dal riferimento all’aspetto e, quindi, all’immagine che il soggetto produce,

per una presentazione di sé agli altri, che viene utilizzando le diverse modalità di comunicazione e,

soprattutto, quella non verbale. Le forme attraverso le quali i giovani manifestano appartenenze,

ideali, progetti si esprimono principalmente attraverso abbigliamenti, oggetti, simboli.

Rosa Rinaldi, Operai nel tempo dell’individuazione: tra fine dell’appartenenza e nuove forme di costruzione delle

biografie, in Cecilia Cristofori (a cura di), Operai senza classe, Franco Angeli, 2009

Per Codeluppi, infatti, gli ultimi due secoli trascorsi si sono caratterizzati con la progressiva

spettacolarizzazione dei principali ambiti della società: gli affetti, la sessualità, la cura del corpo,

l’attività sportiva, i media, il tempo libero, i luoghi del consumo, gli spazi urbani e persino le

pratiche relative alla morte. Sin dal Settecento – osserva questo sociologo – con la comparsa delle

vetrine, che mettevano in scena oggetti in precedenza inerti e passivi, l’individuo si è trovato, per

la prima volta, da solo d fronte alle merci e ha dovuto imparare ad interpretare il loro linguaggio

senza l’aiuto del venditore. Ha dovuto, cioè, abituarsi a leggere la comunicazione visiva, ma anche

ad affrontare la vita in solitudine, nella nuova condizione sociale imposta dall’urbanizzazione e

dalla modernità. Con il risultato che tutto oggi viene trasformato in fenomeno da «esporre in

vetrina». Tanto che per gli individui la vetrinizzazione sembra diventare sempre più una sorta di

obbligo sociale inevitabile.

Giuseppe Scidà, Legame sociale, spazio ed economia, Franco Angeli, 2007

«Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze». Oscar Wilde lo sosteneva con ironia,

sbeffeggiando i benpensanti e il luogo comune dell’abito che non fa il monaco, riaffermando il

criterio che la forma è sostanza. Ma non aveva torto: il mondo ci percepisce, ci considera e ci

giudica da come ci muoviamo, parliamo, agitiamo le mani, sbattiamo gli occhi, da come ci

vestiamo, arrossiamo o balbettiamo. Le apparenze sono il fondamento di quel che sappiamo degli

altri e di ciò che gli altri sanno di noi; sono il medium della comunicazione e la sostanza del mondo

condiviso. Questione serissima dunque, benché svalutata da una certa tradizione “romantica”, che

ha considerato il mondo delle apparenze come una realtà inferiore, relegata in un’area di indagine

subordinata, regno del futile e del vano, dell’artificio e dell’ingannevole opposto al regno

dell’essere sincero, trasparente e autentico. Un velo che maschera la sostanza del reale o

addirittura una patologia della modernità, l’alienazione implicita nella società dello spettacolo in

cui la manipolazione e la menzogna oscurano la realtà autentica dei soggetti. [...] «Le apparenze

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contano, e tutti lo sappiamo – spiega la filosofa [Barbara Carnevali] – perché tutti comunichiamo

tramite apparenze, esprimendo e rappresentando ciò che siamo nello spazio pubblico e

interpretando l’immagine che gli altri a loro volta vi disegnano. L’errore romantico non è tanto

quello di aspirare alla sincerità e alla autenticità, quanto pensare che per raggiungere questi valori

si possa cancellare o aggirare la mediazione estetica dell’apparire nei rapporti sociali. Solo avendo

compreso e accettato questo si potrà pensare alla possibilità di un uso più autentico, più onesto e

intimo delle apparenze».

Rossana Sisti, La società dell’apparenza non inganna, www.avvenire.it, 25 ottobre 2012

AMBITO STORICO-POLITICO: Totalitarismo e mezzi di comunicazione di massa

Durante questo mio attento studio di tutti gli avvenimenti politici, l'attività della propaganda mi

aveva sempre fortemente interessato. […] Essa è un mezzo; va quindi giudicata in funzione dello

scopo. La sua forma deve servire a questo, e gli si deve adattare completamente. […] L'arte della

propaganda si rivolge esclusivamente a far nascere una generale convinzione della realtà di un

fatto, della inevitabilità di un avvenimento, della giustezza di qualcosa di fatale. E dacché essa non

è necessità in se stessa — ne può esserlo che il suo compito consiste, come pel manifesto,

nell'attirare l'attenzione della massa, e non nell'istruire coloro che già son saputi o ancora cercano

istruzione e conoscenza — così i suoi effetti devono sempre essere rivolti al sentimento, e solo

limitatamente alla cosiddetta ragione. […] Allo stesso modo una propaganda, per geniale che sia

nei suoi componenti, non condurrà a un successo sicuro se essa non accentuerà sempre lo stesso

tema fondamentale. Bisogna limitarsi a poche cose, ma queste vanno ripetute continuamente.

L'ostinazione è, anche qui come quasi sempre nel mondo, la più importante premessa del

successo. […] Qualsiasi propaganda, commerciale e politica trova il suo successo nella durata e

nell'uniformità della sua applicazione.

Adolf Hitler, La mia vita, Bompiani, 1941

A scuola, prima alle elementari e poi anche alle medie, furono adottati testi unici, le biblioteche

passate al setaccio ed epurate. “Ma in un’Italia semianalfabeta” spiega Mimmo Franzinelli,

studioso dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione “libri e giornali erano

appannaggio di un’élite. Per arrivare a tutti il regime dovette inventare nuove forme di pubblicità”.

E così, in stampatello e a caratteri cubitali, fin nelle più piccole località, sui muri e lungo le strade,

comparvero decine di slogan. Lapidari e comprensibili a tutti, dovevano entrare nelle teste della

gente, anche in quelle più dure. Ma la vera arma segreta fu la radio, sperimentata in Italia tra il ’22

e il ’24. Mussolini ne intuì le potenzialità e la utilizzò per fare un altro dei suoi gol: grazie alla

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radiofonia e agli altoparlanti installati nelle piazze italiane, mobilitò per anni, un sabato dopo

l’altro, milioni di uomini e donne, schierati in adunata. Il messaggio era chiaro: “Insieme siamo

forti”. Cose del genere, in Occidente, non si erano mai viste: la politica imposta con tecniche

commerciali. Eppure, proprio dalla radio Mussolini ricevette lo schiaffo più doloroso. Dalla fine del

’39, quando gli abbonati erano diventati, dai 40 mila del 1927, circa un milione, i rapporti

dell’Ovra, la polizia segreta, segnalarono l’intensificarsi dell’ascolto di emittenti estere in lingua

italiana, naturalmente ostili al duce. Prima fra tutte, Radio Londra.

Michele Scozzai e Aldo Carioli, La macchina del consenso, «Focus Storia», n.3, 2005

L'uomo era dotato di una memoria prodigiosa, di una rapida intuizione del carattere degli uomini e

dei tratti salienti di un problema. Prima di altri comprese l'importanza dei nuovi mezzi di

comunicazione di massa che molti bolscevichi, immersi nella cultura libresca propria

dell'intelligencija, neanche sospettavano. Seppe utilizzare il cinema, la radio, la propaganda come

nessuno dei suoi rivali politici avrebbe potuto o voluto fare. Forse comprese — sicuramente

presentì — che cosa significava lo sviluppo della società di massa. […] L'insieme del sistema si è

diretto verso un accentramento sempre più forte, fino a lasciare come elemento stabile solo il

capo, idolatrato, di fronte alle masse informi e solitarie. II culto della personalità di Stalin,

eccessivo e orientalizzante, era il coronamento necessario di questo potere solitario, sprovvisto di

ogni controllo e di ogni contrappeso.

Alessandro Mongili, Stalin e l’impero sovietico, Giunti, 1995

Come la dittatura di Suharto, questi signori della guerra sono i nostri amici ufficiali, mentre i

talebani erano i nostri nemici ufficiali. La distinzione è importante, perché le vittime dei nostri

nemici ufficiali sono degne di considerazione e preoccupazione, mentre quelle dei nostri amici

ufficiali non lo sono. Questo è il principio mediante cui i regimi totalitari gestiscono la loro

propaganda interna. E tale è la maniera in cui le democrazie occidentali, inclusa l'Australia,

gestiscono la loro. La differenza è che, nelle società totalitarie, la gente sa che i loro governi

mentono: che i loro giornalisti sono meri funzionari, che i loro accademici sono complici. Tali

persone imparano a comportarsi di conseguenza, imparano a leggere tra le righe, possono contare

su una fiorente clandestinità. I loro scrittori e poeti scrivono in codice, come succedeva in Polonia

ed in Cecoslovacchia durante la guerra fredda. Un amico cecoslovacco, un novellista, mi disse: "Voi

in occidente siete svantaggiati. Avete il vostro mito della libertà d'informazione e, dunque, non vi

esercitate a leggere tra le righe. Un giorno, ciò vi servirà".

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John Pilger, Nella "guerra al terrorismo", potere, propaganda e coscienza, 12 gennaio 2004,

www.arabcomint.com

AMBITO TECNICO-SCIENTIFICO: L’informazione nell’era di Internet

Quando cominciai a trafficare con il programma che avrebbe poi fatto nascere l'idea del World

Wide Web, lo chiamai Enquire, da Enquire Within upon Everything, "entrate pure per avere

informazioni su ogni argomento", un ammuffito volumone di consigli pratici di epoca vittoriana

che avevo sfogliato da bambino a casa dei miei genitori, alle porte di Londra. Quel libro dal titolo

che sapeva di magia era un portale su un intero universo di informazioni, a proposito di qualsiasi

argomento, da come smacchiare i vestiti ai consigli su come investire i propri risparmi. Forse non

sarà la perfetta analogia con il Web, ma può servire come rudimentale punto di partenza.

Tim Berners-Lee, L’architettura del nuovo Web, Feltrinelli, 2001

L'idea che capire e sapere significhino entrare in profondità in ciò che studiamo, fino raggiungerne

l'essenza, è una bella idea che sta morendo: la sostituisce l'istintiva convinzione che l'essenza delle

cose non sia un punto ma una traiettoria, non sia nascosta in profondità ma dispersa in superficie,

non dimori dentro le cose, ma si snodi fuori da esse, dove realmente incominciano, cioè ovunque.

In un paesaggio del genere, il gesto di conoscere dev'essere qualcosa di affine al solcare

velocemente lo scibile umano, ricomponendo le traiettorie sparse che chiamiamo idee, o fatti, o

persone. Nel mondo della rete, a quel gesto hanno dato un nome preciso: surfing (coniato nel

1993, non prima, preso in prestito da quelli che cavalcano le onde su una tavola; di solito scopano

molto). La vedete la leggerezza del cervello che sta in bilico sulla schiuma delle onde? Navigare in

rete, diciamo noi italiani. Mai nomi furono più precisi. Superficie al posto di profondità, viaggi al

posto di immersioni, gioco al posto di sofferenza.

Alessandro Baricco, I barbari, Feltrinelli, 2006

Si allunga la serie di trappole riuscite: dai giornali britannici che il giorno della morte del

compositore Maurice Jarre copiarono da Wikipedia una «sua» frase inventata da uno studente

irlandese, a Bernard-Henri Lévy, che ha citato in un libro l’inesistente filosofo Botul, al falso sito

del leader serbo-bosniaco Karadzic nei panni di un guru new age, a Bruce Toussaint, conduttore

della rete tv francese Canal+, che nel febbraio scorso diede con tono grave la notizia — inventata,

ma lui non lo sapeva — che la Romania aveva sbagliato di qualche migliaio di chilometri l’invio di

truppe in aiuto ai terremotati, per colpa di una T di troppo: Tahiti invece che Haiti.

Stefano Montefiori, La gaffe di Ségolène Royal: cita un personaggio inventato su Wikipedia, www.corriere.it, 12

giugno 2010

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Il problema della navigazione nel cyber-spazio si presenta come navigazione dell'arca nel diluvio

informazionale. È bene esserne coscienti. Non potremo usare validamente tutti questi sistemi se

non avremo degli strumenti per orientarci e filtrare l'informazione. Ma ce ne sono sempre di più, e

questo è molto importante. In secondo luogo credo che il rapporto con il sapere sia

completamente cambiato: viviamo in un'epoca in cui una persona, un piccolo gruppo, non può più

controllare l'insieme delle conoscenze e farne un tutto organico. È divenuto impossibile anche per

un gruppo umano importante. [...] Il Word Wide Web non è soltanto una enorme massa di

informazione, è l'articolazione di migliaia di punti di vista diversi.

Pierre Lévy, L’intelligenza collettiva, www.mediamenterai.it, 4 settembre 1995

Secondo una ricerca commissionata dall’azienda britannica Dr. Beckmann, meno di un nonno su

quattro (dei 1.500 interpellati) si sente rivolgere domande o consigli su lavoretti in casa. Per

esempio: come lavare un certo indumento, come cucinare un dolce o attaccare un bottone. O su

attività più creative, come il disegno, la lettura e imparare a suonare uno strumento. Dopotutto

c’è Wikipedia, alla quale affidarsi per avere un’informazione in meno di trenta secondi. E poi c’è

YouTube che insegna praticamente tutto, passo passo, con i video tutorial. Oppure le chat dei

social network dove esprimere dubbi e condividere preoccupazioni. Luoghi virtuali in cui rifugiarsi

che sono diventati come l’abbraccio dei nonni (e spesso anche dei genitori). Solo un terzo degli

anziani interrogati si è sentito chiedere come era la sua vita quando era giovane. Come si divertiva,

a che cosa giocava, come si comportava con mamma e papà. Racconti preziosi, che sono come una

lezione di storia. Il 96% degli interpellati sostiene che quando era bambino pose molte più

domande al nonno rispetto ai nipoti di oggi.

Deborah Ameri, Google, YouTube, Wikipedia: il web manda i nonni di nuovo in pensione, www.ilmessaggero.it, 4

marzo 2013

TIPOLOGIA D – TEMA DI ORDINE GENERALE

1. «Certo dovremo ancora per lungo tempo confrontarci con la criminalità organizzata di stampo

mafioso. Per lungo tempo, non per l’eternità: perché la mafia è un fenomeno umano e come tutti i

fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.» (Giovanni

Falcone 2004). Rifletti sull’affermazione di Giovanni Falcone e discuti problemi, sfide e prospettive

della lotta alla criminalità organizzata.

2. «Un analfabeta che muore a 70 anni ha vissuto una sola vita di 70 anni. Io di anni ne ho vissuti 5

mila. Ero presente quando Caino ha ammazzato Abele e quando Giulio Cesare è stato ucciso, e

anche alla battaglia delle Termopili e quando Leopardi guardava l’infinito. La lettura ti dà

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l’immortalità, all’indietro. Scrivere è invece una scommessa nell’immortalità in avanti, ma senza

garanzia.» (Umberto Eco). Discuti l’affermazione indagando i rapporti tra uomo, letteratura e

tempo.