COMPETERE ASCOLTANDO LE LAMENTELE DEI...

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Sergio BINI COMPETERE ASCOLTANDO LE LAMENTELE DEI CLIENTI: la gestione dei reclami e la norma UNI ISO 10002:2006 - scritti ed appunti - Associazione Industriali di Ancona – Club della Qualità Ancona, 16 aprile 2007

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Sergio BINI

COMPETERE ASCOLTANDO LE LAMENTELE DEI CLIENTI:

la gestione dei reclami e la norma UNI ISO 10002:2006

- scritti ed appunti -

Associazione Industriali di Ancona – Club della Qualità

Ancona, 16 aprile 2007

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Sommario n LETTURA pag

1 Le aspettative del cliente di una impresa di servizi 3 2 Le nuove norme ISO 9000:2000 (vision 2000):

i principi di gestione per la Qualità 10

3 Dall’insoddisfazione dei clienti al miglioramento dei processi 19 4 I CLIENTI E GLI ASPETTI ECONOMICI DELLA QUALITÀ - norma ISO 10014:

una linea-guida per la gestione degli effetti economici della Qualità

27 5 La gestione dei reclami e dei dati per il miglioramento della competitività:

gli standard UNI ISO 10002, UNI 10600 e UNI 11097

36 6 La pedagogia dell’ascolto per migliorare il delightment nei servizi 47 7 La misura della soddisfazione nel percorso verso la Qualità e l’eccellenza 62 8 Appunti sparsi sulla soddisfazione del cliente e la customer satisfaction 67 9 Appunti sparsi sulla GESTIONE DEL DISSERVIZIO 70

10 SCHEDE PER LA GESTIONE DEI RECLAMI 79 10.a – Le schede della norma UNI ISO 10002:2006 80 10.b – il FORMULARIO di reclamo del Consumatore dell’UE 84

L’autore Serg io BINI (Vasto, Chieti – 18.07.1953) ingegnere; dirigente d’azienda; qualitologo; [email protected]; consigliere AICQ-ci (Associazione Italiana Cultura per la Qualità - centro insulare); coordinatore del Gruppo di Lavoro “indicatori e comunicazione per la Qualità” GL6 dell’UNI (Ente Nazionale di Normazione); docente presso Master universitari presso le Università degli studi di Roma (facoltà di Ingegneria di Roma “La Sapienza”; facoltà di Economia di Tor Vergata; corso di Laurea in Scienza dell’Amministrazione di Roma LUMSA); autore di oltre centodieci pubblicazioni sulle diverse tematiche della Qualità e dei trasporti/logistica.

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1. LE ASPETTATIVE DEL CLIENTE DI UNA IMPRESA DI SERVIZI. 1 1.1. premesse. Una impresa che voglia essere e mantenersi competitiva -cioè di Qualità- deve pensare, progettare e garantire prodotti e/o servizi che rispondono totalmente al sistema di aspettative della propria clientela. Tale scelta diventa vitale soprattutto per le imprese di servizi che non possono "immagazzinare" i ser-vizi rimasti invenduti (come, invece, accade per i prodotti). Allora, per l'impresa diviene indispensabile una adeguata conoscenza sia del modello di aspettative della clientela (attuale e potenziale, appartenente ai segmenti di mercato di riferimento), sia delle di-namiche evolutive della domanda. Per i servizi la completa conoscenza delle aspettative della clientela deve essere estesa, necessaria-mente, ad un ampissimo ventaglio di investigazioni che comprendano anche gli aspetti sociologici, psi-cologici, antropologici e culturali Nella presente ricerca, pertanto, si cerca di delineare in maniera sintetica quell'insieme di riflessioni fondamentali che ciascuno di noi dovrebbe sviluppare permanentemente per rendere utile la propria giornata lavorativa. Fare Qualità significa, quindi, fare bene la prima volta le cose giuste -cioè quelle che desidera il nostro cliente nel momento in cui decide di acquistarle La norma internazionale ISO 8402 2 -nell'ultima versione del 1994- ha aggiornato la definizione della Qualità, divenuta "l'insieme delle proprietà e delle caratteristiche di una entità (concetto che compren-de: prodotti, servizi, processi, organismi, persone, ecc.) che conferiscono ad essa la capacità di soddi-sfare esigenze espresse ed implicite". Questa nuova definizione amplia gli ambiti di applicazione delle filosofie concettuali tipiche del mondo dei servizi. L'acquisto di un prodotto non si ferma al semplice prodotto, ma ricomprende un insieme di servizi che precedono, accompagnano e seguono la "vendita" vera e propria. Ad esempio, l'acquisto di una fotocopiatrice, non viene più considerata una operazione "limitata" all'ac-quisto di un prodotto -più o meno complesso, più o meno costoso-; si acquista un servizio per realizza-

1 pubblicato sulla rivista “L’Amministrazione Ferroviaria” – CAFI, Roma, n. 12/dicembre 1996 (pagine 11-18); 2 ISO è l'acronimo di International Organization for Standardization; la norma internazionale ISO 8402:1994, tradotta in

italiano (come UNI EN ISO 8402), riguardava la "Gestione per la Qualità ed Assicurazione della Qualità - Termini e defi-nizioni".

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re con continuità delle fotocopie (si acquista, cioè, anche la cortesia e la disponibilità del personale ad-detto alla vendita, i servizi di manutenzione -copertura oraria/settimanale-; la tempestività negli inter-venti; le garanzie di sostituzione temporanea del mezzo in riparazione; la competenza e la disponibilità del personale e degli addetti; gamma adeguata di servizi post-vendita, e così via). Nel mondo "allargato" dei servizi, quindi, le aspettative sono dei desideri e/o dei bisogni che il cliente ritiene gli siano "dovuti" dal fornitore in cambio del corrispettivo pagato. Di conseguenza, pertanto, le aspettative della clientela possono essere ricondotte schematicamente, ai seguenti tre principali rapporti bipolari: • esigenze esplicite - esigenze implicite; • bisogni (funzioni principali del servizio) - desideri (funzioni secondarie del servizio); • componenti tangibili (del servizio) - componenti intangibili (del servizio). 1.2. L'EROGAZIONE DEL SERVIZIO. L'erogazione del servizio segue un ordine logico e dei principi, applicabili ad ogni impresa indipenden-temente dalle caratteristiche dimensionali e merceologiche. L'ordine logico di sviluppo del servizio si articola su tre momenti ben distinti: a. predisposizione del cliente al rapporto con il front-line (è necessario fare in modo che il clien-

te venga a contatto con il personale in maniera positiva; ben disposto alla interazione; informato di diritti, condizioni e vincoli; con un livello di attese coerente alle effettive prestazioni erogate al fine di massimizzare i benefici del rapporto);

b. interazione tra front-line e cliente -o "momento della verità", secondo la definizione di Normann- (è necessario ricercare il raggiungimento -o, se possibile, il superamento- delle attese del cliente);

c. gestione del post-servizio (nell'erogazione del servizio la "produzione" avviene contestualmente al "consumo", possono verificarsi dei disservizi. E' proprio in questo momento che l'impresa deve dimostrare senza possibilità di appello: tutta l'eccezionalità dell'avvenimento; il sincero dispiacere; la totale dedizione alla soluzione dei problemi arrecati).

1.3. LE COMPONENTI DEL SERVIZIO. Come visto, nelle imprese di servizi, a differenza di quelle manifatturiere, il "prodotto" viene prima ven-duto e solo successivamente realizzato e consumato. Così avviene anche per le Ferrovie dello Stato, che possono essere considerate un sistema di produ-zione di servizi all'interno del più ampio e complesso mercato dei trasporti e della mobilità. Quindi anche il "prodotto finale" di FS ha essenzialmente due componenti: • la componente tangibile, cioè l'insieme degli elementi materiali: il materiale rotabile; gli impianti

di stazione; il condizionamento/riscaldamento; la puntualità dei treni; i servizi di bordo e di stazio-ne; l'integrazione modale con gli altri mezzi di trasporto; e così via;

• la componente intangibile, cioè l'insieme degli aspetti immateriali del servizio, legati esclusiva-mente all'immagine ed al comportamento del personale (sia i ferrovieri, sia dipendenti delle ditte appaltatrici di servizi) che entra in contatto con la clientela. Comportamenti di qualità del persona-le di front-line possono riuscire a tradurre in positivo anche le eventuali possibili situazioni negati-ve; in particolare, il personale di front-line deve avere la capacità di far sentire il cliente destinata-rio di un servizio quasi "personalizzato".

Nella società moderna, il cittadino-medio ha assimilato la cultura dello "zero-difetti" sia per le tecnolo-gie di uso quotidiano, sia per quelle più complesse; è un dato acquisito da tutti che la tecnologia abbia ormai raggiunto elevati livelli di perfezione, tali da garantire alti margini di affidabilità sia nei prodotti, sia nelle componenti tangibili di un servizio.

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Oggi, infatti, riesce poco comprensibile anche al cittadino-medio che una automobile non fornisca le prestazioni garantite dal venditore, che un frigorifero o un orologio si guastino, che un ascensore si ar-resti a metà corsa. Ed è per questo che, nel mondo complesso dei servizi, la competitività dell'impresa finisce per fondarsi quasi esclusivamente sulle componenti intangibili 3; queste sono le uniche che, in definitiva, fanno la differenza, soprattutto perché come si è visto il cliente non mette minimamente in discussione l'esi-stenza di elevati livelli di performance e di affidabilità dei materiali. 1.4. I COMPORTAMENTI UMANI E QUALITA' DEL SERVIZIO. Una ricerca/indagine sviluppata qualche anno fa negli USA, per conto della American Society for Qua-lity Control, ha evidenziato quelli che vengono considerati i principali "fattori che determinano la qualità del servizio": • comportamento, attitudini e competenze del personale 67 % • soddisfazione bisogni 18 % • tempo (velocità del servizio, puntualità) 12 % • prezzo 11 % • esperienza 13 % • altri 58 % Nella voce "comportamento, attitudini, competenze del personale" risultano determinanti i fattori: • cortesia (21 %) • attitudini (10 %) • aiuto, supporto (9 %) • amichevolezza (8 %) • attenzione (6 %) • precisione, assenza problemi (6 %) • efficienza (4 %) • affidabilità (3 %). Nel modello di A. Parasuraman (vedi tavola 1) 4 che individua i dieci fattori che determinano la qualità del servizio, sette di questi (comunicazione, competenza, cortesia, credibilità, capacità di risposta, ca-pire/conoscere il cliente, attività tangibili) sono riconducibili agli aspetti comportamentali (componente intangibile); mentre solo i restanti tre (accesso, affidabilità, sicurezza) appartengono all'universo del "tangibile". Giuseppe Negro in un suo libro 5 propone una ipotesi di strutturazione dei tratti salienti del comporta-mento per la qualità del servizio: • competenza (mostrare abilità; conoscenza dei problemi; precisione; velocità; risolvere problemi;

suggerire benefici; gestire le eccezioni); • atteggiamenti (far sentire il cliente importante; andare d'accordo con le persone; ricercare modi

adeguati di parlare; dare spiegazioni; agire con comprensione; essere premurosi; ascoltare con cura; agire prontamente);

• aspetto (aspetto generale; adeguatezza abbigliamento; acconciatura; igiene e ordine; prestigio dell'uniforme; sistemi identificativi; colore; stile);

3 ovviamente se le aziende sono intervenute con scelte adeguate (forniture, processi, procedure, organizzazioni, aggior-

namento e motivazione del personale e così via) per avere la massima affidabilità dei prodotti o delle cosiddette compo-nenti "tangibili" del servizio.

4 A. PARASURAMAN, V.A.ZEITHAML, L.L. BERRY – UN MODELLO CONCETTUALE DI QUALITÀ DEI SERVIZI, in Ge-stire la Qualità dei Servizi, a cura di Gramma, Focus Isedi, n. 10/1987.

5 Giuseppe NEGRO - ORGANIZZARE LA QUALITÀ NEI SERVIZI – Ediz. Il Sole 24 Ore, Milano, 1991.

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• attitudini (cortesia; amichevolezza; gentilezza; non formalità; vigilanza, vivacità; accuratezza; preoccupazione; responsabilità).

1.5. MA CHI E' IL CLIENTE ? E', quindi, oramai patrimonio comune considerare la soddisfazione del cliente come la priorità assoluta di una qualsiasi impresa che voglia essere considerata di Qualità: cioè competitiva. Ma per soddisfare il cliente occorre sapere "chi è il nostro cliente ?" (all'interno del cosiddetto target di riferimento dell'impresa) e "cosa si attende il cliente dai nostri prodotti/servizi ?". E' significativa la metafora con la quale l'ing. Alberto Galgano sintetizza la complessità del cliente-tipo: ai fini della qualità "il cliente può essere assimilato ad un mostro" (mutuando il concetto dalle favole e dalla mitologia) 6. Galgano per il "mostro" individua le seguenti caratteristiche: 1. una fame infinita e di prodotti nuovi (il cliente è un divoratore di prodotti); 2. spietato (il cliente non guarda in faccia nessuno; se non siamo in grado di soddisfarlo come lui

vuole ci ignora); 3. esigente (il cliente si attende un impegno continuo e senza soste per migliorare quello che gli

diamo e quindi aumentare la sua soddisfazione); 4. un po’ timido (però solo con il fornitore; infatti il cliente non esprime spontaneamente quello che

vuole -siamo noi che dobbiamo interpretare e scoprire i suoi desideri- e quando gli diamo qualco-sa che non gli piace, senza venircelo a dire, ci abbandona);

5. vendicativo (se ritiene di aver subito un torto, sparisce la timidezza, si lamenta con tutti, non torna più da noi e va da altri);

6. un po’ bambino (è il punto debole del cliente; quando il cliente scopre qualcosa di nuovo si ecci-ta, diviene curioso, gusta le cose nuove, le cose interessanti che solleticano il suo interesse);

7. invadente (il cliente/mostro vuole essere presente continuamente in ogni punto dell'impresa, vuo-le "conquistare" ogni pezzo dell'impresa);

8. trasformista (il cliente, volendo essere presente in ogni punto dell'impresa, si camuffa in mille modi e con diversi volti, così da poterci possedere in ogni modo. Il cliente/mostro arriva fino a noi con "il volto del collega");

9. egocentrico (ogni cliente/mostro che noi serviamo vuole essere considerato diverso dagli altri, qualcosa a sé stante; dobbiamo vedere in ciascun cliente qualcosa di distinto, perchè ciascuno vuole essere soddisfatto in modo particolare, e non gli importa delle richieste degli altri);

10. il nostro padrone (il cliente è il nostro padrone: è un padrone che ha un potere di vita o di morte -economica- su di noi; se non lavoriamo bene per lui, il cliente/mostro ci strangola gradualmente, togliendoci l'ossigeno).

La "fine della favola" può essere lieta solo se si riesce a trasmettere "amore" nei confronti del mo-stro/cliente (cioè applicando correttamente a tutta l'impresa le tecniche, le metodologie e la cultura del-la customer satisfaction/Qualità) lo si potrà trasformare in amico/alleato e, quindi, in un bel principe. 1.6. ASPETTATIVE DEL CLIENTE E DINAMICA DEI CONSUMI. "Le persone oggi comprano prodotti (o servizi) non solo per ciò che questi possono fare, ma anche e soprattutto per ciò che essi significano; è anche vero però che nessun consumatore può realmente appropriarsi di un prodotto (o di un servizio) se questo non è stato precedentemente semantizzato, cioè caricato di senso. Questa semantizzazione, a sua volta, è operata anzitutto dalla pubblicità e dal

6 Alberto GALGANO, I MOSTRI E LA PALESTRA (LA STORIA DELLA QUALITÀ TOTALE), Edizioni Il Sole 24 ore Libri,

Milano, 1991.

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marketing, oltre che da vari processi socio-culturali ......... In questo nuovo quadro di riferimento la merce (prodotti e/o servizi) non è più semplicemente status symbol, ma qualcosa di più e di diverso: essa è divenuta style symbol, connotato fondamentale di distinzione più che di integrazione massifi-cante." Così il prof. Michele Sorice, in un recente testo 7, sintetizza la modificazione nella cultura e nei compor-tamenti del cittadino quando diventa consumatore. Il cittadino, in un certo senso, è divenuto più competente e consapevole del suo ruolo di protagonista in un mercato fortemente competitivo (esasperato dall'estensione della cultura dello zapping a tutti i momenti della giornata nei quali si operano delle scelte); il cittadino-consumatore sceglie, quindi, solo prodotti e/o servizi che sono in linea con i propri stili di consumo (anche idealizzati) che sono sempre di più fortemente personalizzati. In questa società, che ha portato ad enfatizzare la dimensione narcisisitica di consumi, si è passati, così, dalla fase dell'avere (il consumismo strumentale al mettere in mostra il proprio status) alla fase dell'essere (i consumi divengono strumentali al soddisfacimento di bisogni, desideri ed aspirazioni co-erenti con un modello di stile di vita). In tale ottica, pertanto, un'impresa che vuole continuare ad essere competitiva deve essere molto at-tenta a mettere sul mercato esclusivamente prodotti e servizi progettati in sintonia con il modello di aspettative e la tipologia della clientela appartenente al segmento di mercato di riferimento. In aiuto , interviene il prof. Gerardo Ragone 8 che propone un modello a tre fasi per schematizzare l'impegno delle società industriali verso nuovi prodotti (e servizi) che risultino coerenti con l'evoluzione della cultura media del cittadino-consumatore: consumismo della novità; consumismo della distinzione; consumismo della qualità. 1.7. IL CLIENTE INTERNO. Ma il cliente non è solo quello "finale". Infatti, l'intera struttura aziendale potrebbe essere schematizzata in una unica lunga catena fornito-re/cliente, nella quale si devono succedere armonicamente, sincronicamente e costruttivamente tutti i rapporti tra i soggetti (gli anelli) che si vengono a trovare nello scenario strutturale come tante "aziende elementari" (anche individuali), ognuna delle quali, per una parte delle proprie attività, risulterà "fornito-re" e per altre "cliente". Allora, una impresa può essere di Qualità, quindi competitiva, solo se ciascun componente del suo si-stema (ovvero ciascun anello della catena interna fornitore/cliente) 9: • conosce e comprende i bisogni e le esigenze del "cliente finale" e adegua a questi i propri com-

portamenti; • conosce e comprende i bisogni e le esigenze del proprio "cliente a valle" e adegua a questi i propri

comportamenti; • individua "i processi" del sistema produttivo che lo riguardano e si impegna a migliorarli; • individua le caratteristiche delle prestazioni che si aspetta dal proprio "fornitore a monte", anche

se interno. Da qui deriva l'importanza, la centralità e l'insostituibilità dell'individuo, anello di una catena che sarà tanto più solida quanto più elevato sarà il livello della sua coscienza, della sua responsabilità, del suo

7 Michele SORICE, LE CULTURE DEL CONSUMO, una ricostruzione storica del caso italiano, Edizioni Millelire

Stampa Alternativa, Viterbo, 1995. 8 Gerardo RAGONE, I CONSUMI IN ITALIA TRA NOVITA', QUALITA' E DISTINZIONE, in "La Moda Italiana", volume

2°, Edizioni Electa, Milano, 1987. 9 FUNZIONE CENTRALE QUALITA' FS, IL PIANO DELLA QUALITA' FS 1993 , Ferrovie dello Stato, Roma, dic. 1992.

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impegno: del suo grado di coinvolgimento (cioè di come si sente una parte importante ed insostituibile dell'impresa. La Qualità può divenire, in sintesi, il risultato di un modo "attivo" di lavorare (di vivere e di comportarsi), mentre la non-qualità sarà sempre il risultato di un modo "passivo" di affrontare il lavoro e, più in gene-rale, la vita. Del resto la motivazione delle risorse umane nasce dalla esatta e convinta comprensione dei compiti ad esse affidate e del modo in cui tali compiti influenzano l'insieme delle attività di una impresa. Nel nostro caso, i ferrovieri, a tutti i livelli, devono avere la consapevolezza che il corretto operare di ciascuno porta solo vantaggi per tutti; mentre scarsa professionalità e modesto coinvolgimento com-portano solo conseguenze negative sui colleghi, sulla soddisfazione del cliente finale, sui costi operati-vi e sui risultati economici dell'impresa. Così recita la norma UNI EN 29004, ma così recitava, oltre 1500 anni fa, una analoga norma di Sant'Agostino che, nella "regola aurea" invitava a "non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te". Il cliente interno deve, quindi, impegnarsi quotidianamente, con azioni e comportamenti adeguati, sul campo della lotta alla riduzione della "non-qualità" che si trasforma in costi e disservizi . Eppure, ancora oggi, vi sono persone che continuano ad affermare che la Qualità è un lusso e che non tutte le imprese non possono pagarsela; costoro sono vittime "forse inconsapevoli" di una cultura di-storta; gli unici costi sicuramente elevati che incontra una impresa sono quelli addebitabili alla "non-qualità". Per costi della non-qualità si intendono normalmente quelli relativi agli sprechi che sono la conseguen-za di prodotti (nel nostro caso di servizi) invendibili o rimasti invenduti. Ad esempio, in una impresa ferroviaria potrebbero essere anche identificati (perché visibili) nelle tonnellatexkm e nei postixkm of-ferti, rimasti invenduti. Altri costi della non-qualità potrebbero essere anche quelli legati al sovra-dimensionamento delle risorse indotto dalle inefficienze. Ma è indubitabile che, comunque, la non-qualità genera l'insoddisfazione dei clienti e questa finisce per costarci molto cara. Perché questi clienti insoddisfatti: • decideranno di non prendere più il treno o il mezzo di trasporto; • lo prenderanno meno spesso; • parleranno male dell’Impresa di trasporto. 1.8. IL CLIENTE E' L'ELEMENTO MOTORE. Si è visto quindi che fare Qualità in una qualsiasi impresa significa, prima di tutto, ribaltare la logica tradizionale che vedeva il cliente solo come elemento terminale esterno e quasi accessorio al sistema di offerta. Invece, una volta adottato il cliente come elemento motore ed organizzatore delle attività quotidiane, la piena soddisfazione delle sue attese finisce per diventare la ragione stessa dell'esisten-za dell'impresa stessa. Ma un cambiamento del genere non si realizza in un anno e nemmeno in un decennio senza la convin-ta partecipazione di tutti, in uno spirito di nuova disponibilità alla collaborazione che coinvolga chi lavo-ra nell'impresa, qualunque livello di responsabilità esso risulti collocato.

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Tavola 1 - IL MODELLO PARASURAMAN DELLA QUALITA' DEI SERVIZI. (da A. Parasuraman - )

A. Parasuraman -uno dei massimi guru della Qualità dei servizi- ha individuato i 10 fattori determi-nanti della qualità dei servizi: • affidabilità (implica la corrispondenza tra presatazione e fiducia. Significa che l'azienda esegue

il servizio nel modo giusto la prima volta. Significa anche che l'azienda mantiene le proprie promesse.);

• capacità di risposta (riguarda la volontà e la prontezza degli addetti nel fornire il servizio. Comprende la tempestività del servizio.);

• competenza (significa possedere le abilità e le conoscenze necessarie ad eseguire il servizio. Comprende: conoscenza ed abilità del personale a contatto con il cliente; conoscenze ed abilità del personale di supporto operativo; capacità di ricerca dell'organizzazione.);

• accesso (riguarda la possibilità di accesso e la facilità di contatto. Vuol dire: servizio facilmen-te accessibile anche telefonicamente; tempi di attesa non lunghi quando si offre il servizio; orari di apertura comodi; comoda ubicazione delle attrezzature di servizio);

• cortesia (significa gentilezza, rispetto, considerazione ed amabilità da parte del personale di contatto. Comprende: considerazione per quanto è di proprietà del consumatore; aspetto pulito e curato del personale a contatto con il pubblico);

• comunicazione (significa tenere informati i clienti con un linguaggio comprensibile a loro e prestare loro ascolto. Il che può anche voler dire che l'azienda dovrà adattare il linguaggio alla portata di ogni tipo di cliente; esprimersi in maniera più evoluta con i clienti più colti e spiegarsi in modi più semplici con quelli meno esperti. Include: spiegare il servizio stesso; precisare quanto costerà; spiegare le relazioni tra servizio e costo; rassicurare il cliente che l'inconvenien-te sarà risolto);

• credibilità (significa fiducia e onestà. Essa comporta l'avere a cuore l'interesse del cliente. Contribuiscono alla credibilità: nome dell'azienda; reputazione dell'azienda; caratteristiche per-sonali del personale a contatto con i clienti);

• sicurezza (è la libertà dal pericolo, dal rischio o dal dubbio. Comprende: sicurezza fisica; sicu-rezza finanziaria; riservatezza);

• capire/conoscere il cliente (significa adoperarsi per capire le esigenze del cliente. Compren-de: imparare quali sono le esigenze specifiche del cliente; prestare attenzione individualizzata; riconoscere il cliente abituale);

• attività tangibili (comprendono l'aspetto fisico del servizio: attrezzature fisiche; aspetto del personale; strumenti o attrezzature per fornire il servizio; rappresentazioni fisiche del servizio; altri clienti all'interno degli impianti in cui si offre il servizio).

C'è un filo conduttore che unisce saldamente tra loro tutti i fattori qui elencati: la "centralità del-l'uomo" nei processi finalizzati al conseguimento di risultati di qualità nei servizi.

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2. LE NUOVE ISO 9000:2000 (VISION 2000): i principi di gestione per la Qualità. 10

LO STANDARD INTERNAZIONALE ISO9000:2000. Il 15 dicembre 2000 l’ISO (International Organization for Standardization: l’Organizzazione Internazio-nale per la Standardizzazione) ha ufficialmente emanato la revisione della normativa internazionale (standard) della serie ISO9000 relativamente alla gestione per la Qualità delle organizzazioni. La decisione, successiva alla favorevole votazione finale dei rappresentanti dei 137 Paesi membri dell’ISO, conclude un importante percorso avviato nel 1990 con la proposta di definizione di una “visio-ne” interna delle strategie dell’apposito Comitato Tecnico 176 dell’ISO (“Assicurazione Qualità e Ge-stione per la Qualità”) approvata nel 1992 e sintetizzata con il famoso slogan Vision 2000. Il nuovo quadro normativo delle ISO9000:2000 è il risultato, quindi, di un lavoro che ha messo insieme migliaia di esperti di tutto il mondo, durato anni, al fine di aggiornare la precedente edizione (interme-dia) del 1994 adeguandola alla evoluzione sia delle tecniche organizzative, sia delle regole della com-petizione nei mercati mondiali, recependo i risultati delle applicazioni alle diverse tipologie di organiz-zazioni. Tutta l’architettura della normativa poggia su: un nuovo impianto organizzativo (“la coppia coerente”: ISO9001 e ISO9004); gli otto principi di gestione della Qualità (che potrebbero essere anche denominati “principi di

buona gestione”); sulle quattro grandi fasi del macro processo gestionale (tra di loro interconnesse nel ciclo di De-

ming: Plan – Do – Check – Act): responsabilità della Direzione; gestione delle risorse; realizzazione del prodotto e del servizio; misurazioni, analisi e miglioramento;

alcuni concetti chiave (ascolto dei clienti; definizione degli obiettivi; scelta dei processi che con-sentono di conseguire gli obiettivi prefissati; attenzione ai processi; impegno per il miglioramento continuativo; avere l’ossessione per la misura e per la raccolta e l’analisi dei dati; l’esigenza di regi-strazioni; impegno dell’organizzazione alla soddisfazione dei clienti esterni e interni);

una nuova terminologia. Il risultato del progetto di riprogettazione dello standard internazionale “per la gestione per la Qualità”, si è concretizzato nella emanazione delle seguenti norme: 10 articolo pubblicato sulla Rivista “L’Amministrazione Ferroviaria”, CAFI, Roma, n. 5/maggio 2001.

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1. ISO 9000:2000 - SISTEMI DI GESTIONE PER LA QUALITA’: Fondamenti e terminologia. 2. ISO 9001:2000 - SISTEMI DI GESTIONE PER LA QUALITA’: Requisiti. 3. ISO 9004:2000 - SISTEMI DI GESTIONE PER LA QUALITA’ : Linee guida per il migliora mento delle prestazioni. la nuova definizione di Qualità. In particolare con le nuove ISO 9000:2000 è stata individuata una nuova definizione di QUALITA’: “grado in cui un insieme di caratteristiche [elemento distintivo] intrinseche soddisfa i requisiti [esigenza o aspettativa che può essere espressa, normalmente implicita o cogente].” In particolare, viene sottolineato che: Il termine “qualità” può essere utilizzato con aggettivi quali scarsa, buona o eccellente. L’aggettivo “intrinseco” significa che è presente in qualche cosa, specialmente come ca-

ratteristica permanente. i principi di gestione per la Qualità. Praticamente nelle prime righe della ISO9000:2000 si sottolinea che “il successo può derivare dall’attuazione e dall’aggiornamento di un sistema di gestione progettato per migliorare con continui-tà le prestazioni venendo incontro alle esigenze di tutte le parti interessate”. Ma, “per guidare e far funzionare con successo una organizzazione bisogna dirigerla e tenerla sotto controllo in maniera sistematica e trasparente”. Il nuovo standard ISO9000:2000 identifica otto principi di gestione per la Qualità come quadro di riferi-mento per il miglioramento delle prestazioni di una organizzazione. Questi principi hanno lo scopo di aiutare le organizzazioni ad ottenere un successo duraturo. Gli otto principi di gestione per la Qualità sono: 1 Organizzazione

orientata al cliente Le organizzazioni dipendono dai propri clienti e dovrebbero, pertanto: capire le loro esigenze presenti e future, soddisfare i loro requisiti, mirare a superare le loro stesse aspettative

2 Leadership I capi stabiliscono unità di intenti e di indirizzo della organizzazione. Essi dovrebbero creare e mantenere un ambiente interno che riesca a coinvolgere pienamente tutto il personale nel perseguimento degli o-biettivi dell’organizzazione.

3 Coinvolgimento del personale

Le persone, a qualsiasi livello esse si trovino, costituiscono l’essenza di una organizzazione ed il loro pieno coinvolgimento permette di porre le loro capacità al servizio della organizzazione stessa.

4 Approccio basato sui processi

Un risultato desiderato si ottiene con maggiore efficienza quando le re-lative attività e risorse sono gestite come un processo.

5 Approccio sistemico alla gestione

Identificare, capire e gestire –come se fossero un unico sistema- pro-cessi tra di loro correlati contribuisce all’efficacia ed all’efficienza dell’organizzazione nel conseguire i propri obiettivi.

6 Miglioramento continuo

Il miglioramento continuativo delle prestazioni complessive dovrebbe essere un obiettivo permanente dell’organizzazione.

7 Decisioni basate su dati di fatto

Le decisioni efficaci si basano sulla analisi di dati e di informazioni.

8 Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori

Una organizzazione ed i suoi fornitori sono interdipendenti ed un rap-porto di reciproco beneficio migliora, per entrambi, la capacità di creare valore.

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Analizzando con attenzione la struttura dei principi, il miglioramento continuo viene a costituire una sorta di “super principio” che attraversa trasversalmente e condiziona fortemente i restanti sette. In quanto, se la soddisfazione del cliente e delle parti interessate costituisce l’obiettivo vero di una organizzazione, il miglioramento continuo è il “motore” della gestione di una qualsiasi organizzazio-ne che voglia competere guidando (e mantenendo sotto controllo) i propri processi, in modo tale da conseguire risultati che risultino in sintonia con le mutevoli modificazioni delle esigenze e delle aspetta-tive dei diversi clienti. Il Comitato Tecnico ISO/TC 176, per mostrare al management delle diverse organizzazioni i benefici che si possono trarre dall’adozione degli otto principi di gestione per la Qualità, ha formulato alcune importanti indicazioni. In queste indicazioni, per ciascuno degli otto principi sono stati evidenziati: le azioni che dovrebbero essere prese per poter applicare correttamente il principio in questione; i benefici che possono essere tratti dalla organizzazione che li applica.

Si riporta, di seguito, una interpretazione sintetica dei singoli principi. PRINCIPIO 1: ORGANIZZAZIONE ORIENTATA AL CLIENTE. Le organizzazioni dipendono dai propri clienti e dovrebbero, pertanto: capire le loro esigenze/necessità presenti e future, soddisfare i loro requisiti, sforzarsi per superare le loro stesse aspettative

Il principio implica di: - identificare le necessità dei diversi clienti (e/o parti interessate) e le loro aspettative in senso

lato; - rendere consapevole di tali necessità ed aspettative tutta l’organizzazione che è chiamata a

realizzarle; - tenere conto delle attese anche di quel particolare cliente che è la comunità sociale (ambien-

te, sicurezza, e così via). Azioni che devono essere attivate per applicare il principio:

- comprendere l’intero spettro di bisogni espliciti ed impliciti del cliente, relativamente a caratte-ristiche del prodotto/servizio, prezzo, modalità di consegna, post-vendita, e così via;

- costruire e mantenere un rapporto equilibrato tra bisogni ed aspettative dei clienti e delle altre parti che hanno interesse nell’organizzazione (la proprietà, i dipendenti, i fornitori, la comunità ed in genere la società);

- comunicare questi bisogni ed aspettative all’interno di tutta l’organizzazione; - misurare la soddisfazione dei clienti ed assumere, di conseguenza, tutte le azioni che si do-

vessero rendere necessarie; - gestire correttamente e costruttivamente il rapporto con i clienti.

Benefici che derivano alla organizzazione:

- nella formulazione di strategie e di politiche per la Qualità, aver fatto comprendere a tutti i li-velli dell’organizzazione i bisogni dei clienti e delle altre parti portatrici di interessi nell’organizzazione;

- nella definizione di obiettivi e di traguardi, ci si assicura che gli obiettivi ed i traguardi siano di-rettamente correlati con i bisogni e con le aspettative dei clienti;

- nella gestione operativa quotidiana, aumentando le prestazioni dell’organizzazione nel soddi-sfare i bisogni dei clienti;

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- nella gestione delle risorse umane, ci si assicura che ogni persona disponga della conoscen-za e della competenza necessaria e sufficiente per soddisfare i clienti.

* * * * * PRINCIPIO 2: LEADERSHIP (CAPACITÀ DI DIRIGERE). I capi stabiliscono unità di intenti e di indirizzo della organizzazione. Essi dovrebbero creare e mantenere un ambiente interno che riesca a coinvolgere pienamente tutto il personale nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione. Azioni che devono essere attuate per applicare il principio:

- essere proattivo e guidare le persone con l’esempio; - comprendere i cambiamenti che si verificano nell’ambiente esterno ed adeguare

l’organizzazione agli stessi; - tenere sempre presenti i bisogni di tutti coloro che hanno interessi nell’organizzazione, inclusi

i clienti, la proprietà, i dipendenti, i fornitori, la comunità locale e la società in generale; - definire e comunicare costantemente una chiara visione del futuro dell’organizzazione; - definire e comunicare nel tempo dei valori ed un modello di comportamento (etica

dell’organizzazione) a tutti i livelli dell’organizzazione; - costruire condizioni lavorative che creino l’accordo e l’affiatamento tra le persone e che ri-

muovano tensioni, paure ed ansie; - mettere a disposizione delle persone sia le risorse necessarie per svolgere correttamente il lo-

ro lavoro, sia delle condizioni lavorative che riconoscano i livelli di responsabilità assegnati; - ispirare, incoraggiare e riconoscere i contributi e gli sforzi delle persone (e non solo i risultati); - promuovere una comunicazione aperta, sincera e leale tra le persone; - educare, addestrare ed “allenare” le persone; - stabilire obiettivi e traguardi ambiziosi; - implementare una strategia adeguata per il raggiungimento questi obiettivi e questi traguardi.

Benefici che derivano alla organizzazione:

- nella formulazione di strategie e di politiche per la Qualità, ci si assicura di aver definito, e comunicato in modo chiaro la visione del futuro dell’organizzazione;

- nella definizione di obiettivi e di traguardi, si è in grado di trasformare la visione del futuro un obiettivi misurabili e traguardi quantificabili;

- nella gestione operativa di tutti i giorni, si ottiene la collaborazione di persone responsabilizza-te e coinvolte;

- nella gestione delle risorse umane, ci si assicura la presenza di persone responsabilizzate, motivate, consapevoli ed affidabili.

* * * * *

PRINCIPIO 3: COINVOLGIMENTO DELLE PERSONE. Le persone, a qualsiasi livello esse si trovino, costituiscono l’essenza di una organizzazione ed il loro completo coinvolgimento permette di porre le loro capacità al servizio della organizzazione stessa.

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Azioni che devono essere attivate (da tutte le persone appartenenti all’organizzazione) per applica-re il principio:

- accettare la responsabilità di risolvere i problemi; - ricercare attivamente opportunità per generare il miglioramento; - ricercare attivamente opportunità per aumentare le competenze, le conoscenze e le esperien-

ze delle persone; - condividere concretamente le conoscenze e le esperienze attraverso il lavoro di gruppo; - essere estremamente focalizzati sulla creazione di valore per i clienti; - essere innovativi e creativi nell’individuare gli obiettivi dell’organizzazione; - migliorare le modalità di presentazione dell’organizzazione nei confronti dei clienti, della co-

munità locale e della società in generale; - essere entusiasti ed orgogliosi di far parte dell’organizzazione.

Benefici che derivano alla organizzazione: - nella formulazione di strategie e di politiche per la Qualità, le persone contribuiscono effetti-

vamente al miglioramento delle strategie e delle politiche dell’organizzazione; - nella definizione di obiettivi e di traguardi, le persone condividono gli obiettivi definiti dalla or-

ganizzazione in quanto li hanno fatti propri; - nella gestione operativa quotidiana, le persone sono coinvolte nei processi decisionali e nel

processo di miglioramento continuo in modo opportuno; - nella gestione delle risorse umane, le persone sono sempre più soddisfatte del proprio lavoro

e si sentono protagoniste della propria crescita e del proprio sviluppo professionale, per il be-ne dell’organizzazione.

* * * * *

PRINCIPIO 4: APPROCCIO BASATO SUI PROCESSI. Un risultato desiderato si ottiene con maggiore efficienza quando le relative risorse ed attività correlate sono gestite come un processo. Il processo prevede: che sia definito che cosa ottenere, cioè il suo prodotto/servizio; chi sono i suoi fornitori, esterni o interni all’organizzazione e che cosa essi debbano fornire; che si accerti come funziona il processo stesso, perché funziona nel modo accertato e come lo si

possa migliorare; chi governa tutto il processo.

Azioni che devono essere attivate per applicare il principio:

- descrivere i processi necessari per il raggiungimento dell’obiettivo dell’intera organizzazione, intesa come sistema;

- identificare e misurare gli input e gli output dei processi; - identificare come i processi si pongono in relazione con le diverse funzioni dell’organizzazione

(evidenziando le interdipendenze); - valutare i possibili rischi, conseguenze ed impatti sui clienti, sui fornitori e sulle altre parti che

mantengono interessi nell’organizzazione; - definire chiaramente le responsabilità ed allinearle con le autorità, definire il sistema di misura

per la gestione dei processi;

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- identificare i clienti esterni ed interni, i fornitori e tutti coloro che hanno un interesse nella or-ganizzazione;

- nel disegnare i processi si devono tenere in considerazione le attività elementari costitutive i processi, i flussi operativi, i punti di controllo dei livelli qualitativi, la formazione necessaria, le risorse, i metodi, i dati, i materiali che servono per raggiungere il risultato desiderato.

Benefici che derivano alla organizzazione:

- nella formulazione di strategie e di politiche per la Qualità, adottare una visione sistemica dell’organizzazione, rappresentandola in processi che la attraversano;

- nella definizione di obiettivi e traguardi, comprendere i processi consente di raggiungere o-biettivi ambiziosi;

- nella gestione operativa quotidiana adottare un approccio sistemico (strutturato per processi) porta a minori costi, a minori errori, alla riduzione della variabilità, a tempi di consegna inferiori ed a risultati più prevedibili;

- nella gestione delle risorse umane, disegnare processi di gestione delle stesse (ed in partico-lare delle fasi reclutamento, sviluppo e formazione) più efficienti permette all’organizzazione di avere persone in grado di lavorare in modo adeguato e consapevole per il conseguimento degli obiettivi assegnati.

* * * * *

PRINCIPIO 5: APPROCCIO SISTEMICO ALLA GESTIONE AZIENDALE. Identificare, capire e gestire (come se fossero un unico sistema) processi tra di loro correlati contri-buisce all’efficacia ed all’efficienza dell’organizzazione nel conseguire i propri obiettivi. Azioni che devono essere attivate per applicare il principio:

- definire il sistema identificando o rappresentando i diversi processi che lo compongono; - strutturare il sistema per raggiungere gli obiettivi nella maniera più efficiente; - comprendere la interdipendenze tra i processi che compongono il sistema; - avviare e sostenere un processo di miglioramento continuo avvalendosi di un sistema di misu-

ra; - stabilire i vincoli nella disponibilità delle risorse, prima di avviare qualsiasi azione.

Benefici che derivano alla organizzazione:

- nella formulazione di strategie e di politiche per la Qualità, la creazione di programmi onni-comprensivi che legano gli input di funzione e di processo;

- nella definizione di obiettivi e traguardi, gli obiettivi di ogni processo sono allineati e coerenti con l’obiettivo del sistema;

- nella gestione operativa quotidiana, una chiara e profonda conoscenza dei processi e delle lo-ro prestazioni porta alla comprensione delle cause dei problemi ed alla capacità di intervenire rapidamente nella maniera adeguata;

- nella gestione delle risorse umane, fornisce una migliore comprensione dei ruoli e delle re-sponsabilità che servono per raggiungere l’obiettivo comune, oltre la fatto che abbattono le barriere tra le diverse funzioni e migliorano lo sviluppo del lavoro di gruppo.

* * * * *

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PRINCIPIO 6: MIGLIORAMENTO CONTINUO. Il miglioramento continuo delle prestazioni complessive dovrebbe essere un obiettivo permanente dell’organizzazione. Il miglioramento continuo di processi, prodotti/servizi e sistemi deve diventare un obiettivo di ciascuno e dell’intera organizzazione: bisogna stabilire dei criteri di misura, e dei traguardi per il miglioramento.

Azioni che devono essere attivate per applicare il principio:

- perseguire il miglioramento continuo di prodotti/servizi, processi e dei sistemi, deve essere un obiettivo di ogni persona nell’organizzazione;

- applicare i concetti fondamentali del miglioramento continuativo e del miglioramento attraver-so l’innovazione;

- fare valutazioni periodiche degli scostamenti tra gli obiettivi ed i risultati per individuare le aree di miglioramento potenziale;

- migliorare continuativamente l’efficienza e l’efficacia di tutti i processi; - promuovere le attività di prevenzione; - fornire ad ogni persona un adeguato addestramento (e formazione) sui metodi e strumenti

del miglioramento continuo, quali: - il ciclo di Deming PDCA, - il problem solving, - il ridisegno dei processi, - l’innovazione di processo;

- definire unità di misura coerenti con l’obiettivo del sistema per guidare le azioni di migliora-mento;

- riconoscere i miglioramenti. Benefici che derivano alla organizzazione:

- nella formulazione di strategie e di politiche per la Qualità, costruire e realizzare un business plan più competitivo mediante l’integrazione del concetto di miglioramento continuativo con la pianificazione strategica;

- nella definizione di obiettivi e traguardi, definendo obiettivi di miglioramento realistici e met-tendo a disposizione le risorse necessarie per raggiungerli;

- nella gestione operativa quotidiana, coinvolgendo le persone nel processo di miglioramento continuativo;

- nella gestione delle risorse umane, mettendo a disposizione di ogni persona gli strumenti, le opportunità e l’incoraggiamento per migliorare prodotti/servizi, processi e sistemi.

* * * * *

PRINCIPIO 7: DECISIONI BASATE SU DATI DI FATTO. Le decisioni efficaci si basano sulla analisi dei dati e delle informazioni.

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Azioni che devono essere attivate per applicare il principio: - effettuare misurazioni e raccogliere dati ed informazioni (definire, cioè, un sistema di misura)

coerenti con l’obiettivo del sistema; - assicurarsi che le informazioni siano sufficientemente accurate, affidabili ed accessibili; - analizzare i dati con metodi adeguati; - conoscere il valore delle tecniche statistiche; - prendere decisioni e porre in essere azioni basate sui risultati di analisi logiche che tengano

conto dell’esperienza e delle intuizioni. Benefici che derivano alla organizzazione:

- nella formulazione di strategie e di politiche per la Qualità, si formulano strategie più realisti-che e più realizzabili grazie al fatto di averle basate su dati affidabili;

- nella definizione di obiettivi e traguardi, si possono usare dati realistici nella definizione di o-biettivi e nella valutazione dei risultati;

- nella gestione operativa quotidiana, i dati e le informazioni sono la base per conoscere i pro-cessi ed il sistema e, quindi, per guidare il processo di miglioramento continuativo e prevenire i possibili problemi nel futuro;

- nella gestione delle risorse umane, analizzando dati ed informazioni ed i feedback delle per-sone si è guidati nella formulazione delle politiche di gestione delle persone.

* * * * * PRINCIPIO 8: RAPPORTI DI RECIPROCO BENEFICIO CON I FORNITORI . Una organizzazione ed i suoi fornitori sono interdipendenti ed un rapporto di reciproco beneficio miglio-ra, per entrambi, la capacità di creare valore. Azioni che devono essere attivate per applicare il principio:

- identificare e selezionare i fornitori principali; - stabilire con questi fornitori una relazione di partnership che mantenga un equilibrio tra i bene-

fici di breve termine ed i vantaggi di lungo termine per l’organizzazione e la società in genera-le;

- creare un canale di comunicazione chiaro ed aperto; - iniziare sviluppi congiunti di nuovi prodotti/servizi e processi; - definire congiuntamente quali siano i bisogni del cliente finale; - condividere informazioni e programmi futuri; - riconoscere i miglioramenti ed i risultati raggiunti dal fornitore.

Benefici che derivano alla organizzazione:

- nella formulazione di strategie e di politiche per la Qualità, creare un vantaggio competitivo mediante lo sviluppo di alleanze strategiche e partnership con i fornitori;

- nella definizione di obiettivi e traguardi, stabilire obiettivi e traguardi ancora più ambiziosi me-diante il coinvolgimento dei fornitori;

- nella gestione operativa quotidiana, creare e mantenere un rapporto di fornitura che assicuri forniture stabili, affidabili e di qualità;

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- nella gestione delle risorse umane, sviluppando e migliorando le capacità dei fornitori con programmi di formazione e progetti di miglioramento congiunti.

IL MODELLO DI APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI GESTIONE PER LA QUALITÀ.

1. organizzazione orientata al cliente

8. rapporti di reci-proco beneficio con i fornitori

2. leadership

7. decisioni basa-te su dati di fatto

applicazione dei principi di

gestione per la Qualità

3. coinvolgimento del personale

6. miglioramento continuativo

4. approccio basato sui pro-cessi

5. approccio sistemico della gestione

Bibliografia: 1. COLONNA Fabrizio & SINCERT, QUALITA’ & ISO/DIS 9001:2000, supplemento a De Qualitate, allegato al n.

3/2000; 2. ISO/TC176/SC 2, QUALITY MANAGEMENT PRICIPLES AND GUIDELINES ON THEIR APPLICATION, Commit-

tee draft ISO/CD 9004-8, 96.06.28; 3. http://www.mst.toc.it/vademecum/principi-di-gestione-qualità(lineeguida).html, LINEE GUIDA PER

L’APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI GESTIONE DELLA QUALITA’; 4. NICOLOSO Ennio, SISTEMI GESTIONE QUALITA’ E VISION 2000, in Atti del XX Convegno AICQ, Bologna.

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3. Dalla insoddisfazione dei clienti al miglioramento dei processi. 11 I reclami che giungono ad una impresa non sono utili per misurare il grado di soddisfazione dei servizio offerto, ma costituiscono un elemento necessario sia per conoscere i punti di crisi del sistema di ero-gazione dell’offerta, sia per attivare percorsi di rimozione delle cause che hanno generato i disservizi (che hanno scatenato la lamentela, o la delusione). Quindi, i reclami, se ben gestiti, possono costituire uno degli elementi-motore del percorso di migliora-mento continuo dei livelli di performance (interni ed esterni) di una impresa e di realizzazione di una progressiva sintonia con le aspettative della clientela. Conseguentemente, riuscire ad edificare un rapporto costruttivo tra cliente ed impresa/fornitore è un passaggio indispensabile per costruire una posizione vincente a quelle imprese che vogliono affermar-si nella competizione quotidiana , con altri concorrenti. In questa nota, si vogliono fornire alcuni elementi utili per comprendere, nel loro complesso, gli aspetti basilari per affrontare la tematica “gestione della fenomenologia dei reclami per il miglioramento della Qualità”. SCENARIO LOGICO DI RIFERIMENTO. “Bisogna cambiare prima che sia necessario; perché, quando il cambiamento diventa necessario è, ormai, già troppo tardi"; così teorizza nei suoi seminari, quasi provocatoriamente, Franco d’Egidio, uno dei guru italiani nel campo della Qualità personale e dei servizi. Ma, una impresa si trova nelle condizioni di individuare, con tempestività, il momento adatto per ade-guare i propri modelli gestionali e la propria offerta alle esigenze del mercato, solo se ha “sotto control-lo”12 sia l’intero processo produttivo, sia il grado di allineamento con il mercato (attraverso la puntuale misurazione del grado di soddisfazione/ insoddisfazione della clientela finale). E’ questo il modo per riuscire ad essere, sistematicamente e puntualmente, in sintonia con il mercato, nonché per avere la possibilità di registrare (e di decodificare) tempestivamente i “segnali deboli” che provengono dalla clientela (attuale e potenziale).

11 articolo pubblicato sulla Rivista “L’Amministrazione Ferroviaria”, CAFI, Roma, n. 5/maggio 2000 (pagine 13 – 20). 12 Nel settore della Qualità, il termine controllo deve essere considerato partendo dalla traduzione,

dall’inglese, del verbo “control”, che significa pilotare, governare, sovrintendere.

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Si ha, così, la possibilità di conoscere sia il momento giusto per avviare cambiamenti, sia la tipologia e l’entità degli stessi, nonché le modalità per la loro adozione. Uno dei passaggi critici del processo di “control” dei processi produttivi è sicuramente la misurazione del grado di soddisfazione della clientela (Qualità Percepita; indici di Customer Satisfaction). Infatti, l’attivazione e la gestione di un corretto Sistema di monitoraggio della Qualità consente: di conoscere la pagella che il cliente compila (all’interno della propria sfera emotiva personale) per

i diversi prodotti/servizi offerti da un’impresa; di risalire alle cause dei disservizi (e/o delle non-Qualità), partendo dagli effetti e dai sintomi.

La norma internazionale UNI-EN-ISO 8402:199513 definisce Qualità “l’insieme delle caratteristiche di una entità (prodotti, servizi, persone, aggregazioni, e così via) che ne determinano la capacità di sod-disfare esigenze espresse ed implicite”. Questo concetto complesso e multidisciplinare viene spesso sintetizzato nella seguente affermazione: “la qualità è quanto percepisce il cliente, per cui può essere considerata come ciò che questi percepi-sce come tale”. In sintesi, quindi, la misurazione della Qualità e della soddisfazione del cliente deve essere effettuata per le seguenti principali motivazioni14: ♦ per conoscere le impressioni del cliente; ♦ per determinare i bisogni, le esigenze, le richieste e le aspettative del cliente; ♦ per superare gli scostamenti (i cosiddetti gap):

- tra ciò che l’impresa pensa essere il bisogno del cliente e ciò che questo vuole realmente; - tra ciò che l’azienda ritiene sia stato acquistato da un cliente e ciò che questi percepisce aver

ricevuto; - tra qualità del servizio che il fornitore crede di dare e ciò che il cliente percepisce di ricevere; - tra aspettative dei clienti sulla qualità del servizio e performance reale; - tra promesse commerciali e livello reale;

♦ per controllare l’andamento del progetto di miglioramento della qualità del servizio e della soddi-sfazione del cliente;

♦ perché una performance superiore porta profitti maggiori; ♦ per scoprire come l’impresa sta andando ed in che direzione puntare; ♦ per avviare un processo di miglioramento continuo. Quindi, l’attivazione di un sistema di misurazione (e/o monitoraggio) consente di conoscere, nel tempo, sia il livello di soddisfazione/insoddisfazione della clientela, la modificazione delle “aspettative” del mercato (i livelli di importanza delle diverse componenti elementari dell’offerta) ed i relativi trend; con-sente inoltre di valutare eventuali modificazioni in seguito all’adozione di eventuali “modifiche”. Partendo dai risultati delle “misurazioni”, mediante le più conosciute tecniche della Qualità (il Quality Function Deployment ed il Problem Solving), si ha la possibilità di intervenire nel sistema produttivo per rimuovere le carenze dell’offerta e per rimuovere le principali cause che sono a monte dei disservizi. Il Quality Function Deployment è una metodologia utilizzata per convertire le esigenze della clientela in caratteristiche di “qualità” del prodotto/servizio misurabili e per sviluppare il progetto dello stesso, e-splodendo sistematicamente le relazioni esistenti tra le esigenze e le caratteristiche (cioè, dal livello di qualità di ogni componente funzionale del servizio, sino alla qualità di ogni parte del processo). 15 Il passaggio più complesso da affrontare, nel processo che vede impegnata una impresa –che ha scel-to di operare seriamente per la Qualità- è quello relativo alla esigenza di individuare, correttamente e separatamente: 13 La norma UNI-EN-ISO 8402:1995 aveva per oggetto “GESTIONE PER LA QUALITÀ ED ASSICURAZIONE DELLA

QUALITÀ – TERMINI E DEFINIZIONI”. 14 Richard F. GERSON, MEASURING CUSTOMER SATISFACTION – A GUIDE TO MANAGING QUALITY SERVICE, by

Crisp Publications, Inc., Los Altos, California, Usa, 1993. 15 Sergio BINI, IL QUALITY FUNCTION DEPLOYMENT, in “L’Amministrazione Ferroviaria” - CAFI, Roma, n. 11/1996;

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i disservizi (gli effetti), le vere cause che li generano, i sintomi (i cosiddetti “eventi sentinella”).

Kaouru Ishikawa (uno dei massimi esperti mondiali nel campo della Qualità) teorizzava che “con il me-todo semplice dei sette strumenti statistici possono essere risolti il 95% dei problemi aziendali. Per il restante 5% è necessario un approccio diverso”. 16 L’applicazione di questi sette strumenti17 può avvenire secondo tre dimensioni: ♦ per l’identificazione dei problemi; ♦ per l’analisi dei problemi; ♦ sia per l’identificazione, sia per l’analisi dei problemi. Presso le imprese che vogliono risultare competitive in mercati concorrenziali, vengono, in particolare, sviluppate tipologie di indagini sulla Qualità Percepita tra la clientela, utili per affrontare scientificamen-te anche quel complesso mondo di aspetti “intangibili” che condizionano pesantemente i livelli di per-formance del servizio offerto e la loro percezione. Ovviamente, i risultati della “prima misurazione” non sono sempre correttamente interpretabili, perché non possono essere letti in modo “relativo”. Essi sono, comunque, molto importanti sia per eviden-ziare le valutazioni “assolute” formulate dalla clientela, sia per realizzare il “sistema di riferimento”, ri-spetto al quale posizionare i trend, costruiti con le misurazioni effettuate in tempi successivi. Un ruolo molto importante, nel processo di miglioramento del servizio, viene giocato dal cliente; il suo diretto coinvolgimento aiuta nel percorso di corretta comprensione di un “modello di aspettative” che risulti compatibile con le reali potenzialità del sistema. 18 OBIETTIVO: ATTENZIONE AL CLIENTE. Pur in presenza di carenze le imprese devono lavorare per andare incontro alle aspettative dei clienti ed alle esigenze del mercato, nonché misurarsi quotidianamente con gli altri competitori. 19 In particolare, notevole importanza deve essere riconosciuta al reclamo/suggerimento che proviene dal cliente, perché può risultare utile come proposta per migliorare i servizi offerti che devono essere di-namicamente adeguati alle esigenze del mercato. Infatti: un servizio al cliente scadente produce costi incalcolabili ad una qualsiasi impresa; un servizio che genera soddisfazione è un insostituibile mezzo strumentale sia al marketing, sia al

management. Il modo meno costoso per acquisire nuova clientela è quello del “passa-parola” (o della cosiddetta ”pubblicità bocca a bocca”). Cioè, di come la gente riesca velocemente e profi-cuamente a trasmettere, selettivamente, informazioni convincenti, sia in positivo che in negativo.

Da una indagine svolta dal Rockfeller Institute è emerso che i clienti non tornano più – cessando di es-sere, pertanto, tali – per le seguenti motivazioni: ♦ il 4% perché cambiano residenza o muoiono; ♦ il 28% per insoddisfazione sul prodotto/servizio, soprattutto per quanto concerne il rapporto quali-

tà/prezzo; 16 Sergio BINI, I SETTE STRUMENTI STATISTICI, in “L’Amministrazione Ferroviaria” – CAFI, Roma, n. 7/1996; 17 I sette strumenti statistici (o della Qualità Totale) sono: il Foglio Raccolta Dati; l’Istogramma; il Diagramma causa-effetto;

il Diagramma di Pareto; l’Analisi per stratificazione; il Diagramma di Correlazione; la Carta di Controllo; a questi, nella pratica, si aggiungono anche il Brainstorming ed il Metodo PDCA (Plan-Do-Check-Act).

18 Sergio BINI, LE ASPETTATIVE DEL CLIENTE DI UNA IMPRESA DI SERVIZI, in “L’Amministrazione Ferroviaria” - CA-FI, Roma, n. 12/1996;

19 Sergio BINI, LA QUALITA’ DOPO LA CARTA DEI SERVIZI: LA CARTA DELLA MOBILITA’, LA QUALITA’ E LA CU-STOMER SATISFACTION, in CISPEL (a cura di) “GUIDA ALLA CUSTOMER SATISFACTION NEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI” - HOEPLI/D’ANSELMI EDIZIONI, 1997;

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♦ il 68% perché non sono rimasti soddisfatti dal trattamento ricevuto; in particolare, in seguito ad un comportamento (anche solo ritenuto) caratterizzato da indifferenza e/o da scortesia del personale di front-line.

In particolare, una ulteriore ricerca svolta dall’American Society Training and Development, disaggrega il comportamento conseguente della clientela insoddisfatta di un servizio o di un prodotto: dei clienti insoddisfatti solo il 4% reclama, mentre il 96% se ne va senza dire niente; il 91% però non tornerà più. Su 27 clienti insoddisfatti solo uno reclama, mentre: ♦ gli altri 26 socializzano la propria delusione direttamente ad altre 10 persone ciascuno, per una

insopprimibile esigenza di vendicarsi dell’insoddisfacente servizio ricevuto; ♦ il 13% delle 260 persone interessate direttamente diffonde, a sua volta, la notizia negativa ad altre

20 persone ciascuno. Conseguentemente, dietro ogni reclamo ricevuto da un’azienda c’è una folla di (26+260+676=) 962 persone influenzate negativamente, che già partono prevenute in eventuali successive occasioni di acquisto. Risulta, inoltre, che la maggior parte dei clienti (tra il 54 ed il 70%) che hanno esposto delle lagnanze continuerà a rivolgersi con fiducia all’impresa se questa riesce a risolvere il problema sollevato. Se questi clienti, però, ritengono che l’azienda si sia data da fare velocemente ed in maniera efficace per la loro soddisfazione, oltre il 95% di loro riattiverà i rapporti e ne parlerà bene con altri20. Quindi, i clienti che trovano soddisfazione (o che hanno trovato soddisfazione) ai loro reclami sono pronti a darne positiva comunicazione a tre, quattro o, comunque, a non più di cinque persone. Pertanto, per compensare il danno provocato da ogni cliente scontento occorre soddisfarne almeno tre/quattro in più: cioè, costa cinque/sei volte di più acquisire un nuovo cliente, che conservarne uno fedele. Non si deve dimenticare che, comunque, la clientela rimane fedele ad un prodotto/servizio (e, quindi, all’impresa produttrice/erogatrice) quando: si sente trattata bene; valuta di ricevere il giusto corrispettivo per il denaro speso; registra di essere considerata (psicologicamente e fisicamente) legata all’azienda.

Da alcuni studi sperimentali sulla materia, emerge che il cliente individua per un servizio modesto e scadente le seguenti cause: ♦ dipendenti demotivati; ♦ insufficiente addestramento del personale; ♦ atteggiamento negativo dei dipendenti verso la clientela; ♦ differenze nella percezione tra ciò che il produttore crede che il cliente voglia e ciò che il cliente

effettivamente vuole; ♦ scostamenti nella percezione del prodotto o del servizio tra chi li fornisce ed il cliente che li riceve; ♦ differenza nella percezione tra il modo in cui l’operatore/produttore pensa che il cliente voglia es-

sere trattato e quello che il cliente realmente desidera, o il modo in cui è effettivamente trattato; ♦ mancanza di una filosofia del servizio, all’interno dell’azienda; ♦ convinzione che il trattamento e la risoluzione dei reclami trovano all’interno dell’azienda una mo-

desta importanza; ♦ dipendenti che non hanno l’autorità di dare un buon servizio, che non se ne assumono la respon-

sabilità e che non possono prendere decisioni con autonomia; ♦ cattivo trattamento dei dipendenti, come clienti. 20 Sergio BINI, QUALITA’ E PIANO DELLA QUALITA’ FS 1993, in Atti del Seminario sulla Qualità della Direzione Zona

Territoriale Sicilia FS – Palermo, 17 giugno 1993.

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Cercando di comprendere perché il cliente si sia lamentato -e dandogli una risposta accettabile- i re-clami si possono trasformare in una promozione per le vendite. Quindi, un reclamo, se ben gestito, può divenire una ottima occasione per fare marketing; infatti, un cliente diventa più motivato a rimanere fedele all’azienda se ha la consapevolezza che ci si è presi a cuore la sua situazione, dando una concreta soluzione al suo reclamo. Infatti, da altri studi, effettuati sull’argomento, risulta che più del 75% delle persone che reclama e vede il suo reclamo risolto, immediatamente farà un altro acquisto. OLTRE IL SERVIZIO AL CLIENTE. 21 Le ricerche nel settore hanno dimostrato che costa cinque o sei volte di più acquisire un nuo-vo cliente che mantenerne uno vecchio, anche quando si devono recuperare i contatti con “antichi” clienti; inoltre, è dimostrato che il valore della lealtà e della vita media di un cliente può essere stimato in oltre dieci volte il prezzo medio del singolo acquisito. Per fidelizzare i clienti occorre costruire un idoneo sistema di customer care, attraverso i se-guenti passaggi: a. coinvolgimento totale dell’alta direzione; b. conoscenza della clientela; c. reclutamento, istruzione e ricompensa adeguate del personale; d. ricompensa dei buoni risultati (sistema premiante); e. stare vicino al cliente (per ascoltarle ed entrare in sintonia); f. migliorare continuamente le prestazioni. Secondo un modello messo a punto da Richard F. Gerson, un noto studioso statunitense, per conquistare, sod-disfare e conservare i propri clienti per sempre, una impresa deve adottare cinquanta azioni-base, come riporta-to nella tabella 1. ASCOLTARE IL CLIENTE ATTRAVERSO IL RECLAMO.22 Il reclamo, nel rapporto cliente/azienda, costituisce una modalità di manifestazione del dissenso che l’azienda stessa non può ignorare e, dunque, deve gestire nell’ambito di un programma di Qualità. Ma, come tutte le procedure relative alla Qualità, anche la gestione dei reclami richiede un approccio etico; ciò comporta uno stile comunicazionale che ha il suo baricentro sul cliente e non sulla difesa ad oltranza ed aprioristica dell’azienda. Albert O. Hirschmann, in un suo famoso testo23, ha proposto il modello “dell’uscita e della voce” per descrivere le due modalità di espressione del dissenso e del possibile recupero del medesimo: “l’uscita è la via seguita dal cliente che, insoddisfatto del prodotto di una azienda, passa a quello di un’altra, e quindi usa il mercato per salvaguardare il proprio benessere, e così facendo attiva le forze di mercato per rimettere in sesto la cui competitività è scaduta, o crea le premesse perché una nuova a-zienda sostituisca del tutto la prima. Questo è il meccanismo economico (inequivocabile, impersonale, indiretto). All’opposto, c’è la via della voce, che può andare da una semplice lagnanza ad una violenta

21 Richard F. GERSON, BEYOND CUSTOMER SERVICE. KEEPING CUSTOMERS FOR LIFE, by Crisp Publications, Inc.,

Los Altos, California, Usa, 1992. 22 Mario UNNIA, IL RECLAMO: PROTESTA, DEFEZIONE E RECUPERO DEL DISSENSO NELLA SOCIETA’ POST-

INDUSTRIALE E DELL’INFORMAZIONE, in CISPEL (a cura del) – GUIDA AI PROCESSI DI QUALITA’ NELLE IMPRE-SE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI, Hoepli-D’Anselmi Editore, 1998.

23 Albert O. HIRSCHMANN, EXIT, VOICE AND LOYALTY, Cambridge, Harvard University Press, 1970.

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protesta, individuale o collettiva, e diretta perché determina delle reazioni dell’impresa che sono fun-zione dell’iniziativa dei consumatori. Questo è il meccanismo (schiettamente) politico, perché fa leva sulla pressione e sull’influenzamento per salvaguardare il benessere… I consumatori sono passati in tutti i Paesi dall’uso esclusivo dell’uscita ad un uso crescente della voce. Tutto il consumerismo è figlio dell’opzione voce, nella misura in cui non si propone solo di punire l’azienda scegliendo il concorrente, ma agisce per cambiare il comportamento dell’azienda, non per eluderlo; e tende ad influenzare il management dell’azienda sia in modo diretto, sia in modo indiretto, ricorrendo ad una autorità superiore, il potere politico-amministrativo, o il quarto potere: i media …” Conseguentemente, non vi sono alternative alla impostazione di una concreta strategia nella gestione dei reclami sia per dare una risposta alla voce (prima che questa trovi spazio nel contesto sociale o sui media, amplificando l’impatto negativo), sia per pianificare azioni “correttive” ed azioni “preventive”, per evitare che si ripetano le cause che hanno generato i disservizi. Tabella 1. – 50 modi per conservare i clienti per sempre, secondo R. F. Gerson. 1. creare una cultura orientata al clien-

te; 2. avere una visione di servizio, come

struttura etico-culturale aziendale; 3. avere un “supporto totale da parte

di una struttura organizzativa globa-le;

4. mettere per iscrittto la politica a-ziendale;

5. dare autorità ai dipendenti; 6. formare i dipendenti; 7. predisporre un programma di servi-

zio che costituisca una azione di marketing;

8. assumere persone valide; 9. non far pagare al cliente le spese

relative al servizio; 10. ricompensare la fedeltà; 11. verificare le proprie aspettative; 12. stabilire standard di performance; 13. ruotare, nel tempo, le mansioni dei

dipendenti; 14. realizzare una formazione dei di-

pendenti “incrociata”; 15. realizzare un sistema di servizi fa-

cilmente accessibile da parte dei clienti;

16. usare sistemi di servizio amichevoli; 17. includere la flessibilità nella politica

di servizio; 18. educare il cliente;

19. gestire i reclami in modo appropria-

to; 20. trasformare i reclami in occasione

per nuove vendite; 21. istruire i dipendenti per fare bene le

cose la prima volta; 22. ogni cliente ha un proprio “valore

del tempo di vita”; 23. ricercare un feedback dal cliente; 24. identificare i valori, le convinzioni e

gli standard dei clienti; 25. accogliere e utilizzare le idee dei

dipendenti; 26. essere imparziali e coerenti; 27. non promettere mai troppo; 28. essere competitivi sui vantaggi, non

sui prodotti o sui prezzi; 29. l’HIGH TOUGH (alta sensibilità) è

più importante dell’HIGH TECH (al-ta tecnologia);

30. chiedere ai clienti ciò che vogliono; 31. fare tutto il possibile per rendere

facile il lavoro dei dipendenti; 32. tenere sempre presente quanto co-

sta la perdita di un cliente; 33. studiare la concorrenza; 34. fare ricerche di mercato; 35. fare controlli interni, per valutare

costantemente il servizio offerto; 36. conoscere cosa i clienti esigono,

vogliono e si aspettano;

37. trovare, coltivare e mettere in mo-

stra i “campioni” (quei dipendenti che hanno comportamenti vincenti con i clienti);

38. una comunicazione efficace è come un passaporto per il successo;

39. il rapporto è la chiave per comuni-care con successo;

40. sorridere; 41. far sentire importanti i clienti; 42. impiegare i clienti nelle azioni pro-

mozionali e di marketing; 43. creare un “consiglio dei clienti”, per

esaminare il business dell’impresa ed i servizi offerti;

44. lanciare programmi per premiare i clienti abituali;

45. accontentarsi solo dell’eccellenza. Perché se si attendono prestazioni medie, non si otterrà niente di più;

46. ricordarsi che i dipendenti sono clienti “interni”, che attendono, an-che loro, un eccellente servizio;

47. far sentire ai propri clienti che sono al centro delle attenzioni;

48. rendere visibili i risultati del servizio;49. andare oltre: quando i clienti chie-

dono qualcosa, occorre darglielo; 50. il marketing ed il servizio al cliente

vanno mano nella mano.

LA GESTIONE DEL RECLAMO. L’intera gestione dei reclami sta vivendo, soprattutto per le imprese di servizi pubblici, una stagione di sensibile trasformazione, che prevede il passaggio a forme proceduralizzate, coerentemente con gli indirizzi tracciati dalla normativa UNI 10600:199724 e, quindi, con le metodologie e le tecniche proprie della Gestione Aziendale per la Qualità.

24 La norma UNI 10600:1997, riguarda la PRESENTAZIONE E GESTIONE DEI RECLAMI PER I SERVIZI PUBBLICI

RIENTRANTI NELL’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA CARTA DEI SERVIZI PUBBLICI - (luglio 1997).

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La norma UNI 10600:1997 definisce come RECLAMO un’azione del cliente, presentata (in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità) al soggetto erogatore del servizio per comunicare che qualcosa non è coerente con le sue aspettative, in merito ad uno o più requisiti definiti dalla specifica del servizio, dal Contratto, dal Regolamento di servizio o dalla Carta dei Servizi. Non vengono considerati veri e propri “reclami”: i suggerimenti: comunicazioni che arrivano dai clienti che non hanno lo scopo di denunciare una situazio-

ne di disagio bensì sono delle indicazioni per il soggetto erogatore per la fornitura di un servizio più vici-no alle aspettative del cliente;

le segnalazioni di disfunzioni: comunicazioni da parte del cliente di un guasto o di un cattivo funziona-mento nelle apparecchiature o nel servizio, ripristinabili con procedure manutentive.

FORME E MODALITA’ DI RECLAMO. I reclami devono essere permessi nelle forme:

DIRETTA (cioè in forma verbale); INDIRETTA (cioè in forma scritta o a mezzo segreteria telefonica/fax).

L’azienda, a tal proposito deve garantire i seguenti impegni: FACILE ACCESSIBILITA’ FACILE COMPRENSIONE FACILE UTILIZAZIONE

In particolare, l’azienda deve impegnarsi perché tutto il personale addetto alle informazioni, al suppor-to ed alla ricezione diretta dei reclami sia identificabile e formato per rispondere puntualmente alla par-ticolarità della posizione lavorativa. Inoltre, è necessario conservare la documentazione relativa ai per-corsi formativi del suddetto personale. GESTIONE DEI RECLAMI. Il soggetto erogatore deve predisporre apposite procedure scritte che prevedano: 1. tempi predeterminati e responsabilità per le singole fasi; 2. gestione completa del reclamo; 3. informazione periodica alla clientela; 4. risposta motivata ed eventuale “ristorno”, nonché le informazioni sulle ulteriori possibilità per il

cliente. A regime, quindi, la gestione dei reclami deve prevedere:

una GESTIONE ESTERNA, cioè un feed-back verso la clientela; comunicazione indirizzata al cliente e Customer service; la g. esterna, cioè indirizzata al cliente, si deve basare sui seguenti punti: riscontro entro trenta giorni (con elementi minimi); deve essere preferita la risoluzione amichevole ed interna dei reclami; almeno una volta l’anno occorre predisporre un Resoconto di tutti i reclami ricevuti;

una GESTIONE INTERNA, cioè un feed-back verso l’interno del soggetto erogatore, per migliora-re il servizio; la g. interna, cioè indirizzata al soggetto erogatore, si deve basare sui seguenti punti: il reclamo deve essere gestito dal soggetto erogatore al fine di alimentare i processi di miglio-

ramento continuo della Qualità; deve essere prevista una Struttura centrale (una Funzione) QUALITA’, che riferisca diretta-

mente all’Alta Direzione, incaricata del coordinamento di tutta l’attività in materia di gestione dei reclami;

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per la gestione dei reclami occorre seguire anche quanto previsto dalla normativa UNI EN 29004 – parte 2^, relativa alla Gestione Aziendale per la Qualità per le aziende di servizi.

Metodologicamente, i reclami, andranno organizzati: per tipologia fenomenologica, (organizzati secondo i previsti fattori della Qualità, della Carta dei

Servizi dei Settore di appartenenza); per modalità di inoltro; per segmento di mercato/articolazione geografica.

La fenomenologia dei reclami deve essere sottoposta a continuo monitoraggio sia per quanto riguarda le famiglie tipologiche del disservizio, sia per quanto riguarda i segmenti di mercato e le aree geografi-che di appartenenza della clientela. Andrebbero messi a punto dei “modelli” che consentano di valutare le componenti comunicazionali dei “costi della non-qualità” del disservizio, partendo dal fenomeno RECLAMI. Se si riesce, quindi, a realizzare una gestione corretta e compiuta del fenomeno dei reclami, si può riu-scire a trasformare la PROTESTA in PROPOSTA, intervenendo puntualmente sui momenti critici dei processi, nell’ambito dei programmi di miglioramento continuo dei livelli di performance aziendali.

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4. CLIENTI ED ASPETTI ECONOMICI DELLA QUALITA’ la norma ISO 10014: una linea-guida per la gestione degli effetti economici della Qualità 25 I COSTI DELLA NON-QUALITÀ E LA FABBRICA NERA. Il grande guru della Qualità Philip Crosby teorizza che: “la Qualità non costa, è un investimento; le uni-che cose che costano, invece, sono gli effetti della non-qualità”.26 Uno dei maestri italiani nel campo della Qualità, l’ing. Tito Conti, in un suo libro27, argomenta che: “la tesi corretta è che i costi della qualità possano raggiungere percentuali molto alte del fatturato dell’azienda (20 – 30 % e oltre); l’argomentazione sbagliata è che essi derivino dalla difettosità som-mata ai costi di prevenzione e verifica (le tre classiche classifiche). In realtà un’azienda deve essere ridotta ben male per avere percentuali a due cifre come costi della non-qualità nella realizzazione. I costi della non-qualità prevalenti sono sempre quelli legati alla Qualità degli obiettivi (fare le cose giu-ste) più che alla qualità delle realizzazioni (fare le cose bene la prima volta) e non riguardano solo la qualità degli obiettivi finali, verso il mercato, ma anche la qualità degli obiettivi intermedi (l’allineamento degli obiettivi fra processi di una stessa catena)”. Forse una metafora, più di tante argomentazioni, può meglio rappresentare la situazione descritta; in ogni organizzazione esiste una fabbrica, nascosta e sconosciuta, che invece di produrre è impegnata nel distruggere quote significative del fatturato aziendale: la fabbrica nera. E’ nera perché è nociva per il futuro dell’azienda; infatti, essa è in grado di assorbire solo risorse, senza produrre niente di positivo, nemmeno valore aggiunto. Le attività di questa “fabbrica nera”, presente purtroppo all’interno di quasi tutte le aziende, fa sentire pesantemente i suoi effetti sia appesantendo i costi aziendali, sia riducendo i livelli di soddisfazione della clientela. 28 E’ in questa direzione che si colloca anche la norma UNI EN ISO 9004-129, quando, al punto 6 (Consi-derazioni economiche sui sistemi qualità), sottolinea: “è importante che l’efficacia di un sistema qualità sia misurata in termini economici. L’impatto di un efficace sistema qualità sul bilancio di una organiz-zazione può essere fortemente significativo, in particolare attraverso il miglioramento delle operazioni, con conseguente riduzione delle perdite dovute ad errori e contribuendo alla soddisfazione del cliente. 25 articolo pubblicato sulla Rivista “L’Amministrazione Ferroviaria”, CAFI, Roma, n. 1/2 gen-feb 2001 (pagg 31–40). 26 Philip B. CROSBY, LA QUALITA’ NON COSTA, Ed. McGraw-Hill, Milano, 1986. 27 Tito CONTI, COME COSTRUIRE LA QUALITA’ TOTALE, Sperling & Kupfer Editori, 1992. 28 Fabrizio COLONNA, LA FABRICA NERA, Ed. Nuovo Studio Tecna, Roma, 1993. 29 Norma UNI EN ISO 9004-parte 1^, GESTIONE PER LA QUALITA’ ED ELEMENTI DEL SISTEMA QUALITA’: guida

generale, luglio 1994.

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Tali misurazioni e segnalazioni possono fornire un mezzo per identificare le attività inefficienti ed intra-prendere attività di miglioramento interno. Da un rendiconto economico delle attività e dell’efficacia del sistema qualità, la direzione riceverà i ri-sultati in un linguaggio economico comune a tutti i reparti”. GLI OBIETTIVI DELLA NORMA ISO 10014. Per fornire alle aziende strumenti utili per affrontare una problematica così critica, l’ISO30 sta per ema-nare, dopo una lunga gestazione, un’apposita linea guida internazionale, dedicata alla gestione degli effetti economici della qualità (meglio conosciuta come ISO/DIS.10014:1996). La linea guida presenta concetti e metodologie da utilizzare per supportare le scelte di quelle organiz-zazioni orientate, contemporaneamente, sia al miglioramento della soddisfazione del cliente, sia alla riduzione dei costi. E’ questa una scelta doverosa, in quanto all’aumento della redditività aziendale ed all’incremento delle quote di mercato devono essere traguardati gli sforzi e le azioni di ogni sana organizzazione. La norma fornisce elementi per consentire a tutte le organizzazioni una corretta determinazione delle più rispondenti tecniche per: la classificazione dei costi; il monitoraggio della “soddisfazione del cliente”.

Quindi, la norma si prefigge essenzialmente lo scopo di mettere un’organizzazione nelle condizioni di trarre benefici economici dalla applicazione dei principi di gestione per la qualità. Infatti, una corretta gestione aziendale per la qualità condiziona positivamente i risultati economici sia nel breve, sia nel medio/lungo termine. In questa prospettiva, occorre guardare con particolare attenzione soprattutto a quelle azioni attivate per conseguire delle riduzioni di costi nel breve periodo. Infatti, queste azioni che sembrano produrre miglioramenti immediati nei conti, non di rado in tempi più o meno lunghi generano “effetti negativi sul-la fedeltà del cliente, sulla reputazione del prodotto o sulla fiducia dell’utilizzatore”. LA METODOLOGIA. Al fine di massimizzare i propri risultati economici, un’organizzazione può realizzare le condizioni per pianificare attività a valore aggiunto ed a costi ridotti solo dopo aver definito chiaramente, documenta-to e condiviso al suo interno: il proprio scopo primario, la propria politica per la qualità, i propri obiettivi per la qualità.

Attraverso una opportuna metodologia per la gestione degli effetti economici della qualità, l’organizzazione viene chiamata a raggiungere il proprio scopo primario, mentre migliora continuativa-mente i risultati economici. La metodologia proposta dalla norma ISO.10014 si sviluppa, come schematizzato nella figura 1, par-tendo dalla identificazione dei processi (o dal loro riesame), al fine di: individuare le attività che costituiscono i processi, monitorare i costi associati alle singole attività, predisporre un apposito Rapporto sui costi di processo;

nonché di: individuare i fattori che influenzano la soddisfazione della clientela,

30 ISO è l’organismo internazionale preposto alla standardizzazione della normativa; ISO è l’acronimo di International Stan-

dardization Organization.

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monitorare il grado di soddisfazione della clientela, predisporre un Rapporto sul livello di soddisfazione della clientela.

Il Rapporto sui costi di processo (RCP) ed il Rapporto sulla soddisfazione della clientela (RSC) andrebbero sottoposti all’esame della direzione aziendale perché questa possa definire correttamente le opportunità: per migliorare i processi, per migliorare la soddisfazione del cliente.

Infatti, sulla base dei suddetti Rapporti la direzione di una organizzazione potrebbe sviluppare un esa-me documentato per valutare se debba essere attivata una precisa azione di miglioramento e se la stessa risulti giustificata da una analisi costi-benefici (sia a breve, che a medio/lungo periodo). Dopo l’approvazione dell’azione di miglioramento prescelta, la direzione dell’organizzazione dovrebbe: pianificare l’azione di miglioramento, implementare il miglioramento, monitorare i risultati, sviluppare il feed back sul processo, ripetere la metodologia per il miglioramento continuo.

a. identificare e riesaminare i processi. Le organizzazioni dovrebbero assicurare che i diversi processi aziendali risultino “diretti verso la soddi-sfazione delle esigenze dei clienti”. Pertanto, in relazione all’ambito organizzativo al quale la direzione aziendale prevede di applicare le istruzioni fornite dalla linea guida ISO 10014, andrebbe individuata la tipologia del cliente da soddisfa-re: se si rivolge l’attenzione all’organizzazione, intesa nel suo complesso, i clienti da prendere in

considerazione saranno quelli esterni all’organizzazione stessa; se si rivolge l’attenzione ai processi interni, i clienti da prendere in considerazione dovranno esse-

re sia quelli interni, sia quelli esterni. Resta inteso che una organizzazione aziendale dovrebbe, comunque, provvedere ad identificare i processi chiave ed il tipo di impatto che questi potrebbero avere sui costi e sulla soddisfazione del cliente. Una volta individuati i processi sarebbe necessario specificare, per ciascuno di essi, i ruoli e le re-sponsabilità di coloro che li gestiscono (i cosiddetti “process owner”). b. la visione dell’organizzazione. b.1. individuazione delle attività dei processi. La norma evidenzia la necessità di individuare, per ciascun processo, l’insieme delle attività che si svolgono al suo interno, al fine di rendere possibile l’attribuzione dei relativi costi. Sviluppando un diagramma di flusso potranno essere illustrate, nel loro ordine logico, tutte le diverse attività dei processi. Quindi, per le diverse attività dei processi sarebbe opportuno individuare: gli input (i materiali, le attrezzature ed i dati), gli output (da imputare ad uno o più clienti), i controlli e le risorse, da imputare ai singoli processi.

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b.2. monitoraggio dei costi delle attività. Per ogni processo individuato andrebbero monitorati i costi relativi alle diverse attività componenti. I dati relativi ai costi identificati potrebbero essere reali, attribuiti o stimati (nel caso in cui non risultasse possibile associarli facilmente a delle attività). I costi potrebbero includere: il lavoro diretto ed indiretto, i materiali, le attrezzature, le spese generali, e così via. I dati relativi ai costi dovrebbero derivare da appropriate e documentate registrazioni (da conservare). Le attività di monitoraggio dovrebbero consentire di attribuire puntualmente il maggior numero possibi-le di voci di costo, riducendo al minimo i costi rientranti nella famiglia delle “spese generali”. Tali costi da attribuire non dovrebbero essere limitati alle sole attività operative/produttive, bensì do-vrebbero riferirsi a tutte le attività dell’organizzazione stessa. Per provvedere alla classificazione dei costi la linea guida propone l’adozione di uno dei seguenti pos-sibili approcci: • un modello in cui i costi sono raggruppati in “Prevention, Appraisal, Failure”31 (conosciuto anche

come il modello PAF); • un modello in cui i costi sono raggruppati in costi di conformità ed in costi di non conformità (cono-

sciuto come il modello del processo); • un modello in cui i costi sono raggruppati sotto le diverse fasi del ciclo di vita del prodotto (cono-

sciuto come il modello del ciclo di vita); • un modello che si concentra su identificazione e misurazione delle carenze di valore aggiunto ne-

gli affari, derivanti da attività progettate o realizzate in modo sbagliato, e così via. b.3. produzione del rapporto sui costi di processo. Al fine di relativizzare gli effetti economici della qualità alla quantità delle attività svolte (e, quindi, in modo da disporre di indici, piuttosto che di valori assoluti) i costi monitorati andranno rapportati a delle basi di misura. Sulla base delle specifiche esigenze aziendali e sulla base del livello decisionale del management cui sarà destinato, potranno essere elaborati dei Rapporti sui Costi, uno per ogni livello aziendale del de-stinatario: di azienda; di divisione; di stabilimento; di dipartimento; di reparto; e così via. Il Rapporto andrebbe integrato da diagrammi che agevolino l’illustrazione e la comprensione dei dati e delle tendenze. In particolare, l’alta direzione aziendale potrebbe aver bisogno di un documento sintetico (il cosiddetto tableau de bord) con un livello di aggregazione/sintesi sufficientemente ampio per supportare le scelte strategiche di più grande respiro. Scendendo di livello nell’organizzazione, dovrebbe essere sviluppato maggiormente il grado di detta-glio delle informazioni, in relazione agli interessi/competenze degli ambiti di pertinenza dei destinatari. c. la visione del cliente. c.1. individuare i fattori che influenzano la soddisfazione dei clienti. Nella linea guida viene sottolineato che andrebbero definiti dei macro-livelli per la scala da utilizzare per il monitoraggio della soddisfazione dei clienti, che potranno andare dalla completa insoddisfazione, sino alla delizia.

31 Che letteralmente si può tradurre in “prevenzione; perizia/stima; guasto/insuccesso”.

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Viene sottolineato, inoltre, che il livello di soddisfazione dei clienti può essere influenzato da uno dei tre seguenti fattori (satisfaction driver) che producono: insoddisfazione, soddisfazione, delizia.

La norma richiama esplicitamente che “la soddisfazione dei clienti non può essere prevista con preci-sione, ma che dovrebbe essere monitorata per riuscire a scorgere le opportunità di miglioramento. La soddisfazione dei clienti è importante, ma il fattore decisivo sugli effetti economici della qualità è la fedeltà dei clienti. I clienti potrebbero essere soddisfatti eppure non riacquistare. Il beneficio economico continuo è ottenuto tramite la soddisfazione dei clienti ed è dimostrato dalla fe-deltà dei clienti32 ”. In occasione della pianificazione delle azioni di gestione per la Qualità, ogni organizzazione dovrebbe individuare i fattori più rappresentativi, rispetto ai quali monitorare la soddisfazione della clientela. FATTORI CHE CAUSANO: C A R A T T E R I S T I C H E

INSODDISFAZIONE

Possono essere processi o caratteristiche del prodotto/servizio indesiderabili. La loro presenza produce una significativa diminuzione della soddisfazione della clientela; la loro mancanza, però, non produce miglioramenti. Solitamente questi fattori vengono considerati più significativi dal cliente di quanto li possa apprezzare tali l’organizzazione.

SODDISFAZIONE

Sono quei processi o quei caratteri attesi del prodotto/servizio. Tanto più ci sono questi fattori, tanto più la soddisfazione del cliente aumenta. I fattori che causano soddisfazione non compensano necessariamente i fattori che causano insoddisfazione.

DELIZIA

Sono quei processi o quei caratteri del prodotto/servizio che o non erano attesi o non era-no specificati e che sono considerati positivamente dal cliente nel momento dell’uso/consumo.

c.2. monitorare la soddisfazione del cliente. Come già evidenziato in precedenza, il soddisfacimento delle esigenze della clientela è la ragione per la quale esistono le organizzazioni aziendali. Ma, ovviamente, potrebbe non risultare sufficiente conseguire il puro e semplice soddisfacimento della clientela, occorrerà conservare la fedeltà del cliente; risultato che si ottiene solo se si riesce a rea-lizzare una soddisfazione estesa a tutte le esigenze dei clienti, sia espresse, che implicite. La soddisfazione della clientela potrà essere determinata attraverso: misurazioni quantitative (raccogliendo i dati tramite interviste e questionari compilati dai clienti, o tramite l’attenta osservazione del comportamento dei clienti);

misurazioni qualitative (l’organizzazione aziendale può andare più in profondità sulle domande prese in esame per ricavare le percezioni dei clienti, nonché per acquisire familiarità con i loro sen-timenti).

32 Il ciclo di acquisto è composto dalle seguenti fasi: Attenzione, Interesse, Desiderio, Acquisto, Riacquisto, Fedeltà, Clien-

te promotore.

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In considerazione della continua mutevolezza delle esigenze, sia dei clienti, sia delle organizzazioni, potrebbe rendersi necessario ampliare l’area del monitoraggio della soddisfazione della clientela, al fine di disporre di strumenti per analizzare correttamente anche delle tendenze. c.3. elaborazione del Rapporto sulla soddisfazione del cliente. I risultati ottenuti attraverso l’azione di monitoraggio della soddisfazione della clientela (opportunamen-te elaborati e disaggregati per segmento di mercato e per ambito di responsabilità organizzativa) do-vrebbero popolare un Rapporto strutturato in modo tale da poterli utilizzare per supportare le decisioni, da parte dei destinatari ai diversi livelli. Il Rapporto dovrebbe contenere le seguenti principali informazioni: i risultati delle attività di monitoraggio, le fonti ed i metodi impiegati per raccogliere le informazioni, una valutazione dei fattori che si ritiene abbiano influenzato i livelli di soddisfazione della clientela, i confronti con i risultati di misurazioni precedenti (se esistenti), evidenziando le linee di tendenza, gli standard ed i modelli dei settori industriali confrontabili, le informazioni sui concorrenti.

d. gestire i miglioramenti. d.1. riesame della direzione.

L’organizzazione aziendale dovrebbe valutare i risultati contenuti nei due Rapporti (RCP e RSC) in modo da:

avviare il “riesame della direzione”, coerentemente con la normativa ISO 9000, confrontare i risultati conseguiti con le pianificazioni elaborate, analizzare gli scenari che si aprono (o che si modificano), tenendo conto dei possibili mutamenti

nelle aree di business e/o negli elementi che aiutano a costruire l’offerta. Il riesame della direzione andrebbe finalizzato alla definizione di tutte quelle azioni che potrebbero rendersi opportune per realizzare i miglioramenti/adeguamenti necessari, dopo aver valutato i possibili effetti sulle pianificazioni formulate (sia a lungo, che a breve termine). d.2. individuazione delle opportunità. L’esame e la valutazione approfondita dei dati contenuti nei due Rapporti (RCP e RSC) potrebbero fornire alle organizzazioni aziendali una serie di elementi utili per valutare l’esistenza di opportunità da sviluppare per promuovere la realizzazione di miglioramenti nelle seguenti aree: correzione delle non conformità, prevenzione delle non conformità, miglioramento continuo, prodotti/servizi o processi completamente nuovi.

Come visto in precedenza, andrebbero previste due tipologie di pianificazione: piano di lungo termine, nel quale dovrebbero trovare spazio sia gli obiettivi di valore aggiunto

migliorato, sia le risorse necessarie per conseguirli; piano di breve termine per il miglioramento, nel quale si dovrebbe provvedere a tradurre quanto

previsto nel “piano di lungo termine” in azioni misurabili (e scadenzate) che portino ad un valore aggiunto migliorato.

Nella figura 2 viene riportata una rielaborazione del diagramma ad albero proposto dalla norma I-SO10014, che potrebbe essere utilizzato come supporto nella definizione delle priorità.

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d.3. effettuazione dell’analisi costi/benefici. L’organizzazione aziendale dovrebbe valutare, opportunamente, gli effetti economici connessi alle diverse azioni possibili individuate per il miglioramento. Conseguentemente, per individuare le priorità e per determinare le conseguenti decisioni, andranno confrontati i costi preventivati con i benefici attesi. Alcuni esempi di possibili effetti di azioni di miglioramento della qualità33 vengono evidenziati nella ma-trice del miglioramento (figura 3). Tutte le organizzazioni aziendali “orientate al profitto” dovrebbero provvedere, nei limiti del possibile, anche alla stima dell’incremento di reddito generato dalla fedeltà del cliente (inteso come risultato di una azione di miglioramento della qualità).34 La norma, per l’effettuazione di una possibile analisi costi/benefici, propone la seguente sequenza di passaggi: 1. assicurarsi che l’azione di miglioramento proposta sia chiaramente definita, pianificata e preventi-

vata, in linea con lo scopo primario dell’organizzazione; 2. prevedere l’impatto sulla soddisfazione del cliente, incrementando i fattori che generano delizia e

soddisfazione, e riducendo i fattori che causano insoddisfazione; 3. stimare l’incremento di reddito dovuto ad ordini ripetuti e/o a nuove attività, come risultato del mi-

glioramento della soddisfazione del cliente; 4. identificare i benefici meno tangibili per i clienti e per gli altri stakeholder35; 5. stimare i cambiamenti nei costi di conformità e di non conformità, sia interni che esterni ai proces-

si; 6. controllare l’impatto finanziario complessivo dell’azione di miglioramento proposta; 7. comparare i benefici complessivi agli investimenti richiesti per l’azione di miglioramento e decidere

se procedere o meno. Una riflessione va effettuata, infine, circa la difficoltà di quantificare i benefici intangibili, che andrebbe-ro presi comunque in considerazione -insieme ai benefici tangibili- durante la gestione del processo decisionale. d.4. pianificazione ed implementazione dell’azione di miglioramento. Una volta approvate le azioni di miglioramento, l’organizzazione aziendale dovrebbe provvedere alla loro pianificazione ed alla loro successiva implementazione. Sia il Rapporto sui costi, sia il Rapporto sulla soddisfazione della clientela dovrebbero, quindi, essere utilizzati per assicurare che i miglioramenti previsti risultino in grado di far conseguire all’organizzazione aziendale i risultati previsti. Il monitoraggio continuo dei risultati conseguiti ed il confronto di questi con gli obiettivi (anche interme-di) attesi potrebbe, quindi, consentire di intervenire, in sede di implementazione, per far si che si pos-sano prendere le decisioni più opportune per imprimere gli eventuali necessari aggiustamenti di rotta.

33 Gli effetti reali dipenderanno dalle circostanze specifiche in cui opera l’organizzazione aziendale. 34 Sarebbe interessante individuare un modello in grado di quantificare il possibile reddito extra generato dai nuovi clienti

attratti dalle “raccomandazioni” formulate da quei clienti fedeli, in quanto soddisfatti o deliziati; cioè la redditività del pas-sa parola positivo.

In situazioni del genere il cliente soddisfatto/deliziato si trasforma in un vero e proprio promotore. 35 Per stakeholder si intendono i cosiddetti “portatori di interesse”, cioè: gli azionisti e l’azienda/organizzazione, i dipenden-

ti, i fornitori, i clienti, la collettività/società civile.

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Figura 1. - METODOLOGIA PER LA GESTIONE DEGLI EFFETTI ECONOMICI DELLA QUALITÀ

INIZIO

IDENTIFICARE/ RIESAMINARE I PROCESSI (6.0)

INDIVIDUARE LE ATTIVITA’

DEI PROCESSI (7.1) INDIVIDUARE I FATTORI CHE IN-

FLUENZANO LA SODDISFAZIONE DEL CLIENTE (8.1)

MONITORARE I COSTI DELLE ATTIVITA’ (7.2)

MONITORARE LA SODDISFAZIONE DEL CLIENTE (8.2)

PRODURRE IL RAPPORTO

SUI COSTI DI PROCESSO (7.3) PRODURRE IL RAPPORTO SULLA

SODDISFAZIONE DEL CLIENTE (8.3)

RIESAME DELLA DIREZIONE (9.1)

INDIVIDUARE LE OPPORTUNITA’ (9.2)

NO

SONO STATE INDIVIDUATE OPPORTUNITA’ DI MIGLIORAMENTO ?

SI

EFFETTUARE UNA ANALISI CO-STI/BENEFICI (9.3)

IL MIGLIORAMENTO PROPOSTO E’ GIU-STIFICATO ?

NO

SI

PIANIFICARE ED IMPLEMENTARE IL MI-GLIORAMENTO (9.4)

N B : i numeri tra parentesi corrispondono alla numerazione dei paragrafi come previsto dalla linea guida ISO/DIS 10014

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Figura 2. – DIAGRAMMA AD ALBERO SU COME MIGLIORARE GLI EFFETTI ECONOMICI DELLA QUALITA’. Sviluppare prodotti/servizi innova-tivi Migliorare prodotti/servizi Ridurre il tempo di introduzione di nuovi prodotti/servizi innovativi

SVILUPPARE PRODOTTI/SERVIZI

Sviluppare prodotti/servizi unici Aumentare la fedeltà Migliorare la reputazione

INCREMENTARE LA SODDISFAZIONE DEL CLIENTE MIGLIORARE IL

MARKETING DEI PRODOTTI/SERVIZI ESISTENTI

Incrementare le quote di mercato

Migliorare la capacità del processo esistente Redeploy (ridispiegamento) Ridisegnare il processo

RIDURRE I COSTI DI CONFORMITA’ Re-engineering

(re-ingegnerizzazione) Ridurre il consumo di energia e l’inquinamento Ridurre i tempi passivi Ridurre gli scarti e le rilavorazioni Ridurre overruns (gli aspetti sommersi ed i superamen-ti dei limiti prefissati)

INCREMENTARE IL VALORE CORRISPONDENTE ALLO SCOPO PRIMARIO DELLA ORGANIZZAZIONE

RIDURRE I COSTI

RIDURRE I COSTI DI NON CONFORMITA’

Ridurre i resi dai clienti

Figura 3. – ESEMPIO DI POSSIBILI EFFETTI DI AZIONI DI MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA’.

ESEMPI DI AZIONI DI MIGLIORAMENTO

PRINCIPALI EFFETTI POSSIBILI

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INCREMENTARE I FATTORI CHE CAUSANO DELIZIA DEL CLIENTE

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DIMINUIRE I FATTORI CHE CAUSANO INSODDISFAZIONE DEL CLIENTE

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DIMINUIRE I COSTI DI NON CONFORMITA’

indica un probabile “effetto forte”, anche se gli effetti reali non possono che dipendere dalle circostanze specifiche dell’organizzazione.

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5. LA GESTIONE DEI RECLAMI E DEI DATI PER IL MIGLIORAMENTO DELLA COMPETITIVITA’: gli standard UNI ISO 10002, UNI 10600 e UNI 11097 36 1. misurare per mantenere sotto controllo l’organizzazione

“misurare è comprendere, comprendere è conoscere, conoscere è avere potere”

[H. James Harrington]

Robert S. Kaplan & David P. Norton hanno teorizzato sinteticamente e con grande efficacia che “what you measure is what you get” (ciò che misuri è ciò che ottieni). La misura gioca, infatti, un ruolo fon-damentale nella conduzione efficace, efficiente e vincente di un’organizzazione competitiva. In un recente libro, Erika Leonardi si sofferma con particolare puntualità sul tema della misurazione all’interno della gestione per processi delle organizzazioni; si vogliono prendere in prestito alcune sue riflessioni per illustrare un aspetto vitale per la competitività delle organizzazioni e quindi per il loro fu-turo: “… la misurazione viene spesso associata al controllo in termini negativi, in quanto evoca di frequente sanzioni, piuttosto che riconoscimenti. Verosimilmente per questo motivo è un tema poco gradito… L’autocontrollo serve per avere conferme sul proprio agire, in altri termini, per avere evidenza sulla cor-rettezza del nostro modo di procedere. Attenzione però: se non abbiamo espresso con dati quantitativi la meta da conseguire, le misure non avranno significato … dobbiamo ammettere che non quantificare il nostro traguardo ci salvaguarda dal rischio di confessare fallimenti o incapacità. Ma siamo sicuri che potremmo parimenti vantare dei successi senza chiarezza della meta?” [Leonardi, 2005]

Coerentemente con le regole previste per l’implementazione di un Sistema di Gestione per la Qualità, l’organizzazione “deve pianificare ed attuare i processi di monitoraggio, di misurazione, di analisi e di miglioramento necessari a dimostrare la conformità dei prodotti (servizi); assicurare la conformità del

36 articolo pubblicato su “U & C” Unif icazione e Cert i f icazione , Rivisita della normazione tecni-

ca dell’UNI, Milano - n. 1/gennaio 2007, pagine 29-33.

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sistema di Gestione per la Qualità; migliorare in modo continuo l’efficacia del SGQ” [punto 8.1 - ISO 9001]. 37 Il concetto di “misure necessarie” è una diretta conseguenza dell’applicazione del settimo principio del-la Qualità: “decisioni basate su dati di fatto” (decisioni efficaci si basano sull’analisi di dati e di infor-mazioni). Come noto, dal suddetto principio prende forma, nell’edizione 2000 della coppia di norme ISO 9001 e ISO 9004, il “nuovo” Capitolo dedicato appositamente alla misurazione, l’analisi ed il mi-glioramento, che concentra l’attenzione sulla valutazione della adeguatezza ed efficacia e delle oppor-tunità di miglioramento del Sistema di Gestione per la Qualità attraverso dati individuati, raccolti e ana-lizzati. In particolare, il punto 8.4 della norma UNI EN ISO 9001:2000 -dedicato alla “analisi dei dati”- stabi-lisce che “l’organizzazione deve individuare, raccogliere ed analizzare opportuni dati per stabilire l’adeguatezza e l’efficacia del Sistema di Gestione per la Qualità e per valutare dove possono essere apportati miglioramenti continuativi del Sistema di Gestione per la Qualità. Rientrano in tale ambito i dati e risultati ottenuti dalle attività di monitoraggio e misurazione e da altre fonti pertinenti. L’analisi dei dati deve fornire informazioni in merito a: soddisfazione del cliente (vedere 8.2.1); con-formità ai requisiti del prodotto (vedere 7.2.1); caratteristiche ed andamento dei processi e dei prodotti, incluse le opportunità per azioni preventive; fornitori”. Nell’implementazione del Sistema di Gestione per la Qualità è, quindi, necessario assicurare evidenze oggettive relativamente alla raccolta, all’elaborazione ed all’analisi di quei dati necessari a rappresen-tare oggettivamente almeno le quattro aree indicate dalla UNI EN ISO 9001/2000: soddisfazione del cliente; conformità ai requisiti di prodotto/servizio; caratteristiche e tendenze dei processi e dei prodotti; fornitori. La raccolta e l’analisi dei dati dovrebbe essere strutturata in maniera tale da consentirne il loro confron-to nel tempo al fine di conseguire i due obiettivi principali: l’individuazione delle potenziali aree di miglioramento e delle iniziative più proficue per alimentare

con continuità il circuito virtuoso di upgrading delle performance dell’organizzazione e della soddi-sfazione dei clienti e delle parti interessate;

la verifica periodica della efficacia del SGQ. In tale ambito si deve registrare la particolare sensibilità dimostrata dall’UNI -l’Ente Nazionale di Nor-mazione- che ha prodotto un nutrito e qualificatissimo “quadro normativo” di supporto (e di aiuto) per la corretta implementazione degli standard internazionali della famiglia ISO 9000:2000 e, quindi, per con-tribuire alla crescita della competitività del Sistema Paese-Italia.

Nel quadro della misura per la Qualità ci si vuole soffermare, in particolare, sulle seguenti tre norme: UNI 11097:2003 Gestione per la Qualità - indicatori e quadri di gestione della Qualità

- linee guida generali; UNI ISO 10002:2006 Gestione per la Qualità -

il trattamento dei reclami per la soddisfazione del cliente; UNI 10600:1997 Presentazione e gestione dei reclami per i servizi pubblici

rientranti nell’ambito di applicazione della carta dei servizi.

Preme evidenziare, comunque, che il GL6 “indicatori e comunicazione per la Qualità” dell’UNI ha ela-borato anche un’altra importante norma: UNI 11098:2003 Sistema di gestione per la Qualità - Linee guida per la rilevazione della soddisfazione del cliente e per la misurazione degli indicatori del relativo processo, che però merita uno spazio tutto suo.

37 Secondo la norma ISO 9000:2000 un processo di misurazione è un “insieme di operazioni per determinare il valore di

una quantità” . [definizione 3.10.2]; per la precisione, la traduzione francese della norma rende meglio il senso della defi-nizione originale: un “Insieme di operazioni che consentono di determinare il valore di una grandezza”.

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Nella figura 1 viene schematizzata la collocazione delle tre norme all’interno del sistema di macro-processi che aiutano a rappresentare il funzionamento delle organizzazioni.

Figura n. 1. - rappresentazione di una organizzazione per macro-processi.

2. l’orientamento al cliente, attraverso l’ascolto dei reclami.

“Lo scopo supremo di una impresa è creare e conservare una clientela.

Tutte le altre verità sono semplici corollari” [Theodore Levitt]

Il punto 2.1 della norma UNI EN ISO 9000:2000 sottolinea con energia che “… è il cliente che, in defi-nitiva, determina l’accettabilità del prodotto/servizio … e considerato che le esigenze e le aspettative del cliente si modificano e date anche le pressioni della concorrenza e del progresso tecnico, le orga-nizzazioni sono spinte a migliorare continuamente i loro prodotti/servizi ed i loro processi …”. Al ri-guardo, il primo principio di Gestione per la Qualità teorizza che “le organizzazioni dipendono dai propri clienti …”.38

In tale accezione l’ascolto del cliente diventa una modalità importante per migliorarsi con continuità ed in modo incrementale. L’economista Albert O. Hirschman propone il modello dell’uscita e della vo-ce per descrivere le due modalità possibili di espressione del dissenso nei rapporti clien-te/organizzazione e, quindi, per creare le condizioni per recuperare l’eventuale possibile dissenso del cliente.39[AA.VV., 1998]

38 Il 1° principio di Gestione per la Qualità dedicato all’ orientamento al cliente sottolinea che “le organizzazioni dipendono

dai propri clienti e dovrebbero, pertanto: capire le loro esigenze presenti e future; soddisfare i loro requisiti; mirare a su-perare le loro stesse aspettative”.

39 “L’uscita è la via seguita dal cliente che, insoddisfatto del prodotto di un’azienda, passa a quello di un’altra, e quindi usa il mercato per salvaguardare il proprio benessere, e così facendo attiva le forze di mercato per rimettere in sesto l’azienda la cui competitività è scaduta, o crea le premesse perché una nuova azienda sostituisca del tutto la prima….

UNI 11097 UNI 11098

UNI ISO 10002 UNI 10600

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Da un recente studio condotto dalla società di consulenza ed education SUMMIT -sul tema “Gestire i reclami con successo”- è emerso che rispetto a cinque anni fa i consumatori italiani sono diventati più esigenti: “in caso di prodotto difettoso o di disservizio il 32 % (contro il 24 % nel 2001) non esita a pro-testare”. Si è registrato anche un miglioramento delle capacità delle organizzazioni colte in difetto od in errore: “il 57 % dei consumatori reputa scarsa o pessima l’assistenza ricevuta (contro il 70 % del 2001) ed un altro 23 % la giudica appena sufficiente”. In un mercato ipercompetitivo, il cliente fedele diventa ogni giorno sempre più prezioso; trascurarlo soprattutto quando si lamenta o protesta può divenire esiziale per il futuro dell’azienda. Infatti, il cliente ha introiettato la filosofia del telecomando è con la stessa rapidità con la quale cambia un canale televisivo tende a cambiare il “fornitore” di prodotti e/o servizi. Individuare un nuovo cliente costa in media sei volte di più che mantenerlo una volta acquisito. Nella nota 1 della definizione della “soddisfazione del cliente”40 [punto 3.1.4 - ISO 9000:2000] viene precisato che “i reclami del cliente sono un indice comune di scarsa soddisfazione del cliente, ma la loro assenza non implica necessariamente che il cliente sia molto soddisfatto” . L’ascolto del cliente scontento è, quindi, fondamentale perché nel manifestare la propria “contrarietà” o i propri suggerimenti, il cliente che reclama dedica del tempo e dell’attenzione alla organizzazione che sbaglia. Come teorizza Fedel, in un suo interessante testo, la soddisfazione dei clienti è cruciale per il futuro di una organizzazione perché: - i clienti soddisfatti desiderano tornare e quelli insoddisfatti invece no; - i clienti soddisfatti fanno pubblicità positiva e invece quelli insoddisfatti minano la reputazione

dell’organizzazione; - i clienti soddisfatti sono propensi ad accettare nuovi prodotti/servizi proposti dall’organizzazione; - i clienti potenziali sono più inclini a dare credito al “servizio dissuasione” dei clienti insoddisfatti che

a qualunque, per quanto geniale, campagna di marketing; - i clienti soddisfatti generano un circolo virtuoso di rapporti positivi con chi è in prima linea, favoren-

do la capacità di gestire con efficacia le situazioni difficili. [Fedel, 1998]

Uno studio dell’American Society Training and Development ha verificato che dei clienti insoddisfatti solo il 4 % reclama mentre il 96 % se ne va senza dire niente; comunque il 91 % dei clienti insoddisfatti decide di non tornare più con il desiderio di vendicarsi utilizzando tutti i canali possibili del “passa paro-la”. [Gicquel, 2006] In tale scenario, si colloca la recente norma UNI ISO 10002:2006 dedicata al trattamento dei reclami per la soddisfazione del cliente, che fornisce “una guida per il processo di trattamento dei reclami relativi ai prodotti all’interno di una organizzazione comprendendo la pianificazione, la progettazione, il funzionamento, la manutenzione ed il miglioramento. Il processo di trattamento dei reclami descritto è adatto per essere utilizzato come uno dei processi di un Sistema di Gestione per la Qualità complessi-vo. … la norma non si applica alla risoluzione di dispute che avvengono al di fuori dell’organizzazione o per le dispute legate al personale …” [punto 1.] Nel punto 0.1 viene sottolineato, in particolare, che “… il trattamento dei reclami mediante un proces-so come descritto nella norma … può accrescere la soddisfazione del cliente. Incoraggiando attiva-mente i clienti a fornire informazioni di ritorno, inclusi i reclami se i clienti non sono soddisfatti, una or-ganizzazione ha l’opportunità di mantenere o incrementare la fedeltà e l’approvazione da parte dei clienti e migliorare la competitività a livello nazionale e internazionale …”.

All’opposto, c’è la via della voce, che può andare da una semplice lagnanza ad una violenta protesta, individuale o collet-

tiva, e diretta perché determina delle reazioni dell’impresa che sono funzione dell’iniziativa dei consumatori. Questo è un meccanismo schiettamente politico, perché fa leva sulla pressione e dall’influenzamento per salvaguardare il benessere …” [Hirschman, 1970]

40 Per soddisfazione del cliente si intende la “percezione del cliente su quanto i suoi requisiti siano stati soddisfatti”.

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Nella norma, il RECLAMO viene definito come “un’espressione di insoddisfazione rivolta ad una organizzazione in relazione ai suoi prodotti/servizi o allo stesso processo di trattamento dei reclami dove si attende in modo esplicito o implicito una risposta o una soluzione” [punto 3.2]. La norma è strutturata in due parti:

l’ARTICOLATO: 0. introduzione; 1. scopo e campo di applicazione; 2. riferimenti normativi; 3. termini e definizioni; 4. principi guida; 5. struttura del trattamento dei reclami; 6. pianificazione e progettazione; 7. funzionamento del processo di trattamento dei reclami; 8. mantenimento e miglioramento

le APPENDICI: A. guida per le piccole imprese; B. modulo per la presentazione dei reclami; C. obiettività; D. modulo per dare seguito ai reclami; E. soluzioni; F. diagramma di flusso del processo di trattamento dei reclami; G. miglioramento continuo; H. gli audit.

In questa sede si vogliono evidenziare solo i principi-guida che dovrebbero essere seguiti nella ge-stione delle diverse fasi del processo di trattamento dei reclami:

VISIBILITA’ - le INFORMAZIONI su come e dove formulare un RECLAMO dovrebbero essere ben pubblicizzate ai clienti, al personale ed alle altre parti interessate;

ACCESSIBILITA’

- il processo di trattamento dei reclami dovrebbe essere facilmente accessibile a tutti i reclamanti;

- le informazioni di supporto dovrebbero essere di facile comprensione e dovrebbero essere redatte con linguaggio semplice;

- nessun reclamante deve potersi sentire svantaggiato; - Appendice “B”: modulo per la presentazione dei reclami;

CAPACITA’ DI REAZIONE

- i reclamanti dovrebbero essere trattati con cortesia ed informati sullo stato di avanzamento del loro reclamo nel corso del processo di trattamento del reclamo;

OBIETTIVITA’

- il processo di trattamento dei reclami dovrebbe gestire ciascun reclamo in maniera equa, obiettiva e non distorta;

- Appendice “C”: obiettività: i principi di obiettività (apertura; imparzialità; riservatezza; accessibilità; completezza; equità; sensibilità); obiettività per il personale; separa-zione delle procedure di trattamento dei reclami dalle procedure disciplinari; riserva-tezza; monitoraggio dell’obiettività;

COSTI - l’accesso al processo di trattamento dei reclami dovrebbe essere gratuito per il re-clamante;

RISERVATEZZA - le informazioni che identificano personalmente il reclamante … dovrebbero essere protette in modo da non essere rivelate in mancanza del consenso espresso dal cliente o dal reclamante;

APPROCCIO ORIENTATO AL CLIENTE

- adottare un approccio orientato al cliente; - … apertura nei confronti delle informazioni di ritorno compresi i reclami; - l’organizzazione dovrebbe manifestare il suo impegno nel risolvere i reclami attraverso le proprie azioni;

RESPONSABILITA’ - l’organizzazione dovrebbe garantire la presenza di responsabilità e deleghe chiare

rispetto alle azioni ed alle decisioni dell’organizzazione stessa per quanto concerne il trattamento dei reclami;

MIGLIORAMENTO CONTINUO

- il miglioramento continuo del processo di trattamento dei reclami e della qualità di prodotti dovrebbe essere un obiettivo permanente dell’organizzazione.

La norma UNI ISO 10002:2006, in realtà fa parte di una “terna” di norme, che si potrebbero definire

“customer oriented”, tra di loro interconnesse secondo il diagramma di flusso logico (figura n. 2); le al-tre due norme ancora in fase DIS (Draft International Standard) sono: - ISO 10001 Quality Management-Customer Satisfaction Guidelines on codes of conduct for organizations; - ISO 10003 Quality Management-Customer Satisfaction Guidelines for dispute resolution external to organizations.

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Figura n. 2. - le interrelazioni tra le tre norme ISO “customer oriented”.

In realtà l’UNI -in cospicuo anticipo rispetto alle tendenze gestionali che pongono una crescente atten-zione alle aspettative ed alle esigenze della clientela- all’indomani dell’emanazione della Direttiva Ciampi-Cassese sulla qualità dei servizi pubblici del 27 gennaio 1994 (la cosiddetta Carta dei Servizi) venne attivato un Gruppo di Lavoro incaricato di elaborare una norma “sperimentale”, che ancora oggi rimane all’avanguardia: la norma UNI 10600:1997 – Presentazione e gestione dei reclami per i servizi pubblici rientranti nell’ambito di applicazione della Carta dei Servizi. Nella norma sperimentale, l’analisi della tematica parte proprio da una definizione articolata di RE-CLAMO inteso come “una AZIONE DEL CLIENTE, presentata (in qualsiasi forma e con qualsiasi mo-dalità) al soggetto erogatore del servizio per comunicare che qualcosa non è coerente con le sue a-spettative, in merito ad uno o più requisiti dalla specifica del servizio, dal contratto di servizio o dalla Carta dei Servizi”. Il campo di applicazione della norma -nella logica del miglioramento continuo- escludeva volutamente i suggerimenti e le segnalazioni di disfunzioni. Sono state, quindi, individuate le modalità di inoltro dei “reclami”; le organizzazioni avrebbero dovuto consentire sia l’accesso in “forma DIRETTA” (cioè verbalmente), sia in “forma INDIRETTA” (cioè scrit-ta o a mezzo segreteria telefonica/fax). L’organizzazione erogatrice di un servizio pubblico avrebbe dovuto garantire per i “reclami” alcuni prin-cipi-base: facile accessibilità; facile comprensione;facile utilizzazione; personale. Inoltre, il soggetto erogatore del servizio avrebbe dovuto predisporre una o più procedure scritte per mezzo delle quale fissare, in particolare, i seguenti impegni:

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- tempi predeterminari e responsabilità per le singole fasi; - gestione completa del reclamo; - informazione periodica del cliente/utente; - risposta motivata ed eventuale “ristoro” ed eventuali informazioni sulle ulteriori possibilità per il

cliente.

Infine, sono stati forniti gli indirizzi relativamente agli aspetti gestionali del reclamo secondo due ambiti: Gestione ESTERNA (indirizzata al cliente): - riscontro entro 30 giorni (con elementi minimi); - deve essere preferita la risoluzione amichevole ed interna dei reclami; - almeno una volta l’anno predisporre un “Resoconto” di tutti i reclami ricevuti.

Gestione INTERNA (indirizzata al Soggetto erogatore): - il reclamo deve essere gestito dal Soggetto erogatore al fine di realizzare un miglioramento con-

tinuo della Qualità; - la Struttura Qualità (che riferisce all’Alta Direzione) è chiamata a coordinare tutta le attività in

materia di reclami; - per la gestione dei Reclami è stato fatto un rinvio anche la norma UNI EN 29004 – parte 2^.

La norma UNI 10600:1997, in sintesi, è stato uno strumento utile per definire:

- risorse dedicate (con persone chiaramente identificate; chiamate gratuite, accesso noto e faci-le; numeri dedicati o Internet; sistema informativo specifico; budget specifico per azioni spot);

- una procedura per la gestione dei reclami (classifica dei reclami secondo la loro importanza; canali di comunicazione; tempi di risposta al cliente; tempi di transito in caso di escalation);

- un sistema di reporting periodico che evidenzi almeno: tipologia dei clienti che reclamano; principali motivi di reclamo; evoluzione tempi di risposta. [Bini, 2000]

3. assumere decisioni basate su dati di fatto: la norma UNI 11097:2003.

“… ciò che misuri è ciò che ottieni (e migliori) …”

[Kaplan e Norton] Con la norma UNI 11097:2003 riguardante gli indicatori e quadri di gestione della Qualità sono

state fornite delle linee guida generali per realizzare strumenti utili sia per sviluppare gli indirizzi e le azioni previste dal punto 8 “misurazioni, analisi e miglioramento” delle norme UNI EN ISO 9001 200041 ed UNI EN ISO 9004 200042, sia per concretizzare il settimo principio della gestione per la Qualità: “decisioni basate su dati di fatto”. 43 La norma (figura n. 3) traccia le linee guide sia per l’individuazione e l’adozione di indicatori, che per la costruzione di quadri di gestione della Qualità, necessari per supportare l’assunzione di scelte e di decisioni, ai diversi livelli di responsabilità (operative, gestionali, strategiche o di alta direzione), relative alla migliore gestione per la qualità, riferita sia alle risorse, sia ai processi, sia ai prodotti/servizi.

41 UNI EN ISO 9001 2000 - Sistemi di Gestione per la Qualità - requisiti. 42 UNI EN ISO 9004 2000 - Sistemi di Gestione per la Qualità - linee guida per il miglioramento delle prestazioni. 43 Le decisioni basate su dati di fatto: “le decisioni efficaci si basano sull’analisi di dati e di informazioni”.

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Figura n. 3. - articolazione della Norma UNI 11097:2003

Il documento si rivolge a tutte quelle persone che occupano posizioni di responsabilità -ai differenti

livelli- all’interno di quelle organizzazioni impegnate in un percorso di miglioramento continuo delle proprie prestazioni interne ed esterne, nonché all’accrescimento della soddisfazione delle parti interessate (in particolare dei clienti interni ed esterni).

La linea guida suggerisce, a tal fine, di prevedere per i quadri di gestione della Qualità (e, quindi, per l’insieme dei relativi indicatori) i seguenti livelli: livello aziendale dell’organizzazione nel suo complesso; livello di area funzionale/divisionale/produttiva; livello di responsabile del processo; livello delle risorse individuali (che potremmo definire la “azienda individuale”). Per ciascuno dei livelli individuati, andrà garantita la sequenza logica delle fasi intermedie che va dalla definizione della visione strategica dell’organizzazione, sino alla individuazione delle azioni di miglioramento-preventive-correttive più puntuali. Grazie ad una misurazione corretta, rappresentativa, bilanciata e sistematica è possibile realizzare il “control”, ovvero il governo dei processi e delle attività dell’organizzazione. Il Quadro di Gestione (che potrebbe essere chiamato anche: “tableau de bord”; cruscotto; quadro di governo; e così via) costituisce una sorta di sala di regìa attraverso la quale chi ha la “ownership” ac-quisisce le informazioni e gli elementi utili per assumere tempestivamente le migliori decisioni per l’ambito organizzativo di pertinenza. Ma la misurazione perché sia utile ed efficace deve essere pro-gettata e sviluppata in maniera sistemica e gestita con le medesime logiche di un processo, nonché coerentemente con i passaggi del PDCA (Ruota di Deming). In tale direzione si muove la norma UNI 11097:2003 quando al punto 4.1 definisce le fasi del proces-so di messa a punto del sistema degli indicatori che vengono rappresentate schematicamente in un apposito schema (figura n. 4): identificazione e definizione; selezione e costruzione del sistema; attuazione; elementi per assumere decisioni; esame periodico del sistema.

0. Introduzione 1. Scopo e campo di applicazione 2. Riferimenti normativi 3. Termini e definizioni 4. Indicatori della Qualità 4.1. Processo di messa a punto 4.2. Identificazione e definizione degli indicatori 4.3. Selezione e costruzione del sistema di indicatori 4.4. Quadro di gestione della Qualità 4.5. Attuazione del sistema di indicatori e quadri di gestione 5. Esame periodico del sistema di indicatori 5.1. Rapporti per il riesame del sistema degli indicatori 5.2. Rendiconto della Qualità 5.3. Bilancio della Qualità

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Figura n. 4. - le fasi del processo di messa a punto del sistema degli indicatori della norma UNI 11097:2003.

L’indicatore della Qualità è definito come una informazione qualitativa e/o quantitativa associata ad un fenomeno (oppure ad un processo o ad un risultato) sotto osservazione, che consente di valutare le modificazioni di quest’ultimo nel tempo, nonché di verificare il conseguimento degli obiettivi per la qualità prefissati, al fine di consentire la corretta assunzione delle decisioni e delle scelte.

La ricerca e l’individuazione degli indicatori dovrebbe avvenire secondo le seguenti fasi: 1ª definizione degli obiettivi della organizzazione;44 2ª identificazione dei processi critici che si vorrebbero monitorare e le relative finalità; 3ª enunciazione dei risultati che si vorrebbero conseguire da parte dell’organizzazione; 4ª determinazione del livello di responsabilità o di governo (comitato di direzione, livello di funzione;

livello di sotto funzione e/o attività); 5ª determinazione dei mezzi necessari e dei relativi processi ottimali; 6ª enunciazione dei lavori e dei documenti che descrivono le missioni; 7ª determinazione dell'indicatore o degli indicatori rappresentativi, in quanto adatti per: natura di ciò

che è misurato, categoria, natura della misura per categoria, misurazione e grado di rappresenta-tività dei fenomeni/processi monitorati;

8ª definizione -ove possibile- dell'importanza di ciascun indicatore in rapporto agli obiettivi (il “peso” relativo degli indicatori).

44 Nel mondo della Qualità, gli addetti ai lavori per caratterizzare gli obiettivi per la Qualità adottano l’acronimo SMART.

Infatti gli obiettivi dovrebbero essere: Significativi; Misurabili (e verificabili); Acquisibili; Realistici; Temporizzati.

Dati in uscita Logica di sviluppo del processo Dati in ingresso

IDENTIFICAZIONE E DEFINIZIONE

SELEZIONE E COSTRUZIONE DEL

SISTEMA

ATTUAZIONE

ESAME PERIODICO DEL SISTEMA

ELEMENTI PER ASSUMERE DECISIONI

PERCHE’ ? PER CHI

?

INDICATORI E QUADRI DI GESTIONE STRUTTURATI

INDICATORI E QUADRI DI GESTIONE AGGIORNATI

- INDICATORI E QUADRI

DI GESTIONE VALIDATI PERIODICAMENTE;

- ESIGENZE DI EVOLUZIONE

E AGGIORNAMENTO DI INDICATORI E QUADRI DI GESTIONE

ESIGENZE E/O BISOGNI più EVENTUALI INDICATORI E QUADRI DI GESTIONE ESISTENTI

RITORNI DI ESPERIENZA DA PARTE DEGLI UTILIZZATORI

COSTI E PERTINENZA SODDISFAZIONE AZIONI DA REALIZZARE

COMPOSIZIONE DEGLI INDICATORI

DEFINIZIONE DEL FUNZIONAMENTO

FORMALIZZAZIONE

COSTRUZIONE

MESSA IN ESERCIZIO FORMAZIONE COINVOLGIMENTO E

COMUNICAZIONE VALIDAZIONE

E S I G ENZ E

E VO L UT I V E

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Al processo di messa a punto del sistema degli indicatori della Qualità si collega il concetto di drill down (letteralmente “scavare/penetrare in profondità”); questo è un meccanismo da adottare per ri-cercare le correlazioni gerarchiche esistenti fra gli obiettivi strategici dell’organizzazione con gli obiettivi (e con le azioni) rientranti nelle responsabilità di livelli sempre più operativi, scendendo per li rami dell’organizzazione. L’adozione del meccanismo (un insieme di algoritmi) consente, quindi, di realizza-re una disaggregazione ragionata di ciascuno dei fattori critici per il successo dell’organizzazione, “as-segnando” le differenti componenti individuate ai processi elementari che contribuiscono al consegui-mento dei risultati finali.

Il Quadro di Gestione della Qualità è un quadro sinottico che consente di rappresentare in modo immediato il livello e l’andamento dei valori che assumono i diversi indicatori prescelti, in quanto rap-presentativi dei fenomeni/processi che si vogliono mantenere sotto osservazione. Il QGQ costituisce uno degli strumenti necessari sia per il monitoraggio dei fenomeni e dei processi, sia per l’assunzione delle decisioni. Come il cruscotto di una automobile o di un aereo costituisce uno strumento indispensabile per la guida, così un buon Quadro di Gestione della Qualità rappresenta uno strumento fondamentale per gestire un’organizzazione: il monitoraggio puntuale ed integrale/sintetico serve alla Direzione per avere costantemente il polso della situazione sull'andamento complessivo dell’organizzazione. La progettazione di un buon Quadro di Gestione per la Qualità è fondamentale per evitare che gli indi-catori siano troppi, dispersivi e non adeguatamente rappresentativi dei diversi ambiti e/o livelli di re-sponsabilità. Ovviamente, il modello deve consentire di risalire -con una logica ipertestuale- ad indica-tori sempre meno “sintetici” in grado di rappresentare adeguatamente livelli di responsabilità e/o ambiti tematici sempre più circoscritti. [Bini, 2004]

3. Per concludere. Le norme e/o gli “standard”, come le teorie e le tecniche della gestione per la Qualità, sono solo degli “strumenti” e, come tali, non sono né buoni né cattivi in assoluto, sono le modalità con le quali questi vengono utilizzati a renderli buoni o cattivi. Spesso è il narcisismo e l’autoreferenzialità dei manager che viene a costituire una pericolosa tenta-zione per un uso non corretto (o solo di facciata) degli strumenti della Qualità. A questi colleghi si vuole dedicare, per concludere, un significativo passaggio ancora attuale del Vangelo, con la speranza che la correttezza e l’etica guidino sempre le scelte quotidiane (anche quando riguardano “solo” la Gestione per la Qualità dell’organizzazione): “con il giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?”. [Matteo 7,2]

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4. Bibliografia.

AA.VV. (1998), GUIDA AI PROCESSI DI QUALITA’ NELLE IMPRESE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI, CISPEL-D’Anselmi Editore Roma & Hoepli Milano;

BINI Sergio (1999), SODDISFAZIONE DEI CITTADINI E QUALITA’ DELLA VITA, in "Consumatori, Diritti e Mercato", ETAS-RCS Libri, n. 3 - ottobre;

BINI Sergio (2000), DALL’INSODDISFAZIONE DEL CLIENTE AL MIGLIORAMENTO DEI PRO-CESSI,

in “L’Amministrazione Ferroviaria”, Edizioni CAFI, Roma, n. 5 - maggio; BINI Sergio (2001), IL MIGLIORAMENTO CONTINUO E LA VISION 2000in AA.VV. “CONO-

SCERE LE ISO 9000:2000, cambiamento, cliente, processi e miglioramento continuo”, Edi-zioni UNI;

BINI Sergio (2003), CUSTOMER SATISFACTION: logica, teorie, tecniche e misura, dispensa AICQ-CI, Roma, 2003;

BINI Sergio (2004), INDICATORI E QUADRI DI GESTIONE DELLA QUALITA’: LA NUOVA NORMA UNI 11097:2003, in “Unificazione & Certificazione” (Organo ufficiale dell’UNI) n. 3 - mar-zo;

FEDEL Alberto (1998), GRAZIE PER IL RECLAMO!, FrancoAngeli Editori, Milano; FITZGERALD Lin, JOHNSTON Robert, BRIGNALL Stan, SILVESTRO Rhian, VOSS Christopher

(1998), MISURARE LA PERFORMANCE NELLE IMPRESE DI SERVIZI, Edizioni EGEA, Milano; HERMEL Laurent (2002), LA GESTION DES RECLAMATIONS CLIENTS, AFNOR, Paris; HIRSCHMAN Albert O. (1970), EXIT, VOICE AND LOYALTY, Cambridge: Harvard University

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ZIENDA, Sperling & Kupfer Editori; Milano; NOYE’ Didier (2002), MANAGER LA PERFORMANCE, Inseep Consulting Editions; SAULOU Jean-Yves (2004), TABLEAUX DE BORD: pour décideurs qualité, AFNOR, Paris.

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6. LA PEDAGOGIA DELL'ASCOLTO PER MIGLIORARE IL DELIGHTMENT NEI SERVIZI 45

“Abbiamo scoperto che la soluzione di ogni problema si basa sullo spirito di collaborazione.

Si riesce sempre a trovare qualcosa che soddisfi entrambe le parti; l’importante è avere un approccio cooperativo”.

[Doug Green]

diffondere la pedagogia dell’ascolto dei clienti per migliorare il grado di delightment nei servizi. Nelle organizzazioni di servizi la dimensione umana-culturale riveste un ruolo centrale, perché le persone (i clienti interni ed esterni) costituiscono il loro patrimonio. Ascoltare i clienti, significa dedicare attenzione alle loro esigenze, trattandoli come persone e non come numeri. Per migliorare il grado di soddisfazione/delightment dei clienti ed il benessere/felicità dei dipendenti occorre ascoltare con attenzione la loro voce e dare risposte puntuali. La corretta gestione dei reclami e delle segnalazioni è utile per migliorare con continuità processi, performance e risultati; un aiuto importante viene fornito dalla recente norma UNI ISO 10002:2006.

1. la dimensione culturale nella gestione dei servizi Richard Normann in un importante libro scritto quasi venti anni fa -che è, ancora oggi, una pietra milia-re nella gestione delle organizzazioni operanti nel mondo dei servizi- sottolineava che “.. il servizio è un processo sociale. Il management è la capacità di dirigere processi sociali. Le aziende di servizio sono sensibili alla qualità del loro management probabilmente più di qualsiasi altro tipo di organizzazione. Un ruolo importante del management consiste nell’individuare i fattori cri-tici che consentono ad un particolare sistema di servizio di funzionare, nonché nel definire metodi effi-caci per controllare e consolidare queste caratteristiche in modo molto concreto. … dato che il servizio è un processo sociale, il management deve provvedere anche alla motivazione, alla libertà individuale, alla libertà del gruppo …”. [Normann, 1984] Alla luce delle teorie rappresentate, nel “modello” proposto da Normann per la gestione strategica dei servizi (figura n. 1) si evince chiaramente che le persone (le cosiddette risorse umane) occupano la posizione centrale.

45 Articolo pubblicato sul numero 1/2007 di “MK”, la rivista di marketing e comunicazione dell’Associazione Ban-

caria Italiana (pagine 10-19)

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Il modello si configura come una sorta di spartiacque tra il vecchio paradigma del capitalismo basato sui prodotti (che, conseguentemente, portava a focalizzare l’attenzione sulle materie prime, il lavoro ed i macchinari) ed uno nuovo basato sui servizi (nel quale il ruolo centrale è svolto dal know-how -cioè dalla conoscenza, dalle competenze e dalla creatività- e, quindi, dalle persone). Di conseguenza, le organizzazioni che operano nel mercato dei servizi per essere competitive devono caratterizzarsi quotidianamente focalizzando la propria azione soprattutto secondo alcune importanti linee d’azione:

- l’orientamento al cliente: che significa porre l’enfasi non sul prodotto bensì sul cliente; - il servizio: che deve essere focalizzato sul valore aggiunto per il cliente; - l’immagine: che è fondamentale per il posizionamento sul mercato; - la cultura: da intendere come la capacità di sapere (possedere le conoscen-

ze e le competenze tecniche necessarie), saper fare (il cosiddetto know how, cioè essere in grado di saper mettere in pratica cono-scenze e competenze per ottenere i risultati attesi), saper essere (essere, cioè , in grado di saper interpretare il proprio ruolo e di avere la capacità di relazionarsi proficuamente con tutte le altre persone che si incontrano).

Figura n. 1 il modello di management del servizio di Normann (1984)

Il ruolo centrale giocato dalle persone è stato recepito in maniera significativa anche dal quadro norma-tivo introdotto dall’edizione del 2000 delle norme internazionali della famiglia ISO 9000. Particolare sostegno al ruolo ed al valore delle persone all’interno delle organizzazioni viene fornito da due degli otto principi di gestione per la Qualità che sono dedicati alla Leadership 46 ed al coinvolgi-mento del personale 47.

46 Leadership: i capi stabiliscono unità di intenti e di indirizzo dell’organizzazione. Essi dovrebbero creare e mantenere un

ambiente interno che coinvolga pienamente il personale nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione. [ISO 9000:2000]

47 il coinvolgimento del personale: le persone, a tutti i livelli, costituiscono l’essenza dell’organizzazione ed il loro pieno coinvolgimento permette di porre le loro capacità al servizio dell’organizzazione. [ISO 9000:2000]

il

concetto di

servizio

ilsegmen-

to di mercato

il sistema di eroga-zione del servizio

IMMAGINE

LA CULTURA

E LA FILOSOFIA

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Ma anche Daniel Goleman -il teorico per antonomasia dell’intelligenza emotiva- in un’intervista ad un importante quotidiano nazionale ha sintetizzato in maniera formidabile tutti gli aspetti riportati eviden-ziando che la qualità dei veri leader risiede nella capacità di saper ascoltare: “… se pensiamo a come si può esprimere l’intelligenza emotiva, è preferibile che l’organizzazione sia tale da favorire i contatti interpersonali e questo fa pensare ad una organizzazione piatta e poco gerar-chica… Anche il leader più capace non può fare molto se rimane chiuso nella sua torre d’avorio. Al contrario, deve imparare ad ascoltare i collaboratori e a motivarli, li deve prendere sul serio e ne de-ve capire le personalità …”. 2. fisiognomica delle organizzazione e orientamento al cliente Come in una delle favole di Esopo, è difficile nascondere le cose evidenti; anche se spesso molti manager, quasi come dei prestigiatori, cercano di rappresentare all’esterno un’immagine della loro or-ganizzazione di gran lunga migliore rispetto alle reali condizioni della stessa. In questi casi, la realtà esce fuori comunque alla distanza, quando si osservano con maggiore attenzione i comportamenti del-le diverse persone e, quindi, le modalità con le quali si concretizzano i rapporti con i clienti. Questi manager più sono esuberanti e narcisisti più sono autoreferenziali; per loro si può applicare comoda-mente la metafora del “boccale di birra”: “per valutare il reale livello occorre attendere che vada via la schiuma”. Navigando nel web, attraverso uno qualsiasi dei motori di ricerca disponibili, è possibile trovare molte di migliaia di pagine dedicate alla “politica della qualità”48 delle più svariate organizzazioni, in particola-re quelle che hanno conseguito la Certificazione ISO 9001. Tutti questi documenti si aprono in modo enfatico (spesso anche esageratamente) con dichiarazioni riguardanti l’attenzione e/o l’orientamento al cliente. Ma, purtroppo, troppo spesso, le dichiarazioni si fermano al livello di semplice enunciazione che i Vertici congelano sino alla data della successiva visita di mantenimento della Certificazione, pre-ferendo contornarsi di legali e di consulenti fiscali per gestire l’evoluzione dei rapporti con i clienti, non appena questi ultimi tentano di esprimere anche solo la minima forma di dissenso. Molto spesso è sufficiente un’attenta osservazione dall’esterno dell’organizzazione per ricostruire l’insieme dei fenomeni e dei comportamenti reali che vivono e condizionano le attività reali al proprio interno. Infatti, mutuando la logica dei frattali49 è possibile ricostruire la “cultura interna” dell’organizzazione partendo dalle immagini esterne della stessa e dai comportamenti del personale di front-line. Il modo di presentarsi all’esterno di una organizzazione riesce a rappresentare in particolare lo stile di direzione del Vertice e, soprattutto, quale sia la reale cultura dell’ascolto ed in che modo essa sia stata introiettata dalle persone. Ovviamente, è il Vertice massimo dell’organizzazione che -con le proprie azioni, le proprie decisioni, le proprie scelte ed i propri comportamenti quotidiani- determina il modello di riferimento esemplare al quale si rapportano tutte le altre persone.

48 anche se più correttamente il punto 5.3 della norma UNI EN ISO 9001:2000 chiama “politica per la qualità” l’impegno

formale della direzione dell’organizzazione nei confronti della Qualità. 49 “frattale” è un termine coniato da Benoît Mandelbrot nel 1975 per rappresentare un oggetto geometrico con la caratteri-

stica che ingrandendo una piccola parte si ritrova, in scala, la stessa figura di partenza. La stessa struttura viene ripetuta all’infinito indipendentemente dalla lente d’ingrandimento. Questa caratteristica comporta che attraverso l’ingrandimento della figura si potranno ottenere forme ricorrenti e che ad ogni ingrandimento la stessa evidenzierà nuovi dettagli. Contra-riamente a qualsiasi altra figura geometrica un frattale invece di perdere dettaglio quando è ingrandito, si arricchisce di nuovi particolari.

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In tale direzione si muove Karl Albrecht quando teorizza che «il miglioramento del servizio inizia dall’alto: i manager devono “agire come predicano”; …i dipendenti costituiscono il primo mercato: biso-gna vendere loro l’idea del servizio altrimenti essi non la venderanno mai ai clienti …». [Albrecht, 1992] Ma, «…il modo più sicuro per avere successo come dirigenti d’azienda è mettere al primo posto i pro-pri collaboratori ed i clienti, diventare, in pratica, il loro “servo”, andando incontro alle loro esigenze …» e «fate semplicemente il vostro lavoro; servite i vostri subordinati ed i clienti e andrà tutto bene» è questa la trasposizione nel linguaggio del management che realizza Bob Briner50 partendo dalle paro-le di Gesù “il più grande di voi sia vostro servo” [Matteo 23, 11] oppure “chi tra voi è il più importante diventi come il più piccolo; chi comanda diventi come quello che serve” [Luca 22,26] Ma affermare la centralità del cliente significa attuare un processo di sviluppo descritto in termini spe-culari rispetto alla sua esperienza: l’ideazione del concetto trova riferimento nella soddisfazione del cliente, analizzata in termini di bisogni e di soluzioni desiderate. I bisogni devono essere tradotti in funzioni d’uso dei servizi di base e secondari, sulla base dei quali il concetto di servizio viene definito tecnicamente quale insieme di prestazioni di base e di accessibilità. [Carù, 1996] Figura n. 2 il feed back del cliente ed il miglioramento continuo dei processi Una organizzazione che voglia essere e mantenersi competitiva, cioè di Qualità, deve quindi pensare, progettare e garantire prodotti e/o servizi che rispondono totalmente al sistema di aspettative della propria clientela. Tale scelta diventa vitale soprattutto nel mondo dei servizi che non si possono "immagazzinare" se re-stano invenduti, differentemente da come può accadere, invece, nell’ambito manifatturiero. Allora, per una organizzazione diviene indispensabile avere un’adeguata conoscenza sia del modello di aspettative della clientela (attuale e potenziale, appartenente ai segmenti di mercato di riferimento) e delle dinamiche evolutive della domanda, sia delle risposte e dei feed back provenienti dal merca-to anche potenziale. (figura 2) Per i servizi la completa conoscenza delle aspettative della clientela deve essere estesa, necessaria-mente, ad un ampissimo ventaglio di investigazioni che comprendano anche gli aspetti sociologici, psi-cologici, antropologici e culturali; perché fare Qualità significa, in sintesi, fare bene la prima volta le cose giuste -cioè quelle che desidera il nostro cliente- nel momento in cui decide di acquistarle. 50 Bob BRINER (1997), GESU’ COME MANAGER - gli insegnamenti di Gesù per il business di oggi, Arnoldo Monda-

dori Editore.

PROCESSI AZIENDALI

INPUT:• analisi dati,• definizione obiettivi di

miglioramento,• definizione forme organizzative

per il miglioramento,• valutazione costi/benefici azioni

di miglioramento,• implementazione azioni

di miglioramento

OUTPUT

INDIC

ATO

RIIN

TERN

I

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RIES

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IFEED BACK

VERIFICA EFFICACIA

PROCESSI AZIENDALI

INPUT:• analisi dati,• definizione obiettivi di

miglioramento,• definizione forme organizzative

per il miglioramento,• valutazione costi/benefici azioni

di miglioramento,• implementazione azioni

di miglioramento

OUTPUT

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IFEED BACK

VERIFICA EFFICACIA

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Il processo di acquisto, però, non si ferma al semplice prodotto, ma ricomprende un insieme di servizi che precedono, accompagnano e seguono la “vendita” vera e propria. Nel mondo "allargato" dei servizi, quindi, le aspettative sono dei desideri e/o dei bisogni che il cliente ritiene gli siano "dovuti" dal fornitore in cambio del corrispettivo pagato. Di conseguenza, pertanto, le aspettative della clientela possono essere ricondotte schematicamente, ai seguenti tre principali rapporti bipolari:esigenze esplicite/esigenze implicite; bisogni/desideri; com-ponenti tangibili/componenti intangibili. [Bini, 2000] Ma chi è il cliente? E', quindi, oramai patrimonio comune considerare la soddisfazione del cliente come la priorità assoluta di una qualsiasi organizzazione che voglia essere considerata competitiva. Ma, per poterlo soddisfare, occorre sapere "chi è il nostro cliente ?" (all'interno del cosiddetto target di riferimento dell'impresa) e "cosa si attende il cliente dai nostri prodotti/servizi ?". E' significativa la metafora con la quale Alberto Galgano sintetizza la complessità del cliente-tipo: ai fini della qualità "il cliente può essere assimilato ad un mostro" (mutuando il concetto dalle favole e dalla mitologia); Galgano per il "mostro" individua le seguenti caratteristiche: una fame infinita e di prodotti nuovi; spietato; esigente; un po’ vendicativo; un po’ bambino; invadente; trasformista ; egocen-trico; il nostro padrone. [Galgano, 1991] La "fine della favola" può essere lieta solo se si riesce a trasmettere "amore" nei confronti del mo-stro/cliente (cioè applicando correttamente a tutta l'impresa le tecniche, le metodologie e la cultura del-la Qualità e della customer satisfaction) lo si potrà trasformare in amico/alleato e, quindi, in un bel principe. Ma, l’amore si materializza attraverso la capacità di entrare in sintonia con l’interlocutore e, quindi, con la disponibilità concreta a dare il massimo ascolto al cliente. Il cliente interno Ma il cliente non è solo quello "finale" esterno: l’acquirente, il consumatore, l’utilizzatore, e così via. Infatti, l'intera struttura organizzativa può essere schematizzata in un’unica lunga catena fornito-re/cliente, nella quale si devono succedere armonicamente, sincronicamente e costruttivamente tutti i rapporti tra i soggetti (gli anelli) che si vengono a trovare nello scenario strutturale come tante "aziende elementari" (anche individuali), ciascuna delle quali, per una parte delle proprie attività, risulterà "forni-tore" e per altre "cliente". Allora, una organizzazione può essere di Qualità solo se ciascun componente del proprio sistema (ov-vero ciascun anello della catena interna fornitore/cliente): • conosce e comprende i bisogni e le esigenze del "cliente finale" e adegua a questi i propri com-

portamenti; • conosce e comprende i bisogni e le esigenze del proprio "cliente a valle" e adegua a questi i propri

comportamenti; • individua "i processi" del sistema produttivo che lo riguardano e si impegna a migliorarli; • individua le caratteristiche delle prestazioni che si aspetta dal proprio "fornitore a monte", anche

se interno. Da qui deriva l'importanza, la centralità e l'insostituibilità dell'individuo, anello di una catena che sarà tanto più solida quanto più elevato sarà il livello della sua coscienza, della sua responsabilità, del suo impegno: del suo grado di coinvolgimento (cioè di come si sente una parte importante ed insostituibile dell'organizzazione. La Qualità può divenire, in sintesi, il risultato di un modo "attivo" di lavorare (di vivere e di comportarsi), mentre la non-qualità sarà sempre il risultato di un modo "passivo" di affrontare il lavoro e, più in gene-rale, la vita.

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Del resto la motivazione delle risorse umane nasce dalla esatta e convinta comprensione dei compiti ad esse affidate e del modo in cui tali compiti influenzano l'insieme delle attività di una impresa. Le persone dell’organizzazione, a tutti i livelli, devono avere la consapevolezza che il corretto operare di ciascuno porta solo vantaggi per tutti; mentre scarsa professionalità e modesto coinvolgimento com-portano solo conseguenze negative sui colleghi, sulla soddisfazione del cliente finale, sui costi operati-vi e sui risultati economici dell'impresa. In questa direzione si muovono i principi delle norme della famiglia ISO 9000:2000, ma così recitava, oltre 1500 anni fa, una analoga “norma” di Sant'Agostino che, nella "regola aurea" invitava a "non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te". Il cliente interno deve, quindi, impegnarsi quotidianamente, con azioni e comportamenti adeguati, sul campo della lotta alla riduzione della "non-qualità" che si trasforma in costi e disservizi . Il cliente è l’elemento motore Operare per la Qualità in una qualsiasi organizzazione significa, prima di tutto, ribaltare la logica tradi-zionale che vedeva il cliente solo come elemento terminale esterno e quasi accessorio al sistema di offerta. Invece, una volta adottato il cliente come elemento motore ed organizzatore delle attività quotidiane, la piena soddisfazione delle sue attese finisce per diventare la ragione stessa dell'esisten-za dell'organizzazione stessa. Ma un cambiamento del genere non si realizza in un anno e nemmeno in un decennio senza la convin-ta partecipazione di tutti, in uno spirito di nuova disponibilità alla collaborazione che coinvolga chi lavo-ra nell'organizzazione, qualunque livello di responsabilità esso risulti collocato, soprattutto a partire dal Vertice. (figura n. 3) Occorre ricordare, però, che i dipendenti sono la prima linea dei clienti. Questi clienti interni devono essere trattati con la stessa cura, rispetto e considerazione dei clienti-compratori esterni. Se si vuole che i collaboratori forniscano un servizio superiore e che si adoperino per conservare i clienti, è necessario dare un servizio superiore anche ai dipendenti e lavorare per conservarli. [Gerson, 1993]. Figura n. 3 “il manifesto del cliente” [tratto da Morgan, 1993] Il cliente è … L’elemento più importante dell’organizzazione, sia quando viene di persona che quando telefona o scrive. La persona che in ultima analisi paga la mia retribuzione. E’ grazie al cliente che si ha un lavoro. Qualcuno con cui si deve assolutamente evitare lo scontro. Come ha detto Dale Carnegie: «il modo migliore per vincere una discussione è evitarla», soprattutto con i clienti. Qualcuno da cui apprenderò il segreto della pazienza, anche se non si tratta di una persona paziente. Qualcuno che ha il potere di farmi sentire vincente o sconfitto, a seconda di come reagisco alle sue parole. Se saprò padroneggiare la situazione imparerò anche a controllare la mia vita stessa. Una persona dotata di pregiudizi e preconcetti esattamente co-me me. Potrebbe infatti non gradire la mia pettinatura,

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così come io non potrei apprezzare il suo modo di vestire. Si tratta comunque di un essere umano speciale in quanto è il mio cliente. Qualcuno che devo cercare di non offendere; anche se ha torto dovrò far rilevare il suo errore con frasi indiret-te e cortesi. Una persona che rappresenta talvolta una sfida. Sta a me raccoglierla, nel senso di saper trasformare il suo cipi-glio in un sorriso. Un essere umano speciale: il mio cliente, colui su cui devo concentrare i miei sforzi per soddisfarne le esigenze al cento per cento. Qualcuno per cui devo andare «oltre». Forse l’interessato non se ne accorgerà, ma io so perfettamente che la differenza tra un servizio mediocre ed uno eccellente è solo del dieci per cento. Rebecca L. Morgan 3. ascoltare i clienti e la gestione dei reclami Per il Dizionario della Lingua Italiana Devoto e Oli, ascoltare significa “trattenersi di proposito a udire attentamente; prestare la propria attenzione o partecipazione a qualcosa in quanto oggetto o motivo di informazione o di riflessione o di devozione, accogliere benevolmente, esaudire”. Infatti, l’ascoltare è differente dal meccanico, passivo e “fisico” sentire, è un’azione che richiede l’attivazione empatica della dimensione emotiva nella relazione. In particolare, l’azione dell’«essere ascoltato» viene normalmente considerata una esigenza fonda-mentale, anzi prioritaria, da parte del cliente soprattutto quando riceve un servizio/prodotto che ritiene diverso da quello che ha acquistato, seguendo un proprio modello di aspettative, oppure quando è vit-tima di un disservizio. Soprattutto in questi casi, un cliente “contrariato” rivendica il diritto di vedere ri-spettate alcune ulteriori aspettative:

- essere preso in considerazione seriamente; - essere trattato con rispetto; - constatare che si stia intraprendendo una qualche azione; - ottenere una sostituzione o un rimborso; - sapere che il responsabile del suo problema sarà ammonito o punito; - chiarire il problema per evitare che si ripeta in futuro; - essere ascoltato.

a. Le regole del “buon ascolto” sono:

- focalizzarsi sul cliente e non sul problema, attraverso le parole, il contatto visivo ed il linguag-gio del corpo;

- ammortizzare lo stato d’ansia del cliente che reclama ed ottenere la sua collaborazione attra-verso l’utilizzo delle tecniche di comunicazione (verbale e non verbale);

- non limitarsi all’ascolto dei fatti; - non fingere un’attenzione che non c’è; - non accettare e non creare distrazioni; - non lasciarsi trasportare da elementi emotivi;

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- non interrompere o finire le frasi dell’altro; - non farsi influenzare da preconcetti e pregiudizi; - controllare quanto si è capito; - non filtrare le informazioni poco chiare e confuse con interpretazioni soggettive; - se occorre, prendere appunti; - non lasciarsi influenzare dalla modalità espressiva dell’interlocutore; - evitare la trappola del “conosco già tutto”. [Fedel, 1998]

b. i principali DIFETTI dell’ascolto

- L’ASCOLTO DISTRATTO (l’attenzione non è incondizionatamente concentrata su chi parla);

- L’ASCOLTO DI FATTI (si ascolta solo il fatto, non ci si sforza di interpretare lo stato d’animo, e gli atteggiamenti dell’interlocutore);

- L’ASCOLTO EMOTIVO (ci si fa condizionare dalle emozioni, non si ascolta serena mente); - L’ASCOLTO SUPERFICIALE (si critica e si giudica più il modo di parlare della persona che il contenuto effettivo del messaggio); - L’ASCOLTO FINTO (non si ascolta realmente ciò che dice l’interlocutore ma si è concentrati su cosa dire ); - L’ASCOLTO PRESUNTUOSO (si presume di avere già compreso il problema o di dove vuole andare a parare l’interlocutore); - L’ASCOLTO DIVERGENTE (si rivolge l’attenzione su temi che non hanno nulla a che fare con quelli che si stanno trattando). [Fedel, 1998]

c. elementi per la gestione dei reclami La letteratura tecnica evidenzia che: - costa cinque-sei volte di più acquisire un nuovo cliente piuttosto che mantenerne uno vecchio, an-

che quando si devono riprendere i contatti con antichi clienti; in più, il valore della lealtà e della vita media di un cliente può essere oltre dieci volte quello del prezzo di un singolo acquisto;

- quando i clienti si trovano di fronte a dei problemi e reclamano è stata registrata una diversifica-zione nelle reazioni in relazione alla tempestività ed alla tipologia delle risposte ricevute da parte della organizzazione [Morgan, 1993]:

- CLIENTI INSODDISFATTI CHE TORNERANNO ANCORA CHE NON TORNERANNO PIU’NESSUN RECLAMO 37 % 63 % PROBLEMA NON RISOLTO 46 % 54 % PROBLEMA RISOLTO 70 % 30 % PROBLEMA RISOLTO RAPIDAMENTE 95 % 5 %

Quindi, i clienti sono più motivati a riacquistare da quelle organizzazioni che hanno preso a cuore la loro situazione, affrontando e risolvendo in maniera intelligente i reclami che sono stati inviati. E’ buona regola, pertanto, che la risposta ad un reclamo scritto debba trovare una prima risposta velo-ce entro due giorni ed una risposta completa entro due settimane. Gli elementi che devono caratteriz-zare la gestione e le risposte ai reclami sono soprattutto i seguenti:

- dire “grazie”; - spiegare perché si è apprezzato il reclamo; - scusarsi per l’errore;

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- promettere di fare qualcosa al riguardo immediatamente; - chiedere le informazioni necessarie; - correggere l’errore al più presto; - ammettere che il cliente ha ragione; - inviare risposte personalizzate; - scrivere risposte semplici; - superare le aspettative dei clienti; - verificare se il cliente sia rimasto soddisfatto.

d. i dieci suggerimenti per trasformare i reclami in vendite E’ indispensabile seguire una serie di accortezze nella gestione dei reclami per trasformarli in una oc-casione per coltivare i clienti, quasi fossero veri e propri strumenti di marketing. I principali suggerimenti da seguire per la più proficua gestione dei reclami sono:

- cercare di capire perché il cliente si lamenta. Molto probabilmente un’esigenza non è stata soddisfatta o una aspettativa non è stata realizzata;

- ascoltare attentamente. Il cliente vuole attenzione e rispetto completi, e ne ha diritto; - gestire un reclamo alla volta, anche se i clienti sono parecchi. Gestendo un singolo reclamo,

può essere trattato più efficacemente e si possono avere maggiori probabilità di trasformarlo in una vendita, piuttosto che cercando di gestire due o tre reclami la volta;

- chiedere al cliente quali fossero le sue esigenze al momento dell’acquisto e perché non sono state accolte. Si può scoprire come le esigenze attuali differiscono dalle originarie, e perché sono cambiate;

- dire al cliente che si è capito il reclamo e che si è spiacenti che sia sorto il problema. Assicura-re al cliente che si farà il possibile per risolvere il reclamo immediatamente;

- una volta risolto il reclamo, iniziare ad esporre la proposta per una nuova vendita ed i suoi vantaggi;

- dare una risposa ad ogni obiezione che può venire dalla proposta formulata, e continuare a trattare la questione “reclamo” se dovesse riemergere nel discorso;

- cercare di concludere la nuova vendita scaturita dal reclamo come se fosse una prima vendita. Talvolta queste “vendite da reclamo” sono più facili, perché il cliente ha già fatto un acquisto e sa come il prodotto o il servizio riesca a soddisfare una esigenza;

- se non si può risolvere un reclamo con piena soddisfazione del cliente, offrire delle alternative parlandone con una persona di maggiore autorità, proponendo il cambio della merce o rim-borsandone il denaro;

- più del 75 % delle persone che reclamano e vedono il loro reclamo risolto immediatamente, fa-ranno un altro acquisto. Servirsi di questo dato per continuare nel tentativo di tenere stretto il cliente “reclamante”. [Gerson, 1993]

4. l’orientamento al cliente, attraverso l’ascolto dei reclami: la nuova norma UNI ISO 10002:2006: La definizione del primo degli otto principi di Gestione per la Qualità, riportati nella norma ISO 9000:200051 si apre con una forte affermazione “le organizzazioni dipendono dai propri clienti …” . Il punto 2.1. della norma ISO 9000:2000 rafforza il concetto quando sottolinea che “… è il cliente che, in definitiva, determina l’accettabilità del prodotto/servizio … e considerato che le esigenze e le aspet-

51 Il 1° principio di Gestione per la Qualità dedicato all’ orientamento al cliente sottolinea che “le organizzazioni dipendono

dai propri clienti e dovrebbero, pertanto: capire le loro esigenze presenti e future; soddisfare i loro requisiti; mirare a su-perare le loro stesse aspettative”. [UNI UEN ISO 9000:2000]

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tative del cliente si modificano e date anche le pressioni della concorrenza e del progresso tecnico, le organizzazioni sono spinte a migliorare continuamente i loro prodotti/servizi ed i loro processi …”. In tale contesto logico, l’ ascolto del cliente da parte dell’organizzazione diventa una modalità impor-tante per alimentare i processi di miglioramento continuo ed incrementale delle performance, del grado di sintonia con il mercato e del livello di soddisfazione della clientela. E’ un modo per fornire una risposta corretta al modello “dell’uscita e della voce” proposto dall’economista Albert O. Hirschman per descrivere le due possibili modalità di espressione del dis-senso del cliente nei rapporti con l’organizzazione e, quindi, per individuare le condizioni possibili per recuperarlo.52 Da un recente studio condotto dalla società di consulenza SUMMIT -sul tema “Gestire i reclami con successo”- è emerso che rispetto a cinque anni fa i consumatori italiani sono diventati più esigenti: “in caso di prodotto difettoso o di disservizio il 32 % (contro il 24 % nel 2001) non esita a protestare”. In un mercato ipercompetitivo, il cliente fedele diventa ogni giorno sempre più prezioso. Trascurarlo soprattutto quando si lamenta o quando protesta può divenire esiziale per il futuro dell’organizzazione stessa. Infatti, il cliente ha introiettato la filosofia del telecomando è con la stessa rapidità con la quale cambia un canale televisivo tende a cambiare il “fornitore” di prodotti e/o servizi. E’ importante sottolineare come “i reclami del cliente sono un indice comune di scarsa soddisfazione del cliente, ma la loro assenza non implica necessariamente che il cliente sia molto soddisfatto” . come precisato nella nota 1 della definizione della “soddisfazione del cliente”53 Al riguardo, Franco D’Egidio teorizza che “…i reclami, per quanto poco piacevoli, sono una vera man-na per le aziende, che così non devono impegnare molte risorse, in termini di tempo e di uomini, per andare a scoprire gli errori. Un lavoro che il cliente non solo fa gratis ma, addirittura pagando. Ascolta-re e fare tesoro dei reclami è quindi un imperativo fondamentale per una azienda che voglia essere customer driver …” L’ascolto del cliente scontento è, quindi, fondamentale perché nel manifestare la propria “contrarietà” e, a volte, dei suggerimenti, il cliente che reclama dedica del tempo e dell’attenzione alla organizzazio-ne che sbaglia. Come teorizza Fedel in un suo interessante testo, la soddisfazione dei clienti è crucia-le per il futuro di una organizzazione perché: - i clienti soddisfatti desiderano tornare e quelli insoddisfatti invece no; - i clienti soddisfatti fanno pubblicità positiva e invece quelli insoddisfatti minano la reputazione

dell’organizzazione; - i clienti soddisfatti sono propensi ad accettare nuovi prodotti/servizi proposti dall’organizzazione; - i clienti potenziali sono più inclini a dare credito al “servizio dissuasione” dei clienti insoddisfatti che

a qualunque, per quanto geniale, campagna di marketing; - i clienti soddisfatti generano un circolo virtuoso di rapporti positivi con chi è in prima linea, favoren-

do la capacità di gestire con efficacia le situazioni difficili. [Fedel, 1998]

52 “L’uscita è la via seguita dal cliente che, insoddisfatto del prodotto di un’azienda, passa a quello di un’altra, e quindi usa

il mercato per salvaguardare il proprio benessere, e così facendo attiva le forze di mercato per rimettere in sesto l’azienda la cui competitività è scaduta, o crea le premesse perché una nuova azienda sostituisca del tutto la prima….

All’opposto, c’è la via della voce, che può andare da una semplice lagnanza ad una violenta protesta, individuale o collet-tiva, e diretta perché determina delle reazioni dell’impresa che sono funzione dell’iniziativa dei consumatori. Questo è un meccanismo schiettamente politico, perché fa leva sulla pressione e dall’influenzamento per salvaguardare il benessere …” [Hirschman, 1970]

53 Per soddisfazione del cliente si intende la “percezione del cliente su quanto i suoi requisiti siano stati soddisfatti”; è questa la definizione riportata al punto 3.1.4 della norma ISO 9000:2000.

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Uno studio dell’American Society Training and Development ha verificato che dei clienti insoddisfatti solo il 4 % reclama mentre il 96 % se ne va senza dire niente; comunque il 91 % dei clienti insoddisfatti decide di non tornare più con il desiderio di vendicarsi utilizzando tutti i canali possibili del “passa paro-la”. In tale scenario, si colloca la recente norma UNI ISO 10002:2006 dedicata al trattamento dei re-clami per la soddisfazione del cliente, che fornisce “una guida per il processo di trattamento dei re-clami relativi ai prodotti all’interno di una Organizzazione comprendendo la pianificazione, la progetta-zione, il funzionamento, la manutenzione ed il miglioramento. Il processo di trattamento dei reclami descritto è adatto per essere utilizzato come uno dei processi di un Sistema di Gestione per la Qualità complessivo. … la norma non si applica alla risoluzione di dispute che avvengono al di fuori dell’organizzazione o per le dispute legate al personale …” [punto 1.] Nel punto 0.1 si sottolinea che “… il trattamento dei reclami mediante un processo come descritto nel-la norma … può accrescere la soddisfazione del cliente. Incoraggiando attivamente i clienti a fornire informazioni di ritorno, inclusi i reclami se i clienti non sono soddisfatti, una Organizzazione ha l’opportunità di mantenere o incrementare la fedeltà e l’approvazione da parte dei clienti e migliorare la competitività a livello nazionale e internazionale …”. Nella norma, il RECLAMO viene definito come “una espressione di insoddisfazione rivolta ad un’organizzazione in relazione ai suoi prodotti/servizi o allo stesso processo di trattamento dei reclami dove si attende in modo esplicito o implicito una risposta o una soluzione” [punto 3.2]. La norma UNI ISO 10002:2006 è strutturata in due parti: L’ARTICOLATO LE APPENDICI

8. introduzione 1. scopo e campo di applicazione 2. riferimenti normativi 3. termini e definizioni 4. principi guida 5. struttura del trattamento dei reclami 6. pianificazione e progettazione 7. funzionamento del processo di trattamento dei reclami 8. mantenimento e miglioramento

A. guida per le piccole imprese B. modulo per la presentazione dei reclami C. obiettività D. modulo per dare seguito ai reclami E. soluzioni F. diagramma di flusso del processo di trattamento dei reclami G. miglioramento continuo H. gli audit

i principi – guida I principi-guida individuati per un efficace trattamento dei reclami, come elencato e raccomandato nel capitolo 4° della norma UNI ISO 10002, sono: visibilità; accessibilità; capacità di reazione; obiettività; costi; riservatezza; approccio orientato al cliente; responsabilità; miglioramento continuo. il capitolo 5°: la struttura del trattamento dei reclami I PARAGRAFI DEL CAPITOLO 5°

5.1 IMPEGNO L’impegno -nell’accezione del commitment- deve essere dimostrato dall’alta direzione dell’organizzazione e promosso dalla stessa. Un forte commitment nel rispondere ai reclami dovrebbe consentire sia al personale sia ai clienti di contribuire al miglioramento sia dei prodotti e dei servizi, sia dei processi dell’organizzazione. Il commitment si materializza nella definizione, nell’adozione e nel deplo-yment di una politica e di procedure per la risoluzione dei reclami.

5.2 POLITICA L’alta direzione dovrebbe definire una politica di trattamento dei reclami orientata in modo esplicito al cliente. La politica dovrebbe, comunque, essere supportata da procedure e da obiettivi suddivisi per funzioni e ruoli delle persone coinvolte nel proces-so.

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5.3 RESPONSABILITA’ E AUTORITA’ Occorre definire ed assegnare precise responsabilità per tutte le persone dell’organizzazione specificandole per i diversi livelli: l’alta direzione; il rappresentante della direzione per il trattamento dei reclami; gli altri re-sponsabili coinvolti nel processo di trattamento dei reclami; tutto il perso-nale a contatto con i clienti e con i reclamanti; tutto il restante personale.

il capitolo 6°: pianificazione e progettazione I PARAGRAFI DEL CAPITOLO 6°

6.1 GENERALITA’ L’organizzazione dovrebbe pianificare e progettare un programma di trat-tamento dei reclami efficiente ed efficace in modo da incrementare la fe-deltà e la soddisfazione dei clienti e migliorare la qualità dei prodot-ti/servizi forniti.

6.2 OBIETTIVI L’alta direzione dovrebbe assicurare che gli obiettivi del trattamento dei reclami siano stabiliti per le funzioni ed i livelli pertinenti all’interno dell’organizzazione. Ovviamente gli obiettivi devono essere misurabili e compatibili con la politica fissata.

6.3 ATTIVITA’ L’alta direzione dovrebbe assicurare che la pianificazione del processo di trattamento dei reclami avvenga con l’obiettivo di mantenere ed accresce-re la soddisfazione del cliente. Il processo di trattamento dei reclami an-drebbe collegato ed allineato con altri processi del Sistema di Gestione per la Qualità dell’organizzazione.

6.4 RISORSE Per assicurare che il processo di trattamento dei reclami si svolga effica-cemente ed in modo efficiente l’alta direzione dovrebbe valutare le esigen-ze in termini di risorse e, quindi, attivarsi per metterle a disposizione.

il capitolo 7°: il processo di trattamento dei reclami I PARAGRAFI DEL CAPITOLO 7°

7.1 COMUNICAZIONE Le informazioni esplicative relativamente al processo di trattamento dei reclami dovrebbero essere rese disponibili verso i clienti: dove e come poter formulare reclami; le informazioni che devono essere fornite dai reclamanti; il processo di trattamento dei reclami; i limiti di tempo previsti per le diverse fasi; come riscontrare al reclamante la stato del reclamo.

7.2 RICEZIONE DEI RECLAMI Al ricevimento, il reclamo dovrebbe essere registrato insieme a tutte le informazioni di supporto con un “codice identificativo unico”.

7.3 RILEVAZIONE DEL RECLAMO Dovrebbe essere sempre rilevabile lo stato del reclamo in ciascuna delle fasi del processo di trattamento. Ad intervalli regolari andrebbe aggiornato il reclamante sullo stato del reclamo.

7.4 RICEVUTA DEL RECLAMO Al ricevimento del reclamo l’organizzazione deve darne tempestivo riscon-tro al reclamante.

7.5 VALUTAZIONE INIZIALE DEL RECLAMO

Dopo la ricezione, ciascun reclamo dovrebbe essere valutato inizialmente in termini di gravità, implicazioni sulla sicurezza, complessità, impatto, esigenza e possibilità di azioni immediate.

7.6 INDAGINI SUI RECLAMI E’ necessario analizzare tutte le circostanze e le informazioni rilevanti riguardanti un reclamo. Il livello dell’indagine deve essere commisurato alla serietà, alla frequenza ed alla gravità del reclamo.

7.7 RISPOSTE AI RECLAMI Ogni reclamo deve avere una risposta tempestiva ed esaustiva. Se il reclamo non può trovare una soluzione immediata è importante che si pervenga ad una soluzione efficace il “prima possibile”.

7.8 COMUNICAZIONE DELLA DECISIONE Tutte le decisioni e le azioni intraprese riguardanti il reclamo devono es-sere comunicate immediatamente al reclamante e/o alle persone coinvol-te.

7.9 CHIUSURA DEL RECLAMO In caso di accettazione da parte del reclamante la decisione o l’azione pro-posta deve trovare tempestiva esecuzione e, quindi, essere registrata. Il reclamo rimane aperto se le soluzioni individuate non trovano la soddi-sfazione del reclamante. Conseguentemente, in questo caso

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l’organizzazione è chiamata a continuare il monitoraggio del processo del reclamo sino a quando non sia stata trovata l’opzione che incontra la sod-disfazione del reclamante, oppure sino a quando non siano state esaurite “tutte le opzioni ragionevoli di ricorso”.

il capitolo 8°: il mantenimento ed il miglioramento I PARAGRAFI DEL CAPITOLO 8° 8.1 RACCOLTA DELLE INFORMAZIONI E’ necessario registrare le diverse prestazioni sviluppate all’interno del

processo di trattamento dei reclami; è indispensabile sia salvaguardare le informazioni personali, sia assicurare la riservatezza dei reclamanti.

8.2 ANALISI E VALUTAZIONE DEI RECLAMI

Tutti i reclami dovrebbero essere classificati e analizzati per identificare problemi sistematici, ricorrenti e legati alle singole casistiche, le relative tendenze e, quindi, contribuire ad eliminare le cause che sono a monte dei reclami.

8.3 SODDISFAZIONE RELATIVA AL PROCESSO TRATTAMENTO RECLAMI

Andrebbero attivate iniziative per determinare il livello di soddisfazione dei reclamanti nei confronti del processo di trattamento dei reclami.

8.4 MONITORAGGIO DEL PROCESSO DI TRATTAMENTO DEI RECLAMI

Andrebbe monitorato con regolarità il processo di trattamento dei reclami, le risorse necessarie ed i dati da raccogliere. Le prestazioni del processo vanno misurati e confrontati rispetto ai criteri che sono stati prefissati.

8.5 AUDIT DEL PROCESSO DI TRATTAMENTO DEI RECLAMI

L’organizzazione –al pari dei Sistemi di Gestione per la Qualità- dovrebbe condurre con regolarità degli audit per valutare le prestazioni del proces-so di trattamento dei reclami. Dall’audit dovrebbero emergere le informazioni relative sia alla conformità del processo alle procedure del trattamento dei reclami, sia all’idoneità del processo al conseguimento degli obiettivi di trattamento dei reclami.

8.6 RIESAME DA PARTE DELLA DIREZIONE DEL PROCESSO

L’alta direzione dovrebbe con regolarità riesaminare il processo di tratta-mento dei reclami soprattutto al fine di assicurare la sua “idoneità, ade-guatezza, efficacia ed efficienza”, di identificare e correggere difetti sia di prodotto sia dei processi e, quindi, di individuare le opportunità di miglio-ramento.

8.7 MIGLIORAMENTO CONTINUO Il processo di trattamento dei reclami va gestito nella logica del migliora-mento continuo dell’efficacia e dell’efficienza del processo, nonché della qualità dei servizi/prodotti.

dall’insoddisfazione al miglioramento Grazie ad una gestione corretta dei reclami, le organizzazioni possono migliorare con continuità sia l’efficacia e l’efficienza del processo di trattamento degli stessi, sia la qualità dei prodotti e dei servizi. Infatti, come sottolineato dal punto 8.7 della norma, l’organizzazione è chiamata ad intraprendere “a-zioni per eliminare le cause dei problemi esistenti o potenziali che possono indurre a reclami, per pre-venirne la ripetizione e, rispettivamente, il verificarsi”. A tal fine, l’organizzazione dovrebbe:

- esplorare, identificare ed applicare le pratiche migliori per il trattamento dei reclami; - promuovere un approccio orientato al cliente all’interno dell’organizzazione stessa; - incoraggiare l’innovazione nello sviluppo del trattamento dei reclami; - riconoscere un comportamento esemplare nel trattamento dei reclami.

5. per concludere Dare ascolto significa porre l’interlocutore al centro dell’attenzione e quindi farlo sentire destinatario unico del nostro impegno, quindi speciale. Era il principio-guida seguito da don Giovanni Bosco -l’inventore dell’Oratorio moderno- per recupera-re i ragazzi persi nella Torino di fine ottocento; in merito piace ricordare le parole utilizzate dal cele-brante in occasione dell’omelia funebre per don Bosco: “io posso dire che don Bosco era veramente

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un Santo: se infatti, voi chiedete ad ognuno dei 200 ragazzi del suo oratorio chi era il preferito di don Giovanni egli vi risponderà: io”. Questo stile se applicato correttamente ed eticamente in una organizzazione -ovviamente a partire dal responsabile massimo- può divenire un comportamento virtuoso che si contagia trasferendosi attra-verso le relazioni interne sino al personale di front-line che si interfaccia serenamente nei confronti del cliente esterno dedicandogli tutta l’attenzione possibile, durante l’erogazione del servizio, sviluppando un approccio empatico teso a cogliere emotivamente le sue esigenze, i suoi bisogni ed i suoi desideri, possibilmente ancor prima che li manifesti formalmente. Il principio regista una trasposizione nel concetto laico di “addomesticare” enunciato da Antoine de Saint-Exupéry nel Piccolo Principe: «“addomesticare” … vuol dire creare legami. Io non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, ed io sarò per te unica al mondo. … non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi. … tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato». Se è vero che l’opposto dell’amore non è l’odio bensì l’indifferenza, le organizzazioni si devono forte-mente preoccupare quando i propri clienti iniziano a non presentare più segnalazioni e/o reclami; infat-ti, «quando i clienti rinunciano a protestare è perché hanno già deciso di rivolgersi altrove e di sconsi-gliare ai propri conoscenti di servirsi da voi». Invece, il cliente che si prende la briga di reclamare diventerà forse ancora più fedele al vostro servizio e, soprattutto, se saprete rispondere con professionalità e prontezza ai suoi bisogni, ritornerà, perché è soddisfatto di voi. [Morgan, 1993] Comunque è importantissimo cogliere con attenzione la miriade di comportamenti esterni adottati dal cliente -molto prima del reclamo formale- per evidenziare il disappunto e la scontentezza rispetto al livello del servizio ricevuto e/o alle caratteristiche del prodotto acquistato. Questi possono essere rilevati solo se il grado di attenzione e di sensibilità da parte di tutte le persone dell’organizzazione rivolta nei confronti del cliente ha una forte dimensione di sintonia emotiva tale da riuscire a cogliere con rapidità anche i più tenui segnali deboli provenienti dai clienti e dal mercato. In relazione alla circostanza che evidenzia che «la mano che vi presenta un problema è la stessa che vi porge un dono» [come sottolinea Richard Bach nel suo libro Illusions] le persone che hanno una re-sponsabilità nella direzione dell’organizzazione sono chiamate a porre (ed a far porre) particolare en-fasi sull’importanza dell’ascolto di tutte le voci che provengono da tutti i clienti interni ed esterni. Conseguentemente, il dirigente deve prodigarsi per creare un ambiente di lavoro mirato alla soddisfa-zione del cliente. E’ inoltre suo compito porsi come modello, dimostrando giorno per giorno le modalità da applicare nel servizio al pubblico. Meglio ancora se segue la prassi di premiare i risultati più po-sitivi e di trattare i propri collaboratori come vorrebbe che essi trattassero i clienti. Solo attraverso l’implementazione di una convinta e corale cultura dell’ascolto dei clienti (esterni ed interni) diffusa ed interiorizzata a tutti i livelli si possono creare i presupposti per favorire lo sviluppo e la crescita delle relazioni tra le persone che si materializza nell’innalzamento dei livelli delle performan-ce dell’organizzazione, della customer/people satisfaction e, quindi, dei risultati complessivi. Ma quando l’ascolto diventa la cultura condivisa di tutta l’organizzazione, si ha la possibilità di conse-guire risultati che vanno ben oltre la soddisfazione (che spesso è un sinonimo di “accettabilità”), i quali possono certamente raggiungere livelli di delightment per tutte le persone comunque coinvolte nell’erogazione del servizio; in tal modo queste ultime si potranno sentire tutte partner di un progetto comune. [Bini, 2006]

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6. bibliografia. AA.VV. (1998), GUIDA AI PROCESSI DI QUALITA’ NELLE IMPRESE DEI SERVIZI PUBBLICI

LOCALI, CISPEL-D’Anselmi Editore Roma & Hoepli Milano; ALBRECHT Karl (1992), AL SERVIZIO DEL CLIENTE INTERNO E ESTERNO, ISEDI, Torino; BINI Sergio (1999), SODDISFAZIONE DEI CITTADINI E QUALITA’ DELLA VITA,

in "Consumatori, Diritti e Mercato", ETAS-RCS Libri, n. 3 - ottobre; BINI Sergio (2000), DALL’INSODDISFAZIONE DEL CLIENTE AL MIGLIORAMENTO DEI PRO-

CESSI, in “L’Amministrazione Ferroviaria”, Edizioni CAFI, Roma, n. 5 - maggio;

BINI Sergio (2001), IL MIGLIORAMENTO CONTINUO E LA VISION 2000 in AA.VV. “CONOSCERE LE ISO 9000:2000, cambiamento, cliente, processi e miglioramento continuo”,

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dispensa AICQ-CI, Roma, 2003; BINI Sergio (2004), INDICATORI E QUADRI DI GESTIONE DELLA QUALITA’: LA NUOVA

NORMA UNI 11097:2003, in “Unificazione & Certificazione” (Organo ufficiale dell’UNI) n. 3 - mar-zo;

BINI Sergio (2005), IL RUOLO DELLA SODDISFAZIONE NEL PERCORSO VERSO LA QUALI-TA’ E L’ECCELLENZA, in AA.VV., AICQ-ci 1994-2004 DIECI ANNI DI IMPEGNO DELLA QUALI-TA’ PER LA COMPETITIVITA’ E L’ECCELLENZA, CAFI Editore, Roma;

BINI Sergio (2006), SOLO UN’ORGANIZZAZIONE FELICE PUO’ FORNIRE SERVIZI DI QUALI-TA’!, in “QUALITA’” (organo ufficiale dell’AICQ) n. 2- marzo-aprile;

CARU’ Antonella (1996), MARKETING E PROGETTAZIONE DEI SERVIZI, UTET Libreria, Torino; D’EGIDIO Franco (1993) (a cura di), LA QUALITA’ DEL SERVIZIO: LO STATO DELL’ARTE IN

ITALIA, -Studio a cura di Galgano e Summit-, Franco Angeli Editore, Milano FEDEL Alberto (1998), GRAZIE PER IL RECLAMO!, Franco Angeli Editori, Milano; FITZGERALD Lin, JOHNSTON Robert, BRIGNALL Stan, SILVESTRO Rhian, VOSS Christopher

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le24Ore Libri, Milano; GERSON Richard F. (1993), OLTRE IL SERVIZIO AL CLIENTE, Franco Angeli Editore, Milano; GICQUEL Yohan (2006), LE BUZZ MARKETING, Le Génie des Glaciers Editeur, Chambéry ; LEONARDI Erika (2005), RICOSTRUIRE E VIVERE IL PROCESSO PER LA QUALITA’ IN A-

ZIENDA, Sperling & Kupfer Editori; Milano; MORGAN Rebecca L. (1993), COME CALMARE I CLIENTI IRRITATI, Franco Angeli Editore ; NOYE’ Didier (2002), MANAGER LA PERFORMANCE, Inseep Consulting Editions; NORMANN Richard (1984), SERVICE MANAGEMENT. Strategy and Leadership in Service

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SAULOU Jean-Yves (2004), TABLEAUX DE BORD: pour décideurs qualité, AFNOR, Paris

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7. IL RUOLO DELLA SODDISFAZIONE NEL PERCORSO VERSO LA QUALITÀ E L’ECCELLENZA 54 13.1. Premesse La centralità dei clienti -e, spesso, più in generale, delle parti interessate, i cosiddetti stakeholder- gio-ca un ruolo cruciale e vitale nei modelli di gestione per la Qualità e l’Eccellenza. “In una situazione di crescente saturazione dei mercati, di aumento dell’intensità concorrenziale e di progressiva standardizzazione dei prodotti, la capacità di soddisfare o, addirittura, superare le aspetta-tive dei clienti, è oggi divenuto il fattore competitivo”. Al riguardo, si può ricordare che il primo degli otto principi di Gestione per la Qualità -definiti dalla norma internazionale UNI EN ISO 9000:2000- è dedicato proprio all’ORIENTAMENTO AL CLIENTE; esso evidenzia che: “le organizzazioni dipendono dai propri clienti e dovrebbero, pertanto, capire le loro esigenze presenti e future, soddisfare i loro requisiti e mirare a superare le loro stesse aspettati-ve”. Ma anche il secondo degli otto “concetti fondamentali dell’Eccellenza” -definito dal modello europeo di Eccellenza EFQM (European Foundation for Quality Management)- è dedicato alla ATTENZIONE RI-VOLTA AL CLIENTE (Customer focus). Nel concetto si evidenzia che “il cliente è l’arbitro ultimo della Qualità dei prodotto e del servizio: l’ottimizzazione di fattori quali la fedeltà del cliente e l’ampliamento della quota di mercato passa inva-riabilmente attraverso una chiara messa a fuoco delle esigenze dei clienti attuale e potenziali”. In qualche modo i principali modelli di gestione per la Qualità/Eccellenza registrano il cambiamento del potere contrattuale assunto dai clienti, che hanno catturato e tengono saldamente in mano il “teleco-mando” delle scelte divenendo i padroni del mercato. Attraverso una sorta di continuo zapping deci-dono la sorte delle Organizzazioni. 13.2. Il cliente e la Vision 2000 Il punto 2.1 della norma internazionale UNI EN ISO 9000:2000 evidenzia che: “… è il cliente che, in definitiva, determina l’accettabilità del prodotto …”. 54 Capitolo (13) tratto dal libro AA.VV., AICQ-CI 1994-2004. dieci anni di impegno della Qualità per la competitività e

l’eccellenza, Edizioni CAFI, Roma, 2005.

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Ma forse prima di ogni altra cosa è la definizione stessa di Qualità che chiarisce le dinamiche fornitore-organizzazione-cliente e, soprattutto, la centralità di quest’ultimo. La Qualità è definita come il grado in cui un insieme di caratteristiche (elementi distintivi) intrinse-che soddisfa i requisiti (esigenze o aspettative che possono essere espresse, generalmente implicite o cogenti). Mentre, per Soddisfazione del Cliente la norma UNI EN ISO 9000:2000 (punto 3.1.4.) definisce la “percezione del cliente su quanto i suoi requisiti siano stati soddisfatti”; come si può notare il concetto è strettamente legato alla definizione di Qualità. Nella nota alla definizione si precisa che “i reclami del cliente sono un indice comune di scarsa soddi-sfazione (del cliente), ma la loro assenza non implica necessariamente che il cliente sia molto soddi-sfatto. Anche quando i requisiti del cliente sono stati concordati con il cliente stesso e sono stati sod-disfatti, ciò non implica necessariamente che il cliente sia rimasto molto soddisfatto”. figura n. 13.1

… è il cliente che, in definitiva, determina l’accettabilità del prodotto … dato che le esigenze e le aspettative del cliente si modificano nel tempo ed in presenta di crescenti pressioni sia della concor-renza, sia del progresso tecnico, le organizzazioni sono spinte a migliorare continuamente i loro pro-dotti ed i loro processi (2.1). L’approccio suggerito dai Sistemi di Gestione per la Qualità incoraggia le organizzazioni: - ad analizzare i requisiti del cliente; - ad analizzare i requisiti del cliente; - a definire i processi che contribuiscono ad ottenere un prodotto accettabile per il cliente; - a tenere questi processi sotto controllo. L’approccio per sviluppare ed attuare un Sistema di Gestione per la Qualità implica diverse fasi (punto 2.3) tra le quali: - determinare le esigenze e le aspettative dei clienti e delle altre parti interessate; - stabilire la politica e gli obiettivi per la qualità dell’organizzazione; - determinare i processi e le responsabilità necessari per conseguire gli obiettivi per la Qualità; - determinare e fornire le risorse necessarie per conseguire gli obiettivi per la Qualità; - stabilire metodi per misurare l’efficacia e l’efficienza di ciascun processo; - mettere in atto queste misure per determinare efficacia ed efficienza di ciascun processo;

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- determinare i mezzi per prevenire le non conformità ed eliminare le cause; - stabilire ed applicare un processo per il miglioramento continuo del Sistema di Gestione per la Quali-

tà. Il punto 2.6. della UNI EN ISO 9000:2000, relativamente al “ruolo dell’alta direzione”, evidenzia che i principi di gestione per la Qualità possono essere utilizzati dall’alta Direzione come “fondamento del proprio ruolo”, che consiste, tra gli altri, nel“fare in modo che l’attenzione di tutti i livelli dell’organizzazione sia focalizzata sui requisiti del cliente”. 13.3. La misura della soddisfazione del cliente. Per avere un quadro sufficientemente completo della tematica, merita di ricordare, infine, il punto 8.2.1. della norma UNI EN ISO 9001.2000 -specificamente dedicato alla soddisfazione del cliente- con il quale viene stabilito che “l’organizzazione deve monitorare le informazioni relative alla percezione del cliente su quanto l’organizzazione stessa abbia soddisfatto i requisiti del cliente medesimo, rappresen-tando questo monitoraggio come una delle misure delle prestazioni del sistema di gestione per la Qua-lità. Devono essere stabiliti i metodi per ottenere e utilizzare tali informazioni”. Quindi la misura dell’efficacia di una organizzazione è data dal livello di soddisfazione manifestato dai suoi clienti. Ma la misura del grado di “soddisfazione del cliente” (conosciuta normalmente come Customer Sati-sfaction) è una operazione non facile e non può essere realizzata in modo sbrigativo e/o affrettato. E’ importante rifarsi a quei modelli teorici universalmente riconosciuti55, che riescono a rappresentare le modalità con le quali il “cliente” si pone in relazione nei confronti di un qualsiasi “fornitore”, sia nella fase di definizione delle proprie aspettative (Qualità attesa - requisiti), sia nella fase della costruzione del giudizio finale, dopo aver consumato il servizio e/o il prodotto (Qualità percepita - valore percepito). La misura della soddisfazione del cliente è, infatti, essenzialmente data dal rapporto

CS = Vp/Va

tra “valore percepito” ed il “valore atteso” del servizio/prodotto acquistato; dove: valore percepito: è quello apprezzato dal cliente, che lo stima in relazione alla valutazione della

performance percepita che lo stesso confronta sia con il prezzo corrisposto, sia con il modello di prodotto/servizio desiderato prima della scelta dell’acquisto;

valore atteso: è quello che il cliente si è costruito in relazione alle proprie informazioni ed espe-rienze, nonché in base alle proprie motivazioni di acquisto ed ai propri stili di vita.

Per assicurare il corretto sviluppo delle indagini per la misurazione della Customer Satisfaction è ne-cessario seguire un preciso iter, che prevede lo svolgimento delle seguenti principali fasi: a. preparazione: definizione degli obiettivi e delle finalità dell’indagine; definizione delle scelte me-

todologiche (segmenti di mercato che si vogliono investigare; fasi di svolgimento della indagine;

55 In particolare i “modelli” di A. Parasuraman, L. Berry e A. Zeithaml; Richard Normann; Noriaki Kano; A. H. Maslow (per la

gerarchia dei bisogni umani).

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tecniche di raccolta delle informazioni; campioni da utilizzare per le indagini qualitative e per le in-dagini quantitative); pianificazione della organizzazione dell’indagine;

b. comprensione delle aspettative dei clienti: elaborazione degli strumenti per raccogliere gli ele-menti necessari per la definizione del modello di aspettative dei clienti; svolgimento fasi attuative; analisi e sintesi dei risultati di questa fase preliminare;

c. indagine per la misurazione della soddisfazione dei clienti: elaborazione del questionario; test del questionario; realizzazione della indagine (somministrazione dei questionari); elaborazione statistica dei risultati della somministrazione dei questionari; analisi e sintesi dei risultati dell’indagine;

d. comunicazione dei risultati: predisporre i risultati in modo da poterli presentare all’interno della organizzazione, ai clienti, agli stakeholder, ai mezzi di comunicazione.56

Del più complesso insieme di tematiche affrontate per illustrare la materia Customer Satisfaction si ri-tiene opportuno evidenziare, in questa sede, alcuni ulteriori aspetti che si ritengono critici: la definizio-ne del cliente, il questionario, la scala di misurazione, la rappresentazione dei risultati. Il cliente da prendere in considerazione è “una organizzazione o una persona che riceve un pro-

dotto (o un servizio)”. Un cliente può essere, per esempio, un consumatore, un committente, un utilizzatore finale, un dettagliante, un beneficiario o un acquirente. Inoltre, un cliente può essere sia interno, che esterno alla organizzazione [UNI EN ISO 9000:2000]. Pertanto, è indispensabile chiarire quale sia il cliente (o meglio quale tipologia di clientela) che deve essere oggetto della mi-surazione.

Un ruolo fondamentale è svolto dal Questionario e dalla modalità prescelta per la sua sommini-

strazione ai clienti; particolare importanza hanno la sua struttura, la formulazione delle domande e la loro successione. In relazione alle peculiarità dell’universo di riferimento, nonché alla disponibi-lità di budget occorre scegliere la modalità attraverso la quale drenare il giudizio della clientela: la modalità di compilazione/somministrazione (intervista face to face; intervista telefonica; questiona-rio autosomministrato; questionario postale; questionario via internet).

Il dimensionamento del campione. Per le aziende che hanno segmentato la loro clientela in

gruppi omogenei e/o che intendono sondare le opinioni di un segmento specifico è necessario provvedere a dimensionare il “campione rappresentativo” in relazione alla entita della popolazione omogenea dei clienti che si vogliono intervistare (target).

John LEPPARD e Liz MIYNEUX, COME CONTROLLARE E MI-GLIORARE IL VOSTRO SERVIZIO AL CLIENTE, Franco Angeli ed.1995

Raccomandazione dell’A.M.A. (American Marketing Association)

popolazione target dimensione campione popolazione target dimensione campione ≤ 100 80 ≤ 152 152

100 < n ≤ 250 145 250 < n ≤ 500 210 152 < n ≤ 500 218

500 < n ≤ 1.000 285 500 < n ≤ 1.000 278 1.000 < n ≤ 2.000 335 1.000 < n ≤ 2.000 323 2.000 < n ≤ 4.000 360 4.000 < n ≤ 10.000 365

10.000 < n ≤ 20.000 370 > 20.000 400

> 2.000 385

56 Millot Sophie, L’ENQUETE DE SATISFACTION, AFNOR Editeur, 2001

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La scala di misurazione. Misurare degli eventi significa trasformarli in numeri in grado di rappre-sentarli, cioè si cerca di individuare una corrispondenza biunivoca tra “eventi” e “numeri”. La scala di misura è la funzione di relazione che viene stabilita tra il “sistema empirico degli eventi” e quel-lo “numerico”(o, meglio, dei numeri). Quando non si devono misurare delle grandezze evidenti (lunghezza, altezza, peso, volume, ses-so, temperatura, e così via) ma delle variabili non direttamente osservabili (opinioni, atteggiamenti, o stati d’animo/aspetti che caratterizzano il vissuto degli individui) la problematica diviene più complessa.

- Scala decimale: valori da 1 a 10 (oppure da 0 a 10); - Scala di Likert: scala a 7 punti, così strutturata: 1 (molto scadente/ insoddisfatto); 2

(scarso); 3 (piuttosto scarso); 4 (neutro); 5 (abbastanza buono); 6 (buono); 7 (molto buo-no/soddisfatto). Spesso si utilizzano delle varianti con scale a 3 punti (scarso, buono, ottimo), con scale a 4 punti (peggiore, talvolta migliore, migliore, molto migliore) oppure con scale a 5 punti (carente/molto inferiore alle attese; mediocre/inferiore alle attese; neutro/soddisfatte le attese; buono/oltre le attese; ottimo/molto superiore alle attese),

- Scala della Norma ISO 10014: insoddisfatto, soddisfatto, deliziato.57

La rappresentazione dei risultati costituisce la fase finale della indagine e consente di rendere accessibili i dati e le analisi dei risultati ottenuti, nonché la adozione delle necessarie conseguenti azioni di miglioramento.

13.4. I Reclami Il quadro normativo delineato dalle norme della serie UNI EN ISO 9000:2000 fa giustizia di un obsoleto luogo comune, sul quale sono scivolati anche i più importanti manager nazionali: il numero dei reclami non può essere utilizzato come ulteriore indicatore da utilizzare per la misurazione della soddisfazione dei clienti. Infatti, la nota 1 della definizione 3.1.4. della norma UNI EN ISO 9000:2000 evidenzia che “i reclami del cliente sono un indice comune di scarsa soddisfazione (del cliente), ma la loro assenza non implica necessariamente che il cliente sia rimasto molto soddisfatto”. Pertanto, la gestione dei reclami merita un ruolo importante nel Sistema di Gestione per la Qualità, ma deve essere differenziato e non confuso con le misurazioni di soddisfazione della clientela. L’analisi fenomenologia dei reclami consente, invece, di attivare processi di miglioramento e di rimuo-vere le cause che sono a monte dei disservizi.

57 Sergio BINI, LA CUSTOMER SATISFACTION, logica, teorie, tecniche e misure – dispensa dell’AICQ-ci, Roma, 2003.

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8. Appunti sparsi sulla SODDISFAZIONE DEL CLIENTE E LA CUSTOMER SATISFACTION. Ricerche condotte negli USA hanno dimostrato che risulta di gran lunga più oneroso procurarsi un nuovo cliente che servire bene uno già conquistato:

la RIDUZIONE del 5 % del TASSO DI FUGA dei clienti consente di INCREMENTARE I PRO-FITTI in una misura compresa tra il 25 % e l’85 %, a seconda del settore;

i CLIENTI SODDISFATTI si comportano come dei PROMOTORI o come dei VENDITORI non pagati: oltre il 90 % di essi raccomanda il proprio fornitore ai conoscenti. Il PASSA-PAROLA (o Marketing “virale”) è una forma di pubblicità gratuita e molto efficace, in quanto risulta più naturale fidarsi di una persona conosciuta piuttosto che dell’azione promozionale delle aziende. La capacità promozionale di un cliente soddisfatto (o meglio DELIZIATO) si riverbera nei confronti di altri 9 – 10 potenziali clienti, con i quali viene a contatto.

Quindi, le aziende più redditizie sono quelle in grado di conservare nel tempo i loro clienti di maggior valore. SODDISFARE UN CLIENTE SIGNIFICA RENDERLO FEDELE e la CUSTOMER SATISFACTION DIVENTA L’INDICE CHE MISURA LA CAPACITA’ DELL’IMPRESA DI PRODURRE REDDITO PER IL FUTURO. L’idea sulla quale si basa il concetto di CUSTOMER SATISFACTION, in realtà, è datata perché può essere sintetizzata con il motto popolare “IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE”. Ma le aziende che hanno operato questa scelta strategica applicano sistematicamente delle conse-guenti tecniche gestionali: a) forte impegno a tutti i livelli organizzativi; b) il personale a diretto contatto con la clientela viene addestrato per fare acquisire loro una pro-

fessionalità specifica; c) ogni funzione ed ogni processo dell’organizzazione viene modificato per rendere concreto e

tangibile l’orientamento al cliente; d) i dirigenti promuovono questa cultura per mezzo di training e dell’esempio personale; e) l’organizzazione deve essere strutturata in modo tale da risultare capace di raccogliere, nel

quotidiano contatto con i clienti, indicazioni utili per il perfezionamento di nuovi prodotti e di quelli già esistenti.

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Nella realtà, però, NON TUTTI I CLIENTI HANNO SEMPRE RAGIONE; infatti, vi è una categoria di clienti per i quali nessun livello di servizio, per quanto elevato, può assicurare la fedeltà, perché essi non sono interessati al prodotto/servizio in sé, ma piuttosto ad occasioni ed a prezzi bassi. 58 Quindi, il CLIENTE SODDISFATTO è la premessa per avere il CLIENTE FEDELE. Un CLIENTE FEDELE è il vero PATRIMONIO (di maggior pregio) su cui ogni azienda fonda le oppor-tunità di sviluppo e di crescita della propria ricchezza. Conseguentemente, la tematica centrale che deve affrontare una organizzazione diviene la seguente: COME RIUSCIRE AD OTTENERE E MANTENERE IL CLIENTE INTRINSECAMENTE SODDISFAT-TO (o DELIZIATO) E NON SOLO “FORMALMENTE” CONTENTO ? La SODDISFAZIONE DEL CLIENTE (che non è solo quello ESTERNO alla organizzazione, ma anche quello INTENO ad essa) consiste nel farlo sentire ASCOLTATO, COMPRESO, nonché nel CONSTA-TARE che i suoi desideri, anche e soprattutto quelli meta-comunicati, abbiano trovato REALE SODDI-SFAZIONE.59 LA STRATEGIA DELL’ASCOLTO. Secondo alcune scuole di pensiero, per conseguire la “soddisfazione del cliente” è necessario attiva-re una strategia semplice e lineare: LA STRATEGIA DELL’ASCOLTO; questa si può articolare in tre macro-fasi:

- fase della VOLONTA’, - fase della COMPRENSIONE, - fase dell’ADEGUAMENTO e/o della FATTUALITA’.

A. LA FASE DELLA VOLONTA’.

E’ una fase che si svolge tutta all’interno dell’organizzazione coinvolgendo la totalità delle perso-ne, a partire al numero uno. In questa fase si manifesta la VOLONTA’, consapevole, dichiarata e tangibile di fare chiarezza verso gli obiettivi dell’organizzazione che non possono essere, in nessun modo, definiti secondo logiche autoreferenziali. L’avvio dell’intero processo richiede il forte impegno del vertice massimo dell’organizzazione ed il convinto coinvolgimento della totalità delle persone che operano al suo interno. La PRIMA ATTENZIONE (ed azione di ascolto) deve essere rivolta all’INTERNO, al fine di avere una chiara percezione delle potenzialità del sistema e della capacità di risposta dell’organizzazione. Infatti, è necessario che l’intera organizzazione:

- venga portata A CONOSCENZA degli obiettivi strategici; - venga STIMOLATA per realizzare il COINVOLGIMENTO di tutti; - pervenga alla CONDIVISIONE sia sull’oggetto, sia sulle finalità del processo.

58 LAZZARIN Daniele, CUSTOMER SATISFACTION, in PAROLE DI MANAGEMENT [http:// www.idg.it/networking/]. 59 MAMELI Giorgio, QUALE CUSTOMER SATISFACTION. CS COME INDICATORE DELLA QUALITA’ AZIENDALE

COMPLESSIVA, PIUTTOSTO CHE DELLA PARTICOLARE QUALITA’ DEL PRODOTTO. [http://www.partners,it/12qualecustomer.htm].

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“Un processo di Customer Satisfaction nasce all’interno dell’azienda e, per la sua intrinseca natu-ra, può avere effetti rilevanti sulla struttura aziendale; esso può incidere non solo nell’ambito della sfera burocratica dell’organizzazione ma anche, e forse soprattutto, in quella EMOTIVA”. 60 Un approccio alla Customer Satisfaction che non passi attraverso un forte presidio della COMU-NICAZIONE INTERNA parte senza dubbio assai debole e corre seri rischi di riuscita. Il percorso dovrà essere necessariamente graduale e metodico, supportato dall’intervento della comunicazione interna che riesca sia a trasmettere la condivisione e l’impegno del vertice azien-dale, sia a costruire l’ADESIONE POSITIVA E ATTIVA progressiva di tutte le persone. Infatti, per ottenere la SODDISFAZIONE DEL CLIENTE occorre intervenire su tutte le fasi dell’intero processo produttivo aziendale ( la soddisfazione del cliente o è complessiva, oppure non la si ha).

B. LA FASE DELLA COMPRENSIONE.

E’ la fase cruciale per lo sviluppo del processo, in quanto si entra in contatto con la realtà esterna da interpretare per trarre indicazioni utili per l’evoluzione e la trasformazione dell’organizzazione. La fase è tutta concentrata nella comprensione degli aspetti che riguardano il cliente e soprattutto quanto resta ancora da fare per soddisfare le sue aspettative (senza porre eccessiva enfasi ai ri-sultati positivi già raggiunti). La comprensione si deve spingere, in particolare, verso l’individuazione di quelle aree non e-spresse (in quanto meta-comunicate) che se comprese possono fare la vera differenza competiti-va. Infatti, l’eccellenza delle aziende e conseguentemente la soddisfazione del cliente passa eminen-temente attraverso il servizio. Occorre, quindi, segmentare, focalizzare e personalizzare la risposta per ogni singolo cliente.

C. LA FASE DELLA FATTUALITA’. In questa fase vengono posti in essere i suggerimenti tratti dalla fase della comprensione. Costituisce il MOMENTO OPERATIVO del processo e consente alle organizzazione di rispon-dere alle esigenze del mercato. Il feed-back viene fornito dal cliente che con il proprio atteggiamento e comportamento fornisce un proprio posizionamento nei confronti dell’offerta. Le organizzazioni forniscono due tipologie di RISPOSTA: - una GENERALE, che tiene conto degli elementi uniformanti il suo parco clienti; - una SPECIFICA, per andare incontro alle esigenze del singolo cliente.

60 MAMELI Giorgio, QUALE CUSTOMER SATISFACTION. CS COME INDICATORE DELLA QUALITA’ AZIENDALE

COMPLESSIVA, PIUTTOSTO CHE DELLA PARTICOLARE QUALITA’ DEL PRODOTTO. [http://www.partners,it/12qualecustomer.htm].

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9. Appunti sparsi sulla GESTIONE DEL DISSERVIZIO

a. FORNIRE UN OTTIMO SERVIZIO LA SECONDA VOLTA Nel Settore dei servizi l’eccellenza è caratterizzata dall’incessante ricerca di un servizio impeccabile. I professori Christofer HART, James HESKET, Earl SASSER teorizzano che: “… la possibilità di errori è presente in ogni servizio. Pur compiendo ogni sforzo per evitarlo, anche le migliori società di servizi non possono sfuggire alla eventualità che un aereo arrivi in ritardo, una bistecca si carbonizzi o una consegna non venga effet-tuata. Nel settore dei servizi, che spesso vengono forniti in presenza del cliente, gli errori sono inevitabili …” “… il fatto che un eccellente rimedio costituisce una base importante quanto un servizio impeccabile …” [Parasuraman & Berry]

b. PRINCIPALI ESIGENZE DEI CLIENTI IN CASO DI DISSERVIZIO Si riportano le dieci principali esigenze dei clienti, elencati in ordine di importanza, quando reclama-no in seguito ad un disservizio:

1 ESSERE RICHIAMATI NEL TEMPO PROMESSO. 2 RICEVERE UNA SPIEGAZIONE SUL MODO IN CUI IL PROBLEMA E’ INSORTO. (*) 3 ESSERE INFORMATI SUL NUMERO DA CHIAMARE. 4 ESSERE CONTATTATI APPENA IL PROBLEMA E’ STATO RISOLTO. (*) 5 POTER PARLARE CON QUALCUNO CHE HA IL POTERE DI DECIDERE. 6 ESSERE INFORMATI SUL TEMPO OCCORRENTE PER

LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA (*)

7 POSSIBILITA’ DI SCEGLIERE DELLE ALTERNATIVE, SE IL PROBLEMA NON PUO’ ESSERE RISOLTO. (*)

8 ESSERE TRATTATI COME PERSONE, NON COME DEI NUMERI. 9 ESSERE INFORMATI SUI MODI IN CUI SARA’ POSSIBILE

EVITARE ALTRI PROBLEMI (*)

10 ESSERE INFORMATVI SUI PROGRESSI FATTI NEL CASO IN CUI IL PROBLEMA NON POSSA ESSERE RISOLTO IMMEDIATAMENTE. (*)

(*) esigenze che si ricollegano direttamente alla CAPACITA’ DI CORREZIONE DEL SERVIZIO.61 61 da Linda COOPER e Beth SUMMER, GETTING STARTED IN QUALITY, the First National Bank of Chicago, 1990.

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Per la valutazione del servizio, da parte del cliente, a CORREZIONE DEL SERVIZIO riveste un ruolo molto importante, anzi cruciale. Un problema risolto in maniera soddisfacente incrementa significativamente la disponibilità del cliente stesso a parlare bene della Società ed a giudicare soddisfacente la qualità del servizio fornitogli.

≈ 80 % da 30 % (se il problema non viene risolto in maniera soddisfacente).

* * * * *

Quando insorge un problema nel settore dei servizi, la fiducia di un cliente nella Società può risultare danneggiata, ma non distrutta, se non in due casi:

1. il problema conferma altri casi di fallimenti precedenti; 2. l’azione correttiva non soddisfa il cliente, aggravando l’errore, invece di correggerlo.

c. AZIONI ESSENZIALI PER L’EFFICACE CORREZIONE DI UN SERVIZIO. 1. IDENTIFICARE I PROBLEMI INERENTI IL SERVIZIO:

a. tenere in considerazione le lamentele dei clienti, b. condurre una ricerca sulla clientela (sollecitando le critiche da parte dei clienti), c. monitorare lo svolgimento del servizio.

2. RISOLVERE I PROBLEMI IN MANIERA EFFICACE:

a. curare il FATTORE UMANO (preparare il personale alle azioni correttive; dare auto-nomia e capacità ai dipendenti; facilitare il compito ai dipendenti; saper ricompensare i dipendenti),

b. risarcire il fattore “DISTURBO”. 3. IMPARARE DALLE ESPERIENZE:

a. condurre una analisi sulle cause prime; b. modificare il sistema di controllo sulla esecuzione del servizio; c. istituire un sistema atto a scoprire l’esistenza di eventuali problemi.

Per il punto 1.b.: realizzare circa 350 interviste/giorno a risposta aperta

Accompagnate da una Ricerca supportata da 6.000 interviste in un anno. [Ad esempio, presso la Cadillac svolge ricerche su FOCUS GROUP costituiti dai clienti della Società organizzati in 25 PUNTI DI ASCOLTO, presso i concessionari per identificare i problemi esistenti].

Per il punto 2.a.: “… il dipendente a diretto contatto dei clienti è l’unica persona abbastanza vicina ad essi per essere nelle condizioni di poter riconoscere e di valutare un problema in maniera conveniente per i clienti stesi, riuscendo così a conservare le loro preferen-ze …”.62

62 Roger DOW, Vice Presidente del Servizio Vendite e Marketing di MARIOTT Corporation.

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Costruire una MAPPA DEL SERVIZIO, con una tipologia alternativa di programma-zione per illustrare le relazioni esistenti tra clienti, dipendenti di prima linea e dipen-denti addetti alle attività di supporto.

d. I COSTI DI UN SERVIZIO INEFFICIENTE o SCADENTE. Per calcolare i costi di un servizio inefficiente e/o scadente si deve tenere conto dei seguenti fattori: - mancate entrate a causa dei clienti perduti (il denaro effettivamente perso quando un cliente pas-

sa alla concorrenza a causa del servizio scadente), - opportunità mancate (il denaro che potrebbe essere perso quando i clienti non sono soddisfatti o

quando gli ex-clienti sconsigliano ai loro conoscenti di rivolgersi alla vostra organizzazione), - costi di rimpiazzo del cliente (costo incontrato per acquisire nuovi clienti al posto di quelli perduti). Esempio di determinazione del costo della perdita dei clienti: voce valore formula cifra Numero di clienti persi A Fatturato medio per cliente B Totale giro d’affari annuo perso C A X B Profitti persi (10 % di utili) D 0,10 Totale profitti persi E C x D Costi di chiusura e recupero per cliente F Numero di clienti persi G Totale costi di chiusura e recupero H F x G TOTALE COSTI CLIENTI PERSI I E + H TOTALE COSTI SERVIZIO SCADENTE J C + I IL COSTO DELLA QUALITA’ BASSA (o INADEGUATA). I costi possono essere quantificati soprattutto partendo dalle seguenti quattro componenti: - COSTI DI PERFORMANCE (il costo di fare bene le cose la prima volta); - COSTI DI RILAVORAZIONE O DI ERRORE (le spese per qualcosa che deve essere rifatto); - COSTI DI ISPEZIONE E CONTROLLO (le spese sostenute per identificare i problemi sulla quali-

tà: il costo delle ispezione, dei collaudi e delle altre procedure extra); - COSTI DI PREVENZIONE (il costo per identificare le punte basse della qualità prima della fase di

ispezione e controllo). e. COME CREARE UN SERVIZIO DI QUALITA’ AL CLIENTE:

- impegno totale del management, - conoscere il cliente “intimamente”, - sviluppare il livello di performance della qualità del servizio, - assumere personale in gamba, formarlo e ricompensarlo adeguatamente, - premiare i progressi nella qualità del servizio, - seguire i clienti da vicino, - mirare al miglioramento continuo, - il punto di vista del cliente.

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PER MEGLIO CAPIRE I RAPPORTI TRA LE VARIE COMPONENTI CHE INFLUISCONO SUL BUSINESS DELL’ORGANIZZAZIONE. CATEGORIA oggi fra 1 anno fra 3 anni fra 5 anni Punteggio della qualità (1-10) Livello di soddisfazione dei clienti Numero di clienti persi Costi di acquisizione Giro di affari Margine di profitto Costi di marketing e pubblicità Posizione nel mercato Quota di mercato

f. LA RIVOLUZIONE DELL’INTANGIBILE. IL VERO VALORE AGGIUNTO DI UN PRODOTTO RISIEDE NEL SERVIZIO CHE E’ AD ESSO CONNESSO; LA PERCEZIONE DEL CLIENTE HA UNA INCIDENZA DI GRAN LUNGA SUPERIORE A QUELLA DEL VALORE MATERIALE DEL PRODOTTO STESSO. IMPORTANZA DELLA COMPONENTE INTANGIBILE DEL SERVIZIO:

SERVIZIO MATERIALE PARTE TANGIBILE

SERVIZIO PERSONALE PARTE NON TANGIBILE

IMPRESSIONE DEL CLIENTE

10 10 5 10 6

6 5 5 10 10

neutra negativa pessima

eccellente positiva

Nell’indagine il livello qualitativo risultante e percepito dal cliente è stato espresso con una votazione da 0 a 10.63

g. SODDISFARE E SUPERARE LE ASPETTATIVE DEI CLIENTI

NEL MERCATO DEI SERVIZI.

g.1. LE ASPETTATIVE DEI CLIENTI. Le aspettative dei clienti hanno un ruolo chiave nel giudizio che sarà dato sui servizi forniti da una qualsiasi Società. I clienti giudicano la qualità del servizio paragonando quello che “vogliono” o si aspettano, con quello che percepiscono di aver ottenuto.

SOLO I CLIENTI POSSONO GIUDICARE LA QUALITA’ DI UN SERVIZIO. Il termine ASPETTATIVE, nel senso di elemento di confronto, è tuttavia usato in genere con due diversi significati: - PREVISIONE, il risultato che il cliente ritiene probabile; - DESIDERIO, il risultato che vorrebbe veder avverato.

63 Galgano-Summit, LA QUALITA’ DEL SERVIZIO:LO STATO DELL’ARTE IN ITALIA, Franco Angeli, Milano, 1993.

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STRUTTURA DELLE ASPETTATIVE DEI CLIENTI Esistono due livelli di differenti tipologie di aspettative: - DESIDERATO quello che il cliente SPERA di ricevere (è un mix di DESIDERI e di PREVISIONI); - ACCETTABILE riflette ciò che il cliente giudica sufficiente a soddisfarlo (deriva in parte da ciò che il cliente si aspetta, da una sua previsione).

☺☺☺

SERVIZIO DESIDERATO

Zona di tolleranza

SERVIZIO ACCETTABILE

g.2. I FATTORI-BASE DELLA QUALITA’. I FATTORI-BASE capaci di determinare la valutazione della QUALITA’ DI UN SERVIZIO, da parte della clientela, sono: FATTORI-BASE (*) SIGNIFICATO AFFIDABILITA’ 32 % la capacità di fornire il servizio promesso in modo affidabile e preciso. CAPACITA’ DI RISPOSTA

22 % la volontà di aiutare i clienti e di fornire il servizio con prontezza: SENSIBILITA’ AI PROBLEMI.

CAPACITA’ DI RASSICURAZIONE

19 % competenza e cortesia dei dipendenti e loro capacità di ispirare fiducia e sicurezza: CAPACITA’ DI ISPIRARE FIDUCIA.

EMPATIA 16 % attenzione particolare ed individualizzata ai bisogni dei clienti: IMMEDESIMAZIONE.

ASPETTI INTANGIBILI 11 % L’aspetto delle strutture fisiche, di impianti, delle attrezzature, del persona-le, degli strumenti di comunicazione.

(*) “livello di importanza” determinato attraverso una indagine su 1.900 aziende di servizi. Le attese ed i desideri dei clienti costituiscono i veri standard di affidabilità, quando ciò che si valuta è una prestazione e non un oggetto. Le AZIONI necessarie per evitare le imperfezioni del servizio si possono raggruppare nelle seguenti tre famiglie:

a. dare ai servizi una buona leadership; b. controllare e ricontrollare la Qualità dei servizi; c. costruire ed alimentare una infrastruttura organizzativa capace di dare vita ad un

servizio perfetto. 64

64 Leonard L. Berry e A. Parasuraman, MARKETING SERVICE, Sperling & Kupfer Editori, 1992.

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g.3. FATTORI CHE INFLUENZANO I LIVELLI DI ASPETTATIVE E LE ZONE DI TOLLERANZA.

1. FATTORI CAPACI DI INTENSIFICARE DUREVOLMENTE LA PERCEZIONE DEI SERVIZI DA PARTE DEL CLIENTE,

2. NECESSITA’ PERSONALI, 3. FATTORI CAPACI DI INTENSIFICARE, PER UN PERIODO TRANSITORIO, LA

PERCEZIONE DEL SERVIZIO DA PARTE DEL CLIENTE, 4. POSSIBILI ALTERNATIVE DI SERVIZIO PERCEPITE DEL CLIENTE, 5. PERCEZIONE DEL PROPRIO RUOLO NELL’ESECUZIONE DEL SERVIZIO, 6. PROMESSE ESPLICITE, 7. PROMESSE IMPLICITE, 8. COMINICAZIONE VERBALE, 9. ESPERIENZE PREGRESSE.

E’, QUINDI, IMPORTANTE CONQUISTARE LA FIDUCIA DELLA CLIENTELA GESTENDO E SUPERANDO LE ASPETTATIVE. SAPER GESTIRE NEL MODO GIUSTO LE ASPETTATIVE significa: - fare promesse realistiche, - essere affidabili, - comunicare regolarmente per riuscire a superare le aspettative.

POSIZIONE DI PRIVILEGIO ☺☺☺ ☺☺

VANTAGGIO COMPETITIVO ☺ potenziale svantaggio competitivo

SVANTAGGIO COMPETITIVO

LIVELLO DI ADEGUATEZZA DEL SERVIZIO. PER SVILUPPARE UNA REALE POSIZIONE DI PRIVILEGIO NEI CONFRONTI DELLA CLIENTELA LE SOCIETA’ DOVRANNO NON SOLO SUPERARE IL LIVELLO DI ADEGUA-TEZZA, MA ANCHE QUELLO DI DESIDERABILITA’. UN SERVIZIO DI QUALITA’ ECCEZIONALE E’ IN GRADO DI INTENSIFICARE LA FEDEL-TA’ DEI CLIENTI FINE AL PUNTO DA FAR SCARTARE PRATICAMENTE TUTTE LE OP-ZIONI OFFERTE DALLA CONCORRENZA.

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h. LA QUALITA’ NEL MERCATO DEI SERVIZI LA DEFINIZIONE DI SERVIZIO.

IL SERVIZIO E’ UN PROCESSO DI INTERSCAMBIO FINALIZZATO: - ALLA SOLUZIONE DI PROBLEMI, - ALLA SODDISFAZIONE DEI BISOGNI E DEI DESIDERI DELLE PERSONE SINGOLE O

COLLETTIVE E IMPRESE - CHE SI ATTUA MEDIANTE: - IL TRASFERIMENTO RECIPROCO DI INFORMAZIONI, CONOSCENZA, ABILITA’, LAVO-

RO, APPARTENENZA, SICUREZZA o - LA DISPONIBILITA’ AD USARE INDIVIDUALMENTE E TEMPORANEAMENTE BENI e/o

STRUMENTI o - IL TRASFERIMENTO DI RISORSE NATURALI. 65

IL SERVIZIO COME PROCESSO.

L’EROGAZIONE DEL SERVIZIO E’ IL RISULTATO DI UNA SEQUENZA LOGICA DI ATTIVITA’: - BEN IDENTIFICABILI, - SCHEMATIZZABILI, - MISURABILI E - VALUTABILI.

LE FASI CARATTERISTICHE DEL PROCESSO DI “PRODUZIONE DEL SERVIZIO” SONO:

FASE DI RILEVAZIONE DEI BISOGNI/DESIDERI DEL CLIENTE, DEFINIZIONE TARGET DI VALORE DEL SERVIZIO, DEFINIZIONE E ALLOCAZIONE DELLE RISORSE, PROGETTAZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA DEL SISTEMA DI EROGAZIONE DEL

SERVIZIO, EROGAZIONE DEI PRODOTTI E/O SERVIZI, RILEVAZIONE DEL GRADO DI SODDISFAZIONE DEI CLIENTI-

“E’ LA COMPLESSITA’ DEL SERVIZIO A FAR SI’ CHE ESSO NON SIA DEFINIBILE COME STRUT-TURA, COME PRESCRIZIONE, MA SOLO COME FUNZIONE CHE SI MODELLA E SI ADATTA SU VARIABILI DI SOGGETTIVITA’ DEL CLIENTE:

• DI TEMPO, • DI SITUAZIONE, • DI CONTESTO.

L’OGGETTO E L’INTENSITA’ DELLA TRANSAZIONE CARATTERIZZA IL “PACCHETTO DEI SERVIZI”. 65 Giuseppe NEGRO, ORGANIZZARE LA QUALITA’ NEI SERVIZI, Il Sole 24 Ore Edizioni, 1992.

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IL MODELLO PROSPETTATO DA NORMANN SI STRUTTURA COSI’:

NUCLEO CENTRALE (servizio principale)

SERVIZI PERIFERICI (servizi secondari)

Per la soddisfazione della funzione primaria del servizio; deve rispondere, cioè, alle necessità ed ai bisogni (ad uno stato di carenza del cliente).

Per la soddisfazione delle funzioni secondarie del ser-vizio; devono dare risposte al concetto di “desiderio”, cioè ad uno stato di positività, di benessere come soddisfazione dei sensi o dell’animo.

NEI SERVIZI LA DISTINZIONE TRA SERVIZIO CENTRALE E SERVIZIO PERIFERICO NON SEMPRE RI-SULTA CHIARAMENTE IDENTIFICABILE. INOLTRE, GLI ELEMENTI DI DIFFERENZIAZIONE E DI VALUTAZIONE NON SONO STABILI NEL TEMPO, MA OCCUPANO ALTERNATIVAMENTE POSIZIONE CENTRALE O PERIFERICA (DINAMICITA’) NELLE SITUAZIONI IN CUI IL NUCLEO CENTRALE E’ PRATICAMENTE INDIFFERENZIATO (come nei tra-sporti) SARANNO I CONTENUTI DEI SERVIZI PERIFERICI A CONDIZIONARE LE VALUTAZIONI DEL CLIENTE E LA SUA SCELTA DELL’UNO O DELL’ALTRO FRA I COMPETITORS. IL SERVIZIO COME METODO. L’EROGAZIONE DEL SERVIZIO SEGUE UN ORDINE LOGICO DEFINIBILE E PRINCIPI COSTANTI, CHE FANNO RIFERIMENTO A TRE MOMENTI: 1. PREDISPOSIZIONE DEL CLIENTE AL RAPPORTO CON IL FRONT LINE 2. INTERAZIONE FRA FRONT LINE E CLIENTE (“Il momento della verità”) 3. LA GESTIONE DEL POST-SERVIZIO IL SERVIZIO COME COMPORTAMENTO UMANO. SECONDO UNA RICERCA GALLUP SVOLTA NEL 1985 NEGLI USA I “FATTORI CHE DETERMINANO LA QUALITA’ DEL SERVIZIO” SONO: COMPORTAMENTO, ATTITUDINI, COMPETENZE DEL PERSONALE

67 %

SODDISFAZIONE BISOGNI 18 % TEMPO (velocità del servizio, puntualità) 12 % PREZZO 11 % ESPERIENZA 13 % ALTRI 58 % LA STESSA INDAGINE HA EVIDENZIATO I SEGUENTI “FATTORI DI CATTIVA QUALITA’ DEL SERVIZIO” (SERVIZI RICEVUTI DAGLI INTERVISTATI NEI DUE ANNI PRECEDENTI): COMPORTAMENTO, ATTITUDINI, COMPETENZE

81 %

LENTEZZA 30 % PREZZO 20 % ALTRI 35 %

Cortesia (21 %); Attitudini (10 %); Aiuto e supporto (9 %); Amichevolezza (8 %); Attenzione (6 %); Precisione e assenza pro-

blemi (6 %); Efficienza (4 %); Affidabilità (3 %).

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IL SERVIZIO COME PROCESSO (2) L’EROGAZIONE DEL SERVIZIO E’ IL RISULTATO DI UNA SEQUENZA LOGICA DI ATTIVITA’ BEN IDENTIFICABILI, SCHEMATIZZABILI, MISURABILI E VALUTABILI.

FASE DI RILEVAZIONE DEI BISOGNI/DESIDERI DEL CLIENTE, DEFINIZIONE TARGET DI VALORE DEI SERVIZI, DEFINIZIONE E ALLOCAZIONE DELLE RISORSE, PROGETTAZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA DEL SISTEMA DI EROGAZIONE DEL

SERVIZIO EROGAZIONE DEI PRODOTTI E/O DEI SERVIZI, RILEVAZIONE DEL GRADO DI SODDISFAZIONE DEI CLIENTI.

IL COMPORTAMENTO PER LA QUALITA’ DEL SERVIZIO:

CONCETTO ED ESTENSIONE DEL SERVIZIO. NATURA E DINAMICA DEI BISOGNI DEI CLIENTI

ATTEGGIAMENTI AGIRE PRONTAMENTE; ASCOLTARE CON CURA; ESSERE PREMUROSI AGIRE CON COMPRENSIONE; DARE SPIEGAZIONI; RICERCARE MODI ADEGUATI DI PARLARE; ANDARE D’ACCORDO CON LE PERSONE; FAR SENTIRE IL CLIENTE IMPORTANTE

ASPETTO ASPETTO GENERALE; ADEGUATEZZA ABBIGLIAMENTO; ACCONCIATURA; IGIENE E ORDINE; PRESTIGIO UNIFORME; SIMBOLI IDENTIFICATIVI; COLORE; STILE

ATTITUDINI CORTESIA; AMICHEVOLEZZA; GENTILEZZA; NON FORMALITA’; VIGILANZA, VIVACITA’; ACCURATEZZA; PREOCCUPAZIONE; RESPONSABILITA’

COMPETENZA GESTIRE LE ECCEZIONI; SUGGERIRE BENEFICI; RISOLVERE PROBLEMI; VELOCITA’; PRECISIONE; CONOSCENZA PROBLEMI; MOSTRARE ABILITA’

INSODDISFATTO

QUALITA’ ESPLICITA

QUALITA’ LATENTE

QUALITA’ IMPLICITA

INDIFFERENTE

ENTUSIASTA - DELIZIATO

Qualità

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10. SCHEDE PER LA GESTIONE DEI RECLAMI UNI ISO 10002:2006 Diagramma di flusso trattamento dati

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10. a. UNI ISO 10002:2006 10.a.1. modulo presentazione reclami (allegato “b”)

- pagina 81 di 87 -

10.a.2. modulo per dare seguito al reclamo (allegato “d”) (pagina 1)

- pagina 82 di 87 -

10.a.2. modulo per dare seguito al reclamo (allegato “d”) (pagina 2)

- pagina 83 di 87 -

10.a.2. modulo per dare seguito al reclamo (allegato “d”) (pagina 3)

- pagina 84 di 87 -

10.b) FORMULARIO DI RECLAMO DEL CONSUMATORE dell’UNIONE EUROPEA PAGINA 1

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PAGINA 2

- pagina 86 di 87 -

PAGINA 3

- pagina 87 di 87 -

PAGINA 4

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