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Antonio Simone Laganà – Medicina e Chirurgia pag. 1 di 72 COMPENDIO DEL CORSO INTEGRATO DI BIOLOGIA E GENETICA … dedicato a tutti quelli che vanno avanti con le proprie forze … lottando contro l’indifferenze generale Antonio Simone Laganà

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COMPENDIO DEL

CORSO INTEGRATO DI BIOLOGIA E GENETICA

… dedicato a tutti quelli che vanno avanti con le proprie forze … lottando contro l’indifferenze generale

Antonio Simone Laganà

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1 Aneuploidia e poliploidia 2 Anse del t-RNA 3 Canali ionici (sistemi a controllo di ligando, di p otenziale, a deformazione meccanica) 4 Caratteri bio-quantitativi 5 Caricamento degli amminoacidi 6 Ciclo cellulare 7 Citoscheletro 8 Come avviene la sintesi del secondo filamento di c- DNA dopo la sintesi del primo? 9 Come si costruisce una molecola di c-DNA

10 Come si realizzano le banche cromosomiche? 11 Complesso del poro nucleare

12 Condizioni che modificano la struttura della cromat ina (attivazione/inattivazione): metilazione, fosforilazione, acetilazione

13 Cosa sono i geni concatenati? Quali conseguenze por tano? 14 Cos'è la cromatina facoltativa? (es. corpo di Bahr) 15 Crossing-over 16 Da dove prende la peptil-transferasi il ribosoma? 17 Differenze nella fase di allungamento tra procariot i ed eucarioti 18 Diffusione facilitata (proteine canale) 19 Duplicazione del DNA 20 Epistasi 21 Equilibrio chimico del potenziale di membrana. 22 Funzione dei centromeri 23 Funzione della telomerasi e telomeri 24 Genetica mendeliana 25 Geni procariotici 26 Il collagene 27 Integrine 28 La genetica dei gruppi sanguigni 29 La via di Ras 30 Lisosomi 31 Marcatori dei vettori artificiali (marcatori selett ivi dominanati) 32 Matrice extracellulare 33 Meccanismi di insorgenza della mutazioni geniche 34 Microvillo 35 Mutazioni cromosomiche 36 Nucleo 37 Organizzazione del genoma virale 38 PCR 39 Polimeria (caratteri quantitativi, es. delle carios sidi del grano) 40 Pompa Na+/K+ 41 Possibilità o meno del crossing-over (frequenza di ricombinazione) 42 Prioni 43 Proteina p53 44 Proteine di membrana 45 Proteine G e funzione 46 Qual'è la cromatina che può essere trascritta? 47 Qual'è la frequenza massima di ricombinazione? 48 Qual'è la funzione delle lamine nella mitosi? 49 Qual'è la sequenza di Shine-Dalgarno? 50 Quali fattori intervengono nel processo di allungam ento della traduzione? 51 Quali sono i sistemi di controllo del ciclo cellula re e come agiscono? 52 Regola della somma - regola del prodotto 53 Retroinibizione enzimatica 54 Reversioni cromosomiche 55 Schaffold proteico

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56 Segregazione 57 Senquenze palindromiche 58 Sintesi proteica (tutte le fasi della traduzione de l messaggio genetico) 59 Sito cos del concatamero (struttura, posizione e fu nzioni) 60 Spiralizzazione del DNA: differenza tra dominio fun zionale e dominio strutturale 61 Struttura del t-RNA 62 Superavvolgimento del DNA 63 Test-cross (reincrocio) 64 Tipi di cromatina e differenze 65 Traporto passivo 66 Trasporto attivo 67 Vettori di clonazione (plasmidi,cosmidi e differenz e) 68 Vettori di clonazione artificiali del lievito (YAC)

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DOMANDE DI BIOLOGIADOMANDE DI BIOLOGIADOMANDE DI BIOLOGIADOMANDE DI BIOLOGIA

• Canali ionici (sistemi a controllo di ligando, di p otenziale, a

deformazione meccanica) La struttura dei canali ionici è quella di un poro molto piccolo rivestito da gruppi laterali di amminoacidi idrofili, per questo sono m olto selettivi. La selettività si attua principalmente per differenza di carica o di dimensioni. Molti canali ionici sono controllati, possono cioè essere aperti e chiu si mediante cambiamenti conformazionali della proteina, regolando così il flu sso degli ioni. Nelle cellule animali, 3 diversi tipi di stimoli inducono cambiam enti conformazionali nei canali controllati: 1) i canali a controllo di potenziale si aprono e s i chiudono in risposta a cambiamenti del potenziale di membrana. 2) i canali a controllo di ligando sono innescati d al legame alla proteina canale di sostanze specifiche. 3) i canali a controllo meccanico rispondono a forz e meccaniche che agiscono sulla membrana. La trasmissione dei segnali elettrici da parte delle cellule nervose di pende dai cambiamenti rapidi e controllati degli ioni Na+ e K +, attraverso i loro rispettivi canali. Oltre a questo tipo di regolazione a breve termine, molti canali ionici sono soggetti a regolazione a lungo termine, più che alt ro per controllo ormonale. Le porine sono proteine transmembrana multipasso. L a caratteristica principale delle porine è che i segmenti transmembrana attrave rsano la membrana non in forma di alfa-elica, ma di beta-foglietto cilindric o chiuso denominato beta- barrel, il quale ha nella parte centrale un poro ripieno di ac qua. La parte interna del poro è tappezzata di catene laterali polari, mentre la par te esterna è formata da porzioni apolari che interagiscono con la porzione idrofoba della membrana. Il complesso della porina permette così il passaggio di diversi soluti idrofili. Le acquaporine permettono il passaggio veloce di ac qua all'interno e all'esterno della membrana. Le acquaporine sono proteine integr ali di membrana con sei segmenti transmembrana elicoidali. Nel caso di AQP- 1, l'acquaporina presente bei tubuli renali, l'unità funzionale è costituita da u n tetramero formato da 4 monomeri identici. Tali subunità formano un canale grazie ai loro segmenti transmembrana. • Ciclo cellulare Nel ciclo cellulare di una cellula eucariotica si d istinguono le fasi G1, S, G2 e M, le quali si succedono ciclicamente. Le fasi della mito si sono Prometafase, Metafase, Anafase e Telofase. La fase S è la fase in cui il D NA della cellula viene raddo ppiato, le fasi G1 e G2 sono fasi detta gap (interv allo) ma sono comunque fasi di accrescimento, la fase M (mitotica) consist e di due eventi sovrapposti: la mitosi e la citocinesi. Durante la mitosi, il fuso mitotico segrega i cromosomi condensati e duplic ati nei 2 nuclei fligli; durante la citocinesi il c itoplasma si divide generando 2 cellule figlie geneticamente ide ntiche. Il complesso delle fasi G1, S e G2 viene detto interfase. Lo stato G0 è que llo delle cellule che restano

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bloccate in fase G1 per lungo tempo (tipo neuroni). Il sistema di controllo del ciclo cellulare deve co ntrollare che tutti i diversi processi delle diverse fasi siano stati portati a t ermine al tempo dovuto e nella sequenza corretta, deve assicurare che ogni fase de l ciclo sia stata completata prima di permettere l'ingresso nella nuova fase, e deve controllare se l'ambiente esterno sia idoneo alla divisione (presenza di nutr ienti e di fattori di crescita). Questi compiti sono svolti attraverso una serie di punti di controllo. Il primo punto di controllo è alla fine della fase G1; nel lievito questo punto di controllo G1 è detto Start, per passare Start la cellula di lievit o deve aver sufficienti nutritienti e aver raggiunto una certa dimensione. Nelle cellule animali il punto di contro llo G1 è detto punto di restrizione. La capacità di passar e oltre il punto di restrizione è controllata per lo più da proteine extracellulari, i fattori di crescita. Al punto di controllo G2, che si trova al confine t ra la fase G2 e la fase M, è richiesto che la sintesi del DNA sia stata completa ta prima dell'ingresso in mitosi. Il terzo punto di controllo è detto punto di contro llo di assemblaggio del fuso, al passaggio tra metafase ed anafase. Per superare tal e punto di controllo tutti i cromosomi devono essere attaccati al fuso. Il MPF, fattore che induce la mitosi, è necessario per indurre il superamento del punto di controllo di G2 e l'entrata in mitosi. La proteina codificata dal gene cdc2 è una delle 2 proteine che fanno parte di MPF. La p roteina codi ficata dal gene cdc2 del lievito funziona come una proteina chinasi , perché catalizza il trasferimento di un gruppo fosfato dell'ATP a deter minate proteine bersaglio (la fosforilazione delle proteine da parte delle chinas i, e la loro defosforilazione da parte delle fosfatasi, è un comune meccanismo di rego lazione dell'attività delle proteine). Sebbene la proteina prodotta dal gene cd c2 sia una proteina chinasi, questa è attiva solo quando è legata ad una ciclina . La proteina prodotta dal gene cdc2 è quindi una chinasi ciclina-dipendente (Cdk). Le cicline coinvolte nel passaggio da G2 a M sono d ette cicline mitotiche, e le molecole di cdk a cui si legano sono detto cdk mito tiche. Analogamente le cicline coinvolte nel punto di controllo di G1 e nel passag gio alla fase S sono dette cicline G1 e ele molecole cdk a cui si legano sono dette cdk G1. Un livello di controllo di queste proteine chinasi è dato dalla disponibilità delle cicline necessarie per l'attivazione delle cdk, e u n altro è basato sulla fosforilazione delle stesse molecole di cdk. Ora possiamo renderci conto che il MPF e il comples so cdk- ciclina mitotica sono la stessa cosa. Appena la ciclina mitotica si lega alla cdk mitotic a, il complesso è inattivo. Per attivarsi, il complesso deve ricevere un g ruppo fosfato su un particolare amminoacido della molecola cdk. Prima dell'aggiunta di questo fosfato, tuttavia, una chinasi inibitoria fosforila la cdk in 2 altre porzioni, bloccandone il sito attivo. A questo punto una chinasi attivatoria aggiunge il gru ppo fosfato attivatore. L'ultimo passaggio delle sequenza di attivazione è la rimozione dei fosfati inibitori da parte di una fosfatasi specifica. Quando la fosf atasi inizia a rimuovere i fosfati inibitori, si instaura un processo di retroazione p ositiva, per il quale il complesso cdk- ciclina attivato generato da questa reazione stimol a la fosfatasi, causando una accelerazione del processo di attivazione. Una volta attivato, il complesso cdk- ciclina svolge le funzioni di MPF attivo e, con la sua attività di protein- chinasi, induce l'entrata in mitosi. Per quanto rig uarda la disgregazione dell'involucro nucleare, MPF attivo f osforila e induce altre chinasi a fosforilare le LAMINE della lamina nucleare (protei ne a cui è associata la

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membrana nucleare interna). La fosforilazione induce la depolarizzazione delle lamine che porta alla disgregazione della lamina nu cleare. La perdita della mina nucleare destabilizza l'involucro nucleare, che si disperde in piccole vesicole membranarie. La condensazione cromosomica è indotta dalla fosforilazione di alcune proteine cromosomiche, tra cui l'istone H1 e il complesso mu ltiproteico della condensina. La fosforilazione delle proteine associate ai micro tubuli può facilitare la formazione del fuso mitotico. Operazioni relative al punto di controllo G1: il bersaglio principale è la prteina Rb, un amolecola che controlla l'espressione di geni i cui prodotti proteici sono necessari per poter oltrepassare il punto di contro llo G1 e entrare nella fase S. La proteina Rb esercita quest o tipo di controllo legando il fattore trascriziona le E2F, una proteina che, quando non è legata ad Rb, attiva la trascrizione dei geni che codificano per enzimi ed altre proteine necessarie per iniziare la replicazione del DNA. Finché la proteina Rb è leg ata a E2F tale molecola è inattiva, e questi geni restano inespressi, impedendo l'entrata della cellu la in fase S. Nelle cellule che hanno ricevuto uno stimolo prolif erativo (per esempio da parte di un fattore di crescita), la via del segnale mediata da fa ttori di crescitaporta alla produzione e all'attivazione di complessi cdk- ciclina che catalizzano la fosforilazione della proteina Rb. Le molecole di Rb fosforilate perdono così la capacità di trattenere E2F, e E2F libero attiva la trascrizione dei geni i cui prodotti sono necessari per l'ingresso in fase S. La proteina codificata dal gene p53 svolge un ruolo cruciale nell'impedire che le cellule con il DNA danneggiato superino il punto di controllo G1 con un meccanismo di azione che si basa in parte sulla inibizione della via che porta alla fosforilazione di Rb. L'inizio dell'anafase invece, è indotto da una via di degradazione delle proteine attivata verso la fine della mitosi ad opera di MPF (il complesso mitotico cdk-ciclina che agisce al punto di contro llo G2). MPF consente il superamento del punto di cocntrollo dell'assemblaggio del fuso cata lizzando una o più reazionidi fosforilazione di proteine che portano all'attivazi one del complesso che promuove l'anafase. Il ruolo di questo complesso è quello di segnare il destino degradativo di alcune proteine bersaglio, legandole alla ubiqui tina, una molecola il cui legame a una proteina ne induce la distruzione. Il complesso che promuove l'anafase segna il destin o degradativo di almeno 2 tipi di proteine. In pr imo luogo, induce la degradazione degli inibitori d ell'anafase, che in condizioni normale impediscono l'inizio dell'ana fase mantenendo legati i due cromatidi fratelli. Il secondo tipo di proteina a c ui viene legata la ubiquitina è la ciclina mitotica, la c ui concentrazione alla fine della mitosi si abbassa drasticamente. Essendo la ciclina mitotica una comp onente di MPF, anche MPF smette di funzionare. Il complesso che promuove l'a nafase induce sia l'inizio dell'anafase, (attraverso la degradazione degli in ibitori dell'anafase) sia il successivo completamento della mitosi (attraverso l a degradazione della ciclina mitotica). Il completamento di questo passaggio è c ontrollato dai cinetocori dei cromosomi che, fin quando non sono attaccati ai mic rotubuli del fu so, rilasciano una proteina, la Mad2. Mad2 inibisce il complesso c he promuove l'anafase, impedendo quindi l'inizio dell'anafase. Quando tutt i i cinetocori sono stati attaccati al fuso, Mad2 non è più rilasciata, il co mplesso che promuove l'anafase non è più inibito e l'anafase può avere inizio. Gli organismi multicellulari utilizzano proteine ex tracellulari chiamate fattori di

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crescita, come segnali che contrallano il tasso di crescita cellulare. (fattore di crescita di derivazione piastrinica PDGF, fattore d i crescita epidermico EGF). I fattori di crescita come PDGF e EGF agiscono lega ndosi a recettori di membrana situati sulle cellule bersaglio. I recettori dei fa ttori di crescita hanno attività tirosina chinasica. Il legame del il fattore di cre scita al r ecettore ne stimola l'attività tirosina chinasica, che provoca la fosfo rilazione di residui di tirosina situati nella regione intracitoplasmatica del recet tore. In tutta la cascata di eventi che si relazza successivamente ha un ruolo chiave l a via di ras. Il meccanismo con cui la via di ras induce il super amento del punto di controllo di G1 e l'entrata in fase S ha sei passaggi: 1) il fattore che stimola la crescita si lega al re cettore di membrana. 2) questo legame stimola la attività tirosina china sica de l recettore, causando quindi la fosforilazione dei residui di trosina 3) le tirosine fosforilate servono come sito di leg ame per una serie di proteina adattatrici che, a loro volta, attivano una protein a G associata alla membrana, la proteina ras. Come nel caso di altre proteine G, la attivazione della pro teina ras è accompagnata al legame di GTP e al rilascio di GDP. 4) la molecola ras attivata stimola una cascata di reazioni di fosforilazione, che inizia con la fosforilazione di una proteina chinas i detta raf. Nella forma attiva raf fosforila le serine e le treonine di una proteina c hinasi chiamate MEK, che a sua volta fosforila le treonine e le tirosine di un gru ppo di proteine chinasi dette MAP chinasi. 5) le MAP chinasi attive entrano nel nucleo e fosfo rilano diversi fattori trascrizionali, cioè proteine che attivano la trasc rizione di geni specifici. Tra le proteine attivate da questo meccanismo di fosforila zione vi è Jun ( che fa parte del fattore trascrizionale AP-1) e alcune proteine della famiglia d i fattori trascrizionali ETS. Questi fattori trascrizionali c osì attivati accendono la trascrizione dei geni precoci che codicficano per l atri fattori trascrizionali come Myc, Fos e Jun, che, a loro volta, attivano la tras crizione di alcuni geni tardivi: u no di questi codifica per il fattore E2F. 6) tra i geni tardivi ci sono anche i geni per chi nasi e cicline, la cui produzione porta alla formazione di processi di complessi cicl ina-chinasi che fosforilano la proteina Rb e quindi inducono il passaggio da G1 a S. alcuni fattori di crescita in realtà inibiscono la proliferazione cellulare. Un esempio è il fattore di traformazione-beta (TGF- beta), una proteina che, a seconda del tipo di cellula bersaglio, può avere sia funzione di ini bizione che di attivazione della crescità. Tra le attività anti-proliferative di TGF -beta c'è un'azione antagonista nei confronti dell'effetto stimolante della crescita di altri fattori come PDGF e EGF. Quando agisce come inibitore della crescita, TGF-be ta legandosi al suo recettor e di superfice, stimola una serie di eventi che fanno aumentare i livelli della proteina p15, che sopprime l'attività dei complessi cdk- ciclina, bloccando quindi la progressione del ciclo cellulare. La proteina p15 f unziona quindi come cdk inibitore. un al tro fattore che funzione come cdk inibitore è la pr oteina p21, che svolge un ruolo cruciale nell'impedire che le cellu le che hanno danni al DNA superino il punto di controllo G1.

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• Citoscheletro L'interno delle cellule eucariotiche è organizzato attravers o il citoscheletro, che è strutturato come una rete proteica complessa di fil amenti e tubuli interconnessi che si estende nel citosol, dal nucleo alla faccia interna della membrana plasmatica. Il citoscheletro serve principalmente n ei processi di movimento e di divisione cellulare e nel posizionare e muovere gli organelli collegati alle membrane all'interno del citosol, ma prende anche p arte ai processi di segnalazione e di adesione cellulare. I tre principali elementi strutturali del citoschel etro sono i m icrotubuli, i microfilamenti ed i filamenti intermedi (presenti S OLO nelle cellule eucariotiche). I microtubuli sono composti della proteina tubulina ed hanno un diametro di 25 nm, i microfilamenti sono polimeri di actina ed han no un diametro di 7 nm, i fi lamenti intermedi sono possono essere composti da v arie proteine ed hanno un diametro di 8- 12 nm. Inoltre ad ogni filamento possono essere ass ociate diverse proteine accessorie. Microtubuli e microfialmenti s ono strettamente associati alla motilità cellula re. I microfilamenti sono i componenti strutturali delle miofibrille muscolari, mentre i microtubuli formano ciglia e fl agelli. Microtubuli I microtubuli sono gli elementi più grossi del cito scheletro. Nelle cellule eucariotiche possono essere suddivisi in 2 gruppi: • il primo gruppo è quello dei microtubuli assonemali , e comprende i microtubuli

altamente organizzati e stabili che si trovano in s trutture subcellulari specifiche associate con il movimento, quali ciglia e flagelli e corpi basali. La struttura portante o assonema è formata da un fascio di micro tubuli assonemali molto organizzati.

• il secondo gruppo è costituito dalla rete dei micro tubuli citoplasmatici. Tali microtubuli hanno varie funzioni, per esempio servo no a mantenere la forma polarizzata della cellula, oppure servono per formare il fuso m itotico e meiotico necessario per il movimento dei cromosomi durante l a divisione cellulare, inoltre contribuiscono alla disposizione nello spaz io ed al movimento direzionale di vescicole ed organelli, fornendo un sistema organizzato di fibre-guida per il movimento. Per esempio servono a contr ollare la localizzazione del Golgi e del reticolo endoplasmatico, e sono coinvol ti nel movimento attivo delle vescicole.

I microtubuli sono cilindri cavi con un diamet ro esterno di 25 nm e uno interno di 15 nm. La parete laterale dei microtubuli è formata da fasci longitudinali di polimeri lineari chiamati protofilamenti. Generalme nte un microtubulo è formato da 13 protofilamenti accostati fianco a fianco atto rno alla cavità centrale. La subunità di base di un protofilamento è un etero dimero di tubulina. Gli eterodimeri che formano i protofilamenti sono compo sti da una molecola di tubulina-alfa e una di tubulina- beta, che, subito dopo sintesi si associano a formare l'eterodimero alfa- beta. Ogni proteina si organizza in 3 domini funzio nali: un dominio ammino- terminale che lega il GTP, un dominio centrale a cu i si può associare la colchicina, ed un terzo dominio carbos si- terminale che interagisce con le proteine associate a i microtubuli (MAP). All'interno di un microtubulo, i dimeri di tubulina sono orientati nella stessa dire zione, e questo comporta una

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sorta di polartà funzionale del protofilamento, per ché le due estremità del protofilamento sono diverse dal punto di vista chim ico e strutturale. Una tappa critica nella formazione dei microtubuli è quella della nucleazione, cioè l'aggregazione dei dimeri di tubulina in oligomeri, che servono da nuclei da cui i nuovi microtubuli possono crescere. Quando un micro tubulo è stato nucleato, cresce per aggiunta di subunità ad una estremità, e tale processo e detto allungamento. La formazione dei microtubuli è inizi almente lenta, dando origine alla cosidetta fase di ritardo nell'assemblaggio de i microtubuli. Questa fase riflette il p rocesso relativamente lento di nucleazione, la fase di allungamento è invece veloce. La massa dei microtubuli aumenta sino ad un punto dove la concentrazione di tubulina libera diventa limitante e conduce alla fase di stabilizzazione in cui l'assemblaggio ed il disassemblaggio dei microtubuli si bilanciano (concentrazione critica). Un'estremità del microtubulo può crescere o contrar si più rapidamente dell'altra. L'estremità in crescita rapida è chiamata estremità positiva, mentre l'altra è detta estremità n egativa. La diversa velocità di crescita alle estre mità positive e negative dei microtubuli riflette le diverse concen trazioni critiche richieste per l'assemblaggio alle due estremità, concentrazione c he è più bassa per l'estremità positiva che per quella negativa. La simultanea crescita e depolimerizzazi one del microtubulo producono un fenomeno chiamato treadmil ling, che si verifica quando ogni molecola di tubulina incorporata all'es tremità positiva è controbilanciata da una molecola di tubulina che si depolimerizza all'estremità negativa. Ogni eterodimero di tubulina lega 2 molec ole di GTP, una alla porzione alfa e una alla beta. Il GTP è idrolizzato colo qua ndo l'eterodimero si associa ad un microtubulo. Secondo il modello di instabilità dina mica c'è l'e sistenza di due popolazioni di microtubuli, una che si accresce in lunghezza per polimerizzazione continua dell'estremità positiva, l'altra che si ac corcia per depolarizzazione,. La distinzione tra queste due popolazioni sta nel fatt o che quella in accresc imento lega il GTP all'estremità positiva, mentre quella c he si accorcia porta legato il GDP. Poiché le molceole di tubulina che legano il G TP sembrano avere più affinità fra di loro rispetto alla tubulina che lega il GDP, la presenza di un gruppo di molec ole di tubulina associate al GTP all'estremità posi tiva crea un cappuccio di GTP che può associare stabilmente altri dimeri. La perdita del GTP invece crea un'estremità instabile, a cui può avvenire rapidame nte la depolarizzazione. I microtubuli originano da una struttura cellulare detta MTOC, centro di organizzazione dei microtubuli. Tale MTOC serve com e ounto di assemblaggio e di ancoraggio di un'estremità dei microtubuli. Molt e cellule nell'interfase hanno un MTOC detto centrosoma, localizzato vicino al nucleo. Il centrosoma delle cellule animali è normalmente associato con due centrioli c ircondati da materiale pericentriolare. All'interno del centrosoma vi è la presenza di un'isoforma di tubulina, la tubulina-gamma, associta con la protei na pericentrina. La tubulina-gamma si struttura in anelli alla base dei microtub uli che emergono dal centrosoma. Il MTOC è in grado di nucleare ed ancor are i microtubuli, per cui i microtubuli si estendono dall'MTOC verso la perifer ia della cellula, così l'estremità negat iva resta ancorata al MTOC mentre l'estremità posit iva si estende verso la periferia.gli MTOC influenzano anche il numero di m icrotubuli di una cellula, perché hanno limitati siti di nucleazione e di agga ncio. I microtubuli sono anche molto importanti nel corso della mitosi. Prima della profase il centrosoma si duplica in due centrosomi figli. Questi si separano durante l'inizio della profase e migrano ai poli op posti della cellula, dove servono

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come poli per la formazione del fuso mitotico. Quan do si rompe l'involucro nucleare, i cromosomi vengono portati ai poli trami te i microtubuli, grazie al fatto che ogni cinetocore di ogni cromosoma si lega all'e stremità positiva dei microtubuli. Quindi, i microtubuli crescendo dal po lo del fuso, incontrano il cinetoc ora e si stabilizzano. Quelli che non trovano il ci netocore si destabilizzano per instabilità dinamica: così ogni cromosoma riesc e ad agganciare un microtubulo tramite il cinetocore e a collegarsi al fuso mitotico. Le MAP (proteine associate ai microtubuli ), costituiscono un ulteriore livello di regolazione dell'organizzazione dei microtubuli. Le diverse MAP variano soprattutto per la loro capacità di collegare i mic rotubuli fra loro o con altre strutture e nella loro regolazione a livello di pol arizzazione /depolarizzazione. Le MAP si dividono in 2 classi: le MAP motrici, che in cludono la dineina e la chinesina, usano ATP per guidare il trasporto di ve scicole o d organelli e per creare forze di scorrimento tra i microtubuli. La dineina produce un movimento verso l'estremità negativa del microtubulo (movimento centripeto), la chinesina invece produce un movimento verso l'estremità positiva del microtubulo (movimento cen trifugo). Le MAP non motrici sono in grado di regolare l'orga nizzazione microtubulare. Ne sono esempi la MAP specifica degli assoni Tau (che p roduce micrtotubuli in fasci compatti) e la proteina MAP2 (che produce estrofles sione del tipo dendritiche). La funzione di alcune MAP può essere modificata attrav erso fosforilazione (nell'Alzheimer c'è un progressivo deterioramento delle funzioni mentali dovuto alla morte di cellule neuronali nella corteccia cer ebrale e nell'ippocampo, e questi ammassi neurofibrillari sono dovuti principalmente alla fosforilazione anomala della proteina Tau, che perde così la capacità di legare i microtubuli e forma invece filamenti ad elica accoppiati, che precipita no associati ad altre proteine). Microfilamenti I microfilamenti hanno un diametro di 7 nm, ed hann o la principale funzione nella contrattilità delle cellule muscolari dove interagiscono con la miosina( la mio sina di tipo I, monomero, è responsabile del movimento l ungo il filamento di actina, la miosina di tipo 2, filamento, è responsabile del mo vimento lungo il filamento di actina nel sarcomero della cellula m uscolare) e sono comunque associati a funzioni di movimento (movimento ameboide, correnti citoplasmatiche, solco di clivaggio durante la citocinesi). Fasci paralleli d i microfilamenti formano anche la struttura portante dei microvilli. L'actina, una volta sintetizzata, si organizza in un struttura ad U che lega ATP o ADP nella cavità centrale. Le singole molecole di a ctina sono chiamate actina G (globulare). Le catene di actina G poi polimerizzan o per formare i microfilamenti, e questa forma è detta actina F (filamentosa). Vi sono inoltre molte proteine che legano l'actina e ne regolano l'attività. Le actin e possono essere divise in due gruppi principali: le actine muscolo- specifiche (actine alfa) e le actine non muscolari (beta e gamma), inoltre sono prese nti le proteine correlate all'actina (ARP) che sembrano avere una funzione critica nel p rocesso di nucleazione dei microfilamenti, come lo aveva la tubulina gamma nel processo di nucleazione dei microtubuli. I filamenti di actina F che si forman o sono com posti da due catene parallele lineari di actina G avvolte ad elica. Anc he i microfialementi hanno una polarità intrinseca. Il frammento S1 della miosina si lega ai microfilamenti di actina conferendogli una tipica forma a punta di fr eccia, con tutte le mo lecole di

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S1 rivolte nella stessa direzione: si stabilisce co sì estremità appuntita l'estremità negativa, ed estremità sfrangiata quella positiva. La polarità fa sì che i filamenti di actina G siano aggiunti e sottratti più rapidamente all'estremità posit iva e più lentamente a quella negativa. Man mano che l'actina G è polimerizzata in actina F nei microfilamenti, avviene l'idrolisi di ATP ad AD P, così come avviene con il GTP relativamente ai microtubuli. LE proteine G monomer iche Rac, Rho e Cdc42 regolano l'assemblaggio dei filamenti di actina attivando e nzimi chiansi che fosforilano gli inositoli di membrana, causando qui ndi un aumento degli inositoli fosforilati. Le estremità dei microfilamenti possono essere bloc cate da proteine cappuccio che, inibendo ulteriori aggiunte di o sottrazioni di subunità, st abilizzano il microfilamento. La proteina cappuccio che lega l'st remità positiva dei microfilamenti è chiamata capZ, e il suo legame imp edisce l'aggiuntà di nuove subunità all'estremità positiva, mentre la sua rimozione permette di riprendere il processo di addizione delle subunità. Filamenti intermedi I filamenti intermedi hanno un diametro di circa 8- 12 nm, sono singoli o organizzati in fasci ed hanno la funzione struttura le o di sostegno della tendione cellulare, sono inoltre le strutture più stabili e meno solubili del citoscheletro, si trovano solo negli organismi multicellulari,e diffe riscono profondamente come composizione amminoacidica da tessuto a tessuto. I filamenti intermedi possono essere ragg ruppati in sei classi: le classi 1 e 2 comprendono le cheratine, proteine che organizzano i tonofilamenti delle cellule epite liali che ricoprono la superficie del corpo e le sue cavità. Le cheratine di classe 1 sono le cheratine acide, mentre quelle di cla sse 2 sono le cheratine basiche o neutre. La classe 3 comprende la vimentina, la desmina e la proteina fibrillare acid a della glia (GFA). La classe 4 è costituita dalle proteine dei neurofilamenti. La cl asse 5 è costituita dalle lamine nuclaeri A, B e C. L a classe 6 è data dalla nestina (si trova nei neuro filamenti del sistema nervoso embrionale). La tipizzazione dei fi lamenti intermedi serve anche come strumento diagnostico in medicina ed è partico larmente utile nella diagnosi di tumori, in quanto le cellu le tumorali mantengono i filamenti intermedi caratteristici del tessuto d'origine, indipendentem ente dalla localizzazione del tumore del corpo. Le proteine dei filamenti interme di sono fibrose,anziché globulari, e sono caratterizzate da un dominio cent rale a bastoncello formato da circa 310- 318 amminoacidi. Questo dominio centrale consiste d i 4 segmenti di eliche avvolti a spirale inframmezzati da 3 corti s egmenti di giunzione. Ai fianchi dell'elica centrale sono presenti due domini, ammin o e carbossi termi nale che rendono conto della diversità funzionale dei divers i filamenti intermedi tessuto-specifici. La struttura di base dei filamenti inter medi consiste di due polipeptidi avvolti tra loro in una struttura a spirale. I domi ni centrali ad elica dei due polipeptidi sono paralleli ed allineati, mentra i dom ini ammino e carbossi terminale sporgono come strutture globulari alle du e estremità. Due dimeri si associano lateralmente a formare un tetramero detto protofilamento. I protofilamenti interagiscono tra lo ro e si associano per sovrapposizione laterale e longitudinale per costituire la struttura filamento sa. Quando è del tutto assemblato, un filamento intermedio è sotituito da 8 protofilamenti, connessi testa-testa con sovrapposizione sfalsata. Nelle cellule epiteliali i tonofilamenti costituiti da cheratina sono connessi a

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placche chiamate desmosomi che formano robuste giun zioni di connessione tra due cellule vicine. Un'altra struttura, l'emidesmos oma, connette la superficie basale delle cellule epiteliali con la matrice extr acellulare. Malattie connesse ai filamenti intermedi: epidermol isi bollosa (EBS), sclerosi laterale amiotrofica (ALS), cardimiopatie ereditari e, Epidermolisi bollosa associata a distrofia muscolare (EBS-MD, quando manchi l'espr essione de lla proteina plectrina). Nel nucleo delle cellule, i filamenti intermedi for mano una struttura di supporta detta lamina nucleare, localizzata al di sotto dell a membrana interna del nucleo. La lamina nucleare è composta da 3 proteine distint e dei filamenti intermedi, chiamate lamine nucleari A, B e C. queste lamine so no fosforilate e si disorganizzano nel momento in cui una parte dell'in volucro nucleare si disgrega all'inizio della mitosi. Al termine della mitosi, d elle fosfatasi specifiche rimuovono i gruppi fosfato, permettendo all'involucro nuclear e di riformarsi. I 3 elementi citoscheletrici concorrono al mantenim ento della tensegrità cellulare, atta a sopportare lo stress meccanico. • Complesso del poro nucleare Il nucleo è circondato da un involucro nu cleare costituito da due membrane interna ed esterna, separate da uno spazio perinucl eare con dimensione interna di 20-40 nm. Ogni membrana è spessa 7- 9 nm e presenta un'organizzazione trilaminare. La membrana nucleare interna è appoggi ata su una rete di f ibre di sostegno chiamata lamina nucleare, mentra la membra na nucleare esterna è in comunicazione col reticolo endoplasmatico, rendendo così lo spazio perinucleare continuo ripetto al RE. Come le membrane del retico lo endoplasmatico rugoso, la membrana est erna è spesso ricoperta sulla superficie esterna da i ribosomi attivi nella sintesi proteica. Sulla membrana nucleare ci sono i pori nucleari, og ni poro è costituito da un piccolo canale cilindrico che si estende attraverso tutte e due le membrane dell'invo lucro nucleare, permettendo la comunicazione fra ci tosol e nucleoplasma. La membrana esterna e interna sono fuse tra loro a livello di ogni singolo poro, formando un canale tappezzato da un'intricata strut tura proteica detta complesso del poro nucleare (NP C), che ha un diametro di circa 120 nm e contiene p iù di 100 tipi di subunità proteiche diverse. Le sue subunità presentano organizzazione ottagonale, alcuni complessi del poro presentano gr anuli centrali. Tale complesso si struttura quasi come una ruota a ppoggiata all'interno dell'involucro nucleare: ognuno dei due anelli paralleli appoggiati sei bord i della ruota consiste di otto subunità. Otto bracci si estendono dagli anelli ver so il mozzo della ruota che rappresenta il granulo centrale. Tale granulo è chiamato trasportatore, e ci sono anche proteine che si estendono dal bordo verso lo spazio perinucleare che ancorano il complesso all'involucro,ed inoltre alcu ne fibre che si estendono dagli anelli verso il citosol ed il nucleoplasma. Quelle che si estend ono verso il nucleoplasma formano il "cesto nucleare" (basket). L'involucro nucleare protegge l'RNA non ancora matu ro dell'essere usato dai ribosomi citoplasmatici o dagli enzimi. Tutti gli e nzimi e le proteine necessarie nel nucleo, per la replicazione de i cromosomi e per la trascrizione del DNA devono essere importati nel nucleo dal citoplasma. Al cont rario, tutte le molecole di RNA e i ribosomi parzialmente assemblati necessari per la sintesi proteica nel citoplasma devono arrivare dal nucleo.

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La velocit à di ingresso delle particelle nel nucleo è inversa mente proporzionale al loro diametro. Particelle con un diametro maggiore di 10 nm sono escluse dal passaggio, per questo si è concluso che il compless o del poro contiene dei piccoli canali acquosi di diff usione, attraverso i quali possono liberamente muoversi piccole particelle. I pori hanno indicato che i canali acquosi hanno circa 9 nm di diametro, e ci sono 8 canali localizzati al la periferia del complesso del poro, fra i bracci, e forse anche un nono c anale al centro del trasportatore. Le grosse proteine, come gli enzimi della sintesi del DNA e RNA e i complessi ribonucleoproteici dell'mRNA e le subunità ribosomi ali, attraversano il poro con un meccanismo di trasporto attivo. Il meccanismo al la base di questo processo è meglio conosciuto per le proteine che sono attivame nte trasportate dal citosol al nucleo. Queste proteine posseggono uno o più segnal i di localizzazione nucleare (NLS).il limite massimo per questo tipo di trasport o attivo nel complesso de l poro è di 26 nm. Il meccanismo di trasporto attivo all'i nterno del nucleo comprende 3 passaggi: 1)la proteina contenente il segnale NLS è convoglia ta dal citosol verso un poro nucleare. Questo passaggio coinvolge delle proteine citoplasmatiche che fungon o da recettore, le importine, che si legano al segnal e NLS e che mediano il movimento della proteina- NLS verso un poro, forse con l'ausilio delle fibre citoplasmatiche del poro che in qualche modo funzi onano da binari. • Il complesso importina-proteina-NLS lega la parte citoplasmatica del

complesso del poro nucleare. • Questo passaggio è energia-dipendente. Il complesso importina-proteina- NLS

è trasportato all'interno del nucleo dal trasportat ore, localizzato al centro del poro. Questo trasporto richiede la pr esenza di una proteina che idrolizza GTP, nota come Ran.

Per il processo di esportazione di ribonucleoprotei ne dal nucleo al citoplasma il meccanismo è principalmente lo stesso. Le component i proteiche da esportare contengono segnali diesportazione nuclear e (NES), e questi segnali sono riconosciuti da proteine dette esportine. • Trasporto passivo o Diffusione facilitata Molte sostanze presenti nelle cellule sono troppo g randi o troppo polari per poter attraversare le membrane per diffusione semplice a velo cità ragionevoli, anche se il processo è esorgonico. Per questo è necessario l 'intervento di proteine di trasporto che mediano tale movimento di soluto entr o e fuori la membrana. Se tale processo è esorgonico, viene definito diffusione fa cilitata, o traspo rto passivo, perché il soluto diffonde secondo il gradiente di c oncentrazione o il gradiente elettrochimico senza che vi sia apporto di energia. Tutte le proteine di trasporto coinvolte in tali pr ocessi sono proteine integrali di membrana con parecchi segm enti transmembrana. Tali proteine si dividono dal punto di vista funzionale, in 2 gruppi: 1) le proteine carrier (trasportatori o permeasi), si legano ad una o più molecole di soluto su un lato della membrana e poi subiscono un cambiamento conformazionale, che determina il trasferimento del soluto sul lato opposto della membrana. Una proteina carrie si lega alle molecole del soluto in modo tale da proteggerne i gruppi polari o provvisti di carica d alla parte interna apolare della membrana. • le proteine canal e invece formano attraverso la membrana dei canali idrofili

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che permettono il passaggio dei soluti senza alcun cambiamento conformazionale. Alcuni di questi canali sono largh i e aspecifici, come i pori presenti nelle membrane di batteri, mitocondri e cl oro plasti. I pori sono formati da proteine transmembrana dette porine, che permett ono il passaggio di soluti idrofili selezionati fino a 600 Da. Tuttavia alcuni di questi canali sono altamente selettivi, ed altri ancora sono coinvolti nel passa ggio di ioni e sono detti canali ionici.

Una proteina carrier è una proteina allosterica che si alterna tra due stadi conformazionali, in maniera tale che il sito della proteina a cui si lega il soluto è aperto o accessibile prima su un lato della membran a e poi sull'altro. Le proteine carrier funzionano un po’ come gli enzi mi, perché attuano una dimuzione dell'energia di attivazione della reazion e dovuta al coinvolgimento della proteina catalizzatrice, e per questo tali processi seguono le cinetica di Michaelis-Mentev. L e proteine carrier inoltre sono altamente specifich e. Le proteine carrier sono soggette anche ad inibizione competitiva. Quando una proteina carrier trasporta attraverso la membrana un singolo soluto, il processo è chiamato uniporto. Quando due soluti ven gono trasportati contemporaneamente ed il loro trasporto è accoppiat o in modo tale che il trasporto dell'uno si interrompe se l'altro è assen te, il processo è definito cotrasporto o trasporto accoppiato. Nel cotrasporto , il processo viene chiamto simporto,s e i due soluti si spostano nella stessa direzione, o antiporto se i due soluti si spostano in direzioni opposte. Il passaggio di glucosio all'interno di un eritroci ta è un esempio di trasporto facilitato attraverso la membrana plasmatica, media to da una pr oteina carrier uniporto chiamata GluT. La bassa concentrazione int racellulare di glucosio, che rende possibile per la maggior parte delle cellule animali la diffusione facilitata, viene mantenuta grazie al fatto che il glucosio, ap pena entrato, viene subit o fosforilato a glucosio-6- fosfato dall'enzima esochinasi, con l'intervento de ll'ATP che funge da donatore di fosfato e da fonte di ener gia. La fosforilazione del glucosio ha anche l'effetto di mantenere il glucosi o nella cellula, poiché la membrana plasma tica dell'eritrocita non possiede una proteina di t rasporto per il glucosio-6-fosfato. Una proteina carrier antiporto presente nella membr ana plasmatica dell'eritrocita è la proteina scambiatrice di anioni,o scambiatore cl oruro- bicarbonato o proteina della banda 3, con accoppiamento obbligatorio degli ioni cloruro e bicarbonato. Il flusso rapido degli ioni bicarbonato, reso possi bile da questa proteina, è essenziale per il ruolo espletato dall'eritrocita n el trasporto della CO2 dai tessuti ai polmoni. Nella forma gassosa la CO2 non è molto solubile nelle so luzioni acquose quali il citoplasma o il plasma sanguigno. La prote ina scambiatrice di anioni, tuttavia, facilita il trasporto di CO2: non appena la CO2 diffonde nell'eritrocita, viene convertita in anioni bicarbonato dall'anidrasi carbonica, un enzima del citosol, che vengono poi trasportati all'esterno me ntre gli ioni cloro si muovono all'interno per bilanciare la carica. Nei polmoni i l processo è invertito: gli anioni bicarbonato entrano nell'eritrocita scambiandosi con gli ioni cloro e sono convertiti in CO2 dall'anidrasi carbonica. La CO2 p oi diffonde al di fuori dell'eritrocita e all'interno delle cellule che tap pezzano i vasi capillari del polmone. La quantità di bicarbonato trasportato in questo mo do è sufficiente per reggere il ritmo della produzione di CO2 nel corpo. Vi sono principalmente 3 tipi di proteine canale tr ansmembrana: i canali ionici, le porine e le acquaporine.

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La struttura dei canali ionici è quella di un poro molto piccolo rivestito d a gruppi laterali di amminoacidi idrofili, per questo sono m olto selettivi. La selettività si attua principalmente per differenza di carica o di dimensioni. Molti canali ionici sono controllati, possono cioè essere aperti e chiu si mediante cambiamenti conf ormazionali della proteina, regolando così il fluss o degli ioni. Nelle cellule animali, 3 diversi tipi di stimoli inducono cambiam enti conformazionali nei canali controllati: 1) i canali a controllo di potenziale si aprono e s i chiudono in risposta a cambiamenti del potenziale di membrana. 2) i canali a controllo di ligando sono innescati d al legame alla proteina canale di sostanze specifiche. 3) i canali a controllo meccanico rispondono a forz e meccaniche che agiscono sulla membrana. La trasmissione dei se gnali elettrici da parte delle cellule nervose dipe nde dai cambiamenti rapidi e controllati degli ioni Na+ e K +, attraverso i loro rispettivi canali. Oltre a questo tipo di regolazione a breve termine, molti canali ionici sono soggetti a regolazione a lungo termine, più che alt ro per controllo ormonale. Le porine sono proteine transmembrana multipasso. L a caratteristica principale delle porine è che i segmenti transmembrana attrave rsano la membrana non in forma di alfa-elica, ma di beta-foglietto cilindric o chiuso denominato beta- barrel, il quale ha nella parte centrale un poro ripieno di ac qua. La parte interna del poro è tappezzata di catene laterali polari, mentre la par te esterna è formata da porzioni apolari che interagiscono con la porzione idrofoba della membrana. Il complesso della porina permette così il passaggio di diversi soluti idrofili. Le acquaporine permettono il passaggio veloce di ac qua all'interno e all'esterno della membrana. Le acquaporine sono proteine integr ali di membrana con sei segmenti transmembrana elicoidali. Nel caso di AQP- 1, l'acquaporina presente bei tubuli renali, l'unità funzionale è costituita da u n tetramero formato da 4 monomeri identici. Tali subunità formano un canale grazie ai loro segmenti transmembrana. • Equilibrio chimico del potenziale di membrana. Un potenziale di membrana è una proprietà fondament ale di tutte le cellule che deriva dal fatto che la cellula a riposo in genere ha un eccesso di carico negativa all'interno ed un eccesso di carica positiva all'in terno, si dice appunto che la cellula ha un potenziale di membrana a riposo negat ivo.Nelle cellule che hanno eccitabilità elettrica (nerovose, muscolari, isole del pancreas endocrino), alcuni tipi di stimoli inducono una rapida sequenza di mod ificazioni del pote nziale di membrana detta potenziale di azione. Durante il pot enziale di azione, in poco più di un millisecondo il potenziale di membrana cambia da negativo a positivo per poi tornare negativo. Nelle cellule nervose tale ca mbiamento del potenziale di membra na temporaneo ha la funzione di trasmettere il segn ale elettrico lungo l'assone. Il potenziale di membrana a riposo si genera per il diverso contenuto di anioni e cationi fra il citosol della cellula e il fluido e xtracellulare. Il fluido extracellulare è una soluzione acquosa di sali, tra cui il cloruro d i sodio e, in quantità minore, il cloruro di potassio. Il catione principale del cito sol, invece, a causa dell'azione della pompa Na+/K+ è il potassio e non il sodio. Gl i anioni contenuti nel citosol sono per lo più macromolecole, come proteine, RNA ecc. q ueste macromolecole cariche negativamente non riescono a passare all'es terno della membrana

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plasmatica e restano quindi all'interno della cellu la. La presenza nel citosol di questi anioni non diffusibili è il motivo principale per cui la cellula ha un potenziale di membrana a riposo. Le cellule in genere hanno una concentrazione di io ni potassio alta all'interno e bassa all'esterno: questa diversa distribuzione deg li ioni potassio è detta gradiente dello io ne potassio, per cui gli ioni potassio avranno la t endenza ad uscire dalla cellula. Nel citosol i cationi K+ bila nciano la carica degli anioni (macromolecole proteiche), mentra all'esterno della cellula, i cationi Na+ bilanciano la carica degli anioni Cl-. La tendenza di due ioni a riunirsi è detta potenziale. Nel momento in cui due ioni con carica opposta si muovono per riunirsi si genera una corrente, misurata in ampére . Per questi principi si genera il potenziale di membrana a riposo: la membrana plasma tica, in genere, è permeabile al potassio in quanto provvista di alcun i tipi di canali del potassio, che permettono una certa diffusione di questi ioni all' esterno della cellula. Non esistono invece canali per le macromolecole cariche negativamente. Quindi, quando il potassio esce dal citosol, rimangono intr appolati all'interno anioni privi di controione; nel citosol si accumula così un ecce sso di carica negativa, mentre all'esterno si accumula un eccesso di carica positi va, per cui si genera così il potenziale di membrana. Si raggiunge un equilibrio quando la forza di attra zione dovuta al potenziale di membrana controbilancia la tendenza del potassio a diffondere lungo il suo gradiente di concentrazione. Questo tipo di equilib rio, in cui un gradiente chimico è controbilanciato da un potenziale elettrico, si d efinisce equilibrio elettrochimico. Il potenziale di membrana al punto di equilibrio vi ene detto potenziale di membrana all'equilibrio. Dato che il gradiente di i oni potassio svolge il lavoro di separare le cariche negative da quelle positive fino al ragg iungimento di un potenziale di membrana all'equilibrio, l'ampiezza d el gradiente di ioni potassio determina il valore del potenziale di membrana all' equilibrio. • Il collagene I componenti più abbondanti della matrice extracellulare (MEC) delle cellule animali sono una famiglia di proteine chiamate coll ageni, che formano fibre con elevata resistenza alla trazione. I collageni sono secreti da diversi tipi di cellule dei tessutio connettivi quali i fibriobl asti. Il collagene è presente soprattuttoo nei tendini e nei legamenti. Tutti i collageni hanno in comune due caratteristiche specifiche: la presenza di una tripla elica rigida di tre catene polipeptidiche avvolte tra loro e una composizione amminoacidica inusuale. In particolare i collageni sono caratterizzata dall'elevata presenza degli amminoacidi glicina, idrossiprolina, idrossilisina. La presenza della gl icina rende possibile la formazione della tripla elica in quanto la spaziatu ra della glicina nella sequenza amminoacidica la posiziona sull'asse dell'elica e q uesto è l'unico amminoacido sufficientemente piccolo da trovar spazio all'inter no della tripla elica stessa. Ciascuna fibra di collagene è composta da numerose fibrille. Una fibrilla a sua volta è costituita da numerose molecole di collagene, cias cuna delle quali consiste di 3 catene polipeptidiche, chiamate caten e alfa, avvolte tra loro in una tripla elica destrorsa rigida. Le molecole di colla gene hanno una lunghezza di circa 270 nm ed diametro di 1,5 nm, e sono allineat e lateralmnte con legame testa-coda all'interno della fibrilla.

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Nel lume del reticolo endoplasmatico tre catene alf a si assemblano formando una tripla elica chiamata pro- collagene. Ad entrambe le estremità della tripla el ica sono p resenti brevi tratti di sequenze amminoacidiche non strutturate che prevengono la polimerizzazzione in fibrille all'int erno della cellula. Una volta secreto nella spazio pericellulare, il pro- collagene è convertito in collagene ad opera di una peptidasi sp ecifica, un enzima che rimuove i tratti amminoacidi ci alle estremità ammino e carbossi terminale della molecol a di pro- collagene. Le molecole così modificate interagiscono spontaneamen te e polimerizzano formando le fibrille collageniche mature che succes sivamente si associano formando la fibra. La stabilità delle fibre collage ne è rinforzata ponti H che coinvolgono gli ossidrili dei residui di idrossipro lina e di idrossilisina delle catene alfa. Questi ponti H formano legami crociati sia al l'interno che tra le singole molecole di collagene presenti in una fibrilla. Nei vertebrati sono note 25 catene alfa differenti, ciascuna delle quli è codificata da un gene specifico e possiede una sequenza ammino acidica caratteristica. Queste catene alfa si associano in varie combinazioni generando 15 tipi differenti di molecole di collagene, la maggioranza delle qual i si trova in tessuti specifici. I collageni 1,2,3 sono i più abbondanti. Le fibrille di collagene 1,2,3,5 mostrano una striatura caratteristica formata da b ande trasversali che si ripetono con un periodo di 67 nm. • Integrine Le fibronectine e le laminine si legano alle cellul e, poiché queste espongono sulla membrana recettori glicoproteici che riconoscono e legano regioni specifiche di queste proteine della matrice. Questi recettori, insieme a recettori per altre molecole della matrice extracellulare, appartengono ad una famiglia di glicoproteine transmembrana chiamate integrine, il cui ruolo è appunto quello di integrare meccanicamente e funzionalmente la m atrice extracellulare con il citoscheletro. Le integrine sono importanti recetto ri,tramite i quali le proteine della matrice, quali i collageni, le fibronectine e le laminine possono legarsi alle cellule controllandone l'organizzazione e la funzio ne. Le in tegrine sono costituite da due catene polipeptidich e transmembrana, le subunità alfa e beta, che si associano in modo non covalente formando un dimero. Il dimero alfa/beta alla superficie esterna della membrana forma un sito di legame per le proteine adesi ve extracellulari. La specificità di legame dipende in modo particolare dalla subunità alfa. Sul versante citoplasmatico della membrana, le integrine legano molecole del citoscheletro spec ifiche, permettendo così l'interazione fisica tra il citoscheletro e la matrice extracellulare attraverso la membrana plasmatica. La presenza di diverse subunit à alfa e beta porta alla formazione di un numero elevato di eterodimeri di i ntegrine che differiscono nella capacità di legame con le proteine della matrice e che s ono espressi su diversi tipi cellulari. Le integrine che contengono la subunità beta1 sono presenti sulla membrana di quasi tutte le cellule animali e mediano l'adesione di queste alla matrice extracellulare. Le integrine che hanno la subunità beta2 sono p resenti solo sulla membrana dei leucociti e controllano le interazioni cellula- cellula. Molte integrine riconoscono la sequenza RGD nelle glicoproteine del la matrice che cono capaci di legare. Il recettore della fibronectina è l'integrina megli o caratteriz zata. Il recettore della

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fibronectina è una proteina transmembranaria con un sito di legame per la sequenza RGD della fibronectina sul versante estern o della membrana. Sul versante esterno il recettore ha un sito di legame per la talina, una proteina del citoscheletro che a sua volta lega la vincolina e qu indi i microfilamenti di actina. L'affinità dell'integrina per la talina dipende dal lo stato di fosforilazione di una tirosina presente nel sito di legame per questa pro teina. quando la tirosina non è fosf orilata, il sito di legame ha un'alta affinità per la talina. Tuttavia, quando la tirosina è fosforilata da una chinasi specifica, l' affinità di legame diminuisce portando alla dissociazione della talina, e quindi alla rottura del legame tra la fibronectina e i microfilamenti di actina del citos cheletro. Le integrine giocano un ruolo chiave nella connessi one della matrice extracellulare con il citoscheletro grazie alla cap acità di legare i componenti della matrice extracellulare alla superfice esterna ed i filamenti di actina alla superficie citoplasmtica della membrana. Grazie a questa inter azione la matrice extracellulare e il citoscheletro si influenzano a vicenda. • La via di Ras Il meccanismo con cui la via di ras induce il super amento del punto di con trollo di G1 e l'entrata in fase S ha sei passaggi: 1) il fattore che stimola la crescita si lega al re cettore di membrana. 2) questo legame stimola la attività tirosina china sica del recettore, causando quindi la fosforilazione dei residui di trosina 3) le tirosine fosforilate servono come sito di legame per una serie di proteina adattatrici che, a loro volta, attivano una protein a G associata alla membrana, la proteina ras. Come nel caso di altre proteine G, la attivazione della proteina ras è accompagnata al legame di GTP e al rilascio di GDP. 4) la molecola ras attivata stimola una cascata di reazioni di fosforilazione, che inizia con la fosforilazione di una proteina chinas i detta raf. Nella forma attiva raf fosforila le serine e le treonine di una prot eina chinasi chiamate MEK, che a sua volta fosforila le treonine e le tirosine di un gru ppo di proteine chinasi dette MAP chinasi. 5) le MAP chinasi attive entrano nel nucleo e fosfo rilano diversi fattori trascrizionali, cioè proteine che attivano la trasc rizione di geni specifici. Tra le proteine attivate da questo meccanismo di fosforila zione vi è Jun ( che fa parte del fattore trascrizionale AP- 1) e alcune proteine della famiglia di fattori trascrizionali ETS. Questi fattori trascrizionali c osì attivati accendono la trascrizione dei geni precoci che codificano per la tri fattori trascrizionali come Myc, Fos e Jun, che, a loro volta, attivano la tras crizione di alcuni geni tardivi: uno di questi codifica per il fattore E2F. 6) tra i geni tardivi ci sono an che i geni per chinasi e cicline, la cui produzione porta alla formazione di processi di complessi cicl ina-chinasi che fosforilano la proteina Rb e quindi inducono il passaggio da G1 a S.

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• Lisosomi Il lisosoma è un organulo contenente enzimi digesti vi ca paci di degradare tutte le capaci di degradare tutte le principali classi di m acromolecole biologiche, che includono i lipidi, i carboidrati, gli acidi nuclei ci e le proteine. Gli enzimi digestivi sono necessari per degradare materiali extracellula ri intro dotti per endocitosi, e per digerire strutture intracellulari e macromoleco le che sono danneggiate o non più necessarie. I lisosomi contengono fosfatasi acida, beta- glucuronidasi, una desossiribonucleasi, una ribonucleasi, e una protea si. Il lisosoma è cir condato da una singola membrana, questa membrana è determinant e per proteggere il resto della cellula dagli enzimi idrolitici contenuti in esso. Pompe protoniche ATP-dipendenti mantengono all'interno del lisosoma una ambiente acido (ph 4- 5) che favorisce la digestione enzimatica delle molecole denaturando le parzialmente. I prodotti della digestione vengono così trasportati, passivamente o attivamente, attraverso la membrana del citosol, dove entrano in varie vie sintetiche o vengono espulsi dalla cellula. Tutti gli gli enzimi lisosomali hanno la proprietà comune di essere idrolasi acide, ed idrolici con un PH ottimale intorno a 5. Ci sono 5 fosfatasi, 14 proteasi e peptidasi, 2 nucleasi, 6 lipasi, 13 glicosidasi, 7 solfatasi. Un'ampia glicosilazione dei com ponenti della membrana esposti all'interno del liso soma maturo protegge la membrana lisosomale della degradazione. Gli enzi mi lisosomiali vengono sintetizzati dai ribosomi adesi al RE rugoso e tras feriti nel lume del RE, prima di essere trasportati al comp lesso di Golgi. Dopo aver subito modificazione e maturazione nel RE e nel complesso di Golgi ad oper a di alcuni degli stessi enzimi che modificano e maturano le glicoproteine d i secrezione e della membrana plasmatica, gli enzimi lisosomiali sono se lezionat i dalle altre proteine del TGN. Gli enzimi lisosomiali vengono impacchetta ti in vescicole rivestite da clatrina che gemmano dal TGN, perdono i loro rivest imenti proteici e viaggiano verso uno dei compartimenti endosomiali. Un endosom a tardivo è un orgulo c on un corredo completo di idrolasi acide, ma non ancor a impegnato nell'attività digestiva. Dopo che le idrolasi acide provenienti d al TGN si sono unite al materiale extracellulare e intracellulare portati d a un endosoma precoce, l'endosoma tardivo forma un lisosoma pienamente attivo. Durante questo processo l'attività continuata delle pompe protonic he ATP-dipendente abbassa il ph da circa 5,5 nell'endosoma tardivo a 4- 5 nel lisosoma, favorendo l'attivazione delle idrolasi acide e la parziale denaturazione d el materiale destinato alla degradazione. Per distinguere tra i lisosomi maturi di origine di versa denominiamo lisosomi eterofagici quei lisosomi che contengono ostanze di origine extracellulare, mentre quelli con materiale di origine intracellulare veng ono chiamati lisosomi autofagici. I processi specifici in cui vengono coinvolti gli e nzimi lisosomiali sono la fagocitosi, l'endocitosi mediata da recettore, l'au tofagia e la digestione extracellulare. Tali vescicole di endocitosi possono accumulare pro teine lisosomiali mediante: • la fusione con vescicole di trasporto che provengon o direttamente dal TGN • la formazione di associazioni transitorie con endos omi precoci o tardivi, mai

fondendosi in maniera permanente con un compartimen to lisosomiale. • La fusione diretta con endosomi tardivi

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Alla fine comunque rimane nel lisosoma soltanto il materiale non digerito che, quando la digestione cessa, diventa un corpo residu o (causando l'invecchiamento cellulare). La digestione degli organuli o delle al tre strutture cellul ari vecchie o danneggiate è definita autofagia: macrofagia e micr ofagia. La macrofagia comincia quando un organulo, o un'alt ra struttura,viene avvolta da una doppia membrana di derivazione dal RE. La vesci cola che si viene a formare è chiamata vacuolo auto fagico. La microfagia comporta la formazione di un vacuolo autofagico molto più piccolo, circondato da un solo doppio strato fosfolipidico che racchiude piccole parti di citoplasma. Alcune malattie infiammatorie, come l'artrite reuma toide, sono determinate da un'involontaria liberazione di enzimi lisosomiali a ll'interno delle articolazioni. Si ritiene che il cortisone e l'idrocortisone, ormoni steroidei, siano agenti anti-infiammatori efficaci, grazie alla loro azione di s tabilizzazione delle membrane lisosomiali e perciò di inibizione della liberazion e degli enzimi. Le malattie connesse al malfunzionamento dei proces si di dogestione lisosomiale sono per lo più date dall'accumulo di prodotti indi geriti e dannosi. La glicogenosi di tipi 2 è causata dall'accum ulo di quantità eccessive di glicogeno nel fegato, nel cuore e nei muscoli scheletrici, pe r carenza dell'enzima lisosomiale alfa-1,4-glicosidasi. Vi sono anche la sindrome di Hurler (l'enzima difet toso è la alfa-L- ialuronidasi) e la sindrome di Hunter, e la malattia di Tay- Sachs, una condizione ereditata come carattere recessivo, cha a causa della mancanza del l'enzima lisosomiale beta-N-acetilesosamminidasi, responsabile della scissione della N-acetil- galattosammina terminale dalla porzione glucidica del ga nglioside, e tale situazione determina l'accumulo dei gangliosidi a livello dei tessuti ne rvosi. • Matrice extracellulare Le strutture extracellulari negli organismi eucario ti hanno caratteristiche comuni: consistono di lunghe molecole fibrose flessibili immerse in una matrice cellulare idratata amorfa di glicoproteine e polisaccaridi ra mificati. Tale matrice extracellulare (MEC) è importante per i processi di motilità, differenziamento e adesione. La MEC delle cellule animali è formata da 3 classi di molecole: 1. proteine strutturali, quali i collageni e le ela stine, che conferiscono restistenza e flessibilità. • complessi di proteine e polisaccaridi definiti prot eoglicani che costituiscono le

molecole idratate in cui sono immerse le proteine s trutturali • gl icoproteine adesive quali le fibronectine e le lami nine (i loro recettori sono le

integrine). • Collagene = vedi risposta specifica sul collagene • Elastina = le elastine sono ricche di amminoacidi g licina e prolina. Tuttavia la

prolina non è idrossilata né so no presenti residui di idrossilisina. Le molecole di elastina sono legate fra loro da legami crociati covalenti tra i residui di lisina.

• Fibronectina = è formata da due catene polipeptidic he molto grandi legate in prossimità del carbossi-terminale da due p onti disolfuro.ogni subunità è organizzata in una serie di regioni globulari conne sse da brevi tratti flessibili. Alcuni frammenti di fibronectina hanno la capacità di legare i recettori di

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membrana grazie ad una sequenza specifica detta RGD , (arginina-glicina-aspartico). Tale sequenza è riconosciuta da diversi recettori della famiglia delle integrine.

• Laminine = rappresentano la seconda grande famiglia di glicoproteine adesive. Le laminine sono presenti esclusivamente nelle lami ne basali, una struttura planare di proteine della matrice di circa 50 nm di sp essore, frapposta tra le cellule epiteliali e il connettivo sottostante. Tut te le forme di lamina basale contengono collagene di tipo 4, proteoglicani e una proteina detta entactina. La laminina è una glic oproteina molto grande, costituita da 3 lunghe cate ne polipeptidiche chiamate alfa, beta1 e beta2. Le tre catene formano una struttura a croce stabilizzata da ponti disolfuro con parte d el braccio lungo avvolto in una spirale a 3 filamenti. Come la ficrone ctina, anche la laminina consiste di regioni differenti capaci di legare il collagene di tipo 4, l'eparina, eparan- solfato, entactina. Queste proprietà di legame permettono al la laminina di fungere da molecola-ponte tra le cellule e la lamina basale.

• Integrine = vedi risposta apposita. • Glicocalice = le cellule animali presentano subito al di sopra della membrana

plasmatica, una zona con un elevato numero di carbo idrati detta glicocalice, che protegge la superficie cellulare, permette deno meni di riconoscime nto e di adesione e forma una barriera di permeabilità. Cons iste di due porzioni: glicocalice ancorato, che consiste di elementi che fanno parte della membrana stessa (catene glucidiche legate covalentemente all e glicoproteine integrali di membrana o ai gl icolipidi); e glicocalice disancorato, consiste di porzioni che possono essere rimosse senza danneggiare la cellula o la membrana.

L'adesione fra le cellule è mediata dal legame di u na molecola di N- cam (molecola adesiva dei neuroni) su una cellula con una molecol a uguale su di un'altra cellula. Un'altra famiglia di glicoproteine adesive che medi ano il riconoscimento cellulare è quella delle caderine, che richiedono ioni calcio per un cambiamento conformazionale che permette l'adesione. Le caderin e sono tessuto-specifiche. Un altro tipo di proteine che favoriscono l'adesion e sono le lectine. • Giunzioni cellulari Sono di tre tipi: adesive, occludenti e comunicanti . • Le giunzioni adesive permettono il collegamento fra il citoscheletro di due

cellule diverse. De lle giunzioni adesive fanno parte le giunzioni ader enti, i desmosomi e gli emidesmosomi. Queste tre giunzioni contengono 2 tipi di proteine: le proteine di ancoraggio intracellulare, che permettono il legame della giunzione con i filamenti di citoscheletro all'interno della cellula, e le proteine di giunzione transmembrana, che sporgono d alla superficie della cellula e permettono il legame con altre cellule o con la MEC. Le proteine di ancoraggio intrecellulare formano uno strsto fibros o spesso indicato com e placca sul versante citoplasmatico della membrana p lasmatica.

• Giunzioni occludenti non lasciano spazio tra le mem brane delle cellule, e servono principalmente per isolare spazi del nostro corpo permettendo una netta compartimentazione. Ogni giunzione app are come una serie di filamenti intrecciati che costituisce una fascia di giunzione , e ciascuno dei filamenti è costituito da un insieme di proteine giunzionali tr ansmembrana.

• Giunzione comunicante è una regione dove le membran e di due cellule sono allineate ad una distanza di di 2- 3 nm. Questa connessione mette in contatto il citoplasma delle due cellule, permettendo lo scambi o di ioni e piccole molecole

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e quindi instaurando una comunicazione chimica ed e lettrica. in questa regione le membrane delle due ce llule sono legate da connessoni, strutture a cilind ro cavo formate da proteine transmembrana strettamente addossate. Ogni connessone è un cilindro cavo formato da sei subuni tà di una proteina chiamata connessina.

• Microvillo I microvilli sono strutture c aratteristiche della porzione apicale delle cellule della mucosa intestinale, ogni microvillo è lungo 1- 2 micron ed ha un diametro di 0,1 micron. I microvilli servono principalmente ad aume ntare la superficie assorbente della cellula. La struttura portante del microvillo è data da un denso fascio di microfilamenti. Le estremità positive sono rivolte verso la punta, dove sono ancorate alla membrana tramite una placca amorfa el ettrondensa. I microfilamenti sono inoltre connessi anche lateralmente alla membr ana plasmatica tramite le proteine misonia 1 e calmodulina. Microfilamenti ad iacenti sono in stretto contatto grazie a legami a distanze regolari resi possibili dalle proteine fimbrina e villina. Alla base dei microvilli, i fasci di microfilamenti si estendo no in una rete di filamenti detta trama terminale, ed in tale trama i filamenti sono arricchiti da miosina e spectrina, che collegano i filamenti uno all'altro ed a proteine localizzate nella membrana plasmatica e forse anche con la rete di filamenti inter medi localizzata sotto la trama terminale. La trama conf erisce rigidità ai microvilli ancorando i fasci di microfilamenti in modo che ess i si possano proiettare in alto verso superficie cellulare. • Nucleo Il nucleo è il luogo all'interno della cellula eu cariotica dove sono localizzati e replicati i cromosomi e dove il DNA in essi contenu to, viene trascritto. il nucleo rappresenta quindi sia il luogo di deposito della m aggiore parte delle informazioni genetiche della cellula, sia il centro di controllo per l'espressione di questa informazione. Il nucleo è circondato da un involucr o nucleare costituito da due membrane interna ed esterna, separate da uno spazio perinucleare con dimensione interna di 20-40 nm. Ogni membrana è spe ssa 7-9 nm e presenta un'organi zzazione trilaminare. La membrana nucleare interna è appoggiata su una rete di fibre di sostegno chiamata lamina nucleare, mentra la membrana nucleare esterna è in comunicazione col reticolo endoplasmat ico, rendendo così lo spazio perinucleare continuo rip etto al RE. Come le membrane del reticolo endoplasmatico rugoso, la membrana esterna è spesso ricoperta sulla superficie esterna dai ribosomi attivi nella sintesi proteica. Sulla membrana nucleare ci sono i pori nucleari, og ni poro è costituito da un picco lo canale cilindrico che si estende attraverso tutt e e due le membrane dell'involucro nucleare, permettendo la comunicazio ne fra citosol e nucleoplasma. La membrana esterna e interna sono fuse tra loro a livello di ogni singolo poro, formando un canale tap pezzato da un'intricata struttura proteica detta co mplesso del poro nucleare (NPC), che ha un diametro di circ a 120 nm e contiene più di 100 tipi di subunità proteiche diverse. Le sue subunità presentano organizzazione ottagonale, alcuni complessi del poro presentano granuli centrali. Tale complesso si struttura quasi come una ruota appoggiata all'in terno dell'involucro nucleare:

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ognuno dei due anelli paralleli appoggiati sei bord i della ruota consiste di otto subunità. Otto bracci si estendono dagli anelli verso il mozzo della ruota che rappresenta il granulo centrale. Tale granulo è chi amato trasportatore, e ci sono anche proteine che si estendono dal bordo verso lo spazio perinucleare che ancorano il complesso all'involucro,ed inoltre alcu ne fibre che si estendono dagli anelli verso il citosol ed il nucleoplasma. Quelle che si estendono verso il nucleoplasma formano il "cesto nucleare" (basket). L'involucro nucleare protegge l'RNA non ancora matu ro dell'essere usato dai ribosomi citoplasmatici o dagli enzi mi. Tutti gli enzimi e le proteine necessarie nel nucleo, per la replicazione dei cromosomi e per la trascrizione del DNA devono essere importati nel nucleo dal citoplasma. Al cont rario, tutte le molecole di RNA e i ribosomi parzialmente assemblati necessa ri per la sintesi proteica nel citoplasma devono arrivare dal nucleo. La velocità di ingresso delle particelle nel nucleo è inversamente proporzionale al loro diametro. Particelle con un diametro maggiore di 10 nm sono escluse dal passaggio, per questo si è concluso che il complesso del poro contiene dei piccoli canali acquosi di diffusione, attraverso i quali possono liberamente muoversi piccole particelle. I pori hanno indicato che i canali acquosi hanno circa 9 nm di diametro, e ci sono 8 canali localizz ati alla periferia del complesso del poro, fra i bracci, e forse anche un nono canale al centro del trasportatore. Le grosse proteine, come gli enzimi della sintesi del DNA e RNA e i complessi ribonucleoproteici dell'mRNA e le subunità ribosomi ali, attrave rsano il poro con un meccanismo di trasporto attivo. Il meccanismo al la base di questo processo è meglio conosciuto per le proteine che sono attivame nte trasportate dal citosol al nucleo. Queste proteine posseggono uno o più segnal i di localizzazione nucle are (NLS).il limite massimo per questo tipo di trasport o attivo nel complesso del poro è di 26 nm. Il meccanismo di trasporto attivo all'i nterno del nucleo comprende 3 passaggi: 1)la proteina contenente il segnale NLS è convoglia ta dal citosol verso un por o nucleare. Questo passaggio coinvolge delle proteine citoplasmatiche che fungono da recettore, le importine, che si legano al segnal e NLS e che mediano il movimento della proteina- NLS verso un poro, forse con l'ausilio delle fibre citoplasmatiche del poro che in qualche modo funzi onano da binari. • Il complesso importina-proteina- NLS lega la parte citoplasmatica del

complesso del poro nucleare. • Questo passaggio è energia-dipendente. Il complesso importina-proteina- NLS

è trasportato all'interno del nucleo da l trasportatore, localizzato al centro del poro. Questo trasporto richiede la presenza di una proteina che idrolizza GTP, nota come Ran.

Per il processo di esportazione di ribonucleoprotei ne dal nucleo al citoplasma il meccanismo è principalmente lo stesso . Le componenti proteiche da esportare contengono segnali di esportazione nucleare (NES), e questi segnali sono riconosciuti da proteine dette esportine. La lamina nucleare è una sottile e densa rete di fibre che tappezzano la superficie interna della memb rana nucleareinterna che serve da sostegno per l'involucro nucleare. La lamina nucleare è spessa circa 10-40 nm ed è costituita da filamenti intermedi costit uiti da proteine chiamate lamine. Alcuni di questi filamenti sembrano essere connessi con le protei ne della membrana nucleare interna. Oltre a essere un suppor to per l'involucro nucleare, la lamina nucleare può anche fornire punti di attac co per la cromatina. La lamina nucleare può aiutare l'organizzazione del la cromatina legando certi

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segmenti cromatin ici a siti specifici dell'involucro nucleare. I seg menti di cromatina che si legano in questo modo sono molto c ompatti, cioè sono costituiti da etrocromatina. la maggior parte di questo materi ale sembra corrispondere al tipo di cromatina definita come eter ocromatina costitutiva, che in ogni mometno del ciclo cellulare ed in ogni cellula dell'organis mo mantiene la sua struttura altamente condensata. Il DNA che costituisce l'eter ocromatina costitutiva consiste di sequenze ripetute semplici (che sono corte seq uenze organizzate come ripetizioni in tandem che non sono trascritte). Le due maggiori regioni cromosomiche costituite da etrocromatina costitutiv a sono il centromero ed i telomeri. Al contrario, l'eterocromatina facoltativ a varia in relazione al momento funzionale della cellula, e non sembra presentare zo ne cromosomiche che sono state specificatamente rese inattive in una determi nata cellula. Il nucleolo è la "fabbrica dei ribosomi". Una cellu la eucariotica di solito contiene 1-2 nucleoli. Il nucleolo appa re costituito da fibrille e granuli: le fibrille co ntengono DNA che viene trascritto in RNA ribosomiale (rRNA), i granuli rappresentano molecole di rRNA associate a proteine importate dal citoplasma a costituire le subunità ribosomiali. I nucleoli contengo no la regione organizzatrice nucleolare (NOR), un blocco di DNA che contiene copie di geni per l'rRNA. Le copie multiple sono raggruppate in uno o più NOR, che possono esse re localizzate in più di un cromosoma. In ogni NOR le copie multiple sono organ izzate in tandem. Il genoma umano contiene 10 NOR per assetto cromosomico diplo ide, ognuno localizzato vincino all'estremità di un cromosoma differente. M a al posto di 10 nucleoli separati, un nucleolo umano rapprsentativo mostra u n singolo grande nucleolo che contiene anse di cromatina derivate da dieci cromos omi separati. Il nucleolo scompare durante la mitosi. Come la cellula si avvi cina alla divisione la cromatina si condensa a formare le strutture compatte dei cro mosomi e contemporaneamente si ha il disasse mbleggio e la scomparsa dei nucleoli: le anse estese di cromatina del nucleolo cessano di es sere trascritte e vengono avvolte e condensate, ogni residuo di rRNA e di pro teine ribosomiali viene quindi disperso e degradato. Al termine della mitosi, la c romat ina si decondensa, il NOR riforma le anse e la sintesi di RNA ricomincia. Nel le cellule umane, questo è il solo periodo in cui sono visibili i 10 NOR del nucleo di ploide. • Pompa Na+/K+ Una proprietà caratteristica della maggior parte de lle cellule animal i è costituita relativamente alla parte intracellulare di un alta concentrazione degli ioni potassio e da una bassa concentrazione di ioni sodio, e rela tivamente alla parte extracellulare di una bassa concentrazione di ioni potassio e di un'alta concentrazione di ioni sodio. Queste differenze sono necessarie per assicurare ug uali concentrazioni di soluti ad entrambi i lati della membrana, mantenendo in ta l modo l'equilibrio osmotico e proteggendo la cellula dal rigonfiamento e dalla li si. In più, i risultan ti gradienti degli ioni potassio e sodio sono essenziali come fo rza motrice per il cotrasporto, così come per la trasmissione degli impulsi nervosi . La pompa sfrutta ATP come fonte di energia ed è perciò considerata un esempio di ATPasa di trasporto. L'ATPasi Na+/K+ o pompa sodio- potassio, accoppia l'idrolisi esorgonica dell'ATP di trasporto all'interno degli ioni potassio e all' esterno degli ioni sodio. Questa pompa possiede una direzionalità intrinseca: gli ioni potassio sono sempre pompati all'interno e gli ioni sodio sono sempre pompati all'esterno. Gli

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ioni sodio e potassio, attivano l'ATPasi solo sul l ato della membrana da cui sono trasportati (gli ioni sodio dalla parte interna e g li ioni potassio dalla parte esterna). Per gli eritrociti una molecola di ATP idrolizzata permette il trasporto di 3 ioni potassio dentro e 2 ioni sodio fuori. La pompa è costituita da una proteina tetramerica t ransmembrana, con due subunità alfa e due beta. Le subunità alfa hanno at tività catalitica e presentano i siti di le game per l'ATP e per gli ioni sodio sul lato citopl asmatico (interno) e per gli ioni potassio sul lato estreno della membrana. Sappiamo che le subunità beta sono situate sul lato extracellulare e sono glicos ilate. La pompa Na+/K+ è una proteina allosteric a, con due stati conformazionali alternativi, denom inati E1 e E2 (per tale motivo spesso le ATPasi di tipo P sono de nominate ATPasi e1e2). e1 è aperta verso l'interno della cellula ed ha un'alta affinità per gli ioni sodio, mentre e2 è aperta verso l'ester no della cellula ed ha un'alta affinità per gli ion i potassio. La fosforilazione dell'enzima, evento innescato dal sodio, lo stabilizza nella configurazione e2. La defosforilazione, invece, è i nnescata dal potassio e stabilizza l'enzima nella forma e1. Il meccanismo di trasporto inizia con un ineziale lega me di 3 ioni sodio ad e1 sul lato interno della membrana, il legame degli ioni s odio provoca la fosforilazione dell'enzima da parte dell'ATP, che porta ad un camb iamento conformazionale da e1 e e2. Di cons eguenza, gli ioni sodio legati vengono trasferiti a ttraverso la membrana sulla superficie esterna dove vengono rila sciati. Per gli ioni potassio provenienti dall'esterno si legano alle subunità, p rovocando la defosforilazione ed il ritorno alla configurazi one iniziale. In questo modo gli ioni potassio sono trasferiti all'interno, dove si dissociano, lascian do la proteina pronta ad accettare altri ioni sodio. La pompa sodio potassio è molto importante anche ne l meccanismo di sinporto Na+/glucosio. Quando gli ioni sodio si legano al loro sito sulla parte este rna della membrana, la conformazione della proteina cambia, c onferendo al sito di legame del glucosio un'alta affinità per il glucosio stess o. Il legame del glucosio presumbilmente provoca un'ulteriore cam biamento conformazionale della proteina, che porta al trasferimento degli ioni sod io e del glucosio sulla superficie interna della membrana. Qui, gli ioni si dissociano come risposta alla loro bassa concentrazione intracellulare. Questo fatto provoca il di stacco del glucosio dal suo sito a dispetto del suo livello intracellulare, probabilmente perché l'affinità di quel sito per il glucosio viene notevolmente ridott a della dissociazione degli ioni sodio. La proteina quindi ritorna alla sua conforma zione iniz iale, e i siti di legame vuoti ritornano sulla superficie esterna della memb rana. • Proteine di membrana Le proteine di membrana differiscono per la loro af finità nei riguardi della regione interna idrofoba della membrana, e quindi per l'est ensione della regione con cui esse interagiscono con il doppio strato lipidico. I n base a tale criterio, le proteine di membrana vengono classificate in 3 classi: integ rali, periferiche ed ancorate ai lipidi. • Proteine integrali di membrana: molecole anfipatich e con una o più regioni

idrofobe che presentano affinità per il doppio stra to lipidico. Tali proteine possiedono anche delle regioni idrofile che sporgon o all'esterno della membrana, nella fase acquosa su uno o su entrambi i lati della membrana. Se le proteine sporg ono da un lato solo del doppio strato lipidico sono dette

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monotopiche. Se hanno invece regioni idrofile che s porgono da entrambi i lati della membrana sono dette transmembrana. Le protein e transmembrana possono essere monopasso (se attraversano la membra na una sola volta, tipo glicoforina) o multipasso (se la attraversano più v olte, tipo proteina della banda 3 della membrana dell'eritrocita). Alcune proteine multipasso possono essere costituite da più di un polipeptidiche e sono dette multimeriche. nella ma ggior parte dei casi la proteina attraversa la membrana s econdo la conformazione ad alfa elica, meno spesso nella conformazione a beta foglietto (porine).

• Proteine periferiche di membrana: alcune proteine a ssociate alla membrana sono prive di sequenze idro fobe distinte e quindi non penetrano all'interno de l doppio strato fosfolipidico. Queste proteine perife riche di membrana, mediante forze elettrostatiche deboli e legami H, si collega no alle superfici di membrana con le porzioni idrofile delle proteine in tegrali e anche con le teste polari dei lipidi di membrana che sporgono.

• Proteine di membrana ancorate ai lipidi: le catene poipeptidiche di queste proteine ancorate ai lipidi sono situate sulla supe rficie del doppio strato e unite con legame covalente a m olecole incluse nell'uno o nell'altro strato di membrana.

• Proteine G e funzione (trasduzione del segnale II) Esistono diverse molecole che funzionano come messa ggeri chimici, trasmettendo segnali da cellula a cellula. Alcune d i queste, come gli ormoni, sono prodotte in sedi molto distanti dal loro tessuto be rsaglio e sono portate alle diverse parti attraverso il sistema circolatorio. A ltre, come ad esempio i fattori di crescita, sono rilasciate localmente e agiscono sol amente sui tessuti vicini. Quando i l messaggero raggiunge il suo bersaglio, si lega ai recettori sulla membrana della cellula bersaglio, dando inizio al p rocesso di trasduzione. Una molecola, detta ligando, si lega ad un recettore di membrana. Altri ligandi, come ad esempio gli ormoni stero idei, si legano a recettori intracellulari. In entr ambi i csi il ligando è detto primo messaggero. Il legame del ligando al recettore, in genere, induce la produzione di altre molecole nell a cellula che riceve il segnale. Questi secondi messaggeri sono pic cole molecole o ioni che spostano il segnale all'interno della cellula, dando inizio ad una casc ata di eventi che, molto spesso, portano a modificazioni dell'espressione di geni sp ecifici nella cellula ricevente. I messaggeri possono essere di natura prote ica, e avranno recettori di membrana. Se invece sono di natura steroidea (idrofobici), av ranno recettori citosolici o nucleari, la cui funzione sarà quella di regola l'e spressione di geni specifici. Il messaggero forma legami non covalenti col recett ore. Quando la presenza del ligando e l'occupazione dei recettori persistono pe r un certo periodo di tempo, la cellula va incontro a un processo di adattmento e c ioè si desensibilizza e non risponde più allo stimolo. A questo punto, per stim olare la cellula, c'è bisogno che la concentrazione del ligando aumenti. La desensibi lizzazione o down-regolazione, è dovuta per lo più a modifiche delle proprietà o della localizza cellulare del recettore e può avvenire per 1) rimoz ione del recettore dalla superficie cellular e 2) modifiche del recettore che ne riducono l'affi nità per il ligando 3) modifiche del recettore che ne abbassano la capacità di indurre modificazioni di alcune funzioni cellulari. La rimozione del recettore dalla superficie cellula re può avvenire per end ocitosi mediata da recettore. L'isoprotenerolo e il propano lolo, rispettivamente attivano e

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inibiscono i recettori beta- anedrergici. L'isoproterenolo è usato nel trattamen to dell'asma no come stimolante cardiaco, mentre il pr opanololo è usato per ridurre la pressione sanguigna e la forza delle contrazioni cardiache e per combattere gli attacchi d'ansia. La famotidina e la cimetidina leg ano e inibiscono un particolare tipo di recettore istaminico presente sulle cellule delle pareti dello stomaco, e serve a controllare l'acidità di stomaco. I recettori sulla membrana plasmatica possono esser e classificati in 2 famiglie: i recettori associati a proteine G e i recettori asso ciati a protein-chinasi. Recettori associati a proteine G I recettori associati a protei ne g sono chiamati così in quanto il legame del ligando induce una modifica conformazionale del rec ettore che attiva una proteina G (proteina che lega un nucleotide guanina). La pro teina g attivata si lega, a sua volta, a una proteina bersaglio, un enzima o una proteina che forma un canale, modificandone l'attività. I recettori associati a proteine g hanno tutti una struttura simile. La proteina recettore ha sempre 7 alfa eliche transmembranarie connesse ad anse alternativamente citosoliche e extracellulari . La parte n terminale della proteina è in contatto con il fluido extracellulare, mentre la parte c terminale è intracitoplasmatica. L'ansa citosolica fra la quint a e la sesta alfa elica transmembranaria è specifica per una determinata pr oteina g. le prote ine g si sttivano o si disattivano a seconda che leghino o m eno una molecola di GTP o di GDP. Eistono due diverse classi di proteine G: prot eine g grandi eterotrimeriche e proteine g piccole monomeriche. Le proteine g grand i eterotrimeriche sono formate da 3 subunità alfa, beta e gamma. Delle 3 subunità dell'eterotrimero alfabetagamma, l a più grande, alfa, lega il nucleotide guanina (GTP o GDP). Quando g- alfa è legata al GTP, si stacca dal complesso beta-gamma. Le subunità beta- gamma restano invece sempre accoppiate. Alcune proteine g, dette gs, fungono da stimolatori della trasduzione, altre dette gi, fungono da inibitori. Un messaggero che si lega a un recettore associato alla proteina g presente sulla membrana esterna della cellula, induce una modifica zione conformazionale del recettore e il suo legame fa staccare il GDP e lega re il GTP alla subunità alfa, che si sgancia così dal complesso. A questo punto, a se conda della proteina g e del tipo cellulare coinvolti, la subunità alfa-GTP libe ra o il complesso beta- gamma fanno partire gli eventi di trasduzione. Alcune pro teine g, interagendo direttamente con canali ionici del calcio e del pot assio, mediano l'azione di neurotrasmettitori specifici. In alcuni organismi l e proteine g attivano delle chinasi. L'even to più importante connesso alle proteine g è comunq ue il rilascio dei secondi messaggeri, e quelli più come sono l'AM P ciclico e gli ioni calcio, quando la concentrazione intracitosolica dei second i messaggeri è alta, viene stimolata l'attività di specifici enzimi bersaglio. L'AMP ciclico (cAMP) viene prodotto a partire da AT P citosolico dall'enzima adenilato ciclasi. In condizioni normali, l'enzima è inattivo e resta tale fintanto che non si lega alla subunità alfa di una specifica pro teina g del tipo gs. Quando un recettore associato a una proteina g è ac coppiato ad una proteina gs, l'attacco del ligando stimola il rilascio del GDP d alla subunità alfa, che si carica di GTP. A sua volta questo evento induce il distacco d ella subunità alfa- GTP dalla subunità beta- gamma e il suo legame all'adenilato ciclasi. Il leg ame della subunità alfa-GTP all'adenilato ciclasi attiva l'enzima che conve rte l'ATP in cAMP. In

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seguito all'inattivazione della proteina g, l'adeni lato ciclasi smette di sintetizzare cAMP. I livelli intracitoplasmatici di cAMP rimarrebbero comunque elevati, se non intervenisse un altro enzima, la fosfodiesterasi, c he degrada il cAMP. Il principale bersaglio intracellulare del cAMP è una chinasi cAM P dipendente, detta proteina chinasi a (PKA). L'AMP c iclico regola l'attività della PKS causando il dist acco delle due subunità regolatorie dalle due subunità catalit iche. Quando le subunità catalitiche sono libere, la PKA può catalizzare la fosforilazione di diversi substrati cellulari. Ad Alte concentrazio ni di cAMP nel muscolo scheletrico o nel fegato viene attivati il catabolismo del glicogeno. Nel mu scolo cardiaco, un innalzamento dei livelli di cAMP fa aumentare le contrazioni car diache; nel muscolo liscio, al contrario, la contrazione viene inibita. L' innalzamento dei livelli di cAMP nelle pastrine ne impedisce la mibilizzazione durante il processo di coagulazione, nelle cellule epiteliali dell'intestino causa la secrezio ne di acqua e sali nel lume intestinale. L'aumento del livello di cAMP può essere o ttenuto in due modi diversi: stimolando la sintesi di cAMP o inibendo l'enzima f osfodiesterasi che degrada il cAMP. La tossina colerica ha un dominio enzimatico in gra do di modificare chimicamente la proteina gs, rendendola incapace di idrolizzare GTP a G DP, la gs così non si spegne, i livelli di cAMP restano alti e le cellule intestinali continuano a secernere grosse quantità di sali e acqua con con seguente disidratazione. L'inositolo 1,4,5 trifosfato (Insp3), uno dei prodo tti della degradazione dei fosfo lipidi derivati dall'inositolo, svolge un ruolo com e secondo messagero. L'insp3 deriva dal fosfatidil inositolo 4,5 difosfa to (pip2), che, in seguito all'attivazione della fosfolipasi c, viene scisso i n 2 molecole: inositolo trifisfato e diacilglicerolo (D AG). Insp3 e dag funzionano come secondi messageri, in particolare nella via fosfatidil inositolo-calcio. La sequenza di eventi inizia con il legame del liga ndo al recettore di membrana che induce l'attivazione di una proteina g specific a, la proteina gp ( attivatrice della fosfolipasi c). la proteina gp a sua volta, attiva una particolare fosfolipasi c, la fosfolipasi c- beta, che genera insp3 e dag. l'insp3 è idrosolubil e e diffonde rapidamente nel citosol, andandosi a legare a un ca nale del calcio a contro llo di ligando, il canale/recettore dell'insp3 presente su lle membrane del reticolo endoplasmatico. In seguito al legame con l'insp3, i l canale si apre e gli ioni calcio vengono rilasciati nel citosol. Il calcio si lea al la calmodulina, e il complesso calcio-calmodulina attiva altri processi. Il dag prodotto per azione della fosfolipasi c rest a nella membrana, dove attiva una proteina chinasi c (PKC). la stimolazione della crescita da parte della PKC è dovuta al fatto che tra i bersagli della PKC ci son o le MAP chinasi. Gli ioni calcio CA2+ hanno un ruolo essenziale nell a regolazione di diversi processi cellulari. La regolazione è basata su vari azioni della concentrazione del calcio nel citosol in risposta a segnali esterni. N ormalmente la concentrazione del calcio nel citosol è mantenuta a livelli molto bass i dalle pompe del calcio, presenti sulla membrana plasmatica e nel reticolo endoplasma tico. La pompa del calcio sulla membrana plasmatica trasporta il calcio all'e sterno, mentre la pompa del calcio nel RE sequestra gli ioni calcio nel lume del RE. Alcune cellule hanno inoltre degli scambiatori sodio- calcio che riducono ulteriormente la concentrazione citosolica dela calcio. I mitocondri possono portare ioni calcio nella matrice mitocondriale. I livelli di calcio possono aumentare anche in seguito al rilasc io del calcio dai

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depositi intracellulari. Gli ioni calcio sequestrat i nel reticolo endoplasmatico possono esser rilasciati attraverso i canali- recettori dell'insp3 e attraverso i canali-recettori sensibili alla rianodina. Il ligan do che apre i canali- recettori sensibili alla rianodina sembra essere il calcio st esso (questo fenomeno è detto appunto rilascio del calcio calcio-indotto). La molecola della calmodulina è stata paragonata ad un braccio flessibile con una mano alle sue estremità. Due ioni calcio si legano a ciascuna mano, inducendo una modificazione conformazionale nella calmodulina che forma il complesso attivo calcio- calmodulina. La maggior parte delle proteine che le gano la calmodulina sono enzimi della classe delle proteine chinasi e fosfatasi. L'ossido nitrico (NO) è una molecola di gas tossica con emivita breve, prodotta dalla conversione dell'amminoacido arginina a NO e citrullina ad opera dell'nziona NO sintetasi. L'NO è il segnale rilascia to dalle cellule endoteliali responsabile del rilassamento della muscolatura liscia dei vasi. L'N o viene prodotto in seguito al legame dell'acetilcolina sulla superficie delle cel lule dell'endotelio dei vasi. L'acetilcolina si lega a recettori associati a proteine g che attivano la via di trasmissione del segnale del fosfatidil inositolo, inducendo la produzione di insp3 da parte delle cellule endoteliali. Insp3 causa il rilascio degli ioni calcio dal reticolo endoplasmatico. Gli ioni calcio si legano alla calmodulina, formando un complesso che stimola la NO sintetasi a produrre os sido nitrico. Tale ossido nitrico è un gas che può diffondere rapidamente att raverso la membrana plasmatica e passare dalle cellule endoteliali alle vicine cellule della muscolatur a liscia. All'interno delle cellule della muscolatura liscia, l'NO attiva l'enzima guanilil-ciclasi, che catalizza la formazione di GMP- ciclico (cGMP). Il cGMP deriva dal GTP, in maniera analoga alla produzione di cAMP da ATP, e come il cAMP anche il cGMP agisceda secondo messagero. L'aumento della concent razione del cGMP attiva una proteina chinasi g che, catalizzando la fosforilazione di appropriate proteine delle cullule muscolari, induce il rilassa mento della muscolatura. La nitroglicerina viene sommini strata a pazienti con l'angina (dolori al petto per insufficiente afflusso di sangue al cuore), appunto perché stimola la produzione di NO, il quale rilassa la muscolatura liscia e permet te di ridurre la costrizione dell arterie coronarie. Recettori associati alle proteine chinasi La maggior parte delle chinasi coinvolte nella rego lazione di enzimi cellulari fosforilano residui di serina o treonina sull'enzim a bersaglio e vengono quindi dette chinasi serina/treonina. Molti recettori con attività tirosina c hinasica stimolano all'interno della cellula una catena di e venti di trasduzione del segnale. I recettori con attività tirosina chinasica sono fo rmati da una catena polipeptidica unica con un unico segmento transmemebranario. A un 'estremità della catena polipeptidica si trova il dominio extracellulare con il sito di legame per il ligando. All'altra estremità di trova il dominio intracitopl asmatico. La parte citosolica della proteina è formata da un dominio con attività tiros ina chinasica e una coda citosoli ca. Nella parte citoslica sono presenti dei residui di tirosina che costituiscono i substrati bersaglio della attività tirosina chinasica del recettore. L'attività chinasica, in genere, è parte integrante della proteina recettore. In alcuni casi però, l'at tività di recettore e quella tirosina chinasica son o svolte da due proteine diverse: in questo caso la tirosina chinas i è detta non associata al recettore. La trasduzione del segnale, inizia con l 'interazione ligando- recettore

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che causa l'aggregazione dei recettori con attività tirosina- chinasica. I recettori con attività tirosina chinasica funzionano come dim eri. Quando i recettori dimerizzano, la tirosina chinasi di ciascun recetto re fosforila le tirosine del recettore vicino. Questo processo di fosforila zione da parte di recettori dello stesso tipo è detto autofosforilazione. Quando la parte citoslica del recettore è fosforila ta, vengono reclutate varie proteine adattatrici presenti nel citosol che vanno ad interagire col recettore. Tutte queste proteine si legano al recettore a livello dei residui di tir osina fosforilati. Per legarsi al recettore, queste proteine devono conten ere una sequenza amminoacidica che riconosce sul recettorela fosfoti rosina e alcuni amminoacidi vicini. La parte della proteina che riconosce queste tirosine fosforilate è il dominio SH2. I recettori con attività tirosina chinasica po ssono attivare contemporaneamente diverse vie di trasduzione del s egnale, tra cui la via che ha come secondi messaggeri l'inositolo trifosfato-calc io, e la via della proteina Ras, che culmina con l'attivazione dell'espressione di a lcuni geni coinvolti nella crescita e nello sviluppo. Ras può essere legata sia al GDP che al GTP, ma sol o quando è legata al GTP è attiva. Se il recettore non è stimolato, Ras è nel suo stato normale legata al GDP. Per essere attivata, ras deve rilasciare GDP e lega re una molecola di GTP . perché questo avvenga, ras ha bisogno dell'intervento di u n'altra proteina, la proteina di rilascio dei nucleotidi guanina (GNRP). La GNRP che attiva ras è sos. Perché sos sia attivata, è necessario che si leghi al recettor e con attività tirosina chinasica indirettamente, attraverso un'altra proteina, la pr oteina GRB2. Questa proteina contiene un dominio SH2 epuò quindi legarsi alle ti rosine fos forilate del recettore. Quindi per attivare ras devono essere fosforilate l e tirosine sul recettore. GRB2 e sos devono formare un complesso che si lega al rece ttore, e che attiva sos. Sos attivata stimola il rilascio del GDP e il legame di GTP su ras, che così si attiva. Viene così attivata la via di ras, in cui l'evento più importante è l'attivazione di una classe di proteine chinasi, le MAP chinasi (MAPk) o proteine chinasi attivate da un mitogeno. Una delle funzioni delle MAPK è la fosfor ilazione della p roteina nucleare jun. Quando jun è fosforilata, si associa ad altre proteine a formare il fattore trascrizionale AP- 1, che induce l'espressione di geni che cosificano per proteine necessarie per la cerscita e la divisione cellulare. Fattori di crescita come messaggeri Il siero è pieno di fattore di crescita di derivazi one piastrinica (PDGF). Molti altri fattori di crescita stimolano recettori con attivit à tirosina chinasica. Tra questi fattori citiamo l'insulina, il fattore di crescita insulino-simile di t ipo 1, il fattore di crescita dei fibroblasti, delle cellule epiteliali e dei neuroni. I fattori di crescita dei fibroblasti (FGF) e dei loro recettori con attività tirosina chinasica, i recettori per i fattori di crescita de i fibroblasti (FGFR), sono tra i più studiati. È stato dimostrato che FGFR ha un ruolo i mportante nello sviluppo delle cellule che derivano dal mesoderma. Una mutazione c he annulla la funzione del recettore normale è detta mutazione dominante negat iva. Nell'uomo tali tipi di mutazioni nel dominio transmembranario del FGFR- 3 sono responsabili della acondroplasia (nanismo) e della displasia tanatofor ica. La classe più importante di recettori con attività chinasica su serina e treonina è rappresentata da una famiglia di proteina che lega alcuni componenti della famislia dei fattori di crescita che include il fat tore di crescita con effetto trasformante beta (TGF- beta). Alcuni membri della famiglia del TGF beta fo rmano

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dimeri fra loro prima di legare il recettore. Prima di tutto il fattore di crescita si lega al dominio transmembranario.i m emebri della famiglia del TGF beta si legano a due tipi di recettori sulla cellula bersaglio: i recettori di tipo 1 e 2. In seguito all'interazione con il ligando, il recettore di tipo 2 fosforila il recet tore di tipo 1. I bersagli del recettore di tipo 1 sono le proteine SMAD. In risposta ad un segnale specifico smad, fos forilata dal recettore attivato, forma un complesso con una seconda proteina smad (d etta co- smad)), e le due smad si dirigono nel nucleo. All'interno del nucleo, il complesso smad, associa to a proteine che legano il dna, regola l'espressione di geni specifici. Ormoni Un ormone endocrino è una molecola che viene traspo rtata dalla cellula che la secerna alla cellula bersaglio, di cui regola uno o più funzioni specifiche, attraverso il sistema circolatorio. Un ormone parac rino invece può agire solo su cellule vicine. La somatotropina, ad esempio, è coinvolta nella reg olazione della crescita del corpo umano, mentre gli ormoni sessuali, gli andr ogeno i e gli estrogeni, controllano il differenziamento dei tessuto e lo sv iluppo dei caratteri sessuali secondari. La tiroxina regola il livello di energia disponibile nell'organismo. L'insulina controlla la concentrazione di glucosio nel sangue, l'aldos terone controlla il livello di sodio e potassio a livello sangiugno, il paratormone controlla i livelli di calcio nel sangue. La risposta dell'or ganismo allo stress è regolata dall'epinefrina, norepinefrina, e cortisolo,e la ri sposta ai danni tissutali loc ali è regolatadal rilascio di istamina e dalla produzione di prostaglandine. Gli ormoni adrenergici si legano ai recettori adren ergici, una famiglia di recettori associati alle proteine G, possono essere classific ati in recettori alfa e beta adrenergici. I recettori alfa adrenergici legano sia l'epinefrina che la norepinefrina, mentre quelli beta adrenergici legano meglio l' epi nefrina. I recettori alfa e beta adrenergici sono associati a proteine g diverse, e stimolano quindi due diverse vie di trasduzione del segnale. Le proteine g attivate da un tipo di recettori alfa adrenergici, i rcettori alfa1 adrenergici sono prot eine gp, mentre le proteine g attivate dai rcettori beta adrenergici sono protein e gs. La attivazione della proteina gs stimola la trasduzi one del segnale mediata da cAMP e induce il rilassamento di un parte della muscolatura liscia. La attivazione della proteina gp stimola la fosfolipasi c con conseguente produzione di insp3 e dag, e innalzamento dei livelli intracellulari di calcio. Una del le azioni degli ormoni adrenergici è quella la stim olazione della degradazione del glicogeno per fornire alle cellule muscolari un adeguato apporto di zucchero. La demolizione del glicogeno è cataliz zata dall'enzima glicogeno fosforilasi che, aggiungendo f osfato inorganico, stacca dal glicogeno singole molecole di glucosio, sotto forma di glucosio 1 fos fato. La sequenza di eventi inizia con il legame di una molecola di epinefrina ad un recettore beta adrenergico sulla membrana plasmatica di una cellula del fegato o del tessuto muscolare. Il recettore attiva una proteina gs che,a sua volta, s timola l'adenilato ciclasi a produrre cAMP. Tale aumento intracitoslico di cAMP attiva una proteina chinasi A. questo enzima converte la glicogeno fosforilasi dal la forma b alla forma a, molto più attiva, con conseguente aumento della degradazi one del glicogeno. Il cAMP stimola anche la inattivazione del sistema enzimati co di sintesi del glicogeno. La PKA appunto fosforila l'enzima glicogeno sintetasi, che così si disattiv a. L'effetto complessivo del cAMP è quindi quello di aumentare l a degradazione e bloccare la

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sintesi del glucosio. I recettori alfa1 adrenergici stimolano la formazio ne di insp3, e del dag. i recettori alfa1 adrenergici si strovano principalmente nella mus colatura liscia dei vasi sanguigni, compresi quelli che controllano l'afflus so di sangue all'intestino. In seguito alla stimolazione di un recettore alfa1 ad renergico e alla formazione di insp3 la concentrazione di calcio intracellulare au menta, provocand o così contrazione della muscolatura liscia con conseguent e vasocostrizione e ridotto afflusso di sangue. • Qual'è la funzione delle lamine nella mitosi? Per quanto riguarda la disgregazione dell'involucro nucleare, MPF attivo fosforila e induce altre ch inasi a fosforilare le LAMINE della lamina nucleare (proteine a cui è associata la membrana nucleare interna). La fosfo rilazione induce la depolarizzazione delle lamine che porta alla disgre gazione della lamina nucleare. La perdita della mina nucleare dest abilizza l'involucro nucleare, che si disperde in piccole vesicole membranarie.

• Retroinibizione enzimatica È detta anche inibizione a feedback, (o da prodotto finale). Avviene ogni qualvolta un prodotto metabolico della catena inibisce uno de gli enzim i coinvolti nella catena metabolica stessa che porta alla sintesi del prodotto. L'inibizione a feedback è uno dei meccanismi più comuni utilizzati dalle cellule, per far si che le sequenze di reazioni siano adeguati alle esigenze c ellulari.

• Trasporto attivo Il trasporto attivo si attua quando una molecola de ve essere trasportata oltre la membrana plasmatica contro un gradiente di concentr azione elettrochimico, quindi si necessita dell'impiego di energia. Esso r ende possibile l'assorbimento di sostanze nu tritive permette l'escrezione di sostanze di rifiut o e di secrezione e consente di mantenere le concentrazioni intracellul ari di potassio, sodio, calcio e idrogeno in una situazione di costante non equilibr io. Le proteine di menbrana coinvolte nel trasport o attivo sono dette pompe. Il trasporto attivo poss iede una direzionalità e si dice perciò che unidirezionale o vettoriale. I meccanismi del trasporto attivo differiscono principalmente per la fonte di energia e se i due soluti sono trasportati contemporan eamente o meno. In base alla fonte di energia il trasporto attivo viene considerato diretto o indire tto. E' diretto quando l'accumulo delle molecole di soluto o ioni su un lato della me nbrana viene accoppiato direttamente ad una reazione chimica esorgonic a (più frequentemente l'idrolisi di ATP). Le proteine di trasporto che sono attivate di rettamente dall'idrolisi di ATP sono dette pompe ATPasi. Il trasporto attivo indire tto dipende dal co- trasporto di due soluti, in cui, il movimento secondo gradiente di uno attiva quello contro-gradiente dell'altro. Il processo di trasporto è si mporto o un antiporto. Le ATPasi di trasporto o pompe sono responsabili del trasport o attivo diretto. Ci sono 4 ATPasi: ATPasi di tipo P, di tipo V, di tipo F, di tipo ABC.

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• Le ATPasi di tipo P vengono fosforilate in maniera reversi bile dall'ATP (viene fosforilato sempre un residuo di acido aspartico). Possiedono un singolo polipeptide con 8-10 segmenti trans- menbrana. Sono tutte trasportatori di cationi e sono responsabili del mant enimento del gradiente ionico. Tra questo tipo di pompe c'è la pompa sodio- potassio. Altre esempi sono l'idrogeno ATPasi che pompa protoni verso l'esterno, la Calcio ATPasi che trasporti ioni calcio contro-gradiente elettrochimico.

• Le ATPasi di tipo V pompa no protoni in organuli quali le vescicole, i vacuol i, i lisosomi, gli endosomi, il complesso di Golgi. Sono formate da due componenti e più sub- unità: un componente integrale incluso nella membra na e un componente periferico sulla superficie che contiene il sito di legame per l'ATP.

• L'ATPasi di tipo F sono implicate nel trasporto di protoni e sono formate da due componenti, entrambi costituiti da complessi co n più sub- unità. Il componente integrale è detto F0 e serve da poro tra ns-menbrana per i protoni, il componente periferico, detto F1 contiene il sito d i legame per l'ATP. Possono funzionare in due modi: pompare protoni contro- gradiente con consumo di ATP oppure, tramite un flusso esorgonico di protoni (se condo gradiente elettrochimico) sintetizzano ATP. Quando funzionano in questo modo si dicono ATPsintetasi.

• L'ATPasi di tipo ABC sono dette anche cassette che legano l'ATP (ATPbinding cassette). Il termine cassette è indicato per i dom ini catalici della pompa. Un trasportatore ABC tipico possiede 4 domini , due dei quali altamente idrofobici e inclusi nella menbrana, mentre gli altri due sono l ocalizzati perifericamente sul lato citoplasmatico della membrana; ciascuno dei du e domini inclusi è costituito da 6 segmenti trans-membrana che formano dei canali. I trasportatori ABC sono importanti in quanto alcuni di essi pompan o antibiotici o altri farmaci fuori dalla cellula rendendola così resistente al f armaco. Alcuni tumori umani, per esempio, hanno notevole resistenza ai farmaci a causa di una proteina del tipo pompa ABC detta MDR. Una persona affetta da fibr osi cistica accumula muco denso nei polmoni, questo perché le cellule so no incapaci di secernere ioni cloro ed il difetto deriva da una proteina che dovrebbe funzionare coma canale ionico per il cloro.

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DOMANDE DI GENETICADOMANDE DI GENETICADOMANDE DI GENETICADOMANDE DI GENETICA

� Aneuploidia e poliploidia

Un organismo ke ha un assetto normale di cromosomi è detto euploide. Un organismo, o cellula aneuploide è caratterizzato da un numero cromosomico che non è un multiplo esatto dell’assetto cromosomico a ploi de. Le cause della aneuploidia sono da ricercare in una non- disgiunzione di uno o più cromosomi durante la meiosi I o la meiosi II che portano alla formazione di gameti con un numerp cromosomico anormale. Una non disgiunzione alla meiosi I produce 4 gamet i anormali: 2 gameti con un cromosoma duplicato e 2 privi di quel cromosoma, qu indi una fusione del primo tipo di gamete con un gamete normale produrrà uno z igote con 3 copie del cromosoma duplicato (mentre le altre coppie dei cro mosomi rimarranno normali) , mentre una fusione del secondo tipo di gamete (in c ui manca un cromosoma di una coppia) darà origine ad uno zigote con una sola copia di quel particolare cromosoma ( invece di aver una coppia normale di c romosomi) e tutte le altre coppie cromosomiche normali. Una non disgiunzione alla meiosi II produce due gam eti normali e due anormali: dei due gameti anormali uno conterrà due cromosomi fratelli (al posto di uno) e l’altro non conterrà nemmeno una copia di quel dete rminato cromosoma. In questo caso, con la fusione del primo tipo di gameti con gameti norm ali si avranno zigoti trisomici, con la fusione del second o tipo di gameti con gameti di tipo normale si avrà uno zigote che manca completam ente di una coppia di un determinato cromosoma. Tipi di aneuploidia:

1. nullisomia: implica la perdita di un paio di cro mosomi omologhi. 2. monosomia: consiste nella perdita di un solo cromos oma di una

determinata coppia. 3. implica la presenza in più di un determinato cromos oma, cioè la

cellula ha 3 copie di un determinato crom osoma e 2 copie di tutti gli altri.

4. tetrasomia: comporta una coppia cromosomica in più, cioè si avranno 4 copie di un determinato cromosoma, e norm almente due copie di tutti gli altri cromosomi.

L’anuploidia relativa ai cromosomi del sesso è megl io sopport ata grazie al meccanismo dell’inattivazione dell’x (lyonizzazione ). La trisomia dell’8, del 13 (sindrome di Patau) e del 18 (sindrome di edwards) comporta morte in età precoce, mentre si ha sopravvivenza fino alla vita adulta con la trisomia del 21 (sindro me di down). La sindrome di down può derivare anche da un tipo diverso di mutazione cromosomica detta traslocazione robert soniana, che porta alla presenza di 3 copie del braccio lungo del cromosoma 21, questa forma di sindrome di down è definita familiare. Una traslocazione robertsoniana è una traslocazione in cui due cromosomi acrocentrici (cr omosomi con i centromeri vicini all’estremità) non omologhi si rompono a liv ello dei centromeri ed i bracci lunghi si ritrovano attaccati ad un unico centromer o. I br acci corti si uniscono a loro volta a formare il prodotto reciproco, che gen eralmente contiene geni non

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essenziali e viene abitualmente perdute entro poche divisioni cellulari. La monoploidia e la poliploidia implicano variazion i del numero di interi asse tti cromosomici, e possono derivare ad esempio quando l a prima o la seconda divisione meiotica è abortiva (assenza di citocines i), oppure quando avviene una noin disgiunzione meiotica che coinvolge tutti i cr omosomi. La fusione di un gamete con 2 assetti c romosomici con un gamete normale generà uno zigote triploide, mentre la fusione di due gameti, ciascun o con 2 assetti cromosomici, produce uno zigote tretraploide. Esistono due classi di poliploidi: quelli che hanno un numero pari di assetti cromosomici e quelli che ne hanno un numero dispari,quelli con un numero pari di assetti cromosomici hanno almeno una maggiore pr obabilità di essere,dato che esiste la possibilità per i loro cromosomi omologhi di segregare correttamente durante la meiosi. Nelle piante ci sono 2 tipi di poliploidia: nella autopoliploidia tutti gli assetti cromosomici appartengono alla stessa specie, questa condizione deriva da un difetto alla meiosi che porta a gameti diploidi o poliploidi. Nell’alloplolipoidia gli assetti cromosomici imp licati derivano da specie diverse, ahce se correlate: questa situazione può originarsi se due specie diverse si incrociano generando uno zigote con 2 assetti crom osomici aploidi provenienti da ciascuno genitore (un assetto da ciascuna specie ) e poi entram i gli assetti vengono raddoppiati.

� Anse del t-RNA

I tRNA sono rna lunghi 75- 90 nucleotidi con la funzione di portare gli ammino acidi al complesso mRNA- ribosoma, dove vengono polimerizzati in catene polipeptidiche durante la sintesi proteica. Ogni moleco la di tRna ha una diversa sequenza nucleotidica, ma tutti hanno la sequenza CCA all’estremità 3’. QUESTA SEQUENZA CCA è AGGIUNTA AL T- RNA POST TRASCRIZIONALMENTE. Le differenze nella catena nucleotidica spigano la capacità di un particolare tRNA di legare uno specifico amminoacido. Tutte le molecole di tRNA sono modificate chimicamente in di versi punti da enzimi che agiscono postrascrizionalmente. La sequenza di tutti i tRNA può essere ripiegata in una struttura detta a trifoglio: la struttura a trifoglio o rigina dall’appaiamento tra basi complementari in d iverse parti della molecola, che forma 4 strutture a stelo (stem) separate de 4 anse a singola elica dette loop I, II, III, IV. L’ansa II contiene la tripletta nucleotidica dell’anticodone, che durante la traduzione si appaia al corrispondente codone dell’mRNA. Questo appaiamento codone- anticodone è fondamentale per l’inserimento dell’amminoacido corretto specificato dall’mRNA nella catena polipeptidica in crescita. La porzione terminale 3’ che presenta la tripletta CCA è detta braccio accettare, l’ansa I è detta D- loop perché contiene Diidrouridina, l’ansa II è que lla che contiene l’anticodone, l’ansa III è un’ansa variabi le da 3 a 21 amminoacidi, l’ansa IV è detta psi-loop perché contiene pseudouridina. La forma a trifoglio viene ripiegata in una struttura più compatta, a forma di L rovesciata. In questa struttura a L si trova ad una estremità la tripletta CCA dove si lega l’amminoacido e all’altra estremità si trov a l’ansa II che contiene

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l’anticodone.

� Caratteri bio-quantitativi

Un carattere che presenti solo pochi fenotipi disti nti definito carattere discontinuo: di solito per i caratteri discontinui esiste una relazione semplice fra genotipo e fenotipo, del tipo che per ogni genotipo esiste un determin ato fenotipo. Noi sappiamo però che la relazione tra genotipo e f enotipo non è sempre così semplice, perché intervengono fenomeni quali la pen etranza e l’espressività variabili, e l’epistasi e la pleiotropia, inoltre l o stesso genotipo interagendo con ambi enti diversi può dare una diversa norma di reazione . I caratteri continui sono detti quantitativi. All’aumentare del numero di loc i che controlla un carattere (carattere poligenico), il numero dei genotipi dive nta rapidamente molto grande. Se ogni genotipo di un carattere poligenico codifica per un fenotip o diverso, si avrà un carattere di tipo continuo. Se il fenotipo è influenzato da genotipi multipli e da fattori ambientali il carattere è detto multif attoriale. I geni che controllano elementi diversi del fenotipo possono essere influenzati pleiotropicame nte l’uno dall’altro: in pratica spesso due o più caratteri s ono spesso correlati. Per il carattere bioquantitativo del colore della c ariosside del grano si è proposto che ciascuna dose di un gene che cont rolla la produzione del pigmento permetta la sintesi di una determinata quantità del pigmento stesso. In tal caso gli alleli che contribuiscono al fenotipo sono detti alleli additi vi, gli alleli che non hanno effetto sul carattere quantitativo sono detti alleli non ad ditivi. Quando si riesca ad identificare grandi regioni del genoma e a correlarle con la variabilità fenotipica per un carattere metrico, si può iniziare a stabilire i loci importanti per la determinazione del carattere, i Q TL (quantitative trait loci).

� Caricamento degli amminoacidi

L’amminoacido corretto viene legatomi al tRNA da un enzima detto amminoacil-tRNA sintetasi. Questo processo è detto caricamento , e produce un amminoacil-tRNA. L’amminoacilazione è ATP dipendente. Esistono 20 diver si tipi di amminoacil- tRNA sintetasi per ognuno dei 20 amminoacidi: il si to di riconoscimento per un amminoacil- tRNA sintetasi è enzima specifico, in molti casi però è la regione dell’anticodone ad essere riconos ciuta. Processo di caricamento: prima di tutto l’amminoacido e l’atp si legano all’ amminoacil- tRNA sintetasi specifica. L’enzima quindi catalizza la reazione pe r cui l’atp perde due gruppi P e si lega come amp all’amminoacido per dare amminoaci l-amp. In seguito il tRNA si lega all’enzima, che trasferisce l’amminoacido dall ’amminoacil- AMP sul tRNA, rilasciando l’AMP. La molecola di amminoacil- tRNA così formata si stacca quindi dall’enzima. Dal punto di vista chimico, l’amminoac ido si attacca all’estremità 3’ del tRNA mediante un legame covalente tra i l gruppo carbossilico dell’amminoacido e il gruppo 3’ OH o 2’ OH dell’ade niva terminale della tripletta CCA persente su tutti gli amminoacidi.

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� Come si costruisce una molecola di c-DNA

Per produrre una molecola di c-Dna bisogna partire da molecola di mRN A, i quali hanno all’estremità 3’ le importanti code di poliA. Gli mRNA rappresentano il momento funzionale specif ico della cellula, perché ci possono dare il quadro generale del tipo di protein e che stanno per essere prodotte, in quanto l’mRNA subisce un processamento di splicing in cui vengono eliminati gli introni. Le sequenza degli introni so no presenti appunto nei cloni genici, ma non nei cloni di c-DNA. Avendo una miscela di tutti gli RNA, gli RNA poliA possono venire purificati (isolati dagli altri t ipi di RNA), passando la miscela su una colonna di oligo dT: quando le catene di mRNA poliA passeranno dalla col onna le code di poliA si legheranno alle catene di oligo dT, quindi gli mRNA verranno bloccati mentre tutti gli altri RNA verranno eliminati dal la colonna. Gli mRNA catturati verranno rilasciati dalla colonna per esempio aumentando la forza ionica del tampone presente sulla colonna, in maniera tale da rompere i ponti H. Per prima cosa si associa un breve primer di oligo( dT) alla coda di poliA, il primer viene così esteso dalla trascrittasi inversa (DNA p olimerasi- RNA dipendente) a dare una copia del DNA dal filamento di mRNA. Il ri sultato è a quseto punto una molecola a doppia elica ibrida di DNA- mRNA: successivamente RNasi H, Dna polimerasi I e DN A ligasi vengono usate per sintetizzare la seconda elica di DNA. L’RNasi H degrada il filamento di mRNA nella moleco la ibrida a doppia elica, la DNA polimerasi I sintetizza la nuova elica a partir e dai frammenti di mRNA degradati che fungono in tale caso d a primer di innesco e infine la DNA ligasi lega i frammenti di DNA per formare una nuova catena com pleta.

� Come si realizzano le banche cromosomiche?

Prima di tutto bisogna separare i singoli cromosomi . Si può usare a tale scopo ad esempio la tecnica del la citofluorimetria, in cui i cromosomi di cellule in mitosi (condensati) sono colorati con un prodotto fluoresc ente e passati attraverso un raggio laser collegato con un rilevatore di luce. Q uesto sistema distingue i cromosomi sulla base delle loro differ enze nel legare il colorante e la rifrazione risultante. Dopo che i cromosomi sono stati frazion ati e raccolti si può costruire una banca per ciascun tipo cromosomico.

� Come si realizzano le banche genomiche? Quando del dna genomico viene isolato e digeri to con un enzima di restrizione e la popolazione di frammenti di dna viene clonata in un vettore, si parla di banca genomica.

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� Come viene mantenuto il PH acido all'interno del Li sosoma

Grazie a delle pompe protoniche (pompe di tipo V = vescicolari) pres enti sulla superfice del lisosoma, che pompano continuamente c ontro gradiente all’interno del lisosoma ioni H+ che determinano il pH acido de l compartimento lisosomiale.

� Cosa sono i geni concatenati? Quali conseguenze por tano?

I geni posti sullo stesso cromosoma sono detti sintenici. I geni che non si assortiscono indipendentemente sono detti geni conc atenati. Le classi della progenie che presentano le combinazioni dei caratte ri già presenti nei genitori sono chiamate parentali, mentre quelle che present ano nuove combinazioni sono dette ricombinanti. Utilizzando il reincrocio di pr ova è possibile capire quali geni sono concatenati fra loro e costruire una mappa di concatenazione. Un marcatore genetico è un altro nome per una mutazione che conf erisce un fe notipo distinguibile (parcamente è un allele che marca un cromosoma o un gene). I marcatori di Dna sono invece marcatori molecolari c ioè regioni del DNA che differiscono fra individui e che possono essere ide ntificati mediante analisi molecolare del DNA. Chiaramente come abbiamo detto ci sono i genotipi pa rentali (genotipi originari dei due cromosomi dei genitori) e combinazioni non parentali di geni concatenati che vengono appunto chiamate ricombianati. La frequ enza di fenotipi ricombianati attesa da Morga n nei suoi esperimenti sulla base dell’assortimento indipendente sarebbe del 50%: la frequenza più bassa osservata s perimentalmente è segno che i geni interessati sono fra loro concatenati. La conclusione generale di Morgan fu che durante la segregazione d egli alleli alla meiosi, alcuni tendono a rimanere insieme perché so no vicini l’un laltro sul cromosoma. In conclusione ciò avviene perché i rico mbinanti vengono prodotti per crossing- over fra i cromosomi omologhi durante la meiosi, e quanto più due geni sono vicini su un cromosoma tanto meno è proba bile il crossing – over (si abbassa la frequenza di ricombinazione che è funzio ne della distanza in unità di mappa, o centiMorgan). Il crossing- over si attua allo stadio di 4 cromatidi (tetrade) durante la profase I della meiosi, e tale crossingo ver coinvolge 2 cromatidi su 4. Si possono ottenere mappe genetiche in base alla ri combinazione in relazione a reincroci di prova “a due punti” e “a 3 punti”. È c aratteristico di questi incroci di mappatura che la progenie non sia presente secondo quanto atteso sulla base delle distanze di mappa. Quindi in qualche modo la presenza di un crossing over interferisce con la formazione di un altro crossino over nelle vicinanze. Questo fenomeno è detto INTERFERENZA. L’entità dell ’interferenza è espressa come cefficiente di coincidenza. Un coefficiente di coincidenza di 1 indica che in u na determinata regione sono avvenuti tutti i possibili crossing over e sono sta ti ottenuti tutti i possibili ricombinanti attesi sulla base di due eventi indipendenti, in tale caso si avrà che l’interferenza è pari a zero. Se il coefficiente di coincidenza è zero, non avviene nessuno dei suddetti eventi di crossing over attesi , quindi vi sarà un’interferenza completa, con il primo crossingover che in ibisce il secondo nella regione in esame.

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� Cos'è la cromatina facoltativa? (es. corpo di Bahr)

i geni all’interno del DNA eterocromatinico sono ge neralmente trascrizionalmente inattivi. Vi sono 2 tipi di eterocromatina: l’eterocramatina cositutiva è pers ente in tutte le cellule in posizione identifica su entrambi i cromosomi omologhi di un paio. Questa fo rma di eterocromatina consiste per lo più di DNA ripetuto ed è esemplific ata dalle regione centromeriche. L’eterocromatina facoltativa, al contrario vari a di condizione nei diversi tipi cellulari, o nei diversi stadi di sviluppo o a volt e da un cromosoma omologo all’altro. Questa forma di eterocromatina rappresen ta segmenti eucromatina (di solito trascrizionalmente attiva) che sono condensa ti e conseguente mente inattivati. Un esempio di eterocromativa facoltativ a è il corpo di Barr, un cromosoma X che viene inattivato nelle femmine dei mammiferi per il meccanismo della compensazione della dose (lyonizzazione).

� Crossing Over

quanto più due geni sono vici ni su un cromosoma tanto meno è probabile il crossing – over (si abbassa la frequenza di ricombinazione che è funzione della distanza in unità di mappa, o centiMorgan). Il cros sing- over si attua allo stadio di 4 cromatidi (tetrade) durante la profase I dell a meiosi, e tale crossingover coinvolge 2 cromatidi su 4. Si possono ottenere mappe genetiche in base alla ri combinazione in relazione a reincroci di prova “a due punti” e “a 3 punti”. È c aratteristico di questi incroci di mappatura che la progenie non sia presente secondo quanto atteso sulla base delle distanze di mappa. Quindi in qualche modo la presenza di un crossing over interferisce con la formazione di un altro crossino over nelle vicinanze. Questo fenomeno è detto INTERFERENZA. L’entità dell’interf erenza è espressa come cefficiente di coincidenza. Un coefficiente di coincidenza di 1 indica che in u na determinata regione sono avvenuti tutti i possibili crossing over e sono sta ti ottenuti tutti i possibili ricombinanti attesi sulla base di due eventi i ndipendenti, in tale caso si avrà che l’interferenza è pari a zero. Se il coefficiente di coincidenza è zero, non avviene nessuno dei suddetti eventi di crossing over attesi , quindi vi sarà un’interferenza completa, con il primo crossingover che inibisce i l secondo nella regione in esame. A metà degli anni 60’ robert holliday propose un mo dello per la ricombinazione reciproca. Il primo stadio del processo di ricombin azione è quello di riconoscimento ed allineamento, in cui due doppie e liche di DNA omologhe si allineano. Nel secondo stadio un’elica di ciascuna doppia elica si rompe, ogni elica rotta invade poi l’opposta doppia elica e si appaia con i nucleotidi complementari dell’elica opposta. Ognuno di questi passaggi è catalizzato da enzimi specifici. Il p rocesso lascia interruzioni che vengono saldate per azione di una DNA polimerasi e DNA ligasi producendo un inter medio di Holliday di DNA etroduplice. Le due doppie eliche del DNA dell’inte rmedio possono ruotare facendo muovere il punto di ramificazione verso des tra o verso sinistra. Successivamente avverrà il tegli enzimatico, che pu ò avvenire o sul piano

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orizzontale e si otterranno duplex pezzati (parenta li), o può avvenire sul piano verticale e si genereranno duplex congiunti (ricomb inanti).

� Da dove prende la peptil-transferasi il ribosoma?

La peptidil- transferasi è coinvolta nel processo di allungament o della catena peptidica in crescita nella traduzione. In particol are è responsabile della formazione del legame peptidico fra la formil-metio nina (o un qualunque altro amminoacido) presente nel sito P del ribosoma (ovvi amente dopo rottura del legame tra l’amminoacido e il suo tRNA presente nel sito P) e il nuovo amminoacido portato dal nuovo tRNA nel sito A. dall e ultime ricerche appare che la subunità 23s del ribosoma è quella responsabile di tale attivita peptil-transferasica.

� TRADUZIONE (SINTESI PROTEICA) e Differenze nella tr aduzione

tra procarioti ed eucarioti

La sintesi proteica avviene sui ribosomi, dove il m essaggio genetico codificato sotto fo rma di mRNA viene tradotto. La molecola di mRNA vie ne prodotta in direzione 5’- >3’ (la stessa polarità con cui viene trascritto l’ mRNA a partire dal DNA), e la proteina viene sintetizzata dall’estremi tà N per finire con l’estremità C. gli amminoacidi arriv ano al ribosoma legati a molecole di tRNA: il codon e dell’mRNA riconosce l’anticodone del tRNA e non l’a mminoacido che porta (la specificità di riconoscimento del codone risiede ne lla molecola di tRNA e non nell’amminoacido da essa portato). Fase del caric amento degli amminoacidi: L’amminoacido corretto vi ene legatomi al tRNA da un enzima detto amminoacil- tRNA sintetasi. Questo processo è detto caricamento, e produce un amminoacil- tRNA. L’amminoacilazione è ATP dipendente. Esistono 20 diversi tipi di amminoacil- tRNA sintetasi per ognuno dei 20 amminoacidi: il sito di riconoscimento per un am minoacil- tRNA sintetasi è enzima specifico, in molti casi però è la regione d ell’anticodone ad essere riconosciuta. Processo di caricamento: prima di tutto l’amminoacido e l’atp si legano all’ amminoacil- tRNA sintetasi specifica. L’enzima quindi catalizza la reazione pe r cui l’atp perde due gruppi P e si lega come amp all’amminoacido per dare amminoaci l-amp. In seguito il tRNA si lega all’enzima, che trasferisce l’amminoacido dall ’amminoacil- AMP sul tRNA, rilasciando l’AMP. La molecola di amminoacil- tRNA così formata si stacca quindi dall’enzima. Dal punto di vista chimico, l’amminoac ido si attacca all’estremità 3’ del tRNA mediante un legame covalente tra il gruppo carbossi lico dell’amminoacido e il gruppo 3’ OH o 2’ OH dell’ade niva terminale della tripletta CCA persente su tutti gli amminoacidi. Inizio della traduzione: NEI PROCARIOTI, il primo p assaggio della traduzione è rappresentato dal legame della subunità ribosomiale 30s alla regione dell’mRNA che porta il codone di inizio AUG. La subunità ribo somiale è complessata a 3 diversi fattori di inizio detti IF1, IF2 e IF3, ad una molecola di GTP e a ioni magnesio. Il codone d’inizio AUG da solo non è suff iciente come segnale di legame del ribosoma all’mRNA, ma è richiesta una se quenza a monte (al 5’ della sequenza leader dell’mRNA) del codone di inizio AUG . Esiste infatti una regione posta a circa 8- 12 nucleotidi a monte del codone di inizio, ricca i n purine

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denominata SEQUENZA DI SHINE- DALGARNO (AGGAGG) che è complementare ad una sequenza ricca in pirimidine posta al 3’ ter minale della subunità 16s: in tal modo il ribosoma può posizionarsi correttamente sul l’ mRNA. Fatto ciò bisogna che si attui il legame del tRNA i niziatore al codone di inizio AUG: tale codone è specifico per una metionina, qui ndi tutte le proteine nei procarioti e negli eucarioti iniiano con una metion ina che cmq poi può essere rimossa. Nei procarioti in particolare la metionina iniziale è modificata: è infa tti una formil- metionina (fMet, che ha un gruppo formilico attacca to al gruppo NH della metionina). La fmet è trasportata da un parti colare tRNA detto tRNA- fMet. Quando sulla molecola di mRNA si incontra una seque nza AUG che non sia un codone di inizio int erviene un’altra specie di tRNA diverso da quello s pecifico per la fMet. (addirittura i due tRNA sono codificati da geni diversi). Quando fMet-tRNA carico si lega al complesso 30s- mRNA viene rilasciato IF3 e vine a formarsi così il complesso di inizio 30s. poi si lega la subunità 50s, portando all’idrolisi del GTP e al rilascio di IF1 e IF2, e si forma il complesso di inizio 70s. il ribosoma 70s possiede due siti di le game per gli amminoacil- tRNA: il sito peptidilico (P) e il sito amminoacilico (A). i l fMet-tRNA si lega al sito P. NEGLI EUCARIOTI le differenze sono:

1. la metionina iniziale non è formilata, anche se esi ste ancora un tRNA specifico per il trasporto della prima metionina.

2. non si trovano sull’mRNA le sequenze di Shine- Dalgarno, in quanto i ribosom i eucarioti utilizzano un altro meccanismo per rico noscere il codone di inizio AUG. In principio, un fattore di i nizio degli eucarioti, il eIF-4F, che in pratica è un multimero proteico che cont iene anche una proteina detta cap binding protein (CBP), ricon osce il cap presente all’estremità 5’ dell’mRNA e vi si lega. Poi si crea un complesso fo rmato dalla subunità ribosomiale 40s con il Met- tRNA di inizio, diverse preteine eIF e GTP: tale complesso migra lungo l’mRNA, alla ricerca del codo ne di inizio AUG, c he si trova inserito all’interno di una sequenza detta SEQUENZA DI KOZAK. (modello a scansione dell’inizio della traduzione). Una volta trovato il codone di inizio, la subunità 40s si lega ad esso, seguita dalla subunità 60s che spiazza gli eIF, e si forma il complesso di ini zio 80s con il Met- tRNA legato al sito P del ribosoma. Anche la coda di pol iA degli mRNA eucarioti ha un ruolo fondamentale nella traduzione: la prote ina di legame della coda poliA, detta PABP, lega da una parte la coda di pol iA e dall’ altra ad una delle proteina del complesso eIF- 4F del cap, portando così l3estremità 3’ dell’mRNA in prossimità dell’estremità 5’. In tal m odo il poliA stimola l’inizio della traduzione.

Fase dell’allungamento: all’inizio l’anticodone del l’fMet-tRNA è unito mediante legami H al codone d’inizio AUG nel sito peptidilic o del ribosoma. Il codone successivo dell’mRNA si trova nel sito A. poi l’amm inoacil- tRNA appropriato si lega al codone esposto nel sito A ribosomiale. Tale amminoacil- tRNA viene trasportato al ribosoma legato al fattore di allung amento EF- tu e ad un GTP. Quando l’amminoacil- tRNA viene legato al sito A, viene idrolizzato il G TP il fattore EF-tu viene rilasciato insieme al GDP. L’EF- tu viene rilasciato legato al GDP, e poi viene riciclato per altri eventi di allungamento. Dapprima un secondo fattor e di allungamento, detto EF-ts si lega ad EF- tu sposta il GDP che è stato idrolizzato,in seguito il GTP si lega al complesso EF-tu-EF-Ts per generare un complesso EF-tu-GTP con rilascio simultaneo di EF-ts. Un amminoacil -tRNA si lega al complesso EF-tu-GTP e quest’ultimo complesso può allora legarsi al sito A del ribosoma. La

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peptidil- transferasi è coinvolta nel processo di allungament o della catena peptidica in crescita nella traduzione. In particol are è responsabile della formazione del legame peptidico fra la formil- metionina (o un qualunque altro amminoacido) presente nel sito P del ribosoma (ovvi amente dopo rottura del legame tra l’amminoacido e il suo tRNA presente nel sito P) e il nuovo amminoacido p ortato dal nuovo tRNA nel sito A. dalle ultime rice rche appare che la subunità 23s del ribosoma è quella responsabile di tale attivita peptil-transferasica. Una volta formato il legame peptidic o, sul sito P rimane un tRNA privo del proprioamminoacido (tRNA scarico), mentre il tRNA sul sito A (dettto peptidil-tRNA) è attaccato ai primi due amminoacidi della catena polipeptidica. Fase di traslocazione: in tale fase il ribosoma si sposta di un codone lungo l’mRNA verso l’estremità 3’. NEI PROCARIOTI la tras loc azione richiede l’interventp di un altro fattore proteico detto EF- G. un complesso EF-G- GTP si associa al ribosoma, il GTP viene idrolizzato e il ribosoma si sposta mentre il tRNA scarico passa dal sito P al sito E e viene eli minato. NEGLI EUCARIOTI la traslocazione è simile, fa il fattore coinvolto non è EF-G ma eEF-2. dopo che la traslocazione è avvenuta, il codone che prima era n el sito A ora si troverà nel sito P, ed il sito A rimarrà libero. Così un nuovo tRNA carico potrà entrare nel sito A secondo l’ indicazione del codone dell’mRNA e l’allungamento c ontinua. Sia negli eucarioti che nei procarioti possono tradurre in ma niera simultanea lo stesso mRNA: si avrà un poliribosoma. Termine della traduzione: la fine della traduzione viene segnalata da uno dei 3 cdoni di stop che sono UAG,UAA,UGA. Tali codoni di stop, gli stessi per procarioti e eucarioti, non codificano per alcun am minoacido, pertanto non esisteranno per tali codoni tRNA che presenteranno anticodoni corrispondenti. Il ribosoma riconosce i codo ni di stop solo grazie all’aiuto di proteine dette fattori di terminazione o RF. E.coli possiede 3 RF, detti RF1, RF2, RF3. RF1 riconosce i codoni di stop UAA e UAG, RF2 riconosce UAA e UGA, RF3 ha un ruolo stimolatorio. Negli eucarioti esiste SOLO il fatt ore di rilascio eRF, che riconosce tutti e tre i codoni di stop. EVENTI SPECIFICI DELL A TERMINAZIONE:

1. rilascio del polipeptide dal tRNA al sito P del rib osoma catalizzata dalla peptidil transferasi.

2. rilascio del tRNA dal ribosoma 3. dissociazione delle due subunità ribosomiali e d ei fattori RF dall’mRNA.

� SMISTAMENTO DELLE PROTEINE NEOFORMATE ALL’INTERNO

DELLA CELLULA La distribuzione delle proteine nei comparti cellul ari è sotto controllo genico, mediato da specifiche sequenze leader delle protein e che li dirigono negli orfanelli corretti. Le proteine sintetizzate sul RE rugoso v engono estruse nello spazio tra le due membrane, le cisterne. Qui vengono dapprima glicosilate e poi trasferire al Golgi, che è il centro di smistamento. IPOTESI DEL SEGNALE: le p roteine prive del segnale (estensione idrofobia amminoterminale) rimangono nel citoplasma. Quando l a sequenza segnale di una proteina destinata ad esempio al RE viene tradotta ed esposta sulla superficie del ribosoma, una particella di riconoscimento detta SR P (complesso RNA- proteine) citoplasmatica si lega ad essa e blocca la traduzio ne finchè tale complesso si legherà alla membrana dell’organello interessato, i n questo caso il RE. Avvenuto

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tale aggancio, la SRP riconosce una proteina interg ale di membrana detta proteina di ancoraggio (detta anche sequenza di ric onoscimento del segnale): questo promuove l’inserimento di tale catena polipe ptidica in crescita all’interno della membrana. Non appena la traduzione riprende, SRP viene rilasciata. Questo metodo di trasporto è detto COTRADUZIONALE. Quando la sequen za segnale viene a trovarsi completamente all’interno della me mbrana interviene la segnal-peptidasi che rimuove la sequenza segnale.

� Dominanza completa e Codominanza

La dominanza completa è quel fenomen o per cui un allele è dominante sull’altro, e quindi il fenotipo dell’eterozigote è completamente indistinguibile da quello dell’omozigote dominante. Con la recessività comple ta, l’allele recessivo si esprime fenotipicamente solo in un organismo omozig ote recessivo. Quando un allele non è dominante completamente su u n altro allele, si dice che dimostra una DOMINANZA INCOMPLETA. Nel caso di domi nanza incompleta il fenotipo è intermedio tra quelli degli omozigoti pe r l’uno o per l’altro degli alleli interessa ti. Un esempio di dominanza incompleta è quello dei polli blu andalusi (Cb/Cw), che manifestano un carattere fenotipico in termedio fra un pollo a piumaggio bianco (Cw/Cw) e uno a piumaggio nero (Cb /Cb). Nella CODOMINANZA l’eterozigote manifesta i fenotip i di entrambi gli omozigoti. Il sistema dei gruppi sanguigni AB0 è un esempio di co dominanza: gli individui eterozigoti Ia/Ib sono di gruppo AB perché vengono prodotti sia l’antigene A (progotto dall’allele Ia) che l’antigene B (prodott o dall’allele Ib). Per cui gli alleli Ia e Ib sono codominanti. A livello molecolare nella codominanza c’è espressi one proteica di entrambi gli alleli presenti nell’eterozigote. Nella dominanza incompleta per un eterozigote vi è l’espressione completa di un solo allele (che dar à fenotipo intermedio), per un omozigote per l’alle le espresso ci saranno invece due dosi di prodotto genico e ne deriverà un’espressione fenotipica completa per uqel determinato allele. Nella dominanza normale (completa) in un eterozigot e un solo allele, producendo solo metà del prodotto genico della condizione omoz igote, è in grado cmq di dare lo stesso fenotipo dell’omozigote. In tale condizio ne il gene è detto aplosufficiente.

� Replicazione del DNA

La molecola di DNA si duplica secondo il modello se miconservativo: una volta divise, ognuna delle due eliche può fungere da stam po per la sintesi di una nuova elica di DNA. Così le due doppie eliche figlie che si verranno a formare saranno costituite ciascuna da una elica parentale e da un’ elica neosintetizz ta. L’enzima che catalizza la reazione di sintesi della nuova ca tena di DNA, tramite la polimerizzazione dei precursori nucleotidici, è det to DNA polimerasi. Replicazione del DNA nei procarioti: All’estremità crescente della catena, la DNA ploime rasi catal izza la formazione di un legame fosfodiesterico fra il gruppo 3’ OH del d esossiribosio dell’ultimo nucleotide ed il fosfato in 5’ del dNTP precursore. L’energia per la formazione del legame fosfodiesterico deriva dalla liberazione di due o tre fosfati dal dNTP. LA

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CATENA CHE SI ALLUNGA FUNZIONE COME INNESCO (PRIMER ) NELLA REAZIONE. Ad ogni passaggio di allungamento la DNA polimerasi trova il precursore (dNTP) giusto che può formare una coppi a di basi complementari con il nucleotide dell’elica stampo. LA DI REZIONE DI SINTESI DELLA NUOVA CATENA DI DNA è SOLO 5’- >3’. Esistono nei procarioti tre DNA polimerasi (I, II, III), di cui solo la DNA polimerasi 1 ha attività esonucleasica 5’->3’, ma tutte hanno attività esonucleasica 3’->5’. L’attività esonucleasica se rve per correggere gli eventuali errori di appaiamento di basi durante la duplicazio ne. La replicazione del DNA procariotico e virale gener almente inizia in una zona specifica del cromosoma, l’origine di replicazione. In questa zona la doppia elica si dena tura in singoli filamenti esponendo le basi per la sintesi di nuove eliche. La denaturazione localizzata del DNA produce quella ch e viene chiamata una bolla di replicazione, una regione del cromosoma dove il DNA è a singola elica e dal quale la replicazion e procede bidirezionalmente. Per prima cosa la GIRA SI, un tipo di topoisomerasi rilassa il DNA superavvolto. Quindi l e proteine iniziatrici si legano alla molecola di DNA parentale in corrispondenza de lla sequenza di origine di replicazione. Poi la DNA ELI CASI si lega alle proteine iniziatrici e viene port ata sul DNA. La DNA elicasi denatura il DNA utilizzando com e energia di attivazione quella derivata dall’idrolisi di ATP. L’idrolisi di ATP determina un cambiamento nella struttura dell’elicasi, che consen te all’enzima di muoversi lungo la singola elica e di svolgere la doppia elica di DNA man mano che procede. Successivamente l’enzima primasi si lega all’elicas i, formando un complesso detto primosoma. La primasi sintetizza un RNA primer di inesco, comp lementare alle prima porzione di DNA da copiare, questo perché nessuna delle DNA polimerasi è in grado di iniziare la sintesi ex novo di un filamento di DNA, ma ha appunto bisogno di primer di innesco. I primer di solito iniziano con 2 nucleotidi purinici, di solito AG. I primer di innesco di RNA vengono poi rimosso e ri mpiazzati da DNA. Quando il DNA si divide in due elica si forma appunto la forc a replicativa, e, nei casi in cui ci sia un DNA circolare, ci saranno due forche replica tive che procederanno nelle due direzioni opposte. Proteine SSB (single strand DNA binding proteins) si legano al singolo filamento di DNA stabilizzandolo ed impedendo che rinaturi. Successivamente la DNA polimerasi 3 polimerizza all ungando i primer. È importante notare che la DNA p olimerasi può catalizzare la sintesi di DNA solo in direzione 5’->3’, ma le due eliche sono di polar ità opposta. La nuova elica che è fatta in direzione 5’- >3’ è detta elica leading, l’elica che è sintetizzata in direzione opposta al movovimeto del la DNA p olimerasi è detta elica lagging. Per l’elica leading serve un solo primer d i RNA, per l’elica lagging servono più primer di RNA. L’elica leading è sintet izzata in modo continuo seguendo la forca replicativi. L’elica lagging inve ce è sintetizzata in modo discontinuo, perché la DNA polimerasi allunga il prim er di RNA solo fino ad un certo punto, producendo quelli che vengono detti FR AMMENTI DI OKAZAKI. I frammenti okazaki vengono poi successivamente uniti grazie all’intervento della DNA polimerasi I e della D NA ligasi. (praticamente i primer vengono allungati parzialmente dalla DNA polimerasi III, poi la DNA p olimerasi I interviene e sostituisce i primer di RNA con DNAn per effetto de lla sua attività esonucleasica 3’->5’). Replicazione del DNA del fago lambda: il fago lambda è un fago temperato e ciò significa che, quando esso infetta E.coli ha la possibilità di attuare o il ciclo litico, che porta alla lisi della cellula, o al ciclo

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lidogenico, uno stadio quiescente in cui il fago no n si riproduce. I primo passaggio dopo l’infezione è la conversione della mol ecola di DNA lineare in una di DNA circolare, attraverso l’appaiamento delle se quenze terminali dette sequenze cos. Nel ciclo lisogenico il DNA circolare attraverso un evento di crossino over si integra ne l DNA del cromosoma batterico. Nel ciclo litico il meccanismo di replicazione a cerchio rotante produc e una molecola di DNA molto lunga, costituita da copie del cromosoma lambda leg ate fra di loro unendo testa e coda di due copie del menoma successive. Que sta molecola di DNA costituita da più copie di menoma del fago in serie è detta CONCA TAMERO. Nel cromosoma di lambda c’è il gene ter, il cui prodotto genico è un a DNA endonucleasi, e questa endonucleasi riconosce la sequenza cos e produce un taglio asimmet rico in corrispondenza di ciascun sito cos. In questo modo sono prodotti i cromosomi di lambda provvisti di estremità appiccicose, che verr anno poi impaccati nelle teste del fago assemblate. Replicazione del DNA eucarotico: nelle cellule di mammifero sono state identificate 5 diverse DNA polimerasi: alfa, beta, gamma, delta, epsilon. Alfa beta delta ed ips ilon sono localizzate nel nucleo, mentre gemma nei mitocondri per la replicazione del menoma mitocondriale. Alfa e delta servono alla replicazione del DNA nucleare, beta ed ipsilon per la riparazione. Nella replicazione eucaristica ci sono più origini di replicazione: il tratto di DNA compreso fra un’origine di replicazione e le due te rminazioni della replicazione (dove le forche di replicazione adiacenti si fondon o) è detta replicone. Nel lievito Saccharomyces cerevisiae sono state ide ntificate specifiche sequenze che, quando vengono incluse in una molecola di DNA circolare extracromosomico, conferiscono e tale molecola la c apacità di replicarsi autonomamen te in cellule di lievito. Tali sequenze sono dette ARS, e sono formate da 4 elementi detti A, B1, B2, B3. l’elemento A svo lge un ruolo fondamentale per la funzionalità delle ARS, mentre gli elementi B deter minano con quale frequenza viene usata una determi nata origine di replicazione. L’elemento A insieme all’elemento B1 o B2 forma il nucleo dell’ARS, e a tale nucleo si lega un complesso di riconoscimento dell’origine (ORC). L’e lemento B3 aumenta la replicazione attraverso il legame del fattore 1 di legame dell’ARS, detto Abf1p. Replicazione delle estremità dei cromosomi (telomer i): quando un cromosoma parentale è replicato, al 5’ ne lla posizione del telomero quando verrà eliminato il primer di innesco di RNA si formerà una interruzione (gap) al 5’, perché l a DNA polimerasi non può intervenire per riparare t ale gap in quanto non ci sono primer di innesco. Se queste interruzioni non venissero via via integr ate, ci sarebbero cromosomi sempre più corti ad ogni ciclo di replicazione. Un enzima chiamato telomerasi , infatti, mantiene la lunghezza cromosomica aggiunge ndo ripetizioni telomeriche in tandem alle estremità cromosomiche. Tale meccani smo non coinvolge la macchina replicativi. La telomerasi è un enzima fat to sia di proteine che di RNA. La componente di RNA ha la sequenza di basi complementare all’unità ripe tuta dei telomeri. La telomerasi infatti si lega specifi catamente alle estremità cromosomiche, e poi, usando come stampo il proprio RNA catalizza la sintesi si sequenze fatte di triplette ripetute, tale enzima è quindi una DNA polimerasi- RNA dipendente. L’attività della telomerasi è quindi ne cessaria per le cellule a vitalità prolungata (cellule immortali), mentre negli altri tipi di cellule il progressivo accorciamento dei telomeri è il timer vitale che se gna il tempo di vita di una

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cellula ( quante divisioni essa possa compiere prim a di morire per l’eccessivo accorciamento dei telomeri).

� Epistasi

L’epistasi è un esempio di interazione fra geni div ersi in cui un gene maschera l’espressione fenotipica di un altro gene. Un gene che maschera l’espressione d i un altro gene è detto epistatico, e un gene che vie ne mascherato è detto ipostatico. EPISTASI RECESSIVA (rapporto 9:3:4): quando topi ag uti appartenenti a linee pure sono incrociati con albini, tutta la progenie F1 è aguti e quando questi aguti f1 sono incrociati fra loro, la progenie F2 è costi tuita da 9/16 di topi aguti, 3/16 di neri e 4/16 di albini. Questo si verifica perché i genitori sono diversi in quanto hanno un allele dominante C, di un gene che controlla la formazione di qualsiasi colore (topi neri sono C/- e albini sono c/c) e hanno un allele dominante A d i un gene che determina l’aspetto aguti, che consiste di un bandeggio giallo sui peli neri (A/- sono aguti e a/a sono non aguti). Fenotip icamente A/- C/- sono aguti, a/a C/- sono neri, a/a c/c e A/- c/c sono albin, e si avrà un rapporto fenotipico 9 aguti, 3 neri e 4 albini su un 16 individui. Quindi questo esempio dimostra epistasi di c/c su A/-. In altre parole il pelo bianco viene prodot to nei topi c/c indipendentemente dal genotipo all’altro locus genico. EPISTASI DUPLICATA RECESSIVA (rapporto 9:7): il col ore del fiore del pisello odoroso. I 9/16 delle piante f2 a fiori purpurei su ggeriscono che i fiori colorati si manifestino solo quando d ue alleli dominanti indipendenti sono presenti insi eme e che il colore porpora sia il risultato di una qua lche interazione tra loro. Il colore bianco dei fiori deriverebbe allora dall’omozigosi dell’allele recessivo di uno o di entrambi i geni. Per cui la coppia all’elica C/c determina la presenza di color e nel fiore e la coppia P/p determina se il colore sarà p orpora. Un’interazione tra due genitale da dare origine ad un prodotto specifico è una forma di epistasi chiamata epistasi duplicata recessiva (per azione di geni complementari). Nella via di sintesi del pigmento porpora, si può ipotizzare che un composto incolore viene convertito attraverso una serie di passaggi in un p rodotto finale purpureo. Ogni tappa è controllata dal prodotto di un gene. Per sp iegare il rapporto alla f2 si può ipotizzare che il gene C controlli la conversione d el composto dalla tappa 1 alla tappa 2 e che il gene P controlli la conversione de l composto dalla tappa 2 alla tappa finale che darà un prodotto finale porpora. Q uindi un’ omozigosi recesiva di uno o dell’altro dei geni C e P o di entrambi deter mina un blocco nella via di biosintesi suddetta e l’accumulo del solo pigmento bianco. Vale a dire i genotipi C/- p/p, c/c P/-, c/c p/p daranno tutti fenotipi bi anchi. Le uniche piant e con fiori porpora saranno quelle col genotipo C/- P/- . Si avrà così un rapporto 9 porpora: 7 bianco.

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� Funzione dei centromeri

I centromeri sono le sequenze di DNA localizzate ac canto al punto di attacco delle fibre del fuso mitotico o meiotico. La regi one centromerica di ogni cromosoma è responsabile della precisa segregazione dei cromoso mi duplicati nelle cellule figlie durante la mitosi e la meiosi. Le sequenze c entromeriche del lievito saccharomyces cerevisiae sono chiamate sequenze CEN . Il nucleo ce ntrale della regione centromerica di ogni cromosoma di lievito c onsiste di 3 domini (elementi del DNA centromerico o CDE): CDE 1, CDE 2 e CDE 3. In un modello ipotetico di struttura del cinetocore di lievito, si è ipotizzat o che Cbf1 (primo fattore di lega me al centromero) si lega a CDE1 e un complesso di pro teine comprendente cbf3 si lega a CDE3. la sequenza più lunga di CDE2 può avvo lgersi una volta attorno ad un ottametro di istoni. Forse attraverso una protei na lynker, cbf3 si lega all’estremità di un microtubulo.

� Funzione della telomerasi e telomeri

Un telomero è indispensabile per la stabilità della lunghezza del cromosoma durante la replicazione. Le regioni telomeriche son o generalmente eterocromatiche. In quasi tutti gli organismi studi ati, i telo meri occupano una posizione proprio all’interno della membrana nuclea re e sono spesso associati l’uno all’altro e alla membrana nucleare. Tutti i t elomeri in una data specie presentano una sequenza comune. La maggior parte de lle sequenze telomeriche possono essere suddivise in due tipi:

1. sequenze telomeriche semplici: sono situate all’est remità cromosomica. Sono la componete funzionale essenziale dei telomer i. Sono sequenze specie- specifiche e consistono di una serie di semplici se quenze di DNA ripetute una dopo l’altra (ripetizioni in tandem). In un modello recente, il DNA telomerico si avvolge all’indietro su se stesso , a formare un T- loop, l’estremità a singolo filamento invade le sequenze telomeriche a doppio filamento formando un D-loop (displacement loop).

2. Sequenze associate ai telomeri: sono situate all’in terno dei cromosomi, il loro significato non è ancora noto.

Replicazione delle estremità dei cromosomi (telomer i): quando un cromosoma parentale è replicato, al 5’ ne lla posizione del telomero quando v errà eliminato il primer di innesco di RNA si forme rà una interruzione (gap) al 5’, perché la DNA polimerasi non può inter venire per riparare tale gap in quanto non ci sono primer di innesco. Se queste interruzioni non venissero via via integr ate, ci sareb bero cromosomi sempre più corti ad ogni ciclo di replicazione. Un enzima chiamato telomerasi, infatti, mantiene la lunghezza cromosomica aggiunge ndo ripetizioni telomeriche in tandem alle estremità cromosomiche. Tale meccani smo non coinvolge la macchina re plicativi. La telomerasi è un enzima fatto sia di p roteine che di RNA. La componente di RNA ha la sequenza di basi complem entare all’unità ripetuta dei telomeri. La telomerasi infatti si lega specifi catamente alle estremità cromosomiche, e poi, usando come stampo il proprio RNA catalizza la sintesi si sequenze fatte di triplette ripetute, tale enzima è quindi una DNA polimerasi- RNA dipendente. L’attività della telomerasi è quindi ne cessaria per le cellule a vitalità prolungata (cellule immortali), mentre ne gli altri tipi di cellule il progressivo

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accorciamento dei telomeri è il timer vitale che se gna il tempo di vita di una cellula ( quante divisioni essa possa compiere prim a di morire per l’eccessivo accorciamento dei telomeri).

� Genetica mendelliana - I° e II° Legge

Mendel incrociò linee pure di pisello, per esempio piante a semi lisci con piante a semi rugosi, ed ottenne che tutti i semi della prog enie f1 ottenuta dagli incroci reciproci liscio x rugoso erano tutti lisci. Vale a dire, relativamente a que sto carattere i semi erano esattamente simili ad uno so lo dei due genitori, piuttosto che essere una miscela di entrambi i fenotipi paren tali. Il fatto che tutti i figli di genitori appartenenti a linee pure sono simili fra loro viene spesso definito come principio dell’uniformità alla f1. successivamente, mendel piantò questi semi e lasciò autofecondare le piante della f1 per produrre i semi della f2 e ottenne sem i lisci e rugosi in un rapporto 3:1. da questi elementi mendel riuscì a capire che la generazi one filiale eredita da ciascun genitore un allele per un determinato carat tere: si avrà che un allele risulterà DOMINANTE sull’ altro allele che definire mo RECESSIVO (il carattere liscio è dominante su quello rugoso). Gli individui che ereditano un gene co n 2 alleli identici vengono definiti OMOZIGOTI, e posso no essere omozigoti per l’allele dominante o omozigoti per l’allele recessivo. Al co ntrario gli individui che avranno un gene con una copia dell’allele dominante u una d ell’allele recessivo vengono detti ETEROZIGOTI. PRINCIPIO DELLA SEGREGAZIONE (prima legge di Mendel ): i caratteri recessivi, mascherati alla f1 di un incrocio tra due linee pur e, ricompaiono alla f2 in proporzioni definite. Questo significa che i due al leli di una coppia genica segregano uno dall’altro durante la formazione dei gameti. O gni figlio quindi riceverà dal genitore solo un allele. TEST-CROSS: Un modo più usato per accertare il genotipo sconosciuto di un organismo è quello di effettuare un reincrocio, val e a dire un incrocio fra un individuo di genotipo ignoto e un individuo omozigo te recessivo. Mendel fu il primo ad effettuare tale test-cross: Se la pianta con genotipo ignoto è SS, allora produ rrà solo gameti S, mentre la pianta omozigote recessiva ss produrrà solo gameti s: ne risulta che dal loro incrocio deriveranno solo eterozigoti Ss che manife steranno il fenotipo dominante. Se la pianta con genotipo ignoto è Ss, allora prod urrà metà gameti S e metà gameti s, mentre come prima la pianta omozigote rec essiva ss produrrà solo gameti s: dall’incrocio deriveranno metà piante con genotipo eterozigote Ss (fenotipo dominante) e metà piante omozigoti recess ive ss (fenotipo recessivo). PRINCIPIO DELL’ASSORTIMENTO INDIPENDENTE (seconda l egge di mendel): stabilisce che i fattori che con trollano caratteri diversi si distribuiscono in maniera indipendente gli uni dagli altri. Questo si gnifica che geni posti su cromosomi diversi si comportano in modo indipendent e durante la formazione dei gameti. In un incrocio di diibridi Ss Yy x Ss Yy, s i produrrà alla generazione f2 ottenuta da un incrocio f1 x f1 una progenie che mostrerà il ra pporto 9:3:3:1. In un incrocio di triibridi Ss Yy Cc x Ss Yy Cc, si produrrà alla generazione f2 ottenuta da un incrocio f1 x f1 una progenie che mo strerà il rapp orto

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27:9:9:9:3:3:3:1. Malattie nell’uomo per omozigosi recessiva: albinis mo. Per genitori entrambi eterozigoti per tale carattere si avrà ovviamente u n rapporto 3:1. Malattie nell’uomo per alleli dominanti: acondropla sia, brachidattilia, sindrome di Marfan.

� Geni procariotici

Un gene procariotico è organizzato nel modo seguent e: NEL CASO DI GENI COSTUTIVI (housekeeping genes) ci sarà una regione del promotore, una regione codificante ed un terminator e. Nel caso di GENI INDUCIBILI (non espressi in manier a costitutiva, ma solo in particolari momenti funzionali in cui l’espressione di tale gene viene INDOTTA da un fattore inducente) ci sarà una regione promotore , un sito di controllo detto OPERATORE a cui si può legare o meno un induttore d ella trascrizione, una regione codificante e un terminatore. È importante notare che i geni procariotici (NON QU ELLI EUCARIOTICI) sono organizzati secondo il modello dell’OPERONE: nella regione codificante suddetta ci saranno più geni la cui espressione produce prod otti cor relati dal punto di vista funzionale, tali geni saranno sotto controllo di un unico promotore e di un’unica regione di controllo che, nel caso in cui venga att ivata da un induttore, darà il via alla trascrizione di tutti i geni dell’operone.

� Incroci di Morgan

Morgan lavorò sugli incroci di mosche: queasin tutt e avevano il fenotipom con occhi rossi (wild type) mentre poche avevano il fen otipo con occhi bianchi (allele mutato). 1° incrocio: Morgan incrociò il maschio con occhi b ianchi con una femmina con occhi rossi e trovò che tutte le mosche alla f1 ave vano occhi rossi. Concluse che il carattere per l’occhio bianco era recessivo. Suc cessivamente lasciò che la progenie f1 si incrociasse e notò che tutte le mosc he a occhi bianchi ottenute erano maschi. L’e redità di tale carattere era quindi legata ai cromo somi sessuali. Nello specifico morgan propose che il gene che dete rmina la variante del colore dell’occhio fosse localizzato sul cromosoma x. La c ondizione di geni associati all’x nel maschio è definita EM IZIGOTE, dato che il gene è presente in singola copia nell’organismo, in quanto manca un corrispett ivo allele sul cromosoma y. Dato che l’allele bianco è recessivo, il maschio co n occhi bianchi doveva portare sul cromosoma x l’allele recessivo per gli occh i bianchi (indicato con w). La femmina con gli occhi rossi proveniva da un ceppo l inea pura, per cui entrambi i suoi cromosomi x dovevano portare l’allele dominant e per gli occhi rossi w+. Le mosche alla f1 vengono prodotte così: i maschi rice vono dalla ma dre il loro unico cromosoma x e quindi hanno l’allele w+ e gli occhi rossi, le femmine ricevono un allele w recessivo dal padre e un allele dominante w+ dalla madre quindi avranno anch’esse gli occhi rossi. Alla f2 i maschi che han no ricevuto dalla madre un cromosoma x con l’allele recessivo w hanno gli occh i bianchi, quelli che hanno ricevuto dalla madre un cromosoma x con un allele w + dominante avranno gli occhi rossi. La trasmissione di un allele da un gen itore maschio attraverso una figlia femmina a un nipote maschio è definita EREDI Tà CRISSCROSS.

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2° incrocio: morgan incrociò una femmina con occhi bianchi proveniente da una linea pura (omozigote per l’allele w recessivo) con un maschio a occhi rossi (con un x con l’allele w+ dominante). Ottenne che tutt e le femmine alla f1 ricevono un x con w+ dominante dal padre e un x con w recessivo dalla madre, di conseguenza saranno eterozigoti w+/w e avranno gli occhi rossi. Tutti i maschi alla f1 avevano gli occhi bianchi, perché ereditavano l’unico cromo soma x c on allele w recessivo dalla madre. Questi esperimenti servono a dimostrare le caratter istiche di ereditarietà dei caratteri associati al cromosoma x, che dipendono d alle vie di acquisizione dei cromosomi sessuali nel maschio e nella femmina.

� In quale tipo di RNA ci possono essere gli introni

mRNA: Gli intoni si trovano di regola negli mRNA eu carioti, per produrre diverse proteine da un solo trascritto di RNA (meccanismo d ello splicing alternativo). rRNA: Gli introni nei geni per gli rRNA sono stati tro vati solo in pochissimi organismi (autosplicing del protozoo Tetrahymena). tRNA: Per ragioni non ancora note gli introni si tr ovano solo nei tRNA per gli amminoacidi tiroxina, fenilalanina, triptofano, lis ina, serina, leucina, isoleucina.

� Integrazione Proteina-Proteina - Sistema dei due ib ridi del lievito

Un sistema che consente di isolare geni che codific ano proteine che interagiscono con proteine note è il sistema dei du e ibridi di lievito. Affinché il sia trascritto il gene di lievito GAL1 che metab olizza il galattosio, è necessario che la proteina regolatrice Gal4p (codificata dal gene GAL 4) si leghi ad un elemento del promotore di GAL1 chiamato sequenza UASg (sequenza di attivazione a monte). Gal4p ha due domini: un dominio di legame al DNA (B D o DNA binding domain) che si lega a UASg, e un dominio di attivazione (AD o activation domain), che facilita il legame della RNA polimerasi al promotor e e l’inizio della trascrizione. Nel sistema dei due ibridi del lievito sono usati d ue plasmidi di espressio ne di lievito. Un tipo di plasmide contiene la sequenza d el dominio BD di Gal4p fusa alla sequenza della proteina x nota. L’altro tipo di pla smide contiene la sequenza del dominio di attivazione AD di Gal4p fusa a sequenze che codificano proteine presenti in una banca di cDNA (serie di proteine y) . Un ceppo di lievito è co-trasformato con un plasmide BD e con la banca di pl asmidi AD in modo che ogni trasformante abbia il plasmide BD e uno dei plasmid i della banca AD. Nel menoma del ceppo di lievito che è co- trasformato c’è un gene reporter, cioè un gene che codifica un prodotto facilmente analizzabile, a val le di una UASg. Il gene reporter è il gene di E.Coli lacZ che codifica la beta gala ttosidasi: le colonie di lievito che codificano questo gene diventano azzurre in presenz a di un substrato incolore x-gal. Il gene reporter è espresso soltanto quando la proteina ignota y della proteina di fusione con AD interagisce con la proteina nota x della proteina di fusione BD. L’interazione tra la proteina x la prote ina y avvicina i domini BD e AD di Gal4p che in questo modo sono in grado di attivare la trascri zione del geni reporter. Se x e y non interagiscono tra loro, i domini BD e AD di Gal 4p sono separati ed il gene reporter non è trascritto. Quando si ottiene un ’interazione, evidenziata dall’espressione del gene reporter, si può isolare dal lievito il plasmide AD e la sequenza di cDNA ad esso legata può essere usata pe r isolare il gene genomico.

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� La genetica dei gruppi sanguigni

Un esempio di alleli multipli di un gene è costituito dal sistema di gruppo sanguigno ABO dell’uomo. Nel sistema ABO si riscont rano 4 tipi di gruppi sanguigni, ognuno con diversa specificità antigenic a che rendi incompatibili alcune trasfusioni tra diversi soggetti. La diversa specificit à antigenica deriva da diverse combinazioni all’eliche dei 3 alleli Ia Ib e i, che determinano i quattro fenotipi A, B, AB e O. le persone omozigoti per l’a llele recessivo i sono di tipo O. sia Ia che Ib sono dominanti su i. Individui di tip o A sono Ia/i o Ia/Ia, quelli di tipo B per ragionamento analogo possono essere di genotipi Ib/i o Ib/Ib. Gli individui AB sono di genotipi Ia/Ib e presentano entrambi gli an tigeni A e B CONTEMPORANEAMENTE (fenomeno della CODOMINANZA).

� Lyonizzazione

Gli organismi con i cromosomi del sesso hanno un diverso dosaggio ge nico tra i due sessi. Vale a dire, vi sono due copie di geni x -linked nelle femmine e una copia nei maschi. In molti di questi organismi, se l’espressione genica relativa al cromosoma x non viene equilibra ta, si verifica una letalità precoce durante lo sviluppo. Si viene a mettere così in atto un MECCAN ISMO DI COMPENSAZIONE DELLA DOSE: nei mammiferi i nuclei delle cellule so matiche di femmine normali xx contengono una massa di cromatina fortemente con densat a, denominata corpo di Barr. Secondo la teoria di Lyon:

1. il corpo di Barr è un cromosoma x altamente condens ato e per la maggior parte geneticamente inattivato (lyonizzazione). Rim ane così nelle cellule somatiche femminili un singolo cromosoma x “funzion ante”, equivalente dal punto di vista trascrizionale all’unico x della cellula somatica maschile.

2. il cromosoma x inattivato è scelto a caso fra i cro mosomi x di derivazione materna e paterna, secondo un processo indipendente da cellula a cellula. Una volta ch e un cromosoma x materno o paterno è inattivato in una cellula, tutti i discendenti di quella determinata cellula EREDITANO IL TIPO DI INATTIVAZIONE).

L’inattivazione dell’x avviene nella donna circa al sedicesimo giorno dopo la fecondazione. A causa dell’ inattivazione dell’x nei mammiferi le femmine eterozigoti per i caratteri legati all’x sono dei v eri e propri mosaici genetici: questo perché alcune cellule mostrano il fenotipo relativo ad un cromosoma x ed altre presentano un fenotipo corrispondente all’altro cro mosoma x. Tre tappe sono implicate nell’inattivazione dell’x: il conteggio dei cromosomi, la scelta di un x da inattivare, l’inattivazione. Vi è una zona su ciascun x denominata centro di in attivazione dell’x (XIC): queste regio ni sono implicate nel conteggio dei cromosomi x, perché avvenga l’inattivazione dev ono essere presenti due o più XIC. La scelta del cromosoma da inattivare viene ef fettuata a livello dell’elemento di controllo dell’X (Xce), che si trova nella regio ne XIC. Un gene chiamato X IST (x inattive specific transcripts) è pure localizzato n ella regione XIC: XIST è espresso dall’x inattivo e non dall’x attivo. Il gene XIST è essenziale per l’inattivazione dell’x in quanto viene trascritto in un RNA maturo, poliad enilato, senza cornici di lettura aperte e perciò non tradotto. Questo RNA viene stab ilizzato durante l’inattivazione dell’x e copre il cromosoma x da inattivare (da cui è stato trascritto) silenziando la maggior parte dei geni. Alla fine il cromosoma x di venta eterocromatinizzato.

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� Marcatori dei vettori artificiali (marcatori selett ivi dominanati)

Un marcatore selettivo dominante è uno degli elemen ti di un vettore plasmidico di E.Coli. serve a rendere le cellule di E.Coli che co ntengono tale plasmide facilmente identificabili dalle cellule che non lo contengono. Di solito il m arcatore selettivo dominante usuale è un gene che che confer isce resistenza ad un determinato antibiotico alla cellula di E.coli che ha internalizzato il plasmide in questione. Di solito si usa il gene amp R per la resistenza all’ampicillina o il gene tetR per la resistenza alla tetraciclina. Quando i plasmidi recanti geni per la resistenza agli antibiotici vengono aggiunti ad una popolazione di E.coli priva di plasmidi, e per tanto sensibili agli antibiotic i, le cellule che incorporeranno un plasmide potranno essere evidenziate facendo cresce re le stesse cellule in un terreno contenente l’antibiotico di ci il plasmide porta il gene per la resistenza. COSì SOLTANTO I BATTERI CONTENENTI IL PLASMIDE POTR ANNO CRESCERE IN TALE TERRENO.

� Meccanismi di insorgenza della mutazioni geniche (e tipi di

mutazioni) Una mutazione né un cambiamento di una coppia di ba si del DNA (mutazioni geniche) o un cambiamento in un cromosoma (mutazion i cromosomiche). Se la mutazione i nterssa una cellula somatica si avranno ovviamente ripercussioni solo a livello dell’individuo affetto, altrimenti se la mutazione interessa le cellule germinali avremo MUTAZIONI NELLA LINEA GERMINALE. Le mutazioni puntiformi possono essere divise in du e categorie: sostituzione di coppie di basi e inserzioni o delezioni di coppie d i basi. Vi sono due tipi di sostituzioni: Mutazione per transizione: è una mutazione che sost ituisce una coppia di basi purina-pirimidina con un'altra coppia purina-pirimi dina. Mutazione per transversione: è una mutazione che sost ituisce una coppia di basi purina-pirimidina con una coppia pirimidina-purina. Le mutazioni per sostituzione possono essere distin te inoltre sulla base degli effetti che provocano: Mutazione missenso: muta zione genica nella quale una sostituzione di una co ppia di basi nel DNA provoca un cambiamento nel codone d ell’mRNA con il risultato che nel polipeptide viene inserito un amminoacido d ifferente. Il fenotipo potrà cambiare o meno a seconda del tipo di amminoacido i nserito. Mutazione nonsenso: il codone dell’mRNA interessato alla sostituzione si modifica e diventa un codone di stop, e conseguente mente sarà prodotta una proteina tronca. Mutazione neutra: il codone dell’mRNA interessato v iene cambiato in manier a tale che specifichi per un amminoacido diverso da quello originale, ma chimicamente equivalente, e conseguentemente non si avranno ripe rcussioni sulla funzionalità della proteina. Mutazione silente: il codone dell’mRNA viene cambia to, ma specifica cmq LO STESSO amminoacido originale (più codoni in fatti p ossono specificare per uno stesso amminoacido). Mutazione frameshit: è l’unico tipo di mutazione ch e si ha per inserzione o delezione di una coppia di basi, e causa SCIVOLAMEN TO DELLA CORNICA DI

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LETTURA, cioè verrà prodotta una proteina con caratteristich e completamente diverse rispetto a quella originale e spesso non fu nzionante. Esistono SOPPRESSORI INTRAGENICI E SOPPRESSORI INTE RGENICI, che possono far revertire al selvatico le mutazioni. I geni che che causano soppressione di mutazioni in altri geni vengono det ti GENI SOPPRESSORI: ad esempio i geni soppressori delle mutazioni misse nso sono geni che codificano per tRNA mutati che quando incontrano un codone di stop mettono lo stesso un amminoacido, al po sto di bloccare la traduzione. L’amminoacido inseri to fa continuare la traduzione, che così potrà ripristina re almeno in parte la funzionalità della proteina. Le mutazioni possono essere spontanee: mutazioni per sostituzione di una coppia di basi: si verif ica quando durante la replicazione del DNA ci sarà un appaiamento vacilla nte fra pirimidina- purina tra T e G e tra C e A,oppure un appaiamento vacillante pu rina-purina A e G e pirimidina-pirimidina T e C. tali accoppiamenti errati se non corretti al succes sivo ciclo di replicazione daranno luogo ad una transizione, perc hé le due eliche verranno divise e fungeranno da stampo partecipando con un n ucleotide ERRATO rispetto all’elica parentale nel punto in cui è avvenuto l’a ppaiamento errato. Mutazioni per inserzioni o delezioni: se il DNA che si estrude è dell’elica stampo, la DNA polimerasi salta la o le basi estruse e ciò causerà una delezione. Se la DNA polimerasi sintetizza una o più basi che non sono p resenti sull’elica stampo, il nuovo DNA estrude e ci sa rà una inserzione. Se tali inserzioni o delezioni avvengono nella regione codificante di un gene stru tturale daranno luogo a mutazioni frameshit. Cambiamenti chimici spontanei: depurinazine o deami nazione (la citosina deaminata produce gracile, la deaminazione della 5- metil-citosina produce timida). Le mutazioni possono essere indotte: da radiazioni X e raggi UV (formazione dei dimeri d i timida), analoghi delle basi come il 5 bromo- uracile (che nel suo stato normale si appaia con l’ adenina, e dopo trandizi one nel suo stato raro si appaia con la guanina), a genti chimici come l’acido nitroso (agente deaminante) l’idrossilamina (agente idrossilante) e il metilmetansulfonato (agente alchilante), agenti int ercalanti come la proflavina l’acridina e il bromuro di etidio.

� Mutazioni cromosomiche

Esistono 4 tipi fondamentali di mutazioni cromosomi che: le delezioni e le duplicazioni, le inversioni e le traslocazioni. Tut ti e 4 i tipi di mutazioni avvengono per rottura di un cromosoma e se la rottura avviene all’int erno di un gene codificante ci sarà la perdita della funzionalità, inoltre il frammento tronco sarà privo delle unità telomeriche e potrà essere facilm ente degradato. I cromosomi politecnici sono costituiti da un fasci o di cromatidi che derivano da cicli ripetuti di duplicazione dei cromosomi senza duplicazioni nucleari o cellulari. DELEZIONE: è la perdita di una parte di un cromosom a. Se la delezione implica la perdita del centromero, il risultato è un cromosoma acentrico, che viene generalmente perso dura nte la meiosi. Effettuando un’analisi cariotipica, si può notare la delezione perché si osserva un paio di cr omosomi omologhi appaiati in modo sbagliato, con un cromosoma più corto dell’alt ro. Negli individui eterozigoti le delezioni hanno come conseguenza delle anse non appaiate visibili alla sinapsi dei due omologhi alla meiosi. Una delezione dell’al lele dominante in un individuo

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eterozigote porta alla PSEUDODOMINANZA: il caratter e recessivo si esprime come dominante in mancanza dell’allele dominante. Delezione di una parte del braccio corto del cromos oma 5: sindrome del cri-du-chat. Delezione di una parte del braccio lungo del cromos oma 15: sindrome di Prader-willy. DUPLICAZIONE: è una mutazione cromosomica che deriv a dal raddoppiamento di un tratto di un cromosoma. Le duplicazioni possono essere in tande m, a tandem inversa, a tandem terminale. Le duplicazioni eteroz igoti danno origine ad anse non appaiate e possono essere riconosciute citologi camente. Il carattere Bar (occhio a barra) della drosophila mel anogaster è il risultato di una duplicazione di un piccolo tratto del cromosoma x: tale duplicazion e avviene probabilmente a causa di un crossino- over ineguale, che si verifica quando i cromosomi o mologhi non si appaiano nel modo corretto. INVERSIONE: si v erfica quando un segmento cromosomico viene exciso, ruotato di 180 gradi e poi reintegrato nel cromosoma. Si di stinguono inversioni PERICENTRICHE che comprendono il centromero e inver sioni PARACANTERICHE che non comprendono il centromero. Nelle inversioni paracentriche eterozigoti, i cromosomi omologhi tentano di appaiarsi in modo da raggiungere un appaiamento tra le basi il più preciso possibile. D ata la presenza di un tratto invertito su un omologo , l’appaiamento dei cromoso mi omologhi richiede la formaz ione di anse che comprendono i tratti invertiti, ch iamate anelli o anse di inversione: le inversioni in organismi eterozigoti possono quindi essere osservate analizzando le anse. La frequenza di crossino over non viene diminuita r ispetto alle cellule norma li nelle inversioni eterozigoti, ma i gameti o gli zig oti risultanti dei cromatidi ricombinanti non sono vitali. Effetti di un crossing over singolo entro l’anello di inversione di un individuo eterozigote per un’inversione paracentrica: Durante la prima a nafase meiotica i due centromeri migrano ai poli opposti della cellul a. A causa del crossino over tra i geni dell’anello d’inversione, un cromatidio rico mbianante viene stirato attraverso la cellula quando i due centromeri comin ciano a migrare all’anafase, con formazione di un ponte di centrico (vale a dire un cromosoma con due centromeri). Man mano che la migrazione procede il ponte di centrico, a causa della tensione si rompe. L’altro prodotto ricombina nte dell’evento di crossino over è un cromosoma senza centromero (un frammento acentrico) che viene genralmente perduto. Alla seconda divisione meiotic a solo due gameti su 4 sono vitali ( il gamete con la sequenza di geni normali e quella con l’inversione), gli altri due non sono normali perché molti geni so no stati deleti. Perciò i soli gameti che possono dare origine ad una progenie vitale sono qu elli che contengono i cromosomi non coinvolti nel crossino over. TRASLOCAZIONE: si distinguono traslocazioni intracr omosomiche e intercromosomiche. Le traslocazioni intercromosomic he si distinguono in non-reciproche e reciproche. Traslocazione reciproca tra cromosomi 9 e 22: leuce mia mieloide cronica- > tale traslocazione trasforma proto-oncogeni in oncogeni, precisamente l’oncogene c-abl viene traslocato entro il gene bcr, generando i l cosiddetto cromosoma Philadelphia. Traslocazione reciproca tra cromosomi 8 e 14: linfo ma di Burkitt. Sindrome dell’x fragile: l’x tende facilmente a rom persi in corrispondenza di un

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sito localizzato sul braccio lungo del cromosoma x. Il cromosoma x fragile è ereditato come un tipico gene mendeliano: i figli m aschi di femmine portatrici hanno il 50% di possibilità di ricevere un x fragil e. Anche le figlie femmine delle femmine portatrici eterozigoti hanno anch’esse un 5 0% di possibilità di ereditare un cromosoma x fragile. Dal punto di vista molecola re: inn un gene chiamato FMR-1 localizzato in corrispondenza del sito fragile de ll’x vi è una sequenza ripetuta di 3 paia di basi CGG. Gli individui norma li hanno 29 ripetizioni di questa trip letta, mentre l’incidenza della sindrome aumenta co n l’aumentare del numero di triplette (da 200 in su). L’AMPLIFICAZIONE DELLE TRIPLETTE CGG AVVIENE SOLO NELLE FEMMINE. Altre malattie da ripetizioni di triplette: distrof ia miotonia, atrofia muscolare spinobulbare, malattia di Huntington.

� Non disgiunzione in Meiosi 1 e Meiosi 2

Una non disgiunzione alla meiosi I produce 4 gameti anormali: 2 gameti con un cromosoma duplicato e 2 privi di quel cromosoma, qu indi una fusione del primo tipo di gamete con un gamete normale produrrà uno zigote con 3 copie del cromosoma duplicato (mentre le altre coppie dei cro mosomi rimarranno normali), mentre una fusione del secondo tipo di gamete (in c ui manca un cromosoma di una coppia) darà origine ad uno zigote con una sol a copia di quel particolare cromosoma ( invece di aver una coppia normale di c romosomi) e tutte le altre coppie cromosomiche normali. Una non disgiunzione alla meiosi II produce due gam eti normali e due anormali: dei due gameti anormali uno conterrà due c romosomi fratelli (al posto di uno) e l’altro non conterrà nemmeno una copia di quel dete rminato cromosoma. In questo caso, con la fusione del primo tipo di gamet i con gameti normali si avranno zigoti trisomici, con la fusione del second o tipo di gameti co n gameti di tipo normale si avrà uno zigote che manca completam ente di una coppia di un determinato cromosoma.

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� TRASCRIZIONE

Ad ogni gene sono associate delle sequenze di coppi e di basi chiamate elementi regolatori che sono coinvolti nella regolazione de ll’espressione genica. Durante la trascrizione l’rna viene sintetizzato in direzione 5’->3’. L’elica di dna con polarità 3’->5’ che viene letta viene detta elica stampo, l’ elica con polarità 5’- >3’ è detta elica senso. Il nucleotide successivo da inserire nella catena è selezionato dall’rna polimerasi per la sua capacità di accoppia rsi alla base esposta sull’elica stampo del dna. A differenza delle dna polimerasi l e rna polimerasi possono iniziare la sintesi delle nuove catene senza bisogn o di un primer, m a non hanno la capacità di correggere gli errori. INIZIO DELLA TRASCRIZIONE, I PROMOTORI: un gene pro cariotico può essere diviso in 3 porzioni:

1. una sequenza a monte del punto di inizio della tras crizione, chiamata promotore.

2. la regione codificante, la sequenza di dna che v iene trascritta in rna. 3. il terminatore a valle della regione codificante .

In molti promotori ci sono due sequenze critiche pe r l’inizio della trascrizione: la sequenza consenso a -35 e la regione consenso a - 10 (detto pribnow box). Affinch é la trascrizione abbia inizio c’è bisogno che una forma dell’rna polimerasi detta oloenzima si leghi al promotore. L’oloenzima è formato dal nucleo enzimatico (core) della rna polimerasi (costituito da quattro polipeptidi 2alfa e 2beta) legato ad un altro polipeptide detto fattore sigma. Il fattore sigma è essenziale per l’inizio della trascrizione perché s erve al riconoscimento delle regioni -35 e -10. L’oloenzima dell’rna polimerasi si lega al promotor e in due passaggi distinti. All’inizio si lega in modo lasso alla regione - 35 del promotore, mentre il dna è ancora nella forma a doppia elica. Poi l’rna polime rasi si lega in modo più stretto al dna, quando questo si svolge per circa 17 bp int orno al box - 10, e la trascrizione inizia in maniera corretta. ALLUNGAMENTO E TERMINAZIONE DELLA CATENA DI RNA: dopo che sono stati polimerizzati 8- 9 nucleotidi di rna il fattore sigma si distacco da l nucleo enzimatico e può essere utilizzato in altre reazion i di inizio trascrizione. La fine della trascrizione nei proca rioti è segnalata da elementi di controllo chiamat i sequenze di terminazione. Esistono terminatori rho dipendenti e rho indipendenti: i terminatori rho indipendenti sono costituiti da s equenze con simmetria bipartita seguite da una sequenza di A e T che n el trascritto daranno origine ad una serie di U. Tale struttura a simmetria bipartita crea una st ruttura a forcina che destabilizza così la rna polimerasi dall’elica di dna. I terminatori rho dipendenti sono privi della caten a AT tipica dei terminatori rho indipendenti e molti di essi non possono formare la struttura a forcina. Il fattore rho è una proteina con due domini: un dominio di le game all’rna, l’altro invece lega atp. Per terminare la trascrizione, prima rho si lega all’atp, che lo attiva. La prote ina rho attivata si lega alle sequenze di riconosci mento appropriate vicino all’estremità 3’ del trascritto. Poi rho idrolizza l’atp e si sposta lungo l’rna, avanzando verso l’rna polimerasi. Quando l’rna poli merasi arriva al terminatore fa una pausa, rho la raggiunge e rompe i ponti idrogeno tra il dna st ampo e l’rna. Di conseguenza avviene la terminazione. Poiché solo un tipo di rna polimerasi è presente ne i procarioti, tutte le classi di

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geni sono trascritte da essa.

TRASCRIZIONE NEGLI EUCARIOTI Negli e ucarioti tre diversi rna polimerasi i geni di quatt ro tipi di rna. La rna polimerasi 1 localizzata esclusivamente nel nucleol o, catalizza la sintesi di tre rna che si trovano nei ricorsomi: gli rrna 28s 18s e 5, 8s. la rna polimerasi 2 che si trova solo nel nucleoplasma sintetizza gli rna messaggeri ealcuni piccoli rna nucleari (sn rna). La rna polimerasi 3 anch’essa lo calizzata solo nel nucleoplasma, sintetizza gli rna trasfert che portano gli amminoa cidi ai ribosomi, l’rrna 5s, altri sn rna. TRASCRIZIONE DEI GENI CHE CODIFICANO PER LE PROTEINE DA PARTE DELL’RNA POLIMERASI 2. I promotori dei geni che codificano per proteine co ntengono elementi di controllo basali ed elementi di controllo prossimali. Gli ele menti basali sono il TATA box in posizione -25, e un elemento di inizio detto INR che è una sequenza ri cca di pirimidine localizzata in prossimità del punto di i nizio trascrizione. Gli elementi di controllo prossimali sono localizzati più a monte r ispetto al TATA box, circ a 50-200 nucleotidi prima del punto di inizio. Tali elem enti sono il CAAT box a - 75 e il GC box a -90. Per l’inizio della trascrizione è necessario l’inte rvento di fattori di trascrizione che si legano agli elementi di controllo. Prima TF2D si lega al TATA box per formare il compl esso di i nizio preliminare. TF2D è un complesso di molte subunità, una delle qu ali è chiamata proteina legante TATA (TBP), che riconosce la sequenza TATA, e altre chiamate fattori associati a TBP (TAF). Il complesso TF2D- TATA box agisce come sito di legame per TF2B , che poi recluta l’rna polimerasi 2 TF2F, producen do il complesso di inizio minimo (l’rna polimerasi 2, come tutte le rn a polimerasi eucarioti, non è in grado di riconoscere e legare direttamente gli elem enti promotore). Poi, TF2E e TF2H si legano a produ rre il complesso di inizio della trascrizione compl eto. Il complesso di inizio è sufficiente per un livello ba sso di trascrizione. Per un elevato livello di trascrizione sono necessari altr i elementi chiamati attivatori, che controllano quali promotori sia no trascritti attivativamente. Gli attivatori si le gano ad elementi regolatori detti enhancer, sequenze ric hieste per la massima trascrizione. Elementi simili agli enhancer che han no caratteristiche simili tranne che reprimono invece che attivare la trascr izione di un gene, sono chiamati silencer. I silencer funzionano quando legati a fat tori trsacrizionali chiamati repressori. La molecola di mRNA è composta da 3 parti. In posiz ione terminale 5’ c’è la sequenza leader o regione non tradotta al 5’ (5’ UT R). La sequenza codificante dell’ mRNA segue la sequenza leader. La sequenza di coda o sequenza al 3’ non tradotta (3’ UTR), segue la sequenza codificante. N egli eucarioti il trascritto primario (il pre-mRNA) per produrre un mRNA maturo deve essere modificato nel nucleo. Nei procarioti invece il trascritto di RNA funziona direttamente come messaggero, quindi la sequenza di basi di un gene è colineare con gli amminoacidi della proteina prodotta. Gli mRNA proca rioti sono spesso policistronici, cioè contengono l ’informazione codificante per più geni, mentre gli mRNA eucarioti sono sempre monocistronici. Gli mRNA eucarioti posseggono introni (non tradotti ) ed esoni (tradotti). Gli esoni includono le UTR al 5’. Gli introni vengono rimossi durante la maturazione del pre-

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mRNA per dare l’mRNA maturo. Modificazioni al 5’ e al 3’: dopo che l’rna polimer asi 2 ha sintetizzato circa 20- 30 nucleotidi del pre- mRNA, l’estremità 5’ è modificata dall’aggiunta di un cappuccio (cap). la formazione del cap al 5’ comporta l’aggiu nta di una 7 metil guanosina al nucleotide terminale al 5’, con un insolito legame 5’-5’. Inoltre gli zuccheri dei due nucleotidi successivi vengono modificati da metilaz ione. Il cappuccio è necessario per l’attacco del ribosoma all’estremità 5’ dell’mRNA, c he rappresenta la prima fase del processo di traduzione. La maggio r parte degli mRNA eucarioti viene modificata anche all’estremità 3’ dall’aggiun ta di una sequenza di circa 50-250 adenine detta coda di poli A. La coda di poli A è importante per determinar e la stabilità dell’mRNA. L’aggiunta di una coda di poli A in 3’ marca l’estremità 3’ dell’mRNA. Infatti non esiste una sequenza di termi nazione nel dna per segnalare la fine della trascrizione di un gene che codifica per una proteina. Infatti la trascrizi one prosegue in alcuni casi per centinaia o migliai a di nucleotidi superando un sito detto sito di poliadenilazione. N ella cellule dim mammifero l’aggiunta del poli A avviene in questo modo:

1. un certo numero di proteine, tra cui CPSF (fatto re per la specifi cità del taglio e della poliadenilazione), CstF (fattore di stimolazione del taglio) e le due proteine del fattore di taglio (CF1 e CF2), si legano e tagliano l’mRNA.

2. CPSF e CstF si legano anche tra di loro, producendo un rigonfiamento ad ansa dell’mRNA, C F1 e CF2 sono legate vicino al sito di taglio. Dopo che l’mRNA è stato tagliato l’enzima poli A polimerasi (PAP), usando ATP come substrato, catalizza l’aggiunta di nucleotidi A all ’estremità 3’ dell’RNA per produrre la coda di poli A. durante questo proce sso PAP si lega a CPSF. Appena sintetizzata , la coda di poli A viene legat a dalla seconda proteina che lega il poli A (PAB2).

SPLICING: nel pre- mRNA gli introni vengono rimossi e gli esoni uniti in un processo detto splicing. L’introne comicincia con G U in 5’ finisce con AG in 3’. Il primo passaggio nel processo di splicing è il tagli o in corrispondenza della giunzione di spling in 5’, che separa l’esone 1 dal la molecola di mRNA che contiene l’introne e l’esone 2. l’estremità 5’ libe ra dall’introne si pie ga su se stessa formando un occhiello e si unisce ad una ade nina, che fa parte di una sequenza chiamata sequenza del punto di ramificazio ne (branch- point sequance). Il punto di ramificazione nell’RNA che produce la s truttura a laccio comprende un legame inconsueto 2’- 5’ che si forma tra l’OH 2’ della sequenza del punt o di ramificazione e il fosfato 5’ della guanina all’est remità dell’introne. L’mRNA e l’introne exciso in modo preciso (ancora nella form a a laccio) vengono prodotti simultaneamente come risult ato di un taglio netto al sito di giunzione 3’ di s plicing e dell’unione delle due sequenze codificanti . l’RN A laccio viene successivamente trasformato in una molecola lineare per azione di u n enzima deramificante e poi degradato. La maturazione dell’mRNA avviene nel nucleo in complessi specifici detti complessi di splicing, che sono costituiti da l pre- mRNA legato a piccole particelle nucleari riboproteiche (snRNP). I passag gi dello splicing sono i seguenti:

1. l’snRNP U1 si lega al sito di spling 5’ dell’int rone. 2. l’ snRNP U2 si lega nel punto di ramificazione. 3. una snRNP U4/U6 e una snRNP U5 si legano agli snRNP U1 e U2 ,

provocando il ripiegamento dell’introne e posiziona ndo le due estremità

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dell’introne una vicino all’altrà. 4. snRNP U4 si dissocia dal compless o e si forma un complesso di spling

attivo. 5. le snRNP nello spliceosoma tagliano l’introne dall’ esone 1 in 5’ della

giunzione e l’estremità 5’ libera dell’introne si l ega ad un particolare nucleotide (spesso una A) nel punto di remificazion e, così successiv amente l’introne si ripiega a laccio.

6. in seguito, l’introne viene exciso (sempre in strut tura a laccio) dal taglio al 3’ e gli esoni 1 e 2 vengono uniti tra loro.

RNA RIBOSOMIALE E RIBOSOMI:

Ribosoma procariotico: dimensione 70s, è formato da due subunità di 50s e 30s. Ribosoma eucariotico: dimensione 80s, è formato da due subunità di 60s e 40s. Nei procarioti e negli eucarioti le regioni di DNA che contengono i geni per gli rRNA costituiscono il DNA ribosomiale. nei procarioti ciascuna reguine rrn contie ne una copia di ciascun rRNA 16s, 23s e 5s, disposti in tale ordine. Ci sono uno o du e geni per tRNA nella sequenza spaziatrice tra la fine del gene per l’ rR NA 5s e l’estremtà terminale 3’ dell’unità trascrizionale. Le unità trascrizionali degli rRNA veng ono trascritte dell’rna polimerasi a produrre un singolo rRNA precursore, il pre- rna 30s, che contiene la 5’ UTR, le sequenze di rRNA 16s, 23s e 5s ciascuna separata da sezuqnze spaziatrici, e la sequenza di coda in 3’. La molecola p30s viene tagl iata dall ’RNasi 3 che produce 3 molecole percursori 16s, 23s e 5s. altri enzimi di maturazione libera i tRNA dalle sequenze spaziatrici. Negli eucarioti ci sono un gran numero di copie di geni per ognuno dei 4 tipi di rRNA. I geni per gli rRNA 18s, 5,8s e 28s si tr ovano generalmente adiacenti secondo quest’ordine, per formare una serie di geni in tandem detta unità ripetuta di rDNA. Le unità ripetute di rDNA sono ra ggruppate nel genoma in uno o più gruppi detti cluster, e, come risultato d ell’attività di trascrizion e intorno ad essi si forma un nucleolo. All’interno d el nucleolo vengono sintetizzati gli rRNA 18s, 5,8s e 28s, che insieme all’ rRNA 5s tascritto da geni localizzati in altre parti del menoma ed alle prote ine ribosomiali formano le subunità dei ribosomi. Ogni unità ripetuta di rDNA eucariote è trascritta dall’RNA polimerasi 1 a dare una molecola di pre- rRNA. Il pre- rRNA contiene le sequenze degli rRNA 18s, 5,8s e 28s le sequenze fiancheggianti e interposti: le sequenze spaziatrici. Gli spaziatori esterni (ETS) sono localizzati a monte della sequenza 18s e avalle della sequenza 28s. le sequenze spaziatrici interne (ITS) sono localizzate ad entrambe le estremità del 5,8s. tra ciascuna del le unità ripetute di rDNA vi sono sequenze spaziatrici non trascritte (NTS) che non vengono trascritte. Nel promotore dell’rDNA delle cellule umane ci sono due domini: un elemento core del promotore sovrapposto al punto di inizio d ella trascrizione e un elemento di controllo a monte (upstream control ele ment o UCE). Per la trascrizione di una unità di rDNA umano, due fattori trascrizionali si legano al promotore: l’hUBF lega i due elementi chiave del pr omotore e SL1 si lega al complesso. SL1 è necessaria affinché la RNA polimer asi 1 riconosca il

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promotore e inizi la trascrizione. Il primo taglio elimina la ETS in posizione 5’ e pr oduce una sequenza precursore che contiene ancora tutte e tre le seque nze di rRNA. Un secondo taglio produce un precursore 20s della molecola 18s e un precursore 32s della molecola 18s e 5,8s. la rimo zione della sequenza ITS genera l’ rRNA 18s dal precursore 20s. una volta assemblate le due subunit à ribosomiali vengono esportate nel citoplasma dove avviene la sintesi pr oteica.

LA TRASCRIZIONE DEI GENI DA PARTE DELL’RNA POLIMERA SI 3 L’rna polimerasi 3 trascrive i geni per l’rRNA 5s i tRNA e alcuni geni per gli snRNA. L’ RNA 5s si trova solo nella subunità grand e del ribosoma eucariote. I tRNA servono a portare gli amminoacidi al complesso rna-ribosoma, dove vengono polimerizzati durante la sintesi proteica. Ogni molecola di tRna ha una diversa sequenza nucle otidica, ma tutti hanno la sequenza CCA all’estremità 3’. QUESTA SEQUENZA CCA è AGGIUNTA AL T- RNA POST TRASCRIZIONALMENTE. Le differenze nella catena nucleotidica spigano la capacità di un particolare tRNA di legare uno specifico amminoacido. Tutte le molecole di tRNA sono modificate chimicamente in di versi punti da enzimi che agiscono postrascrizionalmente. La sequenza di tutti i tRNA può essere ripiegata in una struttura detta a trifoglio: la struttu ra a trifoglio origina dall’appaiamento tra basi co mplementari in diverse parti della molecola, che forma 4 strutture a stelo (stem) separate de 4 anse a singola elica dette loop I, II, III, IV. L’ansa II contiene la tripletta nucleotidica dell’anticodone, che durante la traduzione si appaia al corrisponde nte codone dell’mRNA. Questo appaiamento codone- anticodone è fondamentale per l’inserimento dell’amminoacido corretto specificato dall’mRNA nella catena polipeptidica in crescita. La porzione terminale 3’ che presenta la tripletta CCA è detta braccio accet tare, l’ansa I è detta D- loop perché contiene Diidrouridina, l’ansa II è que lla che contiene l’anticodone, l’ansa III è un’ansa variabi le da 3 a 21 amminoacidi, l’ansa IV è detta psi-loop perché contiene pseudouridina. La forma a trifoglio viene ripiegata in una struttu ra più compatta, a forma di L rovesciata. In questa struttura a L si trova ad una estremità la tripletta CCA dove si lega l’amminoacido e all’altra estremità si trov a l’ansa II che contiene l’anticodone. Il promotore dell’rna polimerasi 3 risiede all’inte rno del gene stesso, e tale promotore è detto regione di controllo interna (ICR ). Per l’inizio della trascrizione da parte dell’rna polimerasi 3 prima tf3 si lega al la ICR per facilitare il le game dell’rna polimerasi 3. le ICR dell’rDNA e del tDNA hanno ciascuna due domini funzionali: i boxA e boxC per l’rDNA 5s e i boxA e boxB per il tDNA. Le ICR funzionano mediante il legame con i fattori trascri zionali tf3A, tf3B e tf3C. tf3A inizialmente si lega al boxC della ICR e questo consente il legame di tf3C alla regione del boxA. tf3B si lega ad altri tf e non al DNA. tf3B posiziona l’rna polimerasi 3 in modo corretto sul gene. La terminazione della trascrizione per l’rRNA 5s, s ull’elica del rDNA 5s è presente un gruppo di 4 o più Timine circondato da una seque nza ricca in GC. Nel tDNA invece viene utilizzato come segnale di terminazion e solo una sequenza ricca in T. La trascrizione dei geni per il tRNA produce precur sori con sequenze addizionali alle estremità che devono essere eliminate per prod urre il tRNA maturo.

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� Operone LAC - E. Coli

Struttura dell’operone lac: (promotore lacI) (lacI) -terminatore- (promotore la c+) (lac O+) (lacZ) (lacY) (lacA) -terminatore- lacZ codifica per la beta-galattos idasi: opera la scissione del lattosio in glucosio e galattosio e isomerizza il lattosio ad allo lattosi o. lacY codifica per la lattosio permeasi. lacA codifica per la transacetilasi. lacO è l’operatore cis-dominante. lacI è il gene repressore lac. La pro teina repressore è codificata da lacI in maniera co stitutiva, ma la sua capacità di legarsi all’operatore viene compromessa in presenza dell’induttore. La proteina repressore è un tetrametro. Il repressore si lega all’operatore lacO, cosicché l’rna polimer asi può legarsi al promotore dell’operatore, ma non può iniziare la trascrizione dei geni strutturali, eser citando così un controllo negativo. Quando e.coli cresce in presenza di lattosio MA NON DI GLUCOSIO, parte del lattosio viene convertito ad allo lattosio dalla be ta-galattosidasi, il quale legandosi a proteine repressore legate all’operatore, opera u n cambiamento allosterico a livello della proteina repressore che così si stacc a dall’operatore: in assenza del repressore l’rna polimerasi è capace di leg arsi al promotore e iniziare la sintesi dei geni lac Z, Y, A. mutazioni del gene lacO deter minano che la proteina repressore non riconosca più l’operatore, per cui i geni lacZ, Y e A possono essere trascritti in maniera costitutiva. REGOLAZIONE POSITIVA DE LL’OPERONE LAC: avviene se nel terreno di coltura è il lattosio è l’unica fonte di carbonio e non è p resente anche il glucosio. Una proteina cap (catabolite activator protein) si lega al cAMP a formare il complesso CAP-cAMP. La proteina CAP è un dimero for mato da 2 polipeptidi identici. Successivamente il complesso CAP- cAMP si lega ad un sito specifico del DNA, chiamato sito di legame del CAP, posto a monte del sito promotore. Ciò causa la piegatura del DNA facilitando l’interazione protein a-proteina tra il dominio attivatore del CAP e i siti bersaglio sull’rna poli merasi che porta all’attivazione della trascrizione. In presenza di glucosio + galat tosio è utilizzato preferibilmente il glucosio per un fenomeno detto repressione da ca tabolita. Questo avviene p erché la presenza di glucosio mantiene basso il liv ello intracellulare di cAMP. Quindi la quantità di compl esso CAP- cAMP è insufficiente per permettere alla polimerasi di legarsi al promot ore dell’operone lac e la trascrizione è significativamente abbassat a ANCHE SE IL REPRESSORE VIENE RIMOSSO DALL’OPERATORE PER LA PRESENZA DI ALLOLATTO SIO. In altre parole l’rna polimerasi non può legarsi al promotor e senza l’aiuto del complesso CAP-cAMP. La repressione da catabolita agisce sull’ adenilato ciclasi, che in e. coli viene attivata dalla forma fosforilata di un enzima chiamato IIIglu. Quando il glucosio è trasportato attraverso la membrana cellu lare all’interno della cellula, scatena una serie di eventi tra cui la desfoforilaz ione di IIIglu, per cui l’adenilato ciclasi viene inattivata e non viene prodotto nuovo c AMP. Questo, in aggiunta alla degradazione del cAMP ad opera della fosfodiesteras i riduce il livello di cAMP nella cellula.

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� Organizzazione del genoma virale

A seconda del virus, il materiale genetico pu ò essere dna a doppio filamento, dna a singolo filamento, rna a doppio filamento, rna a singolo filamento, sia circolari che lineari. FAGI T-PARI: sono i batteriofagi t2 t4 e t6. tali fagi vir ulenti hanno struttura simile e contengono un singolo cromosoma di dna lineare a doppio filamento circondato da un involucro proteico. In una popolazione di cro mosomi di fagi t pari le sequenze nucleotidiche del dna sono permutazioni ci rcolari l’una dell’altra. In altre parole ogni cromosoma contiene lo stesso nume ro e la stessa sequenza di nucleotidi, ma per ogni molecola il punto di parten za è un diverso nucleotide della sequenza. È stato anche dimostrato che ogni molecol a lineare di dna di t2 e t4 ha la stessa sequenza nucleotidica alle due estremità della molecola: tale fattore è detto ridondanza terminale. Fago virulento fi 174: possiede un singolo cromosom a di 5386 nucelotidi, il cromosoma non è a doppia elica ma a singola elica e d è resistente alla digestione con esonucleasi. Batteriofagi lambda: il cromosoma di l ambda è costituito da dna lineare a doppia elica con alle due estremità della molecola segment i di 12 nucleotidi a singolo filamento complementari tra loro. Quando un fago la mbda infetta una cellula il cromosoma lineare si converta in circolare e le sue estremità appiccicose si legano.

� PCR

1. denaturare il dna da doppia elica a singola elic a incubandolo a 94- 95 °C.

raffreddare per permettere l’appaiamento d ei primer tra 37 e 65°C,a seconda del grado di omologia fra le sequenze delle basi de i primer e le sequenze del dna. I due primer sono disegnati in modo che si appaino sui filamenti opposti del dna stampo alle estremità delle sequenz e da amplificare.

2. estendere il primer mediante dna polimerasi a 70 -75°C. per questo è usata la dna polimerasi di un batterio termofilo detto te rmus acquaticus, che si chiama TAQ POLIMERASI.

3. ripetere il ciclo di riscaldamento per denaturare i l dna a singole eliche e quello di raffreddamento er associare di nuovo i pr imer.

4. ripetere l’estensione dei primer con la taq poli merasi. Usando la pcr la quantità di nuovo dna prodotta è a umentata in modo geometrico.

� Penetranza – Espressività

La presenza con cui un gene dominante o omozigo te recessivo si manifesta negli individui in una popolazione si definisce PENETRANZ A del gene. La penetranza dipende sia dal genotipo sia dall’ambiente. Molti g eni mostrano penetranza completa: le coppie all’eliche degli esperimenti di mendel e gli alleli del sistema di gruppo sanguigno ABO dell’uomo ne sono esempi. L’ES PRESSIVITà è il grado in cui un gene o un genotipo penetrante è espresso fen otipicamente in un individuo

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� Polimeria (caratteri quantitativi, es. delle carios sidi del grano)

GENETICA QUANTITATIVA Nella genetica classica,basata sulle leggi di Mende l, sono stati esaminati dei caratteri che presentano una correlazione semplice tra il genotipo e il fenotipo;questi caratteri sono osservabili dal feno tipo e da questo si può risalire al genotipo.Ta lvolta un fenotipo può essere il risultato dell’int erazione di diversi genotipi ma si tratta comunque di una relazione sem plice tra i geni ed il carattere.Tali caratteri possono essere descritti q ualitativamente e vengono detti caratteri qualitativi.Posson o anche essere chiamati caratteri discontinui perch é presentano pochi fenotipi distinti.Ma la maggior pa rte dei caratteri non mostra una relazione così semplice tra genotipo e fenotipo.Spe sso presentano una distribuzione continua dei fenotipi e per questo vengono chiamati caratteri continui.Dato che questi fenotipi sono misurabili q uantitativamente, tali caratteri sono anche detti caratteri quantitativi.Fenotipi mu ltipli possono manifestarsi, per esempio quando il carattere è influenzato da più lo ci.Maggior e è il numero dei loci che controllano un carattere,molto più grande sarà il numero dei genotipi.Questi caratteri prendono il nome di caratteri poligenici. Una variabilità dei fenotipi dipende anche da fattori ambientali. L’ambiente può incidere su individu i che hanno uno stesso genotipo,producendo una gamma di f enotipi.Questo fenomeno è detto norma di reazione. Quindi,quando un partico lare carattere,nelle sua manifestazione fenotipica,è influenzato sia da geno tipi multipli che da fattori ambientali,viene detto multifattoriale. La lunghezza della spiga del mais è un tipo di ered ità quantitativa. Emerson ed East incrociarono tra loro due linee pure di piante che avevano un’altezza media rispettivamente di 16 e 6 cm.Anche nell’ambito dell e linee pure gli indivi dui non presentano caratteristiche identiche ma c’è una cer ta variabilità,verosimilmente dovuta a fattori ambientali.Le piante della generaz ione F1 avevano una lunghezza media di 12 cm;nella F2 la lunghezza media era la s tessa,cioè 12 cm,ma la variabilità tra le altezze delle spighe era molto più ampia;que sto portò a ipotizzare che tale carattere fosse controllato da più di una gene.Questa ipotesi è detta ipotesi poligenica dell’eredità quantitativa ed è s tata sostenuta da molti esperimenti.Un carattere qua ntitativo che è stato studiato è il colore della cariosside di grano.Furono incrociate linee pure co n cariossidi rosse e linee pure con cariossidi bianche.La F1 presentava piante che avevano le cariossidi di un colore intermedio fra il rosso e il bianco.Le piante F1 furono autofecondate e diedero origine alla progenie F2:questo mostrò un r apporto insolito 1:4:6:4:1 tra le diverse sfumature del rosso (rosso scuro,rosso bril lante,rosso medio e rosso chiaro) e bianco.Questi risultati portarono ad ipot izzare ch e i loci coinvolti nella produzione di pigmento fossero due chiamati C ed R. Secondo questa ipotesi,gli alleli dominanti portavano a produrre ciascuno una certa dose di pigmento mentre gli alleli recessivi si esprimevano con l’assenza d i pigmento. Così i g enotipi CCRR,i cui 4 alleli producevano tutti pigmento,mani festavano fenotipo rosso scuro;CcRR o CCRr,con tre alleli che producevano pi gmento davano fenotipo rosso brillante;e così via,fino al genotipo ccrr ch e non producendo alcun tipo di pigmento davano fenotipo bianco.Questo è un esempio di carattere in fluenzato da più coppie all’eliche ad effetto additivo,che vengo no chiamati poligeni. Anche il colore della pelle nel mulatto è un caratt ere codificato da più geni:in un incrocio bianco-negro i bambini F1 avranno lo stesso colore della pelle

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intermedio;la F2 presenterà una maggiore variabilit à di colore,dovuta al fatto che diverse coppie all’eliche,con effetto additivo,cont ribuiscano alla pigmentazione della pelle.Questo fenomeno,in cui il fenotipo è il ris ultato dell’espressione sia degli alleli dominanti che di quelli recessivi è de tto polimeria. La differenza tra dominanza incompleta e polimeria è che nella dominanza incompleta,l’allele dominante non riesce ad esprime rsi del tutto in un eterozigote.Il fen otipo sarà intermedio,ma sarà un solo tipo di inter medio,non avremo altre gradazioni.Nel caso della polimeria,gl i alleli di ciascuno dei geni coinvolti si esprimono entrambi,ma il recessivo in misura minore;in base alle combinazioni all’eliche che possiamo trovare nei poligoni avremo tantissime gradazioni fenotipiche. La pleiotropia è il fenomeno opposto alla polimeria :nella polimeria,un carattere è controllato da più geni;nella pleiotropia,ogni gene è responsabile di più caratteri:in questo caso,caratteri controllati dagli stessi geni,sono detti correlati, in quanto spesso si presentano assieme nello stesso in dividuo (ad esempio, capelli chiari ed occhi azzurri).

� Possibilità o meno del crossing-over (frequenza di

ricombinazione) Quanto più due geni sono vicini su un cromosoma tanto meno è probabile il crossing – over (si abbassa la frequenza di ricombinazione che è funzione della distanza in unità di mappa, o centiMorgan).

� Prioni

Il prione si trova sulla membrana di tutte le cellu le del sistema nervoso ed ha funzioni recettoriali: PRPsc (prione dello scrapie -> patologico), PRPc (prione normale). I due tipi di prione sono uguali tranne c he per il fatto che:

1. il PRPc è sensibile alle protein kinasi mentre i l PRPsc no. 2. il PRPc ha struttura ad alfa-elica, il PRPsc a b eta-foglietto.

I prioni sono organizzati in fibrille e sostanze am iloidi. Le malattie da degenerazioni amiloidi sono fisiologiche col progre dire dell’età, perché sui neuroni le proteine vanno incontro ad usura, e devo no essere sostituite attraver so il PROTEIN TRAFFIC: endocitosi delle proteine di me mbrana , degradazione da parte delle protein kinas, risintesi ed esocitosi p er riesposizione sulla membrana. Se il prione diventa da alfa elica a beta foglietto non potrà più essere degradato dalle prot ein kinasi e si accumulerà all’interna della cellul a dopo endocitosi: verrà così bloccato il protein traffic. MECCANISMO DI TRASMISSIONE DEI PRIONI: entra in gio co un virus endogeno che fa cambiare la conformazione da alfa a beta. L’ inattivazione temporane a delle cellule dendritiche follicolari ritarda la neuroinv asione da prioni. Appare chiaro che le cellule dendritiche follicolari sono i vetto ri attraverso i quali i prioni si trasmettono.

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� Proteina p53

Il gene soppressore di tumori p53 codifica per la p roteina p53. mutazioni in entrambi gli alleli per p53 sono coinvolte in circa il 50% dei cancri umani. Il gene p53 si trova sul cromosoma 17. individui che eredit ano una copia mutata del gene p53 sviluppano la sindrome di Li-Fraumeni. La prote ina selvatica p53, in caso di danni al DNA, si lega al dna e funge da fattore tra scrizionale. Tra i molti geni ai quali si lega c’è il gene WAF1 che codifica per la proteina p21. la proteina p21 si lega al complesso cdk-ciclina e blocca la cellula i n fase g1. se il dan neggiamento del dna è troppo esteso e non può essere riparato l a cellula muore per apoptosi. Le cellule con alleli p53 mutati non bloccano il ci clo cellulare in seguito a danneggiamento del dna proprio per la mancanza di p roteine p53 e non si instaura apop tosi. Il fatto che le cellule con dna danneggiato p rocedano nel ciclo cellulare porta all’accumulo nelle cellule di danni genetici e all’aumento della probabilità di insorgenza di neoplasie.

� Qual'è la cromatina che può essere trascritta?

L’eucromatina n on è addensata e quindi è trascrizionalemte attiva, mentre l’eterocromatina è addensata ed è composto pressoch é totalmente da sequenze ripetute ed è trascrizionalemte inattiva.

� Qual'è la frequenza massima di ricombinazione?

50%

� Qual'è la sequenza di Shine-Dalgarno?

Il codone d’inizio AUG da solo non è sufficiente co me segnale di legame del ribosoma all’mRNA, ma è richiesta una sequenza a mo nte (al 5’ della sequenza leader dell’mRNA) del codone di inizio AUG. Esiste infatti una regione posta a circa 8- 12 nucleotidi a monte del codone di inizio, ricca i n purine denominata SEQUENZA DI SHINE-DALGARNO (AGGAGG) che è complementare ad una sequenza ricca in pirimidine posta al 3’ terminale della subunità 16s: in tal modo il ribosoma può posizionarsi correttamente sull’ mRNA.

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� Quali fattori intervengono nel processo di allungam ento della

traduzione? Fase dell’allungamento: all’inizio l’anticodone del l’fMet- tRNA è unito mediante legami H al codone d’inizio AUG nel sito peptidilic o del ribosoma. Il codone successivo dell’mRNA si trova nel sito A. poi l’amm inoacil- tRNA appropriato si lega al codone esposto nel sito A ribosomiale. Tale amminoacil- tRNA viene trasportato al ribosoma legato al fattore di allung amento EF- tu e ad un GTP. Quando l’amminoacil-tRNA viene legato al sito A, viene idrolizzato il GTP il fatto re EF-tu viene rilasciato insieme al GDP. L’EF- tu viene rilasciato legato al GDP, e poi viene riciclato per altri eventi di allungamento. D apprima un secondo fattore di allungamento, detto EF-ts si lega ad EF- tu sposta il GDP che è stato idrolizzato,in seguito il GTP si lega al complesso EF-tu-EF-Ts per generare un complesso EF-tu-GTP con rilascio simultaneo di EF-ts. Un amminoacil -tRNA si lega al complesso EF-tu-GTP e quest’ultimo complesso può allora leg arsi al sito A del ribosoma. La peptidil- transferasi è coinvolta nel processo di allungament o della catena peptidica in crescita nella traduzione. In particol are è responsabile della formazione del legame peptidico fra la formil-metio nina (o un qualunque a ltro amminoacido) presente nel sito P del ribosoma (ovvi amente dopo rottura del legame tra l’amminoacido e il suo tRNA presente nel sito P) e il nuovo amminoacido portato dal nuovo tRNA nel sito A. dall e ultime ricerche appare che la subunità 23s del ribosoma è quella responsabile di tale attivita peptil-transferasica. Una volta formato il legame peptidic o, sul sito P rimane un tRNA privo del proprioamminoacido (tRNA scarico), mentre il tRNA sul sito A (dettto peptidil-tRNA) è attaccato ai primi due amminoacidi della catena polipeptidica.

� Schaffold proteico

È la struttura proteica su cui avviene il superavvo lgimento del DNA.

� Segregazione

Il principio della segregazione di mendel afferma c he: i caratteri recessivi, mascherati alla f1 di un incrocio fra due linee pure, ricompaiono alla f2 in proporzioni definite. Questo significa che i due me mbri di una coppia all’elica segregano (si separano) l’uno dall’altro durante la formazione dei gameti. La segregazione dei geni quindi va di pari passo con l a segre gazione delle paia di cromosomi omologhi all’anafase 1 della meiosi.

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� Senquenze palindromiche

Le seuquenze palindromiche si trovano nei terminato ri rho indipendenti, che sono costituiti appunto da sequenze con simmetria bipart ita seguite da una sequenza di A e T che nel trascritto daranno origine ad una ser ie di U. Tale struttura a simmetria bipartita crea una struttura a forcina ch e destabilizza così la rna polimerasi dall’elica di dna. Inoltre si trovano ne i cromosomi dei battriofegi t pari che hanno ridondanza terminale.

� Sito cos del concatamero (struttura, posizione e fu nzioni)

il fago lambda è un fago temperato e ciò significa che, quando esso infetta E.coli ha la possibilità di attuare o il ciclo litico, che porta alla lisi della cellula, o al cic lo lidogenico, uno stadio quiescente in cui il fago no n si riproduce. I primo passaggio dopo l’infezione è la conversione della m olecola di DNA lineare in una di DNA circolare, attraverso l’appaiamento delle se quenze terminali dette sequenze cos. Nel ciclo lisogenico il DNA circolare attraverso un evento d i crossino over si integra nel DNA del cromosoma batt erico. Nel ciclo litico il meccanismo di replicazione a cerchio rotante produc e una molecola di DNA molto lunga, costituita da copie del cromosoma lambd a legate fra di loro unendo testa e coda di due copie del menoma successive. Questa mol ecola di DNA costituita da più copie di menoma del fago in serie è detta CONCA TAMERO. Nel cromosoma di lambda c’è il gene ter, il cui prodotto genico è un a DNA endonucle asi, e questa endonucleasi riconosce la sequenza cos e produce un taglio asimmetrico in corrispondenza di ciascun sito cos. In questo modo sono prodotti i cromosomi di lambda provvisti di estremità appiccicose, che verr anno poi impaccati nelle teste del fago assemblate.

� STR - VNTR - RFLP – SNP

Per la mappatura del menoma umano sono usati 4 tipi principali di marcatori di dna:

1. RFLP: (Restriction Fragment Lenght Polymorphisms). Sono polimorfismi di lunghezza di frammenti di dna prodotti per taglio c on enzi mi di restrizione. Un RFLP deriva da una mutazione a carico di una cop pia di basi che determina la perdita o l’acquisto di un sito di res trizione. Considerando le varie fasi del metodo di rilevamento di un RFLP, si isola dna gnomico, che viene digerito con un enzima di restrizione, e i frammenti che sono g enerati dal taglio enzimatico sono separati per elettrofore si su gel e trasferiti mediante Southern blotting su una membrana. Il filt ro viene ibridato con dna marcato, derivato da una regione cromosomica c he mostra polimorfismo. Per autoradiografia gli omozigoti mos trano una singola banda di ibridazione, gli eterozigoti due.

2. VNTR: (variable number of tandem repeats). È chiamato anche minisatellite. Come suggerisce il nome, i VNTR contengono un numer o di seq uenze ripetute in tandem, il numero delle quali varia a s econda dell’allele del VNTR. Gli alleli VNTR possono essere distinti per d igestione con enzimi di

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restrizione che riconoscono i siti che fiancheggian o il VNTR, separando i frammenti prodotti per elet troforesi su gel, facendo un classico esperimento di southern blotting e ibridando con un frammento marcato di dna che contiene copie della sequenza ripetuta nel VNTR. La sonda per il tipo di VNTR unici è detta sonda monolocus, mentre la sonda dei VNTR ripetuti è detta sonda multiloci.

3. STR: (short tandem repeats). Sono dette anche seque nze microsatelliti. Le STR contengono un numero variabile di sequenze ripe tute in tandem, e, in loci specifici, tendono a essere molto polimorfiche . Nel caso delle STR la rip etizione è breve. Gli alleli delle STR possono esse re tipizzati per ibridazione o mediante PCR.

4. SNP: (single nucleotide polymorphisms). Sono polimo rfismi di singoli nucleotidi nella sequenza del menoma. Se la variant e meno comune ha una fraquenza nella pop olazione umana di almeno 1%, la posizione del genom a di quella base è definita come un sito che contiene un SNP. Gli alleli d un SNP possono essere facilmente tipizzati mediante an alisidi ibridazione con oligonucleotidi. Secondo questo metodo, di sintetiz za un corto oligonucleotide che è complementare all’allele comu ne al locus SNP. L’oligonucleotide è mescolato con il dna da analizz are e viene fatta un’ibridazione ad alta stringenza, cioè in condizio ni che favoriscono soltanto l’appaiamento perfetto tra so nda (l’oligonucleotide) e il dna bersaglio. Si ha ibridazione solo se il dna bersagl io porta lo stesso allele dell’oligonucleotide. Nelle stesse condizioni di al ta stringenza l’oligonucleotide non ibriderà con un dna bersaglio che ha un’unica coppia di bas i cambiata, cioè un SNP. Questo rappresenta un altr o esempio dell’ibridazione definita ASO: allele-specific olig onucleotide.

� Superavvolgimento del DNA

Cinque tipi di istoni sono associati al dna eucario te: h1, h2a, h2b, h3 e h4. le proteine non istonich e sono tutte le proteine associate al dna tranne gl i istoni. Molte proteine non istoniche sono proteine acide co n una netta carica negativa e si legano nella cromatina probabilmente agli istoni carichi positivamente. Tra queste proteine non istoniche c’è l a proteina HMG, che si legano generalmente al solco minore del dna incurvandolo. Il ripiegamento del dna è una tappa fondamentale nella formazione di strutture di ordin e superiore della cromatina. Gli istoni svolgono un ruolo cruciale nell’impacchettam ento della cromatina. Il primo livello di impacchettamento implica l’avvo lgimento del dna attorno ad un nucleo di istoni, con formazione della struttura de tta nucleosoma. Gli istoni h2a, h2b, h3 e h4 si organizzano in un ottametro attorno a cui si avvolge il d na per un giro e ¾. I singoli nucleosomi sono connessi da f ilamenti di dna linker e da molecole di istone h1. le strutture così risultanti possono essere osservate come fibre di cromatina da 10 nm. I nucleosomi possono a ssociarsi fra loro a formare una f ibra da 30 nm. Il livello successivo di spiralizzaz ione prevede la formazione di domini ad ansa. I domini ad ansa si estendono f ormando un angolo con l’asse principale del cromosoma , e sono ancorati ad un’in telaiatura strutturale filamentosa all’interno della membrana nucleare detta matrice nucleare. Le sequenze di dna associate alle proteine nella matri ce sono definite MAR.

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� Test basati sull'analisi RFLP

Una mutazione associata ad una malattia genetica pu ò causare la perdita o l’acquisizione di un sito di restrizione nel gene o in una regione fianchegg iante. In pratica, nel menoma umano e in quello di altri euca rioti, si possono trovare mappe di restrizione diverse in individui diversi in rela zione alle stesse regioni cromosomiche. I profili di restrizi one diversi producono quelli che sono chiamati RFLP (Restriction Fragment Lenght Polymorphisms), c ioè polimorfismi di lunghezza dei frammenti di dna ottenuti per taglio con enzimi di restrizione. Un RFLP può essere visto come presenza di frammenti di restr izione di diversa lunghezza sul gel di poliacrilammide dopo elettrofo resi. Una mappa di restrizione è indipendente dalla funzione genica, quindi un RFL P si può ritrovare anche se il cambiamento nella sequenza di dna responsabile non dà luogo ad un fenotipo distinguibile. Inoltre, siccome si analizza diretta mente il dna, entrambi i tipi parentali sono visti negli eterozigoti e si possono facilmente identificare i portatori.

� Test-cross (reincrocio)

Un modo più usato per accertare il genotipo sconosc iuto di un organismo è quello di effettuare un reincrocio, vale a dire un incroci o fra un individuo di genotipo ignoto e un individuo omozigote recessivo. Mendel f u il primo ad effettuare tale test-cross: Se la pianta con genotipo ignoto è SS, allora produ rrà sol o gameti S, mentre la pianta omozigote recessiva ss produrrà solo gameti s: ne risulta che dal loro incrocio deriveranno solo eterozigoti Ss che manife steranno il fenotipo dominante. Se la pianta con genotipo ignoto è Ss, allora prod urrà metà gameti S e m età gameti s, mentre come prima la pianta omozigote rec essiva ss produrrà solo gameti s: dall’incrocio deriveranno metà piante con genotipo eterozigote Ss (fenotipo dominante) e metà piante omozigoti recess ive ss (fenotipo recessivo).

� Vettori di clonazione (plasmidi,cosmidi e differenz e)

Diversi tipi di vettori vengono usati per clonare i l dna. Ogni tipo è diverso per le proprietà molecolari e per la dimensione massima de l dna che può essere clonata usandolo. VETTORI DI CLONAZIONE PLASMIDICI: i plasmidi batterici sono elementi circolari extracromosomici che si replicano autonomamente all ’interno delle cellule. I vettori di clonazione plasmidici sono tutti derivat i da plasmidi trovati in natura che sono stati ingegnerizzati in modo da avere le carat teristi che che facilitano la clonazione dei geni. Un vettore plasmidico di e.col i deve avere 3 caratteristiche:

1) una sequenza di origine ori, necessaria affinché il plasmide si replichi in e.coli.

2) un marcatore selettivo dominante, che, mediante la sua espressione, renda le cellule di e coli che contengono il plasmide fac ilmente identificabili dalle altre cellule che non lo contengono. Il marcatore s elettivo dominante usuale è un gene che conferisce un fenotipo di resistenza all’ospite e coli, per

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esempio il gene am pR per la resistenza all’ampicillina o gene tetR pe r la resistenza alla tetraciclina. Si possono individuar e perciò le cellule che hanno incorporato il plasmide da quelle che non lo hanno incorporato facendo crescere colonie di e coli su un terreno ad dizio nato con quel particolare antibiotico la cui resistenza è permess a dal plasmide internalizzato: le cellule che resisteranno saranno quelle che hanno internalizzato il plasmide.

3) Siti unici di taglio per enzimi di restrizione – siti presenti una sola colta n el vettore – per l’inserzione delle sequenze di dna da clonare. La clonazione richiede il taglio del plasmide ad uno dei siti uni ci con l’enzima di restrizione appropriato e l’inserimento in quel pun to di un frammento di dna esogeno che sia stato tagliato con lo stesso enzima di restrizione, affinché entrambi i frammenti abbiano le estremità appiccico se complementari.

Il vettore di clonazione plasmidico pUC19, ha le se guenti caratteristiche che lo rendono utile per la clonazione di dna in e coli:

1) Ha un alto numero di copie. 2) Ha il marcatore selettivo ampR. 3) Contiene molti siti unici di restrizione raccolti i n una regione, chiamata

polylinker o sito di clonazione multiplo. Il polyli nker è inserito all’interno del gene per la b-galattosidasi di e coli (lacZ). L’ inserzione è stata fatta in modo tale che di produca b- galattosidasi funzionale solo quando pUC19 viene introdotto in una cellula mutatane lacZ-, che fa be ta-galattosidasi non funzionale. Inoltre quando un pezzo di dna viene in trodotto nel polylinker, il codice di lettura per la b- galattosidasi viene interrotto e non può essere prodotta b- galattosidasi funzionale in e coli. Al terreno di c oltura delle cellule si aggiunge il composto chimico x- gal, per verificare che se una colonia produce b-galattosidasi ri sulterà bianca, altrimenti risulterà blu: ovviamente le colonie bianche NON avranno internali zzato il plasmide pUC19, quelle blu si.

La trasformazione (introduzione del dna esogeno pla smidico all’interno del menoma batterico) si attua mediante taglio con L O STESSO ENZIMA DI RESTRIZIONE sia del vettore plasmidico che del dna cellulare, poi tramite una tecnica detta ELETTROPORAZIONE si dà uno shock elet trico alla cellula che temporaneamente disorganizza la membrana e permette l’ingresso di dna esogeno. Il dna esogeno e quello endogeno POSSONO (non devono) a q uesto punto ricombinare. Per verificarlo si usa il saggio bianco-blu dell’x- al esposto prima. I vettori di clonazione plasmidici permetton o di clonare efficacemente in e coli frammenti di dna esogeno di massimo 5-10 kb. Vettori di clonazione basati sul batteriofago lambd a: i vetori di clonazione basati sul batteriofago lambda sono stati manipolati in mo do che sia possibile il ciclo litico, ma non quello lisogenico. Il vettore lambda ha un cromosoma in cui esistono un braccio destro e uno sinistro, che cont engono tutti i geni essenziali per il ciclo litico. Fra i due bracci si trova n fr ammento di dna non essenziale per il ciclo litico. Le giunzioni fra il frammento central e non indispensabile e i due bracci hanno ciascuna un sito di taglio per un enzima di restrizione, in questo caso ecoR1. Prima il vettore lambda veiene tagliato , in questo caso con ecoR1, per separare e purificare i due bracci dal framment o non indispensabile centrale. Successivamente si ta glia il dna da clonare con lo stesso enzima di rest rizione per generare i frammenti da inserire. I frammenti d i dna estraneo vengono poi

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mescolati con i frammenti di dna di lambda e i pezz i vengono legati dalla dna ligasi. Il dna ligato viene mescolato in vitro con le diverse parti proteiche del fago lambda, dando come risultato l’inserzione del dna n ella teste del fago e la produzione di particelle virali complete: questo pr ocesso è detto packaging (impacchettamento). La teste del fago può accoglier e framm enti di dna di dimensioni comprese fra 37 e 52 kb. Con le particel le fagiche una volta ssemblate si infetta una coltura di e coli: soltato quei fagi in cui tra i bracci destro e sinistro si sia inserito dna estraneo sono in grado di repli carsi, perché solo in questo caso sono presenti sono presenti tutti i geni necessari per la riproduzione del fago. In questo modo , ciascun frammento di dna viene clonat o per i ripetuti turni di lisi ed infezione a cui va incontro ciascuno dei fagi funzi onali originali. Ad un certo punto, la coltura diventa trasparente perché tutti i batteri sono stati lisati e si è prodotta una popolazione di progenie di fagi lambda contenenti le molecole di dna ricombinante. VETTORI DI CLONAZIONE COSMIDICI: frammenti di dna d i circa 45 kb possono essere clonati in vettori chiamati cosmici. I cosmi ci non si trovano in natura, ma sono stati costruiti combinando caratteristiche dei plasmidi e dei fagi lambda. Un cosmide ha una sequenza ori per permettere la sua r eplicazione in e coli, un marc atore selettivo dominante come ampR e siti di restr izione unici per l’inserzione e la clonazione di frammenti di dna. I noltre, i cosmidi hanno un sito cos derivato dal fago lambda. I siti cos dei cosmid i permettono l’impacchettamento di dna in una particel la lambda, che facilita l’introduzione di molecole grandi di dna nelle cellule batteriche. Qu ando un frammento di dna di 32-47 kb viene clonato in tale cosmide, la molecola r icombinante ha la giusta dimensione per venire impaccata in una testa di fag o. Il fago viene poiusato per introdurre la molecola di dna ricombinante in una c ellula ospite di e coli, dove si replica come un plasmide. VETTORI NAVETTA: sono vettori che possiedono due o più organismi diversi come ospiti. CROMOSOMI ARTIFICIALI DI LIEVITO (YAC): sono vettori di clonazione che permettono di produrre cromosomi artificiali e di c lonarli in cellule di lievito. Gli YAC sono vettori lineari con le seguenti caratteris tiche:

1) Un telomero di lievito (TEL) a ciascuna estremit à. 2) Una sequenza centromerica di lievito (CEN). 3) Un marcatore selettivo su ciascun braccio per visua lizzare il plasmide in

lievito (ad esempio TRP1 ed URA3, che danno rispett ivamente indipendenza nutrizionale da triptofano ed gracile quando inseri ti in ceppi mutati difettivi trp1 e ura3).

4) Una sequenza di origine di replicazione ARS, che pe rmette al vettore di replicarsi autonomamente in una cellula di lievito.

5) Siti di restrizione unici da usare per inserire dna esogeno. Tali vettori vengono utilizzati per clonare frammen ti di dna fin o a 500 kb. I cloni YAC vengono costruiti legando pezzi di dna ad alto peso molecolare a bracci di YAC generati tagliando nel sito di clonazione con u n enzima di restrizione. I cloni vengono poi introdotti in lievito per trasformazion e. Selezionando sia pe r TRP1 che per URA3 ci si assicura che il clone abbia sia il braccio destro che il bracco sinistro del vettore YAC.

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CROMOSOMI ARTIFICIALI BATTERICI (BAC): vengono usat i per clonare grandi frammenti di dna fino a 200 kb in e coli. I BAC son o vettori che co ntengono l’origine di replicazione di un plasmide naturale d etto fattore F, un sito di clonazione multiplo, un marcatore selezionabile e s pesso alcune altre caratteristiche.