COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

431
COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE Politiche legislative e attività istituzionale nella XIV legislatura n. 2/10 Maggio 2006

Transcript of COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Page 1: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE

Politiche legislative e attività istituzionale nella XIV legislatura

n. 2/10

Maggio 2006

Page 2: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Camera dei deputati XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Documentazione e ricerche

COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE

Politiche legislative e attività istituzionale nella XIV legislatura

n. 2/10

Maggio 2006

Page 3: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Il ”dossier di inizio legislatura” si propone di fornire un quadro sintetico delle principali politiche e degli interventi normativi che hanno interessato nella XIV legislatura i settori di competenza delle Commissioni permanenti.

Alla redazione del dossier hanno partecipato il Servizio Commissioni e l’Ufficio Rapport con l’Unione europea.

DIPARTIMENTO ATTIVITÀ PRODUTTIVE

Consigliere Giuliana Coppi (4398)

Documentaristi Maura Fornari (3078) Cristina Cantoni (8817)

Segretario parlamentare Maria Barberi (9574)

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione

interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: AP0001.doc

Page 4: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 5: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

I

I N D I C E

NOTE DI SINTESI

TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO (a cura del Servizio studi) 3 Energia 3 Commercio, servizi e tutela dei consumatori 6 Industria e artigianato 7 Commercio con l’estero 10

ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE (a cura della Commissione) 13 Ambito di competenza 13 Analisi dei dati statistici 14 Linee di tendenza 15

PRINCIPALI POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI

ENERGIA Energia: Giurisprudenza costituzionale 25 Sicurezza del sistema elettrico 31 Sicurezza degli approvvigionamenti 37 Fonti energetiche rinnovabili 43 Risparmio ed efficienza energetica 47 Riordino del settore energetico 53 Mercato del gas naturale 57 Il mercato dell’energia elettrica 63 Prospettive dei mercati energetici 67

COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA DEI CONSUMATORI Forme speciali di vendita 75 Tutela dei consumatori 81

INDUSTRIA E ARTIGIANATO Sostegno alle attività produttive 87 Semplificazione dei rapporti con la PA 93 Promozione e tutela del made in Italy 99 Tutela della proprietà industriale 103 Politiche per la competitività 107

Page 6: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

II

Nuova disciplina dei distretti produttivi 111 Amministrazione straordinaria 115

COMMERCIO CON L’ESTERO Internazionalizzazione delle imprese 123

SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA Sostegno alla ricerca e all’innovazione 131 Riordino degli enti di ricerca 135 Invenzioni biotecnologiche 141

CULTURA, SPORT E SPETTACOLO Politiche per il turismo 147

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO

ENERGIA Giurisprudenza costituzionale - Sentenza n. 6/2004 157 Giurisprudenza costituzionale - Sentenza n. 383/2005 161 Sistema elettrico- Proprietà e gestione della rete 165 Sicurezza degli approvvigionamenti - Misure urgenti per il gas 169 Fonti rinnovabili - Il decreto legislativo n. 387/2003 179 Fonti rinnovabili - Strumenti di incentivazione 195 Fonti rinnovabili - Conto energia 205 Rendimento energetico nell’edilizia 211 Riordino del settore energetico- Legge n. 239/2004 221

COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA DEI CONSUMATORI Commercio elettronico 243 Franchising 251 Vendite a domicilio e piramidali 257 Il nuovo codice del consumo 261

INDUSTRIA E ARTIGIANATO Attività produttive - Fondo rotativo di sostegno 267 Sportello unico per le imprese 275 Made in Italy - Lotta alla contraffazione 279 Proprietà industriale – Il nuovo Codice 289

Page 7: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

III

Competitività - Orientamenti UE per le imprese in crisi 299 Competitività - Premio di concentrazione 303 Distretti produttivi e tecnologici 311 Amministrazione straordinaria – disciplina generale 331 Amministrazione straordinaria- disciplina speciale 339

COMMERCIO CON L’ESTERO Internazionalizzazione - Riordino degli enti 351 Internazionalizzazione – Legge n.56/2005 365

SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA Riordino dell'ASI 377 Riordino dell’ENEA 383 Invenzioni biotecnologiche – Protezione giuridica 391

CULTURA, SPORT E SPETTACOLO Turismo - Accordo quadro 397

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UE

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa 403 L’allargamento e i Balcani occidentali 407 La politica europea di vicinato 412 Aiuto ai Paesi terzi 413 Prospettive finanziarie dell’UE 2007-2013 415 La strategia di Lisbona 416 La proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno 417 Il settimo programma quadro per la ricerca 420 Libro verde energia 420 Salute e tutela dei consumatori 421 Istituto europeo di tecnologia (EIT) 421 Doha Round 422

Page 8: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 9: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Note di sintesi

Page 10: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 11: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

3

TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO (a cura del Servizio studi)

Energia

L’attività legislativa in materia di energia, nel corso della XIV legislatura, è stata caratterizzata dalla ricerca di un punto di equilibrio tra le competenze statali e quelle attribuite dalla riforma del titolo V della Costituzione alle regioni e agli enti locali.

Il nuovo testo dell’articolo 117 della Costituzione, introdotto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha infatti inserito tra le materie di legislazione concorrente la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia.

In questo nuovo contesto normativo la Corte costituzionale ha avuto modo di intervenire definendo le linee di una giurisprudenza che ha assunto una portata non limitata al settore dell’energia, costituendo invece un asse fondamentale di orientamento nella ricerca di un equilibrio tra i diversi livelli di governo rispetto alle materie di legislazione concorrente

La verifica dei nuovi equilibri tra Stato, regioni ed Enti locali, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale che progressivamente si andava definendo, ha quindi costituito un tema centrale di tutta la legislazione in materia di energia e si è ripetutamente intersecata con le problematiche tipiche del settore, quali, essenzialmente:

la sicurezza degli approvvigionamenti di energia, la cui criticità è emersa in

particolare con il black out elettrico dell’estate 2003 e con la crisi nelle forniture di gas dell’inverno 2005-2006;

il risparmio e l’efficienza energetica, anche mediante l’incentivazione nell’uso delle fonti rinnovabili;

il completamento del processo di liberalizzazione del mercato interno dell’energia.

Sicurezza degli approvvigionamenti

L'emergenza negli approvvigionamenti manifestatasi nel corso degli ultimi anni, congiuntamente al sensibile mutamento delle convenienze economiche tra le diverse fonti energetiche, derivante dall'andamento dei prezzi degli idrocarburi, ha indotto il legislatore, nel corso della XIV legislatura, a successivi interventi normativi volti a superare le persistenti criticità.

Page 12: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

4

Un primo intervento in materia è stato disposto con il D.L. 7 febbraio 2002, n. 7, “Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale”, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2002, n. 55.

Il D.L. ha individuato gli elementi essenziali di una nuova procedura volta ad autorizzare, sino alla determinazione dei principi fondamentali della materia in attuazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. e comunque non oltre il 31 dicembre 2003, la costruzione e l’esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici.

Successivamente, il decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, recante “Disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, è stato emanato allo scopo di garantire la continuità degli approvvigionamenti di energia elettrica in condizioni di sicurezza, mediante una deroga temporanea alla disciplina relativa ai limiti di emissione delle centrali.

L’articolo 1 della legge 27 ottobre 2003, n. 290, di conversione del citato decreto-legge, conferisce, in particolare, due deleghe al governo in materia rispettivamente di remunerazione di capacità produttiva di energia elettrica e di espropriazione per pubblica utilità.

Il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha poi introdotto disposizioni volte a semplificare ed accelerare la tempistica delle procedure autorizzative per la realizzazione e il potenziamento dei terminali di rigassificazione GNL.

Da ultimo, il perdurare nel 2006 delle condizioni di emergenza nel settore del gas naturale ha indotto il Governo ad adottare in via d'urgenza un decreto legge che prevede, oltre alla possibilità di bloccare le forniture interrompibili a particolari classi di clienti finali, un temporaneo riavvio degli impianti di produzione alimentabili ad olio combustibile. Si tratta del decreto-legge 25 gennaio 2006, n. 19, recante “misure urgenti per garantire l'approvvigionamento di gas naturale”,convertito dalla legge 8 marzo 2006, n. 108.

Nel frattempo la legge 18 aprile 2005, n. 62 “Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004”, all’articolo 17, aveva conferito una delega al Governo per il recepimento della direttiva 2004/67/CE del Consiglio del 26 aprile 2004, nella quale sono contenute principalmente – a livello di ordinamento comunitario- le misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas naturale.

Risparmio ed efficienza energetica

In relazione alle tematiche del risparmio e dell'efficienza energetica, l'indagine conoscitiva sulle prospettive degli assetti proprietari delle imprese energetiche e i prezzi dell’energia in Italia, deliberata dalla X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera il 16 novembre 2005 ha evidenziato come una forte politica di risparmio energetico costituisca il principale strumento di

Page 13: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

5

deterrenza strutturale sull'evoluzione dei prezzi nei confronti dei paesi produttori di petrolio.

Al riguardo, nel corso della XIV legislatura i meccanismi di promozione del risparmio e della efficienza energetica negli usi finali, basati sui cd. “certificati bianchi” sono stati riformati con due decreti ministeriali adottati il 20 luglio 2004 dal Ministro per le attività produttive di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. I due decreti recano, rispettivamente:

“Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili, di cui all'art. 16, comma 4, del D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164”;

“Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi per l'incremento dell'efficienza energetica negli usi finali di energia, ai sensi dell'art. 9, comma 1, del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79”.

Sempre in tema di efficienza energetica è intervenuta poi l’approvazione del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 recante “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia” emanato sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306, "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2003".

Va, inoltre, rilevato che nel corso della XIV legislatura sono stati adottati

diversi provvedimenti volti alla promozione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

In particolare, con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”, si è provveduto al recepimento della direttiva 2001/77/CE concernente la promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

Il decreto, oltre alla definizione degli obiettivi indicativi nazionali e delle misure di promozione da adottare ai fini dello sviluppo della produzione di energia dalle suddette fonti, contiene disposizioni specifiche relative a singole fonti energetiche, norme di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi, la previsione di una campagna di informazione e comunicazione a favore delle predette fonti, nonché l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili.

Il nuovo strumento di incentivazione della produzione di energia elettrica basato sui c.d. “Certificati Verdi” è stato esteso dal comma 71, art. 1, della legge 239/04, di riordino del settore energetico, all’energia elettrica prodotta mediante utilizzo di idrogeno e quella prodotta da impianti statici con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile, nonché all'energia prodotta da

Page 14: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

6

impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento urbano, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento.

Si segnala, inoltre, che in attuazione dell’articolo 7 del decreto legislativo 387/03 il Ministero delle attività produttive ha emanato il decreto 28 luglio 2005- recentemente modificato e integrato dal decreto 6 febbraio 2006 - nel quale sono indicati i criteri di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica da fonte solare, coerenti con le disposizioni della direttiva 2003/54/CE.

Il processo di liberalizzazione dei mercati

Nel corso della XIV legislatura il settore energetico è stato oggetto di diversi interventi legislativi essenzialmente rivolti ad assicurare un assetto concorrenziale del mercato dell'energia.

Il completamento del processo di liberalizzazione costituisce, insieme alla definizione delle competenze di Stato e Regioni secondo le nuove disposizioni costituzionali uno dei principali obiettivi della legge 23 agosto 2004, n. 239, recante “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”.

La legge, rivolta all'intero settore dell'energia, ha il principale obiettivo di chiarire il quadro delle norme che regolano i rapporti tra le varie istituzioni e fra queste e gli operatori del settore energetico, con il fine di semplificare e snellire i processi autorizzativi e stimolare il processo di liberalizzazione in atto nel rispetto di principi orientati a garantire la tutela della concorrenza, i livelli essenziali delle prestazioni e la sicurezza pubblica.

Si ricorda che le prospettive di evoluzione dei mercati dell’energia sono analizzate nel documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sulle prospettive degli assetti proprietari delle imprese energetiche e i prezzi dell’energia in Italia”, deliberata dalla X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera il 16 novembre 2005.

Lo stato di avanzamento dei processi di liberalizzazione nei due principali mercati energetici del nostro paese (elettricità e gas) è stato, altresì, oggetto di due indagini conoscitive svolte congiuntamente dall’Autorità per la concorrenza e il mercato (Antitrust) e dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas.

Commercio, servizi e tutela dei consumatori

L’attività legislativa nelle materie del commercio e della tutela dei consumatori è stata caratterizzata dalla emanazione del “Codice del consumo”, il quale reca una disciplina organica in materia di "tutela dei consumatori", coordinata con la normativa comunitaria e diretta alla semplificazione normativa.

Il codice ricostruisce in un quadro unitario le regole che afferiscono ai molteplici ambiti in cui sono coinvolti gli interessi dei consumatori e degli utenti,

Page 15: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

7

secondo una logica improntata alla protezione di questi ultimi nelle diverse fasi del processo di consumo.

Il Codice non si configura come un semplice Testo Unico, dal momento che esso ha, in virtù di specifici criteri di delega, anche una portata innovativa – benché limitata - della legislazione vigente.

Anche gli interventi legislativi nella materia del commercio sono caratterizzati da una particolare attenzione alla tutela del consumatore.

Tali interventi, essendo ormai l’ordinamento amministrativo del commercio materia di esclusiva competenza regionale, hanno riguardato specifici profili attinenti alla disciplina di particolari forme contrattuali, quali:

- il franchising (in precedenza utilizzato nella prassi come contratto atipico); - la vendita diretta a domicilio, per la quale è stata dettata una nuova

disciplina, contestualmente alla introduzione delle forme di vendita piramidali;

- il commercio elettronico, in attuazione della disciplina comunitaria.

Industria e artigianato

I numerosi provvedimenti adottati nel corso della legislatura nel settore dell’industria ed artigianato possono essere letti secondo un filo conduttore legato al tema della competitività internazionale del nostro sistema produttivo, nel quadro della rapida evoluzione degli equilibri mondiali conseguente ai processi di globalizzazione dell’economia.

La crescita di competitività del Paese, anche in relazione al conseguimento degli obiettivi di sviluppo e di creazione di impieghi fissati dall’Unione europea a Lisbona, è stata infatti una questione affrontata in tutti i documenti di programmazione economico-finanziaria approvati nel corso della legislatura.

Le dimensioni del problema eccedono ovviamente la politica industriale in senso stretto, avendo rilevanti implicazioni legate sia alla crescente interdipendenza tra i fattori economici e quelli giuridico-istituzionali, sia alla realizzazione di alcune “condizioni di sistema” relative, ad esempio, al sistema formativo, della ricerca e dei servizi.

Più specificamente, per quanto è possibile trattare in questa sede, le azioni volte al recupero di competitività del sistema produttivo si sono poste obiettivi quali il consolidamento dei sistemi locali e la crescita dimensionale delle imprese, la semplificazione amministrativa, la razionalizzazione degli incentivi alle imprese e del sistema di gestione delle crisi industriali, la promozione e tutela dei prodotti italiani, la lotta alla contraffazione.

Page 16: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

8

Il consolidamento dei sistemi locali e la crescita dimensionale delle imprese

Tra i problemi strutturali dell’economia italiana sembra assumere particolare rilevanza, nell’attuale fase di evoluzione dell’economia mondiale, la dimensione limitata delle aziende, che impedisce la nascita di grossi gruppi capaci di affrontare con successo la concorrenza internazionale.

La questione è stata affrontata sia con misure di carattere fiscale finalizzate a favorire l’aggregazione tra imprese, contenute nel D.L. n. 35/2005 e nel D.L. n. 106/2005, sia con un intervento, contenuto nella legge finanziaria 2006 e destinato peraltro ad essere inizialmente applicato in via sperimentale ad alcune realtà campione, in materia di distretti produttivi; tale intervento è finalizzato a valorizzare le specificità del sistema produttivo italiano, conferendo una sorta di soggettività giuridica al modello organizzativo dei distretti, allo scopo di trasformarli in piattaforme di sviluppo organizzate secondo il concetto della filiera produttiva, in grado sia di surrogare l’assenza di grandi industrie, sia di promuovere una più intensa internazionalizzazione dell’economia italiana.

La semplificazione dei rapporti tra imprese e pubbliche amministrazioni

Nel corso della legislatura la semplificazione dei rapporti tra le imprese e la Pubblica amministrazione è stata oggetto di numerosi interventi, che hanno trovato collocazione sia nelle leggi annuali di semplificazione previste dall’art. 20 della legge n. 59/1997, sia nel pacchetto di misure presentate dal governo in tema di competitività delle imprese.

Il “Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” (cd “pacchetto per la competitività”) ha infatti individuato nello snellimento delle procedure amministrative a carico delle imprese una delle linee-guida per il recupero di competitività del sistema paese.

L’obiettivo è stato perseguito essenzialmente mediante l’estensione di istituti quali la denuncia di inizio attività ed il silenzio–assenso nei procedimenti, nonché con l’applicazione generalizzata dello sportello unico.

A chiusura di questo complesso di interventi, la legge n. 246/2005 (legge di semplificazione 2005) ha conferito al Governo una delega per il riassetto delle disposizioni di competenza legislativa esclusiva statale in materia di adempimenti amministrativi delle imprese.

Il riordino degli strumenti di sostegno e incentivazione

La necessità di semplificare e razionalizzare il sistema degli incentivi alle imprese, con una particolare attenzione al sistema produttivo nel mezzogiorno, è stata più volte sottolineata nei documenti di programmazione economico-finanziaria approvati nel corso della legislatura, a partire già dal DPEF 2002-05

Page 17: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

9

La legge di semplificazione 2001 (L. n. 229/2003) ha quindi conferito al governo una delega, rimasta peraltro inattuata, per il riassetto della normativa in materia di interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive.

Alcuni interventi di razionalizzazione, direttamente operativi, sono stati poi adottati con la legge finanziaria 2003 la quale, al fine di attribuire maggiore flessibilità al sistema di finanziamento degli interventi nelle aree sottoutilizzate, ha previsto l’istituzione di due fondi di carattere generale: il Fondo per le aree sottoutilizzate, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, e il Fondo da iscrivere nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, nel quale sono confluite le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate, di competenza di quest’ultimo Ministero, in precedenza allocate nel Fondo unico per gli incentivi alle imprese.

La legge finanziaria 2005 ha quindi disposto l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, di un Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, successivamente ridefinito dal D.L. n. 35/2005 “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca”, in quanto una quota del medesimo è stata destinata al sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese.

La razionalizzazione del sistema di gestione delle crisi industriali

Il D.L. n. 35/2005 ha disposto l’istituzione del Fondo per il finanziamento degli interventi per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, ed ha inoltre previsto l’istituzione di un apposito Comitato tecnico, nominato con DPCM, al quale sono affidate le attività di coordinamento e di monitoraggio degli interventi consentiti dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato finalizzati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in crisi.

La nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.

Il decreto legge n. 347/03 ha introdotto una disciplina speciale in materia di ammissione immediata all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. L’emanazione del decreto è avvenuta in concomitanza con il dissesto finanziario della Soc. Parmalat, che ha posto con urgenza l’esigenza di salvaguardare tempestivamente le attività industriali di grandi imprese in stato di insolvenza; ciò al fine di non pregiudicare il valore dell’avviamento (ivi compresi marchi, brevetti, ecc.) e il posizionamento di mercato dell'impresa, e quindi i livelli occupazionali.

Detta disciplina speciale è stata poi più volte modificata nel corso della legislatura, dapprima con il decreto-legge n. 119/2004, e quindi con il decreto legge n. 281/2004.

Page 18: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

10

Tutela del made in Italy e lotta alla contraffazione; il codice della proprietà industriale

Le iniziative in materia di promozione del made in Italy e lotta alla contraffazione hanno caratterizzato numerosi provvedimenti adottati nel corso della legislatura.

I due temi si sono frequentemente intersecati, anche in ragione della auspicata specializzazione del nostro sistema produttivo sulle fasce di qualità più elevate e come tali più esposte al rischio di forme di pirateria.

In questo contesto particolare rilevanza ha assunto il nuovo Codice della proprietà industriale, che ha inteso provvedere al riassetto della intera normativa in materia di proprietà industriale, alla semplificazione normativa ed al coordinamento delle fonti nazionali e comunitarie, nonché all’ampliamento della tutela riservata alla proprietà industriale ed alla ridefinizione delle relative competenze amministrative.

Commercio con l’estero

Le tematiche relative al commercio con l’estero ed alla internazionalizzazione delle imprese italiane hanno assunto nel corso della legislatura un particolare risalto, in ragione della loro rilevanza strategica nel quadro dei processi di globalizzazione.

La necessità di riposizionare il nostro sistema produttivo nell’ambito delle profonde trasformazioni in atto nella distribuzione internazionale del lavoro, e di recuperare nel contempo quei margini di competitività che sono andati progressivamente riducendosi, esige infatti la piena valorizzazione e la proiezione in una dimensione internazionale del patrimonio tecnologico e culturale che è stato storicamente alimentato dalla capacità innovativa delle nostre imprese, ed in particolare dei sistemi di piccole imprese radicate sul territorio.

In questa prospettiva, l’intervento del legislatore si è indirizzato lungo due direttrici fondamentali: la tutela sui mercati mondiali dei prodotti “made in Italy” ed il coordinamento tra i diversi soggetti coinvolti nelle azioni di sostegno alla internazionalizzazione delle imprese italiane.

Il primo obiettivo è stato perseguito sia sul versante della riconoscibilità e della promozione sui mercati esteri della produzione italiana, con un pacchetto di misure che hanno trovato collocazione nelle leggi finanziarie 2004 e 2005, sia, più in generale, potenziando gli strumenti di lotta alla contraffazione dei prodotti, che penalizza in modo particolare la produzione italiana di qualità. Da questo punto di vista, oltre agli specifici interventi contenuti in particolare nel cd. Piano d’azione per la competitività, occorre ricordare il nuovo Codice della proprietà

Page 19: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – TEMI DI INTERESSE E DI INTERVENTO

11

industriale, che ha inteso razionalizzare e sistematizzare la relativa disciplina, rendendone più agevole la conoscenza e l’applicazione da parte degli interessati.

Questo complesso di interventi assume una portata non limitata al commercio con l’estero, ed è stata quindi analiticamente trattata nell’area tematica “industria ed artigianato”.

La seconda, più specifica linea di intervento si è invece proposta di razionalizzare e ricondurre in una logica di “sistema Paese” l’azione delle strutture di supporto alla promozione commerciale e agli investimenti esteri, per rendere più organiche e sinergiche le funzioni di “diplomazia economica” attribuite in varia misura a diversi soggetti istituzionali, in un contesto nel quale, con la riforma del titolo V della Costituzione, si è rafforzata la tendenza al decentramento delle funzioni nella materia in questione.

Il risultato più significativo conseguito in questa direzione è rappresentato dalla costituzione degli sportelli unici all’estero (cd. “sportelli Italia”), disposta dalla legge n. 56/2005.

Sono invece rimaste inattuate le due ampie deleghe aventi per oggetto, rispettivamente, il riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione delle imprese (con particolare riferimento al coordinamento tra gli interventi di competenza dello Stato e delle Regioni), ed il riordino e la razionalizzazione degli enti operanti nel settore.

Page 20: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 21: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE

13

ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE (a cura della Commissione)

Ambito di competenza

L’articolo 22, comma 1, del Regolamento della Camera, nel fissare le competenze delle Commissioni permanenti, attribuisce alla X Commissione le materie delle attività produttive, del commercio e del turismo.

In base alla circolare del Presidente della Camera del 16 ottobre 1996 n. 3, tale ambito di competenza è stato specificato nel senso di attribuire alla X Commissione le materie delle attività produttive, compresa la disciplina relativa alle cave e alla torbiere; del commercio, compreso il commercio con l'estero; della tutela dei consumatori; del turismo; dell’artigianato; della politica industriale; dei brevetti, marchi e proprietà industriale; della ricerca applicata; dell’energia e della cooperazione produttiva.

In ordine alla possibile sovrapposizione di competenze tra le Commissioni, la medesima circolare chiarisce che, ferma restando l'attribuzione alla X Commissione della disciplina del commercio con l'estero, rimane di competenza della III Commissione Affari esteri la trattazione dei temi del commercio internazionale come aspetto specifico della politica estera.

Si specifica altresì che, benché la politica degli armamenti rientri nella competenza della IV Commissione Difesa e la III Commissione sia invece competente in materia di vendita di armi all'estero, resta attribuita alla X Commissione la competenza in materia di industria bellica.

Inoltre, ferma restando la competenza della X Commissione riguardo alla definizione degli indirizzi generali di politica industriale, la disciplina delle attività industriali nei settori cantieristico, farmaceutico ed agroalimentare spetta, rispettivamente, alle Commissioni IX Trasporti, XII Affari Sociali e XIII Agricoltura.

La circolare chiarisce anche che alla X Commissione appartengono - con riferimento a tutte le attività produttive - le questioni riguardanti la tutela dei consumatori, salvo che per i profili concernenti la salute, per i quali la competenza è della XII Commissione, e che ad essa sono assegnati anche i progetti di legge in materia di termalismo, salvo che non risultino prevalenti i profili attinenti alla tutela della salute, di competenza della XII Commissione.

Nei casi, assai frequenti, di stretta connessione di interventi intesi a promuovere lo sviluppo delle attività produttive o a fronteggiare situazioni di crisi ed interventi a sostegno dell'occupazione, si deve avere riguardo per il profilo di volta in volta prevalente, procedendosi alla assegnazione dei relativi

Page 22: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE

14

provvedimento alle Commissioni riunite X e XI qualora non risulti possibile effettuare una valutazione di prevalenza.

La circolare stabilisce infine che appartiene alla XIII Commissione la competenza in materia di agriturismo, ma che sui relativi progetti di legge sarà comunque previsto il parere rinforzato della X Commissione.

Con successiva circolare del Presidente della Camera del 16 luglio 2001 è stato altresì chiarito che, attesa la competenza generale in materia di politica industriale, la X Commissione esprime il proprio parere rinforzato - ai sensi degli articoli 73, comma 1-bis, e 93, comma 3-bis, del Regolamento - per i progetti di legge vertenti su materia diversa, che incidano sulla definizione di indirizzi di politica industriale.

Analisi dei dati statistici

Per quanto concerne l’attività legislativa, la Commissione ha approvato sei provvedimenti in sede legislativa, dei quali cinque divenuti legge. Si è trattato, fatta eccezione per un unico disegno di legge del Governo, di progetti di legge di iniziativa parlamentare.

La Commissione ha altresì concluso l’esame, in sede referente, di venti provvedimenti, dei quali l’80 per cento di iniziativa governativa (16 su 20). I provvedimenti licenziati per l’Assemblea dalla sola X Commissione sono stati diciassette - dei quali quattordici divenuti legge – mentre tre sono quelli esaminati a Commissioni riunite, dei quali due divenuti legge.

Sono stati inoltre quindici i provvedimenti – tutti di iniziativa parlamentare – il cui esame in sede referente non si è concluso, sebbene nella maggior parte dei casi la Commissione sia giunta in una fase piuttosto avanzata dell’iter, attraverso la costituzione di un comitato ristretto, lo svolgimento di audizioni e la definizione di un testo unificato.

Nell’ambito dell’attività legislativa, si segnala che la Commissione ha fatto ricorso, in quattro occasioni, alla richiesta di parere al Comitato per la legislazione, ai sensi dell’articolo 16-bis, commi 4 e 6-bis, del Regolamento. Nel quadro delle proprie attività di istruttoria legislativa, la Commissione ha inoltre provveduto, in più occasioni, ad acquisire i necessari elementi di conoscenza attraverso lo svolgimento di 36 sedute di audizioni informali (per un totale di 128 soggetti auditi).

Quanto all’attività svolta in sede consultiva, i pareri resi ad altre Commissioni ai fini dell’esame di provvedimenti in sede referente o legislativa sono stati 308.

Rilevante è stata l’attività della Commissione anche in relazione ai pareri espressi su atti del Governo, ai sensi dell’articolo 143, comma 4, del regolamento, ivi incluse le proposte di nomina. La Commissione ha infatti deliberato complessivamente 53 pareri al Governo, di cui 45 su schemi di decreto legislativo, schemi di regolamento e altri atti e otto su proposte di

Page 23: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE

15

nomina. In 11 casi, inoltre, la Commissione ha formulato rilievi su schemi di atti normativi del Governo assegnati ad altra Commissione, ai sensi dell’articolo 96-ter, comma 4, del regolamento.

In ordine alle attività di sindacato ispettivo, la Commissione ha svolto 73 sedute di interrogazioni, ciò che ha consentito di dare risposta a 189 delle 336 interrogazioni presentate (con una percentuale pari al 56 per cento). In questo ambito, intensa è stata l’attività svolta in sede di question time, con 35 sedute ed un totale di 102 interrogazioni a risposta immediata svolte. La Commissione ha inoltre approvato 21 risoluzioni, pari al 57 per cento di quelle assegnate alla Commissione.

Quanto alle attività conoscitive poste in essere dalla X Commissione, queste hanno dato luogo a quattordici audizioni formali - ai sensi dell’articolo 143, comma 2, del Regolamento - e allo svolgimento di nove indagini conoscitive. Di queste, sei sono state svolte dalla sola X Commissione ed hanno portato all’approvazione di un documento conclusivo; tre indagini sono state invece condotte congiuntamente con altre Commissioni (una di queste si è conclusa con l’approvazione di un documento conclusivo, mentre un’altra è stata condotta nell’ambito dell’istruttoria legislativa su un provvedimento).

Infine, in sede di esame congiunto con la XIV Commissione, la X Commissione ha svolto l’esame, ai sensi dell’articolo 127, comma 2, del Regolamento, di una proposta di direttiva comunitaria (nella cosiddetta “fase ascendente” della legislazione europea), adottando un documento finale. Nell’occasione, l’esame dell’atto comunitario è stato accompagnato dalle audizioni di europarlamentari italiani, con la partecipazione di rappresentanti del Governo, dando così seguito alle indicazioni del Presidente della Camera che, con la lettera del 10 ottobre 2005, ha invitato i presidenti delle Commissioni permanenti a favorire all’interno del Parlamento un confronto tra i rappresentanti italiani al Parlamento europeo e quelli del Governo, anche in vista del raggiungimento di un orientamento comune da rappresentare in sede comunitaria.

Linee di tendenza

Come evidenziato dall’analisi dei dati statistici, nel corso della XIV legislatura la maggior parte dei provvedimenti sui quali si è concentrata l’attività normativa della X Commissione è riconducibile all’iniziativa legislativa del Governo, in prevalenza avente carattere di urgenza. Dei 20 provvedimenti licenziati per l’Assemblea dalla X Commissione, infatti, 16 sono stati quelli presentati alle Camere dall’Esecutivo, dei quali 12 di conversione di altrettanti decreti-legge.

Si è inoltre assistito ad una significativa omogeneità, dal punto di vista delle materie affrontate, dei testi normativi esaminati dalla Commissione, con una assoluta primazia dei provvedimenti aventi ad oggetto il settore dell’energia (8 su

Page 24: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE

16

20) e di quelli rivolti al sistema industriale ed alle imprese (8 su 20). A queste tematiche fanno riferimento sia interventi normativi di ampio respiro, recanti riordino complessivo di interi settori, sia interventi specifici contenuti in provvedimenti ad hoc, sovente con carattere di urgenza. Inoltre, l’attività legislativa è stata accompagnata, in questi settori, da una intesa attività conoscitiva, perlopiù condotta attraverso lo svolgimento di indagini conoscitive. A questi temi la Commissione ha dedicato notevole impegno, svolgendo un lavoro di analisi e di riordino normativo particolarmente approfondito, che ha registrato, in diversi casi, una tendenziale convergenza delle forze politiche.

Ulteriori tematiche alle quali la Commissione ha dedicato i propri lavori sono state quella del commercio, della pubblicità e della tutela dei consumatori – che ha visto l’approvazione di diversi provvedimenti in sede legislativa – nonché quella dei brevetti, marchi e proprietà industriale. Spazio nei lavori della Commissione hanno anche trovato le materie del turismo e della ricerca applicata, sebbene i provvedimenti esaminati in tali ambiti - oggetto di un approfondito esame in sede referente - non siano giunti all’esame dell’Assemblea.

Con particolare riferimento al tema dell’energia, sin dall’inizio della legislatura la X Commissione ha posto la materia al centro del suo lavoro, avviando nell’autunno del 2001 una indagine conoscitiva sulla situazione e le prospettive del settore energetico, con l'obiettivo di valutare l'adeguatezza e le eventuali necessità di aggiornamento del quadro normativo nazionale e delle prospettive di effettiva realizzazione del mercato unico europeo, nonché di individuare possibili linee di indirizzo dell'azione del Governo sul piano interno e comunitario.

Tra i più significativi sviluppi normativi dell’indagine – conclusasi con l’approvazione di un documento conclusivo nell’aprile 2002 – occorre richiamare la legge n. 239 del 23 agosto 2004 (cosiddetta legge Marzano), che ha disposto un complessivo riordino del settore energetico, anche alla luce del nuovo riparto di competenze fra lo Stato e le regioni recato dalla riforma dell’articolo 117 della Costituzione.

All’indagine sono inoltre seguiti diversi interventi normativi puntuali, sovente di carattere emergenziale, volti a fornire risposte a specifiche esigenze sorte in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, alcuni dei quali adottati nelle more dell’approvazione della citata legge di riordino del settore ed anche in risposta a situazioni di crisi riguardanti il black out verificatosi in Italia nel settembre 2003 (DL n. 239 del 2003, recante “Disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 290 del 2003) e l’approvvigionamento del gas (DL n. 19 del 2006 recante “Misure urgenti per garantire l’approvvigionamento di gas naturale”, convertito in legge, senza modificazioni, dalla legge n. 108 del 2006). Di particolare rilievo, inoltre, i decreti-legge n. 192 del 2001 e n. 81 del 2005 (i cosiddetti decreti Edf, convertiti,

Page 25: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE

17

rispettivamente, dalla legge n. 301 del 2001 e dalla legge n. 131 del 2005), che hanno provveduto, il primo, a fissare taluni vincoli alla partecipazione e all’acquisto di società operanti nei settori dell'energia elettrica del gas, ed il secondo – intervenuto a seguito dell'accordo di collaborazione siglato tra Italia e Francia – a rimuovere tali vincoli, a determinate condizioni.

La conclusione della legislatura ha quindi visto la X Commissione nuovamente impegnata in un ampio lavoro di analisi e approfondimento sui temi dell’energia, attraverso lo svolgimento di una ulteriore indagine conoscitiva dedicata alle prospettive degli assetti proprietari delle imprese energetiche e ai prezzi dell'energia in Italia. L’indagine - avviata nel dicembre 2005 e conclusasi il 9 febbraio 2006 con l’approvazione di un documento conclusivo – ha effettuato un’analisi complessiva del sistema energetico nazionale, al fine di verificare se e come dovessero essere aggiornati gli indirizzi e le priorità della politica energetica, a tal fine avvalendosi, mediante lo svolgimento di un ampio ciclo di audizioni, anche del contributo di numerosi rappresentanti delle istituzioni ed esperti del settore.

Con riferimento alle iniziative rivolte al sistema industriale ed alle imprese, anche in questo caso si è assistito ad una combinazione di diversi interventi normativi, dai più strutturali a quelli di legislazione più ‘minuta’.

Merita innanzitutto ricordare come, nella prima fase della legislatura, la Commissione abbia condotto una intensa attività di approfondimento, svolgendo diverse indagini conoscitive, rispettivamente dedicate all’industria chimica, all’industria dell’automobile – congiuntamente con la 10° Commissione del Senato – e al sistema industriale italiano, tutte conclusesi con l’approvazione di un documento conclusivo.

La seconda metà della legislatura è stata invece dominata dagli effetti delle gravi crisi finanziarie che hanno coinvolto in particolare i gruppi Cirio e Parmalat, a seguito delle quali si è sviluppata un’intensa attività conoscitiva e legislativa. Le commissioni riunite VI e X della Camera, congiuntamente con le Commissioni Finanze e Industria del Senato hanno infatti avviato, nel gennaio del 2004, una approfondita indagine conoscitiva avente ad oggetto i rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio, che si è conclusa nel marzo del medesimo anno con l’approvazione di un documento conclusivo.

Durante lo svolgimento dell’indagine conoscitiva sono stati presentati diversi progetti di legge, tra i quali anche un disegno di legge del Governo, in materia di interventi per la tutela del risparmio, il cui esame, congiuntamente con la VI Commissione Finanze, ha condotto all’approvazione della legge n. 262 del 2005, recante disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari, diretta in primo luogo a dare risposta ai problemi evidenziatisi con le crisi finanziarie di Cirio e Parmalat.

Nel medesimo periodo la X Commissione ha anche concluso l’esame del decreto-legge n. 347 del 2003 recante “Misure urgenti per la ristrutturazione

Page 26: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE

18

industriale di grandi imprese in stato di insolvenza” (convertito dalla legge n. 239 del 2004), che, intervenendo nel quadro della ricordata situazione di crisi, era volto – insieme con i successivi interventi di modifica (DL n. 119 del 2004 e DL n. 281 del 2004) a introdurre una disciplina speciale in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.

Accanto a questi interventi occorre poi ricordare la legge n. 273 del 2002, che ha introdotto “Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza”, la legge n. 56 del 2005, recante “Misure per l'internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore” e le disposizioni per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani, il cui esame non si è tuttavia concluso presso il Senato.

Sulle restanti materie di competenza della Commissione – salvo gli interventi nel campo della ricerca (oggetto di una indagine conoscitiva, in congiunta con la VII Commissione Cultura, sui soggetti operanti nel settore, e del provvedimento recante “Riordino delle competenze nel settore spaziale e aerospaziale”, entrambi non conclusi) ed in quello dei marchi e brevetti (con la legge n. 78 del 2006 sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche) – si è registrata, in linea di massima, una tendenza ad interventi su ambiti più limitati o aventi carattere settoriale, che, tuttavia, in molti casi e fatta eccezione per i provvedimenti affrontati in sede legislativa, non sono giunti a conclusione dell’iter legislativo, sebbene oggetto di un approfondito esame.

Questa tendenza è senz’altro confermata dagli interventi in materia di commercio, pubblicità e tutela dei consumatori, settore sul quale si è notevolmente concentrata l’attività della Commissione e dove i provvedimenti pervenuti a conclusione – fatta eccezione per le norme in materia di messaggi pubblicitari ingannevoli diffusi attraverso mezzi di comunicazione (legge n. 49 del 2005) – sono stati approvati in sede legislativa. Sono state infatti approvate dalla Commissione le norme per la disciplina dell’affiliazione commerciale (legge n. 129 del 2004), una nuova disciplina in materia di vendite dirette a domicilio e di tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidale (legge n. 173 del 2005), una disciplina dell’attività di acconciatore (legge n. 174 del 2005) e una disciplina dell’attività professionale di tintolavanderia (il cui esame non è peraltro proseguito presso il Senato per lo scadere della legislatura). Non hanno invece avuto esito, sebbene siano state oggetto di una protratta e approfondita attività istruttoria in sede referente, le disposizioni in materia di regolamentazione e istituzione delle case da gioco, di norme per la tutela e la valorizzazione delle botteghe storiche di interesse artistico e degli antichi mestieri, e di iscrizione al ruolo degli agenti e rappresentanti di commercio.

Nel quadro delle competenze della X Commissione, vanno inoltre tenuti in considerazione i pareri espressi su proposte di nomina, nonché su numerosi e

Page 27: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

NOTE DI SINTESI – ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE

19

rilevanti atti normativi del Governo, con particolare riferimento agli schemi di decreti legislativi.

In tale ambito, la Commissione ha affrontato, ai fini dell’espressione del parere parlamentare, anche provvedimenti di ampia riforma organica nei settori di propria competenza, tra i quali si segnala, in particolare, il Codice del consumo, che ha disposto il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei consumatori, e il Codice della proprietà industriale, recante il riassetto delle disposizioni in materia ed una complessiva riforma della legislazione vigente. Inoltre, la Commissione si è espressa, ogni anno, sulla ripartizione dei contributi destinati dal Ministero delle attività produttive ad enti e organismi, a studi e ricerche per la politica industriale e al Fondo unico per gli incentivi alle imprese, nonché ha formulato il proprio parere sull’utilizzo delle somme derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori.

Nell’ambito dei propri poteri di controllo e indirizzo, la Commissione ha altresì utilizzato, con notevole frequenza, gli strumenti di sindacato ispettivo. Sono state infatti particolarmente numerose le sedute dedicate allo svolgimento di interrogazioni e di interrogazioni a risposta immediata, che hanno investito tutti gli ambiti di competenza della Commissione, e quelle dedicate alla discussione di risoluzioni, che hanno riguardato, tra l’altro, le materie del commercio, dell’energia, dell’industria, del turismo e dei marchi e brevetti.

Da segnalare, infine, le diverse audizioni formali svolte dalla Commissione ex articolo 143, commi 2 e 3, del regolamento, che hanno visto la partecipazione di numerosi esponenti del Governo, nonché del Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e del Presidente dell’ENEA. La Commissione ha altresì ascoltato, congiuntamente con la XIV Commissione, rappresentanti italiani al Parlamento europeo sulla proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (cd. direttiva Bolkestein).

Page 28: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 29: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Principali politiche e interventi legislativi

Page 30: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 31: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Energia

Page 32: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 33: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

25

Energia: Giurisprudenza costituzionale

La riforma del titolo V della Costituzione e, in particolare, il novellato articolo 117, colloca la materia della "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia" tra le competenze concorrenti; lo Stato stabilisce i principi generali della materia, mentre alle Regioni spetta legiferare sulle norme di dettaglio.

La necessità di armonizzare le nuove competenze regionali con la dimensione nazionale delle politiche energetiche e le relative interdipendenze comunitarie ed internazionali ha dato luogo ad una prima fase di applicazione del nuovo assetto della governance del settore che è stata segnata da incertezze interpretative e da una forte conflittualità nel rapporto tra lo Stato e le Regioni, come testimoniato dal sensibile e significativo aumento dei ricorsi dinanzi alla Corte Costituzionale e dalla conseguente funzione di "supplenza" che ha dovuto assumere la giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Le Regioni hanno infatti ripetutamente impugnato davanti alla Corte Costituzionale i provvedimenti legislativi adottati dal Parlamento, ritenendo che essi contenessero disposizioni aventi carattere di dettaglio e quindi incompatibili con il nuovo assetto costituzionale.

Il legislatore statale ha, invece, seguito una linea interpretativa che ha posto in primo piano, nella concreta definizione dei propri ambiti di intervento, le cd. materie “trasversali” ricomprese nelle competenze statali esclusive di cui all’art. 117, primo comma, della Costituzione.

Particolarmente significativo, in questo senso, l’articolo 1 della legge di riordino del settore energetico (v. capitolo Riordino del settore energetico) ove si afferma che la legge medesima, oltre a porre, nell’ambito dei principi derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, “i principi fondamentali in materia energetica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione”, detta, altresì, disposizioni che contribuiscono a garantire: la tutela della concorrenza; la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali; la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica; la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

In tal modo, come si legge nel citato articolo 1 della legge n. 239 del 2004, il legislatore statale tende a di garantire “l’unità giuridica ed economica dello Stato e il rispetto delle autonomie regionali e locali, dei trattati internazionali e della normativa comunitaria”.

In questo contesto la Corte costituzionale ha avuto modo di intervenire definendo le linee di una giurisprudenza che ha assunto una portata non limitata al settore dell’energia, costituendo invece un asse importante di orientamento

Page 34: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

26

nella ricerca di un equilibrio tra i diversi livelli di governo rispetto alle materie di legislazione concorrente.

In particolare, la Corte, con la sentenza n. 6 del 2004, relativa al contenzioso costituzionale sorto tra Stato e Regioni relativamente alle disposizioni contenute nel decreto legge n. 7 del 2002, convertito dalla legge n. 55 del 2002, recante "Misure urgenti per garantire la sicurezza del settore elettrico nazionale", ha sciolto alcuni dubbi interpretativi relativi al rapporto fra le competenze legislative e le funzioni amministrative dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali in materia di energia, con particolare riferimento alle procedure di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti.

Segnatamente, la Corte, nel dichiarare infondati i ricorsi delle Regioni Umbria, Basilicata e Toscana avverso il citato decreto legge n. 7 del 2002 - adottato dal Governo al fine di consentire che i processi di costruzione di nuove centrali e di ampliamento di quelle già esistenti potessero avviarsi nonostante gli impedimenti frapposti dalle autorità locali competenti a rilasciare le autorizzazioni - ha confermato il proprio indirizzo giurisprudenziale in base al quale per giudicare della legittimità costituzionale della norma impugnata bisogna non già considerare la conformità rispetto all'articolo 117 Cost., bensì valutarne la rispondenza da un lato ai criteri indicati dall'articolo 118 Cost. per la allocazione e la disciplina delle funzioni amministrative, dall'altro al principio della leale collaborazione..

Nella sentenza citata (v. scheda Giurisprudenza costituzionale - Sentenza n. 6/2004) la Corte, riprendendo nella sostanza l’orientamento della sentenza n. 303 del 2003, oltre a confermare, almeno in parte, la tendenza ad una interpretazione restrittiva delle materie “trasversali” di competenza esclusiva statale, ha chiarito come nelle materie di competenza statale esclusiva o concorrente, in virtù dell'art. 118, primo comma, Cost., la legge possa attribuire allo Stato funzioni amministrative, nonché organizzarle e regolarle, al fine di renderne l'esercizio raffrontabile a un parametro legale.

In tale prospettiva, precisa la Corte, i principî di sussidiarietà e di adeguatezza convivono con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel nuovo Titolo V e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità, sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata.

Secondo tale indirizzo giurisprudenziale, nell’identificazione di un preciso fondamento costituzionale per l’attribuzione delle competenze nel settore energetico al livello statale, assumono, quindi, una peculiare valenza gli accordi, le intese e le altre forme di concertazione e di coordinamento orizzontale delle rispettive competenze, che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione.

Page 35: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

27

Con altre sentenze (nn. 7 e 8 del 2004) la Corte è stata chiamata invece a

pronunciarsi su questioni di legittimità costituzionale sollevate in via principale dal Governo avverso leggi regionali.

In particolare, con la sentenza n. 7 del 2004, la Corte ha dichiarato non fondata la questione sollevata dal Governo avverso la legge n. 32 della Regione Piemonte, recante disposizioni sulle procedure di formazione del Piano regionale energetico-ambientale.

Ad avviso del Governo, la legge, prevedendo la possibilità per la Regione di emanare linee guida per la progettazione tecnica degli impianti di produzione, di distribuzione ed utilizzo dell’energia, avrebbe arrecato pregiudizio alla compatibilità, da un punto di vista tecnico, della rete regionale di distribuzione dell’energia elettrica con la rete nazionale e le altre reti europee.

Al riguardo, la Corte ha ritenuto legittima la legge regionale sul presupposto che le norme tecniche da essa poste si conformino a quelle stabilite dal Gestore nazionale della rete, le quali non esauriscono i criteri di progettazione tecnica degli impianti. Conseguentemente, la regione può legittimamente adottare ulteriori criteri per la progettazione degli impianti che si aggiungano, rispettandole, alle regole tecniche individuate dal Gestore nazionale. In questo senso la salvaguardia delle esigenze di unitarietà della rete è garantita dal rispetto delle regole poste a livello centrale.

Più di recente, con la sentenza n. 383 del 2005, la Corte costituzionale si è pronunciata sui ricorsi promossi dalla Regione Toscana e dalla Provincia autonoma di Trento avverso numerose disposizioni del decreto legge 29 agosto 2003, n. 239, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale (convertito con modificazioni, dalla legge n. 290 del 2003), e della legge di riordino del settore energetico (legge 23 agosto 2004, n. 239).

La sentenza, molto articolata (v. scheda Giurisprudenza costituzionale - Sentenza n. 383/2005), decide ben 22 punti di impugnazione delle disposizioni del D.L., accogliendo i motivi di ricorso, con conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni del D.L., su 11 di tali punti.

In due casi la dichiarazione di incostituzionalità consegue al riconoscimento della natura di dettaglio delle disposizioni del D.L., non idonee come tali ad integrare gli estremi di principi fondamentali in materia di legislazione concorrente.

Il filo conduttore della sentenza è tuttavia la ricognizione, ai sensi dei principi affermati nella precedente sentenza n. 6/2004, dei requisiti necessari ad assicurare in concreto, in relazione alle fattispecie concrete oggetto di impugnazione, la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione.

In questa ottica la Corte ha dichiarato incostituzionali numerose disposizioni del D.L. n. 239/2003, per la parte nella quale non prevedono che i poteri

Page 36: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

28

attribuiti agli organi statali debbano essere esercitati d’intesa, a seconda dei casi, con la Conferenza Unificata Stato regioni e Stato-città di cui all’art. 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, oppure direttamente con le Regioni e le Province interessate.

Particolare rilievo assume poi la definizione da parte della Corte delle caratteristiche che le intese in questione debbono assumere, con la sottolineatura del carattere necessariamente paritario delle stesse.

A questo proposito si ritiene opportuno riportare un passo della motivazione della sentenza:

“Nell'attuale situazione, infatti, come questa Corte ha più volte ribadito a partire dalla sentenza n. 303 del 2003 (cfr., da ultimo, le sentenze n. 242 e n. 285 del 2005), tali intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimità costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la “chiamata in sussidiarietà” di una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese “in senso forte”, ossia di atti a struttura necessariamente bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti. In questi casi, pertanto, deve escludersi che, ai fini del perfezionamento dell'intesa, la volontà della Regione interessata possa essere sostituita da una determinazione dello Stato, il quale diverrebbe in tal modo l'unico attore di una fattispecie che, viceversa, non può strutturalmente ridursi all'esercizio di un potere unilaterale.

L'esigenza che il conseguimento di queste intese sia non solo ricercato in termini effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo, potrà certamente ispirare l'opportuna individuazione, sul piano legislativo, di procedure parzialmente innovative volte a favorire l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficoltà a conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno in ogni caso prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle parti coinvolte. E nei casi limite di mancato raggiungimento dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni”.

La sentenza n. 383/2005 rappresenta ad oggi il punto di riferimento di una giurisprudenza che cerca di definire forme e modalità di una leale e proficua collaborazione tra i diversi livelli di governo in materia energetica, nell’ambito del riparto di competenze disegnato dal nuovo titolo V della Costituzione.

Occorre tuttavia considerare anche che la legge costituzionale di riforma della Parte seconda della Costituzione (approvata in seconda deliberazione dalla Camera il 20 ottobre 2005 e dal Senato il 16 novembre 20051) prevede una significativa modifica di tale riparto di competenze.

Il testo della legge, che sarà sottoposta al referendum popolare previsto dall’art. 138, secondo comma, della Costituzione, introduce infatti una distinzione 1 Pubblicata nella G.U. del 18 novembre 2005, n. 269 ai sensi dell’art. 3 della legge 352/1970.

Page 37: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

29

tra “produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia”, di esclusiva competenza statale, e “produzione, trasporto e distribuzione dell’energia”, ricompresi invece tra le materie di legislazione concorrente.

Page 38: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 39: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

31

Sicurezza del sistema elettrico

Nel corso della legislatura sono stati adottati due decreti-legge per garantire la continuità e la sicurezza delle forniture di energia elettrica. Nel corso dell’iter per la conversione in legge, il contenuto di entrambi i provvedimenti è stato ampliato, ricomprendendo anche disposizioni volte ad assicurare, più in generale, la funzionalità del sistema elettrico e l’avanzamento di processo di liberalizzazione del mercato.

Un primo intervento in materia è stato disposto con il D.L. 7 febbraio 2002, n. 7, “Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale”, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2002, n. 55.

Il D.L. ha individuato gli elementi essenziali di una nuova procedura volta ad autorizzare, sino alla determinazione dei principi fondamentali della materia in attuazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. e comunque non oltre il 31 dicembre 2003, la costruzione e l’esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici.

In particolare, viene stabilito che gli impianti, gli interventi di modifica e le opere connesse sono dichiarati opere di pubblica utilità; l’autorizzazione è rilasciata, previa intesa con la Conferenza Stato Regioni, a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni statali e locali; la Valutazione di impatto ambientale costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento; l’istruttoria deve in ogni caso concludersi entro 180 giorni e l’autorizzazione ha effetto di variante degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale.

Ulteriori disposizioni, aggiunte con la legge di conversione, stabiliscono quanto segue: a partire dal 31 ottobre 2002 e fino al 31 dicembre 2010, nessun soggetto può

disporre di più del 50% del totale della potenza efficiente-lorda installata in Italia. Nel caso tale soglia sia superata, l’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, previa diffida, adotta provvedimenti sanzionatori di natura pecuniaria. Viene conseguentemente previsto che l’Enel provveda alla vendita di ulteriori impianti rispetto a quelli compresi nel piano di cessione approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. E’ infine previsto che, qualora i titolari di impianti elettrici intendano dismetterli ovvero omettano di mantenerli in efficienza, il Ministero delle attività produttive possa indire un’asta pubblica per la cessione degli impianti medesimi;

la ridefinizione degli oneri generali del sistema elettrico, mediante la riduzione dell’importo dei rimborsi dei sovracosti di produzione (c.d. stranded costs) dovuti ai produttori, non riconoscendo più quelli sull’attività di generazione di energia elettrica. A parziale ristoro, viene eliminato l’obbligo

Page 40: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

32

dei produttori di compensare la maggiore valorizzazione (dovuta all’assenza di costi per il combustibile) dell’energia prodotta da impianti idroelettrici o geotermoelettrici (c.d. rendita idroelettrica).

Il decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, recante “Disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, è stato anch’esso emanato allo scopo di garantire la continuità degli approvvigionamenti di energia elettrica in condizioni di sicurezza, mediante una deroga temporanea alla disciplina relativa ai limiti di emissione delle centrali.

Nelle more della conversione il testo del decreto, anche a seguito del black out verificatosi in Italia nel settembre 2003, è stato notevolmente accresciuto, assorbendo anche alcune disposizioni precedentemente contenute nel disegno di legge di riordino del sistema energetico nazionale.

Il decreto è stato quindi convertito con modificazioni dall'articolo 1, della legge 27 ottobre 2003, n. 290; con i commi 2 e 3 del medesimo art. 1 della legge di conversione sono state conferite altresì due deleghe al governo in materia rispettivamente di remunerazione di capacità produttiva di energia elettrica e di espropriazione per pubblica utilità.

Come già segnalato nel capitolo relativo alla giurisprudenza costituzionale in materia energetica, alcune disposizioni del decreto legge n. 239/2003, come modificato dalla legge di conversione, sono state dichiarate incostituzionali con la sentenza n. 383/2005 per violazione delle competenze delle regioni e delle province autonome. (v. scheda Giurisprudenza costituzionale - Sentenza n. 383/2005)

Nel merito del provvedimento, le disposizioni del decreto legge n. 239/2003, come modificato dalla legge di conversione, possono essere raggruppate come segue:

a) Disposizioni sulla funzionalità degli impianti di produzione

deroga temporanea (sino al 30 giugno 2005) ai limiti contenuti nei provvedimenti autorizzativi per le emissioni in atmosfera, in maniera da consentire il funzionamento in situazioni di emergenza, anche se temporaneo, di singole centrali di potenza termica superiore ai 300MW, prolungando, inoltre, al 30 giugno 2005 la vigenza delle misure sull'innalzamento del limite della temperatura degli scarichi termici per centrali termoelettriche di analoga potenza (art 1, commi 1e 3);

previsione della emanazione da parte del Ministro delle attività produttive di appositi decreti per promuovere o accelerare la riprogrammazione dell’utilizzo degli impianti idroelettrici, la concentrazione delle manutenzioni, la possibile riattivazione di impianti, e l’incremento della capacità interrompibile,allo scopo di ridurre i rischio di distacchi di energia elettrica (art. 1-bis).

b) Disposizioni volte ad assicurare la funzionalità del settore elettrico

Page 41: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

33

disposizioni riguardanti la messa fuori servizio ed il mantenimento in efficienza degli impianti di generazione elettrica (art. 1-quinquies del D.L.,commi 1 e 2);

gestione degli impianti idroelettrici di pompaggio al fine di garantirne la massima disponibilità per la gestione dei transitori e dei picchi di domanda (comma 3);

nuovo metodo di calcolo della potenza degli impianti idroelettrici con il serbatoio di carico nell’ambito dei bacini imbriferi montani (comma 4);

attribuzione di competenza per l’individuazione delle modalità e delle condizioni di importazione di energia elettrica, nel caso di insufficienza (comma 4);

facoltà di richiedere un’esenzione dalla disciplina che prevede il diritto di accesso dei terzi in caso di realizzazione di nuove infrastrutture di interconnessione del sistema elettrico nazionale e la redifinizione da parte dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas delle tariffe di trasporto e di distribuzione (commi 6 e 7);

modifica della disciplina in materia di contratti bilaterali con il riconoscimento di nuove competenze al GRTN; la presentazione, da parte del predetto Gestore, e l’approvazione da parte del Ministro per le attività produttive, di un programma per l’adeguamento e l’eventuale miglioramento dei sistemi di difesa per la sicurezza del sistema elettrico (commi 8 e 9).

c) Disposizioni sulle reti di trasmissione

unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica di trasmissione nazionale, demandando ad un DPCM la definizione dei criteri, delle modalità e delle condizioni per la suddetta unificazione, nonché la definizione dei criteri per la gestione del soggetto risultante dalla unificazione stessa, compresa la disciplina dei diritti di voto e la sua successiva privatizzazione (l’art.1-ter comma 1); in attuazione della disposizione di cui all’art. 1-ter è stato adottato, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive, il DPCM 11 maggio 2004 recante “Criteri, modalità e condizioni per l'unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione”, che ha disposto - entro il 31 ottobre 2005 - il trasferimento a Terna S.p.a., già proprietaria della rete di trasmissione, delle attività, delle funzioni, dei beni, dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo al Gestore della rete- GRTN S.p.a. (v. scheda Sistema elettrico - Proprietà e gestione della rete).

previsione della emanazione di indirizzi per lo sviluppo della rete di trasporto di energia da parte del Ministro delle attività produttive e della verifica da parte del Ministero della conformità dei piani di sviluppo predisposti annualmente

Page 42: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

34

dai gestori delle reti di trasporto agli indirizzi suddetti, con alcune alcune modifiche al D.Lgs. n 79/99 (art. 1-ter, commi 2 e 3)2;

fissazione di un tetto (al 20 per cento) al possesso delle reti da parte dei soggetti operanti nel settore, con riferimento in particolare a quei soggetti ancora sotto il controllo pubblico. A seguito di un intervento modificativo operato dalla legge n. 239/2004, di riordino del settore, il suddetto limite del 20% opera nei confronti delle società a controllo pubblico, anche indiretto, solo qualora queste operino direttamente nei medesimi settori (della produzione, importazione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica e del gas naturale) (art. 1-ter, comma 4);

semplificazione dei procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle reti nazionali di trasporto dell’energia, mediante procedimento amministrativo unico per la costruzione e l’esercizio degli elettrodotti, degli oleodotti e dei gasdotti facenti parte delle reti nazionali, secondo i principi di cui alla legge 241 del 7 agosto 1990 (art. 1-sexies).

Riguardo a quest’ultimo punto si segnala che le disposizioni di cui ai commi 24-27 della legge di riordino del settore energetico (Legge 23 agosto 2004, n. 239), hanno apportato modifiche al decreto-239/2003 che hanno novellato, tra l’altro, le norme introdotte dal decreto - legge in materia di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica, attraverso l’introduzione di un procedimento unico, svolto entro il termine di 180 giorni dalla domanda, a seguito del quale è rilasciata una autorizzazione che sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dall’ordinamento vigente, comprendendo altresì la dichiarazione di pubblica utilità e l’eventuale effetto di variante urbanistica. Le norme richiamate recano altresì la disciplina della valutazione di impatto ambientale relativa alle opere ivi contemplate. Il comma 26 in particolare provvede direttamente a disciplinare il procedimento autorizzativi unico e ad individuare nel Ministero delle attività produttive, di concerto con il Ministero dell’ambiente, l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell’energia. (Nel testo originario del D.L. n.239, invece, la definizione del procedimento autorizzatorio e dei relativi soggetti competenti era demandata ad un apposito DPR). Particolare rilievo assume, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale, la previsione, ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica, di una previa intesa con la regione o le regioni interessate, in mancanza della quale può essere esercitato il potere

2 Con riferimento al comma 2 si segnala che la Corte costituzionale, con sentenza 11-14 ottobre

2005, n. 383 ne ha dichiarato l'illegittimità, nella parte in cui non dispone che il potere del Ministro delle attività produttive di emanare «gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale» sia esercitato d'intesa con la Conferenza unificata.

Page 43: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

35

sostitutivo da parte dello Stato. Si osserva, inoltre, come il procedimento unico delineato dal comma in oggetto sia ora circoscritto agli elettrodotti e alla sola rete di trasporto dell’energia elettrica, essendo stato espunto ogni riferimento ad oleodotti e gasdotti facenti parte delle reti nazionali di trasporto dell’energia. Il comma 27, in linea con le modifiche introdotte dal comma 26, apporta ulteriori modifiche al testo dell’art.1-sexies, volte a circoscrivere la disciplina regionale dei procedimenti autorizzativi alle sole reti elettriche di competenza regionale, e non più, come attualmente previsto al comma 5 dell’art.1-sexies, a tutte le reti energetiche di competenza regionale; il comma circoscrive, altresì, la portata degli accordi di programma tra Stato e regioni, di cui al comma 6 dell’art.1-sexies, alla sole opere inserite nel programma triennale di sviluppo della rete elettrica nazionale e a quelle di rilevante importanza che interessano più regioni, espungendo il riferimento alle opere attinenti il trasporto nazionale del gas naturale e degli oli minerali.

Da ultimo si ricorda, come già accennato, che la legge di conversione del D.L.

ha conferito due deleghe al Governo:

la prima in materia di remunerazione della capacità produttiva di energia elettrica, volta ad assicurare il raggiungimento e il mantenimento di condizioni economiche per garantire un adeguato livello di capacità di produzione di energia elettrica; in attuazione della delega, è stato emanato il D.Lgs.19 dicembre 2003, n. 379, recante “Disposizioni in materia di remunerazione delle capacità di produzione di energia elettrica”. Il sistema di remunerazione delineato dal provvedimento è basato su meccanismi concorrenziali, trasparenti, non discriminatori e non distorsivi per il mercato, orientati a minimizzare gli oneri per i consumatori, ed è finalizzato ad assicurare il raggiungimento e il mantenimento dell'adeguatezza della capacità produttiva, per garantire la copertura della domanda nazionale con i necessari margini di riserva;

la seconda, in materia di espropriazione per pubblica utilità, al fine di adattare le disposizioni del testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità alle particolari caratteristiche delle infrastrutture lineari energetiche. In attuazione della delega è stato emanato il D.Lgs 27 dicembre 2004, n. 330 "Integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, in materia di espropriazione per la realizzazione di infrastrutture lineari energetiche”.

Page 44: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 45: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

37

Sicurezza degli approvvigionamenti

Il quadro della situazione: l’indagine conoscitiva della X Commissione della Camera

Come si sottolinea nel documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sulle prospettive degli assetti proprietari delle imprese energetiche e i prezzi dell’energia in Italia, deliberata dalla X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera il 16 novembre 20053, il settore energetico nazionale appare ancora connotato da forti elementi di criticità sul piano della sicurezza degli approvvigionamenti.

Dall’indagine è emerso come il mancato “completamento dei processi di liberalizzazione, in particolare nel settore del gas, non abbia consentito quella diversificazione delle opzioni di approvvigionamento atta a garantire sia la sicurezza di un sistema energetico sempre più "gas-dipendente", sia quella sufficiente abbondanza e flessibilità dell'offerta rispetto alle variazioni della domanda che costituisce la linfa di un mercato dell'energia liquido e concorrenziale, che a sua volta rappresenta la premessa dalla quale non è possibile prescindere per avviare un processo virtuoso di discesa del livello dei prezzi”.

L’emergenza negli approvvigionamenti manifestatasi durante l’inverno scorso, congiuntamente al sensibile mutamento delle convenienze economiche tra le diverse fonti energetiche, derivante dall'andamento al rialzo - che appare di natura non congiunturale - dei prezzi degli idrocarburi e dai vincoli di riduzione delle emissioni climalteranti conseguenti all'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, pone dunque, ad avviso della Commissione, l'esigenza di verificare se e come debbano essere aggiornati gli indirizzi e le priorità della politica energetica italiana al fine di superare le persistenti criticità.

A questo riguardo la Commissione sottolinea come oggi la questione principale per la sicurezza del sistema energetico nazionale sia l’inadeguatezza del sistema di approvvigionamento del gas, che in presenza di picchi stagionali di consumo ovvero di turbolenze internazionali - come di recente verificatosi tra la Federazione russa e l’Ucraina – costringe ad intaccare le riserve degli stoccaggi.

I limiti strutturali alle capacità di importazione e stoccaggio e le previsioni di crescita nazionale e internazionale della domanda di gas – correlate anche all’entrata in esercizio di nuove centrali termoelettriche a ciclo combinato – necessitano dunque in primo luogo di un adeguato impulso alla tempestiva realizzazione di nuove infrastrutture strategiche. 3 Il documento conclusivo èconsultabile nel sito della Camera dei deputati al seguente indirizzo

www.camera.it/organiparlamentarism/242/4416/4576/documentotesto.asp?comriun=0&sUrl=10/indag/imprese_energetiche/elenco.htm

Page 46: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

38

Oltre alla costruzione, quanto mai urgente, di nuovi terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL), è necessario, ad avviso della Commissione, garantire un tempestivo "sbottigliamento" dei metanodotti d'importazione internazionale, con particolare riferimento ai collegamenti con l’Algeria e la Russia, nonché un effettivo potenziamento delle rete di trasporto di gas naturale e della capacità di stoccaggio; tutto ciò nell'ottica di aumentare gli afflussi di gas e superare le rigidità di accesso alla rete e il rischio di congestioni, potenziando per questa via la flessibilità del sistema.

La Commissione ritiene quindi che, nel medio periodo l’obiettivo sia quello di fare dell'Italia un vero e proprio Hub del gas nel Mediterraneo, un’area di transito e non solo di consumo per le nuove forniture di gas provenienti dalle aree di produzione del Caspio, del Medio Oriente e del Nord Africa, destinate a soddisfare il fabbisogno crescente dell'Europa Centrale e Settentrionale, con tutti vantaggi conseguenti in termini di riduzione dei prezzi e sicurezza degli approvvigionamenti. A tal fine è richiesto un quadro normativo e regolatorio stabile e certo, atto a rassicurare gli investitori circa la tempistica e i costi per la realizzazione delle infrastrutture, nonché l'attivazione di interventi di potenziamento della rete di trasporto, oltre che nuove interconnessioni con gli altri paesi europei capaci di operare in controflusso (Sud-Nord).

L’evoluzione del quadro normativo

La legge 18 aprile 2005, n. 62 Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004, all’articolo 17 ha conferito una delega al Governo per il recepimento della direttiva 2004/67/CE del Consiglio del 26 aprile 2004, nella quale sono contenute principalmente – a livello di ordinamento comunitario- le misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas naturale4. 4 La direttiva stabilisce un quadro comune entro il quale gli Stati membri definiscono politiche di

sicurezza dell'approvvigionamento generali, trasparenti e non discriminatorie, compatibili con le esigenze di un mercato interno concorrenziale del gas, precisano i ruoli generali e le responsabilità dei diversi soggetti di mercato e attuano procedure specifiche non discriminatorie per tutelare la sicurezza dell'approvvigionamento di gas. In relazione al provvedimento in esame si ricorda che la direttiva prevede l'istituzione di un gruppo di coordinamento, avente il compito di facilitare il coordinamento delle misure in materia di sicurezza dell'approvvigionamento a livello comunitario nell'eventualità di una grave interruzione dell'approvvigionamento, nonché di assistere gli Stati membri nel coordinare misure adottate a livello nazionale. Si segnala inoltre come l'art. 9 della direttiva rechi un meccanismo comunitario in base al quale, qualora si verifichi una situazione che possa comportare una grave interruzione dell'approvvigionamento per un periodo di tempo significativo, la Commissione convoca su richiesta di uno Stato membro ovvero di propria iniziativa il suddetto gruppo di coordinamento non appena possibile; il gruppo esamina e, se del caso, assiste gli Stati membri nel coordinamento delle misure adottate a livello nazionale per far fronte alla grave interruzione dell'approvvigionamento. Si rileva, infine, come la direttiva rechi in allegato un elenco, non esaustivo, degli strumenti che possono migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento di gas, tra i quali vengono annoverati, tra gli altri: la capacità di svincolo dello stoccaggio di gas; la presenza di mercati fluidi di gas negoziabile; la flessibilità del sistema;lo sviluppo della domanda interrompibile; l'impiego di combustibili di sostituzione negli impianti industriali e di generazione dell'energia; le attività coordinate di dispacciamento tra i gestori delle reti di distribuzione e di

Page 47: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

39

I principi e i criteri direttivi ai quali si dovrà attenere il Governo prevedono: a) la definizione di norme per la sicurezza degli approvvigionamenti

trasparenti e non discriminatorie, cui debbono conformarsi i soggetti operanti nel sistema nazionale del gas, specificandone i ruoli e le responsabilità;

b) la definizione di misure in grado di assicurare un adeguato livello di sicurezza in caso di parziale interruzione degli approvvigionamenti, di avversità climatiche o di altri eventi eccezionali, non solo per i clienti civili ma anche per la sicurezza del sistema elettrico nazionale nel caso si verifichino circostanze analoghe;

c) la definizione di obiettivi minimi indicativi con riferimento al contributo alla sicurezza degli approvvigionamenti che deve essere fornito dal sistema nazionale degli stoccaggi di gas naturale in sotterraneo;

d) la definizione di strumenti ed accordi con altri Stati membri per l'utilizzo condiviso di stoccaggi di gas naturale in sotterraneo, nei casi in cui le condizioni tecniche, geologiche e infrastrutturali lo consentano;

e) la definizione di procedure finalizzate alla redazione e all’aggiornamento dei piani di emergenza nazionali per il sistema del gas naturale, nonché per il relativo coordinamento a livello di Unione europea e per la gestione di emergenze dei sistemi nazionali del gas naturale di uno o più Stati membri;

f) la predisposizione ogni tre anni, da parte del Ministero delle attività produttive, del programma pluriennale per la sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale, che dovrà essere presentato al Parlamento adottando, oltre a strumenti volti a migliorare la sicurezza del sistema nazionale del gas, misure finalizzate allo sviluppo delle capacità di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo.

Quanto alle infrastrutture strategiche si ricorda che, in attuazione della L. 21

dicembre 2001, n. 443, recante “Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale è stato adottato il D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190. Il D.Lgs. regola la progettazione, l'approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, nonché l'approvazione dei progetti degli insediamenti produttivi strategici e delle infrastrutture strategiche private di preminente interesse nazionale, individuati nel Documento di programmazione economico-finanziaria,

trasmissione; la produzione nazionale di gas; la diversificazione delle fonti di approvvigionamento di gas; i contratti a lungo termine; gli investimenti in infrastrutture per l'importazione di gas mediante terminali di rigassificazione e gasdotti.

Page 48: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

40

con l'indicazione dei relativi stanziamenti5. A tal proposito, si ricorda che il primo programma delle infrastrutture strategiche è stato approvato con la citata delibera CIPE 21 dicembre 2001, n. 121/20016. Nell'allegato 4 della deliberazione sono indicate le infrastrutture strategiche nel settore del gas e degli idrocarburi e sono richiamati gli interventi di rilevanza strategica nel settore elettrico previsti nel "Programma triennale di Sviluppo della Rete di Trasmissione Nazionale", deliberato dal GRTN il 24 gennaio 2001.

In relazione allo sviluppo di nuove fonti di approvvigionamento si

segnalano i commi da 17 a 23 dell’articolo 1 della legge n. 239 del 23 agosto 2004, recante il “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”, i quali recano disposizioni in materia di allocazione delle nuove capacità ai punti di ingresso della rete del gas nazionale. In particolare il comma 17 dell’articolo 1 ha introdotto, relativamente al settore del gas naturale, la facoltà di richiedere una esenzione dalla disciplina sul diritto di accesso dei terzi per i soggetti che investono, direttamente o indirettamente, nei seguenti ambiti:

realizzazione all’estero di nuove capacità di interconnessione tra le reti nazionali di trasporto del gas degli Stati membri della UE e la rete di trasporto italiana;

realizzazione in Italia di nuovi terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto e di nuovi stoccaggi in sotterraneo di gas naturale;

potenziamenti significativi delle capacità delle infrastrutture esistenti suindicate, che consentano lo sviluppo della concorrenza, nonché di nuove fonti di approvvigionamento del gas.

L’esenzione citata è accordata, caso per caso, dal Ministero delle attività

produttive per un periodo di almeno venti anni e per una quota di almeno l’80 per cento della nuova capacità.

Il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla

legge 14 maggio 2005, n. 80, ha poi introdotto disposizioni volte a semplificare ed accelerare la tempistica delle procedure autorizzative per la realizzazione e il potenziamento dei terminali di rigassificazione GNL.

Il modello della procedura unificata e partecipata con tempi contingentati per il rilascio delle autorizzazioni - secondo una logica di leale collaborazione tra Stato, Regioni ed Enti locali - è esteso alle fattispecie di costruzione di nuove infrastrutture energetiche che rivestano una importanza strategica, in relazione

5 Il programma è predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri

competenti e le regioni o province autonome interessate e inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata.

6 Gazzetta Ufficiale 21 marzo 2002, n. 68.

Page 49: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

41

sia alla sicurezza degli approvvigionamenti, sia al rispetto dei vincoli del Protocollo di Kyoto, seguendo priorità nella fase autorizzativa che tengano conto della sostenibilità e compatibilità territoriale e ambientale.

Da ultimo, il perdurare nel 2006 delle condizioni di emergenza nel settore del

gas naturale, ha indotto il Governo ad adottare in via d'urgenza un decreto-legge che prevede oltre alla possibilità di bloccare le forniture interrompibili a particolari classi di clienti finali7, un temporaneo riavvio degli impianti di produzione alimentabili ad olio combustibile

Si tratta del decreto-legge 25 gennaio 2006, n. 19, recante “Misure urgenti per garantire l'approvvigionamento di gas naturale”, convertito dalla legge 8 marzo 2006, n. 108.

Rinviando alla relativa scheda di approfondimento per una più ampia descrizione dei contenuti del decreto legge, nonché per l’analisi dei fattori che hanno concorso a determinare la situazione di emergenza (v. scheda Sicurezza degli approvvigionamenti - Misure urgenti per il gas), si ricordano le principali misure introdotte, valide sino al 31 marzo 2006: riavvio immediato – per il solo tempo necessario e comunque non oltre il 31

marzo 2006 – degli impianti di produzione di energia elettrica alimentabili ad olio combustibile oggi non in esercizio per vincoli autorizzativi, fatta salva la possibilità per le amministrazioni di imporre prescrizioni integrative sulle modalità di esercizio;

possibilità che il Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e della salute, autorizzi, per singoli impianti, una deroga temporanea dal rispetto dei valori limite di emissione in atmosfera, per consentire la massima flessibilità di esercizio a tali impianti nel caso sia necessario fare fronte ad eventuali carenze di olio combustibile a bassissimo tenore di zolfo (STZ) con olio più elevato tenore di zolfo;

obbligo per la società TERNA Spa di effettuare il dispacciamento prioritario di tutti gli impianti che utilizzano olio combustibile, assimilandoli a quelli essenziali per la sicurezza del sistema elettrico e inserendoli in un apposito programma di utilizzo, inviato settimanalmente ai Ministri competenti e all’Autorità per l’energia elettrica e il gas, fermo restando un dispacciamento prioritario anche per gli impianti che usano fonti di energia rinnovabili;

possibilità per il Ministro delle attività produttive di autorizzare, in conseguenza del maggior uso previsto di olio combustibile STZ e BTZ, la riduzione temporanea delle scorte di olio combustibile obbligatorie;

definizione, da parte del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, degli interventi compensativi sul piano ambientale delle maggiori emissioni

7 Si ricorda che nel mese di dicembre l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha deliberato un

provvedimento tariffario destinato a raccogliere le risorse necessarie ad incrementare l'adesione all' "interrompibilità" dei consumi di utilizzatori a ciò disponibili.

Page 50: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

42

derivanti dall’esercizio temporaneo delle centrali ad olio combustibile, entro il valore limite di 2 centesimi di euro/kWh prodotto dagli impianti (comma 7);

possibilità per il Ministro delle attività produttive di stabilire dei corrispettivi addizionali a carico dei produttori di energia elettrica sui prelievi dalle reti di trasporto e distribuzione do gas naturale, nonché dal sistema degli stoccaggi, al fine di potere disincentivare, in caso di perdurare della crisi, il consumo di gas per la produzione elettrica.

Page 51: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

43

Fonti energetiche rinnovabili

Nel corso della XIV legislatura sono stati adottati diversi provvedimenti volti alla promozione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Lo strumento della promozione di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è stato utilizzato dal legislatore italiano quale elemento caratterizzante la propria politica ambientale (v. capitolo Energie rinnovabili, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente). In particolare, il sostegno delle fonti rinnovabili per produrre energia elettrica e termica dovrebbe contribuire fattivamente al rispetto degli impegni assunti nella Conferenza Internazionale di Kyoto.

Il decreto legislativo 387/03

Con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”, si è provveduto al recepimento della direttiva 2001/77/CE concernente la promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (v. scheda Fonti rinnovabili - Il decreto legislativo n. 387/2003).

Ai sensi dell’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003, per fonti rinnovabili si intendono: «le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani».

Il decreto, oltre alla definizione degli obiettivi indicativi nazionali e delle misure di promozione da adottare ai fini dello sviluppo della produzione di energia dalle suddette fonti, contiene disposizioni specifiche relative a singole fonti energetiche, norme di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi, la previsione di una campagna di informazione e comunicazione a favore delle predette fonti, nonché l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili.

Il provvedimento, che mira a favorire una crescita significativa, a medio termine, della quota di elettricità generata da fonti energetiche rinnovabili prevede, in particolare:

un incremento pari annualmente a 0,35 punti percentuali, a decorrere dall'anno 2004 e fino al 20068, della quota minima di energia da fonti

8 Gli ulteriori incrementi della quota minima d'obbligo per il triennio 2007-2009 e 2010-2012

saranno stabiliti con decreti ministeriali.

Page 52: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

44

rinnovabili che gli importatori o produttori di energia da fonti non rinnovabili hanno l’obbligo di immettere sul mercato (quota fissata nel 2% dall'art. 11, D.Lgs. n. 79/99);

la garanzia di origine dell'elettricità prodotta da fonti rinnovabili rilasciata dal GRTN in presenza di una produzione annua, ovvero produzione imputabile, non inferiore a 100 MWh;

la semplificazione delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e il rilascio di autorizzazione unica, da parte della regione o di altro soggetto istituzionale delegato dalla medesima per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione dei energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili;

la partecipazione al mercato elettrico ed il collegamento degli impianti alla rete elettrica ;

l’ammissione dei rifiuti a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, compresa la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti;

disposizioni sui certificati verdi.

Strumenti di incentivazione

I c.d. certificati verdi costituiscono il nuovo strumento di incentivazione dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili che è stato definito dall’art. 11 del decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999, di recepimento della direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, e perfezionato con successivi decreti ministeriali (11 novembre 1999 e 18 marzo 2002).

I nuovi meccanismi di incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, basati su regole di mercato e quindi più confacenti al contesto di liberalizzazione, hanno sostituito il precedente sistema di incentivi (Cd. CIP 6) 9.

Sul meccanismo di mercato dei Certificati Verdi si basa il sistema italiano di promozione dell'energia rinnovabile gestito dal GRTN.

Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. La quota, inizialmente fissata nel

9 Sino all’entrata in vigore delle disposizioni del D.Lgs. 79/99 (Decreto Bersani), il fulcro delle

azioni legislative volte a promuovere la penetrazione delle fonti rinnovabili di energia era rappresentato dal provvedimento del Comitato Interministeriale Prezzi (CIP) 29 aprile 1992, n. 6 che introduceva un sistema di incentivazione dell'energia elettrica prodotta in impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili e assimilate, oggi superato dal nuovo meccanismo dei certificati verdi. Con tale delibera il Cip aveva fissato i prezzi di cessione all’ENEL dell’energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e fonti assimilate sulla base dei costi della produzione elettrica evitati (costo evitato d’impianto, costo evitato d’esercizio e costo evitato di combustibile) e, al fine di un rapido recupero del capitale investito, dei maggiori costi attribuibili alla specifica tipologia di impianto (parametro incentivante), questi ultimi da corrispondersi per otto anni (tempo di avviamento dell’impianto.

Page 53: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

45

2%, è applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, decurtate dell’elettricità prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni, con una “franchigia” di 100 GWh, ridotta a 50 GWh dalla legge di riordino del settore energetico. Per una descrizione più approfondita v. scheda Fonti rinnovabili - Strumenti di incentivazione.

Il nuovo strumento di incentivazione è stato esteso dal comma 71, art. 1, della legge 239/04 di riordino del settore energetico, all’energia elettrica prodotta mediante utilizzo di idrogeno e quella prodotta da impianti statici con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile, nonché all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento urbano, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento.

In attuazione delle disposizioni introdotte dal comma 71 sono stati emanati il DM 24 ottobre 2005 recante “Direttive per la regolamentazione della emissione dei certificati verdi alle produzioni di energia di cui all’articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239”, e il decreto 24 ottobre 2005, recante “Aggiornamento delle direttive per l’incentivazione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79”, che ha ulteriormente rafforzare l’incentivazione dei rifiuti di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 387/03.

Con riferimento al fotovoltaico si segnala, inoltre, che in attuazione

dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 387/03 il Ministero delle attività produttive ha emanato il decreto 28 luglio 200510 nel quale sono indicati i criteri di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica da fonte solare, coerenti con le disposizioni della direttiva 2003/54/CE (v. scheda Fonti rinnovabili - Conto energia).

In sostituzione del precedente sistema di incentivazione dell’energia fotovoltaica basato esclusivamente su contributi in conto capitale, idoneo a finanziare il 50-75 % del costo di investimento ed erogato a livello regionale, nazionale o comunitario sotto varie forme, il decreto introduce una nuova modalità ricorrendo al cosiddetto “conto energia”: gli incentivi saranno concessi con la stessa energia prodotta, il cui surplus potrà essere venduto alla rete elettrica a tariffe incentivate. Si tratta, in sostanza di un nuovo sistema di incentivazione volto a valorizzare direttamente la produzione e a garantire un rientro in tempi ragionevoli dell’investimento senza gravare sul bilancio dello Stato, ma ricorrendo ad un ridotto prelievo sulle bollette elettriche dei consumatori. Il decreto è volto ad incentivare l’installazione di 500 MW di impianti fotovoltaici – che attualmente in Italia superano di poco i 20 MW - ponendosi come obiettivo il raggiungimento dei 1000 MW al 2015. I requisiti richiesti ai

10 DM 28 luglio 2005 recante “Criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica

mediante conversione fotovoltaica della fonte solare” (GU n. 181 del 5 agosto 2005). Il decreto è stato recentemente modificato dal DM 6 febbraio 2006.

Page 54: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

46

soggetti beneficiari dell’incentivazione, vale a dire i produttori di elettricità da impianti fotovoltaici, sono stabiliti dal decreto, che ammette a godere dei benefici tutti coloro che presentano richiesta di scambio sul posto dell’energia prodotta dagli impianti stessi.

Page 55: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

47

Risparmio ed efficienza energetica

Intorno ai temi del risparmio e della efficienza energetica si intrecciano rilevanti questioni di carattere sia ambientale che economico.

Il contenimento del tasso di crescita della domanda di energia è infatti da un lato necessario per conseguire in modo economicamente efficiente gli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas di serra previsti per l'Italia dal Protocollo di Kyoto11; dall’altro può consentire di ottenere benefici economici e sociali sia per i consumatori (con la riduzione della bolletta energetica e il miglioramento del servizio goduto) sia per la collettività.

Su questi temi, d’altra parte, il nostro paese si è mosso in anticipo rispetto ai principali partner europei, rispetto ai quali è già caratterizzato da una minore intensità energetica, per effetto di una serie di fattori: l’alta dipendenza dalle importazioni ed i prezzi più elevati dell’energia, che

hanno reso conveniente investire in tecnologie a minor consumo di energia ed hanno stimolato comportamenti virtuosi sul lato della domanda;

un tessuto industriale caratterizzato dalla massiccia presenza della piccola e media impresa, a fronte di un ruolo progressivamente minore della grande industria energivora. Nel corso della XIV legislatura i meccanismi di promozione del risparmio e

della efficienza energetica negli usi finali, basati sui cd. “certificati bianchi” sono stati riformati con due decreti ministeriali adottati il 20 luglio 2004 dal Ministro per le attività produttive di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. I due decreti recano, rispettivamente:

- “Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili, di cui all'art. 16, comma 4, del D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164”;

- “Nuova individuazione degli obiettivi quantitativi per l'incremento dell'efficienza energetica negli usi finali di energia, ai sensi dell'art. 9, comma 1, del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79”.

Sempre in tema di efficienza energetica è intervenuta poi l’approvazione del

decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 recante “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”, emanato sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306, "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2003".

11 Com’è noto, in base alla ripartizione operata in sede comunitaria dalla decisione del Consiglio

del 25 aprile 2002, n.2002/358/CE, l'Italia ha assunto l'impegno di una riduzione del 6,5 per cento del livello delle emissioni di anidride carbonica rispetto al 1990.

Page 56: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

48

Certificati bianchi

I decreti ministeriali del 20 luglio 2004, come anticipato, hanno riformato la politica di promozione del risparmio energetico negli usi finali, introducendo un meccanismo innovativo anche nel panorama internazionale, basato sull'imposizione ai distributori di energia elettrica e di gas naturale di maggiori dimensioni di obblighi annuali di risparmio energetico da realizzare attraverso progetti attuati presso i clienti finali, propri o altrui.

Il meccanismo proposto prevede in particolare la creazione di un mercato dei titoli di efficienza energetica (i c.d. certificati bianchi), attestanti gli interventi realizzati, per certi versi simile a quello dei certificati verdi adottato per la promozione delle fonti rinnovabili di energia nella generazione elettrica.

I due decreti del 20 luglio 2004 hanno sostituito e abrogato i precedenti, corrispondenti decreti del 24 aprile 200112, confermandone peraltro l'impostazione e facendo salvi i procedimenti avviati, nonché i provvedimenti emanati dall'Autorità per l’energia elettrica e il gas in attuazione dei decreti medesimi.

Segnatamente, i provvedimenti in oggetto si propongono l’obiettivo di conseguire, alla fine del primo quinquennio di applicazione (2005-2009), un risparmio di energia pari a 2,9 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) all'anno, valore equivalente all'incremento annuo dei consumi nazionali di energia registrato nel periodo 1999-2001.

Attraverso la loro applicazione si contribuirà al contenimento in misura determinante del tasso di crescita della domanda di energia, a parità di servizi energetici goduti, nonché al conseguimento degli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas di serra previsti per l'Italia dal protocollo di Kyoto.

Ne dovrebbero così derivare sia benefici economici diretti a favore dei consumatori (come, per esempio, la riduzione della bolletta energetica e il miglioramento del servizio goduto), sia benefici di carattere più generale, quali:

la riduzione della dipendenza energetica dall'estero e la maggiore sicurezza di approvvigionamento;

la riduzione dell'inquinamento derivante dalle attività di produzione e di consumo di energia;

un maggior controllo dei picchi di domanda elettrica e conseguente possibilità di riduzione del rischio di "blackout";

12 Decreti ministeriali del 24 aprile 2001 recanti, rispettivamente, “Individuazione degli obiettivi

quantitativi per l'incremento dell'efficienza energetica negli usi finali ai sensi dell'art. 9, comma 1, del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79” e “Individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all'art. 16, comma 4, del D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164”, che avevano istituito un sistema finalizzato alla promozione delle tecnologie energeticamente efficienti, in attuazione degli artt. 9 del D.Lgs. 79/99 e 16, comma 4, del D.Lgs. 164, che demandano ad un decreto del Ministro delle attività produttive la determinazione degli obiettivi da raggiungere per l’incremento dell’efficienza energetica negli usi finali dell’energia.

Page 57: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

49

un aumento dell'offerta di prodotti e servizi energetici orientati all'efficienza negli usi dell'energia.

Il sistema introdotto dai decreti del 20 luglio 2004 prevede che i distributori di energia elettrica e di gas naturale raggiungano annualmente determinati obblighi quantitativi di risparmio di energia primaria, per il quinquennio 2005/2009, a partire dal 1 gennaio 2005 (art. 3). In precedenza l’obbligo riguardava solo i distributori con più di 100.000 clienti finali al 31 dicembre 2001. Le modalità di applicazione degli obblighi per i distributori sotto questa soglia saranno definite con successivi decreti (art. 4).

I distributori possono ottemperare agli obblighi fissati dai decreti ai fini dell’ottenimento del risparmio energetico prefissato attraverso: l’attuazione di progetti a favore dei consumatori finali, volti a migliorare

l'efficienza energetica delle tecnologie installate o delle relative pratiche di utilizzo (es.:installazione di elettrodomestici o motori industriali ad alta efficienza, interventi per l'isolamento termico degli edifici, sistemi di teleriscaldamento) (art. 5). I progetti possono essere realizzati direttamente, oppure tramite società controllate, o ancora attraverso società operanti nei settori dei servizi energetici (le cosiddette ESCO-energy services companies) (art. 8 );

l’acquisto da terzi "titoli di efficienza energetica" o "certificati bianchi" attestanti il conseguimento di risparmi energetici (art. 6).

I suddetti titoli di efficienza energetica sono emessi dal Gestore del mercato elettrico a favore dei soggetti che hanno conseguito i risparmi energetici prefissati (distributori, società da essi controllate e di società operanti nel settore dei servizi energetici) (art. 10).

L'emissione dei titoli viene effettuata sulla base di una comunicazione dell'Autorità che certifica i risparmi conseguiti. l'Autorità infatti verifica e controlla che i progetti siano stati effettivamente realizzati in conformità con le disposizioni dei decreti e delle regole attuative definite dall'Autorità stessa.

La compravendita di questi titoli avverrà tramite contratti bilaterali o in un mercato apposito istituito dal Gestore del mercato elettrico e regolato da disposizioni stabilite dal Gestore stesso d'intesa con l'Autorità.

Quanto agli oneri sostenuti dai distributori per la realizzazione dei progetti di risparmio energetico, essi potranno essere coperti attraverso risorse di varia natura: quote di partecipazione dei clienti partecipanti, finanziamenti statali, regionali, locali, comunitari, ricavi dalla vendita dei titoli di efficienza energetica. Una parte dei costi sostenuti troverà copertura attraverso le tariffe di trasporto e distribuzione dell'energia elettrica e del gas naturale in base a criteri che saranno stabiliti dall'Autorità (art. 9). Il mancato rispetto degli obblighi comporta l’applicazione di sanzioni da parte della stessa Autorità, incaricata di verificare il conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico controllando che ogni

Page 58: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

50

distributore detenga un numero di titoli di efficienza energetica equivalente a quello previsto dai decreti (art. 11).

In base ai citati decreti del luglio 2004 all’Autorità per l’energia elettrica e il gas

è stato assegnato il compito di definire le regole tecniche di funzionamento del meccanismo delineato dagli stessi nonché le attività di gestione ordinaria del nuovo quadro normativo, tra le quali rientra anche la determinazione degli obiettivi specifici annuali di risparmio energetico a carico dei diversi distributori di energia elettrica e di gas naturale.

Con la delibera n. 213/0413 l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha definito gli obiettivi di cui sopra, con riferimento all'anno 2005, consentendo così l’entrata in funzione dal 1° gennaio dello stesso anno del nuovo meccanismo di mercato per la promozione dell'uso razionale dell'energia, basato sui "certificati bianchi" (titoli di efficienza energetica commercializzabili) e previsto dai citati decreti ministeriali del 2004. Per l'anno 2005 l'Autorità ha stabilito un obiettivo di risparmio di circa 156.000 tep per le grandi imprese distributrici che avevano almeno 100.000 clienti finali al 31 dicembre 2001: il 63% di tale risparmio, (pari a circa 98.000 tep) dovrà essere ottenuto dai distributori nel settore elettrico, il restante 37% (58.000 tep) nel settore gas.

Con la delibera n. 219/0414 l'Autorità ha attribuito un contributo economico iniziale di 100,00 euro all'anno per cinque anni ad ogni tonnellata equivalente di petrolio risparmiata attraverso miglioramenti dell'efficienza nell'utilizzo dell'energia elettrica e del gas naturale. Tale contributo è destinato a compensare parte dei costi sostenuti dai distributori per il raggiungimento dei propri obiettivi di risparmio. Questo valore è stato fissato tenendo conto anche del fatto che nel periodo iniziale del meccanismo verranno realizzati gli interventi di risparmio energetico a minor costo. Il livello del contributo corrisposto ai distributori potrà essere aggiornato dall'Autorità, per gli interventi attivati nei prossimi anni, per tenere conto dei segnali di prezzo nel frattempo provenienti dal mercato dei "certificati bianchi”.

Con riferimento all’anno 2006 l’Autorità ha definito gli obiettivi di cui sopra con la delibera n. 7/06, fissando per le grandi imprese distributrici un obiettivo globale per oltre 311.000 tonnellate equivalenti di petrolio (tep): il 62% di tale risparmio (pari a circa 190.000 tep) dovrà essere ottenuto dai distributori di energia elettrica; il restante 38% (120.000 tep) dai distributori di gas naturale.

13 Delibera 213/04 “Determinazione degli obiettivi specifici per l’anno 2005 di risparmio di energia

primaria per i distributori di energia elettrica e di gas naturale soggetti agli obblighi di cui ai Decreti ministeriali 20 luglio 2004 e disposizioni per la Cassa conguaglio per il settore elettrico ai fini dell’attuazione dell’articolo 13 dei medesimi decreti “.

14 Delibera 219/04 “Determinazione del contributo tariffario da erogarsi ai sensi dell’articolo 9, comma 1, dei decreti ministeriali 20 luglio 2004 in tema di promozione dell’uso razionale dell’energia, modifica della deliberazione 30 gennaio 2004, n. 5/04 e integrazione della deliberazione 29 settembre 2004, n. 170/04”.

Page 59: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

51

L’AEEG ha, inoltre, segnalato che, a seguito di un accordo firmato il 19 gennaio 2006, l’Enea (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) collaborerà alle attività di valutazione e quantificazione dei nuovi risparmi energetici conseguiti dai progetti realizzati nell’ambito del meccanismo dei certificati bianchi, inclusi i controlli sugli impianti e i sistemi installati, a supporto delle decisioni dell’Autorità.

Rendimento energetico nell’edilizia

Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 recante “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”, è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici - che nel settore residenziale e terziario impiegano una percentuale elevata del consumo finale dell'energia della Comunità15 - anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo a conseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto, nonché a promuovere la competitività dei comparti più avanzati attraverso lo sviluppo tecnologico.

In particolare il provvedimento disciplina: la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli

edifici; l'applicazione di requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli

edifici; i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici; le ispezioni periodiche degli impianti di climatizzazione; i criteri per garantire la qualificazione e l'indipendenza degli esperti incaricati

della certificazione energetica e delle ispezioni degli impianti; la raccolta delle informazioni e delle esperienze, delle elaborazioni e degli

studi necessari all'orientamento della politica energetica del settore; la promozione dell'uso razionale dell'energia anche attraverso l'informazione

e la sensibilizzazione degli utenti finali, la formazione e l'aggiornamento degli operatori del settore. Per una più analitica descrizione del decreto legislativo v. scheda Rendimento

energetico nell’edilizia.

15 Secondo la direttiva 2002/91/CE l’energia impiegata nel settore residenziale e terziario

rappresenta oltre il 40 per cento del consumo finale di energia della Comunità.

Page 60: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 61: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

53

Riordino del settore energetico

La legge 23 agosto 2004, n. 239, recante“ Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia” (c.d. Legge Marzano) è finalizzata al complessivo riordino del settore dell’energia, secondo tre direttrici principali: - la definizione delle competenze dello Stato e delle regioni secondo il nuovo

titolo V della parte seconda della Costituzione; - il completamento della liberalizzazione dei mercati energetici; - l’incremento dell'efficienza del mercato interno.

Il provvedimento, presentato dal Governo nell’ottobre 2002, è stato approvato in prima lettura dall’Assemblea della Camera nel luglio 2003; il Senato lo ha quindi approvato con modificazioni nel maggio 2004, previa posizione della questione di fiducia ed accorpamento delle disposizioni in un solo articolo, suddiviso in 121 commi. L’assemblea della Camera ha quindi approvato definitivamente il disegno di legge il 30 luglio 2004.

Nel corso dell’iter sopra riassunto, alcune disposizioni originariamente contenute nel disegno di legge presentato dal governo sono confluite in altri provvedimenti normativi approvati nel frattempo (v. scheda Riordino del settore energetico - Legge n. 239/2004).

La legge di riordino si pone come principale obiettivo quello di chiarire il quadro delle norme che regolano i rapporti tra le varie istituzioni e fra queste e gli operatori del settore energetico, con il fine di semplificare e snellire i processi autorizzativi e stimolare il processo di liberalizzazione in atto nel rispetto di principi orientati a garantire la tutela della concorrenza, i livelli essenziali delle prestazioni e la sicurezza pubblica.

Una delle finalità primarie della legge riguarda quindi il coordinamento tra amministrazione centrale e amministrazioni regionali e locali, tema sul quale si è registrato nel corso della legislatura un ampio contenzioso innanzi alla Corte costituzionale (v. capitolo Energia: giurisprudenza costituzionale).

A questo proposito la legge attribuisce allo Stato il compito di definire gli obiettivi generali e le linee di politica energetica che devono ispirare l'azione dello Stato e delle Regioni e stabilisce i criteri generali per l’attivazione di tale politica a livello territoriale, distinguendo i compiti affidati allo Stato da quelli delegati alle autonomie regionali, nonché i meccanismi di raccordo con le autonomie regionali.

Sul lato della domanda, la legge estende le norme sull’apertura del mercato elettrico a tutti i clienti finali a partire dal luglio 2007, come previsto dalla direttiva europea 2003/54/CE, e dispone misure a sostegno dell'efficienza negli usi finali dell'energia.

Page 62: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

54

Sul lato dell’offerta contiene disposizioni dirette a: favorire l'ingresso di nuovi entranti nel mercato del gas (promuovendo gli investimenti in nuove infrastrutture di approvvigionamento e introducendo un regime speciale di accesso ai nuovi terminali di rigassificazione e ai gasdotti di interconnessione); facilitare la realizzazione di nuove reti elettriche e linee di interconnessione con un procedimento semplificato; rafforzare le norme per affrontare le emergenze elettriche; accentuare le azioni di diversificazione delle fonti energetiche anche attraverso la ricerca e lo sfruttamento di idrocarburi; favorire la diffusione delle fonti rinnovabili, la generazione elettrica distribuita e l'uso pulito del carbone.

In estrema sintesi i contenuti della legge, per la cui illustrazione analitica si rinvia alla apposita scheda di approfondimento (v. scheda Riordino del settore energetico - Legge n. 239/2004), riguardano:

l’individuazione dei principi e degli obiettivi generali della politica energetica, distinguendo tra le attività da svolgere in regime di piena libertà, quelle sottoposte agli obblighi di servizio pubblico e quelle da svolgere in regime di concessione; definizione degli obblighi di Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano per assicurare i livelli essenziali delle prestazioni nel settore dell'energia su tutto il territorio nazionale; disciplina dell'attribuzione delle funzioni amministrative nel settore energetico nonché dei rapporti dello Stato con le autonomie regionali e locali e l’Autorità per l’energia elettrica; Gli obiettivi e le linee della politica energetica, in sintesi, si rivolgono:

alla sicurezza degli approvvigionamenti; alla promozione dei mercati dell'energia; ad assicurare l'economicità delle forniture di energia e la competitività del

sistema; alla sostenibilità ambientale; alla promozione delle importazioni al fine della sicurezza e competitività; alla valorizzazione delle risorse nazionali; all'accrescimento dell'efficienza degli usi finali; alla tutela delle famiglie disagiate; alla ricerca; alla salvaguardia della attività produttive con alti consumi energetici; alla promozione delle aggregazioni delle imprese del settore energetico

partecipate dagli enti locali.

la liberalizzazione e apertura dei mercati, prevedendo, tra l’altro, un’esenzione dalla disciplina che stabilisce il diritto di accesso dei terzi, per minimo 20 anni e per una quota pari almeno all’80 per cento, a favore dei soggetti che investono nella realizzazione di nuove infrastrutture di interconnessione tra le reti nazionali di trasporto di gas degli Stati membri dell’Unione europea e la rete di trasporto italiana, e riconoscendo altresì il

Page 63: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

55

diritto all’allocazione prioritaria di nuova capacità ai punti di ingresso della rete nazionale del gas ai soggetti che investono nella realizzazione di nuove infrastrutture internazionali di interconnessione con Stati non appartenenti all’Unione europea;

la semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica, attraverso l’introduzione di un procedimento unico; semplificazioni procedurali per la realizzazione di nuovi terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto e di nuovi stoccaggi da gas naturale, nonché semplificazione dei procedimenti per la ricerca e la coltivazione dei giacimenti di idrocarburi in terraferma e delle risorse geotermiche attraverso un procedimento unico autorizzativo, analogo a quello introdotto per la autorizzazione alla costruzione di centrali elettriche;

lo sviluppo della concorrenza, fissando le nuove soglie di apertura del mercato elettrico già previste dalla direttiva europea, in base alle quali a decorrere dal 1° luglio 2004 è cliente idoneo ogni cliente non domestico e dal 1° luglio 2007 cliente idoneo sarà ogni cliente finale;

la gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, attraverso disposizioni integrative di quanto disposto dal decreto legge 314/03 convertito, con modificazioni, nella legge 368/03;

Si ricorda, infine, che la legge delega il Governo ad adottare, entro 24 mesi

dalla data di entrata in vigore del provvedimento (quindi entro il 28 settembre 2006) uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia, nel rispetto di vari principi e criteri, tra i quali quello dell’adeguamento alle disposizioni comunitarie, in vigore nell’ordinamento nazionale al momento dell’esercizio della delega (c. 121, lett. b).

A questo proposito si ricorda che, nel corso dell’iter di approvazione della legge di riordino del settore energetico, il quadro comunitario di riferimento del settore si è andato innovando.

La legge comunitaria 2004 (L. 8 aprile 2005, n. 6216), agli artt. 15, 16, 17 e 21, ha infatti delegato il Governo ad adottare, entro 1 anno dalla data di entrata in vigore della legge (quindi entro il 12 maggio 2006), uno o più D.Lgs. per l'attuazione, rispettivamente:

- della direttiva 2003/54/CE relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica;

- della direttiva 2003/55/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale;

16 "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle

Comunità europee. Legge comunitaria 2004".

Page 64: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

56

- della direttiva 2004/67/CE concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas naturale. La medesima legge comunitaria 2004 ha altresì delegato il governo ad

adottare, entro il termine di 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (quindi entro il 12 novembre 2006) un decreto legislativo per il recepimento della direttiva 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione.

Page 65: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

57

Mercato del gas naturale

L’attività conoscitiva e le proposte dell’Autorità di settore

Lo stato di avanzamento dei processi di liberalizzazione nei due principali mercati energetici del nostro paese (elettricità e gas) è stato oggetto di due indagini conoscitive svolte congiuntamente dall’Autorità per la concorrenza e il mercato (Antitrust) e dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas. Le indagini, avviate nel 2003, si sono concluse nel giugno 2004 per la parte relativa al gas naturale e nel febbraio 2005 per quella concernente il settore elettrico.

L’attività conoscitiva delle due Autorità - come si sottolinea nella relazione annuale dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 2005 - ha preso le mosse dalla considerazione che il processo di liberalizzazione dei due settori non è stato ancora completato in alcuni aspetti qualificanti e che non ha determinato livelli di concorrenza tali da produrre gli attesi incrementi di efficienza e le riduzioni degli oneri per i clienti finali.

Per quanto concerne, più in particolare, il processo di liberalizzazione del

settore del gas, nelle considerazioni contenute nel documento conclusivo dell’istruttoria conoscitiva si rileva come il nostro Paese, nonostante una legislazione tra le più avanzate in Europa, sia ancora caratterizzato da insufficienti livelli di concorrenza, e da prezzi superiori a quelli dei principali mercati europei.

Secondo l’indagine citata, le norme adottate per favore della liberalizzazione del settore del gas, a partire dal D.Lgs. n. 164/2000, non sono risultate sufficienti a garantire effetti concorrenziali di rilievo. Per quanto riguarda le maggiori criticità che ancora persistono sotto il profilo concorrenziale nella varie fasi della filiera del gas sono state formulate alcune considerazioni conclusive che segnalano come causa principale del fenomeno la persistente posizione dominante di ENI, esercitata direttamente o attraverso le società controllate, in tutte le fasi della filiera del gas. L’ENI, infatti, detiene il controllo su tutte le infrastrutture di trasporto internazionali e sulla scelta delle modalità di cessione del gas ai fini del rispetto dei tetti antitrust, che in sostanza sono vanificati, secondo quanto riportato nell’indagine, attraverso la cessione da parte dell’ENI, poco prima della frontiera, di quote ad operatori di propria scelta, secondo quelle che vengono definite come le c.d. vendite innovative.

Per quanto riguarda la fase di approvvigionamento di gas - con riferimento sia alle importazioni sia alla produzione nazionale – nelle conclusioni dell’indagine si osserva che i contratti di importazione take or pay sottoscritti da Eni nell’imminenza dell’approvazione della direttiva 98/30/CE, hanno consentito al

Page 66: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

58

gruppo di continuare ad occupare quote dell’incremento annuo di domanda di gas e che, nonostante un significativo aumento del numero di importatori, si tratta (con le eccezioni di Enel e, parzialmente, di Edison) di ingressi decisi dall’Eni stessa. La produzione nazionale continua pertanto ad essere quasi integralmente (circa l’89% nel 2003) nelle mani dell’operatore dominante, che può usare strategicamente i volumi prodotti e giovarsi, in tal modo, di ulteriori notevoli flessibilità, sia in termini di quantità, sia di prezzo di approvvigionamento.

Anche le infrastrutture di trasporto internazionale utilizzate per l'importazione di gas in Italia - per la gran parte saturate dal gas proveniente dai contratti a lungo termine (take or pay) - sono interamente sottoposte al controllo da parte dell’ENI che, direttamente o attraverso società partecipate, è in grado di condizionarne la gestione.

Secondo il documento conclusivo dell’indagine, tale posizione conferisce all’operatore dominate il potere di influenzare le dinamiche concorrenziali sul mercato a valle della vendita; si osserva, tuttavia, che in una prospettiva dinamica la maggiore criticità concorrenziale risiede nella capacità dell’Eni di determinare se e come potenziare le infrastrutture estere esistenti in modo da consentire anche ad altri soggetti di accedere ai canali di importazione tradizionali (Algeria e Russia in primis).

Dall’analisi condotta emerge che la posizione dominante dell’ENI nell’approvvigionamento, nel controllo delle infrastrutture di trasporto internazionali e nella scelta delle modalità di cessione del gas per il rispetto dei tetti antitrust, determina a favore dell’Eni un costo di approvvigionamento del gas minore rispetto ai concorrenti.

Lo sviluppo di una effettiva concorrenza sarebbe dunque strettamente condizionato dall’ingresso di nuovi operatori indipendenti da Eni nell’approvvigionamento di gas a condizioni competitive, mentre la condizione necessaria per evitare una mera spartizione tra gli operatori del mercato della vendita, - in un contesto caratterizzato dall’utilizzo esclusivo di contratti take or pay - è costituita da una sufficiente flessibilità dell’offerta rispetto alle variazioni della domanda, garantita da un adeguato eccesso di capacità di trasporto, in grado di innescare una concorrenza per la conquista di quote di mercato.

Sul tema dell’accesso non discriminato e trasparente al sistema, il documento conclusivo sottolinea, inoltre, come l’attività di regolazione svolta tra il 2001 e il 2005 si sia concentrata su tale obiettivo anche attraverso la definizione di norme volte a: garantire condizioni favorevoli ai nuovi investimenti e allo sviluppo di modalità

di utilizzo delle infrastrutture di sistema, atte a sostenere forme sempre più flessibili e concorrenziali di offerta di gas naturale;

limitare il potere di mercato dell’operatore dominante, stante la mancata previsione di una piena separazione proprietaria, in seno al gruppo Eni, tra

Page 67: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

59

fasi regolate (trasporto e stoccaggio) e fasi in concorrenza (approvvigionamento e vendita).

Per quanto riguarda poi i prezzi, l’indagine, come anticipato, evidenzia come, al di là della modalità di definizione, i prezzi del gas naturale, anche successivamente all’avvio del processo di liberalizzazione, appaiano superiori a quelli prevalenti nei principali paesi europei, come emerge sulla base di dati di fonte Eurostat (gennaio 1997-luglio 2003), ciò nonostante il costo di approvvigionamento del gas appaia in linea con quello riscontrato nei principali paesi europei.

Tra i possibili interventi volti a potenziare la concorrenza nel mercato del gas,

le due Autorità segnalano: la realizzazione entro il 2008, dei progetti di nuove infrastrutture di

rigassificazione di Brindisi e Rovigo ; il potenziamento, da parte di ENI, dei gasdotti internazionali TAG e TTPC per

consentire nuove opportunità di approvvigionamento di gas russo ed algerino da parte di nuovi operatori disposti a sottoscrivere contratti di trasporto ship or pay;

la creazione di un operatore indipendente del sistema (ISO - Indipendent System Operator), separato nella proprietà da ENI, che dovrebbe detenere e gestire le infrastrutture di trasporto e stoccaggio;

lo sviluppo di un mercato centralizzato (o Borsa del gas); la cessione da parte dell'operatore ENI di quantitativi adeguati di gas ad un

prezzo prossimo al costo di approvvigionamento e senza controllo sui destinatari (gas release);

lo smobilizzo di quantitativi di gas stoccato che si rende disponibile oltre a quello necessario per la sicurezza;

il trasferimento di contratti di approvvigionamento a lungo termine esistenti, che richiede tuttavia un intervento normativo, attuabile in sede di recepimento della nuova direttiva europea 2003/55/CE;

adeguate misure di sostegno alla ricerca e produzione di gas nel territorio nazionale. Per quanto riguarda lo sviluppo concorrenziale del mercato del gas naturale,

con particolare riferimento alla terzietà della gestione della rete nazionale dei gasdotti e del sistema degli stoccaggi, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha presentato, in data 27 gennaio 2005, una segnalazione al Parlamento e al Governo17.

17 Si vede, inoltre, la segnalazione inviata, in data 16 febbraio, dall''Autorità per l'Energia

elettrica e il gas, sulla situazione del mercato della vendita di gas naturale ai clienti finali in Italia.

Page 68: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

60

Si tratta di un documento di proposte per lo sviluppo concorrenziale del mercato del gas che si basano sulle conclusioni della istruttoria conoscitiva sopra citata.

Riprendendo sostanzialmente tali conclusioni, l’Autorità sottolinea come l’esperienza dei primi cinque anni di liberalizzazione abbia mostrato come la separazione societaria sia uno strumento insufficiente per il raggiungimento dell’obiettivo della piena neutralità delle attività di rete e di stoccaggio rispetto a quelle di approvvigionamento e vendita su mercati potenzialmente concorrenziali.

L’uscita di Eni dal capitale di Snam Rete Gas viene pertanto considerato come un passo necessario per garantire la neutralità dell’operatore di rete, ma non sufficiente a garantire la pluralità degli operatori e il conseguente impulso allo sviluppo di flussi di gas non “controllati” dall’Eni medesimo per l’approvvigionamento del Paese.

A parere dell’Autorità, in assenza di adeguati provvedimenti che limitino la possibilità per l’operatore dominante di controllare – in proprio o in accordo con operatori internazionali – le infrastrutture di importazione situate in territorio estero alimentanti la rete italiana, il mercato nazionale rischia di restare sottoposto alla dominanza e alle strategie del gruppo Eni18.

La promozione della concorrenza nel settore dovrebbe quindi passare necessariamente attraverso un processo di separazione che trovi la sua conclusione naturale nella piena separazione proprietaria delle società che gestiscono sia la rete di trasporto sia lo stoccaggio19.

18 Nella segnalazione in oggetto l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha in particolare

evidenziato come la società Snam Rete Gas - oltre a non partecipare alla proprietà o alla gestione delle infrastrutture di adduzione al territorio nazionale esistenti - non sia impegnata in alcuno dei nuovi progetti per gasdotti di interconnessione internazionale o terminali di rigassificazione, ricordando inoltre come attualmente gli approvvigionamenti da parte di nuovi soggetti attivi nel commercio del gas in Italia dipendano nella maggioranza dei casi, per quantità e prezzi, dalle cessioni di gas e capacità di trasporto effettuate dall’Eni all’estero, attraverso la vendita di gas e di capacità di trasporto. In tal modo l’Eni ha la possibilità di scegliere i propri principali “competitori”. Le quantità di gas importate e totalmente fuori dal controllo di Eni sono inferiori al 10% e sono state spesso acquistate a prezzi più alti rispetto a quelli del soggetto dominante. L’Eni ha quindi nella sostanza eluso il tetto antitrust posto dalla legge di liberalizzazione (69% delle importazioni nel 2005, che si riduce al 61% nel 2010).

19 Quanto ai profili comunitari, si ricorda come la normativa di riferimento sia attualmente la nuova direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, che stabilisce le nuove norme comuni per il mercato interno del gas naturale, abrogando esplicitamente, dal 1° luglio 2004, la direttiva 98/30/CE.

Per quanto attiene alle attività di trasporto, l’art.9 della direttiva dispone che il gestore del sistema di trasporto deve agire in maniera indipendente, e ciò comporta la sua separazione giuridica, organizzativa e decisionale dalle attività non connesse al trasporto in una impresa verticalmente integrata, di cui possa eventualmente far parte. In particolare, la direttiva precisa che il gestore del sistema di trasporto, qualora faccia parte di un'impresa verticalmente integrata, deve essere indipendente, quantomeno sotto il profilo della forma giuridica, dell'organizzazione e del potere decisionale, dalle altre attività non connesse al trasporto. Tali norme non comportano, peraltro, l'obbligo di separare la proprietà dei mezzi del sistema di trasporto dall'impresa verticalmente integrata.

A garanzia dell’indipendenza del gestore del sistema di trasporto, la direttiva prevede che gli Stati membri applichino i seguenti criteri minimi:

Page 69: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

61

Per superare le oggettive difficoltà che ostacolano le iniziative di altri operatori l'Autorità auspica l'adozione, pertanto, di una serie di iniziative quali: una riduzione della quota di proprietà della società Eni nel capitale delle

controllate Snam Rete Gas e Stogit, fino a livelli residuali, in analogia a quanto già avvenuto per la rete di trasmissione dell’elettricità20; si auspica pertanto un analogo assetto per il settore del gas, il quale determinerebbe condizioni di simmetria tra i due principali operatori nazionali del settore energetico;

l’evoluzione di Snam Rete Gas verso la condizione di operatore indipendente dovrebbe essere associata al conferimento ad essa della facoltà di operare anche all’estero e, per quanto direttamente funzionale all’approvvigionamento del Paese, al conferimento delle proprietà, delle concessioni e dei diritti di trasporto esistenti in capo ad Eni afferenti le infrastrutture di trasporto extranazionali di adduzione del gas ai punti di entrata nella rete nazionale, nel rispetto dei contratti di importazione esistenti; con tali misure si potrebbero impedire strategie di contenimento dei flussi verso il mercato italiano e l’operatore indipendente Snam Rete Gas potrebbe assumere l’opportuna rilevanza nel sistema infrastrutturale internazionale di diretto interesse per il Paese;

la riformulazione del limite quantitativo alle importazioni e il suo prolungamento oltre il 2010; in proposito l’Autorità rileva come l’esperienza della liberalizzazione del mercato del gas abbia dimostrato come l’Eni, grazie alla sua posizione dominante e al controllo delle infrastrutture di importazione, abbia potuto evitare gli effetti del limite quantitativo posto alle importazioni; tra 5 anni, a fine 2010, tale limite (61%) verrà infatti meno e nel frattempo, tenuto conto del contesto del mercato internazionale e dei tempi necessari per la realizzazione di nuove infrastrutture, difficilmente il sistema nazionale potrà

- i soggetti responsabili dell’amministrazione del sistema di trasmissione non possono far parte

di strutture societarie dell'impresa di gas integrata, le quali siano responsabili, direttamente o indirettamente, della gestione ordinaria delle attività di produzione, distribuzione e fornitura di gas naturale;

- devono essere adottate misure idonee ad assicurare che gli interessi professionali delle persone responsabili dell'amministrazione del gestore del sistema di trasporto siano presi in considerazione in modo da consentire loro di agire in maniera indipendente;

- il gestore del sistema deve poter disporre di poteri decisionali indipendenti dall’impresa di gas integrata, in relazione alle installazioni necessarie alla gestione, manutenzione e sviluppo della rete;

- deve essere predisposto da parte del gestore un programma di adempimenti contenente le misure adottate per escludere comportamenti discriminatori e garantire che ne sia adeguatamente controllata l'osservanza. L’organo responsabile del controllo del programma presenta, annualmente, all’autorità di regolamentazione una relazione sulle misure adottate.

20 Si ricorda che il Gruppo dominante Enel, anch’esso sottoposto al vincolo di possesso del 20%, ha già previsto la riduzione al 5%, limite imposto ad ogni altro operatore terzo. Si veda il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2004 -adottato ai sensi dell’art.1 ter, c.1, del decreto legge n.239/2003 - recante “Criteri, modalità e condizioni per l’unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione”, in base al quale è in seguito avvenuta la quotazione delle azioni mediante offerta pubblica di vendita della società Terna spa - che detiene la proprietà di circa il 94 per cento della rete di trasmissione nazionale - approdata in Borsa il 23 giugno 2004..

Page 70: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

62

disporre di un sufficiente eccesso di offerta per assicurare un mercato concorrenziale; per tali ragioni si auspica una riformulazione del limite citato, con suo prolungamento nel tempo;

la cessione a operatori terzi, attraverso opportune modalità competitive, di: a) parte dei contratti di importazione di lungo periodo nella disponibilità del Gruppo Eni; b) parte della produzione nazionale di gas, pari a circa il 18% dei consumi, anch’essa nella disponibilità esclusiva del Gruppo Eni;

Anche per quanto attiene la terzietà dell’attività di stoccaggio, l’Autorità, nel rilevare come la società Stogit, posseduta totalmente da Eni, operi oggi in monopolio di fatto, controllando quindi la principale fonte di modulazione dell’offerta di gas per tutte le imprese concorrenti di Eni Gas & Power, sottolinea l’esigenza di una sollecita separazione proprietaria, analoga a quella descritta per Snam Rete Gas21.

Nel processo per la terzietà delle attività di trasporto e di stoccaggio, l’Autorità prospetta inoltre l’opportunità di prevedere il controllo della società Stogit da parte della società Snam Rete Gas, in quanto ciò consentirebbe anche una maggiore efficienza nella gestione complessiva di infrastrutture tra loro strettamente connesse, nonché un adeguato impulso per gli investimenti di sviluppo.

Si segnala, inoltre, che con lettera del 16 marzo 2005 il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha inviato alla Camera dei deputati, ai sensi dell’art. 2, comma 1, del DL n. 332/94, convertito con modificazioni dalla legge n. 474/94, una comunicazione relativa ad uno schema di DPCM con il quale si procede alla individuazione della Snam Rete Gas SpA quale società nel cui statuto deve essere inserita - prima di ogni atto che determini la perdita del controllo - una clausola che assicuri al Ministro dell’economia e delle finanze poteri speciali, come previsti dall’art. 2 del citato DL n. 332/94, cosi come novellato dall’art. 4, comma 277, della legge n. 350/03 (finanziaria 2004); il contenuto specifico della clausola che attribuisce i poteri speciali sarà individuato con un successivo decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro delle attività produttive.

Si segnala, in proposito, che il DPCM, recante la data del 23 marzo 2006, è stato recentemente pubblicazione in Gazzetta22.

21 Nella Segnalazione in commento l’Autorità ricorda altresì come la legge 23 agosto 2004, n. 239

di riordino del settore energetico, abbia garantito alla Stogit il rinnovo delle concessioni in scadenza per almeno 20 anni, per cui il potere di mercato nell’offerta di stoccaggio sarebbe destinato a procrastinarsi ancora molto a lungo attraverso il perpetuarsi del monopolio di fatto di detta società.

22 DPCM 23 marzo 2006 (GU n. 79 del 4 aprile 2006).

Page 71: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

63

Il mercato dell’energia elettrica

L’attività conoscitiva e le proposte dell’Autorità di settore

Come già segnalato nel capitolo relativo al mercato del gas (v. capitolo Mercato del gas naturale), lo stato di avanzamento dei processi di liberalizzazione nei due principali mercati energetici del nostro paese (elettricità e gas) è stato oggetto di due indagini conoscitive svolte congiuntamente dall’Autorità per la concorrenza e il mercato (Antitrust) e dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas.

Per quanto riguarda il settore dell’elettricità, l’indagine, conclusasi nel febbraio 2005, tiene conto anche dei più recenti provvedimenti normativi.

Il processo di liberalizzazione del settore energetico avviato nella XIII legislatura con il D.Lgs n. 79/99 (c.d. decreto Bersani), è infatti proseguito nella legislatura appena conclusa con alcuni provvedimenti di rilievo, tra i quali si segnala la legge di riordino del settore (legge. n 239/05) (v. scheda Riordino del settore energetico - Legge n. 239/2004). Per quanto riguarda il settore elettrico, il processo suddetto ha come obiettivo la creazione di un mercato unico che assicuri l'economicità dell’energia offerta ai clienti finali e la non discriminazione degli operatori nel territorio nazionale, garantendo, contemporaneamente, la tutela della concorrenza.

La legge di riordino conferma il processo di liberalizzazione delle attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia ai clienti finali, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente (art. 1, comma 2, lettera a) L. n. 239/04. La concessione delle attività di trasporto e di dispacciamento, con l'obbligo di connessione di terzi secondo criteri di trasparenza ed imparzialità, dapprima affidata al Gestore della rete di trasmissione nazionale - GRTN - è stata successivamente trasferita, con il DPCM 11 maggio 2004, alla società Terna, la società proprietaria della rete di trasporto nazionale, con la previsione che entro il 2007 Enel riduca la propria partecipazione in detta società ad una quota non superiore al 20%.

L’attività di distribuzione continua ad essere svolta dalle imprese distributrici titolari di concessioni, rilasciate dal Ministero delle attività produttive nel Maggio 2001 ed aventi scadenza il 31 dicembre 2030.

All’interno di questo sistema rimangono affidati allo Stato i compiti di assumere le determinazioni inerenti l’importazione e l’esportazione dell’energia, di definire il quadro settoriale di programmazione anche con riferimento alla ricerca scientifica, di definire i principi per il coordinato utilizzo delle risorse finanziarie regionali, nazionali e dell’Unione europea, sentita la conferenza

Page 72: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

64

unificata (Stato, Regioni, Città ed Autonomie locali), di cui all’articolo 8 del d. lgs. 28 agosto 1997, 281 (art. 1, comma 7, lettere a), b), o) e p), L. n. 239/04). Inoltre sono affidati allo Stato i compiti relativi all’adozione di misure finalizzate a garantire l’effettiva concorrenzialità del mercato dell’energia elettrica, alla definizione dei criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell’energia elettrica e per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di generazione di energia elettrica termica superiore ai 300 MW, previo parere della Conferenza unificata e tenuto conto delle linee generali dei piani energetici regionali (art. 1, comma 8, lettera a), nn. 5 e 6, L. n. 239/04).

Si ricorda inoltre che dal 1° aprile 2004 in Italia è operativa la borsa elettrica (IPEX - Italian Power Exchange) - consistente in un luogo virtuale in cui ogni giorno produttori e acquirenti si incontrano per vendere e comprare energia – che è stata affidata in gestione al Gestore del Mercato (GME) nel contesto della liberalizzazione del settore elettrico.

L'avvio operativo del Gestore del mercato elettrico segna la nascita nel nostro Paese del primo mercato all'ingrosso organizzato dell'elettricità, in analogia a quanto già avveniva in altri Paesi europei. La creazione del mercato elettrico risponde a due esigenze ben precise: stimolare la concorrenza nelle attività di produzione e vendita all'ingrosso

potenzialmente competitive, attraverso la creazione di una "piazza del mercato";

favorire la massima efficienza nella gestione del dispacciamento dell'energia elettrica, attraverso la creazione di mercati per l'acquisto dei servizi di dispacciamento. Le transazioni si svolgono in una piazza del mercato virtuale alla quale gli

operatori si connettono per via telematica con procedure di accesso sicuro, per la conclusione on-line di contratti di acquisto e di vendita. Nello svolgimento delle sue funzioni il GME è responsabile dell'organizzazione e della gestione economica dei seguenti mercati: il mercato elettrico, che si articola in:

- due mercati dell'energia: il mercato del giorno prima dell'energia (MGP) e il mercato di aggiustamento (MA). Su tali mercati i produttori, i grossisti ed i clienti finali idonei vendono e comprano energia elettrica per il giorno successivo;

- un mercato per il servizio di dispacciamento (MSD), sul quale Terna S.p.A. si approvvigiona dei servizi di dispacciamento necessari alla gestione ed al controllo del sistema elettrico (soluzione delle congestioni di rete a programma, acquisto della riserva operativa per il giorno successivo, energia per il bilanciamento del sistema in tempo reale);

- Il mercato dei certificati verdi; - il mercato dei titoli di efficienza energetica.

Page 73: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

65

Con l’avvio del mercato elettrico nell’aprile del 2004 si è dunque aperta una nuova fase del processo di liberalizzazione.

L’indagine condotta dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas congiuntamente con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato evidenzia tuttavia come rimangano ancora aperte una serie di criticità strutturali del mercato, legate al peso dell’operatore principale.

Infatti, con riferimento al settore dell’elettricità nel documento conclusivo

dell’indagine si rileva come, nonostante gli interventi attuati a partire dal 1999 (liberalizzazione della generazione; obbligo per ENEL di scendere al di sotto del 50% dell’offerta nazionale di elettricità; creazione di un gestore indipendente della rete di trasmissione nazionale, mantenendo la nuda proprietà della rete in capo a ENEL; istituzione della borsa elettrica; apertura del mercato con un percorso progressivo che dal luglio 2004 ha condotto tutti i consumatori non residenziali a essere liberi di scegliere il proprio fornitore di elettricità) la concorrenza stenti a realizzarsi e i prezzi italiani per l’elettricità continuino a essere tra i più elevati d’Europa, anche tenendo conto dell’assenza di una produzione nazionale di fonte nucleare.

Tra le cause che spiegano l’elevato costo dell’energia elettrica sono stati evidenziati anche ostacoli alla concorrenza derivanti dall’attuale struttura di mercato che vede la produzione nazionale di elettricità ancora fortemente concentrata nelle mani dell’ex monopolista ENEL. L’indagine ha evidenziato, altresì, come l’aver lasciato la nuda proprietà della rete nazionale di trasmissione ad ENEL abbia impedito al gestore della rete nazionale piena autonomia nelle decisioni di investimento in nuova capacità trasmissiva e nella manutenzione straordinaria. Nonostante una quota di importazioni relativamente elevata, gli ancora scarsi investimenti d’interconnessione, sia con l’estero sia tra aree all’interno del territorio nazionale, non conducono all’auspicabile allargamento delle dimensioni geografiche dei mercati, contribuendo al mantenimento e al consolidamento, a svantaggio dei consumatori, del potere di mercato delle imprese.

Il perdurare di problemi strutturali del settore legati alla composizione del parco di generazione e al forte ricorso alle importazioni che riducono la competitività del nostro paese è stato denunciato dall’Antitrust anche in una memoria presentata il 18 marzo 2005 per l’audizione informale presso la Commissione attività produttive della Camera dei deputati sulla possibile evoluzione del mercato energetico italiano. In tale occasione, peraltro, l’Autorità ha posto l’accento sull’adozione di misure (come la definizione delle regole per l’unificazione della proprietà e della gestione della rete di trasmissione con il DPCM 11 Maggio 2004 e l’avvio della borsa elettrica nell’aprile 2004) grazie alle quali il settore elettrico italiano ha compiuto un passo fondamentale nel processo di liberalizzazione del mercato.

Page 74: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

66

Con riferimento, in particolare, all’avvio della borsa elettrica, l’Antitrust ha osservato che, come era facilmente prevedibile, non si è sviluppato un vero gioco competitivo con conseguenti riduzioni di prezzo: “I problemi strutturali connessi alla elevata concentrazione dell’offerta, ai limiti nella rete di trasmissione (nazionale e con l’estero), alla asimmetrica posizione degli operatori per tipologia di impianti, alla non equilibrata localizzazione tra zone geografiche, nonché le barriere di tipo amministrativo/burocratico al rinnovo del parco generazione nazionale, si sono “traslati” sull’evoluzione dei prezzi di borsa. La borsa, infatti, ha reso trasparente l’esistenza di problemi competitivi rilevanti, nonché il rischio che, in assenza di interventi mirati di politica industriale, possa essere esaltato il potere di mercato ancora detenuto dall’ex-monopolista”.

Tra le possibili linee di intervento suggerite in occasione dell’audizione

dall’Autorità antitrust rientrano, tra l’altro, il potenziamento, in misura coerente con gli sviluppi della rete di trasmissione nazionale, delle linee di interconnessione con l’estero e la realizzazione di linee dirette, nonché l’insediamento di nuovi poli di produzione nelle zone di mercato che risultano ad oggi deficitarie rispetto alla domanda.

Page 75: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

67

Prospettive dei mercati energetici

Il processo di sostanziale liberalizzazione delle attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita dell'energia elettrica e del gas naturale, avviato in Italia nel corso degli anni passati, ha modificato in maniera significativa la struttura del mercato energetico italiano.

Come emerge dall'indagine conoscitiva sulle prospettive degli assetti proprietari delle imprese energetiche e i prezzi dell’energia in Italia, deliberata dalla X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera il 16 novembre 2005, si è passati, infatti, da uno Stato monopolista, fortemente presente sul mercato, ad uno Stato privatizzatore, favorevole alla concorrenza e alla liberalizzazione del sistema economico del settore energetico.

In particolare, nel corso della XIV legislatura, il settore energetico è stato oggetto di diversi interventi legislativi essenzialmente rivolti ad assicurare un assetto concorrenziale del mercato dell'energia che consenta a nuove imprese un accesso più facilitato al mercato con prezzi più bassi e maggiori possibilità di scelta da parte dei consumatori.

D'altro canto, va rivelato che il processo di liberalizzazione in corso in Italia è

parte integrante del processo di creazione di un mercato europeo unico dell'energia e ne risulta in parte condizionato. Non solo, infatti, le scelte compiute dal nostro Paese sono state determinate dal livello comunitario, ma i loro effetti sono in larga parte condizionati dagli sviluppi della politica dell'Unione e dal grado e dalle modalità di recepimento delle direttive da parte degli altri Stati membri.

Al riguardo, è stato da più parti rilevato come sussistono differenze importanti nel modo in cui la liberalizzazione del mercato è stata realizzata nei diversi Stati membri con particolare riferimento alla libertà di scelta concessa ai consumatori, alla facoltà di accesso alle reti ed alla separazione della gestione della rete.

Tale processo, infatti, non appare assolutamente uniforme, bensì avanzato in alcuni ed arretrato in altri Stati membri, tanto che il 3 aprile 2006 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro diciassette Stati membri colpevoli di non applicare la legislazione europea sull'energia23.

23 Con 28 lettere di messa in mora inviate il 4 aprile 2006 a 17 Stati membri, la Commissione ha

avviato una risoluta azione di controllo sull’attuazione della normativa sul mercato interno dell’energia da parte degli Stati membri, con un esame puntuale della conformità di tutte le leggi adottate dagli Stati membri per recepire le direttive “gas” ed “elettricità”. L’Austria, il Belgio, la Repubblica ceca, la Germania, l’Estonia, la Spagna, la Finlandia, la Francia, la Grecia, l’Irlanda, l’Italia, la Lituania, la Lettonia, la Polonia, la Svezia, la Slovacchia ed il Regno Unito riceveranno lettere di messa in mora per difettoso o incompleto recepimento (o per carente applicazione delle direttive nel caso della Spagna). Inoltre, dinanzi alla Corte di giustizia, la Commissione prosegue la sua azione nei confronti dei paesi che non hanno ancora comunicato le disposizioni

Page 76: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

68

Secondo la Commissione europea, il presupposto indispensabile per un approvvigionamento sostenibile, competitivo e sicuro di energia è dato dall’esistenza di mercati dell’energia aperti e concorrenziali, che permettano alle imprese europee di operare come concorrenti su scala europea anziché limitarsi a dominare il mercato nazionale.

La creazione di un mercato europeo dell’energia con queste caratteristiche, osserva la Commissione europea, sarà determinante per ridurre i prezzi dell’energia, migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti e rafforzare la competitività.

A questo proposito, nel documento conclusivo dell’Indagine sulla

concorrenza nei settori energetici, presentato il 16 febbraio del 2006 dalla Commissione europea, si evidenzia come i mercati europei dell’energia non sono ancora aperti alle regole della concorrenza e dimostrino gravi carenze nell’organizzazione del mercato unico.

Le indicazioni contenute nell’Indagine settoriale, che confermano le preliminari osservazioni pubblicate dalla Commissione europea nel novembre del 2005, hanno permesso di individuare alcuni aspetti di particolare criticità che concorrono a determinare notevoli disfunzioni nei mercati del gas e dell’energia elettrica.

Più in particolare, viene evidenziato l'elevato livello di concentrazione che ancora caratterizza, in molti Stati membri, i mercati del gas e dell’energia elettrica dove i principali operatori hanno, quindi, la possibilità di influenzare i prezzi e la presenza di rilevanti ostacoli alla fornitura transfrontaliera di gas e di elettricità che impediscono lo sviluppo di mercati energetici integrati a livello comunitario.

A livello europeo, quindi, in alcuni mercati interni degli Stati membri le posizioni dominanti di talune aziende sono ancora molto forti: l'Edf controlla l'85 per cento del mercato dell'elettricità francese, mentre l'Electrabel, di proprietà della francobelga Suez, copre una percentuale simile del mercato energetico belga e domina il settore del gas. In Germania, quattro gruppi, Eon, Rwe, EnBw e lo svedese Vattenfall controllano il 70 per cento della produzione e della distribuzione.

Per quanto riguarda l'Italia, l'analisi condotta nell'ambito della citata indagine conoscitiva svolta dalla X Commissione della Camera evidenzia come nel nostro Paese il processo di attuazione della normativa comunitaria in materia di energia è avvenuto in maniera più tempestiva rispetto ad altri pesi dell'Unione.

Al riguardo, con riferimento agli assetti proprietari, un dato significativo, è il sensibile incremento della proprietà estera nelle imprese di generazione operanti

nazionali d’attuazione (Spagna e Lussemburgo). Continua, infine, l’esame della conformità delle legislazioni del Portogallo e dell’Ungheria. Per quanto riguarda l'Italia, si contesta il ritardo nella comunicazione della percentuale di utilizzo di elettricità rinnovabile, la mancata presentazione di un "report" sui biocarburanti e la mancata promozione delle fonti alternative di energia.

Page 77: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

69

in Italia e la nascita, seguita da rapida crescita, in entrambi i settori dell'elettricità e del gas, di nuove società di compravendita.

Pur tuttavia, osserva la X Commissione, nonostante i numerosi ed estesi interventi normativi e regolatori che hanno consentito di ottenere obiettivi importanti, il settore energetico nazionale appare ancora connotato da forti elementi di criticità sul piano della sicurezza degli approvvigionamenti, del mix dei combustibili e del grado di apertura dei mercati, che si traducono inevitabilmente sul livello dei prezzi e delle tariffe per i consumatori finali, oltre che dalle scarse politiche di contenimento dei consumi.

Dall’indagine conoscitiva è emerso, infatti, come il mancato completamento

dei processi di liberalizzazione, in particolare nel settore del gas, non abbia consentito quella diversificazione delle opzioni di approvvigionamento atta a garantire sia la sicurezza di un sistema energetico sempre più "gas-dipendente", sia quella sufficiente abbondanza e flessibilità dell'offerta rispetto alle variazioni della domanda che costituisce la linfa di un mercato dell'energia liquido e concorrenziale, che a sua volta rappresenta la premessa dalla quale non è possibile prescindere per avviare un processo virtuoso di discesa del livello dei prezzi.

Più nel dettaglio, con particolare riferimento al mercato del gas, il documento conclusivo della citata indagine conoscitiva condotta dalla X Commissione della Camera rileva che in questo settore il grado di concentrazione e la proprietà delle imprese è sensibilmente mutato.

In particolare, scontando l'effetto della OPA sul capitale di Edison, la quota delle società estere è sensibilmente cresciuta, come anche quella degli enti locali, a fronte di un'incidenza praticamente nulla nel 1998 e di pochi punti percentuali nel 2004.

Tuttavia, osserva la Commissione, nel settore della produzione e dell'importazione il ruolo principale è sicuramente svolto dall'ex monopolista ENI (v. capitolo Mercato del gas naturale).

A questo proposito va rilevato che, con riferimento al 2004, nel mercato italiano dell'approvvigionamento di gas naturale (importazione e produzione nazionale), dei circa 80 miliardi di mc di gas che sono stati approvvigionati, poco meno del 70 per cento è stato fornito da Eni, mentre il restante 30 per cento circa da terzi (Enel, Edison, Energia SpA, Plurigas ed una serie di operatori minori).

Al riguardo, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, in una recente

segnalazione al Parlamento e al Governo24, ha manifestato la necessità di intervenire per assicurare condizioni strutturali in grado di favorire un maggiore confronto competitivo tra i venditori, attraverso investimenti in infrastrutture di

24 Atto n. 2 del 15 febbraio 2006.

Page 78: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

70

importazione e stoccaggio, che consentano una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento e liquidità del sistema.

Nella medesima segnalazione l'Autorità manifesta, altresì, la necessità di prevedere la separazione proprietaria delle infrastrutture dalle attività di vendita, al fine di garantire possibilità di accesso non discriminatorio a tutti gli operatori e uno sviluppo di tali infrastrutture non condizionato da interessi di soggetti operanti in altre fasi della filiera.

In sostanza, quindi, ad avviso dell' l'AEEG, nonostante l'adozione di misure normative tese a ridurre nel periodo 2001-2010 le immissioni al consumo dell'operatore incumbent, permane una inconfutabile posizione dominante di Eni nell'approvvigionamento di gas (importazioni e produzione nazionale) in grado di condizionare fortemente l'esito del mercato.

Per quanto riguarda il settore elettrico, la X Commissione Attività produttive,

commercio e turismo della Camera, nel documento conclusivo della citata indagine conoscitiva sulle prospettive degli assetti proprietari delle imprese energetiche e i prezzi dell’energia in Italia, sottolinea come i risultati raggiunti dal processo di liberalizzazione in questo settore appaiono più rilevanti di quelli ottenuti nel settore del gas, nel quale l'alto livello di concentrazione del mercato, le carenze di infrastrutture nazionali di adduzione e stoccaggio e le rigidità nell'accesso alle reti di trasporto internazionali, impediscono il corretto operare dei meccanismi concorrenziali.

In particolare, i provvedimenti normativi volti ad assicurare l'unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione, nonché il limite al diritto di voto da parte di operatori di mercato per una quota del 5 per cento, hanno costituito un passo rilevante per garantire l'indipendenza e l'imparzialità dell'azienda responsabile della gestione della rete, dello sviluppo della capacità di trasporto, nonché del miglioramento della sicurezza e dell'economicità del sistema di trasporto e dispacciamento elettrico nazionale.

Pur tuttavia, anche in questo settore, ad avviso dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas25, il pieno dispiegarsi delle potenzialità del mercato ai fini della trasparenza, della concorrenza e della sicurezza, risulta ancora frenato dal ruolo ricoperto dall'operatore dominante, da una imperfetta partecipazione della domanda attiva, nonché da un incompleto sviluppo dei mercati dei servizi di dispacciamento e della riserva.

Al riguardo, si evidenzia che, per quanto concerne il 2004, il fabbisogno complessivo di energia elettrica è stato coperto, per l'86% da produzione nazionale e per il restante 14% da importazioni. La produzione nazionale è provenuta, per l'81,4%, da fonti termoelettriche, per il 16,2% da impianti

25 Cfr. audizione dell'l'ingegnere Alessandro Ortis, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e

il gas, presso la X Commissione della Camera in data 9 febbraio 2006.

Page 79: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI - ENERGIA

71

idroelettrici e per il restante 2,4% da impianti geotermoelettrici, eolici e fotovoltaici.

In termini di ripartizione della produzione netta nazionale tra operatori, in seguito alla vendita di parte del proprio parco centrali in base a quanto previsto dal Decreto Bersani del 1999 (le cosiddette Genco) e alla costruzione di nuovi impianti da parte di operatori concorrenti, l’Enel possiede oggi circa il 50% della produzione netta nazionale. Seguono Edison con il 12%, Edipower con il 7,6%, Endesa Italia con il 6,4%, Tirreno Power con il 2,3% e Eni con il 2%.

Con riferimento alla localizzazione geografica degli impianti, l'indagine

conoscitiva condotta congiuntamente dall’Autorità per la concorrenza e il mercato (Antitrust) e dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, in relazione stato di avanzamento dei processi di liberalizzazione nei due principali mercati energetici del nostro paese (v. capitolo Mercato dell’energia elettrica), evidenzia che nella zona Nord del Paese è ubicata poco più della metà della capacità disponibile (53%); al Centro-Sud il 13,1% ed al Centro-Nord il 8,6%; il restante 25,3% è suddiviso tra Sud ed isole. ENEL è l'unico operatore che presenta una capillare presenza nelle varie aree del Paese: il 45% del suo parco generazione (misurato sulla potenza efficiente netta) è localizzato nel Nord, il 7% in Sicilia e Calabria, il 3% in Sardegna ed il 45% sul restante territorio nazionale. Gli altri operatori principali presentano ripartizioni più squilibrate, con percentuali elevatissime, dei propri impianti, localizzate al Nord.

In relazione a tale situazione, ad avviso della X Commissione della Camera, occorre favorire l'insediamento da parte di soggetti diversi da Enel di nuovi impianti di produzione, soprattutto in zone a oggi deficitarie d'offerta e incentivare lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale e delle linee di interconnessione con l'estero.

Anche in relazione al trasporto sul territorio nazionale dell'energia, in

entrambi i settori, quello elettrico e del gas, è evidente il ruolo chiave svolto da Terna per il settore elettrico e Snam Rete Gas per il gas: in tutti e due i casi si tratta di società nate come parte integrante di Enel ed Eni.

A questo proposito sia il legislatore nazionale, sia le autorità di regolamentazione, hanno segnalato la necessità di rendere il più possibile autonome i due operatori dalle rispettive società di controllo.

Nel caso di Terna, si è arrivati nel 2004, alla quotazione in borsa e alla cessione delle quota di controllo di Enel alla Cassa depositi e prestiti; nel caso di Snam rete gas, Eni mantiene ancora oggi una quota di controllo.

Ad avviso della X Commissione la decisione di riunire in capo ad una società

unica (Terna) proprietà e gestione della rete di trasmissione, rendendo tale soggetto indipendente dagli interessi degli utilizzatori della rete stessa appare in

Page 80: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – ENERGIA

72

grado di provvedere rapidamente all'indispensabile implementazione della rete che presenta numerose e gravi strozzature.

In relazione a tale scelta la Commissione rileva che Snam Rete Gas e Stogit

possono seguire lo stesso percorso di ristrutturazione proprietaria delle società, al termine del quale potrà valutarsi la fusione tra Snam Rete Gas e Terna, nell'ambito di una proposta di politica industriale tesa a realizzare un gruppo energetico di preminenza nel contesto europeo, dedito alla esclusiva attività di trasporto e sviluppo delle reti di elettricità e gas, in posizione terza rispetto agli interessi di produttori e venditori.

Page 81: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Commercio, Servizi e Tutela dei consumatori

Page 82: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 83: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

75

Forme speciali di vendita

Nel nuovo sistema di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, risultante dalla riforma del titolo V della Costituzione approvata con la legge costituzionale n. 3/2001, l’ordinamento amministrativo del commercio è materia di competenza regionale.

L’attività legislativa del Parlamento nazionale si è pertanto concentrata, nel corso della XIV legislatura, su alcuni profili attinenti alla disciplina di particolari forme contrattuali relative ad attività commerciali, disciplina da ritenersi rientrante nella materia “ordinamento civile”, di competenza statale esclusiva ai sensi del nuovo art. 117 della Costituzione.

E’ stato così disciplinato espressamente, con la legge 6 maggio 2004, n. 129, il contratto di franchising, in precedenza utilizzato nella prassi in assenza di una specifica normativa; è stata introdotta una nuova disciplina della vendita diretta a domicilio e della tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali (legge 17 agosto 2005, n. 173); è stata data attuazione, con il decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, alla direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, in particolare riferimento al commercio elettronico.

Un altro versante della attività legislativa ha prodotto invece alcuni interventi, concentrati prevalentemente nella legge finanziaria per il 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 448), ascrivibili al sostegno all’innovazione per il settore commerciale e quindi rientranti nell’ambito delle materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni.

Si riportano quindi di seguito gli elementi essenziali degli interventi legislativi sopra indicati, rinviando per una più ampia esposizione degli stessi alle schede di approfondimento volta a volta segnalate.

Il Franchising (o Affiliazione commerciale) rappresenta, nelle sue diverse tipologie (franchising di distribuzione, di servizi o industriale), una forma di collaborazione continuativa per la distribuzione di beni o servizi fra un imprenditore (Affiliante o Franchisor) e uno o più imprenditori (Affiliati o Franchisee), giuridicamente ed economicamente indipendenti uno dall'altro, che stipulano un apposito contratto con il quale: l'Affiliante concede all'Affiliato l'utilizzazione della propria formula

commerciale, comprensiva del diritto di sfruttare il suo know-how (l'insieme delle tecniche e delle conoscenze necessarie) ed i propri segni distintivi, unitamente ad altre prestazioni e forme di assistenza atte a consentire all'Affiliato la gestione della propria attività con la medesima immagine dell'impresa Affiliante;

Page 84: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

76

l'Affiliato si impegna a far proprie politica commerciale e immagine dell'Affiliante nell'interesse reciproco delle parti medesime e del consumatore finale, nonché al rispetto delle condizioni contrattuali liberamente pattuite. Negli ultimi anni il franchising si è ampiamente sviluppato anche nel nostro

paese, pure in assenza di quadro di riferimento normativo certo: esso era infatti annoverato tra i c.d. contratti atipici.

La legge n. 129/2004 (v. scheda Franchising) ha introdotto nel nostro ordinamento una disciplina di carattere generale a cui ricondurre i contratti di affiliazione commerciale.

Obiettivo della legge è quello di garantire la massima trasparenza dei rapporti contrattuali, attraverso specifici obblighi informativi precontrattuali e clausole negoziali obbligatorie.

Essa fornisce innanzitutto una definizione di carattere generale del contratto di affiliazione commerciale (franchising), seguita da un glossario esplicativo dei termini di know-how, diritto di ingresso, royalties, beni dell’affiliante, presenti nella disciplina dell’affiliazione commerciale. Tale contratto, peraltro, può essere utilizzato in qualsiasi settore di attività economica.

Nell’ambito di applicazione della legge rientra anche il contratto di affiliazione commerciale principale, anch’esso oggetto di definizione normativa. La legge introduce inoltre l'obbligo di sperimentazione della formula di affiliazione commerciale sul mercato e definisce la forma, che deve essere scritta a pena di nullità.

A garanzia della trasparenza del rapporto e, in particolare, a tutela dell'aspirante affiliato, nella proposta vengono fissati puntuali obblighi informativi a carico dell'affiliante, che è tenuto a consegnare all'aspirante affiliato, almeno trenta giorni prima della sottoscrizione dell'accordo, copia del contratto e di una serie di allegati relativi ai più significativi profili dell'attività di impresa.

Vengono stabiliti, altresì, a carico dell'affiliato, taluni obblighi, quali quello di massima riservatezza circa il contenuto dell’attività oggetto di affiliazione commerciale, anche in relazione alla fase successiva alla conclusione del rapporto contrattuale. Si esplicita, poi, il contenuto degli obblighi di correttezza e buona fede a carico delle parti nella fase delle trattative precontrattuali, prevedendo la possibilità di richiedere l’annullamento del contratto, ai sensi dell’art.1439 cc., e il risarcimento dei danni, in caso di false informazioni. Si introduce il tentativo di conciliazione presso la camera di commercio per le controversie relative ai contratti di affiliazione commerciale e, infine, si prevede l'adeguamento entro un anno alla nuova disciplina dei predetti contratti in essere al momento di entrata in vigore della legge.

La legge n. 173/2005 (v. scheda Vendite a domicilio e piramidali) disciplina e regolamenta la vendita diretta a domicilio e tutela il consumatore dalle cosiddette vendite piramidali, la cui caratteristica è quella di porsi come obiettivo la moltiplicazione dei livelli di vendita: i venditori non perseguono lo

Page 85: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

77

scopo di ottenere delle provvigioni a fronte dei beni o servizi venduti ma quello di acquisire lo status di venditore, dietro pagamento di un corrispettivo, e di avviare immediatamente un’attività di ricerca di nuovi venditori ai quali far pagare il diritto di accesso.

La legge vieta la promozione o l'organizzazione di tutte quelle operazioni, quali giochi, piani di sviluppo, "catene di Sant'Antonio", che configurano la possibilità di guadagno attraverso il puro e semplice reclutamento di altre persone e in cui il diritto a reclutare si trasferisce all'infinito previo il pagamento di un corrispettivo.

La violazione di tali divieti ha effetti sia sul piano civile che penale, in considerazione dell’elevato disvalore sociale riconosciuto alle suddette tipologie di negoziazione. Sul piano civile, infatti, gli eventuali contratti stipulati in violazione dei divieti disposti dall’articolo 5 (recante “divieto delle forme di vendita piramidali e di giochi o catene”) saranno da considerarsi nulli per violazione di norme imperative ai sensi dell’art. 1418 comma I c.c. Alla violazione del precetto normativo, inoltre, conseguono le sanzioni penali previste dall’articolo 7.

Oltre a contrastare il fenomeno delle cosiddette vendite piramidali, la legge è volta a tutelare l’attività di vendita diretta a domicilio26 dei consumatori e a garantirle maggiore trasparenza, integrando la normativa in materia contenuta nel decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 recante “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”, ed in particolare nell’articolo 19, e delineando un'analitica disciplina dei relativi profili contrattuali. Le disposizioni della legge non si applicano all’offerta, alla sottoscrizione ed alla propaganda di prodotti e servizi finanziari ed assicurativi ed ai contratti per la costruzione, la vendita e la locazione di beni immobili. Vengono pertanto esclusi dalla fattispecie delle vendite piramidali, e quindi permessi, i servizi finanziari e assicurativi basati sul “multilevel marketing” e le vendite fondate su questo sistema commerciale. Tale forma di vendita si caratterizza per il fatto che i vari venditori della catena effettivamente commercializzano dei prodotti che hanno un valore di mercato e i loro introiti non sono rappresentati solo dal reclutamento della forza vendita e dalle percentuali premiali, che devono essere contenute, che ottengono sugli affari realizzati dai livelli inferiori. Una parte consistente delle loro entrate deve quindi arrivare dalla reale commercializzazione dei prodotti e dei servizi proposti dall'azienda.

26 Ai fini della citata legge si intende: per "vendita diretta a domicilio" la forma speciale di vendita

al dettaglio e di offerta di beni e servizi effettuate tramite la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio del consumatore finale o nei locali nei quali il consumatore si trova, anche temporaneamente, per motivi personali, di lavoro, di studio, di intrattenimento o di svago; per "incaricato alla vendita diretta a domicilio", colui che, con o senza vincolo di subordinazione, promuove, direttamente o indirettamente, la raccolta di ordinativi di acquisto presso privati consumatori per conto di imprese esercenti la vendita diretta a domicilio; per "impresa" o "imprese", l’impresa o le imprese esercenti la vendita diretta a domicilio.

Page 86: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

78

Il decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 31 della legge 1° marzo 2002, n. 39 (comunitaria 2001) ha provveduto al recepimento della direttiva 2000/31/CE che interviene in materia di prestazione di servizi delle società dell’informazione, con particolare riferimento al commercio elettronico, allo scopo di creare una base comune di regole volte ad assicurare la libera prestazione dei servizi on-line.

Obiettivo principale del decreto legislativo (v. scheda Commercio elettronico) è l’eliminazione degli ostacoli che limitano lo sviluppo del commercio elettronico nonché la promozione della libera circolazione dei servizi legati alla società dell’informazione.

Come precisato nella circolare MAP 7 luglio 2003, n. 3561/C per servizi della società dell’informazione devono intendersi le attività economiche svolte on-line e qualsiasi altro servizio prestato dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica (mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione - compresa la trasmissione digitale - e di memorizzazione di dati) e a richiesta individuale di un destinatario di servizi (vale a dire la persona fisica o giuridica che utilizzi il servizio della società di informazione).

In conformità alla direttiva comunitaria il decreto legislativo interviene in alcuni settori fondamentali quali beni la disciplina giuridica dello stabilimento dei prestatori di beni o servizi della società dell'informazione, il regime delle comunicazioni commerciali, la disciplina dei contratti per via elettronica, la responsabilità degli intermediari, i codici di condotta, la composizione extragiudiziaria delle controversie, i ricorsi giurisdizionali e la cooperazione tra Stati membri.

Per l’accesso all’attività di servizi della società dell'informazione il prestatore deve fare riferimento alla disciplina e all’ambito dell’attività (ambito regolamentato) del Paese in cui il prestatore è stabilito, pertanto nel caso in cui il prestatore di servizi sia stabilito nel nostro Paese il prestatore è assoggettato alle disposizioni nazionali applicabili all’ambito regolamentato e alle norme dettate dallo stesso decreto legislativo. Tuttavia nel provvedimento si precisa che le disposizioni nazionali relative all’ambito regolamentato non possono limitare la libera circolazione dei servizi provenienti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, a meno che non si versi in una delle materie tassativamente escluse da queste disposizioni (diritto d’autore, emissione di moneta elettronica, attività assicurativa ecc. Nel decreto si ribadisce il principio introdotto dalla direttiva 2000/31/CE della libertà di accesso all’attività di prestatore di un servizio on-line, in base al quale la fornitura di servizi telematici non deve essere soggetta ad alcuna forma di autorizzazione amministrativa.

A carico del prestatore sono previsti obblighi di carattere informativo. Quanto poi alla responsabilità dei prestatori di servizi che agiscono come

intermediari, il provvedimento opera una distinzione in relazione alle attività di:

Page 87: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

79

semplice trasporto (mere conduit), memorizzazione temporanea (caching) e memorizzazione di informazioni fornite dal destinatario del servizio (hosting).

Pur escludendo per gli intermediari sopraindicati un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano ovvero un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite, il decreto (art. 17) li riconosce come civilmente responsabili del contenuto dei servizi nel caso in cui, richiesti dall’autorità giudiziaria o amministrativa competente, non abbiano agito tempestivamente per impedire l’accesso a detto contenuto, ovvero se, a conoscenza del carattere illecito del contenuto non abbiano provveduto ad informarne l’autorità competente.

Per quanto riguarda gli interventi di sostegno all’innovazione nel settore commerciale, si ricorda quanto segue:

l’art. 52, comma 4, della legge n. 448/2001 ha istituito presso il Ministero delle attività produttive un Fondo per l'informatizzazione della rete distributiva delle piccole e medie imprese commerciali allo scopo di favorire l’adeguamento alle nuove tecnologie della rete distributiva, anche mediante l'acquisto di nuovi apparecchi che, grazie ai collegamenti con le più importanti reti telematiche, consentano l’accesso e la distribuzione di servizi diffusi;

l’art. 52, comma 77, della legge n. 448/2001 ha esteso le agevolazioni per le aree depresse previste dalla legge 488/92 ai programmi di ammodernamento degli esercizi di vicinato, nonché alle imprese di somministrazione di alimenti e bevande aperte al pubblico, per la realizzazione di specifici progetti di investimento;

l’art. 52, commi 79 ed 80, della legge n. 448/2001, ha modificato la normativa relativa alla utilizzazione del "Fondo nazionale per il cofinanziamento di interventi regionali" nel settore del commercio e del turismo, istituito dall'articolo 16, comma 1, della legge 7 agosto 1997, n. 266 (“Interventi urgenti per l’economia”), stabilendo un tetto massimo per l'impegno regionale pari al 10 per cento dello stanziamento pubblico complessivo, nonché la possibilità di destinare le risorse del fondo anche alla realizzazione di progetti comunali per qualificare la rete commerciale.

Page 88: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 89: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

81

Tutela dei consumatori

Nel corso della XIV legislatura, la normativa in materia di tutela dei consumatori è stata interamente riordinata e raccolta un Codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206), emanato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229, recante “Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e semplificazione – Legge di semplificazione 2001”.

Il Codice è composto di 146 articoli, che sostituiscono, abrogandole interamente o parzialmente, 30 tra leggi e provvedimenti previgenti.

Esso è intervenuto su di un tessuto normativo costituito da provvedimenti di recepimento di direttive comunitarie, da norme del Codice civile (artt. 1496-bis e seguenti, in tema di clausole abusive, e 1519-bis e seguenti, in tema di vendita di beni mobili di consumo) e da numerosi atti di diverso rango legislativo, formalmente non coordinati con la principale legge di riferimento, la legge 30 luglio 1998, n. 281, recante la "Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti", con la quale si era provveduto all’introduzione di una disciplina generale dei principi che presiedono alla tutela dei consumatori27, definendo una carta dei diritti dei consumatori e degli utenti.

Il nuovo “Codice del consumo” reca una disciplina organica in materia di "tutela dei consumatori", coordinata con la normativa comunitaria e diretta alla semplificazione normativa. Tale semplificazione viene perseguita sia sul piano quantitativo, attraverso l’unificazione redazionale di numerosi provvedimenti legislativi, che su quello qualitativo della unificazione del linguaggio e della coerenza giuridica e sistematica delle norme; ciò al fine di ricostruire in un quadro nuovo le regole che afferiscono ai molteplici ambiti in cui sono coinvolti gli interessi dei consumatori e degli utenti, secondo una logica improntata alla protezione di questi ultimi nelle diverse fasi del processo di consumo.

Il Codice infatti non si configura come un semplice Testo Unico, dal momento che esso, in conformità con l’orientamento generale adottato per i decreti legislativi di riassetto previsti dalla legge di semplificazione 2001, ha anche una portata innovativa – benché limitata - della legislazione previgente.

27 Nella relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo presentato alle Camere si

richiamano alcune consolidate definizioni sulla natura degli interventi di “tutela dei consumatori”, qualificati come “insieme di politiche e azioni attuate per assicurare che tutti i consumatori ottengano ciò che vorrebbero veramente se fossero pienamente informati”, ovvero come “insieme di azioni che pongono il consumatore nella condizione di scegliere un prodotto, pur non avendo sufficiente conoscenza dei suoi attributi e delle eventuali alternative che potrebbero emergere da un’approfondita analisi comparativa, conducibile senza costi aggiuntivi per lo stesso”.

Page 90: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

82

Il legislatore delegato ha quindi potuto provvedere non soltanto ad apportare modifiche di “coordinamento formale” alla disciplina di rango legislativo, ma anche a innovazioni del merito della disciplina codificata.

L’innovatività sostanziale e il consolidamento formale costituiscono pertanto gli elementi distintivi della codificazione, in base ai quali la riforma dei contenuti della disciplina legislativa della materia si ispira necessariamente anche a criteri di semplificazione “sostanziale” (come l’alleggerimento degli oneri burocratici) e di “deregolazione”.

I principali profili innovativi discendenti dai principi e criteri direttivi della delega riguardano:

- l’adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali e l’articolazione della stessa allo scopo di armonizzarla e riordinarla, nonché di renderla strumento coordinato per il raggiungimento degli obiettivi di tutela del consumatore previsti in sede internazionale;

- l’omogeneizzazione delle procedure relative al diritto di recesso del consumatore nelle diverse tipologie di contratto;

- la conclusione, in materia di contratti a distanza, del regime di vigenza transitoria delle disposizioni più favorevoli per i consumatori, previste dall'articolo 15 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, di attuazione della direttiva 97/7/CE del 20 maggio 1997, del Parlamento europeo e del Consiglio, e il rafforzamento della tutela del consumatore in materia di televendite;

- il coordinamento, nelle procedure di composizione extragiudiziale delle controversie, dell'intervento delle associazioni dei consumatori, nel rispetto delle raccomandazioni della Commissione delle Comunità europee.

La finalità sottesa al riassetto sistematico delle disposizioni in materia di tutela dei consumatori deriva dalla necessità di rendere maggiormente fruibile, anche ai “non addetti ai lavori”, la complessa e variegata normativa sulla tutela del consumatore, onde consentirle di dispiegare una maggiore efficacia sia nelle fasi di contenzioso e di tutela che – soprattutto - ex ante, ossia nella funzione deterrente di comportamenti commercialmente o legalmente scorretti a danno dei consumatori.

Quanto alla tecnica redazionale, le norme in materia consumeristica sono state riaggregate nel Codice secondo una sequenza che ricalca il modello consolidato di processo d’acquisto del consumatore: dalle disposizioni che concernono la fase anteriore alla formazione del contratto – volte a favorire l’educazione e l’informazione del consumatore nei momenti originari del processo di acquisto di beni e servizi, onde tutelarlo nella delicata fase della raccolta di informazioni e di valutazione sulle alternative di scelta - a quelle tese a garantire la correttezza dei processi negoziali e delle forme contrattuali da cui discendono le decisioni di acquisto, uso e consumo, sino alla norme concernenti le interazioni commerciali da cui hanno origine le valutazioni di soddisfazione/insoddisfazione e i comportamenti relazionali, ivi compresi quelli di natura conflittuale.

Page 91: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

83

Sulla base di questa impostazione, la normativa vigente è stata riordinata e coordinata valutando la natura e la portata delle asimmetrie informative di cui soffre la domanda nelle diverse fasi dei processi di marketing e verificando al contempo l’efficacia della normativa vigente ai fini della tutela dei consumatori e degli utenti, nonché la sua rispondenza ai dettami del diritto comunitario.

In ordine alla struttura, il Codice, composto di 146 articoli, è articolato in sei Parti, di norma suddivise a loro volta in Titoli, Capi e Sezioni (v. scheda Il nuovo Codice del consumo).

Segnatamente, la Parte I (artt.1-3), reca le disposizioni generali, che chiariscono, riproducendo in gran parte le disposizioni della legge n.281/9828, le finalità della disciplina, enunciando i diritti fondamentali riconosciuti ai consumatori e fornendo le relative definizioni.

La Parte II (artt. 4-32) concerne l’educazione, l’informazione e la pubblicità, investendo tutta l'attività preliminare che, ancor prima della specifica attività di informazione precontrattuale, pone il consumatore in grado di ottenere una corretta conoscenza del bene o del servizio da acquistare. In attuazione di uno specifico criterio di delega è stata, in particolare, introdotta, negli artt. 28-31, una nuova disciplina volta al rafforzamento della tutela dei consumatori in materia di televendite.

La Parte III (artt. 33-101) riguarda il rapporto di consumo, e tratta nel titolo I i contratti del consumatore in generale (clausole vessatorie, nullità delle stesse ed azione inibitoria), nel titolo II l’esercizio dell’attività commerciale (dettando le regole a cui sono improntate le attività commerciali e disponendo in merito al credito al consumo), nel titolo III le modalità contrattuali (contratti negoziati fuori dei locali commerciali, contratti a distanza, diritto di recesso ed, infine, il rinvio per il commercio elettronico al D.Lgs. 70/2003), nel titolo IV le disposizioni relative a singoli contratti (contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento ripartito di beni immobili, cd. “multiproprietà”, servizi turistici), nel titolo V l’erogazione di servizi pubblici.

Nella Parte IV (artt.102-135) vengono raccolte e coordinate le disposizioni in materia di sicurezza e qualità dei prodotti, e segnatamente quelle in tema di sicurezza dei prodotti (Titolo I), responsabilità per danno da prodotti difettosi (Titolo II) e garanzia legale di conformità e commerciali per i beni di consumo (Titolo III).

La Parte V (artt.136-141), raccoglie le norme in materia di associazioni dei consumatori e di accesso alla tutela giurisdizionale. In tale ambito, oltre alle norme in materia di azioni inibitorie e legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori, particolare rilievo assume l’articolo 141 che, in attuazione di 28 La già citata legge 30 luglio 1998 n. 281, recante la “Disciplina dei diritti dei consumatori e degli

utenti”, si pone come il testo fondamentale di riferimento della disciplina consumeristica, in quanto stabilisce un elenco di diritti fondamentali per la tutela degli interessi individuali e collettivi, riconoscendo le associazioni come enti esponenziali della categoria dei consumatori legittimate a far valere in giudizio tali interessi collettivi.

Page 92: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

84

quanto previsto dal criterio di delega di cui all'articolo 7, comma 1, lett d) della legge n.229/2003, reca disposizioni in tema di composizione extragiudiziale delle controversie, prevedendo l’attivazione di tali forme di composizione extragiudiziale allo scopo di deflazionare il carico di contenzioso pendente e di agevolare la rapida soluzione delle liti.

Da ultimo, la Parte VI (artt. 142-146), reca le disposizioni finali e le abrogazioni, sia delle norme inserite nel codice, sia di quelle precedentemente già abrogate, al fine di evitarne - anche in via interpretativa - la reviviscenza.

Page 93: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Industria e Artigianato

Page 94: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 95: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

87

Sostegno alle attività produttive

Il riordino degli strumenti di sostegno e incentivazione

La necessità di semplificare e razionalizzare il sistema degli incentivi alle imprese, con una particolare attenzione al sistema produttivo nel Mezzogiorno, è stata più volte sottolineata nei documenti di programmazione economico-finanziaria approvati nel corso della legislatura, a partire già dal DPEF 2002-05.

Le disposizioni di legge vigenti in materia di incentivi, contributi, agevolazioni, sovvenzioni e benefici destinati alle imprese, comunque denominati, sono infatti contenute in una pluralità di provvedimenti legislativi e risultano redatte con criteri alquanto diversificati, recando prevalentemente norme di carattere generale e rinviando per la disciplina di dettaglio degli interventi a fonti di livello inferiore29.

La legge 29 luglio 2003, n. 229 “Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione - Legge di semplificazione 2001", all’art. 5 ha delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo per il riassetto della normativa in materia di interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive.

Il termine per l’esercizio della delega, originariamente fissato al 9 settembre 2004, è stato prorogato al 9 settembre 2005, dall'art. 2, comma 7, lettera a), della L. 27 luglio 2004, n. 186, di conversione del D.L. 28 maggio 2004, n. 136, ed è poi scaduto senza che la delega fosse esercitata30.

Nel frattempo, al fine di attribuire maggiore flessibilità al sistema di finanziamento degli interventi nelle aree sottoutilizzate, con la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) è stata prevista l’istituzione di due fondi di carattere generale: il Fondo per le aree sottoutilizzate, iscritto nello stato di 29 A quest’ultimo proposito va peraltro ricordato come il D.Lgs. n. 123/1998, recante “Disposizioni

per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 “, abbia disciplinato in via generale le diverse tipologie di procedimenti amministrativi che possono essere adottati per gli interventi di sostegno alle attività produttive.

30 Si ricordano i principi e criteri previsti per l’esercizio della delega: la normativa in materia di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive dovrà

essere articolata in modo da assicurarne il coordinamento con gli obiettivi di politica industriale fissati da Governo e dal Parlamento con l’approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria, tenendo conto dei diversi inquadramenti degli aiuti previsti dalla normativa dell'Unione europea, nonché nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione;

la normativa primaria dovrà limitarsi all’individuazione dei requisiti sostanziali per la concessione degli interventi;

i procedimenti amministrativi dovranno essere delegificati mediante rinvio alla fonte regolamentare dello Stato e alla normazione regionale, secondo le rispettive competenze;

Tra i principi fondamentali della legislazione regionale dovranno essere definiti le priorità di intervento a favore delle aree territoriali meno sviluppate e delle zone montane e il raccordo tra i diversi strumenti di incentivazione anche di carattere fiscale, con la previsione di procedure semplificate per le imprese artigiane e le piccole e medie imprese.

Page 96: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

88

previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, comma 1) e il Fondo da iscrivere nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, nel quale sono confluite le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate, di competenza di quest’ultimo Ministero, in precedenza allocate nel Fondo unico per gli incentivi alle imprese (articolo 61, comma 3).

L’art. 72 della stessa legge finanziaria 2003 ha inoltre fatto confluire le somme in precedenza iscritte nei capitoli del bilancio dello Stato aventi natura di “trasferimenti alle imprese per contributi alla produzione e agli investimenti” in appositi fondi rotativi iscritti in ciascuno stato di previsione della spesa. Criteri e modalità di concessione dei contributi sono definiti dal Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministro competente, sulla base dei seguenti principi: la quota di contributo soggetta a rimborso non può essere inferiore al 50%

dell’importo erogato; il piano pluriennale di rientro inizia nel primo quinquennio dalla concessione

contributiva e termina nel secondo; il tasso di interesse è determinato in misura non inferiore allo 0,50% annuo.

Nel DPEF 2005-2007 il Governo, in linea con le indicazioni contenute nei precedenti Documenti, sottolineava l'intenzione di procedere ad una graduale razionalizzazione del sistema degli incentivi alle imprese. A tale proposito il DPEF prevedeva la costituzione di un Fondo rotativo per il sostegno degli investimenti delle aziende volto alla concessione di finanziamenti agevolati, destinati in particolare all'innovazione, al Mezzogiorno e alle aree sottoutilizzate e coordinati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

La legge n. 311/2004, legge finanziaria per il 2005, ha quindi disposto (comma 354 dell’art.1) l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, del predetto Fondo rotativo, denominato “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese“, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale.

La dotazione iniziale del Fondo è stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale.

La ripartizione del Fondo è rimessa a delibere del CIPE - presieduto dal Presidente del Consiglio in maniera non delegabile - sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti: il Fondo è ripartito per essere destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio (comma 355).

Al Ministro competente è attribuita la funzione di stabilire, con decreto di natura non regolamentare i requisiti e le condizioni per l'accesso ai finanziamenti agevolati (comma 357). Al Ministro dell'economia e delle finanze è attribuita, invece, la competenza a determinare il tasso di interesse - da disporre con

Page 97: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

89

decreto di natura non regolamentare - da applicare alle somme erogate in anticipazione.

La disciplina del Fondo rotativo di cui sopra è stata quindi modificata dall’art. 6 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

In particolare il D.L. ha provveduto a ridenominare il Fondo, divenuto “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca”, in quanto una quota - pari ad almeno il 30 per cento della dotazione finanziaria del fondo medesimo - è stata destinata al sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese, da realizzare anche congiuntamente a soggetti della ricerca pubblica.

L’individuazione degli obiettivi e delle modalità di utilizzo è affidata al Programma Nazionale della Ricerca (PNR), approvato annualmente dal CIPE.

Al «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca» può fare ricorso anche il Comitato per lo sviluppo, la cui istituzione in seno al CIPE è prevista dallo stesso decreto-legge 35/05.

Al Comitato, cui è attribuito il compito di promuovere e coordinare gli interventi finalizzati a rafforzare la capacità innovativa e la produttività dei distretti e dei settori produttivi è affidato, in particolare, il compito di individuare – sulla base della diagnosi delle tendenze e delle prospettive dei settori produttivi - le priorità e la tempistica degli interventi settoriali.

Per una più ampia descrizione della normativa sull’istituzione ed il funzionamento del Fondo rotativo si rinvia alla scheda Attività produttive - Fondo rotativo di sostegno.

Il D.L. n. 35/05 ha introdotto anche altre disposizioni in materia di incentivi alle

imprese. In particolare, l’art. 8 del D.L. ha modificato la disciplina relativa alla

concessione degli incentivi alle imprese nelle aree sottoutilizzate (v. capitolo Gli incentivi alle imprese nelle aree sottoutilizzate, nel dossier relativo alla Commissione Bilancio) operando la revisione dei meccanismi che presiedono alla concessione degli incentivi come definiti dal decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, ovvero come disposti nell’ambito degli strumenti della programmazione negoziata (patti territoriali, contratti di programma e contratti d’area).

I principi introdotti sono volti alla sostituzione dei finanziamenti a fondo perduto con prestiti agevolati, promuovendo al tempo stesso il coinvolgimento degli istituti bancari nel finanziamento degli investimenti oggetto di agevolazioni.

E’ infatti previsto che il finanziamento in conto capitale, vale a dire a fondo perduto, non possa superare la metà del finanziamento complessivo. Almeno il restante 50% del finanziamento dovrà essere dunque costituito da un prestito, con obbligo di restituzione.

Page 98: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

90

La restante quota erogata in forma di prestito dovrà constare, a sua volta, di due voci, di pari importo: un prestito agevolato, alle condizioni che saranno fissate dal CIPE, e

comunque ad un tasso d’interesse annuo non inferiore allo 0,50%; un prestito bancario ordinario a tasso di mercato.

Dovrà inoltre essere garantito l'impegno finanziario dei soggetti che valutano positivamente le domande di ammissione alle agevolazioni e curano l'effettuazione dei rimborsi del prestito nelle sue due componenti. Le banche che concludono positivamente l’istruttoria sulla domanda di agevolazione saranno pertanto coinvolte nel finanziamento dell’iniziativa, con riferimento alla quota che viene concessa attraverso un prestito a tasso di mercato ordinario.

Nel delineare inoltre i parametri che dovranno essere considerati ai fini della formazione delle graduatorie, la nuova disciplina indica, fra gli altri, il criterio di privilegiare le istanze relative a investimenti per i quali sia meno elevata la quota di contributi a fondo perduto richiesta 31.

Per quanto riguarda infine le disposizioni del D.L. n 35/05 che prevedono incentivi per le imprese sotto forma di premio di concentrazione si rinvia al capitolo Politiche per la competitività.

Interventi a sostegno dell’innovazione tecnologica nelle pmi

L’apparato produttivo italiano si caratterizza per una rilevante presenza di imprese di piccole dimensioni accompagnata da un accentuato localismo produttivo. Nel corso della XIV legislatura numerosi interventi adottati a sostegno delle piccole e medie imprese sono stati volti ad incrementare il loro grado di conoscenza tecnologica e ad accrescere la loro collaborazione con gli istituti di ricerca.

Tra gli interventi volti al potenziamento delle piccole e medie imprese nonché alla diffusione presso di esse della cultura dell’innovazione tecnologica si segnalano i seguenti32: Legge n. 273 del 12 dicembre 2002 recante “Misure per favorire l’iniziativa

privata e lo sviluppo della concorrenza”. In particolare le disposizioni del Capo I della legge recano interventi volti alla promozione e allo sviluppo delle piccole e medie imprese, sia attraverso la razionalizzazione e la semplificazione di interventi preesistenti, sia attraverso l’introduzione di nuove

31 I finanziamenti pubblici agevolati di cui sopra possono essere erogati a valere sulla quota del

Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, stabilita con le delibere del CIPE di ripartizione del Fondo, di cui all’articolo 1, comma 355 della Legge Finanziaria 2005. In questa ipotesi trova applicazione il comma 360 dell’articolo 1 della medesima legge finanziaria, in base al quale, sulle somme erogate in anticipazione, è riconosciuto alla Cassa depositi e prestiti il rimborso delle spese di gestione del Fondo rotativo in misura pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate annualmente.

32 Per una più ampia esposizione dei contenuti di taluni provvedimenti si rinvia alla scheda Attività produttive - Fondo rotativo di sostegno.

Page 99: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

91

misure di sostegno. Tra queste si segnalano le agevolazioni a favore delle pmi del settore tessile, concesse, nei limiti della disciplina comunitaria sugli aiuti de minimis, al fine di sostenere programmi di sviluppo e di innovazione nelle PMI dei settori tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero, specificamente diretti alla ideazione di nuove collezioni di prodotti;

Piano per l’innovazione digitale nelle imprese. Nel luglio 2003, il Ministro per le attività produttive ed il Ministro per l'innovazione e le tecnologie hanno presentato un programma coordinato di interventi economici, normativi, strutturali, denominato "Piano per l'innovazione digitale nelle imprese". Il Piano definisce un insieme di interventi diretti a stimolare e coordinare gli investimenti pubblici e privati nell'innovazione tecnologica nei settori tradizionali e ad alta tecnologia. Nell'ambito degli interventi indicati dal Piano, particolare importanza rivestono le misure di cui alla legge n. 46/82;

Decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie del 15 giugno 2004 “Costituzione di una sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese dedicata all’innovazione tecnologica”.

Page 100: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 101: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

93

Semplificazione dei rapporti con la PA

Nel corso della legislatura la semplificazione dei rapporti tra le imprese e la Pubblica amministrazione è stata oggetto di numerosi interventi, che hanno trovato collocazione sia nelle leggi annuali di semplificazione previste dall’art. 20 della legge n. 59/1997, sia nel pacchetto di misure presentate dal governo in tema di competitività delle imprese.

A chiusura di questo complesso di interventi, la legge n. 246 del 28 novembre 2005 (legge di semplificazione 2005) ha conferito al Governo una delega per il riassetto delle disposizioni di competenza legislativa esclusiva statale in materia di adempimenti amministrativi delle imprese.

Le misure di snellimento degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese sono state precedute da una operazione di ricognizione degli adempimenti stessi. L’art. 16 della legge n. 229/2003, legge di semplificazione 2001, ha infatti disposto l’istituzione, presso il Ministero delle attività produttive, del Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese, prevedendo che il Ministero si avvalga del sistema informativo delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Nel Registro è contenuto l'elenco completo degli adempimenti amministrativi previsti dalle pubbliche amministrazioni per l'avvio e l'esercizio delle attività di impresa, nonché i dati raccolti dalle amministrazioni comunali negli archivi informatici di cui all'articolo 24, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (co. 1)33.

Il “Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” (cd “pacchetto per la competitività”) (v. capitolo Politiche per la competitività) ha quindi individuato nello snellimento delle procedure amministrative a carico delle imprese una delle linee-guida per il recupero di competitività del sistema paese.

L’obiettivo è stato perseguito essenzialmente mediante l’estensione di istituti quali la denuncia di inizio attività ed il silenzio–assenso nei procedimenti, nonché con l’applicazione generalizzata dello sportello unico.

33 Il Registro è pubblicato su uno o più siti telematici, individuati con decreto del Ministro delle attività

produttive; è articolato su base regionale con apposite sezioni del sito informatico, e fornisce, ove possibile, il supporto necessario per la compilazione in via elettronica della modulistica. Del Registro possono avvalersi gli enti locali, qualora non provvedano in proprio, per i servizi pubblici da loro gestiti (commi 1, 4 e 5). L’articolo 16 sopra citato obbliga le amministrazioni pubbliche, nonché i concessionari di lavori e ai concessionari e gestori di servizi pubblici, a trasmettere in via informatica al Ministero delle attività produttive l'elenco degli adempimenti amministrativi necessari per l'avvio e l'esercizio dell'attività di impresa e demanda ad un DPCM, da adottarsi su proposta del Ministro delle attività produttive e del Ministro per l'innovazione e le tecnologie, la definizione delle modalità di coordinamento, di attuazione e di accesso al Registro, nonché di connessione informatica tra le diverse sezioni del sito (commi 2 e 3).

Page 102: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

94

L’articolo 3, comma 1, del decreto - legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge n. 80/2005, sostituendo l’articolo 19, comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, ha introdotto una nuova disciplina dell’istituto della denuncia di inizio attività, che mira, in particolare, ad ampliare le ipotesi nelle quali può essere svolta una attività senza richiedere alle pubbliche amministrazioni provvedimenti di licenza, autorizzazione, permesso ovvero l’iscrizione in albi o ruoli.

Con tale novella, la “Dichiarazione di inizio di attività” (DIA) può surrogare una serie di atti amministrativi ampliativi (autorizzazioni, licenze, concessioni “non costitutive”, permessi o nulla-osta comunque denominati), fra i quali le “domande” per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale34.

Presupposti della dichiarazione di inizio attività sono: la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato (il rilascio del

provvedimento deve dipendere solo dalla verifica della esistenza dei presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi generali);

l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto.

Ulteriori disposizioni in materia di semplificazione amministrativa sono contenute nell’articolo 3, commi 6-bis – 6-decies dello stesso DL n. 35/05.

34 In particolare, rispetto al testo previgente, l’articolo 3, nella enumerazione di atti amministrativi

ampliativi surrogabili dalla DIA, non comprende né il riferimento alla “abilitazione”, né una clausola di chiusura. Presupposti della DIA sono la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato e l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto. Non possono essere surrogati dalla dichiarazione di inizio attività i solo atti autorizzativi rilasciati dalle amministrazioni preposte: alla difesa nazionale;alla pubblica sicurezza; all’immigrazione; all’amministrazione della giustizia; alla amministrazione delle finanze (ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco); alla tutela della salute e della pubblica incolumità; alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente. Sono inoltre non surrogabili dalla DIA gli atti amministrativi imposti dalla normativa comunitaria. Sul piano procedurale, la modifica in esame prevede: la presentazione della DIA anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste; il divieto alla PA competente di richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità attestate in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa; l’inizio dell’attività con contestuale comunicazione alla pubblica amministrazione decorsi trenta giorni dalla presentazione della DIA; il potere della PA - nei trenta giorni successivi alla suddetta comunicazione - di adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, ove si accerti la carenza di condizioni, modalità e fatti legittimanti; sospensione del termine per l’adozione, da parte della PA competente, dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti, fino a trenta giorni nei casi in cui la legge richiede pareri di organi o enti appositi. L’articolo contiene poi una norma di salvaguardia, in base alla quale è fatto “comunque” salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di “autotutela”, in particolare la revoca del provvedimento e l’ annullamento d’ufficio del provvedimento.

Page 103: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

95

Il comma 6-bis, in particolare, sostituisce l’art. 2 della L. 241/1990 relativo alla conclusione del procedimento amministrativo. Le modifiche principali riguardano: il rinvio ad uno o più regolamenti governativi – adottati ai sensi dell’articolo 17,

comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e da emanarsi, secondo quanto previsto al successivo comma 6-quater, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione – per la fissazione dei termini entro i quali i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non siano direttamente previsti per legge;

la determinazione – da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, secondo quanto previsto al successivo comma 6-quater – da parte degli enti pubblici nazionali, secondo i propri ordinamenti, dei termini entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza;

la determinazione dei termini che deve avvenire considerando “la loro sostenibilità, sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa e della natura degli interessi pubblici tutelati”;

il termine di novanta giorni per la conclusione dei procedimenti nei casi in cui non si provveda alla individuazione dei tempi secondo i criteri sopra descritti;

la sospensione dei termini previsti dai regolamenti o dalle leggi nel caso di acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, fino all’acquisizione delle valutazioni tecniche per un periodo massimo comunque non superiore a novanta giorni, nonché la sospensione, per una sola volta, nel caso di acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si prevede inoltre l’applicazione dell’articolo 14, comma 2, della legge n. 241 del 1990, secondo cui la conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta: la conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate;

la competenza del giudice amministrativo a conoscere della fondatezza dell’istanza qualora, avverso il silenzio dell’amministrazione – salvi i casi del silenzio assenso – sia stato proposto ricorso.

Il comma 6-ter modifica le disposizioni di cui all’art. 20 della L. 241/1990 in materia di silenzio-assenso. In virtù di tale novella:

Page 104: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

96

viene generalizzato l’istituto del silenzio-assenso, per cui in tutti i casi in cui la pubblica amministrazione non risponde con un provvedimento di diniego ad un’istanza di rilascio di provvedimenti amministrativi nei termini fissati dai regolamenti sopra citati o dalle leggi, il silenzio della stessa ha valore di provvedimento amministrativo di accoglimento, salvo il caso dell’articolo 19 relativo alla denuncia di inizio attività;

il silenzio-assenso non opera qualora l’amministrazione competente indica, nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza, una conferenza di servizi, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati;

nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ove sussistono ragioni di pubblico interesse;

il silenzio assenso non opera per gli atti e i procedimenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, per quelli rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, alla salute e alla pubblica incolumità, per i casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, per i casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché per gli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti;

Il comma 6-octies modifica il comma 2 dell’art. 18 della L. 241/1990 in materia di autocertificazione. A seguito della modifica, i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni: l’amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti.

Tra i provvedimenti finalizzati al rafforzamento dello sportello unico per le

attività produttive si segnala la novella all’art. 23, comma 3, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 del 31 marzo 1998. Inizialmente prevista nel DDL“competitività” (AS 3533), tra le misure volte alla semplificazione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, e successivamente confluita nella legge finanziaria 2006 (L. 266/05, art. 1 comma 370), la novella dispone che le funzioni di assistenza alle imprese, esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, possano essere svolte “anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale”, di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 31735. 35 Per quanto concerne i consorzi di sviluppo industriale, si ricorda che il citato articolo 36 della

legge n. 317 del 5 ottobre 1991, al comma 4, qualifica tali consorzi, costituiti ai sensi della

Page 105: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

97

Come già accennato, la legge n. 246 del 28 novembre 2005 (legge di semplificazione 2005) ha da ultimo conferito al Governo una delega per il riassetto delle disposizioni di competenza legislativa esclusiva statale in materia di adempimenti amministrativi delle imprese, con esclusione degli adempimenti amministrativi fiscali, previdenziali e di quelli gravanti sulle imprese in qualità di datori di lavoro.

La delega è esercitata secondo i principi, i criteri direttivi e le procedure di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, oggetto peraltro di integrazione da parte dell’articolo 1 della legge in esame, nonché nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

1) semplificazione, razionalizzazione e snellimento degli adempimenti relativi alle diverse fasi dell’attività d’impresa (svolgimento, cessazione e trasformazione), inclusi la certificazione e gli aspetti inerenti l’iscrizione al registro delle imprese, anche con la previsione di un coordinamento con le attività degli sportelli unici;

2) previsione di forme di autoregolazione, laddove non vi contrastino interessi pubblici primari, al fine di favorire la concorrenza tra i soggetti economici e l’accrescimento delle capacità produttive del sistema nazionale;

3) delegificazione della disciplina dei procedimenti amministrativi connessi allo svolgimento dell’attività d’impresa, secondo i criteri di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni;

4) sostituzione delle norme precettive, quando possibile, con sistemi di incentivazione e disincentivazione;

5) riduzione degli atti sottoposti ad obbligo di conservazione da parte delle imprese e riduzione dei tempi di conservazione degli stessi ai fini degli accertamenti amministrativi.

La legge (commi 2 e 3) prevede inoltre che Governo e regioni promuovano intese ed accordi in sede di Conferenza Stato–regioni o di Conferenza unificata, con lo scopo, tra l’altro, di favorire il coordinamento dell’esercizio delle competenze normative statali e regionali in materia di adempimenti amministrativi delle imprese, nonché l’armonizzazione della regolamentazione relativa alla semplificazione degli adempimenti medesimi. In particolare, gli accordi possono prevedere meccanismi di premialità regionale, cofinanziabili con il Fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia e delle finanze. Il comma 4 dispone che le regioni adeguino, sulla base dei suddetti accordi, la propria legislazione relativa agli adempimenti amministrativi delle imprese, alle finalità di semplificazione perseguite dall’articolo in esame. Il comma 5 stabilisce che dall’attuazione dell’articolo non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

vigente legislazione nazionale e regionale come enti pubblici economici e demanda alle regioni il controllo sui piani economici e finanziari degli stessi.

Page 106: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

98

Tra le finalità suddette è ricompresa anche la rimozione degli ostacoli, ove esistenti, alla piena operatività degli sportelli unici (disciplinati dagli articoli 23 e 24 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112), nonché l’estensione e lo sviluppo dell’operatività degli stessi, favorendo: l’adozione di modelli organizzativi differenziati in relazione alla dimensione territoriale e demografica; l’affidamento di ulteriori ambiti procedimentali alla gestione degli sportelli unici; l’implementazione di modelli innovativi per la formazione del personale addetto agli sportelli unici e l’adozione di efficaci strumenti di informatizzazione dei processi e di diffusione della conoscenza del contesto territoriale.

Per una ricognizione della normativa vigente in materia di sportelli unici v. scheda Sportello unico per le imprese.

Page 107: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

99

Promozione e tutela del made in Italy

La tutela sui mercati mondiali dei prodotti tipici del “made in Italy” è stata più volte indicata tra le linee di azione prioritarie previste nei documenti di programmazione economico-finanziaria approvati nel corso della legislatura (si vedano in particolare il DPEF 2003-2006 ed il DPEF 2005-08).

L’obiettivo è stato perseguito dapprima sul versante della promozione e della riconoscibilità sui mercati esteri della produzione italiana, con un pacchetto di misure che sono state inserite nella legge finanziaria per il 2004; successivamente gli interventi si sono concentrati sul profilo della lotta alla contraffazione dei prodotti.

Per una più ampia ricostruzione normativa, nonché per una descrizione ed alcune indicazioni statistiche sulle dimensioni del fenomeno contraffazione si rinvia alla scheda Made in Italy-Lotta alla contraffazione.

Nella legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) all’art.4 (commi da 49 a 84), sono state inserite apposite norme finalizzate a promuovere la produzione italiana (Made in Italy) e a tutelare i diritti di proprietà industriale e intellettuale delle imprese italiane sui mercati esteri, prevedendo a tutela delle merci prodotte integralmente in Italia o considerate prodotto italiano ai sensi della normativa europea in materia di origine, la regolamentazione dell'etichettatura Made in Italy, oltre che la possibilità di adottare un apposito marchio; tali misure sono dirette a rafforzare la riconoscibilità dei prodotti italiani all'estero.

In particolare la finanziaria 2004 ha previsto l’istituzione di un Fondo di promozione straordinaria del made in Italy, presso il Ministero delle attività produttive, finalizzato al sostegno di una campagna promozionale straordinaria a sostegno della produzione italiana; l’istituzione dell'”Esposizione permanente del design italiano e del made in Italy” al fine di valorizzare lo stile della produzione nazionale, di promozione del commercio internazionale e delle produzioni italiane di qualità. L’iniziativa è finanziata a valere sulle risorse del Fondo di promozione straordinaria del made in Italy; l’istituzione di un Fondo per l’assistenza legale internazionale alle imprese, per la tutela contro le violazioni dei diritti relativi alla proprietà industriale e intellettuale, nonché contro le pratiche commerciali sleali e i fenomeni legati agli obiettivi relativi alla diffusione dei prodotti italiani.

La successiva legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004) è nuovamente intervenuta in merito alle risorse del Fondo Made in Italy (articolo 1, commi 230 e 232).

Le disposizioni citate mirano a rendere più agevole la gestione dei due fondi istituiti dalla finanziaria 2004, riconducendo sotto unico fondo il finanziamento e la gestione dei vari interventi previsti, compreso quello relativo all’esposizione permanente del design italiano presso l’Ente EUR in Roma e prevedendo, altresì, la promozione da da parte del MAP, ai fini dell’utilizzo delle risorse del fondo per

Page 108: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

100

il "made in Italy", di protocolli di intesa con le università e le associazioni imprenditoriali di categoria e alla collaborazione con l’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE). La finanziaria 2005 ha provveduto, inoltre, ad elevare l’autorizzazione di spesa inizialmente prevista.

Si segnalano inoltre le disposizioni del DL 273/05 recante “Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative”36, che all’articolo 33 fissa il patrimonio iniziale della Fondazione, costituita dal Ministro dell’attività produttive per la gestione dell’”Esposizione permanente del design italiano e del made in Italy”, disponendo il trasferimento ad essa delle risorse previste, a tal fine, dalle leggi finanziarie 2004 e 2005 (13 milioni di euro complessivamente).

Per quanto concerne la difesa dei prodotti italiani e la lotta alla

contraffazione si ricordano inoltre le disposizioni introdotte dai commi 7-11 dell’articolo 1 del decreto legge n. 35/0537, che hanno destinato alla lotta alla contraffazione le somme derivanti dalle sanzioni pecuniarie amministrative (fino a euro 10.000), previste dal comma 7 del medesimo articolo a carico degli acquirenti di prodotti che inducano a ritenere siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale. Tra le condotte punibili viene fatta rientrare anche la commercializzazione di prodotti recanti indicazioni di origine false o fallaci (comma 9), mentre viene innalzata fino a 20.000 euro la multa prevista per la vendita di prodotti con segni mendaci (comma 10).

L’articolo 1-quater del DL 35/05 reca poi disposizioni relative all’istituzione e al funzionamento di un nuovo organo al quale sono stati affidati compiti di coordinamento e di monitoraggio nell’ambito della lotta alla contraffazione.

A tale organo, denominato Alto Commissario per la lotta alla contraffazione38 spetta, in particolare, di:

a) coordinare le funzioni di sorveglianza sulle violazioni dei diritti di proprietà industriale e intellettuale39;

36 Il DL 30 dicembre 2005, n. 273, è stato convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio

2006, n. 51. 37 Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di

azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, conv. con. modif. dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

38 L’Alto Commissario sostituisce il Comitato nazionale anticontraffazione, la cui istituzione (in realtà mai avvenuta) presso il Ministero delle attività produttive è stata disposta dai commi 72 e 73 dell’art. 4 della legge n. 350/03, abrogati dall’art. 246 del D.Lgs 10 febbraio 2005, n. 30, recante il nuovo “Codice della proprietà industriale”, in quanto confluiti nell’articolo 145 del Codice medesimo, oggetto a sua volta di abrogazione da parte del comma 5 dell’articolo 1-quater del DL 35/05.

39 Con l'espressione sintetica "proprietà industriale", si intende comunemente fare riferimento alle normative in materia di brevetti per invenzioni industriali, brevetti per modelli industriali, marchi d'impresa. Con l’espressione “proprietà intellettuale” si intende invece fare riferimento anche al diritto d'autore e ai diritti connessi.

Page 109: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

101

b) monitorare le attività preventive e repressive dei fenomeni di contraffazione.

Alla nomina dell’alto Commissario si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive, mentre la definizione delle relative modalità di funzionamento e di composizione è demandata ad un decreto dello stesso Ministro, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

In merito all’attività dell’Alto Commissario è poi intervenuta la legge finanziaria 2006 (L. n.266/05) che all’art. 1, comma 235, prevede che esso, per l’espletamento delle sue funzioni, si avvalga di due vicari, la cui nomina spetta al Ministro delle attività produttive. Lo stesso comma, ai fini del funzionamento e del potenziamento delle relative strutture di supporto autorizzata la spesa di 1 milione di euro per il 2006, mentre il D.L. n. 35/05 escludeva nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica inerenti all’avvio operativo della nuova struttura.

Da ultimo, disposizioni inerenti l’attività e il funzionamento dell’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, volte al rafforzamento della struttura di recente istituzione, attraverso l’istituzione di un Comitato tecnico di supporto, l’inserimento di nuovo personale e la previsione di un finanziamento a regime a partire dal 2006, sono state introdotte dal DL n. 2/2006 “Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa” (convertito con modificazioni dalla L. 81 dell’11 marzo 2006), articolo 4-bis.

In particolare, nel ridefinire le funzioni già attribuite all’Alto Commissario ai sensi dell’art. 1-quater del DL 35/05, si prevede che a tale organo spettino compiti di monitoraggio delle violazione dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, di coordinamento e studio atte a contrastarle e di assistenza alle imprese per la tutela contro le pratiche commerciali sleali, disponendo inoltre che tali compiti vengano svolti anche con riferimento al settore agroalimentare.

Ai fini dello svolgimento delle funzioni che gli sono state assegnate nell’ambito della lotta alla contraffazione l’Alto Commissario potrà inoltre avvalersi di un Comitato tecnico composto al massimo da dieci membri scelti tra magistrati amministrativi, contabili e ordinari, avvocati dello Stato, professori universitari ordinari e avvocati del libero foro, oltre che tra esperti di comprovata qualificazione in materia, ivi compresi quelli di cui alla legge 24 aprile 1980, n. 146 (legge finanziaria 1980 ), e successive modificazioni.

In materia di lotta alla contraffazione, in particolare per quanto concerne i profili sanzionatori e processuali, è intervenuto infine anche il D.Lgs. 16 marzo 2006, n. 140 recante “Attuazione della direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale”.

Page 110: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 111: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

103

Tutela della proprietà industriale

In materia di proprietà industriale la legislatura è stata caratterizzata da un importante intervento di riassetto organico, realizzato con l’emanazione del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, "Codice della proprietà industriale", in attuazione della delega contenuta nell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, recante “Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza”.

Nel codice sono confluiti anche altri interventi normativi di rilievo perfezionati nel corso della legislatura e segnatamente: l’istituzione delle sezioni specializzate dei tribunali in materia di proprietà

intellettuale ed industriale (D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168, “Istituzione di Sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso tribunali e corti d’appello, a norma dell’articolo 16 della legge 12 dicembre 2002, n. 273);

le norme in materia di lotta alla contraffazione ed alla pirateria, introdotte con l’art. 4, commi 79, 80 ed 81 della legge finanziaria per il 2004 (legge 24 dicembre 2003, n. 350), successivamente modificate con gli articoli 1, commi 7-11, e 1-quater del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

Il codice della proprietà industriale, entrato in vigore a partire dal 19 marzo 2005, si compone di 246 articoli che sostituiscono, abrogandole, 39 tra leggi e provvedimenti previgenti. L'obiettivo perseguito è quello di conferire sistematicità ad una disciplina particolarmente rilevante ai fini dello sviluppo della concorrenza e del recupero di competitività delle imprese italiane, anche in ambito internazionale.

Il riordino della materia risponde ad esigenze di semplificazione normativa e coordinamento con le disposizioni comuni.

Il Codice, che ricalca, nella sua struttura, lo schema dell’Accordo Trips (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights), ossia la più estesa convenzione multilaterale che fissa uno standard minimo di tutela della proprietà industriale a livello internazionale, è articolato in 8 Capi, di norma suddivisi in sezioni, e consta complessivamente di 246 articoli, destinati a sostituire, abrogandole in blocco, numerosi leggi e provvedimenti di diverso tipo.

Di seguito si segnalano i principali punti sui quali il codice innova rispetto alla normativa previgente (v. scheda Proprietà industriale – Il nuovo Codice per una descrizione più dettagliata).

Il Codice, infatti, non si configura come un semplice testo unico, dal momento che esso ha, seppur limitatamente, una portata innovativa, finalizzata a

Page 112: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

104

ricostruire in un quadro nuovo i nessi sistematici che collegano i molteplici diritti di proprietà industriale.

In questo senso assumono particolare rilievo, tra i principi e criteri direttivi della legge delega, le previsioni relative: al coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni vigenti per

garantire coerenza giuridica, logica e sistematica; all’adeguamento della normativa alla disciplina internazionale e comunitaria

intervenuta; all’adeguamento della disciplina alle moderne tecnologie informatiche.

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione del codice, nella categoria dei diritti di proprietà industriale vengono fatti confluire diritti di proprietà “non titolati”, protetti in precedenza dalle norme del Codice civile sulla concorrenza sleale, come ad esempio i marchi di fatto e le informazioni aziendali riservate.

Resta invece esclusa dal codice la materia del diritto d’autore, rientrante nelle competenze del Ministero per i beni culturali, e per la codificazione della quale una distinta delega è stata conferita al governo dall’art. 10 della legge 6 giugno 2002, n. 137.

La separazione tra le normative in materia di proprietà industriale e di diritto d’autore corrisponde d’altra parte alla tradizione giuridica, non solo italiana, anche se parte della dottrina sostiene sia ormai matura l’ipotesi della redazione di un unico codice della proprietà intellettuale, ritenendo che la distanza tra i due ambiti vada riducendosi, specie per quanto riguarda la tutela del diritto d’autore sulle c.d. “creazioni utili”, come il software.

L’articolo 1 del Codice, nel definire l’espressione “proprietà industriale“, realizza pertanto l'intenzione sistematica di ricomprendervi oltre: le invenzioni, i modelli di utilità, i disegni e modelli, le nuove varietà vegetali, le topografie dei prodotti a semi conduttori ed i marchi ,

anche: gli altri segni distintivi tipici ed atipici (che tuttavia non sono poi analiticamente contemplati nel Codice, che non menziona la ditta e neanche il marchio di fatto nel Capo II ) le indicazioni geografiche, le denominazioni di origine, le informazioni aziendali riservate.

Per quanto riguarda invece i contenuti della normativa, le novità principali introdotte dal decreto legislativo riguardano:

Page 113: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

105

la semplificazione delle procedure per ottenere o trasferire un diritto di proprietà industriale, con particolare riferimento al deposito delle domande, in applicazione di qunto previsto dal Trattato sul Diritto dei Marchi (TLT) e dal Trattato sul Diritto dei Brevetti (PLT), convenzioni che peraltro l'Italia non ha ancora ratificato. La procedura di opposizione alla registrazione dei marchi, già prevista (ma non ancora applicata) dalla legislazione precedente, è stata modificata e meglio definita. Inoltre è stata semplificata la procedura di trascrizione degli atti di cessione e trasferimento dei diritti di proprietà industriale;

la ridefinizione e l’ampliamento del ruolo e delle competenze dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi e del Ministero delle Attività Produttive. Sono incluse anche competenze per quanto riguarda le tasse di concessione applicabili ai titoli di proprietà industriale e i termini e le modalità di pagamento;

la riorganizzazione del funzionamento delle sezioni specializzate di dodici tribunali italiani (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia), le cui competenze vengono riconfermate e meglio definite: in particolare, le controversie nella materia trattata nel codice sono assoggettate alle norme procedurali dettate dal D.Lgs n. 5 del 2003 per le controversie societarie;

l’introduzione del concetto di pirateria e delle norme per contrastarla40,che sono, tuttavia, applicabili soltanto laddove si dimostri che essa è realizzata dolosamente e in modo sistematico: al riguardo, mentre il codice prevedeva l’istituzione di un Comitato nazionale anti-contraffazione presso il Ministero delle attività produttive, l’art. 1-quater del D.L. n. 35/2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 80/2005, ha istituito l’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione;

il rafforzamento e l’estensione delle sanzioni penali per violazione di un diritto di proprietà industriale, nonché l’ampliamento della possibilità per il giudice di valutare il danno non solo sulla base del lucro cessante, ma anche dei benefici conseguiti dall’autore della violazione41;

l’inclusione delle informazioni segrete negli oggetti dei diritti di proprietà industriale;

la disciplina delle invenzioni dei dipendenti, che stabilisce dei nuovi specifici parametri per la determinazione dell’equo premio, prevedendo anche l’intervento di un collegio di arbitratori;

la tutela delle invenzioni realizzate dai ricercatori delle Università e degli enti pubblici di ricerca.

40 Ulteriori disposizioni volte ad agevolare l’accertamento giudiziario degli atti di pirateria ed a

disciplinare le relative misure inibitorie e ripristinatorie sono state introdotte nel Codice con il D.Lgs. 16 marzo 2006, n. 140, recante “Attuazione della direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale”.

41 Anche questa parte del Codice è stata modificata con il D.Lgs. n. 140/2006.

Page 114: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 115: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

107

Politiche per la competitività

Nel nuovo scenario iper-competitivo dell’economia globale emerge in modo pressante la necessità di politiche di sviluppo che consentano al nostro sistema produttivo di ricollocarsi adeguatamente nei nuovi assetti internazionali.

La crescita di competitività del Paese è stata quindi un tema centrale di tutti i documenti di programmazione economico-finanziaria approvati nel corso della legislatura, in diretta connessione con gli obiettivi di sviluppo e di creazione di impieghi fissati dall’Unione europea a Lisbona.

A questo riguardo è stata più volte sottolineata la crescente interdipendenza tra i vari fattori economici e giuridico-istituzionali nonché l’esigenza di utilizzare strumenti in grado di garantire l’organizzazione di un mercato realmente aperto e competitivo basato sulla conoscenza, lo sviluppo industriale e la sempre più estesa diffusione e diversificazione del settore dei servizi.

In questo senso sono stati ricondotti al tema della competitività anche alcuni dei principali interventi legislativi realizzati nel corso della legislatura, quali la riforma del mercato del lavoro, del diritto societario e della scuola.

Più specificamente, le azioni volte al recupero di competitività del sistema produttivo si sono poste obiettivi quali il sostegno alla ricerca e all’innovazione, il consolidamento dei sistemi locali e la crescita dimensionale delle imprese, la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali, la liberalizzazione dei mercati dei servizi, la riforma del settore energetico, lo sviluppo dei mercati dei capitali di rischio, la semplificazione amministrativa, la razionalizzazione del sistema di gestione delle crisi industriali.

Si tratta di questioni che solo in parte rientrano nelle competenze della Commissione attività produttive e possono quindi essere trattate in questa sede.

Ciò vale anche per il complesso delle misure contenute nel “Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” (cd “pacchetto per la competitività”), presentato dal Governo nel marzo 2005 e composto da:

un decreto legge (D.L. 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80);

un disegno di legge (A.C. 5736, ”Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, che è stato approvato dalla Camera, con modificazioni, il 5 luglio 2005, e quindi trasmesso al Senato (A.S. 3533), che non ne ha però concluso l’esame.

D’altra parte, molti degli interventi di competenza della Commissione attività produttive recati dal pacchetto per la competitività sono trattati in altri capitoli di questo dossier, essendosi ritenuto prevalente l’aspetto contenutistico rispetto alla finalità generale sottesa agli interventi stessi.

Page 116: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

108

In questa sede si tratterà quindi solo dei profili attinenti alla razionalizzazione del sistema di gestione delle crisi industriali e di quelli relativi alla promozione della crescita dimensionale delle imprese.

Razionalizzazione del sistema di gestione delle crisi industriali

L’articolo 11 del DL n. 35/05 ha disposto l’istituzione del Fondo per il finanziamento degli interventi per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato (v. scheda Competitività - Orientamenti UE per le imprese in crisi).

Il DL ha altresì stabilito in 35 milioni di euro per l’anno 2005 la dotazione finanziaria del Fondo, ed ha inoltre previsto l’istituzione di un apposito Comitato tecnico, nominato con DPCM, al quale sono affidate le attività di coordinamento e di monitoraggio degli interventi consentiti dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato finalizzati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in crisi. Il Comitato opera sulla base degli indirizzi formulati dalle Amministrazioni competenti, le quali si avvalgono per la valutazione ed attuazione degli interventi stessi delle strutture di Sviluppo Italia spa42, in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Le modalità attuative delle predette disposizioni saranno dettate dal Cipe.

Si ricorda inoltre, per contiguità di materia, che il citato DL 35/05, all’articolo 2, ha introdotto numerose novelle alla legge fallimentare (RD 16 marzo 1942, n. 267), dettando le prime disposizioni urgenti finalizzate, in particolare, alla modifica dell’istituto della revocatoria e delle procedure di concordato preventivo (v. scheda La novella alla legge fallimentare, nel dossier relativo alla Commissione Giustizia). Il Disegno di legge di conversione ha quindi conferito una delega al governo per la riforma organica delle procedure concorsuali di

42 La società Sviluppo Italia Spa è stata istituita il 26 gennaio 1999, ai sensi dell’articolo 1, comma

1, del D.Lgs. n. 1/1999, con funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse, nonché di attrazione degli investimenti. A tal fine, il D.Lgs. istitutivo prevedeva il conferimento in Sviluppo Italia o, comunque, l’acquisto da parte di essa, delle partecipazioni azionarie delle società che svolgevano le attività ad essa attribuite.

A seguito del D.Lgs. n. 3/2000, che ha previsto la possibilità per la società di operare tramite propri rami di azienda, il consiglio di amministrazione di Sviluppo Italia Spa, nel gennaio 2000, ha deciso di procedere alla fusione per incorporazione delle società SPI, ITAINVEST, IG, INSUD, RIBS e FINAGRA, nonché di Progetto Italia e Investire Italia.

Sviluppo Italia Spa, controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze, detiene attualmente un portafoglio di partecipazioni costituito da circa 170 società. Le partecipazioni industriali riguardano prevalentemente i settori agroalimentare e turistico, ma sono presenti anche nei comparti manifatturiero, alta tecnologia e terziario.

Per realizzare la propria missione istituzionale la società si avvale di un sistema integrato di strumenti finanziari e normativi.

In particolare, Sviluppo Italia continua a gestire le leggi che precedentemente erano di competenza delle varie società in essa confluite: l’imprenditoria giovanile e il prestito d’onore della IG (ora definiti “autoimpiego e autoimprenditorialità”); la siderurgia (legge 181/1989) e la promozione e lo sviluppo di attività imprenditoriali della SPI; il settore turistico della INSUD; le attività finanziarie di ITAINVEST; gli interventi nel settore agro-alimentare di RIBS e Finagra.

Page 117: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

109

cui al medesimo R.D. n. 267/1942 (v. capitolo La riforma delle procedure concorsuali, nel dossier relativo alla Commissione Giustizia).

La delega è stata attuata con il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5.

Il premio di concentrazione a favore delle pmi e delle microimprese

Nel nuovo scenario dell’economia globale, il recupero di quote di mercato del nostro sistema produttivo appare perseguibile in primo luogo attraverso l’attuazione di politiche di sviluppo che sappiano condurre da una strategia difensiva, fondata sul mero ripristino della competitività dei costi, ad una strategia di attacco, rivolta alla qualità e all’innovazione e finalizzata al radicamento diretto delle nostre PMI sui mercati di sbocco. Per raggiungere tale obiettivo è necessario tuttavia risolvere i problemi strutturali dell’economia italiana, tra i quali in primo luogo la dimensione limitata delle aziende, che impedisce la nascita di grossi gruppi capaci di affrontare con successo la concorrenza internazionale.

In questa prospettiva si collocano le misure finalizzate a favorire l’aggregazione tra imprese che sono contenute nell’articolo 9 del DL 35/05, il quale ha introdotto, tal fine, un credito di imposta a favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese che partecipino a processi di concentrazione (Per un approfondimento si rinvia alla scheda Competitività-Premio di concentrazione).

La nozione di “concentrazione” rilevante ai fini dell’’attribuzione del credito d’imposta – utilizzabile, quest’ultimo, esclusivamente in compensazione e pari al 50 per cento delle spese sostenute per studi e consulenze relative alle operazioni di concentrazione - è stata successivamente estesa ad altre fattispecie, espressamente indicate dalla legge finanziaria per il 2006 (art. 1 comma 418 L.266/05).

Un "premio di concentrazione" in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese è stato previsto anche dall’art. 2 del DL 17 giugno 2005, n. 106, recante disposizioni urgenti in materia di entrate, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156.

All’agevolazione, che ricalca quelle introdotte dal DL 35/05, sono applicabili le norme sul premio di concentrazione previste dal quest’ultimo provvedimento, rispetto al quale il decreto-legge 106/05 non riprende le disposizioni relative alla definizione di “concentrazione”, prevedendo, inoltre, un calcolo del premio su basi e con metodo diverso.

Le condizioni al cui rispetto è subordinata l’attribuzione del contributo sono le seguenti:

a) il processo di concentrazione/aggregazione deve essere completato, avuto riguardo agli effetti civili, entro i ventiquattro mesi successivi alla data in cui interviene l'approvazione da parte della Commissione europea ai sensi

Page 118: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

110

dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato UE. Ciò implica la subordinazione dell’operatività del premio al parere favorevole della Commissione UE, a cui dovrà essere notificato il provvedimento43;

b) le imprese che partecipano al processo di concentrazione ovvero di aggregazione, comunque operato, devono rientrare nella definizione comunitaria di microimpresa e di piccola impresa di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE;

c) tutte le imprese partecipanti al processo di concentrazione o di aggregazione devono avere esercitato attività omogenee nei due precedenti periodi d’imposta alla data in cui è ultimato il processo stesso.

43 Si ricorda che l'articolo 88, paragrafo 3, del trattato UE disciplina il trattamento dei nuovi aiuti di

Stato. In particolare, i nuovi aiuti sono oggetto di un obbligo di notifica preliminare che consenta un controllo a priori. Gli Stati membri sono infatti tenuti a comunicare alla Commissione i progetti diretti ad istituire (o a modificare) aiuti. In conseguenza di tale obbligo, gli Stati non possono dare esecuzione alle misure progettate prima di aver ricevuto l'autorizzazione della Commissione.

Page 119: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

111

Nuova disciplina dei distretti produttivi

La legge finanziaria per il 2006 (L. n 266/05) interviene in materia di distretti produttivi che, come è noto, rappresentano uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano e che si configurando come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione e dall'elevata specializzazione produttiva.

L’assunto di fondo dal quale muove l’intervento legislativo è la necessità di valorizzare le specificità del sistema produttivo italiano, composto in prevalenza da piccole e medie imprese (PMI) il cui tipico modello organizzativo è costituito dai distretti industriali. In particolare, considerata la connotazione del tessuto produttivo nazionale, caratterizzata da uno scarso numero di grandi imprese a fronte di una ricca costellazione di PMI, le disposizioni della legge 266/05 sono dirette a conferire una sorta di soggettività giuridica al modello organizzativo dei distretti, trasformandoli in piattaforme di sviluppo organizzate secondo il concetto della filiera produttiva, in grado sia di surrogare l’assenza di grandi industrie, sia di promuovere una più intensa internazionalizzazione dell’economia italiana.

Nel suo complesso, l’intervento legislativo, come si evince dalla relazione al d.d.l. originario (A.S. 3613) è diretto a superare l’asimmetria tra la “struttura economica unitaria dei distretti” e la “struttura giuridica molecolare” delle imprese che appartengono agli stessi.

Al fine di far convergere, almeno parzialmente, la sostanza economica (unitaria) dei distretti, con la forma giuridica (plurale) delle imprese ad essi sottostanti, l’intervento legislativo in esame è volto alla creazione di una “piattaforma comune” sul piano della fiscalità, della finanza, degli adempimenti amministrativi e delle attività di ricerca e sviluppo.

Ai fini dell’applicazione della nuova disciplina recata dai commi da 367 a 372, il comma 366 dispone che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si provveda a precisare le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, qualificati come libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, aventi le finalità, da perseguirsi "secondo principi di sussidiarietà orizzontale e verticale”, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali" di: accrescimento dello sviluppo delle aree e dei settori di riferimento; miglioramento dell'efficienza nell'organizzazione e nella produzione.

La disposizione prefigura dunque la definizione di due distinte tipologie di distretti: quelli territoriali e quelli funzionali.

Page 120: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

112

I distretti territoriali, maggiormente ancorati all'esperienza maturata finora nel settore dei distretti produttivi, si caratterizzano per la comune appartenenza delle imprese che vi afferiscono ad un medesimo settore produttivo oltre che ad uno stesso ambito territoriale.

I distretti funzionali, che nella relazione governativa di accompagnamento al disegno di legge originario (A.S. 3613) sono definiti come "una libera aggregazione di imprese che cooperano in modo intersettoriale in una logica di mutual business; si prescinde così dalla sussistenza di legami con specifici territori, in funzione del perseguimento di sinergie fra imprese svolgenti attività complementari o comunque connesse, ai fini dell'accesso ad opportunità presenti sul mercato che presuppongono una integrazione dell'offerta produttiva ovvero ai fini dell'ammissione a determinati regimi particolari all'uopo previsti dalla legge".

L'adesione ai distretti da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche, agricole e della pesca è libera.

Il comma 368 determina le disposizioni tributarie, amministrative, finanziarie e di promozione della ricerca e dello sviluppo, applicabili ai distretti produttivi. Con esse viene prevista, in sintesi, la possibilità, per le imprese appartenenti a distretti produttivi, di dare vita a un ambito comune per la fiscalità, gli adempimenti amministrativi e la finanza.

Rinviando per una più analitica esposizione di tali disposizioni alla scheda Distretti produttivi e tecnologici, si ricorda in questa sede quanto segue.

La lettera a) individua la disciplina tributaria. Si ricorda che, come risulta anche dall’illustrazione contenuta nella relazione

governativa all’originario disegno di legge (A.S. 3613), viene prevista – su base comunque opzionale – la possibilità di due diverse aggregazioni, costituite rispettivamente dal consolidamento fiscale (secondo cui le società di capitali facenti parte di distretti verrebbero sostanzialmente equiparate ad un gruppo) e dalla tassazione unitaria (caratterizzata da un reddito imponibile di distretto che comprende quello delle imprese che hanno optato per la tassazione unitaria). A quest’ultima possono accedere anche le imprese non soggette all'imposta sul reddito delle società (IRES). Tanto nella tassazione consolidata (riferita alle sole imposte sul reddito) quanto nella tassazione unitaria (applicabile sia alle imposte sul reddito, sia alle entrate locali) il distretto è individuato come unità fiscale di riferimento.

La lettera b) del comma 368 individua alcune disposizioni amministrative applicabili ai distretti produttivi.

Ai fini della semplificazione degli adempimenti burocratici posti a carico delle imprese che aderiscono ai distretti, la norma prevede la facoltà per il distretto di svolgere talune funzioni quali l'esecuzione, in nome e per conto dell'impresa, degli adempimenti burocratici connessi con lo svolgimento dell'attività, nonché la "certificazione" dell’esattezza dell'iter procedurale seguito;

Page 121: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

113

si prevede, inoltre, il riconoscimento ai distretti della facoltà di stipulare negozi di diritto privato per conto delle imprese ad essi aderenti sulla base delle norme civilistiche che disciplinano il mandato

A fronte di quest’attività amministrativa svolta dal distretto, la cui rispondenza alle norme di legge è dichiarata dal distretto stesso, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici interessati provvedono di conseguenza nei riguardi delle imprese senza esperire alcun altro controllo.

Viene altresì consentito ai distretti di accedere con apposita convenzione ai sistemi informativi e agli archivi informatici delle pubbliche amministrazioni, rimandando ad un successivo decreto l'individuazione delle concrete modalità applicative della disposizione.

La lettera c) individua una serie di disposizioni finanziarie applicabili ai distretti.

Si segnala che si tratta in particolare di interventi diretti ad agevolare l'accesso al credito, a promuovere contenimento dei rischi e a favorire la capitalizzazione delle imprese appartenenti al distretto.

A tale proposito, vengono anzitutto previste forme e condizioni semplificate per la cartolarizzazione dei crediti concessi da più banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto, agli effetti della cessione a un'unica società.

La lettera d) del comma 368, detta disposizioni in materia di ricerca e sviluppo, prevedendo l'istituzione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, che è chiamata a concorrere all'accrescimento della competitività delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali (numero 1).

In funzione dei predetti obiettivi i sensi del numero 2) all'Agenzia viene assegnato il compito di promuove l'integrazione fra il sistema della ricerca e il sistema produttivo provvedendo ad individuare a valorizzare e a diffondere nuove conoscenze tecnologiche, brevetti ed applicazioni industriali su scala sia nazionale che internazionale;

Si prevede, inoltre, la stipula, da parte dell’Agenzia di convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità (numero 3).

Attraverso decreti di natura non regolamentare, la Presidenza del Consiglio dei ministri - alla cui vigilanza l’Agenzia viene sottoposta e alla quale è, altresì, rimessa l'approvazione del relativo statuto (ai sensi del numero 4) - provvede alla definizione di criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Agenzia, sentiti i Ministeri dell’istruzione, dell’economia e delle attività produttive, nonché i Ministri per lo sviluppo e la coesione territoriale e per l’innovazione e le tecnologie, se nominati.

L'applicazione delle nuove disposizioni relative ai distretti viene estesa anche:

Page 122: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

114

ai distretti rurali ed agroalimentari, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 22844;

ai sistemi produttivi; ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale

definiti ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 31745; ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 dicembre 1989, n. 8346; al settore della pesca47

Le funzioni di assistenza alle imprese, esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, possano essere svolte “anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale”, di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 (comma 370).

In un primo tempo si prevede un’applicazione in via sperimentale delle disposizioni di cui ai commi 366-372, limitatamente ad uno o più distretti che saranno individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. A questa fase sperimentale seguirà, comunque, una realizzazione progressiva dell’applicazione delle disposizioni in oggetto.

Infine, per l’attuazione dei commi 366-371 viene fissato un limite massimo di

spesa pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2006 (comma 372).

44 Per la relativa nozione si rinvia alla scheda Distretti produttivi e tecnologici. 45 Per la relativa nozione si rinvia alla scheda Distretti produttivi e tecnologici. 46 Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed

artigiane: si rinvia alla scheda Distretti produttivi e tecnologici. 47 La nuova disciplina in materia di distretti produttivi è stata estesa al settore della pesca dal DL

n. 2 del 10 gennaio 2006 (“Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa“), convertito con modificazioni dalla legge n. 81 dell’11 marzo 2006 (SO n. 58 della GU n. 59 dell’11 marzo 2006), art. 5-bis, comma 1.

Page 123: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

115

Amministrazione straordinaria

Il decreto legge n. 347/03, recante “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza” (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39/04) e successive modificazioni, ha introdotto una disciplina speciale in materia di ammissione immediata all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.

L’emanazione del decreto è avvenuta in concomitanza con il dissesto finanziario della società Parmalat, che ha posto con urgenza l’esigenza di salvaguardare tempestivamente le attività industriali di grandi imprese in stato di insolvenza; ciò al fine di non pregiudicare il valore dell’avviamento (ivi compresi marchi, brevetti, ecc.) e il posizionamento di mercato dell'impresa.

Tale intervento normativo si inserisce d’altra parte nell’ambito di un dibattito dottrinario il cui assunto fondamentale è che si debba abbandonare la tradizionale impostazione soggettiva della legge fallimentare, imperniata sulla figura dell’imprenditore, e adottare invece una impostazione oggettiva, in cui il sistema concorsuale ha ad oggetto l’impresa in quanto tale. In questa diversa impostazione, le crisi d’impresa vengono apprezzate come fenomeni che incidono negativamente non solo sulle ragioni creditorie, ma anche sugli interessi dei lavoratori al mantenimento della loro occupazione, valore che va tutelato anche nel momento della gestione concorsuale e che giustifica la predisposizione di un sistema volto alla conservazione ed al risanamento dell’impresa. Il recente dibattito in ordine alla riforma della legge fallimentare e più in generale delle procedure concorsuali, che ha trovato riscontro sul finire della legislatura con il D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, si colloca, dunque, in un contesto che registra una larga tendenza a dare rilievo alla possibilità di riallocare sul mercato le imprese in crisi. Questo modo di concepire le crisi di impresa sottende una impostazione di fondo incline a rilevare la necessità di adeguamento del nostro sistema alla luce della disciplina sulle crisi di impresa dettata nei maggiori paesi europei, in cui la soluzione della liquidazione dei beni aziendali e la preminente tutela dei creditori rispetto ai valori aziendali ha ceduto il passo ai principi della conservazione dell’impresa ai fini dell’esperimento di un tentativo di risanamento, dove viene dato un particolare risalto agli accordi tra le parti coinvolte nel dissesto e dunque alla composizione negoziale delle crisi attraverso accordi stragiudiziali, come accade, ad esempio, negli ordinamenti di matrice anglosassone; ciò nel tentativo di superare lo stretto trade off tra la tutela dei creditori e la conservazione degli organismi produttivi.

La disciplina speciale in materia di amministrazione straordinaria introdotta dal decreto-legge n.347/03 rinvia, per quanto non diversamente disposto e in quanto compatibili, alle norme del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 (c.d.

Page 124: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

116

Prodi Bis), il quale, a sua volta, rinvia, alle disposizioni della cd. “Legge Fallimentare” (R.D. 16 marzo 1942, n. 267).

Si ricorda a questo proposito che il R.D. n. 267/1942 è stato ampiamente modificato dal recente D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, “Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80”. Le nuove disposizioni entreranno in vigore il 16 luglio 2006 (v. scheda La novella alla legge fallimentare, nel dossier relativo alla Commissione Giustizia).

Per un quadro complessivo della disciplina generale dell’amministrazione straordinaria si rinvia alla scheda Amministrazione straordinaria - Disciplina generale.

Detta disciplina speciale è stata poi modificata nel corso della legislatura, dapprima con il decreto-legge n. 119 del 3 maggio 2004 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 5 luglio 2004), e quindi con il decreto legge 29 novembre 2004, n. 281 (convertito in legge dall'art. 1 della legge 28 gennaio 2005, n. 6).

In sintesi, la normativa introdotta con le disposizioni sopra richiamate ha la finalità di consentire il superamento di alcuni limiti derivanti dalla tempistica e dal carattere prevalentemente liquidatorio delle procedure di amministrazione straordinaria previgenti, mirando ad accelerare l'avvio e la definizione dei procedimenti per l'ammissione immediata delle imprese in stato di insolvenza all'amministrazione straordinaria, nonché la gestione dello stato di insolvenza mediante un programma di ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa e del gruppo in cui essa è inserita; ciò al fine di assicurare la continuazione delle attività industriali.

Per una illustrazione più dettagliata della nuova disciplina speciale in materia di ammissione immediata all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza si rinvia all’apposita scheda Amministrazione straordinaria - Disciplina speciale, dando qui immediatamente conto dei principali punti di novità rispetto alla disciplina ordinaria.

La nuova disciplina ha un ambito di applicazione ristretto rispetto a quello

della disciplina ordinaria48. La platea delle imprese che possono accedere alla procedura, assai limitata sulla base del D.L. n. 347/2003, è peraltro stata ampliata dal successivo D.L. n. 281/2004.

A seguito delle modifiche introdotte da quest’ultima disposizione sono attualmente assoggettabili alla procedura le imprese soggette alle disposizioni

48 I requisiti per l'ammissione alla procedura ordinaria dell’amministrazione straordinaria di cui al

D.Lgs. n. 270, ai sensi dell'articolo 2 del decreto medesimo, consistono in un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno e in debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell'attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio.

Page 125: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

117

sul fallimento in stato di insolvenza che intendono avvalersi della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria disciplinata dall’art. 27, comma 2, lettera b) del D.Lgs. n. 270/199949 e che abbiano, singolarmente o, come gruppo di imprese costituito da almeno un anno, entrambi i seguenti requisiti: a) lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiori a cinquecento50 da almeno un anno; b) debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro51.

Caratteristica saliente della disciplina speciale è l’ammissione immediata all’amministrazione straordinaria, sulla base di un’istanza motivata e adeguatamente documentata dell’impresa, in possesso dei requisiti sopra indicati, al Ministro delle attività produttive, con il contestuale ricorso al Tribunale per la dichiarazione dello stato di insolvenza52, mentre nella procedura ordinaria l’accertamento con sentenza dello stato di insolvenza è il presupposto per l’ammissione all’amministrazione straordinaria. Il Ministro delle attività produttive, valutati i predetti requisiti, con proprio decreto avvia la procedura, con l’ammissione immediata all’amministrazione straordinaria e la nomina del commissario straordinario.

Il decreto ministeriale di ammissione, che deve essere immediatamente comunicato al competente Tribunale, determina lo spossessamento del debitore e l’affidamento al commissario straordinario della gestione dell'impresa e dell'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente, nonché della titolarità di stare in giudizio nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell'impresa.

Il commissario straordinario provvede all’amministrazione dell’impresa e al compimento di ogni atto utile all’accertamento dello stato di insolvenza, sino alla sua dichiarazione con sentenza.

Le procedure di amministrazione straordinaria, relative alle imprese del medesimo gruppo, possono attuarsi o unitamente alla procedura straordinaria

49 Si ricorda che l’art. 27 del D.Lgs.270/99 stabilisce che le imprese dichiarate insolventi vengano

ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria qualora presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali (comma 1). Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, tale risultato deve potersi realizzare, in via alternativa, attraverso: un "programma di cessione dei complessi aziendali" che si realizza tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno (lett. a);

un "programma di ristrutturazione" che si realizza tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni (lett. b).

50 Il tetto numerico previsto dal D.L. n. 347/2003 era di 1.000 unità. 51 Un miliardo di euro nel D.L. n. 347/2003. 52 Gli effetti del decreto ministeriale di apertura della procedura vengono meno qualora il tribunale

respinga la richiesta di dichiarazione dello stato di insolvenza, ovvero accerti l’insussistenza di anche uno solo dei requisiti richiesti per l'ammissione all'amministrazione straordinaria.

Page 126: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

118

relativa all'impresa capogruppo, oppure in via autonoma, secondo un programma di ristrutturazione o di cessione.

Altre peculiarità riguardano il programma di ristrutturazione, che deve essere redatto considerando specificamente, anche ai fini della definizione della procedura di amministrazione straordinaria tramite concordato, la posizione dei piccoli risparmiatori. I piccoli risparmiatori sono identificati nelle persone fisiche che abbiano investito in obbligazioni emesse o garantite dall'impresa in amministrazione straordinaria.

Al commissario straordinario è riconosciuta la facoltà di proporre le azioni revocatorie degli atti pregiudizievoli ai creditori anche dopo l’autorizzazione alla esecuzione del programma di ristrutturazione, purché si traducano in un vantaggio per i creditori.

Disposizioni particolari sono inoltre previste per la soddisfazione dei creditori attraverso un concordato. Nell’ambito della proposta di concordato è infatti possibile: - suddividere in classi i creditori, secondo posizione giuridica ed interessi

economici omogenei; - contemplare un trattamento diverso a seconda della classe di creditori; - ristrutturare il debito e soddisfare i creditori attraverso una varietà di

strumenti; in particolare, la proposta di concordato può prevedere l’attribuzione ai creditori, o ad alcune categorie di essi o a società da questi partecipate, di azioni o quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito;

- attribuire ad un assuntore le attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato. E’ riconosciuta anche ai creditori o alle società da essi partecipate la possibilità di costituirsi come assuntori. Tale possibilità è prevista anche per le società, costituite dal commissario straordinario, le cui azioni siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato.

In caso di ammissione di strumenti finanziari che non consentano l’individuazione nominativa dei soggetti legittimati, saranno ammessi nell’elenco i crediti relativi all’importo complessivo di ogni singola categoria di strumenti finanziari.

Il concordato è approvato con il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Nel caso in cui i creditori siano ripartiti per classi, il concordato è approvato se ottiene il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella stessa classe.

Qualora la predetta maggioranza sia raggiunta, il tribunale approva il concordato con sentenza in camera di consiglio. Il tribunale, quando sono previste diverse classi di creditori, può dichiarare approvato il concordato anche quando una o più delle classi eventualmente costituite risultino dissenzienti, a

Page 127: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

119

patto che sussista in ogni caso la maggioranza di cui al comma 8, e che la maggioranza delle classi abbia approvato la proposta di concordato.

Il tribunale, ai fini dell’approvazione del concordato, deve comunque previamente appurare che le classi dissenzienti possano essere concretamente soddisfatte in misura non inferiore rispetto alle altre alternative concretamente praticabili.

La procedura di amministrazione straordinaria si conclude con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato (comma 11).

Nel caso di sentenza di rigetto del concordato, ferma la prosecuzione dell’attività d’impresa, il commissario straordinario può presentare al Ministro delle attività produttive un programma di cessione dei complessi aziendali ai sensi dell'articolo 27 del D.Lgs. n. 270/99.

In caso di approvazione del programma di cessione, la prosecuzione dell'esercizio d’impresa può essere estesa fino a due anni, decorrenti dalla data di autorizzazione. Ciò in deroga a quanto previsto dal citato art. 27, comma 2, del D.Lgs. n. 270/99.

Qualora il programma di cessione non sia presentato tempestivamente al MAP o non sia autorizzato, il tribunale dispone la conversione della procedura di amministrazione in procedura di fallimento, sentito il commissario straordinario, restando salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

Page 128: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 129: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Commercio con l’estero

Page 130: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 131: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO CON L’ESTERO

123

Internazionalizzazione delle imprese

Con il termine internazionalizzazione delle imprese si indica riassuntivamente una molteplicità di attività, svolte da una pluralità di soggetti istituzionali, tra le quali rientrano: l’azione di politica estera volta a promuovere la presenza delle imprese nazionali all’estero ovvero l’incremento delle esportazioni; la costituzione di sportelli unici per le imprese che operano all’estero; l’assistenza e la consulenza alle imprese svolta all’estero; il sostegno ad iniziative di penetrazione commerciale; la concessione di crediti agevolati per l’esportazione e l’assicurazione degli stessi crediti; i finanziamenti diretti e la partecipazione, da parte di organismi societari sottoposti al controllo pubblico, in società finanziarie; il finanziamento di società miste all’estero, etc.

Il quadro delle competenze istituzionali in materia di internazionalizzazione delle imprese è caratterizzato da un processo di trasferimento di competenze alle regioni, avviato già con il decreto legislativo n. 112 del 1998. Con la riforma del titolo V della Costituzione si è rafforzata la tendenza al decentramento delle funzioni nella materia in oggetto. Segnatamente, alla potestà legislativa esclusiva statuale sono state riservate le materie della “politica estera e rapporti internazionali dello Stato”, compresi quelli con l’UE (art.117, c.2, lett.a). Tra le materie riservate alla competenza concorrente delle Regioni, nelle quali lo Stato ha il compito di determinare con legge i principi fondamentali, assumono rilevanza, ai fini della presente trattazione, oltre ai “rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni”, il “commercio con l’estero” (art.117, c.3) Tale materia, alla quale può ricondursi l’internazionalizzazione delle imprese, sembra tuttavia presentare profili afferenti alle materie valutaria, finanziaria e della concorrenza, oltre che alla politica estera nazionale, tutte rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi del medesimo articolo 117 Cost.

Il conferimento di queste due funzioni alle Regioni ha determinato l’assunzione da parte di tali enti di un ruolo centrale nell’ambito del processo di internazionalizzazione della realtà politica, economica, sociale e culturale del territorio nazionale. La prima funzione ha favorito l’espansione degli uffici di rappresentanza delle Regioni, alcune delle quali si sono dotate di un apparato diplomatico di livello regionale; per rendere concreto l’esercizio di tali poteri, l’art. 117, ultimo comma, della Costituzione, ha riconosciuto alle Regioni la facoltà di concludere, nelle materie di loro competenza, accordi con Stati e intese con enti territoriali interni a Stati esteri, circoscrivendo tale facoltà ai soli casi e nell’ambito delle forme disciplinati da leggi dello Stato. Per quanto concerne la funzione del commercio con l’estero, le Regioni hanno elaborato una serie di “accordi di programma” con il Ministero attività produttive, tramite i quali l’azione delle Regioni, essenzialmente di programmazione, di indirizzo e coordinamento, è

Page 132: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO CON L’ESTERO

124

stata raccordata con l’azione statale, al fine di rendere massima la loro sinergia. Sugli accordi di programma si sono poi innestate una serie di intese operative aperte alla partecipazione di altri enti istituzionali operanti con finalità di assistenza e promozione del sistema imprenditoriale nel processo di internazionalizzazione (Istituto per il Commercio estero - ICE- , Camere di commercio ed associazioni di categoria), attraverso le quali si è prevista l’attuazione delle iniziative programmate. Nell’ottica del decentramento delle funzioni amministrative relative all’internazionalizzazione, ed a supporto delle nuove funzioni di commercio estero svolte direttamente dalla Regione, vanno pertanto collocati gli interventi di riforma del settore intervenuti nel corso della XIV legislatura.

La legge 29 luglio 2003, n. 229 “Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione - Legge di semplificazione 2001", delegando il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione delle imprese (art.9), ha così previsto tra i criteri di delega il coordinamento delle misure di intervento di competenza dello Stato con quelle delle regioni e degli altri soggetti operanti nel settore. Il termine per l’adozione delle disposizioni di riassetto del settore, più volte differito da successive disposizioni di legge53, è peraltro scaduto senza che la delega fosse esercitata.

Analogamente non è stata esercitata in tempo utile una ulteriore delega per il riordino degli enti operanti in materia di internazionalizzazione, conferita al Governo dalla legge 31 marzo 2005, n. 56.

La legge n. 56/2005, recante appunto "Misure per l’internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore”54 si è infatti posta l’obiettivo55 di rendere “più efficace e 53 Il termine per l’adozione delle disposizioni di riassetto del settore, originariamente fissato al 9

marzo 2004 (entro 6 mesi dalla entrata in vigore della legge), è stato differito (una volta scaduto) di 12 mesi, al 9 marzo 2005, dall'art. 2, comma 7, lettera c), della L. 27 luglio 2004, n. 186, di conversione del D.L. 28 maggio 2004, n. 136 e nuovamente differito (dopo essere scaduto una seconda volta) di ulteriori 12 mesi (al 9 marzo 2006), dall'art. 6, comma 2, della L. 31 marzo 2005, n. 56.

54 Nel frattempo, alcuni specifici interventi di sostegno alla internazionalizzazione delle imprese avevano trovato collocazione nell’ambito della legge finanziaria 2004 (L. 24 dicembre 2003, n. 350). Oltre a destinare per l’anno 2004 la somma di 10 milioni di euro ai processi di internazionalizzazione e ai programmi di penetrazione commerciale promossi da imprese artigiane e loro consorzi export (art. 4, comma 82), la legge n. 350/2003 ha introdotto norme volte alla tutela dei prodotti del made in Italy. Tra queste si segnalano, in particolare: l’istituzione presso il Ministero delle attività produttive di un apposito fondo finalizzato ad azioni di sostegno di una campagna promozionale straordinaria per il made in Italy, nonché al potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico rivolte alla sua diffusione in particolare nell’area mediterranea e nell’Europa continentale e orientale (art. 4, co. 61); l’istituzione - con decreto del Ministero delle attività produttive - di uffici di consulenza e di monitoraggio presso le strutture dell’Istituto per il commercio con l’estero o presso gli uffici delle rappresentanze consolari, finalizzati alla tutela del marchio e delle indicazioni di origine, nell’ambito della lotta alla contraffazione dei prodotti italiani (comma 74 dello stesso articolo 4).

55 Si veda la relazione al d.d.l. originario (A.C. 4360).

Page 133: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO CON L’ESTERO

125

sinergica l'azione svolta dai soggetti operanti all'estero per il sostegno all'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano, per la tutela del Made in Italy e per la promozione degli interessi italiani all'estero, avuto riguardo anche alle iniziative in ambito culturale, turistico e di valorizzazione delle comunità di affari di origine italiana”. La legge ha quindi previsto una serie di interventi, alcuni di immediata attuazione, altri ricondotti nell’ambito della delega sopra ricordata, volti alla ridefinizione, al riordino ed alla razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell’internazionalizzazione delle imprese.

Per un quadro dettagliato dei soggetti che operano nel settore della internazionalizzazione delle imprese e delle modifiche apportate alla loro organizzazione nel corso della legislatura v. scheda Internazionalizzazione - Riordino degli enti.

Nel progetto di riordino definito con la legge n. 56/2005 assume particolare rilievo la costituzione di sportelli unici all'estero (c.d. "Sportelli Italia") (v. scheda Internazionalizzazione - Legge n. 56/2005).

La costituzione degli sportelli unici è volta al sostegno della internazionalizzazione del sistema produttivo italiano, per la tutela del Made in Italy e per la promozione degli interessi italiani all’estero, con riguardo anche alle iniziative culturali e di valorizzazione delle comunità d’affari di origine italiana.

Nell’ottica di un rafforzamento della diplomazia economica la istituzione degli sportelli unici dovrebbe consentire una più efficace azione dei soggetti pubblici e privati operanti nel comparto e garantire una maggior coerenza delle attività di promozione e di sostegno all’internazionalizzazione con gli obiettivi di politica internazionale del Governo.

La promozione di investimenti per la loro costituzione è affidata ai Ministri delle attività produttive e degli affari esteri, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, e per l’innovazione e le tecnologie.

La legge prevede che alla realizzazione degli sportelli unici si provveda, innanzitutto, attraverso l’individuazione sia dei paesi che per l’Italia rivestono un maggior interesse sotto il profilo economico, commerciale e imprenditoriale, anche allo scopo di razionalizzare gli strumenti già esistenti, sia dei paesi in cui non esistono strutture pubbliche idonee ad assicurare l’attività promozionale e di sostegno alle imprese italiane. Si dovrà poi tener conto, in via prioritaria, delle aree di libero scambio e di integrazione economica e delle macroaree di interesse economico commerciale nelle quali va garantita una presenza continuativa ed una gestione coordinata.

In coerenza con le linee di indirizzo dell’attività promozionale definite dal Ministro delle attività produttive e sulla base di indicazioni formulate d’intesa con il Ministro degli affari esteri, gli sportelli unici esercitano funzioni di orientamento, assistenza e consulenza alle imprese e agli operatori, sia italiani che esteri, con riguardo anche ad attività di attrazione degli investimenti esteri in Italia, nonché di promozione effettuate in loco da enti pubblici e privati.

Page 134: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO CON L’ESTERO

126

Agli sportelli sono inoltre assegnate funzioni di assistenza legale alle imprese, di tutela dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, nonché di lotta alla contraffazione, da svolgere in stretto collegamento con le strutture del Ministero delle attività produttive preposte a tale compito.

Gli Sportelli Italia opereranno in raccordo funzionale ed operativo con le rappresentanze diplomatiche e gli uffici e in coordinamento con la rete degli sportelli unici regionali per l’internazionalizzazione in Italia, nonché con le sedi regionali dell’ICE.

E’ prevista, inoltre, la partecipazione all’attività di organismi operanti nel settore, quali: l’ICE, l’ENIT, le Camere di commercio italiane all’estero, Sviluppo Italia spa, quale società per l’attrazione degli investimenti e per lo sviluppo di impresa, enti ed istituzioni nazionali, nonché altri soggetti operanti nel campo della internazionalizzazione, oltre ad enti nazionali e regionali operanti in loco, compresi gli istituti di credito, i consorzi di garanzia fidi e le rappresentanze dei sistemi fieristici, in modo da coordinare tutti i soggetti del ”sistema Italia” all’estero.

La definizione delle modalità operative per la costituzione degli sportelli è demandata ad un regolamento, da adottarsi entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, da parte dei Ministri delle attività produttive e degli affari esteri, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con la Conferenza Stato-regioni, sentiti i soggetti partecipanti e le associazioni di categoria, alla luce della composizione delle strutture statali e regionali già presenti all’estero.

Mentre stava per concludersi l’iter di approvazione della legge n. 56/2005, ulteriori disposizioni volte al “rafforzamento del sistema doganale, alla lotta alla contraffazione e al sostegno all'internazionalizzazione del sistema produttivo” sono state introdotte dal DL n. 35/200556.

Oltre a potenziare l’attività di rilascio di garanzie e di coperture assicurative da parte di SACE Spa e quella di sostegno agli investimenti all’estero da parte della Simest57, il D.L. n. 35/2005 ha introdotto disposizioni finalizzate a disincentivare il fenomeno della delocalizzazione produttiva attraverso:

l’esclusione da taluni benefici ed agevolazioni per i progetti di investimento all’estero che non prevedono il mantenimento sul territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, e di una parte sostanziale delle attività produttive (comma 12);

l’accesso alle agevolazioni e agli incentivi destinati alle imprese estere sulla base della disciplina dei contratti di localizzazione per le imprese italiane delocalizzate che intendano reinvestire sul territorio nazionale (comma 13);

56 Il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di

azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

57 Per un approfondimento v. scheda Internazionalizzazione - Riordino degli enti.

Page 135: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – COMMERCIO CON L’ESTERO

127

la possibilità di superamento della quota del 25% di partecipazione della Simest al capitale o fondo sociale della società partecipata, per le imprese italiane che intendano effettuare investimenti in ricerca e innovazione nel periodo di durata del contratto. Da ultimo, si ricorda che il 30 maggio 2005 l’Assemblea della Camera ha

approvato in prima lettura il testo unificato delle pdl C. 472, 1250, 2689, 2805, 3817, 4001, e 4497, recante norme in materia di istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani. In particolare, al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, il provvedimento prevede l’istituzione del marchio “100 per cento Italia” di proprietà dello Stato italiano, rilasciato dal Ministero delle attività produttive, che viene concesso al produttore a valere sui prodotti realizzati interamente in Italia (prodotti finiti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, realizzati interamente in Italia).

Il provvedimento prevede, inoltre, l’istituzione un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all’Unione europea, in virtù del quale è evidenziato il Paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti. E’ altresì prevista l’istituzione di una scheda informativa denominata carta d’identità dei prodotti “made in Italy” che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.

Page 136: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 137: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Scuola, Università e Ricerca

Page 138: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 139: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

131

Sostegno alla ricerca e all’innovazione

Le modifiche alla disciplina degli strumenti di sostegno per la ricerca applicata e l’innovazione tecnologica intervenute nel corso della legislatura hanno da un lato ampliato l’ambito di intervento dei due Fondi già esistenti (il Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica – FIT- e il Fondo per le agevolazioni alla ricerca – FAR); dall’altro previsto la destinazione ad attività di ricerca e sviluppo delle imprese di una quota pari almeno al 30% delle risorse di un nuovo strumento, il Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca.

Rinviando per quest’ultima parte al capitolo Sostegno alle attività produttive, si dà conto delle principali modifiche intervenute nella normativa relativa al FIT ed al FAR.

Modifiche alla disciplina del FIT

Il «Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica» è stato istituito dalla legge n. 46/1982 (“Interventi per i settori dell’economia di rilevanza nazionale”), all’articolo 14, presso il Ministero dell’industria (ora delle attività produttive). Al FIT affluiscono annualmente le somme stanziate nel Decreto ministeriale di ripartizione del Fondo unico per gli interventi agevolativi alle imprese, di cui all'art. 52 della L. 23 dicembre 1998, n. 44858.

Nel corso della XIV legislatura sulla disciplina del Fondo hanno inciso le disposizioni di alcuni provvedimenti che hanno determinato l’ampliamento del relativo campo d’intervento.

Un primo intervento di integrazione e di modifica della disciplina recata dall’articolo 14 della legge n.46/82, che destinava gli interventi del Fondo al finanziamento di programmi di imprese volti a introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici, finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di quelli già esistenti, senza comprendere l'applicazione industriale e lo sfruttamento commerciale delle innovazioni, è stato disposto dalla legge n. 273 del 12 dicembre 200259.

Le disposizioni della legge n. 273 hanno determinato l’estensione degli interventi del Fondo ai programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al

58 L’art.52 della legge 448/1998, recante «Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo

sviluppo» ha previsto che le autorizzazioni legislative di spesa ed i rifinanziamenti concernenti gli interventi alle imprese gestiti dal Ministero delle attività produttive, affluiscano ad un apposito Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese da ripartire tra i vari interventi con decreto del Ministro delle attività produttive previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

59 L.273/2002, “Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza”.

Page 140: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

132

miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto.

La modifica introdotta ha riguardato anche le attività destinatarie delle agevolazioni, tra le quali sono stati inseriti anche i processi di realizzazione di campionatura innovativa. In precedenza fra le attività agevolate rientravano quelle di progettazione, sperimentazione, sviluppo e preindustrializzazione, unitariamente considerate.

Con la legge 273 è stato precisato che la percentuale delle risorse del Fondo destinate, in via prioritaria, ai “programmi di sviluppo precompetitivo”60 presentati da piccole e medie imprese, determinata con DM, non può essere inferiore al 25% delle riserve annuali disponibili del Fondo. Inoltre, limitatamente al solo anno 2002 si è provveduto ad un rifinaziamento del Fondo per un ammontare di 2 milioni di euro, destinati al sostegno di programmi di sviluppo e innovazione nelle piccole e medie imprese dei settori tessile, abbigliamento, calzaturiero, volti alla ideazione di nuove collezioni di prodotti.

Un ulteriore ampliamento degli interventi del FIT è stato più recentemente disposto dalla legge n. 311/04 (legge finanziaria per il 2005) che li ha destinati anche ai programmi di investimenti delle imprese commerciali, turistiche e di servizi (individuate dalla norma come quelle corrispondenti alle sezioni G, H, I, J, K, L, M, N ed O della classificazione delle attività economiche dell’ISTAT61), a sostegno dei relativi processi di innovazione (art. 1, comma 270).

Gli interventi del Fondo sono stati destinati, in particolare ai programmi di investimenti delle imprese dei predetti settori, aventi le seguenti finalità: ricerca e progettazione di nuove formule e di processi distributivi o aziendali

innovativi; investimenti materiali per la loro attivazione; formazione e consulenza per l’avvio dei processi innovativi;

accesso ai mercati elettronici e alla connessa strumentazione;

60 In base alla Comunicazione della Commissione sulla disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato

alla ricerca e sviluppo del 1996 (96/C 45/06) - Allegato I , per attività di sviluppo precompetitiva si intende "la concretizzazione dei risultati della ricerca industriale in un piano, un progetto o un disegno per prodotti, processi produttivi o servizi nuovi, modificati o migliorati, siano essi destinati alla vendita o all'utilizzazione, compresa la creazione di un primo prototipo non idoneo a fini commerciali. Tale attività può inoltre comprendere la formulazione teorica e la progettazione di altri prodotti, processi produttivi o servizi nonché progetti di dimostrazione iniziale o progetti pilota, a condizione che tali progetti non siano né convertibili né utilizzabili a fini di applicazione industriale o sfruttamento commerciale. Essa non comprende le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche se tali modifiche possono rappresentare miglioramenti.”

61 L’ISTAT ha predisposto una nuova classificazione delle attività economiche (ATECO 2002) da adottare nelle rilevazioni statistiche correnti. Le tipologie di imprese cui fa riferimento la norma richiamando detta classificazione sono le seguenti: commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa (lett. g); alberghi e ristoranti (lett. h); trasporti, magazzinaggio e comunicazioni (lett. I); intermediazione monetaria e finanziaria (escluse assicurazioni e fondi pensione) (lett. j) attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese (lett. k); istruzione (lett. m); sanità e assistenza sociale (lett. n); altri servizi pubblici ed organismi extraterritoriali (lett. o).

Page 141: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

133

progettazione e realizzazione di investimenti per l’adozione di tecniche di vendita moderne e di offerta dei servizi (software per la gestione automatica di spazi espositivi);

acquisizione di servizi di connessione a larga banda; check-up sulla struttura aziendale per rilevare la situazione aziendale con

riferimento ad approvvigionamenti, lavoro, commercializzazione, personale e risorse strumentali;

progettazione e realizzazione di interventi di assistenza tecnica per l’innovazione dell’assetto e dell’offerta dell’impresa commerciale;

realizzazione di innovazione tecnologica, intesa quale acquisizione di sistemi informatici integrati, per la gestione aziendale ed interaziendale, per la realizzazione di impianti automatizzati, la movimentazione delle merci nel magazzino e per operazioni di allestimento degli ordini e per la distribuzione commerciale.

Modifiche alla disciplina del FAR

L’articolo 18 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, recante “Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione”, ha introdotto alcune modifiche al D.Lgs. 297/9962 volte ad ampliare le attività finanziabili a valere sul Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) e ad assicurare la continuità delle procedure di gestione amministrativo-contabile dello stesso Fondo.

Le modifiche introdotte dall’articolo 18 riguardano gli articoli 3 e 9 del decreto legislativo n. 297 recanti, rispettivamente, disposizioni sulle attività finanziabili e norme transitorie e finali.

Il comma 1, lett. a) dell’articolo 18 integra le attività finanziabili dal FAR, individuate dall’art. 3, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 297, comprendendo tra di esse – mediante l’inserimento del nuovo punto 2-bis – anche le attività di assistenza a soggetti industriali (individuali, assimilati e associati) ai fini della predisposizione di progetti da presentare nell’ambito dei programmi di ricerca dell’Unione europea.

La successiva modifica prevista alla lett. b) dello stesso comma 1 riguarda le attività finanziabili dal FAR di cui all’art. 3, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 297, concernenti interventi di sostegno all’occupazione.

In particolare con l’integrazione disposta, le agevolazioni previste a favore dei soggetti industriali ed assimilati che concedono borse di studio finalizzate alla frequenza a corsi di dottorato di ricerca, sono concesse anche nel caso di assunzione di oneri relativi ad assegni di ricerca, conferiti ai sensi dell’art. 51, comma 6, della legge n. 449/97.

62 D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297 "Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il

sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori”.

Page 142: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

134

Le modifiche riguardanti l’articolo 9, commi 2 e 3, del D.Lgs. 279/99 sono introdotte dalle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 18.

Secondo la relazione di accompagnamento al disegno di legge originario (AC 2122), le modifiche introdotte erano rese indispensabili dall’esigenza di assicurare continuità alle procedure di gestione contabile-amministrativa del FAR.

Per quanto concerne il comma 2 del predetto articolo 9, la modifica disposta alla lett. c) del comma 1 in esame prevede la possibilità di integrare le convenzioni in essere alla data di entrata in vigore del D.Lgs.(la cui validità è già salvaguardata dal testo vigente); tale possibilità è finalizzata alla introduzione in convenzione delle disposizioni necessarie alla gestione di tutti gli interventi previsti dal decreto legislativo.

Per quanto riguarda invece il comma 3 dell’articolo 9, il nuovo testo introdotto dalla lett. d) del comma 1, fa salva non solo la gestione dei contratti antecedenti al 31 dicembre 1999, ma anche le attività istruttorie e gestionali di natura economico-finanziaria (che comprendono anche la stipula e la gestione dei contratti) relativamente alle domande di agevolazione presentate, ai sensi di precedenti disposizioni di incentivazione alla ricerca, fino alla data del 31 dicembre 199963.

Si ricorda infine che l’articolo 5-bis del DL 25 settembre 2002, n. 212,

recante ”Misure urgenti per la scuola, l'università, la ricerca scientifica e tecnologica e l'alta formazione artistica e musicale”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 22 novembre 2002, n. 268, è intervenuto in materia di sostegno all'attività di ricerca e di sviluppo da parte delle imprese industriali, prevedendo la possibilità di utilizzare la somma di 90 mld assegnata al FAR dall'art.108, comma 7, della legge n. 388/2000 (Finanziaria 2001) anche per agevolazioni negoziate in forma di credito d’imposta.

63 Come si rilevava nella relazione di accompagnamento al d.d.l. A.C. 2122, l’abrogazione effettiva

delle disposizioni in materia di incentivi, avvenuta solo all’inizio del 2001, comportava la necessità di regolamentare la gestione delle numerose richieste di agevolazioni pervenute nel periodo intercorrente tra la pubblicazione del D.Lgs. 297 e quella del DM 8 agosto 2000.

A tal fine – si ricordava sempre nella relazione – si è provveduto all’emanazione della circolare ministeriale n. 760 del 29 dicembre 1999, che ha provveduto a regolamentare in via transitoria le modalità, alquanto complesse, del passaggio tra le vecchie e le nuove procedure.

Page 143: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

135

Riordino degli enti di ricerca

Nel corso della XIV legislatura, sulla base della delega conferita al Governo dall’art. 1, comma 1, della legge 6 luglio 2002, n. 137, recante “Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici”, si è provveduto al riordino complessivo degli enti di ricerca sottoposti alla vigilanza del Ministero dell’istruzione, dell‘università e della ricerca (MIUR).

Per quanto riguarda l’Agenzia spaziale italiana (ASI) la delega è stata attuata con il D.Lgs. 4 giugno 2003, n. 128.

L’intervento di riordino è stato finalizzato, secondo la relazione illustrativa, alla promozione, allo sviluppo e alla diffusione della ricerca applicata nel settore spaziale e aerospaziale, attraverso il potenziamento della presenza italiana nelle sedi internazionali, in linea con le indicazioni contenute nel VI programma quadro di ricerca e sviluppo della UE e recepite nelle linee guida per la politica scientifica e tecnologica del Governo, approvate dal CIPE il 19 aprile 2002.

Per il raggiungimento del predetto obiettivo con il D.Lgs. n.128/03 si è inteso adeguare la missione e la struttura organizzativa dell’Agenzia al mutato contesto europeo, in modo da favorirne l’inserimento nelle grandi reti di ricerca europee ed internazionali, dotandola a tal fine di strutture organizzative omogenee, con compiti e funzioni determinati in modo puntuale e la cui funzionalità viene assicurata da un assetto spiccatamente manageriale, mentre la formulazione dei progetti e dei piani di attività viene riservata alla componente scientifica.

Il decreto di riordino, in particolare: definisce finalità e competenze dell’ASI (artt.1-3); determina in modo puntuale la composizione e le funzioni degli organi, che

passano da tre a quattro, con la previsione del Consiglio tecnico- scientifico (artt. 4 e 6-9)

definisce la struttura organizzativa, introducendo norme di dettaglio, antecedentemente demandate a regolamenti interni, con particolare riferimento al comitato di valutazione, alla figura del direttore generale e ai settori tecnici, riconducendo al MIUR la competenza a stabilire criteri per le attività di valutazione (artt. 5 e 10-12);

demanda a regolamenti interni la disciplina dei casi di incompatibilità in precedenza disciplinati direttamente dal D.Lgs. 27/99 (art. 13);

disciplina le modalità di approvazione del piano triennale di attività e degli aggiornamenti annuali (art. 14):

individua entrate e strumenti di cui l’ASI può avvalersi per svolgere la propria attività (artt. 15 e 16);

definisce il contenuto essenziale di alcuni regolamenti interni (art. 17);

Page 144: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

136

dispone in merito a bilanci, relazioni e controllo da parte della Corte dei conti (art. 18);

disciplina lo stato giuridico del personale, prevedendo che l’ASI stabilisca con regolamento interno le modalità di assunzione, ed inoltre la possibilità di chiamata diretta di ricercatori, tecnologi e dirigenti in servizio presso università e pubbliche amministrazioni (art. 19);

fissa direttamente in tre anni la durata del Piano aerospaziale nazionale cui si provvede sulla base del PNR e degli indirizzi del Governo e disciplina le funzioni in materia del Ministro dell’istruzione (20 e 21)

ridefinisce, infine, le tabelle organiche dell’ASI e dispone l’abrogazione del D.Lgs. 27/99 (art. 22).

Rinviando per una analitica illustrazione dei contenuti del decreto alla relativa scheda di approfondimento (v. scheda Riordino dell’ASI), si segnalano di seguito i principali punti di innovazione rispetto alla normativa previgente.

Tra gli organi dell’Agenzia spaziale italiana (il presidente; il consiglio di amministrazione; il consiglio tecnico-scientifico e il collegio dei revisori dei conti) costituisce una novità il consiglio tecnico-scientifico - la cui a nomina compete al c.d.a. - costituito da scienziati italiani e stranieri di fama internazionale, professionalmente qualificati ed esperti del settore, cui sono assegnati compiti di carattere consultivo riferiti agli aspetti tecnico-scientifici dell’attività dell’Agenzia.

Quanto alla struttura organizzativa dell’Agenzia l’elemento caratterizzante è costituito dai settori tecnici definiti come le unità organizzative che realizzano l’attività di ricerca applicata nei settori di intervento dell’ASI.

Attraverso le unità organizzative l’ente esplica la propria attività di ricerca sulla base di un piano triennale di attività, che viene aggiornato annualmente. Le relative proposte sono formulate dal presidente dell’ente e sottoposte al parere del cda che delibera i piani sentito il consiglio scientifico.

Quanto allo stato giuridico del personale il provvedimento di riordino apporta alcune innovazioni rispetto alla disciplina recata dal precedente D.Lgs n. 27/1999; in particolare:

1. vengono richiamate disposizioni legislative ulteriori, riguardanti, in particolare, misure per incrementare l’occupazione nel settore della ricerca;

2. è prevista la possibilità di procedere ad assunzioni per chiamata diretta; 3. non è più previsto espressamente il comando, il distacco o il collocamento

fuori ruolo da altri amministrazioni ed enti pubblici e da società od organismi a prevalente partecipazione pubblica, che comunque resta disciplinato dai singoli ordinamenti;

Il rapporto di lavoro dei dipendenti dell’ASI deve essere regolato da disposizioni individuate dal decreto legislativo, consentendosi anche la

Page 145: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

137

partecipazione alle selezioni pubbliche per le assunzioni di cittadini stranieri, purché siano in possesso dei requisiti richiesti64. Infine al regolamento del personale viene attribuita la definizione delle procedure di assunzione, in precedenza sostanzialmente rimessa ad un piano triennale di fabbisogno del personale.

Per quanto riguarda invece l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e

l’ambiente (ENEA) la delega è stata attuata con il decreto legislativo 3 settembre 2003 n. 257.

Secondo la relazione illustrativa il riordino dell’organizzazione e del funzionamento dell’ENEA, basato su criteri di semplificazione, efficienza ed economicità, si colloca nel solco della riforma di altri enti sottoposti alla vigilanza del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (CNR, ASI e INAF), finalizzata alla costituzione di una rete di ricerca in cui ogni ente è focalizzato su compiti specifici, senza sovrapposizioni e duplicazioni di competenze e con attività gestionali e amministrative snelle, nonché ad una riqualificazione della spesa raggiungibile attraverso una riduzione dei costi di funzionamento.

Nel decreto di riordino la missione dell’ENEA, quale ente pubblico nazionale chiamato ad operare nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie, è individuata nella promozione ed effettuazione di attività di ricerca (di base e applicata), innovazione tecnologica, diffusione e trasferimento dei risultati e prestazione di servizi ad alto livello tecnologico anche in collaborazione con il sistema produttivo.

L’Ente, cui è riconosciuta personalità giuridica di diritto pubblico, nonché autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa, patrimoniale e contabile, è dotato di un ordinamento autonomo adottato, in conformità alle disposizioni dello stesso decreto legislativo e del D.Lgs. 204/9865, sulla base degli indirizzi definiti dal Ministro delle attività produttive, d’intesa con i ministri dell’istruzione, dell’ambiente e degli affari esteri per quanto riguarda le attività internazionali.

Le sue attività devono essere svolte nell’ambito del piano di attività triennale disciplinato dall’articolo 16 del D.Lgs, nel quadro del Programma nazionale della

64 Nel caso in cui il dipendente sia cittadino extracomunitario, si rinvia al D.Lgs. 25 luglio 1998, n.

286 il quale, all’art. 27, co. 1, lett. c), prevede particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incaricato accademico o un'attività retribuita di ricerca presso università, istituti di istruzione e di ricerca operanti in Italia.

65 Il D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 204 “Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell’articolo 11, comma 1, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59 “, emanato in attuazione dell’art. 11, co. 1, lett. d), della legge Bassanini, sulla base delle linee di indirizzo espresse nella relazione al Parlamento presentata il 31 luglio 1997 dal Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, ha tracciato il quadro generale di riassetto della ricerca nazionale nell’ambito del quale è stato predisposto il precedente riordino dell'ENEA (D.Lgs. 36/99).

Page 146: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

138

ricerca (PNR)66 disciplinato dal citato D.Lgs. 204/98, sempre sulla base degli indirizzi definiti dal Ministro delle attività produttive.

Rinviando per una analitica illustrazione dei contenuti del decreto alla scheda

Riordino dell’ENEA, si segnalano di seguito i principali punti di innovazione rispetto alla normativa previdente.

Il modello di governance proposto con il decreto legislativo di riordino prevede accanto agli organi dell’Ente già esistenti (presidente, c.d.a. e collegio dei revisori) altri soggetti con funzioni di consulenza tecnico-scientifica, di valutazione periodica dei risultati scientifici e tecnologici conseguiti e di raccordo con il sistema produttivo. Si tratta del consiglio scientifico, del comitato di valutazione e del comitato di indirizzo e di coordinamento dei progetti di industrializzazione.

I primi due erano già previsti, ma non disciplinati direttamente, dal D.Lgs. 36/99 mentre il terzo rappresenta una novità nell’ambito dell’organizzazione dell’Ente.

Il Consiglio scientifico istituito in sostituzione del precedente comitato di consulenza tecnico-scientifica è organo di consulenza tecnico-scientifica costituito da rappresentanti della comunità scientifica nazionale ed internazionale, nominati dal presidente dell’ENEA su designazione dei Ministri dell’istruzione (quattro componenti), delle attività produttive (tre componenti), dell’ambiente (due componenti), per l’innovazione e per le politiche agricole (uno ciascuno).

I componenti rimangono in carica per quattro anni, con possibilità di riconferma per una sola volta, ed eleggono al loro interno il presidente che viene scelto tra i membri designati dal Ministro dell’istruzione.

Il Comitato di indirizzo e di coordinamento dei progetti di industrializzazione svolge compiti di carattere propositivo e consultivo riferiti all’attività complessiva di ricerca dell’Ente, ma con particolare riguardo alle strategie industriali.

Al Comitato di valutazione spetta, invece, il compito di valutare periodicamente i risultati scientifici e tecnologici dell’attività dell’ENEA, come previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 204/98, anche in relazione agli obiettivi fissati nel piano triennale e in quello annuale. L’attività di valutazione dovrà essere svolta in base ai criteri definiti dal Ministro dell’istruzione, sentito il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR)67.

66 Si ricorda che il PNR, che costituisce il principale strumento di programmazione e di

coordinamento della ricerca, è disciplinato dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 204/98. Di durata triennale, ma aggiornato annualmente, il PNR viene elaborato sulla base del DPEF ed è approvato dal CIPE. Con delibera CIPE del 18 marzo è stato approvato il PNR 2005-2007.

67 Si ricorda che l’art. 5 del D.Lgs 204/98, che ha istituito presso il Ministero dell’università (ora dell’istruzione, dell’università e della ricerca) il Comitato di valutazione della ricerca, con il

Page 147: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

139

Una novità di rilievo introdotta dal decreto legislativo di riordino nell’ambito dell’organizzazione dell’Ente è rappresentata dall’autorizzazione concessa all’ENEA per la costituzione di una società di diritto privato alla quale potranno essere trasferite, da parte degli aventi diritto, la titolarità e comunque i diritti di sfruttamento dei brevetti per invenzioni industriali derivanti dall’attività di ricerca dell’Ente.

A tale società viene affidata la gestione delle partecipazioni detenute dall’ENEA nelle aziende industriali. Tali partecipazioni sono trasferite alla società in attuazione di un programma di ristrutturazione, sia organizzativa che produttiva, approvato dal Ministro delle attività produttive su proposta del c.d.a. Alla stessa società è consentita l’assunzione di partecipazioni, anche di maggioranza, in altre società il cui oggetto sociale sia strumentale al perseguimento delle finalità dell’ENEA.

compito di elaborare strumenti efficaci per la valutazione di istituzioni e programmi di ricerca, al comma 1, lett b) assegna al CIVR il compito di determinare i criteri generali per le attività di valutazione svolte dagli enti di ricerca, dalle istituzioni scientifiche e dall’ASI. Lo stesso comma, alla lettera e) prevede, inoltre, che al CIVR spetti la determinazione dei criteri e delle modalità per la costituzione, da parte dei predetti enti, ove previsto dalle norme vigenti, di un apposito comitato incaricato della valutazione dei risultati scientifici e tecnologici dell’attività dell’ente stesso.

Page 148: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 149: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

141

Invenzioni biotecnologiche

La protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche è oggetto della direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 1998, intorno al recepimento della quale si è instaurato un contenzioso tra gli organi dell’Unione europea e lo Stato italiano.

Il 30 novembre 2000 la Commissione U.E. aveva infatti inviato all'Italia una lettera di messa in mora per mancato recepimento della direttiva 98/44/CE, invitando il governo a presentare le sue osservazioni entro un termine di due mesi.

La delega per il recepimento della direttiva è stata quindi inserita dal governo nel disegno di legge di legge A.C. 2031, recante “Misure per favorire la concorrenza e l’apertura dei mercati”, collegato alla manovra finanziaria per il 2002.

Il disegno di legge A.C. 2031-TER, risultante dallo stralcio dell’articolo 6 del disegno di legge A.C. 2031, in materia appunto di protezione delle invenzioni biotecnologiche, è stato quindi approvato dalla Camera il 26 settembre 2002, e successivamente approvato, con modificazioni, anche dal Senato, in data 2 aprile 2003. Il d.d.l. è stato poi nuovamente approvato, con modificazioni, dalla Camera, in data 26 giugno 2003 ed è tornato quindi per la quarta lettura all’esame del Senato (atto S.1745-B), dove le Commissioni riunite 10° e 12° ne hanno concluso l’esame in sede referente il 3 marzo 2004. L’Assemblea del Senato ha avviato la discussione generale sul provvedimento il 29 settembre 2005, senza procedere oltre.

Nel frattempo la Commissione U.E. aveva emesso dapprima, il 19 dicembre 2002, un parere motivato in cui concludeva che, non avendo adottato le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva, la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della detta direttiva e invitava l’Italia ad adottare tali disposizioni entro un termine di due mesi.

Le autorità italiane da un lato ritenevano il diritto interno dei brevetti già conforme alla direttiva, dall’altro segnalavano che la preparazione dei provvedimenti necessari per la piena attuazione della direttiva stessa si trovava ad uno stadio avanzato. La Commissione, considerando comunque insoddisfacenti tali elementi, ha deciso il ricorso alla Corte di giustizia che ha condannato l’Italia con sentenza del 16 giugno 2005. Il 13 dicembre 2005 la Commissione, ai sensi dell’art. 228 del Trattato CE ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora complementare, non essendosi conformata alla suddetta sentenza della Corte di giustizia.

Per risolvere la questione è stato quindi emanato il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3, recante “Attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione

Page 150: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

142

giuridica delle invenzioni biotecnologiche“. Il decreto è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2006, n. 78 .

La finalità della direttiva, adottata dopo un dibattito decennale, è quella di armonizzare, nella prospettiva della libera circolazione dei brevetti biotecnologici nel mercato unico, la normativa sulla protezione delle invenzioni biotecnologiche, anche in relazione alla crescente importanza che sta assumendo il mercato europeo delle biotecnologie.

Le disposizioni del decreto legge riproducono pertanto sostanzialmente quelle della direttiva oggetto di recepimento, strutturata in 18 articoli e 56 "considerando" interpretativi, alcuni dei quali sono stati puntualmente trasfusi nel testo del decreto medesimo, il quale, secondo la relazione di accompagnamento, tiene altresì conto della recente risoluzione in tema di brevetti relativi alle invenzioni biotecnologiche che il Parlamento europeo ha adottato in data 26 ottobre 200568.

Nell’ordinamento nazionale la disciplina organica sui brevetti si rinviene nel codice civile (artt. 2584-2594) e, in particolare, nel “Codice della proprietà industriale” (v. scheda Proprietà industriale - Il nuovo Codice), recante una disciplina unitaria ed omogenea della “proprietà industriale”, coordinata con la normativa comunitaria ed internazionale.

Il codice della proprietà industriale non contiene, peraltro, una specifica disciplina relativa alle invenzioni biotecnologiche; tale materia non è stata ivi ricompresa, in quanto, come affermava anche la relazione illustrativa al Codice 68 ll 26 ottobre 2005 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sui brevetti relativi alle

invenzioni biotecnologiche. Nel documento viene riconosciuta l’esistenza di molteplici problemi, soprattutto di natura etica e si ricorda che:

- il 2 febbraio 2005 l’Ufficio europeo dei brevetti ha concesso un brevetto (EP 1257168) che comprende un metodo per la selezione di cellule germinali umane;

- tale decisione è stata impugnata e pertanto in questo campo la situazione giuridica resta incerta;

- il medesimo Ufficio ha concesso altri brevetti riguardanti cellule germinali umane, uno in particolare riguardante embrioni umani congelati e ha poi accolto un ricorso contro un brevetto che ha sancito la non brevettabilità delle cellule embriostaminali umane;

- l’articolo 6 della direttiva esclude la clonazione di esseri umani e il Consiglio ha chiarito che il divieto di brevettazione non si limita a coprire la clonazione riproduttiva ed ‘essere umano ’ comprende anche la fase embrionale.

Conseguentemente il Parlamento europeo: - sostiene la prosecuzione della ricerca sulle cellule staminali ma sottolinea in via di principio il

rifiuto di interventi sulla linea germinale umana, della clonazione umana in qualsiasi fase del suo sviluppo, della ricerca sugli embrioni umani, in quanto ne comporta la distruzione;

- riconosce che la direttiva 98/44/CE costituisce un adeguato quadro di riferimento nel campo della protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche e che esclude la brevettabilità di ogni forma di clonazione umana, ma lamenta che restino insolute talune questioni come la brevettabilità del DNA umano;

- osserva che le cellule germinali non sono brevettabili in quanto sono parte del corpo umano e pertanto il brevetto EP 1257168 potrebbe costituire una violazione della direttiva;

- esprime la propria preoccupazione nei confronti di qualunque progetto volto a introdurre metodi per la selezione del sesso degli esseri umani;

- chiede alla Commissione europea di presentare rapidamente un’opposizione al citato brevetto; - invita, infine, l’Ufficio europeo dei brevetti a costituire un nuovo servizio incaricato di verificare i

brevetti sensibili dal punto di vista etico, prima che vengano rilasciati.

Page 151: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

143

medesimo, il silenzio della legge di delega era volto a confermare implicitamente l’intenzione del Legislatore di mantenere ferma l’autonoma operatività della specifica delega prevista in materia dal disegno di legge governativo il cui iter è stato sopra descritto.

Il decreto legge n. 3/06 (per una descrizione più ampia del quale v. scheda Invenzioni biotecnologiche – Protezione giuridica), introduce pertanto disposizioni – che in gran parte ricalcano il contenuto del citato disegno di legge- le quali tengono conto delle peculiarità delle invenzioni biotecnologiche sotto il profilo scientifico ed etico.

Va inoltre rilevato come l'Italia abbia aderito ad importanti trattati internazionali in materia di brevetti, le cui disposizioni concorrono quindi a costituire la normativa vigente.

Sul punto è da evidenziare come tra le finalità indicate nell’articolo 1 del decreto, conformemente a quanto disposto dalla direttiva, sia esplicitamente richiamato il rispetto degli obblighi derivanti dai diversi accordi internazionali che incidono sulla materia in oggetto.

Si segnala, infine, come la legge n. 40 del 2004, in materia di procreazione medicalmente assistita (v. capitolo Questioni di bioetica, nel dossier relativo alla Commissione Affari sociali), rechi disposizioni specifiche che vietano la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione o comunque per un fine diverso dalla procreazione, ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni, nonché gli interventi di clonazione sia a fini procreativi sia di ricerca.

Page 152: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 153: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Cultura, Sport e Spettacolo

Page 154: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 155: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – CULTURA, SPORT E SPETTACOLO

147

Politiche per il turismo

La disciplina del settore turistico è stata modificata alla fine della XIII legislatura con l’approvazione della legge-quadro 29 marzo 2001, n. 135 recante “Riforma della legislazione nazionale del turismo”69, che definisce i principi fondamentali in materia turistica e gli strumenti della politica di settore, in attuazione del testo allora vigente degli articoli 117 e 118 della Costituzione.

La legge non è diventata immediatamente operativa in quanto il relativo DPCM attuativo70, volto alla definizione dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, è stato emanato a distanza di oltre un anno, il 13 settembre 2002, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni e le associazioni degli operatori turistici e dei consumatori.

Il ritardo nell’adozione del decreto è da ricollegare all’’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di riforma del titolo V della Costituzione, in seguito alla quale la materia del turismo, secondo un indirizzo largamente affermato, si ritiene debba essere annoverata, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione, tra le materie di competenza residuale delle Regioni.

L’esistenza di una legge-quadro indicante i criteri e i limiti entro i quali le regioni potevano legiferare sembrava dunque porsi in contrasto con quanto stabilito dalla riforma costituzionale; ciò spingeva alcune regioni (in particolare: Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria) a presentare ricorso dinanzi alla Corte costituzionale avverso alcune norme recate dalla legge n. 135 del 200171.

69 Tra le novità introdotte del provvedimento si segnalano: - l'istituzione di una Conferenza nazionale del turismo; - l'introduzione di una Carta dei diritti dei turisti; - la definizione e l'individuazione dei sistemi turistici locali; - l'istituzione di un Fondo di cofinanziamento ; - la definizione di impresa turistica; - l'introduzione di norme di semplificazione amministrativa con l'introduzione, anche per il settore

turistico, dello sportello unico per le attività produttive; - l'introduzione di un Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico, volto a erogare

prestiti a tasso agevolato alle imprese e a favorire il risparmio delle famiglie; - l’abrogazione di vecchie norme relative all’igiene, all’accoglienza degli ospiti, alla trasparenza

dei prezzi e l’abrogazione della vecchia legge-quadro. 70 L'art.2, comma 4 della legge 135/01 prevede, nello specifico, che entro tre mesi dalla data di

entrata in vigore della legge, con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano definiti i principi e gli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico. La disposizione in esame prevede altresì che il decreto sia adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria degli operatori turistici e dei consumatori, e trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica ai fini della espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti

71 La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-5 giugno 2003, n. 197 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 sollevate in riferimento agli artt. 3, 5, 87, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, agli artt. 1 e 2

Page 156: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – CULTURA, SPORT E SPETTACOLO

148

Il contrasto è stato superato con l’Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-Regioni, in data 14 febbraio 2002, con il quale sono stati definiti i principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, ai fini dell'adozione del provvedimento attuativo dell'art. 2, comma 4, della L. 29 marzo 2001, n. 135, rinviando ad una successiva attività delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano la concreta definizione di una parte consistente della disciplina.

L’Accordo è stato recepito con il DPCM 13 settembre 2002 che, oltre a disporre l’approvazione dei principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, così come definiti dal citato Accordo, rinvia alle regioni la determinazione delle caratteristiche dell'offerta turistica italiana attraverso intese fra le stesse e le province autonome di Trento e Bolzano, nonché la determinazione degli standard minimi comuni per i differenti prodotti e servizi turistici.

L’impostazione complessiva del decreto si conforma ai contenuti dell’Accordo, nel quale “si riconosce che la separazione delle competenze comporta la valorizzazione della leale collaborazione tra gli enti che compongono la Repubblica, finalizzata alla ricerca della più ampia convergenza, per addivenire a soluzioni condivise in ordine alle rilevanti questioni interpretative e di attuazione poste dalla riforma costituzionale del titolo V” e, successivamente, si aggiunge che “in relazione ai poteri legislativi assegnati, lo Stato e le Regioni individuano e delimitano i rispettivi ambiti di competenza per un corretto esercizio delle funzioni legislative. Tale delimitazione si rende necessaria anche al fine di dare certezza dell’ambito delle materie rimesse in competenza residuale regionale e per l’individuazione di soluzioni volte a prevenire e limitare il contenzioso costituzionale”.

L'Accordo (v. scheda Turismo - Accordo quadro), è composto di due articoli: nel primo sono dettati i principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo

sviluppo del sistema turistico, di cui all'art. 2, comma 4 della legge 135/2001; nel secondo sono dettati i principi e gli obiettivi di sviluppo del sistema turistico,

di cui all'art. 2, comma 5 della legge 135/2001.

Successivamente all’emanazione del DPCM, gli interventi legislativi di maggior rilievo adottati in favore del comparto turistico, si sono registrati nel corso del 2005. Si segnalano, in particolare, le disposizioni introdotte dall’articolo 12 del decreto-legge n. 35/0572, volte al rafforzamento e al rilancio del settore, che hanno disposto:

della legge 15 marzo 1997, n. 59 ed agli artt. 43 e 44 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, dalle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria.

72 Il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, (GU 16 marzo 2005, n. 62) è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

Page 157: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – CULTURA, SPORT E SPETTACOLO

149

l'istituzione di un Comitato nazionale per il turismo, cui sono assegnati compiti di orientamento e di coordinamento delle politiche turistiche nazionali e di indirizzo per l'attività dell'Agenzia nazionale del turismo;

la trasformazione dell'Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT)73 in Agenzia Nazionale del Turismo, per una promozione unitaria dell'offerta turistica nazionale;

l'avvio del progetto "Scegli Italia.it", l'unico Portale informatico di promozione nel nostro Paese, sia nel campo del turismo che nel campo del Made in Italy, chiamato ad operare in stretto collegamento con i Portali regionali, seguendo le indicazioni del Comitato nazionale per il turismo.

Il Comitato nazionale per il turismo, istituito con il DPCM 8 settembre 200574, è composto dai ministri e dai vice ministri individuati con il DPCM istitutivo, dal sottosegretario con delega al turismo, dal Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, dal coordinatore degli assessori regionali al turismo, da quattro rappresentanti delle regioni indicati dalla Conferenza Stato-regioni e dai rappresentanti delle principali associazioni di categoria, in numero massimo di tre, secondo le modalità indicate nel citato decreto, nonché da un rappresentante delle camere di commercio.

Quanto all’ENIT, lo scopo della sua trasformazione in “Agenzia nazionale del turismo” è quello di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica italiana per favorirne le condizioni di commercializzazione. L’Agenzia, qualificata come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, fornito di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione, è sottoposta all’attività di indirizzo e di vigilanza del Ministero delle attività produttive. La sua organizzazione e la relativa disciplina sono affidate ad un regolamento di delegificazione. Tra i compiti della nuova Agenzia rientrano, in particolare, lo sviluppo e la cura del turismo culturale75, da effettuarsi in

73 L'ENIT è il più importante ente pubblico attivo in materia di turismo, primo responsabile della

promozione dell'immagine turistica complessiva dell'Italia sui mercati esteri. La sua istituzione risale al 1919, ma la disciplina dell'istituto ha conosciuto diverse modifiche. Attualmente l'ordinamento dell'istituto rimane quindi quello risultante dalla riforma varata con la L. 11 ottobre 1990, n. 292 che ha provveduto ad aggiornare profondamente la struttura e i compiti dell'ente, da svolgere anche in collaborazione con le regioni e a sostegno delle iniziative di penetrazione commerciale delle singole imprese. Tra i suoi compiti rientrano: il coordinamento dell'iniziativa di promozione turistica all'estero delle regioni; il sostegno e l'assistenza tecnica ad imprese e ad organismi pubblici e privati; la realizzazione all'estero di iniziative promozionali; la pubblicazione di dati e informazioni relativi all'intero territorio nazionale; la promozione e la realizzazione di studi e ricerche di mercato in materia turistica, in favore di enti ed imprese. L’Enit è sottoposto alla vigilanza del Ministero delle attività produttive ed è soggetto al controllo della Corte dei conti. ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, con le modalità di cui all’art. 12 della stessa. La sua struttura organizzativa è costituita da una sede centrale a Roma e da una rete estera che consta di 25 sedi di cui 14 in dodici paesi europei e 11 in sei paesi extraeuropei.

74 DPCM 8 settembre 2005 "Istituzione del Comitato nazionale per il turismo" (GU n. 227 del 29 settembre 2005).

75 Nell’ambito degli investimenti nelle aree strategiche, il DPEF 2005-2008 sottolinea come siano destinate ad assumere una peculiare valenza le azioni nel settore turistico. Queste ultime

Page 158: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE ED INTERVENTI LEGISLATIVI – CULTURA, SPORT E SPETTACOLO

150

raccordo con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale e del turismo congressuale.

Infine, il progetto "Scegli Italia", destinato alla promozione sulla rete Internet del "marchio Italia" nel settore del turismo, è stato approvato dal Comitato dei Ministri della Società dell’informazione in data 16 marzo 2004, con l’obiettivo di incrementare i flussi turistici nazionali ed internazionali mediante l’uso di tecnologie digitali. In tale contesto, è stata prevista e finanziata la realizzazione di una piattaforma digitale interattiva, denominata «Italia.it», che consenta la promozione dell’Italia, l’aggregazione delle strutture ricettive con funzioni di prenotazioni on-line, di gestione di contenuti informativi di qualità (e-content) e di erogazione di servizi avanzati. L’incarico di provvedere alla realizzazione e gestione di «Italia.it» è stato conferito ad Innovazione Italia spa76, società strumentale del Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, in raccordo con le iniziative delle regioni.

Tra i più recenti interventi legislativi a sostegno del comparto si segnalano,

infine, quelli introdotti delle leggi finanziarie 2005 e 2006 (L. 311/04 e L. 266/05).

La prima ha esteso alle imprese del turismo (oltre che del commercio e dei servizi) gli interventi del Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica (FIT) – di cui all’art. 14 della legge n. 46 del 198277 - a sostegno dei relativi processi di innovazione (art. 1, comma 270), mentre la finanziaria 2006 oltre ad introdurre disposizioni dirette a includere la promozione all’estero del settore turistico tra le finalità contemplate da talune disposizioni di legge recanti interventi a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese italiane (art. 22,

riguarderanno, segnatamente, iI turismo culturale, che il Governo intende valorizzare anche inserendo i beni culturali in una offerta turistica integrata; ciò nel quadro di una strategia volta a destagionalizzare i flussi turistici e ad utilizzare pienamente le strutture turistiche disponibili.

76 La società Innovazione Italia nasce da una partnership tra Sviluppo Italia e il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie per dare attuazione ai programmi del Governo relativi allo sviluppo della Società dell’Informazione e al piano di e-government. La Società sviluppa i progetti definiti dal Comitato dei ministri per la Società dell’Informazione, dal piano di e-government e dal CIPE in materia di Società dell’Informazione e Banda Larga, con l’obiettivo primario di superare il digital divide nelle aree sottoutilizzate del Paese. Il capitale sociale della società, interamente controllata da Sviluppo Italia spa, è di 1.000.000,00 euro. (Informazioni tratte dal sito internet di Sviluppo Italia).

77 La legge n. 46/1982 “Interventi per i settori dell’economia di rilevanza nazionale”, all’articolo 14 (successivamente sostituito dall'articolo 2 della legge 273/2002) ha istituito, presso il Ministero dell’industria (ora delle attività produttive), il «Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica». Le direttive per la concessione delle agevolazioni del FIT sono state definite con Dir.Min. 16 gennaio 2001 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato ("Direttive per la concessione delle agevolazioni del fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica di cui all'art. 14 della L. 17 febbraio 1982, n. 46").Gli interventi del Fondo hanno attualmente ad oggetto programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto.

Page 159: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

POLITICHE E INTERVENTI LEGISLATIVI – CULTURA, SPORT E SPETTACOLO

151

D.Lgs. 143/9878 e art. 2, co.1, DL 251/8179) - il cui testo, a tal fine, è stato opportunamente integrato - ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2006 a sostegno del settore turistico (commi 396-398).

78 “Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lett. c), e

dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”. 79 Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane.

Page 160: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 161: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Schede di approfondimento

Page 162: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 163: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Energia

Page 164: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 165: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

157

Giurisprudenza costituzionale - Sentenza n. 6/2004

Con la sentenza n. 6 del 2004, relativa al contenzioso costituzionale sorto tra Stato e Regioni relativamente alle disposizioni contenute nel decreto legge n. 7 del 2002 - convertito dalla legge n. 55 del 2002, recante "Misure urgenti per garantire la sicurezza del settore elettrico nazionale" - la Corte costituzionale ha sciolto alcuni dubbi interpretativi relativi al rapporto fra le competenze legislative e le funzioni amministrative dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali in materia di energia.

La disciplina statale impugnata, conosciuta come “decreto sblocca centrali

bis", era stata adottata dal Governo al fine di consentire che i processi di costruzione di nuove centrali (superiori ai 300MW) e di ampliamento di quelle già esistenti, potessero avviarsi nonostante gli impedimenti frapposti dalle autorità locali competenti a rilasciare le autorizzazioni. In questo senso, proprio al fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, come recita il testo di legge, si era provveduto ad istituire un'autorizzazione unica rilasciata dal Ministero delle attività produttive. Tale autorizzazione sostituiva autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti e si applicava anche ai procedimenti in corso. La disciplina statale, peraltro, non precludeva il coinvolgimento delle regioni, perché prevedeva che le opere da autorizzare fossero definite in un accordo da raggiungere in sede di Conferenza Stato-Regioni e, inoltre, rendeva partecipe del procedimento la singola Regione interessata.

Secondo le Regioni ricorrenti la disciplina statale violerebbe innanzitutto l'art. 117, terzo comma, Cost., in base al quale lo Stato non sarebbe legittimato a porre norme di dettaglio nelle materie oggetto della potestà legislativa concorrente. Con riferimento a tali censure di costituzionalità, la difesa erariale ha, viceversa, rilevato come l’art. 1, co. 2 del D.Lgs. n. 79/99 di liberalizzazione del settore elettrico, riconosce al Ministero delle attività produttive il ruolo fondamentale di organo nazionale preposto “alla sicurezza ed all'economicità del sistema elettrico nazionale”; lo Stato sarebbe, dunque, intervenuto con il decreto legge in oggetto a disciplinare la materia al fine di garantire le esigenze di sicurezza e i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e politici, dunque in materie che sarebbero riservate, ai sensi dell’art.117, secondo comma, lettere h) ed m), alla legislazione esclusiva dello Stato80.

Al riguardo, la Corte costituzionale, nel dichiarare infondati i ricorsi delle

regioni Umbria, Basilicata e Toscana avverso il citato decreto legge n. 7 del

80 L’avvocatura ha, inoltre, sostenuto che la normativa censurata investirebbe anche la materia

della tutela della concorrenza, di competenza esclusiva dello Stato, in quanto incidente sulla produzione di energia elettrica e dunque sull’offerta e sull’equilibrio del mercato.

Page 166: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

158

2002, ha prospettato una linea interpretativa che, spostando il baricentro della questione dall’art. 117 all’art.118 Cost., rinviene nel principio di sussidiarietà un criterio flessibile - operante sia sul versante amministrativo sia su quello legislativo - in grado di regolare, sulla base di procedure decisionali partecipate e ispirate al principio di leale collaborazione, il riparto delle competenze tra i diversi livelli di governo.

In particolare, la Corte costituzionale, pur riconoscendo che la disciplina oggetto degli atti impugnati insiste indubbiamente nell'ambito della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», espressamente contemplata dall'art. 117, terzo comma, Cost., quindi, in una materia oggetto di potestà legislativa concorrente e pur riconoscendo che la disciplina impugnata non contiene principi fondamentali volti a guidare il legislatore regionale nell'esercizio delle proprie attribuzioni, ma norme di dettaglio autoapplicative e intrensicamente non suscettibili di essere sostituite dalle regioni ha ribadito che il problema della competenza legislativa dello Stato non può essere risolto esclusivamente alla luce dell'art. 117 Cost. essendo indispensabile una ricostruzione che tenga conto dell'esercizio del potere legislativo di allocazione delle funzioni secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui al primo comma dell'art. 118 Cost.".

Lo scrutinio di costituzionalità, dunque, viene traslato dal piano dell'art. 117 Cost. a quello dell'art. 118 Cost., nel momento in cui una deroga al riparto legislativo costituzionale può essere giustificata "solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante l'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata".

In altri termini, ad avviso della Corte costituzionale, gli elementi determinanti

della fonte statale sono:

a) che essa detti una disciplina logicamente pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni;

b) che sia limitata a quanto strettamente indispensabile a tale fine; c) che risulti adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione

dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, che preveda adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali.

Sulla base di questi criteri la Corte ha dunque dichiarato l'infondatezza delle questioni sollevate sulla disciplina statale ritenendo tali elementi presenti nella disciplina del decreto "sblocca centrali". Quanto al primo criterio, l’intervento dell’amministrazione statale sarebbe necessario “in relazione al raggiungimento del fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale”, difettando alle regioni la capacità di valutare il complessivo

Page 167: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

159

fabbisogno nazionale di energia elettrica e di intervenire, in via amministrativa, per assicurarne il soddisfacimento.

Per quanto riguarda il secondo criterio, la normativa contenuta nel DL 7/2002 sarebbe non solo pertinente rispetto alla regolazione delle funzioni amministrative in discorso, ma sarebbe anche strettamente indispensabile allo scopo di sveltire le procedure di autorizzazione necessarie alla costruzione ed al ripotenziamento di impianti di energia elettrica.

Infine, circa l’ultimo elemento della “presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese”, secondo la Corte i due meccanismi di coordinamento previsti dal DL n. 7/2002 rappresentano senza dubbio delle intese idonee a garantire un adeguato livello di partecipazione delle regioni. La legge, infatti, prevede sia che l'elenco degli impianti oggetto dei provvedimenti sia definito previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sia che la singola regione interessata partecipi al procedimento unico, definendo quella che la Corte chiama una "intesa forte".

Page 168: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 169: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

161

Giurisprudenza costituzionale - Sentenza n. 383/2005

La sentenza n. 383 del 2005 della Corte costituzionale conclude il giudizio di legittimità costituzionale originato da due distinti ricorsi promossi dalla Regione Toscana e dalla Provincia autonoma di Trento che hanno impugnato numerosi articoli del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 23981 recante “Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica” e della legge 23 agosto 2004, n. 239 “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”, per violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

La regione Toscana ha impugnato per illegittimità costituzionale, in violazione degli

artt. 117 e 118 Cost. e del principio della leale cooperazione, l'art. 1, commi 1 e 3, e l'art. 1-sexies, commi 1, 2 e 8, del decreto-legge in oggetto.

In particolare l’art. 1, che consente l’autorizzazione all’esercizio di centrali termoelettriche in deroga ai normali valori limite, sia con riferimento alle emissioni in atmosfera che in riferimento agli scarichi termici per centrali termoelettriche di potenza superiore a 300 MW, appare lesivo, secondo la Regione ricorrente, delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite, in quanto l’accentramento in capo allo Stato della competenza al rilascio delle suddette autorizzazioni non appare più compatibile con il nuovo riparto di competenze introdotto dall'art. 117 Cost., che ha attribuito la materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» alla potestà legislativa concorrente.

Per quanto riguarda il ricorso della provincia autonoma di Trento, esso è stato presentato avverso la legge di conversione 27 ottobre 2003, n. 290, che introdurrebbe, ad avviso della ricorrente, talune disposizioni contrastanti sia con gli articoli 95, comma 3, 97, commi 1 e 2 e 117, commi 3 e 6 della Costituzione, sia con alcune disposizioni dello statuto e con i principi di sussidiarietà e di leale cooperazione, anche in relazione a quanto stabilito nella sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 2003.

In relazione a tali ricorsi la Corte costituzionale, con la sentenza n. 383 del 2005, ha affermato il principio del doveroso coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nei processi decisionali di elaborazione e realizzazione delle politiche energetiche, dichiarando la parziale illegittimità - in quanto lesive del principio di leale collaborazione - di alcune norme contenute nei citati provvedimenti82. 81 Convertito, con modificazioni, nella legge 27 ottobre 2003, n. 290. 82 Preliminarmente all’esame delle questioni sollevate dalle regioni ricorrenti, la Corte

costituzionale ha proceduto all’esatta individuazione degli ambiti materiali cui ricondurre le disposizioni impugnate, precisando che sono riconducibili in maggioranza alla materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, di cui al terzo comma dell’articolo 117 Cost. Conseguentemente sono state respinte sia le tesi delle ricorrenti che prospettavano la competenza regionale e provinciale in tema di “governo del territorio”, sia quelle dell’Avvocatura erariale che rivendicava la competenza esclusiva dello Stato in materia, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera h), Cost., in quanto l’efficienza del sistema elettrico nazionale atterrebbe alla sicurezza ed all’ordine pubblico, nonché ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto la continuità dell’erogazione di energia

Page 170: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

162

In particolare, la Corte ha affermato il principio in base al quale la legislazione statale che preveda e disciplini il conferimento delle funzioni amministrative a livello centrale nelle materie affidate alla potestà legislativa regionale può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà. Secondo la Consulta l’organo adeguatamente rappresentativo delle regioni e degli enti locali, a loro volta titolari di funzioni amministrative condizionate o incise dalle politiche del settore energetico, è la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Sulla base di queste considerazioni la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1-ter, comma 2, del decreto-legge n. 239 del 2003 (nel testo risultante dalla conversione in legge) nella parte in cui non dispone che il potere del Ministro delle attività produttive di emanare “gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale” sia esercitato d’intesa con la Conferenza unificata.

E’ stata inoltre dichiarata, sempre alla luce del ragionamento appena esposto, l’illegittimità costituzionale dei seguenti articoli della legge 23 agosto 2004, n. 239:

articolo 1, comma 7, lettera g), relativamente alla parte in cui non si prevede l’intesa con la Conferenza unificata per l’identificazione da parte dello Stato “delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti”;

articolo 1, comma 7, lettera h), nella parte in cui non si prevede l’intesa con la Conferenza unificata con riferimento alla “la programmazione di grandi reti

garantirebbe i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. La Consulta, richiamando quanto già affermato in precedenti pronunce, ha ribadito che la competenza legislativa regionale in materia di “governo del territorio”, quantunque si riferisce ad un ambito oggettivo assai esteso, ben più ampio dei profili tradizionalmente appartenenti all’urbanistica e all’edilizia, non può arrivare a comprendere tutta la disciplina riguardante la programmazione, la progettazione e la realizzazione delle opere o l’esercizio delle attività che, per loro natura, producono un inevitabile impatto sul territorio. La Corte ha, inoltre, chiarito che la materia “ordine pubblico e sicurezza” riguarda solo gli interventi volti alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico e non alla sicurezza tecnica o alla sicurezza dell’approvvigionamento dell’energia elettrica. La Corte ha, infine, precisato che il potere di predeterminare – in base ad apposite disposizioni legislative – i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, anche nelle materie che la Costituzione affida alla competenza legislativa delle regioni, non può trasformarsi nella pretesa da parte dello Stato di disciplinare e gestire direttamente queste materie, escludendo o limitando il ruolo delle regioni. In ogni caso - affermano i giudici - tale titolo di legittimazione può essere invocato solo in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa nazionale definisca il livello essenziale di erogazione, mentre esso non è utilizzabile al fine di individuare il fondamento costituzionale della disciplina, da parte dello Stato, di interi settori materiali.

Page 171: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

163

infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti” da parte dello Stato;

articolo 1, comma 7, lettera i), nella parte in cui non prevede l’intesa con le regioni e le province autonome interessate per “l’individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici” da parte dello;

articolo 1, comma 8, lettera a), punto 3, nella parte in cui non prevede l’intesa con la Conferenza unificata per “l’approvazione degli indirizzi di sviluppo della rete di trasmissione nazionale” da parte dello Stato;

articolo 1, comma 8, lettera a), punto 7, nella parte in cui prevede che “la definizione dei criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell’energia elettrica e per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di generazione di energia elettrica di potenza termica superiore ai 300 MW” da parte dello Stato debba avvenire “sentita la Conferenza unificata”, anziché “previa intesa con la Conferenza unificata”;

articolo 1, comma 8, lettera b), punto 3, nella parte in cui non prevede che “le determinazioni inerenti lo stoccaggio di gas naturale in giacimento” siano assunte dallo Stato d’intesa con le regioni e le province autonome direttamente interessate;

articolo 1, comma 24, lettera a), nella parte in cui, sostituendo il comma 2 dell’articolo 1-ter del decreto-legge n. 239/03, non dispone l’esercizio d’intesa con la Conferenza unificata del potere del Ministro delle attività produttive di emanare “gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale.

Inoltre, la Corte ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 1, comma 4, lettera f), della legge n. 239/04, limitatamente alle parole “con esclusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”. La disposizione in questione, infatti, impone al legislatore regionale il divieto di prendere in considerazione una serie di impianti, infrastrutture ed attività per la produzione energetica, ai fini di valutare il loro impatto sull’ambiente e sul territorio regionale, solo perché alimentati da fonti di energia rinnovabili. La suddetta previsione eccederebbe infatti il potere statale di stabilire - ai sensi del terzo comma dell’articolo 117 Cost.- soltanto i principi fondamentali della materia, determinando una irragionevole compressione della potestà regionale di apprezzamento dell’impatto degli impianti alimentati da fonti rinnovabili sul proprio territorio.

La Corte ha, inoltre, accolto le censure sollevate dalle ricorrenti nei confronti dell’articolo 1, comma 26, della legge n. 239/0483, nella parte in cui prevede che, in caso di mancata intesa con la regione o le regioni interessate entro il termine prescritto per il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione ed esercizio degli elettrodotti, lo Stato eserciti il potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 120 83 Si tratta, in particolare, della parte in cui introduce il nuovo comma 4-bis nell’articolo 1-sexies,

del decreto-legge n. 239/03.

Page 172: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

164

della Costituzione, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione ed autorizzi le opere con DPR, su proposta del Ministro per le attività produttive, previo concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio.

Secondo la Consulta, l’esercizio dei poteri sostitutivi non può essere applicato nei casi in cui, come avviene nella disciplina impugnata, l’ordinamento costituzionale imponga il conseguimento di una necessaria intesa fra organi statali e organi regionali per l’esercizio concreto di una funzione amministrativa attratta in sussidiarietà al livello statale in materie di competenza legislativa regionale. Tali intese – infatti - costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimità costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la “chiamata in sussidiarietà” di una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, e quindi non sono superabili con decisione unilaterale di una delle parti. In questi casi, pertanto, la volontà della Regione interessata non può essere sostituita da una determinazione dello Stato.

Infine la Consulta ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 1, comma 84, della legge n. 239/04, limitatamente alle parole “la mancata sottoscrizione degli accordi non costituisce motivo per la sospensione dei lavori necessari per la messa in produzione dei giacimenti di idrocarburi o per il rinvio dell’inizio della coltivazione”, dal momento che tale previsione restringe illegittimamente la discrezionalità legislativa regionale attraverso una normativa che non può in alcun modo essere qualificata come principio fondamentale, ai sensi dell’articolo 117 Cost., terzo comma.

Page 173: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

165

Sistema elettrico- Proprietà e gestione della rete

Il DPCM 11 maggio 2004

Il decreto-legge 29 agosto 2003, n. 23984, recante disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica, all’art.1-ter ha previsto l’unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica di trasmissione nazionale, demandando ad un DPCM la definizione dei criteri, delle modalità e delle condizioni per la suddetta unificazione, nonché la definizione dei criteri per la gestione del soggetto risultante dalla unificazione stessa, compresa la disciplina dei diritti di voto e la sua successiva privatizzazione.

In attuazione della suddetta disposizione è stato adottato, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive, il DPCM 11 maggio 2004 recante “Criteri, modalità e condizioni per l'unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione”85. Il provvedimento all’art. 1 ha disposto il trasferimento, a titolo oneroso, a TERNA spa - entro il 31 ottobre 2005 - delle attività, delle funzioni, dei beni, dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a GRTN spa (il soggetto istituito ad hoc per la gestione della rete di trasmissione nazionale. ai sensi del decreto di liberalizzazione del sistema elettrico), inclusa la titolarità delle convenzioni da questi stipulate per disciplinare gli interventi di manutenzione e di sviluppo della rete e dei dispositivi di interconnessione con altre reti di cui lo stesso GRTN non sia proprietario86.

In conseguenza di quanto disposto dal citato DPCM, a decorrere dal 1° novembre 2005, il Gestore della rete di trasmissione nazionale87 ha cambiato denominazione sociale diventando Gestore del sistema elettrico - GRTN spa (di seguito: Gestore del sistema elettrico). In capo a detto soggetto, sulla base delle disposizioni dell'art. 1 del decreto, rimangono tra l'altro le funzioni di cui

84 Il DL n. 239/03 “Disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il

recupero di potenza di energia elettrica” è stato conv. con modif. dalla L. 290/03. 85 GU n. 115 del 18 maggio 2004. 86 Il DPCM 11 maggio 2004 cita, in proposito, le convenzioni di cui all'art.3, commi 8, 9 e 10, del

decreto legislativo n. 79/99. Il comma 10 cit. prevede, in particolare, che al GRTN per l’accesso e l’uso della rete di trasmissione nazionale sia dovuto un corrispettivo, determinato indipendentemente dalla localizzazione geografica degli impianti di produzione e dei clienti finali, e comunque sulla base di criteri non discriminatori. La misura del corrispettivo è determinata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

87 La società per azioni GRTN è stata costituita il 27 aprile 1999 in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 3, co. 4, del D.Lgs.79/99, e le sue azioni sono state assegnate dall’Enel spa a titolo gratuito al Ministero del tesoro (ora Ministero dell’economia e finanze). Con DM 17 luglio 2000 è stata attribuita al GRTN la concessione delle attività di trasmissione e di dispacciamento dell’energia elettrica nel territorio nazionale, ai sensi di quanto previsto dall’art.1, comma 1 del D.Lgs.79/99.

Page 174: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

166

all'art. 3, commi 12 e 13, del D.Lgs. n. 79/99 (cessione dei diritti e delle obbligazioni relative all'acquisto di energia elettrica, comunque prodotta da altri operatori nazionali, da parte dell'Enel spa al Gestore della rete di trasmissione nazionale spa; cessione, da parte del Gestore del sistema elettrico spa, dell'energia elettrica ritirata ai sensi del comma 3 dell'art. 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, nonché di quella prodotta da parte delle imprese produttrici-distributrici ai sensi del titolo IV, lettera b) del provvedimento CIP n. 6/92, ceduta al Gestore medesimo previa definizione di specifiche convenzioni autorizzate dal Ministro dell'industria, ora delle attività produttive.

Con l’acquisizione, nel mese di novembre 2005, del ramo di azienda del GRTN, TERNA - Rete Elettrica Nazionale spa – ha assunto la responsabilità in Italia della trasmissione e del dispacciamento dell’energia elettrica sulla rete ad alta e altissima tensione su tutto il territorio nazionale88.

Ai sensi del DPCM risultano esclusi dal conferimento:

i beni ed i rapporti giuridici e il personale relativo alle funzioni, previste all’art. 3, commi 12 e 13 e all’art.11 comma 3 del D.Lgs.79/99, nonché le attività correlate previste dal D.Lgs. 387/2003, consistenti nell’acquisto da parte del GRTN, in virtù del subentro nei relativi diritti e obbligazioni prima facenti capo all’ENEL, dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e venduta a prezzi “incentivati”;

le partecipazioni detenute dal GRTN nelle società GME spa e Acquirente Unico spa;

gli eventuali oneri (ed i relativi stanziamenti a copertura) di carattere risarcitorio e sanzionatorio per le attività poste in essere dal GRTN fino alla data di efficacia del trasferimento disposto dal provvedimento in esame.

Come anticipato, dalla data di efficacia del trasferimento, TERNA spa ha assunto la titolarità e le funzioni di gestore della rete di trasmissione di cui all’articolo 3, commi 1 e 2 del D.Lgs.79/99, che consistono, in sintesi: nell'obbligo di connettere alla rete di trasmissione nazionale tutti i soggetti che ne facciano richiesta; nella gestione dei flussi di energia, dei relativi dispositivi di interconnessione e dei servizi ausiliari necessari; nell'adempimento di ogni altro obbligo volto ad assicurare la sicurezza, l'affidabilità, l'efficienza e il minor costo del servizio e degli approvvigionamenti; nella gestione della rete, di cui può essere proprietario, senza discriminazione di utenti o categorie di utenti; nella

88 La società è stata costituita il 31 maggio 1999, in ottemperanza a quanto previsto dall’art.13,

comma 2, lett.d) del D.Lgs. n.79/99 di liberalizzazione del settore elettrico, per l’esercizio dei diritti di proprietà della rete di trasmissione comprensiva delle linee di trasporto e delle stazioni di trasformazione dell’energia elettrica. L’attuale assetto di TERNA è il risultato è una società per azioni quotata in Borsa. Il collocamento delle azioni è avvenuto nel giugno 2004. Attualmente l’azionista di maggioranza relativa è la Cassa depositi e prestiti, che detiene il 29.99% del pacchetto azionario.

Page 175: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

167

deliberazione degli interventi di manutenzione e di sviluppo della rete, a proprio carico, se proprietario della rete, o a carico della società proprietarie, in modo da assicurare la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti, nonché nello sviluppo della rete medesima nel rispetto degli indirizzi del Ministro delle attività produttive.

Di rilievo la previsione contenuta nel citato DPCM riguardante la predisposizioni da parte del GRTN S.p.A. - entro il 31 dicembre 2004 – di un documento integrato denominato “Codice di trasmissione, dispacciamento, sviluppo e sicurezza della rete” (Codice di Rete) contenente le regole tecniche di carattere obiettivo e non discriminatorio per l’accesso e l’uso della rete, per l’interoperabilità delle reti e per l’erogazione del servizio di dispacciamento, nonché i criteri generali per lo sviluppo e la difesa della sicurezza della rete elettrica nazionale e per gli interventi di manutenzione. Con l’adozione del Codice di rete, l’Italia si uniforma alla maggior parte dei Paesi europei che stanno adottando tale strumento il cui apporto, in termini di semplificazione e razionalizzazione della complessa regolamentazione dei sistemi elettrici, risulta considerevole.

L’approvazione del Codice è stata demandata al Ministero delle Attività Produttive e all’Autorità per l’energia elettrica e il gas (per quanto di rispettiva competenza) che vi provvederanno previa verifica della conformità alle condizioni e direttive da essi emanate. In caso di mancata pronuncia da parte di Ministero e Autorità entro 90 giorni dal ricevimento del Codice, questo si intenderà comunque approvato89.

Il DPCM contiene, altresì, precise disposizioni in merito all’istituzione di un organo tecnico, il Comitato di consultazione, al quale saranno attribuite funzioni di natura consultiva e propositiva, principalmente in sede di aggiornamento del Codice e delle disposizioni ivi contenute. Il Comitato potrà inoltre esprimere - anche su richiesta del concessionario della rete - pareri non vincolanti sui criteri generali per lo sviluppo della rete, delle interconnessioni, in tema di difesa della sicurezza della rete, nonché sui criteri generali di classificazione delle informazioni sensibili e dell’accesso alle stesse. Il Comitato sarà costituito al massimo da sette soggetti e opererà quale organo rappresentativo degli utenti della rete.

Al fine di migliorare la sicurezza e l’efficienza del funzionamento della rete elettrica nazionale di trasmissione il DPCM, all’art. 2, ha previsto che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) valuti e, se del caso, disponga l’adozione di 89 Con deliberazione n. 250/04, l’AEEG ha emanato direttive al GRTN per l’adozione del Codice di

rete che è stato predisposto dal Gestore della rete di trasmissione nazionale spa e trasmesso - in data 31 gennaio 2005 – alla stessa AEEG e al MAP per la verifica di conformità. Il Codice è stato positivamente verificato sia dall’Autorità (delibera n. 79/05) sia dal Ministero delle Attività produttive. Anche l’aggiornamento del Codice è stato verificato positivamente con la delibera 46/06. Il codice si applica dal 1° novembre 2005, data di efficacia del trasferimento del ramo d’azienda del GRTN spa a TERNA spa trova applicazione.

Page 176: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

168

meccanismi - anche di natura tariffaria – volti a promuovere la completa unificazione della rete elettrica nazionale di trasmissione.

L’AEEG, che ha costituito un apposito nucleo denominato “Unificazione proprietà e gestione della trasmissione” (nucleo UPGT) e ha predisposto un documento di consultazione recante i suoi orientamenti in materia di meccanismi per l’incentivazione all’aggregazione della proprietà della rete di trasmissione nazionale, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di propria competenza sulla base del DPCM, con la delibera n. 290/05 del 28 dicembre 2005, ha avviato il procedimento per la formazione di provvedimenti aventi ad oggetto la quantificazione per l’anno 2006 dei corrispettivi per il funzionamento della società TERNA – Rete elettrica nazionale spa in assetto di unificazione di proprietà e gestione della rete di trasmissione nazionale, nonché per il funzionamento della società Gestore del sistema elettrico – GRTN spa.

I criteri di gestione del nuovo soggetto risultante dall’unificazione - chiamato ad operare secondo i principi di imparzialità e neutralità, senza discriminazioni tra gli utenti - sono stati fissati dall’articolo 3 del DPCM che ha previsto, tra l’altro, alcune modifiche allo statuto di TERNA, tra le quali si segnala la nomina del c.d.a. tramite voto di lista, con un limite al diritto di voto per detta nomina al 5% del capitale sociale di TERNA per tutti i soggetti operanti nel settore della produzione, importazione, distribuzione, vendita e trasmissione dell’energia elettrica, Enel compreso. Lo stesso limite del 5% è previsto per il possesso di azioni della nuova società in capo a tutti gli azionisti, ENEL incluso.

Con riferimento ai meccanismi di privatizzazione del soggetto risultante dalla unificazione, che dovrà assicurare i due obiettivi «dell’azionariato diffuso» e della «stabilità dell’assetto proprietario», l’articolo 4 ha previsto la riduzione da parte dell’ENEL (entro il 1° luglio 2007) della propria partecipazione nel capitale di TERNA o del soggetto risultante dall’unificazione, ad una quota non eccedente il 20%, (come previsto dall’art. 1-ter, co. 4, del citato DL 239/03), in modo da consentire un graduale ingresso nella proprietà della rete a nuovi concorrenti. La riduzione progressiva delle quote potrà avvenire sia mediante l’assegnazione da parte di ENEL a favore dei propri azionisti delle azioni di TERNA, sia mediante trattativa diretta con i potenziali acquirenti.

Page 177: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

169

Sicurezza degli approvvigionamenti - Misure urgenti per il gas

Il decreto-legge n. 19 del 25 gennaio 2006

Il perdurare nel 2006 delle condizioni di emergenza determinatesi nel settore del gas naturale che hanno causato uno svuotamento anticipato degli stoccaggi sotterranei tale da poter mettere a repentaglio la continuità e la sicurezza delle forniture per le famiglie e le imprese, ha indotto il Governo ad adottare in via d'urgenza il decreto-legge 25 gennaio 2006, n. 1990, recante disposizioni volte a fronteggiare tale emergenza imputabile alla contestuale concorrenza di 3 diversi fattori, di natura strutturale e congiunturale: condizioni climatiche avverse con temperature invernali costantemente al di

sopra dei livelli medi nell’intero territorio nazionale ed a livello europeo; forte crescita dei consumi di gas nel settore termoelettrico, sia per

l’aumento del numero di impianti alimentati a gas, sia per la forte domanda stagionale di energia elettrica, nonché per un fenomeno di parziale esportazione in conseguenza dei prezzi inferiori della borsa italiana rispetto al mercato europeo;

riduzioni degli approvvigionamenti di gas dalla Russia, dovute sia alla recente crisi con l’Ucraina, sia alle riduzioni per i maggiori consumi in Russia originati dalle rigide condizioni climatiche.

Antecedentemente all’adozione del decreto-legge il Governo, considerato l'andamento dei consumi e le restrizioni all'offerta di gas, a partire dal mese di dicembre 2005 ha posto in essere, nell'ambito del Comitato tecnico di emergenza e monitoraggio del sistema del gas91, una serie di misure volte a fronteggiare l'emergenza.

In particolare, sulla base delle nuove disposizioni della procedura di emergenza per il sistema del gas naturale, approvata con DM 12 dicembre 200592, è stata prevista l'attivazione, nell’ordine, delle seguenti misure: obbligo per le imprese importatrici di gas

90 Il DL recante “Misure urgenti per garantire l'approvvigionamento di gas naturale” è stato

convertito in legge dall'art. 1, L 8 marzo 2006, n. 108 (GU 21 marzo 2006, n. 67). 91 Istituito, dal 2001, nell’ambito del Ministero delle attività produttive con decreto 26 settembre

2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 9 ottobre 2001. 92 La procedura è stata approvata con decreto del Ministro delle attività produttive 12 dicembre

2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 22 dicembre 2005. Tra le misure adottate si ricordano, ad esempio, l'obbligo per le imprese che importano gas di rendere massime le importazioni dall’estero, utilizzando appieno le capacità di trasporto loro assegnate in funzione dei contratti di importazione; la sospensione della fornitura di gas ai clienti che hanno stipulato contratto «interrompibili», a fronte di un prezzo e di una tariffa di trasporto scontati; l'istituzione di un apposito fondo per incentivare ulteriori offerte di interrompibilità della domanda, nonché le misure adottate con decreto del MAP del 25 gennaio 2006 per ridurre di un grado la temperatura di condizionamento degli ambienti e limitare di un'ora i tempi di riscaldamento, fatta eccezione per alcune categorie di edifici.

Page 178: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

170

di massimizzare le importazioni dall’estero; sospensione della fornitura di gas ai clienti che hanno stipulato un contratto di tipo «interrompibile» a fronte di un prezzo e di una tariffa di trasporto scontati; attivazione, dalla stessa data, delle centrali elettriche e degli impianti industriali cosiddetti dual-fuel, ossia che hanno la possibilità di utilizzare combustibili alternativi al gas.

Su atto di indirizzo del Ministero delle attività produttive, con delibera 29 dicembre 2005, n. 297, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha inoltre istituito un fondo, a valere sulle tariffe di trasporto del gas, per incentivare ulteriori offerte di interrompibilità della domanda; in data 20 gennaio 2006, con decreto del Ministro delle attività produttive, è stato quindi istituito il servizio di offerta di interrompibilità da parte del settore industriale, remunerato con tale fondo; l’attuazione del servizio è stata demandata all’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Da ultimo, pressoché contestualmente all'adozione del decreto legge n. 19/06, il Ministro delle attività produttive ha emanato in data 25 gennaio 2006 un decreto finalizzato al contenimento dei consumi di gas naturale nel settore civile, contenente norme – efficaci solo nel periodo dal 1° febbraio 2006 al 28 febbraio 2006 - sulla temperatura dell’aria nelle singole unità immobiliari e sulla durata massima giornaliera di attivazione degli impianti termici destinati alla climatizzazione invernale, di cui al DPR n. 412/199393.

Le suddette misure, adottate a salvaguardia della continuità delle forniture di gas naturale e di energia elettrica alle famiglie e alle imprese, sono risultate insufficienti a garantire l’affidabilità e la sicurezza di funzionamento del sistema nazionale del gas naturale per i mesi successivi. Di qui la straordinaria necessità ed urgenza di adottare più incisive disposizioni per fare fronte all’emergenza e garantire, per un periodo transitorio, la sicurezza di funzionamento del sistema del gas naturale e delle forniture riducendo la quota dell’offerta nazionale di gas naturale attualmente destinata alla produzione di energia elettrica

Con il decreto-legge n. 19/06 – composto di quattro articoli – sono state,

pertanto, introdotte disposizioni dirette a massimizzare il risparmio di gas nel settore termoelettrico.

Più in dettaglio, con l'articolo 1, è stato disposto:

il riavvio immediato – per il solo tempo necessario e comunque non oltre il 31 marzo 2006 – degli impianti di produzione di energia elettrica alimentabili ad olio combustibile, di potenza termica superiore ai 300MW, al momento non in esercizio per vincoli autorizzativi, fatta salva la possibilità per le amministrazioni di imporre prescrizioni integrative sulle relative modalità di esercizio;

la possibilità per il Ministro delle attività produttive (di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e della salute) di autorizzare con decreto una deroga temporanea dal rispetto dei valori limite di emissione in

93 Regolamento recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione

degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell'art. 4, comma 4, della L. 9 gennaio 1991, n. 10.

Page 179: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

171

atmosfera per gli impianti di potenza termica nominale superiore a 300MW utilizzanti olio combustibile senza zolfo o a basso tenore di zolfo, al fine di consentire la loro massima flessibilità di esercizio in caso di eventuali carenze di olio combustibile a bassissimo tenore di zolfo (STZ), utilizzando olio a basso tenore di zolfo (BTZ) e, come si legge nella relazione di accompagnamento, "in casi estremi” olio ad alto tenore di zolfo (ATZ)";

l'obbligo per la società TERNA Spa94, di effettuare il dispacciamento prioritario di tutti gli impianti che utilizzano olio combustibile, assimilandoli alle unità essenziali per la sicurezza del sistema elettrico95 e inserendoli in un apposito programma di utilizzo, inviato settimanalmente ai Ministri competenti;

la definizione, da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) - fermo restando un dispacciamento prioritario anche per gli impianti che usano fonti di energia rinnovabili - dei corrispettivi per gli impianti alimentati ad olio combustibile a reintegrazione dei maggiori costi di generazione sostenuti, quali oneri generali per la sicurezza del sistema del gas naturali, che includono anche gli oneri per compensazioni ambientali di cui al successivo comma 7;

la possibilità per il Ministro delle attività produttive di autorizzare, in conseguenza del maggior uso previsto di olio combustibile STZ e BTZ, la riduzione temporanea delle scorte di olio combustibile obbligatorie;

la definizione, da parte del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, degli interventi compensativi sul piano ambientale delle maggiori emissioni derivanti dall’esercizio temporaneo delle centrali ad olio combustibile, entro il valore limite di 2 centesimi di euro/kWh prodotto dagli impianti (comma 7). Il riavvio temporaneo delle centrali elettriche è stato previsto al fine di ridurre i

consumi di gas nel settore termoelettrico e a garantire la sicurezza delle forniture di elettricità per le famiglie e per le imprese, nel rispetto dei limiti di emissioni in atmosfera fissati dalla normativa vigente96.

94 Terna - Rete Elettrica Nazionale spa, è la società responsabile in Italia della trasmissione e

del dispacciamento dell’energia elettrica sulla rete ad alta e altissima tensione su tutto il territorio nazionale. Terna è stata costituita il 31 maggio 1999, in ottemperanza a quanto previsto dall’art.13, comma 2, lett.d) del D.Lgs. n.79/99 di liberalizzazione del settore elettrico, per l’esercizio dei diritti di proprietà della rete di trasmissione comprensiva delle linee di trasporto e delle stazioni di trasformazione dell’energia elettrica. L’attuale assetto della società è il risultato dell’acquisizione nel mese di novembre 2005 del ramo di azienda del GRTN (il soggetto istituito ad hoc per la gestione della rete di trasmissione nazionale ai sensi del citato decreto di liberalizzazione del sistema elettrico), come previsto dal DPCM 11 maggio 2004.

95 Si ricorda che le unità essenziali per la sicurezza del sistema elettrico, sono definite nella delibera AEEG n. 168/03 ed all’interno delle Regole per il dispacciamento del gestore della rete; esse sono unità di produzione rilevanti (cioè di potenza non inferiore a 10 MVA) indispensabili al fine di perseguire la gestione in sicurezza del sistema elettrico nazionale e la qualità del servizio di dispacciamento, anche per periodi limitati dell’anno. Un’unità di produzione resta essenziale fino a quando adeguamento e sviluppo della rete non rimuovano le cause che vincolano la sua presenza in servizio.

96 Il 27 gennaio 2006 sono stati approvati i primi decreti interministeriali recanti le deroghe ambientali e la modifica temporanea delle condizioni di esercizio per le centrali termoelettriche

Page 180: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

172

Quanto al dispacciamento prioritario degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati ad olio combustibile e di quelli alimentati da fonti rinnovabili (definiti dal D.Lgs. 387/03, art. 297) affidato a Terna, è stato previsto per assicurare una effettiva riduzione della domanda di gas naturale, nonché, secondo il tenore della norma, per "consentire il raggiungimento degli obiettivi internazionali derivanti dal Protocollo di Kyoto in tema di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili" (v. scheda L’attuazione del protocollo di Kyoto, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente).

Con il decreto-legge in esame al Ministro delle attività produttive è stata

riconosciuta la facoltà di stabilire con proprio decreto (sentiti il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e l’Autorità per l’energia elettrica e il gas), corrispettivi addizionali sui prelievi dalle reti di trasporto e di distribuzione di gas naturale, nonché dal sistema degli stoccaggi, che sono posti a carico dei produttori di energia elettrica al fine di disincentivare il consumo di gas per la produzione elettrica, in caso di perdurare della crisi. L’ammontare del corrispettivo è stato destinato al “Fondo per la promozione dell’interrompibilità del sistema gas”, istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico98 per incentivare l’offerta di interrompibilità della domanda aggiuntiva rispetto a quella derivante dall’attivazione di contratti di fornitura di tipo interrompibile prevista dalla fase 2 della procedura di emergenza climatica di cui al decreto MAP del 12 dicembre 2005.

Si ricorda che, anche in considerazione dell’avvio delle fasi 2 e 3 previste dalla procedura di emergenza e ratificato dal Comitato tecnico di monitoraggio e di emergenza99, che ha segnalato l’opportunità di attivare ulteriori misure di contenimento

che potranno utilizzare olio combustibile per fare fronte all’emergenza gas. Si tratta, segnatamente, degli impianti di: Piombino (LI), Livorno, Montalto di Castro (VT), Rossano Calabro (CS), Cavriglia (AR) e Termini Imerese (PA), tutti di Enel Produzione Spa, nonché degli impianti di Torrevaldaliga sud (RM) di Tirreno Power Spa, Ostiglia (MN), Monfalcone (GO) e Tavazzano (LO) di Endesa Italia Spa, e di Turbigo (MI) e Sermide (MN), entrambi di Edipower S.p.A. I decreti, adottati di concerto con il Ministero dell'ambiente e quello della salute, hanno previsto valori limite di emissione per ossidi di zolfo, NOx, monossido di carbonio e polveri. I produttori devono comunicare le quantità di olio combustibile approvvigionato assieme alle modalità di esercizio.

97 Ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs 387/03 recante “definizioni”, sono fonti energetiche rinnovabili, le fonti rinnovabili non fossili, eolica, solare geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, i gas di discarica i gas residuati dai processi di depurazione e biogas, le biomasse, qualificando altresì queste ultime come la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani. L’art. 2 definisce, altresì gli impianti alimentati da fonti rinnovabili distinguendo tra quelli programmabili (alimentati dalle biomasse e dalla fonte idraulica, ad esclusione, degli impianti ad acqua fluente, nonché gli impianti ibridi) e quelli non programmabili o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta (alimentati dalle fonti rinnovabili che non rientrano tra le precedenti).Gli impianti ibridi sono, invece quelli che producono energia usando sia fonti rinnovabili, che fonti non rinnovabili.

98 Il “Fondo per la promozione dell’interrompibilità del sistema gas” è stato istituito con delibera dell’AEEG n. 297/05.

99 Il Comitato è stato istituito con il decreto del Ministro dell’industria (ora delle attività produttive) del 26 settembre 2001 allo scopo di formulare proposte e individuare strumenti di intervento in

Page 181: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

173

della domanda, il Ministero delle attività produttive con il decreto 20 gennaio 2006 ha previsto l’istituzione di un meccanismo di incentivazione dell’offerta di interrompibilità volontaria aggiuntiva, destinato ai consumatori industriali, sulla base di procedure stabilite dall’AEEG e applicate dall’impresa maggiore di trasporto (Snam Rete Gas)100. Come periodo complessivo di possibile attivazione dell’offerta il DM ha fissato quello compreso tra il 30 gennaio e il 24 marzo del 2006, mentre la durata dell’attivazione è prevista fino a tre periodi di cinque giorni feriali all’interno del periodo complessivo di attivazione.

La portata temporale delle misure recate dal decreto-legge - non determinante

maggiori oneri a carico della finanza pubblica – è stata delimitata al 31 marzo 2006.

Il DM 12 dicembre 2005

Con il decreto 12 dicembre 2005 il Ministero delle attività produttive ha provveduto ad aggiornare la procedura di emergenza climatica a norma degli artt. 8, comma 7, e 28, c. 2 e 3, del D.Lgs. n. 164 del 2000101.

Il decreto, che consta di cinque articoli, definisce ruoli e compiti dei soggetti, individuati nella procedura di emergenza, che sono tenuti a contribuire all'obiettivo della sicurezza del sistema nazionale del gas naturale - secondo i rispettivi ruoli, le modalità ed i tempi previsti nella procedura stessa - facendo riferimento al Comitato tecnico di emergenza e all’Impresa maggiore di trasporto

situazioni di emergenza, nonché di provvedere al monitoraggio del funzionamento del sistema nazionale del gas naturale. Il comitato è presieduto dal direttore generale della Direzione generale per l’energia e per le risorse minerarie del MAP ed è composto da un dirigente della stessa Direzione generale, da un rappresentante dell’AEEG e da un rappresentante di ogni impresa di trasporto, stoccaggio operante sul territorio nazionale.

100 In attuazione di quanto stabilito dal DM cit., l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha provveduto, con la delibera n. 10/06, all’attivazione di un sistema “transitorio” di interrompibilità delle forniture di gas, definendo procedure concorsuali alle quali potranno accedere volontariamente gli operatori industriali disponibili ad interrompere i loro prelievi di gas in cambio del riconoscimento di un corrispettivo economico. Si ricorda, altresì, che per finanziarie il suddetto corrispettivo l’AEEG aveva già provveduto all’istituzione del fondo presso la Cassa conguaglio di cui al comma 2 dell’art. 2 in esame, già alimentato attraverso la tariffa di trasporto. Oltre alle disposizioni attuative della procedura concorsuale da far svolgere a Snam Rete Gas, la delibera dell’Autorità n. 10/06 prevede: obblighi a carico dell’impresa di trasporto di verificare l’effettiva riduzione dei consumi da parte del cliente, impegnatosi alla interruzione; penali per disincentivare eventuali comportamenti opportunistici e per assicurare la massima efficacia e affidabilità del risultato atteso.

101 Ai sensi dell’art. 8, comma 7, spetta, infatti, al Ministro delle attività produttive stabilire, con proprio decreto, regole per il dispacciamento in condizioni di emergenza e definire gli obblighi di sicurezza del sistema nazionale del gas. A norma dell’art. 28, per quanto riguarda l’adozione di indirizzi per continuità, sicurezza, approvvigionamenti, il MAP è tenuto a provvedere alla sicurezza, all’economicità e alla programmazione a lungo termine del sistema nazionale del gas, anche mediante specifici indirizzi volti a salvaguardare la continuità e la sicurezza degli approvvigionamenti, il funzionamento coordinato del sistema degli stoccaggi, ed a ridurre la vulnerabilità del sistema nazionale del gas. Inoltre, in caso di crisi del mercato energetico o di gravi rischi per la sicurezza della collettività allo stesso Ministero è consentita l’adozione delle necessarie misure temporanee di salvaguardia.

Page 182: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

174

(Snam), così come definita dalla deliberazione AEEG del 30 maggio 2001, n. 120/01102, nei casi indicati dalla procedura stessa.

Il decreto definisce, altresì, le responsabilità dei soggetti coinvolti (art. 3), prevedendo sanzioni (art. 5) in caso di inosservanza della Procedura, fino al ritiro da parte del MAP, nei casi più gravi, di qualsiasi concessione, autorizzazione, nulla osta comunque denominati, rilasciati alle imprese del sistema del gas ed ai soggetti individuati nella Procedura stessa.

A conclusione dell’emergenza i soggetti coinvolti sono tenuti ad elaborare un rapporto riepilogativo delle azioni svolte e delle eventuali difficoltà da inviare al MAP che, a sua volta, lo sottoporrà al Comitato tecnico cit.

Per quanto riguarda più in dettaglio i compiti assegnati, l’articolo 2 prevede quanto segue: le imprese di trasporto e di stoccaggio sono responsabili degli interventi di

monitoraggio e di quelli direttamente operativi loro assegnati dalla Procedura. Le imprese di trasporto assicurano il bilanciamento fisico della rete di trasporto rendendo accessibili le capacità di trasporto disponibili per fronteggiare le situazioni di emergenza;

gli utenti103 devono rendere disponibile nei punti di entrata della rete nazionale dei gasdotti i volumi di gas necessari in funzione dei prelievi ai punti di riconsegna.

i produttori di energia elettrica mediante impianti a gas naturale forniscono al Comitato e all’Impresa maggiore di trasporto, tramite TERNA spa, i dati e le informazioni previsti nella procedura per consentire una gestione razionale e tempestiva delle risorse disponibili. Quanto alle responsabilità, l’articolo 3 esclude penali o risarcimento agli utenti

- sia per inadempienze contrattuali connesse all’emergenza, sia per danni subiti dagli stessi in conseguenza di tali inadempienze – per le imprese di trasporto e di stoccaggio che abbiano operato nel rispetto della procedura di emergenza. A carico delle suddette imprese è, tuttavia, previsto l’obbligo di invio al MAP, all’AEEG e agli utenti interessati di una documentazione riepilogativa delle operazioni effettuate, entro trenta giorni dal termine dell’emergenza.

Lo stesso articolo stabilisce che la richiesta agli utenti, da parte di Snam, di massimizzare le immissioni di gas in rete agendo sulle rispettive fonti di approvvigionamento, determina - in relazione a quanto stabilito dall’art. 17, co. 6,

102 Ai sensi dell’art. 1, punto1.1, lett. I) della citata delibera 120/01 per impresa maggiore di

trasporto si intende ’impresa che, avendo la disponibilità della rete nazionale di gasdotti, svolge l’attività di trasporto sulla maggior parte della medesima. Attualmente si tratta di Snam Rete Gas spa.

103 Sono definiti utenti, ai sensi della procedura di emergenza, gli utilizzatori della rete di trasporto gas che acquistano capacità di trasporto per uso proprio o per cederlo ad altri.

Page 183: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

175

della delibera AEEG n. 137/02 - la sospensione dei corrispettivi (di cui all’art. 17, c. 5, della stessa delibera) dovuti alle imprese di trasporto104.

Infine, il comma 5 stabilisce che, ai fini del riconoscimento e del recupero di eventuali danni subiti dagli utenti del sistema nazionale del gas in relazione alla situazione di emergenza climatica resta ferma la responsabilità civile: degli utenti che non abbiano fornito alla Snam, nei tempi stabiliti, le

informazioni relative alla massimizzazione delle fonti di approvvigionamento e copia della comunicazione ai propri clienti dell’attivazione della procedura di interruzione;

dei soggetti che abbiano fornito alla Snam – per la gestione della procedura - informazioni non veritiere o incomplete e che non abbiano fornito o aggiornato le informazioni previste dalla procedura di emergenza climatica;

dei titolari degli impianti individuati come interrompibili che non evadano la richiesta di interruzione.

Procedura di emergenza climatica

In via generale la Procedura di emergenza climatica, riportata in allegato al citato decreto 12 dicembre 2005 di cui costituisce parte integrante, definisce la sequenza logico-temporale - articolata in cinque fasi - degli interventi atti a fronteggiare situazioni d'emergenza in dipendenza di condizioni climatiche sfavorevoli e individua, altresì, le imprese del gas naturale e gli operatori del settore e dell'energia elettrica responsabili della sua attuazione.

Le disposizioni di carattere generale introdotte dalla Procedura prevedono:

l’affidamento della gestione della procedura, a Snam, quale impresa maggiore di trasporto, cui spetta avviare le azioni in conformità alla procedura;

lo scambio di informazioni tra soggetti coinvolti; la definizione di obblighi di informazione a carico degli utenti; la definizione del ruolo delle imprese di stoccaggio; la definizione di obblighi a carico dei produttori di energia elettrica nei confronti

della società Terna spa.

La fase 1 concerne gli interventi finalizzati all’incremento delle disponibilità di gas in rete, qualora siano constatate le condizioni di criticità descritte ai punti 8 e 9 della procedura e relativi alla fase di sorveglianza: l’impresa maggiore di trasporto - corrispondente alla data di approvazione

della procedura alla società Snam Rete Gas spa - richiede agli utenti - tramite

104 Tali corrispettivi, posti carico degli utilizzatori della rete che immettono o prelevano quantità

diverse di gas rispetto alle capacità di trasporto prenotate, non trovano applicazione nel caso di disposizioni per il dispacciamento e per la definizione degli obblighi di sicurezza, adottate dal Ministero ai sensi dell’art. 8, comma 7 del D.Lgs. 164/2000 in condizioni di emergenza e definiti gli obblighi di sicurezza.

Page 184: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

176

il responsabile da essi designato - di massimizzare la disponibilità di gas in rete agendo sulle rispettive fonti di approvvigionamento;

gli utenti tengono costantemente aggiornata l’impresa, di cui sopra, sul livello di massimizzazione raggiunto;

l’impresa maggiore di trasporto svolge attività di verifica in merito al grado di massimizzazione delle fonti e per singolo utente.

Qualora il confronto tra le previsioni di fabbisogno e la disponibilità di gas confermi la permanenza del deficit di copertura del fabbisogno, l’impresa maggiore di trasporto avvia la fase 2, informandone la Direzione generale per l’energia e le risorse minerarie del Map e il Comitato tecnico di emergenza.

La fase 2 concerne gli interventi volti alla riduzione dei consumi di gas con riferimento al settore dell’interrompibilità contrattuale.

In particolare, l’impresa maggiore di trasporto richiede agli utenti - tramite il responsabile da essi designato - di attivare l’interruzione delle forniture di gas ai clienti finali con contratto di fornitura interrompibile105, con preavviso.

Durante questa fase la richiesta di interruzione potrà essere effettuata al massimo per tre interventi per complessivi 15 giorni solari. Una copia della comunicazione ai clienti finali dovrà essere inviata all’impresa maggiore di trasporto e alle imprese di trasporto sulla cui rete è allacciato il cliente finale oggetto dell’interruzione, entro le dodici ore successive.

Trascorso tale lasso di tempo l’impresa maggiore di trasporto provvederà ad inviare direttamente una propria comunicazione a tutti i clienti finali interessati che avrà l’efficacia formale di quelle inviate dagli utenti.

Qualora la suddetta impresa accerti il perdurare di una situazione di mancata copertura del fabbisogno, avvia la fase 3.

La fase 3 riguarda gli interventi di riduzione dei consumi di gas dei clienti con impianti dual-fuel individuati dall’impresa maggiore di trasporto sulla base degli elementi ad essa forniti dagli utenti dalla società Terna e sulla base della quota di domanda da interrompere.

Gli interventi di interruzione sono avviati, in via prioritaria, sugli impianti di produzione di energia elettrica dual fuel che utilizzano gas, e in secondo luogo su tutti gli altri impianti industriali.

105 Si definiscono “Contratti con clausole di interrompibilità” gli atti negoziali direttamente concordati

tra fornitori e utenti industriali. Tali contratti sono caratterizzati da una clausola di interrompibilità della fornitura che riconosce ai fornitori, a fronte di uno sconto in tariffa, la facoltà di richiedere e ottenere la riduzione dei prelievi entro i limiti contrattualmente concordati in modo da fronteggiare eventuali situazioni di emergenza sulla rete attraverso una riduzione dei carichi di rete. L’interrompibilità viene prevista generalmente nel periodo invernale per un certo numero di settimane, su preavviso.

Page 185: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

177

L’impresa maggiore di trasporto invierà, con preavviso, comunicazione agli utenti per l’attivazione dell’interruzione della fornitura di gas ai propri clienti con impianti industriali dual fuel.

Esaurite le azioni relative alla fase 3 l’impresa maggiore di trasporto, valuta la persistenza o meno della situazione di mancanza di copertura della domanda allo scopo di avviare la fase 4.

La fase 4 prevede ulteriori interventi per ridurre i consumi di gas dei clienti con impianti dual fuel.

Il perdurare di una situazione di deficit nella disponibilità di gas accertato dall’impresa maggiore viene, da questa, comunicata alla Direzione generale per l’energia e le risorse minerarie del MAP, al Comitato tecnico di emergenza, all’AEEG e a TERNA spa.

Ricevuta la comunicazione la Direzione cit. attiva la struttura permanente per l’emergenza energetica, istituita con DM 14 aprile 1997 e successivamente rinnovata con i decreti 23 dicembre 2002 e 20 marzo 2003, ed informa il Ministro delle attività produttive per proporre l’emanazione di disposizioni di emergenza, quali la sospensione temporanea dei limiti ambientali relativi all’uso di combustibili alternativi al gas nelle centrali dual fuel.

Sono fatte salve le disposizioni di cui al DL 239/03, art. 1, rubricato “Modifiche temporanee delle condizioni di esercizio delle centrali termoelettriche” che, al comma 1, consente l’autorizzazione all'esercizio temporaneo di singole centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 300 MW anche in deroga ai limiti di emissioni in atmosfera e di qualità dell'aria fissati nei provvedimenti di autorizzazione, allo scopo di garantire la sicurezza di funzionamento del sistema elettrico nazionale.

Successivamente all’adozione delle suddette disposizioni l’impresa maggiore, d’intesa con Terna, che si coordina con i produttori di energia elettrica, stabilisce, per ogni centrale dual fuel, la quantità di gas da risparmiare.

Fase 5. In questa fase, accertata nuovamente la persistenza della situazione di crisi, si provvede all’adozione di ulteriori interventi di riduzione dei consumi di gas, quali, ad esempio la definizione di nuove soglie di temperatura e/o di orari per il riscaldamento gas, la riduzione o la sospensione della fornitura di gas ai clienti con contratto di fornitura con clausola di interrompibilità.

Page 186: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 187: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

179

Fonti rinnovabili - Il decreto legislativo n. 387/2003

La promozione delle energie rinnovabili costituisce da tempo uno degli obiettivi principali della politica dell’Unione europea nel settore energetico delineati in una comunicazione (COM(2004)366), adottata dalla Commissione il 26 maggio 2004, in vista della Conferenza di Bonn sulle energie rinnovabili (1-4 giugno 2004)106, che si sostanziano nel conseguimento dell'obiettivo del 22% entro il 2010, fissato a livello nazionale in materia di consumo di elettricità prodotta da energie rinnovabili, e del 12% per la quota delle energie rinnovabili nel consumo globale di energia dell'UE.

Il primo passo in questa direzione è stato compiuto con l’adozione del Libro verde107 “Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili”, nel quale sono state individuate le misure prioritarie al fine di raddoppiare la quota delle energie rinnovabili nel consumo interno lordo di energia dell’UE, portandola dal 6 al 12% nel 2010. Facendo seguito al Libro verde, nel 1997 la Commissione ha adottato un Libro bianco (COM(1997)599)108 nel quale è stato definito un piano di azione volto a rafforzare la presenza delle energie rinnovabili nelle diverse politiche dell’Unione al fine di ridurre le emissioni di CO2, garantire una migliore competitività, aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento, ridurre la dipendenza dalle importazioni e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro. Per conseguire tale obiettivo è previsto un investimento pari a 95 miliardi di ECU per il periodo 1997-2010.

106 L’organizzazione di questa Conferenza si iscrive nell’ambito degli accordi conclusi in occasione

del Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg (2002) al fine di aumentare la quota delle energie rinnovabili. La seconda Conferenza internazionale sulle energie rinnovabili si è svolta a Pechino il 7 e 8 novembre 2005.

107 COM(1996)576 108 Tra i documenti di politica energetica riguardanti le energie rinnovabili si segnala anche il Libro

verde sulla sicurezza degli approvvigionamenti energetici (COM(2000)769). Nel Libro la Commissione ha ribadito la necessità di raddoppiare la quota delle energie rinnovabili nel bilancio energetico entro il 2010 e di portare dal 14 al 22% la produzione di elettricità a partire da queste fonti. La Commissione ha inoltre sostenuto la necessità di adottare, nel pieno rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di concorrenza, misure di carattere fiscale quali aiuti di Stato e detrazioni fiscali e propone di finanziare lo sviluppo delle energie rinnovabili a carico delle fonti energetiche convenzionali quali il gas, il petrolio e il nucleare. La promozione delle energie rinnovabili e la loro integrazione nel sistema energetico figurano anche tra gli obiettivi scientifici e tecnologici del Sesto programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico (2002-2006) (approvato con la decisione 2002/834/CE del 30 settembre 2002) e del Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (istituito con la decisione n. 1600/2002/CE del 22 luglio 2002).Si ricorda, infine che, come annunciato nel Libro bianco sulla politica comune dei trasporti del 12 settembre 2001, la Commissione ha inteso promuovere il ricorso alle energie rinnovabili anche nel settore dei trasporti al fine di contribuire al rispetto degli impegni di Kyoto e di ridurre la dipendenza energetica dell’Unione europea nei confronti di Paesi terzi. Facendo seguito a tali orientamenti, l’8 maggio 2003 è stata adottata la direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti che è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 30 maggio 2005 n. 128 (GU n.160 del 12 luglio 2005).

Page 188: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

180

In linea con il Libro bianco è stata successivamente adottata la direttiva 2001/77/CE concernente la promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, con la quale l’Unione europea ha stabilito per ogni Stato membro gli obiettivi da raggiungere nell’ambito della suddetta produzione, al fine di raggiungere un aggregato pari al 22% di consumo di energia elettrica da FER (Fonti energia rinnovabili) al 2010. Per l’Italia è stato fissato un obiettivo di consumo interno lordo di elettricità da FER per il 2010 pari al 25%.

Il recepimento della direttiva 2001/77/CE

La direttiva 2001/77/CE è stata recepita nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387109 emanato in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 43 della legge 1 marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001).

Il decreto legislativo oltre alla definizione degli obiettivi indicativi nazionali e delle misure di promozione da adottare ai fini dello sviluppo della produzione di energia dalle suddette fonti, ha introdotto “misure addizionali” finalizzate a perfezionare il meccanismo dei certificati verdi, al fine di renderlo più adeguato rispetto agli obiettivi da conseguire a livello europeo. In ossequio agli obblighi delineati nella direttiva 2001/77/CE verso gli Stati membri il provvedimento contiene disposizioni specifiche relative a singole fonti energetiche, norme di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi, la previsione di una campagna di informazione e comunicazione a favore delle predette fonti, nonché l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili.

Il decreto in estrema sintesi prevede quanto segue: l’incremento della quota minima del 2 %, di energia da fonti rinnovabili da

immettere nella rete elettrica, di cui all'art. 11, D.Lgs. n. 79/99 (art. 4, c. 1) a decorrere dall'anno 2004 e fino al 2006, pari annualmente a 0,35 punti percentuali;

la garanzia di origine dell'elettricità prodotta da fonti rinnovabili rilasciata, dal GRTN in presenza di una produzione annua, ovvero produzione imputabile, non inferiore a 100 MWh;

la semplificazione delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e il rilascio di autorizzazione unica, da parte della regione o di altro soggetto istituzionale delegato dalla medesima, per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione dei energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili; per lo svolgimento del procedimento devono essere approvate delle linee guida in Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività

109 Decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 recante "Attuazione della direttiva 2001/77/CE

relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità" (GU n. 25 del 31 gennaio 2004 - SO n. 17).

Page 189: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

181

produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali.

Il decreto prevede, inoltre:

disposizioni per la partecipazione al mercato elettrico: è confermato quanto stabilito all’art. 3, c. 3, e art. 11, c. 4, D. Lgs. n. 79/99, vale a dire l'obbligo di utilizzazione prioritaria e il diritto alla precedenza nel dispacciamento dell'energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili. (art. 13); nel caso di impianti di potenza uguale o superiore a 10 MVA alimentati da fonti rinnovabili programmabili (biomasse, idraulica non ad acqua fluente), l’energia elettrica prodotta, eccetto quella ceduta al GRTN sulla base dei regimi di incentivazione vigenti (fino alla scadenza delle relative convenzioni), sarà collocata sul mercato elettrico secondo la relativa disciplina e nel rispetto delle regole di dispacciamento definite dal Gestore della rete110 in attuazione del D. Lgs. n. 79/99;

disposizioni per il collegamento degli impianti alla rete elettrica (art. 14): è stabilito che l’AEEG, entro 3 mesi dall’entrata in vigore del decreto, emani specifiche direttive relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per la connessione di impianti alimentati da fonti rinnovabili alle reti elettriche con obbligo di connessione di terzi e tensione nominale superiore ad 1 kV;

ammissione dei rifiuti a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, compresa la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti (art. 17);

disposizioni sui certificati verdi (v. scheda Fonti rinnovabili - Strumenti di incentivazione).

Conformemente alla direttiva 2001/77/CE, l’articolo 2 del D.Lgs n. 387 ha definito “fonti energetiche rinnovabili”, le fonti rinnovabili non fossili: eolica, solare geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica111, i gas di discarica i gas residuati dai processi di depurazione e biogas, le biomasse (ossia la parte biodegradabile di prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura -comprendente sostanze vegetali ed animali - dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani). La definizione introdotta dal decreto legislativo corrisponde a quella di fonti rinnovabili contenuta nell’articolo 2, lettere a) e b) della direttiva 2001/77/CE112. 110 Si ricorda che dal novembre 2005 responsabile in Italia della trasmissione e del dispacciamento

dell’energia elettrica sulla rete ad alta e altissima tensione su tutto il territorio nazionale è - in attuazione del DPCM 11 maggio 2004 - la società Terna - Rete Elettrica Nazionale S.p.A.

111 Con riferimento agli impianti idroelettrici si segnala che i commi 483-492 della legge finanziaria 2006 (L. 266/05) hanno novellano la disciplina delle concessioni idroelettriche, recata dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 79/1999, generalizzando, rispetto alla disciplina previgente, la gara ad evidenza pubblica quale procedura di assegnazione delle concessioni di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico.

112 Si ricorda che a livello nazionale, la definizione legislativa di fonti rinnovabili è contenuta nell’articolo 1 della legge n.10 del 1991. Tale articolo definisce fonti rinnovabili di energia o assimilate: il sole, il vento, l'energia idraulica, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e

Page 190: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

182

Per “elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili” si intende – ai sensi dello stesso articolo 2 recante “definizioni” - quella prodotta da impianti alimentati esclusivamente con fonti energetiche rinnovabili, la produzione imputabile a fonti rinnovabili negli impianti ibridi (cioè quelli che producono energia usando sia fonti rinnovabili, che fonti non rinnovabili) 113, nonché l’elettricità ottenuta da fonti rinnovabili utilizzata per riempire i sistemi di stoccaggio, ma non l’elettricità prodotta come risultato di detti sistemi.

Obiettivi indicativi nazionali e delle misure di promozione

Il decreto legislativo 387 identifica quali principali misure nazionali a promozione dell’aumento del consumo di energia da fonti rinnovabili, in aggiunta a quelle previste dallo stesso decreto legislativo, quelle previste dal D.Lgs. n. 79/99, recante liberalizzazione del settore elettrico (che sancisce l’obbligo della quota minima di energia da fonti rinnovabili da immettere nella rete elettrica) e successivi provvedimenti attuativi, nonché le misure di cui ai provvedimenti assunti al fine dell’attuazione alla legge di ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (L. 120 del 1° giugno 2002) (v. scheda L’attuazione del protocollo di Kyoto, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente).

Tali provvedimenti hanno lo scopo di promuovere l’aumento di consumo in misura proporzionata ai relativi obiettivi indicativi nazionali fissati nelle relazioni predisposte dagli Stati membri, per la prima volta entro il 27 ottobre 2002 e successivamente, ogni cinque anni, ai sensi di quanto previsto dalla direttiva 2001/77/CE, all’articolo 3, par.2114.

E’, inoltre, previsto che per la prima volta entro il 30 giugno 2005 e successivamente ogni due anni, venga presentata al Parlamento e alla Conferenza Unificata una relazione recante una valutazione sull’attuazione delle iniziative assunte attraverso le principali misure nazionali sopra

la trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali. Sono considerate altresì fonti di energia assimilate alle fonti rinnovabili di energia: la cogenerazione, intesa come produzione combinata di energia elettrica o meccanica e di calore, il calore recuperabile nei fumi di scarico e da impianti termici, da impianti elettrici e da processi industriali, nonché le altre forme di energia recuperabile in processi, in impianti e in prodotti ivi compresi i risparmi di energia conseguibili nella climatizzazione e nell'illuminazione degli edifici con interventi sull'involucro edilizio e sugli impianti.

113 Le lettere b), c) e d) dell’articolo 2 in esame individuano, rispettivamente, gli impianti alimentati da fonti rinnovabili programmabili (le biomasse, la fonte idraulica, ad esclusione, per quest’ultima fonte, degli impianti ad acqua fluente, nonché gli impianti ibridi); gli impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta, alimentati da fonti rinnovabili che non siano quelle di cui sopra; gli impianti ibridi, ossia quelli che producono energia utilizzando sia fonti non rinnovabili, sia fonti rinnovabili, inclusi gli impianti di co –combustione, vale a dire gli impianti che producono energia elettrica mediante combustione di fonti non rinnovabili e di fonti rinnovabili. La definizione di centrale ibrida che utilizza fonti di energia convenzionali e rinnovabili è contenuta nell’articolo 2, lett. c della direttiva 2001/77/CE.

114 Per un quadro delle relazioni presentate dagli Stati membri ai sensi della direttiva 2001/77/CE cfr. http://europa.eu.int/comm/energy/res/legislation/electricity_member_states_en.htm.

Page 191: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

183

individuate e sul grado di coerenza dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi nazionali fissati. La relazione ha peraltro carattere propositivo, dovendo tra l’altro delineare gli strumenti e le eventuali misure aggiuntive che si dovessero rendere necessarie per conseguire gli obiettivi.

Tale relazione costituisce a sua volta la base di riferimento per l’adozione della relazioni che gli Stati membri sono tenuti a presentare alla Commissione, ai sensi della Direttiva 2001/77/CE. Si tratta, in particolare, della: relazione di valutazione del raggiungimento degli obiettivi nazionali e della

coerenza tra le misure adottate e gli impegni nazionali sui cambiamenti climatici, e di valutazione delle misure adottate per garantire l’affidabilità del sistema di garanzia di origine delle fonti rinnovabili. Una prima relazione è stata già presentata dall’Italia (art. 3, par.3, e art. 5, par.5 dir. 2001/77/CE);

relazione di valutazione del quadro legislativo e regolamentare esistente delle procedure di autorizzazione e delle altre procedure applicabili agli impianti per la produzione di elettricità da FER. Una prima relazione è stata già presentata dall’Italia (art. 6, par.2, e art. 7, par.7 dir. 2001/77/CE). Nel 2002, è stata inoltre adottata dal Ministero delle attività produttive la Circolare recante “gli obiettivi indicativi nazionali di consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili per il periodo 2003-2012 e le misure adottate o previste a livello nazionale per conseguire i medesimi obiettivi, ai sensi della’rticolo 3, comma 2, della direttiva 2001/77/CE”.

E’ opportuno segnalare che, coerentemente con la ripartizione di competenze tra Stato e Regioni delineata a livello costituzionale con la riforma del Titolo V, anche nell’elaborazione degli obiettivi indicativi nazionali, le regioni, in virtù dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 387 svolgono un proprio ruolo, attraverso la Conferenza unificata, la quale concorre alla definizione degli obiettivi e ne effettua la ripartizione tra le regioni, tenendo conto delle risorse di fonti energetiche rinnovabili sfruttabili in ciascun contesto territoriale. Le regioni possono, inoltre, adottare misure per promuovere l'aumento del consumo di elettricità da fonti rinnovabili nei rispettivi territori, aggiuntive rispetto a quelle nazionali.

Incremento della quota minima di immissione

Tra le novità introdotte in materia di fonti rinnovabili dal decreto legislativo 387 si segnala, in particolare, un ulteriore innalzamento dell’obbligo - stabilito dal D.Lgs 79/99 cit. (cd. decreto Bersani) - di immettere nella rete nazionale una quota di energia generata in nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili. Infatti all’art. 4 è stato disposto un incremento annuale di 0,35 punti percentuali, a partire dal 2004 e fino al 2006, della quota minima di immissione, nel sistema elettrico nazionale, di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Conseguentemente, al termine del triennio considerato la quota minima salirà dal 2% al 3,05%.

Page 192: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

184

Il Ministro delle attività produttive, con propri decreti emanati di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, sentita la Conferenza unificata, provvederà a stabilire gli ulteriori incrementi della medesima quota minima, per il triennio 2007-2009 e per il triennio 2010-2012.

Misure specifiche riguardanti alcune tipologie di fonti rinnovabili e di impianti

Gli articoli 5, 6, 7 e 8 del decreto legislativo in esame recano l’adozione di misure finalizzate al sostegno di specifiche fonti rinnovabili (sole e biomasse) e tecnologiche. In particolare: per quanto riguarda le biomasse, l’articolo 5 istituisce una commissione di

esperti che, entro un anno dall’insediamento, dovrà relazionare circa il potenziale e le condizioni tecniche, economiche e normative di sfruttamento delle biomasse115. Quale misura finalizzata alla valorizzazione dello sfruttamento delle biomasse (e dei rifiuti) pare opportuno citare anche l’articolo 20, comma 6, del D.Lgs. 387, il quale prevede che, entro il 15 agosto 2004, il Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, adotti un decreto116 diretto ad elevare il periodo di riconoscimento dei certificati verdi per impianti alimentati a biomassa (più di otto anni), anche mediante rilascio, dal nono anno, di certificati verdi su una quota dell’energia elettrica prodotta. Al medesimo fine, possono anche essere utilizzati i certificati verdi attribuiti al Gestore della rete dall'articolo 11, comma 3, secondo periodo, relativi agli impianti di produzione di energia che godono, in virtù delle concessioni vigenti, un regime di prezzo amministrato117;

per quanto riguarda la fonte solare, l’articolo 7 del decreto legislativo 387/03 demanda al Ministro delle attività produttive l’adozione, entro il 15 agosto 2004, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, d’intesa con la Conferenza unificata, di uno o più decreti con i quali sono definiti i criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica dalla fonte solare118. Tali decreti: stabiliscono i requisiti dei soggetti che possono

115 Si segnala l’articolo 5 del D.Lgs. n.128/2005 “Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla

promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti “ (GU 12 luglio 2005, n. 160) che sulla base del parere consultivo espresso dalla commissione dispone l’estensione alla incentivazione di colture dedicate alla produzione di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili dei provvedimenti la cui adozione è prevista dall'articolo 5, comma 5, del D.Lgs. 387 ai fini della definizione dei criteri di incentivazione della produzione di energia elettrica da biomasse, gas residui dai processi di depurazione e biogas.

116 Si segnala, in proposito, il DM 24 ottobre 2005, art. 5, co. 2 (Cfr infra). 117 Si ricorda che ai sensi del comma 3, articolo 11 del D.Lgs.79 del 1999, il GRTN è titolare dei

diritti relativi agli impianti di cui all’art.3, comma 7 della legge 481/1985, cioè dei diritti relativi alla quota di energia elettrica prodotta da impianti da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1 aprile 1999, inclusi nelle graduatorie previste dal DM 25 settembre 1992 e ammessi a godere della condizioni del provvedimento CIP 6/1992.

118 Si segnala che in attuazione di quanto disposto dall’articolo 7 del D.Lgs. 387 è stato emanato il DM 28 luglio 2005 recante “Criteri per l'incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare”, nel quale sono indicati i criteri di

Page 193: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

185

beneficiare dell'incentivazione, i requisiti tecnici minimi dei componenti e degli impianti, le condizioni per la cumulabilità dell'incentivazione con altri incentivi, le modalità per la determinazione dell'entità dell'agevolazione; definiscono inoltre un obiettivo della potenza nominale da installare e fissano il limite massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti che possono ottenere l'incentivazione. Può anche essere previsto l’utilizzo dei certificati verdi attribuiti al GRTN. Per l'elettricità prodotta mediante conversione fotovoltaica della fonte solare deve essere prevista una specifica tariffa incentivante, di importo decrescente e di durata tali da garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio;

per quanto riguarda gli impianti di potenza inferiore a 20 kW, che dunque hanno difficoltà di accesso allo strumento dei certificati verdi, l’articolo 6 del decreto legislativo 387/03 stabilisce che, entro il 15 agosto 2004, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas emani la disciplina delle condizioni tecnico - economiche del servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta. Tale disciplina è stata recentemente emanata con la delibera n. 28/06 con la quale l’AEEG – tenendo conto anche DM 6 febbraio 2006119 - ha esteso il meccanismo definito “scambio sul posto” - già in vigore fin dal 2000 per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici - alla produzione di tutte le altre fonti rinnovabili (come l’eolico, il mini-idro ecc.), oltre che ai clienti del mercato libero;

per quanto riguarda gli impianti ibridi (impianti che per la produzione di energia elettrica utilizzano sia combustibili convenzionali sia combustibili ricavati da fonti rinnovabili), l’articolo 8 del D.Lgs. disciplina la priorità del dispacciamento per l’energia elettrica prodotta imputabile a fonti rinnovabili, riconoscendo ai gestori di impianti ibridi la facoltà di chiedere al Gestore della rete nazionale (ora Terna S.p.a )120 - per la produzione imputabile a tali

incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica da fonte solare, coerenti con le disposizioni della direttiva 2003/54/CE (GU 5 agosto 2005, n. 181). In sostituzione del precedente sistema di incentivazione dell’energia fotovoltaica basato esclusivamente su contributi in conto capitale, idoneo a finanziare il 50-75 % del costo di investimento ed erogato a livello regionale, nazionale o comunitario sotto varie forme, il decreto introduce una nuova modalità ricorrendo al cosiddetto “conto energia”, vale a dire che gli incentivi saranno concessi con la stessa energia prodotta, il cui surplus potrà essere venduto alla rete elettrica a tariffe incentivate. Si tratta, in sostanza di un nuovo sistema di incentivazione volto a valorizzare direttamente la produzione e a garantire un rientro in tempi ragionevoli dell’investimento senza gravare sul bilancio dello Stato - ma ricorrendo ad un ridotto prelievo sulle bollette elettriche dei consumatori. Il DM è stato recentemente modificato e integrato dal decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 6 febbraio 2006 (v. scheda Fonti rinnovabili-Conto energia).

119 Il DM 6 febbraio 2006 ha modificato e integrato il DM 28 luglio 2005 recante “Criteri per l'incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare”.

120 Si ricorda che Terna S.p.a ha assunto la titolarità e le funzioni di gestore della rete di trasmissione di cui all’articolo 3, commi 1 e 2 del D.Lgs.79/99 recante liberalizzazione del sistema elettrico, precedentemente svolte da GRTN (la società per azioni, istituita ad hoc con il decreto legislativo n. 79 del 1999 ed operativa dal 1° aprile del 2000) che, a seguito del

Page 194: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

186

impianti - il diritto alla precedenza nel dispacciamento, nel rispetto delle disposizioni introdotte dai successivi commi dell’articolo in esame che, in particolare, prevedono:

la possibilità di inoltro della domanda per l’ottenimento del diritto di precedenza per l’anno solare in corso, nel caso in cui la stima della produzione imputabile a fonti rinnovabili - nel periodo per il quale è richiesta la precedenza – risulti superiore al 50% di quella complessiva dell’impianto nel medesimo periodo (comma 2);

la concessione della priorità da parte del gestore solo per la produzione imputabile a fonti rinnovabili, sulla base di un programma settimanale di complessiva e della relativa quota settimanale di producibilità imputabile a fonti rinnovabili, dichiarata dal produttore al Gestore, purché tale quota settimanale garantisca almeno il funzionamento dell’impianto alla potenza di minimo tecnico (comma 3).

Il D.Lgs. n. 387/03 prevede, inoltre, il riconoscimento alle centrali ibride dell’incentivazione dei certificati verdi, limitatamente alla quota imputabile alla fonte rinnovabile, nonché l’estensione a tali impianti del procedimento unico disciplinato dall’articolo 12 dello stesso decreto.

Garanzia di origine dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili

In attuazione di quanto previsto dall’art.5 della direttiva 2001/77/CE, l’articolo 11 del decreto legislativo n. 387/03 reca misure per garantire l’affidabilità della garanzia di origine dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili.

Tali misure, in sintesi, prevedono che l'elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili e la produzione imputabile a fonti rinnovabili in impianti ibridi abbiano diritto al rilascio, su richiesta del produttore, della «garanzia di origine di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili». Il soggetto designato al rilascio della garanzia di origine è, come per i certificati verdi, il GRTN. La stessa garanzia è rilasciata qualora la produzione annua, ovvero la produzione imputabile, sia non inferiore a 100 MWh, arrotondata con criterio commerciale.

Nella garanzia di origine è riportato il luogo in cui si trova l'impianto, la fonte energetica rinnovabile da cui è stata prodotta l'elettricità, la tecnologia utilizzata, la potenza nominale dell'impianto, la produzione netta di energia elettrica, ovvero, nel caso di centrali ibride, la produzione imputabile, riferite a ciascun anno solare. Su richiesta del produttore e qualora ne ricorrano i requisiti, essa riporta anche l’indicazione di avvenuto ottenimento dei certificati verdi o di altro titolo rilasciato nell'ambito delle regole e modalità di sistemi di certificazione di

trasferimento del ramo d’azienda relativo a dispacciamento, trasmissione e sviluppo della rete a Terna S.p.A, avvenuto il 1° novembre 2005 per effetto del DPCM dell’11 maggio 2004, si concentra ora sulla gestione, promozione e incentivazione delle fonti rinnovabili in Italia, attività in parte già svolte precedentemente.

Page 195: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

187

energia da fonti rinnovabili nazionali e internazionali, coerenti con le disposizioni della direttiva 2001/77/CE e riconosciuti dal GRTN. La garanzia di origine è rilasciata ai produttori dai quali viene utilizzata, affinché essi dimostrino che l'elettricità così garantita è prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

Il GRTN istituisce un sistema informatico ad accesso controllato, anche al fine di consentire la verifica dei dati contenuti nella garanzia di origine di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

La garanzia di origine di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili rilasciata in altri Stati membri dell'Unione europea a seguito del recepimento della direttiva 2001/77/CE, è riconosciuta anche in Italia.

Con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sono definite le condizioni e le modalità di riconoscimento della garanzia di origine di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili rilasciata da Stati esteri con cui esistano accordi internazionali bilaterali in materia.

L'emissione, da parte del GRTN, della garanzia di origine, dei certificati verdi o di altro titolo, è subordinata alla verifica della attendibilità dei dati forniti dal richiedente e della loro conformità alle disposizioni che ne regolano il rilascio; a tali scopi, il GRTN può disporre dei controlli sugli impianti in esercizio o in costruzione, anche avvalendosi della collaborazione di altri organismi.

La garanzia di origine introdotta dal decreto legislativo 387/03 sostituisce la certificazione di provenienza da parte del GRTN dell'energia elettrica prodotta da impianti diversi da quelli ammessi a beneficiare dei “certificati verdi”, prevista dal DM 11 novembre 1999, oltre ad essere evidentemente rilasciata anche all’elettricità cui sono stati assegnati i certificati verdi. Essa, infatti, non sostituisce certo i certificati verdi, che hanno uno scopo del tutto diverso e specifico. Il soggetto incaricato del rilascio della garanzia di origine è il GRTN, che ha maturato una significativa esperienza di gestione del sistema dei certificati verdi, per il cui rilascio è prevista la preventiva qualificazione degli impianti di produzione come “impianti alimentati da fonti rinnovabili”. Presso il GRTN già opera una apposita commissione incaricata di effettuare le opportune verifiche ai fini del rilascio di siffatta qualificazione.

Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative

Per incentivare la costruzione di nuovi impianti alimentati da FER, l’art. 12 del decreto legislativo n. 387 in esame, in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 6 della direttiva 2001/77/CE, interviene sulla disciplina di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti alimentati da FER, al fine di renderla maggiormente semplice e certa, disponendo il rilascio di un’autorizzazione unica regionale per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché per la realizzazione delle opere connesse e dichiara tali opere di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti

Page 196: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

188

Tale articolo ribadisce, infatti, che le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, sono opere di pubblica utilità indifferibili e urgenti, stabilendo che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato da questa, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente e di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. Tale autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico (della durata massima di 180 giorni), al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato.

In sede di Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, vengono approvate linee guida per lo svolgimento del procedimento unico: tali linee guida devono essere volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio, con specifico riguardo agli impianti eolici.

In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.

L’articolo consente altresì di ubicare tali impianti anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, sia pure tenendo conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale.

Gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza complessiva non superiore a 3 MW termici, ubicati all’interno di impianti di smaltimento di rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas vengono inoltre considerati ad inquinamento atmosferico poco significativo ed il loro esercizio non richiede autorizzazione.

In merito alla disciplina autorizzativa per la costruzione di impianti che utilizzano fonti rinnovabili si ricorda che l’incentivazione della suddetta energia ha trovato un suo indiretto “riconoscimento” anche in interventi di snellimento della disciplina relativa all’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili, che si sono susseguiti nel corso del tempo. A questo riguardo, è opportuno ricordare come già l’articolo 22 della legge L. 9 gennaio 1991, n. 9 “Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali” avesse stabilito che l’installazione degli impianti utilizzatori di fonti di energia rinnovabile non fosse soggetta alla specifica autorizzazione prevista per gli altri

Page 197: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

189

impianti energetici secondo la normativa all’epoca vigente, costituita dalle disposizioni in materia di nazionalizzazione dell’energia. Lo stesso articolo aveva previsto che i soggetti realizzatori dei medesimi impianti dovessero darne comunicazione al Ministero dell’Industria, all’Enel e all’ufficio tecnico delle imposte di fabbricazione competente per territorio. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 9/91, l’autorizzazione alla costruzione delle centrali alimentate da fonti rinnovabili è stata dunque sostituita da una comunicazione al Ministero dell’Industria.

La legge 9 gennaio 1991, n. 10 “Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia,di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”, all’articolo 1, ha inoltre definito l’utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile di pubblico interesse ed utilità, disponendo altresì che le opere relative venissero equiparate alle opere dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche.

Successivamente, con DPR 12 aprile 1996121, integrato dal DPCM 3 settembre 1999122, è stato demandato alle Regioni il compito di stabilire se talune tipologie impiantistiche riguardanti le fonti rinnovabili123, per le loro caratteristiche, e sulla base di elementi di valutazione preventivamente decisi, richiedessero lo svolgimento della procedura di valutazione d’impatto ambientale. Procedura, invece, sempre prevista per gli impianti ricadenti, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette. Da parte delle Regioni sono stati adottati provvedimenti in attuazione delle norme suddette, prevedendo in taluni casi la V.I.A, in altri una procedura di valutazione ambientale semplificata.

In virtù del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della L. 5 marzo 1997, n. 59”, artt.29 e 31, il quadro legislativo è stato parzialmente mutato, in quanto le funzioni amministrative concernenti la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e da rifiuti sono state trasferite agli enti locali.

La legge costituzionale 3/01 ha poi ulteriormente rafforzato il ruolo affidato alle Regioni in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, attribuendo a queste la potestà legislativa, fatta eccezione per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione statale.

Il decreto legislativo è, infine, intervenuto onde coordinare i diversi soggetti coinvolti nella procedura autorizzatoria.

121 DPR 12 aprile 1996 ”Atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma 1,

della L 22 febbraio 1994, n. 146 concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale”.

122 DPCM 3 settembre 1999 “Atto di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il precedente atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della L 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione dell'impatto ambientale”.

123 Si tratta degli impianti eolici, gli impianti termici per la produzione di vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW, gli impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore e acqua calda, derivazione ed opere connesse di acque superficiali che prevedano derivazioni di acqua superiori a 200 litri al minuto secondo o di acque sotterranee che prevedano derivazioni al 50 litri al minuto secondo.

Page 198: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

190

Partecipazione al mercato elettrico: disposizioni incentivanti

Il D.Lgs. n.387, all’articolo 13, indica le modalità di immissione nel sistema dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, facendo salvo l’obbligo di utilizzo prioritario e di precedenza nel dispacciamento previsto per tale energia nel D.Lgs.79/99 ai sensi del quale (articolo 11, comma 4) il Gestore della rete assicura la precedenza, nell'ordine, all'energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili, da sistemi di cogenerazione, sulla base di specifici criteri definiti dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, e da fonti nazionali di energia combustibile primaria.

L’articolo 13 prevede che l’immissione sul mercato dell’energia elettrica prodotta da impianti di potenza uguale o superiore a 10 MVA avvenga secondo la relativa disciplina e in ossequio alle regole di dispacciamento definite dal Gestore della rete, secondo quanto previsto dal D.Lgs.79/99124. Da tale regola è comunque esclusa l’energia da fonti rinnovabili “c.d incentivata” ceduta allo stesso Gestore sulla base delle convenzioni stipulate ai sensi dei provvedimenti CIP 15/89, CIP 34/90, CIP 6/92125 e della delibera dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas 108/97, limitatamente agli impianti nuovi, potenziati o rifatti.

Prevede invece, in funzione incentivante, che l’energia prodotta da impianti di potenza inferiore ai 10 MVA, nonché da impianti di qualsiasi taglia, alimentati da fonte eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremorice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima, agli impianti ad acqua fluente, sia ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore della rete alla quale l’impianto è collegato. L’autorità per l’energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica di cui al presente comma facendo riferimento a condizioni economiche di mercato126.

124 Si ricorda che con Decreto del Ministero delle attività produttive 14 marzo 2003 è stata disposta

l’attivazione del mercato elettrico, limitatamente alla contrattazione dei certificati verdi. 125 L’energia elettrica prodotta da impianti di generazione alimentati da fonti rinnovabili e

assimilate, che gode di forme di remunerazione incentivata, viene ritirata dal GRTN, subentrato all’Enel ai sensi dell’art. 3, co. 12, del D.Lgs. 79/99, che dispone,altresì che con apposite convenzioni, previa autorizzazione del Ministro delle attività produttive, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, siano ceduti al Gestore, da parte delle imprese produttrici - distributrici, l'energia elettrica ed i relativi diritti di cui al titolo IV, lettera b), del provvedimento CIP n. 6/1992 (energia da fonti rinnovabili c.d incentivata); la durata di tali convenzioni è fissata in otto anni a partire dalla data di messa in esercizio degli impianti ed il prezzo corrisposto include anche il costo evitato.

126 In attuazione di quanto disposto dall’art. 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 387/03 e dal comma 41 della legge n. 239/04, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la delibera del 23 febbraio 2005, n. 34, ha definito le “Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239” (GU n. 61 del 15 marzo 200). Modifiche e integrazioni alla delibera sono state apportate, successivamente, con le delibere nn. 49/05, 64/05 e 165/05.

Page 199: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

191

Misure per agevolare l’accesso alla rete

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 11 del D.Lgs. 79/99, al comma 4, ha introdotto l’obbligo per il Gestore della rete di assicurare la precedenza nel dispacciamento all’energia elettrica prodotta da impianti che utilizzano fonti rinnovabili, sulla base di specifici criteri definiti dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas. Inoltre, l’articolo 3, comma 3, del medesimo decreto legislativo dispone che la stessa Autorità preveda l’obbligo di utilizzazione prioritaria dell’energia elettrica prodotta a mezzo di fonti energetiche rinnovabili.

Con il D.Lgs. n.387/03, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 7 della direttiva 2001/77/CE, relativo al collegamento degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili alla rete elettrica, sono introdotte regole aggiuntive finalizzate a facilitare il collegamento degli impianti alla rete (l’articolo 14). In particolare, all’Autorità per l’energia elettrica ed il gas è demandato il compito di emanare, entro il 15 maggio 2004, specifiche direttive relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per l'erogazione del servizio di connessione di impianti alimentati da fonti rinnovabili alle reti elettriche con tensione nominale superiore ad 1 kV, i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi127.

A carico dei gestori di rete è posto l’obbligo di fornire al produttore, che richiede il collegamento di un impianto alimentato da fonti rinnovabili alla rete, le soluzioni atte a favorirne l'accesso, unitamente alle stime dei costi e della relativa ripartizione, in conformità alla disciplina definita dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Quest’ultima è chiamata anche ad adottare i provvedimenti eventualmente necessari per garantire che la tariffazione dei costi di trasmissione e di distribuzione non penalizzi l'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, compresa quella prodotta in zone periferiche, quali le regioni insulari e le regioni a bassa densità di popolazione.

Incentivazione dell’energia prodotta da rifiuti

Con l’articolo 17 il legislatore nazionale ha provveduto ad incentivare ulteriormente la produzione di energia da rifiuti (v. capitolo Rifiuti e bonifiche dei siti inquinati, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente), sia rispetto alla

127 L’Autorità ha provveduto alla definizione delle condizioni economiche per la connessione alle

reti elettriche (a tensione superiore ad 1 kV) degli impianti di generazione di energia elettrica sia da fonti convenzionali che da fonti rinnovabili con la delibera 281/05 (“Condizioni per l’erogazione del servizio di connessione alle reti elettriche con tensione nominale superiore ad 1 kV i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi”). Il provvedimento ha innovato le previdenti condizioni introducendo maggiore chiarezza nelle procedure e principi di economicità nella fissazione dei corrispettivi per la connessione da parte di TERNA e delle imprese distributrici. Condizioni particolarmente favorevoli sono stae previste per gli impianti di produzione elettrica che utilizzino fonti rinnovabili. Con la successiva delibera 86/06 sono state dettate“ Disposizioni in materia di modalità di connessione alle reti elettriche con tensione nominale superiore ad 1 kV i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi”.

Page 200: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

192

legislazione nazionale previgente128, sia nei confronti delle disposizioni recate dalla direttiva 2001/77/CE.

Infatti, se è vero che la definizione di fonti rinnovabili contenuta nell’art. 2 del D.Lgs. n. 387 riproduce fedelmente quella recata dalla direttiva129, è anche vero che l’art. 15 precisa che sono “ammessi a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche rinnovabili i rifiuti, ivi compresa, anche tramite il ricorso a misure promozionali, la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti”130.

Pertanto, agli impianti alimentati dai suddetti rifiuti e combustibili, incluse le centrali ibride, si applicano le disposizioni del D.Lgs. n. 387/03, fatta eccezione della disciplina della garanzia di origine per quanto riguarda la frazione non biodegradabile dei rifiuti.

Al contempo, innovando profondamente rispetto al passato, l’articolo 17 esclude dal regime riservato alle fonti rinnovabili le cosiddette “fonti assimilate”, di cui alla legge 10/91131.

Il Governo ha proseguito sulla strada del rafforzamento degli incentivi alla temovalorizzazione e recentemente è stato adottato il DM 24 ottobre 2005 132 che all’art. 5, comma 2, riconosce agli impianti alimentati a biomasse e rifiuti aventi diritto ai certificati verdi per l’energia prodotta nei primi 8 anni successivi alla loro entrata in servizio, la possibilità di ottenerli per ulteriori 4 anni, su richiesta del produttore.

128 Si ricorda, in proposito, che l’art. 2, comma 15, del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79 (cd. decreto

Bersani), recante “Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica” include nel novero delle fonti energetiche rinnovabili agli effetti del medesimo decreto (e quindi per l’attribuzione dei cd certificati verdi) “la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici”.

129 La direttiva, all’art. 2, primo par., lettere a) e b), include tra le fonti rinnovabili esclusivamente le biomasse , ovvero la parte biodegradabile dei rifiuti. Si ricorda, perlaltro, come la legge delega (art, 43,co.1, lett. e), preveda che anche la frazione non biodegradabile dei rifiuti sia ammessa a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili.

130 Si segnala che da più parti è stata sollevata l’incompatibilità dell’art. 17 del D.Lgs. n. 387 con la direttiva 2001/77/CE. Nel rispondere ad una interrogazione presentata dal capogruppo dei Verdi al Parlamento europeo, la Commissaria europea ai trasporti ed energia Loyola de Palacio ha affermato che "la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile" e che "le disposizioni specifiche della disciplina comunitaria relative agli aiuti destinati alle fonti energetiche rinnovabili sono applicabili soltanto alle fonti rinnovabili che rispondono alla definizione dell'articolo 2 della direttiva 2001/77/CE". Anche sulla base di ciò il WWF, con nota del 6 febbraio 2004, ha chiesto alla Commissione europea l’avvio di una procedura d'infrazione a carico della Repubblica Italiana a norma dell'art.226 del Trattato nei confronti dell’art. 17 del decreto legislativo n. 387/2003.

131 Si tratta delle risorse energetiche di origine fossile che, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, venivano assimilate alle fonti rinnovabili in virtù degli elevati rendimenti energetici.

132 DM 24 ottobre 20005 recante“ Aggiornamento delle direttive per l’incentivazione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79”.

Page 201: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

193

Cumulabilità incentivi

L’articolo 18, finalizzato ad impedire il cumulo tra incentivi diversi alle fonti rinnovabili, prevede che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e dai rifiuti che ottiene i certificati verdi non può ottenere i titoli di efficienza energetica previsti, per il settore elettrico, dall’articolo 10 del DM 24 aprile 2001, e, per il settore del gas, dall’articolo 10 di un secondo DM 24 aprile 2001.

Perfezionamento della disciplina dei certificati verdi e cumulabilità degli incentivi

Tra le disposizioni transitorie e finali di cui all’art. 20 del D.Lgs. n. 387, si conferma in otto anni il periodo di riconoscimento dei certificati verdi133, al netto dei periodi di fermo degli impianti, a causa di eventi calamitosi dichiarati tali dalle autorità competenti. I certificati verdi rilasciati per la produzione di energia elettrica in un dato anno possono essere usati per ottemperare all’obbligo relativo anche per i successivi due anni .

I soggetti che importano energia elettrica da Stati membri dell'Unione europea, sottoposti all'obbligo della quota minima, di cui all’articolo 11 del D.Lgs. n.79/99, possono richiedere al Gestore della rete, relativamente alla quota di elettricità importata prodotta da fonti rinnovabili, l'esenzione dal medesimo obbligo.

Inoltre, al fine del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali, i certificati verdi possono essere rilasciati esclusivamente con riferimento alla produzione di energia elettrica da impianti ubicati sul territorio nazionale, ovvero proveniente da paesi che adottino strumenti di promozione e incentivazione delle FER analoghi a quelli vigenti in Italia e riconoscano la stessa possibilità ad impianti ubicati sul territorio italiano, sulla base di accordi stipulati tra il Ministro delle attività produttive e il Ministero dell’ambiente e tutela del territorio ed i competenti Ministeri dello Stato estero di provenienza dell’energia da FER.

Da ultimo, il medesimo art. 20 reca una disciplina transitoria in virtù della quale l’energia elettrica prodotta da centrali ibride, anche operanti in co-combustione, che impiegano farine animali oggetto di smaltimento secondo il decreto – legge 1/2001134, (recante interventi urgenti per fronteggiare l’emergenza BSE e misure per la distruzione del materiale a specifico rischio BSE), ha diritto, per il solo periodo 2003-2007, al rilascio dei certificati verdi sul 100% della produzione imputabile.

Si segnala, infine, che in attuazione del comma 8 dell’articolo 20 è stato emanato il citato DM 24 ottobre 2005 che ha provveduto ad un ulteriore

133 Tale durata, sancita dall’articolo 5 del DM 11 novembre 1999, è stata recentemente estesa a 12

anni con il D.Lgs. 152/06 recante “Norme in materia ambientale”. 134 DL 11 gennaio 2001, n.1, ”Disposizioni urgenti per la distruzione del materiale specifico a

rischio per encefalopatie spongiformi bovine e delle proteine animali ad alto rischio, nonché per l'ammasso pubblico temporaneo delle proteine animali a basso rischio. Ulteriori interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza derivante dall'encefalopatia spongiforme bovina”.

Page 202: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

194

aggiornamento delle direttive per l'incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del D.Lgs 79/99.

Misure finalizzate alla promozione e alla conoscenza delle fonti rinnovabili

Gli articoli 9, 15 e 16 del decreto legislativo 387 recano talune disposizioni finalizzate a “creare un clima di consenso” sulle fonti rinnovabili.

Al riguardo, l’articolo 9 prevede che il Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, sentito il Ministero delle Politiche agricole e forestali e d’intesa con la Conferenza unificata, stipuli un accordo quinquennale con l’ENEA per l'attuazione di misure a sostegno della ricerca e della diffusione delle fonti rinnovabili e dell'efficienza negli usi finali dell'energia.

L’articolo 15 dispone per il triennio 2004-2006, l’effettuazione di una campagna di informazione e comunicazione sulle fonti rinnovabili e l’efficienza negli usi finali di energia.

L’articolo 16 prevede, infine, l’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulle fonti rinnovabili e l’efficienza negli usi finali dell’energia, destinato a verificare la coerenza tra le misure incentivanti e le normative promosse a livello statale e regionale. All’Osservatorio compete, altresì, il monitoraggio delle iniziative di sviluppo del settore; la valutazione degli effetti delle misure di sostegno nell'ambito delle politiche e misure nazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra; l’esame delle prestazioni delle varie tecnologie; l’effettuazione di periodiche audizioni degli operatori del settore; la proposizione di misure e iniziative eventualmente necessarie per migliorare la previsione dei flussi di cassa dei progetti finalizzati alla costruzione e all'esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili e di centrali ibride. L'Osservatorio dovrà inoltre proporre le misure e le iniziative eventualmente necessarie per salvaguardare la produzione di energia elettrica degli impianti alimentati a biomasse e rifiuti, degli impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili e degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MVA, prodotta successivamente alla scadenza delle convenzioni richiamate all'articolo 13, commi 2 e 3, ovvero a seguito della cessazione e del diritto ai certificati verdi.

L’Osservatorio dovrà essere composto da non più di 20 membri di comprovata esperienza alla cui designazione si provvederà con decreto interministeriale, sentita la Conferenza unificata. Lo stesso decreto provvederà, altresì, ad organizzare l’attività dell’Osservatorio.

Si segnala che con il decreto 16 dicembre 2004 (non pubblicato in gazzetta) si è provveduto alla nomina dei componenti e all’organizzazione organizzazione dell'attività dell'Osservatorio nazionale sulle fonti rinnovabili e l'efficienza negli usi finali dell'energia in attuazione dell'art.16, comma 3 del D.Lgs.387/2003.

Page 203: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

195

Fonti rinnovabili - Strumenti di incentivazione

Il Provvedimento CIP6

Fino all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999 di liberalizzazione del sistema elettrico (c.d. decreto Bersani), che ha definito un nuovo meccanismo di incentivazione in attuazione della direttiva 96/92/CE, la politica di supporto alle energie rinnovabili si è basata su sistema di incentivazione tariffaria meglio noto come CIP 6, attualmente ancora in vigore per i vecchi impianti in esercizio e consistente in un incentivo diretto ai produttori di energie rinnovabili e assimilate che, avvalendosi di una apposita convenzione, cedevano all’ENEL (ai sensi del comma 3, art. 22, della legge 9 gennaio 1991 n. 9135) l’energia prodotta in eccedenza ad un prezzo fisso superiore a quello di mercato. L’ENEL da parte sua recuperava la differenza di prezzo attraverso un’apposita voce di costo nella bolletta degli utenti.

In particolare la delibera CIP (Comitato interministeriale prezzi) n. 6 del 29 aprile 1992 fissava i prezzi di cessione all’ENEL dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate136, seguendo i due criteri stabiliti dalla legge n. 9/91: da un lato, quello dei "costi evitati137" (per cui il ritiro dell'energia elettrica non doveva comportare per l'ENEL costi superiori a quelli che essa avrebbe sostenuto se avesse prodotto direttamente lo stesso ammontare di energia); dall'altro lato, il criterio dei "prezzi incentivanti", differenziati per tipologia di impianto, che dovevano essere assicurati alla "nuova energia"138 prodotta da fonti rinnovabili ed

135 L'articolo 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 che ha liberalizzato la produzione di energia

elettrica a mezzo di impianti utilizzanti fonti di energia considerate rinnovabili o assimilate, ha stabilito che l'energia prodotta da questi impianti, non utilizzata dalla stessa impresa produttrice, dovesse essere venduta all'ENEL a prezzi incentivanti. La cessione doveva avvenire tramite apposite convenzioni stipulate tra l'impresa produttrice e l'ENEL, in conformità di una convenzione tipo predisposta dal Ministero dell'industria, sentite le regioni interessate.

136 Si ricorda che ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, per fonti energetiche assimilate si intendono le risorse energetiche di origine fossile che, vengono assimilate alle fonti rinnovabili in virtù degli elevati rendimenti energetici.

137 Nel costo evitato rientrano i costi evitati d'impianto, di esercizio e manutenzione, di combustibile. I valori dei primi due vengono aggiornati annualmente dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico in base alle variazioni dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per l'intera collettività, mentre il valore del costo evitato di combustibile è aggiornato annualmente in base ai costi di approvvigionamento di gas naturale per una centrale termoelettrica. L'incentivo specifico per tecnologia di produzione, invece, varia a seconda della tipologia d'impianto e rappresenta la quota incentivante che permette il recupero del capitale investito.

138 Per "nuova energia" o "nuova produzione" il provvedimento CIP n. 6/92 si riferiva a quella prodotta da impianti entrati in servizio dopo il 30 gennaio 1991 e quella considerata tale dai precedenti provvedimenti CIP 15 del 12 luglio 1989 (GU n. 167 del 19 luglio 1989) e CIP 14 novembre 1990, n. 34 (GU n. 270 del 19 novembre 1990). Il provvedimento CIP n. 15/89 successivamente modificato dal provvedimento CIP n. 34/90, concerne l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, da cogenerazione e da altre fonti assimilate, i prezzi di cessione all’ENEL ed i contributi di incentivazione alla nuova produzione.

Page 204: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

196

assimilate, per un rapido recupero del capitale investito; questi ultimi da corrispondersi per otto anni (tempo di avviamento dell’impianto).

Dal punto di vista delle fonti di energia, il provvedimento CIP n. 6/92 considerava le seguenti tre classi di impianti: impianti alimentati da fonti rinnovabili: il sole, il vento, l'energia idraulica, le

risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali;

impianti alimentati da fonti assimilate a quelle rinnovabili, come, ad esempio, gli impianti che fanno riferimento alla cogenerazione, ossia produzione combinata di energia elettrica e di calore; quelli che utilizzano calore di risulta, fumi di scarico ed altre forme di energia recuperabile in processi e in impianti; quelli che utilizzano gli scarti di lavorazione e/o di processi, nonché quelli che utilizzano fonti fossili prodotte esclusivamente da giacimenti minori isolati;

impianti alimentati da fonti convenzionali: quelli che utilizzano combustibili fossili commerciali ed altri impianti non rientranti nelle lettere precedenti.

Con l’entrata in vigore del decreto Bersani (D.Lgs. n. 79/99), in base a quanto ivi disposto dall’art.3, comma 12, è stata disposta la cessione, da parte dell'ENEL spa al GRTN spa, dei diritti e delle obbligazioni relative all'acquisto di energia elettrica prodotta da altri operatori nazionali139. Il Gestore è dunque subentrato nei rapporti contrattuali in essere tra ENEL ed altri operatori nazionali e dal 1°gennaio 2001 ritira le cosiddette “eccedenze” di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui alla citata legge 9/91, offerta dai produttori ai prezzi determinati dall'Autorità in applicazione del criterio del costo evitato.

In pratica, i produttori terzi, cedono l’energia da fonti rinnovabili generata da propri impianti in eccesso rispetto ai propri fabbisogni ad un prezzo fissato amministrativamente sulla base dei criteri stabiliti dal provvedimento dell’Autorità n. 108/97140.

Le convenzioni CIP6, ai tempi siglate con ENEL e oggi trasferite al GRTN hanno una durata fissata in otto anni a partire dalla messa in esercizio degli impianti ed il prezzo corrisposto è a carico della componente tariffaria elettrica A3141. 139 Si ricorda, inoltre che, in base all’articolo 22, comma 1, della legge 9/91, la produzione di

energia elettrica a mezzo di impianti alimentati a FER o assimilate, non era soggetta alla riserva disposta in favore dell'Enel dalla legge di nazionalizzazione, L.1643 del 6 dicembre 1962 (articolo 1). Ragion per cui, la suddetta energia era prodotta anche da altri operatori nazionali.

140 Il provvedimento reca “Definizione dei prezzi di cessione delle eccedenze di energia elettrica di cui agli articoli 20 e 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9”.

141 Le componenti tariffarie sono poste a copertura di oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema elettrico (quali ad esempio i costi di ricerca, i costi per l'incentivazione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ecc.), individuati dal Governo con decreto o dal Parlamento tramite legge. Tali oneri vengono generalmente identificati come oneri impropri in quanto rappresentano costi che ricadono in tariffa senza essere giustificati da ragioni di efficienza, in quanto si tratta di oneri sostenuti nell'interesse della collettività. I costi gravano sia sui clienti vincolati, sia sui clienti liberi e sono posti a maggiorazione dei corrispettivi per il servizio di trasporto. I valori delle componenti tariffarie A2-A6 sono determinati dall'Autorità e sono differenziati per tipologia di utenza. La gestione del gettito delle componenti A avviene

Page 205: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

197

Per quanto attiene alle modalità di ritiro dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili e non, si ricorda che l’articolo 1, comma 41 della legge n. 239/04 di riordino del settore energetico, confermando quanto disposto dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 387/03142, ha demandato all’Autorità per l’energia elettrica e il gas la determinazione delle modalità per il ritiro dell’“energia elettrica prodotta da impianti di potenza inferiore a 10 MVA” e dell’energia elettrica “di cui al secondo periodo del comma 12 dell’articolo 3 del decreto legislativo 16 marzo 1999 n. 79” (ossia le eccedenze da fonti rinnovabili e assimilate). Ai sensi dell’ultimo periodo del medesimo comma 41 della legge n. 239/04, dopo la scadenza delle convenzioni in essere, l’energia elettrica prodotta da impianti CIP 6 di potenza eguale o maggiore a 10 MVA deve essere ceduta al mercato. Si ricorda, altresì, che l'energia ritirata dai produttori incentivati viene destinata dal GRTN agli operatori del mercato libero e del mercato vincolato secondo modalità, definite di anno in anno, con decreto del Ministero delle attività produttive.

Si segnala che dal 1° novembre 2005 è diventato operativo il Gestore del sistema

elettrico – GRTN spa. Tale società, in seguito al trasferimento dal GRTN (Gestore della Rete di trasmissione Nazionale) a Terna spa del ramo d’azienda relativo alle attività di dispacciamento, trasmissione e sviluppo della rete di trasmissione, si focalizza sulla gestione delle fonti rinnovabili. L’attività di promozione, incentivazione e sviluppo delle fonti rinnovabili e assimilate, e la gestione di tutte le attività di natura pubblicistica del settore elettrico, rappresenta la nuova missione del Gestore del sistema elettrico, che diventa il punto di riferimento nel settore per l’attuazione della politica energetica nel Paese. Il GRTN spa promuove lo sviluppo delle fonti rinnovabili sia attraverso l’erogazione di incentivi agli impianti di generazione, sia con campagne di sensibilizzazione per un consumo di energia elettrica responsabile e compatibile con le tematiche dello sviluppo sostenibile in coerenza con la politica di risparmio energetico nazionale.

Con riferimento all’attività d’incentivazione della produzione di energia e la gestione dei flussi economici e finanziari di tutte le fonti rinnovabili e assimilate, il GRTN, in particolare: a) ritira dai produttori e colloca sul mercato l’energia prodotta da impianti da

attraverso appositi conti istituiti presso la Cassa Conguaglio per il settore elettrico. In particolare, la componente A3 è posta a copertura dei costi sostenuti dal GRTN per l'acquisto e la vendita di energia CIP6 (da fonti rinnovabili e assimilate).

142 L’articolo 13 cit. indicante le modalità di immissione nel sistema dell’energia elettrica da fonti rinnovabili , al comma 3 prevede, in funzione incentivante, che l’energia prodotta da impianti di potenza inferiore ai 10 MVA, nonché da impianti di qualsiasi taglia, alimentati da fonte eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremorice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima, agli impianti ad acqua fluente, sia ritirata, su richiesta del produttore, dal Gestore della rete alla quale l’impianto è collegato. L’autorità per l’energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica facendo riferimento a condizioni economiche di mercato. In attuazione di quanto disposto dall’art. 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 387/03 e dal comma 41 della legge n. 239/04, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la delibera del 23 febbraio 2005, n. 34, ha definito le “Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239” (GU n. 61 del 15 marzo 200). Modifiche e integrazioni alla delibera sono state apportate, successivamente, con le delibere nn. 49/05, 64/05 e 165/05.

Page 206: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

198

fonti rinnovabili e assimilate (“CIP6”); b) gestisce, in qualità di soggetto attuatore, il sistema di incentivazione dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici (c.d. conto energia); c) emette i certificati verdi e verifica i relativi obblighi da parte dei produttori e importatori; d) qualifica gli impianti alimentati da fonti rinnovabili; e) rilascia la garanzia d’origine dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili ed effettua il riconoscimento degli impianti di produzione in cogenerazione.

Il GRTN partecipa, inoltre, alla piattaforma internazionale di scambio certificati gestita dall’AIB (Association of Issuing Bodies), associazione internazionale di cui è membro. In tale ambito, il GRTN emette i certificati RECS (Renewable Energy Certificate System), titoli internazionali, su base volontaria, attestanti la produzione di energia elettrica rinnovabile.

I certificati verdi

I certificati verdi costituiscono il nuovo strumento di incentivazione dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip 6.

Definito dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 79 del 16 marzo 1999, in attuazione della direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, e perfezionato dapprima con i decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002, il nuovo meccanismo dei “certificati verdi” adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili143 consiste nell’obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. La quota, inizialmente fissata nel 2%, è applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, decurtate dell’elettricità prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni, con una “franchigia” di 100 GWh successivamente ridotta a 50 GWh.

Gli impianti che concorrono al conseguimento della quota, come accennato, sono quelli alimentati da fonti rinnovabili entrati in funzione dopo il 1 aprile 1999 a seguito di nuova costruzione, potenziamento, rifacimento, totale o parziale riattivazione. Concorre, altresì, al conseguimento della quota la nuova produzione imputabile a fonte rinnovabile ottenuta, anche in impianti esistenti, mediante co-combustione, cioè combustione contemporanea di combustibili non rinnovabili e di combustibili, solidi, liquidi o gassosi, ottenuti da fonti rinnovabili.

L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN (Gestore del sistema elettrico, operativo dal 1° novembre 2005) rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV) titoli comprovanti la produzione 143 Si ricorda, in proposito, che, secondo la definizione contenuta nell’articolo 2, comma 15 del

citato D.Lgs.79/99, sono fonti energetiche rinnovabili il sole, il vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici.

Page 207: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

199

di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano l’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, sono previste sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica.

I produttori ed importatori di energia elettrica soggetti all'obbligo di immissione nel sistema della quota sopra indicata di energia proveniente da fonti rinnovabili, trasmettono al GRTN, entro il 31 marzo di ogni anno l'autocertificazione attestante le proprie importazioni e produzioni di energia da fonti non rinnovabili, riferita all'anno precedente ed evidenziante separatamente l'energia importata e quella prodotta da ciascun impianto.

Il GRTN, sulla base dell'autocertificazione ricevuta, effettua la verifica relativamente all'anno precedente ed annulla i certificati relativi riconoscendo al titolare che lo deposita il soddisfacimento della quota verde.

I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da

quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei CV è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003.

Nel mercato dei certificati verdi la domanda è costituita dall’obbligo da parte dei produttori e degli importatori di immettere la quota minima prevista di energia prodotta da fonti rinnovabili; mentre l'offerta è rappresentata dai certificati verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai certificati verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

Nella fase di avvio del nuovo meccanismo, si è stabilito che gli impianti Cip 6/92 entrati in esercizio dopo il 1 aprile 1999 abbiano diritto ai certificati verdi: la proprietà di tali certificati è però attribuita al GRTN, che li immette sul mercato, esclusivamente attraverso la piattaforma del GME, ad un prezzo di offerta fisso, determinato in base alla differenza tra la l’onere di acquisto della relativa elettricità (limitatamente a quella che gode ancora della tariffa incentivante) ed i proventi della vendita della medesima elettricità.

Il valore dell’incentivo, cioè il prezzo del certificato verde, si forma sul mercato. Poiché i CV non sono differenziati per tecnologia e fonte, vi è competizione non solo tra gli operatori, ma anche tra le diverse tecnologie di sfruttamento delle fonti rinnovabili, per cui ne risultano avvantaggiate le tecnologie a minor costo di produzione dell’energia.

A compensazione parziale di questo effetto, sono stati introdotti specifici strumenti a sostegno delle tecnologie più costose: tra essi, si richiamano i programmi di diverse regioni per incentivi in conto capitale, nonché alcune iniziative governative, come quella del Ministero dell’ambiente e della tutela del

Page 208: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

200

territorio a sostegno della diffusione del fotovoltaico integrato nelle strutture edilizie.

Altri strumenti importanti per sostenere le rinnovabili meno competitive nell’ambito del meccanismo dei certificati verdi, sono stati introdotti con il decreto legislativo n. 387/03 (v. scheda Fonti rinnovabili - Il decreto legislativo n. 387/2003). Proprio in virtù di quest’ultimo decreto legislativo, a partire dall'anno 2004 e fino al 2006, la quota d'obbligo è incrementata annualmente di 0,35 punti percentuali (art.4 comma 1). Gli incrementi della quota minima d'obbligo per il triennio 2007-2009 e 2010-2012 verranno stabiliti con decreti del Ministero delle attività produttive.

Tra le novità introdotte dal provvedimento si segnala, inoltre, l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a godere del regime riservato alla rinnovabili (art. 17), la previsione della non cumulabilità tra i certificati verdi e gli incentivi previsti per le imprese di distribuzione che perseguono obiettivi di efficienza energetica e di promozione delle fonti rinnovabili (art. 18) e il riconoscimento alle centrali ibride dell’incentivazione dei certificati verdi, limitatamente alla quota imputabile alla fonte rinnovabile (art. 8).

Il D.Lgs.387 ha confermato in otto anni il periodo di riconoscimento dei certificati verdi che, recentemente è stato innalzato a 12 anni ai sensi del comma 267 del D.Lgs n. 152 del 3 aprile 2006 recante “Norme in materia ambientale”144 (v. capitolo Il riordino del diritto ambientale, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente). Ha altresì previsto per i soggetti importatori di energia elettrica da Stati membri dell'Unione europea, sottoposti all'obbligo della quota minima, la possibilità di richiedere al Gestore della rete, relativamente alla quota di elettricità importata prodotta da fonti rinnovabili, l'esenzione dal medesimo obbligo.

Da ultimo, al fine del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali, ha disposto che i certificati verdi possono essere rilasciati esclusivamente con riferimento alla produzione di energia elettrica da impianti ubicati sul territorio nazionale, ovvero proveniente da paesi che adottino strumenti di promozione e incentivazione delle FER analoghi a quelli vigenti in Italia e riconoscano la stessa possibilità ad impianti ubicati sul territorio italiano, sulla base di accordi stipulati tra il Ministro delle attività produttive e il Ministero dell’ambiente e tutela del territorio ed i competenti Ministeri dello Stato estero di provenienza dell’energia da FER.

Disposizioni concernenti i certificati verdi si rinvengono, altresì, nella legge 239/04145 (c.d. legge Marzano) sul riordino del settore energetico che, oltre a ridurre la taglia dei certificati verdi a 50.000 kWh o multipli di detta grandezza dai 100 kWh previsti inizialmente (comma 87), al comma 71, art. 1, ha esteso il

144 GU 14 aprile 2006, SO n. 96/4. 145 Legge 23 agosto 2004, n. 239 recante “Riordino del settore energetico, nonché delega al

Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia".

Page 209: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

201

nuovo strumento di incentivazione della produzione di energia elettrica, all’energia prodotta mediante utilizzo di idrogeno e quella prodotta da impianti statici con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile, nonché all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento urbano, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento146.

In attuazione delle disposizioni introdotte dal comma 71 della legge di riordino del settore energetico è stato emanato il decreto del Ministro delle attività produttive e dell’ambiente e tutela del territorio del 24 ottobre 2005 recante “Direttive per la regolamentazione della emissione dei certificati verdi alle produzioni di energia di cui all’articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239”147

Un secondo decreto 24 ottobre 2005, recante “Aggiornamento delle direttive per l’incentivazione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79”, ha, invece, provveduto a rafforzare ulteriormente l’incentivazione dei rifiuti- compresa la frazione non biodegradabile – e dei combustibili da essi derivanti, già prevista, in aperto contrasto con la direttiva 2001/77/CE, dall’articolo 17 del decreto legislativo di recepimento (n. 387/03) che all’art. 5, comma 2, ha riconosciuto agli impianti alimentati a biomasse e rifiuti il diritto ai certificati verdi per l’energia prodotta nei primi 8 anni successivi alla loro entrata in servizio. Il decreto in questione ha previsto anche la possibilità di ottenere, su richiesta del produttore, i certificati verdi per ulteriori 4 anni ed ha escluso dal diritto all’ottenimento dei certificati verdi gli impianti che ai fini della produzione di energia elettrica utilizzano rifiuti urbani e speciali non pericolosi.

Il meccanismo dei certificati verdi non rappresenta l’unica forma nazionale di

sostegno al settore delle energie rinnovabili. In particolare occorre ricordare 146 Il sistema di teleriscaldamento si compone di una rete di trasporto e di una centrale di

produzione del calore, messi entrambi al servizio contemporaneamente di più edifici. La centrale di teleriscaldamento può utilizzare tecnologie cogenerative e/o fonti rinnovabili.

Il calore distribuito dalla reti di teleriscaldamento può provenire dai combustibili fossili (prodotti petroliferi, gas naturale carbone, ovviamente utilizzati in modalità cogenerativa), da fonti rinnovabili (solare, geotermia, biomasse e frazione combustibile dei rifiuti) o da reflui industriali.

Il calore che viene distribuito con i sistemi di teleriscaldamento urbano deriva da impianti a produzione semplice (solo calore) e a produzione combinata (calore + energia elettrica). Alla prima tipologia di impianti appartengono le caldaie per produzione di calore in forma di vapore, acqua calda, acqua surriscaldata, olio diatermico. Gli impianti a produzione combinata, invece, sono gli impianti di cogenerazione che nella pratica attuale possono essere alimentati da un ciclo a vapore, a spillamento o a contropressione, con motori a combustione interna, con turbine a gas, a ciclo combinato. Nuove tecnologie sono in fase di introduzione e comprendono l'utilizzo di celle a combustibile e microturbine. Il sistema di distribuzione può utilizzare diversi tipi di fluidi: la tendenza in Italia è quella di utilizzare acqua calda (80-90°C) o leggermente surriscaldata (110-120°C). Il sistema di distribuzione può essere diretto o indiretto, più utilizzato in Italia. Nel primo caso, un unico circuito idraulico collega la centrale di produzione con il corpo scaldante (termosifone o piastra) dell’utente. Viceversa, nel secondo caso, sono presenti due circuiti separati, mantenuti in contatto attraverso uno scambiatore di calore.

147 SO alla "Gazzetta Ufficiale" n. 265 del 14 novembre 2005 - serie generale.

Page 210: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

202

alcuni programmi promossi dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio (in collaborazione con regioni ed enti locali) nei settori dell’energia solare (v. capitolo Energie rinnovabili, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente).

Si segnala, inoltre, l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze - per il 2005- del Fondo per la promozione delle risorse rinnovabili, con una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro, disposta dall’art. 1 comma 248 della legge finanziaria 2005 (L. 311/04). L’attenzione è stata posta in particolare sulle potenzialità di produzione di idrogeno da fonti di energia rinnovabile solare, eolica, idraulica o geotermica. Il Fondo è destinato a cofinanziare attività di ricerca applicata e sviluppo precompetitivo, prioritariamente dirette all’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili, e, segnatamente, all’utilizzo del vettore idrogeno, prodotto con fonti rinnovabili, nell’ambito di nuovi sistemi di locomozione – come ad esempio i veicoli dotati di celle combustibili - atti a ridurre, nella logica dello sviluppo sostenibile, le emissioni inquinanti al fine del miglioramento della qualità ambientale, in particolare all’interno dei centri urbani.

Per quanto riguarda i meccanismi di incentivazione e il mercato delle rinnovabili in Italia si rinvia al Rapporto dell’ENEA “Le Fonti Rinnovabili 2005 - Lo sviluppo delle rinnovabili in Italia tra necessità e opportunità”148, mentre per quanto concerne l’incentivazione specifica del fotovoltaico (v. scheda Fonti rinnovabili - Conto energia).

Il Sistema RECS

il meccanismo di incentivazione della produzione di energia elettrica da rinnovabili noto come “Certificati Verdi” si pone come meccanismo complementare rispetto a quello successivamente introdotto a livello internazionale e noto come RECS149.

I RECS - Renewable Energy Certificate System – costituiscono un sistema di certificazione volontario, condiviso a livello internazionale, volto alla promozione e allo sviluppo del mercato dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, operante attraverso certificati attribuiti all’energia elettrica prodotta da dette fonti, emessi nel paese ove è avvenuta la produzione e commercializzati o scambiati sui mercati internazionali.

I RECS operano attraverso certificati che rappresentano la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e la sua emissione nel paese di produzione consente la commercializzazione o lo scambio del certificato sui mercati internazionali, anche separatamente dall’energia elettrica cui il certificato fa riferimento.

148 Indirizzo internet http://www.enea.it/com/web/pubblicazioni/rinnovabili/indicerapporto.html. 149 I certificati RECS riguardano quegli impianti a fonte rinnovabile esclusi dal decreto Bersani.

Page 211: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

203

In Italia, la titolarità della registrazione degli impianti e dell’emissione e l’annullamento dei certificati è posta in capo al medesimo organismo previsto per i certificati verdi (GRTN) e ciò costituisce una garanzia per il corretto funzionamento dei due sistemi 150.

In Italia, il Gestore del sistema elettrico - GRTN è membro del RECS insieme ad AceaElectrabel Trading, AEM Trading, AGSM Verona, ASM Brescia, APER, Assoelettrica, CVA, Dalmine Energie, Edison Trading, Electra Italia, Endesa Italia, Enel Trade, Federpern, La220, Multiutility. Il GRTN, in qualità di organismo di emissione dei certificati, partecipa all’AIB (Association of Issuing Bodies) che ha presieduto per due anni e di cui, da settembre 2005, è membro del Board.

Le differenze tra RECS e certificati verdi sono così riassumibili: la partecipazione è volontaria e la possibile remunerazione della vendita del

certificato è dunque collegata a principi di green pricing e di sensibilità ambientale delle aziende;

ogni certificato fa riferimento ad una produzione annua di 1MWh, includendo così anche le applicazioni di piccola taglia;

il mercato è allargato a 18 paesi attualmente e potrà essere ulteriormente esteso in futuro.

Il sistema è oggi operativo nella maggior parte dei paesi membri dell’Unione Europea, nei quali sono stati individuati organismi di emissione (i c.d. Issuing Bodies) che emettono, registrano ed annullano i certificati verdi in ossequio ai principi e alle regole stabilite in un protocollo comune, denominato Basic Commitment, e nei rispettivi protocolli nazionali, denominati National Domain Protocol, convalidati dall’ AIB (Association of Issuing Bodies).

150 Molti operatori italiani hanno preso parte all’edificazione del sistema RECS (14 sui 170 membri

RECS) ed alla definizione dei principi comuni e delle regole per una certificazione condivisa da tutti i partecipanti. Si tratta di Aper, Api, Aeeg, Bluenergy, Cesi, Edison, Endesa italia, Enel holding, Enelgreenpower, Enel produzione, Enel trade, Federpern, Unapace e Grtn. Quest’ultimo, in particolare, è l’Issuing Body italiano, cioè l’organismo che ha assunto in Italia il compito di certificare gli impianti da fonti rinnovabili ed emettere, registrare ed annullare i certificati relativi alla produzione di elettricità da questi impianti.

Page 212: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 213: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

205

Fonti rinnovabili - Conto energia

Decreto ministeriale 28 luglio 2005

In attuazione di quanto disposto dall’articolo 7 del D.Lgs. n. 387/03151, il DM 28 luglio 2005152 emanato dal Ministero delle attività produttive di concerto con il Ministero dell’ambiente, definisce criteri di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica da fonte solare coerenti con le disposizioni della direttiva 2003/54/CE.

Il decreto introduce una nuova modalità di incentivazione per la produzione di energia da impianti fotovoltaici con taglie comprese tra 1 kW e 1000 kW di potenza elettrica, ricorrendo al cosiddetto “conto energia”, in sostituzione del precedente sistema di incentivazione basato esclusivamente su contributi in conto capitale - erogati a livello regionale, nazionale o comunitario sotto varie forme - e idoneo a finanziare il 50-75 % del costo di investimento.

Con il nuovo sistema di incentivazione, volto a valorizzare direttamente la produzione di energia rinnovabile in modo decentrato e a garantire un rientro in tempi ragionevoli dell’investimento senza gravare sul bilancio dello Stato - ma ricorrendo ad un ridotto prelievo sulle bollette elettriche dei consumatori - gli incentivi saranno concessi con la stessa energia prodotta, il cui surplus potrà essere venduto alla rete elettrica a tariffe incentivanti.

In sostanza, con l’attivazione del “conto energia” a partire dal mese di settembre 2005 anche i privati, le famigli e i condomini possono connettersi alla rete nazionale e vendere a tariffe incentivanti la propria energia elettrica prodotta da pannelli fotovoltaici.

Il decreto è diretto ad incentivare l’installazione di 500 MW di impianti fotovoltaici (l'innalzamento della potenza complessiva incentivabile da 100 a 500 MW è stata disposta dal DM 6 febbraio 2006) - che attualmente in Italia superano di poco i 20MW - ponendosi come obiettivo nazionale di potenza cumulata da installare il raggiungimento dei 1000 MW al 2015.

Soggetti destinatari dell’incentivazione per la produzione elettrica da fotovoltaico, che sarà erogata per una durata di 20 anni, sono le persone fisiche e giuridiche, compresi i soggetti pubblici e i condomini di edifici, responsabili della

151 D.Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 recante “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla

promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità”. All’art. 7 comma 1, prevede l’adozione di uno o più decreti con i quali sono definiti i criteri per l'incentivazione della produzione di energia elettrica dalla fonte solare e al comma 2, lett. d) prevede una specifica tariffa incentivante per l’energia prodotta mediante conversione fotovoltaica della fonte solare.

152 Il DM 28 luglio 2005 recante “Criteri per l'incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare” (GU 5 agosto 2005, n. 181) è stato recentemente modificato dal DM 6 febbraio 2006 (GU 15 febbraio 2006).

Page 214: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

206

realizzazione e dell’esercizio degli impianti, che inoltrano domanda di scambio sul posto dell’energia prodotta dai medesimi impianti fotovoltaici.

All’incentivazione possono accedere gli impianti di potenza nominale non inferiore a 1 kW e non superiore a 1000 kW collegati alla rete elettrica, incluse le piccole reti isolate di cui all'art. 2, comma 17 del D.Lgs 79/99, entrati in esercizio dopo il 30 settembre 2005 a seguito di nuova costruzione o rifacimento totale o di potenziamento. Per accedere all’incentivazione, come ha precisato il DM 6 febbraio 2006 che ha modificato il decreto 28 luglio 2005, gli impianti devono essere realizzati con componenti di nuova costruzione e nel rispetto delle norme tecniche riportate in allegato al decreto.

La relativa domanda – con allegato il progetto preliminare dell’impianto - viene presentata entro le date stabilite (art. 7, co. 1) a un soggetto attuatore individuato dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, ai sensi dell’art. 9, co. 2.

A partire dal mese di settembre 2005, il ruolo di soggetto attuatore è stato assunto dal GRTN (Gestore del sistema elettrico), su incarico dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas che con la delibera n.188/05153 ha individuato le modalità e le condizioni di erogazione delle tariffe incentivanti, le modalità di presentazione delle domande e delle necessarie verifiche. Il provvedimento è stato recentemente modificato e integrato dalla delibera AEEG n. 40/06.

Il Gestore è chiamato a valutare l'ammissibilità delle domande secondo i criteri definiti dal decreto e ad erogare le tariffe incentivate agli operatori ammessi a beneficiarne.

L’entità dell’incentivazione (tariffe per kWh), di cui si prevede un aggiornamento annuo è definita in base alla taglia dell’impianto; per gli impianti la cui domanda sarà inoltrata a partire dal 2007 la tariffa decrescerà del 5% (il DM 28 luglio 2005 fissava la riduzione al 2%).

Gli impianti di piccola taglia sotto i 20 kW di potenza possono optare per il servizio di scambio sul posto o per la cessione in rete dell’energia prodotta: sistema del servizio di scambio sul posto di cui all’art. 6 del D.Lgs. 387/03154:

l’incentivazione è riconosciuta solo all’energia prodotta e consumata in loco:

153 Pubblicato sulla GU 14 settembre 2005. 154 L’art. 6 introduce una misura volta ad agevolare la diffusione degli impianti di piccola taglia

consistente nell’applicazione del servizio di scambio sul posto dell’elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20kW. Il servizio di scambio sul posto viene erogato dall’impresa di distribuzione competente territorialmente e consiste nell'operare un saldo annuo tra l'energia elettrica immessa in rete dagli impianti di potenza nominale non superiore a 20 kW alimentati da fonti rinnovabili e l'energia elettrica prelevata dalla rete, nel caso in cui il punto di immissione e di prelievo dell'energia elettrica coincidano. Con la delibera n. 28/06 l’AEEG – tenendo conto anche DM 6 febbraio 2006 - ha provveduto ad estendere la disciplina già in vigore fin dal 2000 per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici (del. 224) - alla produzione di tutte le altre fonti rinnovabili (come l’eolico, il mini-idro ecc.), oltre che ai clienti del mercato libero. Nel caso di scambio sul posto il soggetto richiedente il servizio si configura come cliente finale e non può vendere l’energia elettrica prodotta, ma solo utilizzarla- anche in maniera differita nel tempo - per coprire i propri consumi. In sostanza il servizio di scambio sul posto consente al cliente di utilizzare i servizi di rete per immagazzinare l’energia elettrica immessa quando non esiste necessità di consumo e di

Page 215: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

207

viene installato un inverter155 che fa un bilancio tra l’energia prodotta e quella consumata e solo su quest’ultima viene applicata la tariffa incentivante;

cessione in rete dell’energia prodotta: tutta l’energia prodotta viene immessa in rete, acquistata in base alle tariffe che definisce l’Autorità dell’energia; sul totale della produzione viene riconosciuto la tariffa incentivante prevista dal decreto (produzione moltiplicata per la tariffa incentivante: 0,445 €/kWh per domande relative al 2005 e 2006). I consumi, diversamente, saranno determinati in base al contratto normalmente gestito con il gestore locale. Consumi e produzione seguono strade differenti. In questo modo viene riconosciuto anche al piccolo produttore l’opportunità offerte agli impianti di taglia media.

Per gli impianti oltre i 20 kW potenza, l’energia prodotta potrà beneficiare del: riconoscimento dell’incentivo ventennale proveniente dai kWh prodotti ed

immessi in rete, moltiplicati per la tariffa incentivante (da 0,460 a 0,490 €/kWh e);

ricavato della vendita delle eccedenze alla rete locale, ai prezzi definiti dall’Autorità con la delibera n.34/2005156 con la quale sono fissate, ai sensi dell’art. 13, comma 3, del D.Lgs. 387/03157 anche le modalità e le condizioni di ritiro. Il decreto all’art. 7 stabilisce criteri di priorità per l’accesso all’incentivazione,

prevedendo un inoltro trimestrale della domande per tutte le tipologie di impianti che possono essere presentate nel periodo intercorrente dal 1° al 31 marzo, dal

riprelevarla dalla rete in caso di necessità. L’energia non consumata nell’anno di riferimento può essere utilizzata nel corso dei tre anni successivi a quello in cui matura. Alla fine di tale periodo il credito residuo viene annullato

155 Si tratta di un’apparecchiatura elettronica a stato solido che convertono la tensione continua di una batteria in una tensione alternata idonea all'alimentazione di apparati funzionanti a 220/230 volt.

156 La delibera prevede che agli impianti alimentati da fonti innovabili, tra cui gli impianti fotovoltaici, di potenza fino a 1 MW siano riconosciuti prezzi minimi garantiti per scaglioni progressivi: 95€/MWh fino a 500 mila kWh annui; 80€/MWh da 500 mila kWh annui fino a 1 milione; 70€/MWh da 1milione di kWh a 2 milioni di kWh annui. Modifiche e integrazioni alla delibera sono state apportate, successivamente, con le delibere nn. 49/05, 64/05 e 165/05

157 L’articolo 13 cit. indicante le modalità di immissione nel sistema dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, al comma 3 prevede, in funzione incentivante, che l’energia prodotta da impianti di potenza inferiore ai 10 MVA, nonché da impianti di qualsiasi taglia, alimentati da fonte eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima, agli impianti ad acqua fluente, sia ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore della rete alla quale l’impianto è collegato. L’autorità per l’energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica di cui al presente comma facendo riferimento a condizioni economiche di mercato. In attuazione di quanto disposto dall’art. 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 387/03 e dal comma 41 della legge n. 239/04, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la delibera del 23 febbraio 2005, n. 34, ha definito le “Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239” (GU n. 61 del 15 marzo 200). Modifiche e integrazioni alla delibera sono state apportate, successivamente, con le delibere nn. 49/05, 64/05 e 165/05.

Page 216: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

208

1° al 30 giugno, dal 1° al 30 settembre, dal 1° al 31 dicembre. (in precedenza il DM 28 luglio 2005 fissava date precise:entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 31 dicembre di ciascun anno). Nel caso di impianti di potenza superiore a 50 kW ed inferiore a 1000 kW, alla domanda di ammissione alle tariffe incentivanti è allegata, a pena di inammissibilità della domanda, una dichiarazione recante impegno a costituire e a far pervenire al Gestore del Sistema Elettrico – GRTN spa, una cauzione definitiva.

L’obbligo di costituire cauzione non sussiste qualora il soggetto responsabile dell’impianto sia una Amministrazione dello Stato, una Regione, una Provincia autonoma o un ente locale.

Per gli impianti con potenza superiore ai 50 kW, per i quali è prevista una tariffa massima, gli incentivi sono attribuiti mediante un meccanismo di gara.

La graduatoria delle domande viene stabilita in base al valore della tariffa incentivante richiesta; la priorità è data a quelle domande con il valore più basso di tariffa richiesta. In caso di parità di valore, la priorità è riconosciuta in base all’ordine temporale di ricevimento da parte del GRTN. Inoltre, per gli impianti con taglia compresa tra i 50 e i 1000 kW il soggetto responsabile dell’impianto deve costituire una cauzione, da prestarsi sotto forma di fideiussione bancaria o polizza assicurativa (pari a 1000 € per kWp da installare) a titolo di penale in caso di mancata realizzazione dell’impianto nei termini previsti dal decreto.

Per le altre due taglie (1-20 e 20-50 kW) l’elenco degli impianti aventi diritto alla tariffa incentivante è ordinato secondo la data di ricevimento della domanda da parte di GRTN.

Specifiche condizioni per la cumulabilità del conto energia con altri incentivi

sono fissate dall’articolo 10 del provvedimento che prevede, in particolare, una riduzione del 30% delle tariffe incentivanti nel caso che il soggetto responsabile benefici della detrazione fiscale, nonché la mancata erogazione delle tariffe per gli impianti che godano di incentivi pubblici in conto capitale superiori al 20% del costo di investimento o che usufruiscono dei certificati verdi.

Le tariffe incentivanti sono riconosciute fino al raggiungimento, da parte di tutti gli impianti che le ottengono, di una potenza cumulativa di 500 MW: 360 MW per gli impianti fino a 50 kWp e 140 MW per gli impianti da 50 kWp a 1 MWp.

I costi dell’incentivazione degli impianti fotovoltaici non sono a carico dello Stato, ma saranno coperti con un prelievo sulle tariffe elettriche di tutti i consumatori (componente tariffaria A3158).

158 Le componenti tariffarie A costituiscono un'importante caratteristica della tariffa elettrica italiana

e sono poste a copertura di oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema elettrico (quali ad esempio i costi di ricerca, i costi per l'incentivazione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili etc.) individuati dal Governo con decreto o dal Parlamento tramite legge. Tali oneri vengono generalmente identificati come oneri impropri in quanto rappresentano costi che ricadono in tariffa senza essere giustificati da ragioni di efficienza, in quanto si tratta di oneri sostenuti nell'interesse della collettività. I costi gravano sia sui clienti vincolati, sia sui clienti liberi e sono

Page 217: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

209

Il DM 28 luglio 2005 è stato recentemente modificato e integrato dal

decreto 6 febbraio 2006 del Ministro delle attività produttive, emanato di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio.

Tra le principali novità introdotte dal decreto si segnalano: l'innalzamento della potenza complessiva incentivabile da 100 a 500 MW e la variazione dei termini di presentazione delle domande che potranno essere inviate esclusivamente nei periodi dal 1° al 31 marzo, dal 1° al 30 giugno, dal 1° al 30 settembre e dal 1° al 31 dicembre di ciascun anno.

Ulteriori innovazioni del decreto riguardano: l’introduzione di limiti di potenza annuale, per ciascuno degli anni dal 2006 al

2012 (60 MW per gli impianti di potenza non superiore a 50 kW e 25 MW per gli impianti di potenza superiore a 50 kW) cui riconoscere le tariffe incentivanti dei quali si esclude l’applicazione alle domande inoltrate al Gestore del Sistema Elettrico –GRTN spa prima della entrata in vigore del decreto in esame;

l’obbligo, per gli impianti di potenza superiore a 50 kW, di allegare alla domanda di ammissione alle tariffe incentivanti, pena l’inammissibilità della domanda, una dichiarazione recante impegno a costituire e a far pervenire al GRTN spa, una cauzione definitiva la cui misura rispetto al precedente decreto viene ridotta a 1000 euro per ogni kW di potenza nominale. Non sussiste obbligo per Amministrazione dello Stato, una Regione, una Provincia autonoma o un ente locale;

l’ammissione all’incentivazione anche degli impianti per la cui realizzazione siano utilizzati moduli a film sottile che rispettino la Norma CEI 61646 (82-12) purché la domanda di accesso alle tariffe incentivanti sia presentata da persone giuridiche. E’ concessa priorità di accesso alle domande già presentate prima dell’entrata in vigore del nuovo DM e non ammesse in ragione dell’utilizzo di detti moduli, purché presentate da persone giuridiche;

la priorità di accesso alle tariffe incentivanti, in conseguenza dell’incremento del limite di potenza, delle domande non ammesse in ragione del raggiungimento del limite massimo di potenza cumulativa prevista dal precedente DM 28 luglio 2005, inoltrate nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore di detto decreto e la data di entrata in vigore del DM in esame;

la possibilità riconosciuta agli impianti di potenza non superiore a 20 kW di optare per il servizio di scambio sul posto o per la cessione in rete dell’energia

posti a maggiorazione dei corrispettivi per il servizio di trasporto. I valori delle componenti tariffarie A2-A6 sono determinati dall'Autorità e sono differenziati per tipologia di utenza. La gestione del gettito delle componenti A avviene attraverso appositi conti istituiti presso la Cassa Conguaglio per il settore elettrico. In particolare, la componente A3 è posta a copertura dei costi sostenuti dal GRTN per l'acquisto e la vendita di energia CIP6 (da fonti rinnovabili e assimilate).

Page 218: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

210

prodotta. Nel primo caso l’incentivazione è riconosciuta solo all’energia prodotta e consumata in loco;

l’invarianza della tariffa iniziale comunicata dal GRTN nella lettera di accettazione della domanda di incentivazione per i venti anni di durata della medesima;

l’aggiornamento della tariffa iniziale in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie ed operai applicato solo agli impianti per i quali la domanda viene presentata dopo il 2006, per ciascuno degli anni successivi al 2006, insieme ad una decurtazione della tariffa stessa del 5% l’anno;

l’incremento del 10% delle tariffe incentivanti riconosciute – che restano costanti fino all’anno 2012 incluso – qualora i moduli fotovoltaici siano integrati in edifici di nuova costruzione ovvero in edifici esistenti oggetto di ristrutturazione, come definiti all’art. 3, comma 2 del D.Lgs. 192/2005. Il soggetto che intende avvalersi di tale ulteriore beneficio è tenuto ad allegare alla domanda di ammissione la dichiarazione attestante il rispetto dei criteri di cui al D.Lgs. 192/200;

il potenziamento di un impianto va inteso come l’intervento tecnologico eseguito su un impianto esistente, entrato in esercizio da almeno 2 anni che ne consenta una produzione aggiuntiva.

Page 219: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

211

Rendimento energetico nell’edilizia

Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192

Il decreto legislativo n. 192/2005159, recante l’attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell'edilizia, sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306, è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici, anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto (v. scheda L’attuazione del Protocollo di Kyoto, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente), nonché alla promozione della competitività dei comparti più avanzati, attraverso lo sviluppo tecnologico.

Il decreto legislativo è stato preceduto diversi provvedimenti adottati nel nostro ordinamento in tema di efficienza energetica degli edifici fin dal 1976. Si segnala, in primo luogo, la legge 30 aprile 1976, n. 373, recante “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici”, con la quale si è inteso regolare le caratteristiche di prestazione dei componenti, l’installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari negli edifici pubblici o privati, nonché le caratteristiche di isolamento termico degli edifici da costruire o ristrutturare, nei quali sia prevista l'installazione di un impianto termico di riscaldamento degli ambienti.

Particolarmente rilevante la legge 9 gennaio 1991, n. 10160, le cui disposizioni sono state dirette a favorire ed incentivare, tra l’altro, l'uso razionale dell'energia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi. Il Titolo II della legge reca, in particolare, un quadro organico di disposizioni per il contenimento dei consumi di energia negli edifici concernente: la progettazione, la messa in opera e l’esercizio di edifici e di impianti; i limiti ai consumi di energia; la certificazione energetica degli edifici; l’esercizio e la manutenzione degli impianti; i controlli e le verifiche. Tra i provvedimenti attuativi della legge, si segnala il DPR 26 agosto 1993, n. 412161, recante specifiche norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici, ai fini del contenimento dei consumi di energia; tale regolamento definisce le metodologie e i requisiti relativi alle prestazioni energetiche degli edifici e degli impianti di riscaldamento invernale, l'esercizio e manutenzione degli stessi impianti e i relativi controlli e ispezioni. Per questi ultimi fissa i 159 Decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 recante “Attuazione della direttiva 2002/91/CE

relativa al rendimento energetico nell'edilizia”(GU n. 222 del 23 settembre 2005, SO n. 158). 160 Recante “Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale

dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”. 161 Adottato in attuazione dell'art. 4, comma 4, della citata legge n. 10/1991, il DPR 26 agosto

1993, n. 412 recante “Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell'art. 4, comma 4, della L. 9 gennaio 1991, n. 10”, è stato successivamente modificato dal DPR 21 dicembre 1999, n. 551.

Page 220: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

212

requisiti degli esperti a cui affidarne l'esecuzione per garantire la qualità del loro operato e l'indipendenza di giudizio.

Gli ultimi due provvedimenti, come evidenziato nel preambolo dello schema di decreto di recepimento della direttiva 2002/91/CE, presentato alle Camere per il richiesto parere, in parte hanno già attuato tale provvedimento.

Il decreto legislativo n. 192/05 - composto da 17 articoli e 10 allegati tecnici disciplina, in particolare:

la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli edifici;

l'applicazione di requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici;

i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici; le ispezioni periodiche degli impianti di climatizzazione; i criteri per garantire la qualificazione e l'indipendenza degli esperti incaricati

della certificazione energetica e delle ispezioni degli impianti; la raccolta delle informazioni e delle esperienze, delle elaborazioni e degli

studi necessari all'orientamento della politica energetica del settore; la promozione dell'uso razionale dell'energia anche attraverso l'informazione

e la sensibilizzazione degli utenti finali, la formazione e l'aggiornamento degli operatori del settore (art. 1, comma 2). Alla luce dell'articolo 1, comma 1, della legge di riordino del settore energetico

(L. 23 agosto 2004, n. 239)162, il decreto dispone che, lo Stato, le regioni e le province autonome, avvalendosi di meccanismi di raccordo e cooperazione, predispongano programmi, interventi e strumenti volti, nel rispetto dei principi di semplificazione e di coerenza normativa, alla:

a) attuazione omogenea e coordinata delle norme dello stesso D.Lgs.; b) sorveglianza dell'attuazione delle norme, anche attraverso la raccolta e

l'elaborazione di informazioni e di dati; c) realizzazione di studi che consentano adeguamenti legislativi nel rispetto

delle esigenze dei cittadini e dello sviluppo del mercato; d) promozione dell'uso razionale dell'energia e delle fonti rinnovabili, anche

attraverso la sensibilizzazione e l'informazione degli utenti finali.

Il decreto legislativo si applica agli edifici di nuova costruzione163, ad eccezione delle seguenti categorie individuate dall’articolo 3:

162 Il comma stabilisce che gli obiettivi e le linee della politica energetica nazionale, nonché i criteri

generali per la sua attuazione, sono elaborati e definiti dallo Stato, che si avvale anche dei meccanismi esistenti di raccordo e di cooperazione con le autonomie regionali.

163 Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b), dello schema di decreto, per "edificio di nuova costruzione" si deve intendere un edificio per il quale la richiesta di autorizzazione o concessione edilizia, comunque denominata, sia stata presentata successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (8 ottobre 2005).

Page 221: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

213

immobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico 164;

immobili di notevole interesse pubblico, e in particolare le ville, i giardini e i parchi, non tutelati come beni culturali ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, ma che si distinguono per la loro non comune bellezza, nonché i complessi immobiliari che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale 165;

fabbricati industriali, artigianali e agricoli non residenziali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili;

fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati.

La definizione dei criteri generali tecnico-costruttivi degli edifici e degli impianti è demandata ad uno o più DPR, da adottare su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio - acquisita l’intesa con la Conferenza Unificata e sentiti il CNR, l’ENEA e il Consiglio nazionale consumatori e utenti (CNCU) (art. 4). In particolare entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto dovranno essere definiti:

i criteri generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi finalizzati al contenimento dei consumi di energia, in merito alla progettazione, installazione, esercizio manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione (invernale ed estiva) degli edifici, per la preparazione dell'acqua calda per usi igienico-sanitari e per l'illuminazione artificiale degli edifici del settore terziario;

i criteri generali di prestazione energetica per l'edilizia sovvenzionata e convenzionata, nonché per l'edilizia pubblica e privata, anche riguardo la ristrutturazione degli edifici esistenti, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi in merito alla progettazione e realizzazione dell'involucro edilizio;

i requisiti professionali e i criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti o degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici e l'ispezione degli impianti di climatizzazione. I requisiti minimi sono rivisti ogni 5 anni e aggiornati in funzione dei progressi della tecnica.

164 Immobili ricadenti nell'ambito della disciplina della parte seconda del decreto legislativo 22

gennaio 2004, n. 42, recante codice dei beni culturali e del paesaggio. 165 Categorie di immobili contemplate dall'articolo 136, comma 1, lett. b) e c) del citato codice dei

beni culturali e del paesaggio.

Page 222: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

214

Per l’attuazione dei suddetti decreti è prevista, da parte del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti, e acquisita l’intesa con la Conferenza Unificata, la promozione di meccanismi di raccordo, concertazione e cooperazione, (art. 5). E’ previsto anche il supporto dell’ENEA e del CNR.

In attuazione dell'art. 7 della direttiva 2002/91/CE, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto (vale a dire entro l’8 ottobre 2006), gli edifici di nuova costruzione dovranno essere dotati, al termine della costruzione, di un attestato di certificazione energetica, redatto secondo i criteri e le metodologie fissati dall'articolo 4. La certificazione può fondarsi, oltre che sulla valutazione dell’appartamento interessato anche su una certificazione comune dell’intero edificio o su un altro appartamento rappresentativo.

L’attestato, la cui validità non può superare i 10 anni e che va aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione modificante le prestazioni energetiche dell'edificio, deve essere allegato agli atti di compravendita ovvero deve essere messo a disposizione del conduttore in caso di locazione. L’attestato comprende i dati relativi all'efficienza energetica propri dell'edificio, i valori vigenti a norma di legge e valori di riferimento, che consentano ai cittadini di valutare e confrontare la prestazione energetica dell'edificio. E’ inoltre corredato da suggerimenti in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della prestazione energetica.

Da parte del Ministro delle attività produttive è prevista la predisposizione, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza Unificata, sentito il CNCU, delle Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici.

Con riferimento agli impianti di climatizzazione estiva il decreto stabilisce a carico dei proprietari, degli occupanti le unità immobiliari, degli amministratori di condominio e degli operatori, alcuni principi di responsabilità, relativamente alle operazioni di esercizio, controllo e manutenzione. Le attività di controllo e di manutenzione degli impianti di climatizzazione devono essere eseguite a regola d’arte dall’operatore che, al termine, è tenuto a redigere e a sottoscrivere un rapporto di controllo tecnico conformemente ai modelli previsti dal decreto legislativo stesso (articolo 7).

E’ previsto l’aggiornamento di alcune disposizioni relative alla progettazione ed al controllo delle opere in fase progettuale, in corso d'opera o entro cinque anni dal termine dei lavori; si dispone, inoltre, la stesura di una perizia giurata da parte del direttore dei lavori, che assicuri la conformità delle opere realizzate al progetto (art. 8).

L’attuazione del decreto è demandata, ai sensi dell’articolo 9, alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano. In particolare, alle autorità competenti sono assegnati compiti ispettivi, da realizzare con cadenza periodica,

Page 223: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

215

necessari all'osservanza delle norme relative al contenimento dei consumi di energia nell'esercizio e manutenzione degli impianti di climatizzazione, assicurando in tale ambito che la copertura dei costi avvenga con una equa ripartizione tra tutti gli utenti finali, anche integrando tale attività nel sistema delle ispezioni degli impianti all'interno degli edifici previsto all'articolo 1, comma 44, della legge 23 agosto 2004, n. 239166, in modo da garantire il minor onere e impatto possibile a carico dei cittadini. Tali attività devono essere svolte secondo principi di imparzialità, trasparenza, pubblicità, omogeneità territoriale e sono finalizzate a:

a) ridurre il consumo di energia e i livelli di emissioni inquinanti; b) correggere le situazioni non conformi alle prescrizioni del presente

decreto; c) rispettare le disposizioni in materia di esercizio e manutenzione degli

impianti termici di cui all'articolo 7; d) monitorare l'efficacia delle politiche pubbliche.

Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, allo scopo di facilitare e omogeneizzare territorialmente l'impegno degli enti o organismi preposti agli accertamenti e alle ispezioni sugli edifici e sugli impianti, possono rendere obbligatori programmi informatici per la costituzione dei catasti degli impianti di climatizzazione presso le autorità competenti. Inoltre sono tenute a riferire annualmente alla Conferenza unificata e ai Ministeri competenti sullo stato di attuazione del decreto legislativo nei rispettivi territori.

E’ previsto un sistema di monitoraggio dell’attuazione del decreto, da parte del Ministero dell'attività produttive, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, negli ambiti di rispettiva competenza ed anche avvalendosi di accordi con enti tecnico scientifici e agenzie, pubblici e privati. I risultati delle attività di monitoraggio, analisi e valutazione compiute dalle regioni e dalle province autonome, devono essere trasmessi al Ministero delle attività produttive ed al Ministero dell'ambiente, che provvedono a riunirli, elaborarli ed integrarli con i risultati di analoghe attività autonome a livello nazionale, al fine di pervenire ad un quadro conoscitivo unitario da trasmettere annualmente al Parlamento ad integrazione della relazione prevista ai sensi dell'articolo 20 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, nonché alla Conferenza Unificata (art. 10).

Una disciplina transitoria in materia di requisiti della prestazione energetica degli edifici è introdotta dall’art. 11 che, in attesa dell'emanazione dei decreti di

166 ll citato comma 44 ha delegato il Governo ad adottare, su proposta del Ministro delle attività

produttive di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, un decreto legislativo diretto al riordino della normativa tecnica impiantistica all'interno degli edifici e alla promozione di un reale sistema di verifica di tali impianti per accertare il rispetto di quanto previsto dall'attuale normativa in materia con l'obiettivo primario di tutelare gli utilizzatori degli impianti garantendo un'effettiva sicurezza.

Page 224: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

216

cui all'articolo 4, disponendo l’applicazione dalla legge 9 gennaio 1991, n. 10167, come modificata dal decreto, dalle norme attuative e dalle disposizioni di cui all'Allegato I, con riferimento al calcolo della prestazione energetica degli edifici nella climatizzazione invernale ed, in particolare, al fabbisogno annuo di energia primaria. Sempre in via transitoria l’articolo 12 disciplina, invece, l’esercizio, la manutenzione e l’ispezione degli impianti termici, prevedendo, analogamente al precedente articolo che, fino alla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'articolo 4, il contenimento dei consumi di energia nell'esercizio e manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento invernale, le ispezioni periodiche, e i requisiti minimi degli organismi esterni incaricati delle ispezioni stesse siano disciplinati dagli articoli 7 e 9 del decreto in esame, dal decreto del Presidente della Repubblica del 26 agosto 1993, n. 412, nonché dalle disposizioni di cui all'allegato L.

Al Ministro delle attività produttive è demandata la predisposizione di programmi, progetti e strumenti di informazione, educazione e formazione concernenti il risparmio energetico, finalizzati alla piena attuazione del decreto, anche attraverso nuove forme di comunicazione rivolte ai cittadini, agli operatori del settore tecnico e del mercato immobiliare. Le attività inerenti l'aggiornamento del circuito professionale e la formazione di nuovi operatori per lo sviluppo e la qualificazione di servizi nelle diverse fasi del processo edilizi, nonché la formazione di esperti qualificati e indipendenti a cui affidare il sistema degli accertamenti e delle ispezioni edili ed impiantistiche, sono affidate alle regioni e alle province autonome (art. 13).

Una clausola di copertura finanziaria introdotta dall’articolo 14 esclude nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica derivanti dall'attuazione del decreto, salvo quelli derivanti dall'attuazione delle misure di accompagnamento di cui all'articolo 13 e dall'espletamento delle attività, a cura del Ministero delle attività produttive, previste all'articolo 10, i quali sono coperti per il biennio 2005-2006 e nel limite di spesa di euro 400.000 per il 2005 e di euro 400.000 per il 2006, a valere sugli stanziamenti di cui all'articolo 1, comma 119, lettera a) della legge 24 agosto 2004, n. 239168.

Sanzioni per inadempienza agli obblighi contemplati dal decreto legislativo sono previste a carico dei progettisti, dei direttori lavori, proprietari di immobili, occupanti, amministratori di condominio, nonché degli operatori incaricati del controllo e manutenzione degli impianti termici (articolo 15).

In particolare qualora, l’autorità competente, chiamata a verificare il reale consumo energetico dell’edificio, riscontri consumi non corrispondenti a quelli dichiarati, scattano le

167 Legge 9 gennaio 1991 recante “Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in

materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”.

168 Ai sensi della lettera a) del citato comma 119, il Ministero delle attività produttive realizza, per il triennio 2004-2006, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, un piano nazionale di educazione e informazione sul risparmio e sull'uso efficiente dell'energia, nel limite di spesa, per ciascun anno, rispettivamente di euro 2.520.000, 2.436.000 e 2.468.000.

Page 225: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

217

seguenti sanzioni amministrative: 30% della parcella, a carico del progettista che ha fornito la relazione; 70% della parcella per il professionista che ha rilasciato la certificazione; 50% della parcella per il direttore dei lavori (per il quale è prevista, altresì,reclusione fino a sei mesi o multa fino a 500 euro qualora attesti falsamente la conformità delle opere realizzate rispetto al progetto ed alla relazione tecnica); una sanzione amministrativa compresa tra 1000 e 6000 € per il manutentore e tra 500 e 3000 € per il proprietario. Il costruttore può essere punito, invece, se omette la certificazione al termine dei lavori (5000-30000 €).

L’entrata in vigore del decreto determina per alcune disposizioni contenute principalmente in articoli o commi della legge 9 gennaio 1991, n. 10 e del DPR 26 agosto 1993, n. 412, la perdita di efficacia (art. 16).

Tra le disposizioni della legge n.10/1991 abrogate ai fini del coordinamento del decreto legislativo 192 con la disciplina vigente, dall’articolo 16, comma 1, cit., si segnalano, in particolare le seguenti:

- articolo 4, commi 1 e 2, i quali dispongono in merito all’adozione della normativa attuativa in materia di criteri generali tecnico-costruttivi e di tipologie per l'edilizia sovvenzionata e convenzionata nonché per l'edilizia pubblica e privata, nonché in merito alla normativa tecnica al cui rispetto è condizionato il rilascio delle autorizzazioni e la concessione e l'erogazione di finanziamenti e contributi per la realizzazione di opere pubbliche; tali abrogazioni sono da correlare alle disposizioni di cui all’articolo 4, lettera b), del decreto, le quali demandano ad uno o più decreti del Presidente della Repubblica, la definizione dei criteri generali di prestazione energetica per l'edilizia sovvenzionata e convenzionata, nonché per l'edilizia pubblica e privata, anche riguardo alla ristrutturazione degli edifici esistenti, nonché l’indicazione delle metodologie di calcolo e dei requisiti minimi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di rendimento energetico di cui all'articolo 1;

- articoli 29 e 30169, concernenti la certificazione e il collaudo delle opere previste dalla legge e, in particolare, la certificazione energetica degli edifici; tali abrogazioni vanno coordinate alla luce dell’articolo 6 dello schema di decreto, in base al quale entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto, gli edifici di nuova costruzione debbono essere dotati, al termine della costruzione medesima o in caso di compravendita o locazione ed a cura rispettivamente del costruttore, del venditore o del locatore, di un attestato di certificazione energetica, da redigersi secondo i criteri e le metodologie definite ai sensi dell'articolo 4, comma 1, dello schema di decreto medesimo170.

Infine, in relazione alla materia oggetto del decreto, recante profili di legislazione concorrente è prevista - a norma degli articoli 117, commi terzo e 169 La disposizione di cui al citato articolo 30 della legge n.10/91 è attualmente confluita nell’articolo

128 del DPR 6 giugno-2001 n. 380, recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”.

170 A tale ultimo proposito, si ricorda, come accennato, che il decreto legislativo n.112/98, recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59 “ trasferisce alle regioni i compiti previsti dal citato 'articolo 30 della legge n. 10/91 in materia di certificazione energetica degli edifici e assegna alle medesime amministrazioni funzioni di coordinamento dei compiti attribuiti agli enti locali per l'attuazione del citato DPR 412/93, nonché compiti di assistenza agli stessi per le attività di informazione al pubblico e di formazione degli operatori pubblici e privati nel campo della progettazione, installazione, esercizio e controllo degli impianti termici.

Page 226: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

218

quinto della Costituzione - una clausola di cedevolezza, in base alla quale le norme del decreto e dei decreti ministeriali applicativi nelle materie di legislazione concorrente si applicano per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE sino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma. Nel dettare la normativa di attuazione, le regioni e le province autonome saranno comunque tenute al rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dal decreto e dalla stessa direttiva 2002/91/CE (art. 17).

Per quanto attiene agli allegati al decreto, l’articolo 16, comma 3, dispone che gli stessi costituiscano parte integrante del provvedimento e che possano essere modificati con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e trasporti, sentita la Conferenza Unificata, in conformità alle modifiche tecniche rese necessarie dal progresso ovvero a quelle introdotte a livello comunitario.

In particolare, si ricorda che: l’Allegato A reca le ulteriori definizioni necessarie per l'applicazione del

decreto (richiamato all'art. 2);

l’Allegato B indica, conformemente alla direttiva comunitaria, gli elementi climatici e le caratteristiche degli edifici e degli impianti tradizionali e utilizzanti fonti rinnovabili, di cui si deve tener conto nella definizione delle metodologie di calcolo e di espressione della prestazione energetica degli edifici (richiamato all'art. 4);

l’Allegato C riporta le tabelle con i valori limite per il fabbisogno di energia primaria, per le trasmittanze delle strutture, opache e trasparenti, costituenti l'involucro edilizio, e per il rendimento globale medio stagionale dell'impianto termico (richiamato all'allegato I);

l’Allegato D reca le disposizioni inerenti le predisposizioni per l'integrazione di impianti solari termici e fotovoltaici nelle coperture degli edifici e per l'allaccio alle reti di riscaldamento (richiamato all'allegato I);

l’Allegato E fornisce lo schema per la compilazione della relazione tecnica di cui all'articolo 28 della l.10/91, attestante la rispondenza alle prescrizioni in materia di contenimento del consumo energetico degli edifici (richiamato all'allegato I);

l’Allegato F reca il modello per la compilazione dello specifico rapporto di controllo tecnico per impianto termico di potenza maggiore o uguale a 35 kW (richiamato all'allegato L);

l’Allegato G reca il modello per la compilazione del rapporto di controllo tecnico relativo agli impianti "autonomi" di potenza inferiore a 35 kW (richiamato all'allegato L);

Page 227: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

219

l’Allegato H riporta i valori minimi ammissibili del rendimento di combustione dei generatori di calore per le diverse tipologie e per anzianità di installazione (richiamato all'allegato L);

l’Allegato I reca il regime transitorio per la prestazione energetica degli edifici valido sino all’adozione dei decreti di cui all'articolo 4, comma 1 (richiamato all'articolo 11);

l’Allegato L reca il regime transitorio per l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici.

Page 228: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 229: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

221

Riordino del settore energetico- Legge n. 239/2004

La legge 23 agosto 2004, n. 239

La legge 23 agosto 2004, n. 239171 (c.d. Legge Marzano), approvata dopo un lungo iter parlamentare durato quasi 2 anni172, è finalizzata al complessivo riordino del settore energetico, secondo tre direttrici principali: la definizione delle competenze dello Stato e delle regioni secondo il nuovo

titolo V della parte seconda della Costituzione; il completamento della liberalizzazione dei mercati energetici; l’incremento dell'efficienza del mercato interno.

L’obiettivo principale della legge, composta di un solo articolo strutturato in 121 commi, è quello di chiarire il quadro delle norme regolanti i rapporti tra le varie istituzioni e fra queste e gli operatori del settore energetico, allo scopo di semplificare e snellire i processi autorizzativi stimolando in tal modo il processo di liberalizzazione in atto, nel rispetto di principi volti a garantire la tutela della concorrenza, i livelli essenziali delle prestazioni e la sicurezza pubblica.

Va, peraltro, segnalato come talune disposizioni, originariamente contenute nel disegno di legge governativo di riordino del settore, siano confluite in altri provvedimenti normativi, approvati tra il 2002 ed il 2004 dalle assemblee legislative. Si tratta, in particolare:

- della disciplina inerente la procedura per l’unificazione della proprietà e della gestione delle rete elettrica nazionale di trasmissione, delle disposizioni in tema di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per le reti nazionali di trasporto dell’energia e per gli impianti di potenza superiore ai 300 MW e di altre misure per il potenziamento del sistema elettrico, che sono confluite nel decreto legge 29 agosto 2003, n. 239, recante “Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, che la legge 239 ha, peraltro, novellato (cc. 24-26);

- della disciplina relativa alla remunerazione della capacità di produzione di energia elettrica, ora contenuta nel D.Lgs.19 dicembre 2003, n. 379, recante “Disposizioni in materia di remunerazione delle capacità di produzione di energia elettrica”, adottato sulla

171 La legge n. 239/04 reca “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il

riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”. 172 Presentato alla Camera dei deputati il 22 ottobre 2002, il disegno di legge di riordino del settore

energetico (AC 3297), assegnato il 6 novembre 2002 alla Commissione Attività produttive – che concludeva l’esame in sede referente il 13 giugno 2003 – è stato approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 16 luglio dello stesso anno. Trasmesso al Senato il 18 luglio, il ddl è stato nuovamente rinviato alla Camera il 26 maggio 2004 in un testo modificato rispetto a quello approvato in prima lettura. Sottoposto nuovamente all’esame della Camera il ddl è stato approvato in via definitiva il 30 luglio 2004, diventando legge 239/04 in data 23 agosto 2004. Il provvedimento è entrato in vigore il 28 settembre 2004.

Page 230: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

222

base di una delega prevista dall’articolo 1 della citata legge di conversione del decreto legge n. 239;

- della disciplina in materia di fonti rinnovabili, per le quali è intervenuto il D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, recante “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità“;

- della delega in materia di gestione dei rifiuti radioattivi, che risulta superata dalle disposizioni di cui al decreto legge n. 314 del 2003, recante “Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi” convertito, con modificazioni, dalla legge n.368 del 2003, oggetto anch’esso di modifiche ed integrazioni da parte della legge 239/04(cc.99-106) (v. capitolo Scorie nucleari, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente);

- delle misure per l’organizzazione della rete elettrica e, segnatamente, dei criteri per l’unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica - ora contenuti nel DPCM 11 maggio 2004 - adottato ai sensi dell’art.1 ter, comma 1, del citato decreto-legge n. 239 - recante “Criteri, modalità e condizioni per l’unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione”.

Principi e obiettivi della legislazione in materia di energia

I principi e gli obiettivi della legislazione in materia di energia sono definiti e individuati nei commi da 1 a 8 della legge che provvedono a:

enunciare la portata del provvedimento che pone i principi fondamentali in materia energetica ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, collocandoli “nell’ambito dei principi derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Il comma 1 precisa che il provvedimento reca altresì “disposizioni” inerenti il settore energetico, (quindi non solo principi generali), che lo Stato, nell’esercizio della sua potestà legislativa esclusiva, può emanare al fine di contribuire a garantire la tutela di quelle materie “trasversali” di competenza esclusiva statale e di assicurare l’unità giuridica ed economica dello Stato, il rispetto dei trattati internazionali e della normativa comunitaria”, nonché, come previsto a seguito di una modifica apportata dal Senato, “dell’autonomia delle regioni e degli enti locali”.

definire il regime delle attività del settore energetico. Le suddette attività sono raggruppate in tre categorie: a) quelle da svolgere in regime di piena libertà, pur nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico (produzione, importazione, esportazione, trasformazione delle materie fonti di energia, stoccaggio non in sotterraneo, acquisto e vendita di energia); b) quelle limitate perché espressamente definite di interesse pubblico e pertanto sottoposte agli obblighi di servizio pubblico più penetranti derivanti dalla normativa comunitaria, dalla legislazione vigente e da apposite convenzioni con le autorità competenti (trasporto e dispacciamento del gas naturale a rete, gestione di infrastrutture di approvvigionamento connesse al trasporto ed al dispacciamento di energia a rete); c) quelle riservate alle pubbliche autorità e che si svolgono in regime di concessione (distribuzione di energia elettrica e gas naturale a rete, esplorazione, coltivazione, stoccaggio sotterraneo di idrocarburi nonché trasmissione e dispacciamento di energia elettrica);

Page 231: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

223

definire gli obiettivi generali della politica energetica nazionale, chiarendo che il loro conseguimento viene assicurato dallo Stato, dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, dalle regioni e dagli enti locali, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione. Gli obiettivi e le linee della politica energetica, volti a garantire taluni comuni interessi nell'ambito delle strategie dirette a rendere competitivo il "sistema Paese", si riferiscono, in estrema sintesi alla: - sicurezza degli approvvigionamenti; - promozione dei mercati dell'energia; - economicità dell'energia e competitività del sistema; - sostenibilità ambientale; - promozione delle importazioni al fine della sicurezza e competitività; - valorizzazione delle risorse nazionali; - efficienza degli usi finali; - tutela delle famiglie disagiate; - ricerca; - salvaguardia della attività produttive con alti consumi energetici; - promozione delle aggregazioni delle imprese del settore energetico partecipate dagli enti locali.

definire gli obblighi di Stato, regioni per assicurare i livelli essenziali delle prestazioni nel settore dell'energia su tutto il territorio nazionale. Tali principi risultano spesso diretti a realizzare e a sviluppare gli obiettivi generali della politica energetica definiti dal precedente punto;

disciplinare l'attribuzione delle funzioni amministrative nel settore energetico attraverso: la riaffermazione dei principi costituzionali (art. 118 Cost.173); il riconoscimento della potestà delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano di determinare, con proprie leggi, l'attribuzione dei compiti e delle funzioni amministrativi non attribuiti allo Stato; la disciplina dei compiti e delle funzioni dello Stato rientranti nelle materie a competenza esclusiva sia con riguardo al settore energetico in generale, sia con riguardo ai settori elettrico e del gas naturale. Per quanto riguarda le competenze amministrative degli enti locali si precisa, che restano ferme le funzioni fondamentali dei predetti enti di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, “Testo unico delle leggi in materia di enti locali”174. Tra i compiti e le funzioni amministrative statali concernenti il settore energetico nel suo complesso, invece, rientrano: a) le determinazioni inerenti l'importazione e l'esportazione di energia; b) la definizione del quadro di programmazione di settore; c) la determinazione dei criteri generali tecnico-costruttivi e delle norme tecniche

173 L’art. 118, primo comma, Cost. prevede, in via generale, che le funzioni amministrative siano

attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

174 Nel predetto testo unico non si rinvengono disposizioni con diretta attinenza al settore energetico. Tuttavia, l’articolo 113, disciplina le funzioni comunali relative ai servizi pubblici locali di rilevanza industriale, facendo peraltro salve le norme di legge che disciplinano i singoli settori, tra le quali rientrano quelle di fonte statale relative all’elettricità e al gas.

Page 232: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

224

essenziali degli impianti di produzione, trasporto, stoccaggio e distribuzione dell'energia, nonché delle caratteristiche tecniche e merceologiche dell'energia importata, prodotta, distribuita e consumata; d) l'emanazione delle norme tecniche volte ad assicurare la prevenzione degli infortuni sul lavoro e la tutela della salute del personale addetto agli impianti di cui alla lettera c); e) l'emanazione delle regole tecniche di prevenzione incendi per gli impianti di cui alla lettera c) dirette a disciplinare la sicurezza antincendi con criteri uniformi sul territorio nazionale, spettanti in via esclusiva al Ministero dell'interno sulla base della legislazione vigente; f) l'imposizione e la vigilanza sulle scorte energetiche obbligatorie; g) l'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento all'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti; h)la programmazione di grandi reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti;i) l'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici, ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, al fine di garantire la sicurezza strategica, ivi inclusa quella degli approvvigionamenti energetici e del relativo utilizzo, il contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese, lo sviluppo delle tecnologie innovative per la generazione di energia elettrica e l'adeguamento della strategia nazionale a quella comunitaria per le infrastrutture energetiche; l) l'utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia; m) le determinazioni in materia di rifiuti radioattivi; n) le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, adottate, per la terraferma, di intesa con le regioni interessate; o) la definizione dei programmi di ricerca scientifica in campo energetico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; p) la definizione dei principi per il coordinato utilizzo delle risorse finanziarie regionali, nazionali e dell'Unione europea, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; q) l'adozione di misure temporanee di salvaguardia della continuità della fornitura, in caso di crisi del mercato dell'energia o di gravi rischi per la sicurezza della collettività o per l'integrità delle apparecchiature e degli impianti del sistema energetico; r) la determinazione dei criteri generali a garanzia della sicurezza degli impianti utilizzatori all'interno degli edifici, ferma restando la competenza del Ministero dell'interno in ordine ai criteri generali di sicurezza antincendio.

individuare le funzioni ed i compiti statali relativi al settore dell’energia elettrica, del gas e degli oli minerali, che vanno esercitati anche avvalendosi dell’Autorità per l’energia. Si tratta di: trasmissione e dispacciamento, convenzioni per i trasporti, sviluppo della rete di trasmissione nazionale, aggiornamento della convenzione tipo per la rete di trasmissione nazionale, sicurezza ed economicità degli approvvigionamenti, concorrenza del mercato elettrico, concessione di distribuzione, autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di generazione di energia elettrica di potenza termica superiore ai 300 MW). Con riferimento alle funzioni esercitate dallo Stato in materia energetica si segnala la Sentenza della Corte costituzionale n. 383 /2005 che ha dichiarato l’illegittimità di alcune disposizioni contenute nei commi 7 e 8 laddove, con riferimento all’esercizio

Page 233: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

225

delle suddette funzioni, non prevedono l’intesa con le regioni (v. scheda Giurisprudenza costituzionale - Sentenza n. 383/2005).

Disposizioni di carattere organizzatorio

Le disposizioni di carattere organizzatorio inerenti i rapporti con le autonomie regionali e locali e con l’Autorità per l’energia elettrica e il gas sono contenute nei commi da 9 a 16 e prevedono:

meccanismi di raccordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome (commi 9 e 10). Il coordinamento tra amministrazione centrale e amministrazioni regionali e locali costituisce una delle finalità primarie della legge che, in attesa di una definitiva sistemazione dei rapporti tra Stato e autonomie locali, si propone di definire funzioni e compiti conferiti all’amministrazione centrale e alle amministrazioni regionali e locali;

la disciplina dei rapporti tra l'Autorità di regolazione e quella di Governo, (cc.11-16).

Quanto alla disciplina dei rapporti tra il Governo e l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, sul cui riassetto incidono i richiamati commi, anche se non attraverso modifiche espresse, la legge prevede che sia il Governo ad indicare all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, nell'ambito del DPEF, il quadro di esigenze di sviluppo dei servizi di pubblica utilità dei settori dell'energia elettrica e del gas che corrispondono agli interessi generali del paese. Costituisce una novità la parte in cui si richiede il parere delle Commissioni parlamentari competenti (co.11). La relazione annuale viene identificata come lo strumento attraverso il quale L’AEEG provvederà ad illustrare le iniziative assunte in attuazione degli indirizzi espressi, nelle forme suindicate (co. 12). Infine viene fissato in 60 giorni dalla data di ricevimento del provvedimento il termine ultimo per l’esercizio da parte dell’Autorità delle le funzioni consultive attribuite dai decreti di settore. Decorso tale termine, il Ministro può provvedere comunque all’adozione degli atti di competenza.

Liberalizzazione

Tra le disposizioni dirette al completamento del processo di liberalizzazione (v. capitolo Prospettive dei mercati energetici) rientrano quelle contenute nei commi da 17 a 23 che prevedono:

il riconoscimento del beneficio dell’esenzione dalla disciplina che prevede il diritto di accesso dei terzi per i soggetti che investono in strutture di interconnessione, rigassificazione e stoccaggio del gas naturale (comma 17).

In proposito, va rilevato come la medesima disposizione precostituisca in un periodo di almeno venti anni la durata dell'esenzione in questione e determini la sua misura in una quota pari ad almeno all'80 per cento della nuova capacità. Va considerato, inoltre che l'esenzione dal diritto di accesso è accordata “caso per caso” dal "Ministero delle attività produttive", previo parere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Si ricorda che in base all'articolo 22 , paragrafo 3, lettera a) della direttiva 2003/55/CE, la relativa potestà dovrebbe far capo all'Autorità. E’ tuttavia fatta salva la possibilità di

Page 234: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

226

attribuire tale potere all'"organo competente dello Stato", previo parere dell'Autorità di regolamentazione;

il riconoscimento, ai soggetti che investono, direttamente o indirettamente, nella realizzazione di nuove infrastrutture internazionali di interconnessione sia europee che extra europee, per l'importazione in Italia di gas naturale o del potenziamento delle capacità di trasporto degli stessi gasdotti esistenti, del diritto, nei corrispondenti punti d'ingresso della rete nazionale dei gasdotti, all’allocazione prioritaria nel conferimento della corrispondente nuova capacità realizzata in Italia di una quota pari ad almeno l'80 per cento delle nuove capacità di importazione realizzate all'estero. (comma 18). Tale diritto è accordato dal Ministero delle attività produttive, previo parere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che deve essere reso entro il termine di trenta giorni dalla richiesta, trascorso il quale si intende reso positivamente Con decreti del Ministro delle attività produttive saranno stabiliti i criteri di efficienza, economicità e sicurezza del sistema in base ai quali sono allocate la residua quota delle nuove capacità di trasporto ai punti di ingresso della rete nazionale dei gasdotti di cui al comma 18, nonché la residua quota delle capacità delle nuove infrastrutture di interconnessione, dei nuovi stoccaggi in sotterraneo di gas naturale e dei nuovi terminali di rigassificazione di cui al comma 17175.

Modifiche al decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239

Le modifiche al decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, “Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, convertito con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, (v. capitolo Sicurezza del sistema elettrico), introdotte dai commi da 24 a 27, riguardano: la novella delle disposizioni in materia di semplificazione dei procedimenti di

autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica, attraverso l’introduzione di un procedimento unico, svolto entro il termine di 180 giorni dalla domanda, a seguito del quale è rilasciata - dal Ministero delle attività produttive, di concerto con il Ministero dell’ambiente, previa intesa con la regione o le regioni interessate - un’autorizzazione che sostituisce autorizzazioni,

175 Si segnala che con il decreto MAP 11 aprile 2006 (GU n. 109 del 12-5-2006) sono state definite

le “Procedure per il rilascio dell'esenzione del diritto di accesso dei terzi a nuove interconnessioni con le reti europee di trasporto di gas naturale e a nuovi terminali di rigassificazione, e ai loro potenziamenti e per il riconoscimento dell'allocazione prioritaria della nuova capacita' di trasporto realizzata in Italia, in relazione a nuove infrastrutture di interconnessione con Stati non appartenenti all'Unione europea”, mentre il DM 28 aprile2006 ha provveduto a determinare le “Modalita' di accesso alla rete nazionale dei gasdotti, conseguenti al rilascio dell'esenzione dal diritto di accesso dei terzi a nuove interconnessioni con le reti europee di trasporto di gas naturale, a nuovi terminali di rigassificazione e relativi potenziamenti, e al riconoscimento dell'allocazione prioritaria, nonche' criteri in base ai quali l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas definisce le procedure per l'assegnazione della residua quota delle capacita' non oggetto di esenzione o di allocazione prioritaria” (GU n. 109 del 12-5-2006).

Page 235: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

227

concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dall’ordinamento vigente, comprendendo altresì la dichiarazione di pubblica utilità e l’eventuale effetto di variante urbanistica176. Si osserva come il procedimento unico delineato dal comma in oggetto a seguito della modifica introdotta al DL sia circoscritto agli elettrodotti e alla sola rete di trasporto dell’energia elettrica, essendo stato espunto ogni riferimento ad oleodotti e gasdotti facenti parte delle reti nazionali di trasporto dell’energia. Per il rilascio dell’autorizzazione è fatto obbligo di richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio ricadono le opere, ai fini della verifica della conformità urbanistica delle medesime, disponendo anche che qualora le opere in questione siano sottoposte alla procedura di VIA, secondo le norme vigenti, l’esito positivo di tale valutazione costituisca parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio (v. scheda Novità relative alla VIA,VAS e IPPC, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente). Si prevede, altresì, che in caso di mancata definizione dell'intesa con la Regione o le Regioni interessate, entro il termine stabilito per il rilascio dell’autorizzazione, lo Stato eserciti il potere sostitutivo nei confronti degli altri enti territoriali, ai sensi dell’art.120 Cost., nel rispetto dei principi di sussidiarietà, e leale collaborazione. In tal caso la realizzazione delle opere di cui al comma 1 viene autorizzata con DPR, su proposta del Ministro delle attività produttive, previo concerto con il Ministro dell’ambiente;

il divieto, a decorrere dal 1° luglio 2007, di detenere, direttamente o indirettamente, quote superiori al 20 per cento del capitale delle società che sono proprietarie e che gestiscono reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale. Il divieto riguarda ciascuna società operante nel settore della produzione, importazione, distribuzione e vendita dell'energia elettrica e del gas naturale, anche attraverso le società controllate, controllanti, o controllate dalla medesima controllante, e ciascuna società a controllo pubblico, anche indiretto, solo qualora operi direttamente nei medesimi settori. Con il comma 373 della legge finanziaria 2006 (L. 266/05) il divieto è stato prorogato al 31 dicembre 2008. Per quanto concerne la rete di trasmissione dell’elettricità, si ricorda che il Gruppo Enel, anch’esso sottoposto al vincolo di possesso del 20%, ha già previsto la riduzione al 5% nella società che gestisce la rete di trasmissione nazionale177; In relazione alla disposizione in esame si segnala la recente pubblicazione in Gazzetta del DPCM 23 marzo 2006178 con il quale si procede alla individuazione della Snam Rete Gas SpA quale società nel cui statuto deve essere inserita - prima di ogni

176 Con riferimento alle disposizioni del comma 24, lett. a) si segnala la Sentenza della corte

costituzionale n. 383 /2005 che ne ha dichiarato l’illegittimità nella parte in cui, con riferimento all’esercizio del potere del Ministro delle attività produttive di emanare “indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto dell’energia elettrica e il gas naturale”, non ne prevede l’esercizio d’intesa con la Conferenza unificata.

177 Si veda il DPCM 11 maggio 2004 - adottato ai sensi dell’art.1 ter, co.1, del DL n.239 in base al quale è in seguito avvenuta la quotazione delle azioni mediante offerta pubblica di vendita della società Terna spa - che detiene la proprietà di circa il 94 per cento della rete di trasmissione nazionale - approdata in Borsa il 23 giugno 2004 (v. scheda Sistema elettrico - Proprietà e gestione della rete ).

178 GU n. 79 del 4 aprile 2006.

Page 236: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

228

atto che determini la perdita del controllo - una clausola che assicuri al Ministro dell’economia e delle finanze poteri speciali, come previsti dall’art. 2 del citato DL n. 332/94, cosi come novellato dall’art. 4, comma 277, della legge n. 350/03 (finanziaria 2004); il contenuto specifico della clausola che attribuisce i poteri speciali sarà individuato con un successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro delle attività produttive179.

Inquinamento elettromagnetico

L’intervento in materia di inquinamento elettromagnetico da parte della legge 239 consiste in una novella introdotta dal comma 28 all’articolo 9, comma 2, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”180 (v. capitolo Inquinamento elettromagnetico, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente).

Il comma novellato impone ai gestori degli elettrodotti - per l’adeguamento degli impianti esistenti ai nuovi limiti di esposizione previsti dalla stessa legge-quadro - l’obbligo di presentare una proposta di piano di risanamento per assicurare la tutela della salute e dell’ambiente.

La modifica - volta a fare chiarezza nella disposizione contenuta nell’ultimo periodo di tale comma 2 - subordina la presentazione del suddetto piano alla previa definizione, dei criteri generali previsti per l’elaborazione dei piani di risanamento di cui al DPCM previsto dall’art. 4, comma 4. Nel testo precedente la disposizione rinviava al DPCM di cui all’art. 4, comma 2, lett. a) relativo alla determinazione dei limiti di esposizione.

179 L’introduzione nello statuto delle società oggetto di privatizzazione di poteri speciali che il

Governo, attraverso il Ministro dell’economia e delle finanze, può esercitare anche dopo aver ceduto il controllo (c.d. golden share), è stata prevista nell’ambito della disciplina generale sulle privatizzazioni dettata dal DL 13 maggio 1994, n. 332 (conv. con modif. dalla legge 30 luglio 1994 n. 474 “Norme per l'accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni”. Le imprese per i quali il DL ha previsto la possibilità di clausole di riserva di poteri speciali allo Stato o ad altro ente pubblico sono quelle che operano nei settori della difesa dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia e degli altri pubblici servizi. Il comma 1 dell’articolo 2 del DL 332, recante la disciplina dei poteri speciali, è stato interamente novellato dal comma 227 dell’articolo 4, della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004). Le innovazioni introdotte sono rivolte a limitare i contenuti dei poteri speciali rispetto alla normativa precedente, anche in considerazione dei rilievi formulati dalla Commissione europea in merito alla compatibilità di tale normativa con i principi dell’ordinamento comunitario relativi alla libertà di stabilimento e alla libertà di movimento dei capitali.

180 La legge n. 36/01 ha posto a carico dei gestori una serie di obblighi funzionali all’attuazione dei piani di risanamento, a seconda che l’oggetto del risanamento siano gli impianti radioelettrici oppure gli elettrodotti. Per gli impianti radioelettrici (radiodiffusione – televisiva e radiofonica - radiocomunicazione - telefonia mobile, fissa, trasmissione dati, altri impianti e radioastronomia prevede che i gestori degli impianti esistenti propongano alla regione un piano di risanamento entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto. In caso di inerzia o inadempienza il piano di risanamento è adottato dalle regioni. Per tutti gli elettrodotti (sia quelli con tensione superiore a 150 kV che quelli con tensione inferiore) il legislatore ha previsto l’obbligo di previa determinazione dei criteri per l’elaborazione dei piani di risanamento in considerazione della maggiore complessità tecnica legata al risanamento di impianti a rete.

Page 237: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

229

Concorrenza nei mercati

A tutela della sicurezza degli approvvigionamenti energetici del Paese e della concorrenza dei mercati il comma 29 disciplina l'ipotesi di partecipazione a processi di concentrazione di imprese operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas, da parte di imprese o enti di Stati della UE ove non sussistano adeguate garanzie di reciprocità, prevedendo che il Presidente del Consiglio possa definire condizioni e vincoli a salvaguardia della sicurezza energetica nazionale ai quali tali imprese ed enti sono tenuti a conformarsi.

Il termine ultimo previsto per la suddetta definizione è fissato in trenta giorni a far data dalla comunicazione dell’operazione di concentrazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. L’intervento del Presidente del Consiglio è previsto fino alla completa realizzazione del mercato unico dell’elettricità e del gas.

Sempre in tema di concorrenza la legge delinea interventi correttivi volti a garantirne lo sviluppo nel mercato relativo all’elettricità, prevedendo, in particolare, ai commi 30-39: l’ampliamento della platea dei clienti idonei al libero mercato (comma 30);

Il comma stabilisce che: a) a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento (28 settembre 2004) è cliente idoneo ogni cliente finale, singolo o associato, nonché le amministrazioni pubbliche, così come individuate nell’art.1, comma 2 del D.Lgs. 165/2001181, il cui consumo, destinato all’esercizio di attività di impresa in forma individuale o societaria, sia risultato nell’anno precedente uguale o superiore a 0,05 GWh182; b) a partire dal 1° luglio 2004, sono considerati clienti idonei183 (ossia abilitati ad approvvigionarsi di energia scegliendo liberamente il fornitore) i clienti finali non domestici; c) a decorrere dal 1° luglio 2007, sono clienti idonei tutti i clienti finali. Tuttavia, i clienti idonei possono decidere di non recedere dal preesistente contratto di fornitura e di continuare ad essere ricompresi nel mercato dei clienti vincolati, per il quale la fornitura continua ad essere garantita dall’Acquirente unico spa. La disposizione deve essere letta alla luce della normativa comunitaria e, segnatamente, dell'articolo 21 della direttiva 2003/54/CE per ciò che concerne la progressiva apertura del mercato alla concorrenza; al riguardo, le scadenze temporali previste per l’ampliamento della platea dei clienti idonei appaiono in linea con quanto disposto dalla disciplina comunitaria.

181 Il D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 reca “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle

dipendenze delle amministrazioni pubbliche”. 182 Si ricordano le seguenti unità di misura dell’energia elettrica: 1Gwh è uguale a 1000 Mwh;

1Mwh è uguale a 1000 Kwh. 183 Si ricorda che per cliente idoneo, l’articolo 2 del D.Lgs. n.79 intende la persona fisica o giuridica

che ha la capacità di stipulare contratti di fornitura con qualsiasi produttore, distributore o grossista sia in Italia che all’estero. L'articolo 14 del D.Lgs. n. 79 è rubricato cliente idoneo. Tale disposizione stabilisce le condizioni per l'ammissione alla qualifica di cliente idoneo e affida all'Autorità per l'energia elettrica e il gas la predisposizione delle modalità di riconoscimento e di verifica della qualifica. Il parametro primario per l'ammissione è il consumo di elettricità dei soggetti richiedenti.

Page 238: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

230

la possibilità per i Consorzi costituiti tra comuni nei bacini imbriferi montani, di cui al comma 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959184, di cedere ai clienti idonei e all’Acquirente unico spa per la fornitura dei clienti vincolati l’energia elettrica sostitutiva del sovracanone versato dai concessionari di derivazioni d'acqua pubblica per la produzione di forza motrice (comma 32).

la salvezza delle concessioni di distribuzione di energia elettrica in essere, compresa la concessione di distribuzione (comma 33);

il divieto per le aziende operanti nei settori dell’energia elettrica e del gas che gestiscono servizi pubblici locali di esercitare in proprio, o con società collegate o partecipate, alcuna attività in regime di concorrenza, ad eccezione delle attività di vendita di energia elettrica e di gas e di illuminazione pubblica, nel settore dei servizi postcontatore185, nei confronti degli stessi utenti del servizio pubblico e degli impianti (comma 34). La norma appare volta ad evitare che soggetti operanti in una condizione di monopolio naturale possano, avvalendosi di tale posizione, fornire agli utenti ulteriori servizi connessi al riparo da un’effettiva concorrenza;

misure compensative per il mancato uso alternativo del territorio e per l’impatto logistico dei cantieri a favore delle regioni dove hanno sede i nuovi impianti di produzione di energia di potenza termica non inferiore a 300 MW (commi 36 e 37). Tale contributo dovrà essere pari a 0,20 euro per ogni MWh di energia elettrica prodotta nei primi sette anni. Le regioni provvederanno a ripartire tale importo tra: il

184 La legge n. 959/53 recante “Norme modificatrici del T.U. delle leggi sulle acque e sugli impianti

elettrici”, prevede la costituzione di consorzi obbligatori tra i Comuni per la gestione delle entrate derivanti dal sovracanone versato dai concessionari di derivazioni d'acqua pubblica per la produzione di forza motrice, che hanno opere di presa all'interno del bacino imbrifero montano. Si ricorda che per bacini imbriferi montani, stabiliti e perimetrati per decreto del Ministero dei lavori pubblici, si intende l'insieme di territori le cui acque confluiscono in un fiume o in un lago. Nel caso della costituzione di Consorzio, il sovracanone è attribuito ad un fondo comune, a disposizione del consorzio o dei consorzi compresi nel perimetro interessato, che viene impiegato esclusivamente a favore del progresso economico e sociale delle popolazioni, nonché ad opere di sistemazione montana che non siano di competenza dello Stato. L'art.3 della legge 959/53 ha stabilito che i consorzi possano chiedere, in sostituzione del sovracanone previsto, e fino alla concorrenza di esso, la fornitura diretta di energia elettrica.

185 Secondo una Nota del Ministero delle attività produttive del 28 aprile 2005 recante chiarimenti in merito all’applicazione del comma 34, i servizi postcontatore consistono “… nella installazione, verifica e manutenzione degli impianti a valle del contatore installato al punto di consegna all’utente finale”(Si tratta della definizione utilizzata nel provvedimento dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato n. 4000 del 19 giugno 1996). Nella stessa Nota si precisa che “Secondo la definizione fornita, per il settore del gas naturale, dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas nella delibera n. 311/01 in materia di separazione contabile e amministrativa delle imprese di distribuzione del gas, i “servizi post-contatore” rientrano nelle “ulteriori attività” svolte da tali imprese, che comprendono attività che non qualificano un soggetto come impresa del settore del gas, quali le “attività elettriche” (ad esempio la produzione di energia elettrica attraverso impianti di turboespansione) e le “attività diverse”, nelle quali rientrano anche attività concernenti direttamente o indirettamente il settore del gas, ma non oggetto di regolazione, quali, ad esempio, le consulenze tecnico-economiche, i servizi di teleriscaldamento, la progettazione e la costruzione di impianti per conto terzi, e i servizi post-contatore diversi da quelli previsti all’articolo 16,comma 5, del decreto legislativo n.164/00”.

Page 239: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

231

comune sede degli impianti, in misura non inferiore al 40% del totale; i comuni contermini, in misura proporzionale per il 50% all’estensione del confine e per il 50% alla popolazione e comunque non inferiore al 40% del totale; alla provincia di appartenenza del comune sede dell’impianto. Al Ministro dell’economia e delle finanze spetta la revisione biennale degli importi dei suddetti contributi in base ai criteri stabiliti dall’articolo 3 della legge 22 dicembre 1980, n. 925 (“Nuove norme relative ai sovracanoni in tema di concessioni di derivazioni d'acqua per produzione di forza motrice”) che prevede l’adeguamento in base ai dati ISTAT di canoni relativi all'andamento del costo della vita;

misure di carattere tributario in materia di imposta sul valore aggiunto per talune operazioni effettuate sul mercato elettrico (commi 38 e 39);

Qualità del servizio del sistema elettrico

A garanzia della qualità del servizio del sistema elettrico i commi da 40 a 45 introducono misure specifiche concernenti:

la possibilità di trasferimento, con decreto del Ministro delle attività produttive, alla Acquirente unico spa dei contratti di importazione in essere che alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 79/99 era posti in capo all’ENEL spa (comma 40);

il ritiro dell’energia elettrica prodotta da impianti di potenza inferiore a 10 MVA, o alimentati da fonti rinnovabili, da parte del gestore della rete di trasmissione nazionale ovvero dall’impresa distributrice - a seconda che gli impianti siano collegati alla rete di trasmissione nazionale o alla rete di distribuzione - e la determinazione, da parte dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, delle condizioni di ritiro, facendo riferimento a condizioni economiche di mercato (comma 41)186; Per quanto riguarda l’energia rinnovabile si tratta in particolare dell’energia di cui al secondo periodo del comma 12, art.3 del D.Lgs.79/99187, nonché di quella prodotta da impianti entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999, alimentati da fonti di energia

186 Le modalità sono state definite dall’AEEG con la delibera del 23 febbraio 2005, n. 34, recante

“Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239” (GU n. 61 del 15 marzo 200). La delibera è stata successivamente modificata e integrata con le delibere nn. 49/05, 64/05 e 165/05.

187 L’art.3, comma 12, primo periodo, del D.Lgs.79/99 prevede che il Ministro delle attività produttive determini la cessione dei diritti e delle obbligazioni relative all'acquisto di energia elettrica, comunque prodotta da altri operatori nazionali, da parte dell'ENEL spa al GRTN. Il secondo periodo dell’articolo 3, comma 12 prevede che il gestore ritiri l'energia elettrica da fonti rinnovabili, di cui al comma 3 dell'articolo 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 (cessione all’ENEL, della energia in eccedenza prodotta da fonti rinnovabili o assimilate), offerta dai produttori a prezzi determinati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, in applicazione del criterio del costo evitato. Il terzo periodo prevede che con apposite convenzioni, previa autorizzazione del Ministro delle attività produttive, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, siano ceduti al GRTN, da parte delle imprese produttrici-distributrici, l'energia elettrica da fonti rinnovabili ed i relativi diritti alle contribuzioni di cui al provvedimento CIP n. 6/1992, e fissa la durata di tali convenzioni in otto anni a partire dalla data di messa in esercizio degli impianti, includendo nel prezzo corrisposto anche il costo evitato.

Page 240: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

232

rinnovabili: eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica dei soli impianti ad acqua fluente. L’energia prodotta da operatori diversi dall’ENEL, e l’energia prodotta da fonti rinnovabili che gode del regime tariffario agevolato di cui al provvedimento CIP/6 (v. scheda Fonti rinnovabili - Strumenti di incentivazione) continua ad essere ritirata dal GRTN.

la possibilità, per produttori di energia, di svolgere attività di realizzazione ed esercizio di impianti localizzati all’estero, eventualmente in compartecipazione con società estere, anche al fine di importarne l’energia prodotta (comma 42);

due deleghe al Governo per l’adozione di due decreti legislativi, l’uno di riforma della disciplina del servizio elettrico nelle piccole reti isolate (comma 43), l’altro di riordino della normativa tecnica impiantistica all’interno degli edifici (comma 44).

Disposizioni in materia di gas e oli minerali

Misure per la salvaguardia dei clienti finali nel mercato del gas naturale sono contenute nei commi da 46 a 51 che prevedono:

l’intervento dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas per individuare con procedure pubbliche una o più imprese di vendita del gas che si impegnino a formulare offerte di vendita di gas, su richiesta, ad utenti con consumi ridotti, ovvero in talune aree svantaggiate del paese (comma 46). In proposito, si fa presente che la direttiva 2003/55/CE, all’articolo 3, paragrafo 3, dopo aver disposto che gli Stati membri “assicurano ai clienti vulnerabili un’adeguata protezione, comprendente misure idonee a permettere loro di evitare l’interruzione delle forniture. In questo contesto possono adottare misure adeguate per la tutela dei clienti nelle zone isolate che sono allacciati al sistema del gas”, aggiunge che “gli Stati membri possono designare un fornitore di ultima istanza per i clienti allacciati alla rete del gas.”

Il differimento al 31 dicembre 2005 dei compiti di indirizzo e sostitutivi in materia del Ministro delle attività produttive, al fine di garantire la sicurezza del sistema nazionale del gas e l'avvio della piena concorrenza (comma 49);

l’introduzione di disposizioni di carattere tributario concernenti le cessioni di gas naturale (comma 50).

Il comma 52 reca una delega al Governo per l’adozione - su proposta del

Ministro delle attività produttive - di un decreto legislativo recante il complessivo riordino della disciplina in materia di impianti di riempimento, travaso e deposito dei gas di petrolio liquefatti, mentre i commi 53 e 54 recano disposizioni agevolative finalizzate alla promozione dell’utilizzo di veicoli alimentati a GPL e gas metano.

I principi e criteri direttivi per l’adozione del decreto legislativo di cui al comma 52 sono così riassumibili:

Page 241: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

233

a) revisione delle regole tecniche di sicurezza, nel rispetto della competenze del Ministero dell’interno in materia di prevenzione degli incendi e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio in materia di prevenzione e protezione dai rischi industriali;

b) determinazione dei requisiti tecnici e professionali per l’esercizio del servizio all’utenza e adeguamento della normativa concernente la logistica, la commercializzazione, e l’impiantistica;

c) revisione del relativo sistema sanzionatorio. In attuazione della delega è stato adottato il D.Lgs. 22 febbraio 2006, n. 128188.

In materia di procedimenti amministrativi concernenti la lavorazione e lo stoccaggio di oli minerali intervengono i commi da 55 a 58 recanti la disciplina delle competenze regionali.

Il citato D.Lgs. 22 febbraio 2006, n. 128 all’art. 3 interviene in merito dettando disposizioni sul regime autorizzativi cui sono sottoposte le suddette attività.

In materia di promozione dell’uso del gas naturale i commi da 60 a 69 introducono semplificazioni procedurali per la realizzazione di nuovi terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto e di nuovi stoccaggi da gas naturale (comma 60), nonché misure volte alla promozione di uno o più accordi di programma con gli operatori interessati per l’utilizzo di idrocarburi liquidi derivati dal metano (comma 62).

Con riferimento ai terminali di rigassificazione si segnala che il DL 35/05189 all’art. 5, comma comma 10 stabilisce che gli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni e dei permessi necessari alla realizzazione dei terminali di rigassificazione, già autorizzati ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 340 del 2000 e dichiarati infrastrutture strategiche nel settore del gas naturale con la delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001, sono tenuti ad esprimersi entro il termine perentorio di 60 giorni dalla richiesta.

Si segnalano, altresì, le disposizioni volte a semplificare le procedure di

concessione dei contributi per la metanizzazione del Mezzogiorno e sulla contabilizzazione dei costi ammissibili (commi da 63 a 66), nonché sulla scadenza al 31 dicembre 2007 del periodo transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000, fatta salva la possibilità di proroga per una anno per ragioni di pubblico interesse, e le disposizioni sul riscatto anticipato delle concessioni di distribuzione del gas naturale durante il periodo transitorio(comma 69).

188 Il D.Lgs 128/2006 reca “Riordino della disciplina relativa all'installazione e all'esercizio degli

impianti di riempimento, travaso e deposito di GPL, nonché all'esercizio dell'attività di distribuzione e vendita di GPL in recipienti, a norma dell'articolo 1, comma 52, della legge 23 agosto 2004, n. 239” (GU 29 marzo 2006, n. 74).

189 DL 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, conv. con. modif. dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

Page 242: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

234

Fonti rinnovabili

Alcune disposizioni concernenti la disciplina in materia di fonti rinnovabili, contenute nell’originario disegno di legge di riordino del settore energetico sono confluite nel D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387. Ulteriori disposizioni finalizzate alla promozione e allo sviluppo delle suddette fonti contenute nella legge di riordino riguardano in particolare: l’estensione del diritto alla emissione di certificati verdi all’energia elettrica

prodotta con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile, nonché all’energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati a reti di teleriscaldamento190, limitatamente alla quota di energia termica utilizzata per quest’ultimo (comma 71) (v. scheda Fonti rinnovabili - Strumenti di incentivazione);

l’estensione alle piccole derivazioni ad uso idroelettrico, appartenenti a soggetti diversi dall’ENEL, della proroga delle concessioni di ulteriori trenta anni, oltre il termine di trenta anni già fissato dalla legge, che viene già applicata alle piccole derivazioni ad uso idroelettrico di pertinenza dell'ENEL191;

disposizioni di carattere transitorio relative all’adempimento degli oneri connessi alla messa in esercizio dell’impianto che sono posti a carico dei soggetti beneficiari degli incentivi previsti per le fonti rinnovabili (commi 74 e 75);

la stipula di un accordo di programma quinquennale con l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente (ENEA)192 per l’attuazione delle misure a

190 Il sistema di teleriscaldamento si compone di una rete di trasporto e di una centrale di

produzione del calore, messi entrambi al servizio contemporaneamente di più edifici. La centrale di teleriscaldamento può utilizzare tecnologie cogenerative e/o fonti rinnovabili. Il sistema di distribuzione può utilizzare diversi tipi di fluidi: la tendenza in Italia è quella di utilizzare acqua calda (80-90°C) o leggermente surriscaldata (110-120°C). Il sistema di distribuzione può essere diretto o indiretto, più utilizzato in Italia. Nel primo caso, un unico circuito idraulico collega la centrale di produzione con il corpo scaldante (termosifone o piastra) dell’utente. Viceversa, nel secondo caso, sono presenti due circuiti separati, mantenuti in contatto attraverso uno scambiatore di calore.

191 Si ricorda che tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni non può eccedere i trenta anni, ovvero quaranta per uso irriguo, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del RD 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 recante “Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici”. La proroga di ulteriori trenta anni per le piccole derivazioni si applica ai sensi dell’articolo 23, comma 8, terzo periodo, dello stesso D.Lgs. n. 152 del 1999.

192 L’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente - ENEA è stato istituito dalla legge 5 marzo 1982, n. 84, in sostituzione del CNEN (Comitato nazionale per l’energia nucleare) i cui compiti sono stati estesi al settore delle fonti rinnovabili e al risparmio energetico. In seguito, la legge 25 agosto 1991, n. 282, e successive modificazioni, ha riformato le competenze e la struttura dell’Ente. Un successivo riordino è stato operato con il D.Lgs. 30 gennaio 1999, n. 36. Nella XIV legislatura l’Ente è stato nuovamente riordinato con il decreto legislativo 3 settembre 2003, n. 257 (“Riordino della disciplina dell’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente – ENEA, a norma dell’articolo 1 della legge 6 luglio 2002, n. 137”) (v. scheda Riordino dell’Enea).

Page 243: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

235

sostegno delle fonti rinnovabili e dell’efficienza nell’uso finale dell’energia193(comma 76).

Sono, inoltre, possibili accordi di programma tra il Ministero delle attività produttive, gli istituti di ricerca e le regioni interessate, per la ricerca e l’utilizzo di tecnologie avanzate, ambientalmente sostenibili, per la produzione di energia per la produzione di energia elettrica o di carburanti da carbone, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 70).

La legge stabilisce, altresì, la taglia dei certificati verdi emessi ai sensi del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 in 50.000 kWh o multipli di detta grandezza (comma 87) ed inoltre, al comma 109 reca disposizioni agevolative in materia di impianti integrati di produzione ed incenerimento di farine animali, prevedendo che venga transitoriamente imputata ad energia rinnovabile anche l’energia elettrica prodotta dalle farine animali oggetto di smaltimento.

Semplificazioni procedurali

I commi da 77 a 84 recano disposizioni in materia di semplificazione dei procedimenti per il conferimento dei permessi di ricerca e la coltivazione dei giacimenti di idrocarburi in terraferma e delle risorse geotermiche; in tale ambito viene, tra l’altro, previsto un procedimento unico autorizzativo, analogo a quello introdotto per la autorizzazione alla costruzione di centrali elettriche.

In particolare si stabilisce che il permesso di ricerca e la concessione di coltivazione costituiscono titolo per la costruzione degli impianti e delle opere necessarie al loro esercizio, dichiarati di pubblica utilità, e che sono sostitutivi di qualunque atto di assenso comunque denominato previsto dalle disposizioni vigenti. Al loro rilascio con procedimento unico, partecipano le amministrazioni statali, regionali e locali interessate. La procedura di valutazione di impatto ambientale, ove richiesta dalle norme vigenti, costituisce parte integrante e condizione necessaria per il procedimento autorizzativo e deve concludersi entro tre mesi per le attività di terraferma ed entro quattro mesi per le attività in mare.

Il comma 84 fissa, invece, il valore complessivo del contributo compensativo per il mancato utilizzo alternativo del territorio dovuto alla costruzione degli impianti per la coltivazione degli idrocarburi in terraferma, stabilito a seguito di accordi tra regioni ed enti locali e titolari di concessioni di coltivazioni di idrocarburi in terraferma non ancora entrate in produzione al momento dell’entrata in vigore della legge.

Si segnala che con sentenza n. 383/2006 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del comma relativamente alla parte in cui si prevede che la mancata sottoscrizione di accordi non costituisce motivo per la sospensione dei lavori di messa in produzione dei giacimenti.

193 Si osserva come l’articolo 9 del D.Lgs. n. 387 del 29 dicembre 2003, preveda, al comma 1,

disposizioni analoghe a quelle contenute nel comma in oggetto, salvo il fatto che l’accordo quinquennale con l’Enea deve essere stipulato previa intesa con la Conferenza unificata ed è finalizzato, tra l’altro, anche all’attuazione di misure di sostegno alla ricerca in tema di fonti rinnovabili.

Page 244: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

236

Impianti di microgenerazione

I commi da 85 a 89 recano la specifica disciplina in materia di impianti di microgenerazione di energia elettrica.

Viene definito impianto di microgenerazione “un impianto per la produzione di energia elettrica, anche in assetto cogenerativo, con capacità di generazione non superiore a 1 MW” (comma 85). Risulta chiara la volontà di favorire la diffusione della cogenerazione con il successivo comma (86), che prevede la semplificazione estrema dell’iter autorizzativo degli impianti “omologati”. E’ stato fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge il termine ultimo per l’emanazione, da parte del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e il Ministro dell’interno, di apposite norme per l’omologazione degli impianti di microgenerazione, e per la definizione dei limiti di emissione e di rumore nonché dei criteri di sicurezza (comma 88). Infine il comma 89, con decorrenza dall’anno 2005, pone a carico dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas l’attività di monitoraggio annuale sullo sviluppo degli impianti di microgenerazione e l’invio di una relazione sugli effetti della generazione distribuita sul sistema elettrico ai Ministri delle attività produttive e dell’ambiente, nonché alla Conferenza unificata e al Parlamento.

Scorte obbligatorie di prodotti petroliferi

Un adeguamento delle norme sulle scorte obbligatorie di prodotti petroliferi è contenuto nei commi da 90 a 92 che, a tal fine, modificano l’articolo 2 del decreto legislativo 31 gennaio 2001, n. 22194, provvedendo a: imporre l'obbligo del mantenimento delle scorte imposte in capo ai soggetti

che abbiano immesso al consumo prodotti petroliferi finiti indipendentemente dal tipo di attività svolta e dalla capacità autorizzata dell’impianto (comma 90).

modificare l'attuale disciplina in tema di scorte obbligatorie, introducendo la possibilità di soddisfare l’obbligo di scorta anche mediante il prodotto orimulsion, usato attualmente in Italia per la produzione di energia elettrica (comma 91);

abrogare l’articolo 8 del D.Lgs. n.22, citato, il quale disciplina l’obbligo di scorta per i depositi con autorizzazione prefettizia (comma 92).

194 L’articolo 2 del D.Lgs. 22 del 2001,oggetto di modifica, indica in particolare i soggetti tenuti al

mantenimento delle scorte petrolifere di riserva e la tipologia dei prodotti, ossia i soggetti che nel corso dell'anno precedente hanno immesso in consumo prodotti petroliferi (finiti) appartenenti alle categorie I, II e III, di cui all'allegato A del decreto legislativo. L'immissione in consumo viene dedotta dal verificarsi dei presupposti per il pagamento dell'accisa gravante sui prodotti petroliferi, tra questi comprendendo anche quelli destinati ad usi esenti da imposta. Il soggetto che immette in consumo i prodotti è tenuto all'obbligo di scorta indipendentemente dal tipo di attività svolta e dall'impianto presso cui è avvenuta l'immissione in consumo, mentre quelli che iniziano l'immissione nel corso dell'anno hanno l'obbligo di darne immediata comunicazione al Ministero delle attività produttive e per loro l'obbligo decorre dall'anno successivo a quello dell'immissione in consumo.

Page 245: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

237

Aliquote di prodotto per le produzioni nazionali di gas (Royalties)

Le modalità di determinazione delle aliquote di prodotto versate dai titolari delle concessioni di coltivazione per le produzioni nazionali di gas (royalties), di cui al D.Lgs. n. 625/96195, sono modificate da commi da 93 a 97. Si segnala, in particolare, il comma 94 che introduce una semplificazione del procedimento di calcolo delle stesse royalties per ogni singola concessione.

Gestione rifiuti radioattivi

La legge affronta la questione della gestione e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi integrando - ai commi da 98 a 106 - quanto disposto dal decreto-legge n.314/03, convertito, con modificazioni, nella legge 368/03. In tale ambito, è prevista l’estensione delle competenze della Sogin spa, cui viene attribuito, tra l’altro, il compito di provvedere alla messa in sicurezza ad allo stoccaggio provvisorio dei rifiuti radioattivi di III categoria (v. capitolo Scorie nucleari, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente).

Criteri di accesso alle reti energetiche

Il comma 107 demanda ad un decreto ministeriale la definizione delle caratteristiche tecniche e delle modalità di accesso e di connessione tra le reti energetiche nazionali e quelle di Stati il cui territorio sia compreso in quello italiano, mentre il comma 108 dispone che i gruppi generatori concorrano alla sicurezza dell’esercizio delle reti di distribuzione e trasporto dell’energia elettrica.

Ministero delle attività produttive

Disposizioni riguardanti l’attività del Ministero delle attività produttive si rinvengono nei commi da 110 a 120.

I commi 110 - 118 recano disposizioni in materia di funzionamento degli uffici della Direzione generale per l’energia e le risorse minerarie del Ministero delle attività produttive, nonché misure di carattere organizzativo; in tale ambito è previsto, tra l’altro, che talune attività svolte dalla citata Direzione generale vengano remunerate direttamente dai soggetti destinatari.

195 Il D.Lgs.625/96 recante "Attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e

di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi", all’articolo 19 ha ridefinito le aliquote del prodotto della coltivazione che, ai sensi dell'art.33 della legge n. 613/67, istitutiva dell’ENI, il titolare della concessione ha l'obbligo di corrispondere allo Stato, nonché le produzioni esenti. L'articolo 20 del D.Lgs. ha inoltre esteso a tutte le Regioni a statuto ordinario, a partire dal 1° gennaio 1997, il versamento di un terzo delle royalties spettanti allo Stato. In precedenza il versamento era limitato alle sole regioni del Mezzogiorno. Il versamento di un ulteriore terzo delle royalties è stato previsto anche a favore dei comuni interessati che lo destinano allo sviluppo occupazionale ed economico.

Page 246: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO - ENERGIA

238

Nei commi 119 e 120 sono contenute disposizioni dirette ad accrescere la sicurezza e l’efficienza del sistema energetico nazionale, mediante interventi per la diversificazione delle fonti e l’uso efficiente dell’energia, affidati al Ministero.

Tra i compiti del MAP rientrano:

la realizzazione di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, di un piano nazionale di informazione ed educazione sul risparmio e l’uso efficiente dell’energia (triennio 2004-2006);

la realizzazione, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e tutela del territorio, di progetti pilota per il risparmio ed il contenimento dei consumi energetici in edifici utilizzati come uffici da pubbliche amministrazioni (triennio 2004-2006);

il potenziamento della capacità operativa della Direzione generale per l’energia e le risorse minerarie, attraverso un incremento, in deroga alle disposizioni vigenti, di venti unità della dotazione organica;

la promozione, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, in esecuzione di accordi di cooperazione internazionale esistenti, di studi di fattibilità e progetti di ricerca in materia di tecnologie pulite del carbone e ad “emissione zero”, progetti di sequestro dell’anidride carbonica e sul ciclo dell’idrogeno;

il sostegno degli oneri di partecipazione all’International energy Forum e promozione delle attività previste per il triennio 2004-2006 e necessarie per l’organizzazione della Conferenza internazionale che l’Italia dovrà ospitare come presidenza di turno.

Sono finalizzate alla diversificazione delle fonti di energia a tutela della sicurezza degli approvvigionamenti e dell’ambiente anche le disposizioni contenute nel comma 70 volte alla promozione – da parte del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri dell'ambiente e delle infrastrutture - di uno o più accordi di programma per la ricerca e l’utilizzo di tecnologie ambientalmente sostenibili per la produzione di energia elettrica o di carburanti da carbone.

Allo stesso Ministero è inoltre riconosciuta altresì la facoltà di concludere contratti di programma aventi ad oggetto infrastrutture energetiche, allo scopo di promuovere l’espansione dell’offerta energetica (comma 59).

Delega per il riassetto della disposizioni disciplinanti il settore energetico

Da ultimo, il comma 121 delega il Governo ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.

I principi e criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi sono quelli contenuti nell’articolo 20 della legge n.59 del 1997, e ss. modificazioni, e quelli di seguito elencati: articolazione della normativa per settori, anche tenendo conto

dell’organizzazione dei mercati di riferimento e delle esigenze di allineamento dei diversi settori derivanti dagli esiti dei processi di liberalizzazione e di formazione del mercato interno europeo;

Page 247: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – ENERGIA

239

adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali, anche in vigore nell’ordinamento nazionale al momento dell’esercizio della delega, nel rispetto delle competenze attribuite alle amministrazioni centrali e regionali;

promozione della concorrenza nei settori energetici per i quali è avviata la procedura di liberalizzazione, con riguardo alla regolazione dei servizi di pubblica utilità e di indirizzo e vigilanza del Ministro delle attività produttive;

promozione dell'innovazione tecnologica e della ricerca in campo energetico al fine della competitività del sistema produttivo nazionale.

Page 248: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 249: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Commercio, Servizi e Tutela dei consumatori

Page 250: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 251: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

243

Commercio elettronico

Decreto legislativo n. 70 del 9 aprile 2003

Il commercio elettronico è venuto all’attenzione delle istituzioni italiane ed europee in tempi recenti, in connessione con la rapida evoluzione delle tecnologie informatiche nel campo delle reti di comunicazione telematica, ed ha assunto un rilievo strategico nel più ampio contesto del passaggio alla “società dell’informazione”, sottolineato anche dal Presidente della Commissione europea che ha lanciato l’iniziativa “eEurope196” con l'obiettivo di assicurare la diffusione della cultura informatica presso l’intera popolazione europea e il pieno dispiegamento della valenza sociale delle nuove tecnologie

Il commercio elettronico (come definito nella Comunicazione della Commissione europea “Un’iniziativa europea in materia di Commercio Elettronico” COM(97)157), consiste nello svolgimento per via elettronica di attività commerciali di varia natura (commercializzazione di beni e servizi, distribuzione di contenuti digitali, effettuazione di operazioni finanziarie e di borsa, appalti pubblici ed altre procedure di tipo transattivo delle pubbliche amministrazioni). Esso non si esaurisce nella semplice transazione, ma può abbracciare anche altre fasi e aspetti del rapporto: ricerca ed individuazione dell’interlocutore, trattativa e negoziazione, adempimenti e scritture formali, pagamenti, consegna del bene acquistato o venduto.

L’obiettivo prioritario individuato dalla Comunicazione della Commissione è quello di creare fiducia e sicurezza tra le imprese e i consumatori, favorendo la diffusione di tecnologie affidabili (firme, certificati e strumenti di pagamento) e sviluppando un contesto giuridico e istituzionale che faciliti la messa in opera di tali tecnologie (sicurezza dei dati, tutela della proprietà intellettuale, trattamento fiscale).

Uno dei cardini del programma di azione e-Europe è rappresentato dalla direttiva 2000/31/CE adottata con l’obiettivo di favorire la libera circolazione e lo sviluppo dei “servizi della società dell’informazione”, vale a dire delle “attività economiche svolte in linea (on line)” - con particolare riferimento al commercio elettronico, evitando la frammentazione del mercato interno ed instaurando uno spazio senza frontiere per i suddetti servizi, affinché i cittadini e gli operatori

196 Si tratta dell’iniziativa intesa ad accelerare l'adozione delle tecnologie digitali in tutta l'Europa ed

a garantire che tutti gli europei acquisiscano le competenze necessarie per l'impiego di tali tecnologie, avviata l'8 dicembre 1999 dalla Commissione europea con l'adozione della comunicazione intitolata “eEurope – una società dell'informazione per tutti”. eEurope svolge un ruolo fondamentale nel programma di azioni di rinnovamento economico e sociale per l’Europa definito dalla Commissione preliminarmente alla sessione speciale del Consiglio europeo di Lisbona (23 – 24 marzo 2000).

Page 252: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

244

europei possano usufruire appieno e al di là delle frontiere delle opportunità offerte dal commercio elettronico.

La direttiva 2000/31/CE è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 70 del 9 aprile 2003197 in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 31 della legge 1° marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001) e nel rispetto dei principi e secondo le procedure definite dalla stessa legge comunitaria, con l’obiettivo principale di eliminare gli ostacoli che limitano lo sviluppo del commercio elettronico, nonché la promozione della libera circolazione dei servizi legati alla società dell’informazione.

Con riferimento a questi ultimi, il Ministero delle attività produttive, richiamandosi al considerando 17 della direttiva citata, in una circolare del 7 luglio 2003 (n. 3561/C) ha precisato che per “servizi della società dell’informazione” devono intendersi le attività economiche svolte on-line e qualsiasi altro servizio prestato dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica (mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione - compresa la trasmissione digitale - e di memorizzazione di dati) e a richiesta individuale di un destinatario di servizi (vale a dire la persona fisica o giuridica che utilizzi il servizio della società di informazione).

Il decreto legislativo n. 70/03 interviene, in conformità alla direttiva, nei seguenti settori: la disciplina giuridica dello stabilimento dei prestatori di beni o servizi della

società dell'informazione; il regime delle comunicazioni commerciali; la disciplina dei contratti per via

elettronica; la responsabilità degli intermediari, i codici di condotta; la composizione extragiudiziaria delle controversie, i ricorsi giurisdizionali e la cooperazione tra Stati membri.

In via preliminare, occorre ricordare che l'articolo 1 del decreto legislativo,

nell'enunciare le finalità del provvedimento, fa espressamente salva l'applicazione delle disposizioni sulla tutela della salute pubblica e dei consumatori e la normativa in materia di ordine pubblico, riciclaggio e traffici illeciti. Fa salva, altresì, la disciplina in materia bancaria, finanziaria, assicurativa e dei sistemi di pagamento, nonché le funzioni di vigilanza e controllo, di competenza degli organi di polizia.

Tra le materie escluse dal campo di applicazione del provvedimento si segnalano: gli aspetti fiscali del commercio elettronico; le questioni relative alla tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche e, in particolare,

197 “Attuazione della direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società

dell'informazione nel mercato interno, in particolare riferimento al commercio elettronico”.

Page 253: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

245

del diritto alla vita privata, con specifico riguardo al trattamento dei dati personali nel settore delle telecomunicazioni; le intese restrittive della concorrenza; le prestazioni di servizi effettuate da soggetti stabiliti in Paesi non appartenenti allo spazio economico europeo; le attività dei notai o di altre professioni equivalenti, nella misura in cui implicano un nesso diretto e specifico con l’esercizio dei pubblici poteri; la rappresentanza e la difesa processuali; i giochi d’azzardo, ove ammessi, che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse.

Due i principi di ordine generale stabiliti dalla direttiva: l’assoggettamento dei servizi della società dell’informazione al diritto nazionale dello Stato membro di stabilimento del prestatore e il divieto di limitazione di libera circolazione dei servizi provenienti da un altro Stato, sono recepiti dall’articolo 3.

Per accedere all’attività di servizi della società dell'informazione il prestatore di servizi deve fare riferimento alla disciplina e all’ambito dell’attività (ambito regolamentato198) del Paese in cui è stabilito; pertanto, le attività economiche on line costituenti servizi forniti da un prestatore stabilito all’interno del territorio italiano soggiacciono, oltre che alle norme dettate dal decreto legislativo in commento, anche alle disposizioni nazionali applicabili all’ambito regolamentato. Queste, a loro volta, non possono limitare la libera circolazione dei servizi on line provenienti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro a meno che non si versi in una delle materie tassativamente escluse da queste disposizioni (diritto d’autore, emissione di moneta elettronica, attività assicurativa ecc.) (art. 4).

Ancora in deroga al principio della libera circolazione dei servizi il decreto legislativo (art. 5) consente l’adozione, da parte dell’autorità giudiziaria, di specifici provvedimenti limitanti la circolazione dei servizi provenienti da un altro Stato membro. Indicano, altresì, in quali casi e a quali condizioni l’obbligo di non creare ostacoli alla libera circolazione dei servizi della società dell’informazione possa essere derogato. Si tratta, in questo caso, di deroghe di carattere generale dovute a motivi di ordine pubblico, di tutela della salute pubblica, di pubblica sicurezza e di tutela dei consumatori. I provvedimenti di salvaguardia degli interessi lesi possono essere adottati a condizione che siano necessari e proporzionati.

In caso di controversie riguardanti il prestatore stabilito (colui che offre i servizi attraverso una installazione stabile e per un tempo indeterminato) si applicano le disposizioni del regolamento CE n. 44/2001 del Consiglio dell’Unione Europea del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento, l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Sono previste deroghe ai suddetti principi. 198 Secondo la definizione di cui all’art. 2, co. 1, lett. h) del decreto legislativo, per “ambito

regolamentato” si intendono tutte le disposizioni applicabili ai prestatori di servizi o ai servizi della società dell'informazione, indipendentemente dal fatto che siano di carattere generale o loro specificamente destinate.

Page 254: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

246

Nel decreto viene ribadisce il principio introdotto dalla direttiva 2000/31/CE (art. 4) in ordine al regime di stabilimento, in base al quale l'accesso all'attività di prestazione dei servizi della società dell'informazione non può essere subordinato ad alcuna forma di autorizzazione preventiva.

La citata circolare del Ministero delle attività produttive al riguardo precisa che si continua ad applicare la disciplina di cui all’art. 18 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, che prevede una preventiva comunicazione all’autorità competente e la facoltà di avviare l’attività una volta decorsi 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.

Gli articoli 7, 8, 9, 10 e 12 del decreto legislativo definiscono gli obblighi posti a carico delle persone che forniscono servizi della società dell'informazione in ordine a: fornitura delle informazioni di base sul servizio ai destinatari di questo e alle

autorità competenti (articolo 7); specifica evidenziazione del carattere commerciale delle comunicazioni,

quando questo ricorra, tipicamente nel caso di offerte, concorsi o giochi promozionali (articolo 8);

specifica evidenziazione, per le comunicazioni commerciali non sollecitate trasmesse per posta elettronica, della loro natura e della facoltà per il destinatario di opporsi al ricevimento, in futuro, di analoghe comunicazioni (articolo 9);

conformità dell'uso delle comunicazioni commerciali da parte di appartenenti a professioni regolamentate alle relative regolamentazioni in materia di deontologia professionale (articolo 10);

fornitura delle informazioni tecniche preordinate alla conclusione del contratto (articolo 12).

Si tratta, innanzitutto, di obblighi di carattere informativo.

Le informazioni fondamentali e obbligatorie che il prestatore deve mettere a disposizione in modo diretto, permanente e facilmente accessibile ai potenziali clienti ed alle autorità competenti, in aggiunta agli obblighi informativi previsti per specifici beni o servizi sono previste a garanzia di una adeguata informazione e di tutela a favore del destinatario del servizio.

Il fornitore ha l'obbligo di informare il consumatore sui dati identificativi del fornitore, sulle caratteristiche essenziali del bene o del servizio offerto e del loro costo, nonché delle modalità di pagamento e di consegna del bene o più in generale di esecuzione del contratto. L'informazione obbligatoria va fornita in modo chiaro e comprensibile e con ogni mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione impiegata, osservando, in particolare, i principi di lealtà in materia di transazione commerciale.

La norma specifica che l’obbligo di registrazione della testata editoriale telematica vale solo per le attività per le quali i prestatori del servizio intendano

Page 255: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

247

avvalersi delle provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 62199, o comunque ne facciano specifica richiesta.

Per esigenze di trasparenza e tutela dei consumatori è, inoltre, prevista una specifica e stringente informativa in caso di “comunicazione commerciale” vale a dire destinata, in modo diretto o indiretto, alla promozione di beni, servizi o immagine di un'impresa, di un'organizzazione o di un soggetto che esercita un'attività economica che costituisce un servizio della società dell’informazione.

Per evitare intrusioni nella vita privata il decreto stabilisce anche che le comunicazioni commerciali non sollecitate, trasmesse da un prestatore per posta elettronica, devono essere chiaramente identificate come tali fin dal momento in cui il destinatario le riceve e devono indicare la facoltà di opporsi in futuro al loro ricevimento in futuro.

Sono comunque fatti salvi gli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia di protezione dei consumatori nei contratti a distanza e di tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni. La comunicazione commerciale effettuata nell'ambito di una professione regolamentata deve comunque avvenire nel rispetto delle norme etiche e dei codici di condotta di categoria.

Il decreto legislativo individua le categorie di contratti che non possono essere concluse per via elettronica.

Si tratta dei contratti: a) che istituiscono o trasferiscono diritti su beni immobili diversi dalla

locazione; b) che richiedono per legge l’intervento di organi giurisdizionali, o soggetti

che esercitano pubblici poteri; c) di fideiussione o di garanzie prestate da persone che agiscono a fini che

esulano dalle loro attività commerciali, imprenditoriali o professionali; d) disciplinati dal diritto di famiglia o di successione (art. 11).

Ulteriori obblighi informativi posti a carico del prestatore (art. 12) riguardano la fornitura di informazioni tecniche preordinate alla conclusione del contratto per via elettronica cui il prestatore è tenuto prima dell'inoltro dell'ordine da parte del destinatario. Tali obblighi sono in aggiunta a quelli previsti per specifici beni e servizi nonché a quelli previsti con riferimento ai contratti a distanza e riguardano: le varie fasi tecniche da seguire per concludere il contratto; il modo di archiviazione del contratto concluso e le relative modalità di

accesso;

199 La legge 7 marzo 2001, n. 62, recante “Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e

modifiche alla L. 5 agosto 1981, n. 416” concede alle imprese operanti nel settore editoriale talune agevolazioni di credito (artt.4-10) ed un credito di imposta per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2004, rientranti nelle tipologie descritte dall’art.8 della stessa legge.

Page 256: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

248

i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per consentirgli l’individuazione e la correzione di errori di inserimento dei dati prima dell’inoltro dell’ordine al prestatore;

gli eventuali codici di condotta cui aderisce il prestatore e i modi per accedervi per via telematica ;

le lingue a disposizioni per la conclusione del contratto, oltre alla lingua italiana.

Per quanto concerne la fase di conclusione del contratto il decreto legislativo prevede che il prestatore, senza ingiustificato ritardo e per via telematica, accusi ricevuta dell’ordine del destinatario, contenente un riepilogo delle condizioni applicabili al contratto e una serie di informazioni relative a: caratteristiche del bene o del servizio, prezzo, mezzi di pagamento, recesso, costi di consegna e imposte (art. 13).

Quanto poi alla responsabilità dei prestatori di servizi che agiscono come intermediari, la disciplina introdotta dagli articolo 14-16 opera una distinzione in relazione alle attività di: semplice trasporto (mere conduit), memorizzazione intermedia e temporanea (caching) e memorizzazione di informazioni fornite dal destinatario del servizio (hosting).

Nel caso di semplice trasporto, il prestatore di servizi non è responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che non ne origini la trasmissione, non ne scelga il destinatario e non ne possa modificare il contenuto. In pratica si stabilisce che il carrier, l'operatore telefonico, non è responsabile (art. 14).

Anche nel secondo caso, che è quello dei provider che si limitano a fornire l'accesso alla rete, la responsabilità è collegata ad interventi di manipolazione dei dati memorizzati. Infatti, se il servizio consiste nella trasmissione di informazioni fornite dal destinatario di un servizio su una rete di comunicazione (caching), l’intermediario non è responsabile per la memorizzazione di tali dati ove non modifichi le informazioni, si conformi alle condizioni di accesso e di aggiornamento delle informazioni, non impieghi la tecnologia a disposizione per ottenere dati sull’impiego delle informazioni, agisca con prontezza per rimuovere le informazioni che ha memorizzato (articolo 15).

Infine, nel caso in cui il servizio consista nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio (hosting) - come, ad esempio, la messa a disposizione di uno spazio server per siti o pagine Web - l’intermediario non è responsabile delle informazioni memorizzate se non è a conoscenza della loro illiceità, e sempre che, nel caso in cui ne venga a conoscenza, agisca immediatamente per rimuoverle su ordine delle autorità competenti (articolo 16).

Nel regolare la responsabilità del prestatore di servizi della società dell'informazione il decreto (art. 17), pur escludendo per gli intermediari sopraindicati un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni trasmesse o memorizzate ovvero un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o

Page 257: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

249

circostanze che indichino la presenza di attività illecite, riconosce come civilmente responsabili del contenuto dei servizi nel caso in cui, richiesti dall’autorità giudiziaria o amministrativa competente, non abbiano agito tempestivamente per impedire l’accesso a detto contenuto, ovvero se, a conoscenza del carattere illecito del contenuto non abbia provveduto ad informarne l’autorità competente.

Da ultimo gli articoli 18, 19, 20 e 21 attuando le disposizioni del capo III della direttiva (Applicazione) riguardano: l’elaborazione volontaria di codici di condotta da parte delle organizzazioni imprenditoriali, professionali o di consumatori; la composizione extragiudiziale delle controversie anche in via informatica e i ricorsi giurisdizionali; la diffusione delle informazioni sulla normativa in esame dal parte del Ministero delle attività produttive che funziona da “punto di contatto nazionale”; le sanzioni.

L'articolo 21 prevede che le violazioni degli obblighi definiti dagli articoli 7, 8, 9, 10 e 12 testé richiamati siano punite, salvo che il fatto non costituisca reato, con una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 10.000 euro.

Page 258: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 259: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

251

Franchising

Il contratto di franchising

La legge n. 129 del 6 maggio 2004200, intitolata “Norme per la disciplina dell'affiliazione commerciale”, ha introdotto una nuova ed organica regolamentazione per il franchising, realizzando il passaggio del medesimo da contratto atipico a materia specificatamente disciplinata. Le nuove regole sono applicabili a tutti i contratti di affiliazione commerciale in corso. Quelli stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore delle nuove norme dovranno essere adeguati entro un anno dall'entrata in vigore della legge 129/2004 (25 maggio 2005).

Il contratto di franchising (o affiliazione commerciale) è il contratto tra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede all'altra la disponibilità, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how201, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l'affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi. Tale contratto può essere utilizzato in ogni settore di attività economica.

Dal punto di vista economico, l'affiliato versa al momento della stipula del contratto di affiliazione commerciale una cifra fissa (nota come diritto d’ingresso), e in seguito l'affiliante richiede all'affiliato una percentuale (royalties) commisurata al giro d'affari del medesimo o in quota fissa, da versarsi anche in quote fisse periodiche (articolo 1).

Già dalla definizione adottata dal legislatore si evince l’attenzione posta a garanzia del franchisee, che rappresenta la parte economicamente più debole. Nella norma, infatti, si ritrova costantemente l’attenzione alla tutela dell’affiliato, che trova espressione in numerose disposizioni “protettive” introdotte nella disciplina del franchising.

Il contratto deve essere redatto per iscritto a pena di nullità. Qualora il contratto sia a tempo determinato, l'affiliante dovrà comunque garantire all'affiliato una durata minima sufficiente all'ammortamento dell'investimento e comunque non inferiore a tre anni.

Lo scopo di questa previsione è quella di garantire la possibilità al franchisee di ammortizzare l’investimento effettuato, in linea con il carattere garantista della

200 Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 24 maggio 2004. 201 Per know-how si intende un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da

esperienze e da prove eseguite dall'affiliante, patrimonio che è segreto, sostanziale ed individuato.

Page 260: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

252

legge nei confronti dell’affiliato. E' fatta salva l'ipotesi di risoluzione anticipata per inadempienza di una delle parti.

Allo stesso modo, la norma impone un contenuto necessario del contratto di franchising, i cui elementi inderogabili sono: l’importo degli investimenti che il franchisee è tenuto a sostenere per iniziare

l’attività; l’importo delle spese di ingresso; descrizione del modo di determinazione delle royalties (modalità di calcolo,

oltre che di pagamento); l’ambito di esclusiva territoriale, ove sia prevista; la specifica del know-how fornito dall’affiliante; l’eventuale incasso minimo da realizzare; i servizi eventualmente offerti dall’affiliante; le condizioni di rinnovo, risoluzione o cessione del contratto (articolo 3).

L'affiliante è obbligato a consegnare all'aspirante affiliato, almeno trenta giorni prima della sottoscrizione di un contratto di affiliazione commerciale, copia completa del contratto da sottoscrivere, corredato degli allegati.

Da parte sua, l'affiliato non può trasferire la sede, qualora sia indicata nel contratto, senza il preventivo consenso dell'affiliante, se non per causa di forza maggiore, e si impegna inoltre ad osservare e a far osservare ai propri collaboratori e dipendenti, anche dopo lo scioglimento del contratto, la massima riservatezza in ordine al contenuto dell'attività oggetto dell'affiliazione commerciale (articolo 5).

La norma tratta espressamente gli obblighi precontrattuali di comportamento, secondo cui l'affiliante e l'aspirante affiliato devono tenere un comportamento reciprocamente ispirato a lealtà, correttezza e buona fede e devono tempestivamente scambiarsi dati e informazione utili inerenti il rapporto di affiliazione commerciale, a meno che non si tratti di informazioni oggettivamente riservate o la cui divulgazione costituirebbe violazione di diritti di terzi (articolo 6). Qualora una parte fornisca false informazioni, l’altra parte può chiedere l’annullamento del contratto, nonché il risarcimento del danno, se dovuto.

Per le controversie relative ai contratti di affiliazione commerciale, le parti possono convenire che, prima di adire l'autorità giudiziaria o ricorrere all'arbitrato, debba essere fatto un tentativo di conciliazione presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui territorio ha sede l'affiliato.

La legge fornisce un anno di tempo dalla sua entrata in vigore per l’adeguamento alla nuova disciplina dei contratti in essere.

Page 261: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

253

I dati del franchising italiano

Dai dati a disposizione202, ottenuti grazie al Rapporto Quadrante promosso ogni anno da Assofranchising, risulta che il settore del franchising in Italia negli ultimi sei anni, dal 1999 al 2004, ha registrato un’impennata, passando da un giro d’affari di 10,9 miliardi di euro del 1998 agli oltre 16,9 miliardi alla fine del 2004, registrando un incremento del 9,8%. Negli ultimi 10-12 anni, lo sviluppo delle imprese in franchising è stato notevole: le insegne sono, infatti, raddoppiate raggiungendo quota 708 nel 2004 rispetto alle 336 del 1993, con un incremento di 43 insegne rispetto al 2003.

Degli oltre 700 franchisor attivi in Italia alla fine del 2004, il 42,8% opera nel campo dei servizi ai privati e alle imprese, il 24,2% negli articoli per la persona, il 12,3% nel commercio specializzato, il 7,1% negli articoli per la casa, il 5,8% si occupa di alberghi e ristorazione, il 3,5% di commercio alimentare specializzato, il 3,5% nel commercio despecializzato.

Alla fine del 2004, è stato possibile rilevare un incremento anche nel numero dei punti vendita affiliati, che sono passati da 41.901 a 44.426 unità, con una crescita del 6%.

Tale crescita che si riconferma anche nel numero di persone occupate, che raggiunge quota 117.783 con un aumento del 7,2% rispetto all’anno precedente.

Disciplina comunitaria sugli accordi verticali

L’articolo 81 (ex articolo 85) del Trattato CE reca il generale divieto di accordi restrittivi della concorrenza, prevedendo l’incompatibilità con il mercato comune e la nullità di pieno diritto di tutti gli accordi tra imprese, decisioni di associazioni di imprese e pratiche concordate pregiudizievoli del commercio tra Stati membri e aventi per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune.

Lo stesso articolo 81, al paragrafo 3, considera l’ipotesi che tale divieto possa essere dichiarato inapplicabile agli accordi che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico.

Si tratta, dunque, di un’esenzione che opera per quegli accordi che producono benefici effetti sul versante economico, compensando così quelli anticoncorrenziali.

Il Regolamento della Commissione n. 2790/1999, “Regolamento della Commissione, relativo all'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3, del Trattato CE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate ”, entrato in vigore il 1° giugno 2000, ha disposto l’inapplicabilità del divieto di cui all’articolo 81,

202 I dati definitivi 2005 non risultano al momento disponibili.

Page 262: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

254

paragrafo 1, a quegli accordi verticali203 che soddisfano taluni requisiti indicati nello stesso regolamento, presumendo la capacità di tale categoria di accordi di incrementare l’efficienza economica nell’ambito della catena produttiva o distributiva, così da controbilanciare eventuali effetti anticoncorrenziali204.

Tale Regolamento ha sostituito, a partire dal 1 giugno 2000, la disciplina recata dai Regolamenti della Commissione CEE n. 4087/88, CEE n. 1983/83 e CEE n. 1984/83 relativi all'applicazione dell'esenzione di cui all’articolo dell’articolo 81 (ex 85), paragrafo 3, TCE, rispettivamente a categorie di accordi di franchising, di distribuzione esclusiva e di acquisto esclusivo205.

Il Regolamento in esame contiene un limite generale che deve essere osservato affinché sia inapplicabile il divieto di cui all’articolo 81, par.1, TCE, ossia che la quota di mercato detenuta dal fornitore, soggetto parte dell’accordo, non deve superare il 30 % del mercato rilevante in cui esso vende i beni o i servizi oggetto del contratto (art.3, paragrafo 1). L’accordo, ai fini dell’esenzione, non deve comunque contenere talune restrizioni gravi quali ad esempio l’imposizione di un prezzo di rivendita (fatta salva la possibilità da parte del fornitore di fissare un prezzo massimo di vendita o di raccomandare un prezzo di vendita alla controparte) o la restrizione relativa al territorio o ai clienti (con alcune eccezioni che consentono alle imprese di usare un sistema di distribuzione esclusiva o un sistema di distribuzione selettiva).

L’esenzione dal divieto di cui all’articolo 81, paragrafo 1, prevista dal Regolamento in commento, si applica altresì a quegli accordi verticali, rispettosi dei limiti e delle condizioni sopra descritte, contenenti disposizioni relative alla cessione all’acquirente o all’uso da parte di questo di diritti di proprietà industriale, purché tali disposizioni non costituiscano l’oggetto primario degli accordi e che esse siano direttamente collegate all’uso, alla vendita o alla rivendita di beni o servizi da parte dell’acquirente o dei suoi clienti. L’esenzione si applica inoltre a condizione che, in relazione ai beni o ai servizi oggetto del contratto, queste disposizioni non contengano restrizioni della concorrenza aventi lo stesso oggetto o effetto di restrizioni verticali non esentate in virtù del regolamento n.2790.

Successivamente a tale Regolamento, la Commissione, con la Comunicazione 2000/C 291/01, del 13 ottobre 2000, ha emanato le “Linee direttrici sulle restrizioni verticali”, dedicando un apposito paragrafo206 agli accordi di franchising.

203 Si definiscono “verticali” quegli accordi o pratiche concordate conclusi tra due o più imprese,

operanti ciascuna, ai fini dell’accordo, ad un livello differente della catena di produzione e distribuzione, che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi (articolo 2, par.1, Reg. CE 2790/99).

204 Cfr., al riguardo, i considerando nn.2, 3, 6, 7 del Reg. CE 2790/99. 205 Art.12 e 13 del Reg. CE n.2790/99. 206 Punti 199 – 201.

Page 263: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

255

Tale comunicazione specifica che “gli accordi di franchising comportano la licenza di un insieme di diritti di proprietà immateriale che riguardano in particolare marchi o insegne e know-how, per l'uso e la distribuzione di beni o servizi. Oltre alla licenza di DPI (diritti di proprietà industriale), l'affiliante fornisce inoltre all'affiliato, durante il periodo di vigenza dell'accordo, un'assistenza tecnica o commerciale. La licenza e l'assistenza tecnica formano parte integrante della formula commerciale oggetto del franchising. L'affiliante riceve generalmente dall'affiliato il pagamento di un corrispettivo per l'utilizzazione della specifica formula commerciale. Gli accordi di franchising possono offrire all'affiliante la possibilità di costituire, con investimenti limitati, una rete uniforme per la distribuzione dei suoi prodotti. Oltre alla concessione della formula commerciale, gli accordi di franchising comportano abitualmente una combinazione di diverse restrizioni verticali riguardanti i prodotti distribuiti, in particolare la distribuzione selettiva e/o obblighi di non concorrenza e/o la distribuzione esclusiva o sue forme più deboli”.

L'esenzione per categoria si applica207 sino alla quota di mercato del 30% detenuta dall'affiliante o dal fornitore da esso designato, per le restrizioni verticali sugli acquisti, sulle vendite e sulle rivendite di beni e servizi contenute in accordi di franchising, quali la distribuzione selettiva, l'obbligo di non concorrenza o la distribuzione esclusiva. Per quanto attiene a tali tipi di restrizioni, contenute in contratti di franchising, si specifica che

1) quanto maggiore è il trasferimento di know-how, tanto più facilmente le restrizioni verticali soddisfano le condizioni di esenzione.

2) Un obbligo di non concorrenza relativo ai beni o servizi acquistati dall'affiliato non rientra nell'articolo 81, paragrafo 1, quando esso è necessario per mantenere la reputazione e l'identità comuni della rete di franchising. In tali situazioni, anche la durata dell'obbligo di non concorrenza è irrilevante ai sensi dell'articolo 81, paragrafo 1, a condizione che essa non superi la durata dell'accordo stesso di franchising.

Al il fine di tutelare i diritti di proprietà immateriale dell'affiliante, è ammessa l’imposizione a carico dell'affiliato dei seguenti obblighi:

a) non intraprendere, direttamente o indirettamente, attività simili; b) non acquisire partecipazioni nel capitale di un'impresa concorrente, tali da

conferire all'affiliato il potere di influenzare il comportamento economico di tale impresa;

c) non rivelare a terzi il know-how fornito dall'affiliante finché tale know-how non sia divenuto di dominio pubblico;

d) comunicare all'affiliante qualsiasi esperienza acquisita sfruttando il franchising, e concedere all'affiliante e agli altri affiliati una licenza non esclusiva per il know-how che risulta da tale esperienza;

207 Punto 200.

Page 264: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

256

e) segnalare all'affiliante le violazioni dei diritti di proprietà immateriale sotto licenza, intraprendere azioni legali contro i trasgressori o assistere l'affiliante in qualsiasi azione legale intentata contro gli stessi;

f) non utilizzare il know-how concesso in licenza dall'affiliante a fini diversi dallo sfruttamento del franchising;

g) non cedere i diritti e gli obblighi derivanti dall'accordo di franchising senza il consenso dell'affiliante.

Page 265: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

257

Vendite a domicilio e piramidali

La vendita diretta a domicilio

La legge n. 173 del 17 agosto 2005208 recante “Disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali”, è volta a contrastare il fenomeno delle cosiddette vendite piramidali, attraverso l’introduzione nel nostro ordinamento di una specifica normativa che vieta - come già avviene in molti paesi europei - la realizzazione di strutture di vendita in cui l’incentivo economico dipende solo dal reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che dalle loro capacità di vendita, nonché la promozione e l’organizzazione di tutte quelle operazioni, quali giochi, “Catene di Sant’Antonio”, che configurano la possibilità di guadagno attraverso il puro e semplice reclutamento di altre persone. La legge provvede inoltre a tutelare l’attività di vendita diretta a domicilio, integrando la normativa in materia contenuta nel decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (“Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”), ed in particolare nell’articolo 19, e delineando un'analitica disciplina dei relativi profili contrattuali

La legge, che consta di sette articoli, oltre a definire le ”vendita diretta a domicilio - rifacendosi, in gran parte, alla normativa già vigente in materia, e segnatamente al citato decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114209 - e a circoscriverne l’ambito di applicazione, disciplina l’esercizio di detta attività (art. 2) nonché le forme giuridiche in base alle quali essa può essere esercitata.

Essa, peraltro, non si applica per l’offerta di prodotti e servizi finanziari, assicurativi, e contratti per la costruzione, la vendita e la locazione di beni immobili.

Per quanto concerne l’attività di incaricato alla vendita diretta a domicilio, la norma conferma anzitutto l'obbligo per il venditore a domicilio, incaricato della promozione e della raccolta degli ordinativi di acquisto presso il domicilio del

208 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 204 del 2 settembre 2005. 209 Le vendite effettuate presso il domicilio del consumatore rientrano tra le forme speciali di

vendita al dettaglio disciplinate dagli artt. 16-21 del D.Lgs. 114/98, ovvero le forme distributive diverse dalle attività di vendita al pubblico al dettaglio in sede fissa (negozi) o su aree pubbliche (ambulantato). In tale tipologia rientrano attività commerciali peraltro assai diverse tra loro: l'attività di vendita non rivolta al pubblico bensì riservata a determinati soggetti (spacci interni), la distribuzione tramite apparecchi automatici, e le vendite effettuate al di fuori dei locali commerciali: ossia le vendite a distanza (per corrispondenza o tramite televisione o altro sistema) e le vendite effettuate presso il domicilio del consumatore o comunque in una sede diversa dalle aree pubbliche. In particolare le vendite a domicilio sono disciplinate dall’articolo 19 del decreto che, per l'accesso a tale tipo di vendita richiede la presentazione di una comunicazione al comune in cui l’esercente ha la residenza o la sede legale, indicante la sussistenza dei requisiti previsti e il settore merceologico.

Page 266: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

258

consumatore finale, di essere sempre provvisto del tesserino di riconoscimento210.

Riguardo alla figura del venditore a domicilio, si segnala che la norma prevede implicitamente tre diverse tipologie di incaricati alla vendita (articolo 3): l'incaricato-subordinato, che ha un vincolo di subordinazione con l'impresa

affidante; l'incaricato-agente, che non ha alcun vincolo di subordinazione con l'impresa

affidante, ed esercita la sua attività come oggetto di una obbligazione assunta con contratto di agenzia (comma 2);

l'incaricato-mandatario, anch'egli senza alcun vincolo di subordinazione con l'impresa affidante, che esercita la sua attività in maniera abituale, ancorché non esclusiva, o in maniera occasionale211, purché incaricato da una o più imprese, senza necessità di stipulare un contratto di agenzia con l'impresa (comma 3).

L'introduzione di quest’ultima nuova figura di incaricato, che va ad affiancarsi alle due figure già esistenti, rappresenta una delle principali novità apportate dalla legge.

La disciplina del rapporto tra l’impresa affidante e l’incaricato alla vendita diretta a domicilio prevede che: all'incaricato-subordinato si applichi il contratto collettivo nazionale di lavoro

applicato dall'impresa esercente la vendita diretta; all'incaricato-agente si applichino gli accordi economici collettivi di settore; per l'incaricato-mandatario il contratto debba essere provato per iscritto (forma

scritta ad probationem), e possa essere liberamente rinunciato, anche per fatti concludenti con relativa presa d'atto dell'impresa affidante, o revocato per iscritto tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento o altro mezzo idoneo. In pratica, entrambe le parti possono recedere dal contratto in qualsiasi momento senza alcun preavviso e senza obbligo di motivazione.

L’incaricato alla vendita diretta a domicilio deve attenersi alle modalità e condizioni generali di vendita stabilite dall’impresa affidante, e non ha, salvo espressa autorizzazione scritta, la facoltà di riscuotere il corrispettivo degli ordinativi di acquisto presso i privati consumatori. Il compenso degli incaricati

210 Tale obbligo era già previsto dall’articolo 19, commi 5 e 6, del D.Lgs. n. 114/1998. Il tesserino

deve essere numerato, datato anno per anno e deve contenere: le generalità e la fotografia dell'incaricato, l'indicazione a stampa della sede dell'impresa, dei prodotti dei quali viene effettuata la vendita, del nome e della firma del titolare dell'impresa, e deve essere esposto in modo visibile durante le operazioni di vendita.

211 in tal caso l'attività si considera occasionale sino al conseguimento di un reddito annuo non superiore a 5.000 euro (articolo 3, comma 4).

Page 267: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

259

senza vincolo di subordinazione è costituito dalle provvigioni212 sugli affari che, accettati, hanno avuto regolare esecuzione (articolo 4).

Il divieto alle vendite piramidali

La norma vieta la promozione o l'organizzazione di tutte quelle operazioni dirette a moltiplicare i livelli di vendita utilizzando il prodotto quale pretesto per reclutare nuovi venditori da inserire all'interno della piramide (giochi, piani di sviluppo, "catene di Sant'Antonio").

Si può presumere l'esistenza di tali iniziative se il soggetto reclutato è obbligato a: acquistare una rilevante quantità di prodotti senza diritto di restituzione o

rifusione del prezzo nel caso di mancata o parzialmente mancata vendita al pubblico, oppure a

corrispondere, all'atto del reclutamento e per poter permanere nell'organizzazione, una somma di denaro o titoli di credito o altri valori mobiliari e benefici finanziari in genere di rilevante entità e in assenza di una reale controprestazione, oppure a

acquistare materiali, beni o servizi, compresi materiali didattici e corsi di formazione, non strettamente inerenti e necessari alla attività commerciale in questione. La sanzione per la promozione o la realizzazione di forme di vendita

piramidale è prevista dall’articolo 7 nell'arresto da sei mesi ad un anno, o nell'ammenda da 100.000 euro a 600.000 euro.

Alcuni dati sulla vendita diretta

I venditori ‘a domicilio’, anche conosciuti come incaricati ‘porta a porta’, rappresentano una categoria di lavoratori molto diffusa in tutto il mondo. Negli Stati Uniti il fatturato globale delle vendite dirette supera i 28 miliardi di dollari all’anno e offre lavoro a 10 milioni di persone. In Giappone il giro d’affari è di più di 24 miliardi e coinvolge due milioni di venditori. Anche in Italia i numeri legati a questa categoria sono importanti, ed a livello europeo l’Italia si collocava al quarto posto nella classifica del fatturato della vendita diretta, dopo la Germania, il Regno Unito e la Francia.

Il fatturato delle aziende associate alla ‘Avedisco’ (Associazione vendite dirette servizio consumatori), che rappresenta le più importanti realtà industriali e commerciali italiane ed estere che utilizzano la vendita diretta a domicilio per la distribuzione dei propri prodotti e servizi, nell’anno 2004 è stato di un miliardo e

212 La norma prevede che la misura delle provvigioni e le modalità di corresponsione debbano

essere stabilite per iscritto.

Page 268: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

260

235 milioni (IVA inclusa). Tale dato rappresenta circa il 50% di tutto il mercato nazionale delle vendite dirette213.

Secondo i dati forniti dalla stessa Avedisco, gli incaricati alle vendite corrispondenti sono circa 175 mila, e il fatturato delle aziende associate nell’anno 2004 di 1.235 milioni di euro, così suddivisi per categoria merceologica:

CATEGORIA MERCEOLOGICA 2004 Cosmesi e accessori moda 169.498Casa, beni di consumo 129.542Casa, beni durevoli 611.131Tessile 51.671Alimentari-nutrizionali 226.696Altro 46.553FATTURATO az. avedisco 1.235.091

Con il 10% del fatturato aziendale investito nella formazione, nel 2004 i corsi

per i venditori a domicilio sono stati oltre 10 mila. Ogni azienda ne ha organizzati in media 21, dedicando anche all’addestramento una grande attenzione attraverso la creazione di 319 corsi. Il numero di persone ‘formate’ in un anno ha toccato la cifra dei 96 mila: 17 mila per la fase formativa e 97 mila per quella addestrativi.

E’ interessante notare che quella del venditore a domicilio è un’attività che potrebbe essere definita ‘in rosa’, proprio per l’alta percentuale di donne che scelgono di fare di questo tipo di lavoro la loro professione. A spingerle sono probabilmente alcune caratteristiche ritenute determinanti: la flessibilità nell’orario di lavoro, la libertà di avere un lavoro indipendente e la possibilità di poter decidere quanto guadagnare in relazione all’impegno.

213 L’associazione Avedisco attualmente conta 34 iscritti che costituiscono il 50% del fatturato

complessivo e le maggiori aziende del comparto.

Page 269: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

261

Il nuovo codice del consumo

Il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206214 - Codice del consumo- emanato a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229215, è entrato in vigore il 23 ottobre 2005. Composto di 146 articoli, è articolato in sei Parti, di norma suddivise a loro volta in Titoli, Capi e sezioni. Esso rappresenta il testo fondamentale di riferimento in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti.

Il Codice fa assumere un autonomo rilievo al diritto dei consumatori nell’ambito dell’ordinamento civile, riunendo, coordinando e semplificando numerose disposizioni che la stratificazione normativa aveva reso poco leggibili ed efficaci. Nell’ambito dell’armonizzazione con le direttive comunitarie in materia, inoltre, il Codice ha provveduto a rivedere taluni aspetti problematici. I settori disciplinati sono molteplici: l’etichettatura, la sicurezza generale dei prodotti, la pubblicità ingannevole e le clausole abusive, le vendite a domicilio, le vendite a distanza, i contratti turistici e la multiproprietà, le garanzie dei beni di consumo e le azioni inibitorie.

Per i consumatori, i benefici attesi dall’avvenuta codifica sono evidenti, in quanto il Codice esalta la posizione giuridica del consumatore sia sul piano individuale che collettivo e precisa le regole sulla correttezza delle pratiche commerciali, sull’informazione e sull’accesso alla giustizia.

Tuttavia, il Codice del Consumo va inquadrato nell’ambito più ampio della disciplina del mercato inteso luogo di incontro della domanda ed offerta di beni e servizi, e – oltre che ai consumatori – dovrebbe apportare benefici anche alle imprese ed al mercato in generale. Stimolando la concorrenza, la trasparenza e l’informazione sul mercato, si favorisce infatti una migliore qualità dei prodotti e dei servizi, ed un incremento del grado di fiducia dei consumatori, quindi – in ultima analisi - una crescita degli scambi a beneficio di tutta la collettività nazionale.

Il Codice, infine, semplifica i rapporti contrattuali tra professionista e consumatore, incentivando la composizione extragiudiziale delle controversie, che diminuirà il carico di contenzioso pendente tra imprese e cittadini agevolando una più rapida soluzione delle controversie stesse.

214 Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 235 dell'8 ottobre 2005 (Suppl. Ordinario n. 162). 215 Recante “Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e semplificazione

– Legge di semplificazione 2001”.

Page 270: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

262

Diritti dei consumatori

Le disposizioni generali, recate dai primi articoli216 del Codice, enunciano i diritti dei consumatori e ne forniscono le relative definizioni, riproducendo in gran parte la disciplina della legge n.281/98 relativa appunto ai diritti dei consumatori e degli utenti.

Il Codice riconosce come fondamentali i diritti: a) alla tutela della salute; b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi; c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità; d) all'educazione al consumo; e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali; f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e

democratico tra i consumatori e gli utenti; g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza

(articolo 2).

Si segnala che il Codice dispone, in conclusione, l’irrinunciabilità dei diritti da esso attribuiti al consumatore e dunque la nullità di ogni pattuizione in contrasto con le disposizioni del medesimo (articolo 143).

Pubblicità ed informazione al consumatore

L’articolazione del Codice si ispira alle teorie sul processo di acquisto. Esso tratta infatti dettagliatamente217 le tematiche relative all’educazione del consumatore, l’informazione e la pubblicità, investendo tutta l'attività preliminare che, ancor prima della specifica attività di informazione precontrattuale, pone il consumatore in grado di ottenere una corretta conoscenza del bene o del servizio da acquistare.

Nella relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo era posta l’attenzione sul fatto che, mentre la normativa sulla pubblicità era ampia e puntuale, quella sull’attività di informazione risultava episodica e quella sull’educazione del tutto assente. Ciò nonostante, nella relazione si evidenziava l’utilità di formulare una norma di raccordo al fine di introdurre nel corpo del Codice almeno un riferimento positivo al diritto all’educazione, che è inserito tra i diritti fondamentali nell’art.1 della L. n.281/98, nonché espressamente menzionato dall’art.153 del Trattato istitutivo della Comunità Europea.

216 Il primo articolo del Codice riproduce parte del comma 1 dell’articolo 1 della legge 281/98,

integrato con un riferimento sia alla Carta costituzionale, sia all’articolo 153 del Trattato CE. Secondo la relazione di accompagnamento allo schema di decreto legislativo, il riferimento all’articolo 153 TCE consente di assumere la fonte comunitaria, in cui esplicitamente si prevede la promozione di un elevato livello di protezione dei consumatori, a principio informatore di tutta la disciplina in materia di tutela dei consumatori, mentre il richiamo alla Costituzione permette di sottolineare come la normativa in materia consumeristica, pur avendo solide basi solo in ambito comunitario, si riannodi alla disciplina costituzionale in tema di diritti della persona.

217 Tutta la Parte II (artt. 4-32) del Codice del consumo è dedicata a queste tematiche.

Page 271: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

263

Il Codice, dunque, introduce i principi cui devono informarsi l’educazione del consumatore - che è orientata a favorire la consapevolezza dei diritti e interessi, lo sviluppo dei rapporti associativi, la partecipazione ai procedimenti amministrativi - e le informazioni rivolte al medesimo, le quali devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiare e comprensibile. Costituiscono contenuto essenziale degli obblighi informativi la sicurezza, la composizione e la qualità dei prodotti e servizi (articoli 4 e 5).

Per quanto concerne la pubblicità e le altre comunicazioni commerciali, il Codice riprende, apportando solo lievi modifiche, la normativa vigente218 in materia di pubblicità ingannevole e comparativa

In attuazione di uno specifico criterio di delega è stata introdotta una nuova disciplina volta al rafforzamento della tutela dei consumatori in materia di televendite (artt. 28-32)219, ivi comprese quelle di astrologia e di cartomanzia, disponendo – tra l’altro - che le stesse debbano evitare ogni forma di sfruttamento della superstizione, della credulità e della paura, non possano indurre a comportamenti pregiudizievoli per la salute, o la sicurezza, o la protezione dell’ambiente, e non debbano contenere dichiarazioni che possano trarre in inganno i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni.

Il rapporto di consumo

La disciplina del contratto, con le regole che riguardano tutti i contratti e le c.d. regole di settore (che concernono la disciplina di specifici contratti) è oggetto di una consistente parte del Codice (artt. 33-98).

Sono elencati espressamente i principi che devono ispirare l’attività commerciale: buona fede, correttezza e lealtà (articolo 39).

La cd “multiproprietà” è disciplinata dagli articoli dal 69 all’81, che riproducono con lievi modifiche le disposizioni contenute negli articoli dall’1 al 12 del decreto legislativo n.427/98, recante l’attuazione della direttiva 94/47/CE concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili.

A parte sono disciplinati anche i servizi turistici220, riproducono sostanzialmente le corrispondenti disposizioni contenute nel decreto legislativo

218 Gli articoli dal 19 al 27 riproducono infatti gli articoli da 1 a 8 del decreto legislativo 25 gennaio

1992, n.74 "Attuazione della direttiva 84/450/CEE, come modificata dalla direttiva 97/55/CE ". Si ricorda che tale decreto è stato modificato dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n.67.

219 Gli articoli 30 e 31, in materia di divieti e tutela dei minori in materia di televendite, riproducono l’articolo 3-bis della legge 30 aprile 1998, n.122, introdotto dall’art.52 della legge 1° marzo 2002, n.39. L’articolo 32 contiene invece la disciplina sanzionatoria relativamente alle televendite, in base all’articolo 6 della delibera n.538/01/CSP del 26 luglio 2001 dell’Autorità per le Garanzie nelle Telecomunicazioni, recante il regolamento in materia di pubblicità radiotelevisiva e televendite.

220 Articoli dall’82 al 100.

Page 272: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO, SERVIZI E TUTELA CONSUMATORI

264

17 marzo 1995, n.111 recante “Attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso”.

Associazioni dei consumatori

Il Codice provvede al coordinamento in materia di norme concernenti le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale. Vengono riprese le disposizioni221 che istituiscono e disciplinano il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (articolo 136), nonché l’elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale222, presso il Ministero della attività produttive. Anche per quanto concerne le agevolazioni e contributi per le attività editoriali delle associazioni dei consumatori, e l’attribuzione della legittimazione ad agire per le associazioni dei consumatori iscritte nell’elenco non si rilevano novità rispetto alla normativa già vigente223.

Particolare rilievo assume invece l’articolo 141 che, in attuazione di quanto previsto dalla legge di delega224, reca disposizioni in tema di composizione extragiudiziale delle controversie, prevedendo l’attivazione di tali forme di composizione extragiudiziale allo scopo di deflazionare il carico di contenzioso pendente e di agevolare la rapida soluzione delle liti.

221 Articolo 4 della legge n.281/98, come modificato dall'articolo 5 della legge n.340/00. 222 Articolo 5 della legge n.281/98, come modificato dall’articolo 3 del decreto legislativo n.224/01. 223 L’articolo 138 del Codice riproduce l’articolo 6 della legge n.281/98 in materia di agevolazioni e

contributi per le attività editoriali delle associazioni dei consumatori, mentre l’articolo 139 recepisce la parte dell’articolo 3 della medesima legge relativa all’attribuzione della legittimazione ad agire per le associazioni dei consumatori iscritte nell’elenco.

224 Il riferimento è al criterio di delega di cui all'articolo 7, comma 1, lett d) della legge n.229/03.

Page 273: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Industria e Artigianato

Page 274: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 275: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

267

Attività produttive - Fondo rotativo di sostegno

Nel Documento di programmazione economico finanziaria 2005-2008, il Governo, in linea con le indicazioni contenute nei precedenti Documenti, sottolineava l'intenzione di procedere ad una graduale razionalizzazione del sistema degli incentivi alle imprese, prevedendo, a tale proposito, la costituzione di un Fondo rotativo per il sostegno degli investimenti delle aziende volto alla concessione di finanziamenti agevolati, destinati in particolare all'innovazione, al Mezzogiorno e alle aree sottoutilizzate e gli interventi per le relative modalità di utilizzo saranno coordinati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, come previsto nel precedente paragrafo

Il Fondo è stato successivamente istituito con la denominazione iniziale di “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese” dalla legge finanziaria per il 2005 (legge 311/04, comma 354 dell’art.1) presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti spa, con una dotazione iniziale di 6 miliardi di euro finanziata con le risorse del risparmio postale.

Il Fondo, alla cui ripartizione provvede il CIPE con proprie delibere, è destinato ad interventi agevolativi a favore delle imprese individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio.

Le competenze del CIPE nell'ambito di quanto afferente al Fondo rotativo si possono così riassumere: a) Fissazione dei criteri generali di erogazione dei finanziamenti agevolati; b) Approvazione di una convenzione tipo regolante i rapporti tra la Cassa

depositi e prestiti spa e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti;

c) Previsione della misura minima del tasso di interesse da applicare; d) Fissazione della durata massima del piano di rientro; e) Previsione di applicazione delle nuove modalità di attuazione ed erogazione

delle misure agevolative ai programmi di investimento per i quali, alla data di pubblicazione del decreto di cui al comma 357, non sia stata ancora presentata richiesta di erogazione relativa all'ultimo stato di avanzamento e non siano stati adottati provvedimenti di revoca totale o parziale.

Al Ministro competente è attribuita la funzione di stabilire, con decreto di natura non regolamentare - da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - quali siano, in relazione ai singoli interventi previsti dal comma 355, i requisiti e le condizioni per l'accesso ai finanziamenti agevolati (comma 357), mentre al Ministro dell'economia e delle finanze è attribuita la competenza a determinare il tasso di interesse da

Page 276: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

268

applicare alle somme erogate in anticipazione. La differenza risultante tra il tasso così fissato e quello di finanziamento agevolato è posta a carico del bilancio statale, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al comma 361, come pure a carico dello Stato risultano gli oneri riferiti alle spese gestionali del Fondo sostenuti dalla stessa Cassa depositi e prestiti (comma 358)225.

E possibile prevedere la garanzia dello Stato sull'obbligo di rimborso al Fondo per le somme ricevute dalle imprese in forma di finanziamento agevolato, ivi compresi i relativi interessi. I criteri, le condizioni e le modalità di stesura di tale clausola di garanzia sono da stabilire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Alla Cassa depositi e prestiti spa è riconosciuto il diritto ad un rimborso pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate in anticipazione per finanziamenti agevolati.

Sull’attività del Fondo, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati in forma di anticipazione di capitali, rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale, è successivamente intervenuto il decreto-legge n. 35/05226 (art. 6, commi 1-4) che ne ha modificato la disciplina al fine di favorire la crescita del sistema produttivo nazionale e di rafforzare le azioni volte alla promozione di un'economia basata sulla conoscenza.

Il decreto-legge, oltre a estendere la sfera dei potenziali beneficiari del Fondo, (le imprese anche associate in appositi organismi, anche di natura cooperativa, costituiti o promossi dalle Associazioni imprenditoriali e dalle Camere di commercio) ha provveduto a ridenominarlo “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca”, in quanto una quota - pari ad almeno il 30 per cento della dotazione finanziaria del fondo medesimo - è stata destinata al sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese, da realizzare anche congiuntamente a soggetti della ricerca pubblica227.

225 Si segnala che con la delibera del CIPE del 15 luglio 2005, n. 76, ai sensi dell'art. 1, comma

355, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, tra gli interventi agevolativi alle imprese cui è destinato il predetto fondo rotativo sono stati individuati gli interventi previsti dalla legge 17 febbraio 1982, n. 46, mentre in sede di prima applicazione è stata disposta la ripartizione delle risorse assegnate ai predetti interventi fra le aree sottoutilizzate e le restanti aree;

Con la stessa delibera si è , inoltre, provveduto a fissare la misura minima del tasso di interesse da applicare ai finanziamenti agevolati, la durata massima del piano di rientro, ed è stata, altresì, approvata la convenzione-tipo che regola i rapporti tra la CDP spa. e il sistema bancario, nella quale sono definiti i compiti e le responsabilita' dei soggetti firmatari della convenzione e del soggetto finanziatore. Con il recente DM 1° febbraio 2006 del Ministero delle attività produttive sono stati fissati i requisiti e le condizioni per la concessione di finanziamenti agevolati a programmi relativi ad attività di sviluppo precompetitivo e a connesse attività di ricerca industriale, ai sensi dell'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46 istitutivo del Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica (FIT), nel caso di ricorso alle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca.

226 Il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” (pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62) è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

227 Si segnala in proposito il DM 1° febbraio 2006, adottato dal Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze che stabilisce requisiti e condizioni per la

Page 277: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

269

Tra questi ultimi vengono richiamati espressamente: l'Istituto superiore di sanità (ISS), l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) nonché gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati (IRCCS), compresi quelli trasformati in fondazioni.

L’individuazione degli obiettivi e delle modalità di utilizzo della quota del Fondo rotativo destinata alla ricerca è stata affidata al Programma Nazionale della Ricerca (PNR)228, approvato annualmente dal CIPE su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro delle attività produttive, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204229.

Nell’utilizzo delle risorse del Fondo destinate alla ricerca sono delineate le

seguenti specifiche priorità (art. 6, comma 4): realizzazione di programmi strategici di ricerca - aventi prioritariamente

come soggetti imprese, università ed enti pubblici di ricerca - sia a sostegno della produttività dei settori a maggior capacità di esportazione o ad alto contenuto tecnologico, sia a sostegno dell’attrazione di investimenti dall’estero, che comprendano una destinazione di almeno il 10 per cento delle risorse per la formazione;

realizzazione o potenziamento di distretti tecnologici230, da sostenere congiuntamente con le regioni e gli altri enti nazionali e territoriali;

incentivazione degli investimenti in ricerca delle imprese, con particolare riferimento alle PMI, per il sostegno di progetti di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo.

concessione di finanziamenti agevolati a favore di programmi relativi ad attività di sviluppo precompetitivo e a connesse attività di ricerca industriale, ai sensi dell'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, istitutivo del Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica, nel caso di ricorso alle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca, istituito presso la Cassa depositi e prestiti dall'articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (GU n. 67 del 21 marzo-2006).

228 Di durata triennale, ma aggiornato annualmente, il PNR, che costituisce il principale strumento di programmazione e di coordinamento, è elaborato sulla base del Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) - che deve a tal fine contenere indicazioni sulle priorità strategiche e sulle risorse finanziarie per favorire la ricerca - delle risoluzioni parlamentari di approvazione del DPEF, di direttive del Presidente del Consiglio dei ministri e dei programmi e delle proposte delle amministrazioni dello Stato. L’approvazione del piano e l’esercizio delle altre funzioni di coordinamento dell’attività di ricerca, nonché l’esame dei relativi stanziamenti, è compito del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) che si avvale di una Commissione permanente per la ricerca, costituita al suo interno e coordinata dal ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica. ll Piano nazionale della ricerca è stato recentemente approvato dal CIPE nella seduta del 18 marzo 2005 e le successive modifiche ed integrazioni sono state approvate con la delibera del CIPE del 15 luglio 2005.

229 Recante “Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell’articolo 11, comma 1, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59 “.

230 A questo proposito merita di essere segnalata un’evoluzione del fenomeno dei distretti – caratteristico del tessuto produttivo nazionale - che ha condotto all’istituzione dei c.d. “distretti tecnologici” (v. scheda Distretti produttivi e tecnologici).

Page 278: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

270

Intervenendo sempre sull’utilizzo complessivo del Fondo, il decreto-legge ai fini dell’individuazione degli interventi ammessi al finanziamenti prevede che debbano essere considerati in via prioritaria i seguenti progetti di investimento:

a) interventi finalizzati ad innovazioni, attraverso le tecnologie digitali, di prodotti, servizi e processi aziendali, su proposta del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro delle attività produttive Nel quadro dell'impegno per la promozione dell'innovazione tecnologica si ricorda che nel luglio 2003, il Ministro per le attività produttive ed il Ministro per l'innovazione e le tecnologie hanno presentato un programma coordinato di interventi economici, normativi, strutturali, attualmente in fase di realizzazione. Il programma, denominato "Piano per l'innovazione digitale nelle imprese", definisce un insieme di interventi diretti a stimolare e coordinare gli investimenti pubblici e privati nell'innovazione tecnologica nei settori tradizionali e ad alta tecnologia. Il Piano si propone i seguenti obiettivi:- rafforzare l'innovazione nei settori del "made in italy" tramite l'utilizzo delle tecnologie ICT nei processi "cardine" in modo da liberare ed attivare la competitività;- attuare una politica di sostegno per lo sviluppo di selezionati settori high-tech;- migliorare l'attrattività del Sistema Italia qualificandolo come un "ambiente" favorevole alla ricerca, allo sviluppo tecnologico e all'innovazione;- favorire il trasferimento tecnologico dai centri di ricerca pubblici alle imprese. Ai fini dell’attuazione delle misure di intervento, il Piano prevede l'utilizzazione di strumenti di carattere normativo, finanziario, procedurale, organizzativo, formativo e promozionale. Nell'ambito degli interventi indicati dal Piano, particolare importanza rivestono le misure di cui alla legge n. 46/82231. Con DM del 21 ottobre 2003 i due richiamati Ministri hanno definito indirizzi inerenti alle modalità di utilizzo del fondo previsto dall'articolo 14 della legge n. 46 cit., ai fini della promozione e della diffusione nell'ambito delle piccole e medie imprese dell'innovazione basata sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) ed hanno finalizzato allo sviluppo dell'innovazione delle PMI basato sull'utilizzo delle tecnologie ICT risorse pari a 62,8 milioni di euro, a valere sul FIT. Con DM 12 novembre 2003, il Ministro delle attività produttive ha quindi provveduto alla definizione di termini, criteri e modalità di effettuazione del bando tematico per lo sviluppo nelle PMI dell'innovazione basata sulle tecnologie ICT, in base al quale una quota non superiore al 30 per cento delle disponibilità complessive del fondo di ciascun anno può essere utilizzata per l'incentivazione di programmi di rilevante

231 In tale contesto, le disponibilità del Fondo sono state destinate al sostegno di programmi relativi

ad attività di sviluppo precompetitivo, qualificate, ai sensi dell'articolo 2, nei termini seguenti, come quelle rivolte: a) all'acquisizione di nuove conoscenze finalizzate alla messa a punto di nuovi prodotti, processi produttivi o servizi ovvero al notevole miglioramento dei prodotti, processi produttivi o servizi esistenti; ovvero b) alla concretizzazione dei risultati della ricerca industriale mediante le fasi di progettazione e realizzazione di progetti pilota e dimostrativi, nonché di prototipi non commercializzabili, finalizzate a nuovi prodotti, processi o servizi ovvero ad apportare modifiche sostanziali a prodotti, linee di produzione e processi produttivi purché tali interventi comportino sensibili miglioramenti delle tecnologie esistenti. Non sono invece comprese fra le attività suscettibili di ottenere il sostegno le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche possano comportare miglioramenti.

Page 279: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

271

interesse per lo sviluppo tecnologico e produttivo del Paese ovvero riferiti a sistemi produttivi locali omogenei o a distretti industriali. La graduatoria delle domande presentate in risposta al bando dai soggetti ritenuti ammissibili è stata pubblicata con il decreto del 5 agosto 2004. In data 8 febbraio 2005 il Comitato dei Ministri ha approvato il Piano per l'innovazione digitale nelle imprese 2005 che, partendo da una valutazione dei risultati ottenuti con il Piano precedente e da un’analisi dello stato dell’arte della diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nel nostro tessuto produttivo, ha proposto un uso integrato di strumenti d’intervento di diversa natura (finanziaria, normativa e regolamentare, organizzativa e settoriale), con l'obiettivo di: - favorire l'utilizzo diffuso di soluzioni applicative innovative a supporto delle organizzazioni aziendali in tutti i settori dell'economia, con particolare riferimento alle PMI dei settori tradizionali; - sostenere lo sviluppo di settori a medio-alta e ad alta tecnologia, mediante il finanziamento di programmi di ricerca e sviluppo volti all'integrazione delle tecnologie digitali in nuovi prodotti, servizi e processi produttivi; - sostenere lo sviluppo e la riqualificazione del settore dell'Information Technology, al fine di facilitare l'incontro fra domanda ed offerta nei settori, negli ambiti e nei segmenti del mercato illustrati ai punti precedenti. Il Piano si articola seguendo 5 grandi Linee direttrici: - Governance dell'Innovazione digitale; - Attuazione di misure trasversali; - Interventi diretti a livello settoriale; - Interventi diretti al Mezzogiorno; - Interventi per il miglioramento dei servizi presso le imprese della Pubblica Amministrazione. Tra le “misure trasversali “ previste dal Piano 2005 per facilitare l'accesso alle fonti di finanziamento da parte delle PMI per lo sviluppo di progetti innovativi basati sulle tecnologie digitali rientra l'istituzione di una sezione speciale "tecnologie digitali con il decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie del 15 giugno 2004232. La Sezione speciale è riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi a piccole e medie imprese finalizzati all’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto mediante l’uso di tecnologie digitali. Ad essa il decreto ha destinato le risorse di cui all’art. 27 della legge n. 3/2003233, concernenti il Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore

232 DM 15 giugno 2004 recante “Costituzione di una sezione speciale del Fondo di garanzia per le

piccole e medie imprese dedicata all’innovazione tecnologica” (GU n. 150 del 29 giugno 2004). 233 Legge n. 3 del 16 gennaio 2003, recante “Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica

amministrazione”. L’art. 27 della legge, al comma 1, affida al Ministro per l'innovazione e le tecnologie il compito di sostenere, nell'attività di coordinamento e di valutazione dei programmi, dei progetti e dei piani di azione per lo sviluppo dei sistemi informativi formulati dalle amministrazioni, progetti di grande contenuto innovativo, rilevanza strategica e preminente interesse nazionale, con particolare attenzione a quelli di carattere intersettoriale, nonché di finanziare iniziative del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri con le medesime caratteristiche; il comma 2 dell’articolo 27 istituisce il «Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico» e affida al Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sentito il Comitato dei ministri per la Società dell'informazione, il compito di individuare i progetti per lo sviluppo dei sistemi informativi, di cui al comma 1; il comma 3 del citato art. 27, per il finanziamento del Fondo, ha autorizzato la spesa di 25.823.000 euro per l'anno 2002, 51.646.006 euro per l'anno 2003 e 77.469.000 euro per l'anno 2004, per un totale di euro 154.938.000. L’art. 4, comma 8, della legge n. 350/2003 (legge

Page 280: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

272

informatico, per un importo pari a 20 milioni di euro per l’anno 2004, 20 milioni di euro per l’anno 2005, 20 milioni di euro per il 2006 (art. 1)234. Il DM istitutivo prevede, in particolare, che la Sezione speciale del fondo di garanzia sia riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti di durata non inferiore a 36 mesi e non superiore a 10 anni, a fronte di programmi di investimento delle piccole e medie imprese, finalizzati a introdurre innovazioni di prodotto e di processo attraverso l’utilizzo di tecnologiche digitali. Modificazioni e integrazioni al decreto interministeriale 15 giugno 2004 sono state apportate successivamente dal decreto 24 novembre 2004 (GU 27 dicembre 2004), che consente alla sezione speciale di concedere garanzie su finanziamenti anche alle PMI fornitrici di applicazioni tecnologiche digitali. Più recentemente è intervenuto l’art. 1, comma 209, della finanziaria 2005 (L. n. 311/04) che ha integrato della somma di 40 milioni di euro per l’anno 2005, 40 milioni di euro per l’anno 2006 e 20 milioni di euro per l’anno 2007, la citata Sezione speciale;

b) programmi di innovazione ecocompatibile finalizzati al risparmio energetico secondo le specifiche previste dalla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale, di cui alla comunicazione della Commissione europea 2001/C 37/03 (GUCE n. C/37 del 3 febbraio 2001), su proposta del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro delle attività produttive.

c) realizzazione dei corridoi multimodali transeuropei n. 5, n. 8 e n. 10 e connesse bretelle di collegamento, nonché delle reti infrastrutturali marittime, logistiche ed energetiche comunque ad essi collegate.

Ulteriori disposizioni del decreto-legge 35/05 prevedono, inoltre, che il CIPE, sulla base della proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro delle attività produttive, sia autorizzato ad accantonare una quota di risorse – nell’ambito del Fondo per le aree sottoutilizzate previsto dall'articolo 61 della legge n. 289/2002 – da destinare all’avvio di nuove iniziative di autoimprenditorialità che presentino un elevato contenuto tecnologico e che si svolgano nell'ambito dei distretti tecnologici.

Può ricorrere alle risorse del «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca» anche il Comitato per lo sviluppo, la cui istituzione in seno al CIPE è prevista dallo stesso decreto-legge 35/05 e al quale è attribuito il compito di promuovere e coordinare gli interventi finalizzati a rafforzare la capacità innovativa e la produttività dei distretti e dei settori produttivi.

finanziaria 2004) ha autorizzato l'ulteriore spesa di 51.500.000 euro per l'anno 2004 e di 65.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 per il finanziamento del Fondo per progetti strategici nel settore informatico, disponendo che tale fondo finanzi anche iniziative destinate alla diffusione ed allo sviluppo della società dell'informazione nel Paese. Successivamente, il DM 28 maggio 2004, recante “Utilizzo del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico” ha destinato alle imprese la somma di 60 milioni di euro.

234 In attuazione dell’articolo 3 del DM 15 giugno 2004, il Comitato di gestione del Fondo ha approvato il 16 settembre le disposizioni operative che sono entrate in vigore con la circolare Medio Credito Centrale n. 367 del 23 settembre 2004.

Page 281: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

273

In particolare al Comitato sono demandati, previa consultazione delle parti

sociali e su proposta dei Ministri competenti, i seguenti compiti: - individuare le priorità e la tempistica degli interventi settoriali; - indirizzare e coordinare gli interventi in questione, sia attraverso il ricorso a

forme di incentivazione già in essere sia, ove occorra, promuovendone la revisione o proponendone di nuove;

- promuovere, d'intesa con le regioni interessate, la predisposizione e l'attuazione di progetti di sviluppo dei distretti produttivi e tecnologici di carattere innovativo;

- coordinare strumenti e risorse finanziarie iscritte in bilancio a legislazione vigente con specifico stanziamento ai fini dell'attuazione degli interventi prefigurati.

Page 282: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 283: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

275

Sportello unico per le imprese

La previsione dell’istituzione di uno sportello unico per le attività produttive presso ogni comune è stata introdotta dal decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali”, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59", agli artt. 23, 24 e 25.

In particolare, l'articolo 23 del D.Lgs. 112 attribuisce ai comuni le competenze in materia di localizzazione degli impianti produttivi. Le regioni provvedono al coordinamento e al miglioramento dei servizi e dell'assistenza alle imprese, con particolare riferimento alla localizzazione e autorizzazione degli impianti produttivi e alla creazione di aree industriali. Le funzioni di assistenza sono esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive.

L'articolo 24 impone ai comuni di organizzarsi in modo da assicurare che un'unica struttura sia responsabile dell'intero procedimento per la localizzazione dell'impresa. Questa struttura - presso la quale è istituito uno sportello unico - garantisce informazioni e svolge gli adempimenti necessari per le procedure autorizzatorie. Per la realizzazione di questi sportelli unici i comuni possono stipulare convenzioni con le camere di commercio. Gli enti locali possono inoltre avvalersi, nelle forme concordate, di altre amministrazioni ed enti pubblici, cui possono anche essere affidati singoli atti istruttori del procedimento. Infine, laddove siano stipulati patti territoriali o contratti d'area, l'accordo tra gli enti locali coinvolti può prevedere che la gestione dello sportello unico sia attribuita al soggetto pubblico responsabile del patto o del contratto.

L'articolo 25, parallelamente, dispone che il procedimento amministrativo in materia di autorizzazione all'insediamento di attività produttive sia unico. La relativa istruttoria deve avere per oggetto soprattutto i profili urbanistici, sanitari, della tutela ambientale e della sicurezza.

I principi ispiratori della normativa sul provvedimento amministrativo di autorizzazione all'insediamento di attività produttive - che costituiscono principi generali dell'ordinamento dello Stato - sono espressamente elencati dallo stesso art. 25 (comma 2). I principi riportati riprendono le innovazioni sul procedimento amministrativo tipiche della legislazione più recente, quali lo snellimento delle procedure, soprattutto con l'individuazione di un responsabile del procedimento e la creazione del già accennato "sportello unico", nonché con il ricorso all'autocertificazione, a meccanismi di silenzio-assenso e alla convocazione di conferenze di servizi per accelerare i momenti decisionali; l'inserimento di regole di trasparenza - tra le quali la partecipazione alla fase istruttoria dei provvedimenti di tutti i portatori di interessi coinvolti e l'effettuazione del collaudo da parte di soggetti abilitati in posizione di terzietà rispetto all'impresa richiedente l'autorizzazione.

Page 284: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

276

Le disposizioni contenute nel D.Lgs. 112/98 sono state integrate successivamente dalla legge 24 novembre 2000, n. 340 recante "Disposizioni per la delegificazione di norme per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999", che ha introdotto il nuovo articolo 27–bis con il quale si stabilisce che le amministrazioni, gli enti e le autorità competenti a svolgere attività istruttoria in materia provvedano all'adozione delle misure organizzative necessarie al fine dello snellimento di tale attività.

Le funzioni dello sportello unico sono state definite nel dettaglio dall'articolo 3 del DPR 20 ottobre 1998, n. 447235, recante disposizioni di semplificazione dei procedimenti autorizzatori concernenti gli impianti produttivi di beni e servizi tra i quali, a seguito delle modifiche introdotte dal DPR 7 dicembre 2000, n. 440236 (art. 1 comma 1-bis), sono stati inclusi anche quelli relativi alle attività agricole, commerciali e artigiane, alle attività turistiche ed alberghiere, ai servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari, ai servizi di telecomunicazioni.

Ai fini del rilascio dell’'autorizzazione, l'articolo 3, comma 1, prevede che i comuni predispongano una apposita struttura unica, cui viene affidato l'intero procedimento. La struttura, che può essere articolata in appositi uffici, deve essere dotata di uno sportello unico, ai fini della cui realizzazione i comuni possono stipulare convenzioni con le camere di commercio ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del D.Lgs. 112/98. La struttura unica, ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. b) del citato DPR 440/2000, può coincidere con il soggetto responsabile del patto territoriale o con il responsabile unico del contratto d'area nel caso in cui i comuni abbiano aderito ad un patto territoriale o abbiano sottoscritto un patto d'area.

Il comma 2 dell'art. 3 dispone che la struttura comunale si debba dotare di uno sportello unico per le attività produttive, previa predisposizione di un archivio informatico contenente le informazioni sugli adempimenti necessari per le procedure previste dal regolamento, l'elenco delle domande di autorizzazione presentate, lo stato del loro iter procedurale, nonché tutte le informazioni utili - comprese quelle concernenti le attività promozionali - disponibili presso le strutture di coordinamento regionale (contemplate dall'articolo 23, comma 2, del citato decreto legislativo 112/98). E' garantito l'accesso gratuito all'archivio informatizzato a chiunque vi abbia interesse, anche in via telematica. Tutti gli interessati si possono rivolgere allo sportello unico per gli adempimenti connessi ai procedimenti di cui al presente regolamento.

235 “Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la

realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

236 "Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, in materia di sportelli unici per gli impianti produttivi ".

Page 285: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

277

E' prevista anche una verifica intermedia dei progetti per l'insediamento di attività produttive rispetto agli strumenti urbanistici. Più esattamente, gli interessati possono richiedere alla citata struttura comunale di pronunciarsi sulla conformità (allo stato degli atti in suo possesso), dei progetti preliminari sottoposti al suo parere, con gli strumenti di pianificazione paesistica, territoriale e urbanistica vigenti, senza che ciò pregiudichi la definizione del successivo procedimento autorizzatorio. La struttura deve pronunciarsi in tal senso entro 90 giorni.

Il termine concesso ai comuni per dotarsi della struttura e nominare il responsabile del procedimento è fissato dal DPR in 90 giorni dalla entrata in vigore del presente provvedimento.

Si ricorda che il recente D.Lgs 7 marzo 2005 n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale) all’art. 10 ha previsto la realizzazione in modalità informatica dello sportello unico, di cui all’art. 3 del DPR 447, che eroga i propri servizi verso l'utenza anche in via telematica. Lo stesso articolo dispone, altresì, che lo Stato, d'intesa con la Conferenza unificata, allo scopo di promuovere la massima efficacia ed efficienza dello sportello unico, anche attraverso l'adozione di modalità di relazione con gli utenti omogenee in tutto il territorio nazionale, proceda alla individuazione di uno o più modelli tecnico-organizzativi di riferimento, tenendo presenti le migliori esperienze realizzate.

Nell’ambito dell’adozione di misure finalizzati alla semplificazione degli adempimenti amministrativi delle imprese e al rafforzamento dello sportello unico per le attività produttive, si segnala la novella all’art. 23, comma 3, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

Inizialmente prevista nel disegno di legge “competitività” (AS 3533), tra le misure volte alla semplificazione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, e successivamente confluita nella legge finanziaria 2006 (L. 266/05), la novella, introdotta dall’art. 1, comma 370, della legge finanziaria dispone che le funzioni di assistenza alle imprese, esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, possano essere svolte “anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale”, di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317237.

Si ricorda, infine che anche il DPEF 2006-2009 ha posto l’accento sulla necessità di proseguire l’opera di snellimento delle procedure amministrative avviata con il citato Piano d’azione per lo sviluppo, sia attraverso l’estensione del principio del silenzio-assenso, sia mediante l’applicazione generalizzata dello sportello unico.

237 Per quanto concerne i consorzi di sviluppo industriale, si ricorda che il citato articolo 36 della

legge n. 317 del 5 ottobre 1991, al comma 4, qualifica tali consorzi, costituiti ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale come enti pubblici economici e demanda alle regioni il controllo sui piani economici e finanziari degli stessi.

Page 286: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

278

Secondo recenti dati forniti dal Formez (Centro di formazione studi)238, aggiornati al 2005, risulta che negli oltre 7000 comuni italiani presenti nella banca dati, gli sportelli istituiti risultano 5.274 - pari al 65,1% dei comuni italiani - per una popolazione di oltre 45 milioni di abitanti (79,3% della popolazione). Il dato evidenzia il notevole incremento dei comuni e della popolazione servita da sportelli unici. Tra il 2001 e il 2004 infatti oltre 2000 comuni (per una popolazione di otto milioni di abitanti) hanno istituito lo sportello unico. L'incremento in termini di percentuale è stato del 63,7%. Anche i tempi di rilascio dei procedimenti risultano inferiori rispetto a quelli previsti dalla normativa239.

238 Il Formez è un istituto che opera a livello nazionale e risponde al Dipartimento della Funzione

Pubblica della Presidenza del Consiglio. L'Istituto fornisce assistenza tecnica e servizi formativi e informativi soprattutto alle amministrazioni locali. Tamite lo Sportello Impresa l’istituto, svolge sin dal 1999 un'attività continua di formazione, assistenza e consulenza, affiancando gli enti locali nella realizzazione e sviluppo degli Sportelli Unici per le attività produttive e nella gestione del procedimento unico.

239 Si segnala che il Formez ha messo a punto una banca dati sullo stato di attuazione degli Sportelli unici in Italia, aggiornabile on line dagli stessi responsabili di Sportello. La banca dati disponibile sul sito www.sportelloimpresa.it, costituisce una radiografia sempre aggiornata dello stato di attuazione dello Sportello Unico (tra sportelli rilevati, istituiti e operativi) suddivisa non solo regione ma anche provincia.

Page 287: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

279

Made in Italy - Lotta alla contraffazione

La tutela del Made in Italy

La tutela sui mercati mondiali dei prodotti tipici del “made in Italy” ha avuto negli anni recenti un notevole impulso sul piano normativo, che ha preso avvio in particolare dalla legge n. 350 del 2003.

Nella legge finanziaria per il 2004, infatti, sono state inserite240 disposizioni a sostegno e promozione della produzione italiana e a tutela dei diritti di proprietà industriale e intellettuale delle imprese italiane sui mercati esteri. E’ stata, inoltre, prevista, a tutela delle merci prodotte integralmente in Italia o considerate prodotto italiano ai sensi della normativa europea in materia di origine, la regolamentazione dell'etichettatura Made in Italy, nonché la possibilità di adottare un apposito marchio, al fine di rafforzare la riconoscibilità dei prodotti italiani all'estero241.

La legge recita242 che "l'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza costituisce reato ed è punita ai sensi dell'art. 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura "Made in Italy" su prodotti e merci non originari dell'Italia ai sensi della normativa europea

240 All’articolo 4, commi da 49 a 84. 241 Alla luce della legge finanziaria per il 2004 (e in particolare proprio il comma 49 dell’articolo 4),

la Corte di Cassazione ha parzialmente rivisto il concetto di "origine imprenditoriale" dei prodotti, secondo cui l'espressione "origine o provenienza" del prodotto si interpretava in relazione al soggetto cui si deve far risalire la responsabilità giuridica e produttiva e che pertanto garantisce la qualità del prodotto. Con la recente sentenza 2648/06 la Terza Sezione ha infatti parzialmente corretto questa impostazione per i prodotti la cui notorietà è strettamente legata alla provenienza italiana (come nel caso dei capi d'abbigliamento, a cui la sentenza si riferisce). Respingendo il ricorso di un'azienda italiana, importatrice di vestiti sportivi dalla Moldavia, contro il sequestro probatorio di alcuni capi disposto dal pubblico ministero, la Cassazione ha ridisegnato la portata della tutela penale anche in virtù delle novità intervenute in materia con la Finanziaria del 2004, che ha ridato vigore al concetto geografico di provenienza dei prodotti. La manovra economica, infatti, ha chiamato la disciplina europea a far da guida nella tutela anche penale del consumatore, non solo per i prodotti industriali e per il settore alimentare. La sentenza richiama infatti la disciplina europea delle indicazioni d'origine, secondo cui (ai sensi degli artt. 22-26 Reg. CEE n. 2913 del 12.10.1992) si intendono originarie di un paese le merci interamente ottenute in tale paese, ovvero, qualora alla produzione delle merci contribuiscano due o più paesi, si definisce come paese d'origine quello in cui è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale Con la citata sentenza, i giudici della terza penale hanno elaborato il seguente principio di diritto: "Integra il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (articolo 517 Cp) la commercializzazione di beni del settore dell'abbigliamento con la dicitura "Italy", che pur essendo prodotti da una ditta italiana su disegno e tessuto italiani, siano stati confezionati all'estero da maestranze non italiane, in quanto in questo particolare settore l'Italia gode di un prestigio internazionale, fondato anche sulla particolare specializzazione delle maestranze impiegate, e pertanto il sottacere tale dato fattuale o il fornire fallaci indicazioni ha l'intento di conferire al prodotto una maggiore affidabilità promuovendone l'acquisto".

242 Articolo 4, comma 49.

Page 288: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

280

sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana”. In questi casi è tuttavia possibile sanare, sul piano amministrativo, la fallace o falsa indicazione del paese di fabbricazione del prodotto asportando a cura e spese del contravventore la stampigliatura “made in Italy”, ovvero attraverso l’esatta indicazione dell’origine.

Non è dunque possibile indicare che un prodotto è di origine italiana e/o apporvi l'indicazione "Made in Italy" ove l'attività di lavorazione o trasformazione non sia svolta in Italia o l'attività svolta in Italia sia del tutto marginale o irrilevante243.

La medesima legge ha previsto, minoltre, l’istituzione: di una centrale operativa e una banca dati delle immagini derivate dalle

apparecchiature scanner installate, presso l’Agenzia delle dogane, per il rafforzamento dell’attività di controllo nelle operazioni doganali (commi da 50 a 59244);

dello sportello unico doganale presso gli uffici dell’Agenzia delle dogane (in particolare, comma 57);

di un Fondo di promozione straordinaria del made in Italy, presso il Ministero delle attività produttive, finalizzato al sostegno di una campagna promozionale straordinaria a sostegno della produzione italiana, nonché al potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico rivolte alla sua diffusione in particolare nell’area mediterranea e nell’Europa continentale e orientale (comma 61);

dell”Esposizione permanente del design italiano245 e del made in Italy” al fine di valorizzare lo stile della produzione nazionale, di promozione del commercio internazionale e delle produzioni italiane di qualità. L’iniziativa è

243 Si segnala che in data 30 maggio 2005, la Camera dei deputati ha approvato una proposta di

legge (in un testo derivante dall’unificazione di alcuni progetti di legge) avente ad oggetto norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani (trasmesso per l'approvazione al Senato in data 31.05.05 come AS 3463). Tale proposta prevedeva l'adozione del marchio "100 per cento Italia" per identificare i prodotti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano. Inoltre, veniva introdotta la carta di identità dei prodotti made in Italy, ovvero una scheda informativa contenente informazioni utili per il consumatore in ordine alla provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto.

244 Il comma 60 costituisce la clausola di salvaguardia per il bilancio dello Stato. 245 Si segnalano, a tal proposito, le disposizioni del DL 273/05 recante “Definizione e proroga di

termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative”, che all’articolo 33 fissa il patrimonio iniziale della Fondazione, costituita appositamente dal Ministro dell’attività produttive per la gestione dell’”Esposizione permanente del design italiano e del made in Italy”, disponendo il trasferimento ad essa delle risorse previste, a tal fine, dalle leggi finanziarie 2004 e 2005. Il trasferimento di tali risorse (13 milioni di euro complessivamente) deve essere effettuato entro la data del 28 febbraio 2006, in modo da favorire l’immediata operatività della Fondazione.

Page 289: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

281

finanziata a valere sulle risorse del Fondo di promozione straordinaria del made in Italy istituito con il comma 61 (commi 68, 69 e 70);

di un Comitato nazionale anticontraffazione presso il Ministero delle attività produttive, con funzioni di monitoraggio dei fenomeni in materia di violazione dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale, di coordinamento e di studio delle misure volte a contrastarli (comma 72). La costituzione di tale comitato è stata successivamente recepita dall’articolo 145 del codice della proprietà industriale246, articolo poi abrogato dal D.L. 35/2005247, nel testo della relativa legge di conversione;

di uffici di consulenza e di monitoraggio finalizzati alla tutela del marchio e delle indicazioni di origine, nell’ambito della lotta alla contraffazione dei prodotti italiani. L’istituzione è prevista, con decreto del MAP, presso le strutture dell’Istituto per il commercio con l’estero o presso gli uffici delle rappresentanze consolari (comma 74);

di un fondo per l’assistenza legale internazionale alle imprese, per la tutela contro le violazioni dei diritti relativi alla proprietà industriale e intellettuale, nonché contro le pratiche commerciali sleali e i fenomeni legati agli obiettivi relativi alla diffusione dei prodotti italiani (comma 76);

Il comma 82, infine, ha destinato per l’anno 2004 la somma di 10 milioni di euro ai processi di internazionalizzazione e ai programmi di penetrazione commerciale promossi da imprese artigiane e loro consorzi export.

La legge finanziaria per il 2005248 è nuovamente intervenuta in merito alle Risorse del Fondo Made in Italy249, disponendo che le risorse del Fondo per la realizzazione di una campagna promozionale straordinaria a favore del «made in Italy», siano complessivamente destinate alle attività previste dallo stesso articolo 4, ai commi 61, 68, 76, 77, nonché alle attività di cui al successivo comma 232.

Tale disposizione intende rendere più agevole la gestione dei due fondi istituiti dall’art. 4, commi 61 e 76, della legge n. 350/2003, al fine rispettivamente di realizzare una campagna promozionale a sostegno della produzione italiana (“made in Italy”) (co. 61) e di assicurare l'assistenza legale internazionale alle imprese per la tutela contro le violazioni dei diritti relativi alla proprietà industriale e intellettuale (co. 76).

Considerando che i due fondi citati sono stati finanziati con le medesime risorse, la disposizione intende ricondurre sotto un unico fondo il finanziamento e la gestione dei vari interventi previsti dalle disposizioni richiamate, ivi compreso quello relativo all’esposizione permanente del design italiano presso l’Ente EUR in Roma.

246 D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. 247 Il comma 5 dell’articolo 1-quater del D.L. 35/2005, aggiunto dalla legge di conversione 14

maggio 2005, n. 80, dispone appunto l’abrogazione dell’art. 145 del codice della proprietà industriale.

248 Legge n. 311/2004, articolo 1, commi 230 e 232. 249 Istituito, come ricordato poc’anzi, presso il Ministero delle attività produttive dall’articolo 4,

comma 61, della legge n. 350/03 (finanziaria 2004).

Page 290: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

282

La ripartizione delle risorse è demandata ad un decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Ai fini dell’utilizzo delle risorse del fondo per il "made in Italy", il Ministero delle attività produttive può ricorrere alla promozione di protocolli di intesa con le università e le associazioni imprenditoriali di categoria e alla collaborazione con l’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE).

La lotta alla contraffazione

Il termine contraffazione si riferisce, nella sua accezione più ampia, a tutta una serie di fenomenologie riconducibili alla: produzione e commercializzazione di merci che recano - illecitamente - un

marchio identico ad un marchio registrato; produzioni di beni che costituiscono riproduzioni illecite di prodotti coperti da

copyright (fenomeno meglio conosciuto con il nome di “pirateria”) modelli o disegni. In senso lato, si tratta dunque di tutti quei comportamenti posti in essere in

violazione di un diritto di proprietà intellettuale e/o industriale (marchi d’impresa ed altri segni distintivi, brevetti per invenzione, modelli di utilità, industrial design, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, diritti d’autore, ecc.), sebbene tale fenomeno illecito si manifesti con modalità alquanto differenziate.

Più precisamente, la normativa comunitaria250 identifica come: merci contraffatte, le merci, gli imballaggi, i segni distintivi su cui sia stato

apposto - senza autorizzazione - un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione;

merci usurpative, le merci che costituiscono o che contengono copie fabbricate senza il consenso del titolare del diritto d'autore o dei diritti connessi o del titolare dei diritti relativi al disegno o modello, registrato o meno, a norma del diritto nazionale, ovvero di una persona da questi autorizzata nel Paese di produzione.

merci che violano un diritto di proprietà intellettuale, quelle che nello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento dell’Autorità doganale, ledono i diritti relativi ad un brevetto, ad un certificato protettivo complementare, alla privativa nazionale o comunitaria per ritrovati vegetali, alle denominazioni di origine o alle indicazioni geografiche, alle denominazioni geografiche ai sensi del regolamento (CE) n. 1576/89.

250 Il Regolamento (CE) n.1383 del Consiglio del 22 luglio 2003 (GUCE. n. 196 del 2.8.2003),

relativo all’intervento dell’Autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale, individua tre categorie descritte di "merci che violano un diritto di proprietà intellettuale".

Page 291: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

283

A volte il consumatore è pienamente consapevole di acquistare un prodotto contraffatto, rendendosi in tal modo complice nella commissione dell’illecito, mentre altre volte è la vittima del comportamento fraudolento dei contraffattori. Ad ogni modo, la contraffazione colpisce l’industria di marca generando un danno economico e di immagine di ingenti proporzioni.

In anni recenti, oltre a quelli precedentemente ricordati in tema di difesa dei prodotti italiani, numerosi interventi normativi sono stati diretti alla lotta alla contraffazione. Anzitutto, si ricordano le significative disposizioni introdotte dal decreto legge n. 35/05251, che hanno destinato alla lotta alla contraffazione le somme derivanti dalle sanzioni pecuniarie amministrative (da 500 fino a euro 10.000), previste a carico degli acquirenti di prodotti, che inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale. Tra le condotte punibili viene fatta rientrare anche la commercializzazione di prodotti recanti indicazioni di origine false o fallaci, mentre viene innalzata fino a 20.000 euro la multa prevista per la vendita di prodotti con segni mendaci (articolo 1, commi 7-11).

Per quanto riguarda invece il sostegno all’internazionalizzazione, lo stesso articolo 1, oltre ad elevare dal 25% al 49% il limite massimo d'intervento della SIMEST252, introduce disposizioni finalizzate a disincentivare il fenomeno della delocalizzazione produttiva attraverso:

l’esclusione da taluni benefici ed agevolazioni per i progetti di investimento all’estero che non prevedono il mantenimento sul territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, e di una parte sostanziale delle attività produttive (comma 12);

l’accesso alle agevolazioni e agli incentivi destinati alle imprese estere sulla base della disciplina dei contratti di localizzazione per le imprese italiane delocalizzate che intendano reinvestire sul territorio nazionale (comma 13);

Il medesimo DL 35/05, all’articolo 1-quater, reca disposizioni relative all’istituzione e al funzionamento di un nuovo organo al quale sono stati affidati compiti di coordinamento e di monitoraggio nell’ambito della lotta alla contraffazione.

A tale organo, istituito dal comma 1 e denominato Alto Commissario per la lotta alla contraffazione253 spetta, in particolare:

c) coordinare le funzioni di sorveglianza sulle violazioni dei diritti di proprietà industriale e intellettuale254;

251 Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di

azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, conv. con. modif. dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

252 limitatamente agli investimenti all’estero riguardanti “attività aggiuntive”, derivanti da acquisizioni di imprese, «joint-venture» o altro, che garantiscano il mantenimento delle capacità produttive interne del Paese

253 L’Alto Commissario sostituisce il citato Comitato nazionale anticontraffazione, la cui istituzione nella pratica non è mai avvenuta.

Page 292: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

284

d) monitorare le attività preventive e repressive dei fenomeni di contraffazione.

Alla nomina dell’alto Commissario si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive (comma 2), mentre la definizione delle relative modalità di funzionamento e di composizione è demandata ad un decreto dello stesso Ministro, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 4).

Ai fini del proprio funzionamento, l’Alto Commissario si avvale degli uffici e delle competenti direzioni generali del Ministero delle attività produttive (Dir. Gen. per il commercio le assicurazioni e i servizi; Dir. Gen. per l’armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori; Dir. Gen. per lo sviluppo produttivo e competitività) (comma 3).

Infine, il comma 5 dispone l’abrogazione delle disposizioni dell’art. 145, del D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, recante il nuovo Codice della proprietà industriale, concernenti l’istituzione e la disciplina del “Comitato nazionale anticontraffazione”, originariamente previsto dai commi 72 e 73 dell’art. 4 della legge n. 350/03. Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’articolo 1, comma 11, del DL 35/05, l’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione è tenuto ad operare in stretto coordinamento con le omologhe strutture degli altri Paesi esteri.

In merito all’attività dell’Alto Commissario è poi intervenuta la legge finanziaria 2006 (L. n.266/05) che all’art. 1, comma 235, prevede che esso, per l’espletamento delle sue funzioni, si avvalga di due vicari255, la cui nomina spetta al Ministro delle attività produttive.

Lo stesso comma, ai fini del funzionamento e del potenziamento delle relative strutture di supporto autorizzata la spesa di 1 milione di euro per il 2006256.

Ulteriori disposizioni inerenti l’attività e il funzionamento dell’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione volte al rafforzamento della struttura, attraverso l’istituzione di un Comitato tecnico di supporto, l’inserimento di nuovo personale e la previsione di un finanziamento a regime a partire dal 2006 sono state introdotte dal DL 2/2006 “Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura,

254 Con l'espressione sintetica "proprietà industriale", si intende comunemente fare riferimento alle

normative in materia di brevetti per invenzioni industriali, brevetti per modelli industriali, marchi d'impresa. Con l’espressione “proprietà intellettuale” si intende invece fare riferimento anche al diritto d'autore e ai diritti connessi.

255 Ai sensi del comma 5 dell’articolo 4-bis del DL 2/2006, per i due Vice Alto Commissari, affiancati all’Alto Commissario ai sensi dalla legge finanziaria 2006, è previsto il collocamento obbligatorio fuori ruolo o in aspettativa retribuita dai rispettivi organi di autogoverno. Il collocamento fuori ruolo ovvero l’aspettativa retribuita viene disposta obbligatoriamente anche in deroga alle norme e ai criteri che disciplinano i rispettivi ordinamenti e per un periodo che non può eccedere la durata di due mandati.

256 Il comma 6 dell’articolo 4-bis del DL n. 2/2006 modifica l’articolo 1, comma 235, della legge finanziaria 2006 (L. n. 266/05) ha portato a regime tale l’autorizzazione di spesa, inizialmente limitata al solo 2006.

Page 293: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

285

dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa257” (articolo 4-bis).

Tale norma, nel ridefinire le funzioni già attribuite all’Alto Commissario ai sensi dell’art. 1-quater del DL 35/05, prevede che a tale organo spettino compiti di monitoraggio delle violazione dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, di coordinamento e studio atte a contrastarle e di assistenza alle imprese per la tutela contro le pratiche commerciali sleali, disponendo inoltre che tali compiti vengano svolti anche con riferimento al settore agroalimentare.

L’Alto Commissario si avvale di un Comitato tecnico di supporto composto al massimo da dieci membri scelti tra magistrati amministrativi, contabili e ordinari, avvocati dello Stato, professori universitari ordinari e avvocati del libero foro, oltre che tra esperti di comprovata qualificazione in materia. Le eventuali spese sono poste a carico dell’Alto Commissario.

All’Ufficio dell’Alto Commissario è assegnato un contingente di 15 unità di personale, di cui 2 con qualifica non inferiore a dirigente. Il funzionamento dell’Ufficio viene disciplinato dallo stesso Alto Commissario che vi provvede con propri regolamenti e atti interni.

Alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’articolo in esame, pari a 800 mila euro per il 2006 e a 1,8 milioni di euro per il 2007, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui al comma 5 dell'articolo 10 del D.L. n. 282/2004.

Di recente, poi, la lotta alla contraffazione è stata rafforzata con il D.Lgs. n. 140/2006258, che introduce una nuova normativa in materia di diritti di proprietà intellettuale. Il provvedimento si compone di 21 articoli che modificano la legge 633 del 1941 sulla protezione del diritto d’autore e il decreto legislativo 30 del 2005, relativo al Codice della proprietà industriale (v. capitolo Tutela della proprietà industriale). Il legislatore, muovendo dalla constatazione che la contraffazione e la pirateria costituiscono un fenomeno di dimensione internazionale in costante crescita, delinea un sistema sanzionatorio innovativo, pensato come deterrente proprio per arginare il fenomeno, prevede apposite norme di carattere processuale che rafforzano i poteri del giudice, dispone in merito al risarcimento del danno e di distruzione e rimozione degli esemplari contraffatti.

Le cifre della contraffazione

La natura clandestina dei fenomeni della contraffazione e della pirateria non consente ovviamente la realizzazione di statistiche esatte. Sono state effettuate delle stime, derivate da indagini di natura induttiva che si basano su indicatori e parametri diversi da comparto a comparto (sequestri operati, numero di addetti all' "economia sommersa", merce circolante/merce prodotta o importata ufficialmente ecc.). 257 Convertito, con modificazioni,. dalla L. 81 dell’11 marzo 2006. 258 Decreto di attuazione della direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale,

pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.82 del 7 aprile 2006, che entra in vigore il 22 aprile.

Page 294: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

286

Per quanto concerne l’Italia, si quantifica259 che il volume d’affari della contraffazione sia compreso tra i 3 e i 5 miliardi di euro, che abbia determinato una perdita di 40.000 posti di lavoro negli ultimi 10 anni, ed un mancato introito fiscale, pari all'8,24% del gettito IRPEF ed al 21,3% del gettito IVA.

Stime più prudenziali, basate sul volume dei prodotti sequestrati dalle Forze di polizia, indicano in 1,5 miliardi di euro la cifra d’affari annua. Di questi il 60% si riferisce a prodotti d'abbigliamento e di moda (tessile, pelletteria, calzature), il resto a orologeria, beni di consumo, componentistica, audiovisivo, software. Si tratta, ad ogni modo, di valori elevati, tali da far assumere al fenomeno criminale una portata estremamente rilevante ed incidere in modo significativo non solo sull’immagine internazionale del nostro Paese, che rientra fra i primi nella produzione e commercializzazione di merci contraffatte, ma anche sulla sua realtà economica e sociale.

Secondo i dati della Guardia di Finanzia, gli interventi (circa 12.000 nel periodo 2003-2004) hanno riguardato tutto il territorio nazionale e sono stati:

2003 2004 Interventi 5.142 6.993 Soggetti verbalizzati 5.714 7.773 Arrestati 124 104 violazioni 5.061 6.753

L'industria della contraffazione è diffusa in tutto il territorio nazionale, con punte particolarmente elevate in Campania (abbigliamento, componentistica, beni di largo consumo), Toscana, Lazio e Marche (pelletteria), Nord Ovest e Nord Est (componentistica e orologeria).

Le cifre della contraffazione, a livello europeo e mondiale, sono state così riassunte da Indicam260: 1.700 % circa è l'incremento mondiale della contraffazione dei prodotti negli

ultimi 10 anni ('93-'03); dal 7% al 9% è la quota di vendite di merci contraffatte, dell'intero

commercio mondiale, pari a un valore compreso fra i 450 ed i 600 miliardi di dollari (stime OCSE). Si passa dal 5% dell'industria degli orologi, al 6% dell'industria farmaceutica, al 10% della profumeria, al 20% di tessile, moda e abbigliamento, al 25% dell'audiovideo, al 35% del software;

259 Dati tratti dal sito http://www.uibm.gov.it/contraffazione. 260 Sul sito http://www.indicam.it/numeri.html sono riassunte le principali stime relative al fenomeno

della contraffazione, a livello nazionale e internazionale. Indicam (Istituto del Centromarca per la lotta alla contraffazione) è un’associazione attiva sull'insieme delle problematiche della difesa dei diritti di Proprietà Intellettuale, che collabora con i titolari di marchi, le imprese della distribuzione, le organizzazioni dei consumatori e le pubbliche autorità per la prevenzione e la repressione della contraffazione. Essa rappresenta oltre 180 aziende, associazioni, enti, studi professionali, organizzazioni impegnati nella lotta alla contraffazione dei prodotti di marca.

Page 295: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

287

270.000 è la stima dei posti di lavoro persi negli ultimi 10 anni a livello mondiale, a causa della contraffazione, di cui 125.000 circa nella sola Comunità Europea;

70% circa della produzione mondiale di contraffazioni proviene dal Sud-Est asiatico. La destinazione è per il 60% l'Unione Europea, per il 40% il resto del mondo. La Cina è di gran lunga al primo posto, seguita da Corea, Taiwan e altri paesi dell'area;

30% circa della produzione mondiale di contraffazioni proviene dal bacino mediterraneo, con destinazione l'Unione Europea, gli Stati Uniti, l'Africa, l'Est Europeo. I paesi leader sono l'Italia, la Spagna, la Turchia, il Marocco. Le dinamiche della globalizzazione fanno sì che tra questi due bacini, un tempo separati, vi sia ormai una completa interpenetrabilità: sempre più spesso componenti falsificati di origine cinese entrano nell'UE scegliendo i varchi doganali più deboli come i porti del Nord Europa e gli stati nuovi membri. Vengono quindi assemblati e spesso dotati di marchi contraffatti in diversi paesi dell'Unione, tra cui purtroppo primeggia l'Italia, che oltretutto è anche prima in Europa come consumatore di beni contraffatti.

Page 296: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 297: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

289

Proprietà industriale – Il nuovo Codice

Le finalità della codifica

Il decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 "Codice della proprietà industriale" rappresenta un’operazione di riassetto organico della materia, effettuata in attuazione della delega contenuta nell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, recante “Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza”. Entrato in vigore a partire dal 19 marzo 2005, il Codice è stato il frutto del lavoro di un’apposita commissione ministeriale istituita presso il Ministero delle attività produttive, che ha provveduto a riordinare l’intera materia che precedentemente constava di circa 39 fonti normative tra leggi, regolamenti e altri provvedimenti normativi.

Il nuovo Codice delinea una disciplina unitaria ed omogenea della proprietà industriale, coordinata con la normativa comunitaria ed internazionale ed aggiornata, tra l’altro, con le norme di recente emanazione concernenti la lotta alla contraffazione ed alla pirateria.

Tale Codice, peraltro, non si configura come semplice testo unico, dal momento che esso ha, seppur limitatamente, una portata innovativa della legislazione vigente, finalizzata a ricostruire in un quadro nuovo i nessi sistematici che collegano i molteplici diritti di proprietà industriale, nella cui categoria vengono fatti confluire diritti di proprietà “non titolati”, protetti attualmente dalle norme del Codice civile sulla concorrenza sleale, come ad esempio i marchi di fatto e le informazioni aziendali riservate.

La finalità sostanziale sottesa a tale riassetto sistematico delle disposizioni in materia di proprietà industriale è costituita dal potenziamento della competitività del “sistema Italia”, per il quale la disciplina della proprietà industriale assume una valenza strategica nell'ambito della concorrenza internazionale. La riorganizzazione normativa e gestionale della proprietà industriale può infatti costituire un efficace strumento sia per il potenziamento della competitività delle imprese nazionali, sia per l’incentivazione dello sviluppo tecnologico.

In tal senso, il Codice in oggetto intende fornire alle imprese italiane, e in particolare a quelle maggiormente orientate nei mercati internazionali, un efficace sistema dei diritti di proprietà industriale, che consenta loro di poter fare affidamento sia su un mercato interno efficacemente difeso contro le contraffazioni e la pirateria, sia sui mercati dei paesi esteri che sono disposti a garantire i loro diritti a condizione di reciprocità, ciò che giustifica la partecipazione dell’Italia al sistema internazionale di protezione dei diritti di proprietà industriale. Al contempo, il riassetto e la migliore intelligibilità della disciplina in oggetto possono contribuire ad evitare il rischio che le imprese nazionali incorrano inconsapevolmente in misure restrittive di carattere giudiziario ottenute da imprese

Page 298: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

290

straniere che detengono diritti di proprietà industriale a contenuto tecnologico, nonché le possibili insidie derivanti dall'esercizio abusivo dei diritti in questione da parte di imprese straniere.

Il recupero della competitività delle imprese nazionali è subordinato all'incremento della loro capacità d'innovazione nel campo della ricerca tecnologica, del design industriale, del marketing creativo e della capacità di consolidare valori aziendali d'immagine e di avviamento commerciale mediante segni distintivi dotati di rinomanza mondiale. In questo senso la riorganizzazione della Proprietà Industriale nel nostro Paese può costituire un efficace strumento di mantenimento e di potenziamento delle aree di eccellenza che caratterizzano l'economia nazionale, come sono – ad esempio – i settori della moda, dell'arredamento, dell'oreficeria, delle calzature, del tessile ecc., nonché di sviluppo di settori, quali quelli della tecnologia più progredita e recente, come la biotecnologia, la tecnologia elettronica, il software, ecc., che registrano una certa arretratezza nell’imprenditorialità italiana.

L’accordo TRIP’s

La sistematica del Codice - articolato in 8 Capi, di norma suddivisi in sezioni, per complessivi 246 articoli - ricalca l’impianto dell’Accordo TRIP’s (Agreement on Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights)261 sulla proprietà intellettuale, che costituisce una sorta di statuto dei diritti della proprietà industriale a livello internazionale.

In proposito, si rileva come, in materia di proprietà industriale, assumano un peculiare rilievo le fonti internazionali e comunitarie; si assiste, infatti, ad una tendenza alla internazionalizzazione della materia262, che deriva non solo dall'esigenza di integrazione a livello europeo (che si realizza attraverso convenzioni, regolamenti e direttive comunitarie), ma anche dalla spinta ad una sempre più incisiva armonizzazione della disciplina di tutti i Paesi industrializzati ed in via di sviluppo, di cui il citato accordo Trip’s costituisce una delle manifestazione più evidenti. Tale evoluzione si ricollega altresì allo sviluppo della ricerca ed al realizzarsi di nuove tecnologie, che comportando investimenti e rischi economici ingenti, richiedono strumenti giuridici di protezione particolarmente efficaci.

Con il D.Lgs 19 marzo 1996, n. 198 "Adeguamento della legislazione interna in materia di proprietà industriale alle prescrizioni obbligatorie dell'accordo relativo agli 261 L’accordo TRIP’s, ratificato in Italia con legge 29 dicembre 1994, n. 747 ed attuato con il D.Lgs.

n.198/96, costituisce parte integrante del GATT, concluso a Marrakesh il 15 aprile 1994. Esso costituisce la più estesa convenzione multilaterale che fissa uno standard minimo di tutela della proprietà industriale a livello internazionale, e stabilisce una disciplina pressoché completa della materia, articolata in sette parti, concernenti rispettivamente l'applicazione dei principi fondamentali del GATT, la stesura di norme sull'esistenza, la portata e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale, i mezzi per il rispetto dei diritti, l'acquisizione ed il mantenimento dei diritti stessi, la prevenzione ed il regolamento delle controversie.

262 Tra le convenzioni internazionali maggiormente rilevanti ai fini dell’armonizzazione delle discipline brevettali si segnalano: - La Convenzione di Parigi (1883) – istitutiva dell’Unione internazionale per la protezione della proprietà industriale – che stabilisce il principio della reciprocità di trattamento ed il diritto di priorità; - La Convenzione di Monaco di Baviera (ratificata il 5 ottobre 1973) per il brevetto europeo; - La Convenzione del Lussemburgo del 15 dicembre 1975 per il brevetto comunitario; - La Convenzione di Washington del 1970, alla quale aderiscono 117 Stati, che ha istituito il sistema del Patent Cooperation Treaty (PTC) per il brevetto internazionale;

Page 299: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

291

aspetti dei diritti di proprietà intellettuale concernenti il commercio-Uruguay Round" è stata esercitata la delega - prevista inizialmente dalla legge di ratifica degli accordi (L. 29 dicembre 1994, n. 747) e poi prorogata dalle leggi 295/95 e L.73/96 - per l'emanazione di uno o più decreti legislativi finalizzati all'adeguamento della legislazione interna in materia di proprietà industriale alle prescrizioni obbligatorie dell'accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale concernenti il commercio e sono state apportate le necessarie modifiche alla normativa vigente in materia di marchi di impresa, di modelli di utilità ed ornamentali e di brevetti per invenzioni industriali.

I diritti non titolati

Una rilevante novità introdotta dal Codice è rappresentata dal riconoscimento nell’ambito della categoria dei diritti di proprietà industriale di talune fattispecie di diritti c.d. non titolati, attualmente protetti dalle norme del Codice civile sulla concorrenza sleale.

Il primo articolo del decreto legislativo, infatti, nel definire l’espressione “proprietà industriale “, realizza l'intenzione sistematica di ricomprendervi oltre a: le invenzioni, i modelli di utilità, i disegni e modelli, le nuove varietà vegetali, le topografie dei prodotti a semi conduttori ed i marchi.

anche: gli altri segni distintivi tipici ed atipici

le indicazioni geografiche, le denominazioni di origine, le informazioni aziendali riservate.

I diritti di proprietà industriale “titolati”, e cioè costitutivamente originati dalla

brevettazione (invenzioni, modelli di utilità, nuove varietà vegetali) oppure dalla registrazione (marchi, disegni e modelli, topografie dei prodotti a semiconduttori), si distinguono da quelli “non titolati”, che sorgono da determinati presupposti di legge, e che, tuttavia, riferiscono la tutela ad un oggetto specifico (articolo 2).

Novità relative a taluni diritti di proprietà industriale

Il nuovo Codice tratta in apposite sezioni le norme sostanziali che definiscono l'esistenza, l'ambito e l'esercizio dei vari diritti di proprietà industriale, sistematicizzando in tal modo la materia.

Con riferimento al diritto di marchio, viene dettata una più analitica descrizione dell’oggetto del marchio (prima limitata a parole, figure o segni) che comprende

Page 300: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

292

anche nomi di persone, disegni, lettere, cifre, suoni, forma del prodotto o della confezione di esso, combinazioni o tonalità cromatiche (art. 7).

Per quanto riguarda la sezione relativa alle indicazioni geografiche, (artt. 29 e 30), la novità da segnalare consiste nel fatto che, in conseguenza dell’ampliamento della categoria dei diritti di proprietà industriale disposta dal Codice, tali indicazioni costituiscono oggetto di una tutela riconducibile alla fattispecie generale contemplata nel Capo III del Codice, che tratta della tutela giurisdizionale, fatta salva la disciplina della concorrenza sleale, quella delle convenzioni internazionali in materia, nonché i diritti di marchi anteriormente acquisiti in buona fede.

Tali previsioni di carattere generale, inoltre, devono essere integrate con il disposto di cui al comma 49 dell'art. 4 della legge Finanziaria per il 2004, che menziona espressamente il cosiddetto made in Italy (v. capitolo Promozione e tutela del made in Italy) come indicazione geografica della quale è vietato fare uso ingannevole, apponendola su prodotti o merci non originarie dall'Italia.

Anche ai disegni e modelli viene dedicata un’apposita sezione, sancendo definitivamente quel processo di autonomizzazione della materia da quella dei brevetti per invenzione e dai modelli di utilità, sebbene la disciplina rispecchi quella introdotta nell'ordinamento nazionale in attuazione della relativa direttiva comunitaria263.

La disciplina in materia di brevetti per invenzioni industriali viene trasfusa ai modelli e disegni industriali, chiarendo la decorrenza degli effetti della registrazione, che si fa risalire alla data in cui la domanda di registrazione viene resa accessibile al pubblico. Per chi richiede la registrazione è prevista la possibilità di chiedere l’esclusione dell’accessibilità per un periodo non superiore a trenta mesi e la possibilità di provvedere comunque a notifiche individuali al fine di fare decorrere il termine a favore del richiedente (articolo 38).

Allo stesso modo, intitolando una sezione ai modelli di utilità (artt. 82-86), si è inteso conservare i modelli di utilità come oggetto di un titolo brevettuale autonomo rispetto a quello sulle invenzioni industriali, in quanto sussiste una possibilità che tale categoria sia “rivitalizzata” a livello comunitario. Al riguardo si segnala, in particolare, l’espressa previsione dell’esatta equivalenza tra gli effetti della brevettazione del modello di utilità e gli effetti della brevettazione delle invenzioni industriali (articolo 85, comma 2). La norma costituisce una novità per i modelli di utilità che allinea in modo opportuno la disciplina dei brevetti per invenzioni e quella per i modelli.

Una importante innovazione, già prevista in ambito della legge delega, riguarda la durata del diritto d’autore (v. capitolo Diritto d’autore, nel dossier

263 Si tratta del decreto legislativo 2 gennaio 2001, n. 95, di attuazione della direttiva n. 98/71/CE

del Parlamento Europeo del Consiglio del 13 ottobre 1998.

Page 301: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

293

relativo alla Commissione Cultura) su quei disegni e modelli che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico. In merito, si dispone che "i diritti di utilizzazione economica dei disegni e modelli protetti anche ai sensi dell'art. 2, comma 1, n. 10, legge 22.4.1941 n. 633, durano tutta la vita dell'autore e fino al termine del 25° anno solare dopo la sua morte" (articolo 44, comma 1).

Per garantire la possibilità di verificare l'esistenza di diritti esclusivi di terzi mediante opportune forme di pubblicità, è inoltre prevista una comunicazione periodica all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dei dati relativi alle opere depositate ai sensi dell’articolo 103 legge n. 633/1941 sul diritto d’autore (articolo 44, comma 2).

In pratica viene istituito un registro pubblico speciale per le opere del disegno industriale, nel quale sono indicati l'autore ed il titolo dell'opera, il nome ed il domicilio del titolare, la data di prima divulgazione nonché ogni altra annotazione o trascrizione effettuata a norma di regolamento. Si tratta di un registro speciale del tutto analogo a quello che è stato istituito per il software. Essendo infatti la protezione per diritto d'autore dei disegni e modelli, come la protezione per diritto d'autore del software, una protezione di opere dell'ingegno a carattere utilitaristico, secondo la relazione è bene attivare forme di pubblicità che servono per la certezza dei rapporti giuridici, fermo restando che si tratta di pubblicità-notizia e non di pubblicità costitutiva la quale sarebbe incompatibile con il diritto d'autore e con la Convenzione di Berna.

Nella sezione relativa alle invenzioni (artt. 45 - 81), il Codice riproduce, seppur con significative innovazioni, l’attuale disciplina, ma non reca la disciplina delle invenzioni biotecnologiche (v. capitolo Invenzioni biotecnologiche).

Il brevetto industriale dura venti anni a decorrere dalla data di deposito della domanda e non può essere rinnovato, né può esserne prorogata la durata (articolo 60). In merito alle rivendicazioni sul diritto di brevetto, il Codice introduce talune novità in tema di interpretazione della portata dell’invenzione, tese ad orientare il giudice nell’opera di mediazione fra l’intento dell’inventore e l’esigenza di ragionevole sicurezza dei terzi (articolo 52, commi 2 e 3).

Il certificato complementare

Meritano una segnalazione particolare le disposizioni264 relative al certificato complementare (art. 61), disciplina oggetto di recenti modifiche. La normativa precedente, infatti, a giudizio dei redattori del Codice, ha avuto l’effetto di procrastinare eccessivamente la caduta in pubblico dominio delle invenzioni farmaceutiche265.

264 Sul certificato complementare insistono gli articoli 61 e 81 del Codice. 265 La disciplina del certificato complementare nazionale, titolo di protezione brevettuale ad

esaurimento originato dalla legge 19 ottobre 1991 n. 349, con specifico riferimento all'allungamento della protezione conferita dal brevetto di base, è stata modificata da ultimo con il DL 15 aprile 2002, n. 63 conv., con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002 n. 112, al fine di accorciare la protezione complementare la cui durata è apparsa eccessiva e tale da

Page 302: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

294

Il Codice riprende dunque le innovazioni introdotte266, che mirano a stabilire un limite alla protezione assicurata dai certificati complementari di cui alla legge 19 ottobre 1991, n. 349, la cui scadenza vede muoversi i contrapposti interessi delle imprese farmaceutiche e delle imprese fabbricanti di principi attivi per l’esportazione. Viene introdotta inoltre, anche in pendenza di validità ed efficacia dei certificati, una liberalizzazione della produzione, per l’esportazione, dei principi attivi, disposta con la mediazione del Ministro.

Le finalità sociali della disposizione risultano evidenti, in quanto essa dovrebbe consentire di soddisfare provvisoriamente il fabbisogno di medicinali generici di alcuni Paesi delle aree più povere del pianeta, senza venir meno tuttavia al rispetto degli standards internazionali di protezione della proprietà industriale.

Sulla materia insiste poi l’art. 163, del Codice, rubricato “domanda di certificato complementare per i medicinali e per i prodotti fitosanitari”, che costituisce un’innovazione ed opera un rinvio ai vigenti regolamenti comunitari che disciplinano in via esclusiva i requisiti delle domande intese ad ottenere un certificato complementare di protezione.

Le invenzioni dei dipendenti e le invenzioni dei ricercatori

In merito all’attribuzione dei diritti per i casi delle invenzioni dei dipendenti, vengono stabiliti dei nuovi specifici parametri per la determinazione dell’equo premio, prevedendo anche l’intervento di un collegio di arbitratori.

L’articolo 64 riproduce i primi due commi dell'art. 23 della legge Invenzioni, con l'aggiunta nel comma 2 dell'inciso, tratto dalla giurisprudenza consolidata dalla Suprema Corte, “qualora il datore di lavoro ottenga il brevetto” e con la modificazione chiarificatrice secondo la quale “per la determinazione dell'equo premio si terrà conto dell'importanza della protezione conferita all'invenzione dal brevetto, delle mansioni svolte e della retribuzione percepita dall'inventore nonché del contributo che questi ha ricevuto dall'organizzazione aziendale”. Si tratta della fissazione di parametri di commisurazione dell’equo premio molto importanti sul piano delle esigenze di certezza del diritto.

Il Codice, in deroga a tale normativa, tratta separatamente delle invenzioni dei ricercatori delle università e dei centri di ricerca pubblici, riproducendo nell’articolo 65 la disciplina dell'art. 24-bis della legge Invenzioni, introdotto dalla legge n. 383/2001 recante “Primi interventi per il rilancio dell'economia” (c.d. legge Tremonti “dei cento giorni”).

Le disposizioni non si applicano in caso di ricerche finanziate da privati o realizzate nell’ambito di progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dall’università, ente o amministrazione di appartenenza del ricercatore.

determinare un incremento ingiustificato della spesa farmaceutica nell'ambito del servizio sanitario nazionale.

266 L’articolo 81, in particolare, riproduce l’articolo 3, commi 8 bis, 8 ter e 8 quater del citato decreto legge 15 aprile 2002, n. 63.

Page 303: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

295

In proposito si ricorda che l’art. 24-bis ha introdotto una disciplina speciale per le invenzioni realizzate dai ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca, profondamente innovativa del quadro normativo previgente in materia di brevetti conseguiti all’interno di tali istituzioni, differenziando, in generale, la posizione del ricercatore pubblico rispetto a quella del ricercatore privato.

Segnatamente, il citato articolo ha stabilito che, in deroga alle disposizioni dell'articolo 23 del citato decreto - concernenti le invenzioni dei dipendenti- e all'articolo 34 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, quando il rapporto di lavoro intercorre con una università o con una pubblica amministrazione avente fra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca: la titolarità esclusiva dei diritti derivanti da invenzioni brevettabili conseguite all’interno

dell’Università e delle pubbliche amministrazioni che perseguono finalità di ricerca, spetta ai ricercatori, che devono farsi carico di presentare la domanda di brevetto, dandone comunicazione all'amministrazione (art.24 bis, c.1);

gli enti pubblici di ricerca, nell'ambito della loro autonomia, stabiliscono l'importo massimo del canone, relativo a licenze a terzi per l'uso dell'invenzione, spettante alla stessa università o alla pubblica amministrazione, ovvero a privati finanziatori della ricerca, nonché ogni ulteriore aspetto dei rapporti reciproci (art.24 bis, c.2);

in ogni caso, l'inventore ha diritto a non meno del 50 per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell'invenzione e nel caso in cui le università o le amministrazioni pubbliche non provvedano alle determinazioni del canone o dei proventi loro spettanti, alle stesse compete il 30 per cento dei medesimi (art.24 bis, c.3).

Trascorsi cinque anni dalla data di rilascio del brevetto, qualora l'inventore o i suoi aventi causa non ne abbiano iniziato lo sfruttamento industriale, a meno che ciò non derivi da cause indipendenti dalla loro volontà, la pubblica amministrazione di cui l'inventore era dipendente al momento dell'invenzione acquisisce automaticamente un diritto gratuito, non esclusivo, di sfruttare l'invenzione e i diritti patrimoniali ad essa connessi, o di farli sfruttare da terzi, salvo il diritto spettante all'inventore di esserne riconosciuto l’autore.

Tutela giurisdizionale dei diritti di proprietà industriale

Seguendo la sistematica dell'Accordo TRIP's, il Codice coordina le norme dedicate alla tutela giurisdizionale, riproducendo sostanzialmente la disciplina delle azioni giudiziarie, sia ordinarie che cautelari, recata dalle singole leggi speciali, ivi compresi il riferimento alle sezioni specializzate dei tribunali in materia di proprietà intellettuale ed industriale, istituite con il D.Lgs. 168/03 e le norme sulla lotta alla contraffazione e alla pirateria267 (v. scheda Made in Italy - Lotta alla contraffazione), dalla legge finanziaria per il 2004268.

Il riassetto delle disposizioni vigenti in materia tutela giurisdizionale della di proprietà industriale, costituisce uno dei momenti più significativi della strategia adottata nel Codice, dato che, collocando la specifica materia in un capo ad hoc ed operando il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti in 267 Cfr. artt. 144-146 268 Devono essere richiamati, in proposito, i commi 72, 73, 79, 80 e 81 della legge 24 dicembre

2003, n.350, che vengono pertanto abrogati dall’articolo 246, comma 1, lettera pp) del Codice.

Page 304: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

296

materia sono stati perseguiti simultaneamente i due obiettivi della semplificazione (perché la disciplina è unica per tutti i diritti di proprietà industriale269) e della coerenza giuridica, logica e sistematica (perché tutti i diritti di proprietà industriale beneficiano della stessa garanzia di tutela giurisdizionale). Si ricorda a questo proposito che le controversie nelle materie disciplinate dal codice sono sottoposte alle norme procedurali dettate dal D.Lgs. n. 5/2003 per le controversie societarie.

La Sezione relativa alle misure contro la pirateria individua nelle contraffazioni ed usurpazioni dolose e sistematiche le fattispecie di pirateria dei diritti di proprietà industriale270. Si prevede la possibilità per il Ministero delle attività produttive - tramite del prefetto e le autorità comunali - di disporre il sequestro e (previa autorizzazione del presidente della competente sezione del tribunale specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale) l’eventuale distruzione della merce contraffatta.

Riprendendo le disposizioni introdotte dalla legge finanziaria per il 2004, il Codice prevedeva (all’articolo 145) la costituzione di un Comitato nazionale anti-contraffazione271 presso il Ministero delle attività produttive con funzioni di monitoraggio del fenomeno e di studio delle misure di contrasto. Tale articolo, tuttavia, è stato poi abrogato dal D.L 35/2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

La tutela giurisdizionale dei diritti di proprietà intellettuale è stata di recente rafforzata con il D.Lgs. n. 140/2006272, che introduce modifiche sia alla legge 633 del 1941 sulla protezione del diritto d’autore che allo stesso Codice della proprietà industriale, prevedendo apposite norme di carattere processuale che rafforzano i poteri del giudice in tema di lotta alla contraffazione e alla pirateria. Con l’aggiunta nel Codice del nuovo art. 121-bis, si introduce il diritto di informazione, ossia la possibilità di richiedere che l’Autorità giudiziaria ordini che vengano fornite informazioni sull’origine e sulle reti di distribuzione di merci che violano un diritto tutelato dal Codice. In tema di risarcimento del danno e restituzione dei profitti dell'autore della violazione, il D.Lgs n. 140/2006 modifica l’art. 125 del Codice, disponendo più specificatamente che il risarcimento dovuto al danneggiato debba essere liquidato tenendo conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall'autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione. Inoltre, il citato decreto legislativo introduce

269 Uniche, ora, sono le discipline dell’azione di rivendicazione, dell’azione sulla paternità, come

quelle sulla giurisdizione e sulla competenza, come pure unica è la disciplina della ripartizione dell’onere della prova nei vari giudizi.

270 In particolare, l’art. 144 del Codice definisce in maniera specifica la fattispecie di pirateria, allo scopo di distinguerla da quella di semplice contraffazione.

271 Tale comitato era inizialmente previsto dall’articolo 4, comma 72 della citata legge finanziaria. 272 Decreto di attuazione della direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale,

pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.82 del 7 aprile 2006, entrato in vigore il 22 aprile.

Page 305: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

297

un nuovo articolo in tema di pirateria (art. 144 bis) che autorizza l’Autorità giudiziaria a disporre il sequestro conservativo dei beni del preteso autore della violazione fino alla concorrenza del presumibile ammontare del danno.

L'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi

La gestione dei servizi e dei diritti, sia di concessione, sia di mantenimento, dei titoli di proprietà industriale è effettuata dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.

Al fine di assicurare il contemperamento dell'interesse individuale dell'inventore a farsi riconoscere tale e a trarre dall'invenzione i vantaggi economici conseguenti con l'interesse sociale a rendere l'invenzione tecnica patrimonio comune, difatti, in tutti i Paesi viene creato un organismo che regolamenti la nascita del diritto di brevetto e ne assicuri la tutela in via amministrativa. Nell'ordinamento italiano queste funzioni sono attribuite all'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, che è un organo del Ministero delle attività produttive, al quale indirizzare le domanda di concessione del brevetto. Il controllo esercitato dall'Ufficio mira ad accertare, oltre alla regolarità formale della domanda, il requisito dell'industrialità e la non contrarietà dell'invenzione alla legge, all'ordine pubblico e al buon costume.

Il riassetto complessivo del sistema della proprietà industriale non poteva che investire anche la struttura istituzionalmente preposta alla gestione dei diritti di proprietà in questione, conformemente a quanto disposto dalla lettera f) dell’articolo 15 della legge di delega, in base al quale il potenziamento di tale struttura comporta altresì l’attribuzione di una autonomia amministrativa, finanziaria e gestionale.

In attuazione di tale criterio di delega, il Codice reca273 la disciplina della gestione dei servizi diretti a garantire un efficace sistema di tutela della proprietà industriale e dei diritti posti a carico degli utenti dei servizi, definendo i compiti dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi e contemplando una ampia autonomia finanziaria e contabile, fondata sulla percezione di diritti per il compimento di ogni attività prevista nel Codice a tutela della proprietà industriale (conseguimento dei titoli di proprietà, concessioni, opposizioni, trascrizioni, rinnovo e mantenimento in vita dei titoli). L’entità dei diritti è determinata con provvedimento del Ministro per le Attività Produttive di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze. L’elemento di novità, in tale ambito, è quindi rilevabile nell’articolo 224, che disegna il quadro finanziario in base al quale le risorse finanziarie dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi sono costituite anche dalle disponibilità iscritte nello stato di previsione della spesa del Ministero delle Attività produttive e da una quota del cinquanta per cento delle tasse annuali per il mantenimento in vita dei titoli brevettuali europei.

Tale previsione del finanziamento della gestione con le risorse provenienti dai corrispettivi riscossi per i servizi resi nella materia e con il gettito di quota parte dei diritti

273 Al Capo VII (artt. 223-230).

Page 306: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

298

riscossi in occasione della concessione e del mantenimento degli stessi diritti di proprietà industriale rappresenta, secondo i redattori del Codice, un principio la cui osservanza è “conditio sine qua non” affinché la gestione della proprietà industriale in Italia acceda a livelli di efficienza finora del tutto sconosciuti”.

Page 307: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

299

Competitività - Orientamenti UE per le imprese in crisi

I primi “Orientamenti in materia di aiuti di Stato finalizzati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in crisi”, sono stati adottati dalla Commissione Europea a partire dal 1994.Prorogati fino a tutto il 1999, in questo stesso anno sono stati sostituiti da una nuova disciplina in materia - più rigorosa e restrittiva della precedente - avente l’obiettivo di consentire la concessione di aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà solo a determinate condizioni. Tale versione degli orientamenti, scaduta il 9 ottobre 2004, è stata sostituita dalla Comunicazione della Commissione 2004/C244/02, adottata il 7 luglio 2004.

I nuovi orientamenti, entrati in vigore il 10 ottobre 2004, disciplinano orizzontalmente gli aiuti di Stato, prevedendo sia una disciplina applicabile in via generale alle imprese operanti in tutti i settori di attività (esclusi i settori del carbone e dell’acciaio ma compresa la pesca e l’acquacoltura; nel rispetto delle relative disposizioni specifiche l'agricoltura) sia norme specifiche per le piccole e medie imprese e per il settore agricolo.

Secondo la Commissione si considerano in difficoltà le imprese non in grado - con le loro risorse o con quelle che possono ottenere da proprietari/azionisti o dai creditori - di contenere le perdite che possono condurle quasi certamente al collasso economico a breve o a medio termine in assenza di un intervento esterno delle autorità pubbliche.

In linea di principio sono, comunque, considerate in difficoltà, a prescindere dalle loro dimensioni, le società: a responsabilità limitata, qualora abbiano perduto più della metà del capitale

sociale e la perdita di più di un quarto di tale capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;

in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, qualora abbiano perduto più della metà dei suoi fondi propri, quali indicati nei conti della società, e la perdita di più di un quarto del capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;

di tutte le forme, qualora ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura di una procedura concorsuale per insolvenza. In ogni caso, come si precisa nei nuovi orientamenti, una impresa in difficoltà

può beneficiare degli aiuti solo previa verifica della sua incapacità di riprendersi con le proprie forze o con finanziamenti ottenuti dai suoi proprietari/azionisti o da altre fonti sul mercato.

Ai sensi degli orientamenti, presentano profili di incompatibilità con la disciplina comunitaria gli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese di nuova costituzione (in linea di principio si considera tale una impresa nei primi

Page 308: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

300

tre anni dall’avvio dell’attività nel settore interessato) o quelle che fanno parte di un gruppo più grande.

Gli orientamenti distinguono tra aiuti per il salvataggio e aiuti per la ristrutturazione.

Un aiuto per il salvataggio - transitorio per natura - deve consentire di mantenere in attività un'impresa in difficoltà per un periodo corrispondente al tempo necessario ad elaborare un piano di ristrutturazione o di liquidazione. Una ristrutturazione, invece, è basata su un piano realizzabile, coerente e di ampia portata, volto a ripristinare la redditività a lungo termine dell'impresa.

L’aiuto per il salvataggio offre una breve tregua non superiore a sei mesi e deve consistere in un aiuto finanziario reversibile, in forma di garanzia sui prestiti o di prestiti ad un tasso di interesse almeno equivalente ai tassi praticati sui prestiti concessi ad imprese sane e, in particolare, ai tassi di riferimento adottati dalla Commissione. Le misure strutturali che non richiedono un intervento immediato non possono essere finanziate con aiuti per il salvataggio.

Secondo gli orientamenti del 1999, in linea di principio, nel corso del periodo di salvataggio non potrebbe essere adottata alcuna misura di ristrutturazione finanziata tramite aiuti di Stato. Tuttavia, come si osserva nell’introduzione dei nuovi orientamenti, par. 6, questa rigida distinzione tra salvataggio e ristrutturazione ha creato alcune difficoltà. Le imprese in difficoltà potrebbero aver bisogno di adottare, già nella fase del salvataggio, urgenti misure di carattere strutturale che consentano di arrestare o rallentare il peggioramento della situazione finanziaria. Pertanto, i nuovi orientamenti ampliano la nozione di «aiuti per il salvataggio», in modo da permettere al beneficiario di adottare altresì misure urgenti, anche strutturali come la chiusura immediata di una filiale o altre forme di cessazione di attività in perdita. Dato il carattere urgente di tali aiuti, gli Stati membri dovrebbero poter optare per una procedura semplificata per l'ottenimento della relativa autorizzazione.

Gli aiuti alla ristrutturazione hanno come presupposto l’esistenza di un

piano volto a ripristinare la redditività a lungo termine dell’impresa che, di norma, deve provvedere anche ad una ristrutturazione finanziaria. Le imprese che ottengono un aiuto per la loro ristrutturazione debbono contribuire finanziariamente al costo globale dell’operazione, sia con fondi propri, compresa la vendita dell’attivo non indispensabile alla sopravvivenza dell’impresa, sia ricorrendo a finanziamenti esterni ottenuti alle condizioni del mercato. Tali contributi alla ristrutturazione sono considerati accettabili, per le grandi imprese, se pari al 50% del costo globale, per le medie imprese al 40% e per le piccole imprese al 25%.

La Comunicazione prevede inoltre una procedura semplificata per aiuti che non superino i 10 milioni di euro ed esclude la concessione di aiuti durante i primi tre anni dalla costituzione dell’impresa.

Page 309: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

301

Per quanto riguarda le condizioni generali d'autorizzazione, gli aiuti al salvataggio devono: consistere in aiuti di tesoreria sotto forma di garanzia di crediti o di erogazione

di crediti; essere rimborsati o cessare entro sei mesi dall’erogazione all’impresa della

prima tranche; essere motivati da gravi difficoltà e non avere effetti gravi di ricaduta negativa

in altri Stati membri; essere corredati, all'atto della notifica, di un impegno dello Stato a presentare

entro sei mesi dall’autorizzazione un piano di ristrutturazione/di liquidazione o la prova che il prestito è stato completamente rimborsato e/o che la garanzia è stata revocata;

limitarsi all’importo necessario per mantenere l'impresa in attività nel periodo per il quale è stato autorizzato l'aiuto, che può includere aiuti per misure strutturali urgenti. Per la fissazione dell’importo necessario, che dovrebbe basarsi sul fabbisogno di liquidità dell’impresa imputabile alle perdite, si terrà conto della formula fissata dall’allegato agli orientamenti. Gli aiuti superiori all’importo calcolato secondo la formula dovranno essere debitamente illustrati;

rispettare il principio dell’aiuto “una tantum”;

In caso di presentazione di un piano di ristrutturazione, entro 6 mesi dalla data di autorizzazione o dall'attuazione della misura per gli aiuti non notificati, il termine per il rimborso del prestito o per la cessazione della garanzia viene prorogato fino al momento dell'adozione da parte della Commissione di una decisione in merito al piano, a meno che la Commissione non ritenga tale proroga ingiustificata.

Gli aiuti per la ristrutturazione possono essere autorizzati in linea generale solo nei casi in cui la concessione non risulti contraria all’interesse comune, e ciò è possibile solo in caso di rispetto di criteri rigorosi e con l’applicazione di misure compensative che minimizzino gli eventuali effetti distorsivi della concorrenza.

Le condizioni da rispettare per la concessione degli aiuti per la ristrutturazione sono: l'ammissibilità dell'impresa, che deve essere un'impresa in difficoltà; la definizione e realizzazione di un piano di ristrutturazione di durata il più

limitata possibile; un piano che consenta il ripristino della redditività a lungo termine e sulla base

di ipotesi realistiche sulle condizioni operative future; l'introduzione di misure compensative - per minimizzare il più possibile gli

effetti negativi sui concorrenti - proporzionali all’effetto distorsivo dell’aiuto, alle dimensioni e al peso dell’impresa sui mercati. La Commissione fisserà l’entità delle misure necessarie;

Page 310: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

302

l'importo e l'intensità dell'aiuto devono essere limitati allo stretto necessario. I beneficiari dovranno, pertanto contribuire in maniera significativa al piano di ristrutturazione sia con fondi propri che con finanziamenti esterni;

l'imposizione da parte della Commissione di condizioni ed obblighi specifici; la piena attuazione del programma di ristrutturazione; il controllo che la Commissione deve potere effettuare sull'avanzamento del

piano di ristrutturazione sulla base di relazioni regolari e particolareggiate, trasmesse dallo Stato membro.

Nei nuovi orientamenti viene, inoltre, ulteriormente rafforzato il principio dell’aiuto “una tantum” al fine di evitare che si ricorra alla concessione ripetuta di aiuti allo scopo di tenere in vita le imprese. Pertanto, gli aiuti sia per il salvataggio che per la ristrutturazione possono essere concessi una sola volta e lo Stato membro, all’atto della notifica alla Commissione di un progetto di aiuto, è tenuto a precisare se l’impresa abbia ottenuto in passato aiuti. Sono previste eccezioni alla regola indicate in dettaglio.

Page 311: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

303

Competitività - Premio di concentrazione

Il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35

Secondo una opinione largamente diffusa, uno dei principali problemi strutturali dell’economia italiana è costituito dalla dimensione limitata delle aziende, che impedisce la nascita di grossi gruppi capaci di affrontare con successo la concorrenza internazionale.

Misure finalizzate a favorire l’aggregazione tra imprese sono state introdotte dall’articolo 9 del DL 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80; la norma citata ha infatti previsto, a tal fine, un credito di imposta a favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese - definite secondo i criteri dell’Unione europea - che partecipino a processi di concentrazione.

Il credito d’imposta – utilizzabile esclusivamente in compensazione – è pari al 50 per cento delle spese sostenute per studi e consulenze relative alle operazioni di concentrazione.

Per quanto concerne l'ambito soggettivo di applicazione, esso viene individuato, come anticipato, nelle imprese partecipanti a processi di concentrazione che rientrano nella definizione comunitaria di microimprese e di piccole e medie imprese, secondo la raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003274.

Il contributo viene erogato nel rispetto delle condizioni previste nel regolamento CE n. 70/2001 della Commissione europea del 12 gennaio 2001, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a

274 Si ricorda che con la raccomandazione n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003 la Commissione UE

ha adottato una nuova definizione delle microimprese, delle piccole e delle medie imprese (PMI), provvedendo ad estendere il concetto d’impresa ad ogni entità che svolga attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita. La raccomandazione conferma i precedenti limiti dimensionali per quanto riguarda il numero dei dipendenti, provvedendo, invece, a modificare la soglia del fatturato e del totale di bilancio che, per la prima volta, viene indicata anche per le aziende più piccole. Per essere riconosciuta come PMI, l'impresa deve rispettare i limiti massimi fissati dalla raccomandazione relativamente al numero di dipendenti e al fatturato o ai totali di bilancio: - media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai

50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro; - piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di

bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro; - microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di

bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro. Il DM 18 aprile 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005, ha provveduto ad adeguare i criteri di individuazione delle piccole e medie imprese, ai fini della concessione di aiuti alle attività produttive, in accordo con la citata raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE.

Page 312: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

304

favore delle piccole e medie imprese, il cui obiettivo è quello di esentare dall'obbligo di notifica gli aiuti di Stato alle suddette PMI compatibili con le regole di concorrenza.

Il contributo viene attribuito alle seguenti condizioni: - l'operazione di concentrazione deve essere effettivamente realizzata; - il processo di concentrazione deve essere completato, avuto riguardo agli

effetti civili, entro i ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (ossia tra il 17 marzo 2005 e il 16 marzo 2007);

- l'impresa risultante dal processo di concentrazione ovvero l’aggregazione fra singole imprese deve rientrare comunque nella definizione comunitaria di piccola e media impresa di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE sopra menzionata;

- tutte le imprese partecipanti al processo di concentrazione devono avere esercitato attività omogenee nel periodo d’imposta precedente alla data in cui è ultimato il processo stesso;

- tutte le imprese partecipanti al processo di concentrazione devono essere residenti in Stati membri dell'Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo. Si ricorda che l'Accordo sullo Spazio economico europeo è entrato in vigore il primo gennaio 1994275. A seguito dell’allargamento avvenuto il 1 maggio 2004, esso riguarda i 25 paesi dell'UE e i paesi dell'EFTA (Associazione Europea di Libero Scambio): Islanda, Liechtenstein e Norvegia. La Svizzera, anch'essa membro dell'EFTA, non fa parte di questo accordo. Al fine della attribuzione del contributo di cui sopra, la norma in commento

specifica la nozione di "concentrazione" con la quale si intende:

a) l’aggregazione di più imprese che dà luogo alla costituzione di un’unica impresa;

b) l’incorporazione, da parte di un'impresa, di un'altra o altre imprese; Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 2501 del codice civile, la fusione di più società può eseguirsi o mediante la costituzione di una nuova società, come nel caso di cui alla lettera a), o mediante l'incorporazione in una società di una o più altre, come nel caso di cui alla lettera b).

c) le aggregazioni di più imprese - su base contrattuale - per l'organizzazione in comune di attività imprenditoriali rilevanti;

d) la creazione di consorzi, con cui più imprenditori istituiscono una organizzazione comune per lo svolgimento di fasi rilevanti delle rispettive imprese.

275 Con legge 28 luglio 1993, n. 300, è stato ratificato l'Accordo sullo Spazio economico europeo

(Accordo SEE), fatto ad Oporto il 2 maggio 1992, ed il relativo protocollo di adattamento, firmato a Bruxelles il 17 marzo 1993.

Page 313: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

305

Tale definizione di consorzio coincide con quella, di carattere più generale, dettata dall'articolo 2602 del codice civile, in base alla quale con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.

e) infine, le ulteriori forme che favoriscano la crescita dimensionale delle imprese.

Ulteriori condizioni richieste per poter usufruire del contributo sono: una durata di almeno tre anni dell'operazione di concentrazione; l'obbligo per tutte le imprese coinvolte nell'operazione di concentrazione di

iscrizione dell’avvenuta concentrazione nel registro delle imprese; l’insussistenza di un rapporto di controllo, ai sensi dell'articolo 2359 del

codice civile276, tra le imprese coinvolte nel processo di concentrazione. Allo stesso modo, le imprese coinvolte non devono essere né direttamente né indirettamente controllate da una stessa persona fisica, anche tenendo conto delle partecipazioni detenute dai familiari di cui all'articolo 5 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR)277.

276 Ai sensi del richiamato articolo 2359 del codice civile sono considerate società controllate:1) le

società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Per l'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi. Sono invece considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

277 L'articolo 5 del TUIR, in materia di redditi prodotti in forma associata, prevede che i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall'atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all'inizio del periodo di imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali. Tra le altre disposizioni, lo stesso articolo prevede altresì che i redditi delle imprese familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al 49% dell'ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell'impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Si tratta di una disposizione che si applica a condizione: che i familiari partecipanti all'impresa risultino nominativamente, con l'indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l'imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all'inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell'imprenditore e dei familiari partecipanti;

che la dichiarazione dei redditi dell'imprenditore rechi l'indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l'attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell'impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta;

che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell'impresa in modo continuativo e prevalente.

L'articolo 5 precisa infine che, ai fini delle imposte sui redditi, per familiari si intendono il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.

Page 314: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

306

La procedura per l'erogazione del contributo prevede i seguenti passaggi: 1. inoltro – da parte dell’impresa concentrataria una volta terminato il processo

di concentrazione - di apposita istanza, in via telematica, al Centro operativo di Pescara dell'Agenzia delle entrate, secondo le modalità di cui all'art. 3 del DPR 22 luglio 1998, n. 322, concernente le modalità di presentazione e gli obblighi di conservazione delle dichiarazioni;

2. esame delle istanze - secondo l'ordine cronologico di presentazione - da parte dell'Agenzia delle entrate che provvede al rilascio, sempre in via telematica, di certificazione della data di avvenuta presentazione;

3. comunicazione, sempre telematicamente, dell'esito dell’istanza, entro il termine di trenta giorni dalla sua presentazione da parte della stessa Agenzia.

Quanto alle le modalità di utilizzazione si prevede che il credito d'imposta:

possa essere utilizzato esclusivamente in compensazione, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241278, dopo la comunicazione di avvenuto riconoscimento del contributo;

non possa essere rimborsato; non concorra alla formazione del valore della produzione netta di cui al

D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);

non concorra alla formazione dell'imponibile agli effetti delle imposte sui redditi;

non rilevi ai fini del rapporto di cui all'articolo 96 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi), ossia non incida sul calcolo che rende indeducibile la quota degli interessi passivi proporzionalmente al rapporto tra i ricavi imponibili e il totale dei ricavi, comprensivo dei proventi esenti.

Viene, infine, confermata l'applicazione delle disposizioni antielusive previste dall'articolo 37-bis del DPR 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, che stabilisce l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria di atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e a ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti.

La nozione di “concentrazione”, rilevante per l’attribuzione del credito d’imposta previsto dall’articolo 9 del DL n. 35/05, è stata successivamente

278 “Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi

e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni”.

Page 315: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

307

estesa ad altre fattispecie, espressamente indicate dalla legge finanziaria per il 2006 (art. 1, comma 418, L. 266/05).

Il comma 418 aggiunge, infatti, articolo 9 cit. un periodo, a tenore del quale la concentrazione si considera realizzata anche attraverso:

a) il controllo di società, secondo quanto previsto dall'articolo 2359 del codice civile;

b) la partecipazione finanziaria al fine di esercitare l'attività di direzione e coordinamento ai sensi degli articoli 2497 e seguenti del codice civile279;

c) la costituzione del gruppo cooperativo previsto dall'articolo 2545-septies del codice civile280.

Il successivo comma 419 dell’articolo 1 integra il medesimo articolo 9 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, al fine di estendere anche agli imprenditori agricoli il credito d’imposta ivi previsto per le microimprese, le piccole e medie imprese che si impegnano in processi di concentrazione.

Decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106

Un "premio di concentrazione" è stato previsto anche dal decreto-legge 196/05, recante “Disposizioni urgenti in materia di entrate”, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156.

Il provvedimento all’articolo 2 prevede, infatti, l'erogazione di un premio di concentrazione in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese, definite secondo i criteri dell’Unione europea e risultanti da processi di concentrazione o aggregazione, consistente in un credito d’imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997,

279 Il capo IX del libro quinto del codice civile (articoli 2497 e seguenti) prevede norme in tema di

direzione e coordinamento di società. In particolare, l’articolo 2497-sexies stabilisce che si presume, salva prova contraria, che l'attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controlla ai sensi dell'articolo 2359. Il successivo articolo 2497-septies prescrive l’applicazione delle disposizioni del medesimo capo alla società o all'ente che, fuori dalle ipotesi indicate all'articolo 2497-sexies, esercita attività di direzione e coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti.

280 Ai sensi del richiamato articolo 2545-septies del codice civile, in tema di gruppo cooperativo paritetico, il contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in forma consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese deve indicare:1) la durata; 2) la cooperativa o le cooperative cui è attribuita direzione del gruppo, indicandone i relativi poteri; 3) l'eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati; 4) i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto; 5) i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall'attività comune. La cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di alcun tipo qualora, per effetto dell'adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci. Le cooperative aderenti ad un gruppo sono tenute a depositare in forma scritta l'accordo di partecipazione presso l'albo delle società cooperative.

Page 316: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

308

n. 241281, a decorrere dal periodo d’imposta nel quale interviene l'approvazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3. All’agevolazione sono applicabili le norme sul premio di concentrazione previste dal DL 35/05.

Ai fini dell'attribuzione del contributo sono necessarie le seguenti condizioni: a) il processo di concentrazione/aggregazione deve essere completato, avuto

riguardo agli effetti civili, entro i ventiquattro mesi successivi alla data in cui interviene l'approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato UE. Ciò implica che l'operatività del premio è subordinato al parere favorevole della Commissione UE, a cui dovrà essere notificato il provvedimento; Si ricorda che l'articolo 88, paragrafo 3, del trattato UE disciplina il trattamento dei nuovi aiuti di Stato. In particolare, i nuovi aiuti sono oggetto di un obbligo di notifica preliminare che consenta un controllo a priori. Gli Stati membri sono infatti tenuti a comunicare alla Commissione i progetti diretti ad istituire (o a modificare) aiuti. In conseguenza di tale obbligo, gli Stati non possono dare esecuzione alle misure progettate prima di aver ricevuto l'autorizzazione della Commissione.

b) la concentrazione/aggregazione deve avere una durata pari almeno a tre anni (ai sensi del successivo comma 2);

c) le imprese che partecipano al processo di concentrazione/aggregazione devono rientrare comunque nella definizione comunitaria di microimpresa di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE sopra menzionata;

d) tutte le imprese partecipanti al processo di concentrazione/aggregazione devono avere esercitato attività omogenee nei due precedenti periodi d’imposta alla data in cui è ultimato il processo stesso;

e) tutte le imprese partecipanti al processo di concentrazione/aggregazione devono essere residenti in Stati membri dell'Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo.

Il premio di concentrazione previsto dal DL 106 ricalca le agevolazioni introdotte dal DL 35/05; tuttavia non riprende le disposizioni relative alla definizione di “concentrazione”, ed inoltre prevede un calcolo del premio su basi e con metodo diverso da quello del citato DL 35.

Infatti, il comma 2 dell’art. 2 che determina la misura del premio di concentrazione, ai fini del computo del credito d'imposta, prevede quanto segue: vanno sommati i valori della produzione netta risultanti dalle dichiarazioni

presentate agli effetti dell’IRAP da tutte le imprese che partecipano alla concentrazione o all’aggregazione;

281 Il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, reca norme di semplificazione degli adempimenti dei

contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

Page 317: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

309

a tale somma va sottratto il valore della produzione netta maggiore tra quelli dichiarati a fini IRAP da ciascuna delle imprese suddette;

sull'importo così risultante, occorre infine calcolare il 10 per cento.

Page 318: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 319: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

311

Distretti produttivi e tecnologici

I distretti produttivi

Rispetto ai maggiori paesi sviluppati, l’apparato produttivo italiano si distingue per l’elevato numero di imprese attive e una dimensione media di queste estremamente ridotta, cui si aggiunge un accentuato localismo produttivo282. In tale ambito, le PMI rappresentano senza dubbio uno degli assi portanti dell’economia nazionale e sono andate incontro ad uno sviluppo quantitativo, ma anche qualitativo, che non ha eguali nel panorama internazionale.

La principale caratteristica delle PMI italiane può essere individuata nella particolarità della loro forma organizzativa, che ha trovato l’espressione più completa nei distretti industriali283 i quali, come le altre le forme organizzative delle PMI (le cooperative ad esempio) sono espressione di uno sviluppo industriale che nasce dal basso e riflette la capacità di forze economiche, sociali ed istituzionali presenti in un determinato territorio di autopromuoversi, mettendo a frutto le risorse in termini di capitale umano, di materie prime e di conoscenze disponibili in ambito locale.

I distretti industriali italiani, che rappresentano uno dei maggiori punti di forza

del sistema produttivo italiano, si configurano come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione e dall'elevata specializzazione produttiva. L'azienda del distretto è prevalentemente a gestione familiare, e spesso gli stessi impianti sono fisicamente localizzati nelle vicinanze dalla residenza dell'imprenditore “capo-famiglia". Le piccole imprese indipendenti tra di loro sono integrate e specializzate in fasi diverse di uno stesso processo produttivo

282 Ulteriori elementi di differenziazione sono rappresentati dalla forte specializzazione produttiva e

commerciale dell’industria manifatturiera, con una prevalenza dei settori cosiddetti tradizionali del “made in Italy” (cuoio, tessile, abbigliamento, mobili) e di quelli meccanici, e una rilevante presenza in comparti di “nicchia”. Nel contesto europeo, la struttura produttiva italiana si dimostra sbilanciata verso le imprese di piccole dimensioni. La rilevante presenza di queste nell’apparato produttivo italiano è confermata dai dati ISTAT riportati nel Rapporto annuale 2003 da cui risulta che il 95% delle imprese italiane dell’industria e dei servizi di mercato (in tutto 4,1 milioni di unità) sono prevalentemente di piccola dimensione e che in esse si concentra il 48,4% dell’occupazione complessiva (circa 7,3 milioni di addetti) e il 32,2% del valore aggiunto.

283 Il concetto di "distretto industriale" è stato introdotto nella teoria economica dall'inglese Alfred Marshall (1920) ed è stato ripreso in Italia negli anni '70 per descrivere e interpretare fenomeni di industrializzazione diffusa in aree territoriali circoscritte, caratterizzate dalla presenza prevalente di imprese di dimensioni medie e piccole e specializzate in una singola filiera produttiva.

Page 320: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

312

I distretti industriali italiani, nati per favorire, in zone con determinate caratteristiche economiche, la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi, si sono sviluppati in maniera largamente autonoma durante gli ultimi decenni, concentrando le loro attività su settori specifici (tessile, abbigliamento, meccanica, cuoio) nei quali hanno acquisito e sviluppato vantaggi competitivi particolarmente rilevanti. La necessità di soddisfare standard sempre più rigorosi in termini di qualità e di sicurezza ha poi condotto le aziende dei distretti a concentrare la loro attenzione su nicchie di mercato sempre più definite, come testimoniano l'alto grado di qualità ed innovazione dei loro prodotti.

Il fenomeno dei distretti industriali si è inizialmente diffuso in particolare nell'Italia nord-orientale e centrale e ha costituito un potente motore di sviluppo in regioni tradizionalmente prive di un tessuto industriale diffuso, come il Veneto e le regioni centro-meridionali del versante Adriatico come Marche, Abruzzo, Puglia. La crescita attraverso i distretti è stata vista come una valida alternativa al modello industriale del Nord-Ovest, imperniato sulla grande impresa.

Il riconoscimento giuridico dei distretti è avvenuto per la prima volta con la legge n. 317 del 1991 che ha previsto un ampio coinvolgimento delle regioni sia nella individuazione dei distretti, sia nell'attività di sostegno e finanziamento degli stessi attraverso i consorzi di sviluppo industriale. Spetta infatti alle regioni il compito di individuare, previo parere delle unioni regionali delle camere di commercio, i distretti industriali presenti nel proprio territorio sulla base degli indirizzi e i parametri di riferimento fissati con decreto ministeriale. Una volta individuati in questo modo i distretti industriali, le regioni possono approvare finanziamenti a loro diretti.

I distretti censiti dall’Istat

Il 16 dicembre 2005 l’Istat ha diffuso l’elenco dei distretti industriali individuati sulla base dei Sistemi Locali del Lavoro (SLL) del Censimento 2001.

I distretti industriali, che nel 1991 erano 199, nel 2001 ammontano a 156 (il 65,0% dei 240 SLL prevalentemente manifatturieri), assorbendo il 70,2% degli addetti all’industria manifatturiera (1.928.602 persone. Rispetto al complesso dei SLL (686), la popolazione che vive nei distretti industriali rappresenta il 22,1% dell’intera popolazione italiana. I comuni distrettuali sono il 27,3% dei comuni italiani (2.215), e corrispondono al 20,6% della superficie totale (62.113,83 kmq.), con una densità abitativa di 209 ab./Kmq. I distretti industriali hanno, in media, 39 addetti ogni 100 abitanti, di cui 15 manifatturieri, contro, rispettivamente, 33 e 7 addetti nel resto d’Italia. Le unità produttive sono, sempre in media, 9 (di cui 2 manifatturiere) ogni 100 abitanti, contro rispettivamente, 8 e 1 del resto del Paese.

Quanto alla diffusione territoriale dei distretti, sempre secondo i dati forniti dall’Istat, il più alto numero si registra il Centro Italia (49 distretti, pari al 75,4% dei

Page 321: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

313

Sistemi locali manifatturieri dell’area), mentre il Il Nord-est, considerata l’area di riferimento del modello distrettuale, ne conta 42 (70,0% dei sistemi locali manifatturieri della ripartizione); nel Nord-ovest, l’area di più antica industrializzazione del Paese, un tempo dominata da formazioni territoriali di grande impresa, i distretti presenti risultano 39 (59,1%). Il Mezzogiorno, con 26 distretti (53,1%), costituisce invece l’area emergente dell’industrializzazione distrettuale italiana.

I distretti industriali sono concentrati in 17 regioni (fanno eccezione soltanto la Valle d’Aosta, la Liguria e la Calabria). Le regioni più “distrettuali” risultano essere la Lombardia e le Marche, entrambe con 27 distretti (17,3% dei distretti italiani). Seguono il Veneto con 22 (14,1%), la Toscana con 15 (9,6%) e l’Emilia-Romagna con 13 (8,3%). Viceversa, le regioni dove il modello distrettuale è meno presente sono il Lazio, il Molise, la Sicilia (2 distretti ciascuna), la Basilicata e la Sardegna (un solo distretto).La configurazione territoriale dell’Italia distrettuale disegna un “nuovo” triangolo industriale formato dalla Lombardia, dal Veneto e dall’Emilia-Romagna (62 distretti, pari al 39,7% del totale), che si unisce alle storiche regioni dell’Italia centrale (Toscana, Umbria e Marche, con 47 distretti, pari al 30,1%).

Le industrie principali dei distretti industriali sono quelle tipiche del made in Italy: il tessile e abbigliamento; la meccanica; i beni per la casa; la pelletteria e calzature; l’alimentare; l’oreficeria e strumenti musicali. I distretti così caratterizzati sono 148 (il 94,8% di tutti i distretti); si rilevano poi 4 distretti dell’industria della carta e cartotecnica e 4 dell’industria della fabbricazione di prodotti in gomma e materie plastiche. I distretti del made in Italy sono soprattutto quelli del tessile-abbigliamento (il 28,8% del totale), della meccanica (24,4%), dei beni per la casa (20,5%) e della pelletteria e delle calzature (12,8%).

Si segnala, infine, che nel 2005 l'Istat, in considerazione della evoluzione economica e dello sviluppo di nuovi approcci metodologici, ha istituito una commissione di studio, i cui lavori sono ancora in corso, incaricata di valutare lo stato dell'informazione e degli strumenti disponibili in questo ambito anche al fine di proporre nuove eventuali analisi sulla localizzazione delle attività industriali.

La legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006)

La legge finanziaria per il 2006 (L. 266/05) è intervenuta in materia di distretti produttivi partendo dall’assunto della necessità di valorizzare le specificità del sistema produttivo italiano che – come già sottolineato - è composto in prevalenza da piccole e medie imprese (PMI) il cui tipico modello organizzativo è costituito dai distretti industriali.

La nuova disciplina relativa ai distretti è contenuta nei commi da 367 a 372, dell’articolo unico della legge finanziaria. Ai fini della sua applicazione si prevede l’adozione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze cui si rinvia per la definizione delle caratteristiche e delle modalità di individuazione dei distretti

Page 322: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

314

produttivi (comma 366), che sono qualificati come libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale finalizzate, "secondo principi di sussidiarietà orizzontale e verticale284”, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali": all’ accrescimento dello sviluppo delle aree e dei settori di riferimento; al miglioramento dell'efficienza nell'organizzazione e nella produzione.

Con la citata disposizione si prefigura la definizione di due distinte tipologie di

distretti: quelli territoriali e quelli funzionali. I distretti territoriali, maggiormente ancorati all'esperienza maturata finora

nel settore dei distretti produttivi, si caratterizzano per la comune appartenenza delle imprese che vi afferiscono ad un medesimo settore produttivo oltre che ad uno stesso ambito territoriale.

I distretti funzionali, che nella relazione governativa di accompagnamento al disegno di legge originario (A.S. 3613) si definiscono come "una libera aggregazione di imprese che cooperano in modo intersettoriale in una logica di mutual business; si prescinde così dalla sussistenza di legami con specifici territori, in funzione del perseguimento di sinergie fra imprese svolgenti attività complementari o comunque connesse, ai fini dell'accesso ad opportunità presenti sul mercato che presuppongono una integrazione dell'offerta produttiva ovvero ai fini dell'ammissione a determinati regimi particolari all'uopo previsti dalla legge".

Disposizioni tributarie, amministrative, finanziarie e di promozione della ricerca e dello sviluppo, applicabili ai distretti produttivi sono determinate dal comma 368 e prevedono la possibilità, per le imprese appartenenti a distretti produttivi, di

284 Il principio di sussidiarietà orizzontale attiene alla regolazione dell'esercizio delle competenze

fra singoli e formazioni sociali intermedie, da un lato, e poteri pubblici dall'altro. La sussidiarietà verticale viene invece in considerazione quale criterio di riparto delle competenze: "verso il basso", fra lo Stato e le sue articolazioni territoriali; "verso l'alto", fra lo Stato e l'Unione europea. Il principio di sussidiarietà trova oggi come è noto espressa menzione nella Costituzione, che all'articolo 118, quarto comma, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, prevede che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. La nozione era già richiamata dall’articolo 4, comma 3, lettera a) della legge n. 15 marzo 1997, n. 59 (prima “legge Bassanini”), secondo il quale il conferimento di funzioni agli enti territoriali deve osservare, tra gli altri, “il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati”.

Si ricorda infine che, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), “I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della Regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”.

Page 323: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

315

dare vita a un ambito comune per la fiscalità, gli adempimenti amministrativi e la finanza.

Disciplina tributaria

Su base comunque opzionale – come si evince anche dalla relazione governativa citato, viene prevista la possibilità di due diverse aggregazioni, costituite rispettivamente dal consolidamento fiscale (secondo cui le società di capitali facenti parte di distretti verrebbero sostanzialmente equiparate ad un gruppo) e dalla tassazione unitaria (caratterizzata da un reddito imponibile di distretto che comprende quello delle imprese che hanno optato per la tassazione unitaria). A quest’ultima possono accedere anche le imprese non soggette all'imposta sul reddito delle società (IRES) (comma 368 lett. a). Tanto nella tassazione consolidata (riferita alle sole imposte sul reddito) quanto nella tassazione unitaria (applicabile sia alle imposte sul reddito, sia alle entrate locali) il distretto è individuato come unità fiscale di riferimento.

La tassazione consolidata (numeri 1 e 2) ricalca l'istituto del consolidato nazionale per la tassazione dei gruppi di imprese, le cui norme vengono espressamente richiamate in quanto applicabili. In luogo del gruppo di imprese controllate, l'unità fiscale di riferimento è il distretto, che provvede agli adempimenti dichiarativi e di pagamento, sulla base della somma algebrica dei redditi delle società partecipanti. Viene quindi consentita, ad esempio, la compensazione intradistrettuale delle perdite fiscali.

La tassazione unitaria (numeri da 3 a 15) individua il distretto quale soggetto passivo delle imposte sui redditi, dei tributi e delle altre somme dovute agli enti locali, sulla base di concordato preventivo di durata almeno triennale.

Il ricorso a tale forma di concordato preventivo è comunque ammesso anche indipendentemente dall’opzione per le suddette forme di tassazione.

Più in particolare, secondo il disposto del numero 1), le imprese appartenenti a distretti aventi le caratteristiche determinate a norma del comma 366 possono congiuntamente esercitare l'opzione per la tassazione (consolidata) di distretto ai fini dell'applicazione dell'imposta sul reddito delle società (IRES).

La tassazione di distretto si configura come estensione delle condizioni per l’applicazione del l’istituto del consolidato nazionale, previsto e disciplinato dal titolo II, capo II, sezione II (articolo da 117 a 129), del vigente testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per la tassazione di gruppo delle imprese residenti.

Poiché i trasferimenti infragruppo beneficiano di un regime di neutralità fiscale, ai sensi del numero 2) si richiede l’osservanza delle disposizioni contenute negli articoli 117 e seguenti del citato TUIR, in quanto applicabili.

I distretti, ove sia esercitata l'opzione per la tassazione unitaria, sono compresi tra i soggetti passivi dell'IRES indicati all'articolo 73, comma 1, lettera b), del

Page 324: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

316

TUIR, e cioè gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (numero 3).

Il reddito imponibile del distretto (come specifica il numero 4) comprende quello delle imprese che vi appartengono, che hanno contestualmente optato per la tassazione unitaria. In caso di opzione contestuale per la tassazione unitaria, si prevede che il reddito imponibile del distretto nonché i tributi, contributi e altre somme dovute da esso agli enti locali vengano determinati in base a uno speciale concordato di durata almeno triennale (numero 5).

Il numero 6) introduce in favore dei distretti questa speciale forma di concordato preventivo (disciplinata dai numeri successivi) per la determinazione del reddito unitario imponibile, nonché dei tributi, contributi e altre somme dovute agli enti locali. Il concordato ha durata almeno triennale e può essere esercitato anche indipendentemente dall'esercizio dell'opzione per la tassazione di distretto o per la tassazione unitaria, previste rispettivamente dai precedenti nn. 1) e 4).

In relazione alle imposte dirette, il distretto concorda con l’Agenzia delle entrate la misura del carico tributario di competenza delle imprese ad esso appartenenti per ciascuno degli esercizi compresi nel concordato, sulla base di elementi caratteristici relativi alla natura, tipologia ed entità delle imprese partecipanti, alla loro attitudine alla contribuzione (ossia alla rispettiva capacità contributiva) e ad altri parametri oggettivi, determinati anche su base presuntiva. Questi elementi e parametri sono stabiliti dall'Agenzia delle entrate, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti (numero 9).

Analogamente ai distretti si consente di concordare nei medesimi termini con gli enti locali competenti il volume dei tributi, contributi e altre somme da versare in ciascun anno da parte delle imprese ad essi appartenenti (numero 11). Per la determinazione dei criteri generali in base ai quali stabilire quanto è dovuto a questi ultimi, la competenza viene riservata agli enti locali interessati, che debbono provvedervi previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti (numero 13). Gli importi sono stabiliti tenendo conto dell’attitudine delle imprese alla contribuzione (capacità contributiva), con l'obiettivo di stimolare la crescita economica e sociale dei territori interessati. In caso di opzione per la tassazione distrettuale unitaria, l'ammontare dovuto agli enti locali è determinato in cifra unica annuale per il distretto nel suo complesso (numero 12).

La ripartizione del carico tributario concordato nell'ambito del distretto sia rimessa al distretto stesso, secondo criteri di trasparenza e parità di trattamento, e sulla base di principi di mutualità (numero 7). La medesima disposizione viene ripetuta, facendo riferimento al “carico tributario derivante dall’attuazione del numero 7” al numero 14.

Page 325: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

317

Verisimilmente, la norma deve intendersi riferita alla ripartizione dei tributi, contributi e altre somme dovuti agli enti locali, relativamente alla quale sono confermati i criteri di trasparenza, parità di trattamento e mutualità previsti dal numero 7) per la suddivisione degli oneri tributari erariali. Dalla base imponibile sono escluse le somme percepite o versate tra le imprese appartenenti al distretto in contropartita dei vantaggi fiscali ricevuti o attribuiti (numero 8).

La disposizione riproduce quanto è previsto dall’articolo 118, comma 4, del TUIR per le società optanti per la tassazione di gruppo secondo il metodo del consolidato nazionale. Tale disposizione si riferisce la possibilità che, in via contrattuale, gli aderenti al consolidamento concordino compensi da corrispondersi fra loro a fronte dei vantaggi fiscali che ricaveranno dal consolidamento medesimo (ad esempio, il trasferimento di perdite utilizzate per abbattere il reddito globale) o dall'opzione per la tassazione di gruppo (ad esempio, la mancata applicazione di imposte sul reddito prodotto a seguito dell'utilizzo in compensazione di perdite trasferite da altri soggetti), ovvero degli svantaggi corrispondenti (ad esempio, per la rinunzia alla possibilità di utilizzare una perdita di esercizio). In base alla richiamata disposizione, le somme percepite o versate a questo titolo sono fiscalmente irrilevanti e pertanto non costituiscono componenti positivi o negativi di reddito285. Restano fermi da parte delle imprese appartenenti al distretto l'assolvimento degli ordinari obblighi e adempimenti fiscali e l'applicazione delle disposizioni penali tributarie ( numero 10).

È altresì previsto che, qualora siano rispettati gli obblighi derivanti dal concordato, i controlli tributari vengano eseguiti unicamente a scopo di monitoraggio, prevenzione ed elaborazione dei dati necessari per la determinazione e l'aggiornamento degli elementi e parametri per la determinazione della capacità contributiva, sui quali l’Agenzia delle entrate si fonda per la stipulazione del concordato secondo il disposto del precedente numero 6). Analoga previsione è infine espressa nel numero 15) in relazione ai tributi, contributi e altri diritti degli enti locali, relativamente agli adempimenti di loro competenza.

285 L’Agenzia delle entrate, con Circ. n. 53/E del 20 dicembre 2004, par. 4.2.5, rilevato che la

disposizione citata non fissa alcun limite quantitativo entro il quale debba applicarsi la prevista esclusione, ha ritenuto “che l'irrilevanza reddituale debba riferirsi alle somme corrisposte o ricevute in contropartita nel limite massimo dell'imposta teorica cui le stesse somme siano commisurate (calcolata, ad esempio, sugli imponibili negativi o positivi trasferiti risultanti dalla dichiarazione di ciascuna società partecipante)”; in altri termini, poiché le posizioni di vantaggio e di mancato beneficio che danno origine al trasferimento delle somme in esame tra le società partecipanti al consolidato sono misurabili economicamente in termini commisurati all'imposta teorica riferibile al predetto vantaggio o mancato beneficio, “ne consegue che la norma in commento trova applicazione nel limite massimo delle somme pattuite con riguardo all'imposta teorica calcolata sul vantaggio/mancato beneficio trasferito”.

Page 326: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

318

Disposizioni amministrative

Tra le disposizioni amministrative applicabili ai distretti individuate dalla lettera b) del comma 368 rientrano:

il riconoscimento al distretto della facoltà di svolgere talune funzioni quali l'esecuzione, in nome e per conto dell'impresa, degli adempimenti burocratici connessi con lo svolgimento dell'attività, nonché la "certificazione" dell’esattezza dell'iter procedurale seguito, ai fini della semplificazione degli adempimenti burocratici posti a carico delle imprese che aderiscono;

il riconoscimento ai distretti della facoltà di stipulare negozi di diritto privato per conto delle imprese ad essi aderenti sulla base delle norme civilistiche che disciplinano il mandato. A fronte di quest’attività amministrativa svolta dal distretto, la cui rispondenza alle norme di legge è dichiarata dal distretto stesso, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici interessati provvedono di conseguenza nei riguardi delle imprese senza esperire alcun altro controllo;

la possibilità per i distretti di accedere - con apposita convenzione - ai sistemi informativi e agli archivi informatici delle pubbliche amministrazioni, rimandandosi ad un successivo decreto l'individuazione delle concrete modalità applicative della disposizione;

la possibilità per le imprese aderenti di intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni e con gli enti pubblici, anche economici (ovvero dare un impulso a procedimenti amministrativi) attraverso il distretto, al fine di favorire la semplificazione e l'economicità per le imprese che vi aderiscono;

la possibilità per i distretti di comunicare anche in modalità telematica con le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici che accettano di comunicare, a tutti gli effetti, con tale modalità, nonché di accedere, su base convenzionale, alle banche dati formate e detenute dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti pubblici. Viene quindi demandata al Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, l'individuazione delle modalità applicative delle disposizioni del presente numero, con decreto di natura non regolamentare

Disposizioni in materia di semplificazione per l'accesso delle imprese appartenenti ai distretti ai contributi regionali, nazionali o comunitari – introdotte al numero 2) sono così riassumibili: Possibilità di presentare istanze mediante un unico procedimento

realizzato tramite i distretti, che possono altresì fornire alle singole imprese consulenza ed assistenza, nonché certificare il loro diritto per l'accesso ai contributi;

Page 327: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

319

facoltà per i distretti di procedere alla stipula di apposite convenzioni con aziende di credito ed intermediari finanziari iscritti nell'apposito elenco tenuto dall'UIC ai fini della prestazione della garanzia per l'ammontare della quota dei contributi soggetti a rimborso, rimandando ad un successivo decreto la determinazione delle specifiche modalità applicative.

Ai distretti viene, inoltre, riconosciuta la facoltà di stipulare negozi di diritto privato – per conto delle imprese ad essi aderenti – secondo le norme degli articoli 1703 e seguenti del codice civile, che disciplinano il contratto di mandato (lettera b), numero 3).

Disposizioni finanziarie

La lettera c) individua una serie di disposizioni finanziarie applicabili ai distretti. Si tratta in particolare di interventi diretti ad agevolare l'accesso al credito, a promuovere contenimento dei rischi e a favorire la capitalizzazione delle imprese appartenenti al distretto.

A tale proposito, vengono anzitutto previste forme e condizioni semplificate per la cartolarizzazione dei crediti concessi da più banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto, agli effetti della cessione a un'unica società.

A questo fine ad un regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle attività produttive e la CONSOB, viene rimessa l'individuazione delle semplificazioni applicabili rispetto alla disciplina contenuta nella legge 30 aprile 1999, n. 130286 (numero 1). Con lo stesso regolamento possono essere stabilite le condizioni e le garanzie a favore dei soggetti cedenti i crediti di cui al numero 1), in presenza delle quali tutto o parte del ricavato dell'emissione dei titoli possa essere destinato al finanziamento delle iniziative dei distretti e delle imprese dei distretti già beneficiarie dei crediti che sono stati oggetto di cessione. L’operazione comporta per i soggetti già beneficiari dei crediti ceduti la possibilità di ricevere ulteriore credito, da parte della società cessionaria, mediante destinazione del ricavato dell’emissione dei titoli il cui

286 La legge 30 aprile 1999, n. 130, reca disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti. Tale tecnica

finanziaria consiste nella cessione di crediti o di altre attività finanziarie non negoziabili a una società qualificata, che ha per oggetto esclusivo la realizzazione di tali operazioni e provvede alla conversione di tali crediti o attività in titoli negoziabili su un mercato secondario. Questi titoli sono strumenti finanziari, il cui collocamento è sottoposto all’obbligo di predisposizione del prospetto per cura della società cessionaria o, se diversa, della società emittente. Nel caso in cui i titoli siano offerti ad investitori non professionali, l'operazione dev’essere inoltre sottoposta alla valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi. La legge disciplina altresì le modalità della cessione e la sua efficacia, stabilendo che dalla data della pubblicazione della notizia dell'avvenuta cessione nella Gazzetta ufficiale, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti incorporati nei titoli emessi e per il pagamento dei costi dell'operazione. Dalla stessa data la cessione è opponibile agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi in data anteriore, e ai creditori del cedente che non abbiano pignorato il credito prima della pubblicazione della cessione.

Page 328: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

320

rimborso dovrebbe avvenire con le somme da essi medesimi corrisposte in qualità di debitori ceduti (numero 2).

Le disposizioni relative alle obbligazioni bancarie garantite, disciplinate dall’articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, sono estese anche ai crediti delle banche nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti. Le condizioni per l'estensione vengono stabilite con il predetto regolamento (numero 3).

Per le banche e gli altri intermediari che concedono crediti ai distretti o alle imprese facenti parte dei distretti e che non procedono alla loro cartolarizzazione o all’emissione di obbligazioni bancarie garantite, il numero 4) prevede la facoltà di effettuare accantonamenti ulteriori (rispetto a quelli già previsti dalle norme vigenti) alle condizioni che saranno stabilite dal predetto regolamento.

Infine allo scopo di favorire l'accesso al credito e il finanziamento dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, con particolare riguardo ai progetti di sviluppo e innovazione, il numero 5) affida al Ministro dell'economia e delle finanze il compito di adottare o proporre misure volte a:

a) assicurare che la garanzia che prestano i consorzi collettivi di garanzia dei fidi (confidi) sia riconosciuta come strumento idoneo per l'attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, previsti nel nuovo accordo di Basilea287;

b) favorire il rafforzamento patrimoniale e l'operatività dei confidi; con disposizione introdotta nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio si è stabilito a questo riguardo che i fondi di garanzia interconsortile possono essere destinati anche alla prestazione di servizi ai confidi soci, per l’iscrizione nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.

c) facilitare la costituzione di agenzie esterne di valutazione del merito di credito dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, a beneficio delle imprese stesse e delle banche che applicano il metodo normalizzato di calcolo dei requisiti previsto nel nuovo accordo di Basilea;

287 Il nuovo accordo di Basilea (più noto come Basilea 2) è un accordo sui requisiti patrimoniali

delle banche approvato il 26 giugno 2004 dalle banche centrali e dalle autorità di vigilanza del Gruppo dei dieci. Si tratta di un testo, elaborato dal Comitato di Basilea, destinato a diventare operativo tra la fine del 2006 e il 2007 e che andrà a sostituire quello elaborato nel 1988.

Scopo dell'accordo è quello di aumentare la stabilità del sistema bancario internazionale rendendo le banche più sensibili al controllo dei rischi di credito, di mercato e operativi; per raggiungere tale obiettivo, sono state definite, in estrema sintesi, nuove regole fondate su tre "pilastri": il primo pilastro è quello dei requisiti patrimoniali minimi, che si traducono in vincoli all’operatività bancaria al fine di garantire la solidità economica e finanziaria delle banche; il secondo pilastro riguarda l'efficienza della vigilanza sulla gestione del rischio da parte delle banche, che implica per le Banche centrali la verifica sulla disponibilità, da parte delle banche, dei requisiti patrimoniali minimi e il controllo del rischio degli impieghi, al fine di prevenire la possibilità che il capitale scenda al di sotto della soglia minima; il terzo pilastro, infine, concerne la disciplina del mercato e la trasparenza, e si traduce in regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione.

Page 329: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

321

d) favorire la costituzione, da parte dei distretti, di fondi d’investimento in capitale di rischio delle imprese che ne fanno parte; a tali fondi potranno conferire il loro apporto soggetti sia pubblici, sia privati.

Disposizioni in materia di ricerca e sviluppo

Sono dettate dalla lettera d) del comma 368, che prevede:

1) L’Istituzione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, chiamata a concorrere all'accrescimento della competitività delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali. Il sistema produttivo italiano presenta – com'è noto – aspetti fortemente peculiari rispetto a quelli rilevabili negli altri Paesi industrializzati, essendo caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di imprese di piccola dimensione specializzate nei settori a medio-bassa tecnologia, dall'agro-alimentare, al calzaturiero, al tessile-abbigliamento, all'arredamento. La maggioranza di tali imprese, pur svolgendo in molti casi una intensa innovazione dei processi produttivi basata sull’acquisizione di tecnologie già disponibili, non possiede le risorse professionali e finanziarie per investire in ricerca e innovazione. Per queste sue caratteristiche, il sistema produttivo italiano richiede ad avviso di molti osservatori l'individuazione di strumenti idonei ad assicurare l'accesso effettivo delle piccole e medie imprese a servizi tecnologici esterni qualificati, così da favorire l'acquisizione delle nuove tecnologie e lo sviluppo di nuovi prodotti. Sul lato dell’offerta di servizi per l’innovazione, la realtà italiana presenta un vasto e articolato panorama composto di centri di servizio e di competenze tecniche e scientifiche diffuse all’interno dei centri di ricerca e delle università. Tale offerta è alimentata innanzitutto dal sistema universitario e dalle principali istituzioni scientifiche nazionali. La ricerca industriale è inoltre sostenuta da alcuni grandi centri privati, emanazione delle più importanti aziende del paese. Accanto a tali soggetti, operano inoltre un gran numero di strutture di servizio per l’innovazione e il trasferimento tecnologico alle imprese, promosse dalle associazioni imprenditoriali, dalle camere di commercio, dagli enti locali e dalle stesse università. Se ricca e variegata appare la presenza di strutture legate al territorio, si manifestano però alcune criticità riconducibili alla frammentazione dell’offerta dei servizi per l'innovazione e alla ridotta specializzazione delle strutture che li erogano, fattori questi che secondo molti osservatori impediscono spesso alle imprese di sfruttare pienamente il potenziale innovativo disponibile;

2) Assegnazione all'Agenzia, in funzione dei predetti obiettivi, del compito di promuove l'integrazione fra il sistema della ricerca e il sistema produttivo provvedendo ad individuare a valorizzare e a diffondere nuove conoscenze tecnologiche, brevetti ed applicazioni industriali su scala sia nazionale che internazionale;

3) Stipula, da parte dell’Agenzia, di convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità; Secondo le indicazioni contenute nella relazione governativa che accompagnava il disegno di legge, l’Agenzia tende a rendere più agevole ed efficace per le

Page 330: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

322

piattaforme industriali l'accesso ai "fornitori di tecnologia" su scala nazionale ed internazionale (università, centri di ricerca, eccetera), assicurando così ad esse la possibilità di meglio corrispondere ai bisogni e alle strategie delle imprese di riferimento sul versante dell'innovazione tecnologica. Compito dell'Agenzia è assistere le piattaforme industriali in ogni fase del percorso di ricerca, applicazione ed ingegnerizzazione di una nuova tecnologia, attraverso: la ricerca e il costante aggiornamento di nuove tecnologie di prodotto e/o processi industriali presso università e istituti di ricerca; lo sviluppo di nuovi processi/applicazioni industriali; la realizzazione di programmi di formazione; l'implementazione di nuovi processi/applicazioni industriali. A tal fine, l'Agenzia opera come: interfaccia fra le piattaforme industriali e il mondo della ricerca nazionale e internazionale (scouting); osservatorio delle piattaforme industriali, per l'analisi dei reali bisogni di ricerca e sviluppo e la conseguente proposta di nuove soluzioni tecnologiche (diffusione); struttura di supporto per la realizzazione delle iniziative selezionate (delivery), mediante l'offerta di programmi di formazione sulle nuove tecnologie, programmi di assistenza per l’applicazione delle nuove tecnologie, sostegno per l'analisi dei relativi impatti economici e eventuale assistenza nella fase di ricerca di fondi;

4) Sottoposizione dell’Agenzia alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale è rimessa anche l'approvazione dello statuto. Attraverso decreti di natura non regolamentare, la Presidenza del Consiglio provvede, altresì, alla definizione di criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Agenzia, sentiti i Ministeri dell’istruzione, dell’economia e delle attività produttive, nonché i Ministri per lo sviluppo e la coesione territoriale e per l’innovazione e le tecnologie, se nominati.

L’applicazione delle nuove disposizioni relative ai distretti introdotte dal comma 366 è estesa: ai distretti rurali ed agroalimentari, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo

18 maggio 2001, n. 228288; ai sistemi produttivi; ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale

definiti ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317289;

288 Il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 “Orientamento e modernizzazione del settore

agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57” all'articolo 13 reca la definizione dei "distretti rurali e agroalimentari di qualità", affidandone peraltro la concreta individuazione alle regioni. I primi sono i sistemi produttivi locali di cui all'articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 caratterizzati dalla sussistenza di un'identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali. I distretti agroalimentari di qualità sono invece i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche.

289 Sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale trovano la loro definizione e la relativa disciplina nell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317. Ai sensi delle disposizioni in esso contenute, si definiscono: sistemi produttivi locali i contesti produttivi omogenei, caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna; distretti industriali quelli fra i

Page 331: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

323

ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 dicembre 1989, n. 83290;

al settore della pesca291. A seguito della novella del comma 3, articolo 23, del D.Lgs. n 112 del 31

marzo 1998, disposta dal comma 370, le funzioni di assistenza alle imprese, esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive292, possono essere svolte “anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative

sistemi produttivi locali testé menzionati caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese; consorzi di sviluppo industriale, quelle strutture consortili, alle quali è riconosciuto il carattere di enti pubblici economici, costituiti ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale, aventi finalità promozionali orientate alla creazione e sviluppo nell'ambito degli agglomerati industriali attrezzati dai consorzi medesimi di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi (finalità perseguite attraverso la realizzazione e gestione, in collaborazione con le associazioni imprenditoriali e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di infrastrutture per l'industria, rustici industriali, servizi reali alle imprese, iniziative per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi e intermedi e dei giovani imprenditori, e ogni altro servizio sociale connesso alla produzione industriale.

290 Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane. A tale proposito, si ricorda che il sostegno ai consorzi all'esportazione, introdotto dapprima dalla legge 21 maggio 1981, n. 240, "Provvidenze a favore dei consorzi e delle società consortili tra piccole e medie imprese nonché delle società consortili miste", è stato successivamente disciplinato dalla legge 21 febbraio 1989, n. 83,”Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane", che ha definito in modo più puntuale i requisiti necessari all'ammissione dei benefici per i consorzi e società consorziate per il commercio estero. La legge concede contributi finanziari annuali a favore dei consorzi e società consortili che abbiano come scopi sociali esclusivi l'esportazione dei prodotti delle imprese consorziate e l’attività promozionale necessaria per realizzarla. A tali scopo si può aggiungere l'importazione di materie prime da utilizzarsi da parte delle imprese stesse. La legge ribadisce il principio che tali contributi non sono volti a sostenere le esportazioni, bensì al supporto finanziario delle strutture collettive, dotate di servizi e di personale, che caratterizzano queste associazioni tra esportatori.

291 La nuova disciplina in materia di distretti produttivi è stata estesa al settore della pesca dal DL n. 2 del 10 gennaio 2006 recante “Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa“, convertito con modificazioni dalla legge n. 81 dell’11 marzo 2006 (SO n. 58 della GU n. 59 dell’11 marzo 2006), art. 5-bis, comma 1.

292 Si ricorda che la previsione dell’istituzione di uno sportello unico per le attività produttive presso ogni comune è stata introdotta dal decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59", agli artt. 23, 24 e 25. L'articolo 23 del D.Lgs. 112 ha attribuito ai comuni le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie (comma 1). Le regioni, nell’ambito delle funzioni conferite in materia di industria dall’art. 19 del medesimo D.Lgs., provvedono, nella propria autonomia organizzativa e finanziaria, anche attraverso le province, al coordinamento e al miglioramento dei servizi e dell'assistenza alle imprese, con particolare riferimento alla localizzazione ed alla autorizzazione degli impianti produttivi e alla creazione di aree industriali. L'assistenza consiste, in particolare, nella raccolta e diffusione, anche in via telematica, delle informazioni concernenti l'insediamento e lo svolgimento delle attività produttive nel territorio regionale, con particolare riferimento alle normative applicabili, agli strumenti agevolativi e all'attività degli sportelli unici, nonché nella raccolta e diffusione delle informazioni concernenti gli strumenti di agevolazione contributiva e fiscale a favore dell'occupazione dei lavoratori dipendenti e del lavoro autonomo (comma 2). Le funzioni di assistenza sono esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive (comma 3).

Page 332: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

324

dei consorzi di sviluppo industriale”, di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317293.

In un primo tempo l'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 366-372, "fatta salva la compatibilità con la normativa comunitaria", avrà luogo, in via sperimentale, limitatamente ad uno o più distretti che saranno individuati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze richiamato al comma 366. Una volta conclusa la fase sperimentale, si darà poi corso, progressivamente, all'applicazione delle disposizioni in questione ai rimanenti distretti. A questa fase sperimentale seguirà, comunque, una realizzazione progressiva dell’applicazione delle disposizioni in oggetto (comma 371).

In relazione alla compatibilità con l’ordinamento comunitario, si osserva che le disposizioni sopra illustrate, in quanto recanti un regime differenziato sostanzialmente agevolativo – sul piano fiscale e, segnatamente, su quello finanziario – riservato alle imprese ricadenti nell’ambito dei distretti, dovrebbero essere valutate alla luce dell'articolo 87 del Trattato, il quale dichiara incompatibili con il mercato comune "nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza". È quindi considerato aiuto di Stato qualunque beneficio concesso dallo Stato, ovvero mediante risorse statali, quando concorrano le seguenti condizioni: conferisce un vantaggio economico al beneficiario; è selettivo, e dunque favorisce soltanto talune imprese o talune produzioni; rischia di falsare la concorrenza; incide sugli scambi fra gli Stati membri.

La Commissione e la Corte di Giustizia hanno dato un'interpretazione assai lata del concetto di "aiuto". Il testo del Trattato cita gli aiuti "concessi (...) sotto qualsiasi forma", e le autorità comunitarie vi fanno rientrare tutti gli aiuti pubblici ovvero concessi da un ente territoriale. L'aiuto può provenire anche da un organismo privato, quale un'impresa privata o un'impresa pubblica che operi in regime di diritto privato, o da un organismo soggetto all'influenza preponderante, diretta o indiretta, dello Stato, di un ente pubblico o di un ente locale. Il divieto colpisce moltissime forme di aiuto, dirette o indirette, indipendentemente dalla loro tipologia. Ai fini della disciplina comunitaria non rileva, infatti, quale sia la forma, la ragione o la finalità di un aiuto, in quanto assume rilievo soltanto il suo effetto sulla concorrenza. Pertanto costituiscono aiuto di Stato non solo le

293 Per quanto concerne i consorzi di sviluppo industriale, si ricorda brevemente che sono stati

previsti in origine dall'art. 21 della L. 634/1957, recante interventi per il Mezzogiorno. In seguito, tutte le competenze esercitate dallo Stato nei confronti dei consorzi sono state trasferite alle regioni, ai sensi dell'articolo 65 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Essi sono stati poi ridefiniti dall’art. 36, comma 4, della legge n. 317/1991che li qualifica, come enti pubblici economici e demandandone alle regioni il controllo sui piani economici e finanziari degli stessi.Il comma 5 ne disciplina invece l’attività, prevedendo che i consorzi promuovano, nell'ambito degli agglomerati industriali da essi attrezzati, le condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi. A tale fine, i consorzi realizzano e gestiscono, in collaborazione con le associazioni imprenditoriali e con le camere di commercio, infrastrutture per l'industria, rustici industriali, servizi reali alle imprese, iniziative per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori, dei quadri direttivi e intermedi e dei giovani imprenditori, e ogni altro servizio sociale connesso alla produzione industriale.

Page 333: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

325

prestazioni positive quali le sovvenzioni, ma anche qualsiasi altra misura intesa a sollevare un'impresa degli oneri finanziari che sono normalmente a suo carico.

Peraltro, poiché è impossibile applicare un divieto assoluto degli aiuti di Stato, anche in ragione dell'articolo 2 del Trattato, che assegna alla Comunità il compito di "promuovere uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell'insieme della Comunità", l'articolo 87, paragrafi 2 e 3, del Trattato prevede una serie di eccezioni, compatibili con il mercato comune: gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti; gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; gli aiuti concessi alle regioni tedesche che risentono della divisione della Germania.

Possono inoltre considerarsi compatibili con il mercato comune: gli aiuti destinati a agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni; gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro; gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio; le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio. È compito della Commissione vigilare affinché gli Stati membri non concedano aiuti incompatibili con il mercato comune.

Richiamandosi all'articolo 88 del Trattato, il regolamento di procedura relativo agli aiuti di Stato dispone che prima di poter dare esecuzione ad un aiuto, questo deve essere notificato alla Commissione al fine della sua autorizzazione. L'obbligo di notificazione preliminare alla Commissione è mitigato dal regolamento relativo degli aiuti di Stato orizzontali, in forza del quale la Commissione può stabilire mediante regolamento l'esonero da tale obbligo per talune categorie di aiuti. Benché gli aiuti di Stato siano concessi nel rispetto della normativa comunitaria in materia di concorrenza, il Quadro di valutazione degli aiuti di Stato rileva che il loro importo complessivo può provocare “notevoli distorsioni “ della concorrenza nel mercato interno. La Commissione ha quindi avviato un processo di riforma a lungo termine volto a semplificare le procedure amministrative e a concentrare le proprie risorse sulle distorsioni più gravi della concorrenza. Tale processo si è concretato, da un lato, nell'elaborazione di regolamenti d'esenzione per categoria, quali, tra gli altri, quelli relativi agli aiuti alla formazione, agli aiuti de minimis, agli aiuti a favore dell'occupazione e delle PMI, e, dall'altro, nell'elaborazione di nuove linee direttrici e discipline comunitarie.

I distretti tecnologici

Alla luce del nuovo scenario dell’economia globale e delle conseguenti crescenti pressioni competitive, in tempi recenti è stata da più parti sottolineata l’esigenza di ammodernare il sistema dei distretti industriali attraverso l’introduzione di robuste dosi di tecnologia e di innovazione, in grado di valorizzarlo e di renderlo inattaccabile ad opera delle economie dei paesi meno avanzati. La ricerca è, infatti, unanimemente riconosciuta come la via prioritaria per far crescere le aziende nell’ambito di distretti innovativi ad alta tecnologia, concentrati a livello locale, dove i partecipanti sono messi in rete e condividono scienza, servizi e finanza.

A questo proposito merita di essere segnalata una recente evoluzione del fenomeno dei distretti che ha condotto all’istituzione dei c.d. “distretti

Page 334: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

326

tecnologici”, destinati a rafforzare settori tecnologicamente avanzati, quali, ad esempio, il distretto “Torino Wireless” per l'ICT (Information and Communication Technology), il distretto veneto per le nanotecnologie e quello campano per l’ingegneria dei materiali.

Tali distretti, promossi dall’azione concertata di Pubblica Amministrazione (locale e centrale), Imprese, Fondazioni ed Istituzioni Finanziarie, nascono con l’obiettivo di creare in numerose aree del Paese poli per la ricerca e l’innovazione, specializzati per settore tecnologico, aventi l’ambizione di diventare centri di eccellenza anche a livello internazionale. In particolare, il distretto tecnologico si propone di creare un circolo virtuoso fra strutture di ricerca, imprese e finanziamenti pubblici e privati, capace di sviluppare una ricerca competitiva in grado di determinare forti ricadute di innovazione sul tessuto imprenditoriale del territorio. Si tratta di iniziative in fase di avvio, il cui aspetto peculiare è rinvenibile nel fatto che i distretti tecnologici puntano a riprodurre nel campo dell’innovazione tecnologica i vantaggi, della contiguità spaziale e dei rapporti reticolari, già sperimentati con successo nei distretti industriali. La variabile nuova, in questo caso, è costituita dalla prevista cooperazione di imprese e strutture pubbliche di ricerca.

Tali distretti, che rappresentano uno degli assi portanti delle linee guida per la politica scientifica e tecnologica varate dal Governo nell'aprile del 2003 e che si propongono di sostenere azioni, progetti e programmi almeno fino al 2006, sono il frutto di accordi tra il Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca e diversi attori locali.

Su proposta del Ministro dell’istruzione, il CIPE, con la delibera del 20 dicembre 2004 ha approvato un finanziamento complessivo di 140 milioni di euro da destinare all'istituzione di nuovi poli tecnologici nel Mezzogiorno del Paese, dal momento che i distretti tecnologici sono concentrati, soprattutto, nelle regioni del Centro e del Nord.

Secondo dati aggiornati al 15 marzo 2006294 i distretti tecnologici riconosciuti dal MIUR sono 24. Di questi quattro risultano in fase di costituzione nelle seguenti regioni: Umbria, Abruzzo, Molise e Basilicata.

Le regioni che attualmente ospitano i distretti tecnologici sono: Veneto, Lazio, Lombardia (che ne ha tre), Sicilia (tre) Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Campania, Toscana, Puglia (3), Calabria (2) e Sardegna.

Il distretto del Veneto, dedicato alle nanotecnologie applicate ai materiali (Veneto nanotech) è stato voluto dal Ministero dell'Istruzione e dalla Regione e vi partecipano le Università di Padova e Venezia, il CNR, tre parchi scientifici (Verona, Marghera e Padova) e l'Infm. Il distretto conta su un sostegno finanziario di 60 milioni di euro per i primi cinque anni.

294 Cfr. http://www.ricercaitaliana.it/distretti.htm

Page 335: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

327

Al distretto tecnologico aerospaziale del Lazio (che svolge studi dai materiali innovativi per componenti e strutture agli apparati di telecomunicazione e telerilevamento, fino alle tecnologie per la gestione del traffico aereo e aeroportuale), nato il 5 maggio 2004, hanno dato vita la Regione Lazio e il Ministero dell'Istruzione.

La regione Lombardia ospita tre distretti. Il primo il distretto tecnologico sulle biotecnologie, nato il 22 marzo 2004, svolge attività di ricerca nei settori della salute, dell'agro-zootecnia e dell'industria chimica e farmaceutica e si avvale di circa 8 milioni di euro di finanziamenti da parte dal ministero dell'Istruzione. Altri due distretti dedicati all'Information communication technology e ai nuovi materiali sono nati nel luglio del 2004. Un accordo tra il Ministero dell'Istruzione e la Regione Lombardia prevede un finanziamento complessivo di 64 milioni di euro per gli anni 2004-2006.

Il distretto tecnologico della Sicilia sui micro e nano-sistemi nasce nel novembre 2003 per volontà del Ministero dell'Istruzione, della Regione Sicilia, delle Università di Catania, Palermo e Messina e della società StMicroelectronics.

Il distretto per l'alta tecnologia e la meccanica avanzata, dell’Emilia-Romagna, noto anche come distretto <Hi-mech>, è operativo dal 13 maggio 2004. Cuore del distretto sono le Università di Modena e Reggio Emilia, Bologna, Parma e Ferrara.

Il distretto tecnologico della Liguria, dedicato ai sistemi intelligenti integrati, è stato avviato il 27 settembre 2004. I risultati della ricerca troveranno applicazione nel campo della logistica, dei sistemi di trasporto e dell'automazione industriale.

Il distretto tecnologico del Piemonte, c.d. Torino wireless rappresenta un'area di eccellenza nell'ambito delle telecomunicazioni. Al distretto, creato nel dicembre del 2002, partecipano società come Alenia, Fiat, Motorola, StMicroelectronics e Telecom Italia. Il distretto tecnologico del Friuli-Venezia Giulia di biomedicina è finanziato dal Ministero dell'Istruzione (15 milioni di euro) e dalla Regione (21 milioni di euro )

Al distretto tecnologico della Campania sull'ingegneria dei materiali polimerici e compositi, nato il 17 luglio 2004, partecipano l'Università Federico II di Napoli, la Fondazione Banco di Napoli, il Centro italiano ricerche aerospaziali e un nutrito pool di imprese.

In Puglia sono stati avviati nel 2005 un distretto biotecnologico relativo alle biotecnologie applicate all'ambiente e alla sanità, un polo meccatronico, per l’automazione legata al settore tessile, della meccanica e dei mobili e un polo high tech dedicato alle nanoscienze, bioscienze e infoscienze.

In Sicilia,al polo per il nanotech si sono affiancati un distretto per la ricerca applicata al campo dei trasporti navali e delle attività portuali e un terzo polo tecnologico dedicato all'agro-bio e alla pesca biocompatibile, all’interno del quale

Page 336: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

328

saranno sperimentate tecniche per la riproduzione e l'allevamento di specie ittiche in un ambiente marino protetto (2005).

In Calabria sono sorti nel 2005 due distretti tecnologici. Il primo nell'area di Gioia Tauro che si occupa delle tecnologie applicate alla logistica, come in parte già avviene a Genova, mentre il secondo sorto attorno a Crotone è dedicato alle tecnologie per i beni culturali.

In Sardegna, nell'area fra Cagliari e Pula è sorto un distretto tecnologico nel settore della biomedicina e delle tecnologie per la salute (maggio 2005).

Come anticipato risultano in fase di attuazione i distretti tecnologici in alcune regioni del Mezzogiorno. In particolare, in Basilicata dovrebbe essere avviato un distretto tecnologico sulle tecnologie innovative per la tutela dai rischi idrogeologici, sismici e climatologici. Il distretto dell’Abruzzo si occuperà di tecnologie applicate alla sicurezza alimentare e alla qualità degli alimenti, mentre in Molise si occuperà principalmente dell'agroindustria: tra le principali filiere della regione ci sono i cereali, l’ortofrutta e le carni avicole e suine.

Per quanto riguarda la regione Umbria, i relazione a una proposta avanzata dalla Regione, si stanno conducendo approfondimenti riguardanti il settore dei materiali, quello delle micro e nanotecnologie e quello siderurgico.

La realizzazione o il potenziamento di distretti tecnologici - da sostenere congiuntamente con le regioni e gli altri enti nazionali e territoriali - rientrano tra le priorità individuate dal decreto legge 35/05295 con riferimento all’utilizzo delle risorse del nuovo “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca “ istituito dalla legge finanziaria 2005 (L. 311/2004).

Sull’utilizzo del Fondo - inizialmente denominato “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese” e finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale - il decreto-legge n. 35/05 è successivamente intervenuto (art. 6, commi 1-4) modificandone la disciplina, al fine di favorire la crescita del sistema produttivo nazionale e di rafforzare le azioni volte alla promozione di un'economia basata sulla conoscenza296.

Si segnala, inoltre che il comma 5 dell’articolo 6 del DL 35/05 prevede che il CIPE, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro e delle attività produttive, possa riservare una quota del

295 Il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di

azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

296 All’articolo 6 del DL 35/05, i commi 1, 2 e 4, intervengono sull’utilizzo del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese istituito dalla legge finanziaria 2005, destinando una quota pari ad almeno il 30 per cento delle risorse finanziarie a sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese, da realizzare anche congiuntamente a soggetti della ricerca pubblica (comma 1). L’individuazione degli obiettivi e delle modalità di utilizzo è affidata al Programma Nazionale della Ricerca (PNR), approvato annualmente dal CIPE (comma 2). Specifiche priorità nell’utilizzo delle risorse del Fondo medesimo sono individuate dal comma 4.

Page 337: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

329

Fondo per le aree sottoutilizzate, istituito dall’articolo 61, comma 1, della legge n. 289/2002, al finanziamento di nuove iniziative di imprenditorialità giovanile, realizzate ai sensi del Titolo I del decreto legislativo n. 185/2000, che siano caratterizzate da un elevato contenuto tecnologico e che siano attuate nell’ambito dei distretti tecnologici.

Page 338: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 339: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

331

Amministrazione straordinaria – disciplina generale

Il D.Lgs. n. 270/99

L'istituto dell'amministrazione straordinaria è stato introdotto dal decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95 (cosiddetta legge Prodi), accanto alle procedure concorsuali tradizionali (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata e concordato), per evitare il fallimento di imprese di rilevante interesse pubblico297.

Nata come strumento temporaneo ed eccezionale, volto a consentire la verifica delle situazioni aziendali più rilevanti e l'individuazione sulla base di criteri socio-economici, delle attività risanabili e di quelle da liquidare, la legge n. 95/1979 nel corso degli anni è stata oggetto di varie censure da parte degli organi comunitari, i quali in diverse occasioni ne hanno rilevato l'incompatibilità con le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.

Il contenzioso che ha accompagnato la procedura dell'amministrazione straordinaria fin dalla sua emanazione è stato superato nel 1999 con il D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 emanato in attuazione della delega recata dall'art. 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274, che aveva lo scopo di consentire una drastica riduzione della durata della procedura, di orientare la procedura stessa alla celere individuazione di un nuovo assetto imprenditoriale ed a potenziare gli strumenti di tutela dei creditori. Successivamente sul D.Lgs n.270/99 si è innestata la procedura speciale di ammissione immediata all'amministrazione straordinaria introdotta dal decreto-legge n. 347/03, in virtù del rinvio alle disposizioni del D.Lgs. n.270 operato dall'articolo 8 del DL medesimo (v. scheda Amministrazione straordinaria - Disciplina speciale).

II decreto legislativo n. 270/99, recante la nuova disciplina dell'istituto dell'amministrazione straordinaria delle imprese in stato d'insolvenza, prende le mosse dalla definizione della natura e delle finalità dell'istituto, che viene definito come la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, diretta alla conservazione del patrimonio produttivo, tramite la prosecuzione, la riattivazione ovvero la riconversione dell'attività imprenditoriale (art. 1).

297 Scopo della nuova procedura era quello di evitare le soluzioni liquidatorie che non tengono

conto dei rilevanti interessi, privati e pubblici, alla conservazione e al risanamento dell'impresa, contrariamente alle procedure concorsuali tradizionali la cui funzione essenziale, invece, è quella di tutelare l'interesse privato dei creditori a soddisfarsi sul patrimonio dell'imprenditore fallito. Infatti, l'amministrazione straordinaria introdotta dalla legge Prodi esclude il fallimento dell'impresa e prevede l'intervento di uno o più commissari, sotto la vigilanza del Ministero dell'industrìa.

Page 340: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

332

Con il D.Lgs. l'ambito dei soggetti ammessi alla procedura viene circoscritto alle imprese, anche individuali, soggette alla legge fallimentare298 e in possesso dei seguenti requisiti: un numero di lavoratori subordinati non inferiore alle duecento unità (inclusi

quelli che eventualmente fruiscono del trattamento di integrazione guadagni); debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi, tanto del totale

dell'attivo dello stato patrimoniale, che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio;

presenza di concrete prospettive di recupero (art. 27) da realizzarsi, alternativamente, mediante "la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno" ("programma di cessione dei complessi aziendali”) ovvero "tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni" ("programma di ristrutturazione").

La dichiarazione dello stato di insolvenza

II procedimento prende avvio dall'accertamento dello stato di insolvenza dell'impresa, la cui dichiarazione spetta al tribunale del luogo ove l'impresa ha la sede principale, con sentenza in camera di consiglio, su ricorso dell'imprenditore medesimo, di uno o più creditori, del pubblico ministero ovvero d'ufficio (art. 3).

A seguito della proposizione del ricorso, il tribunale convoca il ricorrente, l'imprenditore e il Ministro dell'industria (di seguito Ministro), che può designare un delegato o inviare parere scritto e che, inoltre, viene invitato altresì ad indicare uno o tre commissari giudiziali, da nominarsi in caso di dichiarazione dello stato di insolvenza. II numero dei commissari viene stabilito dal tribunale (art. 7). II tribunale, con la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza, provvede alla nomina del giudice delegato per la procedura e a quella dei commissari giudiziali (in numero di tre solamente nei casi di eccezionale rilevanza e complessità della procedura), in conformità all'indicazione del Ministro ovvero autonomamente in caso di mancata o ritardata indicazione. Inoltre, ordina all'imprenditore il tempestivo deposito delle scritture contabili; assegna ai creditori ed ai terzi che vantano diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore, il termine di presentazione delle domande; fissa luogo, giorno e ora dell'adunanza in cui sarà esaminato lo stato passivo innanzi al giudice delegato; stabilire se la gestione

298 Con riferimento alla cd legge fallimentare (RD n. 267/1942), le cui disposizioni sono più volte

richiamate dal D.Lgs. n. 270/1999, si segnala che sulla disciplina del citato RD ha inciso profondamente, innovandola significativamente ed abrogandone diverse parti (ad esempio l'intera disciplina dell'amministrazione controllata), il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, "Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell'articolo 1, comma 5, della L. 14 maggio 2005, n. 80". Le disposizioni del D.Lgs. n. 5/2006 entreranno in vigore il 16 luglio 2006.

Page 341: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

333

provvisoria dell'impresa debba essere lasciata all'imprenditore insolvente ovvero affidata al commissario giudiziale (art. 8).

Gli interessati possono proporre opposizione contro la sentenza davanti al medesimo tribunale che l'ha pronunciata; tuttavia la proposizione dell'opposizione non sospende l'esecuzione della sentenza (art. 9). Anche l'eventuale revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza viene pronunciata dal tribunale con sentenza, senza pregiudizio per gli atti compiuti legalmente dagli organi della procedura (art. 10).

L'eventuale sentenza di accoglimento dell'opposizione, qualora questa sia proposta per carenza accertata dei requisiti richiesti dalla legge per l'ammissione alla procedura, non comporta la revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza. In tal caso, a seguito del passaggio in giudicato di detta sentenza, il tribunale dispone, mediante decreto, la conversione della procedura nel fallimento, sempre che questo non sia già stato dichiarato (art. 11).

Se il ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza è respinto, il tribunale provvede con decreto motivato, contro il quale il ricorrente può proporre reclamo alla corte d'appello (art. 12).

In questa prima fase gli organi della procedura sono costituiti dal tribunale (art. 13) che ha effettuato la dichiarazione dello stato di insolvenza, cui è attribuita la competenza a conoscere di tutte le azioni che ne derivano indipendentemente dal valore delle stesse (eccetto le azioni reali immobiliari); dal giudice delegato; e dal commissario giudiziale che, nell'ambito dell'esercizio delle sue funzioni, riveste la qualifica di pubblico ufficiale. Contro gli atti del commissario giudiziale chiunque abbia interesse può proporre reclamo al giudice delegato che decide con decreto motivato.

Gli effetti della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza sono contemplati dall'art. 18 che, tra l'altro, dispone l'inefficacia, rispetto ai creditori, dei pagamenti di debiti precedenti alla dichiarazione eseguiti dall'imprenditore successivamente alla dichiarazione stessa, nell'eventualità in cui questi non siano stati autorizzati dal giudice delegato.

Il tribunale, qualora con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza non abbia disposto l'affidamento della gestione dell'impresa al commissario giudiziale, può provvedervi anche successivamente, mediante decreto di cui è prevista l'iscrizione nel registro delle imprese. II commissario è tenuto a rendere conto della propria gestione secondo le norme della legge fallimentare (art. 19) e deve comunicare ai creditori e ai terzi vantanti diritti reali immobiliari su beni in possesso dell'imprenditore insolvente il termine entro cui debbono essere presentate le rispettive domande, nonché le disposizioni contenute nella sentenza dichiarativa concernenti l'accertamento dello stato passivo (art. 22). 1 crediti sorti a seguito della continuazione dell'esercizio dell'impresa e della gestione del patrimonio del debitore successivamente alla dichiarazione, sono

Page 342: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

334

soddisfatti in prededuzione secondo le disposizioni dell'art. 111, comma 1, n. 1) della legge fallimentare (art. 20).

Se la dichiarazione dello stato di insolvenza riguarda una società con soci illimitatamente responsabili, è previsto che gli effetti della dichiarazione stessa si estendano a costoro, che debbono essere comunque sentiti dal tribunale prima che questo provveda; ad essi è inoltre attribuita la facoltà di proporre opposizione contro la sentenza (art. 23). Sono espressamente escluse, dall'ambito di applicazione delle disposizioni dettate per le società con soci illimitatamente responsabili, le società cooperative (art. 26).

La procedura di amministrazione straordinaria

Dichiarato lo stato di insolvenza, il commissario giudiziale deposita una relazione sulle cause che lo hanno determinato e una valutazione motivata relativa alle sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l'ammissione alla procedura. Alla relazione, copia della quale deve essere trasmessa al Ministero, debbono essere allegati lo stato analitico e una stima delle attività, nonché l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei loro crediti e delle eventuali cause di prelazione (art. 28). II Ministero deve esprimere il proprio parere circa l'ammissione dell'impresa alla procedura.

Depositata la relazione, il tribunale dichiara con decreto motivato l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, ovvero, se non ne sussistono le condizioni, il fallimento dell'impresa (art. 30). Contro tali decreti gli interessati possono proporre reclamo alla corte d'appello, senza che ciò sospenda l'esecuzione del decreto (art. 33). Nel caso in cui sia stata dichiarata l'apertura della procedura, il tribunale adotta o conferma i provvedimenti opportuni ai fini della prosecuzione dell'esercizio sotto la gestione del commissario giudiziale, fino alla nomina del commissario straordinario (art. 32).

Gli organi

Nel capo II del Titolo III sono contenute le norme relative agli organi che operano in questo secondo momento della procedura. Specificamente, gli atti in cui si concreta la procedura sono posti in essere dal o dai tre commissari straordinari, nominati dal Ministero dell'industria, cui compete la vigilanza sulla procedura; sono inoltre espressamente fatte salve le competenze del tribunale e del giudice delegato (artt. 37 e 38).

La legge stabilisce le forme di pubblicità cui è soggetta la nomina del commissario straordinario che determina la cessazione delle funzioni del commissario giudiziale (art. 38). Al commissario straordinario sono affidate la gestione dell'impresa e l'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente; nell'esercizio delle proprie funzioni il commissario straordinario riveste la qualifica di pubblico ufficiale (art. 40).

Page 343: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

335

Gli atti di alienazione, di affitto di aziende o di rami delle stesse, nonché quelli di alienazione e di locazione di beni immobili (ovvero di beni mobili in blocco) o costituzione di diritti reali sugli stessi e le transazioni, di valore indeterminato o superiore a quattrocento milioni di lire, necessitano di autorizzazione ministeriale, che può essere concessa sentito il comitato di sorveglianza (art. 42). Quest'ultimo, anch'esso di nomina ministeriale (come del resto il suo presidente), è composto da tre o cinque membri, uno (o due) dei quali scelto tra i creditori chirografari; i restanti (cui per l'attività svolta spetta un compenso) sono invece scelti tra esperti del ramo di attività esercitata dall'impresa o di procedure concorsuali (art. 45). Per quanto concerne le funzioni del comitato, esso è chiamato ad esprimere il proprio parere nei casi previsti dalla legge e in ogni altro caso in cui il ministero dell'Industria lo ritiene opportuno; esso delibera a maggioranza di voti dei suoi membri (art. 46).

Gli effetti

Il Capo III del Titolo III (artt. 48 - 52) è dedicato agli effetti dell'amministrazione straordinaria.

In particolare viene disposto che sui beni dei soggetti ammessi alla procedura non possono iniziarsi o proseguirsi azioni esecutive individuali, anche speciali (art. 48). L'art. 49 detta la disciplina cui sono soggette le azioni revocatorie; gli artt. 50 e 59 concernono invece i contratti in corso al momento dell'apertura dell'amministrazione straordinaria e i diritti della controparte. La disposizione con cui si conclude il Capo (art. 52) prevede che i crediti sorti per la prosecuzione dell'esercizio e la gestione del patrimonio dell'imprenditore insolvente siano soddisfatti in prededuzione secondo le norme della legge fallimentare. Il commissario straordinario prosegue all'accertamento del passivo sulla base delle disposizioni contenute nella sentenza che ha dichiarato lo stato di insolvenza, secondo il procedimento contemplato dalla legge fallimentare (art. 53).

II Capo V del Titolo III è dedicato alla definizione ed esecuzione del programma del commissario straordinario che deve presentare al Ministro un programma di recupero dell'equilibrio economico dell'impresa da realizzarsi, alternativamente, seguendo la via della cessione dei complessi aziendali ovvero quella della ristrutturazione (art. 54). Ai criteri secondo i quali deve essere definito il programma, la cui redazione avviene sotto vigilanza ministeriale e in maniera conforme agli indirizzi di politica industriali adottati dal ministero, è dedicato l'art. 55; in particolare deve essere salvaguardata "l'unità operativa dei complessi aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori".

Specificamente, nel programma deve essere contenuta l'indicazione delle attività che si intende proseguire e di quelle invece da dismettere; del piano di eventuale alienazione dei beni non funzionali all'esercizio dell'impresa; le previsioni economiche e finanziarie circa la prosecuzione dell'esercizìo della stessa; le modalità secondo cui provvedere alla copertura del fabbisogno

Page 344: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

336

finanziario, con la specificazione dei finanziamenti o delle altre agevolazioni pubbliche alle quali si preveda di ricorrere (art. 56).

Nel caso si scelga la cessione dei complessi aziendali, il programma dovrà contenere l'indicazione delle relative modalità e delle eventuali offerte pervenute, qualora invece si sia optato per l'indirizzo della ristrutturazione, il programma dovrà indicare anche le eventuali previsioni di ricapitalizzazione dell'impresa e di variazione degli assetti imprenditoriali, insieme a tempi e modalità di soddisfazione dei creditori.

Definito il programma, il Ministero con proprio decreto autorizza la sua esecuzione; in caso di mancata pronuncia del Ministero, il programma si intende comunque autorizzato. Dalla data dell'autorizzazione decorrono i termini di durata del programma (art. 57). Le modalità di autorizzazione del programma, nei casi in cui lo stesso preveda il ricorso a finanziamenti o agevolazioni pubbliche in base alla normativa comunitaria relativa agli aiuti statali per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, sono disciplinate dall'art. 58.

II programma autorizzato viene quindi comunicato dal commissario straordinario al tribunale e il giudice delegato ne dispone il deposito in cancelleria. L'imprenditore insolvente, i creditori ed ogni altro interessato possono prenderne visione ed estrarne copia (art. 59). E' inoltre prevista l'eventualità di richiesta da parte del commissario straordinario al Ministero di modificare il programma autorizzato o la sua sostituzione con altro programma di indirizzo diverso; anche la modifica o la sostituzione necessitano di autorizzazione (art. 60). II commissario straordinario presenta ogni tre mesi al Ministro una relazione sull'andamento dell'esercizio dell'impresa e sull'esecuzione del programma e, successivamente al termine di scadenza del programma, una relazione finale sugli esiti dell'esecuzione del programma stesso; tali relazioni sono inoltre sottoposte al parere del comitato di sorveglianza e copie delle stesse e del parere sono depositate presso la cancelleria del tribunale affinché gli interessati possano prenderne visione o estrarne copia (art. 61).

Periodicamente il commissario straordinario presenta al giudice delegato un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle stesse, insieme al parere comitato dei sorveglianza; le ripartizioni vengono effettuate secondo le disposizioni della legge fallimentare. Successivamente all'approvazione del conto della gestione (ed alla liquidazione del compenso del commissario) può aver luogo la ripartizione finale (art. 67). L'eventuale distribuzione di acconti parziali ai creditori trova la propria disciplina nell'art. 68.

La cessazione della procedura

Alle diverse ipotesi di cessazione della procedura di amministrazione straordinaria è dedicato il Capo VII del Titolo III. La prima eventualità contemplata è quella della conversione della procedura in oggetto nel fallimento (Sezione 1), sia in corso che al termine della stessa.

Page 345: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

337

Nel primo caso, qualora risulti che l'amministrazione straordinaria non può più essere utilmente proseguita, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario, ma dopo che questi ne ha riferito al ministro, ovvero d'ufficio, dispone la conversione in fallimento (art. 69).

Nel secondo caso il tribunale provvede analogamente tanto nell'eventualità in cui, essendo stato autorizzato un programma di cessione di complessi aziendali, alla scadenza del termine (salvo proroga) la cessione non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, quanto in quella in cui, essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione, alla scadenza del programma l'imprenditore non sia in grado di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni (art. 70).

II tribunale dispone la conversione con decreto motivato, sentiti il Ministro, il commissario straordinario e l'imprenditore dichiarato insolvente; con il decreto vengono nominati il giudice delegato per la procedura ed il curatore. Con la pronuncia del decreto che dispone la conversione cessano le funzioni del commissario straordinario e del comitato di sorveglianza. Contro tale decreto può essere proposto appello alla corte di appello, che provvede in camera di consiglio, sentiti il commissario straordinario, l'imprenditore ed il reclamante (art. 71). Nell'eventualità in cui sia stato invece autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, quando alla scadenza del termine (originario o prorogato) tale cessione sia integralmente avvenuta, su richiesta del commissario straordinario ovvero d'ufficio il tribunale dichiara con decreto la cessazione dell'esercizio dell'impresa.

Il decreto in oggetto deve essere comunicato al Ministero e al Registro delle imprese; contro tale decreto chiunque può proporre reclamo alla corte di appello che, sentito il commissario, provvede in camera di consiglio. Il reclamo non ha effetto sospensivo. La legge dispone che dalla pronuncia dei decreto l'amministrazione straordinaria debba essere ad ogni effetto considerata come procedura concorsuale liquidatoria (art. 73).

Le diverse ipotesi di chiusura della procedura di amministrazione straordinaria sono previste dall'art. 74. Ciò si verifica nei seguenti casi: quando, entro i termini previsti dalla sentenza che ha dichiarato lo stato di insolvenza, non sono state avanzate domande di ammissione al passivo; quando, anche prima del termine di scadenza del programma, l'imprenditore insolvente abbia recuperato la capacità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni; con il passaggio in giudicato delle sentenza di approvazione del concordato.

La procedura si chiude, inoltre, qualora sia stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, quando, anche prima della ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi o questi sono altrimenti estinti e i compensi degli organi della procedura e le spese della stessa sono state pagate; ovvero a seguito della ripartizione finale dell'attivo. Prima della chiusura il commissario deve sottoporre al ministero dell'Industria il bilancio finale della procedura con il conto della gestione, insieme

Page 346: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

338

ad una relazione del comitato di sorveglianza. A seguito di autorizzazione dei ministero tali atti sono depositati presso la cancelleria del tribunale; a questo gli interessati possono proporre, con ricorso, le loro contestazioni entro i termini fissati dalla legge; decorsi questi, in mancanza di contestazioni. bilancio e conto della gestione si intendono approvati (art. 75). Dietro richiesta del commissario straordinario o dell'imprenditore dichiarato insolvente, ovvero d'ufficio, il tribunale dichiara, con decreto motivato, la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria (art. 76).

II caso della riapertura della procedura trova la propria previsione nell'art. 77. La sezione III del capo VII (artt. 78 e 79) è invece dedicata all'eventualità che venga avanzata proposta di concordato.

II Titolo IV (suddiviso in due capi) contiene le norme dedicate ai gruppi di imprese, disciplinando l'ipotesi dell'estensione dell'amministrazione straordinaria alle imprese del gruppo. Alle disposizioni di carattere procedurale è infine dedicato il Titolo V, mentre quelle penali sono contenute nel successivo Titolo VI. II decreto legislativo in esame si conclude con una serie di disposizioni di coordinamento, transitorie e finali, cui è dedicato il Titolo VII.

Si segnala che il DL n. 119/2004 (L. n. 16612004) ha integrato l'articolo 38 del D.Lgs 270 al fine di disciplinare le cause di incompatibilità del commissario straordinario.

II nuovo comma introduce alcune ipotesi di incompatibilità per il commissario straordinario, stabilendo, segnatamente, che non può essere nominato commissario straordinario, pena la decadenza dall'ufficio: l'interdetto; l'inabilitato;-chi è stato dichiarato fallito; chi ha riportato condanne a pene comportanti l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici.

Inoltre, non possono essere nominati commissari straordinari: il coniuge, i parenti e gli affini - entro il quarto grado - dell'imprenditore insolvente;-chi, avendo intrattenuto con l'impresa, personalmente o quale socio, amministratore o dipendente d'altra organizzazione imprenditoriale o professionale, rapporti non occasionali di collaborazione o consulenza con l'impresa, abbia preso parte o si sia comunque ingerito nella gestione che ha portato al dissesto dell'impresa.

Infine, nell'accettare l'incarico il commissario straordinario è tenuto a dichiarare, sotto la propria responsabilità, che non ricorre alcuna delle ipotesi di incompatibilità sopra richiamate.

Page 347: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

339

Amministrazione straordinaria- disciplina speciale

II decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347

Con il decreto-legge n.347/03299, successivamente modificato dai decreti-legge n. 119 del 3 maggio 2004300 e n. 281301 del 29 novembre 2004, è stata introdotta una disciplina speciale in materia di ammissione immediata all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, rinviando, per quanto non diversamente disposto e in quanto compatibili, alle norme del decreto legislativo n. 270/99 (v. scheda Amministrazione straordinaria - Disciplina generale), il quale, a sua volta, rinvia alle disposizioni della c.d. “legge fallimentare” (RD 16 marzo 1942, n. 267)302.

Con riferimento alla legge fallimentare si segnala che sulla disciplina del citato RD ha inciso profondamente, innovandola significativamente ed abrogandone diverse parti (ad esempio l'intera disciplina dell'amministrazione controllata), il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 (“Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell'articolo 1, comma 5, della L. 14 maggio 2005, n. 80”)303, emanato in attuazione della delega conferita al Governo dall'art. 1, comma 5 della legge n. 80 del 2005304 per l'adozione di uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali. Si ricorda, inoltre, che un primo intervento sulla disciplina delle procedure concorsuali si è già avuto in sede di emanazione del D.L. n. 35/05, poi convertito dalla legge 80/05, che ha modificato direttamente alcune disposizioni dei RD 267/1942. In particolare risulta novellato l'art. 67 relativo alla revocatoria fallimentare, diverse disposizioni sul concordato preventivo (artt. 160, 161, 163, 167, 180, 181) ed è introdotto l'art. 182-bis in materia di accordo di ristrutturazione dei debiti (v. scheda La novella alla legge fallimentare, nel dossier relativo alla Commissione Giustizia).

299 II DL 347/03 recante "Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato

di insolvenza" è stato convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39/04. 300 II DL n. 119/04, recante "Disposizioni correttive ed integrative della normativa sulle grandi

imprese in stato di insolvenza" è stato convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 5 luglio 2004, n. 166.

301 II DL n. 281/04 recante "Modifiche alla disciplina della ristrutturazione delle grandi imprese in stato di insolvenza "è stato convertito in legge dall'art. 1 della legge 28 gennaio 2005, n. 6.

302 RD 16 marzo 1942, n. 267, recante “Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa”.

303 Le disposizioni del D.Lgs. n. 5/06 entreranno per la gran parte in vigore il 16 luglio 2006; alcuni articoli del D.Lgs sono invece entrati in vigore con efficacia immediata.

304 Legge 14 maggio 2005, n. 80, “Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali”.

Page 348: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

340

La disciplina speciale ha la finalità di consentire il superamento di alcuni limiti derivanti dalla tempistica e dal carattere prevalentemente liquidatorio delle procedure di amministrazione straordinaria previgenti, essendo orientata ad accelerare l'avvio e la definizione dei procedimenti per l'ammissione immediata delle imprese in stato di insolvenza all'amministrazione straordinaria, nonché la gestione dello stato di insolvenza mediante un programma di ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa e del gruppo in cui essa è inserita, ciò al fine di assicurare la continuazione delle attività industriali.

Campo di applicazione (art. 1)

Risultano assoggettabili alla nuova procedura introdotta dal decreto-legge n.347/03, e successive modificazioni, le imprese: in stato di insolvenza, soggette alle disposizioni sul fallimento -

rimanendo pertanto escluse le imprese che sono sottratte alle procedure concorsuali di diritto comune - considerate sia singolarmente, sia come facente parte di un gruppo di imprese costituito da almeno un anno, che intendono avvalersi della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria di cui all'art. 27, co. 2, lett. b), del citato D.Lgs. n. 270/99;

un numero di lavoratori subordinati non inferiore a cinquecento da almeno un anno (compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni);

con debiti per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro, compresi quelli derivanti da garanzie rilasciate.

Ammissione immediata all'amministrazione straordinaria (art. 2)

Per l'ammissione immediata all'amministrazione straordinaria si richiede, da parte dell'impresa in possesso dei requisiti stabiliti dall'articolo 1, l'invio di una istanza motivata e adeguatamente documentata al Ministro delle attività produttive e un contestuale ricorso al Tribunale per la dichiarazione dello stato di insolvenza.

L'avvio della procedura, con l'ammissione immediata all'amministrazione straordinaria e la nomina del commissario straordinario competono al Ministro delle attività produttive che vi provvede con proprio decreto. Questo, immediatamente comunicato al competente tribunale, determina lo spossessamento del debitore e l'affidamento al commissario straordinario della gestione dell'impresa e dell'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente, nonché della titolarità di stare in giudizio nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell'impresa II decreto ministeriale

Page 349: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

341

determina, inoltre, gli effetti di cui all'articolo 48 dei decreto legislativo n. 270 e, agli articoli 42, 44, 45, 46 e 47 della citata legge fallimentare305.

Funzioni del commissario straordinario (art. 3)

II commissario straordinario provvede all'amministrazione dell'impresa e al compimento di ogni atto utile all'accertamento dello stato di insolvenza, sino alla sua dichiarazione con sentenza. Inoltre, prima dell'autorizzazione del programma di ristrutturazione può procedere al pagamento dei creditori anteriori, su autorizzazione dei giudice delegato, qualora si renda necessario per evitare un grave pregiudizio alla continuazione dell'attività di impresa o alla consistenza patrimoniale della stessa, e può, altresì, richiedere al Ministro l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di altre imprese del gruppo, presentando contestuale ricorso al tribunale per la dichiarazione dello stato di insolvenza, qualora ricorrano le condizioni di cui all'articolo 81 del D.Lgs. n.270 (comma 3).

Le procedure di amministrazione straordinaria, relative alle imprese del gruppo, possono attuarsi o unitamente alla procedura straordinaria relativa

305 L'art. 48 del D.Lgs. 270/99 dispone che sui beni dei soggetti ammessi alla procedura non

possono iniziarsi o proseguirsi azioni esecutive individuali, anche speciali. Per quanto riguarda, invece, gli articoli della legge fallimentare, cui rinvia la disposizione in esame, si ricorda quanto segue, tenendo conto anche delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 5/2006 che entreranno in vigore il 16 luglio 2006:

Art. 42. Dispone che con la sentenza di fallimento il fallito è privato (a far data dalla sentenza stessa) dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento. Lo spossessamento si estende anche ai beni che pervengono al fallito durante il fallimento, sia a titolo oneroso che gratuito (eredità, donazioni, vincite ecc), dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione dei beni medesimi. Un nuovo comma, aggiunto dal D.Lgs. 5/06 (art, 40) consente al curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, di rinunciare ad acquisire i beni che pervengono al fallito durante la procedura fallimentare qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi.

Art. 44. Stabilisce l'inefficacia rispetto ai creditori di tutti gli atti posti in essere e dei pagamenti eseguiti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento, se hanno per oggetto beni e diritti ricompresi nello spossessamento. Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento. Sono altresì acquisite al fallimento tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura per effetto dei precedenti atti;

Art. 45. Dispone che le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori;

Art. 46. Elenca i beni sottratti all'esecuzione fallimentare: 1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale; 2) gli assegni a carattere alimentare, stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività, nei limiti (fissati dal giudice delegato con decreto motivato che deve tener :conto "della condizione personale del fallito e di quella della sua famiglia) di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia; 3) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in patrimonio familiare e i frutti di essi, salvo quanto è disposto dall’art. 170 del codice civile. Il riferimento, contenuto al punto 4) del testo originario, alle cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge è stato soppresso dal D.Lgs. n. 5/2006.

Art. 47. Prevede la concessione al fallito, se privo di mezzi di sussistenza, di un sussidio a titolo di alimenti, per sé e la famiglia (da parte del giudice delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori). Stabilisce, inoltre, che la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all'abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività.

Page 350: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

342

all'impresa capogruppo, oppure in via autonoma, secondo un programma di ristrutturazione o di cessione.

Dichiarazione dello stato di insolvenza e presentazione del programma di ristrutturazione (art. 4)

La dichiarazione dello stato di insolvenza compete al tribunale, che vi provvede con sentenza da pubblicarsi entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto di nomina del commissario straordinario, sentito il commissario medesimo, ove lo ritenga necessario, e il debitore, nel caso di richiesta da parte del commissario di ammissione alla procedura di altre imprese del gruppo. Con la stessa sentenza il tribunale assume i provvedimenti previsti dall'articolo 8, comma 1, lettere a), d) ed e) del D.Lgs. n. 270306.

La sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza determina inoltre, con riferimento alla data del decreto di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, gli effetti, in quanto compatibili,indicati dal D.Lgs. 270 che rinvia alla legge fallimentare307.

306 L'art. 81 del D.Lgs. n.270, consente - successivamente all'apertura della procedura madre e

durante il suo svolgimento - l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria alle imprese del gruppo in stato di insolvenza, indipendentemente dal possesso dei requisiti relativi alle dimensioni e alla situazione debitoria dell'impresa. II comma 2, prevede, in particolare, che le imprese del gruppo possano essere ammesse all'amministrazione straordinaria solo qualora presentino: a) concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, da potersi realizzare, in via alternativa, tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di cessione dei complessi aziendali, oppure tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di ristrutturazione; b) quando risulti comunque opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, in quanto idonea ad agevolare, per i collegamenti di natura economica o produttiva esistenti tra le singole imprese, il raggiungimento degli obiettivi della procedura.

307 Si ricorda che ai sensi del comma 1 dell'articolo 18 del D.Lgs. 270, la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza determina gli effetti previsti dagli articoli 45, 52, 167, 168 e 169 della legge fallimentare. Si applica, altresì, nei medesimi limiti che nel fallimento, la disposizione dell'articolo 54, terzo comma, della legge fallimentare. Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, sono inefficaci rispetto ai creditori i pagamenti di debiti anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza eseguiti dall'imprenditore dopo la dichiarazione stessa senza l'autorizzazione del giudice delegato.

Con riferimento alla legge fallimentare, così come recentemente modificata, l'art. 45 dispone che le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori. L'articolo 52 richiede l'accertamento di ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell'articolo 111, primo comma, n. 1), nonché di ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, secondo le norme stabilite dal Capo V. Ai sensi dell'art. 54, terzo comma, l'estensione del diritto di prelazione agli interessi è regolata dagli artt. 2749, 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di fallimento all'atto di pignoramento. Per i crediti assistiti da privilegio generale, il decorso degli interessi cessa alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito è soddisfatto anche se parzialmente. Ai sensi dell'articolo 167, durante la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale. I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione, compiuti senza l'autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci. Con il decreto previsto dall'articolo

Page 351: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

343

Gli effetti del DM di apertura della procedura vengono meno qualora il tribunale respinga la richiesta di dichiarazione dello stato di insolvenza, ovvero accerti l'insussistenza di anche uno solo dei requisiti richiesti per l'ammissione all'amministrazione straordinaria.

II programma di ristrutturazione, che deve essere redatto considerando specificamente, anche ai fini della definizione della procedura di amministrazione straordinaria tramite concordato, la posizione dei piccoli risparmiatori è presentato dal commissario straordinario al Ministro, entro il termine di centottanta giorni dalla data del decreto di nomina, con possibilità di proroga.

Contestualmente al programma, il commissario presenta al giudice delegato la relazione particolareggiata descrittiva delle cause di insolvenza accompagnata da un'analisi estimativa delle attività e dall'elenco dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione.

II programma e la relazione sono pubblicati, in estratto, tempestivamente, su almeno due quotidiani, ovvero secondo altra modalità idonea dal giudice delegato. Copia della relazione e del programma sono trasmessi, entro tre giorni, al tribunale, trovando applicazione quanto previsto dall'art. 59 dei D.Lgs. n.270/99308.

In caso di mancata autorizzazione da parte del Ministro all'esecuzione del programma, nonché in caso di impossibilità ad adottare il programma alternativo di cessione dei complessi aziendali, il tribunale dispone la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento, sentito il commissario straordinario. Rimane fermo quanto previsto dall'articolo 70 del D.Lgs. n.270/99, relativamente ai casi in cui il tribunale, d'ufficio o a richiesta del commissario straordinario, è tenuto a disporre la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento309.

163 o con successivo decreto, il tribunale può stabilire un limite di valore al di sotto del quale non è dovuta l'autorizzazione di cui al secondo comma. Ai sensi dell'art.168, dalla data della presentazione del ricorso e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano. I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente. Ai sensi dell'art. 169, si applicano, con riferimento alla data di presentazione della domanda di concordato, le disposizioni degli articoli 45, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63 della legge fallimentare medesima.

308 Si ricorda, in particolare, che l'art. 59 del citato D.Lgs. n. 270 prevede che il programma di ristrutturazione autorizzato venga comunicato dal commissario straordinario al tribunale e che il giudice delegato ne disponga il deposito in cancelleria, con esclusione delle parti in relazione alle quali siano ravvisabili esigenze di riservatezza. L'imprenditore insolvente, i creditori ed ogni altro interessato possono prenderne visione ed estrarne copia che reca l'indicazione della eventuale mancanza di parti per ragioni di riservatezza.

309 L'articolo 70 del D.Lgs. n.270/99 prevede che il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dispone la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento: a) quando, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, alla scadenza del programma, salvo proroga del termine, secondo quanto previsto dall'articolo 66; b) quando,

Page 352: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

344

II programma di cessione è presentato dal commissario straordinario entro sessanta giorni dalla comunicazione della mancata autorizzazione del programma di ristrutturazione e qualora venga autorizzato la sua durata massima è fissata in due anni, decorrenti dalla data di autorizzazione, in deroga alle disposizioni del citato art. 27, comma 2, lett. a) del D I g s 270199 che fissa tale durata in un anno.

Concordato (art 4-bis)

Nel programma di ristrutturazione può essere prevista la soddisfazione dei creditori attraverso un concordato, nell'ambito del quale la soddisfazione dei medesimi può avvenire anche in forme diverse dal pagamento in denaro.

A questo proposito il DL 347/03 prevede nell'ambito della proposta di concordato la possibilità di: suddividere in classi i creditori, secondo posizione giuridica ed interessi

economici omogenei; contemplare un trattamento diverso a seconda della classe di creditori; ristrutturare il debito e soddisfare i creditori attraverso una varietà di strumenti;

in particolare, la proposta di concordato può prevedere l'attribuzione ai creditori, o ad alcune categorie di essi o a società da questi partecipate, di azioni o quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, altri strumenti finanziari e titoli di debito;

attribuire ad un assuntore le attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato. E' riconosciuta anche ai creditori o alle società da essi partecipate la possibilità di costituirsi come assuntori310 Tale possibilità è prevista anche per le società, costituite dal commissario straordinario, le cui azioni siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato.

Viene inoltre prevista la possibilità di trasferimento all'assuntore, quale patto concordatario, delle azioni revocatorie disciplinate dall'art. 6 del DL 347 in commento, promosse dal commissario straordinario fino alla data di pubblicazione della sentenza di approvazione del concordato.

La proposta di concordato comporta l'interruzione della procedura di accertamento del passivo311 dinanzi al giudice delegato.

E' prevista la formulazione di un'unica proposta di concordato, anche nel

caso in cui l'amministrazione straordinaria riguardi un gruppo al quale faccia

essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione, l'imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni alla scadenza del programma.

310 Si ricorda che “l`assuntore", nel concordato fallimentare, è un terzo che assume le obbligazioni nascenti dal concordato con liberazione del fallito.

311 Si ricorda che l'accertamento del passivo è una fase caratteristica delle procedura fallimentare tendente a trasformare il creditore concorrente sul ricavato dei beni del fallito in creditore concorsuale, colui che per effetto della sentenza di fallimento ha il diritto di partecipazione al concorso

Page 353: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

345

capo una pluralità di società. Viene, tuttavia, fatta salva l'autonomia delle masse attive e passive riconducibili alle singole imprese, dalla quale discende la possibilità di trattare in maniera differenziata creditori anche appartenenti alla stessa classe, a seconda dell'effettiva situazione giuridica e patrimoniale di ogni singola società alla quale è riferibile la proposta di concordato.

In capo al commissario straordinario, ove intenda ricorrere allo strumento del concordato per la soddisfazione dei creditori, grava l'obbligo di trasmettere alla cancelleria del Tribunale copia del programma di ristrutturazione autorizzato dal Ministro delle attività produttive entro il termine di tre giorni dall'autorizzazione all'esecuzione del programma. Sul commissario straordinario grava, altresì, l'obbligo di depositare presso il giudice delegato istanza di concordato.

E' in ogni caso prevista la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della proposta di concordato, nonché del provvedimento del giudice delegato che fissa il termine entro il quale tutti i soggetti che abbiano interesse a farlo, possono depositare in cancelleria memorie scritte e proprie osservazioni sull'elenco dei creditori, gli importi ivi indicati e le eventuali cause di prelazione. II medesimo termine vale anche per i soggetti esclusi dall'elenco dei creditori che intendano depositare domanda di ammissione dei rispettivi crediti.

Entro sessanta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta della proposta di concordato, il giudice delegato, in collaborazione con il commissario straordinario, forma gli elenchi dei creditori ammessi, di quelli esclusi e di quelli ammessi con riserva, con indicazione dei relativi importi e delle cause di prelazione, ai fini dei l'accertamento dello stato passivo.

In caso di ammissione di strumenti finanziari che non consentano l'individuazione nominativa dei soggetti legittimati, saranno ammessi nell'elenco i crediti relativi all'importo complessivo di ogni singola categoria di strumenti finanziari.

Gli elenchi suddetti sono depositati in cancelleria e dichiarati esecutivi con provvedimento dei giudice delegato. II commissario straordinario è tenuto a dare massima diffusione dell'elenco, necessariamente con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma anche con altri mezzi, in modo che i vari creditori ivi presenti siano immediatamente informati.

II giudice delegato contestualmente al deposito degli elenchi, stabilisce le modalità ed il termine entro cui i creditori ammessi e quelli ammessi con riserva sono chiamati a votare sulla proposta di concordato, nonché i criteri di legittimazione al voto dei portatori di strumenti finanziari il cui importo complessivo è già stato ammesso al voto.

Ai creditori esclusi, in tutto o in parte, o ammessi con riserva, è riconosciuto il diritto a ricorrere contro la decisione del giudice delegato. II ricorso al giudice delegato è disciplinato dagli articoli 98 e seguenti della legge fallimentare. E' altresì riconosciuta ai creditori ammessi la possibilità di impugnare le

Page 354: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

346

ammissioni di altri creditori, ai sensi dell'articolo 100 della legge fallimentare. Al proposito si segnala che detto articolo è stato abrogato dall'art. 85 del D.Lgs. 5/06312. L'abrogazione decorre dal 16 luglio 2006, come previsto dall'art. 153 dello stesso decreto.

II concordato è approvato con il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Nel caso in cui i creditori siano ripartiti per classi, il concordato è approvato se ottiene il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella stessa classe. II voto può essere espresso tramite telegramma, raccomandata o altra modalità ritenuta idonea dal giudice delegato. I creditori che non esprimono il loro voto entro il termine stabilito si ritengono favorevoli all'approvazione dei concordato.

Qualora la predetta maggioranza sia raggiunta, il tribunale approva il concordato con sentenza in camera di consiglio. II tribunale, quando sono previste diverse classi di creditori, può dichiarare approvato il concordato anche quando una o più delle classi eventualmente costituite risultino dissenzienti, a patto che sussista in ogni caso la maggioranza di cui sopra, e che la maggioranza delle classi abbia approvato la proposta di concordato.

II tribunale, ai fini dell'approvazione del concordato, deve comunque previamente appurare che le classi dissenzienti possano essere concretamente soddisfatte in misura non inferiore rispetto alle altre alternative concretamente praticabili.

Contro la sentenza che approva o rigetta il concordato - la quale è provvisoriamente esecutiva ed è soggetta al regime di pubblicità, nonché a forme di pubblicità su quotidiani nazionali e se del caso internazionali, è ammesso appello da parte dell'imprenditore insolvente, dei creditori e del commissario straordinario entro quindici giorni dalla sua affissione. L'impugnazione della sentenza non ne sospende l'efficacia esecutiva (comma 10).

La procedura di amministrazione straordinaria si conclude con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato.

Nel caso di sentenza di rigetto del concordato, ferma la prosecuzione dell'attività d'impresa, il commissario straordinario può presentare al Ministro delle attività produttive un programma di cessione dei complessi aziendali ai sensi dell'articolo 27 del D.Lgs. n. 270/99.

Qualora il programma di cessione non sia presentato tempestivamente al MAP o non sia autorizzato, il tribunale dispone la conversione della procedura di amministrazione in procedura di fallimento, sentito il commissario straordinario, restando salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

312 "Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell'articolo 1, comma 5,

della legge 14 maggio 2005, n. 80".

Page 355: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

347

Accertamento dei passivo (art. 4-ter)

L'accertamento del passivo si basa su criteri di celerità e speditezza, ed è svolto sulla base delle disposizioni dell'art. 53 del D.Lgs. 270/99, il quale prevede che il commissario straordinario proceda all'accertamento dei passivo sulla base delle disposizioni contenute nella sentenza di dichiarazione dello stato di insolvenza, secondo il procedimento contemplato dalla legge fallimentare.

Al fine dell'accertamento del passivo, qualora sia stata autorizzata la presentazione di una proposta di concordato, si applicano le relative disposizioni contenute nell'art. 4-bis del DL 347, anche in caso di mancata approvazione del medesimo.

Operazioni di cessione e di utilizzo di beni (art. 5)

Le operazioni di cessione e di utilizzo dei beni, delle aziende o di rami di esse, sono consentite purché finalizzate alla ristrutturazione dell'impresa o del gruppo. L'autorizzazione per tali operazioni, richieste dal commissario straordinario, viene rilasciata dal Ministero delle attività produttive, dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza. Analogamente, il Ministero ha il compito di autorizzare, sempre su richiesta del commissario, il compimento delle operazioni necessarie per la salvaguardia della continuità dell'attività aziendale delle imprese del gruppo, fino a quando non sia autorizzato il programma di ristrutturazione. Questa autorizzazione non è richiesta per gli atti non eccedenti l'ordinaria amministrazione o di valore inferiore a duecentocinquantamila euro.

Azioni revocatorie (art. 6)

Al commissario straordinario è riconosciuta la facoltà di proporre le azioni revocatorie degli atti pregiudizievoli ai creditori (previste dagli artt. 49 e 91 del D.Lgs. 270)313, anche dopo l'autorizzazione alla esecuzione del programma di ristrutturazione, purché si traducano in un vantaggio per i creditori. Nel caso in cui la soddisfazione dei creditori avvenga tramite concordato, si applicano le disposizioni dell'art. 4-bis, comma 1, lett. c-bis, relativa all'attribuzione ad un assuntore delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato. I

313 L’art. 49 del D.Lgs. n. 270/99 dispone che le azioni revocatorie previste dalla sezione III del

capo III dei titolo II della legge fallimentare (RD 16 marzo 1942, n. 267) possano essere proposte dal commissario straordinario soltanto se è stata autorizzata l'esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, salvo il caso di conversione della procedura in fallimento (comma 1). La disposizione richiama dunque gli articoli da 64 a 71, (relative agli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori) della legge fallimentare e, fra questi, in particolar modo l'articolo 66, relativo all'azione revocatoria ordinaria nel fallimento. Quanto all'art. articolo 91 del medesimo decreto legislativo, si ricorda che tale disposizione dà la possibilità di proporre l'azione revocatoria prevista dall'articolo 67 della legge fallimentare nei confronti delle imprese del gruppo.

Page 356: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – INDUSTRIA E ARTIGIANATO

348

termini fissati dalle disposizioni della legge fallimentare314, concernenti gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, si computano a decorrere dalla emanazione del decreto di ammissione immediata dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria e di nomina di un commissario straordinario

Ristrutturazione di imprese del settore agro-alimentare (art. 7)

Per talune tipologie di imprese operanti nel settore agro-alimentare, l'autorizzazione all'esecuzione del programma di ristrutturazione deve essere adottate dal Ministro delle attività produttive d'intesa con il Ministro delle politiche agricole e forestali .

Il Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio delle imprese in crisi

II decreto-legge n. 35/05315 ha previsto l'istituzione di un apposito Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio delle imprese in crisi, con una dotazione finanziaria per l'anno 2005 pari a 35 milioni di euro, nonché l'istituzione di un Comitato tecnico con funzioni di coordinamento e monitoraggio degli interventi di salvataggio e ristrutturazione, operante in base ad indirizzi formulati dalle amministrazioni competenti che per la valutazione e l'attuazione degli interventi, si avvalgono di Sviluppo Italia spa, in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Le modalità attuative delle predette disposizioni saranno dettate dal CIPE.

II Fondo è stato recentemente rifinanziato dall'articolo 2 del DL n. 136/06 recante "Proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali che in suo favore ha disposto e per l'anno 2006 uno stanziamento di 15 milioni di euro.

314 Si tratta, in particolare, degli artt. 64 e 65, 67 e 70 del RD 267 del 16 marzo 1942. Si ricorda che

sulla disciplina recata dai citati articoli hanno recentemente inciso le disposizioni del DL. 35/05 e del D.Lgs. 5/06.

315 II decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante "Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62 stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

Page 357: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Commercio con l’estero

Page 358: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 359: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

351

Internazionalizzazione - Riordino degli enti

A partire dagli anni ’90 l'intervento statale a sostegno della presenza sui mercati esteri delle imprese italiane si è contraddistinto per i primi tentativi di riforma strutturale delle politiche e degli strumenti di sostegno all'internazionalizzazione, nell'ottica di una razionalizzazione delle strutture esistenti sul territorio, anche attraverso un maggior decentramento funzionale realizzato soprattutto con le leggi Bassanini e con alcuni interventi di regionalizzazione di alcune competenze.

Il processo di riforma, avviatosi in particolare nel corso della XIII legislatura, ha investito sia la definizione delle competenze istituzionali, sia i principali strumenti di intervento pubblico in materia, relativi al sostegno economico e alla promozione delle esportazioni.

Momenti essenziali di tale processo sono stati la legge 25 marzo 1997, n. 68, di riforma dell’Istituto per il commercio con l’estero (ICE) e il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143316, emanato in attuazione della delega contenuta nella legge n. 59 del 1997 (legge “Bassanini-uno") e recante disposizioni volte a completare il disegno di riorganizzazione e di razionalizzazione degli strumenti di sostegno alla internazionalizzazione e alla competitività delle imprese italiane all’estero317.

Il proposito del Governo di attuare una riforma complessiva del comparto, a supporto della capacità di internazionalizzazione dell’economia italiana, è stato perseguito anche nel corso della XIV legislatura, nella quale tale proposito si è dovuto confrontare con il nuovo riparto delle competenze tra Stato e regioni definito dalla riforma del titolo V della Costituzione, che ha inserito il “commercio con l’estero” tra le materie di competenza concorrente.

316 "Disposizioni in materia di commercio coi l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e

dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59". 317 Le principali misure adottate nell’ambito del processo di riforma sono:

la completa riorganizzazione della SACE. il rafforzamento dell’attività di coordinamento e decisione del CIPE (cui compete l'adozione - nell'ambito di riunioni trimestrali - di tutte le direttive in materia di export), con la costituzione, al suo interno, di una Commissione di coordinamento dell'istruttoria e dei provvedimenti di politica economica in materia di commercio estero (c.d. “cabina di regia”);

la previsione della costituzione di sportelli unici per le imprese e per gli operatori del settore allo scopo di migliorare la fruizione dei servizi e delle agevolazioni in materia di commercio estero;

l'ampliamento della operatività della FINEST (la finanziaria che opera per le aree di confine); il trasferimento alla SIMEST (la finanziaria che svolge funzioni di supporto alla creazione di joint ventures) della gestione degli interventi di sostegno finanziario (a partire dal 1° gennaio 1999, con relativo trasferimento di fondi, disponibilità finanziarie, risorse materiali e umane);

l’ampliamento dell’operatività della SIMEST, con l’aumento della quota di partecipazione ordinaria assumibile dal 15 al 25% del capitale sociale; la previsione che la SIMEST possa erogare finanziamenti diretti alle imprese partecipate (anche in cooperazione con istituzioni finanziarie internazionali) ed acquisire partecipazioni in società finanziarie, assicurative, di leasing e di factoring; la trasformazione dell’intervento di credito agevolato in contributo sugli interessi.

Page 360: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

352

Ribadito a più riprese in alcuni Documenti di programmazione economico-finanziaria, in particolare in quelli relativi ai periodi 2003-2006 e 2004-2007, l’intento governativo di riordinare il settore si è concretizzato nella previsione di due deleghe per l’adozione di appositi provvedimenti, contenute nelle leggi n. 229/03 e n. 56/05 (nessuna delle quali è peraltro stata attuata), nella trasformazione in società per azioni dell’Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE) e nella revisione della disciplina istitutiva della società SIMEST, recata dalla legge n. 100 del 1990.

Le deleghe per il riassetto del settore

La delega al Governo contenuta nella legge 29 luglio 2003, n. 229 “Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione - Legge di semplificazione 2001" (art. 9) era volta all’adozione di uno o più decreti legislativi di riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione, sulla base di criteri tra i quali il coordinamento delle misure di intervento di competenza dello Stato con quelle delle regioni e degli altri soggetti operanti nel settore.

Gli specifici principi e criteri direttivi per l'attuazione della delega, in aggiunta a quelli di carattere generale definiti dall’articolo 1 della stessa legge di semplificazione, dettati dal citato articolo 9 – successivamente novellato dalla legge 56/05 - si possono così riassumere: esercizio della delega finalizzato alla raccolta e al coordinamento delle

disposizioni legislative in materia, con l’indicazione di considerare, oltre alle esportazioni, anche gli investimenti idonei a promuovere l’internazionalizzazione.

coordinamento delle misure di competenza dello Stato con quelle delle regioni e degli altri soggetti operanti nel settore dell’internazionalizzazione, mentre;

accordi tra enti pubblici e il sistema bancario per l’utilizzo dei servizi e delle sedi estere degli istituti di credito. Il termine per l’adozione delle disposizioni di riassetto del settore, più volte

differito da successive disposizioni di legge318 è stato fissato, da ultimo, al 9 marzo 2006 dalla legge 31 marzo 2005, n. 56319che, oltre ad estendere i tempi per l’adozione delle disposizioni di riordino, ha introdotto all’art. 6 un’ulteriore delega al Governo volta a prefigurare un generale riordino della materia, anche alla luce dell’evoluzione del relativo quadro costituzionale, attraverso l’adozione 318 Il termine per l’adozione delle disposizioni di riassetto del settore, originariamente fissato al 9

marzo 2004 (entro 6 mesi dalla entrata in vigore della legge), è stato differito (una volta scaduto) di 12 mesi, al 9 marzo 2005, dall'art. 2, comma 7, lettera c), della L. 27 luglio 2004, n. 186, di conversione del D.L. 28 maggio 2004, n. 136 e nuovamente differito (dopo essere scaduto una seconda volta) di ulteriori 12 mesi (al 9 marzo 2006), dall'art. 6, comma 2, della L. 31 marzo 2005, n. 56.

319 Legge 31 marzo 2005, n. 56, recante" Misure per l’internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore " (GU n. 91 del 20 aprile 2005 - SO n. 69).

Page 361: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

353

di uno o più decreti finalizzati alla ridefinizione, al riordino e alla razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell’internazionalizzazione delle imprese.

Tra i principi e i criteri direttivi enunciati dalla legge 56/05 si ricordano:

il rispetto dei compiti attribuiti rispettivamente ai Ministeri delle attività produttive, degli affari esteri e dell’economia e delle finanze dal D.Lgs. n. 300/99320 e dal D.Lgs. n. 143/98, nonché l’adeguamento delle disposizioni legislative regolanti i singoli enti al quadro delle competenze delineato dal citato D.Lgs. n. 143 e all’assetto costituzionale derivante dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

il riassetto organizzativo degli enti secondo principi ispirati ad una loro maggiore funzionalità in relazione alle rinnovate esigenze imposte dall’attuale quadro economico-finanziario e ad obiettivi di coerenza della politica economica e commerciale estera e della promozione del sistema economico italiano, in ambito internazionale, con le funzioni svolte dall’amministrazione centrale degli affari esteri, dalle rappresentanze diplomatiche e dagli uffici consolari in materia di rappresentanza, di coordinamento e di tutela degli interessi italiani in sede internazionale;

la razionalizzazione delle relative norme di natura finanziaria ed economica, anche per realizzare risparmi di spesa che consentano di reperire le risorse necessarie per la copertura delle spese di funzionamento degli sportelli;

la possibilità di attivazione di strumenti di finanziamento di investimenti all’estero anche tramite società; prevedendo, inoltre, l’unificazione in un unico fondo del fondo di cui all’art. 5, co. 2, lett. c) della legge 84/01321 e tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST spa, destinati ad operazioni di venture capital in paesi non aderenti alla UE, e la loro disciplina in analogia ai fondi mobiliari chiusi322

la compatibilità con gli obiettivi di riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione.

320 "Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997,

n. 59". 321 Si ricorda che la citata legge n.84 del 2001, all’articolo 5, co.2, lettera c), prevede, in particolare,

l'istituzione presso la SIMEST spa di un fondo autonomo e distinto dal patrimonio della società medesima, con finalità di capitale di rischio (venture capital) per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 40 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipare. Ciascun intervento non può essere superiore ad 1 miliardo di lire e, comunque, le partecipazioni devono essere cedute, a prezzo non inferiore a valori correnti, entro otto anni dall'acquisizione.

322 Si tratta di una particolare categoria di fondi comuni di investimento, la cui classificazione si ritrova solo in parte nell'articolo 37 del Testo Unico della finanza (T.U.F), secondo il quale il Ministro dell'economia “definisce i criteri ai quali attenersi per l'organizzazione di un fondo comune di investimento con riguardo, tra l'altro, alle modalità di “partecipazione in fondi" chiusi o aperti (DM Tesoro n. 228 del 24 maggio 1999).

Page 362: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

354

Come anticipato, entrambe le deleghe sopra indicate, il termine per l’esercizio delle quali è scaduto il 9 marzo 2006, non hanno ricevuto attuazione.

Si ricorda al riguardo che i relativi decreti legislativi avrebbero dovuto individuare, tra l’altro, le risorse derivanti dai risparmi conseguenti alla razionalizzazione degli enti e destinate alla istituzione degli sportelli unici all’estero.

Soggetti operanti nel settore dell’internazionalizzazione

Tra gli organismi dell’Amministrazione statale la cui azione è volta a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese, oltre al Ministero delle attività produttive – titolare delle principali competenze statali in materia dopo la fusione con il Ministero del commercio con l’estero – vanno menzionati il Ministero degli affari esteri e le regioni. Va, inoltre, ricordata l’attività di coordinamento e decisione svolta dal CIPE.

Nel settore operano inoltre l’Istituto del commercio estero (ICE), sottoposto alla vigilanza del Ministero delle attività produttive; l’Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE, ora trasformato in S.p.A ); la Società italiana per le imprese all’estero (SIMEST), le cui azioni sono per il 76% di proprietà pubblica; la Società finanziaria attiva nei confronti delle imprese che operano nelle zone di confine (FINEST). Vanno inoltre menzionati il Mediocredito Centrale, gli uffici commerciali delle rappresentanze diplomatiche e le camere di commercio italiane all’estero e, da ultimo, Sviluppo Italia che la legge 56/05 indica tra gli organismi chiamati eventualmente a partecipare alla costituzione degli sportelli unici all’estero (v. scheda Internazionalizzazione - Legge n. 56/2005).

Riguardo ai suddetti soggetti, si osserva, più nel dettaglio, quanto segue:

- L'Istituto per il commercio estero (ICE), riordinato dalla legge 25 marzo 1997, n. 68, ha il compito di promuovere e di sviluppare il commercio con l'estero e i processi di internazionalizzazione dell'apparato produttivo nazionale, sulla base delle linee direttrici formulate dal Ministero del commercio con l'estero, alla cui vigilanza è sottoposto. L'attività dell'ICE è finanziata con fondi del Ministero vigilante e, parzialmente, con entrate proprie derivanti dai corrispettivi dei servizi forniti a operatori pubblici e privati;

- L'Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE), riformato dal titolo I del D.Lgs. 143/98 e successivamente dal D.Lgs. n. 170/99, ha la funzione di assumere in assicurazione e in riassicurazione la garanzia sui rischi (di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e dei cambi) ai quali sono esposti gli operatori nazionali nella loro attività con l'estero. Il DL 269/03, conv. con modif. nella L. n. 326/03, all’art. 6 ha disposto la trasformazione della SACE in spa con decorrenza dal 1 gennaio 2004. Le azioni della SACE spa sono attribuite al Ministero dell’economia e delle

Page 363: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

355

finanze che provvede alle nomine dei componenti degli organi sociali, d’intesa con i Ministeri degli affari esteri, delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali (Cfr. infra).

- La SIMEST - Società italiana per le imprese all'estero - è una società per azioni controllata dal Governo italiano che detiene il 76% del pacchetto azionario, ed è stata istituita dalla legge 24 aprile 1990, n. 100 con il compito di partecipare alle società estere partecipate dalle imprese italiane, le cosiddette joint-ventures. Il D.Lgs. 143/98 ha ampliato notevolmente i suoi compiti, tra i quali ora rientra anche la gestione di tutte le forme di sostegno pubblico alla internazionalizzazione delle imprese, comprese quelle svolte in precedenza dal Mediocredito centrale. Ulteriori modifiche sono state più recentemente introdotte dalla legge n. 56/05 e dal decreto-legge n. 35/05323 (Cfr. infra);

- La FINEST è una società istituita dalla legge 9 gennaio 1991, n. 19324 sul modello della SIMEST, con lo scopo di finanziare società miste all'estero ed altre forme di collaborazione tra imprese aventi sede nella regione Friuli Venezia Giulia e paesi dell'Europa centro orientale. Il citato D.Lgs. 143/98 ha disposto il potenziamento dell'attività della FINEST, al fine di ampliarne l’operatività e di estenderne l'intervento all’intero territorio di Veneto e Trentino-Alto Adige;

- Il Mediocredito Centrale, banca di sviluppo impegnata nel sostegno e nello sviluppo delle imprese italiane. Tra i settori nei quali il Mediocredito offre prodotti e servizi finanziari innovativi rientra anche l’internazionalizzazione del sistema d’impresa italiano;

- Le camere di commercio italiane all’estero (CCIE), associazioni di imprenditori e professionisti sia italiani che locali, offrono assistenza e svolgono funzioni di promozione delle attività economiche italiane all’estero e sono state riordinate dalla legge 1° luglio 1970, n. 518:

- Sviluppo Italia spa interamente partecipata dal Ministero dell’economia, istituita con il D.Lgs. n. 1/99, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3, svolge funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse, nonché di attrazione degli investimenti.

Trasformazione della SACE in spa

Costituita nel 1977 come Sezione speciale dell'INA, ai sensi della legge n. 227 del 24 maggio 1977 (cd "Legge Ossola"), la società è stata oggetto di numerosi interventi normativi, culminati con il decreto legislativo n. 143 del 31 marzo 1998 323 Decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di

azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62) è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

324 "Norme per lo sviluppo delle attività economiche e della cooperazione internazionale della regione Friuli-Venezia Giulia, della provincia di Belluno e delle aree limitrofe”.

Page 364: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

356

(poi modificato dal D.Lgs. 170/99), che ha portato alla nascita della nuova SACE - Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero, con funzioni di: rilascio di garanzie e nell'assicurazione dei rischi di natura politica, economica, catastrofica, commerciale e di cambio; stipula di accordi di riassicurazione e coassicurazione; conclusione di accordi o convenzioni con soggetti pubblici e privati.

In particolare le funzioni dell'Istituto, individuate dal decreto legislativo 143/98 e confermate dal DL 269/03, consistono: nel rilascio di garanzie e nell'assunzione in assicurazione dei rischi di natura politica,

catastrofica, economica, commerciale e di cambio ai quali sono esposti gli operatori nazionali nello svolgimento delle loro attività imprenditoriali all'estero. Le garanzie e le assicurazioni possono essere rilasciate anche a banche nazionali o estere per crediti da esse concessi ad operatori nazionali o alla controparte estera, destinati al finanziamento delle suddette attività, nonché per i crediti dalle stesse concessi a Stati e banche centrali destinati al rifinanziamento di debiti di tali Stati;

nella conclusione di accordi di riassicurazione e coassicurazione, che possono essere conclusi sia con le imprese assicuratrici italiane, autorizzate ai sensi dell'articolo 17 del DPR 13 febbraio 1959, n, 449 (Testo unico delle leggi sull'esercizio delle assicurazioni private), sia con enti o imprese estere ed organismi internazionali.;

nella stipula di accordi e convenzioni, consentita con soggetti sia pubblici che privati, per quanto riguarda l'assistenza agli operatori, la raccolta di documentazione e l'espletamento delle fasi istruttorie, nonché con le finanziarie delle regioni, al fine di promuovere la fruizione di servizi da parte delle piccole e medie imprese.

La trasformazione della SACE in spa a partire dal 1° gennaio 2004 è stata disposta dal decreto-legge n. 269/03, "Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici", conv. con modif. nella legge n. 326/03 (art. 6).

Secondo il Governo la trasformazione in spa è stata dettata dall’esigenza di sviluppare ulteriormente l'attività caratteristica della SACE, cioè la copertura dei rischi a medio/lungo termine cui sono esposti gli operatori nella loro attività con l'estero ed, inoltre, di sostenere il commercio estero e l'internazionalizzazione delle imprese nazionali anche in settori sinora preclusi all'ente pubblico325.

Il decreto - legge n. 269/03 prevede, in particolare:

l’attribuzione delle azioni di SACE spa al Ministero dell’economia e delle finanze, cui competono le nomine dei componenti degli organi sociali, d’intesa

325 Nella primavera del 2004, a Sace spa è stata affiancata la Sace BT spa che opera nel campo

della copertura assicurativa del rischio politico e commerciale dei crediti con scadenza nel breve termine. L'innovazione introdotta sul mercato assicurativo con la creazione della nuova Sace BT spa consiste nella possibilità di assicurare i rischi di credito (con scadenza nel breve termine) che gli operatori vantano nei confronti di tutti i mercati esteri compresi i paesi UE e i paesi di 1º categoria OCSE, ossia: Australia, Canada, Giappone, Islanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Stati Uniti e Svizzera e, in particolare, i rischi vantati nei confronti di clientela italiana. Le due società (la Sace spa e la Sace BT spa) possono coprire tutti i rischi di natura politica in abbinamento a quelli di natura commerciale mentre è possibile coprire isolatamente i soli rischi commerciali a cui sono esposti gli esportatori italiani in tutti i paesi del mondo.

Page 365: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

357

con i Ministeri degli affari esteri, delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali;

Il trasferimento alla società, a titolo di conferimento di capitale326, dei crediti indennizzati del Ministero del tesoro ex art 7, comma 2, del D.Lgs. 143/1998 al fine di garantire alla società la piena autonomia gestionale e patrimoniale, nel rispetto degli equilibri di bilancio esistenti alla data del 31 dicembre 2003 (si tratta dei crediti di SACE acquistati dal Ministero); i crediti vengono iscritti a bilancio della spa al valore indicato nella posta del Conto patrimoniale dello Stato. Ulteriori conferimenti e trasferimenti sono demandati ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia;

la non applicabilità ai conferimenti e trasferimenti a favore di SACE spa degli artt. 2342 – 2345 c.c. relativi al conferimento nelle spa327;

la costituzione del capitale iniziale di SACE spa con il netto patrimoniale del bilancio al 31/12/2003 integrato dai crediti di cui sopra;

il rinvio ad un decreto non regolamentare del Ministro dell’economia, ed in deroga agli artt. 2343 – 2345 c.c, della rettifica dei valori di attivo e passivo;

la conferma delle funzioni dell’Istituto svolte in precedenza; la conferma della garanzia dello Stato per l’assicurazione dei rischi non di

mercato nei limiti stabiliti dal CIPE e dalla legge di bilancio, ad esclusione di tipologia di operazioni individuate dal Ministro dell’economia con decreti non regolamentari;

il riconoscimento della legittimità delle assicurazione di rischi di mercato, ma senza garanzia dello Stato e con contabilità separata328.

326 I conferimenti costituiscono l’apporto dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della

società; il loro valore complessivo in denaro costituisce il capitale sociale nominale 327 Il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, di riforma del diritto societario, in vigore dal 1° gennaio 2004, ha

innovato la disciplina dei conferimenti attribuendo preferenza ai conferimenti di liquidità. Il conferimento deve essere fatto in denaro, se non viene stabilito diversamente nell’atto costitutivo (c.c., art. 2342, comma 1). Entità non conferibili sono le prestazioni di opera e servizi, per le oggettive difficoltà di valutazione del loro valore effettivo (c.c. 2342, ultimo comma). I conferimenti diversi dal denaro devono formare oggetto di uno specifico procedimento di valutazione regolato dall’articolo 2343 c.c., al fine di garantire una valutazione oggettiva e veritiera di tali conferimenti, impedendo che ad essi sia assegnato un valore nominale superiore a quello reale. Con riferimento infine alla disciplina degli acquisti effettuati dalla società ai sensi dell'art. 2343-bis, essa vieta l'acquisto, senza l'autorizzazione dell'assemblea ordinaria, dei beni degli amministratori, promotori, fondatori soci o amministratori, nei due anni successivi all'iscrizione nel registro delle imprese (e previa relazione giurata), esclusi gli acquisti a condizioni normali in operazioni correnti e quelli in borsa o sotto controllo giudiziario o amministrativo. L'articolo 2344 c.c. riguarda il mancato pagamento delle quote: la novità risiede nella possibilità che gli amministratori, salva l'azione di esecuzione del conferimento, offrano le azioni del moroso agli altri soci (in proporzione alla loro partecipazione e per un corrispettivo non inferiore al dovuto), e solo in via subordinata possono procedere alla vendita coatta. Ai sensi dell'articolo 2345, nel caso in cui siano previste in atto costitutivo prestazioni accessorie in capo ad un socio (non consistenti in denaro), si dovranno osservare le norme applicabili ai rapporti aventi ad oggetto le medesime prestazioni (nella maggior parte dei casi, trattandosi di prestazioni di lavoro, saranno i contratti collettivi nazionali di lavoro).

328 Il comma 12 stabilisce che la SACE spa può svolgere attività assicurativa e di garanzia rischi di mercato, che non beneficia comunque di garanzia da parte dello Stato, mediante la costituzione

Page 366: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

358

Riguardo alla situazione previgente è significativo sottolineare, inoltre, che:

la liquidità dell’istituto è tenuta presso la Tesoreria centrale dello Stato in conti infruttiferi;

dal momento in cui rimborsa l’impresa assicurata, la SACE si surroga nei diritti di questa;

il Ministero degli affari esteri può stipulare trattati bilaterali di ristrutturazione del debito e per i crediti inseriti in tali trattati che sono stati indennizzati da SACE il Ministero del tesoro acquista i crediti di quest’ultimo;

quando viene attivata la garanzia dello Stato a favore degli impegni dell’istituto, il Ministero del tesoro si surroga nei diritti verso il debitore (SACE e impresa, a seconda che si tratti di garanzia o assicurazione);

SACE costituisce un fondo di riserva con accantonamenti prudenziali.

Modifiche alla disciplina relativa alla trasformazione della SACE in spa sono state apportate dal decreto-legge n.35/05 che con l’articolo 11-quinquies ha introdotto disposizioni volte al sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento all’attività di rilascio di garanzie e di coperture assicurative da parte di SACE spa.

In particolare, il comma 1 dell’articolo ha modificato l’art. 6 del DL n. 269/03 disponendo la soppressione di alcune parole dell’ultimo periodo del comma 18, in cui si prevede il mantenimento in un apposito conto di tesoreria di una quota pari 10% degli utili della SACE spa, i quali, conseguentemente, vengono destinati interamente in entrata al bilancio dello Stato.

Anche l’art. 5 dello stesso DL 35/05, al comma 16-ter, interviene sull’articolo 6 del DL 269 inserendo un nuovo comma, il 24-bis, che riconosce alla SACE la facoltà di destinare beni e rapporti giuridici di propria pertinenza al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli da essa emessi, realizzando così un’apposita separazione patrimoniale. Il successivo comma 16-quater dispone, invece, l’abrogazione del comma 5 dell'articolo 2 della legge 30 dicembre 2004, n. 312, relativo alla quota massima delle garanzie che la SACE spa è autorizzata a rilasciare per il 2005 (fissata, per l'anno finanziario 2005, rispettivamente in 5.000 milioni di euro per le garanzie di durata sino a ventiquattro mesi e in 7.000 milioni di euro per le garanzie di durata superiore a ventiquattro mesi).

di una diversa società od operando con contabilità separata rispetto alle attività che beneficiano, invece, di garanzia statale. Nel caso in cui l'esercizio dell'attività suddetta venga effettuato attraverso la costituzione di una diversa società, la partecipazione in tale società da parte della SACE spa non può essere inferiore al 30%. Tale partecipazione, inoltre non può essere sottoscritta mediante i crediti indennizzati e ristrutturati, dei quali è attualmente titolare il Ministro dell'economia e delle finanze e del relativo flusso di recuperi, che il comma 3 dell'articolo in esame trasferisce alla SACE spa.

Page 367: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

359

Modifiche alla disciplina della SIMEST spa

Istituita come società per azioni nel 1990 sulla base di quanto previsto dalla legge n. 100 del 1990329, la SIMEST - Società italiana per le imprese all'estero - ha iniziato ad essere operativa nel 1991, ed è controllata dallo Stato, che ne detiene il 76 per cento del pacchetto azionario (le quote rimanenti fanno capo a banche, imprese, associazioni imprenditoriali e di categoria).

Costituisce missione della Società la promozione del processo di internazionalizzazione delle imprese italiane e l’assistenza degli imprenditori nelle loro attività all’estero, mediante la partecipazione alle società estere partecipate da imprese italiane (c.d. joint-ventures) ovvero ai consorzi che prestano servizi alle imprese, nonché l’offerta di servizi di assistenza e consulenza e la concessione di garanzie a favore delle imprese presso gli intermediari finanziari.

L'attività della SIMEST è stata potenziata dal decreto legislativo n. 143 del 1998 attraverso l'introduzione di modifiche alla stessa legge istitutiva che, tra l’altro, hanno riguardato: l’estensione dell’intervento di partecipazione della SIMEST alle società a capitale interamente italiano operanti all’estero e alle imprese con stabile organizzazione in uno Stato UE controllate da imprese italiane; l’aumento della quota di partecipazione ordinaria assumibile dalla SIMEST dal 15 al 25% del capitale sociale; l’attribuzione al CIPE della facoltà di individuare le ipotesi in cui possono essere derogati i limiti massimi indicati dalla legge in relazione alla quota di partecipazione e al termine per la cessione delle partecipazioni; la possibilità per la SIMEST di erogare finanziamenti diretti alle imprese partecipate (anche in cooperazione con istituzioni finanziarie internazionali) ed acquisire partecipazioni in società finanziarie, assicurative, di leasing e di factoring330; la trasformazione dell’intervento di credito agevolato in contributo sugli interessi.

Con decorrenza 1° gennaio 1999 la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema previste dalle varie leggi di settore (L. 24 n. 227/77; DL n. 251/81, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 394/81; L. n. 304/90; L. n. 100/90; art. 14 della L n. 317/91) è stata affidata alla SIMEST ai sensi dell’articolo 25, comma 1, del citato D.Lgs. n. 143/98. La società, in qualità di gestore unico di fondi pubblici, corrisponde direttamente alle imprese italiane contributi agli interessi (nella misura massima del 50% del tasso di riferimento) a fronte di finanziamenti concessi da banche, italiane o estere, della quota di capitale di rischio nelle società estere partecipate dalla stessa SIMEST.

329 “Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero”. 330 Contratto disciplinato dalla legge n.52 del 21 febbraio 1991 che si concretizza in una cessione

di crediti commerciali da parte di un’impresa ad un factor, società specializzata nello smobilizzo dei crediti. In cambio l’impresa ottiene una controprestazione in denaro.

Page 368: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

360

Recentemente sulla disciplina della società è intervenuta la legge n. 56/05 (art. 7), che ha apportato una serie di modifiche e di integrazioni alla legge n. 100/90, così riassumibili: esclusione dall’applicazione dei limiti riferiti alla durata del finanziamento (8

anni), ai soggetti destinatari e all’impegno previsto dal programma economico dell’impresa o della società estera per le operazioni effettuate su provvista fornita dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), e dalla International Financial Corporation (IFC)331 o altri enti sopranazionali (novella della lett. h-bis del comma 2 della legge n.100/90332). Le modifiche alla legge 100/90 sono state apportate al fine di facilitare il convogliamento verso il nostro Paese, da parte di alcune istituzioni finanziarie internazionali, di risorse per finanziare progetti riguardanti iniziative di imprese italiane che intendono operare all’estero. Le predette istituzioni, che non operano direttamente su progetti di piccole dimensioni, necessitano dell’intervento di intermediari finanziari (quali la SIMEST) in grado di aggregare una massa di progetti di importo relativamente minore, in modo che nell’insieme possano raggiungere dimensioni compatibili con la scala delle operazioni richieste dalle istituzioni internazionali;

aumento del limite dei finanziamenti concedibili dalla SIMEST dal 25% al 50% dell'impegno finanziario previsto dal programma economico dell'impresa o società estera, nel caso di finanziamenti erogati a favore delle piccole e medie imprese, come definite dalla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, recante "Definizione delle microimprese, piccole e medie imprese333;

331 La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) è stata creata, con l'accordo di

Parigi del 1990, per promuovere la transizione dell'Europa dell'est verso l'economia di mercato. Attraverso i suoi investimenti la BERS promuove il rafforzamento del sistema finanziario e legale e lo sviluppo delle infrastrutture necessarie per il supporto del settore privato. La Banca europea per gli investimenti (BEI) Istituita nel 1958 dal Trattato di Roma, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi dell'Unione concedendo prestiti e garanzie per finanziare determinate categorie di progetti d'investimento. La BEI, che non persegue scopi di lucro, si finanzia concedendo prestiti sui mercati finanziari e attraverso i suoi azionisti, gli Stati membri dell'Unione europea. Questi ne sottoscrivono congiuntamente il capitale secondo una ripartizione che riflette il peso economico di ciascuno nell'Unione. L'International finance corporation (IFC) è un'istituzione finanziaria del gruppo Banca Mondiale che finanzia progetti di investimento nel settore privato in Paesi emergenti o in via di sviluppo. E’ stata creata, infatti, nel 1956 per promuovere la crescita economica attraverso il settore privato ed ha il compito di investire in imprese commerciali, fornendo prestiti ad interessi correnti nei paesi in via di sviluppo.

332 Si ricorda che la lettera h-bis del comma 2 – introdotta dal D.Lgs. 143/98 - nel testo precedente alla novella introdotta dalla legge 56/05 prevedeva per la Simest la possibilità di concedere finanziamenti - per una durata non superiore agli otto anni e in misura non superiore al 25% dell'impegno finanziario previsto dal relativo programma economico - a imprese e società estere già costituite, partecipate con quote di minoranza, anche nell'ambito di operazioni di cofinanziamento con la BERS, la BEI, IFC o altri enti sovranazionali.

333 Con la raccomandazione n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003 la Commissione UE ha adottato una nuova definizione delle microimprese, delle piccole e delle medie imprese (PMI), provvedendo ad estendere il concetto d’impresa ad ogni entità che svolga attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita. La raccomandazione conferma i precedenti limiti

Page 369: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

361

costituzione, tra le altre iniziative, da parte della SIMEST di uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare. (Tale disposizione va letta alla luce della recente riforma del diritto societario, che ha introdotto nell’ambito della disciplina della società per azioni la possibilità di istituire patrimoni separati destinati ad uno specifico affare) e gestione da parte della società - in base ad apposite convenzioni con il Ministero delle attività produttive - dei fondi di cui al comma 1, art. 25, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, nonché i fondi rotativi di cui all’articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 21 marzo 2001, n. 84334, e quelli istituiti ai sensi dell'articolo 46 della legge 12 dicembre 2002, n. 273335. (nuove lettere h-quater e h- quinquies aggiunte al comma 2, art. 1, della L n. 100/90 introdotte dal comma 2 dell’articolo 7, L. 56/05);

soppressione del divieto per la SIMEST di intervento nei confronti dei Paesi membri dell'Unione europea, nonché dell’obbligo, per i primi due anni, di intervento in via prioritaria a favore delle iniziative effettuate in Polonia, Ungheria e altri Paesi dell'Europa Orientale, ora membri dell'Unione Europea. Affidamento al CIPE dell’individuazione di Paesi o di aree geografiche di interesse prioritario ai fini degli interventi della SIMEST (comma 3 dell’art. 7 cit.);

dimensionali per quanto riguarda il numero dei dipendenti, provvedendo, invece, a modificare la soglia del fatturato e del totale di bilancio che, per la prima volta, viene indicata anche per le aziende più piccole. Per essere riconosciuta come PMI, l'impresa deve rispettare i limiti massimi fissati dalla raccomandazione relativamente al numero di dipendenti e al fatturato o ai totali di bilancio: - media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai

50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro; - piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di

bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro; - microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di

bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro. Il DM 18 aprile 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005, ha provveduto ad adeguare i criteri di individuazione delle piccole e medie imprese, ai fini della concessione di aiuti alle attività produttive, in accordo con la citata raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE.

334 La citata legge n.84 del 2001, all’articolo 5, c.2, lettera c), prevede, in particolare, l'istituzione presso la SIMEST spa di un fondo autonomo e distinto dal patrimonio della società medesima con finalità di capitale di rischio (venture capital), per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 40 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipare. Ciascun intervento non può essere superiore ad 1 miliardo di lire e, comunque, le partecipazioni devono essere cedute, a prezzo non inferiore a valori correnti, entro otto anni dall'acquisizione.

335 La legge n. 273 del 2002, recante "Misure per favorire l'iniziativa privata e o sviluppo della concorrenza", all’articolo 46, autorizza il Ministero delle attività produttive a costituire, ai sensi e per le finalità di cui alla legge 24 aprile 1990, n. 100, e successive modificazioni, fondi rotativi per la gestione delle risorse deliberate dal CIPE per il sostegno degli investimenti delle piccole e medie imprese nella Repubblica Federale di Jugoslavia, per il finanziamento di operazioni di venture capital nei Paesi del Mediterraneo e per favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane.

Page 370: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

362

incremento - sino al 49% del capitale - delle quote di partecipazioni che possono essere acquisite dalla SIMEST, qualora l'oggetto delle partecipazioni sia la costituzione di parchi industriali, destinati a promuovere e accogliere gli investimenti all'estero (comma 4);

introduzione del requisito della sede in Paesi non facenti parte dell'Unione Europea per le società o imprese partecipate dalla SIMEST ai fini della corresponsione di contributi agli interessi agli operatori italiani a fronte di operazioni di finanziamento della loro quota di capitale di rischio nelle società o imprese all'estero partecipate dalla SIMEST spa, da parte del soggetto gestore del fondo di cui all'art. 3 della L. n. 295/73 (Fondo del Mediocredito centrale)( comma 5);

estensione dell’applicazione delle disposizioni dell’art. 1, comma 2, lett. h-bis) della legge 100/90, così come modificata dalla legge 56/05, nonché dell’art. 3, comma 1 della medesima legge 100/90, alle partecipazioni ed ai finanziamenti di FINEST spa.

Sull’attività della SIMEST spa, ha, inoltre, inciso il citato decreto-legge n.

35/05. In relazione all’innalzamento del limite massimo di intervento della SIMEST

spa al 49 per cento per gli investimenti all’estero, disposto dalla legge n. 56/05, il D.L. ha precisato che tale aumento si applica agli investimenti derivanti da acquisizioni di imprese, “joint-venture” o altre tipologie di intervento finanziario, a determinate condizioni.

A tale proposito il decreto ha stabilito, infatti, che, per poter fruire dell’incremento del limite di intervento della Società, gli investimenti all’estero devono congiuntamente:

a) riguardare attività delle imprese aventi carattere aggiuntivo (cioè, sembra doversi ritenere, diverse e ulteriori rispetto a quelle che risultino già avviate dalle imprese stesse alla data dell'entrata in vigore del provvedimento);

b) garantire comunque il mantenimento delle capacità produttive interne. La norma ha fatto salva la facoltà del CIPE di variare, con proprio

provvedimento, la percentuale della partecipazione della SIMEST.

La disposizione è stata successivamente integrata dal DL 30 settembre 2005, n. 203336, recante” Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria” (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248) che ha disposto l’introduzione nell’articolo 1 del DL n. 35 del 2005 di un nuovo comma 6-bis, volto ad attribuire alle regioni la facoltà di

336 Il DL 203/05, recante” Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia

tributaria e finanziaria “ è stato convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

Page 371: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

363

assegnare in gestione alla SIMEST spa propri fondi rotativi - autonomi dal patrimonio della società -con finalità di capitale di rischio - venture capital - per l’acquisizione da parte della società di quote aggiuntive di partecipazione, entro il limite massimo del 49% del capitale o del fondo sociale, in società o imprese partecipate operanti nel loro territorio.

Lo stesso decreto – legge è intervenuto, inoltre, in merito alla composizione del consiglio d’amministrazione della SIMEST e ai criteri di nomina dei relativi membri, che sono passati da nove a undici. Di questi, sei membri, compreso il Presidente, sono indicati dal Ministro delle attività produttive, due dei quali sono designati, rispettivamente, dai Ministri degli affari esteri e dell’economia e delle finanze, mentre uno è designato su proposta della Conferenza Stato- regioni. La norma – che novella una disposizione della legge 100/90 - dispone, inoltre, che la nomina dei componenti gli organi sociali della SIMEST spetti all’Assemblea.

Modifiche alla disciplina della FINEST spa

Come anticipato, la legge 56/05 all’art. 7, comma 7, ha esteso l’applicazione delle disposizioni dell’art. 1, comma 2, lett. h-bis) della citata legge 100/90 - così come modificata dallo stesso articolo 7 della legge 56 - nonché dell’art. 3, comma 1 della medesima legge 100/90337, alle partecipazioni ed ai finanziamenti di FINEST spa, la società istituita dalla legge 9 gennaio 1991, n. 19338, sul modello della SIMEST.

La società ha lo scopo di finanziare società miste all’estero ed altre forme di collaborazione tra imprese che hanno la loro sede nel Friuli Venezia Giulia e nei paesi dell’Europa centro orientale. Le attività della società sono state notevolmente potenziate a seguito delle modifiche introdotte alla legge 19/91 dall’art. 21 del D.Lgs. n. 143/98, con il quale si è inteso ampliarne l’operatività (in maniera analoga a quanto disposto per la SIMEST) nonché estenderne l'intervento all’intero territorio di Veneto e Trentino-Alto Adige.

L’estensione delle citate disposizioni della legge 56/05 alla FINEST implica, per la società quanto segue:

a) i finanziamenti della società finanziaria alle società estere - che di norma non possono superare il 25 per cento dell'impegno finanziario previsto dal programma economico dell’impresa – possano essere elevati sino ad una

337 Per quanto riguarda l’art. 3, comma 1, della legge 100/90 si ricorda che esso stabilisce che la

quota di partecipazione ordinaria assumibile dalla SIMEST non può superare il 25% del capitale o del fondo sociale e che le partecipazioni non possono essere cedute a prezzi inferiori a quelli correnti entro otto anni. Il comma prevede, inoltre, l’attribuzione al CIPE della facoltà di individuare le ipotesi in cui possono essere derogati i limiti massimi indicati dalla legge in relazione alla quota di partecipazione, al termine per la cessione delle partecipazioni, e in cui la SIMEST viene autorizzata a partecipare ad aumenti di capitale sociale di società di diritto italiano finalizzati all'acquisizione di partecipazioni di imprese o società all'estero.

338 Legge 19/91 recante "Norme per lo sviluppo delle attività economiche e della cooperazione internazionale della regione Friuli-Venezia Giulia, della provincia di Belluno e delle aree limitrofe".

Page 372: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

364

misura pari al 50% dell'impegno finanziario nel caso in cui questi riguardino le piccole e medie imprese come definite dall’Unione europea;

b) le operazioni effettuate su provvista fornita dalla BERS, dalla BEI, dalla IFC o da altre organizzazioni finanziarie internazionali di cui lo Stato italiano è membro siano escluse dall’applicazione dei limiti riferiti alla durata del finanziamento (8 anni), ai soggetti destinatari e all’impegno previsto dal programma economico dell’impresa o della società estera;

c) le partecipazioni acquisite dalla FINEST spa non possano superare di norma la quota del 25 per cento del capitale o fondo sociale della società o impresa e debbano essere cedute, a prezzo non inferiore a valori correnti, entro otto anni dalla prima acquisizione; tuttavia, a differenza della disciplina vigente, di cui all’articolo 2, comma 5, della legge n.19/91 istitutiva della Finest, il CIPE, con propria delibera, adottata su proposta del Ministro del commercio con l'estero (ora Attività produttive), di concerto con il Ministro del tesoro (ora Ministro dell’economia e delle finanze), stabilisce:

le ipotesi in cui il limite del 25 per cento della partecipazione può essere aumentato;

le ipotesi in cui il termine per la cessione può essere prorogato; le ipotesi in cui, in ragione dell'uso di fondi specifici destinati allo scopo, non

si applicano il limite massimo di partecipazione o l'obbligo di cessione; le ipotesi in cui la FINEST S.p.a. può essere autorizzata a partecipare ad

aumenti del capitale sociale di società di diritto italiano interamente destinati a realizzare l'acquisizione di partecipazioni di imprese o società all'estero.

Page 373: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

365

Internazionalizzazione – Legge n.56/2005

L’ambito di intervento della legge

La legge 31 marzo 2005, n. 56339 costituisce il nuovo quadro giuridico di riferimento definito per promuovere interventi a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano.

Come afferma la relazione al disegno di legge originario (A.C. 4360), l’obiettivo della legge è quello di rendere più sinergica l’azione svolta dai soggetti pubblici e privati operanti all’estero, per la tutela del made in Italy e per la promozione degli interessi italiani all'estero avuto riguardo anche alle iniziative in ambito culturale, turistico e di valorizzazione delle comunità di affari di origine italiana.

Il provvedimento si colloca nell’ambito del processo di riforma del sistema di sostegno pubblico all’internazionalizzazione, in quanto, a fronte del decentramento, dell’ampliamento dell’autonomia delle regioni e degli enti locali e del coinvolgimento di numerosi soggetti (pubblici e privati) nelle attività di sostegno all’internazionalizzazione, si propone di evitare “un’eccessiva polverizzazione e disorganicità degli interventi e degli strumenti nel settore dell’internazionalizzazione”, integrando e coordinando le azioni dei diversi soggetti coinvolti in una logica di “sistema Paese”.

In tale logica di recupero di una funzione statuale di coordinamento unitario, che trova la sua base giuridica nell’art. 118 Cost., si innestano: la previsione degli sportelli unici all’estero, le funzioni di coordinamento del Ministero delle attività produttive concernenti l’accordo-quadro con le università, gli accordi di settore.

La legge ha conferito inoltre al Governo una delega per il riordino degli enti operanti nel settore dell’internazionalizzazione, la quale, integrando la delega di cui all’articolo 9 della legge n. 229 del 2003340, era volta a prefigurare un generale riordino della materia anche alla luce dell’evoluzione del quadro costituzionale341.

339 Legge 31 marzo 2005, n. 56, recante "Misure per l’internazionalizzazione delle imprese, nonché

delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore" (GU n. 91 del 20 aprile 2005 - SO n. 69). Per un approfondimento del contenuto della legge si rinvia al dossier disposto dal Servizio studi in occasione dell’esame in seconda lettura del provvedimento presso la Camera dei deputati: “Progetti di legge” n. 550/1 30 novembre 2004.

340 Legge 29 luglio 2003, n. 229 recante “Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione - Legge di semplificazione 2001".

341 L’internazionalizzazione del sistema produttivo può ricondursi alla materia del commercio con l’estero, la quale, ai sensi del comma dell’articolo 117 della Costituzione, è annoverata tra quelle di legislazione concorrente, per le quali alle regioni spetta la potestà legislativa e regolamentare ed allo Stato la definizione con legge dei principi fondamentali della materia. L’organizzazione coordinata e sinergica delle missioni di diplomazia commerciale e l’interconnessione dei soggetti e delle attività di promozione degli interessi italiani all’estero presentano tuttavia profili strettamente afferenti alla politica estera e ai rapporti internazionali

Page 374: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

366

Le deleghe sopra citate non sono state tuttavia esercitate entro il termine di scadenza (9 marzo 2006).

Oltre all’istituzione degli sportelli unici all’estero, la legge prevede: disposizioni organizzative a supporto dell’attività degli sportelli, che si

sostanziano nella previsione della possibilità, da parte del MAP, di effettuare nuove assunzioni di personale e di avvalersi di personale di comprovata professionalità in posizione di distacco da altre amministrazioni pubbliche;

l’istituzione di strutture statali o regionali per la formazione del personale operante nel settore dell’internazionalizzazione delle imprese anche avvalendosi dell'ICE e di Sviluppo Italia spa342, relativamente all'attività di formazione per l'attrazione degli investimenti, da destinare alla formazione di personale per gli sportelli unici all'estero e per altri enti e istituzioni operanti nel settore dell'internazionalizzazione delle imprese;

il rafforzamento delle sinergie tra il mondo imprenditoriale e quello universitario, attraverso l’attivazione di strumenti indicati dall’Accordo-quadro sottoscritto tra il Ministero, l’ICE e la Conferenza dei rettori delle università italiane, quali l’utilizzo delle reti telematiche pubbliche esistenti per la diffusione di informazioni all’estero sulle attività formative in materia di internazionalizzazione. A tal fine si evidenzia la funzione propulsiva e di coordinamento affidata al Ministero delle attività produttive per la ricerca delle suddette nel settore della internazionalizzazione;

il coordinamento delle attività promozionali e la realizzazione di progetti di investimento incentivati mediante accordi di settore, allo scopo di favorire la presenza di prodotti italiani sui mercati esteri;

la modifica delle attuali norme disciplinanti l’attività della SIMEST spa (L. 100/90) nonché alcune disposizioni, concernenti il sostegno alle esportazioni e le partecipazioni e i finanziamenti della FINEST spa ;

la clausola di copertura finanziaria del provvedimento.

Si tratta, dunque, di un ambito di intervento normativo molto vasto, già oggetto di una estesa opera di riforma intervenuta nella scorsa legislatura, destinato ad incidere sulle leggi che disciplinano il settore dell’internazionalizzazione, come la legge n. 100 del 1990, relativa alla costituzione della SIMEST Spa, la legge n. 19 del 1991 per i profili concernenti la FINEST Spa, il decreto legislativo n. 143 del 1998, come modificato dal decreto legislativo n. 170 del 1999, sulla riforma di

dello Stato, oltre che alle materie valutaria, finanziaria e della concorrenza, tutte rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi del medesimo articolo 117, comma 2, lettere a) ed e), della Costituzione.

342 Istituita con il D.Lgs. n. 1/1999, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3, la Società per azioni “Sviluppo Italia”, interamente partecipata dal Ministero dell’economia, svolge funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse, nonché di attrazione degli investimenti.

Page 375: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

367

SACE (dal 1°gennaio 2004 trasformata in spa), nonché la legge n. 68 del 1997 di riforma dell'ICE.

Gli sportelli unici all’estero (art.1)

La costituzione di sportelli unici all’estero343 - i cosiddetti Sportelli Italia (di seguito sportelli) – prevista dall’articolo 1 della legge 56/05 - è volta al sostegno della internazionalizzazione del sistema produttivo italiano, per la tutela del Made in Italy e per la promozione degli interessi italiani all’estero, con riguardo anche alle iniziative culturali e di valorizzazione delle comunità d’affari di origine italiana.

La loro istituzione, quali strutture in grado di consentire una più efficace azione dei soggetti pubblici e privati operanti nel comparto e di garantire una maggior coerenza delle attività di promozione e di sostegno all’internazionalizzazione con gli obiettivi di politica internazionale del Governo, assume un peculiare rilievo nell’ottica di un rafforzamento della diplomazia economica.

La promozione di investimenti per la loro costituzione è affidata ai Ministri delle attività produttive e degli affari esteri, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, e per l’innovazione e le tecnologie. Le sedi degli sportelli devono essere notificate alla autorità locali, in conformità alle convenzioni internazionali vigenti nel nostro Paese.

La legge prevede che gli sportelli siano istituiti sia nei paesi che per l’Italia rivestono un maggior interesse sotto il profilo economico, commerciale e imprenditoriale, sia nei paesi in cui non esistono strutture pubbliche idonee ad assicurare l’attività promozionale e di sostegno alle imprese italiane. Si deve, inoltre, tener conto, in via prioritaria, delle aree di libero scambio e di integrazione economica e delle macroaree di interesse economico commerciale nelle quali va garantita una presenza continuativa ed una gestione coordinata.

In coerenza con le linee di indirizzo dell’attività promozionale definite dal Ministro delle attività produttive e sulla base di indicazioni formulate d’intesa con il Ministro degli affari esteri, gli sportelli esercitano funzioni di orientamento, assistenza e consulenza alle imprese e agli operatori, sia italiani che esteri, con riguardo anche ad attività di attrazione degli investimenti esteri in Italia, nonché di promozione effettuate in loco da enti pubblici e privati.

Limitatamente alle finalità di assistenza e consulenza per le imprese multinazionali gli sportelli sono chiamati a cooperare con il Punto di contatto nazionale OCSE, di cui all’art 39 della legge 273/02, secondo le modalità stabilite 343 Le basi per la creazione di Sportelli Unici per le imprese nei Paesi stranieri sono state poste con

la firma - il 24 marzo 2004 - della Convenzione operativa tra il Ministero degli esteri, il Ministero delle attività produttive e l’Istituto per il Commercio Estero, che costituisce uno strumento strategico per l’internazionalizzazione del Sistema Italia volto al potenziamento dell’azione diplomatica e al rafforzamento della presenza delle imprese italiane nel mondo. Grazie alla cooperazione rafforzata instaurata dal MAE e dal MAP con la Convenzione, nel 2004 – come risulta dal sito Internet del MAE- sono state realizzate 28 integrazioni logistiche e funzionali (c.d. "Sportelli Pilota") tra Ambasciate/Consolati ed Uffici ICE.

Page 376: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

368

dall’art. 8, co. 3, del DPR 26 marzo 2001, n. 175 (“Regolamento di organizzazione del Ministero delle attività produttive”)344.

Ulteriori funzioni loro assegnate - da svolgere in stretto collegamento con le strutture del Ministero delle attività produttive - riguardano: l’assistenza legale alle imprese, la tutela dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, nonché la lotta alla contraffazione (v. scheda Made in Italy - Lotta alla contraffazione).

La legge prevede, altresì, che gli Sportelli Italia operino in raccordo funzionale ed operativo con le rappresentanze diplomatiche e gli uffici e in coordinamento con la rete degli sportelli unici regionali per l’internazionalizzazione in Italia, nonché con le sedi regionali dell’ICE.

E’ prevista, inoltre, la partecipazione all’attività di organismi operanti nel settore, quali: l’ICE345 (104 unità operative all’estero secondo la relazione illustrativa), l’ENIT346 (25 uffici esteri), le camere di commercio italiane all’estero (68), Sviluppo Italia spa, quale società per l’attrazione degli investimenti e per lo sviluppo di impresa, enti ed istituzioni nazionali, nonché altri soggetti operanti nel campo della internazionalizzazione, oltre ad enti nazionali e regionali operanti in loco, compresi gli istituti di credito, i consorzi di garanzia fidi e le rappresentanze dei sistemi fieristici, in modo da coordinare tutti i soggetti del ”sistema Italia” all’estero.

La definizione delle modalità operative per la costituzione degli sportelli è demandata ad un regolamento, la cui adozione da parte dei Ministri delle attività produttive e degli affari esteri, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con la Conferenza Stato-regioni, sentiti i soggetti partecipanti e le associazioni di categoria. Tali modalità operative saranno definite alla luce della composizione delle strutture statali e regionali già presenti all’estero.

I responsabili degli sportelli – di cui si prevede l’inserimento nell’organico della rappresentanza diplomatica o dell’ufficio consolare, in qualità di esperti, ai

344 Il Punto di contatto nazionale (PCN) istituito dalla citata legge n.273/02 (Misure per favorire

l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza) presso il Ministero delle attività produttive, in attuazione della decisione dei ministri OCSE del giugno 2000, è incaricato di svolgere attività promozionale e informativa relativamente alle questioni inerenti le linee guida per le imprese multinazionali tracciate nella stessa decisione.

345 Per quanto concerne l’ICE, si ricorda che la legge di riordino 25 marzo 1997, n. 68, all’art. 2, comma 2, lett. d) assegna all’Istituto il compito di promuove la formazione manageriale, professionale e tecnica dei quadri italiani e stranieri operanti per l'internazionalizzazione delle imprese, consentendogli di stipulare, a tal fine, accordi o convenzioni con istituzioni scientifiche o professionali, sia di carattere pubbliche che privato, anche straniere.

346 L'ENIT, il più importante ente pubblico attivo in materia di turismo, è stato istituito nel 1919, ma la disciplina dell'istituto ha conosciuto diverse modifiche. Si segnala in particolare la riforma varata con la L. 11 ottobre 1990, n. 292 che ha provveduto ad aggiornare profondamente la struttura e i compiti dell'ente. Recentemente l’art. 12 del DL 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, conv. con. modif. dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha disposto la trasformazione dell’Ente in “Agenzia nazionale del turismo”, allo scopo di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica italiana per favorirne le condizioni di commercializzazione, demandandone l’organizzazione e la disciplina ad un regolamento di delegificazione, da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988.

Page 377: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

369

sensi dell’art. 168 del DPR n.18/67347 - sono individuati dal Ministro delle attività produttive tra i funzionari pubblici con specifica professionalità in campo economico-commerciale ed esperti esterni di equivalente professionalità ; non è tuttavia esclusa la loro appartenenza ai ruoli del Ministero degli affari esteri (In tal caso è prevista l’applicazione delle disposizioni dell’art. 34, comma 3, del DPR 18/67348.

Disposizioni organizzative a supporto dell'attività degli sportelli (art. 2)

Tra le disposizioni organizzative previste a supporto dell’attività degli sportelli (art. 2, L. 56/05) rientrano:

l’assunzione di personale a tempo determinato e l’utilizzo di personale proveniente dal comparto pubblico, in posizione di distacco, cui si richiede il possesso di comprovata professionalità in campo economico-commerciale.

l’istituzione presso il Ministero degli affari esteri di un fondo di sostegno delle iniziative volte ad agevolare la costituzione ed il funzionamento degli sportelli (a valere su tale fondo è autorizzata una spesa di 1.300.000 euro per il 2005 e di 1.600.000 euro a decorrere dal 2006), in attesa dell’attuazione della delega introdotta dalla legge per il riordino degli enti ed in fase di prima applicazione;

la definizione delle modalità di copertura a regime delle spese di funzionamento del nuovo sistema degli sportelli, prevedendo a tal fine l’utilizzo delle risorse derivanti dai risparmi di spesa conseguenti ai decreti legislativi di riordino e di razionalizzazione che avrebbero dovuto essere adottati in attuazione della delega recata dalla legge di semplificazione 2001 (L. 229/03: v. supra).

Formazione del personale (art. 3)

La legge affida al MAP la creazione di apposite strutture statali o regionali, avvalendosi del supporto tecnico-organizzativo oltre che dell’ICE, di Sviluppo Italia, relativamente all’attività di formazione del personale da destinare agli

347 L'articolo 168 consente all’Amministrazione degli affari esteri l’utilizzo, negli uffici centrali o nelle

rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari, di esperti dello Stato o di enti pubblici appartenenti a carriere direttive, a cui sono affidati specifici incarichi per i quali si richieda competenza tecnica particolare. Nell’impossibilità di ricorrere ad esperti tratti dal personale dello Stato e da enti pubblici, l'Amministrazione degli affari esteri ha la facoltà di utilizzare, in via eccezionale, e fino ad un massimo di dieci unità, personale estraneo alla pubblica amministrazione, purché qualificato per le funzioni a cui è destinato.

348 In base alla norma citata, il trasferimento e il richiamo dei funzionari diplomatici assegnati a posti commerciali - qualificati ai sensi dell'art. 32, terzo comma, dello stesso DPR 18/67 - e degli impiegati della carriera degli assistenti commerciali sono disposti dal Ministro per gli affari esteri, di concerto con il Ministro per il commercio con l'estero (ora delle attività produttive), fatta eccezione per i funzionari non specializzati in materia commerciale che compiono in funzioni commerciali uno dei due periodi di servizio previsti (DPR 18/1967, art. 107, primo comma, lett. b) tra i requisiti per le promozioni al grado di consigliere di legazione).

Page 378: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

370

sportelli unici all’estero, agli sportelli regionali, previsti dal DPR 161/2001349 e agli altri enti operanti nel settore dell’internazionalizzazione. A tal fine sono autorizzati investimenti – anche a carattere pluriennale – nell’ambito di accordi di programma conclusi dal Ministero con le regioni.

Le iniziative in oggetto sono definite sentiti i Ministri della funzione pubblica e degli affari esteri, che vi possono contribuire per quanto concerne i responsabili degli sportelli attraverso l’ICE (ai sensi dell’art. 2, lett. d) della L. 68/97) e l’Istituto diplomatico, di cui all’art. 8 del DPR 267/99350.

Per la definizione delle modalità e dei criteri di trasferimento delle risorse alle regioni per la piena attuazione degli sportelli unici regionali per l’internazionalizzazione – anche mediante utilizzo a livello locale di enti camerali e organismi associativi pubblici e privati - nonché per il loro collegamento con gli sportelli Italia, la legge demanda a “successivi provvedimenti”.

In relazione agli investimenti previsti la legge ha autorizzato per ciascuno degli anni 2004 e 2005 una spesa complessiva di 3,3 milioni di euro.

Applicazione dell'accordo-quadro con le università (art. 4)

Attraverso la concretizzazione degli strumenti indicati nell’Accordo - quadro sottoscritto nel 2001 tra l’allora Ministero del commercio con l’estero, ICE e

349 Il DPR 9 febbraio 2001, n. 161 "Regolamento di semplificazione dei procedimenti relativi alla

concessione di agevolazioni, contributi, incentivi e benefici per lo sviluppo delle esportazioni e per l'internazionalizzazione delle attività produttive", ha dettato disposizioni finalizzate all’introduzione dello sportello unico regionale per l’internazionalizzazione delle attività produttive, proseguendo l’attuazione dell’art. 24, comma 3, del D.Lgs. n.143 del 1998 "Disposizioni in materia di commercio con l'estero", che ha affidato alla Commissione permanente per il coordinamento e l’indirizzo strategico della politica commerciale con l’estero del CIPE (V Commissione, la c.d. “cabina di regia”) il compito di promuovere la costituzione e la diffusione territoriale degli sportelli. Su tale base la Commissione ha adottato una apposita delibera il 29 giugno 2000, con la quale si è completato l’iter normativo per la costituzione dei suddetti sportelli. Al pari dello sportello unico per le imprese disciplinato dal DPR 20 ottobre 1998, n. 447, ai sensi degli artt. 23-27 del D.Lgs. n. 112/98, e già operativo in numerosi comuni, lo sportello unico delineato dal provvedimento in esame non si limita (come accade, invece, in altri Paesi) ad essere un front-office informativo, ma è adibito direttamente al rilascio degli atti finali. La costituzione degli sportelli è demandata ad accordi da stipulare tra il Ministero del commercio con l’estero (ora delle attività produttive) e le regioni, con l’eventuale partecipazione dell’ICE, della SIMEST, della SACE, dell'UNIONCAMERE, della FINEST e di Sviluppo Italia. Con gli stessi accordi si disciplinano anche le modalità procedurali relative all'utilizzo degli strumenti finanziari di competenza della SACE, della SIMEST ed eventualmente, della FINEST e di Sviluppo Italia.

350 L’articolo 8 del DPR 11 maggio 1999, n. 267, disciplinante l'organizzazione e le funzioni degli uffici dirigenziali generali in cui si articola l'Amministrazione centrale del Ministero degli affari esteri, ha ridefinito le funzioni dell’Istituto diplomatico, istituito in seno al Ministero degli affari esteri con il DPR 18 gennaio 1967, n.18, stabilendo, in proposito, che esso provveda alla formazione ed al perfezionamento professionale del personale del Ministero degli affari esteri, nonché alla preparazione degli aspiranti alla carriera diplomatica. Tra le funzioni dell’Istituto rientra anche la preparazione del personale di altre amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali, in vista di compiti o funzioni da svolgere all'estero, nonché degli aspiranti al servizio presso le organizzazioni internazionali. L'art. 4 del DPR 24 giugno 2002, n. 157, recante modifiche e integrazioni al citato DPR 11 maggio 1999, n. 267, ha poi aggiunto alle funzioni dell'Istituto la competenza a svolgere corsi di formazione o aggiornamento per funzionari diplomatici stranieri.

Page 379: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

371

Conferenza dei rettori delle università italiane, allo scopo di valorizzare le Università italiane nelle loro interconnessioni con il sistema economico, si evidenzia la funzione propulsiva e di coordinamento affidata al Ministero delle attività produttive per la ricerca di sinergie tra il mondo universitario e quello imprenditoriale nel settore della internazionalizzazione.

L’Accordo, di durata triennale e tacitamente rinnovabile per un periodo di uguale durata, è stato sottoscritto il 30 aprile 2001 allo scopo di valorizzare le Università italiane nelle loro interconnessioni con il sistema economico, sia in qualità di soggetti a cui è demandata in via prioritaria la creazione di conoscenza e l'alta formazione, sia in qualità di canali per l'acquisizione, lo sviluppo e la diffusione delle conoscenze specialistiche e innovative che fanno da supporto ai processi di internazionalizzazione e di acquisizione di una maggiore competitività delle imprese.

Tra gli obiettivi primari individuati dall’Accordo rientrano: a) l'integrazione fra la produzione di conoscenza in materia di internazionalizzazione del sistema universitario e il mondo delle imprese, incentivando a tal fine i rapporti delle Università con i sistemi produttivi locali, i distretti industriali e i parchi tecnologici italiani e stranieri; b) promozione all'estero dell'offerta formativa del sistema universitario italiano.

Le azioni derivanti dall’Accordo dovranno essere individuate in coerenza con le Linee direttrici ministeriali in materia di attività promozionale e tenendo conto degli interventi a favore dei sistemi produttivi anche in ambito degli Accordi programma sottoscritti con le Regioni e degli Accordi di settore sottoscritti con le Associazioni di categoria. In prima applicazione tali azioni saranno volte: alla promozione e al sostegno della diffusione all'estero di informazioni sulle attività formative delle Università italiane; alla realizzazione di specifiche iniziative promozionali per presentare l'offerta formativa del sistema universitario italiano o le opportunità formative settoriali; l'identificazione di potenziali partners stranieri per lo svolgimento di attività di ricerca e formazione in materia di internazionalizzazione; la realizzazione di iniziative di scambio, comprese quelle relative a tecnologie, tra Università ed imprese, mediante forum, organizzazione di meeting, workshop, seminari nei centri di produzione, parchi tecnologici ecc.; lo sviluppo della collaborazione tra le Università e tra queste e gli altri soggetti operanti nel campo della formazione per l'internazionalizzazione - in primo luogo l'ICE.

L’art. 3 dell’Accordo demanda al Ministero (ora delle attività produttive) il compito di individuare priorità, risorse e procedure relative alla selezione e al finanziamento dei progetti, stabilendo, inoltre che la valutazione dei progetti sia realizzata con l’apporto di un Comitato di valutazione appositamente costituito. Lo stesso art. 3 stabilisce che la valutazione dei progetti sia realizzata con l’apporto di un Comitato costituito ad hoc (art.4), in cui siedono i rappresentanti del Ministero delle attività produttive, della Conferenza dei rettori delle università, dell’Istituto per il commercio estero e del Ministero degli affari esteri.

Si segnala, infine, che in attuazione dell’Accordo-quadro per il 2003/2004 è stata emanata la circolare del Ministero delle attività produttive n. 511049 del 27 ottobre 2003 (GU 263 del 12 nov. 2003), nella quale sono riportate indicazioni relative al contenuto e alla priorità dei progetti da finanziare, alle risorse e al co-finanziamento, nonché alle modalità di elaborazione e di presentazione dei progetti.

Page 380: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

372

Nell’ambito del suddetto Accordo e tenendo conto, altresì, degli accordi di programma sottoscritti con le regioni351 e con tutti i soggetti operanti nel settore dell’internazionalizzazione, degli accordi di settore siglati con le associazioni di categoria e degli altri accordi in essere, il Ministero delle attività produttive è incaricato di coordinare (di concerto con i Ministeri degli affari esteri e dell’istruzione):

l’utilizzo delle reti informative e telematiche pubbliche attualmente esistenti che, tramite le rappresentanze diplomatiche e consolari e gli istituti di cultura all’estero e gli uffici dell’ICE, consentano la diffusione di informazioni sulle attività formative svolte dalle università del nostro Paese in materia di internazionalizzazione, comprese le informazioni circa le opportunità di frequenza a corsi universitari italiani per gli stranieri;

la collaborazione, anche attraverso i menzionati accordi, tra le università, l’ICE e i vari soggetti operanti nel settore della elaborazione dei progetti e della ricerca applicata per lo sviluppo dell’internazionalizzazione, allo scopo di sostenere investimenti che favoriscano i processi di internazionalizzazione delle imprese, l’adozione di strategie innovative e l’interazione tra università e imprese nella realizzazione di progetti per l’internazionalizzazione e nella identificazione di potenziali partners stranieri per lo svolgimento di attività ricerca.

All’individuazione delle priorità e dei settori di intervento per effettuare gli investimenti previsti, nonché delle relative modalità di finanziamento, provvederà un successivo decreto del Ministro delle attività produttive, adottato di concerto con i Ministri degli affari esteri e dell’istruzione, sentita la Conferenza dei rettori delle università e la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Per i suddetti interventi è stata autorizzata per ciascuno degli anni 2004 e 2005 la spesa di 1.300.000 €.

Accordi di settore in tema di internazionalizzazione (art. 5)

Mediante gli accordi di settore352 il Ministero delle attività produttive favorisce e incentiva, anche attraverso l’ICE, il coordinamento delle attività promozionali e 351 Gli Accordi di programma tra il Ministero e le regioni sono stati introdotti nel ’95 per rispondere

alle specifiche esigenze dei "territori" nel processo di sostegno all’internazionalizzazione, favorendo la coerenza fra le strategie promozionali regionali e quelle nazionali attraverso la programmazione congiunta delle iniziative. I programmi regionali in linea di principio hanno una valenza pluriennale e contenuti promozionali innovativi, rivolti di preferenza ai settori ed alle aree geografiche indicati come prioritari nelle linee direttrici annuali impartite dal Ministro.

352 Si tratta, come si desume da una Nota del Ministero, di documenti di natura politica che formalizzano la volontà di collaborazione fra pubblico e privato in cui risulti più facile attivare l’utilizzo combinato dei diversi strumenti di sostegno all’internazionalizzazione, di natura promozionale e finanziaria. Gli Accordi sono resi operativo mediante sottoscrizione di un’Intesa annuale MAP/Associazione di categoria (o altro Ente)/ICE, nella quale sono individuati i progetti da realizzare con apporto finanziario pubblico/privato al 50%. Tali progetti devono essere in

Page 381: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

373

la realizzazione di progetti di investimenti pluriennali nel campo della internazionalizzazione di settore e di filiera, ad esclusione del settore agro-alimentare di prima trasformazione, come si precisa nella relazione di accompagnamento al disegno di legge originario.

Si tratta, in particolare, di accordi con le associazioni di categoria e di accordi quadro con le confederazioni. Il Ministero delle attività produttive è chiamato ad operare d’intesa con le regioni interessate e tenendo conto delle strategie definite in seno ai Tavoli di settore.

Il Ministro delle attività produttive, d’intesa con il Ministro degli affari esteri, promuova opportune forme di raccordo con il sistema associativo, rappresentativo degli interessi delle imprese e coordina, sulla base di accordi di programma con le regioni – sentite le associazioni di categoria- interventi a carattere di investimento, anche pluriennali, finalizzati all’accrescimento della competitività del sistema economico nazionale, nell’ambito degli accordi di settore con le categorie interessate.

Sono inoltre previste forme di raccordo con le camere di commercio e le camere di commercio italiane all’estero, con il sistema associativo, rappresentativo degli interessi delle imprese, con le comunità, le comunità di affari italiane all’estero e con i loro organismi rappresentativi, alla cui promozione provvedono i Ministri delle attività produttive e degli affari esteri, di concerto con il Ministro per gli italiani nel mondo, d’intesa con i Ministri delle politiche agricole e forestali e per gli affari regionali. Tali forme di raccordo sono volte a facilitare le sinergie nelle iniziative di settore o di filiera con le modalità previste negli accordi di programma e di settore sottoscritti dai suddetti ministeri - anche disgiuntamente - con Unioncamere e Assocamerestero, nonché con le regioni, gli enti pubblici e gli organismi di rappresentanza delle imprese.

Per la realizzazione delle suddette attività, i sottoscrittori degli accordi, possano coordinarsi con i soggetti che svolgono attività di promozione all’estero e che siano riconosciuti dal Governo italiano.

A favore degli interventi suindicati è stata autorizzata una spesa di 4,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005. Si tratta in particolare, come precisato nella relazione tecnica che accompagnava il disegno di legge originario (AC 4360) di investimenti volti a finanziare progetti finalizzati alla creazione di strutture di supporto all’estero, anche permanenti - quali, ad esempio, gli show rooms - che consentano una migliore conoscenza dei prodotti di alta qualità e la

sintonia con le "Linee direttrici ministeriali sull’attività promozionale" e devono caratterizzarsi per un taglio strategico rispetto all’attività promozionale ordinaria, e rispondere alla strategia pubblica di internazionalizzazione del "Sistema Italia" promossa dall’Amministrazione. Al Ministero spetta il compito di valutare la coerenza delle proposte progettuali - elaborate dalle Associazioni di concerto con l’ICE - con il contesto generale della promozione pubblica (altre intese, tavoli settoriali, accordi di programma).

Page 382: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – COMMERCIO CON L’ESTERO

374

promozione di determinati settori produttivi, oltre ad offrire un sistema di servizi a sostegno delle imprese.

Per un approfondimento del contenuto delle disposizioni degli articoli 6 e 7 della legge 56/05 (delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel settore dell'internazionalizzazione delle imprese e modifiche alla legge n. 100/90 sulla Simest) v. scheda Internazionalizzazione - Riordino degli enti.

Page 383: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Scuola, Università e Ricerca

Page 384: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 385: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

377

Riordino dell'ASI

L'Agenzia spaziale italiana (ASI), è stata istituita con la legge 30 maggio 1988, n. 186353.

La legge ha demandato all’ASI, succeduta al CNR nella gestione del Piano spaziale nazionale, l'elaborazione e l'attuazione di tale piano sulla base di programmi e progetti armonizzati in un quadro di riferimento europeo e mondiale, nonché il compito istituzionale di provvedere - sulla base di direttive impartite dal Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e secondo i criteri deliberati dal CIPE - alla predisposizione di programmi scientifici, tecnologici ed applicativi, al fine di qualificare ed accrescere la competitività dell'industria spaziale nazionale.

A partire dal 1993 la gestione dell'ASI è stata oggetto di particolari vicende amministrative e giudiziarie che hanno condotto, dapprima, al suo commissariamento, disposto dal DPCM 27 agosto 1993 e, successivamente, ad alcune modifiche al suo ordinamento, intervenute ad opera della legge 31 maggio 1995, n. 233354, che ha affidato l'amministrazione sia ordinaria che straordinaria dell'Agenzia ad un amministratore unico, cui sono state attribuite le medesime funzioni spettanti, ai sensi della legge 30 maggio 1988, n. 186, al presidente, al consiglio d'amministrazione e al direttore generale.

Nella XIII legislatura il D.Lgs. 30 gennaio 1999, n. 27, adottato in attuazione dell’art. 11, comma 1, lett. d) e degli articoli 14 e 18 della legge 59/97 (c.d. legge Bassanini), ha delineato, in stretto collegamento con le disposizioni introdotte dal D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 204 (“Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59”), una riforma dell’Agenzia spaziale italiana (ASI) finalizzata al suo rilancio definitivo dopo il periodo di difficoltà cui si è accennato.

Nel corso della XIV legislatura si è provveduto ad un ulteriore riordino dell’Agenzia con il D.Lgs. 4 giugno 2003, n. 128355 adottato in attuazione dell’art. 1, comma 1, della legge 6 luglio 2002, n. 137, recante “Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici”.

Il nuovo intervento di riordino, rientrante in un disegno complessivo e sistematico di riforma degli enti di ricerca sottoposti alla vigilanza del Ministero dell’istruzione, dell‘università e della ricerca (MIUR), è stato finalizzato alla promozione, allo sviluppo e alla diffusione della ricerca applicata nel settore 353 La legge è stata abrogata ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. 27/99 di riordino dell’ASI, a decorrere

dall’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo. 354 La legge è stata abrogata ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. 27/99 di riordino dell’ASI, a decorrere

dall’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo. 355 D.Lgs n. 128/03 recante "Riordino dell'Agenzia spaziale italiana (A.S.I.)".

Page 386: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

378

spaziale e aerospaziale, attraverso il potenziamento della presenza italiana nelle sedi internazionali, in linea con le indicazioni contenute nel VI programma quadro di ricerca e sviluppo della UE e recepite nelle linee guida per la politica scientifica e tecnologica del Governo, approvate dal CIPE il 19 aprile 2002.

Per il raggiungimento del predetto obiettivo con il D.Lgs. n.128/03 si è inteso, secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, adeguare la missione e la struttura organizzativa dell’Agenzia al mutato contesto europeo, in modo da favorirne l’inserimento nelle grandi reti di ricerca europee ed internazionali, dotandola a tal fine di strutture organizzative omogenee, con compiti e funzioni determinati in modo puntuale e la cui funzionalità viene assicurata da un assetto spiccatamente manageriale, mentre la formulazione dei progetti e dei piani di attività viene riservata alla componente scientifica.

Il decreto di riordino definisce negli articoli da 1 a 3 finalità e competenze dell’ASI. Tra le attività dell’Agenzia rientrano:

la predisposizione e l’attuazione del Piano spaziale nazionale, sulla base del Programma nazionale della ricerca (PNR)356 e degli indirizzi del Governo in materia;

la partecipazione ai lavori del consiglio dell’Agenzia spaziale europea (ESA), la promozione e il coordinamento della partecipazione dell’Italia ai programmi da questa approvati, la stipula di accordi bilaterali o multilaterali per la partecipazione a programmi o ad imprese aerospaziali con organismi stranieri ed il sostegno, nonché il coordinamento e la partecipazione a progetti e iniziative UE nel comparto della ricerca di settore;

la cura delle relazioni con organismi aerospaziali stranieri ed internazionali; la promozione e realizzazione della ricerca scientifica nazionale nel settore,

nonché lo svolgimento di attività di agenzia; le iniziative di integrazione tra la ricerca pubblica e privata e nazionale ed

internazionale; la valorizzazione del trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca nei

settori di competenza; la valutazione dei risultati dei propri programmi di ricerca, del funzionamento

delle proprie strutture e dell’attività del personale; la promozione della formazione e della crescita tecnico-professionale dei

ricercatori italiani; la fornitura di tecnologie, servizi di consulenza, ricerca e formazione, nonché

di supporto e assistenza tecnica.

356 Il PNR che costituisce il principale strumento di programmazione e di coordinamento della

ricerca, è disciplinato dall’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 204/98. Di durata triennale, ma aggiornato annualmente, il PNR viene elaborato sulla base del DPEF ed è approvato dal CIPE.

Page 387: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

379

Gli organi dell’Agenzia (artt. 4 e 6-9) sono: il presidente; il consiglio di amministrazione; il consiglio tecnico-scientifico; il collegio dei revisori dei conti. Costituisce una novità il consiglio tecnico-scientifico - la cui nomina compete al c.d.a. - costituito da scienziati italiani e stranieri di fama internazionale, professionalmente qualificati ed esperti del settore, cui sono assegnati compiti di carattere consultivo riferiti agli aspetti tecnico-scientifici dell’attività dell’Agenzia.

L’elemento caratterizzante della struttura organizzativa dell’Agenzia (artt. 5 e 10-12) è costituito dai settori tecnici , definiti come le unità organizzative che realizzano l’attività di ricerca applicata nei settori di intervento dell’ASI.

Attraverso le unità organizzative l’ente esplica la propria attività di ricerca sulla base dei piani di attività, articolati (art. 14) in un piano triennale e nei relativi aggiornamenti annuali. Le proposte sono formulate dal presidente dell’ente e sottoposte al parere del c.d.a., che delibera i piani sentito il consiglio scientifico.

Tra gli strumenti di cui può avvalersi l’ASI per lo svolgimento delle sue attività. istituzionali rientrano (artt. 15 e 16): la stipula di convenzioni e accordi; la costituzione o partecipazione a consorzi, fondazioni o società con soggetti pubblici e privati, nazionali ed internazionali; la costituzione di nuove imprese conferendo personale proprio; la costituzione e conduzione scientifica di centri di ricerca internazionali in collaborazione con analoghe istituzioni di altri paesi; l’affidamento di attività di ricerca a soggetti pubblici e privati, nazionali e internazionali secondo le disposizioni del regolamento amministrativo. Nello svolgimento della propria attività l’ASI si avvale anche della struttura organizzativa del Centro di ricerche aerospaziali, “CIRA spa”, disciplinato dal decreto del Ministro dell’Università 10 giugno 1998, n. 305,”Regolamento recante disciplina del Programma nazionale di ricerche aerospaziali (PRORA) e del Centro italiano di ricerche aerospaziali (CIRA S.p.a.)”.

All’ASI è consentito dotarsi di propri regolamenti, secondo le modalità e le procedure stabilite dall’articolo 8 della legge 168/89357. I regolamenti sono sottoposti all’approvazione da parte del Ministro dell’istruzione al quale, oltre che al Ministero dell’economia, l’Agenzia è tenuta ad inviare: bilanci preventivi e consuntivi e relative relazioni di accompagnamento; relazioni del collegio dei revisori dei conti; relazione annuale di verifica dei risultati di gestione ed economici dell’ASI; relazione del comitato di valutazione.

L’Agenzia è inoltre sottoposta (at. 18) al controllo da parte della Corte dei conti previsto dall’art. 3, comma 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 “Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.

357 L’articolo 8 della legge 9 maggio 1989, n. 168, “Istituzione del Ministero dell'università e della

ricerca scientifica e tecnologica “, concerne l’autonomia degli enti di ricerca e prevede che essi si diano ordinamenti autonomi, nel rispetto delle proprie finalità istituzionali, con propri regolamenti.

Page 388: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

380

Quanto allo stato giuridico del personale il provvedimento di riordino (art. 19) introduce le seguenti innovazioni rispetto alla disciplina contenuta nel precedente D.Lgs n. 27/1999: vengono richiamate disposizioni legislative ulteriori, riguardanti, in particolare,

misure per incrementare l’occupazione nel settore della ricerca; è prevista la possibilità di procedere ad assunzioni per chiamata diretta

(comma 2); non è più previsto espressamente il comando, il distacco o il collocamento

fuori ruolo da altri amministrazioni ed enti pubblici e da società od organismi a prevalente partecipazione pubblica, che comunque resta disciplinato dai singoli ordinamenti. Il rapporto di lavoro dei dipendenti dell’ASI deve essere regolato da

disposizioni individuate dal decreto legislativo; è consentita la partecipazione alle selezioni pubbliche per le assunzioni anche di cittadini stranieri, purché risultino in possesso dei requisiti richiesti358: - D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (TU sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze

delle amministrazioni pubbliche). - Art. 15 della citata Legge n. 196/1997: che ha introdotto la possibilità di

stipulare contratti di formazione e lavoro anche negli enti pubblici di ricerca. - D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297, recante “Riordino della disciplina e snellimento

delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori“.

- Articolo 51, comma 6 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Infine, al regolamento del personale viene attribuita la definizione delle

procedure di assunzione, prima sostanzialmente rimessa ad un piano triennale di fabbisogno del personale.

In merito alla predisposizione del Piano aerospaziale nazionale, la cui durata è fissata in tre anni, il decreto legislativo (art. 20) stabilisce che vi si provveda sulla base del PNR e degli indirizzi del Governo ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett a) del D.Lgs. 128/03 e che gli eventuali aggiornamenti debbano essere sottoposti all’approvazione del Ministero dell’istruzione, previo esame della Commissione di cui all’art. 2, comma 2, del D.Lgs. 204/1998359.

Da ultimo il decreto legislativo (art. 21) reca disposizioni concernenti l’attività di indirizzo e di coordinamento in materia spaziale ed aerospaziale, che viene affidata al Ministro dell'istruzione. Il Ministro provvede sulla base di intese

358 Nel caso in cui il dipendente sia cittadino extracomunitario, si rinvia al D.Lgs. 25 luglio 1998, n.

286 il quale, all’art. 27, co. 1, lett. c), prevede particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incaricato accademico o un'attività retribuita di ricerca presso università, istituti di istruzione e di ricerca operanti in Italia.

359 Si tratta di un Commissione permanente per la ricerca, nell’ambito della quale il Ministro dell'università coordina l’esercizio delle funzioni attinenti il settore della ricerca affidate al CIPE. La Commissione è stata concretamente istituita con la deliberazione del CIPE 79/98.

Page 389: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

381

o accordi di programma con altre amministrazioni (affari esteri, difesa, attività produttive, infrastrutture, comunicazioni e ambiente) e con gruppi di lavoro cui partecipano oltre alle predette amministrazioni, il presidente dell’ASI e soggetti eventualmente interessati, dei quali può avvalersi la citata Commissione permanente per la ricerca.

In particolare al Ministro spetta: promuovere la definizione degli indirizzi governativi in materia spaziale e

aerospaziale – sulla base di valutazioni del contesto sia nazionale che internazionale - con particolare riguardo alla ricerca, nonché in relazione alla predisposizione del “Piano spaziale nazionale”;

supportare l’ASI nella definizione di accordi internazionali e nelle relazioni da questa intrattenute con gli organismi internazionali del settore spaziale;

assicurare il coordinamento sia dei programmi, sia dell’attività dell’ASI con quelli delle amministrazioni precedentemente citate. Ai Ministri dell’istruzione e delle attività produttive compete inoltre l’adozione,

di concerto, di specifici indirizzi per la ricaduta di politica industriale dei programmi dell’Agenzia.

Page 390: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 391: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

383

Riordino dell’ENEA

Il decreto legislativo 3 settembre 2003 n. 257, recante un nuovo riordino dell’ENEA360, è stato predisposto in attuazione della delega conferita al Governo dalla legge 137/02361 ed ha sostituito il precedente D.Lgs. n. 36 del 1999 di cui è stata disposta l’abrogazione.

Il riordino dell’organizzazione e del funzionamento dell’ENEA è basato, secondo la relazione illustrativa trasmessa alle Camere, su criteri di semplificazione, efficienza ed economicità, e si collega alla più generale riforma di alcuni enti sottoposti alla vigilanza del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (CNR, ASI e INAF) varata dal Governo nel 2003.

Il provvedimento di riordino ha ridefinito la missione dell’ENEA, chiamato ad operare nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie, con compiti sia di promozione che di effettuazione diretta di attività di ricerca (di base e applicata), innovazione tecnologica, diffusione e trasferimento dei risultati e prestazione di servizi ad alto livello tecnologico, anche in collaborazione con il sistema produttivo.

All’Ente è riconosciuta personalità giuridica di diritto pubblico, nonché autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa, patrimoniale e contabile. Esso è dotato di un ordinamento autonomo adottato, in conformità alle disposizioni dello stesso decreto legislativo e del D.Lgs. 204/98362, sulla base degli indirizzi definiti dal Ministro delle attività produttive, d’intesa con i ministri dell’istruzione, dell’ambiente e degli affari esteri, limitatamente alle attività internazionali.

Le attività dell’ENEA sono svolte nell’ambito del piano di attività triennale disciplinato dall’articolo 16 del decreto di riordino; il piano triennale si colloca nel quadro del Programma nazionale della ricerca (PNR)363 disciplinato dal citato D.Lgs. 204/98.

L’operato dell’Ente si concretizza in dettaglio, attraverso le seguenti attività:

promozione e svolgimento di attività di ricerca, sia di base che applicata, compresa la realizzazione di prototipi e l’industrializzazione dei prodotti nei

360 “Riordino della disciplina dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente - ENEA, a

norma dell'articolo 1 della legge 6 luglio 2002, n. 137”. 361 Legge 6 luglio 2002, n. 137 recante “Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e

della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici". 362 Il D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 204 “Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la

valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell’articolo 11, comma 1, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59 “, emanato in attuazione dell’art. 11, co. 1, lett. d), della legge Bassanini, ha tracciato il quadro generale di riassetto della ricerca nazionale nell’ambito del quale era stato predisposto il precedente riordino dell'ENEA (D.Lgs. 36/99).

363 Si ricorda che il PNR, che costituisce il principale strumento di programmazione e di coordinamento della ricerca, è disciplinato dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 204/98. Di durata triennale, ma aggiornato annualmente, il PNR viene elaborato sulla base del DPEF ed è approvato dal CIPE. Il PNR 2005-2007 è stato varato con la delibera CIPE del 18 marzo2005.

Page 392: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

384

settori dell’energia, dell’ambiente e delle tecnologie e delle applicazioni nucleari, delle tecnologie delle radiazioni elettromagnetiche e delle altre tecnologie innovative;

conduzione di grandi progetti di ricerca, sviluppo e dimostrazione a prevalente contenuto ingegneristico e tecnologico;

valutazione del grado di sviluppo di tecnologie avanzate, inclusi gli impatti economici e sociali, in particolare in relazione a richieste delle pubbliche amministrazione;

fornitura di servizi ad alto contenuto tecnologico, studi, ricerche misure, prove e valutazioni nei settori di competenza, a soggetti sia pubblici che privati;

promozione della collaborazione con enti e istituzioni di altri paesi in campo scientifico, compresa la definizione di normativa tecnica, la partecipazione a grandi programmi di ricerca e agli organismi internazionali;

svolgimento di attività di comunicazione e promozione della ricerca attraverso la diffusione dei risultati ottenuti e valorizzazione e trasferimento tecnologico dei medesimi a fini produttivi e a sostegno dello sviluppo nazionale;

promozione e sostegno dei processi di innovazione tecnologica del sistema produttivo nazionale con particolare riferimento alle pmi;

collaborazione con le regioni e le amministrazioni locali ai fini della promozione, attraverso iniziative congiunte, dello sviluppo delle realtà produttive territoriali;

valutazione dei risultati dei programmi di ricerca, del funzionamento delle proprie strutture e delle attività del personale, sulla base di criteri di valutazione definiti dal Comitato di indirizzo e di valutazione della ricerca (CIVR)364, di cui al D.Lgs 204/98;

promozione della formazione e della crescita tecnico-professionale dei ricercatori nelle materie di competenza anche attraverso la collaborazione con le università sulla base di apposite convenzioni;

realizzazione e gestione di grandi attrezzature scientifiche e tecnologiche; svolgimento di qualsiasi altra attività funzionale al perseguimento delle finalità

istituzionali.

All’Ente è inoltre consentito il trasferimento dei diritti di sfruttamento dei brevetti relativi ai propri beni e servizi ad una società di diritto privato la cui costituzione - prevista dallo stesso decreto legislativo - rappresenta una novità di rilievo nell’ambito dell’organizzazione dell’ENEA.

Il modello di governance proposto con il riordino prevede, accanto agli organi dell’Ente già esistenti (presidente, c.d.a. e collegio dei revisori), altri soggetti (Consiglio scientifico, Comitato di valutazione e Comitato di indirizzo e di coordinamento dei progetti di industrializzazione) con funzioni di consulenza

364 Si tratta del Comitato di valutazione della ricerca, istituito presso il Ministero dell’università (ora

dell’istruzione, dell’università e della ricerca) dall’art. 5 del D.Lgs 204/98, con il compito di elaborare strumenti efficaci per la valutazione di istituzioni e programmi di ricerca.

Page 393: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

385

tecnico-scientifica, di valutazione periodica dei risultati scientifici e tecnologici conseguiti e di raccordo con il sistema produttivo.

Mentre il Consiglio scientifico ed il Comitato di valutazione erano già previsti, ma non disciplinati direttamente, dal D.Lgs. n.36/99, il Comitato di indirizzo e di coordinamento dei progetti di industrializzazione rappresenta una novità nell’ambito dell’organizzazione dell’Ente.

Il Consiglio scientifico, istituito in sostituzione del precedente comitato di consulenza tecnico-scientifica, è organo di consulenza costituito da rappresentanti della comunità scientifica nazionale ed internazionale, nominati dal presidente dell’ENEA su designazione dei ministri dell’istruzione (quattro componenti), delle attività produttive (tre componenti), dell’ambiente (due componenti), per l’innovazione e per le politiche agricole (uno ciascuno). I componenti rimangono in carica per quattro anni, con possibilità di riconferma per una sola volta, ed eleggono al loro interno il presidente che viene scelto tra i membri designati dal Ministro dell’istruzione.

I compiti assegnati al consiglio scientifico - di seguito elencati - sono di carattere propositivo e consultivo e sono riferiti all’attività complessiva di ricerca dell’Ente:

individuazione, attraverso proposte da sottoporre al presidente e al c.d.a, delle possibili linee evolutive della ricerca nei settori di competenza;

realizzazione di analisi e confronti sullo stato della ricerca nei settori di competenza a livello internazionale;

espressione al c.d.a di pareri tecnico-scientifici, obbligatori ma non vincolanti, sulle proposte di piano (triennale e annuale) e sullo stato della ricerca;

realizzazione di studi su richiesta specifica del c.d.a. e redazione di pareri.

Il Comitato di indirizzo e di coordinamento dei progetti di industrializzazione svolge compiti di carattere propositivo e consultivo riferiti all’attività complessiva di ricerca dell’Ente, ma con particolare riguardo alle strategie industriali. In particolare al Comitato compete: l’individuazione, attraverso l’elaborazione di proposte da sottoporre al

presidente e al c.d.a, delle possibili linee evolutive della ricerca nei settori produttivi di competenza;

la realizzazione di analisi e confronti sullo stato della ricerca nei settori produttivi di competenza a livello nazionale;

l’espressione al c.d.a di pareri tecnico-scientifici, obbligatori ma non vincolanti, sulle proposte di piano (triennale e annuale) e sullo stato della ricerca ai fini produttivi svolta dall’ENEA;

la realizzazione di studi su richiesta specifica del c.d.a. e la redazione di pareri.

Page 394: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

386

Il Comitato si compone di sette membri nominati con decreto del Ministro delle attività produttive. Di questi, quattro sono designati dalle associazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative e uno ciascuno dai ministri dell’istruzione, dell’ambiente e delle attività produttive. La partecipazione al Comitato non comporta la percezione di indennità o di compensi, in qualsiasi forma.

Al Comitato di valutazione spetta, invece, il compito di valutare periodicamente i risultati scientifici e tecnologici dell’attività dell’ENEA, come previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 204/98, anche in relazione agli obiettivi fissati nel piano triennale e in quello annuale. L’attività di valutazione dovrà essere svolta in base ai criteri definiti dal Ministro dell’istruzione, sentito il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR)365.

Il Comitato di valutazione, cui è riconosciuta piena autonomia nello svolgimento dei propri compiti, per il supporto logistico necessario al loro svolgimento si avvale della collaborazione del direttore generale dell’ENEA.

La struttura organizzativa dell’ENEA delineata dal decreto legislativo - al cui

vertice è posto il direttore generale responsabile della gestione dell’Ente - si articola in un massimo di 5 dipartimenti, individuati in relazione ai settori di intervento dell’Ente e articolati a loro volta in divisioni, e in un massimo di tre direzioni centrali.

I dipartimenti sono strutture organizzative di primo livello alle quali è attribuita la responsabilità dell’esercizio integrato delle funzioni dell’Ente. Con riferimento a grandi aree di materie omogenee individuate in relazione alle finalità dell’ente, svolgono compiti finali e strumentali nonché compiti di indirizzo e di coordinamento delle unità di secondo livello e compiti di organizzazione, allocazione e gestione delle risorse, strumentali, finanziarie ed umane ad essi attribuite, nel rispetto del piano triennale e annuale.

I dipartimenti si articolano in un massimo di 35 divisioni, strutture di secondo livello che gestiscono i progetti di ricerca e assicurano il raggiungimento dei risultati. Con riferimento alle specifiche aree di competenza sono incaricati di: elaborare le proposte del piano triennale e annuale per le attività di

competenza; gestire gli investimenti in grandi infrastrutture su mandato del c.d.a.; coordinare e controllare le divisioni;

365 L’art. 5 del D.Lgs 204/98, che ha istituito presso il Ministero dell’università (ora dell’istruzione,

dell’università e della ricerca) il Comitato di valutazione della ricerca, con il compito di elaborare strumenti efficaci per la valutazione di istituzioni e programmi di ricerca, al comma 1, lett b) assegna al CIVR il compito di determinare i criteri generali per le attività di valutazione svolte dagli enti di ricerca, dalle istituzioni scientifiche e dall’ASI. Lo stesso comma, alla lettera e) prevede, inoltre, che al CIVR spetti la determinazione dei criteri e delle modalità per la costituzione, da parte dei predetti enti, ove previsto dalle norme vigenti, di un apposito comitato incaricato della valutazione dei risultati scientifici e tecnologici dell’attività dell’ente stesso.

Page 395: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

387

allocare risorse presso le divisioni in relazione ai piani triennale e annuale; proporre al c.d.a. politiche di gestione e di sviluppo tecnico-professionale dei

ricercatori; coordinare le relazioni esterne, nazionali e internazionali sulle tematiche di

competenza; valorizzare la ricerca sul territorio, anche attraverso accordi di programma e

attività di agenzia; redigere relazioni e formulare proposte al c.d.a. sulla costituzione di nuove

società, consorzi ecc.; coordinare i progetti e programmi comuni a più dipartimenti, su incarico del

c.d.a.; valorizzare i risultati della ricerca.

Le direzioni centrali svolgono attività di supporto di interesse generale comuni a più organi o dipartimenti. Articolate in un massimo di venticinque strutture di secondo livello, le direzioni centrali sono incaricate, in particolare, di: assicurare l’elaborazione dei bilanci; curare l’amministrazione del personale; gestire i processi di pianificazione e controllo di gestione, nonché il sistema

informativo gestionale, la rete di comunicazione dell’Ente e la comunicazione esterna;

curare i servizi generali e gli acquisti di funzionamento dell’Ente non inerenti alle correnti attività della rete scientifica;

gestire gli affari societari; fornire assistenza e supporto legale; supportare la rete scientifica nella vendita di beni e di servizi a terzi; gestire il patrimonio immobiliare.

L’attività dell’Enea si svolge sulla base di piani di attività triennali e annuali. Con il piano triennale sono definiti obiettivi, programmi di ricerca, risultati

socio-economici attesi e risorse correlate, in coerenza con il PNR (di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 204/1998) e con gli indirizzi del Ministro delle attività produttive. Nel piano triennale, che viene aggiornato con cadenza annuale, è inserita la programmazione pluriennale del fabbisogno del personale. Con il piano annuale di dettaglio viene pianificata l’attività da svolgere nel corso dell’anno, con riferimento a specifici obiettivi, attività, risorse da impiegare, tempi di realizzazione, risultati attesi e indicatori di valutazione.

Le proposte di entrambi i piani sono deliberate dal c.d.a e sono sottoposte all’approvazione dal Ministro delle attività produttive, come previsto dal D.Lgs. 204/98366, d’intesa con i ministri dell’istruzione e dell’ambiente, previo parere dei ministri della funzione pubblica e dell’economia. 366 In particolare il comma 3 dell’art. 6 del D.Lgs. trasferisce dal CIPE ai Ministeri vigilanti la

competenza in materia di approvazione di piani e programmi degli enti di ricerca.

Page 396: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

388

Tra gli strumenti di cui l’Ente può avvalersi per lo svolgimento delle sue funzioni e delle sue attività istituzionali rientrano: la stipula di convenzioni, accordi, accordi di programma e contratti con

soggetti sia pubblici che privati; la costituzione o partecipazione a società, consorzi e fondazioni con soggetti

pubblici e privati, nazionali ed internazionali; la partecipazione alla costituzione e alla conduzione scientifica di centri di

ricerca internazionali in collaborazione con analoghe istituzioni di altri paesi; le attività di ricerca e di studio commissionate a soggetti pubblici e privati,

nazionali e internazionali; il coordinamento di attività di soggetti terzi nei propri settori di competenza; l’utilizzo di ogni altro strumento necessario al conseguimento dei fini

istituzionali. Una novità di rilievo introdotta dal D.Lgs. 257 è rappresentata

dall’autorizzazione concessa all’ENEA per la costituzione di una società di diritto privato alla quale potranno essere trasferite, da parte degli aventi diritto, la titolarità e comunque i diritti di sfruttamento dei brevetti per invenzioni industriali derivanti dall’attività di ricerca dell’Ente.

A tale società viene affidata la gestione delle partecipazioni detenute dall’ENEA nelle aziende industriali. Tali partecipazioni sono trasferite alla società in attuazione di un programma di ristrutturazione, sia organizzativa che produttiva, approvato dal Ministro delle attività produttive su proposta del c.d.a. Alla stessa società è consentita l’assunzione di partecipazioni, anche di maggioranza, in altre società il cui oggetto sociale sia strumentale al perseguimento delle finalità dell’ENEA.

Le entrate dell’ENEA individuate dal decreto legislativo di riordino sono

costituite: dal contributo finanziario ordinario dello Stato 367; dalle assegnazioni e da contributi delle pubbliche amministrazioni centrali e

locali per specifiche iniziative di ricerca; da contributi della UE o di organismi internazionali, per la partecipazione a

programmi; dai mezzi finanziario derivanti dal proprio patrimonio; da contratti stipulati con terzi, pubblici e privati, per la fornitura di beni e

servizi; dai ricavi ottenuti con la cessione di brevetti o cessione di know-how;

367 Le somme destinate all’ENEA in bilancio sono iscritte nel cap. 7630 (UPB 4.2.3.4. - Ente

nazionale energia e ambiente) dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive (tabella 3).

Page 397: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

389

dagli utili o dividendi derivanti dalla partecipazione a società di capitali o altre forme associative;

da ogni eventuale ulteriore entrata. Il provvedimento di riordino prevede, altresì, la predisposizione da parte

dell’ENEA di un regolamento di organizzazione e funzionamento dell’Ente, da sottoporre all’approvazione del Ministro delle attività produttive, previo parere, per i profili di rispettiva competenza, dei ministri della funzione pubblica e dell’economia. Al regolamento si potranno affiancare ulteriori regolamenti interni e altri atti di organizzazione, adottati secondo modalità previste dal regolamento di organizzazione.

Quanto alla disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti, il decreto legislativo stabilisce che sia regolato dalle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 165/01, recante le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

L’ENEA è sottoposto alla vigilanza e al controllo da parte del Ministero delle attività produttive e della Corte dei conti. Il Ministro delle attività produttive ha il compito di vigilare sul corretto andamento dell’Ente e di verificare il perseguimento dei relativi fini istituzionali.

In particolare al Ministro compete l’approvazione: delle proposte di piano triennale e annuale; del bilancio consuntivo; della costituzione di società, consorzi e altre forme associative; delle modifiche al regolamento di organizzazione.

L’Ente si avvale del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato (non previsto dal precedente D.Lgs. 36), ai sensi dell’art. 43 del RD 30 ottobre 1933, n. 1611, concernente, appunto l’assunzione da parte della Avvocatura della rappresentanza e della difesa di amministrazioni non statali e degli impiegati.

Infine, oltre alla trasmissione annuale al Parlamento di una relazione sull’attività dell’ENEA da parte del Ministro delle attività produttive, sentiti i ministri dell’istruzione e dell’ambiente (entro il 30 giugno), il decreto legislativo contempla la possibilità di commissariamento dell’Ente per gravi e motivate ragioni, concernenti il corretto funzionamento e il perseguimento delle proprie finalità, prevedendo la possibilità di scioglimento del c.d.a. dell’Ente con DPCM, su proposta del Ministro delle attività produttive, e la nomina di un commissario straordinario - per un periodo non superiore a diciotto mesi - cui sono riconosciuti i poteri del presidente e del c.d.a. dell’ENEA.

Page 398: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 399: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

391

Invenzioni biotecnologiche – Protezione giuridica

Il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3, recante “Attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche“, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2006, n. 78368, ha provveduto al recepimento nell'ordinamento interno della citata direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 luglio 1998369, con la quale gli Stati membri sono stati investiti del compito di tutelare le invenzioni biotecnologiche mediante il diritto nazionale dei brevetti, nel rispetto degli obblighi internazionali sottoscritti.

Il provvedimento d’urgenza si è reso necessario in esecuzione degli obblighi derivanti da una sentenza di condanna della Corte di Giustizia dell'Unione europea emessa nei confronti dello Stato italiano ai sensi dell'art. 226 CE (causa C–456/03), che in data 16 giugno 2005 ha accertato l'inadempimento dello Stato italiano per la mancata attuazione della citata direttiva, il cui recepimento doveva avvenire entro il 30 luglio 2000.

Lo scopo del decreto, in sintonia con la direttiva UE, è quello di armonizzare la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche le quali – oltre ai criteri di novità, originalità e applicabilità industriale – devono rispettare la dignità e l’integrità umana e dell’ambiente. Il provvedimento – come ha sottolineato il Ministro delle attività produttive, Scajola370 – consente di rafforzare la protezione brevettale in settori altamente innovativi.

La possibilità di brevetto delle invenzioni biotecnologiche ha infatti un ruolo fondamentale nello sviluppo della ricerca scientifica e dell’economia: la Commissione Europea ha stimato che entro il 2010 i settori, esclusa l’agricoltura, in cui la scienza della vita e la biotecnologia sono rilevanti potrebbero valere più di 2.000 miliardi di euro. Questi settori richiedono però forti investimenti ad alto rischio che non possono non avere un’adeguata protezione giuridica. Il deposito e la successiva concessione di un brevetto, infatti, permettono di ottenere la protezione dell'innovazione industriale e di conseguire ritorni economici, 368 Gazzetta Ufficiale 10 marzo 2006, n. 58. 369 Si segnala che la materia - oggetto della direttiva 94/44/CE del Parlamento Europeo e del

Consiglio - non è contemplata nel recente decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante il nuovo “Codice dei diritti di proprietà industriale”, adottato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, in quanto, come affermato anche nella relazione illustrativa al Codice medesimo, il silenzio della legge di delega era volto a confermare implicitamente l’intenzione del Legislatore di mantenere ferma l’autonoma operatività della specifica delega prevista in materia da un disegno di legge governativo il cui esame si è interrotto al Senato (S.1745-B). La sezione IV del Capo II del Codice, relativa alle invenzioni (artt. 45 - 81), che riproduce, seppur con significative innovazioni, la disciplina previgente, non reca, pertanto, la disciplina delle invenzioni biotecnologiche, nonostante tra i criteri direttivi della legge di delega figurasse espressamente l'adeguamento della normativa nazionale alla disciplina internazionale e comunitaria.

370 Comunicato del 29 dicembre 2005.

Page 400: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

392

consentendo la possibilità di recuperare i notevoli investimenti profusi nella ricerca e sviluppo. In questo modo anche nel settore della biotecnologia, così come in altri campi della scienza e della tecnica, i brevetti vanno a configurarsi come un incentivo alla ricerca e sviluppo, nonché uno strumento essenziale nelle più comuni forme di trasferimento tecnologico tra le imprese. La gestione strategica del portafoglio brevetti diventa pertanto un obiettivo essenziale per la crescita e la competitività di un'impresa biotech.

Il decreto, che si compone di 13 articoli, indica, nel rispetto dei requisiti di

novità, originalità e applicabilità industriale, i principi di brevettabilità, in base ai quali sono brevettabili:

a) un materiale biologico, isolato dal suo ambiente naturale o prodotto tramite un procedimento tecnico, anche se preesistente allo stato naturale;

b) un procedimento tecnico attraverso il quale viene prodotto, lavorato o impiegato materiale biologico, anche se preesistente allo stato naturale371;

c) qualsiasi applicazione nuova di un materiale biologico o di un procedimento tecnico già brevettato;

d) un'invenzione relativa ad un elemento isolato dal corpo umano o diversamente prodotto, mediante un procedimento tecnico, anche se la sua struttura è identica a quella di un elemento naturale, a condizione che la sua funzione e applicazione industriale siano concretamente indicate, descritte e specificatamente rivendicate;

e) un'invenzione riguardante piante o animali ovvero un insieme vegetale, caratterizzato dall'espressione di un determinato gene e non dal suo intero genoma, se la loro applicazione non è limitata, dal punto di vista tecnico, all'ottenimento di una determinata varietà vegetale o specie animale e non siano impiegati, per il loro ottenimento, soltanto procedimenti essenzialmente biologici.

E’ d’altra parte previsto espressamente il divieto di brevettabilità: a) del corpo umano, sin dal concepimento e nei vari stadi della sua

costituzione e del suo sviluppo, nonché della mera scoperta di uno degli elementi del corpo stesso, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene; 371 La brevettabilità delle sequenze di DNA, in particolare la questione se una sequenza genica,

che già esiste in natura, sia da considerare una scoperta piuttosto che un'invenzione, è stato un tema molto dibattuto. La Direttiva citata stabilisce la brevettabilità delle sequenze di nucleotidi, che derivano dalla ricerca genetica e che sono isolate dal corpo umano e identificate mediante un processo tecnico. In merito alla brevettabilità delle sequenze di DNA, le obiezioni di fondo riguardano: la preesistenza in natura (che ne comprometterebbe il carattere di novità), e l'uso di apparecchiature automatiche per il sequenziamento dei geni (che pregiudicherebbe l'attività inventiva). La prima questione si era dapprima già presentata per i composti chimici ed è stata risolta in questo modo: se una sostanza presente in natura deve essere isolata dal suo ambiente ed è sviluppato un processo per ottenerla, tale processo è brevettabile. Inoltre se una sostanza può essere caratterizzata mediante il processo con cui è ottenuta ed è nuova nel senso che la sua esistenza non è stata precedentemente riconosciuta, allora quella sostanza è di per sé brevettabile. L'attività inventiva potrebbe invece essere comunque in discussione qualora l'automazione delle apparecchiature per il sequenziamento dei geni raggiunga un grado tale da ridurre notevolmente lo sforzo dell'identificazione.

Page 401: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

393

b) dei metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale e dei metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale;

c) delle invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario alla dignità umana, all'ordine pubblico e al buon costume, alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali, alla preservazione dei vegetali e della biodiversità ed alla prevenzione di gravi danni ambientali. Nell’ambito di tale ultima fattispecie, l’esclusione dalla brevettabilità riguarda, tra l’altro, ogni procedimento tecnologico di clonazione umana e di modificazione dell'identità genetica germinale dell'essere umano, nonché ogni utilizzazione di embrioni umani, ivi incluse le linee di cellule staminali embrionali umane. Peraltro è prevista372 la brevettabilità di una sequenza parziale di un gene, utilizzata per produrre una proteina o una proteina parziale, qualora venga fornita l'indicazione e la descrizione di una funzione utile alla valutazione del requisito dell'applicazione industriale e la funzione corrispondente sia specificatamente rivendicata373.

Sono inoltre esclusi dalla brevettabilità le nuove varietà vegetali e le razze animali, nonché i procedimenti essenzialmente biologici di produzione di animali o vegetali e le nuove varietà vegetali rispetto alle quali l’invenzione consista esclusivamente nella modifica genetica di altra varietà vegetale.

La tutela attribuita da un brevetto relativo ad un materiale biologico dotato, in seguito all'invenzione, di determinate proprietà, è estesa374 a tutti i materiali biologici da esso derivati mediante riproduzione o moltiplicazione in forma identica o differenziata e dotati delle stesse proprietà. Analogamente, anche la protezione attribuita da un brevetto relativo ad un procedimento che consente di produrre un materiale biologico dotato, per effetto dell'invenzione, di determinate proprietà, si estende al materiale biologico direttamente ottenuto da tale procedimento ed a qualsiasi altro materiale biologico derivato dal materiale biologico direttamente ottenuto mediante riproduzione o moltiplicazione in forma identica o differenziata e dotato delle stesse proprietà (articolo 8).

Per ottenere il brevetto relativo ad un'invenzione che riguarda un materiale biologico non accessibile al pubblico e che non può essere descritto nella

372 Ai sensi dell’art.4, c.1, lett. d). 373 Gli ESTs (expressed sequence tags), ovvero brevi sequenze di DNA utilizzate per individuare

sequenze di geni non ancora conosciute, sono ritenuti non brevettabili, in quanto non possiedono un'utilità di per sé ma costituiscono solo uno strumento di ricerca. L'Ufficio Europeo Brevetti (UEB) ha introdotto un’eccezione, con la regola 23e del Regolamento d'attuazione della Convenzione sul brevetto europeo, prevedendo l'obbligo di una precisa indicazione nel brevetto della funzione svolta dalla sequenza e dalla proteina da essa codificata, con la conseguenza che una rivendicazione di prodotto debba essere scritta in modo da enunciarne l'utilizzazione: per esempio "sequenza di DNA che codifica la proteina X che possiede un utilizzo Y".

374 E’ tuttavia escluso dalla protezione il materiale biologico ottenuto per riproduzione o moltiplicazione di materiale biologico commercializzato nel territorio di uno Stato membro dal titolare del brevetto o con il suo consenso, qualora la riproduzione o la moltiplicazione derivi necessariamente dall'utilizzazione per la quale il materiale biologico è stato commercializzato, purché il materiale ottenuto non venga utilizzato successivamente per altre riproduzioni o moltiplicazioni (articolo 9).

Page 402: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA

394

domanda di brevetto in maniera tale da consentire ad un esperto in materia di attuare l'invenzione stessa, oppure implica l'uso di tale materiale, è prevista una particolare procedura disciplinata dall’articolo 10.

Il Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri della salute, delle politiche agricole e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio, e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, deve presentare una relazione annuale al Parlamento sull'applicazione del provvedimento.

Page 403: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Cultura, Sport e Spettacolo

Page 404: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 405: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – CULTURA, SPORT E SPETTACOLO

397

Turismo - Accordo quadro

L’Accordo quadro, che ha definito i "Principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico" ai fini dell'adozione del provvedimento attuativo dell'art. 2, comma 4, della L. 135/01375, rinviando a sua volta ad una successiva attività delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano la concreta definizione di una parte consistente della disciplina, è stato predisposto nel mese di ottobre 2001 ed approvato in sede di Conferenza Stato-regioni il 14 febbraio 2002, ai sensi dell'art.4 del D.Lgs. 281/1997.

Tale decreto legislativo dà facoltà a Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, di concludere accordi in Conferenza Stato-regioni al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune.

L'accordo è stato approvato in sede di Conferenza successivamente all'entrata in vigore della L. Cost.18 ottobre 2001, n. 3, che ha riformato il Titolo V della Costituzione, a seguito della quale la materia del turismo, non contemplata tra le competenze statali, si ritiene ricompresa nella competenza residuale delle regioni, ai sensi dell’art. 117, comma 3 della Costituzione.

Recepito con il DPCM 13 settembre 2002, l'accordo si compone di due

articoli, il primo dei quali detta i principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico376, mentre il secondo riporta i principi e gli obiettivi di sviluppo del sistema turistico, di cui all'art. 2, comma 5, della legge 135/01 recante “Riforma della legislazione nazionale del turismo”.

L'accordo è così riassumibile: L'articolo 1, alla lettera a) stabilisce una denominazione unica a livello

nazionale (IAT), per gli uffici di informazione e di accoglienza turistica, e stabilisce che gli standard minimi dei servizi di informazione e di accoglienza ai turisti siano definiti concordemente dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, che ne disciplinano gli strumenti, le strutture e le modalità di collegamento e il concorso degli enti territoriali e funzionali.

La lettera b) individua le tipologie di imprese turistiche operanti nel settore, in base all'attività svolta dalle stesse, e le attività di accoglienza non convenzionali. A tale fine, identifica le principali tipologie di attività turistiche e talune garanzie essenziali che nell'esercizio di tali attività debbono comunque essere offerte 377.

375 Legge 29 marzo 2001, n.135, recante “Riforma della legislazione nazionale del turismo”. 376 Di cui all'art.2, comma 4 della legge - quadro 29 marzo 2001, n.135”. 377 L'accordo prevede al riguardo che deve essere comunque garantita la fruizione delle strutture

anche ai soggetti con disabilità o con limitate capacità motorie, la tutela e la sicurezza del

Page 406: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – CULTURA, SPORT E SPETTACOLO

398

Le tipologie di attività turistiche individuate dalla lett. b) art.1 dell'accordo sono così sintetizzabili: attività ricettive ed attività di gestione di strutture e di complessi con

destinazione a vario titolo turistico - ricettiva, con annessi servizi turistici ed attività complementari;

attività, indirizzate prevalentemente ai non residenti, finalizzate all'uso del tempo libero, al benessere della persona, all'arricchimento culturale, all'informazione, alla promozione e alla comunicazione turistica, ove non siano di competenza di altri comparti;

attività correlate con la balneazione, la fruizione turistica di arenili e di aree demaniali diverse e il turismo nautico quali le imprese di gestione di stabilimenti balneari;

attività di tour operator e di agenzia di viaggio e turismo, che esercitano congiuntamente o disgiuntamente attività di produzione, organizzazione e intermediazione di viaggi e soggiorni e ogni altra forma di prestazione turistica a servizio dei clienti, siano esse di incoming che di outgoing. Sono altresì imprese turistiche quelle che esercitano attività locali e territoriali di noleggio, di assistenza e di accoglienza ai turisti;

attività organizzate per la gestione di infrastrutture e di esercizi ed attività operanti, per fini esclusivamente o prevalentemente turistici, nei servizi, nei trasporti e nella mobilità delle persone, nell'applicazione di tecnologie innovative, nonché nella valorizzazione e nella fruizione delle tradizioni locali, delle risorse economiche, dì quelle naturali, compreso il termalismo, e delle specialità artistiche ed artigianali, del territorio. Fra tali attività sono compresi gli esercizi di somministrazione di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287, facenti parte dei sistemi turistici locali concorrenti alla formazione dell'offerta turistica, con esclusione comunque della mense a spacci aziendali. Sono altresì imprese turistiche di montagna le attività svolte per l'esercizio di impianti a fune, di innevamento programmato e di gestione delle piste da sci.

altre attività individuate autonomamente dalle diverse regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano.

Secondo lo stesso articolo 1 le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sono altresì competenti a definire concordemente:

standard minimi comuni delle attività di impresa di cui al punto b) (lettera c); standard minimi comuni di qualità delle camere d'albergo e delle unità

abitative delle residenze turistico - alberghiere e delle strutture ricettive in generale (lettera d). Gli standard di queste ultime strutture valgono anche per quelle ricettive gestite senza scopo di lucro (lettera h) e per le attività di accoglienza non convenzionale (lettera i);

cliente nel rispetto della normativa vigente in materia; l'applicazione delle condizioni normative e salariali stabilite dai contratti di lavoro.

Page 407: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – CULTURA, SPORT E SPETTACOLO

399

standard unitari minimi di qualità dei servizi offerti dalle imprese turistiche cui riferire i criteri relativi alla classificazione delle strutture ricettive (lettera e);

standard minimi comuni per l'esercizio delle agenzie di viaggio (così come definite dalla lettera f 378), delle organizzazioni e delle associazioni che svolgono attività similare, nonché il livello minimo e massimo da applicare ad eventuali cauzioni (lettera f)379;

requisiti e modalità di esercizio su tutto il territorio nazionale delle professioni turistiche tradizionali ed emergenti, esercitate in forma autonoma, compresa la qualificazione professionale, e l'organizzazione di corsi di formazione alle professioni turistiche (lettera g);

criteri direttivi di gestione dei beni demaniali e delle loro pertinenze e concessi per attività turistico – ricreative, fermi restando gli elementi disciplinati con la Legge 16 marzo 2001, n.88380 (lettera l);

standard minimi di qualità dei servizi forniti dalle imprese che operano nel settore del turismo nautico, come definite dal DPR 2 dicembre 1997, n.509, quali fondamentalmente i punti d'ormeggio, gli approdi, turistici e i posti turistici, sentite le associazioni di categoria (lettera m);

criteri uniformi per l'espletamento di esami di abilitazione all'esercizio delle professioni turistiche esercitate in forma autonoma (lettera n). L'articolo 2 fissa i principi egli obiettivi di sviluppo del sistema turistico di

cui all'articolo 2, comma 5, della legge n.135/2001, come segue:

il CIPE è individuato come l'organo competente a ripartire le risorse finanziarie disponibili per le imprese turistiche, comprese le risorse destinate alla programmazione negoziata e quelle provenienti dai fondi comunitari, in relazione al peso economico del comparto turistico (lettera a). I provvedimenti di incentivazione dovranno comunque favorire lo sviluppo di aggregazioni, sistemi, reti e altre modalità connettive di attività imprenditoriali operanti nel settore del turismo e nell'indotto, anche di valenza interregionale (lettera c);

l'ente competente a livello nazionale alla promozione turistica dell'Italia all'estero è l'ENIT, che opera previa intesa e in coordinamento con le Regioni, attraverso le varie forme di comunicazione mediatica, la partecipazione a manifestazioni internazionali di rilievo, l'informazione turistica diretta o indiretta (lettera b);

378 Ai sensi dell'art.1, lettera f dell' Accordo, le Agenzie di viaggio svolgono attività di produzione,

organizzazione ed intermediazione di viaggi. compresi i compiti di assistenza e di accoglienza ai turisti, nonché l'intermediazione del soggiorno all'interno di strutture ricettive, con esclusione della mera locazione immobiliare.

379 L'Accordo dichiara il permanere dell'obbligo per le nuove agenzie di viaggio di non adottare denominazioni che possano ingenerare confusione nel consumatore, né nomi coincidenti con la denominazione di comuni o regioni italiane.

380 La L.16 marzo 2001, n.88, "Nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime", reca, all'art.10, "Disposizioni concernenti le concessioni dei beni demaniali marittimi".

Page 408: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO – CULTURA, SPORT E SPETTACOLO

400

la programmazione della realizzazione di infrastrutture, sia specificatamente turistiche sia utili a migliorare la fruibilità turistica dei territori, tiene conto delle esigenze e della possibilità di sviluppo turistico dei territori di riferimento (lettera d);

le diverse amministrazioni centrali, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, gli enti e le società che gestiscono infrastrutture e servizi partecipano all'attività di costante aggiornamento ed integrazione della Carta dei diritti del turista, anche attraverso l'uso di sistemi informatici; le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano collaborano alla redazione e alla diffusione della Carta (lettera e);

i provvedimenti che prevedono l'impiego di risorse nazionali e comunitarie inseriscono opportuni strumenti mirati alla realizzazione di infrastrutture turistiche di valenza nazionale, anche di natura informatica, ed allo sviluppo diretto o indiretto di attività economiche nel settore del turismo (lettera i).

Page 409: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

Questioni all’esame delle istituzioni dell’UE

Page 410: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera
Page 411: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

403

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, riunisce tutte le disposizioni contenute nei differenti Trattati e protocolli vigenti in un unico testo composto da:

• Preambolo; • Parte I, che contiene le norme propriamente costituzionali, nonché le

disposizioni generali per la politica estera, di sicurezza e di difesa e per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia;

• Parte II, che contiene la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;

• Parte III, relativa alle politiche dell'Unione; • Parte IV, recante le disposizioni generali e finali, • Protocolli e dichiarazioni allegati al Trattato.

Il Trattato è stato fino ad ora ratificato da 14 Stati membri: Austria, Belgio, Cipro, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Slovacchia, Slovenia, Spagna ed Ungheria.

A seguito dell’esito negativo dei referendum sulla ratifica del Trattato costituzionale in Francia e nei Paesi Bassi, i Capi di Stato e di governo hanno adottato, al Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005, una dichiarazione che prende atto dei risultati dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi e, pur sottolineando che tali risultati non rimettono in discussione l’interesse dei cittadini per la costruzione dell’Europa, riconosce la necessità di svolgere una riflessione comune. Si invita a promuovere in questo periodo di riflessione un ampio dibattito che coinvolga cittadini, parti sociali, Parlamenti nazionali e partiti politici.

La dichiarazione ribadisce la validità della prosecuzione dei processi di ratifica, prevedendo altresì un eventuale adeguamento del loro calendario in relazione agli sviluppi nei vari Stati membri. Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 dovrebbe procedere ad una valutazione globale dei dibattiti nazionali e decidere sul seguito del processo.

Tra le novità introdotte dal Trattato si segnala in particolare: • l’inserimento della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, nel testo del Trattato come sua Parte II;

• il conferimento della personalità giuridica all’Unione europea e l’eliminazione della struttura a “pilastri” (Comunità europea; politica estera e di sicurezza comune; cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale) in cui si articola attualmente l’Unione;

Page 412: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROEPA

404

• la generalizzazione della procedura legislativa ordinaria, modellata sull’attuale procedura di codecisione di Parlamento europeo e Consiglio;

• l’elezione di un Presidente del Consiglio europeo con un mandato di due anni e mezzo rinnovabile, con il compito in particolare di assicurare la rappresentanza esterna dell’Unione;

• la modifica (a partire dal 2014) del numero dei membri della Commissione europea, fissato ai due terzi degli Stati membri;

• l’istituzione del Ministro per gli affari esteri dell’Unione, con il compito di guidare la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione;

• il superamento (a partire dal 2009) dell’attuale sistema di voto ponderato, con un sistema che si fonda sul principio della doppia maggioranza del 55% degli Stati membri dell’Unione – con un minimo di 15 - che rappresentino almeno il 65% della popolazione;

• la ripartizione delle competenze tra Unione europea e Stati membri in competenze esclusive, per le quali l'Unione è l'unica a poter legiferare e adottare atti giuridicamente obbligatori; competenze concorrenti, per le quali sia l'Unione, sia gli Stati membri hanno la facoltà di legiferare; e azioni di sostegno, di coordinamento o di completamento, per le quali l’Unione può condurre azioni che completano l’azione degli Stati membri;

• la semplificazione (da quindici a sei) degli atti giuridici dell’Unione, con una distinzione tra atti legislativi, atti non legislativi ed atti esecutivi e l’introduzione del nuovo strumento dei regolamenti delegati;

• il rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali, in particolare attraverso la possibilità per ciascun Parlamento nazionale di sollevare obiezioni sulla corretta applicazione del principio di sussidiarietà in relazione alle proposte legislative della Commissione;

• l’introduzione dell’iniziativa legislativa popolare: un milione di cittadini europei, provenienti da un rilevante numero di Stati membri possono invitare la Commissione a presentare una proposta legislativa.

Page 413: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

405

Lo stato delle ratifiche del Trattato

STATO MEMBRO

PROCEDURA DI RATIFICA DATA DI SVOLGIMENTO

DELL’EVENTUALE REFERENDUM

AUSTRIA Il Trattato è stato approvato dal Nationalrat l’11 maggio 2005 e dal Bundesrat il 25 maggio 2005.

BELGIO Il Trattato è stato ratificato sia dal Parlamento nazionale sia dalle sette Assemblee regionali. La procedura si è conclusa con la pronuncia della Comunità fiamminga l’8 febbraio 2006.

CIPRO Il Parlamento della Repubblica di Cipro ha ratificato il Trattato il 30 giugno 2005.

DANIMARCA La ratifica è prevista con referendum popolare giuridicamente vincolante. Il Governo danese e i partiti favorevoli alla Costituzione europea hanno deciso il 23 giugno 2005 la sospensione del processo di ratifica, rinviando a data da definire il referendum.

Il referendum è stato sospeso

ESTONIA La ratifica avverrà per via parlamentare. L’esame è stato avviato ai primi di febbraio 2006.

FINLANDIA La ratifica dovrebbe avvenire per via parlamentare. E’ richiesta la maggioranza semplice del Parlamento monocamerale, o la maggioranza di 2/3 qualora si ritenga che il Trattato implica modifiche alla Costituzione (tale valutazione non risulta ancora effettuata). Il Governo ha deciso di sospendere il processo di ratifica.

FRANCIA La ratifica del Trattato costituzionale è stata sottoposta referendum popolare il 29 maggio 2005. Su un totale di partecipanti pari al 69,34% degli aventi diritto al voto, il 54,68% ha votato no ed il 45,32% ha votato sì.

29 maggio 2005

GERMANIA Il disegno di legge di ratifica è stato approvato dal Bundestag il 12 maggio 2005. Il 27 maggio 2005 è stato approvato dal Bundesrat.

GRECIA Il Parlamento greco ha ratificato il Trattato il 19 aprile 2005

IRLANDA La Costituzione prevede due fasi: il referendum popolare e, a seguire, la ratifica parlamentare. Il Governo ha deciso di sospendere il processo di ratifica.

Il referendum è stato sospeso

ITALIA La Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge di ratifica del Trattato il 25 gennaio 2005 (436 voti favorevoli, 28 voti contrari e 5 astensioni). Il Senato della Repubblica ha approvato definitivamente il disegno di legge di ratifica il 6 aprile 2005 (217 voti favorevoli, 16 contrari e nessun astenuto).

LETTONIA Il Parlamento lettone ha ratificato il Trattato il 2 giugno 2005.

Paesi che hanno ratificato il Trattato Paesi che non hanno ancora ratificato il Trattato Paesi che hanno respinto la ratifica del Trattato

Page 414: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROEPA

406

STATO MEMBRO

PROCEDURA DI RATIFICA DATA DI SVOLGIMENTO

DELL’EVENTUALE REFERENDUM

LITUANIA Il Parlamento ha ratificato il Trattato l’11 novembre 2004.

LUSSEMBURGO Il Parlamento ha ratificato il Trattato in prima lettura il 29 giugno 2005 e in seconda il 25 ottobre 2005. Il 10 luglio 2005 si è svolto un referendum popolare consultivo. I voti favorevoli sono stati il 56,52%, i voti contrari il 43,48%. L'affluenza è stata pari all’87,7% degli aventi diritto.

10 luglio 2005

MALTA Il Parlamento di Malta ha ratificato il Trattato il 6 luglio 2005 .

PAESI BASSI La ratifica del Trattato costituzionale è stata sottoposta a referendum popolare il 1° giugno 2005. Su un totale di partecipanti pari al 69% degli aventi diritto al voto, il 61,70% ha votato no ed il 38,30% ha votato sì.

1° giugno 2005

POLONIA Il Governo polacco era inizialmente orientato a procedere alla ratifica del Trattato costituzionale attraverso una consultazione referendaria (l’alternativa è l’approvazione da parte delle due Camere a maggioranza di 2/3). Il 21 giugno 2005 il Presidente Kwasniewski ha annunciato la sospensione del referendum sul Trattato costituzionale.

Il referendum è stato sospeso

PORTOGALLO Il Governo ha rinviato il referendum sulla Costituzione europea, precedentemente previsto nell’autunno 2005.

Il referendum è stato rinviato

REGNO UNITO Era prevista una procedura di ratifica a doppio livello, con il voto popolare a conferma e completamento del processo parlamentare di ratifica. Il progetto di legge di ratifica è stato approvato in seconda lettura dalla House of Commons il 9 febbraio 2005. L'iter parlamentare del disegno di legge sul referendum di ratifica è stato sospeso il 6 giugno 2005.

La decisione sullo

svolgimento del referendum è stata sospesa

REPUBBLICA

CECA

Il Primo Ministro ha annunciato l’intenzione di modificare la Costituzione al fine di sottoporre la ratifica del Trattato a referendum. Tale modifica richiede la maggioranza di 3/5 dei componenti di ciascuna delle due Camere.

Il referendum è stato rinviato alla fine del

2006

SLOVACCHIA Il Parlamento ha ratificato il Trattato l’11 maggio 2005.

SLOVENIA Il Parlamento ha ratificato il Trattato il 1° febbraio 2005.

SPAGNA Il Trattato è stato sottoposto a referendum consultivo il 20 febbraio 2005: i voti favorevoli sono stati il 76%, i voti contrari il 17% e le schede bianche sono state il 6%. Il Trattato è stato poi ratificato dalla Camera dei deputati il 28 aprile e dal Senato il 18 maggio 2005.

20 febbraio 2005

SVEZIA Il Governo ha dichiarato che non intende indire un referendum sul Trattato costituzionale. Il processo di ratifica parlamentare è al momento sospeso.

UNGHERIA Il Parlamento ha ratificato il Trattato il 20 dicembre 2004.

Page 415: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

407

L’allargamento e i Balcani occidentali

Grazie al processo di allargamento, che costituisce da sempre un elemento chiave del progetto europeo, l’Unione europea è passata dagli originali 6 membri (Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi bassi) agli attuali 25. L’ultimo allargamento risale al 1° maggio 2004, quando Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Slovenia e Ungheria sono divenuti a pieno titolo Stati membri dell’Unione Europea.

Le fasi del processo di adesione - In base all’articolo 49 del Trattato sull’Unione europea, ogni paese europeo può presentare richiesta di adesione se rispetta i principi di libertà, democrazia, Stato di diritto, tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, principi che sono comuni agli Stati membri. Il medesimo articolo stabilisce che sulla richiesta di adesione il Consiglio si esprime all’unanimità, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo. A conclusione di tale procedura, è il Consiglio europeo ad attribuire lo status di paese candidato.

L’apertura formale dei negoziati tra gli Stati membri e lo Stato candidato avviene sulla base di una decisione in tal senso del Consiglio europeo e dopo l’approvazione del mandato negoziale da parte del Consiglio.

Una volta che, a seguito dei negoziati, tutti i capitoli siano stati positivamente esaminati, il risultato dei negoziati confluisce nel testo del Trattato di adesione, che è concordato tra gli Stati membri e il paese candidato e successivamente sottoposto alla Commissione per il parere. Sul testo del Trattato di adesione è richiesto il parere conforme del Parlamento europeo. Dopo la firma, il Trattato di adesione è sottoposto alla ratifica da parte di tutti gli Stati membri, nonché del paese interessato, conformemente allo rispettive norme costituzionali.

L’adesione può essere conseguita soltanto se il paese soddisfa i cosiddetti criteri di Copenaghen, stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 e rafforzati dal Consiglio europeo di Madrid del 1995:

• criteri politici: istituzioni stabili in grado di garantire democrazia, Stato di diritto, diritti umani e protezione delle minoranze;

• criteri economici: economia di mercato funzionante e capacità di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all’interno dell’Unione;

• capacità di fare fronte agli obblighi derivanti dall’adesione, ivi compresi gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria;

• adozione dell’acquis comunitario e sua effettiva attuazione attraverso adeguate strutture amministrative e giudiziarie.

In aggiunta, come ribadito in particolare in occasione dell’apertura dei negoziati di adesione della Turchia, nei futuri allargamenti si terrà conto anche della capacità di assorbimento dell’Unione europea.

Page 416: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROEPA

408

Nel corso del processo di adesione, l’Unione europea sostiene gli sforzi di ciascun paese attraverso una strategia di pre-adesione che si compone di diversi strumenti e meccanismi, tra i quali la partecipazione ai programmi, ai comitati e alle agenzie dell’UE, il dialogo politico, il programma nazionale di adozione dell’acquis comunitario, il cofinanziamento da parte di istituzioni internazionali, l’assistenza di preadesione, attraverso specifici strumenti finanziari. Inoltre, il livello di preparazione di ciascun paese è costantemente monitorato dalla Commissione europea. I risultati dell’attività di monitoraggio e lo stato di attuazione delle riforme vengono resi pubblici attraverso relazioni periodiche.

Le prospettive future

I paesi aderenti sono attualmente due, Bulgaria e Romania, la cui adesione è prevista per il 1° gennaio 2007.

La Turchia e la Croazia hanno avviato formalmente, il 3 ottobre 2005, i negoziati per l’adesione.

La ex Repubblica iugoslava di Macedonia ha ottenuto lo status di paese candidato nel dicembre 2005.

Bulgaria e Romania

Il processo di adesione della Bulgaria e della Romania è quasi concluso. Il Trattato di adesione è stato firmato il 25 aprile 2005, dopo l’espressione del parere da parte del Parlamento europeo, il 13 aprile 2005. Al momento, il trattato risulta ratificato, oltre che dall’Italia (legge n. 16 del 9 gennaio 2006), da quattordici paesi. Con la firma del Trattato, la Bulgaria e la Romania sono considerati paesi aderenti e partecipano come osservatori attivi a tutti i comitati e organi dell’UE.

Va segnalato che nel Trattato di adesione è stata inserita una clausola di salvaguardia addizionale che prevede che il Consiglio, su proposta della Commissione, possa decidere a maggioranza qualificata di rinviare l’adesione di un anno se non dovessero essere rispettati gli impegni assunti in materia di preparazione all’adesione, soprattutto per quanto riguarda i settori della giustizia e affari interni e della concorrenza.

ll 25 ottobre 2005 la Commissione ha pubblicato le relazione globali di verifica del grado di preparazione della Bulgaria e della Romania in vista dell’adesione all’Unione europea. Le relazioni segnalano che entrambi i paesi hanno compiuto buoni progressi e dovrebbero essere in grado di rispettare i criteri previsti dall’Unione europea per il 1° gennaio 2007, a condizione che concentrino tutti i loro sforzi sulle riforme, in particolare sulla loro reale

Page 417: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

409

attuazione. La prossima revisione del processo di preparazione di Bulgaria e Romania è prevista per il mese di maggio 2006.

Croazia

La Croazia, dichiarata paese candidato dal Consiglio europeo del 17 e 18 giugno 2004, ha avviato formalmente i negoziati per l’adesione il 3 ottobre 2005.

L’apertura dei negoziati di adesione con la Croazia era stata fissata dal Consiglio europeo di dicembre 2004 per il 17 marzo 2005, a condizione che il paese collaborasse pienamente con il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia. Solo il 3 ottobre 2005, una volta constatata la piena collaborazione del paese con il Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia, il Consiglio ha dato il via libera all’apertura dei negoziati.

In quanto paese candidato la Croazia usufruisce, a partire dal 1° gennaio 2005, degli attuali strumenti finanziari di preadesione.

Turchia

La Turchia ha ottenuto lo status di paese candidato dal Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999.

Sulla base della relazione periodica e della raccomandazione presentate dalla Commissione il 6 ottobre 2004, il Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre 2004 ha deciso che la Turchia soddisfa sufficientemente i criteri politici di Copenaghen, fissando per il 3 ottobre 2005 la data di avvio dei negoziati di adesione, a condizione che entrassero in vigore alcuni specifici atti legislativi (legge sulle associazioni; nuovo codice penale; giurisdizione d’appello; codice di procedura penale; istituzione della polizia giudiziaria; esecuzione delle pene). Tale condizione è stata soddisfatta dalla Turchia il 1° giugno 2005.

Determinante per la decisione favorevole del Consiglio europeo di dicembre 2004 è stata la disponibilità manifestata dal Governo turco a firmare, prima dell’avvio dei negoziati, il protocollo che estende ai dieci nuovi Stati membri, compresa la Repubblica di Cipro, l’Accordo di associazione stipulato nel 1963 con la Comunità europea (cosiddetto Accordo di Ankara).

Il 3 ottobre 2005 il Consiglio ha approvato il quadro negoziale con la Turchia, consentendo l’apertura formale dei negoziati per l’adesione del paese all’Unione europea, nella data stabilita dal Consiglio europeo del dicembre 2004.

Alla decisione del Consiglio si è arrivati dopo una lunga e delicata trattativa. Il principale ostacolo è stato rappresentato dalla richiesta austriaca di prevedere, quale sbocco alternativo dei negoziati con la Turchia, l’ipotesi di un partenariato privilegiato che questa non era disposta ad accettare. L’approvazione del quadro negoziale è stata resa possibile dalla rinuncia dell’Austria a tale ipotesi, a fronte

Page 418: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROEPA

410

di un rafforzamento nel testo dell’importanza della capacità di assorbimento dell’UE quale criterio di valutazione per le future adesioni.

Anche in considerazione delle diffuse preoccupazioni manifestate in alcuni Stati membri rispetto all’adesione della Turchia all’Unione europea nonché dell’esperienza acquisita nel corso dei precedenti allargamenti, il quadro negoziale approvato per la Turchia è per alcuni aspetti più stringente rispetto al passato.

Facendo seguito alle conclusioni del Consiglio europeo di Helsinki del 1999, l’8 marzo 2001 il Consiglio ha adottato un Partenariato per l’adesione della Turchia, aggiornato da ultimo il 23 gennaio 2006, che riunisce in un unico strumento-quadro le priorità per la preparazione all’adesione e le risorse finanziarie disponibili.

Ex Repubblica iugoslava di Macedonia

La ex Repubblica iugoslava di Macedonia, che ha avanzato domanda di adesione all’Unione europea il 22 marzo 2004, ha ottenuto lo status di paese candidato dal Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005. Sulla base del parere favorevole espresso dalla Commissione, il Consiglio europeo ha tenuto conto in particolare dei progressi compiuti dal paese nell’attuazione dell’accordo di stabilizzazione ed associazione, entrato in vigore il 1° aprile 2004. Il Consiglio europeo ha precisato che ulteriori misure dovranno tenere conto delle discussioni sulla strategia per l’allargamento, del rispetto dei criteri e dei requisiti richiesti per l’adesione da parte dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia nonché della capacità di assorbimento dell’Unione europea.

Al momento non è prevista l’apertura dei negoziati di adesione.

La strategia della Commissione

Il 9 novembre 2005, congiuntamente alle relazioni sullo stato di preparazione dei singoli paesi, la Commissione ha presentato il documento di strategia 2005 sull’ampliamento (COM (2005) 561), in cui ha esposto i tre principi su cui si basa la strategia futura della Commissione in materia di allargamento:

• consolidamento degli impegni che i Capi di Stato e di governo dell’Unione europea hanno assunto nei confronti della Turchia e dei Balcani, tenendo in considerazione la capacità di assorbimento dell’UE e salvaguardando il buon funzionamento delle proprie istituzioni;

• rispetto delle condizioni per l’adesione, manifestando rigore nell’esigere dai paesi il rispetto dei criteri richiesti ed equità nel riconoscere e ricompensare i progressi compiuti;

• miglioramento della comunicazione per fugare le preoccupazioni e rendere più chiari i vantaggi dei futuri allargamenti, inaugurando un reale dialogo con i cittadini.

Page 419: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

411

Il 16 marzo 2006, il Parlamento europeo ha adottato a larga maggioranza una risoluzione (397 voti a favore, 95 contrari e 37 astensioni) sul documento di strategia della Commissione.

Rapporti tra l’Unione europea e i Balcani occidentali

Come ribadito in più occasioni dalle istituzioni europee, la prossima fase del processo di allargamento riguarderà i paesi dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia-Montenegro e Kosovo) che, già in occasione del Consiglio europeo tenutosi a Feira il 19 e 20 giugno 2000, sono stati definiti “candidati potenziali all’adesione all’Unione europea”. Tale approccio è stato ribadito da ultimo il 10 e 11 marzo 2006, nel corso del Consiglio affari esteri informale che si è tenuto a Salisburgo e al quale hanno partecipato anche i paesi candidati e potenziali candidati dei Balcani occidentali.

L’impegno dell’Unione europea nei confronti dei Balcani è confermato anche nella citata strategia per l’allargamento presentata il 9 novembre 2005, in cui la Commissione segnala l’importanza di una prospettiva europea convincente per il proseguimento del processo di riforma in atto in questi paesi.

Peraltro, nell’ambito delle riforma dell’assistenza esterna, proposta dalla Commissione nel quadro delle nuove prospettive finanziarie 2007-2013, è previsto che i Balcani occidentali beneficino dei finanziamenti dell’UE attraverso lo strumento dedicato all’assistenza preadesione.

Il Processo di stabilizzazione ed associazione

Attualmente le relazioni tra l’Unione europea e i cinque paesi dei Balcani occidentali si svolgono prevalentemente nel quadro del Processo di stabilizzazione ed associazione (PSA), istituito nel 1999.

Su proposta della Commissione (COM (1999) 235), il PSA è stato approvato dal Consiglio il 21 giugno 1999. Gli strumenti che compongono il PSA, formalizzati al Vertice UE-Balcani di Zagabria del 2000, sono stati arricchiti da elementi ispirati al processo di allargamento nel giugno 2003, con l’approvazione da parte del Consiglio europeo della cosiddetta “Agenda di Salonicco”.

Il processo è la cornice entro cui diversi strumenti sostengono gli sforzi compiuti da questi paesi nella fase di transizione verso democrazie ed economie di mercato stabili; come già anticipato, nel lungo periodo la prospettiva è quella della piena integrazione nell’Unione europea, sulla base delle previsioni del Trattato sull’Unione europea e dei criteri di Copenaghen.

Lo stato di avanzamento del processo viene costantemente seguito dalla Commissione che, attraverso la pubblicazione di una relazione annuale, fornisce indicazioni sui progressi realizzati dai paesi dei Balcani occidentali rispetto alla situazione dell’anno precedente. Tale relazione rappresenta l’indicatore

Page 420: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROEPA

412

principale per valutare se ciascun paese sia pronto per una relazione più stretta con l’UE.

Le componenti principali del PSA sono quattro: accordi di stabilizzazione ed associazione, elevato livello di assistenza finanziaria, misure commerciali e dimensione regionale.

La strategia futura

Il 27 gennaio 2006, la Commissione ha adottato la comunicazione “I Balcani occidentali sulla strada verso l’UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità” (COM (2006) 27), in cui propone di promuovere commercio, sviluppo economico, movimento di persone, istruzione e ricerca, cooperazione regionale e dialogo con la società civile nel Balcani occidentali come parte della strategia europea di integrazione dei popoli della regione. La comunicazione definisce misure concrete per rafforzare la politica dell’UE e gli strumenti a sua disposizione. L’obiettivo è quello di aiutare questi paesi a rafforzare la prospettiva europea, che rappresenta un forte incentivo ad attuare riforme politiche ed economiche e ha favorito la riconciliazione tra i popoli della regione. Nella comunicazione la Commissione sottolinea infatti i progressi compiuti dai paesi della regione negli ultimi tre anni, in particolare in termini di stabilizzazione e riconciliazione, riforma interna e cooperazione regionale.

La politica europea di vicinato

La “politica europea di vicinato” (PEV) si rivolge ai nuovi Stati indipendenti (Bielorussia, Moldova, Ucraina), ai paesi del Mediterraneo meridionale (Algeria, Autorità palestinese, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Siria, Tunisia) e agli Stati del Caucaso (Armenia, Azerbaigian e Georgia). L’obiettivo è quello di prevenire l’emergere di nuove linee di divisione tra l’Unione europea allargata e i suoi vicini, condividendo con questi ultimi i benefici dell’allargamento e consentendo loro di partecipare alle diverse attività dell’UE, attraverso una cooperazione politica, economica e culturale rafforzata.

La politica europea di vicinato, nettamente distinta dalla questione della potenziale adesione all’UE, propone un nuovo approccio nei confronti dei paesi interessati: in cambio dei progressi concreti compiuti in termini di riconoscimento dei valori comuni e di attuazione effettiva di riforme politiche, economiche e istituzionali, si riconosce loro una partecipazione al mercato interno dell’UE, nonché un’ulteriore integrazione e liberalizzazione per favorire la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali.

Tra le azioni concrete che l’UE intende mettere in campo per realizzare la politica di vicinato, si segnalano in particolare:

Page 421: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

413

• l’istituzione, per il periodo 2004-2006, di programmi di vicinato volti a garantire la sicurezza delle frontiere esterne, a rafforzare la cooperazione transfrontaliera su temi comuni (ambiente, salute pubblica, lotta alla criminalità organizzata) e a favorire l’integrazione nello spazio europeo della ricerca e nei settori delle reti di trasporto, delle telecomunicazioni e dell’energia. Tali programmi saranno finanziati con un importo globale di 955 milioni di euro, nell’ambito degli strumenti finanziari esistenti;

• a partire dal 2007, nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013, l’istituzione di un unico strumento finanziario (Strumento europeo di vicinato e partenariato);

• la pubblicazione di country reports che danno conto dei progressi compiuti da ciascun paese nell’attuazione degli accordi bilaterali e delle relative riforme;

• la predisposizione di piani d’azione per ciascuno dei paesi interessati. Si tratta di strumenti considerati cruciali dalla Commissione nel processo di avvicinamento all’Unione, che non sostituiscono gli accordi di associazione o di cooperazione vigenti ma si avvalgono dell’esperienza acquisita nella loro attuazione. I piani d’azione saranno differenziati, per riflettere lo stato delle relazioni di ciascun paese con l’UE, le sue necessità e capacità, nonché gli interessi comuni, e definiranno il percorso da seguire nei prossimi 3-5 anni. I primi sette piani d’azione (Autorità palestinese, Giordania, Israele, Marocco, Moldova, Tunisia e Ucraina), presentati dalla Commissione il 9 dicembre 2004, sono stati approvati dal Consiglio nella riunione del 13 e 14 dicembre 2004. Per quanto riguarda gli altri paesi (Egitto, Libano, Armenia, Azerbaigian e Georgia), il 25 aprile 2005 il Consiglio, su proposta della Commissione, ha deciso di intensificare le relazioni reciproche. Per Egitto e Libano si tratta di predisporre al più presto i piani d’azione (la decisione di negoziare i piani d’azione è stata già presa dal Consiglio nel dicembre 2004); per i paesi del Caucaso meridionale il Consiglio ha invitato la Commissione ad avviare i lavori congiunti per allestire i piani d’azione.

Aiuto ai Paesi terzi

Il 29 settembre 2004, nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013, la Commissione ha presentato proposte volte a sostituire l'attuale insieme di strumenti finanziari destinati all’erogazione dell'aiuto ai Paesi terzi (“assistenza esterna”) con un quadro più semplice ed efficace. La Commissione propone:

• uno strumento per l’assistenza preadesione (anche detto IPA) dedicato ai paesi candidati (Turchia e Croazia) e ai paesi candidati potenziali (Balcani occidentali), che dovrebbe sostituire gli strumenti esistenti

Page 422: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROEPA

414

PHARE, ISPA, SAPARD, CARDS, come pure una serie di specifici regolamenti (COM (2004) 627);

• uno strumento europeo di vicinato e partenariato (anche detto ENPI) dedicato ai Paesi terzi che partecipano alla politica europea di vicinato, (COM (2004) 628). Dovrebbe sostituire il programma MEDA e, in parte, il programma TACIS. Lo strumento fornirà sostegno anche al partenariato strategico dell’Unione europea con la Russia. Una componente specifica e innovativa di questo strumento consiste nella cooperazione transfrontaliera, la quale interesserà regioni degli Stati membri e dei paesi vicini che condividono una frontiera comune;

• uno strumento per la cooperazione allo sviluppo e la cooperazione economica dedicato a tutti quei paesi, territori e regioni che non possono beneficiare dell’assistenza erogata dai due precedenti strumenti (COM (2004) 629);

• uno strumento per la stabilità, finalizzato a reagire alle situazioni di crisi e di instabilità nei paesi terzi e ad affrontare i problemi di carattere transfrontaliero, con particolare riguardo alla sicurezza e alla non proliferazione nucleare nonché alla lotta contro i traffici illegali, la criminalità organizzata e il terrorismo (COM (2004) 630).

Le proposte avanzate dalla Commissione sono in attesa di essere esaminate dal Consiglio e dal Parlamento europeo, ad eccezione di quella relativa allo strumento di cooperazione allo sviluppo e cooperazione economica, che è stata respinta dal Parlamento europeo in prima lettura e ritirata dalla Commissione il 15 marzo 2006.

Nel quadro della riforma dell’assistenza esterna proposta dalla Commissione, i nuovi strumenti forniranno gli atti giuridici di base per le spese comunitarie a sostegno dei programmi di cooperazione esterna, compresi i programmi tematici, vale a dire i programmi di natura orizzontale, specializzati per tema. In questo contesto, il 25 gennaio 2006 la Commissione ha adottato sette nuovi programmi tematici (diritti umani e democratizzazione; Investire nelle persone; ambiente e gestione sostenibile delle risorse naturali, compresa l’energia; sicurezza alimentare; organizzazioni non governative e autorità locali; migrazione e asilo; cooperazione con i paesi industrializzati), destinati a sostituire i 15 attualmente esistenti. Tali programmi si propongono di corrispondere ad obiettivi politici che non sono geograficamente delimitati e che non possono essere raggiunti attraverso programmi a carattere nazionale e regionale.

Page 423: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

415

Prospettive finanziarie dell’UE 2007-2013

Le prospettive finanziarie stabiliscono, in relazione alle priorità politiche da esse individuate, il quadro delle grandi categorie di spesa del bilancio dell’Unione europea, indicando il massimale e la composizione delle spese prevedibili per ogni categoria nell’intero periodo di riferimento e in ciascuno degli anni in esso ricompresi. L’adozione delle prospettive finanziarie, che non è espressamente prevista dal Trattato CE, è operata - a partire dal 1988 - mediante la conclusione di un accordo interistituzionale tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione.

Le risorse proprie sono i mezzi di finanziamento dell’Unione. Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, stabilisce le disposizioni relative al sistema delle risorse proprie della Comunità di cui raccomanda l’adozione da parte degli Stati membri, in conformità delle loro rispettive norme costituzionali.

L'accordo sulle prospettive finanziarie e la decisione sulle risorse proprie in vigore sono state adottate per il periodo 2000-2006 e scadono il 31 dicembre 2006.

Il 4 aprile 2006 Parlamento europeo, Consiglio dell'UE e Commissione

europea hanno raggiunto un accordo sulle prospettive finanziarie e sulle risorse proprie 2007-2013, al termine di un negoziato complesso, caratterizzato da forti divergenze tra istituzioni europee e soprattutto tra Stati membri in merito al volume complessivo del bilancio dell’UE, nonché alle priorità politiche e ai relativi stanziamenti. L’intesa dovrà ora essere trasfusa in un accordo interistituzionale approvato formalmente dalle tre istituzioni.

L’accordo prevede un massimale complessivo di spesa dell’1,048% del reddito nazionale lordo (RNL) europeo in stanziamenti di impegno (pari a 864,316 miliardi di euro) e dell' 1% in stanziamenti di pagamento (pari a 820,780 miliardi di euro).

Il Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005 aveva concordato un massimale in stanziamenti di impegno dello 1,045% del RNL europeo (pari a 862,4 miliardi di euro), rispetto all'1,24 (pari a 1025 miliardi di euro) proposto originariamente dalla Commissione e all'1,18% (pari a 974,8 miliardi di euro) richiesto dal Parlamento europeo.

Page 424: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROEPA

416

L'accordo del 4 aprile 2006 prevede inoltre, alla fine del 2009, una verifica intermedia del funzionamento delle prospettive finanziarie da parte della Commissione europea, cui dovrà essere associato il Parlamento europeo.

La Camera dei deputati ha seguito attivamente e costantemente il negoziato sulle prospettive finanziarie 2007-2013, attraverso diversi strumenti e procedure.

In particolare, le Commissioni V e XIV hanno svolto a partire da marzo 2004 un’indagine conoscitiva sulle prospettive finanziarie e sulla politica di coesione.

Specifici impegni al Governo in merito al negoziato sulle prospettive finanziarie sono inoltre contenuti nelle risoluzioni approvate dalla Camera in esito all’esame delle relazioni sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per l’anno 2003 e per l’anno 2004, nonché nella risoluzione approvata a conclusione dell’esame del programma di lavoro per il 2005 della Commissione europea e del programma operativo annuale per il 2005 del Consiglio.

Le questioni relative alle prospettive finanziarie 2007-2013 hanno inoltre costituito oggetto di approfondimento nell’ambito di riunioni ed incontri interparlamentari cui hanno partecipato delegazioni della Camera dei deputati.

La strategia di Lisbona

Gli obiettivi

Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha definito una serie di azioni volte a far sì che entro il 2010 l’Unione europea consegua l’obiettivo di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.

Gli obiettivi della strategia - rilanciati nella revisione intermedia della primavera 2005, che ha riorientato le priorità verso la crescita e l’occupazione - consistono in:

• migliorare le politiche in materia di società dell’informazione e di ricerca e sviluppo tecnologico;

• modernizzare il modello sociale europeo; • promuovere un contesto economico sano e prospettive di crescita

favorevoli applicando un’adeguata combinazione di politiche macroeconomiche;

• integrare pienamente la dimensione ambientale nelle politiche per lo sviluppo.

Il Consiglio europeo di Lisbona, inoltre, ha previsto che il Consiglio europeo si riunisca ogni primavera, sulla base di una relazione annuale della Commissione, per valutare lo stato di attuazione della strategia.

Page 425: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

417

Con la revisione intermedia si è inteso anche coinvolgere tutte le forze interessate (Parlamenti, autorità locali, parti sociali e società civile) nella migliore realizzazione della strategia, che è stata orientata in un ciclo triennale.

La Commissione ha presentato le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008, approvate dal Consiglio europeo di giugno 2005.

Sulla base delle linee direttrici, gli Stati membri hanno definito programmi di riforma nazionali, che sono stati oggetto di consultazione con le parti interessate e successivamente esaminati dalla Commissione europea.

Come complemento dei programmi nazionali di riforma, a luglio 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione sul programma comunitario di Lisbona 2005-2008 relativo alle azioni da intraprendere a livello comunitario a favore della crescita e dell’occupazione.

Il Consiglio europeo di primavera 2006

Il Consiglio europeo di primavera del 23 e 24 marzo 2006, accogliendo favorevolmente la relazione annuale presentata dalla Commissione sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata, ha convenuto quanto segue:

• definizione di settori specifici per azioni prioritarie da attuare entro la fine del 2007: - aumentare gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione; - liberare il potenziale delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese; - accrescere le opportunità di lavoro per le categorie prioritarie (giovani, donne, lavoratori anziani, immigrati legali e minoranze etniche);

• definizione di una nuova politica energetica per l’Europa • misure che devono essere assunte a tutti i livelli per mantenere lo slancio

in tutti i pilastri del partenariato per la crescita e l’occupazione.

La proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno

Il 16 febbraio 2006 il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura – con 394 voti favorevoli, 215 contrari e 33 astensioni – la relazione predisposta dall’on. Evelyne Gebhardt (Partito socialista europeo) sulla proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (COM(2004)2) (cosiddetta “direttiva Bolkenstein”).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata presentata dalla Commissione il 13 gennaio 2004 e si inserisce nel processo di riforme economiche varato dal Consiglio europeo di Lisbona (23-24 marzo 2000) al fine

Page 426: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROEPA

418

di fare dell’Unione europea, entro il 2010, l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo.

L’obiettivo della proposta è quello di stabilire un quadro giuridico che elimini gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi ed alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri.

La proposta iniziale della Commissione – che aveva sollevato in tutti i gruppi politici del Parlamento europeo preoccupazioni sui possibili rischi di riduzione dell’acquis comunitario nel settore sociale – è stata sostanzialmente modificata dall’esame parlamentare.

Il testo approvato dal Parlamento europeo ribadisce l’obiettivo della proposta iniziale relativamente alla liberalizzazione dei servizi, sottolineando al contempo la necessità di assicurare un elevato livello di qualità dei servizi stessi. E’ stabilito, inoltre, che la direttiva non pregiudica le disposizioni comunitarie in materia di concorrenza e aiuti di Stato.

L’esame del Parlamento europeo si è focalizzato, in particolare, su alcuni punti controversi:

• campo di applicazione (art. 2): relativamente a questo aspetto, il testo adottato dal Parlamento europeo ribadisce quanto previsto nella proposta della Commissione, ovvero l’esclusione dei servizi di interesse generale. A questo riguardo gli Stati membri restano liberi di definire, conformemente al diritto comunitario, quelli che essi considerano servizi d'interesse generale, nonché di determinare le modalità di organizzazione e di finanziamento di tali servizi e gli obblighi specifici cui essi devono sottostare. La direttiva si applica, tuttavia, ai servizi di interesse economico generale, ovvero ai servizi che corrispondono ad un’attività economica e sono aperti alla concorrenza quali i servizi postali, i servizi di trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica e di gas o i servizi di distribuzione e di fornitura idrica. Oltre a tutta una serie di settori indicati espressamente nel testo adottato dal Parlamento europeo, sono inoltre escluse dal campo di applicazione della direttiva le materie disciplinate da disposizioni comunitarie specifiche come quelle sul distacco dei lavoratori, l’esercizio delle attività televisive o le qualifiche professionali;

• principio del Paese di origine (art. 16): la formulazione iniziale prevedeva la possibilità per un prestatore di fornire i propri servizi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza unicamente in base alla legislazione dello Stato membro di origine. Il Parlamento europeo ha sostituito questo principio con quello della “libera circolazione dei servizi” in base al quale per la fornitura dei servizi si applica la legislazione del paese in cui essi vengono effettivamente prestati. Inoltre, si fa obbligo agli Stati membri di rispettare il diritto del prestatore di fornire i propri servizi liberamente sul suo territorio senza imporre requisiti

Page 427: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

419

discriminatori, ingiustificati e sproporzionati tranne che per motivi di pubblica sicurezza, protezione dell'ambiente e sanità pubblica;

• distacco dei lavoratori (artt. 24 e 25): il Parlamento europeo ha soppresso le disposizioni relative al distacco dei lavoratori, ritenendo che questa questione ricada nel campo di applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco di lavoratori nell’ambito di una disciplina di servizi.

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha presentato una proposta modificata che riprende in larga misura il testo adottato in prima lettura dal PE, in particolare per quanto riguarda la soppressione del principio del Paese di origine e la sua sostituzione con quello relativo alla libera circolazione dei servizi, nonché l’inclusione dei servizi di interesse economico generale nel campo di applicazione della direttiva proposta. La Commissione ha, inoltre, deciso di escludere dal campo di applicazione della direttiva proposta una serie di servizi, fra cui i servizi sanitari, alcuni dei quali saranno oggetto di iniziative specifiche.

Nella stessa data la Commissione ha presentato una comunicazione relativa agli “Orientamenti riguardanti il distacco dei lavoratori effettuato nell’ambito di una prestazione di servizi” al fine di facilitare l’applicazione della citata direttiva 96/71/CE.

Il testo modificato della proposta sarà ora trasmesso al Consiglio che, nelle intenzioni della Presidenza austriaca, dovrebbe raggiungere un accordo politico nel mese di giugno.

Esame presso la Camera dei deputati La Camera dei deputati ha promosso una serie di iniziative dedicate

all’esame della proposta di direttiva, anche al fine di definire una posizione italiana da difendere nelle opportune sedi europee.

La proposta è stata esaminata dalle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XIV (Politiche dell’Unione europea) che hanno anche proceduto all’audizione congiunta di eurodeputati italiani e rappresentanti del Governo.

In conclusione dei lavori, il 25 gennaio 2006, le Commissioni hanno adottato un documento finale con il quale si invita il Governo ad adoperarsi nelle competenti sedi decisionali comunitarie affinché la proposta di direttiva si configuri come un atto giuridico “quadro” senza la previsione di norme di dettaglio, preveda l’elencazione puntuale dei settori a cui si applica, definisca meglio il principio del paese di origine per scongiurare forme di dumping sociale ed eviti il rischio di intaccare i sistemi nazionali volti ad assicurare un’alta qualità dei servizi e la tutela dei consumatori.

Page 428: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROEPA

420

Il settimo programma quadro per la ricerca

Il 6 aprile 2005 la Commissione ha presentato la proposta di decisione relativa al Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) (COM(2005)119), considerato strumento fondamentale ai fini dell’attuazione di uno degli obiettivi prioritari dell’UE: incrementare il potenziale di crescita economica e rafforzare la competitività europea investendo nella conoscenza, l’innovazione e il capitale umano.

Il programma è articolato in quattro programmi specifici che corrispondono ai quattro obiettivi fondamentali della politica europea di ricerca:

• cooperazione, inteso a promuovere la cooperazione tra università, imprese, centri di ricerca ed enti pubblici

• idee, inteso ad istituire un Consiglio europeo della ricerca • persone, mirato ad aumentare le risorse umane disponibili per la scienza e la

ricerca • capacità, inteso a rafforzare le capacità di ricerca e innovazione in Europa.

La dotazione finanziaria per il 2007-2013 è pari a più di 73 miliardi di euro (si veda la scheda “Prospettive finanziarie 2007-2013” riportata nell’area tematica “Politica economica e privatizzazioni”); il sesto programma attualmente in corso (2003-2006) ha una dotazione di 17,5 miliardi di euro pari al 3,9% del bilancio dell’Unione europea.

Libro verde energia

L’8 marzo 2006 la Commissione europea ha presentato il Libro verde “Una strategia per un’energia sostenibile, competitiva e sicura” (COM(2006)105), che delinea tre obiettivi fondamentali per una strategia europea in campo energetico: la sostenibilità, la competitività e la sicurezza dell’approvvigionamento. Il Libro verde è aperto alla consultazione pubblica fino al 24 settembre 2006.

Il libro verde indica sei settori prioritari di intervento per raggiungere questi obiettivi:

• completare i mercati interni del gas e dell’energia elettrica • rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento assicurando la solidarietà tra gli

stati membri • scegliere un mix energetico più sostenibile, efficiente e diversificato • puntare sull’efficienza energetica e sull’energia rinnovabile per far fronte al

riscaldamento globale

Page 429: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

421

• elaborare un piano strategico per le tecnologie energetiche per garantire che le industrie europee siano leader mondiali nel crescente mercato delle nuove tecnologie

• elaborare una politica energetica esterna comune e parlare con una sola voce a livello internazionale.

Il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2006, ha sostenuto i tre obiettivi fondamentali della Commissione ed ha accolto con favore l’intenzione della Commissione di presentare, periodicamente, un riesame strategico della politica energetica che, a partire dal 2007, potrà servire da base di discussione per i prossimi vertici di primavera.

Salute e tutela dei consumatori

Il 6 aprile 2005, la Commissione europea ha presentato una comunicazione dal titolo “Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori” ed una proposta di decisione che istituisce il programma comunitario per la salute e la protezione dei consumatori per gli anni 2007-2013 (COM(2005)115). Rispetto al passato, l’iniziativa unifica i due settori di attività fino ad oggi separati e amplia i programmi attuali in materia di salute pubblica e tutela dei consumatori, individuando le azioni nei diversi settori di intervento previsti.

Il 16 marzo 2006 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta di decisione, nell’ambito della procedura di codecisione, approvando diversi emendamenti tra cui alcuni che non corrispondono all’impostazione della Commissione sulla unificazione dei due settori.

Istituto europeo di tecnologia (EIT)

Il 22 febbraio 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione (COM(2006)77) con la quale propone al Consiglio europeo di creare un Istituto europeo di tecnologia (EIT), destinato a divenire un nuovo polo d’eccellenza nell’ambito della ricerca e dell’innovazione.

Le attività saranno finanziate da fonti diverse: dall’UE, dagli Stati membri e dal mondo imprenditoriale.

La Commissione presenterà, entro il 2006, la proposta di uno strumento giuridico per l’istituzione dell’EIT, che sia idoneo a conferirgli una propria personalità giuridica e ad assicurarne l’autonomia.

Page 430: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROEPA

422

Doha Round

Nell’ambito del negoziato in corso presso l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), l’Unione europea ha presentato, il 28 ottobre 2005, la sua nuova posizione negoziale relativa ai vari capitoli in discussione.

La IV Conferenza Ministeriale dell’OMC svoltasi a Doha (Quatar) nel 2001 ha aperto un negoziato commerciale diretto a consentire una maggiore apertura dei mercati e a stabilire un rinnovato sistema di regole multilaterali per sostenere e rilanciare gli scambi mondiali. Il programma di lavoro delineato nella Dichiarazione finale – comunemente indicato come Agenda di Doha per lo sviluppo – ha enumerato 21 questioni, o capitoli, oggetto di negoziato e stabilito un calendario per ciascun settore (tale iter negoziale è comunemente denominato Doha Round). La V Conferenza ministeriale (Cancun 2003), che avrebbe dovuto procedere ad un bilancio generale dei progressi raggiunti, si è conclusa senza il raggiungimento di un accordo. Tuttavia, il 1° agosto 2004 il Consiglio generale dell’OMC ha formalmente adottato l’accordo quadro raggiunto il giorno prima a Ginevra dall’Assemblea OMC sulla definizione dei parametri delle future trattative nei cinque settori chiave: agricoltura, prodotti industriali, sviluppo, facilitazioni commerciali e servizi.

La posizione negoziale dell’Unione europea, presentata in vista della riunione di Hong Kong nel dicembre 2005, per quanto riguarda il settore agricolo prospetta una serie di soluzioni alla questione delle riduzioni tariffarie, dei prodotti sensibili, delle sovvenzioni agricole aventi un effetto distorsivo sugli scambi commerciali, delle sovvenzioni alle esportazioni e del trattamento preferenziale per i paesi in via di sviluppo. L’offerta UE nel settore agricolo è subordinata ai progressi realizzati in altri settori: beni industriali; servizi; istituzione di un registro internazionale di protezione delle indicazioni geografiche in tutti i paesi membri dell’OMC; discipline più stringenti sugli ostacoli al commercio internazionale; misure per lo sviluppo.

La Conferenza ministeriale OMC tenutasi ad Hong Kong dal 13 al 18 dicembre 2005 si è conclusa con l’approvazione di un testo di compromesso. Tra gli elementi più significativi della Dichiarazione finale, su cui è stato raggiunto un accordo di massima (da perfezionare nelle successive tornate negoziali), si segnala:

• per quanto riguarda l’agricoltura, l’eliminazione parallela sia di tutte le forme di sovvenzione all’esportazione, sia delle eventuali disposizioni nazionali relative a misure aventi un effetto equivalente a tali sovvenzioni; l’eliminazione dovrà essere realizzata entro la fine del 2013;

• l’adozione di un insieme di misure specifiche in favore dei paesi meno avanzati, denominato “pacchetto sviluppo”, in base al quale i paesi industrializzati e i paesi in via di sviluppo in grado di farlo dovranno permettere un accesso sui loro mercati ai prodotti originari di tutti i paesi meno avanzati (PMA) senza dazi doganali e senza contingenti prestabiliti;

Page 431: COMMISSIONE ATTIVITÀ PRODUTTIVE - Camera

QUESTIONI ALL’ESAME DELLE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA

423

• l’eliminazione nel 2006 delle sovvenzioni all’esportazione di cotone versate dai paesi ricchi (USA) e, nel 2008, l’accesso al mercato, per il cotone africano, senza dazi doganali né quote.

• a proposito della riduzione tariffaria sui beni industriali (NAMA), è stata adottata la “formula svizzera”, con “coefficienti che permetteranno di ridurre o di eliminare i dazi doganali elevati, i tetti tariffari e la progressività dei dazi”, in particolare per i prodotti la cui esportazione presenta un interesse per i paesi in via di sviluppo.

Il Consiglio Affari generali del 13-18 dicembre 2005 ha considerato “accettabili” i risultati generali della riunione OMC di Hong Kong ed ha preso atto dell’impegno della Commissione a garantire che sia rispettata, nelle successive fasi negoziali, una parità di trattamento per la questione dell’accesso al mercato per i prodotti agricoli e non agricoli; inoltre ha ribadito la preferenza dell’UE per la soppressione dei sussidi alle esportazioni espressa in termini di valore; infine ha sottolineato l’importanza di garantire un esito accettabile sulle questioni non commerciali come quella delle indicazioni geografiche.

Il negoziato (che dovrebbe concludersi alla fine del 2006) avrebbe dovuto proseguire con una riunione dell’OMC, il 30 aprile 2006, per raggiungere un accordo di massima sulle modalità di riduzione delle sovvenzioni interne ai beni agricoli ed industriali. A causa delle divergenze emerse tra i membri dell’OMC, la riunione è stata rinviata. In particolare, notizie di stampa segnalano le pressioni di alcuni paesi – Stati Uniti, Australia e Brasile – affinché l’Unione europea modifichi la sua offerta per consentire un più ampio accesso al mercato nel settore agricolo. Il commissario al commercio, Peter Mandelson, avrebbe dichiarato che la Commissione potrebbe rivedere la sua posizione qualora altri Stati migliorassero la loro offerta (Stati Uniti per il settore agricolo, Cina, India e Brasile per i beni industriali).