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A fine dicembre 2006 la Eurotecnica è passata di mano: è stata venduta a una società tedesca. Quasi contemporanea- mente è scomparso l’ultimo dei quattro soci fondatori, per cui insieme a Vittorio Innocenti sono rimasto l’ultimo che possa raccontare le rocambolesche vicende che hanno portato alla nascita dell’Eurotecnica. Poiché sono arrivato a una età alla quale non è più consigliabile rimandare a domani ciò che può esser fatto oggi, mi sono deciso a raccon- tare quello che so (o penso di sapere) in meri- to alla nascita e alla vita di una società che ha contribuito in maniera significativa al successo dell’impiantistica italiana. Rimane purtroppo il rimpianto per un’altra fetta del “made in Italy” che cambia bandiera. Gli inizi La storia dell’Eurotecnica comincia nel 1963. La CTIP esiste già dal 1936, laTechint nasce nel 1945, la Snamprogetti nel 1960, laTecnimont nel 1966, la Technipetrol non è nemmeno in ges- tazione, per non parlare di FosterWheeler. La grande industrializzazione petrolifera- petrolchimica del gruppo ENI era al termine, con il completamento degli stabilimenti di Ravenna e di Gela. Le società di ingegneria sono di recente isti- tuzione e di derivazione nordamericana. Oggi a un giovane ingegnere può sembrare assurdo ma fino quasi alla metà del secolo scor- so i progetti erano realizzati direttamente dai committenti che si avvalevano di risorse interne per tutte le fasi del progetto. Solo in casi particolari la sola progettazione con- cettuale era affidata a personaggi esterni di chiara fama. Un esempio? La Torre Eiffel non è stata realizzata da una società di impiantistica ma dal solo ingegner Eiffel con le risorse del committente. Analogamente, solo negli anni 90 del secolo scorso le Ferrovie Italiane hanno 47 Impiantistica Italiana Anno XX N. 4 luglio-agosto 2007 Vittorio Cariati Consulente di Direzione A lla fine del 2006 il conttrollo di Eurotecnica è stato ceduto a una società tedesca, concludendo così la vicenda di una delle prime società di inge- gneria e impiantistica totalmente italiane. Fondata nel 1963 da quattro intraprendenti ingegneri (Mampreso, Panciera, Sacco e Cagliari) la storia di Eurotecnica si è snodata tra successi a livello inter- nazionale, a partire dalla realizzazione di un impianto petrolchimico in Bulgaria, la decadenza negli anni 90, per contrasti tra gli azionisti e le difficoltà del mercato, e la rinascita a fine secolo, grazie alla oculata scelta di una nicchia di mercato (gli impianti per la produzione di melammina). Tuttavia, in un’era di globalizzazione come l’attuale, una piccola società, per quanto specializzata e tecnologicamente valida, non riesce a essere competitiva. Non ha quindi altra strada per continuare a vivere che entrare a far parte di un gruppo più grande e attrezzato per il mercato globale. Questo articolo ripercorre, attraverso il racconto di uno dei suoi protagonisti, la lunga e movimentata storia dell’Eurotecnica e degli uomini che l’hanno fon- data e fatta apprezzare a livello internazionale, contribuendo in modo signifi- cativo all’affermazione del “made in Italy” impiantistico in tutto il mondo a par- tire dal dopoguerra. Birth, Growth (or Disappearance) of Stars At the end of 2006 control of Eurotecnica has been transferred to a German Organization giving an end to the indipendent life of one of the first totally Italian company of Engineering & Contracting. Established in 1963 by four bold engineers ( Mampreso, Cagliari, Sacco and Panciera) Eurotecnica story has gone from success on the international market (starting with a petrolchemical complex in Bulgaria) to decadence around years 90 (consequence of disagreements among shareholders and difficulties of the market), and the recovery around end of century owing to the proper choice of the right marketing strategy (plants & proprietary technology license for the melamine production). Nevertheless, in an era of globalization like the present one, a small com- pany, even specialized and technologically sound, cannot be safe in a sin- gle process niche. Therefore there is no other way to continue the life except becoming part of a larger group properly equipped for the global market. The article follows, through the report of one of the protagonists, the long and eventful story of Eurotecnica and of the men who founded and made it well reknown on the international market, giving a strong contribution to the success of the “made in Italy” postwar technology. Come nascono, crescono (o scompaiono) le stelle Eurotecnica Contractors & Engineers, una storia simbolo dell’impiantistica italiana

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Afine dicembre 2006 la Eurotecnica èpassata di mano: è stata venduta a unasocietà tedesca. Quasi contemporanea-

mente è scomparso l’ultimo dei quattro socifondatori, per cui insieme a Vittorio Innocentisono rimasto l’ultimo che possa raccontare lerocambolesche vicende che hanno portato allanascita dell’Eurotecnica.Poiché sono arrivato a una età alla quale non èpiù consigliabile rimandare a domani ciò chepuò esser fatto oggi, mi sono deciso a raccon-tare quello che so (o penso di sapere) in meri-to alla nascita e alla vita di una società che hacontribuito in maniera significativa al successodell’impiantistica italiana.Rimane purtroppo il rimpianto per un’altrafetta del “made in Italy” che cambia bandiera.

Gli iniziLa storia dell’Eurotecnica comincia nel 1963.La CTIP esiste già dal 1936, la Techint nasce nel1945, la Snamprogetti nel 1960, laTecnimont nel1966, la Technipetrol non è nemmeno in ges-tazione, per non parlare di Foster Wheeler.La grande industrializzazione petrolifera-petrolchimica del gruppo ENI era al termine,con il completamento degli stabilimenti diRavenna e di Gela.Le società di ingegneria sono di recente isti-tuzione e di derivazione nordamericana.Oggi a un giovane ingegnere può sembrareassurdo ma fino quasi alla metà del secolo scor-so i progetti erano realizzati direttamente daicommittenti che si avvalevano di risorseinterne per tutte le fasi del progetto. Solo incasi particolari la sola progettazione con-cettuale era affidata a personaggi esterni dichiara fama. Un esempio? La Torre Eiffel non èstata realizzata da una società di impiantisticama dal solo ingegner Eiffel con le risorse delcommittente. Analogamente, solo negli anni 90del secolo scorso le Ferrovie Italiane hanno

47Impiantistica Italiana • Anno XX N. 4 luglio-agosto 2007

Vittorio CariatiConsulente di Direzione

A lla fine del 2006 il conttrollo di Eurotecnica è stato ceduto a una società

tedesca, concludendo così la vicenda di una delle prime società di inge-

gneria e impiantistica totalmente italiane.

Fondata nel 1963 da quattro intraprendenti ingegneri (Mampreso, Panciera,

Sacco e Cagliari) la storia di Eurotecnica si è snodata tra successi a livello inter-

nazionale, a partire dalla realizzazione di un impianto petrolchimico in

Bulgaria, la decadenza negli anni 90, per contrasti tra gli azionisti e le difficoltà

del mercato, e la rinascita a fine secolo, grazie alla oculata scelta di una nicchia

di mercato (gli impianti per la produzione di melammina).

Tuttavia, in un’era di globalizzazione come l’attuale, una piccola società,

per quanto specializzata e tecnologicamente valida, non riesce a essere

competitiva.

Non ha quindi altra strada per continuare a vivere che entrare a far parte di

un gruppo più grande e attrezzato per il mercato globale.

Questo articolo ripercorre, attraverso il racconto di uno dei suoi protagonisti,

la lunga e movimentata storia dell’Eurotecnica e degli uomini che l’hanno fon-

data e fatta apprezzare a livello internazionale, contribuendo in modo signifi-

cativo all’affermazione del“made in Italy” impiantistico in tutto il mondo a par-

tire dal dopoguerra.

Birth, Growth (or Disappearance) of StarsAt the end of 2006 control of Eurotecnica has been transferred to aGerman Organization giving an end to the indipendent life of one of thefirst totally Italian company of Engineering & Contracting.Established in 1963 by four bold engineers ( Mampreso,Cagliari,Sacco andPanciera) Eurotecnica story has gone from success on the internationalmarket (starting with a petrolchemical complex in Bulgaria) to decadencearound years 90 (consequence of disagreements among shareholders anddifficulties of the market), and the recovery around end of century owingto the proper choice of the right marketing strategy (plants & proprietarytechnology license for the melamine production).Nevertheless, in an era of globalization like the present one, a small com-pany, even specialized and technologically sound, cannot be safe in a sin-gle process niche.Therefore there is no other way to continue the life except becoming partof a larger group properly equipped for the global market.The article follows, through the report of one of the protagonists, the longand eventful story of Eurotecnica and of the men who founded and madeit well reknown on the international market, giving a strong contributionto the success of the “made in Italy” postwar technology.

Come nascono, crescono(o scompaiono) le stelle

Eurotecnica Contractors & Engineers, una storia simbolodell’impiantistica italiana

commissionato, dopo gara di appalto, le trattedell’Alta Velocità a contractor esterni(purtroppo con risultati non brillanti, ma nonsolo per colpa loro ...).I “quattro cavalieri dell’Apocalisse” (comescherzosamente li ho chiamati in seguito),Mampreso, Panciera, Sacco e Cagliari, proveni-enti dalla Snamprogetti e che avevano avuto unpeso assolutamente determinante nella realiz-zazione degli stabilimenti di Ravenna e Geladell’Anic (Gruppo Eni), hanno abbracciatol’idea, credo lanciata dal più intraprendente,l’ing. Sacco, di costituire una società di con-tracting (e ingegneria).La strategia, definita chiaramente fin dall’inizio,era di trasferire tecnologia occidentale e relativiimpianti petrolchimici nei mercati dell’Europacomunista, in piena“guerra fredda”: a quanto mirisulta, l’Eurotecnica è stata la prima societàitaliana a muoversi decisamente sui mercatidell’Europa orientale e questa scelta strategicaha giocato, a mio avviso, un ruolo determinanteper il successo. Missione, all’epoca, altamenteinnovativa e di difficile applicazione: basti pen-sare al fatto che il Dipartimento delCommercio Estero Statunitense proibiva allesocietà americane di vendere licenze oltrecortina, anche se tramite società terze.I primi uffici di Eurotecnica erano ubicati aMilano in un modesto appartamento in viaFabio Filzi, cui faranno seguito sedi sempre piùampie e prestigiose, quali via Andrea Doria(angolo piazzale Loreto), corso Como, corsoBuenos Aires, fino alla sede attuale di viaPergolesi 25.Credo che del minuto gruppuscolo di dipen-denti della prima ora (due tecnici, quattro ocinque disegnatori, una o due segretarie)

siamo rimasti solo Vittorio Innocenti ed io.All’epoca dividevamo un ufficetto ricavato dallacucina dell’appartamento.A parte qualche fornitura di apparecchiaturesciolte, che l’ing. Sacco chiamava pomposa-mente “impianti”, l’unico contratto con unminimo di spessore era costituito da trecolonne di rettifica dello stirolo realizzate aOnesti (all’epoca rinominata Gheorghiu Dej),in Romania. Questa semplice unità di rettifi-ca, che costò un rigido inverno di fatica aVittorio Innocenti e al sottoscritto, ha costi-tuito la vera prima, e modesta, realizzazione diEurotecnica.

L’occasioneNon so dire come si venne a conoscenza nel1965 di una gara internazionale per un “com-plesso aromatici” che la Bulgaria aveva inten-zione di realizzare a Burgas sul Mar Nero, contecnologia occidentale, iniziando così la lungamarcia di sganciamento dell’economia bulgaradalla arretrata e oppressiva dominazione tec-nologica sovietica.I concorrenti erano Snamprogetti, MitsubishiHeavy Industries, Krupp e, naturalmente,Eurotecnica (ma forse dimentico qualcun’altro).L’Eurotecnica non aveva assolutamente alcunareferenza, essendo nata solo da due anni, e peril finanziamento del progetto fu costretta adassociarsi alla Bonaldi di Crema, buona societàdi caldareria, oggi scomparsa.Il cliente decise presto di suddividere il proget-to in due: la produzione di aromatici (quattroimpianti: idrogenazione della benzina di pirolisi,reforming catalitico per aromatici, estrazione erecupero aromatici, recupero dell’etilbenzolo

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Proget to per una stori a del l’ impi antistica italiana

Qualche anno fa l’amico Riccardo Bechis (o si trattava di Claudio Ferrari o di Luigi Iperti?)lanciò l’idea di realizzare un volume sulla “Storia dell’impiantistica italiana”, raccogliendofatti, opinioni e aneddoti dalla viva voce dei protagonisti prima che tutti i pionieri di questaattività uscissero di scena: eravamo già in ritardo perché alcuni personaggi chiave ci aveva-no già lasciato ma ... meglio tardi che mai.Ricordo che con Bechis, Iperti e Ferrari dedicammo alcune riunioni al progetto, che poi peròfu accantonato per varie difficoltà pratiche. Ci si è forse arresi di fronte alla vastità del com-pito: censire le aziende del comparto (vive e morte), individuare i protagonisti ancora in vita,intervistarli e infine raccogliere in un volume le loro confidenze sono sembrati fuori della solabuona volontà di un gruppo di amici.Se il progetto dovesse mai essere rivitalizzato, questa mia nota potrebbe costituire un buonesempio per i più volenterosi: se si riuscisse a far sì che i protagonisti di cui sopra, e altriancora, prendessero lo spunto da questa nota per scrivere articoli secondo l’obiettivo indi-cato innanzi, e la Rivista li pubblicasse “à fur et à mèsure”, in capo a qualche anno ci trove-remmo con il materiale pronto per il famoso volume.

grado stirolo) e una unità di recupero dipara-xilolo per cristallizzazione frazionata.L’Eurotecnica si concentrò sul primo gruppo diimpianti per la produzione di aromatici e recu-pero dell’etilbenzolo.Devo ammettere che non avrei scommessouna lira (che all’epoca, ancora in corso legale,valeva comunque un bel niente) contro unmiliardo di lire (che qualcosa valeva) sul nostrosuccesso nella gara: referenze nulle, esperien-ze personali specifiche dei dipendenti pres-soché nulle, know-how esterno bloccato dal-l’embargo tecnologico americano dell’epoca.Insomma, un disastro.

L’offertaLe uniche informazioni disponibili erano costi-tuite da una raccolta di schemi a blocchi (cia-scuno su un foglio formato A4) degli impiantirealizzati presso l’Anic a Gela e relativi costi diinvestimento degli anni ’60-’61, fra i qualipescammo solo quello relativo all’unità di refor-ming catalitico per benzine.Dalla Engelhard, a cui ci eravamo rivolti sia perla fornitura del catalizzatore al platino per ilreforming catalitico sia per la relativa licenza, sipoté ottenere solo l’offerta per la fornitura delcatalizzatore con l’indicazione delle condizionioperative e del riciclo di idrogeno.Lo stesso dicasi per la fornitura e le condizionioperative dei catalizzatori dell’unità di idroge-nazione della benzina di pirolisi da parte dellaCCE (Chemical Catalysts Europe).

Quindi, nulla di paragonabile allo “Schedule A”della UOP. Per l’unità di estrazione degli aro-matici non si aveva alcuna informazione diprima mano, ad eccezione di quanto riporta-to in letteratura, in particolare sui numeri dinovembre di Hydrocarbon Processing (alloraancora denominato Petroleum Refiner), aquel tempo di gran moda.Idem per l’unità di superfrazionamento per ilrecupero dell’etilbenzolo che l’ing. Mampresoaffidò a me già in fase di offerta. Unica informa-zione di letteratura disponibile per il recuperodell’etilbenzolo era un breve articolo (sempresu Petroleum Refiner) della Cosden americanaper il primo impianto di superfrazionamentodegli aromatici C8 realizzato in USA l’anno pre-cedente, non ricordo dove. Naturalmente, ilMaxwell (all’epoca “bibbia” dei dati sugli idro-carburi) riportava i coefficienti di fugacità degliaromatici C8 solo a pressione atmosferica: nelnostro caso, a causa delle perdite di carico nellecolonne, la pressione media era probabilmentedi quasi due atmosfere.Ma il predetto articolo era fortunatamente cor-redato da una foto dell’impianto dalla quale sivedeva chiaramente che le colonne erano deci-samente altissime ed enormi.Nel 1965 avevamo ben pochi strumenti elet-tronici di calcolo: la Olivetti 101 a schede, sfor-tunata progenitrice dei PC odierni, era l’unicostrumento di calcolo disponibile, altrimenti nonc’era che il regolo calcolatore.Piatti e rapporti di riflusso delle colonne sideterminavano col diagramma a gradini di

Fig. 1Modellodel complessoaromatici

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Mc Cabe–Thiele (assolutamente impossibile nelnostro caso data la minima differenza di volati-lità dei prodotti) o con la formula semplificatadel Maxwell, per la quale era però necessarioconoscere la fugacità relativa media testa-codadei composti da separare. Purtroppo, comedetto, a quell’epoca tale fugacità media per lacoppia etilbenzolo-para-xilolo era disponibilesolo a pressione atmosferica.Come Dio volle, dopo molte notti insonni,quale novello Amleto, decisi per un rapporto diriflusso di 83:1, essendo quello minimo (confugacità media quasi di fantasia come anzidetto)di 79:1, cui corrispondeva un numero di piattieffettivo pari a 350 (!!!), diametro di colonna di3,7 m, tre colonne totali (di cui due in realtàcostituivano una sola apparecchiatura divisa indue solo per le enormi dimensioni), altezza diciascuna colonna pari a 80 m circa.Avevo, comunque, già scritto la lettera didimissioni.

Il contrattoLa separazione del para-xilolo, per la qualenon avevamo presentato offerta, fu assegnataalla Mitsubishi, mentre il complesso aromaticifu assegnato alla Bonaldi-Eurotecnica. LaSnamprogetti, novello gigante Golia, avevapurtroppo (e per fortuna di Eurotecnica)incontrato il suo Davide (Figura 1).Ho però volutamente tralasciato il puntodeterminante: l’offerta Bonaldi-Eurotecnica fuillustrata e garantita tecnicamente dall’ing.Mampreso, scomparso da alcuni anni, singolarepersonaggio dal carattere terribile, ma con unaeccezionale e chiara visione dei problemi tecni-ci, con una onestà intellettuale indiscutibile econ una lunghissima esperienza tecnica diversi-ficata (produzione di birra, complesso pergomme sintetiche Buna a Ferrara, impiantichimici da acetilene a Ravenna, raffineria eimpianti petrolchimici da etilene a Gela, solo

per citare quelli che ricordo). Il cliente si reseconto immediatamente di trovarsi di fronte aun uomo eccezionale e gli diede fiducia: avevavisto giusto.La nascita e lo sviluppo dell’Eurotecnica sono,a mio avviso, principalmente merito suo edella strategia ideata e perseguita con deter-minazione.In realtà il contractor era la Bonaldi mentrel’Eurotecnica era l’engineer: non c’erano peròdubbi sul ruolo che Eurotecnica avrebbe gio-cato nel futuro.

Il progettoA questo punto bisognava passare alla faseprogettuale.Gli impianti di reforming catalitico e di idroge-nazione di benzina di pirolisi erano relativa-mente semplici, una volta fissate le condizioni dilavoro dei catalizzatori e il rapporto idrogeno-idrocarburo: pertanto, ci si mise al lavoro, con idati di cui sopra, per la progettazione di pro-cesso e meccanica (figura 2).I guai cominciarono con l’impianto di estrazio-ne degli aromatici con solvente (solfolano), dicui nessuno allora sapeva granché, oltre allescarne informazioni di letteratura. In Italia esi-steva, all’epoca, una sola unità di quel tipo pres-so lo stabilimento Montedison di Brindisi.E qui inventammo una mossa assolutamentedeterminante.Non ricordo esattamente chi ebbe l’idea dimettere una inserzione sulla Gazzetta delMezzogiorno, quotidiano di Bari, per ricercarecapiturno per la conduzione di impianti petrol-chimici, in particolare di impianti per idrocar-buri aromatici. Si presentarono alcuni candidatitra i quali, manco a dirlo, scegliemmo due gio-vani capiturno dell’unità di estrazione di aroma-tici di Brindisi: Giovanni Corsetto e GiovanniMastrodomenico.Purtroppo per noi, non portarono alcun docu-

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Fig. 2Sezione reformingbenzina e fraziona-mento xiloli

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mento tecnico dell’impianto (descrizione, dise-gni, specifiche ecc.), per cui il primo giorno dilavoro li invitammo a disegnare, su una lavagnaacquistata allo scopo, l’impianto che dicevano diconoscere: facemmo loro credere che doveva-mo valutare bene in quale settore impiegarli.Invece, le domande servirono per eseguire undimensionamento di massima dell’impianto.Chiedemmo innanzitutto di disegnare lo sche-ma di processo; quindi cominciammo a doman-dare le temperature e pressioni di eserciziodelle varie apparecchiature; quindi venne lavolta delle dimensioni grossolane degli apparec-chi (altezza, diametro, lunghezza) e, infine, lapotenza approssimata dei motori elettrici (a380 o 3000 V), il diametro “spannometrico”delle tubazioni ecc. Credo che la CIA o laGestapo non potessero far di meglio: avemmosolo il vantaggio (determinante) che i soggettierano, come dire, ... collaboranti.Al giorno d’oggi, credo che non salterebbe inmente a nessuno di eseguire una progettazionedi tal fatta: ma così fu, era l’epoca del Far Westdell’ingegneria italiana.Per l’unità di superfrazionamento dell’etilben-zene, processo arcaico oggi improponibile per iproibitivi costi di esercizio e comunque supera-to da tecnologia a base di setacci molecolari,l’ing. Mampreso decise di prendere per buonala progettazione avventurosa fatta in fase diofferta, e pertanto non si chiesero altri aiutiall’esterno.

Un grosso problemaMa qui si presentò un problema non previsto infase di offerta. Le colonne di superfrazionamen-to risultavano eccessivamente snelle (???) e, incaso di forte vento, frequente in zona, avreb-bero presentato oscillazioni che, se pure tol-lerabili dal punto di vista meccanico, non loerano da quello processuale. Infatti, se unacolonna così alta si inclina di qualche grado, lospessore di liquido sui piatti presenta un sen-sibile gradiente fra il lato sopravento e quellosottovento, diminuendo così l’efficienza delladistillazione.L’ing. Panciera, uno dei soci fondatori e proto-tipo del direttore tecnico, decise di disporrele tre colonne ai vertici di un triangolo equi-latero e di collegarle fra loro con una scalatipo “chiocciola” (in realtà con montanti drit-ti). In tal modo l’intera struttura si comporta-va come un unico apparecchio di rigidità assaisuperiore, tale da impedire inclinazioni ooscillazioni di sorta.Però risolto un problema ne sorgeva un altro:in fase di avviamento le colonne andavano in

temperatura una per volta e la dilatazione diquella in riscaldamento poteva danneggiare lascala che la collegava rigidamente alle altre due.Non chiedetemi come si risolse il problema, secon fori ovoidali per i bulloni di collegamento,con pattini scorrevoli o altro, perché la memo-ria non mi aiuta più: so solo che il problema furisolto dal solito Panciera e che tutto, da questopunto di vista, funzionò alla perfezione (figura 3).

L’avviamentoTralascio di parlare delle difficoltà di realizza-zione del progetto, quali lavorare in un paesearretrato come la Bulgaria di quel periodo, incondizioni ambientali proibitive per noi (fred-do, anzi gelo) ecc. Nel frattempo, altri giovanidi belle speranze si erano uniti allo sparutogruppo iniziale: Carlo Veronesi (strumentista,ma non solo ...), Pietro Borrini e Paolo Janni(processisti tuttofare), il povero Aiello (chimi-co di laboratorio) che scomparirà prematura-mente ecc.Le cose non furono facili soprattutto per lecondizioni ambientali. Come Dio volle, dopo untragico inverno speso per l’avviamento (bastipensare che spesso gli scaricatori di condensasi bloccavano per il gelo) arrivò la primavera e

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Fig. 3Le tre colonne disuperfrazionamentodell’etilbenzene

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un bel giorno, senza aver mai visto l’intero com-plesso in marcia completa, decidemmo dirichiedere le marce di garanzia, ma impiantoper impianto. E questa fu senz’altro una mossavincente presentata, apparentemente, per aiuta-re il cliente che non aveva personale esperto innumero sufficiente per effettuare la prova contutte le unità in marcia contemporanea.

Le marce di garanziaIniziammo con l’impianto più facile, l’idrogena-zione delle benzine di pirolisi. Ricordo che lemarce erano previste di 72 ore e pertanto ognitre giorni inviavamo un messaggio in sede deltenore “Impianto benzina di pirolisi: marcia digaranzia terminata con successo”.Stessa solfa per il reforming catalitico e l’estra-zione aromatici.Le cose però si complicarono con le famose treenormi colonne di superfrazionamento dell’e-tilbenzolo.Il prodotto grado stirolo doveva avere per con-tratto una purezza superiore al 99,0% madurante tutto l’avviamento non avevamo ineffetti mai superato il 98%, anche se l’ottimizza-zione del funzionamento dell’unità non erastata mai curata con particolare attenzione. Maora le cose erano cambiate. Nonostante stessi-mo tutti attaccati al quadro strumenti per ilcontrollo delle condizioni operative dell’unità, lapurezza dell’etilbenzene risultava sempre deci-samente inferiore al garantito (figura 4).Dopo una settimana la notizia arrivò anche inItalia e si seppe che l’ing. Mampreso, ancoratoper ragioni anagrafiche a tecniche di progetta-zione antiquate, aveva fatto predisporre perterra un enorme foglio di carta millimetrata(3 m × 3 m) per verificare col procedimentodi Mc Cabe-Thiele il numero di piatti minimoa riflusso infinito!

Purtroppo non si faceva alcun progresso alpunto che l’inizio della marcia di garanzia del-l’unità era continuamente rimandato di giornoin giorno, fintanto che sull’impianto prendem-mo una estrema decisione: era domenica e,approfittando del riposo settimanale vigenteanche nei paesi comunisti nonché del fatto chela ormai lunga familiarità con i bulgari ci per-metteva libera circolazione in uffici e laborato-ri, decidemmo, l’analista Aiello e lo strumenti-sta (tuttofare, mio vero vice) Veronesi, di pas-sare una domenica di lavoro chiusi nel labora-torio per capire se per caso fosse lì l’origine ditutti i mali. Fu un pomeriggio di passione conimprovvise speranze e cocenti delusioni.A un certo momento sembrò che fosse colpadella sporcizia dei cromatografi (della Carlo Erba,da noi forniti) se le analisi non erano soddisfa-centi. Ma nulla da fare, nonostante le decine diavanzi di fiammiferi tirati fuori dagli apparecchi edi tutte le sporcizie accumulate dai bulgari e mairimosse. Quando ormai le speranze stavanoaffievolendosi, mi tornò in mente una osserva-zione che il prof. Mantica, ai miei tempi titolaredella cattedra di Chimica Analitica 2° alPolitecnico di Milano, ci fece in merito all’utiliz-zo del cromatografo: quando analizzate, diceva,la concentrazione delle impurezze di unamiscela, non cercate di determinare la concen-trazione del composto in esame (solitamenteprossima al 100%) bensì di valutare la con-centrazione delle minime impurezze (prossi-me allo 0%).Per far ciò è sufficiente aggiungere al campionein esame una sostanza nota in quantità pesata efare il confronto fra i picchi del campioneaggiunto e quello delle impurezze in questione.Risultato: la purezza dell’etilbenzolo era siste-maticamente superiore al 99,3-99,4%.Il giorno dopo ci fu una mezza rivoluzione:fummo accusati di aver manomesso i cromato-

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Fig. 4Vista parzialedella sala controllo

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grafi, arrivò la polizia e ci fu proibito di metterpiede in laboratorio ecc. ecc. Ma era fatta: lavera storia dell’Eurotecnica parte di lì.

Successo e decadenzaOrmai la società era lanciata: impianti inRomania (dealchilazione del toluolo), in Italia (n-paraffine ed n-olefine per Liquichimica) e poicarbon black in Turchia, Pyrotol e aromatici inRussia, n-paraffine in Cina ecc., impianti di cui sopoco perché avevo ormai lasciato la società.Successivamente, per ragioni che conosco soloindirettamente, avvenne la rottura fra l’ing.Mampreso (che lasciò la società) e gli altri Soci.Successivamente anche Gabriele Cagliari siallontanò (operativamente, non da azionista),intraprendendo una carriera tecnico-politica allaquale aveva sempre aspirato (fino a Presidentedell’Eni e alla tragedia di “Tangentopoli”),mentre gli altri soci fondatori stavano uscen-do di scena per ragioni anagrafiche.A questo punto, a causa della ridotta attivitàdei soci e dell’ingresso della seconda genera-zione di azionisti (figli, generi ecc.), la società siadagiò principalmente sulla attività di puraingegneria per Eni (favorita, credo senza pres-sioni, dalla posizione di uno degli azionisti), colbel risultato che, a valle di “Tangentopoli”, lasocietà si trovò messa all’indice dall’ENI e pra-ticamente fuori dal mercato e senza una stra-tegia efficace.

RinascitaL’unica possibilità di riscatto era rappresentatadal processo “melammina”, applicato inizialmen-te su un impianto in Kuwait.Tale impianto, pro-totipo elaborato da un impianto pilota dellaAllied, modificato e corretto con una tecnicamutuata da quella applicata per l’impianto estra-zione aromatici anzidetto, ebbe molte difficoltàdi avviamento e di esercizio e, fortunatamenteper Eurotecnica, fu distrutto durante la guerradel 2001.Altri due impianti, nettamente miglio-rati per l’esperienza fatta sul primo, furono rea-lizzati in Indonesia e in Corea del Sud.Dopo di che, la società rinunciò a insistere sutale tecnologia perché sembrò che non cifosse spazio per una espansione della produ-zione di melammina nel mondo e perché untentativo in Cina apparentemente fallì a causadell’ingresso di un importante concorrente(KTI) che avrebbe potuto facilmente scalzarela società dal mercato Fui richiamato per aiu-tare a trovare una via d’uscita.Suggerii di eseguire una analisi strategica, il cuirisultato fu indiscutibilmente quello di insisteresulla melammina, che risultò la sola strada per-

corribile e, sia pure non all’unanimità, fu coniatala nuova missione aziendale: ”Russia, Cina emelammina” (si veda Cariati V.:“Analisi strategi-ca: un caso da manuale” - Impiantistica Italiana,n. 4, luglio-agosto 2004). Da allora i successi sisono susseguiti interrottamente fino al giorno incui una disputa interna per il controllo dellasocietà ha portato all’uscita dell’ing.Panciera,delgenero ing.Adalberto Bestetti e di due massimidirigenti di gran valore, l’ing. Claudio Gatti,Amministratore Delegato, e il dott. MaurizioPerego, direttore finanziario e amministrativo,che successivamente avrebbero acquisito il con-trollo della Siirtec-Nigi, mietendo notevoli suc-cessi in condizioni ben più difficili di quelle in cuiopera Eurotecnica.Ciononostante la società, in mano al nuovoPresidente Giovanni Caronia, economista, dasempre in Eurotecnica, e all’architetto StefanoCagliari, ha continuato a collezionare successi,tutti derivanti da ripetuti impianti di melammi-na, ben progettati e funzionanti, al punto cheal giorno d’oggi l’Eurotecnica è la sola societàal mondo che offre e realizza impianti dimelammina.

I protagonistiGli azionisti fondatori nel 1963 avevano l’etàgiusta per rischiare un insuccesso. Non eranoricchi, ma semplicemente agiati (specie l’ing.Mampreso) e in queste condizioni la molla adagire è tesa al massimo.Ricordo l’ing. Mampreso come un uomo estre-mamente corretto, ma dal carattere pressocchéimpossibile, con una visione dei problemi tecni-ci fantastica e la caratteristica di progettare amente, scrivendo qualcosa ovunque fosse possi-bile, spesso perfino sulla scatola di fiammiferi.Senza dubbio è stato determinante per la nasci-ta della società:era il capo indiscusso perché erachiaro che a quel tempo, e cioè fino a metà deglianni 70, senza di lui sarebbe stato impossibileun’avventura del genere. La rottura è probabil-mente avvenuta nel momento in cui gli altri socihanno ritenuto non fosse più indispensabile,cosa del resto comprensibile visto che il lancioin orbita era ormai avvenuto.L’ing. Sacco ha avuto, secondo me, il meritoenorme di aver ideato la prima strategia e diaver convinto gli altri a seguirlo. Era uomo conuna carica interna enorme, capace di trascinaregli interlocutori sulle sue visioni.Ottimista oltre ogni umana possibilità, è statoanch’egli determinante almeno per la nascita el’avvio della società.L’ing. Cagliari era senz’altro il più completo dalpunto di vista sia tecnico sia commerciale e

gestionale: determinante è stato per i contratticon Liquichimica, con la Russia e con la Cina.Del resto, la sua successiva carriera come grandcommis di Stato, indipendentemente dal giudi-zio che di lui si vuol dare per gli avvenimenti di“Tangentopoli”, lo dimostrano ampiamente.L’ing. Panciera era il vero pilastro sempre pre-sente e determinante per la progettazione degliimpianti della società: credo che impersonasseil vero prototipo del Direttore Tecnico.Famoso per me è il caso dell’impianto di deal-chilazione del toluolo in Romania nel 1969, peril quale contribuì alla soluzione da Milano di ungravissimo problema di avviamento derivanteda un errore di costruzione del reattore chel’amico Innocenti, il sottoscritto e i soloni dellaHoudry presenti sul posto non erano riusciti aindividuare. Ma questa è tutta un’altra storiache, forse, racconterò in altro momento.

EpilogoE gli attuali azionisti e top manager?Si conferma che le seconde generazioni spessonon sono in grado di proseguire la strada deipredecessori. Nel nostro caso, uscito di scena ilgruppo facente capo all’ing. Mampreso, restava-no i discendenti degli altri tre azionisti.Altri contrasti hanno portato nel 1999, in pienoboom per l’azienda, all’uscita di scena deidiscendenti del secondo azionista. Rimanevanoi discendenti degli altri due azionisti. Nessunodei due gruppi aveva al suo interno il personag-gio adatto a raccogliere il testimone per cui, ini-

zialmente forse in via provvisoria, e successiva-mente, visti il ripetersi di buoni risultati, in viadefinitiva, la società è stata retta da un econo-mista, il Presidente, e da un architetto, il VicePresidente.Ma gli anzidetti personaggi erano troppo intelli-genti per non aver capito da un pezzo che eraora di passare la mano. Infatti, non essendostato possibile, durante gli anni di vacche grassedella melammina, procurarsi almeno un’altralinea di prodotto, hanno percepito il pericoloincombente tipico di una piccola società connicchia di processo, il cui mercato può liquefar-si da un momento all’altro per l’arrivo di unprodotto antagonista o di un processo piùefficiente.La soluzione alternativa oggi, in piena epoca diglobalizzazione dei mercati, è quella di esseregrandi e potenti, se pur generici, cosa che pochesocietà di contracting al mondo sono riuscite afare con acquisizioni e fusioni. Pertanto, hannodeciso di vendere e uscire di scena: unica solu-zione logica date le circostanze e le decisionipregresse.Molto probabilmente la società non finisce qui.Al di là delle affermazioni di circostanza delnuovo proprietario, è però probabile che laEurotecnica, pur continuando la sua vita, nonpossa più usufruire di quella libertà di azionegoduta nel passato.Tutto è bene quel che finisce bene.Ma l’Eurotecnica non sarà più la stessa.

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Come nascono, crescono (o scompaiono) le stelle

54 Impiantistica Italiana • Anno XX N. 4 luglio-agosto 2007

Vittorio Cariati.Ingegnere chimico, medaglia d’oro del Politecnico di Milano,anno di laurea 1959; ha sempre operato per società di “engi-neering & contracting”.Dal 1993 Amministratore Unico della Mascon S.r.l., società diconsulenza manageriale i cui clienti principali sono statiEurotecnica, Techint, ABB Lummus Global, Alstom Power Italia,Simeco, Siirtec-Nigi.In precedenza ha avuto l’incarico di Vice-Direttore Generale eDirettore Tecnico della CTIP; Amministratore Delegato diTecnars, Gruppo Acqua; Direttore della Divisione Ingegneria eProgetti di Fiat Engineering; Amministratore Delegato dellaItalairport del Gruppo Impresit; Vice-presidente del gruppoKinetis Technology International per promozione e marketing. Amministratore Delegato di Protec e poi Vice-Presidente di Ingeco International, GruppoAltech. Responsabile di Processo e quindi Direttore del Processo di Eurotecnica.Ricercatore per i Laboratori di Studi e Ricerche dell’Eni e quindi processista per Snamprogettiquale responsabile di processo per l’avviamento del primo impianto di cracking etilened’Italia. Ha pubblicato diversi articoli sulla strategia aziendale delle società di ingegneria econtracting.