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20 Sentieri di Caccia Come si caccia in Europa Un breve raffronto tra i principi normativi negli Stati dell’Unione Europea di EttorE Zanon e Silvano toSo I l recente dibattito sulle proposte di modifica della legge quadro italiana sulla caccia ha acceso un interesse particolare sulle discipline applicate ne- gli altri Paesi europei. Come è regolata la caccia negli altri Paesi dell’Unione Europea? I cacciatori come possono muoversi sul territorio? Quante specie possono cacciare? Con quali mezzi? E secondo quali calendari? Queste do- mande gli italiani cominciano a porsele sempre più spesso. Un po’ perché tanti ormai cacciano anche all’estero. Un po’ perché si sono accorti da tempo che le direttive europee hanno effetti tangibili anche a casa loro. Molte delle richieste di chi vorrebbe un allentamento dei vincoli della normativa italiana si basa- no sulla necessità di "adeguarsi all’Eu- ropa”, ma spesso ciò avviene in maniera disinformata, quando non addirittura strumentale. Vi è poi un atteggiamento diffuso che tende a svolgere un’analisi comparativa su singoli aspetti di forte interesse (ad esempio le specie cacciabi- li ed i tempi di prelievo), trascurandone volutamente altri (diritto di caccia, mo- bilità dei cacciatori, caratteristiche dei meccanismi di controllo), che produco- no un effetto sinergico e non possono essere disgiunti se si vuole avere una visione organica della gestione venato- ria di ciascun Paese. Ci sembra dunque utile fare un po’ di chiarezza partendo dai principi base. Numero di specie di uccelli cacciabili nei Paesi UE secondo la direttiva 409/79, allegato II/2 e successive modificazioni 1 Francia 38 2 Danimarca 32 3 Svezia 22 4 Grecia 20 5 Italia 19 6 Regno Unito 18 7 Finlandia 18 8 Germania 17 9 Spagna 17 10 Cipro 17 11 Malta 16 12 Romania 16 13 Portogallo 14 14 Irlanda 13 15 Estonia 13 16 Belgio 12 17 Lettonia 12 18 Austria 11 19 Bulgaria 11 20 Ungheria 10 21 Slovacchia 9 22 Lussemburgo 6 23 Rep. Ceca 5 24 Lituania 4 25 Olanda 3 26 Slovenia 3 27 Polonia 2

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20 Sentieri di Caccia

Come si caccia in EuropaUn breve raffronto tra i principi normativi negli Stati dell’Unione Europea

di EttorE Zanon e Silvano toSo

I l recente dibattito sulle proposte di modifica della legge quadro italiana sulla caccia ha acceso un interesse

particolare sulle discipline applicate ne-gli altri Paesi europei. Come è regolata la caccia negli altri Paesi dell’Unione Europea? I cacciatori come possono muoversi sul territorio? Quante specie possono cacciare? Con quali mezzi? E secondo quali calendari? Queste do-mande gli italiani cominciano a porsele sempre più spesso. Un po’ perché tanti ormai cacciano anche all’estero. Un po’ perché si sono accorti da tempo che le direttive europee hanno effetti tangibili anche a casa loro. Molte delle richieste di chi vorrebbe un allentamento dei vincoli della normativa italiana si basa-no sulla necessità di "adeguarsi all’Eu-ropa”, ma spesso ciò avviene in maniera disinformata, quando non addirittura strumentale. Vi è poi un atteggiamento diffuso che tende a svolgere un’analisi comparativa su singoli aspetti di forte interesse (ad esempio le specie cacciabi-li ed i tempi di prelievo), trascurandone volutamente altri (diritto di caccia, mo-bilità dei cacciatori, caratteristiche dei meccanismi di controllo), che produco-no un effetto sinergico e non possono essere disgiunti se si vuole avere una visione organica della gestione venato-ria di ciascun Paese. Ci sembra dunque utile fare un po’ di chiarezza partendo dai principi base.

Numero di specie di uccelli cacciabili nei Paesi UE secondo la direttiva 409/79, allegato II/2 e successive modificazioni1 Francia 382 Danimarca 323 Svezia 224 Grecia 205 Italia 196 Regno Unito 187 Finlandia 188 Germania 179 Spagna 1710 Cipro 1711 Malta 1612 Romania 1613 Portogallo 1414 Irlanda 1315 Estonia 1316 Belgio 1217 Lettonia 1218 Austria 1119 Bulgaria 1120 Ungheria 1021 Slovacchia 922 Lussemburgo 623 Rep. Ceca 524 Lituania 425 Olanda 326 Slovenia 327 Polonia 2

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Cacciatori, territorio e MobilitÀ

La possibilità di accedere al territorio è, come ovvio, il primo presupposto per esercitare l’attività venatoria. Attenzio-ne, perché nella stragrande maggioranza dei Paesi dell’Unione Europea (tutti, escluso Italia, Grecia e Portogallo) il di-ritto di caccia è direttamente legato alla proprietà dei terreni: solo il proprietario o chi da lui autorizzato (a titolo gratuito o a pagamento) può cacciare in una de-terminata unità territoriale di gestione.

Nei Paesi anglosassoni la proprietà della selvaggina e il diritto di caccia sono inscindibilmente legati alla pro-prietà del fondo, senza limiti di superfi -cie. Tutto il territorio agro-silvo-pasto-rale, tranne la zona del litorale lungo la linea di costa, è di proprietà privata. Ne consegue che chiunque, per eserci-tare la caccia in un luogo, deve ottenere il permesso, a titolo gratuito od onero-so, del proprietario del fondo.In Austria e Germania (due repubbli-che federali) la legislazione è fortemen-

te decentrata ai Länder (Stati federali); in Austria non esiste nemmeno una normativa “quadro”, ma tutto è di competenza del singolo Land. Però, fra i tanti principi condivisi dalle norme lo-cali, ce n’è uno fondamentale e univoco: la proprietà della selvaggina e il diritto di caccia sono pertinenti alla proprietà del fondo. I proprietari di terreni infe-riori a un minimo (che va dai 75 ai 150 ha) trasferiscono questo diritto ad un consorzio che poi divide proporzional-mente i proventi dell’affi tto. La grande

In una “classi� ca” delle specie cacciabili l’Italia, con 19 specie, si piazza nella parte alta, più precisamente al quinto posto

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maggioranza del territorio agro-silvo-pastorale è di proprietà privata, ma il principio economico vale allo stesso modo per le proprietà pubbliche, non a caso l’affitto della caccia rappresenta un cospicuo introito annuale per l’erario. I cacciatori, a meno che non abbiano disponibilità economiche eccezionali, cacciano su territori molto ristretti, l’estensione media di una riserva in Germania è di soli 650 ettari!Pure in Spagna il diritto di caccia segue queste linee e la maggior parte

del territorio è suddiviso in Cotos de Caza, cioè riserve private.Nei Paesi dell’Est europeo la proprie-tà della selvaggina è dello Stato, ma le norme sono in evoluzione verso un diritto di proprietà privata. Il diritto di caccia è concesso ad organizzazioni lo-cali di cacciatori che gestiscono riserve, generalmente su base comunale. I cacciatori soci di una riserva (di norma corrispondente al comune di residenza) hanno diritto a una parte del piano di prelievo annuale, mentre una quota del prelievo è destinato a caccia-tori ospiti a pagamento. Ogni cacciato-re socio di una riserva può invitare un estraneo a cacciare sul proprio piano di prelievo (a titolo non oneroso), ma ha l’obbligo di accompagnarlo. Come accennavamo, la privatizzazione dei terreni un tempo statali ha portato mo-difiche nelle norme e nel mercato. Di fatto, cambia il titolare del diritto, ma il principio rimane quello: l’esercizio della caccia spetta alla proprietà del fondo. L’originario modello “dell’Est” (proprietà pubblica della fauna, con diritto di cac-cia nel comune di residenza) si avvicina molto al sistema riservistico italiano delle Province Autonome di Trento e Bolzano, nonché di Belluno. Anche in Francia, il fondamento giuridico è il solito: diritto legato alla proprietà dei terreni. Ma la sua ap-plicazione mostra alcune differenze rispetto al modello centroeuropeo. Qui i cacciatori sono riuniti in “Associazioni comunali di caccia concordata” (Acca), le quali pagano ai proprietari terrieri del rispettivo comune il diritto di caccia e rimborsano eventuali danni arrecati dalla fauna selvatica alle colture agri-cole. In passato i proprietari di piccole superfici erano obbligati per legge ad aderire ai contratti di caccia e questa era una differenza non da poco. Ma con una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, di una decina di anni fa, questo obbligo è caduto. In sostanza in Francia abbiamo un re-gime intermedio, dove il cacciatore può teoricamente iscriversi a più ACCA ed avere così mobilità su tutto il territorio nazionale; nella pratica, però, la maggior parte dei nembrotti transalpini caccia in

aree assai più ristrette degli ATC italiani.Il modello italiano, dove la legge quadro 157/92 ha introdotto con gli ATC dei limiti, abbastanza blandi, a una mobilità che era pressoché totale, ri-sulta quindi un’eccezione nel quadro europeo. Il cacciatore italiano oggi può esercitare la sua passione spaziando me-diamente su 70.000 ettari: un territorio oltre venti volte più ampio della media europea, che è di soli 3.000 ettari.Ricapitolando, la condizione di gran lunga più frequente in Europa, indipen-dentemente dal regime giuridico che regola il diritto di caccia, è una mobilità assai ridotta del cacciatore, che, nella pratica, esercita la propria attività in territori estesi da alcune centinaia a poche migliaia di ettari. Una eventuale mobilità più ampia non è un diritto, ma è legata alle disponibilità economiche o alle relazioni sociali e rappresenta un fenomeno limitato.

Specie cacciabili e calendari venatoriIn tema di specie cacciabili e calenda-ri, un tema “caldo”, ci concentriamo sull’avifauna, dal momento che le di-sposizioni relative ai mammiferi, e agli ungulati in particolare, non sembrano suscitare particolari diatribe.Analizzando la questione partendo dal numero di specie di uccelli cacciabili nei paesi UE secondo la normativa comu-nitaria (la Direttiva Uccelli 79/409/CEE, allegati II/1 e II/2 e successive modifica-zioni), ci accorgeremo che nel Vecchio Continente le situazioni sono decisa-mente poco omogenee. Si va da un

Dimensioni medie delle unità ter-ritoriali di gestione faunistico-venatoria in alcuni Paesi europeiItalia (media ATC) 70.000 haSvezia 6.000 haUngheria 5.000 haDanimarca 4.500 haBulgaria 3.500 haSpagna 2.500 haFrancia 1.500 haRegno Unito 800 haGermania 650 ha

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essere abbattuti anche in altri periodi, cosa peraltro possibile anche all’inter-no del quadro normativo italiano.Un altro elemento di polemica recente è stata l’introduzione nel nostro Paese del divieto dell’uso di munizioni con-tenenti piombo (all’origine del saturni-smo negli uccelli) nelle zone umide al-l’interno dei siti Natura 2000. Ebbene,

estremo minimo della Polonia, con due sole specie inserite nell’allegato II/2, a un estremo massimo della Fran-cia, con ben 38 specie a disposizione dei cacciatori. La media dei Paesi UE è di 14 specie. In una “classifi ca” delle specie cacciabili l’Italia, con 19 specie, si piazza nella parte alta, più precisamente al 5° posto: solo la citata Francia, la Danimarca (32), la Svezia (22), e la Grecia (20) hanno più specie prelevabili. Gli altri 22 Stati ne hanno meno. Se la Direttiva viene confrontata con le sue applica-zioni nelle normative dei Paesi membri, l’Italia sale al terzo posto, superata solo dalla Francia e (di poco) dalla Svezia. Infatti, tutti i Paesi cacciano meno specie di quelle loro concesse dall’al-legato II/1. Nel caso italiano, solo due specie di oche e la pettegola non sono cacciabili pur essendo citate nell’alle-gato. A completamento del quadro va detto che nella maggioranza dei Paesi europei alcuni uccelli, in particolare i piccoli passeriformi, non sono mai stati considerati oggetto di caccia e quindi non ispirano alcun interesse venatorio.Restando in tema di migratoria e passando ai calendari: in Austria e Finlandia la caccia chiude il 31 dicem-bre, in Germania il 15 gennaio, e in tutti gli altri Paesi il 31 gennaio. Con l’eccezione di Francia e Portogallo (20 febbraio) e il record della Grecia (28 febbraio). Anche alcune normati-ve locali nel Regno Unito e in Spagna possono prevedere chiusure che vanno oltre il 31 gennaio, ma solo in pochi ambiti geografi ci assai ristretti e per poche specie: i tordi in alcuni Cotos spagnoli e le anatre lungo la linea di costa in Gran Bretagna (dove però non si caccia nel resto della stagione venatoria). In questo contesto l’Italia è in linea con la maggior parte degli Stati di primo ingresso nell’Unione. Tempi più dilatati possono essere ancora con-sentiti in alcuni Paesi di più recente adesione alla UE (ad esempio la Roma-nia) in forma di deroga temporanea, ma è del tutto verosimile che anche questi Paesi si adegueranno rapida-mente alle regole vigenti nella maggior parte d’Europa. D’altra parte la stessa

Francia ha recentemente ridotto di una decade la stagione di caccia agli uccelli migratori durante il mese di febbraio. Stiamo evidentemente parlando di caccia e non di interventi di controllo numerico di popolazioni di uccelli che arrecano danni all’agricoltura o ad altre attività economiche (Corvidi, gabbiani, colombaccio), che possono

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nella maggioranza dei Paesi della UE (16) tale divieto è esteso a tutte le zone umide, in quattro Paesi è parziale e in sette non è ancora operante.

In Giro per l’EUropaPer capire meglio come vanno le cose, vediamo ora, al di là di quanto già accen-nato, due esempi “limite” di come è disci-plinata la caccia nel nostro Continente. Partiamo dalla Francia che presenta l’approccio più “liberale” in asso-luto. Il numero di specie cacciabili è altissimo (89 specie cacciabili: 64 uccelli e 25 mammiferi) e la stagione venatoria (esclusi gli ungulati in sele-zione) va dal 10 agosto al 20 febbraio. È consentito il trappolaggio dei “noci-vi” e le forme di caccia ammesse non trovano riscontro negli altri Paesi. Per citare quelle davvero fuori dal comune (oltre alla braccata con cani da seguita e quella “a forzare” per gli ungulati): la caccia col furetto, la cattura dei tordi con il vischio e con i lacci, la cattura di pavoncella e allodola con le reti orizzontali, la cattura di ortola-

Numero di specie di uccelli cacciabili nei Paesi della UE secondo le normative nazionali

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ni con trappole a gabbia (matoles). Gli acquatici possono essere cacciati anche dalla barca (senza motore) e di notte. Molte di queste forme di caccia sono tuttavia praticate solo in piccoli ambiti geografi ci, coinvolgono un numero limitato di praticanti e debbono sottostare a limiti di carniere annuale di poche migliaia di capi; non va inoltre dimenticato che quando si rivolgono alla cattura di uccelli, esse sono soggette al regime di deroga ai divieti posti dalla direttiva europea n. 4009/79 e sono spesso oggetto di ricorsi e di contenzioso presso i com-petenti organismi comunitari. A completare il quadro va ricordato che in Francia il ripopolamento fauni-stico è abbondantemente praticato e la caccia commerciale consentita.

Passiamo ora all’estremo opposto, cioè agli approcci più “restrittivi”, con il caso dell’Olanda. Nel Paese dei tulipani le specie cacciabili sono complessi-vamente solo cinque: Lepre (15/10 - 31/12), Coniglio selvatico (15/08 - 31/01), Fagiano (femmina 15/10 - 31/12, maschio 15/10 - 31/01), Germa-no reale (15/08 - 31/01) e Colombaccio (15/08 - 31/01). Gli ungulati (presenti Cervo, Daino, Capriolo, Mufl one e Cinghiale) possono essere cacciati solo in selezione e con una licenza speciale. È vietato qualsiasi mezzo di caccia o di cattura diverso dalle armi da fuo-co, a canna liscia o rigata, nei calibri prescritti. Unico richiamo consentito è il Germano d’allevamento. Il ripopola-mento faunistico è poco praticato e la caccia commerciale proibita.

Per conclUdereDopo questi due esempi aggiungiamo qualche ultima osservazione puntuale.Il silenzio venatorio è una dispo-sizione ignota alla gran parte degli ordinamenti europei, probabilmente perché, a diff erenza di quanto avvie-ne in Italia, il tempo di caccia non è mai stato considerato un importante elemento di limitazione del prelievo, di solito basato su fondamenta più tecniche.In molti Paesi l’età minima per eserci-tare la caccia è sedici (o quindici) anni. I giovani cacciatori, sottoposti alla tutela di un maggiorenne, possono praticare tutti o alcuni tipi di caccia. In un caso (Austria) questa opportunità è riservata agli studenti delle scuole forestali o a quelli che si preparano alla carriera di

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cacciatore professionista.In molti Paesi, all’interno delle aree protette (parchi nazionali o simili) sono consentite alcune forme di caccia, in particolare il pre-lievo selettivo di ungulati. Infi ne, all’impostazione privatistica del diritto di caccia che, come abbiamo visto, è la norma in Europa, corrispondono costi me-diamente ben più elevati di quelli che deve aff ronta-re un cacciatore italiano.Gli elementi per chiarire nel dettaglio e confrontare compiutamente sistemi normativi così diversi sono tanti. Ed è impossibile af-frontarli tutti in un articolo di giornale. Noi abbiamo cercato di mettere in luce le diff erenze principali. Ai lettori l’arduo compi-to di capire se (e in cosa) la normativa italiana sia migliore o peggiore di altre. Nella convinzione che, nel suo complesso, non la si possa oggettivamente defi -nire una delle più restrittive d’Europa come invece spes-so si sente aff ermare.

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ARMImagazine 107x285 14-04-2009 17:02 Pagina 1

Data di cHiusura generale della caccia agli uccelli migratori nei Paesi dell’UE

NB. Spagna: tordi per stranieri in alcune regioni � no al 28 febbraio. Regno Unito: acquatici sino al 20 febbraio nella zona intertidale lungo la costa. in questa

zona le anatre e le oche possono essere cacciate solo dal primo al 20 febbraio.

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