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Come possiamo oggigiorno puntare a realizzarci pienamente?

Abbiamo tutti dei sogni e dei desideri che vogliono diventare realtà.

Abbiamo tutti delle speranze che attendono di essere concretizzate.

Abbiamo tutti delle potenzialità che reclamano il loro sviluppo.

Il coaching è un metodo ordinato e pragmatico per realizzarci pienamente in

ogni ambito della vita.

Tutti noi possiamo utilizzarlo per esprimere ciò che di meglio siamo e vincere

la sfida con l’avversario più impegnativo: noi stessi.

Questo libro propone un percorso di coaching verso il più importante degli

obiettivi:

la nostra piena felicità.

Possiamo utilizzare il coaching per il successo nel lavoro, per l’armonia nelle

relazioni, per il benessere personale, per la salute globale per noi stessi e per

l’ambiente dove viviamo.

In qualsiasi ambito vorremo fare coaching, porteremo a casa un profondo

senso di soddisfazione, che darà un significato nuovo ed entusiasmante alla

nostra vita.

------------------------------------------------------------------------------------------------

Medicoaching propone il corso di formazione professionale in coaching

riconosciuto da

AICP Associazione Italiana Coach Professionisti.

A tutt’oggi questa scuola ha formato coach professionisti operativi in diversi

ambiti.

Tutti i coach Medicoaching hanno integrato con successo il coaching nelle loro

professioni, ottimizzando le loro performance e raggiungendo un elevato

grado di soddisfazione professionale e personale. Le loro testimonianze sono

verificabili sul sito

www.medicoaching.it

Questo libro è dedicato a tutti coloro che stanno cercando una chiave di volta

nella loro vita e vogliono farlo in modo facile, agevole e divertente.

-------------------------------------------------------------------------------------

Gli Autori

Silvia Calzolari, medico e coach, scrittrice, direttore scientifico di Medicoaching

Gianni Verde, Coach e Master universitario in coaching, direttore didattico di

Medicoaching

Lavorano insieme da anni nel campo della scienza e della conoscenza.

Hanno fondato Medicoaching nell’ottica di una integrazione del metodo del

coaching in ambito scientifico e sanitario in particolare

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COACHING INSIDE OUT

PREMESSE uesto libro parla di coaching, un nuovo

metodo concepito per superare i momenti di

crisi che possono capitare a tutti nella vita.

Parliamo di quelle piccole crisi legate al fatto

di non sapersi decidere, di quando passiamo

più tempo a pensare a vuoto piuttosto che agire

efficacemente. In questo libro si trovano tutte le

istruzioni per superare i nostri limiti e realizzarci laddove

vogliamo farlo. Il metodo del coaching permette a

tutti di affrontare e superare le nostre credenze

limitanti, le nostre dipendenze dal giudizio altrui, ma

soprattutto di esplorare il nostro grande potenziale e di

allenare le nostre qualità migliori.

Dai più il coaching è conosciuto come metodo per

realizzare obiettivi di successo nei vari ambiti della vita.

In questo libro vengono illustrati tutti i vantaggi del

coaching, compreso quello forse più importante in

assoluto: la possibilità di cambiare in meglio a partire

da noi stessi dentro prima che fuori. Ecco perché il

coaching è inside out (che significa da dentro a fuori),

poiché è dalla nostra intima natura, quella più

profonda e autentica, che possiamo attingere

benessere e felicità. Letteralmente l’espressione inside

out evoca anche qualcosa che viene portato alla

luce con un movimento dall’interno all’esterno. Avete

presente quando rivoltiamo un calzino per esporre la

parte migliore? In un certo senso il coaching fa proprio

Q

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questo: ci permette di tirare fuori il meglio di noi. E lo fa

in modo dolce e non invasivo: immaginate un filo di

lana che si dipana dalla matassa in modo fluido e

scorrevole e avrete un piccolo saggio della sensazione

di naturale evoluzione che una persona prova

facendo coaching.

Nella pratica il coaching si sviluppa nel contesto di

una relazione speciale fra un professionista

adeguatamente formato e il suo cliente, che viene

specificamente indicato come coachee. Il

professionista che pratica il coaching si chiama

coach, termine che evoca non solo l’immagine

dell’allenatore, ma anche quello della carrozza che

trasporta il passeggero fino alla sua destinazione. La

scuola Medicoaching, che noi Autori rappresentiamo,

forma questi “traghettatori”, i coach professionisti che

facilitano il viaggio dei loro clienti (i coachee), verso le

mete di successo da loro stessi designate. In questo

libro si trovano i principi fondamentali del coaching e

la metodologia che noi seguiamo nel corso formativo

di 100 ore riconosciuto dall’associazione di categoria

AICP (Associazione Italiana Coach Professionisti). Chi è

interessato al coaching può trovare questo testo molto

illuminante per capire quelli che sono i passaggi

fondamentali del metodo e come il coach li applica. Il

lettore potrà comprendere a chi si rivolge il coaching

e quali sono i vantaggi che il metodo dà.

Diversamente da molti altri metodi di sviluppo

personale e professionale, il coaching mette tutto in

mano al coachee, cioè al cliente, esaltandone la

consapevolezza, la responsabilità, l’autonomia

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decisionale; è lui a definire qual’ è il suo obiettivo; è lui

a stabilire dove, come, quando e soprattutto perché

sia opportuno intraprendere il suo viaggio verso la

realizzazione dei suoi desideri. Ispirata alla migliore

tradizione maieutica, la figura del coach si propone

come guida del coachee e suo franco alleato. Gli

strumenti del coach sono rappresentati, tra gli altri,

dalle domande efficaci, come nella tradizione

socratica, che stimolano riflessioni da diversi punti di

vista, spesso alternativi e mai considerati prima. In seno

alla relazione facilitante di coaching, basata

sull’alleanza tra professionista e cliente, emergono per

il coachee orizzonti inesplorati, da cui si delineano

obiettivi sempre più rifiniti in base alle sue autentiche

volontà. Gli ingredienti principali di questa relazione

magica tra coach e coachee sono l’ ascolto, la

neutralità di giudizio, la fiducia, l’empatia, l’ amore.

Questo libro è dedicato a tutti coloro che vogliono

diventare coach professionisti o quanto meno

conoscere le grandi possibilità che il coaching offre

nel vasto panorama delle libere professioni.

Questo libro è dedicato anche a tutti coloro che, pur

svolgendo già una specifica professione, vogliono

avere uno strumento in più da integrare nelle loro

competenze per offrire al proprio cliente un servizio

sempre più qualificato. La trasversalità del metodo è

tale che può essere integrato in qualsiasi professione,

rappresentando sempre e comunque un vantaggio.

Questo libro è per tutte le persone che vogliono

cambiare qualcosa della loro vita, personale o

professionale che sia. Il metodo del coaching è un

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vero strumento di miglioramento della qualità della

vita in tutti i suoi ambiti, poiché favorisce la ricerca e il

conseguimento del benessere e della felicità.

Noi Autori ci aspettiamo che il coaching interessi tutti e

che sempre più persone vogliano avvicinarsi ad esso.

Auguriamo a tutti i lettori che succeda a loro ciò che è

successo a noi: il coaching ci ha stupito, ci ha

coinvolto, ci ha convinto fino al punto da voler

condividere con gli altri le meraviglie che noi abbiamo

sperimentato nella nostra vita personale e

professionale grazie a questo metodo semplice,

pragmatico, perfino divertente.

Buon viaggio a tutti con il coaching.

Silvia Calzolari

Gianni Verde

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Competenze del Coach!

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IL COACHING

introduzione

l coaching nasce come metodo di esplorazione e

potenziamento delle risorse personali con lo scopo

di superare e vincere le sfide della vita. La chiave di

ogni successo sta dentro di noi nel nostro patrimonio di

potenzialità innate: conoscere ed apprezzare le nostre

qualità, allenarle con fiducia e perseveranza, è

l’autentica garanzia per i nostri successi. In

quest’ottica ogni problema da risolvere, ogni desiderio

da realizzare, ogni scelta da fare è un’opportunità per

metterci alla prova, per “sfidarci” in un gioco interiore

tanto intrigante quanto impegnativo.

TIMOTHY GALLWEY E L’INNER GAME

l primo a capire che ogni partita si gioca sul campo

della mente prima che su quello sportivo è stato un

campione di tennis, Timothy Gallwey, coach della

Harvard University del Massachusetts. Oggi Gallwey è

considerato il padre del coaching. Nel 1974 egli

pubblicò “The inner game of tennis”, attualmente un

best seller, dove sono raccolte le sue teorie

sull’apprendimento sportivo, basate essenzialmente

sull’allenamento delle qualità innate del giocatore.

“C’è sempre una partita interiore che è giocata nella

tua mente qualsiasi sia la partita che stai giocando. Il

modo con cui affronti questa partita fa la differenza fra

il successo e il fallimento”. Secondo la visione di

Gallwey (fortemente impregnata dell’antica cultura

I

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orientale, che l’autore ha conosciuto nei suoi viaggi in

India e in Tibet), le sfide della vita non sono diverse da

quelle dello sport: come nel gioco così anche nella vita

per vincere possiamo affidarci alle nostre potenzialità,

allenandole con consapevolezza, responsabilità e

passione. Nell’ inner game dobbiamo tener conto che

l’avversario più temibile non è quello dall’altra parte

della rete ma quello dentro di noi, che tende a frenarci

con i dubbi, le paure, le credenze limitanti. Il coaching

nasce dall’esigenza di trovare un metodo che

permetta a qualsiasi giocatore di vincere le sue partite

con la vita: il coaching si propone come metodo

potenziante, che sviluppa ciò che già c’è dentro di noi.

JAMES HILLMAN E LA TEORIA DELLA GHIANDA

e potenzialità con cui nasciamo rimangono allo

stato inespresso se non ne diventiamo consapevoli

e non le alleniamo; al contrario, prendendone

coscienza possiamo farle fruttare, raggiungendo con

un buon allenamento la performance, cioè il grado

ottimale della loro espressione pratica, concreta,

pragmatica, applicabile a qualsiasi obiettivo. Lo

sviluppo delle potenzialità innate è un tema centrale

nell’opera del filosofo e psicanalista junghiano James

Hillmann, fondatore della psicologia archetipica: nel

suo “Il codice dell’anima” del 1996 egli illustra le vite di

alcuni famosi personaggi storici, seguendone la

crescita dall’età infantile a quella adulta alla luce

delle varie possibilità di espressione delle qualità

innate. “Esiste qualcosa, in ciascuno di noi, che ci

induce a essere in un certo modo, a fare certe scelte,

a prendere certe vie - anche se talvolta simili passaggi

possono sembrare casuali o irragionevoli? Se esiste, è il

L

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'daimon', il 'demone' che ciascuno di noi riceve come

compagno prima della nascita”. Per Hillman il daimon

(che in epoca antica veniva inteso come anima o

spirito) è un potenziale di virtù innate che, se lasciate

emergere e coltivate, porteranno inevitabilmente alla

trasformazione della ghianda in quercia, secondo un

programma naturale. L’allenamento delle potenzialità,

che è un punto cardine del coaching, è un metodo

per realizzare ciò che siamo. Il motto “Diventa ciò che

sei”, formulato da Platone e ripreso da Nietzsche, ben

si adatta al coaching.

GENETICA ED EPIGENETICA: LA SCIENZA DELLE

POTENZIALITÀ

a moderna biologia contribuisce in larga misura

alla riprova che qualità innate siano presenti già

nello zigote, la prima cellula umana a formarsi

all’atto del concepimento. Il DNA è depositario di

potenzialità che emergeranno in modo molto relativo

alle influenze che l’ambiente avrà sul bambino

durante l’infanzia. Oggi alla genetica, la scienza che

studia l’espressione del patrimonio genetico, si

affianca l’epigenetica, la scienza che studia

l’influenza di fattori ambientali sull’espressività dei geni.

Un esempio: tutti gli uomini hanno la virtù della

compassione e quindi è realistico sostenere che tutti gli

uomini possono essere compassionevoli ma di fatto ciò

non corrisponde alla realtà, perché ogni uomo cresce

in un ambiente diverso e ciò condiziona l’espressione

dei suoi geni della compassione. Nel suo libro del 2006

“La biologia delle credenze” Bruce Lipton spiega

perché “la mente è più forte dei geni”: ciò in cui

L

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crediamo determina ciò che siamo. La sessione di

coaching è un ottimo “ambiente” per far emergere le

qualità del coachee: nell’ambito di una relazione

facilitante e positiva, basata sulla fiducia e

sull’alleanza, il cliente indaga su se stesso, attiva

ricordi, prova emozioni, riflette, valuta opzioni,

comprende che può contare su questa o quella virtù:

in sessione spesso accade che l’obiettivo e il piano

d’azione emergano spontaneamente e si rivelino con

tale chiarezza e semplicità da restare stupefatti. Il

coach è una sorta di catalizzatore, che attiva e

ottimizza il risveglio della coscienza del coachee su

quello che egli è e su ciò che è capace di fare per

realizzare il futuro che desidera. Il coaching può essere

considerato un metodo epigeneticamente influente

sulla biologia umana.

SELIGMAN E IL MODELLO P.E.R.M.A. PER LA

FELICITÀ

ra i numerosi studi scientifici che sono stati prodotti

sull’espressione delle qualità innate,

particolarmente importanti sono quelli del pool di

ricerca guidato da Martin Seligman, considerato il

padre della psicologia positiva. Nel 1990 Seligman,

oggi professore di psicologia alla Pennsylvania

University, pubblica il testo “Imparare l’ottimismo”, un’

opera rivoluzionaria nel campo dell’interpretazione dei

disturbi psichici. L’Autore conduce e presenta un’

imponente mole di studi scientifici, che contribuiscono

a identificare i fattori epigenetici promotori di una

crescita sana ed equilibrata dell’essere umano. I

risultati indicano che l’ambiente in cui il bambino

T

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cresce è determinante per quello che sarà il suo

atteggiamento da adulto nei confronti della vita e

influenza le sue possibilità di successo nei vari ambiti. “I

vostri figli sono come spugne: assorbono ciò che dite e

‘come’ lo dite.” In testi come “La costruzione della

felicità” e “Fai fiorire la tua vita” Seligman espone il

metodo P.E.R.M.A. per la costruzione della felicità:

P POSITIV EMOTION EMOZIONI POSITIVE

E ENGAGEMENT IMPEGNO

R POSITIVE RELATIONSCHIP RELAZIONI POSITIVE

M MEANING SIGNIFICATO

A ACCOMPLISCHMENT

ACHIEVEMENT

COMPLETAMENTO

REALIZZAZIONE

Gli studi condotti dalla Psicologia Positiva provano che

l’uomo è naturalmente predisposto alla felicità: le

probabilità di essere adulti felici sono largamente

influenzate dall’ambiente in cui cresciamo, dalle

emozioni positive, dalle relazioni facilitanti, da quanto

abbiamo potuto sperimentare e realizzare con

successo, da quanto siamo stati coinvolti nelle

relazioni, dal significato che abbiamo attribuito a

persone ed eventi nella nostra infanzia. “Non è il

rumore di un sonaglio a far ridere il bambino, ma il

fatto di essere lui a farlo suonare”. L’atteggiamento

del coach è ottimista: il coach ha fiducia in se stesso,

nel metodo e nel coachee. Il coach è aperto e

disponibile, è attento e interessato, è alleato con il

coachee, lo sostiene, è il suo sponsor. L’atteggiamento

del coach è quello giusto perché dalla relazione di

coaching il coachee tragga incoraggiamento a

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trovare le sue soluzioni. Il coaching è un metodo per

essere più felici.

DANIEL SIEGEL E LE MAPPE MENTALI

o psichiatra americano Daniel Siegel della UCLA

(University California of Los Angeles) è considerato

il padre della neurobiologia interpersonale: nel suo

libro “Mappe per la mente” egli riassume

nell’acronimo C.O.A.L. lo stato mentale di “curiosità,

apertura, accettazione e amore” delle persone

profondamente consapevoli, come i coach. Anche il

coachee arriverà a sviluppare le stesse qualità nel suo

percorso di coaching. Nei suoi studi Siegel dimostra

che un atteggiamento C.O.A.L. corrispondente allo

stato mentale di profonda consapevolezza, è in grado

di sviluppare nei bambini Riflessione, Relazione e

Resilienza (modello educativo delle 3R), ciò che

anche il coaching produce. Si può certamente

sostenere che il coaching è un metodo finalizzato

all’evoluzione personale in termini di consapevolezza e

responsabilità, qualità centrali dell’Io Adulto.

Individuare e allenare le potenzialità, con ottimismo,

positività, fiducia è determinante per la realizzazione

dei propri obiettivi. Il coach è autentico, cioè allineato

con i principi metodologici: ispira ottimismo, fiducia,

spirito pragmatico, non giudica, non forza, non

influenza, al contrario guida la sessione di coaching in

modo da lasciare emergere le riflessioni, le intuizioni, le

immagini che vengono alla mente del coachee.

L

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ANTONIO DAMASIO E IL SÉ

l Sé viene alla mente è un saggio scientifico

pubblicato da Antonio Damasio nel 2012,

un’opera miliare delle neuroscienze: descrive la

coscienza come un processo, una funzione mentale

complessa, legata all’integrazione e alla

sincronizzazione delle tante mappe neurali che il

cervello elabora. Un modello che ben si adatta al

coaching: ciò che accade in una sessione di

coaching è di fatto un complesso processo neurale. Il

coaching è un metodo di potenziamento mentale:

pensieri, emozioni, ricordi, intuizioni, immagini, suscitate

dalle domande aperte del coach, compongono le

riflessioni del coachee e costituiscono la trama del suo

racconto (narrazione). L’autosservazione porta il

cliente a riconoscere qualità personali spesso

insospettate e concorre a fargli superare credenze

limitanti e sensi di colpa, favorisce una maggiore

autostima e incrementa la fiducia. Emerge da tutto

ciò una maggiore cura di sé, un’attenzione più

amorevole verso tutto ciò che ci riguarda. La cura di

sé è parte integrante della costruzione di un’immagine

più ampia, più autentica, più matura del Sé, conduce

all’autoconsapevolezza, permette di scegliere obiettivi

e piani d’azioni, avendo chiaro il risultato finale:

l’autorealizzazione. La scienza del Sé va anche oltre:

ipotizza che il Sé superiore si spinga laddove la

coscienza diventa un mezzo di comunicazione con il

piano spirituale della nostra esistenza. Capita nelle

sessioni di coaching di seguire il coachee in

introspezioni profonde, ispirazioni, illuminazioni,

momenti di insight: il coaching contribuisce a

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cambiare idea su convinzioni, valori, principi, sulla

propria identità, sulla missione, sul senso e significato

della propria vita.

L’ORACOLO, SOCRATE E IL DIALOGO MAIEUTICO

l coaching avvia nel coachee un dialogo interiore,

di cui egli soltanto è il protagonista. Il ruolo del

coach è quello di favorirlo e potenziarlo perché sia

efficace, vale a dire perché dal dialogo scaturisca

una nuova consapevolezza. Il tema della

consapevolezza e della responsabilità personale è

antico come la nostra storia: il “conosci te stesso”

dell’oracolo delfico e il “so di non sapere” socratico ne

sono testimonianze ancora attualissime, basti pensare

alla modernità del dialogo maieutico in psicologia.

Socrate non ha mai scritto nulla, essendo sostenitore

del dialogo diretto e interattivo con i suoi discepoli, ma

Platone, il più famoso tra i suoi allievi, ha prodotto

numerose opere ispirate alla sua vita e alla sua

filosofia: nei Dialoghi platonici, Socrate pone

domande aperte, quando invita l’interlocutore a una

riflessione, o domande chiuse, quando lo esorta ad

una conclusione, oppure domande doppie, quando

lo guida verso una scelta. Maestro originale e fuori

dagli schemi, allenatore di giovani virtuosi e

promettenti, Socrate è stato nel suo tempo un coach

autentico, alleato dell’intelligenza umana, uditore

attento e perspicace, arbitro d’accoglienza senza

pregiudizio. Egli ha impostato una filosofia umanistica

di cui ancor oggi la nostra cultura occidentale risente,

riprendendo tradizioni ancor più antiche, tra cui ad

esempio l’ermetismo: nel “corpus hermeticum”, testo

I

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tradotto in epoca rinascimentale alla corte dei Medici,

possiamo attingere ai principi universalmente validi

che sono presenti nel coaching umanistico, corrente

del coaching che in Italia è sostenuta in particolare

dallo psicologo contemporaneo Luca Stanchieri ( “il

Life Coaching”), autore attento al disagio

adolescenziale e al tema socio-educativo e

scolastico. Il coaching è un metodo umanistico che

crede nelle migliori qualità umane.

“Ti avverto, chiunque tu sia. Oh, tu che desideri

sondare gli Arcani della Natura, se non riuscirai a

trovare dentro te stesso ciò che cerchi, non potrai

trovarlo nemmeno fuori. Se ignori le meraviglie della

tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie?

In te si trova occulto il tesoro degli dei. Uomo, conosci

te stesso e conoscerai l’universo degli dei”.

Oracolo di Delphi

PAUL WATZLAWICK: NON COMUNICARE È

IMPOSSIBILE

n “Pragmatica della comunicazione umana” del

1967 lo psicanalista Paul Watzlawick, austriaco di

scuola junghiana e padre della psicologia sistemica,

raccoglie i risultati di un famoso studio sull’influenza

della comunicazione nello sviluppo di malattie

mentali, condotto da uno straordinario pool di

scienziati del Mental Research Institute di Palo Alto

(California): "Due tesi sono centrali in questo libro: 1) il

comportamento patologico (nevrosi, psicosi, e in

genere le psicopatologie) non esiste nell'individuo

isolato ma è soltanto un tipo di interazione patologica

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tra individui; 2) è possibile, studiando la

comunicazione, individuare delle 'patologie' della

comunicazione e dimostrare che sono esse a produrre

le interazioni patologiche". Il coaching attinge

moltissimo dall’opera di questi autori, essendo un

metodo basato sulla comunicazione. Degli Assiomi

della comunicazione umana, che costituiscono il

fulcro dell’opera di Watzlawick il coaching rispecchia

davvero tanto.

a- E’ impossibile non comunicare

La parola rappresenta una forma comunicativa

estremamente evoluta, riservata al genere umano:

secondo gli studi di Albert Mehrabian tra gli anni 70 e

80, il verbale rappresenta soltanto un 7% della

strategia comunicativa. Comunichiamo per il 38%

attraverso il paraverbale (il tono, il volume, la velocità

e il ritmo della voce), ricorrendo spesso a fonemi e a

suoni che ci permettono di modulare il nostro verbale.

Atteggiamenti, gesti, mimica, tutto ciò che riguarda il

linguaggio del corpo, rappresenta ben il 55% della

comunicazione sociale, il non verbale. Ci spiega

Watzlawick che: “come comunicatori noi veniamo

prima visti, poi uditi e infine compresi”. La percezione

visiva e uditiva permette di costruire mappe mentali

molto velocemente e le immagini del mondo si

formano ben prima dei pensieri al riguardo: prima

percepiamo e poi pensiamo, dunque ciò che ci arriva

prima di tutto è inerente a ciò che vediamo e udiamo.

Esiste anche un terzo canale percettivo, quello

cenestesico, che coinvolge gli altri sensi e la

percezione propriocettiva e spaziotemporale. Le

persone hanno tutte un canale percettivo prevalente

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e ciò rivela molto della loro personalità. Il coach utilizza

tutte le strategie comunicative, compreso il silenzio.

b- La comunicazione è fatta di contenuto e di

relazione

Ciò che diciamo e come lo diciamo è relativo alla

relazione che c’è tra noi e il nostro interlocutore. Il

ruolo che rivestiamo nella relazione condiziona il modo

di dire le cose a prescindere dal contenuto. A tale

riguardo l’atteggiamento del coach è fondamentale

perché il coachee si senta libero di esprimersi.

c- La comunicazione segue degli schemi ciclici di

stimolo-risposta-rinforzo.

Il modello ciclico è rappresentato nel coaching da

sovrapposizioni di moduli di comunicazione circolare

che danno un’alternanza tra Emittente e Ricevente.

Coach e coachee sono in pratica due elementi

comunicatori che si scambiano ruoli dialettici, sotto il

controllo del coach.

d- La comunicazione è numerica e analogica

La comunicazione è basata su criteri logici ma anche

analogici. Il coach stimola riflessioni logiche ma anche

punti di vista legati al pensiero laterale.

e- L’Interazione è complementare e simmetrica

La relazione di coaching è simmetrica nell’interazione,

ma anche complementare nei ruoli. Poiché il

contenuto è sempre del coachee, essa è asimmetrica

relativamente alle tematiche. La ricerca scientifica

nell’ambito della comunicazione conferma che la

relazione tra coach e coachee è di tipo facilitante e

potenziante: le parti stabiliscono una comunicazione

efficace per lo sviluppo di responsabilità,

consapevolezza e autonomia del cliente su cui si

costruisce il suo benessere e la sua felicità.

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ERIC BERNE E L’ANALISI TRANSAZIONALE

egli anni 50 del secolo scorso lo psicologo Eric

Berne, fondatore dell’analisi transazionale,

elabora il modello delle “posizioni relazionali” ,

contribuendo allo studio sulla relazione sociale. Al

centro del modello c’è la relazione con se stessi (IO

SONO OK/IO NON SONO OK) e la relazione con gli latri

(TU SEI OK/TU NON SEI OK). Dalle possibili interazioni

emergono 4 fondamentali posizioni relazionali:

IO SONO OK/TU SEI OK (area emozionale della

positività) io adulto

IO SONO OK/TU NON SEI OK (area emozionale

della rabbia) io genitore

IO NON SONO OK/TU SEI OK (area emozionale

della paura) io bambino

IO NON SONO OK/TU NON SEI OK (area

emozionale del dolore) io genitore / io bambino

Nel coaching la posizione relazionale tra coach e

coachee è del primo tipo IO SONO OK/TU SEI OK, che

esprime l’attivazione da parte del coach dell’area

emozionale della positività e dell’ottimismo, della

fiducia, della speranza, della stima e della

collaborazione. Il coaching è un metodo di sviluppo

della relazione sociale e conduce il coachee alla

posizione dell’Io adulto.

JOHN WHITMORE E IL MODELLO G.R.O.W.

ir John Whitmore è considerato il padre del

coaching applicato al business. Introducendo il

coaching come metodo per ottenere i risultati

desiderati Whitmore ha rivoluzionato il mondo degli

affari, sovvertendo vecchi schemi relazionali nelle

N

S

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ditte, nelle multinazionali, nelle organizzazioni: la

gestione aziendale basata sulla relazione di coaching

tra manager e dipendenti porta “ad una produzione

più elevata, ad una migliore comunicazione, a un

miglior rapporto di lavoro, all’aumento della qualità

della vita sul posto di lavoro, a più riconoscimenti e

maggiori gratificazioni e ad un miglior servizio verso i

clienti” (“Coaching”, John Whitmore). L’acronimo

G.R.O.W. riassume i pilastri del metodo di Whitmore:

G = sta per GOAL e si riferisce all’identificazione di

obiettivi concreti e verificabili,

R = sta per REALITY e si riferisce alla presa di

coscienza della realtà,

O = sta per OPTION e si riferisce alle opzioni, cioè

alle scelte da prendere in considerazione

W = sta per WHAT (cosa) WHEN (quando) WHO

(chi) WILL (voglio farlo), cioè le domande del

coaching.

“Dire cosa fare o porre domande chiuse risparmia alle

persone la necessità di pensare. Porre domande

aperte le spinge a pensare da sole.” Per Whitmore

l’obiettivo deve essere S.M.A.R.T., cioè :

S = Specifico

M = Misurabile

A = da Agreed , cioè concordato

R = Realistico

T = Temporale, cioè definito nel tempo

ma anche P.U.R.E. cioè :

P = Positivo

U = da Understood, cioè compreso da tutti

R = Rilevante

E = Etico

inoltre C.L.E.A.R.:

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C = da Challenging, cioè sfidante

L = Legale

E = da Environmental, cioè positivo per l’ambiente

A = Appropriato

R = da Recorded, cioè registrato, messo per iscritto.

Obiettivi intelligenti (smart), puliti e trasparenti (pure,

clear) sono quelli di cui si occupa il coaching. Autore

pragmatico ma allo stesso tempo molto profondo,

Whitmore si spinge a considerare il coaching come un

metodo di crescita personale, e lo mette in

correlazione con la psicologia transpersonale,

riconducendosi in particolar modo alla visione

filosofica del professor Roberto Assagioli, psicanalista

italiano dei primi del 900. Questo illustre autore ha

prodotto un modello della struttura psichica umana,

l’ovoide, in cui il Sé superiore è la più alta espressione

del potenziale psichico umano ed è collegato a tutto

ciò che ci circonda; concetti molto vicini a quelli

sostenuti da scienziati come Daniel Siegel o Antonio

Damasio che parlano di coscienza superiore, di

sistema di flusso complesso, o come Ervin Laszlo che

sostiene un nuovo paradigma scientifico, basato sulla

trasformazione delle coscienze.

SPIRITUAL COACHING

lcuni autori contemporanei importanti come

Robert Dilts (“PNL per lo spirito”), Deepack

Chopra (“Spiritual solution”), Roy Martina

(“Equilibrio emozionale”) ed altri esponenti delle

scienze comunicative e della biologia quantistica,

hanno voluto sottolineare l’importanza del coaching

come metodo esplorativo della dimensione spirituale.

A

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Molti altri autori hanno contribuito direttamente o

meno a convalidare i principi basilari del coaching. Il

coaching può essere visto come un metodo

pragmatico per fissare obiettivi e raggiungerli,

partendo da una visione chiara della realtà e

sviluppando il proprio potenziale. Il coaching può

essere visto come un metodo di autorealizzazione, che

porta soddisfazione, benessere, felicità grazie al

raggiungimento degli obiettivi personali. Il coaching

può essere visto come un metodo per trovare nuovi

orizzonti, per cambiare schemi di pensiero, per liberarsi

da credenze obsolete che ci trattengono al palo. Il

coaching può essere visto come un metodo per

sfidare noi stessi, per superarci, per trovare un nuovo

senso e significato alla nostra vita. Il coaching è tutto

questo e molto di più. È un metodo di sviluppo

personale, sociale, ambientale. È un modo di essere e

uno stile di vita. C’è un coaching per qualsiasi

situazione e per qualsiasi livello esistenziale, applicabile

a qualsiasi situazione della vita come a qualsiasi

professione.

IL COACHING E’…

Il coaching è un metodo polivalente e lo possiamo

scegliere per almeno 12 buoni motivi, perché è un…

metodo di esplorazione e potenziamento delle

risorse personali

metodo potenziante, che sviluppa ciò che già

c’è dentro di noi

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metodo per realizzare ciò che siamo

metodo epigeneticamente influente sulla

biologia umana

metodo per essere più felici

metodo finalizzato all’evoluzione personale

metodo di potenziamento mentale

metodo umanistico che crede nelle migliori

qualità umane

metodo basato sulla comunicazione

metodo di sviluppo delle relazioni sociali

metodo per ottenere i risultati desiderati

metodo esplorativo della dimensione umana

globale

IL COACH E’…

orse non tutti sanno che gli alberelli di quercia

crescendo allo stato naturale sviluppano ben

presto una radice “rubinetto” sottile come un

capello, che si protende a cercare acqua nel terreno

estendendosi fino a un metro di profondità, a fronte di

un alberello alto solo una trentina di centimetri. Nel

caso di piante coltivate in vivaio la radice tende a

estendersi fino al fondo del vaso e quando l’alberello

F

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viene trapiantato si rompe, compromettendo

gravemente la crescita della pianta finché non ne

ricresce una sostitutiva. Quando si agisce in questo

modo si dimostra di non conoscere l’esistenza o la

funzione della radice, o di non avere dedicato alla sua

protezione il tempo necessario. Il giardiniere avveduto

invece quando trapianta un alberello estrae dalla

terra la fragile radice sostenendone la punta e la

inserisce in un lungo buco verticale scavato in

profondità nel terreno con una sottile barra di metallo.

La piccola quantità di tempo investito in questo

processo al primo stadio di vita dell’albero ne assicura

la sopravvivenza e gli consente di crescere più

velocemente e più robusto rispetto ai suoi fratelli nei

vivai. Chi negli affari sceglie una strategia lungimirante

utilizza il coaching per emulare il bravo giardiniere.”

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KAIROS E KRONOS

tempo di coaching essuna cosa ci appartiene, soltanto il tempo è

nostro (Lucio Anneo Seneca).

Quanto è importante nel coaching ottimizzare il

tempo di una sessione? Il tempo va gestito

sapientemente. Al coach compete la gestione

quantitativa del tempo: il suo intervento deve essere

molto limitato e non impegnare più del 15-20% della

durata di una sessione; inoltre compete al coach

verificare che il coachee riempia il tempo a sua

disposizione di senso e significato. Mentre il coach

gestisce il kronos, il coachee vive il kairos: entrambi i

termini si riferiscono al tempo, ma implicano significati

molto diversi già in origine. Kairos nell'antica Grecia

significava "momento giusto o opportuno, occasione".

Kronos è il tempo che passa, logico, ordinato nelle

sequenze passato-presente-futuro; kairos attiene alla

qualità delle azioni che si compiono nel mentre, è il

tempo speso bene, in cui si operano scelte e si

producono cambiamenti. Kronos è un tempo vuoto,

fine a se stesso, mentre kairos è un tempo pieno, in cui

l’Essenza delle persone è attivamente all’opera: perciò

veniva detto anche “tempo divino, o spirituale”. Il

coachee vive nel kairos, che gli offre infinite occasioni

per riflettere, comprendere, determinare i suoi

obiettivi, stabilire la strategia per ottenerli, allenare le

sue potenzialità. Dal tempo impiegato nel percorso di

coaching emergeranno i miglioramenti, i

cambiamenti, le trasformazioni che il coachee avrà

N

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voluto produrre. Nell’arte medica antica kairos e Krisis

erano concetti correlati: Ippocrate li utilizzava per

definire quel momento unico e irripetibile (e da non

perdere), in cui si decideva per la vita o la morte del

malato, un tempuscolo in cui il coesistere di molteplici

variabili esitava in un punto critico. Era anche il punto

in cui il destino (o fato) incontrava la libera scelta. Il

kairos è anche il tempo in cui una cellula totipotente si

differenza in una linea ben definita. In fisica quantistica

il kairos è il momentum e coincide con il crollo di una

funzione d’onda, a partire da uno stato di

sovrapposizione quantistica. Dal “tutto è possibile” al

“questo è reale”. Nell’antica tradizione cinese il

termine Che si riferisce al Kairos; nell’ ”Arte della

guerra”, famoso trattato risalente al IV-V secolo a.C.,

Sun Tze, generale e filosofo, parla del tempo giusto per

vincere la battaglia, il tempo dell’opportunità

favorevole. Il kairos è stato rappresentato da Lisippo,

scultore greco del III secolo a.C., come un giovane

che corre. Questo è l’epigramma del poeta Posidippo,

che compariva sulla statua del tempo posta

nell’agorà di Sikyon in Grecia:

E chi sei tu?

Il Tempo che controlla tutte le cose.

Perché ti mantieni sulla punta dei piedi?

Io corro sempre.

E perché hai un paio di ali sui tuoi piedi?

Io volo con il vento.

E perché hai un rasoio nella mano destra?

Come segno per gli uomini che sono più

pungente di qualsiasi bordo pungente.

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E perché hai dei capelli davanti al viso?

Per colui che mi incontra per prendermi per il

ciuffo.

E perché, in nome del cielo, hai la parte

posteriore della testa calva?

Perché nessuno che una volta ha corso sui miei

piedi alati lo faccia ora, benché si auguri che

accada, mi afferra da dietro.

Perché l'artista ti ha foggiato?

Per amor tuo, sconosciuto, e mi mise su nel

portico come insegnamento.

La relazione tra kairos e kronos in una sessione di

coaching è tale che il coachee dispone del tempo

come meglio ritiene, essendo il protagonista assoluto

della scena. Il coach occupa il 10-15% mediamente

della durata della sessione, con le domande, i rimandi

e i silenzi che aiutano il coachee a riflettere.

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IL COACHING

generalità e quesiti ella lingua anglosassone il sostantivo coach ha

più di un significato e coaching, gerundio del

verbo “to coach”, è sostantivato, cioè usato

per indicare un processo, una serie di azioni e

comportamenti relativi al termine coach. “Coach”

può essere l’allenatore oppure la carrozza del treno.

John Whitmore, uno dei patriarchi del coaching, nel

suo libro “Coaching”, si concentra sul verbo “to

coach”, avvallando la definizione riportata dal

Concise Oxford Dictionary: to coach = “allenare,

preparare mediante fatti”. Per Whitmore il coaching è

un metodo che allena, prepara mediante fatti. Anche

chi preferisce riferirsi al concetto di carrozza (dal

termine francese coche, a sua volta derivato

dall’ungherese Kocsis) ha le sue ragioni: l’immagine

del vagone del treno evoca il viaggio, quindi “coach”

diventa sinonimo di percorso. Il coaching è un metodo

che si applica ad un percorso formativo personale. Il

coaching si sviluppa lungo un cammino, che dal

punto A ci conduce al punto B. Il trasferimento da A a

B comporta per il viaggiatore un cambiamento di

stato, migliorativo rispetto a quello di partenza. In

alcuni casi il viaggio porta a cambiamenti molto

importanti e fortemente incidenti sulla qualità di vita

del coachee, a tal punto da poter parlare di

trasformazioni vere e proprie. La metafora del viaggio

ben si adatta al coaching: il viaggiatore (coachee) è

l’unico responsabile di dove vuole andare e di come

N

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ci vuole arrivare, mentre la carrozza (coach) è un

mezzo prezioso e indispensabile. Il coaching è un

allenamento? O è piuttosto un percorso? Possiamo

Integrare i concetti e armonizzare le interpretazioni,

seguendo la naturale tendenza della mente umana

alla sintesi. È evidente che chi si allena, fa. Chi fa

compie azioni e produce fatti. Chi produce fatti,

seguendo una strategia, esegue un allenamento

mirato alla performance, cioè al raggiungimento del

miglior risultato possibile in base alle risorse personali,

responsabilmente coltivate. Chi si prepara mediante

fatti transita da un punto A verso un punto B, e

certamente si trasferisce da uno stato coante ad uno

stato conseguente all’allenamento. Il coaching è un

percorso strategico, durante il quale il coachee fa,

cioè produce fatti, azioni, opere, realizza e concretizza

le sue potenzialità, mirando alla performance, cioè al

massimo rendimento con la minima spesa.

L’allenamento delle potenzialità, la determinazione

degli obiettivi e la definizione del piano d’azione, cioè

la strategia per conseguirli, costituiscono il corpo

centrale del percorso di coaching tra il presente, così

come è sentito, e il futuro, così come è desiderato.

COME FUNZIONA IL COACHING?

l coaching funziona attraverso una relazione di

sostegno tra il coach e il suo coachee. Il coaching è

un metodo relazionale. Come tutti i metodi, il

coaching è un percorso strutturato. Ogni struttura ha le

sue fondamenta e quelle del coaching sono

stabilmente appoggiate sulla relazione tra coach e

coachee. Si tratta di una relazione a sostegno del

I

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coachee, in cui è questi l’assoluto protagonista. Il

coach accompagna il suo assistito nell’elaborazione

di processi mentali, che lo portano a scoprire

potenzialità inespresse, a comprendere che cosa

vuole, e a scegliere come ottenerlo; durante il

percorso il coach è custode del metodo e verifica

costantemente le posizioni relazionali. Il coaching

funziona grazie ai mezzi e allo stile di comunicazione

utilizzati. Il coaching è uno stile comunicativo. La

modalità comunicativa all’interno di una relazione,

contribuisce a definire la relazione stessa e rafforza i

ruoli. Vale anche il contrario; la definizione dei ruoli

influenza la modalità comunicativa tra le parti e,

finché i ruoli vengono mantenuti, quella particolare

modalità verrà necessariamente ipertrofizzata. Come

enuncia Paul Watzlawick nel suo secondo assioma

della comunicazione, il modo in cui ci esprimiamo

dipende dal ruolo che occupiamo nella relazione. Un

esempio comprensibile per tutti: nel momento in cui mi

rapporto con mio figlio, non posso certamente

prescindere dal mio ruolo di genitore. Al contrario

dovendo relazionarmi con mio padre adotterò

modalità comunicative adeguate al ruolo di figlio.

Quando ci relazioniamo con qualcuno comunichiamo

contenuti specifici e contingenti (per lo più attraverso

l’espressione verbale) ma anche contenuti aspecifici e

assoluti sulla nostra identità all’interno della relazione

(per lo più attraverso il paraverbale e il non verbale).

Vogliamo specificare chi siamo per l’altro e che cosa

è l’altro per noi, vogliamo definire i limiti della

relazione, vogliamo disegnare le mappe dei territori.

Ogni relazione supporta una metacomunicazione. Il

coach coltiva la relazione di coaching sulla base

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dell’accoglienza, dell’ascolto, dell’alleanza e

dell’autenticità: la metacomunicazione del coach è

basata su principi umanistici di apertura e fiducia. Ciò

è di fondamentale importanza per far sentire il

coachee al sicuro, e permettergli di concentrarsi sui

processi mentali che lo porteranno a realizzare i suoi

obiettivi. Il coach adotta mezzi e stili comunicativi

idonei a definire il suo ruolo di fidato

accompagnatore, di sostenitore, di sponsor del

coachee. Il quinto assioma della comunicazione di

Paul Watzlawick ci dice che ci sono relazioni

simmetriche e relazioni complementari: coach e

coachee non sono sullo stesso piano relazionale

(come ad esempio è nel caso di due amici che si

confidano) ma i mezzi e lo stile comunicativo sono

adeguati ad una relazione di sostegno. Il messaggio

implicito che arriva al coachee è “ti puoi affidare, ti

puoi rilassare, sei al sicuro, io veglio su di te mentre tu ti

occupi di te stesso, puoi prenderti cura di te in

sicurezza.”

PREPARARE MEDIANTE I FATTI… PREPARARE CHI

E A CHE COSA?

l coachee viene stimolato a produrre fatti (=azioni)

dalla relazione di coaching. Il coaching si basa sulla

relazione tra coach e coachee. E’ da questa che

scaturiscono le azioni del coachee. I punti chiave di

questo passaggio sono:

il coachee è protagonista assoluto della scena

relazionale

il coachee è supportato dal coach

I

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il coach adotta schemi comportamentali che

stimolano nel coachee fiducia in se stesso,

fiducia nel coach, fiducia nel metodo

il coachee è libero di sviluppare i processi

mentali a suo modo

La relazione di coaching permette al coachee di

muoversi mentalmente senza limiti e confini; il coach

stimola l’intraprendenza mentale del coachee e lo

supporta senza giudizio, anzi con fede nelle sue

potenzialità, sostenendolo ad andare oltre i vecchi

schemi. La relazione di coaching sospinge

dolcemente il coachee in uno stato di flow, dove dal

piano delle sensazioni, emozioni, ricordi, immagini,

riflessioni, la mente fluttua verso il piano delle intuizioni,

illuminazioni, ideazioni. Nuove energie, nuove

disposizioni d’animo, nuovi entusiasmi esitano nella

presa di coscienza e nella proiezione verso il futuro: la

soluzione è a portata di mano, l’obiettivo è evidente e

il piano d’azione è chiaro. Il coach favorisce il

coachee nel determinare obiettivi, stabilire azioni da

compiere nella direzione dell’obiettivo (piano

d’azione), monitorare (feedback) il suo percorso in

funzione della realizzazione dell’obiettivo

autodeterminato. Il coaching è un metodo di

formazione personale, che si sviluppa sulla trama di

una relazione facilitante tra un professionista (coach),

adeguatamente formato, e il suo cliente (coachee). Il

coaching prepara ad agire in modo da ottenere ciò

che si vuole. Preparare è una parola chiave, in cui è

racchiuso il segreto del coaching: per avere successo

in qualsiasi ambito della vita bisogna avere le idee

chiare su che cosa si vuole veramente e impegnarsi

intelligentemente per ottenerlo. Lo si può fare

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realisticamente coltivando le qualità che ci

appartengono, credendo in noi stessi ed avendo un

chiaro schema mentale sul da farsi. Il coaching

prepara le persone a creare la propria vita così come

la vogliono, allenando il cuore e il cervello. A chi serve

il coaching? e in quali ambiti si applica? Il coaching

può servire a chiunque voglia trovare soluzioni e non

ne sia in grado, a prescindere dai contenuti e dalle

cause. Un momento di stallo, un empasse, una crisi,

comunque una temporanea inabilità a risolvere

questioni personali o lavorative, o relative a qualsiasi

ambito della vita è il GROUND 0 del coaching. Il

coaching è un metodo pragmatico e concreto.

Proprio per queste caratteristiche può essere esteso a

singoli individui, gruppi, organizzazioni, team

professionali. Numerosi sono gli ambiti a cui il coaching

si applica: per la sua trasversalità il coaching può

essere integrato in tutte le professioni. A questo elenco

possono essere aggiunti altri ambiti di applicazione del

metodo:

personale: life/wellness/health

lavorativo:

business/management/executive/sanitario

sportivo: golf/calcio/basket/tennis

educativo: parent/umanistico

evolutivo: spirituale/metacoaching

A CHE COSA SERVE IL COACHING?

l coaching nasce come metodo performante.

Come tale serve ad esprimere il meglio di noi stessi.

Nello sport come nel business fissare obiettivi e

strategie valide per realizzarli consente di arrivare al

I

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successo. La stessa cosa vale in tutti gli ambiti della

vita. Il successo personale è come un fiume in piena:

esonda in breve tempo e si riversa su chi ci sta vicino,

familiari, amici, colleghi, che ne beneficiano come di

riflesso. Il successo porta con sé il benessere psicofisico,

la salute, la soddisfazione e comporta una serie di

atteggiamenti e comportamenti improntati al

positivismo, all’ottimismo e alla gioiosità. In questo

clima crescono le opere benevole e compassionevoli,

intrise di principi umanistici che fanno bene al mondo

intero. Si sviluppa una mentalità aperta e altruistica;

l’intelligenza emotiva, sociale e spirituale sono quotate

e apprezzate quanto quella logica e linguistica; il

modello educativo è basato sugli incentivi e

sull’allenamento del potenziale. Il coaching può essere

un buon investimento a breve termine quando si limita

al problem solving, ma può rivelarsi anche un ottimo

investimento a lungo termine quando riguarda la

nostra felicità. Al riguardo di quest’ultima visione,

alcuni autori parlano di coaching con la C maiuscola.

Il Coaching con la C maiuscola serve:

a capire che cosa vogliamo veramente

a scoprire le qualità naturali grazie alle quali

possiamo ottenerlo

a decidere che cosa vogliamo fare e come lo

vogliamo fare

a sviluppare la responsabilità di tutto ciò che

creiamo

ad essere autonomi

a monitorare l’autenticità della nostra identità,

dei nostri valori e delle nostre motivazioni

spirituali

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Una buona definizione di coaching, basata

sull’aspetto metodologico, può essere la seguente: “Il

coaching è un metodo mirato alla realizzazione di

obiettivi autodeterminati dal coachee che prevede

l’elaborazione di strategie specifiche, attuabili e

valutabili attraverso un monitoraggio (piani d’azione).

In questo percorso l’allenamento delle potenzialità

innate è lo strumento attraverso cui si giunge alla

realizzazione.”

CHE COSA PROMUOVE IL COACHING?

l percorso di coaching comporta un cambiamento

di stato: il coachee parte da un punto A (stato

coante) e arriva ad un punto B (stato conseguente).

Rispetto ad A il punto B è una posizione

temporalmente successiva: quando il coachee avrà

terminato il suo percorso di coaching la sua

condizione pregressa sarà diventata un ricordo e

apparterrà al suo passato. La posizione B è registrata

come un cambiamento migliorativo: il coaching

promuove consapevolezza, responsabilità e

autonomia. A volte il cambiamento non comporta

soltanto un miglioramento della condizione del

coachee ma addirittura una trasformazione. È il caso

di persone che, ad esempio, si rendono conto, grazie

al coaching, che la propria realizzazione è legata alla

scelta di una nuova professione, o di un nuovo

rapporto affettivo, o di un nuovo sistema culturale. Per

costoro la vita non soltanto cambia in meglio ma si

trasforma in qualcos’altro rispetto a prima, assumendo

significati qualitativamente più elevati. Il salto non è

stato soltanto da A verso B, dove B è meglio di A sullo

I

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stesso piano esistenziale (un salto in avanti) ma è stato

anche un salto ad un livello superiore (un salto in alto).

Facciamo un salto in avanti tutte le volte che

abbiamo uno sviluppo personale; facciamo un salto in

alto tutte le volte che abbiamo un’evoluzione

personale. Il cambiamento è legato al fatto di riuscire

a scegliere per il meglio, e quindi ad agire

concretamente ottenendo i risultati desiderati. Ciò

porta subito a soddisfazione e benessere. Possiamo

operare tali scelte quando acquisiamo maggiore

responsabilità verso noi stessi. La trasformazione

evolutiva è legata all’autoconoscenza. L’introspezione

porta a conoscersi meglio e a confrontarsi con la

propria identità, i valori e le motivazioni più intime e

profonde. La consapevolezza gioca un ruolo

fondamentale nella ricerca della felicità, aiutandoci a

recuperare l’autostima e ad affermare la propria

libertà ed autonomia. Il messaggio implicito del

coaching è in tal senso: “benessere e felicità sono già

dentro di te; cerca nella tua autentica natura; scopri

la tua vera essenza; comprendi le tue qualità

caratterizzanti; diventa ciò che sei.”

PERCHÉ’ SCEGLIERE UN COACH?

l coach è per definizione un professionista esperto

nel metodo. Il coach non è un consulente, non è un

terapeuta, non ti dice che cosa devi fare ma ti aiuta

a comprendere che cosa vuoi fare e come puoi farlo.

Ciononostante il coach può avere altre competenze

professionali e abilmente uscire/rientrare dal /nel ruolo

di coach. Il coach è un professionista che:

ti guida verso l’obiettivo che tu vuoi raggiungere

I

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ti stimola a conoscerti meglio e a capire che

cosa vuoi veramente e che cosa è meglio per

te

ti conduce alla scoperta delle tue potenzialità

ti assiste nel determinare un concreto piano

d’azione

è con te nel monitoraggio del tuo percorso.

Il coach professionista esercita il coaching come

professione principale o lo integra nella sua

professione. Il suo ruolo è disciplinato in base alla

legge 4/2013. Il coach formato presso scuole

riconosciute può applicare il metodo del coaching nei

confronti di chi lo richieda, pur non esercitando la

professione sensu strictu.

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Competenze del Coach!

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