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PROCEDURA PER LA PRESA IN CARICO MULTIDISCIPLINARE DELLE VITTIME DI VIOLENZA DI GENERE Parte III VIOLENZE E MALTRATTAMENTI Rev. 01 Del 31/07/2016 Pag1 di 15 1 ASST DI CREMA ----- PROCEDURA PER LA PRESA IN CARICO MULTIDISCIPLINARE DELLE VITTIME DI VIOLENZA DI GENERE Parte I - PREMESSA E PARTE GENERALE Parte II - VIOLENZA SESSUALE AVVENUTA ENTRO 72 ORE Parte III - VIOLENZE E MALTRATTAMENTI VIOLENZE e MALTRATTAMENTI IN ATTUAZIONE DEL PIANO QUADRIENNALE REGIONALE PER LE POLITICHE DI PARITÀ E DI PREVENZIONE E CONTRASTO ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE 2015/2018 (D.C.R. 10 NOVEMBRE 2015 - N. X/894)

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PROCEDURA PER LA PRESA IN CARICO

MULTIDISCIPLINARE DELLE VITTIME DI VIOLENZA DI GENERE

Parte III VIOLENZE E MALTRATTAMENTI

Rev. 01

Del 31/07/2016 Pag1 di 15

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ASST DI CREMA

-----

PROCEDURA PER LA PRESA IN CARICO

MULTIDISCIPLINARE DELLE VITTIME DI VIOLENZA

DI GENERE

Parte I - PREMESSA E PARTE GENERALE

Parte II - VIOLENZA SESSUALE AVVENUTA ENTRO 72 ORE

Parte III - VIOLENZE E MALTRATTAMENTI

VIOLENZE e MALTRATTAMENTI

IN ATTUAZIONE DEL PIANO QUADRIENNALE REGIONALE PER LE POLITICHE DI PARITÀ E DI PREVENZIONE E CONTRASTO ALLA VIOLENZA CONTRO LE DON NE 2015/2018 (D.C.R. 10 NOVEMBRE 2015

- N. X/894)

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SOMMARIO

PREMESSA……………………………………………………………………………………... 3

1. RICONOSCIMENTO DEL MALTRATTAMENTO IN PS……………………………. 4 1.1 flow chart……………………………………………………………………………. 4 1.2 I.O.: ACCOGLIENZA, TRIAGE e VISITA MEDICA IN PS……………………… 5

1.2.1 ACCOGLIENZA E TRIAGE……………………………………………….. 5 1.2.2 VISITA MEDICA…………………………………………………………… 6 1.2.3 VALUTAZIONE DEL RISCHIO (VEDI PUNTO 4)

2. RICONOSCIMENTI DEL MALTRATTAMENTO NEI REPARTI………………….. 8 2.1 flow chart …………………………………………………………………………….. 8 2.2 I.O. ISTRUZIONE OPERATIVA MALTRATTAMENTO NEI REPARTI……….. 9

3. RICONOSCIMENTO DEL MALTRATTAMENTO NEL CONSULTORIO… 11 3.1 flow chart …………………………………………………………………… ………11 3.2 I.O ACCOGLIENZA E PRESA IN CARICO……………………………………….. 12

4. VALUTAZIONE DEL RISCHIO……………………………………………………… 13 5. ASSISTENZA SOCIALE E PSICOLOGICA IN OSPEDALE………………………… 14

Hanno collaborato alla redazione: Viganò Giovanni - Direttore Pronto Soccorso Guerra Claudia - Dirigente medico Pronto Soccorso Mantoan Claudia - Coordinatrice Inf Pronto Soccorso Cavallone Maria - Dirigente Medico Ostetricia Ginecologia Baudino Gianni - Direttore UO Ostetricia Ginecologia Mascheroni Loredana - Coordinatrice Ostetrica Canciani Mara - Servizio Assistente Sociale - Sociale Ospedaliero Bettinelli Silvio - Resp. Psicologia Clinica Damiana Barbieri – Resp. Consultorio Famigliare Renata Lama – Assistente Sociale Consultorio Silvia Rovaris – Psicologa Consultorio Denti Elisabetta – Psicologa CPS Daniela Carniti – Coordinatrice Psichiatria Bona Anna Maria - Direttore Sitra Sfogliarini Roberto - Direttore Medico dei Presidio

MODIFICHE REV.

PAGINE O

DOCUMENTI MODIFICATI

TIPO/ NATURA DELLA MODIFICA DATA approvazione

modifica

FUNZIONE che ha approvato la

modifica 02 tutte Articolazione in tre parti e strutturazione di percorsi

organizzativi 22/08/2016 Direttore Medico

REDAZIONE – Data 22/12/2015 VERIFICA – data 22.12.2015 APPROVAZIONE –data 29.12.2015 Funzione Firma Funzione Firma Funzione Gruppo Multidisciplinare

RAQ Delibera Direzione Generale N°435 del 29.12.2015

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PREMESSA Medici, infermieri, ostetriche e altre figure sanitarie o sociali sono spesso le prime e, non raramente, le uniche persone esterne al nucleo familiare che arrivano a vedere le conseguenze fisiche e psichiche della violenza. I momenti in cui nell’ASST di Crema ci si può accorgere che c’è stata una situazione di violenza e maltrattamento possono essere diversi:

• in Pronto Soccorso durante il Triage, la visita medica o durante gli accertamenti; • nei reparti di ricovero nell’assistenza, nella visita medica, durante gli accertamenti o negli

approfondimenti da parte di consulenti; • nell’accoglienza presso il Consultorio.

L’intervento delle figure sanitarie o sociali deve essere funzionale a

• riconoscere la violenza subita, • evidenziarla in modo chiaro nella documentazione clinica, • evitare che la donna venga ripetutamente esposta alle stesse richieste d’informazioni già domandate

da più operatori; • accogliere e legittimare i vissuti connessi alla violenza; • offrire aiuto concreto per far fronte alle conseguenze della violenza.

I valori che stanno alla base dell’accoglienza sono:

1.Un atteggiamento empatico e disponibile all’ascolto; 3.La sospensione di qualunque giudizio; 4.Il riconoscimento alla vittima del suo valore di “persona” e di protagonista in ogni fase dell’accoglienza e degli accertamenti: la possibilità di scegliere che cosa dire o non dire, che cosa accettare o non accettare delle proposte di cura sanitaria e psicosociale; 5. La possibilità di valutare e di inviare ad altri operatori o servizi senza essere incalzati dalla fretta e dall’urgenza

Nella fase di accoglienza bisogna tener conto che la persona potrà giungere con un quadro generale complesso in atteggiamenti, emozioni, comportamenti:

• presentare una estrema fragilità e vulnerabilità; • riferire un vissuto di disvalore, un senso di impotenza, di inferiorità per non aver saputo agire e

difendersi dall’aggressore; • provare sentimenti di colpa e vergogna; • offrire un’immagine deteriorata di sé; • essere o sentirsi confusa, disorientata; • avere un’amnesia su alcuni aspetti importanti dell’evento; • piangere continuamente; • restare apatica, come se non provasse alcun tipo di emozione; • ripetere in modo ossessivo alcuni particolari dell’evento traumatico o dei momenti precedenti

all’aggressione; • mettere in atto atteggiamenti difensivi non congrui con il racconto, compreso il riso o l’autoironia,

la minimizzazione di quanto occorsole o un’attribuzione di corresponsabilità dell’accaduto; • essere perseguitata dai ricordi, dai flash back, dall’odore dell’aggressore; • evidenziare uno stato di ansia, depressione o angoscia.

Tali sintomi possono essere presenti anche senza che la vittima abbia vissuto un’esperienza di una minaccia grave, ossia non necessariamente fisica, per la propria esistenza e per il proprio benessere. Di fronte a episodi di maltrattamenti avvenuti da poco tempo è molto importante un intervento sanitario in emergenza, che tenga conto degli aspetti clinici, degli aspetti psicologici e sociali e delle implicazioni medico legali.

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1. RICONOSCIMENTO DEL MALTRATTAMENTO IN PS 1.1 Flow chart

CHI FA ATTIVITA’ PAZIENTE DICHIARA UNA VIOLENZA SUBITA o L’OPERATORE LA PRESUME

INFERMIERE TRIAGE

MEDICO DI PS

ASSISTENTE SOCIALE PSICOLOGA

MEDICO DI PS

Scheda Triage

Cartella Clinica

CRITERI: chi rientra in questo percorso? 1. Maltrattamento dichiarato 2. Riscontro clinico di gravità del danno 3. Accessi precedenti in PS per

problemi di maltrattamento 4. Casi dubbi

TRATTENIMENTO IN O.B.I / RICOVERO IN REPARTO (VEDI

PROCEDURA MALTRATTAMENTO NEI REPARTI)

Lettera di dimissione con indicazioni sul proseguimento

VISITA MEDICA: • RACCOLTA ANAMNESI e

INFORMAZIONI • ESAME OBIETTIVO GENERALE • DOCUMENTA PER ISCRITTO

PIANO DI INTERVENTO IN COLLABORAZIONE CON LE RETI TERRITORIALI

CONSULENZA ASSISTENTE SOCIALE

LA VITTIMA SI PRESENTA

IN PS

INDIVIDUAZIONE DEL RISCHIO E ACQUISIZIONE DEL CONSENSO

SI

NO

TRIAGE INFERMIERISTICO:

• ACCOGLIENZA E RACCOLTA DATI • ATTRIBUZIONE CODICE COLORE e

priorità: “Utente che ha subito violenza” • SEGNALAZIONE AL MEDICO DEL

PS

DIMISSIONE DAL PS

EVENTUALE DENUNCIA AG

INFORMAZIONE SULLE RISORSE DELLE RETI TERRITORIALI

RICHIESTA DI APPROFONDIMENTO DELLA VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE E DEL RISCHIO FATTA DA PERSONALE FORMATO

CONSULENZA PSICOLOGICA

L’AS fa la valutazione del rischio (SARA)e attiva consulenza psicologica quando ci sono:

• Problemi nella disponibilità della donna ad affrontare la situazione

• Fragilità o ipotesi di disturbi psichici (sintomi d'ansia, depressione..) che possono inficiare il piano di intervento (valutazione psicopatologica)

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1.2 ISTRUZIONE OPERATIVA : ACCOGLIENZA, TRIAGE e VISITA MEDICA IN PS L’operatore sanitario che svolge il proprio lavoro presso il Pronto Soccorso deve essere a conoscenza di alcune accortezze da attuare quando c’è una situazione di violenza/maltrattamento dichiarato o sospetto: 1.2.1 ACCOGLIENZA E TRIAGE

1. Nella fase di triage, violenza e maltrattamenti possono essere esplicitamente dichiarati, ma è anche possibile che emergano eventuali informazioni o elementi che, in caso di lesioni fisiche traumatiche, possano far sospettare una condizione di violenza o maltrattamento, quali: � un inesplicabile ritardo nella richiesta di assistenza sanitaria; � la ritrosia a raccontare le circostanze dell’evento; � la vaghezza delle risposte1.

2. L’operatore di Triage si presenta ed esplicita il proprio ruolo, limitandosi a raccogliere le informazioni necessarie alla registrazione dei dati dando piena credibilità al racconto della donna;

3. Nel caso venga riferita una violenza e maltrattamento, appare della massima importanza assicurare la riservatezza alle operazioni di triage, offrendo alla donna un contesto riservato per la raccolta dei dati e la rilevazione delle lesioni; (allontanare estranei dalla guardiola, chiudere la porta …);

4. L’infermiere di Triage attribuisce il codice colore alla vittima di violenza, anche considerando lo stato psicologico2;

5. Oltre al codice colore, sarà indicata la preferenza di priorità “utente che ha subito violenza” nel caso di violenza dichiarata. Verrà invece indicato nel referto di Triage il sospetto di violenza. (anche se non ,lo garantisce, questo può facilitare la quantificazione del numero di vittime di violenza di genere e la tracciatura di eventuali accessi ripetuti al PS;

6. Per quanto concerne il percorso clinico-assistenziale della vittima di violenza, l’infermiere di triage, dopo l’attribuzione del codice colore, avverte immediatamente il medico in PS, segnalandogli le informazioni raccolte nel triage;

7. L’infermiere di Triage fa il possibile per allontanare l’assistita dai familiari/accompagnatori qualora vi siano elementi che possano ingenerare il sospetto che questi ultimi siano coinvolti nel maltrattamento.

8. La professionalità del personale sanitario che accoglie la vittima si evidenzia dall’atteggiamento

empatico, di astensione dal giudizio, di ascolto attivo senza interpretare, minimizzare o enfatizzare, di apertura e di rispetto, ricordando sempre che non è compito dei sanitari accertare la veridicità del racconto o l’attendibilità della vittima .

1Non è insolito che, le persone che hanno subito un evento traumatico quale violenza e maltrattamenti, possano rispondere a tale shock mettendo in atto meccanismi di difesa (quali la dissociazione, la minimizzazione ecc.) che le portano ad assumere un atteggiamento “freddo”, controllato e distaccato anche nella narrazione dell’evento. 2“Si prevede inoltre che venga attribuito, in fase di ingresso, il “codice giallo”, ai fini della definizione della priorità d’accesso della donna, indipendentemente dalle diagnosi successive” (Piano quadriennale regionale per le politiche di parità e di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne 2015/2018 - 10 novembre 2015 - n. X/894).

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1.2.2 VISITA MEDICA

1. Quando la paziente giunge all’osservazione del medico: a. il medico si presenta ed esplicita il proprio ruolo; b. limita al minimo le presenze nella sala durante la raccolta anamnestica e durante la visita, chiedendo

alla vittima se desidera una persona di supporto di sua fiducia; c. raccoglie nel modo più completo possibile e documenta per iscritto, tutte le informazioni inerenti

a3: i. la dinamica dell’evento;

ii. le lesioni riportate; iii. la sintomatologia sia fisica che psichica riportata dalla paziente e rilevata in maniera obiettiva

dall’operatore (o le valutazioni dei consulenti psichiatra/psicologo/altri specialisti); 2. Se si riscontra che la donna ha subito violenza nel contesto familiare, bisogna valutare la sua

sicurezza nell’immediato e il rischio di essere di nuovo oggetto di violenza (vedi I.O. “Valutazione del rischio”). Se il medico ha il sospetto che ci sia un rischio di recidiva, oppure ci sono minori coinvolti, è opportuno trattenere la donna in O.B.I (o procedere con un ricovero in reparto anche in base alle condizioni cliniche), per consentire una valutazione più approfondita affidandola ad un operatore formato ( Assistente Sociale, Psicologo, altre figure)4.

3. Il medico fa richiesta di approfondimento della valutazione del rischio da parte di personale formato nel caso in cui vi siano queste condizioni:

4. Maltrattamento dichiarato 5. Riscontro clinico di gravità del danno 6. Accessi precedenti in PS per problemi di maltrattamento 7. Casi dubbi 8. La figura da attivare in prima battuta è l’Assistente Sociale (dott.ssa Mara Canciani - n. tel : 0373-

280447 o dott.ssa Renata Lama - Consultorio – n. tel. 0373-218221) 9. Sarà compito dell’Assistente Sociale attivare un eventuale intervento dello psicologo quando ci

sono: 10. Problemi nella disponibilità della donna ad affrontare la situazione 11. Fragilità o ipotesi di disturbi psichici (sintomi d'ansia, depressione..) che possono inficiare il piano di

intervento (valutazione psicopatologica) 12. La figura del Servizio di Psicologia Clinica da attivare è la dott.ssa Silvia Rovaris (n. tel :0373-

218227 oppure la segreteria del Consultorio Famigliare: n. telefonico 0373.218220 - 218221 dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 1400 alle 1600).

13. L’attivazione del servizio di assistenza sociale e psicologico va fatto assicurando che gli interventi siano attuabili nei tempi della permanenza in OBI o in degenze nel caso di ricovero (il coinvolgimento di queste figure nell’imminenza delle dimissioni rischia di allungare i tempi del ricovero). Gli operatori sanitari in attesa dell’intervento di queste figure, si rendono disponibile all’ascolto della vittima senza cercare di approfondire l’accaduto.

14. Anche nel caso in cui il maltrattamento non venga esplicitamente dichiarato, quando si osserva obiettivamente un paziente, esistono alcuni tipi di lesioni che possono far sospettare un eziologia non accidentale del danno: bruciature di sigarette o ustioni in genere, morsi umani, fratture delle ossa lunghe nei bambini, lesioni a carico delle guance, delle orecchie, del tronco, delle natiche, dei genitali, ecc.

3Per non dover costringere la paziente a ripetere dati o informazioni già comunicati in momenti diversi o a persone differenti è necessario che, l’anamnesi, una volta raccolta, deve essere redatta in modo accurato e dettagliato. 4Vedi la IO n.4 - Valutazione del rischio e l’allegato della procedura “ SARA – Spousal Assault RiskAssessment”, già introdotto dall’Intesa Stato-Regioni del 27/11/2014 per i Centri antiviolenza e le case rifugio.

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15. In questo caso quanto viene evidenziato va indicato nel referto e valutato ai fini del ricovero (che può avere anche finalità temporanee di tipo sociale);

16. Nel caso di ricovero, la permanenza in ospedale consente di proporre alla paziente, un ascolto e una valutazione più approfondita che va documentata in cartella (Capo Sala, Operatori sensibilizzati e formati, psicologo, assistente sociali). Ciò permetterebbe di esplicitare nella lettera di dimissione indicazioni per il proseguimento

17. Al momento della dimissione dal PS e dall’Ospedale è importante fornire alla donna informazioni sulle risorse territoriali che possono aiutarla (Associazioni Donne contro la violenza, altre risorse della rete, assistenti sociali, ecc …), anche favorendo un contatto diretto attraverso l’operatore socio/sanitario e riportando l’appuntamento nella lettera di dimissione.

18. In caso di prognosi superiore a 20 gg.va fatta segnalazione all’AG (autorità giudiziaria). Nel caso di prognosi inferiore a 20gg è opportuno informare comunque la donna sulla possibilità di denuncia e proporre il supporto mettendo in contatto la paziente con un operatore (Capo Sala, operatore sensibilizzato e formato, psicologo, assistente sociale, ecc.).

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2. RICONOSCIMENTO DEL MALTRATTAMENTO NEI REPARTI

2.1 Flow chart

CHI FA ATTIVITA’ NOTE - STRUMENTI PAZIENTE DICHIARA UNA VIOLENZA SUBITA o L’OPERATORE LA PRESUME

INFERMIERE - MEDICO DI REPARTO

ASSISTENTE SOCIALE

PSICOLOGA RICHIESTA DAL COORDINATORE DI REPARTO MEDIANTE MODULO DI RICHIESTA CONSULENZA

MEDICO DI REPARTO

Documentazione infermieristica – Cartella Clinica

CRITERI: chi rientra in questo percorso?

1. Maltrattamento dichiarato 2. Riscontro clinico di gravità del

danno 3. Casi dubbi

L’AS fa la valutazione del rischio (SARA)e attiva consulenza psicologica quando ci sono:

• Problemi nella disponibilità della donna ad affrontare la situazione

Fragilità o ipotesi di disturbi psichici (sintomi d'ansia, depressione..) che possono inficiare il piano di intervento (valutazione psicopatologica)

Lettera di dimissione con indicazioni sul proseguimento

LA VITTIMA E’ RICOVERATA IN REPARTO

• ASCOLTO • SEGNALA AL MEDICO E

COORDINATORE • DOCUMENTA PER

ISCRITTO •

DIMISSIONE

INFORMAZIONE SULLE RISORSE DELLE RETI TERRITORIALI

SI

NO

INDIVIDUAZIONE DEL RISCHIO DI

PRIMOLIVELLO E ACQUISIZIONE DEL CONSENSO

RICHIESTA DI APPROFONDIMENTO DELLA VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE E DEL RISCHIO FATTA DA PERSONALE

CONSULENZA ASSISTENTE SOCIALE

CONSULENZA PSICOLOGICA

PIANO DI INTERVENTO IN COLLABORAZIONE CON LE RETI TERRITORIALI

EVENTUALE DENUNCIA AG

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2.1 ISTRUZIONE OPERATIVA MALTRATTAMENTO NEI REPARTI

1. Non soltanto in PS, ma anche in altri reparti (es. Ostetricia e Ginecologia, Psichiatria, Ortopedia,

Pediatria, Neurologia, ecc.) durante il ricovero si possono presentare all’attenzione di medici, infermieri o altre figure sanitarie segnalazioni di maltrattamenti o elementi che possono far sospettare una condizione di violenza o maltrattamento subita da parte di pazienti.

2. L’operatore sanitario che svolge il proprio lavoro presso il reparto deve essere a conoscenza di alcune

accortezze da attuare. (vedi Premessa) 3. L’atteggiamento del personale sanitario rispetto alla persona vittima di maltrattamento, deve essere

empatico, di astensione dal giudizio, di ascolto attivo senza interpretare, minimizzare o enfatizzare, di apertura e di rispetto, ricordando sempre che non è compito dei sanitari accertare la veridicità del racconto o l’attendibilità della vittima.

4. L’operatore si limita all’ascolto (possibilmente un contesto riservato) dando piena credibilità al

racconto della donna.

5. La professionalità del personale sanitario che accoglie la vittima si evidenzia dall’atteggiamento empatico, di astensione dal giudizio, di ascolto attivo senza interpretare, minimizzare o enfatizzare, di apertura e di rispetto, ricordando sempre che non è compito dei sanitari accertare la veridicità del racconto o l’attendibilità della vittima .

6. L’operatore avverte il Coordinatore / Responsabile, segnalandogli le informazioni raccolte.

7. Se si riscontra che la donna ha subito violenza nel contesto familiare, bisogna valutare la sua

sicurezza nell’immediato e il rischio di essere di nuovo oggetto di violenza (vedi I.O. “Valutazione del rischio”). Se si ha il sospetto che ci sia un rischio di recidiva, oppure ci sono minori coinvolti, è opportuno attivare una valutazione più approfondita affidandola ad un operatore formato ( Assistente Sociale, Psicologo, altre figure)5.

8. La richiesta di approfondimento della valutazione del rischio da parte di personale formato va fatta

nel caso in cui vi siano queste condizioni: • Maltrattamento dichiarato • Riscontro clinico di gravità del danno • Accessi precedenti in Ospedale per problemi di maltrattamento • Casi dubbi

9. La figura da attivare in prima battuta è l’Assistente Sociale (dott.ssa Mara Canciani - n. tel : 0373-

280447 o dott.ssa Renata Lama - segreteria del Consultorio Famigliare: n. telefonico 0373.218220 - 218221 dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 1400 alle 1600).

10. Sarà compito dell’Assistente Sociale attivare un eventuale intervento dello psicologo quando ci sono:

o Problemi nella disponibilità della donna ad affrontare la situazione o Fragilità o ipotesi di disturbi psichici (sintomi d'ansia, depressione..) che possono inficiare

il piano di intervento (valutazione psicopatologica)

5Vedi la IO n.4 - Valutazione del rischio e l’allegato della procedura “ SARA – Spousal Assault RiskAssessment”, già introdotto dall’Intesa Stato-Regioni del 27/11/2014 per i Centri antiviolenza e le case rifugio.

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La figura del Servizio di Psicologia Clinica da attivare è la dott.ssa Silvia Rovaris (n. tel :0373-218227 oppure la segreteria del Consultorio Famigliare: n. telefonico 0373.218220 - 218221 dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 1400 alle 1600).

1. L’attivazione del servizio di assistenza sociale e psicologico va fatto assicurando che gli interventi siano attuabili nei tempi della degenze (il coinvolgimento di queste figure nell’imminenza delle dimissioni rischia di allungare i tempi del ricovero). Gli operatori sanitari in attesa dell’intervento di queste figure, si rendono disponibile all’ascolto della vittima senza cercare di approfondire l’accaduto.

2. Anche nel caso in cui il maltrattamento non venga esplicitamente dichiarato, quando si osserva obiettivamente un paziente, esistono alcuni tipi di lesioni che possono far sospettare un eziologia non accidentale del danno: bruciature di sigarette o ustioni in genere, morsi umani, fratture delle ossa lunghe nei bambini, lesioni a carico delle guance, delle orecchie, del tronco, delle natiche, dei genitali, ecc. In questo caso quanto viene evidenziato va indicato nel referto e valutato ai fini del ricovero (che può avere anche finalità temporanee di tipo sociale);

3. Nel caso di ricovero, la permanenza in ospedale consente di proporre alla paziente, un ascolto e

una valutazione più approfondita che va documentata in cartella (Capo Sala, Operatori sensibilizzati e formati, psicologo, assistente sociali). Ciò permetterebbe di esplicitare nella lettera di dimissione indicazioni per il proseguimento

4. Al momento della dimissione dall’Ospedale è importante fornire alla donna informazioni sulle

risorse territoriali che possono aiutarla (Associazioni Donne contro la violenza, altre risorse della rete, assistenti sociali, ecc …), anche favorendo un contatto diretto attraverso l’operatore socio/sanitario e riportando l’appuntamento nella lettera di dimissione.

5. In caso di prognosi superiore a 20 gg.va fatta segnalazione all’AG (autorità giudiziaria). Nel

caso di prognosi inferiore a 20gg è opportuno informare comunque la donna sulla possibilità di denuncia e proporre il supporto mettendo in contatto la paziente con un operatore (Capo Sala, operatore sensibilizzato e formato, psicologo, assistente sociale, ecc.).

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3. RICONOSCIMENTO DEL MALTRATTAMENTO NEL CONSULTORIO 3.1 Flow chart

CHI FA ATTIVITA’

OPERATORI FORMATI

EQUIPE MULTIPROFESSIONALE ESGUITA DA PERSONALE FORMATO (ASSIETNTE SANITARIA, ASSISTENTE SOCIALE E PSICOLOGA)

• DISCUSSIONE NELLA

RIUNIONE DI EQUIPE MULTIPROFESSIONALE

CO-COSTRUZIONE DI PROGETTI CONDIVISI CON ALTRE COMPONENTI LE RETI TERRITORIALI

LA VITTIMA SI RIVOLGE

AL CONSULTORIO

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

SI

NO

ACCOGLIENZA E COLLOQUIO

PRESA IN CARICO PSICO-SOCIALE E ATTIVAZIONE DELLA RETE TERRITORIALE

INFORMAZIONE SULLE RISORSE DELLE RETI TERRITORIALI

INVIO AL PRONTO SOCCORSO IN CASO DI SEGNI DI MALTRATTAMENTO PER VALUTAZIONE MEDICA

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3.2 I.O. ACCOGLIENZA E PRESA IN CARICO DEL MALTRATT AMENTO NEL CONSULTORIO

A. Il consultorio è un punto territoriale di accesso per l’accoglienza della donna che porta un disagio

legato a situazioni di maltrattamento e violenza subita, non connotato da carattere di emergenza. B. Le funzioni specifiche che il Consultorio attua riguardano:

o Riconoscere e far emergere situazioni di violenza e maltrattamenti; o Attivare percorsi professionali psico-sociali, individuali, familiari, con le eventuali persone

coinvolte nella situazione, ed eventuali interventi di psicoterapia breve concordati con la vittima e condivisi con la rete;

o Accompagnare la donna che ha subito violenza in percorsi di consapevolezza e di responsabilità nella ricerca di soluzioni;

o Facilitare la riflessione della stessa sulle dinamiche familiari e di coppia, nonché sul disagio vissuto dai figli, valutando, anche nel confronto con gli altri componenti la rete l’opportunità di una loro maggiore protezione;

o Partecipazione alla co-costruzione di progetti condivisi e nei piani di protezione con gli altri componenti la rete territoriale, mantenendo contatti con gli stessi, ed in particolare con il Servizio Sociale di residenza.

C. Fase della prima accoglienza: Tale attività viene effettuata da operatori consultoriali specificatamente formati in materia, i quali accolgono la donna che:

1) si rivolge direttamente al servizio portando la richiesta di aiuto in merito alla situazione personale e familiare determinata dalle violenze subite o in atto. 2) viene inviata al consultorio da altri Enti o servizi territoriali e/o della rete per interventi di consulenza, valutazione o supporto individuale/familiare.

D. Presa in carico: L’operatore consultoriale che accoglie nella fase dell’accoglienza la richiesta di aiuto della donna o dell’inviante la presenta e la discute nella riunione di ”equipe multiprofessionale dedicata”. L’ equipe individua per ogni situazione un “case manager”, referente e definisce gli interventi da porre in essere a sostegno del caso. Nelle situazioni in cui si rilevano evidenti segni di maltrattamento il “case manager “ segnala la situazione al Pronto soccorso dell’Ospedale e invia la donna per una valutazione medica da parte degli operatori sanitari formati. In tutti i casi vi è una presa in carico da parte dell’equipe multiprofessionale del consultorio per un percorso di sostegno, supporto psico-sociale e terapia psicologica e l’attivazione della rete territoriale per la co-costruzione di progetti condivisi a protezione della donna.

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4. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Nelle situazioni in cui si è verificato un episodio di violenza individuata in pronto soccorso, reparto o consultorio, è necessario che l’operatore valuti il rischio che la vittima, rientrando nel suo contesto, subisca ancora maltrattamenti.

4.a La valutazione del rischio deve servire per:

• PREVENIRE : aiutare gli operatori a mettere in atto interventi per allontanare la donnadal pericolo ed adottare le strategie di intervento più appropriate ad evitare rischi di recidiva nei casi di violenza domestica (da parte del maltrattante).

• AUMENTARE LA CONSAPEVOLEZZA della donna perché si renda conto del rischio effettivo che sta vivendo.

4.b Uno strumento molto utile per questi due obiettivi è la procedura SARA-S(Spousal Assault RiskAssessment – Screening) che consente di valutare il grado

• di rischio immediato, • di rischio a lungo termine, • il rischio di violenza molto grave o letale • il rischio di escalation della violenza.

4.c Il questionario completo invita ad esplorare diverse variabili connesse al rischio e viene usato nei colloqui di accoglienza, proponendo domande sulle caratteristiche del maltrattante e sulle circostanze della violenza per individuare la probabilità che la violenza si ripeta6. 4.d Gli elementi di rischio più importanti sono:

• gravi violenze fisiche /sessuali attuate o tentate: la donna ha riportato in precedenza lesioni gravi e/o gravissime

• violenza sui figli • il partner ha agito violenza sessuale contro la donna • episodi di violenza contro la donna accadono anche fuori casa • minaccia di uccidere lei o i figli/glie e/o minaccia di suicidarsi e/o minacce ad

amiche/amici/parenti della donna • è aumentata nel tempo la frequenza e la gravità degli episodi di violenza • alcolismo e abuso di sostanze, soprattutto di quelle che determinano un aumento della violenza

e della aggressività (cocaina, amfetamine, crack); • precedenti penali • presenza di armi in casa • violazione di misure cautelari o interdittive: il partner dice di non poter vivere senza la donna,

la pedina e la molesta anche dopo la separazione; • la donna riferisce di temere per la propria vita

Attenzione! La compresenza di tre o più dei seguenti fattori è indice di un alto rischio di letalità: 4.e Se la donna non si sente in pericolo, ma l’operatore ritiene invece che il pericolo esista, è importante che l’operatore ne parli francamente e discuta le proprie preoccupazioni, soprattutto se la donna sta progettando di lasciare il partner o il partner ha saputo che la donna ha cercato aiuto esterno per porre termine alla violenza.

6E’ opportuno che la valutazione venga fatta da un operatore che conosce e sia addestrato nell’uso della procedura

SARA

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4.f Se la donna si trova in una condizione ad alto rischio e, è opportuno indicarle di andarsene senza dirlo al partner / familiare, accertandosi che la donna abbia un posto sicuro in cui rifugiarsi. 4.g Indipendentemente dall’esito della situazione nella quale la donna si trova, è importante la valutazione del potenziale di letalità perché può aumentare la consapevolezza della donna sulla pericolosità della situazione.

4.h E’ opportuno che alcuni operatori sanitari vengano formati e addestrati in modo specifico sull’utilizzo della procedura SARA e di altri strumenti di valutazione del rischio.

5. ASSISTENZA SOCIALE E PSICOLOGICA

Oltre alle figure sanitarie del PS e dei reparti, fanno parte del Gruppo Multidisciplinare lo psicologo e l’assistente sociale, che vengono attivatiquando vengono all’osservazione episodi di violenza di genere. Intervento dell’ Assistente sociale

Il servizio sociale ospedaliero interviene a sostegno delle persone che vivono situazioni di disagio e fragilità, per le quali si renda necessario, in relazione agli esiti dell'evento acuto che ha causato il ricovero, riconsiderare il progetto assistenziale in essere o, più in generale, il progetto di vita.

Il servizio sociale ospedaliero svolge inoltre funzioni di tutela, collaborando con le forze dell'ordine e relazionando all'autorità giudiziaria.

L'intervento sociale nei confronti delle donne vittime di violenza si caratterizza per le funzioni di

• accoglienza,

• ascolto e di aiuto alla persona,

• valutazione del rischio (anche attraverso lo strumento SARA)

• Informare la donna in merito ai percorsi di tutela legale ed assistenziale attivabili nei suoi confronti e nei confronti di eventuali minori

• concordarecon i medici/coordinatori di riferimento, con colleghi dell'equipe Multidisciplinare e operatori delle reti territoriali le ipotesi progettuali da concordare con la donna e le scelte opportune

• valorizzazione, attivazione, sostegno e ricomposizione delle reti sociali che possono costituire risorsa in termini di accompagnamento, supporto e tutela al percorso della donna che ha subito violenza.

Vivere situazioni ed esperienze ripetute di maltrattamento e violenza, può ridurre la capacità delle persone di attingere alle proprie energie ed alle proprie risorse per far fronte alle difficoltà e scegliere il cambiamento. Denunciare la violenza subita e e decidere di modificare la propria condizione di vita costituiscono percorsi e processi complessi.

Le donne che accedono alla struttura ospedaliera possono avere livelli anche molto differenti di conoscenza rispetto al fenomeno della violenza di genere e delle sue conseguenze; possono inoltre presentare gradi diversi di competenza oltre che di consapevolezza rispetto a sé, alla propria situazione ed alle relazioni in essere.

Il processo che accompagna il cambiamento si caratterizza anche per la manifestazione da parte delle donne di agiti e prese di posizione spesso ambivalenti ed in molti casi condizionati da interferenze relazionali e culturali importanti. In termini generali presuppone un esame di realtà rispetto alla

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presenza di condizioni di vita sicure per l'incolumità della donna e dei minori coinvolti, ma anche rispetto alla possibilità di auto sostentamento e/o di accesso ad aiuti esterni.

Essere figura di riferimento per l'ascolto e l'accompagnamento alla donna vittima di violenza sono funzioni che l'assistente sociale svolge in stretto raccordo ed integrazione con il gruppo multidisciplinare interno all'organizzazione di appartenenza e con le reti interistituzionali del territorio per la prevenzione ed il contrasto della violenza di genere.

Intervento psicologico

1. Quando si verificano maltrattamenti sulle donne o sui minori non ci si può fermare esclusivamente alla violenza fisica. La separazione delle condizioni psicologiche da quelle fisiche costituisce un’eccessiva semplificazione ed una negazione della realtà; gli atti violenti fisici hanno delle conseguenze psicologiche e quelli di violenza psicologica possono avere conseguenze sul piano fisico. E’ importante, oltre alla valutazione fisica della donna che ha subito maltrattamenti, anche una valutazione psicologica.

2. La valutazione psicologica riguarda principalmente alcuni elementi che possono aiutare la definzione di ipotesi progettuali da concordare con la donna e le scelte opportune :

o La motivazione e la disponibilità al cambiamento (modello di Prochaska-Di Clemente)

3. Tutti i servizi dell’Azienda Socio-Sanitaria possono costituire porta d’accesso per i casi di

maltrattamento. Le domande dirette a integrare la visita medica e/o affrontare le conseguenze psicologiche delle violenze subite vengono prese in carico dal Servizio di Psicologia Clinica con le modalità concordate con chi effettua il primo filtro , indicando uno o più psicologi di riferimento per la valutazione di queste problematiche nel contesto ospedaliero e per l’eventuale pianificazione di un progetto individuale di intervento

4. Lo psicologo collabora con il gruppo Multidisciplinare e la rete dei sensori dell’Ospedale e con la rete territoriale per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere, costituita da istituzioni, servizi sociali, servizi sanitari, associazioni di volontariato e forze dell’ordine.

5. I maltrattamenti da considerare includono la violenza fisica, psicologica, economica e in molti casi la violenza sessuale.

6. Effetti della violenza.Le donne che subiscono abusi hanno maggiori probabilità di sviluppare

depressione, PTSD (disturbo acuto o post – traumatico da stress), disturbi psicosomatici, d’ansia, alimentari e del sonno.

7. Non meno gravi sono gli effetti sui bambini che assistono a violenza e che sviluppano vulnerabilità psichiche di diversa gravità a seconda della quantità di esposizione nel tempo e del tipo di violenza a cui hanno assistito. Altrettanto grave è la trasmissione intergenerazionale della violenza: in grande percentuale le persone che si comportano in modo violento, hanno assistito o subito loro stesse violenza.

8. La violenza psicologica non è così facile da delimitare e affrontare. Sviluppa un grande potere

distruttivo soprattutto quando si sostenta nei sottili meccanismi comunicativi che si costruiscono all’interno di quei rapporti che, per definizione, vengono considerati d’amore (l’amore figliale, l’amore di coppia).