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25 OTTOBRE 2014 D 97 Foto courtesy Cartier NEW S L ’ultimo simbolico segnale di convergenza, an- nunciato poche settimane fa, è il cambio al ver- tice di Frieze, la principale fiera d’arte d’avan- guardia al mondo, che dal 2003 ogni ottobre a Regent’s Park, Londra, stabilisce i valori e il “ranking” mondiale del contemporaneo. Dal 2015 a guidarla sarà Victoria Siddall, già giovane direttrice per due anni di Frieze Masters, la mostra di arte antica che era nata nel 2012 per affiancare la più importante passerella dell’arte nuovissima, ma in 2 anni è cresciuta al punto che oggi è la curatrice specialista di “antichi maestri” che l’ha creata a essere chiamata a orientare anche il tumultuoso e volatile mercato delle super-novità. Siddall pare la meno stupita di tutti: la sua idea di base è sempre stata accendere una fiera di arte tradizionale con l’energia e l’eccitazione emanate dal mondo che vortica in- torno al contemporaneo, e pare ci sia riuscita, vista la pre- stigiosa lista di espositori (120 tra le maggiori gallerie del mondo) che ha in mano a Frieze Masters. Ma che antico e contemporaneo abbiano solo da guadagnare a stare assie- me, lo ha dimostrato anche la recente Biennale des Anti- quaires di Parigi, che ha chiuso il 22 settembre con un totale di oltre 85mila visitatori paganti, coi visi sorridenti di buona parte dei selezionatissimi galleristi presenti. Il pubblico più raffinato ha ancora negli occhi il bellisimo acciaio di Lucio Fontana, esposto da De Jonckheere a stretto contatto coi maestri fiamminghi nei quali la galleria è specializzata, o le due piccole opere di Gerhard Richter che, da Moretti Fine Art, facevano da vestali a una delicatissima Santa Caterina d’Alessandria del maestro veneziano del 400 Alvise Vivari- ni. È un fatto: mentre l’arte contemporanea sembra un po’ smarrire l’appeal dei giorni migliori, l’arte antica, che è stata in crisi nera almeno fino al fatidico 2008 dell’inizio della COM’È NUOVO L’ANTICO! I capolavori del passato rubano la scena, e l’adrenalina, al contemporaneo: così seducono collezionisti e big della moda. Purché visti alla luce dell’oggi di Stefano Pirovano La Pubblica Felicità nella Chiesetta del Doge al Palazzo Ducale di Venezia: restauri in corso con il contributo di Cartier

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L ’ultimo simbolico segnale di convergenza, an-nunciato poche settimane fa, è il cambio al ver-tice di Frieze, la principale fiera d’arte d’avan-guardia al mondo, che dal 2003 ogni ottobre a Regent’s Park, Londra, stabilisce i valori e il “ranking” mondiale del contemporaneo. Dal

2015 a guidarla sarà Victoria Siddall, già giovane direttrice per due anni di Frieze Masters, la mostra di arte antica che era nata nel 2012 per affiancare la più importante passerella dell’arte nuovissima, ma in 2 anni è cresciuta al punto che oggi è la curatrice specialista di “antichi maestri” che l’ha creata a essere chiamata a orientare anche il tumultuoso e volatile mercato delle super-novità. Siddall pare la meno stupita di tutti: la sua idea di base è sempre stata accendere una fiera di arte tradizionale con l’energia e l’eccitazione emanate dal mondo che vortica in-torno al contemporaneo, e pare ci sia riuscita, vista la pre-

stigiosa lista di espositori (120 tra le maggiori gallerie del mondo) che ha in mano a Frieze Masters. Ma che antico e contemporaneo abbiano solo da guadagnare a stare assie-me, lo ha dimostrato anche la recente Biennale des Anti-quaires di Parigi, che ha chiuso il 22 settembre con un totale di oltre 85mila visitatori paganti, coi visi sorridenti di buona parte dei selezionatissimi galleristi presenti. Il pubblico più raffinato ha ancora negli occhi il bellisimo acciaio di Lucio Fontana, esposto da De Jonckheere a stretto contatto coi maestri fiamminghi nei quali la galleria è specializzata, o le due piccole opere di Gerhard Richter che, da Moretti Fine Art, facevano da vestali a una delicatissima Santa Caterina d’Alessandria del maestro veneziano del 400 Alvise Vivari-ni. È un fatto: mentre l’arte contemporanea sembra un po’ smarrire l’appeal dei giorni migliori, l’arte antica, che è stata in crisi nera almeno fino al fatidico 2008 dell’inizio della

com’È Nuovol’aNtico!I capolavori del passato rubano la scena, e l’adrenalina, al contemporaneo: così seducono collezionisti e big della moda. Purché visti alla luce dell’oggi di Stefano Pirovano

La Pubblica Felicità nella Chiesetta

del Doge al Palazzo Ducale di Venezia:

restauri in corso con il contributo di Cartier

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crisi, negli ultimi anni ha pian piano cominciato a risalire la china. Fino a rubare la scena, o almeno a occuparla con pari presenzialismo. E all’inizio di tutto c’è una questione di affidabilità e reputazione. Da un lato c’è un mercato dell’arte contemporanea che sfoggia giovanissimi come Oscar Murillo, David Ostrowski o Lucien Smith, capaci di raggiungere in un paio di stagioni quotazioni strabilianti (buon per chi li ha comprati in tempo utile, pagandoli intor-no ai 10mila dollari, e poi li ha venduti in asta a un prezzo almeno 10 volte più alto), ma in molti altri casi non ha mantenuto le mirabolanti pro-messe di successo futuro. Dall’altro lato c’è un mercato dell’antico che ha imparato a difendersi dalle attribuzioni “facili” e dalla pletora degli improvvisati che ne avevano sporcato la reputazione negli anni 80 e 90: analisi scientifiche, comitati di selezione, serietà, cultura hanno lentamente ma co-stantemente restituito credibilità al settore, che si è ripreso nelle quantità pur restando iperselettivo. Tanto che lo scorso luglio ha fatto notizia la bella tavoletta di Giovanni da Milano battuta da Sotheby’s per 5,6 milioni di sterline, quasi il doppio della sua stima massima. E nella stessa asta un piccolo disegno autografo di Sandro Botticel-li è stato venduto per 1,3 milioni di sterline.Meno scontato e scritto nei valori d’asta è il percorso che ha trasformato la concorrenza tra antico e contem-poraneo per i favori del pubblico da gara a felice alleanza. Da questo punto di vista la storia del trend ha una prima tappa fondamentale nel 2011, quando la curatrice Bice Cu-riger introduce la sua Biennale di Venezia- vetrina mondiale da sempre dell’avanguardia - con tre grandi tele di Tinto-retto. Rivelando così ai pronipoti dell’orinatoio di Marcel

Duchamp il potenziale concettuale, e dunque contempo-raneo, dell’arte del passato. Il pubblico di quella Biennale ha visto anche le mostre organizzate a Palazzo Fortuny dal mercante belga Axel Vervoordt (Artempo, Acccademia e In-finitum), che fanno dialogare passato e presente con astuzia, insistendo su lacune, errori e discrepanze d’ogni genere. Nasce così un modo nuovo di guardare all’antico, di cui il presente diventa l’interprete: se prima perfino il più colto degli antiquari spesso non spingeva la sua curiosità per il

presente oltre il fenomeno di Damien Hirst e dei suoi squali in formaldeide, e d’altra parte i grandi galleristi specializza-ti “in giovani talenti” non perdevano tem-po a occuparsi delle differenze tra Tiziano da Guercino, ora i due mondi comincia-no a guardarsi con reciproco interesse, in tutti i sensi della parola. I primi capiscono che per sopravvivere nel mercato sempre più mediatico dell’arte devono diventa-

re cool almeno quanto i talent scout e togliere il broccato dai muri della galleria, i secondi fiutano che il prestigio del passato può dare al loro glamour altri quarti di nobiltà. È stato così che, nel 2012, Frieze si è clonato in Frieze Masters e il gallerista californiano Marc Foxx, alla prima edizione aveva già avuto un lampo d’intuizione sul risultato finale: «Doveva essere un esperimento ed è finita che gli antiquari hanno la moquette rossa negli stand, mentre noi siamo sulle assi da cantiere». A questo punto arriva anche Jeff Koons, a cui il fiuto per le oscillazioni del gusto non è mai mancato: l’anno dopo presenta nella galleria di David Zwirner, ciò tra l’altro 5 anni dopo la sua antologica “barocca” alla reggia di Versailles, la serie intitolata Gazing Balls, cioè lucidissime sfere d’acciaio appoggiate con calcolata leggerezza su copie

Dall’alto, da sinistra. La Chiesetta del Doge a Venezia (percorsi su prenotazione da primavera 2015). Gazing Ball (Centaur and Lapith Maiden) di Jeff Koons, 2013. Abstraktes Bild, di Gerhard Richter, 1980 (i due quadri rossi). Santa Caterina di Alessandria, di Antonio Vivarini.

Saranno statue

classiche a inaugurare

il nuovo museo Prada

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a dimensione reale di statue classiche.Nel frattempo, nell’Italia che almeno da vent’anni raramen-te parla di cultura a ragion veduta, il ministro dei Beni cul-turali, Dario Franceschini, che purtroppo ancora stenta a metter mano all’antistorico sistema legislativo che spinge i nostri antiquari migliori a lasciare l’Italia e i collezionisti a non comprare arte italiana, ha pensato di defiscalizzare del 65% gli atti liberali dei privati a sostegno della cultura, attra-verso un credito d’imposta (Art bonus) detraibile in 3 anni. Per fortuna stavolta la risposta non si è fatta attende-re, ed è arrivata proprio dai colossi della moda, già in passato spesso grandi investitori sul contemporaneo più estremo. Dopo aver sostenuto il restauro della Sant’Anna di Leonardo e la conseguente mostra al Louvre, Ferragamo ha recentemente messo a disposizione risorse economiche anche per la ristrutturazione di otto sale agli Uffizi ora non aperte al pubblico, tra cui quella che accoglierà, a restauro ultimato, un altro capolavoro di Leonardo, l’Adorazione dei Magi. Bulgari sta sostenendo la pulitura della gradinata di Trinità dei Monti. Fendi paga il restauro della Fontana di Trevi. Tod’s continua ad aiutare il Colosseo. Gucci sponso-rizzerà le conferenze a latere della prossima edizione di Frie-ze Masters. Poi le iniziative dall’estero: Cartier ha finanziato il restauro del gruppo scultorio della Madonna col Bambino di Jacopo Sansovino, nella Cappella del Doge di Palazzo Ducale, a Venezia (e relativa nuova illuminazione della chie-setta). E, clamoroso, è da qualche tempo che circola la voce sulla mostra che, in concomitanza con l’Expo, inaugurerà la nuova sede museale della Fondazione Prada progettata da Rem Koolhaas: sarà dedicata all’idea di serie nella scultura classica, per dimostrare quanto contemporanea, e concet-tuale, una statua di età imperiale possa diventare se guarda-ta con gli occhi del presente. Il cerchio è chiuso.

SPERIAMO NELL’EUROPAI risultati delle aste di giugno degli Old Masters segnano un primo sensibile cambiamento di trend: Christie’s ha raccolto più di 17 milioni di dollari, crescendo rispetto alla tornata precedente, con diversi lotti oltre la soglia delle 7 cifre e nomi come quelli di Peter II Brueghel e Caspar Netscher, battuti ben oltre la stima massima. Sotheby’s non ha fatto altrettanto bene. Ma come provato dagli analisti dell’Art & Finance Report di Deloitte, appena pubblicato, il mercato dell’arte nel suo insieme resta ancora in forte ascesa, e quindi si può ben sperare. Nei primi 6 mesi del 2014 Christie’s e Sotheby’s hanno infatti raccolto l’88% del venduto durante l’intero 2013, che già era stato un anno record. Inoltre, secondo l’Art Market Report del Tefaf, la più importante fiera d’arte antica del mondo, gli Stati Uniti detengono il 38% del mercato artistico globale, ovvero la quota principale. Il dato è coerente col fatto che negli Usa risiede il 42% dei milionari del mondo. E la conseguenza diretta è che il settore della cosiddetta Post War and Contemporary Art, dove gli Usa la fanno da padroni, occupa saldamente lo spazio maggiore, col 45% del totale per valore e il 44% per volume. Quindi l’emergente trend dell’antico è in mano all’Europa: se la situazione economica europea migliorerà, miglioreranno ancora i dati relativi al settore degli Old Masters, dei quali il Vecchio Continente è più dotato rispetto agli Usa.

In alto. La Biennale des Antiquaires, 2014, e L’avvocato del villaggio, di Pieter Brueghel il Giovane, 1621. Sopra. Ancora la Biennale des Antiquaires. A sinistra. Concetto Spaziale New York, di Lucio Fontana, 1964.