COLLEGIO NAZIONALE DEI PROBI VIRI - xoomer.virgilio.it

66
1 COLLEGIO NAZIONALE DEI PROBI VIRI RICORSO EX ART. 55 DELLO STATUTO I sotto elencati iscritti a Forza Italia: Luciano Paci (Consigliere Provinciale); Francesco Monacelli (consigliere Comunale ex Sindaco di Fossato di Vico); Ivano Rampi (Coordinatore Comunale di Città di Castello); Annunziatina Bacchi (Presidente Regionale Azzurri nel Mondo); Oliviero Bocchini (Delegato Collegio VII); Enrico Bellani (responsabile dipartimento Spettacolo); Arnaldo Ceccato (Presidente Circolo Perugia); Massimo Capacciola (Coordinamento Comunale di Gubbio); -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- tutti elettivamente domiciliati presso Ivano Rampi in Via Borgo Farinario n. 10 - 06012 Città di Castello (PG) PREMESSO -.Che, come dirigenti di partito hanno interesse a salvaguardare l’immagine e gli interessi di Forza Italia; -.Che ritengono che sia l’immagine che gli interessi di Forza Italia siano stati messi in discussione dal comportamento colpevole dei Consiglieri Regionali Luciano Rossi, Coordinatore Regionale, e Fiammetta Modena; -.Che tale comportamento si è manifestato in occasione della votazione per lo Statuto regionale -. Che contestualmente è stato presentato lo stesso ricorso anche al Collegio Regionale dei Probi Viri nei confronti della Consigliere regionale Fiammetta Modena -.Che i ricorrenti ritengono sia competente a decidere entrambi ricorsi il Collegio Nazionale dei Probi Viri per la vis actractiva dell’Organo più elevato e, oltre che per evitare una duplicazione di giudicati sullo stesso fatto, seguendo il principio della economia processuale; ciò premesso ESPONGONO Il contesto politico che si era delineato al Consiglio Regionale, nel marzo 2004, si presentava anche in Umbria con prospettive politiche improntate all’ottimismo ed apriva la speranza ad una inversione di tendenza, sia per le elezioni amministrative di giugno che per le regionali del 2005.

Transcript of COLLEGIO NAZIONALE DEI PROBI VIRI - xoomer.virgilio.it

1

COLLEGIO NAZIONALE DEI PROBI VIRI

RICORSO EX ART. 55 DELLO STATUTO

I sotto elencati iscritti a Forza Italia:

Luciano Paci (Consigliere Provinciale); Francesco Monacelli (consigliere Comunale ex Sindaco

di Fossato di Vico); Ivano Rampi (Coordinatore Comunale di Città di Castello); Annunziatina

Bacchi (Presidente Regionale Azzurri nel Mondo); Oliviero Bocchini (Delegato Collegio VII);

Enrico Bellani (responsabile dipartimento Spettacolo); Arnaldo Ceccato (Presidente Circolo

Perugia); Massimo Capacciola (Coordinamento Comunale di Gubbio);

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

tutti elettivamente domiciliati presso Ivano Rampi in Via Borgo Farinario n. 10 - 06012 Città di

Castello (PG)

PREMESSO

-.Che, come dirigenti di partito hanno interesse a salvaguardare l’immagine e gli interessi di

Forza Italia;

-.Che ritengono che sia l’immagine che gli interessi di Forza Italia siano stati messi in

discussione dal comportamento colpevole dei Consiglieri Regionali Luciano Rossi,

Coordinatore Regionale, e Fiammetta Modena;

-.Che tale comportamento si è manifestato in occasione della votazione per lo Statuto regionale

-. Che contestualmente è stato presentato lo stesso ricorso anche al Collegio Regionale dei Probi

Viri nei confronti della Consigliere regionale Fiammetta Modena

-.Che i ricorrenti ritengono sia competente a decidere entrambi ricorsi il Collegio Nazionale dei

Probi Viri per la vis actractiva dell’Organo più elevato e, oltre che per evitare una duplicazione

di giudicati sullo stesso fatto, seguendo il principio della economia processuale; ciò premesso

ESPONGONO

Il contesto politico che si era delineato al Consiglio Regionale, nel marzo 2004, si presentava

anche in Umbria con prospettive politiche improntate all’ottimismo ed apriva la speranza ad una

inversione di tendenza, sia per le elezioni amministrative di giugno che per le regionali del

2005.

2

Infatti, nel corso della discussione sullo Statuto Regionale, Rifondazione Comunista rompeva

con la maggioranza di centro sinistra, come risulta dalla stampa locale, (doc.1) e, sia pure per

motivi diversi, si registrava anche la rottura dei Verdi, con Ripa di Meana, come risulta dalla

pag. 116 del resoconto stenografico della seduta del 2 aprile 2004 ( doc. 2 ), - che già aveva

manifestato nel 2003 (abbiamo avuto il sindaco di Passignano sul Trasimeno grazie alla

spaccatura operata dai verdi che hanno presentato una lista propria) di non condividere più

l’appartenenza alla sinistra - e dell’Italia dei Valori, con Donati, come risulta dalla pag. 138 del

resoconto stenografico della seduta del 2 aprile 2004, ( doc. 3 ). La scissione si consumava il 2-

4-04 quando, in prima lettura dello Statuto Regionale, Vinti, segretario di Rifondazione

Comunista e Capo gruppo consiliare al consiglio regionale, dichiarava il voto contrario del suo

gruppo come risulta dalla pag. 136 del resoconto stenografico della seduta del 2 aprile 2004

(doc. 4); Ripa di Meana (Capo gruppo dei Verdi) dichiarava il voto contrario dei Verdi, come

pure Donati per L’Italia dei Valori.

Per la prima volta in tanti anni, il governo di centro sinistra risultava in minoranza (14 su 16)

proprio sul documento politicamente più significativo dell’intera legislatura. Infatti sommando i

4 consiglieri di Rifondazione Comunista, il Verde Ripa di Meana, l’Italia dei Valori con Donati

ed i 10 consiglieri del centro-destra (5 FI; 4 A.N. e 1 UDC) si giunge alla somma di 16 su un

totale di trenta consiglieri.

In questo contesto si registrava la strana convergenza sulle tesi dei DS dei consiglieri di F.I., con

il solo distinguo del Capogruppo Melasecche, cosa questa che induceva Donati de’ “L'Italia dei

Valori” a denunciare “… l'ennesimo accordo trasversale tra forze politiche che dovrebbero

essere alternative e che, invece, per l'ennesima volta, sono unite nel mantenere una gestione del

potere fine a se stessa” , come risulta dalla pagg. 139 del resoconto stenografico della seduta del

2 aprile 2004 (doc. 5).

Le espressioni del consigliere Donati rappresentano solo lo sfogo conclusivo a seguito di una

situazione di rottura del centro sinistra che si era manifestata fin dall’inizio della legislatura con

la presa di posizione dei consiglieri di maggioranza, Ripa di Meana (Verdi), Finamonti (I

Democratici) e lo stresso Donati, che era stato eletto con la lista dei Comunisti Italiani, con la

posizione critica di Rifondazione Comunista sull’attribuzione del Presidente del Consiglio,

andato alla Margherita.

In tale situazione la maggioranza di centrosinistra si era sempre trovata in difficoltà nel garantire

il numero legale, ed anche, talora, i voti necessari a far passare i provvedimenti consiliari,

trovando peraltro una sponda proprio nei consiglieri di minoranza. Risulta infatti che 147

delibere su un totale di 320 sono passate con il numero legale assicurato dall’opposizione e che

3

su 157 di queste deliberazioni si è registrato il voto favorevole di uno o più consiglieri

dell’opposizione, fra cui spicca in maniera significativa l’83% di presenze del consigliere

Modena che è risultata anche la più solerte in quelle delibere dove si è registrato il voto

favorevole di alcuni della minoranza, come risulta dalle allegate tabelle riepilogative (docc. 6 e

7).

E, mentre Fiammetta Modena, come risulta dalle pagg. 137-138 del resoconto stenografico della

seduta del 2 aprile 2004 (doc. 8) così motiva il suo assenso “ ..È ovvio che questo è stato un

processo complesso, dove ognuno ha pagato dei prezzi, dove l'individuazione dei punti di

caduta comune ha avuto per ognuno una serie di problemi e di differenziazioni, e all'interno

delle coalizioni e all'interno delle forze politiche, ma questo fa parte del fatto che siamo di

fronte ad un processo - e in questo ho un giudizio completamente diverso rispetto a quello del

collega Vinti - di natura e di carattere istituzionale, non è un processo di natura e di carattere

politico. Quindi ritengo che oggi, come Consiglio regionale, abbiamo saputo dimostrare di aver

fatto un lavoro impegnativo e importante, sia in ordine ad un impianto coerente, perché così

non era prima, sia in ordine al fatto che il Consiglio regionale ha approvato questo

Statuto,cosa che non era scontata, sia in ordine al fatto che abbiamo raccolto le istanze

provenienti dalla partecipazione. È per questo che noi esprimiamo la nostra soddisfazione e un

voto convinto all'intero impianto statutario”, il capo gruppo di FI in regione Enrico Melasecche

prendeva le distanze dalla decisione di portare il numero dei consiglieri regionali da 30 a 36,

come risulta dalla pag. 97 del resoconto stenografico della seduta del 2 aprile 2004 (doc. 9 ),

parlando però a titolo personale.

Non può sfuggire come la mancata opposizione, frutto di un evidente accordo trasversale, abbia

salvato il quadro politico del centro sinistra che si sarebbe trovato in gravissime difficoltà di

coesione ove lo statuto fosse stato bocciato. Nel quadro descritto si è consumata l’irrecuperabile

perdita della sola opportunità offertaci di avere un diverso approccio alle amministrative.

Ma ciò è stata soltanto la premessa di ben più gravi eventi e di ben più esiziali conseguenze.

Infatti già il giorno 28 luglio 2004, prende l’avvio la mozione (doc. 10) sulla legge elettorale,

stranamente anticipata rispetto alla logica dipendenza dall’approvazione dello Statuto non

ancora approvato sull’aumento dei consiglieri.. La bozza di legge concordata dalla commissione

statuto con presidenza Fiammetta Modena non era stata infatti precedentemente discussa dal

gruppo di Forza Italia ma portata comunque in aula. I consiglieri di FI, Renzetti come risulta

dalle pag. 4-5-6 del resoconto stenografico della seduta del 28 luglio 2004 (doc. 11) e

Melasecche hanno evidenziato questo fatto nella discussione. Melasecche non vota come risulta

dalle pag. 38-39-40-41 del resoconto stenografico della seduta del 28 luglio 2004 (doc. 12 ) ed

4

i giornali ne danno risalto (doc. 13). Luciano Rossi elogia la presidente Modena (FI) come

risulta dalla pag. 46 del resoconto stenografico della seduta del 28 luglio 2004 (doc. 14) per il

lavoro svolto ed annuncia il voto favorevole.

Nella seduta del 29 luglio il Consiglio Regionale dell’Umbria passa alla seconda lettura dello

Statuto tra moltissime polemiche. Infatti lo Statuto viene approvato con 17 voti favorevoli 6

contrari e 2 astenuti, come risulta dalla pag. 119 del resoconto stenografico della seduta del 29

luglio 2004 (doc. 15 ). Luciano Rossi come risulta dalle pagg. 114-115-116 del resoconto

stenografico della seduta del 29 luglio 2004 (doc. 16) e Fiammetta Modena votano a favore

determinando con i loro voti l’approvazione. La maggioranza richiesta per l’approvazione dello

statuto è quella assoluta, pari cioè a 16 consiglieri su 30 ma anche in questa seduta si verifica la

stessa situazione politica registrata durante la prima lettura, con l’annunciato voto contrario dei

consiglieri di R.C., dei Verdi e dell’Italia dei valori. A costoro si associa anche un consigliere

dei DS.

Soltanto una parte della C.d.L.(4 A.N. e 2 F.I.) persevera nella posizione di sostegno a ciò che

era rimasto del centro-sinistra e così, alla fine, la Carta dell’Umbria viene alla luce con 17 voti

favorevoli, due astenuti (Melasecche e Sebastiani) e sei voti contrari (3 di Rifondazione

Comunista, il diessino Pacioni, Donati e Ripa di Meana).

Le posizioni diversificate dei consiglieri di F.I. gettano una luce sinistra sulle reali ragioni di

queste diversità. Non si tradiscono i valori e gli interessi del Partito senza una ragione che va al

di la della incapacità, tanto più quando la maggioranza dei consiglieri, segnatamente il

Capogruppo, esprime pareri diversi. Significativa è la posizione di Melasecche che, pur

criticando fortemente lo statuto, in aderenza a quanto stabilito a maggioranza dal gruppo

consiliare, giustifica la propria astensione in coerenza con i valori e gli ideali liberal-democratici

e di forza Italia come risulta dalle pagg, 2,3,4,5,6 del resoconto stenografico della seduta del 29

luglio 2004 (doc. 17) e lasciando libertà di voto onde non sottolineare in pubblico il contrasto

con il Coordinatore Regionale, Luciano Rossi, e con la Presidente della Commissione Statuto,

Fiammetta Modena, come manifestatosi nella riunione del gruppo consiliare.

Del resto, la domanda sulle ragioni di tali diversificazioni se la deve essere posta anche il

Capogruppo di Rifondazione, Stefano Vinti, se nel commentare le posizioni di F.I. afferma che

“..L'unica cosa veramente nuova è che il capogruppo di Forza Italia ha indicato la libertà di

coscienza ai Consiglieri di Forza Italia, se non ho capito male. È veramente singolare che sullo

Statuto il secondo partito della nostra regione non esprima un'opinione di partito, ma ognuno

scelga individualmente il proprio percorso e il proprio orientamento: questa è la traduzione

politica, perché ovviamente, quando c'è la libertà di coscienza, i singoli individui non assumono

5

un orientamento politico collettivo”, come risulta dalle pagg. 17-18 del resoconto stenografico

della seduta del 29 luglio 2004 (doc.18).

Infatti, anche soltanto l’astensione dei due consiglieri Rossi e Modena avrebbe prodotto le

reiezione dello Statuto con la conseguenza che la coalizione di centro sinistra si sarebbe disfatta

sul documento politico fondamentale e avremmo potuto affrontare le regionali del 2005 con

aspettative e possibilità certamente diverse da quelle attuali.

Inoltre, con il voto favorevole e determinante sullo Statuto, i consiglieri Rossi e Modena hanno

costretto il Consiglio dei Ministri all’impugnazione dello Statuto stesso di fronte alla Consulta,

con danno d’immagine, e soprattutto politico, rilevante, atteso che, come non hanno mancato di

rilevare i giornali (doc. 19), sono riusciti a trasformare Ripa di Meana, che insieme con il

Governo si è fatto carico del ricorso alla consulta (doc. 20), nel difensore degli interessi dei

cattolici e delle categorie escluse (industriali, associazionismo!!) e nel censore degli sprechi,

vedi il libro bianco su Sprecopoli rilevato anche da Il Giornale del 17.8.2004 (doc. 21).

Malgrado il Governo sia intervenuto a bocciare lo Statuto rendendo anche palese la spaccatura

in FI, nessuna resipiscenza è stata presente nei due consiglieri regionali, difensori strenui dello

Statuto. Si registra infatti una convergenza ideologica fra la presidente della Regione Umbria

Lorenzetti ed il consigliere Fiammetta Modena, quando entrambe accusano, sulla stampa (docc.

22 e 23), il governo di aver deciso per l’impugnazione dello Statuto in base ad una valutazione

politica contro le regioni rosse piuttosto che per motivi di incostituzionalità.

Sulla scorta della presa di posizione del Governo, la società civile (docc. 24-25-26) ed una parte

sempre più consistente di FI (doc.27) si organizza per raccogliere le firme per il referendum,

schierandosi senza indugi per una riformulazione dell’ Art. 9 dello statuto riguardante la

famiglia e l’identità religiosa dell’Umbria.

Per tutta risposta Luciano Rossi manda avvertimenti sulle candidature alle prossime regionali

(doc. 28), a coloro che dissentono dalla sua linea politica. E così, a metà settembre, nel direttivo

di Forza Italia si matura la spaccatura tra coloro che difendono ad oltranza la politica che li ha

portati alla approvazione dello statuto ed i contrari (doc. 29). Anche l’associazione industriali di

Perugia, alla presenza di Montezemolo, fa sentire la propria disapprovazione (doc. 30) contro lo

statuto. Sulla rivista dei DS Umbri “Cronache Umbre 2000” Paolo Baiardini, Capogruppo in

Regione, si vanta di aver resistito alle pressioni del mondo cattolico (doc. 31) e si dichiara

contrariato dalla posizione negativa assunta della CISL Umbra (doc. 32). Si registrano molte

posizioni di singoli iscritti ed eletti in FI tra le quali quella che ha fatto più scalpore è stata

quella del consigliere di Perugia Francesco Calabrese che traccia lo stato pietoso di Forza Italia

in Umbria e della attuale dirigenza (doc. 33). La presidente dello statuto Fiammetta Modena

6

cerca di spiegare attraverso il suo giornalino il suo voto allo statuto, evidenziando che, in

definitiva, non è in grado di spiegare per quale ragione la minoranza (A.N. Rossi e lei stessa) ha

collaborato con la sinistra per l’approvazione dello statuto (doc. 34). È sorprendente che non

faccia mai valutazioni politiche e che sembri non rendersi conto di tutto il pandemonio ed il

danno incalcolabile causato a FI ed al Governo Nazionale dal voto suo e di Rossi.

Per arginare lo sconforto tra gli elettori e la nostra base sociale di riferimento, i sindaci della

CDL hanno organizzato l’11 novembre un convegno sullo statuto, cui hanno partecipano il

Presidente Antonio Baldassarre e don Elio Bromuri, delegato da Mons. Chiaretti, vescovo di

Perugia, riallacciando così un dialogo con il mondo cattolico (doc. 35).

A fine novembre il caso umbro è finito sulla stampa nazionale. Il giornale “il Foglio”, con due

articoli sullo statuto Umbro (docc.36 e 37), accusa i consiglieri Regionali, che hanno votato lo

statuto, di Zapaterismo, per l’analogia con Zapatero in Spagna che ha aperto ad altre forme di

convivenza, e critica aspramente la pessima qualità dello statuto e la mancata difesa dei valori

ed identità espressi dalla nostra cultura, citando Ripa di Meana come baluardo contro lo statuto.

La Corte Costituzionale a dicembre pubblica la sentenza 378 dove viene dichiarato illegittimo

l’art. 66 dello Statuto e ciò crea ulteriore conflitto nel mondo politico regionale sulla possibilità

o meno di promulgazione dello Statuto senza l’art. 66.

“La voce” con don Elio Bromuri, sollecita a ripensare al ruolo della famiglia (doc. 38). Mentre

il capogruppo di FI in regione Enrico Melasecche esorta FI a non appoggiare la sinistra optando

per una riapprovazione dello statuto (doc. 39).

Ma al consiglio regionale, nonostante quanto successo in 6 mesi si registra ancora una

spaccatura in FI e nella CDL, dove Luciano Rossi e Fiammetta Modena coerentemente con il

voto di luglio annunciano di non voler partecipare al voto per non votare contro la

promulgazione, come aveva deciso tutta la CDL (doc. 40) ivi inclusa A.N. che dopo

l’impugnazione del Governo ha mutato radicalmente la propria posizione politica.

E così la risoluzione, con cui si invita la Presidente della Giunta regionale a promulgare lo

statuto nei tempi più rapidi possibile, una volta esaurita la fase della possibile richiesta di

referendum, ed ovviamente dopo lo svolgimento dello stesso ove richiesto, è passata con 15 voti

favorevoli, 8 contrari, un astenuto e 2 (la Modena e Rossi) non partecipanti al voto, ma presenti

in aula a garantire, se ve ne fosse stato bisogno, il numero legale (doc. …).

Inoltre, la legge prevede l’istituto del referendum confermativo quando lo richieda un quinto

dei consiglieri regionali (cioè 6) o 15.000 elettori. Orbene anche in questo caso F.I. si è distinta

per non intervenire in nessun modo per cavalcare politicamente il dissenso. Il coordinatore

regionale, che è anche consigliere, non ha sentito il dovere di sfruttare l’occasione politica, ma

7

coerente con la sua posizione di rincalzo al mondo delle sinistre e di evidente contrasto con la

posizione del Governo, insensibile alle conseguenze in termini di voti alle prossime elezioni

regionali, ha lasciato campo aperto all’affermazione politica di Ripa di Meana che si sta

attivando per la raccolta delle firme contro lo statuto.

La decisione del voto contrario allo statuto ha avuto momenti tumultuosi (doc. 41) con

comportamenti censurabili. Comportamenti analoghi si sono avuti, sull’onda della vicenda

lacerante dello statuto (docc. 42 e 43), al congresso comunale di Gubbio dove è avvenuta una

“rissa” tra il consigliere Ada Urbani ed il candidato Rocco Girlanda vicino alla Fiammetta

Modena e Luciano Rossi, notizia che ha avuto un’eco sui giornali a tiratura nazionale quali “la

Repubblica”, “Il Giornale” e “l’Unità”.

La prima conseguenza degli atteggiamenti narrati è che l’Associazione dei Consumatori ed altri

del mondo dell’associazionismo hanno proposto di candidare Ripa di Meana alla Presidenza

della Regione Umbria con ulteriore motivo di allarme per la C.d.L. che si trova così scavalcata a

destra dai verdi.

Il 22 dicembre, a corollario di quanto abbiamo narrato, sullo stelloncino intitolato “Le Foglie”

nella pagina dell’Umbria de Il Messaggero, è comparsa la cronaca dell’ultimo direttivo

dell’Assoindustria dell’Umbria dove il Cav. Carlo Colaiacovo, di fronte all’invito rivolto dal

presidente a valutare i programmi dei candidati alle prossime regionali per decidere per chi

votare, si è espresso nei seguenti termini ‘Ma per carità, con questa opposizione votiamo per la

Lorenzetti e basta: è l’unica concreta’ (doc. 44)

Da quanto sopra si evince con chiarezza che i due consiglieri regionali, Fiammetta Modena e

Luciano Rossi con il loro comportamento sostenuto, in contrapposizione agli interessi politici di

Forza Italia, hanno supportato le iniziative legislative della sinistra riuscendo, non solo a

dividere le forze politiche ma anche le forze sociali, basti pensare alla Chiesa Umbra, alle

associazioni degli imprenditori e persino quelle sindacali.

Hanno fornito con i loro comportamenti e dichiarazioni a mezzo stampa una immagine

sconfortante al nostro elettorato dove il consociativismo ed interessi personali hanno prevalso

invece di avviare un processo di destabilizzazione della coalizione di centro sinistra.

In questo ambito, dopo aver coinvolto tutta la C.d.L., hanno finito per implicare, nel loro

disegno politico individuale, anche il governo nazionale. E così, invece di recuperare la nostra

base sociale di riferimento, hanno finito per abbandonarla di fatto al verde-ecologista Ripa di

Meana, il quale è così diventato il punto di riferimento per i nostri potenziali elettori, unico

difensore dei valori e dell’identità del Partito, come anche unico censore degli sprechi.

8

Da quanto sopra esposto emerge con solare evidenza la responsabilità disciplinare sia del

Coordinatore Regionale dell’Umbria, Luciano Rossi, sia del Consigliere Regionale, Fiammetta

Modena e, pertanto, i sopra indicati iscritti

RICORRONO

Al Collegio Nazionale dei Probi Viri affinché, affermata la responsabilità disciplinare di

Luciano Rossi, Coordinatore Regionale per l’Umbria (anche Consigliere Regionale), e, ove

riconosciuta la propria competenza, anche nei confronti di Fiammetta Modena, Consigliere

Regionale dell’Umbria, vengano condannati alla pena di giustizia per aver compromesso

l’immagine di Forza Italia e di aver tenuto un comportamento lesivo della integrità morale del

Movimento e contrario alla politica del Governo e, così, di aver nuociuto, consapevolmente, per

interessi personali, agli interessi di Forza Italia, integrando, con ciò, le violazioni previste dalle

norme disciplinari del partito.

IN VIA ISTRUTTORIA:

Producono i documenti enunciati in narrativa

Indicano come testi sulle circostanze relative alla posizione del Gruppo Consiliare di F.I. in

regione i seguenti Consiglieri Regionali: Enrico Melasecche, Capogruppo; Ada Urbani,

Consigliere; Francesco Renzetti, Consigliere.

Perugia, 30 dicembre 2004

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

116

premio di maggioranza, che consenta alla coalizione vincente di raggiungere almeno il 60%

dei seggi e che premi l'apicalità vincente”... (Voci fuori microfono)... Scusate, io l'ho firmata,

ma vorrei capire: “l'apicalità vincente” che significa? C'è qualcuno che può spiegarlo?

SPADONI URBANI. (Fuori microfono) Chi vince viene eletto, chi non vince non viene eletto,

automaticamente, come l’altra volta, quando...

PRESIDENTE. Allora, metto in votazione l'ordine del giorno che ho appena letto.

Il Consiglio vota.

Il Consiglio approva.

PRESIDENTE. Ci sono dichiarazioni di voto, colleghi Consiglieri, prima della votazione

dell’intero Statuto? Consigliere Ripa di Meana, prego.

RIPA DI MEANA. Preparandomi a votare no, devo però dire, brevemente, qualcosa

sull'occasione mancata, e insieme dare conto della mia ammirazione per coloro che, per

oltre due anni, hanno “tirato la carretta” della Commissione Statuto, tra notevoli difficoltà, con

un’assiduità impressionante e con una forza di carattere che ha permesso alla stessa

Commissione di uscire dalle lunghe diatribe che, via via, interne o esterne, si manifestavano.

Voglio anche aggiungere qualcosa: non mi è sfuggito un riconoscimento giunto via e-mail,

alla metà del mese scorso, da un gruppo che in Piemonte ha presentato il Progetto “Capire”,

che rivolgendosi alle strutture tecniche, nella persona del dott. Pier Giorgio Bura, ha

apprezzato oltremodo, addirittura offrendo il titolo del loro progetto, “Capire”, l'elaborazione

teorica che la Commissione Statuto ha sviluppato a proposito delle garanzie, prima di tutto,

nel corso delle scelte via via comunicate per sistema elettronico a tutti gli esperti. Questo

riconoscimento è andato avanti e ha visto un’interessante pubblicazione: “Come i nuovi

Statuti regionali parlano di controllo e valutazione”, che era preparatoria per un seminario,

che credo si sia svolto a Milano in tempi recentissimi, dove la ricerca tecnica, giuridica ed

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

136

centrale, e che forse arriviamo fuori tempo massimo, e che invece nella società ben altre

sono le aspirazioni che si vanno ricomponendo in una nuova idea di democrazia e

protagonismo sociale, culturale e politico.

Se il presidenzialismo connota lo Statuto, ovviamente non possiamo scordarci anche il

voto contrario che abbiamo espresso all'articolo sulla pace. Singolarmente, sembra che nella

nostra regione... si riempiono i giornali, le televisioni, i dibattiti etc., però la guerra preventiva

qui dentro non esiste e sembra che facciamo uno Statuto a-temporale, al di fuori di ciò che

significa la guerra e la pace oggi.

Sull'istruzione, capisco il collega Bottini, nella sua foga entusiastica, ma credo che invece

ci sia stato un passaggio assolutamente inusuale ed insolito per la Regione dell’Umbria, e su

questo va dato atto del punto politico definito dalla Margherita, nel momento in cui

l’espressione “di tutte le autonomie” significa di fatto un'apertura alla scuola privata come mai

c'era stata in questa regione, cosa di cui avremo modo di discutere.

Ovviamente non ci dimentichiamo il nostro voto sull'articolo riguardante il lavoro e

l’occupazione, la sussidiarietà, la concertazione, le autonomie funzionali; cioè, il

presidenzialismo, ovviamente, è stato anche condito da una serie di altre opzioni che lo

rendono più sostanziale. Non mi sfugge, personalmente, per la forza politica che rappresento,

il passaggio complesso, la difficoltà e la sofferenza, nel mentre annuncio che non saremo tra

coloro che oggi danno un voto favorevole al nuovo Statuto della Regione dell'Umbria.

PRESIDENTE. Consigliere Modena, prego.

MODENA. Credo, colleghi, che questo Consiglio regionale, oggi, al contrario di quello che

diceva il collega Vinti, debba invece essere soddisfatto. Non solo perché questo Consiglio

regionale è il terzo che arriva, nel panorama complessivo di tutta Italia, ad una prima lettura

dello Statuto, ma soprattutto perché questo non era un passaggio scontato, in quanto il

quadro politico ed anche la tentazione che in molte regioni c'è, di lasciare le cose come

stanno, non portavano a dare per scontato che oggi saremmo arrivati ad una chiusura

complessiva.

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

137

Io credo che sia un grande risultato che ha raggiunto questo Consiglio regionale;

raggiungendolo, ha anche dimostrato di non voler lasciare - questo era il grande rischio - le

cose come stavano, con un sistema, questo sì, completamente appannaggio del Presidente

della Giunta regionale, perché il sistema che oggi ci governa, che è appunto quello

dell'elezione diretta, così come disegnata dalla legge 1/99, è senz'altro un sistema dove una

serie di pesi e di contrappesi non esistono, né sono stati individuati. Quindi credo che oggi

dobbiamo essere soddisfatti, come Consiglio, innanzitutto perché abbiamo raggiunto questo

risultato, che per nessuno di noi era scontato.

Dobbiamo essere soddisfatti perché abbiamo costruito un sistema coerente. Nel travaglio

che abbiamo vissuto, come tutti i Consigli regionali, siamo riusciti a costruire un sistema

dove sono presenti, oltre all'elezione diretta, la divisione della potestà regolamentare e

legislativa, l'incompatibilità tra la Giunta e il Consiglio, una serie di innovazioni che sono state

poste in capo al Consiglio regionale, che solo in Umbria abbiamo pensato, perché le norme

sulla concertazione, gli atti di indirizzo preventivo, l'individuazione della mozione che viene

approvata dal Consiglio regionale sono tutte cose che sono state studiate in Umbria, e che

secondo noi danno a questo Consiglio anche una capacità di innovazione rispetto a quello

che è il panorama del Paese e a quello che stanno facendo le altre Regioni.

Credo che noi dobbiamo anche essere soddisfatti perché il lavoro faticoso di questi

quattro o cinque giorni ha permesso al Consiglio regionale, contrariamente a quello che

temeva il collega Fasolo, che di questo si era particolarmente preoccupato, di sintetizzare le

istanze provenienti dalla partecipazione. Cioè, la bozza ha avuto una trasformazione perché è

entrata in un modo, ha avuto una presentazione a dicembre, poi c’è stata una serie di incontri

pubblici e di partecipazione dai quali il Consiglio regionale, nel corso di queste giornate,

analizzando gli emendamenti che sono stati costruiti nella partecipazione, ha potuto via via

trasformare l'impianto complessivo. Tutti gli articoli che sono stati cambiati, dalla scuola al

lavoro, a quelli sulla concertazione, sulla sussidiarietà, anche quelli della famiglia, hanno

avuto una loro specifica riformulazione perché dalla partecipazione sono arrivati una serie di

input che questo Consiglio regionale ha sicuramente saputo raccogliere. È ovvio che questo

è stato un processo complesso, dove ognuno ha pagato dei prezzi, dove l'individuazione dei

punti di caduta comune ha avuto per ognuno una serie di problemi e di differenziazioni, e

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

138

all'interno delle coalizioni e all'interno delle forze politiche, ma questo fa parte del fatto che

siamo di fronte ad un processo - e in questo ho un giudizio completamente diverso rispetto a

quello del collega Vinti - di natura e di carattere istituzionale, non è un processo di natura e di

carattere politico.

Quindi ritengo che oggi, come Consiglio regionale, abbiamo saputo dimostrare di aver

fatto un lavoro impegnativo e importante, sia in ordine ad un impianto coerente, perché così

non era prima, sia in ordine al fatto che il Consiglio regionale ha approvato questo Statuto,

cosa che non era scontata, sia in ordine al fatto che abbiamo raccolto le istanze provenienti

dalla partecipazione. È per questo che noi esprimiamo la nostra soddisfazione e un voto

convinto all'intero impianto statutario.

PRESIDENTE. La parola al Consigliere Donati.

DONATI. Il Gruppo Misto “Italia dei Valori” non si riconosce nel testo statutario, frutto di un

lungo e laborioso lavoro del Consiglio regionale. Con il voto contrario, l’Italia dei Valori

boccia la proposta statutaria, pur apprezzandone alcuni contenuti, che giudichiamo

estremamente positivi. Il voto contrario è un no convinto ad uno Statuto presidenzialista, che

consideriamo, continuiamo a sostenere, autoritario; uno Statuto sostanzialmente di destra e

contrario alle tradizioni democratiche dell'Umbria.

Esprimo un giudizio sostanzialmente negativo sui risultati dei lavori redazionali del testo

svolti in questi giorni dal Consiglio. Un giudizio negativo per motivi esclusivamente politici,

che portano alcuni gruppi, tra i quali il mio, a condividerne i contenuti, almeno in parte, e al

tempo stesso a respingerlo nel suo complesso. Ciò vuol dire che questo documento non

gode di una vera e propria paternità politica, e ciò è positivo perché, in una tale situazione,

ognuno è più libero, Consiglieri e forze politiche, di spiegare all'opinione pubblica dell'Umbria

la nuova Carta statutaria che andiamo a licenziare. Un testo statutario che, anche se

organico, è comunque decisamente contrastante rispetto alla tradizione democratica ed alla

stessa storia regionalista dell'Umbria.

Esprimo rammarico perché dal confronto consiliare non è emersa la volontà politica e

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

139

istituzionale di ascoltare le ragioni di ogni componente politica e culturale presente in questa

assemblea; motivi politici di contrarietà di fondo al nuovo Statuto, che sono determinati,

ripeto, da una nostra irriducibile non condivisione di alcuni contenuti presenti nel nuovo

impianto statutario, segnatamente quelli riguardanti la forma di governo, contenuti che sono

contrari ai principi ed ai valori nel nostro patrimonio inalienabile, perseguito da sempre e con

determinazione dal movimento democratico e di sinistra dell'Umbria. Un'impostazione, quella

presidenzialista prevalsa, che ci porta a respingere il testo statutario costruito nella sua

interezza, senza possibili ripensamenti o rimpianti, perché è per noi inaccettabile che in

Umbria si affermi una forma di governo di stampo innegabilmente autoritario, plebiscitario, e

perciò sostanzialmente di destra, e in quanto tale pericoloso anche dal punto di vista

dell’equilibrio democratico.

L'Italia dei Valori denuncia l'ennesimo accordo trasversale tra forze politiche che

dovrebbero essere alternative e che, invece, per l'ennesima volta, sono unite nel mantenere

una gestione del potere fine a se stessa. A questo punto, credo che per fermare questa

deriva plebiscitaria rappresentata degnamente dal nuovo Statuto che ci apprestiamo a

licenziare come Consiglio regionale, non resta altro che attivare la carta referendaria, per

restituire ai cittadini dell'Umbria la sovranità che viene calpestata con l’approvazione di una

carta statutaria autoritaria - quindi, ripeto, di destra - con l'aggravante di contenere scelte

ingiustificate, insostenibili, quali l'aumento del numero dei Consiglieri regionali con l’aggiunta

dell’aumento degli Assessori esterni, che comportano, tra l'altro, un aggravio di spesa

rilevante, che giudichiamo irresponsabile, a danno naturalmente del bilancio regionale, quindi

a danno dei cittadini dell'Umbria. Anche per questo il Gruppo Misto Italia dei Valori voterà

contro il nuovo Statuto.

PRESIDENTE. Consigliere Bocci, prego.

BOCCI. Signor Presidente, colleghi Consiglieri, chissà se trentaquattro anni fa i nostri

costituenti sono arrivati all'approvazione ad un'ora così tarda e con una stanchezza che

onestamente si fa sentire, dopo alcune giornate di intenso lavoro e di intenso dibattito.

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

97

MELASECCHE. Signor Presidente, la prego cortesemente di non consentire agli Assessori

di interrompermi.

PRESIDENTE. Collega Rosi, anche lei...

MELASECCHE. La ringrazio, lei è equanime. Dicevamo, a fronte di una proposta che viene

dopo tre anni di sudato lavoro, di fatiche della Commissione - e di questo gliene diamo atto -

all'improvviso il blitz notturno, in assenza di numerosi Consiglieri, in assenza del Presidente.

Lo sapevamo tutti, l'intera Umbria, la stampa. Tutti noi sorridiamo, anche l'Assessore Rosi,

mi scusi la citazione, perché il “pacco” era pronto. Siamo arrivati. Si dica la verità, era questo

che si voleva, perché sei Consiglieri non bastavano, oggi ci vogliono anche altri sei

Assessori rispetto alla proposta che veniva dalla Commissione. Per cui, se la matematica

non è un'opinione, 6 Consiglieri erano 11 miliardi, 6 Assessori sono altri 11, sono 22 miliardi

in cinque anni. Cari signori, chi vuole di più, 23, 24, perché costano, con gli automobilisti, con

le auto, e tutto il resto, e gli umbri saranno finalmente felici.

Sono contrario, ovviamente, perché queste cose vanno fatte in maniera diversa, dette

prima, in partecipazione, e non mi si venga a dire che la partecipazione era a favore anche di

questo pacchetto finale sotto l'albero! Grazie, sorrido e voterò contro, ovviamente.

PRESIDENTE. Il collega Ripa di Meana aveva chiesto di intervenire... Collega Melasecche,

lei ha terminato, la prego. Assessore Rosi, c'è il collega Ripa di Meana. Prego, collega.

RIPA DI MEANA. La modalità scelta è tra le più temerarie... (Consigliere Pacioni fuori

microfono)... Ho sentito delle parole di incoraggiamento.

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, lasciamo intervenire chiunque richieda di intervenire.

Prego, Consigliere.

RIPA DI MEANA. Ebbene, l'esortazione “al lavoro, al lavoro!” di Costantino Pacioni io la

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

4

seconda lettura. Per questo, signor Presidente, propongo ai colleghi Consiglieri di

sospendere il Consiglio fino alle 11.50, e quindi riprendere i lavori alle 11.50.

PRESIDENTE. Grazie, Consigliere. Sulla proposta del Consigliere Bocci, di prolungare di

altri venti minuti la sospensione per dare modo di stendere in maniera articolata, chiara e

comprensibile il documento, ci sono richieste di intervento pro e contro? Consigliere Renzetti,

ne ha facoltà, prego.

RENZETTI. Signor Presidente e colleghi Consiglieri, il mio, lo dico subito, è un intervento a

favore della proposta del Consigliere Bocci perché, in linea generale, anche per la tradizione

alla quale appartengo, ritengo che il rinvio in sé... anzi, ci sono anche rinvii virtuosi; in linea di

massima, quando una forza politica chiede una pausa di sospensione per approfondimenti,

secondo me è buon uso non assumere atteggiamenti contrari a priori.

Però accompagno doverosamente questo pronunciamento favorevole con un'avvertenza,

cari colleghi: non vorrei che qui consacrassimo, oggi, l'esistenza - e lo dico sotto forma di

raccomandazione fiduciosa al Presidente dell'aula - di due livelli istituzionali, uno meramente

formale ed uno invece sostanziale; uno che assiste e l'altro che decide. Il Consiglio regionale

ha approvato un ordine del giorno con il quale impegnava la Commissione speciale per

l'elaborazione dello Statuto a presentare una proposta di legge elettorale, quindi oggi questo

noi ci attenderemmo. Però sappiamo, l'ha detto molto onestamente il collega Bocci, che è

già stato deciso da altri, e non da questo Consiglio regionale, che questo non accadrà, che

verrà presentato invece un ordine del giorno, un documento quindi non solo dal punto di vista

formale, ma sostanziale, diverso.

Si chiamerà il Consiglio ad assumere un impegno politico, così come a suo tempo aveva

assunto l'impegno politico di presentare una proposta di legge, come tale revocabile

laddove, in futuro, sopraggiungessero valutazioni di opportunità sul piano politico di segno

contrario. Questo lo segnalo al Presidente per la sua valutazione, anche dal punto di vista

dell'applicazione dei regolamenti, e con un po' - senza esagerare, perché sono uomo di

mondo - di allarme, perché non vorrei che qui ed ora consacrassimo un andazzo diffuso

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

5

anche ben al di là di quest'aula e del territorio di questa regione e delle istituzioni che la

governano e che governano le comunità locali che la compongono, cioè che esiste una

democrazia formale e poi esiste una possibilità di decisione che sovrasta il dato formale.

Ancora oggi - il Presidente è pregato di verificarne la correttezza anche sul piano formale - il

Consiglio è vincolato, o sarebbe vincolato, ad una sua deliberazione di qualche mese fa.

Dopodiché, sulla proposta di sospensione nessuna obiezione, per le ragioni che ho detto.

PRESIDENTE. Grazie, Consigliere. Ha chiesto la parola per un intervento contro il

Consigliere Melasecche.

MELASECCHE. Credo che purtroppo stiamo assistendo al teatro; l'importante è

partecipare, possibilmente, anche da dietro le quinte, in modo tale che tutti possiamo

divertirci. Io intervengo contro, perché quello che sta accadendo è sotto gli occhi di tutti. Io

non voglio, come giustamente dice il Consigliere Bocci, drammatizzare, però abbiamo

assistito da questa mattina, sotto i banchi della Presidenza del Consiglio, ad una specie di

trattativa, non so di cosa e su cosa. Giungono notizie di cannibalismo a sinistra su accordi

notturni. La cosa grave è che alle ore 11.40 non abbiamo ancora una proposta di legge.

Questa proposta di legge, lo ricordo, lo ha richiamato il Consigliere Sebastiani e il

sottoscritto in conferenza dei capigruppo, e il Consigliere Ripa di Meana... ma non solo,

voglio citare, non nominandolo, un alto esponente della sinistra, il quale, quando ieri ricordavo

questo impegno forte del Consiglio, mi ha detto: ma in fondo è un ordine del giorno, si

cambia con un voto di maggioranza. Allora, cari amici, se il tema è questo, se un accordo

politico forte non sulla legge sui funghi porcini, ma sulla legge elettorale, e quello che seguirà,

riguarda il futuro dell'Umbria, condivido ciò che giustamente il Consigliere Laffranco diceva:

l'Umbria merita una legge elettorale, l'Umbria merita uno Statuto. L'Umbria però non merita

neanche quello che sta avvenendo in questo modo. Io credo che ci siano percorsi chiari e il

rispetto delle regole. Chiedo il rispetto delle regole. C'è una proposta di legge o non c'è una

proposta?

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

6

Per quello che mi riguarda e per quanto riguarda il Gruppo di Forza Italia, una non

proposta, cioè un documento che di ora in ora va cambiando nelle percentuali, nei percorsi,

che non è chiaro nelle interpretazioni, come tale è un ordine del giorno e può essere

cambiato quando si vuole in settembre, in ottobre, in agosto, in qualche segreteria, per Corso

Vannucci o altrove; non possiamo noi, Consiglio regionale dell'Umbria, andare avanti in

queste condizioni. Io credo nel rispetto di tutti, il rispetto della nostra funzione e il rispetto

dell'aula, quindi c'è necessità di avere un testo chiaro, di poterlo analizzare, di poterlo

stendere in un articolato, in modo tale che tutti abbiano chiaro il percorso sul quale ci

incamminiamo. C'è il rispetto delle regole; lo chiedo, molto sommessamente. Poi, altre

valutazioni politiche le faremo in altro momento, nel prosieguo della discussione.

Non mi sembra corretto andare avanti con questo rinvio continuo; quindi, molto

sommessamente, ma fermamente, voto contro la proposta di ulteriore ed ennesimo rinvio.

PRESIDENTE. A questo punto il Consiglio, nella sua sovranità, stabilisce se la sospensione

è possibile o meno. Quindi metto in votazione la richiesta del Consigliere Bocci di

sospendere per altri venti minuti il Consiglio stesso. Prego, votare.

Il Consiglio vota.

Il Consiglio approva.

PRESIDENTE. Il Consiglio è sospeso per venti minuti, riprenderà alle ore 12.00.

La seduta è sospesa alle ore 11.40.

La seduta riprende alle ore 12.00.

PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta, Consiglieri. Credo che il documento sia stato

consegnato, distribuito e sia a conoscenza di tutti i Consiglieri. Prendere posto, per cortesia.

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

38

MELASECCHE. Siamo ormai arrivati alla fase terminale di questo lavoro e, come ho già

fatto in altre occasioni, rivolgo un ringraziamento non rituale a tutti coloro, dalla Presidente a

tutti i Consiglieri, che indubbiamente nel corso di questi anni hanno portato avanti un lavoro

difficile, improbo, in quanto doveva in qualche modo coniugare in un unico testo - quello dello

Statuto, che andremo a discutere, e quello della legge elettorale, che stiamo discutendo -

interessi, valori, speranze, sogni. Quindi, indubbiamente, era un lavoro assolutamente non

facile.

La mia posizione, la sintetizzo, è quella di stamattina, in ordine alla legge elettorale; è la

mia ed anche quella di Consiglieri assenti per ragioni personali, in quanto noi riteniamo che il

rispetto delle regole sia assolutamente dovuto. Una proposta di legge è una cosa; un

documento che ad ogni intervento è qualcosa come un work in progress è un'altra cosa.

Occorrono certezze assolute, occorre fotografare un articolato, delle parole, perché in questi

casi la forma è sostanza.

Abbiamo sentito tra i vari interventi quello di Baiardini, fortemente contrastato, in qualche

modo, da quello di Fasolo. Debbo dire che su quello di Baiardini mi troverei anche a favore,

perché credo che dietro certe ineleggibilità possiamo vedere nomi e cognomi di sindaci o di

altre persone la cui presenza non gradiamo, evidentemente... Quindi, in linea di massima,

ritengo che tante possano essere le soluzioni, centinaia, tra un tipo di soluzione illiberale,

secondo me, quale è quella che ha approvato la Toscana - e su questo mi trovo in totale

disaccordo con il Consigliere Vinti - ed una soluzione esattamente all'opposto, che ad

esempio elimina totalmente il listino, pone la preferenza unica o la preferenza doppia per

eliminare certe situazioni che ognuno di noi ha provato sulla propria pelle e con le quali

stiamo facendo i conti anche in questa fase di fine legislatura.

Quindi, questo è un lavoro che non intendo minimamente demonizzare, perché

indubbiamente ha i suoi pregi, ma doveva essere, secondo me, o anticipato come

conclusione, oppure, con altrettanta coerenza rispetto all'analisi condotta fino ad oggi,

riportato ai primi di settembre, perché non credo che sarebbe caduto il mondo se avessimo

approvato con una settimana in più un articolato, desumendolo da questo testo, ripeto, che

ad ogni ora e ad ogni seduta di Consiglio subisce prese di posizione anche durissime, come

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

39

quelle di ieri mattina del Partito della Rifondazione Comunista, quando oggi poi vediamo, di

fatto, un assenso totale nei confronti di un documento che quindi, evidentemente, rappresenta

in toto le aspettative ed i progetti di un partito o dell'altro. Credo, quindi, che avremmo dovuto

avere pazienza, riorganizzare le idee, consentire a tutti di andare a discutere un testo non

presentandolo in aula dieci minuti prima; non lo si fa con leggi di minima importanza e non lo

si doveva fare in questo caso.

Comunque, alcune osservazioni intendo farle. Il listino: uno dei temi su cui nel corso di

queste settimane ci siamo confrontati, non tanto in aula, ma in Commissione e non solo, però

abbiamo ascoltato litanie sulla necessità di abolire il listino di partito. Coloro che l'aborrivano

erano quelli che invocavano una maggiore democrazia, un'apertura a soggetti nuovi

provenienti dalla mai tanto vezzeggiata, quanto tenuta lontano dai palazzi del potere, società

civile. Il tentativo di riproporre ben 12 Consiglieri sui 36 ipotizzati - decisi sappiamo tutti dove

e come, da pochissimi soggetti - la dice lunga sulla voglia di democrazia che c'è in giro,

soprattutto da parte di quei partiti che dichiarano di volerla praticare. Il nostro diniego in

Commissione probabilmente ha contribuito - forse ci illudiamo - ad un'attenuazione di tale

istituto, anche se siamo convinti che il mantenimento di 8 o (questa mattina il numero è già

cambiato) di 7 “bramini”, come dice l'amico Ripa di Meana... sui cui interventi dovremmo tutti

meditare un attimo, secondo me, al di là dei ricordi in ordine a listini precedenti, perché

credo che la democrazia - e lui l'ha dimostrato nel corso di questi anni, al di là di quello che

ognuno di noi può pensare, in ogni singolo momento in cui ognuno di noi andava a difendere

le proprie idee - sia confronto e possibilmente al più alto livello, quindi lo ringrazio per il

contributo che comunque in questi anni, ed anche in queste ore, lui ha dato.

Tornando al listino, Forza Italia, per la sua natura di partito di Seconda Repubblica, che in

qualche modo vuole rinnovare il Paese, per la sua natura di partito diverso rispetto allo

schema tradizionale di partito che noi abbiamo dalla storia anche degli ultimi anni, dagli

schemi che noi abbiamo, che hanno portato purtroppo anche alla degenerazione dei partiti e

alla conclusione o meno della Prima Repubblica (su questo ci sono tanti punti interrogativi,

potremmo discettarne a lungo), Forza Italia pensa ad un partito leggero, un partito nel quale,

indubbiamente, al centro dell'attenzione non vi sia il partito di tipo leninista, come mi

sembrava di capire stamattina, che si legittima dal popolo, ma impedisce poi al popolo di

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

40

decidere le singole persone, e, una volta avocato a sé il potere, decide liste e linee;

difficilmente, poi, al suo interno può avvenire il ricambio. Noi pensiamo ad un partito diverso,

ad una democrazia nella quale ci sia un interscambio continuo, con tutte le forme di

democrazia (associazionismo, ecc.); singoli individui che sono al centro, secondo noi, della

società cui noi pensiamo. Ecco perché qualsiasi forma che tenda in qualche modo ad

imbrigliare e ad impedire l'espressione della volontà popolare, che tenda a riportare ai partiti,

intesi in una certa maniera, il potere decisorio di indicare nomi di persone che non avrebbero

probabilmente la legittimazione popolare, perché probabilmente non hanno la fiducia, la

stima e il consenso - e per noi il consenso è essenziale - sono modelli che non ci convincono,

al di là del fatto che poi, nelle singole realtà territoriali e regionali, ogni gruppo, ogni singolo

Consigliere si è espresso e si potrà esprimere. Ma in linea di massima la nostra concezione

è quella che ho appena delineato.

Ecco perché riteniamo che ogni meccanismo che tolga all'individuo, al singolo la

possibilità di decidere del suo destino, del suo futuro, in qualche modo limiti la sua capacità

di decidere e la ponga in capo, invece, a modelli che assomigliano un po' al passato. Ecco

perché, ripeto, avremmo preferito non riparlare di listini. Però mi rendo conto che in ogni

sistema... tant'è che gli interventi di questa mattina, numerosi, apprezzabili, anche se non

sempre condivisibili, parlando di uno stesso meccanismo, lo hanno esaltato o, in maniera

esattamente opposta, deprecato. Ecco perché, in effetti, questa legge rappresenta un po'

una sintesi, secondo me imperfetta e comunque migliorabile. Tant’è che sono convinto che in

autunno - a settembre o ad ottobre - sicuramente, e lo verificheremo per l'ennesima volta,

come è avvenuto nel corso di queste ore, ci saranno ulteriori richieste di cambiamento. Ma

tant’è, non mi scandalizzo di questo.

Per quanto riguarda le preferenze, io sono per la preferenza unica, anche se, dicevo, ci

siamo resi conto, nel corso di questi anni, che può portare a personalismi, può portare ad

esacerbare un confronto che non sempre può essere utile, poi, ai fini della costruzione

successiva di una legislatura. Su questo saremmo stati anche disponibili a mediare tra

un’ipotesi che sembrava quella delle tre preferenze, assolutamente irrinunciabile da parte di

alcuni partiti, e, viceversa, l'ipotesi attuale, quella della sola preferenza, che ci riporta ai

problemi che ho appena delineato. Se dovessero emergere, come siamo certi, nel corso

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

41

delle prossime settimane, ulteriori modifiche, saremmo anche disponibili a ragionare, in una

logica che ci vede disponibili a comprendere; non ci piace, però, essere messi di fronte a

fatti compiuti di qualsiasi genere.

Ho già spiegato la ragione della mia astensione dal voto, perché il meccanismo e la

procedura avrei preferito fossero diversi da quelli che comunque, per ragioni che

comprendiamo, abbiamo voluto stringere all'ultimo minuto.

PRESIDENTE. Ha chiesto la parola il Consigliere Bottini. Prego, Consigliere.

BOTTINI. Non credo che la legge elettorale sia un passaggio più largo e meno complicato di

quanto lo sia stata, fondamentalmente, la proposta del nuovo Statuto per l'Umbria. È evidente

che si ragiona della rappresentanza di una comunità, quella umbra, credo oggi ben

rappresentata in questo Consiglio regionale, in maniera molto articolata; una rappresentanza

scaturita da una legge elettorale, quella vigente, rispetto alla quale si è svolta un'analisi che

ha riguardato tutte le formazioni politiche, di maggioranza e di minoranza, individuandone i

limiti.

Quindi il punto di partenza, nel ragionamento di addivenire ad un nuovo modello elettorale,

è stato l'evidenziare i limiti della legge elettorale attuale, dal momento che, a prescindere

dalle dinamiche presenti in quest'aula, fondamentalmente sfalsa il rapporto tra la

rappresentanza e il consenso. È su questa linea che ci siamo mossi, condividendo il fatto che

era una legge da superare in qualche maniera e che bisognava condividere, evidentemente,

direi ancora più che sullo Statuto, una nuova legge elettorale, dal momento che su una legge

elettorale non esistono le violenze dei numeri. Credo che una legge elettorale vada condivisa

dalla stragrande maggioranza delle forze politiche e credo che questo sia stato l'obiettivo

perseguito con grandissima costanza da tutte le formazioni politiche.

Mi sento di dire, come prima valutazione, che oggi possiamo assistere ad una

ricomposizione larga, più unitaria, di questa assemblea rispetto a quello che si è verificato,

per esempio, nel momento in cui in prima lettura si è approvato lo Statuto. Almeno

riferendomi alle dichiarazioni della maggioranza delle forze politiche che finora si sono

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

46

addivenuti ad un accordo. Oggi l'accordo lo abbiamo a portata da mano, con quelle

distinzioni che ricordavo e che non fanno venir meno, ovviamente, il nostro sostegno. I DS

voteranno a favore dell'accordo raggiunto nella Commissione Statuto.

ASSUME LA PRESIDENZA IL VICE PRESIDENTE PIETRO LAFFRANCO.

PRESIDENTE. Ha chiesto la parola il collega Rossi, prego.

ROSSI. Un lavoro straordinario nei contenuti, che ha ripercorso in estrema sintesi il lavoro di

anni di una Commissione che ha lavorato bene; il plauso, dunque, a tutti i commissari e in

questo, lasciatemi dire, onore ai grandi oneri di un lavoro serio, al servizio del futuro

dell'Umbria. Se questo oggi andiamo a definirlo in buona parte con un ordine del giorno, che

per quanto mi riguarda sarà votato, lo dobbiamo anche riconoscere alla nostra Presidente,

perché Forza Italia ha fornito, con onore e grande onere, la presidenza della Commissione

Statuto, che bene, benissimo, ha saputo fare, l'amica Fiammetta Modena. Dunque un plauso

al lavoro, ma anche al contenuto di questo ordine del giorno, che mi soddisfa e ci soddisfa

come partito, senz'altro raccogliendo inviti, alcuni dei quali secondo me molto importanti.

Il passaggio di Bocci, secondo me, è di grande contenuto, mi trovo assolutamente

d'accordo con la necessità, peraltro raccolta anche da molti altri, di questo bipolarismo che

deve nella sostanza saper assicurare una stabilità, per poter meglio ed ancora di più

presentare l'Umbria alle aspettative e alle difficoltà che comunque ci aspettano. Dunque è un

passaggio senz'altro condiviso, quello di Bocci, che parlava anche, mi sembra di ricordare,

di uno sbarramento più alto. Su questo, onestamente, anche noi ci saremmo trovati

d'accordo.

Da ultimo, Baiardini ha fatto due passaggi, in buona parte raccolti da Bottini e, per quanto

mi riguarda, anch'io sono dell'idea di dover modificare... peraltro, vedo dei documenti che

sono in distribuzione, in elaborazione, in integrazione dell'ordine del giorno che è stato

firmato, e che comunque vede la mia assoluta condivisione, perché quei tre mesi in effetti mi

sembrano un limitare... non dimenticando, certamente, che per quanto riguarda i sindaci ci

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

119

regioni che in questo momento si stanno accingendo ad andare alla seconda lettura dello

Statuto. Credo che in nessuna delle norme che via via siamo andati ad approvare ci sia mai

stato un qualche riferimento che ci abbia portato fuori dagli assetti costituzionali, neanche

nelle norme, come per esempio l'art. 72, che è relativo alle risorse regionali, un articolo che fa

specifico riferimento al dettato costituzionale e che si colloca in quel preciso quadro

costituzionale, così come vengono definiti i tributi e l'applicazione degli stessi.

Quindi credo che il lavoro fatto vada ammirato anche e soprattutto per questi aspetti, ed

anche e soprattutto perché è un lavoro corretto negli assetti di riferimento. Quindi, anche per

questo, ringrazio gli uffici, ringrazio i colleghi e vi auguro buone vacanze.

PRESIDENTE. Grazie, collega Modena. Colleghi, credo che si possa passare alla votazione

per appello nominale della seconda lettura dello Statuto, così come da articoli approvati dal

Consiglio senza modifiche.

Si procede alla votazione per appello nominale.

PRESIDENTE. La seconda lettura del nuovo Statuto della Regione dell’Umbria è approvata

con 17 voti favorevoli, 6 contrari e 2 di astensione. La seduta è tolta.

La seduta termina alle ore 20.35.

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

114

delle idee.

È questo, torno a ripetere, uno Statuto “iperpresidenzialista”, che sta così realizzando in

Umbria lo stesso disegno autoritario che il Presidente del Consiglio, il cav. Berlusconi,

vorrebbe imporre al Paese, e contro il quale l'intero schieramento di centrosinistra a livello

nazionale si sta giustamente battendo. Per raggiungere questo risultato non si è esitato a

varare nei fatti un nuovo arco costituzionale comprendente forze apertamente di destra.

È un nuovo Statuto estraneo alle tradizioni democratiche dell'Umbria, con l'aggravante di

avervi inserito altre scelte irresponsabili, secondo noi, come il previsto aumento del numero

dei Consiglieri regionali da 30 a 36, che, sposandosi con la norma che stabilisce il divieto

per i nuovi Assessori futuri di far parte dell'assemblea di Palazzo Cesaroni, potrà portare fino

a 47 il numero degli amministratori regionali sin dalla prossima legislatura. Si tratta a nostro

parere di scelte che non hanno giustificazione alcuna se raffrontate alla forma di governo

presidenzialista che la maggioranza statutaria - anomala, torno a ripetere - ha scelto e che di

fatto, malgrado le chiacchiere con le quali si vorrebbe sostenere il contrario, ha svuotato il

ruolo e la funzione del futuro Consiglio regionale. Scelte che determinano, tra l'altro, un

ulteriore irresponsabile sperpero di risorse pubbliche, come il gruppo consiliare dell'Italia dei

Valori non si è stancato, purtroppo vanamente, di sostenere in più occasioni, non solo in

occasione della prima lettura.

Questa nostra ferma opposizione è stata definita da qualcuno, dai fautori delle scelte che

continuiamo a contestare, demagogica e qualunquista. Al contrario noi ci ostiniamo a

credere che sia invece una posizione politica ed etica responsabile, che si pone sul solco

delle migliori tradizioni democratiche e di sinistra dell'Umbria; una posizione che ci

ripromettiamo di far infine prevalere, battendoci con tutti i mezzi che ci saranno consentiti,

compreso il ricorso - perché no? - fino allo strumento referendario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il collega Rossi, ne ha facoltà.

ROSSI. Noi, a differenza di Vinti, di Donati e anche, purtroppo, di Sebastiani, siamo

presidenzialisti convinti, e chiaramente anche per questo io e la maggioranza del gruppo

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

115

andremo a votare questo Statuto.

Forza Italia dell'Umbria ritiene di aver dato un importante contributo per la complessa

elaborazione del nuovo Statuto regionale, sia sotto il profilo della responsabilità istituzionale,

che per quanto attiene alle scelte fatte in materia di principi e di assetti istituzionali. Questo

conferma che Forza Italia ha un alto senso delle istituzioni e che è in grado di far fronte con

successo agli impegni che sa assumere. Forza Italia ha contribuito per trovare una giusta

sintesi tra le varie proposte pervenute sia dalle forze politiche, che dalla società civile, per

dare all'Umbria un nuovo Statuto che corrispondesse alla sua storia, alla sua identità, alle sue

necessità di crescita.

Il contributo di Forza Italia all'approvazione di questo Statuto si è concentrato sul richiamo

al rispetto dell'identità e alle origini della cultura umbra, sull'impegno a favore della famiglia,

sulla vocazione europeista della nostra regione. Abbiamo evidenziato, con gli emendamenti

proposti, l'importanza dell'associazionismo, la centralità della scuola, l'esigenza di valorizzare

l'autonomia delle istituzioni scolastiche. Forza Italia pone al centro dell'amministrazione

pubblica le esigenze della persona, della famiglia, delle imprese, delle associazioni, e ha

chiesto con forza, e in maniera argomentata, che venisse data la massima incisività possibile

alle norme che trattano queste materie.

Prendo atto dei risultati fin qui ottenuti nelle materie elencate, anche se debbo esprimere

rammarico perché i richiami all'identità e alle origini della cultura umbra non sono pienamente

rispondenti alla storia e al pensiero antico dell'Umbria, al suo spiritualismo universale;

andava inserito un esplicito riferimento al movimento benedettino e a quello francescano, che

l'hanno caratterizzata e la caratterizzano tuttora. Vorrei ricordare che l'Umbria, e in particolare

Assisi, è un centro di dialogo tra i cristiani, luogo di incontro tra culture diverse, e questa

grande e storica vacazione non è adeguatamente valorizzata nello Statuto. Giustamente è

stato scritto che in Europa e nel mondo intero si conosce l'Umbria prima di tutto per queste

ragioni; per questo ho sempre sollecitato la massima incisività possibile alle norme che

trattano questa materia.

Per quanto riguarda la famiglia, deve essere intesa secondo la Costituzione; il termine

“comunità familiare” credo che sia troppo elusivo e che presenti anche profili di dubbia

legittimità. Infatti la Costituzione, all'art. 29, fa riferimento alla famiglia definita “società

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

116

naturale fondata sul matrimonio”, come è stato già ampiamente ricordato. Essa rappresenta

il nucleo fondante della società e ad essa le istituzioni devono, ad ogni livello, non solo

regionale, riservare particolare attenzione e sostegno. Credo, pertanto, che sarebbe stato

necessario uscire senza deroga dal termine “comunità familiare”. La famiglia, così come la

vediamo, così come nasce dalla nostra cultura, è una famiglia costituita secondo l'ordine

naturale. Ieri c'era la famiglia patriarcale, oggi c’è una pluralità di situazioni che si chiamano

“famiglia”, ma alle quali non attribuiamo più un significato univoco. La famiglia è la prima

cellula della società; per secoli l'idea e la forma tradizionale della famiglia sono rimaste

inalterate, è cambiata invece la percezione da parte della società. Ad accelerare il

cambiamento ha contribuito l'urbanizzazione ed il passaggio ad un'economia industriale. In

questo contesto, la Chiesa cattolica si è trovata sola a difendere certi valori, spesso

suscitando la reazione di coloro che vorrebbero un approccio pragmatico e meno

moralistico. Poiché non vogliamo essere prigionieri delle parole, al di là di quanto è scritto

nello Statuto, la Regione deve riconoscere in primo luogo il valore fondamentale della

famiglia, anche come fattore di promozione sociale, di sviluppo e tutela della persona. Da

anni, nella nostra regione, l'indice di longevità è costantemente più alto della media nazionale

(attualmente gli anziani sono il 51%), diventa quindi primario per l'amministrazione pubblica

occuparsi di una realtà così importante per creare un modello che promuova, valorizzi e tuteli

i nostri anziani. Anche per questo occorre una precisa scelta politica: spostare il baricentro

degli interventi dal singolo cittadino alle famiglie, impostando nuove collaborazioni e nuove

metodologie di sostegno. Alle varie forme di convivenza o ai vari stili di vita a nostro avviso

non può essere riconosciuto lo stesso valore e lo stesso ruolo nella società che noi

attribuiamo alla famiglia.

Ho dato atto allo sforzo compiuto in materia di legge elettorale e di assetti del Consiglio al

fine di coniugare le diverse esigenze di rappresentanza. La vicenda dello Statuto regionale

dovrebbe suggerire comportamenti da adottare in tutte le grandi questioni che riguardano

l'amministrazione della regione, senza che vi siano posizioni preconcette o precostituite;

questo senza nulla togliere alle prerogative e alle responsabilità che il corpo elettorale

assegna a chi ha il diritto/dovere di governare. Sia chiaro che l'avere riscritto insieme il nuovo

Statuto non fa venir meno la nostra posizione critica verso la maggioranza per i molti ed

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

2

MELASECCHE. Il passaggio odierno, è evidente, è forse fra i più delicati fra quelli che il

Consiglio regionale è stato e sarà chiamato ad affrontare, ed entrerà comunque a far parte

della storia, piccola o grande, della nostra regione. È per questo che credo opportuno e

doveroso fare chiarezza su quanto fino ad oggi è avvenuto e quanto sta avvenendo in queste

ore.

Non vi è dubbio, come molti hanno peraltro sostenuto, che costruire uno Statuto, la Magna

Carta dell'Umbria, sia procedura tutt'altro che facile, l'abbiamo constatato, tutt'altro che

banale, e le discussioni, le polemiche, i fiumi d'inchiostro, le centinaia di e-mail che ci sono

pervenute, che sono in qualche modo stati attivati in questi anni, in questi giorni, in queste

settimane, ne sono la prova. Ognuno di noi si trova, in questo luglio 2004, a doversi

assumere giustamente le proprie responsabilità politiche e personali nei confronti di un

documento che regolerà la vita della nostra comunità regionale probabilmente per vari

decenni a venire.

Dell'Umbria è stato detto molto, di tutto: che non è una di quelle regioni con una grande

storia alle spalle come ente regionale, che in fondo è soltanto un'espressione amministrativa

(ricordiamo tutti la Fondazione Agnelli) che aveva un destino ormai segnato, per cui non

sarebbe riuscita a superare quella fase del federalismo che avrebbe responsabilizzato gli

amministratori in modo ben diverso da un comodo passato in cui il Paese si permetteva di

stampare vecchie lire, svalutarle, aumentare a dismisura il proprio debito pubblico, sperando

in uno stellone che prima o poi non sarebbe più servito a fare scongiuri o in cui riporre facili

speranze future. Il Paese, per tutta una serie di ragioni, vive oggi una cultura diversa: il

processo di integrazione europea, una cultura del merito e delle responsabilità, cui ha

contribuito, piaccia o meno, un bipolarismo che, anche se imperfetto, è riuscito a dare

all'“Italietta” dei governi balneari di un tempo la possibilità, oggi, invece, di governare e

progettare in cinque anni e realizzare il rinnovamento del Paese. In questa Italia che cambia,

anche l'Umbria sta cambiando, e le nostre decisioni di oggi daranno un contributo a questo

cambiamento.

È proprio per tutto quanto è stato detto e scritto in questi anni sulla relatività della nostra

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

3

identità regionale che è doveroso soffermarci sulla necessità odierna di utilizzare al meglio

questo momento per conferire in via definitiva, ineludibile, alla nostra identità, ai nostri valori

di riferimento, nel rispetto della storia millenaria della nostra gente, pur con tutte le diversità,

pur con tutti i riferimenti geografici, amministrativi, economici, una definizione chiara che sia

più forte possibile e più rispettosa possibile dei valori e degli ideali di tutti. Ma i valori e gli

ideali, se siamo umbri - e lo siamo, sentiamo pulsare nelle nostre vene il sangue che

caratterizza il nostro comune sentire al di là delle appartenenze di partito e degli interessi

professionali - devono essere scolpiti in modo indelebile in un atto costitutivo che su punti

precisi non sia generico, non abbia timore di qualificare il nostro essere umbri. E se tali ci

sentiamo, non possiamo innanzitutto non percepire un idem sentire che fa parte del nostro

carattere: il rispetto per noi stessi e per gli altri, per le idee degli altri, per le sensibilità di

coloro che vivono e sentono con noi storia, peculiarità, valori. Al di là dell'appartenenza

politica dell'oggi di questi valori ad una generazione che è comunque destinata a passare,

essa vuole però, almeno credo, lasciare il segno del suo passaggio ed un testimone a chi

verrà dopo di noi. Questo vale per l'ambiente da preservare, per il paesaggio da rispettare,

per i nostri monumenti, le nostre città, ma anche per i nostri monumenti immateriali, che sono

altrettanto importanti, che sono le colonne del nostro essere e vivere orgogliosi in questa

terra. Ecco perché da sempre sono convinto che la politica non sia la somma di tanti piccoli

interessi, di tante piccole esigenze personali, familiari, di partito, di Comune, di area

geografica, ma sia invece quell'arte suprema che riesce, quando vi riesce, a fondere con

saggezza, pazienza, lungimiranza, mille, centomila, ottocentocinquantamila tradizioni e

speranze di vita in comune.

Talvolta, la necessità, comprensibile, di mediare, la voglia di chiudere, la stanchezza di un

lavoro improbo portano a sottovalutare il senso di ciò che stiamo compiendo. Il lavoro che

svolgiamo, lo ricordo a me stesso innanzitutto, necessita di frequenti momenti di particolare

attenzione, di attimi necessari di meditazione, di uno sguardo indietro e di un momento in cui

traguardare avanti. Ecco perché, pur dando atto di nuovo, per l'ennesima volta, convinto

come sono, della validità del lavoro fin qui compiuto, mi chiedo e mi sono chiesto in queste

ore se forse non sia il caso di non farci sfuggire l'occasione di dare maggiore ricchezza

all'atto che stiamo per compiere. Non lo diciamo da oggi, ma nel corso di questi mesi

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

4

abbiamo ascoltato pareri, idee, proposte assolutamente di altissimo livello di tanti, tantissimi

cittadini, di associazioni, di presuli, di organizzazioni sindacali e di tante altre persone e

soggetti che hanno voluto dare un proprio contributo. Però, forse, e di questo io me ne rendo

conto benissimo, sarebbe stato opportuno che questi contributi da parte della società

venissero in sede di audizione, in sede di partecipazione, che c'è stata, ma, lo ricordiamo

tutti, non sempre quelle proposte si sono poi concretizzate in variazioni alla proposta iniziale.

Credetemi, parlo non per la suggestione che si potrebbe subire per le centinaia di e-mail

pervenuteci in questi giorni, per le critiche piovuteci sulla stampa in questi mesi, ma per un

intimo ragionamento che vado compiendo e che mi obbliga, per dovere morale, di esternarlo

a tutti voi.

Abbiamo una scelta da compiere: o siamo tutti partecipi di una commedia il cui ultimo atto

si deve fino in fondo recitare, fino all'applauso finale, più o meno totalmente convinto, che ci

faremo - non so quanto la società regionale in queste ore stia vivendo con pathos questo

processo - oppure, totalmente consapevoli della peculiarità assoluta dell'importanza delle

decisioni - che, voglio illudere me stesso, non siano già state prese da una variegata

maggioranza - in alternativa, con altissimo senso di responsabilità, decidiamo di dare corpo,

parole, senso compiuto a concetti e valori in cui molti di noi credono e, al di là del copione

che ognuno di noi è chiamato a recitare, decidiamo di dare tutti insieme un senso al nostro

essere rappresentanti al massimo livello della nostra gente e, non accantonando

minimamente il grande lavoro svolto, decidiamo però di fare un ulteriore piccolo sforzo.

Valutiamo senza pregiudizi, liberi veramente, la possibilità di dare forza, su alcuni punti

cardine del nostro Statuto, a riferimenti storici, religiosi, sociali che non annullino il credo

dell'altro, cattolico o laico che sia, ma, nei limiti del possibile, concorrano a darci uno Statuto

che su punti cardine del nostro essere umbri sia chiaro e definitivo. Come sui riferimenti a S.

Francesco di Assisi e S. Benedetto, sui quali io non ho fatto riferimenti precisi nel mio

emendamento, nel nostro emendamento, perché ritenevo che in una certa fase fosse

opportuna una prudenza mediativa, però vi assicuro che nel corso di queste ore ho meditato

ulteriormente e ho ritenuto invece - e poi ne spiegherò le ragioni - che fosse giusto, doveroso

ed opportuno recepire emendamenti in questo senso presentati da altri colleghi in quest'aula

e farli miei.

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

5

Vi riporto una piccola esperienza personale: qualche giorno fa ero in Trentino, terra

bellissima che ha dato origine ai miei familiari, e in televisione ho visto una festa altrettanto

bella, significativa e partecipata, attorno ad una abbazia benedettina. Ebbene,

immediatamente - non poteva essere altrimenti - il mio pensiero è andato con orgoglio ad

un'appartenenza, la nostra, che vanta una ricchezza infinita in quella che a pieno titolo è la

storia dell'umanità. Avere l'occasione unica di farne un tutt'uno con la nostra piccola grande

storia di umbri mi è sembrato e mi sembra in questo momento un dovere, non un dovere da

subire, ma una chance unica che tutti noi, a prescindere dal nostro credo di partito, abbiamo,

ed una grave, gravissima lacuna, viceversa, trascurarla. Perché allora non sospendere

qualche minuto i lavori del Consiglio, guardarci negli occhi - lo capisco, con coraggio, perché

ci vuole coraggio a farlo in questo momento - e con determinazione non andare a valutare

questo aspetto essenziale del nostro lavoro di oggi per non doverci pentire in mille occasioni

future e non assumerci di fronte alla storia dell'Umbria, per noi e per tutti coloro che verranno

dopo di noi, la responsabilità di una fretta di chiudere, di una necessità di andare a fare le

valigie per andare chi al mare e chi in montagna? Sono convinto che ne usciremmo tutti, nel

caso, mi auguro, una larghissima maggioranza sia d'accordo, ben più consapevoli di aver

fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità. Diversamente sono costretto a dichiarare fin

d'ora, anche a nome dei Consiglieri assenti di Forza Italia, di non poter dare il mio assenso.

Ho adombrato ieri, ma intendo sottolinearlo oggi, anche alla luce di alcuni commenti, un

aspetto che per me è chiarissimo: ognuno di noi appartiene a qualche formazione politica,

partito o movimento che sia, ma ognuno di noi - questo almeno vale per tutti coloro che come

me hanno una convinta formazione liberal-democratica - su questioni come queste che

attengono a valutazioni culturali, ideali, religiose nel senso più ampio del termine, posizioni e

situazioni nelle quali non ci sono direttive nazionali precise, in questo momento, in Italia, a

seconda della propria coscienza, della propria cultura e della propria storia, ognuno di noi,

dicevo, decide e si divide su queste questioni nel determinare gli Statuti delle singole

Regioni. Quindi anche in un partito come Forza Italia - ci mancherebbe altro, in Parlamento

questo è avvenuto ripetutamente - ci sono questioni sulle quali ognuno, in base alla propria

responsabilità, in base alla propria sensibilità, è giusto che decida. Il gruppo ha preso a

maggioranza una decisione, che riconfermo e che riporto in prima persona, ma ognuno è

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

6

libero, a maggior ragione il Presidente, al quale riconfermo la nostra fiducia, di sostenere

questo Statuto, a cui il Presidente della Commissione ha dato un contributo determinante, e

di questo, ripeto, la ringrazio ancora. Però siamo persone libere, e ritengo che ognuno di noi,

su temi come questi - non accade purtroppo frequentemente di parlare di questi temi in

queste aule, però capita - abbia la libertà e la sensibilità di decidere. Non mi scandalizzerei,

quindi, che questo accadesse anche nel nostro partito, e proprio per la natura di Forza Italia,

che per tanti versi è unica, e, aggiungo, indispensabile nel panorama politico italiano, per ciò

che ha fatto, per ciò che ha impedito accadesse, per il contributo determinante che può dare

in un'Umbria profondamente ipotecata da una cultura profondamente di sinistra, almeno a

livello maggioritario - e lo dico senza la minima polemica o senso di offesa, ma con pieno

rispetto delle idee altrui per quanto da me non condivise. Forza Italia è un movimento di

persone che hanno una propria sensibilità, diverse origini politiche, e sarebbe banale e

superficiale collocarle e irregimentarle in un unico schema di partito. Ricordo a tutti alcuni

confronti di altissimo livello che ci sono stati in questi giorni su “Il Corriere della Sera” e su “La

Repubblica” fra altissimi esponenti di Forza Italia (il Segretario Bondi e Galli della Loggia) e

giornalisti del massimo livello, sulla funzione di Forza Italia oggi, sulle sue origini, sui meriti,

sui problemi e sulla libertà da parte di intellettuali e di iscritti di meditare e poter esprimere in

proprio diversità e sensibilità diverse.

Quindi, concludo: il mio invito caloroso, mi scuso se lo ripeto, è quello di fare un’ultima

riflessione prima di procedere di corsa, quasi in una pulsione finale, a chiudere per non

pensarci più; ce ne pentiremmo tutti nei mesi e negli anni a venire. Viceversa, e non è

ovviamente una minaccia perché la forza dei numeri c'è e c’è tutta, ma io credo che le idee

abbiano la loro forza a prescindere dal numero e dai muscoli. Quindi il mio invito sommesso

è di meditare un momento e di non andare a chiudere un ragionamento che, almeno

formalmente, in quest'aula, è ancora aperto. Se poi, oggi, qui, dobbiamo fare pantomime nel

presentare emendamenti che tutti sappiamo che tenteremo di far finta di approvare per poi in

effetti bocciarli tutti, allora si consumi questo atto finale di questa commedia, però mi si

consenta di non essere d'accordo.

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

17

SEBASTIANI. Va bene, se non posso parlare...

PRESIDENTE. Non è che non può parlare, c'è un Regolamento a cui io debbo...

SEBASTIANI. (Fuori microfono). È sempre così, va bene. Prendo atto.

PRESIDENTE. Non è che è sempre così, è così. Nella discussione generale si interviene,

non c'è possibilità di replica...

SEBASTIANI. (Fuori microfono). Avevo posto una pregiudiziale alla quale è stato risposto e

volevo ringraziare...

PRESIDENTE. Mi dispiace, sono nelle condizioni di non poterglielo permettere, per la

garanzia di tutti i Consiglieri e dei lavori di quest'aula.

Chiede di intervenire il Consigliere Vinti. Prego.

VINTI. Credo che oggi siamo chiamati a verificare la possibilità concreta o della modifica

dello Statuto o della sua conferma. C'è stato un lungo iter istituzionale e politico di confronto,

di dibattito, di scontro anche duro sulle vicende dello Statuto, che ha interessato la società

civile, le forze politiche, i livelli istituzionali, che hanno indicato dei percorsi, delle sintesi, delle

mediazioni, a cui noi abbiamo ritenuto politicamente non plausibile il nostro consenso. A me

sembra che stiamo ripetendo una discussione per molti versi stanca e che riprende nella

sostanza le dichiarazioni di voto finali del 2 aprile. L'unica cosa veramente nuova è che il

capogruppo di Forza Italia ha indicato la libertà di coscienza ai Consiglieri di Forza Italia, se

non ho capito male. È veramente singolare che sullo Statuto il secondo partito della nostra

regione non esprima un'opinione di partito, ma ognuno scelga individualmente il proprio

percorso e il proprio orientamento: questa è la traduzione politica, perché ovviamente,

quando c'è la libertà di coscienza, i singoli individui non assumono un orientamento politico

Palazzo Cesaroni - Piazza Italia, 206121 PERUGIA - Tel. 075.5761

18

collettivo.

ROSSI. (Fuori microfono). Per noi la libertà ha un significato assoluto, quindi ribadiamo la

nostra posizione.

VINTI. Sì, ribadite la vostra posizione, ma anche in un condominio, se si decide che le

persiane devono essere tutte verdi o tutte blu, non è che qualcuno non sia libero...

(Consiglieri Melasecche e Rossi fuori microfono)... ma noi siamo un arcobaleno, come

quello che c’è sulle bandiere della pace. Vedo che si scaldano gli amici di Forza Italia, e

questo è un sussulto di presenza che ci fa ben sperare per il prosieguo del dibattito, perché

molte volte, invece, il loro encefalogramma è risultato non recepibile, dal punto di vista

politico ovviamente.

Perciò, dicevo, mi sembra che il risultato vero sia il fatto che il gruppo di Forza Italia non è

in grado di esprimere un'opinione. Non è la prima volta, ma, certo, sullo Statuto, dal punto di

vista politico, è molto indicativo, e vedremo come interloquire con le varie posizioni che

verranno espresse qui.

Per quanto ci riguarda, abbiamo deciso di indicare solo alcuni emendamenti che

riteniamo politicamente più significativi e che, per quanto ci riguarda, indicano una

caratterizzazione e un'idea della politica, delle istituzioni, del rapporto politica-istituzioni-

società, della necessità del ruolo, certo, significativo e della piena legittimità che hanno tutte

le opinioni in una visione plurale, pensando che le forme di governo verticali e piramidali

come quella presidenzialista tolgano la possibilità concreta della piena legittimità di tutti gli

orientamenti politici, e su questo noi ci batteremo ovviamente contro un'idea neoautoritaria

della politica e delle istituzioni. Su questo verificheremo le possibilità concrete di una riforma

significativa, perché temiamo che la convergenza tra parti significative degli schieramenti

avversi porterà al loro interno una forte contraddizione e un imbarazzo. Se non ho capito

male, in questi giorni, qualcuno, in Parlamento, andrà a definire il nuovo assetto istituzionale;

vedremo se quello che in contemporanea si sta facendo in questo Consiglio regionale sarà

sostenibile al Parlamento durante lo scontro sulla cosiddetta "devolution" per intenderci, sugli

Londra. Mark Thatcher è finito nei guai e questa volta ri-schia 15 anni di prigione per il ruolo che avrebbe avuto neltentato golpe in Guinea equatoriale nel marzo 2004. Arrestatoin agosto, è fuori su cauzione e ieri la magistratura di CapeTown ha deciso di rinviare all’aprile 2005 l’inizio del proces-so in cui dovrà rispondere alle accuse.La situazione non appare rosea per Sir Mark, da sempre af-fascinato da quel posto al sole per gente misteriosa che è ilcontinente africano, sia che si trattasse di politica, di materieprime o magari di un servizio di ambulanze aeree, come inquesto caso. Il suo associato in Africa Air Ambulance appun-to, Crause Styeyn, si è già dichiarato colpevole di cospirazio-ne e sarà un testimone d’accusa contro Thatcher. Un passo indietro, al 6 marzo di quest’anno. Siamo all’ae-roporto di Harare, Zimbabwe, e un 767 privato appartenentea Simon Mann è bloccato sulla pista con a bordo 64 mercena-ri, armeni e sudafricani, diretti ufficialmente in Congo – ci so-no miniere da proteggere laggiù – ma secondo l’accusa in tran-sito verso il golpe in Guinea equatoriale. Intato a Malabo, lacapitale del minuscolo Stato, altri 15 mercenari cadono in ar-resto. Dovevano essere l’avanguardia, il “welcome party”, lidefinisce Nick Du Toit, il leader del gruppo, che non ci mettemolto a confessare tutto davanti alle telecamere. Ritratterà

qualche settimana dopo Du Toit, confessione sotto tortura – di-ce – e intanto il procuratore generale chiede la pena di mor-te. È proprio Du Toit la prima pedina del domino a cadere: fail nome di Simon Mann, quello di Executives Outcomes – pre-miata ditta di mercenari for hire – e di Sandline International,stessa faccenda, mercenari coinvolti in Sierra Leone. Mannaspettava il gruppo di 64 a Harare ed è già stato condannato asette anni per aver tentato di comprare armi illegalmente inZimbabwe. Mann e Thatcher si conoscevano bene e pare siastato proprio Mann a mettere in contatto Crause Steyn e That-cher, ufficialmente per la joint-venture di Africa Air Ambu-lance. Thatcher investe 260 mila dollari e la loro società vedebene di depositare 100 mila sterline sul conto di Mann e soci,intanto in stand by per l’operazione in Guinea equatoriale. Isoldi dovevano servire a comprare un elicottero, apparente-mente essenziale per il golpe. Steyn ha già confessato, i mer-cenari – Mann incluso – sono tutti condannati in Zimbabwe oGuinea e Du Toit è nei guai con la pena di morte. Le cose simettono male per Sir Mark, figlio di Margaret, e il processo po-trebbe mettere fine alle sue operazioni in Africa, le stesse chehanno risuscitato una situazione finanziaria disastrosa nei pri-mi 80. Un esempio? Mrs Thatcher, nel 1985, fu costretta a do-ver rispondere in Parlamento riguardo a un considerevole ap-

palto in Brunei che il sultano aveva visto bene di affidare aCementation, inutile dire che Sir Mark deteneva una share so-stanziale nel consorzio britannico. Questo il genere di opera-zioni andate bene a Mark, che a piccoli passi mette insiemeuna fortuna di 60 milioni di sterline. La Guinea equatoriale era ed è un bersaglio grosso perchéil minuscolo Stato dell’Africa occidentale con capitale, Mala-bo, nell’isola di Bioko, ha scoperto un sostanziale giacimentopetrolifero off-shore e produce 200 mila barili di greggio algiorno. L’economia della Guinea equatoriale cresce al ritmodel 65 per cento annuo – il più alto tasso di sviluppo sul piane-ta – ha soltanto 500 mila abitanti e un presidente ottuagenario,Obiang Nguema, in carica dalla fine degli anni 70 e che certa-mente non è un santo. La Guinea sembrava e sembra il setideale per un’impresa di sicuro successo. Frederick Forsyth,in “I mastini della guerra”, l’aveva descritto come un paesestraordinariamene vulnerabile ai colpi di mano. C’è chi ha im-parato a sue spese che i tempi sono cambiati. Mark Thatcherora deve vedersela con la giustizia sudafricana, che lo accusadi aver violato la legge che vieta ai residenti di partecipare aoperazioni militari all’estero, pena prevista 15 anni. Peggio diquando si perse nel Sahara durante la Parigi-Dakar, e poinell’82 la lady di ferro era il primo ministro delle Falklands.

Roma. Abu Mussab al Zarqawi, via Internet, si scaglia po-lemicamente contro gli ulema sunniti iracheni, colpevoli, asuo dire, di non avere spinto l’intera umma musulmana a ri-voltarsi contro l’assedio e la presa di Fallujah: “Oh ulema del-la nazione, ci avete tradito nelle circostanze più oscure. Ciavete consegnato al nemico. Avete lasciato i mujaheddin adaffrontare da soli la più grande potenza mondiale. Fino aquando lascerete l’umma musulmana ai tiranni dell’est e del-l’ovest che stanno infliggendoci le peggiori sofferenze, ta-gliando la gola ai mujaheddin, ai migliori figli della umma, eche ci prendono le ricchezze? Centinaia di migliaia di mu-sulmani hanno avuto la gola tagliata dagli infedeli per colpadel vostro silenzio. Se non siete campioni del jihad, allora la-sciate che a fare la guerra santa siano le donne!”. E’ evidente che con questo delirio, al Zarqawi tenta di ge-stire il disastro della – peraltro scontata e certa – sconfitta diFallujah, ma è altrettanto evidente che si tratta soltanto diuno sfogo infantile, pur nella tragedia, che ha però l’effetto difrantumare ulteriormente il mondo sunnita. E’ la riprova chein nessuna crisi mondiale come in quella irachena si è maivisto un movimento in grado di sviluppare una potenza di fuo-co e di distruzione così imponente, cui non corrisponde perònessuna capacità di gestione politica. Prima con Moqtada al

Sadr, rapidamente isolato politicamente nella comunità scii-ta e poi sconfitto militarmente dalla coalizione, e oggi con iribelli del “triangolo sunnita” si constata quell’incredibiledifferenziale tra forza militare e consistenza di strategia po-litica che rende difficile la ricomposizione della crisi. A fian-co di una componente terroristica islamica, che non si rendeconto che la coalizione fa sul serio e che a Fallujah finirà co-me il topo in trappola, si schierano i miliziani baathisti cheseguono la stessa logica suicida, uniti da un’unica strategia:la convinzione ideologica che “i crociati” siano deboli e vili(che era anche quella di Saddam Hussein). Quando poi van-no a sbattere nella loro determinazione, manca qualsiasi stra-tegia di ricambio.Purtroppo non molto diversa è la situazione nelle compo-nenti sunnite non eversive, che non riescono a svincolarsidall’abbraccio mortale dell’appello jihadista dei terroristi.Ecco allora che il principale partito sunnita, (il Partito isla-mico iracheno, di Mohsen Abdul Hamid, che fa riferimentoal presidente Ghazi al Yawar, della grande tribù degli Sham-mar) ha dichiarato ieri che forse boicotterà il voto, se nonsarà rimandato. In realtà, questa presa di posizione è più unadissociazione dall’assedio di Fallujah, che un attacco di so-stanza. Ma resta il fatto che anche in Iraq, come già alla con-

ferenza di Sharm el Sheikh, partiti o governi sunniti (ancheGiordania ed Egitto) non sono in grado, di fronte alle proprieopinioni pubbliche, d’isolare nettamente la strategia dei ter-roristi, e si limitano a una mediazione di bassa lega: il rinviodelle elezioni, in piena sintonia con l’unica tappa politicachiara che hanno in mente al Zarqawi e i baathisti. Questo pesante velleitarismo di tutte le componenti politi-che sunnite irachene, anche quelle interne al processo de-mocratico, è il portato non soltanto della desertificazione cul-turale operata da Saddam Hussein, ma anche della pochez-za di proposta politica che viene oggi dal mondo sunnita. LaTurchia, per prima, non riesce a esportare un islam sunnita– che pure condiziona il partito al potere – e interviene sol-tanto per porre pregiudiziali anti curde; la Giordania espor-ta soltanto l’immagine di un giovane re saggio, privo però diproposte politiche coinvolgenti; l’Egitto tenta soltanto di di-sinnescare la “bomba” dei Fratelli musulmani e naviga sul-la corruzione; l’Arabia Saudita esporta e importa in e dall’I-raq terrorismi e terroristi; la Siria è ferma alla strategiabaathista. L’emarginazione dei sunniti iracheni a favore de-gli sciiti non è dunque una scelta di questi ultimi, ma il dram-matico sintomo di una crisi epocale che attraversa il mondomusulmano.

Roma. Dalla Corea del nord continuanoa giungere notizie contraddittorie. Le ulti-me riguardano il dislocamento di 10 milasoldati cinesi lungo il confine tra i due pae-si e un messaggio positivo sulla questionenucleare affidato dal governo di Pyongyanga un funzionario dell’Onu.Il movimento di truppe ordinato da Pe-chino viene messo in relazione a possibili eforse traumatici cambi al vertice politico: inpoche parole, la caduta di Kim Jong Il. I sol-dati avrebbero il compito di bloccare le fu-ghe in massa dei nordcoreani, ma secondofonti sudcoreane, che hanno dato la notizia,la Cina si preparerebbe anche a fare frontea tumulti in caso di caduta di Kim Jong Il.La presa di posizione ufficiale della Cina èstata fornita da Wu Dawei, viceministro de-gli Esteri, che ha smentito il movimento ditruppe e ha assicurato che il vertice nord-coreano è al suo posto. Con qualche riserva,

rimozione delle immagini dagli edifici pub-blici. E l’agenzia Radiopress di Tokyo hanotato che nei giornali della Corea del nordi roboanti titoli con cui viene sempre ac-compagnato il nome del presidente si sonoridotti. Secondo alcuni analisti, Kim avreb-be scelto un profilo basso per non essere in-dicato come il principale o solo responsa-bile delle difficoltà, economiche e alimen-tari, del paese. Per l’agenzia sudcoreanaYonhap, invece, i soliti titoli “grande lea-der” e “grande comandante” continuano aessere usati normalmente. Queste notizie contraddittorie dall’ultimodei paesi del mistero consigliano la pru-denza. Intanto il presidente dell’Assembleagenerale dell’Onu, il cinese Jean Ping, in-contrando mercoledì scorso funzionari delgoverno sudcoreano al ritorno da una visitacompiuta nella Corea del nord, ha detto diessere latore di un messaggio di Pyongyang

secondo il quale il regime comunista “vuo-le coesistere con gli Stati Uniti”. Se fosse ve-ro, significherebbe che Pyongyang, che ave-va interrotto il dialogo probabilmente in at-tesa del risultato delle elezioni americane,considerando la conferma di George W. Bu-sh e l’arrivo di Condoleezza Rice al Diparti-mento di Stato, avrebbe deciso di lanciareun segnale distensivo, anche in risposta al-l’incontro di Bush, il 21 scorso, a Santiagodel Cile, con i leader della Corea del sud,del Giappone, della Cina e della Russia, perstringere i tempi sul problema della proli-ferazione nucleare che vede in primo pianola Corea del nord e l’Iran. Washington famolto affidamento sul ruolo del presidentecinese Hu Jintao, ma Pechino, prima di ap-poggiare a fondo le tesi americane, vuolegaranzie su Taiwan, dove la prospettiva diun referendum sull’indipendenza turba isonni della leadership cinese.

però, in quanto Wu si è riferito a un proprioviaggio nella Corea del nord effettuato asettembre, durante il quale avrebbe anchenotato un miglioramento delle condizionidi vita della popolazione. L’ipotesi di un rovesciamento del regimesarebbe invece avvalorata dalla lunga as-senza in pubblico del presidente e dalla ri-mozione dei suoi ritratti: cosa, questa, peròsmentita da un portavoce del ministero de-gli Esteri nordcoreano, che anzi ha affidatoall’agenzia di stampa cinese Xinhua la suaversione, e cioè che si tratterebbe di uncomplotto americano, di una manovra tipi-ca di Washington quando intende rovescia-re un regime. Un modo incruento, verrebbeda dire, ma anche simbolico per definire dicartone quel regime stesso. L’agenziaXinhua non precisa quando le dichiarazio-ni sarebbero state fatte, mentre la russaItar-Tass ha confermato nei giorni scorsi la

Milano. George W. Bush sta facendo lepulizie di casa alla Cia, l’agenzia di intelli-gence accusata di moltissime cose, tra cuidi aver sottovalutato il pericolo terroristaprima dell’11 settembre, di aver sbagliatoprevisioni sulle armi di sterminio in Iraq(ma ieri a Fallujah è stato trovato un labo-ratorio di armi chimiche), di aver sprecatoenergie per danneggiare l’ex favorito delPentagono, Ahmed Chalabi, piuttosto cheper catturare il capo terrorista al Zarqawie, da ultimo, di aver condotto una campa-gna per screditare Bush e favorire il candi-dato democratico John Kerry. “E’ assurdo –ha scritto il vicedirettore (uscente) JohnMcLaughin in un articolo pubblicato dalWashington Post – La Cia non ha istituzio-nalmente complottato contro il presiden-te”. Ma McLaughlin non ha potuto negareche negli ultimi mesi dalla Cia siano uscitidocumenti che hanno messo in cattiva lucele posizioni della Casa Bianca. Più volte,nel corso della campagna elettorale, il New

mici di Bush sono in certi uffici della Cia –aveva scritto due settimane fa sul New YorkTimes l’editorialista David Brooks – Se nonpagheranno il prezzo per il loro comporta-mento nessuno pagherà un prezzo per nien-te, e ogni cosa sarà consentita”. Il prezzo sta per essere pagato. A settem-bre Bush ha nominato il nuovo direttoredell’Agenzia, l’ex agente segreto in SudAmerica, ex deputato repubblicano ed expresidente della Commissione parlamen-tare sui servizi, Porter J. Goss. Il neodiret-tore nei mesi scorsi si era scontrato con l’al-lora capo, George Tenet, chiedendo un am-pio rinnovamento. L’arrivo di Goss ha pro-vocato tensioni all’interno dell’Agenzia alpunto che si sono dimessi il direttore ope-rativo e il suo vice, mentre l’altro ieri si so-no ritirati il capo della Cia in Europa equello nel sud-est asiatico. Contempora-neamente Goss ha inviato un memo ai suoidipendenti ricordando che compito dellaCia è quello di servire il presidente, non di

York Times ha avuto soffiate da anonimefonti della Cia che hanno imbarazzato divolta in volta il presidente, il Pentagono eil Dipartimento di Stato: dagli apocalitticiscenari iracheni, a opinio-ni contrarie alla politicadella Casa Bianca, finoall’autorizzazione conces-sa a un agente per scrivere informa anonimaun libro forte-mente critico della po-litica di Bush, “Impe-rial Hubris” (“Arro-ganza imperiale”).D’altra parte, però, ilpremier irachenoIyyad Allawi, sulquale Bush oggifa tanto affidamento, è l’uomoche gli è stato consigliato dalla Cia.“E’ un’agenzia canaglia”, ha detto il se-natore repubblicano John McCain. “I ne-

fargli l’opposizione. Ma la rivoluzione incorso non si ferma al repulisti di Goss. Bu-sh ha ordinato di aumentare del 50 per cen-to il numero degli analisti e delle spie e,contemporaneamente, di ampliare il ruolodel Dipartimento della Difesa nelle azionicoperte antiterrorismo e paramilitari chetradizionalmente sono state di competenzadella Cia. Entro 90 giorni, la Cia dovrà rife-rire alla Casa Bianca come intende miglio-rare la sua performance antiterrorismo.Poi c’è il progetto di legge di riorganizza-zione delle attività di intelligence, nato peraccogliere i suggerimenti della Commissio-ne sull’11 settembre. La legge incontra l’op-posizione di una buona parte dei deputatirepubblicani e, sottotraccia, anche del Pen-tagono, perché prevede l’istituzione di unanuova figura dentro l’Amministrazione, ilnational intelligence director, che avrà ilpotere di controllare il budget dei servizi edi coordinare l’afflusso delle informazionidalle varie agenzie.

Ucraina, non si scherza con il voto

Dopo la dichiarazione di Bratislava,il manifesto pubblicato dal Foglio ela lettera al presidente dell’Ue sulla stu-pida rigidità di Maastricht, in due gior-ni abbiamo il taglio fiscale concordatocon la maggioranza, la fine del rimpastopiù lungo e tortuoso del secolo, soprat-tutto l’inizio di una credibile e realisti-ca battaglia sul fronte dell’euro grasso edei suoi parametri. Prendano nota ilCav., protagonista di un recupero fanta-stico a tempo scaduto, il suo staff troppotimido, i suoi critici che se ne stanno lìinterdetti, con un palmo di naso, a spro-loquiare di regali ai ricchi come faceval’opposizione negli anni Cinquanta. Sta-re all’attacco in politica si può. Si può inmodo credibile, mentre tutti parlano diconcertazione come premessa della pa-ralisi e della consumazione a fuoco len-to del significato della politica, agireper decisioni, correre dei rischi reali-stici, sollevare questioni direttamentediscendenti dal mandato elettorale ri-cevuto, rincuorare truppe sparse e de-relitte perché costrette a farsi spettatri-ci di interminabili verifiche in cinese.Berlusconi ha letteramente rovesciatoil tavolo, e ha vinto. L’importante ades-so è che riscopra la sua forza senza abu-sarne mai, sapendo che anche sul restoquesta è la procedura giusta: discuterecon pazienza, decidere con la giusta do-

se di irruenza, soprattutto quando gli in-terlocutori (oppositori o amici-rivali)nicchiano e si fanno i fatti loro inveceche quelli del paese o della coalizione. Non è una rivoluzione fiscale. Non èancora l’accoppiata di ristrutturazionedella spesa pubblica e modifica delrapporto tra cittadino e Stato che il ma-nifesto di Berlusconi ha richiamatocon linguaggio chiaro. Ma è un passo inquella direzione, un buon inizio e so-stanzioso dopo anni di timidezze e me-si in cui sembrava possibile perfino unrinnegamento di quell’orizzonte. La co-sa più importante di tutte è che il pre-mier è deciso a far valere il parere del-l’Italia in Europa senza complessi, eche la lettera a Balkenende ha rag-giunto il capo di un governo, quelloolandese, che annuncia di aver sforatocome Francia e Germania il parametrodel deficit fissato a Maastricht. Il Cav.l’ha detto, e ne siamo davvero compia-ciuti: le rivoluzioni fiscali si fanno, so-prattutto nei periodi in cui occorronopolitiche anticicliche, anche governan-do in deficit con duttilità non stupida.E’ una piattaforma vincente per la no-stra politica economica e per la nostrapolitica estera, una “scelta americana”che lascerà gli avversari di stucco e liindurrà a mangiarsi per intero il lorofegato fiscale.

Zapatero, da noi, è il nome dei consi-gli regionali. I nuovi statuti delle re-gioni di sinistra, e in particolare quel-lo dell’Umbria, scardinano di soppiat-to principi costituzionali, a partire daquello del matrimonio. Le maggioran-ze consiliari, se zoppicanti sostenuteda qualche oppositore collaborazioni-sta, hanno coniato infatti il “riconosci-mento” (Toscana) o la “tutela” (Um-bria) delle tante “forme di conviven-za”, senza specificare: eterosessuali,gay, terzetti, poligamie islamiche? Dafatti liberi e privati, le convivenze di-vengono diritti pubblici senza capirebene come. Si vuol cambiare, col gri-maldello degli statuti, non solo la Co-stituzione, ma la stessa società italiana. Si gioca coi santi, però, per lasciarfare i fanti. L’azzeramento sottintesodel matrimonio è una icona volgaruc-cia per attrarre la politica sul simboli-co del politically correct. Serve a di-strarre l’attenzione dalla tenera polpaneostatutaria, che è la moltiplicazione,in tempi di magra nazionale, di unquarto o un quinto dei posti di consi-gliere regionale. Anzi, di più dellametà, con il trucchetto del “consiglieresupplente”, un fantoccio che sostitui-sce quello diventato assessore. E nonbasta. Si aggiungono le nano-corti co-stituzionali locali, costosi e fedeli cani

da guardia dei governatori. Ecco i pri-mi, nuovi costi del federalismo di sini-stra: sono quelli del crescente suo cetopolitico, lo stesso che grida contro glisprechi del federalismo governativo.Al fine di sdoganare questi concretiobiettivi e fare le apposite leggi eletto-rali in tempo utile per le elezioni diprimavera, si trovano tutte le corsiepreferenziali per accelerare il giudiziocostituzionale, timidamente avviato dalGoverno con un suo ricorso. Ma lo scandalo peggiore è quellodell’Umbria. Si deve solo al coraggiocivile di Carlo Ripa di Meana, che lì èconsigliere regionale, se la Corte Co-stituzionale ora sa, e non può non sa-pere, che, per la fretta di assaltare ladiligenza, è stata spudoratamentestracciata la regola costituzionale del-le due letture di delibere consiliariconformi. La posta in ballo è, a questopunto, la stessa procedura costituzio-nale. E’ consentito alle regioni di sini-stra farsene beffa? Il “come” della de-mocrazia, e Bobbio quando non è co-modo, non vincolano anche loro ? E chiè chiamato a custodire la legalità co-stituzionale, se non la Corte ? Il giudi-ce relatore alla Consulta è il fiorentinoUgo De Siervo. All’udienza del 16 no-vembre segue una sentenza sulla qua-le bisogna tenere gli occhi aperti.

La profonda crisi che attanaglia l’U-craina è simile, per qualche aspettonon secondario a quella che si sviluppò,con esiti disastrosi, nei Balcani nel de-cennio scorso. Allora l’Unione europeamostrò tutti i suoi limiti, non riuscì ascongiurare le tragedie della Bosnia edel Kosovo, e intervenne, quando la si-tuazione era già arrivata oltre il puntodi rottura, solo al riparo delle truppeamericane. Anche per questa ragionele credenziali europee nella nuova cri-si sono piuttosto scarse, come dimostrail sostanziale fallimento, su questo te-ma, del vertice euro-russo di ieri. Vla-dimir Putin, anche se ha appoggiato laposizione franco-tedesca nella vicendairachena, non ha stabilito con i leaderdella “vecchia Europa” un rapporto sta-bile e costruttivo. La partita russa equella franco-tedesca con l’America so-no restate distinte, e oggi sono netta-mente separate. Tuttavia la questioneucraina si può risolvere con danni limi-tati solo con una collaborazione dellaRussia, che ha nell’area interessi pre-valenti, da quelli che riguardano gli

oleodotti fino alle produzioni militari.Se l’Unione europea su queste mate-rie è afona, uno spazio reale si apre perla diplomazia italiana, naturalmentenon in alternativa, ma come elementoche può rendere dinamica quella euro-pea. Gianfranco Fini, grazie soprattuttoai rapporti stabiliti da Silvio Berlusco-ni con la Federazione russa, ha unabuona occasione per far valere le suedoti e il ruolo che l’Italia si è conqui-stata nelle relazioni internazionali. Evi-tare o almeno limitare il processo dibalcanizzazione dell’Ucraina, scongiu-rare il rischio di una guerra civile, con-solidare la pace nel nostro continente.Per farlo bisogna favorire una soluzio-ne politica che garantisca le parti inconflitto e gli interessi reali dell’Euro-pa e della Russia. A un esito di questotipo si può giungere però solo sulla ba-se di una preventiva presa di distanzadalla manipolazione della democraziaelettorale, denunciata in modo chiaroda una parte consistente del popoloucraino, dagli Stati Uniti, dalla GranBretagna e dall’Unione europea.

Zapaterismo senza nomeLe regioni di sinistra si fanno statuti à la carte, e violano le procedure (IL Foglio 26-11-04)

OGGI – Nord: nuvoloso con possibilitàdi precipitazioni in serata. Formazionedi banchi di nebbia sulle zone pianeg-gianti. Centro: molto nuvoloso su Tosca-na, Umbria e Lazio, poco nuvoloso sulleregioni adriatiche. Sud: parzialmentenuvoloso con schiarite su Sicilia e Cala-bria.DOMANI – Nord: molto nuvoloso, conpossibilità di qualche debole precipi-tazione sui rilievi. Centro: molto nuvo-loso. Sud: molto nuvoloso sulle zonedel versante tirrenico peninsulare, consporadiche precipitazioni sulla Cam-pania.

Gli dicono che deve difendere il pontee lui, che si chiama Lelio Zoccai e havent’anni, ci va. Perché è un guastatore al-pino, perché a Rossosch i russi stanno perpiombare sul comando dell’Armir. Quan-do arrivano i fanti con la stella rossa spa-ra col suo mitragliatore. Per un momentopensa davvero di poterli fermare. Poi i so-vietici, che sono tanti, che sono troppi,piazzano il mortaio. Arrivano anche i car-rarmati, di quelli grandi col cannone,quelli che sfondano le pareti e ti stritola-no. I guastatori fanno quello che solo lorosanno fare: correre, infilarsi sotto i cingo-li, agganciare la mina magnetica.Restano vivi in 50 su 135, gli tocca scap-pare come tutti gli altri, smarriti in unalunga fila grigioverde che solca la nevebianca. Lelio si perde, resta solo in un de-serto bianco. Lo catturano i partigiani, luiscappa, lo riprendono i regolari. Finiscenel gorgo della prigionia. I campi sonoenormi, pieni di feriti che muoiono ab-bandonati nei propri escrementi. Il cibo,una sbobba di pesce marcio e verdure im-

balsamate, arriva ogni due o tre giorni.Chi non vuole rubare o picchiare si adat-ta a masticare aghi di pino, a far bollirepellicce. Mentre gli alpini crepano, qual-che altro italiano, che sta a Mosca da unpo’, ci vede solo “la concreta espressionedi quella giustizia che il vecchio Hegel di-ceva essere immanente in tutta la storia”.Zoccai sopravvive come può, fa finta diessere un meccanico, ripara i cinturinidegli orologi delle guardie, strombazzanella banda per avere un pezzo di pane inpiù. I russi ballano contenti, peccato che

lui sappia suonare solo “Giovinezza” e “IlPiave mormorava”. Finisce nel mirino delcommissario politico. Del resto c’è chi pertornare a casa firma accuse contro tutti.Quelli come lui, che non vogliono puntareil dito contro nessuno, restano a racco-gliere cotone negli assolati campi del-l’Uzbekistan. Quando finalmente lo la-sciano andare è il 1950, non gli risparmia-no nemmeno un processo politico.Questo l’allucinante racconto che LelioZoccai si è deciso solo ora a pubblicare, apartire dai diari scritti dopo il ritorno. Daallora ha sempre fatto l’imprenditore,chiudendo in un cassetto il passato chenessuno voleva ascoltare. Lo riviveva solodi notte, negli incubi che non lo hannomai abbandonato. Riaffiorano però anchei ricordi di chi riuscì, in tanto abisso, acomportarsi da essere umano. Tra gli altriquello terso e sognante di una ragazzabionda, vestita di sacco, alla stazione diMosca. Credeva che il comunismo fosseGaribaldi con la camicia rossa e che inItalia ci fosse sempre il sole.

Lelio ZoccaiPRIGIONIERO IN RUSSIA188 pp. Mursia, euro 14.50

Caro don Pietro - Aderendo al canto funebredella Diva, da lei sapientemene intonato duegiorni fa, abbiamo pensato di restringere il no-stro culto alle uniche cinque femmine su pelli-cola (ovvero su tv e dvd) degne di questo nome:Ava Gardner, Hedy Lamarr, Lucia Bosé,Anouk Aimée e Virna Lisi (non oltre il 1971 di“Roma bene”). Inutile perder tempo con la purapprezzabilissima varietà delle stelline (LauraAntonelli compresa). Solo il meglio ci può sal-vare dal baratro della mitomania per min-chioni dei giorni nostri. Con viva cordialitàPaolo Priolo, MilanoAllora: Virna Lisi va bene. Lucia Bosé hafatto le sue dichiarazioni pacifiste, delle al-tre non sappiamo eccetto che di AnoukAimée: una dea. Turca oltretutto.Don Pietro - Quanto ha ragione nel pezzocon la “stortignaccola erezione”! Ci si potrebbescrivere un articolo intero, tipo quelle in un ci-nema di Piazza Armerina (mi dicono). Ma sache anche noi vecchi puppi non ne possiamopiù dell’attuale trend. Cosa ci rimane senzasenso di colpa, furtività, inconfessabilità, si fama non si dice? Saluti dal limboUna Vecchia ConoscenzaVoi sotto mentite spoglie scrivete. A Piaz-za Armerina solo il generale Cascino c’è:“La valanga che sale”. lettere a [email protected]

Forme di convivenza che non si capiscebene cosa siano; consiglieri regionali diserie A e di serie B, questi ultimi ripescatimalgrado la trombatura del voto popolare;un governo regionale che legifera a colpi didecreti peggio che la Quinta Repubblica diDe Gaulle; e perfino una Corte Costituzio-nale regionale, ancorchè mascherata da“commissione di garanzia statutaria”.L’Umbria, cuore verde d’Italia, ha messopiù di una stranezza nel proprio nuovo Sta-tuto regionale. Ma la cosa più bizzarra è,appunto, che tale nuovo statuto tecnica-mente non risulta essere stato approvato.Costituzione della Repubblica Italiana, ar-ticolo 123, secondo comma: “Lo statuto èapprovato e modificato dal Consiglio regio-nale con legge approvata a maggioranza as-soluta dei suoi componenti, con due deli-berazioni successive adottate ad intervallonon minore di due mesi”. Ebbene: a Peru-gia il 2 aprile e 29 luglio 2004 sono stati in-vece votati due testi ben diversi. L’imbroglio è all’articolo 9, che nel testoprimaverile parla di “Comunità familiare.1. La Regione riconosce i diritti della fami-glia e adotta ogni misura idonea a favorirel’adempimento dei compiti che la Costitu-zione affida ad essa e tutela le varie formedi convivenza”. Arriva l’estate, e poiché co-me insegna la fisica il calore dilata i corpi,anche il comma si moltiplica per due, comed’altronde si sdoppia il titolo: “Famiglia.Forme di convivenza. La Regione riconoscei diritti della famiglia e adotta ogni misuraidonea a favorire l’adempimento dei com-piti che la Costituzione le affida. Tutela al-tresì forme di convivenza”. La maggioranzadel Consiglio ritiene evidentemente che sitratti di un mero aggiustamento formale,ma non è così. Una cosa sono “le varie for-me di convivenza”, per di più fatte rientra-re nell’ambito di una “comunità familiare”evidentemente più ampia della “famiglia”costituzionale. Tant’è che, dal testo, risultaben chiaro che questa tutela è qualcosa diulteriore rispetto a quanto dice la Costitu-zione. Cosa ben diversa sono queste “formedi convivenza” appiccicate accanto alla fa-miglia nel titolo, e tutelate poi a parte dopoil punto. Se non sono più “le varie”, dun-que, non sono tutte. Ma allora, quali sì equali no tra conviventi more uxorio, coppiegay, matrimoni poligamici di tipo islamicoo mormone, e chi più ne ha più ne metta? “Una tale modificazione, intervenuta conla seconda deliberazione, ha evidente ca-rattere sostanziale ed impedisce di poterritenere realizzata la fattispecie delle ‘duedeliberazioni successive’ prevista dal-l’art.123, secondo comma, Cost. Il procedi-mento previsto da questa norma costituzio-nale non si è perfezionato, perché non v’èstata la cosiddetta doppia conforme, chedeve caratterizzare le ‘due deliberazionisuccessive’ adottate ad almeno due mesi didistanza. Dunque non vi è imputabilità alConsiglio regionale di una volontà di legi-ferare davvero in ambito statutario”. E’ iltesto di un ricorso alla Corte Costituziona-le che è stato fatto contro questa disinvoltaprocedura. E se si tiene presente il parti-

I L B I Z Z A R R O R E G O L A M E N T O U M B R O ( I l F o g l i o 2 7 - 1 1 - 0 4 )

colare che lo statuto della Regione Umbriaè uno dei tre impugnati dal governo, assie-me a quelli della Toscana e dell’Emilia-Ro-magna, sarebbe allora facile ricostruire tut-ta la vicenda nei termini di un ennesimoscontro tra una maggioranza nazionale ispi-rata e motivata dalla Chiesa e le tre storicheregioni rosse. Don Camillo contro Peppone,nell’era del federalismo.Il suggerimento di monsignor PagliaE invece no, lo scenario è molto più com-plesso. Prima di tutto, la gerarchia cattolicain Umbria non solo non ha fatto barricate,ma secondo una precisa strategia del dialo-go a tutti i costi di cui alcuni dei suoi massi-mi esponenti sono propugnatori ha piutto-sto lodato che criticato. E’ il caso in partico-lare del vescovo di Terni Monsignor Vin-cenzo Paglia, uomo della trattativa anche inquanto presidente della Commissione epi-scopale ecumenismo e dialogo della Confe-renza episcopale italiana. “E’ da ritenerepositiva la scelta di aver legato il concettodi famiglia a quanto contenuto nella Costi-tuzione italiana”, disse quando uscì il testoin prima lettura. E affermò anche di non“voler negare all’autorità civile di voler te-nere conto di determinate situazioni”. In-somma, sembra di capire che non avrebbe

obiezioni di fondo a una disciplina sull’u-nione tra gay simile al Pacs francese, sullalinea di quanto proposto dal Foglio e in pas-sato accettato anche dalla Chiesa spagnola.La sua obiezione fu che “se si usa la ragio-ne e la logica oltre che il buon senso, equi-parare le ‘varie forme di convivenza’ aquanto la Costituzione afferma relativa-mente alla famiglia, rende più che equivo-co quanto è stato prima affermato”. Di quila provocazione: “anche le comunità reli-giose, così tanto presenti in Umbria, sonouna forma di convivenza”. Il suggerimentodi Monsignor Paglia? “Non resta che unastrada: quella di dividere i due concetti, fa-miglia e forme di convivenza, non equipa-rando la definizione a quella della altreconvivenze, interrompendo in una successi-va revisione del testo, la consequenzalitàpresente nell’articolo ponendo i distinguodel caso”.Per dargli retta, gliela hanno data. Il nuo-vo testo dell’articolo 9 interrompe infatti la“consequenzialità” dei due concetti, in mo-do altrettanto netto e letterale di quanto ilBertoldino del famoso libro non mettesse inpentola due fagioli contati, alle richiestedella madre di cucinare “due fagioli”. E iltesto dice poi proprio “forme di conviven-

za”, senza neanche un articolo determinati-vo o indeterminativo: proprio come Pagliaaveva chiesto. E’ stato dunque per venire in-contro alle richieste del presule senza ri-tardare l’approvazione definitiva di altridue mesi che è stato fatto lo sgarro istitu-zionale? Lo stesso vescovo di Terni ha fattosapere di ritenere che “la redazione delloStatuto risente di una certa fretta nell’ap-provazione”. D’altra parte, ciò a cui la Chie-sa umbra teneva particolarmente era piut-tosto l’inserimento di un qualche riferi-mento a San Francesco d’Assisi e San Be-nedetto da Norcia, i due umbri più famosidella storia (a parte lo storico Tacito, delquale non è però del tutto accertato che fos-se nato nella città che ai suoi tempi si chia-mava Interamna e che oggi è invece Terni).Ma questa gliel’hanno bocciata. E qui va fat-ta un’altra notazione: lungi dall’essere unatto di forza di una maggioranza rossa con-tro una minoranza “clericale”, lo Statuto èstato approvato da un’ammucchiata alle-gramente consociativa, dai Ds ad An pas-sando per Sdi, Margherita e Forza Italia. Esolo sulle “altre forme di convivenza” in pri-ma lettura la Margherita aveva votato con-tro, facendo blocco col centro-destra. Incompenso, ad opporsi allo Statuto sono poirestati Rifondazione comunista e Italia deiValori, oltre a Carlo Ripa di Meana. E, tan-to per scompaginare di più le carte, era sta-to proprio un personaggio dalle credenzialidi laicità ineccepibili come lo stesso Ripa diMeana l’unico a proporre, inascoltato, l’in-serimento dei due santi nel documento.La denuncia di Carlo Ripa di MeanaMa non è finita. Perché è proprio dal ri-corso che ha poi fatto ancora Ripa di Mea-na, come “consigliere dissenziente”, che èstata tratta la denuncia su cui siamo partiti,a proposito della mancata corrispondenzatra i testi delle due letture. Il governo, in-fatti, ha fatto evidentemente ricorso sul con-trasto tra il disposto della Costituzione e lagenericità di quel “forme di convivenza”.Ha poi eccepito sugli articoli 39 e 40, checonsentirebbero alla giunta regionale di fa-re leggi attraverso strumenti analoghi ai de-creti legge e decreti legislativi del governocentrale, senza tener conto che in quel casoc’è una deroga esplicita della Costituzioneal principio della separazione tra potere le-gislativo ed esecutivo. C’è poi l’articolo 66,che sottrae allo Stato l’indicazione dei casidi incompatibilità elettorale. E c’è l’artico-lo 82, istituente una Commissione di Garan-zia che in qualsivoglia modo la si chiaminon può essere che un organo rappresenta-tivo. Salvo che poi funzionerebbe da CorteCostituzionale regionale, col potere di sin-dacare la conformità allo Statuto di leggi eregolamenti già adottati da Giunta e Consi-glio: una cosa che, trattandosi di un organoamministrativo, non potrebbe evidente-mente fare.Senonché il governo non sembra averniente da obiettare sull’altra conseguenzadell’articolo 66. Ovvero, come spiega il com-ma 2 dopo che il comma 1 ha stabilito l’in-compatibilità tra appartenenza alla Giunta

E I N A U D I P U B B L I C A “ T E A T R O D I V A R I E T À ”

Come un “critico d’ispirazione”, per comesi diceva una volta dei “critici d’ispira-zione marxista” per definirli al meglio co-me uomini di fiducia, Nicola Fano, curato-re di “Teatro di Varietà”, un bel volume Ei-naudi (16,50 euro) che raccoglie l’opera co-mica di Ettore Petrolini, paga pegno. Inveceche continuare a fare quello che dimostradi saper fare bene – un’ottima postfazioneche vale un saggio – sul finale ce la rovinaperché paga pegno uscendosene con una fe-tecchia gratuita: “Affermare che Petroliniabbia avuto una qualche consapevolezza ar-tistica (o, peggio politica) della sua militan-za prima futurista e poi fascista sarebbe in-generoso nei suoi confronti: esattamente co-me ogni attore di ogni tempo, anche Petro-lini fu di un’ignoranza colossale in materiadi politica”. La discussione la chiudiamo su-bito qui. Petrolini diede una precisa dispo-sizione sul letto di morte: essere seppellitoin camicia nera, con la divisa di Consoledella Milizia. Aveva una meravigliosa con-sapevolezza di sé l’inventore di Gastone equando per una beffa crudele la sua tombaverrà devastata nel terribile bombarda-mento americano sul quartiere San Loren-zo sarà la sua scarpa sbattuta su una paretesbrecciata a fare da testimone in quel largo

mare di dolore. Più consapevole di così simuore appunto e se c’è da fare un’ultimanota sull’altra militanza, quella futurista, ilcuratore Fano avrebbe dovuto mettersid’accordo con i grafici dell’editrice perchéin copertina – una splendida copertina – virifulge un mirabile “Grandi marche”, la ri-produzione di una tempera di FortunatoDepero. Sempre parentele da rinnegare? Ma la discussione la chiudiamo qui e tor-nando a Petrolini, ritornando anche allasuccosa postfazione di Fano (soprasseden-do sulla solita citazione di Antonio Gramsciche ormai fa il paio con la richiesta di unalugubre glossa ad Alberto Asor Rosa in undocumentario su Totò), facciamo nostro l’a-natema contro gli “spettatori impegnati”,specie quelli di sinistra come sottolinea consofferenza Fano, ma catturiamo per nostrouso e abuso il Petrolini del “buon pretestoe null’altro”. Ancora Fano ci racconta unepisodio straordinario vissuto sul crinaledell’assurdo quando, presentando Petrolinial pubblico di Caserta l’Amleto, nella paro-dia redatta a quattro mani con Libero Bo-vio, alla fine del primo tempo, venne rag-giunto in camerino da un militare coman-dato a fare un formale controllo dalla cen-sura prefettizia. Il milite lo dichiarò in ar-

resto per avere dileggiato Vittorio Alfieri.“Petrolini – scrive Fano – chiamò in came-rino Libero Bovio e lo pregò di spiegare cheAmleto non era di Alfieri ma di un’inglesedal nome pieno di h e di k, però non ci funulla da fare”. In caserma ci andò LiberoBovio, ma dove si trova un così buon prete-

sto – e null’altro – per immaginare la forzapubblica impegnata a far da salvaguardiaalle patrie lettere? Nel libro Einaudi, il let-tore avrà il piacere di scovare un testo chel’attore scrisse nel 1928 per la rivista “Co-moedia”, è il “Discorso dell’attor comico”dove Petrolini affronta storicamente e congusto da tecnico “il periodo di musoneriaitaliana in cui un buon attore non era con-

Vite paralleleCaro don Pietro

Cara Guia - Dovendo viaggiare (…)Maria Cristina LinettiAnch’io ho commesso un errore. Ho pre-so un volo della British airways. Non l’hofatto di mia volontà, altri l’hanno prenotatoe pagato, non mi dava i miei beneamatipunti millemiglia, ma pazienza. Comunque,prendo questo benedetto volo British e fac-cio scalo a Londra. Lì mi imbarco sul voloper Los Angeles, più o meno puntuale perstar poi fermi un’ora sulla pista. A destina-zione, aspetto invano il mio bagaglio, quel-lo che per i 2.555 euro per fortuna da altripagati era etichettato “priority”. Non spun-ta. Vado da un signore con targhetta Britishsul petto e quello spulcia una lista: sì, aLondra non hanno fatto in tempo a imbar-carlo. Come sia possibile, visto che ho fattoin tempo a imbarcarmi io, e ad aspettareun’ora, non me lo dice quel tizio né quellada cui mi manda. Né mi dicono perché, vi-sto che lo sapevano, non mi abbiano avver-tito prima. In compenso, la tizia da cui ven-go spedita, mi dice che il bagaglio nonverrà imbarcato sul primo volo utile: non èloro policy. Verrà imbarcato, forse, sullostesso volo che ho preso io, il giorno suc-cessivo. Il mio bagaglio. Quello coi miei ve-stiti. Il caricabatterie del computer. Il cari-cabatterie del cellulare. I miei attrezzi damessinpiega. Le mie scarpe. Il portiere delFour Seasons prende in carico la pratica, efa da spalla alle mie battutacce sulla policydella British (“complete customer dissati-sfaction”). Il concierge scuote la testa: “Bri-tish li perde sempre”. Ancora non sappia-mo cosa ci aspetta. Tre giorni in cui gli uffi-ci di Londra dicono di chiamare il baggagetracking e gli uffici di Los Angeles diconoche British non ha un servizio di baggagetracking. Tre giorni – che passo a cercareun caricabatterie compatibile col mio te-lefono (e non lo trovo) e uno per il mio lap-top (lo trovo, e lo pago imprecando). Tregiorni – di ricambi d’emergenza di Gap. Seisettimane – che sto aspettando che la Briti-sh mi faccia le sue scuse, nonché mi offraun rimborso delle spese sostenute e dei co-glioni girati. Ma siccome che errore è senon lo ripeti, la settimana scorsa ne ho pre-so un altro. British. Partito in ritardo, arri-vato in ritardo. Il bagaglio non l’avevo im-barcato, ma a Los Angeles ho perso la coin-cidenza. L’ultima. La tipa al gate (il mio vo-lo per Palm Springs era già un puntino nelcielo) mi ha detto: “Vada alla British, è lororesponsabilità, devono pagarle un alber-go”. Al terminal Tom Bradley, della Britishnon c’è nessuno. Un ufficio? Boh, nessunosa niente. Saranno tutti al baggage tracking.lettere a [email protected]

Cara donna Guia

siderato tale se non si prestava alle parti la-crimose, io – scrive il protagonista – passaicome un buffone distinto”. Indicato comel’interprete dell’idiozia sublime, proclamòcon convinzione una verità: “Non esistecommedia impossibile da recitare”. Esegeta del pretesto, avido di slittamenti(“L’uscire dalle dimensioni della finzionescenica passando per un momento in quel-le della realtà”), Petrolini spiega l’alchimiadella rappresentazione attraverso il lavorodi scena: “Ho recitato nella mia vita dellecose stupidissime che avevano soltanto iltorto di non essere a quel punto di imbecil-lità che desideravo e che, alla fine, per ot-tenerlo, dovetti inventare da me”. Il puntodi imbecillità massimo raggiunto da Petro-lini coincide con la più potente traccia poe-tica impressa nella commedia dell’arte, uo-mo d’avanspettacolo, romano de Roma, mi-nore forse per discendenza rispetto ai Gu-stavo Modena, Ernesto Rossi e TommasoSalvini (“Discendo dalla scale”, diceva disé), Petrolini non concede alibi alla pur po-tente greppia della musoneria, ai prototipidegli “spettatori impegnati”. Petrolini, quel-lo dei Salamini – e chiudiamo qui il discor-so – è l’esatto opposto del trash. P. Butt.

e al Consiglio regionale: “Al Consigliere re-gionale nominato membro della Giunta su-bentra il primo tra i candidati non elettinella stessa lista, secondo le modalità sta-bilite dalla legge elettorale. Il subentrantedura in carica per tutto il periodo in cui ilConsigliere mantiene la carica di Assesso-re”. Capito? Non solo dunque sarebbe pos-sibile alla maggioranza ripescare sino a no-ve candidati non premiati dall’elettorato.Addirittura, tali eletti sarebbero provvisori,e dunque persino ricattabili col sempliceespediente di far dimettere l’assessore chehanno sostituito per farlo tornare consiglie-re al loro posto. Macchinosità di questa en-trata e uscita dal Consiglio come da un ces-so pubblico a parte, che fine fa quel “divie-to di mandato imperativo” che è uno deiprincipi base non solo della Costituzione,ma di tutta la democrazia moderna?E il governo, inoltre, ha deciso di far pas-sare anche la doppia deliberazione diffor-me. “Il dire che il governo lo ha rinviato algiudizio costituzionale per ragioni politichee non tecnico-giuridiche diviene esercizioche si addice solo a chi non sa di dirittopubblico”, ha scritto sul Corriere dell’Um-bria il consigliere di Stato Giuseppe Severi-ni. “Semmai è da sottolineare la benevo-lenza mostrata nel non impugnare la nonconformità tra le due delibere, che in Con-siglio regionale era stata negata un po’ allamaniera del curato che il venerdì battezzapesce la carne”. Cosicché, appunto, a ecce-pire alla fine è stato isolato il “consiglieredissenziente” Carlo Ripa di Meana: non so-lo con un “intervento” sul ricorso del go-verno, ma anche con un ricorso per contoproprio. “La Costituzione non prevedeespressamente, a proposito dello Statuto re-gionale, la legittimazione a ricorrere delConsigliere regionale non consenziente”,ammette lo stesso ricorso. “Nondimenoquesta è implicita nel sistema costituziona-le medesimo”. “L’acquiescenza dell’ordina-mento… di fronte ad una tale illegalità…,con cui si vorrebbe far passare per esisten-te un’approvazione regionale in realtà maivenuta in essere, significherebbe ridurre lavolutamente rigorosa previsione procedi-mentale costituzionale a mera opzione, condemolitivi effetti di precedente in ordine al-la precettività delle norme costituzionalistesse”. E dunque, “se ora non si ricono-scesse la legittimazione a ricorrere del con-sigliere regionale non consenziente, circasiffatti aspetti che il governo non intendeimpugnare, l’interesse al rispetto, anche inrito, della legalità costituzionale resterebbeadespota e relegato a questione sottopostaalla sola valutazione governativa di oppor-tunità politica, con evidente elusione dellagiuridicità della Costituzione rispetto agliStatuti regionali”. Naturalmente, la CorteCostituzionale potrà sempre dire di non es-sere d’accordo. Ma il ricorso dovrà pureaverlo letto. E non potrà dunque non sape-re com’è veramente andata, su un punto digravità tale da poter essere sollevato d’uffi-cio. Anche il governo direttamente non l’haimpugnato. Maurizio Stefanini

Stanislaw SkalskiNacque il 27 ottobre 1915. Nacque in unvillaggio a nord di Odessa. Aveva due anniquando in Russia scoppiò la rivoluzione. Ilpadre lo mandò con la madre in un villaggiopolacco non lontano dalla frontiera. In Po-lonia frequentò il liceo, si appassionò al vo-lo. Cominciò con gli alianti, prese il brevet-to per guidare aerei da turismo. Decise didiventare pilota militare. Frequentò l’acca-demia. Nel 1938 fu nominato ufficiale del-l’aviazione polacca. Ci fu l’invasione tede-sca. Con la sua squadriglia Skalski contrat-taccò. Abbattè un bombardierenemico prima che la resisten-za polacca cessasse. Skalskiriparò in Romania, riuscì aimbarcarsi su una nave. Giro-vagò per il Mediterraneo,seguendo le opportunità.Finalmente nel gennaiodel 1940 arrivò in Inghilter-ra. Fu accolto nella Raf. In agostopartecipò alla Battaglia d’Inghilterra. Il 30agosto abbattè il primo aereo nemico. Il pri-mo settembre ne abbattè un altro. Altri dueil giorno dopo. Pochi giorni dopo toccò alsuo aereo di essere colpito. Skalski si gettòcon il paracadute e finì all’ospedale. Vi ri-mase poco più di un mese. Tornò a combat-tere, a abbattere aerei tedeschi sulla Mani-ca. Fu nominato istruttore. Obbedì, maquando fu creata una squadriglia di volon-tari polacchi ne ottenne il comando. Ab-battè trenta aerei nemici in Nord Africa, co-prì lo sbarco degli alleati in Sicilia. Compìraid sulla Germania, scortò i bombardieriche nel Nord della Francia preparavano losbarco in Normandia. Guadagnò ogni sortadi medaglia, rifiutò un grado nella Raf,tornò nella Polonia liberata dai Russi. Dap-prima fu accolto come un eroe nel quartie-re generale del rinato esercito polacco, manel 1948 fu arrestato. Fu interrogato perspionaggio e tradimento. Si difese inutil-mente. Fu condannato a morte. In una cellaattese per sei anni il giorno dell’esecuzione.La condanna fu tramutata in ergastolo. Do-po altri due anni fu liberato. Gli fu offerto diritornare in aviazione. Accettò, volò sui Mig,divenne generale. Fu pensionato a Varsa-via. E’ morto a 89 anni.K C YeoNacque il 1 aprile. Nacque a Penang inMalesia. Nacque primogenito nella casa diun povero raccoglitore di gomma che avreb-be avuto altri otto figli. Si dedicò al solleva-mento pesi. Nella sua categoria fu campio-ne del mondo. Lo sport gli consentì di stu-diare. A Penang frequentò il liceo, a HongKong si laureò in medicina, a Liverpool sispecializzò in malattie tropicali, a Cam-bridge in medicina sociale. Tornò a HongKong per assumere il posto di assistentedell’ufficiale sanitario. Copriva ancora quelruolo quando i giapponesi invasero la Cina.Decise di passare in Cina, per raggiungerealcuni parenti della moglie. L’ufficiale sani-tario, temendo di essere arrestato dai giap-ponesi, gli chiese di rimanere per prender-si cura dell’ufficio. K C Yeo accettò. La not-te che il suo capo fu arrestato con il prete-sto di essere il capo della rete di spionaggioinglese a Hong Kong, Yeo fu svegliato nelsuo letto da un soldato giapponese che glichiese di seguirlo per identificare un corpo.Yeo, intimorito da un grosso cane, ubbidì. Sitrovò confinato in una cella di isolamento.Vi rimase due mesi. Si trovò poi in cella conun pastore anglicano che gli parlò di Dio elo aiutò a pregare e a ritrovare fiducia in sestesso. Finalmente fu rilasciato. I giappone-si, che non si fidavano di lui e lo facevanoseguire dovunque andasse, avevano tuttaviabisogno di personale sanitario. Lo assegna-rono all’istituto batteriologico dove Yeoonorò i principi della sua professione. Fi-nalmente gli occupanti lasciarono la città.Gli inglesi, riconoscenti, lo nominaro vice-direttore dei servizi medici sociali. Lavoròalla realizzazione di un ospedale di milleposti, introdusse la vaccinazione contro latbc, aprì un lebbrosario. Tornò in Inghilter-ra per esercitare la psichiatria. E’ morto a101 anni.

Uno strampalato statuto regionale che non ha santi a cui votarsi

Bellissima storia del piccoloGavroche ucraino, che cor-re da una trincea all’altra: eil cielo ci riservi il lieto fine.Ma perché, dalla Romania all’U-craina, non sono mai con noi i minatori?(Va bene, lo so perché).

PICCOLA POSTAdi Adriano Sofri

FORME DI CONVIVENZA NON SPECIFICATE, RIPESCAGGIO DI CONSIGLIERI TROMBATI E MOLTE ALTRE STRANEZZE (MAI)APPROVATE

Scusate, tutti a fare ironia sullibro di Bruno Vespa, tutti a fare gli altez-zosi sul giornalista che tenta la scalata al-l’Olimpo misurandosi con la storia. Ab-biamo letto il libro: è dignitoso. E poi, ave-te presente tutte le storie d’Italia di pri-ma? A fumetti. Scritte da Biagi, poi?

IL RIEMPITIVOdi Pietrangelo Buttafuoco

Gad. disperant. Fed. dispe-rant. Uliv. disperant.Sguardo intenso. Stu-penda foto di Luc. e Ar-ton. su Rep. Anni luce da Marcel.

AGENDA MIELI