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DIRITTO | PROSPETTIVE collana diretta da Paolo Cendon

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DIRITTO | PROSPETTIVE

collana diretta da Paolo Cendon

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DIRITTO | PROSPETTIVE

collana diretta da Paolo Cendon

Proposte di politica del diritto, storie di vita vissuta, questioni al di là dei confini(globali, transnazionali), monografie famose da ripubblicare, diritto versus economia,ricerche a impianto interdisciplinare. Voci importanti della comparazione giuridica,interviste a personaggi famosi o intriganti, statistiche buone e cattive su come vannole cose, sfide che mettono in gioco il terzo settore, filoni della classicità meritevoli diessere rivisitati. Raccolte di aforismi o di agudezas, risposte da chiedere al territorio,testi de iure condendo, cronistoria di processi che hanno scosso la pubblica opinione,protezione delle persone fragili, tematiche del domani che si affacciano (all’orizzonteappunto).

Nella collana “Diritto | Prospettive” sono pubblicate opere di alto livello scientifico, anche inlingua straniera per facilitarne la diffusione internazionale.

II direttore approva le opere e le sottopone a referaggio con il sistema del « doppio cieco »(«double blind peer review process») nel rispetto dell’anonimato sia dell’autore, sia dei duerevisori che scelgono: l’uno da un elenco deliberato dal comitato di direzione, l’altro dallostesso comitato in funzione di revisore interno.

I revisori rivestono o devono aver rivestito la qualifica di professore universitario di primafascia nelle università italiane o una qualifica equivalente nelle università straniere.

Ciascun revisore formulerà una delle seguenti valutazioni:a) pubblicabile senza modifiche;b) pubblicabile previo apporto di modifiche;c) da rivedere in maniera sostanziale;d) da rigettare;tenendo conto della: a) significatività del tema nell’ambito disciplinare prescelto e origina-

lità dell’opera; b) rilevanza scientifica nel panorama nazionale e internazionale; c) attenzioneadeguata alla dottrina e all’apparato critico; d) adeguato aggiornamento normativo e giurispru-denziale; e) rigore metodologico; f ) proprietà di linguaggio e fluidità del testo; g) uniformitàdei criteri redazionali.

Nel caso di giudizio discordante fra i due revisori, la decisione finale sarà assunta daldirettore, salvo casi particolari in cui il direttore provvederà a nominare tempestivamente unterzo revisore a cui rimettere la valutazione dell’elaborato.

Il termine per la valutazione non deve superare i venti giorni, decorsi i quali il direttoredella collana, in assenza di osservazioni negative, ritiene approvata la proposta.

Sono escluse dalla valutazione gli atti di convegno, le opere dei membri del comitato ele opere collettive di provenienza accademica. Il direttore, su sua responsabilità, può decideredi non assoggettare a revisione scritti pubblicati su invito o comunque di autori di particolareprestigio.

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Giuseppe Russo

Manuale di diritto privato comparato

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Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre

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Indice

PARTE I Parte Generale

15 Capitolo I La comparazione giuridica

1.1. Caratteri generali, 15 – 1.1.1. Nozione, 15 – 1.1.2. Cenni storici, 16 – 1.1.3. La ratio, 18 – 1.2. L’attività di comparazione, 19 – 1.2.1. Il metodo, 19 – 1.2.2. I problemi di traduzione, 20 – 1.2.3. L’analisi dei diversi sistemi, 22 – 1.2.4. Le differenze tra i vari sistemi, 24 – 1.2.5. Verso l’unificazione del diritto, 25 – 1.2.6. Esiste un diritto privato europeo?, 27 – 1.2.7. Il dibattito sulla possibilità di un codice euro-peo, 28 – 1.2.8. La tradizione giuridica occidentale, 29.

33 Capitolo II Il Common law

2.1. I caratteri principali de sistema di common law, 33 – 2.1.1. Le origini del sistema di common law ed i suoi caratteri generali, 33 – 2.1.2. Il sistema dei writs, 34 – 2.1.3. Common Law ed Equity, 37 – 2.1.4. L’evoluzione del diritto inglese, 39 – 2.1.5. Stare decisis: il va-lore del precedente vincolante, 43 – 2.2. La diffusione del modello di common law, 46 – 2.2.1. L’esperienza americana, 46 – 2.2.2. Com-mon law e produzione legislativa, 51

55 Capitolo III Le radici comuni delle esperienze di civil law

3.1. La nascita, 55 – 3.1.1. Le origine storiche, 55 – 3.1.2. La scientia iuris, 56 – 3.1.3. Civil law e diritto canonico, 58 – 3.2. L’evoluzione del sistema, 59 – 3.2.1. Il Giusnaturalismo, 59 – 3.2.2. Dal Giusnatu-ralismo all’Illuminismo, 63 – 3.2.3. Le codificazioni illuministiche, 63.

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65 Capitolo IV Il processo di codificazione in Francia

4.1. Le origini, 65– 4.1.1. Il modello francese e le sue origini stori-che, 65 – 4.1.2. Il sistema giuridico tradizionale in Francia, 66 – 4.2. L’evoluzione, 68 – 4.2.1. Il nuovo sistema, 68 – 4.2.2. La codificazio-ne, 70 – 4.2.3. I commentatori, 72 – 4.2.4. Il giudice e la codificazio-ne, 73 – 4.3. La struttura del sistema francese nell’attualità, 75 – 4.3.1. Il sistema delle fonti francesi nell’attualità, 75 – 4.3.2. La giurispru-denza nel sistema attuale, 78.

81 Capitolo V Il processo di codificazione tedesco

5.1. Il sistema giuridico tedesco: le origini, 81 – 5.1.1. La formazione del diritto tedesco, 81 – 5.1.2. La scuola tedesca, 82 – 5.1.3. La scuo-la pandettistica, 84 – 5.1.4. Il codice civile tedesco, 85 – 5.1.5. La dot-trina tedesca dopo il BGB, 87 – 5.2. Il modello giuridico tedesco at-tuale, 88 – 5.2.1. L’assetto costituzionale, 88 – 5.2.2. Il sistema delle fonti, 90 – 5.2.3. Il sistema giudiziario, 90 – 5.2.4. La legislazione privatistica, 91.

93 Capitolo VI Sistemi di civil law: influenze francesi e tedesche

6.1. I principali modelli di riferimento, 93 – 6.1.1. Caratteri generali sui singoli diritti nazionali, 93 – 6.1.2. La diffusione del modello fran-cese, 94 – 6.1.3. La diffusione del modello tedesco, 94 – 6.2. La rice-zione dei modelli francesi e tedeschi in Italia, 95 – 6.2.1. Il modello francese in Italia, 95 – 6.2.2. Il modello tedesco in Italia, 96 – 6.3. I principali sistemi di civil law, 98 – 6.3.1 Il sistema giuridico svizzero, 98 – 6.3.2. Il sistema giuridico austriaco, 99 – 6.3.3. Il sistema giuri-dico in Belgio ed in Olanda, 100 – 6.3.4. La tradizione nei paesi nor-dici, 101 – 6.3.5. La tradizione nella penisola iberica, 102 – 6.3.6. I sistemi giuridici latino-americani, 103 – 6.3.7. Il ritorno allo Jus Commune europaeum, 104.

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Indice 7

 

107 Capitolo VII Gli istituti giuridici di maggior rilievo nel diritto privato com-parato

7.1. Il contratto, 107 – 7.1.1. Brevi cenni sulle origini contrattuali, 107– 7.1.2. Il contratto nella tradizione romanistica, 108 - 7.1.3. Dal diritto romano ai nostri giorni nella tradizione di civil law, 109 – 7.1.4. Il contratto nella tradizione di common law, 110 – 7.1.5. Le azioni di debt e di assumpsit, 111 – 7.1.6. I Gentlemen’s agreements, 112 – 7.1.7. La consideration, 112 – 7.1.8. L’affidamento oneroso e la morte del contratto, 113 – 7.1.9. Contratti unilaterali e promesse uni-laterali, 114 – 7.1.10. Buona fede e responsabilità precontrattuale, 115 – 7.1.11. I doveri di informazione nei Paesi di civil law, 116 – 7.1.12. I doveri di informazione nei Paesi di common law, 117 – 7.1.13. Invalidità, 118 – 7.1.14. La nullità, 118 – 7.1.15. L’annullabilità, 120 – 7.1.16. L’incapacità nei paesi di civil law, 122 – 7.1.17. L’incapacità nei paesi di common law, 122 – 7.1.18. La re-sponsabilità contrattuale, 123 – 7.1.19. Doveri di protezione, 125 – 7.1.20. Rimedi all’inadempimento, 126 – 7.1.21. Il risarcimento del danno, 127 – 7.1.22. La revisione del contratto, 128 – 7.2. La proprie-tà, 130 – 7.2.1. La proprietà nei paesi di common law e di civil law: premesse storiche e ideologiche, 130 – 7.2.2. Le differenze tra la “proprietà” continentale” e la “property” inglese, 131 – 7.2.3. “Real property” e “personal property”, 132 – 7.2.4. La “personal property”, 133 – 7.2.5. “Rights in rem” e “Rights in personam”, 133 – 7.2.6. L’Ownership, 134 – 7.2.7. “Estate ownership”, 135 – 7.2.8. Owner-ship e possesso: tutela processuale, 136 – 7.2.9. L’“adverse posses-sion” e la pubblicità immobiliare, 137 – 7.2.10. Differenza fra “pro-prietà” e il suo “oggetto”, 138 – 7.2.11. Legal estates ed equitable in-terest, 139 – 7.2.12. “Legal Estates”, 140 – 7.2.13. “Legal interest”, 141 – 7.2.14. Il ruolo dell’equity, 142 – 7.2.15. Il trust, 143 – 7.2.16. Il trust e il suo recepimento nei modelli di civil law, 143 – 7.3. La re-sponsabilità civile, 144 – 7.3.1. Cenni generali, 144 – 7.3.2. Danni ri-sarcibili ed azioni a tutela, 146 –7.3.3. Capisaldi della responsabilità civile nei paesi di common law, 148 – 7.3.4. Tort of neglicence, 149 – 7.3.5. La responsabilità del produttore e del prestatore di servizi, 150 – 7.3.6. L’elemento soggettivo nella responsabilità, 152 – 7.3.7. Il nesso di causalità, 154.

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PARTE II Parte Speciale

159 Capitolo VIII Le codificazioni nei Paesi dell’Est Europeo

8.1. L’Est europeo all’epoca pre-socialista, 159 – 8.1.1. Premesse sto-riche, 159 – 8.1.2. Boemia e Moravia, 160 – 8.1.3. Polonia, 161 – 8.1.4. Paesi Baltici, 162 – 8.1.5. Ungheria e Croazia, 162 – 8.1.6. Russia, 164 – 8.1.7. Valacchia e Moldavia, 166 – 8.1.8. Serbia, Ma-cedonia, Bosnia, Montenegro, Iugoslavia, 167 – 8.1.9. Bulgaria, 168 – 8.2. L’Est europeo all’epoca del socialismo, 169 – 8.2.1. La dottrina socialista: le teorie di Marx ed Engels, 169 – 8.2.2. La storia sociali-sta dopo la rivoluzione di ottobre, 171 – 8.2.3. Politica e diritto all’era socialista, 172 – 8.2.4. Il partito e i suoi obiettivi, 174 – 8.3. Alcuni aspetti e istituti paradigmatici del socialismo, 175 – 8.3.1. Co-stituzioni e organi politici, 175 – 8.3.2. Il concetto di “nazione” per il socialismo, 176 – 8.3.3. Il ruolo della chiesa e delle comunità religio-se, 177 – 8.3.4. L’individuo e i suoi diritti, 179 – 8.3.5. La famiglia, 179 – 8.3.6. La proprietà, 180 – 8.3.7. L’attività di produzione e di scambio e la regolamentazione giuridica, 182 – 8.3.8. Brevi cenni all’esperienza socialista in Jugoslavia, 183 – 8.4. L’Est europeo dopo il periodo socialista, 184 – 8.4.1. La caduta del potere comunista: il nuovo sistema normativo, 184 – 8.4.2. Il ruolo della dottrina e della giurisprudenza, 186 – 8.4.3. I codici e le loro vicende: il codice civile russo, 187.

189 Capitolo IX La codificazione in America Latina

9.1. Il diritto nell’America Latina, 189 – 9.1.1. America Latina: defi-nizione, storia e analogie col Nord America, 189 – 9.1.2. Le differen-ze fra i due subcontinenti, 191 – 9.1.3. L’obiettivo dell’uniformazione giuridica, 193 – 9.1.4. Le fonti del diritto, 194 – 9.1.5. Diritto casti-gliano e diritto coloniale, 195 – 9.1.6. Il movimento per la codifica-zione negli anni dell’Indipendenza, 196 – 9.1.7. Il codice civile cileno di Andrès Bello, 198 – 9.1.8. Il codice civile brasiliano di Teixeira de Freitas, 199 – 9.1.9. Il codice civile argentino di Dalmacio Vèlez Sàr-sfield, 201 – 9.1.10. La codificazione fra XX e XXI secolo, 202 – 9.1.11. Il codice civile cubano, 204 – 9.1.12. Il nuovo codice civile brasiliano, 204 – 9.2. Il sistema giudiziario dell’America Latina, 205 – 9.2.1. Distinzione tra sistema dualista e sistema unitario, 205 –

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9.2.2. Il sistema dualista: Brasile e Argentina, 206 – 9.2.3. Il valore del “precedente vincolante” nell’America Latina, 207 – 9.2.4. La ma-gistratura e lo stile delle sentenze, 207.

209 Capitolo X La codificazione in Cina

10.1. Storia della codificazione cinese, 209 – 10.1.1. La Cina: storia di una difficile codificazione, 209 – 10.1.2. La codificazione all’epoca della Repubblica della Cina, 211 – 10.1.3. La codificazione all’epoca comunista. I “Principi generali di diritto civile”, 211 – 10.1.4. La Bozza di codice civile del 2002, 215 – 10.1.5. La polemica sulla codi-ficazione in Cina, 217 – 10.2. Il sistema giudiziario cinese, 218 – 10.2.1. Il sistema giudiziario cinese e le riforme legislative, 218 – 10.2.2. Il processo penale, 220 – 10.2.3. Il processo civile, 221.

225 Capitolo XI La codificazione in Giappone

11.1. La storia del diritto giapponese, 225 – 11.1.1. Cenni al diritto giapponese arcaico, 225 – 11.1.2. Le riforme Taika, 226 – 11.1.3. Il primo shogunato (1192-1603), 227 – 11.1.4. Lo shogunato di To-kugawa (1603-1868), 227 – 11.1.5. L’apertura del Giappone all’Occidente. La Costituzione Meiji, 229 – 11.1.6. Giurisprudenza e legislazione nelle ere Taisho (1912-1926) e Showa (1926-1989), 230 – 11.2. Le fonti del diritto, 231 – 11.2.1. Premesse generali, 231 – 11.2.2. La legge, 232 – 11.2.3. La consuetudine e il buon senso, 234 – 11.2.4. La giurisprudenza, 235 – 11.3. Il sistema giudiziario giappo-nese, 236 – 11.3.1. Excursus storico, 236 – 11.3.2. L’organizzazione giudiziaria, 236 – 11.3.3. La magistratura, 238 – 11.3.4. Lo stile delle sentenze, 239 – 11.3.5. La struttura delle sentenze, 239 – 11.3.6. Il ruolo della dottrina e della giurisprudenza, 241.

243 Capitolo XII La codificazione in India

12.1. Il diritto indu: le fonti e le raccolte in età precoloniale, 243 – 12.1.1. Premesse generali sul diritto indiano, 243 – 12.1.2. I Veda, capisaldi del sistema induista, 243 – 12.1.3. Il Dharma, scienza non

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giuridica, 245 – 12.1.4. Il codice di Manu, 246 – 12.1.5. Il codice di Narada, 247 – 12.1.6. Le altre fonti tollerate dal dharma, 247 – 12.1.7. La fonte consuetudinaria e il suo predominio nel Tamul, 248 – 12.1.8. Il vihavara, precursore del diritto moderno, 249 – 12.1.9. L’applicazione della regola induista, 250 – 12.2. Il diritto indù tra islam e colonizzazione, 251 – 12.2.1. Le vicende islamiche e l’evoluzione del diritto, 251 – 12.2.2. La colonizzazione britannica, 252 – 12.2.3. L’interpretazione inglese del diritto indù e il legislatore coloniale: nuove fonti del diritto, 253 – 12.2.4. Le nuove frontiere del diritto inglese, 254 – 12.3. Il diritto indù dopo l’indipendenza, 256 – 12.3.1. La Costituzione indiana e le prime leggi dell’indipendenza, 256 – 12.3.2. La giurisprudenza, 257 – 12.3.3. Il sistema giudiziario attuale, 257 – 12.3.4. I tribunali speciali, 259.

261 Capitolo XIII La codificazione nei Paesi Islamici

13.1. Il mondo islamico, 261 – 13.1.1. Cenni generali sull’Islam, 261 – 13.1.2. I vari indirizzi dell’Islam: le scuole sunnite, 262 – 13.1.3. Sunniti e Sciiti, 263 – 13.1.4. Altre tendenze interne all’Islam, 264 – 13.2. Le fonti sciaraitiche, 266 – 13.2.1. Il diritto islamico: la shari‘a e il fiqh, 266 – 13.2.2. Il Corano e i fuqaha, 267 − 13.2.3. La Sunna e gli altri usul al-fiqh, 268 – 13.3. Le materie giuridiche della shari‘a, 270 – 13.3.1. La comunità islamica: struttura e peculiarità, 270 – 13.3.2. Lo statuto personale nella società islamica, 271 – 13.3.3. La famiglia e le successioni, 272 – 13.3.4. Proprietà, diritti reali e obbli-gazioni, 273 – 13.3.5. Il diritto penale, 274 – 13.4. Le fonti extrascia-raitiche, 275 – 13.4.1. La siyasa, 275 – 13.4.2. La consuetudine, 276 – 13.4.3. Il ruolo del legislatore: verso l’età moderna, 276 – 13.5. Il di-ritto musulmano moderno, 277 – 13.5.1. Premesse storiche, 277 – 13.5.2. I nuovi assetti costituzionali: gli stati nazionali, 279 – 13.5.3. Le codificazioni di diritto privato: il codice egiziano, 281 – 13.5.4. Lo statuto personale nell’età moderna, 283.

289 Capitolo XIV La codificazione in Africa

14.1. L’Africa nell’età precoloniale, 289 – 14.1.1. L’Africa subsaha-riana: una realtà variegata e differenziata, 289 – 14.1.2. La società africana tradizionale, 290 – 14.1.3. La norma africana tra tradizione

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e sacralità, 291 – 14.1.4. La famiglia e la persona nella concezione tradizionale, 292 – 14.1.5. La proprietà, 293 – 14.1.6. Il contratto, 294 – 14.1.7. Il fatto illecito, 294 – 14.1.8. Il potere politico, 295 – 14.1.9. La scienza giuridica e gli studi antropoligici del diritto africa-no tradizionale, 296 – 14.2. I rapporti tra l’Islam e il continente afri-cano, 298 – 14.2.1. La diffusione dell’Islam nel continente africano, 298 – 14.2.2. L’Islam e i suoi particolarismi sui territori africani, 299 – 14.2.3. L’interazione dell’Islam col diritto africano, 300 - 14.3. Il Sudafrica all’epoca della colonizzazione, 301 – 14.3.1. Le varie forme della colonizzazione in Africa, 301 – 14.3.2. Diritto europeo e diritto africano a confronto, 302 – 14.4. Il diritto sudafricano dell’Indipendenza, 303 – 14.4.1. La decolonizzazione, 303 – 14.4.2. L’ispirazione socialista, 305 – 14.4.3. La sorte del diritto islamico, 306 – 14.5. Il diritto africano oggi, 306 – 14.5.1. La nascita del diritto sudafricano attuale, 306 – 14.5.2. La svolta democratica: il sistema giuridico sudafricano attuale, 307 – 14.5.3. Le fonti del nuovo diritto sudafricano, 309 – 14.6. Alcuni istituti fondamentali del diritto suda-fricano attuale, 312 – 14.6.1. La proprietà fondiaria, 312 – 14.6.2. La famiglia, 313.

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PARTE I

PARTE GENERALE

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Capitolo I La comparazione giuridica

1.1. Caratteri generali 1.1.1. Nozione Il diritto privato comparato è la scienza giuridica che studia l’insieme di regole appartenenti ai differenti ordinamenti giuri-dici. Autorevole dottrina si chiede se sia più corretto parlare di com-parazione giuridica in luogo di diritto privato comparato, dato che si stratta di materia priva di una specifica normativa, anche se oggi il diritto comparato ha strumenti, concetti e sistematiche proprie. È necessario distinguere tale branca dal diritto internazionale privato: quest’ultimo si prefigge di risolvere i conflitti tra leggi qualora una fattispecie presenti elementi di estraneità rispetto al diritto interno al fine di individuare la legge applicabile al caso specifico. Il diritto privato comparato è invece la comparazione scientifica dei sistemi giuridici, volta a studiare somiglianze e differenze dei vari sistemi, e a prendere in considerazione le diverse appli-cazioni pratiche e sociali. Peraltro, il diritto comparato e quell’internazionale privato hanno comunque dei punti in co-mune: l’esperto di diritto internazionale privato, nel risolvere problemi, deve necessariamente avere una conoscenza dei dirit-ti stranieri ed è quindi nelle condizioni di fare delle compara-zioni. Nella scienza giuridica del diritto comparato si suole distingue-re tra micro−comparazione e macro−comparazione. La macro–comparazione è la comparazione tra le idee fonda-mentali, lo spirito, lo stile che stanno alla base di ogni ordina-mento giuridico mentre per micro−comparazione si intende la comparazione tra singoli istituti nei vari sistemi. La mi-

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cro−comparazione effettua operazioni necessariamente fram-mentarie mentre la macro−comparazione è comparazione di vertice che mira a ricercare lo spirito, lo stile dei sistemi, il mo-do di pensare dei giuristi di un paese ed i loro metodi. 1.1.2. Cenni storici La comparazione giuridica si riscontra già nelle opere di Plato-ne e Aristotele, che, nelle loro opere raffrontavano il diritto del-le poleis. Tuttavia le origini di tale scienza giuridica vengono solitamente ricondotte al 1900, quando, in occasione della grande Esposi-zione Mondiale di Parigi, fu ivi organizzato il primo Congresso Internazionale di Diritto Comparato, che raccolse i principali comparatisti del mondo. Autorevole dottrina1ha suddiviso la storia del diritto comparato moderno in quattro periodi. Il primo, che è si è soliti far ricom-prendere tra il 1800 ed il 1850, è contrassegnato dall’attività di alcune singole personalità come il tedesco Karl Salomo Zacha-riae, professore all’Università di Heidelberg dal 1808 che, ben-ché vivesse nel Granducato del Baden, in Germania, si trovò a soggiacere al Code Napoléon, promulgato nel 1804, adottato dal Granduca del luogo, mentre nel resto della Germania vigeva invece il diritto di origine romanistica. Alla luce di tale situazione il giurista si trovò a eseguire un’opera di comparazione ed adattamento e, dato che Il Code Napoléon difettava di un’opera sistematica, in Germania venne fondata una scuola di giuristi detta Die badisch-franzasiscbe Schule, all’interno della quale Zachariae scrisse la prima opera sistematica di diritto francese per illustrare la nuova codifica-zione recepita dai tedeschi. La rilevanza che per queste ragioni venne assumendo il Code Napoléon in un territorio ove pur vigeva l’usus modernus pan-dectarum portò la nuova scuola a un interesse per lo studio del diritto comparato. E, infatti, Zachariae, insieme a Karl Joseph                                                                                                                          

1 Costantinesco, Introduzione al diritto comparato, Torino, 1996.

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Anton Mittermaier, professore ad Heidelberg dal 1821 fondò la prima rivista di diritto comparato: la Kritische Zeitschnft fiir Rechtswissenschafr und Gesetzgebtrng des Auslands, la cui pubblicazione durò dal 1829 al 1856. Autorevole fu anche il contributo di Mìttermaier, processual-penalista, che, incaricato di redigere un progetto di codice pena-le, affrontò le comparazioni delle legislazioni penali di altri paesi, preoccupandosi di comprendere la regola giuridica per come esisteva nella realtà sociale, non limitandosi a raffrontare le legislazioni, ma tenendo conto anche degli sviluppi dottrinali e giurisprudenziali. Contestuale al lavoro di detti giuristi è l’opera del francese Foe-lix, che, tra il 1834 e il 1850, fondò la Revue dtrangère de légi-slation. Dal titolo delle opere di questo periodo si deduce che la compa-razione era allora intesa più come un raffronto di mere legisla-zioni, senza alcun riguardo alla conoscenza delle realtà socia economica dei vari sistemi come accade nell’odierno diritto privato comparato. Il secondo periodo è quello che convenzionalmente si fa ricom-prendere tra il 1850 ed il 1900. Sono gli anni caratterizzati da giuristi del calibro di Joseph Komer e Levin Goldschmidt, anni in cui inizia ad essere istituzionalizzato lo studio del diritto comparato. In Francia nel 1869 viene fondata la Société de légi-slation comparé, che esiste ancora oggi e nello stesso anno tale società fondò la Revue internationale de droit comparé. Anche in Germania fu fondata nel 1878 una rivista specifica-mente dedicata al diritto comparato, la Zeitschrzftfiir verglei-chende Rechtswissenschaft. Uno dei maggiori esponenti di tale periodo in Italia è il palermitano Emerico Amari (1810−1870), che nel 1857 pubblicò la Critica di una scienza della legislazio-ne comparata (opera divisa in due volumi). Mittermaier considerava Amari il padre del diritto comparato moderno, perché egli andò oltre la semplice giustapposizione di norme, arrivando allo studio del diritto vivente, del law in ac-tion: non si fermò allo studio delle legislazioni, ma arrivò anche allo studio dei formanti dell’ordinamento. In particolare, Amari

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parla del «disonorante divorzio tra scienza e giurisprudenza» e insiste affermando che «il legislatore parla una volta sola, la giurisprudenza a ogni istante, il giureconsulto e legislatore in anticipo, legislatore in piccolo, ma vero legislatore». Il “terzo tempo” del diritto comparato è quello che va dal 1900 al 1950. In questo periodo, vengono fondati i più grandi istituti di diritto comparato. Nel 1924 fu creata l’Académie internatjo-nale de droit comparé; nel 1926 venne fondato in Berlino (sotto la direzione di Ernst Rabel, con la collaborazione di Heymann, Titze e Wolft) l’Institutfiir ausltYndisches und internationales Privatrecht, trasferito dapprima a Tubinga (dove prese il nome, nel 1949, di Max-Planck-Insatut fùr ausljndjsc/.es und interna-tionales Privatrecht), e successivamente ad Amburgo, dove an-cor oggi si trova. Nello stesso anno, su proposta di Antonio Scialoja, fu fondato a Roma, dalla Società delle Nazioni, l’Institut international pour l’unification dii droit privé UNIDROIT: l’acronimo deriva, ap-punto, dalla combinazione delle parole francesi unification e droit, che oggi è sostenuto da 61 Stati e che al suo interno ha una notevole biblioteca, anche se non paragonabile con quella di Amburgo. Altro importante istituto di diritto comparato è quello di Losa. 1.1.3. La ratio L’analisi dei diversi sistemi ha scopi differenti: in primo luogo serve a ricercare il modello giuridico migliore; in secondo luo-go, permette la conoscenza di un insieme di regole di altri paesi favorendo la conoscenza di ogni sistema, sottolineandone affi-nità e differenze; in terzo luogo, il diritto comparato è utile per trovare e preparare materiali che possano successivamente ser-vire al legislatore nazionale. A tal riguardo si pensi, a titolo esemplificativo, al Testo Unico della Finanza del 1998, alla riforma del diritto delle società di capitali e delle società cooperative del 2003, da ultimo alla c.d. legge sul risparmio, tutti provvedimenti emanati anche in segui-

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to al recepimento nel nostro sistema di molti istituti del diritto straniero. Inoltre, il diritto comparato è funzionale per l’interpretazione e la ricostruzione del diritto nazionale, specialmente in relazione agli istituti trapiantati da altri sistemi o a causa di lacune come per l’istituto della garanzia bancaria a prima richiesta, ispirato a modelli tedeschi, la conoscenza dei quali è quindi utile per una completa comprensione dell’istituto. Infine, la comparazio-ne ha un rilievo educativo, contribuendo alla formazione del giurista ed è un utile strumento per la preparazione del diritto uniforme, là dove un’unificazione sia possibile. La Convenzione di Vienna sulla vendita di beni mobili, e quella sul contratto autonomo di garanzia, o le Convenzioni di Gine-vra su cambiale e assegno, o le varie direttive comunitarie sono nate appunto da un compromesso tra le varie legislazioni.

1.2. L’attività di comparazione 1.2.1. Il metodo Lo studioso dovrà porre la sua attenzione tanto alla formulazio-ne legale tanto alla regola interpretata dalla dottrina e giurispru-denza. La comparazione comporta l’analisi giuridica delle varie regole. Autorevole dottrina ha elaborato la teoria dei formanti (Sacco), poi accolta anche all’estero. La teoria di Sacco individua tre formanti: a) la legge, o comunque la norma giuridica; b) l’interpretazione della legge data dalla dottrina; c) l’interpretazione della legge data dalla giurisprudenza. Per effettuare una corretta comparazione non si può prescindere dall’analisi di tutti e tre i formanti. I vari formanti di un ordi-namento tendono ad influenzarsi. In un dato ordinamento, la proposizione dottrinale influirà sulla massima giudiziaria. In un altro ordinamento avverrà l’opposto. Si noti ora che la dicotomia più importante in tema di formanti è quella che distingue le regole che costituiscono, esse stesse,

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altrettanti criteri di decisione, e le preposizioni elaborate per enunciare, pensare, recitare e comunicare la norma stessa. È una regola, ad es. il criterio in base al quale il giudice decide. È una definizione la massima enunciata dal giudice. Le con-traddizioni fra regole ed enunciazioni si colmano ricorrendo a finzioni, a presunzioni assolute e a definizioni accomodanti vol-te ad affermare l’identità di due fatti disomologhi (ad es. la no-zione “dichiarazione tacita” implica l’equazione: silenzio = di-chiarazione). Gli enunciati, le formulazioni, i concetti apparte-nenti a ordinamenti molto dissimili l’uno dall’altro tendono a divaricarsi tanto più quanto più sono generali. Viceversa, le regole applicative e le soluzioni pratiche tendono a una maggiore compatibilità. Taluni concetti molto generali possono essere presenti in alcuni sistemi e non avere un corri-spondente in sistemi diversi. Così la categoria del diritto soggettivo non aveva un omologo nelle concezioni asiatiche del diritto non ancora influenzate dal modello occidentale. La stessa categoria generale del diritto (in senso oggettivo), quale s’intende nel modello occidentale, non ha un omologo nelle altre concezioni. Il sistema fiorito nella cultura islamica mette al centro della scena la shari‘a, regola giuridica rivelata, impropriamente defi-nita “diritto islamico”, e la tiene separata dalla regola imposta dallo Stato (siyasa). La visione indiana tradizionale non unisce in un contenitore uni-co il dharma, norma coordinata con la sapienza delle cose invisi-bili, la consuetudine popolare laica e il precetto principesco. La concezione cinese non confonde il li, suggerito dai sapienti che sono imbevuti di filosofia, il fa, norma imposta dall’autorità, e la consuetudine laica e popolare”2. 1.2.2. I problemi di traduzione Altro problema del comparatista risulta essere quello della lin-gua, dato che ogni giurista comparatista analizza i diversi si-                                                                                                                          

2  A. Gambaro, R. Sacco, Sistemi giuridici comparati, UTET, Torino 2002, p.7.  

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stemi e scrive dei risultati della comparazione eseguita in una lingua che non è la propria3. Non di rado, un sistema utilizza delle nozioni che non hanno ri-scontro in altri ordinamenti giuridici oppure può accadere che paesi che parlano la stessa lingua possano avere vocabolari giu-ridici differenti e tutto ciò comporta delle notevoli difficoltà di traduzione. Si pensi, a tal riguardo, alla parola francese contrat che richia-ma la parola inglese contract. Orbene, il concetto di contrat francese non corrisponde a quello di contract perché nell’ordinamento inglese non rientrano nel genus contrattuale né le donazioni, né gli accordi volti a trasferire la proprietà di una cosa. Vi sono, poi, le difficoltà legate alla diversità delle strutture lin-guistiche o all’utilizzo di particolari figure retoriche. A tutte queste problematiche si aggiunga che in ogni ordina-mento giuridico sussistono categorie puntualmente definite ed altre che si possono ricostruire o in modo generico ed elastico o in modo più puntuale. Si pensi alla nozione di “fatto illecito” che, genericamente, può essere definito come il torto che de-termina la responsabilità extracontrattuale o, in modo più pun-tuale, come la fattispecie costituita dalla condotta imputabile, dalla colpevolezza, dall’ingiustizia, dal nesso causale e dal dan-no. Generalmente, spetta alla scienza giuridica l’accertamento del significato di un termine giuridico. Nell’ipotesi in cui il compa-ratista s’imbatte in un problema di traduzione può scegliere va-rie soluzioni per risolverlo. Può capitare che la corrispondenza concettuale e semantica sia ben garantita e, in tal caso, il comparatista non riscontrerà nes-

                                                                                                                         3  Sulle problematiche di lingua e di traduzione Beauprè, Kitamura, De Groot, Her-bots, Sacco, La traduction juridique, in Les cahiers du droit, XXVIII, 1987, Quèbec e Montreal, p. 733 e ss; Beauprè, Construing Bilingual Legislation in Ca-nada, Toronto 1981; Strashun, Traslating Political and legal Terminology, in So-viet Law, 1982, p. 84 e ss.; Sacco e Castellani (dir.), Les multiples langues du droit europeen uniforme, Torino 1999 ( ivi relazioni di Campana, Didier, Fletcher, G. Gallo, Kazirer, Lundmark, Monateri, Morèteau, Sacco, Snow, Vanderlinden.  

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sun problema di traduzione. Vi sono poi parole che non si tra-ducono, si pensi al titolo esemplificativo alla parola trust. Altre volte sarà necessario accertare quale sia la disparità del signifi-cato delle nozioni in esame ed, a volte, il comparatista sarà co-stretto a formulare neologismi difettando la lingua n cui si esprime di un termine simile. 1.2.3. L’analisi dei diversi sistemi Nel mondo esistono sistemi giuridici differenziati. Uno stesso insieme di norme può essere in vigore in più Stati oppure diver-si gruppi di norme possono essere in vigore in un solo Stato. Le differenze e le affinità tra i sistemi possono avere portata maggiore o minore. Il comparatista dispone delle tecniche che occorrono per misurare le distanze tra i sistemi. Nell’analisi di un sistema lo studioso dovrà redigere una specie d’inventario delle caratteristiche principali dell’ordinamento preso in esame. Una disciplina all’occorrenza preposta è la sistemologia, che si occupa della raccolta dei dati utili di un sistema, indicando gli elementi permanenti di un dato ordinamento. Ogni scienza che si occupa dei fenomeni comparabili tende al raggruppamento dei sistemi in base ai punti di contatto tra i medesimi. Negli anni Sessanta R. David nell’analisi e comparazione dei modelli giuridici ha contrapposto il sistema romano−germanico a quello socialista e a quelli che si fondavano sul common law di origine inglese. Tale studioso ha proceduto all’analisi dei vari sistemi, raggrup-pandoli in famiglie. Il modello romano−germanico comprende i sistemi che dal XII secolo ai giorni nostri si sono sviluppati nel continente europeo a sud dello Jutland e a sud−ovest della fron-tiera orientale del Santo Romano Impero. I sistemi socialisti so-no, invece, quelli che hanno caratterizzato le aree dell’Unione Sovietica, dei paesi socialisti europei, della Cina, del Viet Nam, di Cuba. Quanto ai sistemi di common law, questi trovano le loro radici in Inghilterra, ove i re normanni insediarono delle corti regie,

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che, inizialmente dotate di poteri limitati, giudicavano solo di certe azioni tipiche. Le regole che le corti dovevano adottare nei procedimenti non erano quelle provenienti dal modello romano, bensì un diritto che si riteneva comune a tutto il regno, che si sarebbe radicato in via consuetudinaria: il common law. Gli in-glesi prendono conoscenza del loro diritto attraverso i prece-denti giudiziari. Tale sistema si è diffuso in tutte le antiche e re-centi colonie inglesi: negli Stati Uniti d’America, in Canada, in India, in Australia, in Nuova Zelanda e in numerosi paesi afri-cani. Vi sono poi alcuni ordinamenti in cui sono presenti sia elementi romanistici sia altri di tipo anglo−americano, sistemi che vengono solitamente classificati come misti. Le classifica-zioni operate da R. David non sono state esenti da critiche. Taluni studiosi hanno ristretto l’efficacia delle sue classifica-zioni unicamente per l’area del diritto privato, ritenendo i suoi raggruppamenti privi di utilità per il diritto pubblico, altri com-paratisti volevano inglobare i sistemi socialisti nella famiglia romanista, altri ancora lo hanno tacciato di eurocentrismo. Uno dei perni dello studio di R. David e la dicotomia tra sistemi di common law e sistemi romanisti, classificazione non da tutti condivisa, da un lato perché sussistono punti in comune tra i due sistemi, dall’altro perché si prende coscienza del fatto che le divergenze tra il diritto anglo−americano e quell’europeo−continentale riguardano più l’apparato concet-tuale didattico ed espositivo predisposto per lo studio del diritto e non il contenuto delle norme e i valori che le stesse intendono garantire. In realtà nello studio del diritto comparato non si può prescin-dere da una classificazione. Tuttavia non si può pretendere troppo da essa in quanto proprio la variabilità di ogni sistema talvolta rende eccessivamente difficile ogni opera di raggrup-pamento. “In sintesi molti sistemi accolgono, nel loro interno, una molteplicità di modelli, che si contendono e spartiscono gli

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strati sociali del paese, o i vari settori del diritto, o i vari for-manti dell’ordinamento”4. 1.2.4. Le differenze tra i vari sistemi Ogni comparatista dovrebbe disporre delle tecniche che occor-rono per misurare le differenze tra i sistemi e, conseguentemen-te, adottare criteri diversi a seconda dei casi. Le distanze più profonde tra i vari sistemi riguardano spesso re-gole non scritte, come ad esempio, il grado di ottemperanza prestato dai giudici agli studi dottrinali e al precedente giuri-sprudenziale. A ben vedere, ogni giurista, anche non specializzato nella com-parazione, sa che intercorrono delle differenze tra i sistemi. Il diritto non è separato dagli altri fenomeni sociali come la lin-gua e la cultura di quel determinato popolo e tali distanze tra i sistemi possono implicare delle incompatibilità e, talvolta, dei conflitti. Le differenze sono, a loro volta, frutto delle variazioni, dei cambiamenti, sintomatici di un progresso. Il diritto è soggetto a continua mutazione tale che da forme giu-ridiche elementari e semplici si è passati a forme via via più complesse, idonee a risolvere problemi più difficili. Soggetto della mutazione è, in primo luogo, la norma giuridica apparte-nente ad un dato ordinamento. Il cambiamento riguarda un for-mante dell’ordinamento e poi si estende agli altri. Ma quali sono le cause delle innovazioni giuridiche? Il giurista presta la sua attenzione, in primo luogo, alle cause ex-tra−giuridiche, analizzando come fattori sociali ed economici siano alla base di scelte e soluzioni giuridiche. L’analisi dell’evoluzione di questi elementi ha evidenziato però che solo le mutazioni sociali più radicali hanno determinato una corrispondente mutazione del diritto. “In un numero non eleva-to di casi, l’innovazione creativa dipende da una (per lo più consapevole) scelta politica, veicolata da mutazioni nella scala

                                                                                                                         4  A. Gambaro, R. Sacco, op. cit., p.22.  

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di valori e nella ideologia delle persone in grado di influire sul dato giuridico (ad es., verso la fine del XIX secolo hanno smes-so di applicare la norma sulla carcerazione per i debiti). In qualche caso, interviene una tendenza all’analogia (regole romane sull’actio legis aquiliae hanno preso a reggere ogni ipo-tesi di fatto illecito nel diritto dei paesi romanisti; regole roma-ne sulla compravendita hanno preso a reggere ogni ipotesi di contratto). Essa opera livellando soluzioni diverse all’interno di un siste-ma. Il fenomeno ha attirato l’attenzione dei linguisti, i quali chiamano “diffusione lessicale” la comunicazione di una novità da una parola all’altra (per effetto di essa, ad es., le divergenze che si creano nella flessione di vari verbi tendono a riassorbir-si). I giuristi fin qui non si sono molto interessati al fenomeno, ma c’è motivo di congetturare che anche nel campo giuridico la tendenza alla simmetria veicoli ristrutturazioni importanti di ogni sistema. In altri casi opera sicuramente, a favore delle diversificazioni, un’attitudine del giurista a scorgere delle peculiarità dei fatti ra-gione di distinzione e di trattamento speciale. Non spetta al giu-rista dire donde nasca questa attitudine”5. 1.2.5. Verso l’unificazione del diritto Possiamo affermare che da sempre gli esseri umani hanno senti-to l’esigenza di una grande lingua che permettesse alle differen-ti etnie di comprendersi reciprocamente e, anche nel diritto, si avverte l’esigenza di un’unificazione. Il concetto di unificazione è parzialmente diverso da quello di diritto uniforme. Si è alla presenza di diritto uniforme quando in vari Paesi vige la stessa regola legislativa (es. la convenzione ginevrina sulla cambiale). La legge uniforme, di per sé, non determina l’unificazione del diritto: fatte salve le eventuali opzioni adottate dai singoli Paesi,                                                                                                                          

5  Ivi, p. 41.  

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la legge uniforme, teoricamente uguale per tutti gli Stati stipu-lanti la relativa convenzione, viene infatti interpretata dai giudi-ci nazionali, in base alle differenti categorie giuridiche e ai principi di ciascun ordinamento. Attualmente si avverte sempre più l’esigenza di una unificazione del diritto. Le tecniche per tale unificazione sono diverse e possono così essere sintetizzate: — le leggi uniformi: i vari Stati liberamente aderiscono alle

convenzioni, adottando quindi tutti una medesima legge; — l’unificazione contrattuale: sviluppatasi all’inizio del seco-

lo nell’ambito degli ambienti economici, una simile tecni-ca comporta l’elaborazione di clausole contrattuali che si sostituiscono, nella prassi commerciale, alle norme stabili-te dai vari legislatori nazionali. Caratteristica di questa tec-nica è l’unilateralità della predisposizione, aspetto quest’ultimo oggi superato dalla redazione di tali regole per opera di organismi internazionali neutrali;

— la giurisprudenza: anche questa può portare all’unificazione del diritto qualora le Corti adottino un’interpretazione uguale di regole identiche o sostanzial-mente simili;

— la dottrina: modelli di norme uniformi, non vincolanti e avvicinabili ai restatements nordamericani.

Ma quali sono i vantaggi e i costi di tale unificazione? Essa evita innanzitutto le pericolose contraddizioni create dai conflitti di norme nello spazio, che hanno determinato fastidiosi imbarazzi nelle relazioni internazionali. La disparità di trattamento dei rapporti può disincentivare gli scambi, distorcere il mercato, disorientare gli operatori. Tutto ciò ci permette di comprendere come l’unificazione del diritto sia vista come un bene da chi si occupa di comparazione, anche se comporta dei costi, dato che spesso essa sacrifica l’identità culturale dell’area portatrice del modello più debole.