Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È...

100

Transcript of Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È...

Page 1: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,
Page 2: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,
Page 3: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

Collana “Gli Emersi - Narrativa”

Page 4: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

Prima Edizione: Febbraio 2018Tutti i diritti riservati©Aletti Editore di Altre Sembianze S.r.L.Via Mordini, 2200012 Villanova di Guidonia (RM)Tel. 0774/[email protected]

Profilo facebook:www.facebook.com/alettieditoreProfilo Twitter:http://twitter.com/alettieditoreAletti Editore Channel:http://www.youtube.com/alettieditorechannel

Progetto grafico e impaginazione:Valentina Meola - Altre SembianzeImmagine in copertina:Giovanna Ugolini, Ricordi di scuola, tempera su cartone, 2012 (30x40 cm)Collezione privata dell’Associazione Museo della ScuolaSi ringrazia per l’utilizzo dell’immagine Umberto Cattabrini.

Stampa:GlobalPrint S.r.L.Gorgonzola (MI)

ISBN: 978-88-591-4841-8

Page 5: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

Lidia Maggioli

Maggiorenni nel Sessantotto

Aletti Editore

Page 6: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,
Page 7: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- Alle ragazze di allora- Alle nostre veglie di studenti- A tutti i miei cari. Piccoli, medi e grandi.

Page 8: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

I nomi di persona e di luogo, dove non evidente il contrario, sono frutto di fantasia. Le vicende, ripescate nel pozzo della memoria, sono state composte liberamente.

Page 9: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 9 -

LA LEGGE

Partiamo da Socrate. Ci ha insegnato con la sua condotta che la legge va rispettata fino al punto da accettare l’amaro calice. Fino a che non ne sarà varata una nuova.

Ebbene, la legge stabiliva che noi a diciott’anni suonati fossimo come degli infanti di quattro, minori esclusi dal voto e indegni di essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, se eri nato nel millenovecentoquarantasette raggiungevi la maggiore età nel millenovecentosessantotto, a ventun anni. Era la legge, quella che pochi anni dopo sarebbe stata modificata grazie a quanto aveva-mo detto, scritto e dimostrato di saper fare.

Per riscoprire come eravamo quando la nostra avventura ha preso inizio, mi aspetta un bagno totale nel passato. E una lunga traversata per riemergere.

Page 10: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 10 -

Qui per restare nello stesso posto devi correre più che puoi.Se vuoi andare da qualche parte devi correre almeno il doppio.Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie

PRIMI PASSI 1

A Collina ho lasciato l’infanzia e i primi amici della mia vita. Que-gli anni non me li toglie nessuno. Le femmine, dicono, sono più calme dei maschi e più facili da gestire. Per quanto mi riguarda, ne combinavo di grosse sia a fatti che a parole. Tengo per ultima la più imbarazzante in assoluto, giusto per far capire come si comportava la personcina sveglia ed esigente che portava il nome di Eugenia.

Eugenia sono io, versione femminile di mio nonno paterno nel nome e nella natura ribelle dei capelli. Fatica sprecata tentare di do-marli.

Da bambina avevo una discreta opinione di me stessa. A parte l’e-pisodio che mi ha fatto apparire avventata, supponente e sciocca, ho sempre agito per il meglio, magari senza rendermene conto. Non è che ogni due minuti uno dica a se stesso: si fa così, si fa cosà, le buo-ne maniere impongono questo o quest’altro. Viceversa, abbiamo la certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno, la nota del maestro, l’urlo di nostra madre o lo scapaccione di nostro padre.

La scuola era un palazzaccio solitario in vetta alla collina, le aule tutte uguali e con gli stessi difetti. Dai finestroni che facevano passare la luce entrava pure il vento. Non di tanto in tanto come succede nel resto del mondo ma pressoché ogni mattina, ne sentivamo il sibilo sul collo. Si scriveva su una lavagna nera, graffiata e mobile. Avendo i piedi di legno, per risparmiarle la fine di Pinocchio andava tenuta

Page 11: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 11 -

lontana dalla stufa. Stesso discorso per i banchi di tavole stagionate, tutti a due posti. La misura ha permesso a me e a mia cugina Liliana di stare incollate l’una all’altra per cinque anni. Anche troppo secon-do il maestro, diceva che io la dominavo e lei subiva. Se era così do-veva cambiarla di posto senza badare alle nostre proteste. Eravamo entrambe figlie uniche, lo siamo state fino a quando mia madre non ha deciso di mettere al mondo un altro bambino. La zia non poteva essere da meno, l’ha seguita con quattro mesi di ritardo. Ormai abita-vamo tutti in città, loro ci avevano raggiunti un anno dopo perché tra l’orto e tutto il resto non erano riusciti a fare prima di così.

Quando faceva tanto freddo il grembiule non si vedeva, bisogna-va tenersi addosso sciarpa e cappotto. D’inverno si avvertiva di più anche la fame che per la maggioranza di noi era sempre presente, fastidiosa, pungente e con la stessa intensità sia prima che dopo colazione. Meglio sorvolare su cosa mangiavano i miei compagni, per me era pane secco nel latte caldo leggermente zuccherato. Lo sorbivo seduta al tavolo dalla piana di marmo che faceva rabbrivi-dire solo a guardarlo. L’aria non poteva riprendere il calore perduto durante la notte se la stufa restava spenta, il fornello a gas mandava una debole fiamma. Di mattina papà si dilungava in bagno e la mam-ma era già presa dal pensiero dello stuolo di scolari che l’aspettava in classe, bambini duri di comprendonio per come ne parlava. Più tardi sarebbe arrivata Leda a sbrigare qualche faccenda e a farci trovare un bel tepore asciutto all’ora di pranzo. Solo in cucina, le altre stanze restavano strette nel gelo, eravamo abituati.

A farmi rabbrividire anche più del marmo era la tendina scolorita appesa sotto l’acquaio con dietro secchio di servizio, bidone dei ri-fiuti e orcio dell’acqua, l’acqua attinta alla fontana. Mentre rigiravo il cucchiaio nella tazza non osavo soffermarmi sulla scoperta che feci quel giorno nel mestolo colmo, appena estratto dalla pancia di terracotta. Lottavo con tutta me stessa per non pensarci. Il babbo intanto ascoltava il giornale radio e la mamma sfogliava il registro scolastico che portava sempre a casa dopo aver lasciato il palazzac-

Page 12: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 12 -

cio. Allora pensavo che la scuola fosse al centro della sua vita, oltre che della mia.

Per scordarmi della macabra tendina dovevo uscire in strada e rag-giungere gli altri bambini. Non aspettavo mai la mamma, scappavo di gran carriera senza scambiare con papà neppure un bacio. In casa nostra certi contatti non usavano e non immaginavo che da qualche parte potessero usare.

Dopo la partenza tra le case, si procedeva in salita per un tratto de-serto fino al piccolo ghetto appena sotto il cortile della scuola dove si aggiravano solo anziani e invalidi. Gli adulti si erano già mossi per andare al lavoro e i bambini di lassù entravano in classe prima di noi.

Sull’area erbosa che fungeva da piazzale si faceva la pausa all’a-perto, più o meno lunga a seconda della stagione e dell’estro del maestro che poteva decidere di portarci fuori anche con la neve. Per rinfrescarci le idee, diceva. Dove finiva il prato iniziava una penden-za a rompicollo senza ringhiere o staccionate. In primavera passava-mo l’ora d’aria a sedere sul ciglio, le gambe penzoloni nel vuoto, le noccioline in tasca e i nostri segreti a fior di labbra. Non si ruzzolava giù solo perché lungo il pendio prosperavano pini e quercioli, nella peggiore delle ipotesi potevano trattenerci. In ogni caso, l’abbiamo capito abbastanza presto che non conviene sporgersi più di tanto.

A me e a Liliana, detta familiarmente Lili, era toccato l’unico ma-schio diplomato maestro di cui ci fosse memoria nella storia del paese. Uomo solitario e di poche parole, sembrava più ansioso di noi di lasciare l’aula, con grave scandalo delle colleghe. Le più irri-tate nei suoi confronti erano le sorelle Esperia e Rosa Spaggini, due insegnanti super. Rosa era mia madre, Esperia la madre di Liliana, ovvero mia zia. Essendo le più brave in assoluto concedevano un intervallo brevissimo. Durante le nostre uscite restavano in aula con la porta spalancata per vederci rientrare uno alla volta e avere la conferma che io e Lili non ci eravamo sfracellate sulla strada sotto-stante mentre quel lavativo del collega arava il cortile, mani in tasca e sguardo assente.

Page 13: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 13 -

Le amiche ci consideravano fortunate ad avere la mamma maestra ma era Lili che invidiavano, non certo me. Rosa Spaggini si per-metteva di richiamare i bambini delle altre classi anche in presenza dell’insegnante legittimo e dava lezioni di disciplina a tutti quelli che incrociava sul suo cammino. Dire che incuteva più soggezione dell’i-spettore, quell’ometto laureato in pedagogia che compariva quando meno te l’aspettavi e solo per creare grane agli insegnanti, non è la solita esagerazione di Eugenia.

Se avesse avuto la bocca, la scuola elementare di Collina ne avreb-be raccontate delle belle. Luogo di culto pagano in tempi remoti, era stata prima rocca fortificata e in seguito base di manovra dei prepo-tenti che spadroneggiavano in Italia neanche tanto tempo fa. Renato detto il sapientone, figlio del professore, sosteneva che in entrambi i periodi il dirupo intorno al palazzaccio era diventato una tomba. Era lì che venivano gettati i corpi senza vita dei nemici. L’ultima dittatura si era conclusa poco prima della nascita di tutti noi della quinta B, leva del 1947. Delio Ortolani non bocciava, altro grave scandalo per le sorelle Spaggini che per quanto le riguardava, con il registro trovavano il modo di picchiare sodo.

La facciata della scuola era triste e scalcinata quanto l’interno. In basso si apriva un portone a due ante preceduto da uno scalino trop-po alto per le nostre gambe, e a metà correva un terrazzino cieco senza che vi si aprisse alcuna porta. Mi chiedevo come facessero ad arrivare fin lassù i fanatici del duce. Si arrampicavano da sotto con la scala o si lasciavano calare dal tetto? Me lo chiedevo abbastanza spesso. La domanda andava posta all’uomo che per ventura ci avreb-be tenuti sotto l’ala per cinque anni. Io volevo che lo facesse Renato, ma il sapiente figlio di professore non la riteneva degna di nota. Per parte mia fin dalla terza elementare avevo giurato di ignorare l’Orto-lani maestro. Non era cattivo, stava anche mezz’ora a parlare con la madre di un bambino ammalato e quando ridevi in classe o davi uno spintone non ti faceva assaggiare la bacchetta di legno com’era nei

Page 14: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 14 -

suoi diritti. Il fatto era che non ti ascoltava, aveva sempre in mente qualcos’altro, qualcosa da farti fare. Appena si entrava in aula, an-ziché rispondere alle osservazioni dei poveracci che erano presi da un dilemma o da un problema urgente, esclamava tutto agitato: “Su, basta sciocchezze, prendete grammatica.”

Noi allora sapevamo che il quaderno andava girato sul rovescio. Dall’altro lato era ospitato l’italiano vero e proprio che procedeva con mutazioni automatiche da una classe alla successiva. Alfabeto in prima, pensierini e dettato in seconda, riassunti e dettato in terza, commenti e dettato in quarta, cronache e temi in quinta, per finire con il tema d’esame.

Ascoltare e stare dentro le righe, solo questo si doveva fare. Due ore passavano così. In caso di errori era permessa la gomma da in-chiostro e gli strappi erano tollerati. Ho bucato senza conseguenze anche la storia di San Francesco e il lupo di Gubbio, quando la bestia alla fine

andava in mezzo ai bimbi come un vero agnelloe leccava la gota a questo e a quello.Davvero un gustoso passatempo sfogliare i quaderni consegnati

alla storia per recitare le rime più riuscite. La poesia del santo scor-reva come l’olio e favoriva il sonno. Niente a che vedere con Valen-tino vestito di nuovo, ragazzo dai piedi scalzi come l’uccello venuto dal mare. Cosa diavolo voleva dire? Se lo chiedeva la totalità della classe. La maggioranza di noi aveva alle spalle modeste famiglie di campa-gna. L’unico a emergere tra i figli dei contadini era Arturo. Sedeva nel banco accanto al mio e non la smetteva di fissarmi, quasi volesse leggere nei miei occhi la conferma delle risposte che si era dato da solo. Voleva imparare tutto, era deciso a farcela a ogni costo.

“Bravo, neppure un errore”, esclamava soddisfatto Ortolani quan-do gli riconsegnava il quaderno. Pensava che fosse merito suo se l’alunno era così pronto e capace.

Page 15: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 15 -

2

Arturo era pronto anche a scommettere che dalla mia finestra sul retro non potevo avvistare i pesci che guizzavano nel fiume. Io insi-stevo, li avevo visti un sacco di volte. Perché no?

“Non dire sciocchezze, Eugenia, da quella distanza non è possibile vederli, a meno che tu possieda un cannocchiale. Ce l’hai?”

No, per niente. Comunque non può sapere tutto lui, Amati Ar-turo. E poi di quale distanza sta parlando? Non avevo idea dei chi-lometri che mi separavano dal fiume. Come si faceva a calcolare questa benedetta distanza? Si stendeva il metro per terra e lo si man-dava avanti pezzo dopo pezzo contando le ripetizioni? Insomma, io i pesci li vedevo dove e quando mi pareva.

“Andiamoci”, ha proposto, “saranno le tue gambe a misurarla”.Le gambe? Allora non si misurano i metri, ma la fatica. Oppure il

tempo? “Dimmi un po’, vuoi prendermi in giro, Amati?”“Amati sarai tu.”Così finiva il battibecco.L’amico era sicuro che in meno di quattro ore si potesse andare

e tornare, conosceva la strada, suo padre l’aveva portato con sé un paio di volte. Conveniva fare da soli, se avessimo chiesto il permes-so, i nostri genitori ce l’avrebbero negato. Per lui un giorno o l’altro era lo stesso, visto che i suoi lo lasciavano scorrazzare per i campi a libero piacimento suo, io avevo una scelta più limitata, dipendevo dagli orari della corriera.

Page 16: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 16 -

Il sabato pomeriggio la ben nota vettura azzurra che partiva da piazza Garibaldi alle due e un quarto spaccate, imbarcava i paesani con la fregola della città. In quel giorno della settimana mia madre sparecchiava la tavola alla rinfusa, correva in camera a cambiarsi e scendeva le scale rivestita da capo a piedi, ticchettando sui tacchi. Oltre al giro dei negozi, con i piccoli acquisti che dovevano con-solarla della settimana passata e di quella futura, si concedeva una vera parrucchiera. I suoi bellissimi capelli, dai riflessi quasi blu tanto apparivano corvini, non potevano farsi strapazzare ulteriormente e irrimediabilmente dalla Gina, una squilibrata che accoglieva le clienti in cucina, si serviva della vasca dei piatti per i lavaggi e infilava le teste bagnate in una specie di pallone di plastica con il tubo dell’aria colle-gato alla corrente elettrica, mentre poco più in là bollivano le cipolle. Si rischiava di finire arrostite o magari lessate, e senza testimoni.

“Basta, giuro che la terrona non mi vede mai più”, aveva promesso l’ultima volta.

Gina era nata a Santa Beatrice, venti chilometri a sud di Collina.Papà avrebbe preferito leggersi il giornale spaparacchiato in pol-

trona, ma non gli piaceva mandarla sola in città con tutto quel via vai di automobili che non potevi neppure attraversare la strada e stavi sempre dalla parte sbagliata. Allora le dava il braccio, sempre lo stesso, si avviava con lei alla fermata e mi diceva di fare la brava fino al loro ritorno. Quando si ricordava.

Di tanto in tanto papà ne approfittava per farsi tagliare i capelli, che gli crescevano solo sul collo in un ciuffetto arricciato. La barba se la faceva nel bagno di casa canticchiando La pansè o La donna riccia di Renato Carosone.

La bottega del barbiere di Collina, per tutti Enzo il repubblicano, non gli andava a genio per svariate ragioni. La prima era che en-trando ti accoglieva la faccia anemica di Giuseppe Mazzini - e lì ho capito che Luciano Amati, mio padre, non era ancora un convinto fautore della repubblica - in secondo luogo, in quella stanza senza prese d’aria eccetto la porta, si soffocava letteralmente dal fumo.

Page 17: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 17 -

Terzo e non ultimo, non si parlava d’altro che di politica e di donne. Legittimo domandarsi perché dei maschi non ci sia molto di nuovo da dire, un dubbio che continua ad assillarmi.

Infine, e soprattutto, Enzo il barbiere non andava a messa.Da tempi immemorabili la domenica mattina a Collina c’era mer-

cato. In quel giorno della settimana i villani si presentavano in piazza vestiti e calzati, col proposito di prendersi le loro brave soddisfa-zioni. Una sosta da Enzo per farsi oliare la chioma, un giretto tra i banchi alimentari per gustare il fritto o la trippa, una buona fumata davanti al bar e una strisciata di suole sul sagrato della chiesa, giusto per dimostrare che anche loro erano umani.

In definitiva, grazie ai clienti della campagna, il barbiere di dome-nica lavorava più degli altri giorni.

Ad essere onesti, si trattava di una scusa bella e buona. Enzo non sopportava né preti né suore, gente che predica bene e razzola male, un giudizio ripetuto a tal punto da farmi quasi credere di averlo capi-to. Ne saltavano fuori parecchie di battute sconvenienti dalla bocca di quell’uomo completamente calvo che in un colpo solo sistemava la testa altrui e faceva pubblicità al rasoio. La bottega si trovava nel-la prima casa a sinistra della nostra. A volte mi sedevo sul gradino esterno fingendo di giocare, mentre non perdevo una parola delle tante che correvano tra le poltrone girevoli, neppure quelle che non capivo, soprattutto quelle.

La costanza dei miei genitori nel farsi curare i capelli e l’orario della baldanzosa corriera azzurra che il sabato rientrava a Collina alle sette di sera, non un minuto prima, potevano farmi comodo se davvero volevo tentare di raggiungere il fiume. Bastava aspettare, sincronizzarsi con Arturo e tenere pronti gli scarponi.

Ottobre, primo mese di scuola della quinta. Papà era ancora in casa con noi.

Per evitare di essere intercettati da Pietro e Stella ci siamo ritrovati appena oltre la fattoria. L’unica nostra risorsa, la bottiglia riempita con l’acqua del pozzo, spuntava dalla sacca che Arturo portava a

Page 18: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 18 -

tracolla sulla camicia a scacchi. Partenza alle due e quarantacinque del pomeriggio, rientro ahimè leggermente più tardo del previsto. La corriera era arrivata e ripartita.

Il sentiero di terra battuta solcato dalle ruote invisibili dei carri e dei rari trattori, era bordato sulla destra da una fila di gelsi nodosi che ne seguiva l’andamento serpeggiante. Al risuono dei nostri passi le foglie ancora verdi tremavano per lo scatto degli uccelli che de-cidevano di fuggire dai rami alti. Cardellini, cinciallegre e pettirossi, nomi che il mio amico assegnava all’istante a quelle ali indiavolate dopo averle rincorse con lo sguardo. Mi fermavo spesso ad ammi-rare il paesaggio. Sembrava impossibile che appena sotto casa mia spuntasse un mondo così mosso e sorprendente. Nelle pieghe tra le alture comparivano fenditure aride, mentre colore e morbidezza dominavano negli spazi aperti. Al pari di noi, i campi si stavano di-menticando dell’estate, tornavano a coprirsi di un bel verde intenso.

Ovunque si aprivano scenari inaspettati. Ulivi velati da una mano d’argento, pioppi dalle foglie crepitanti, querce solitarie, filari di viti, ciliegi capaci di riprodursi nei greppi, tra le siepi e oltre le siepi, an-goli abitati. Le fattorie punteggiavano la campagna, con case basse precedute dal porticato e il pozzo al centro dell’aia. Uomini e donne si aggirano tra il canneto, la vasca del letame e il deposito degli at-trezzi. Nell’orto starnazzavano le galline.

Non immaginavo tanta vita fuori del paese. Neppure quella di ve-spe, moscerini, api e mosconi pasciuti che disegnavano cerchi sulle nostre teste. Bisognava cacciarli con il fazzoletto e avere fortuna. Con tutto quel cibo a disposizione erano in tanti a fare baldoria, dai vermi agli insetti alle lucertole che saettavano veloci in cerca di qualche masso ancora caldo.

Il Rivo si mostrava dopo innumerevoli giravolte del sentiero, ag-gravate da impedimenti artificiali che invece non limitavano l’occhio. Un battito di ciglia ed ero già arrivata, mentre adesso ci si paravano davanti orti inviolabili e recinzioni che obbligavano a lunghi tratti per farci procedere di una manciata di metri. A costo di rallentare

Page 19: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 19 -

l’andatura bisognava restare sul percorso segnato, non si poteva ri-schiare di sbagliare direzione.

Peccato che la bottiglia si seccasse goccia dopo goccia come la nostra gola.

Finalmente la riva tanto attesa. L’acqua scorreva sotto un lieve dislivello tra foglie giganti e le radici nude di alberelli stantii che davano riparo a falchetti e corvi, pronti ad alzarsi in volo. I rospi facevano il contrario, sentivo i loro tonfi misteriosi. Mi sono tolta calze e scarpe per restare a piedi nudi. Grondante e rosso in viso, il mio amico ha fatto lo stesso e mi ha raggiunta.

Una brezza leggera saliva dal fiume portando ristoro alla pelle su-data. Con un brivido abbiamo saggiato il fondo melmoso del flusso ininterrotto che scendeva al mare. Nell’acqua trasparente, frotte di pesci di ogni dimensione guizzavano tra le nostre gambe che stava-no dritte e ferme per non violare il mondo sommerso.

Anche noi ne facevamo parte.“Allora lo vedi? Adesso ti rendi conto della distanza? Eugenia,

dico a te. Lo vedi com’è lontano il Rivo da casa tua?”Ero già capace di rimanere in silenzio di fronte alla bellezza.Ho smesso di guardare l’acqua. Collina si stagliava sul bordo

dell’altura con la spessa muraglia a difesa del territorio, le case ser-rate a filo doppio, il campanile a sinistra, la torre sull’altro lato e il palazzaccio sulla cima più alta.

Sì, dal fiume non si vedevano né persone né animali. Meno che mai di lassù potevo pretendere di avvistare i pesci, neppure le trote più grosse, le avevo identificate senza troppa difficoltà. Avrei conti-nuato a immaginarle, anche due volte al giorno, la mattina e la sera, quando mi affacciavo sul vuoto con la tentazione di spiccare il volo e sorvolarlo dall’alto.

Durante il ritorno ci guardavamo preoccupati. L’aria che stava di-ventando fredda, il sole sempre più basso in quella luce violetta che si spegneva attimo dopo attimo. Cosa raccontiamo ai nostri geni-tori? Diciamo la verità o inventiamo una storia? In questo caso ne

Page 20: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 20 -

avevo una quasi pronta: due uomini armati ci hanno rapiti, legati alla meglio e portati al fiume dove un carro li stava aspettando. E mentre loro tracannavano alla bottiglia, siamo riusciti a liberarci e a svignarcela. Ecco perché devono ringraziare tutti i santi del paradiso se ci vedono tornare sani e salvi.

“Meglio di no, Eugenia.” Suo padre avrebbe smontato il mio castello in tre secondi. Biso-

gnava camminare e basta.Arturo procedeva di corsa, io dietro di lui, attenta a non perdere il

passo e a mettere i piedi dove se n’erano posati altri due. Non c’era la luna, non si vedeva niente. In compenso appena al di là dei nostri corpi, fruscii sordi facevano immaginare le code tremolanti, gli oc-chi rotondi e i denti aguzzi di carnivori e roditori ben più abili di noi a muoversi nell’oscurità.

Nell’ultimo tratto è stata la luce morbida della fattoria a guidarci. I cani avvertivano la nostra presenza, li sentivamo latrare. I nostri pa-dri erano sull’aia, non sapevano da quale parte saremmo arrivati ma non volevano disperare, ed erano certi che fossimo insieme. Ancora un minuto e sarebbero andati a bussare da Tarcisio.

Dalla finestra, con le mani a proteggere il pancione, Stella scruta-va tra le ombre, la bambina non era ancora nata. Che spavento le abbiamo fatto passare. Io sentivo il fuoco in testa, la gola riarsa, le piaghe ai piedi. A casa ho trovato la mamma con il viso sporco, i ca-pelli spettinati. Aveva pianto. Non ci hanno puniti solo perché quella notte ci è venuta la febbre alta. Niente scuola per una settimana e la promessa solenne che non l’avremmo fatto mai più.

Page 21: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 21 -

3

A quei tempi gli adulti non erano molto simpatici con i bambini. Si doveva obbedire, non fare domande, accontentarsi del poco che c’era, parlare solo se interrogati. In caso di guai, agire di nascosto e cavarsela da soli.

A quattro anni ho iniziato a frequentare l’asilo delle suore. Ce n’e-rano diverse di monache dentro quel fabbricato austero con la dop-pia processione di finestre che non si potevano aprire e da cui non era permesso affacciarsi. Non l’avresti detto che dietro le persiane grigie, nascosto alla vista e alle orecchie, si aprisse un cortile favolo-so abitato da alberi, fiori e frutti.

Le suore vestivano in lungo, tonaca nera appena arricciata in vita, sormontata dal colletto bianco inamidato. In testa una cuffia stret-ta del colore della veste con due laccetti laterali a penzolare ribelli. Gusti personali, mi dicevo, ma perché devono essere proprietarie dell’unica altalena di Collina? Se volevi salirci ti toccava suonare al loro campanello. O mangi questa minestra o salti dalla finestra, come insegnava Enzo il repubblicano.

Dopo averci strappati al dondolo volante ci raccoglievano in una stanza color pastello, a tu per tu con strani danzatori volteggianti più simili agli uomini che ad animali, benché nessuno di noi fosse nato con le piume da uccello. Avevo forse cinque anni quando ho posto e ingoiato la prima domanda filosofica della mia vita. “Sono maschi o femmine questi qui?”

Page 22: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 22 -

“Sei troppo piccola per comprendere la natura degli angeli”, ri-spondeva la maestra che mi sedeva accanto.

In casa non è che le cose funzionassero molto diversamente. Al-lora ero figlia unica ed era già molto se crescevo di statura. Quando ci si ritrovava intorno alla tavola, quella al centro della cucina con le quattro sedie regolari intorno, la stufa a legna da un lato, la credenza color panna dall’altro e il lavandino di pietra sotto la finestra - non parliamo della tendina arricciata e di cosa nascondeva - era come se fossi diventata invisibile. C’erano temi fissi che occupavano tutto il tempo del pasto. Anticipo quello intitolato Colleghi della mamma, in merito ai quali si sentiva echeggiare la monotona sentenza: non hanno idea di cosa significhi insegnare. Liquido pure l’altro che chia-merò Ufficio postale, universo ristretto formato dall’inetto direttore e dalla coppia di impiegati che doveva risolvere i problemi della gente. Uno dei due era papà.

Oltre a questi, nell’ordine, gli argomenti più trattati erano i seguenti:la commediai nonnila politicail veglione di capodannol’opera e l’operetta.

La commedia era rappresentata a febbraio durante il carnevale. Gli attori venivano da fuori, dovevano divertire il pubblico e piacere al prete perché era lui che li ospitava nel teatro parrocchiale. In quella sala accorrevano tutti, dal neonato al moribondo, compresi gli en-tusiasti delle frazioni vicine che per concedersi una risata in compa-gnia una volta l’anno si facevano anche cinque chilometri a piedi.

Ingresso libero, bastava portarsi la sedia. Io mi procuravo uno sgabello anche per Arturo, abbondantemente

preavvertivo e sollecitato, altrimenti non si faceva neppure vedere. Il mio amico aveva disertato persino il cinema quando il parroco si era incaricato del viaggio con un piccolo furgone. Eravamo una ventina

Page 23: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 23 -

di bambini accompagnati da due adulti. Nessuno di noi aveva mai visto un film sul grande schermo. Un’ora all’andata e altrettanto al ritorno per ritrovarci in una sala buia tra decine di teste allineate. Marcellino pane e vino, la prima volta al cinema.

I nonni abitavano in due città diverse ed erano vedovi da prima che io nascessi. Vedovi maschi, il nonno paterno Eugenio dalla chioma crespa come la mia e il nonno materno Giuseppe. Vivevano ciascu-no con un figlio e arrivavano regolarmente a litigare. Quando gli zii si presentavano di persona per raccontare di quei bisticci, la cerchia dello scontento si allargava. Molto spesso chiamava in causa anche zia Esperia. Finiva sempre con richieste di denaro, non si capiva il nesso ma era così.

“Di nuovo?” esplodeva uno dei miei genitori dopo che i parenti se n’erano andati. A quel punto il litigio riprendeva tra loro.

Toccava a papà ritirarsi in buon ordine, e alla svelta, altrimenti sentendo le urla della maestra o delle maestre, i vicini chiamavano la guardia, l’uomo perennemente in servizio che si poteva interpellare in municipio o sulla pubblica via ad ogni ora del giorno e della notte. Tarcisio abitava con i sette figli e la moglie incinta nella prima casa a destra entrando in piazza, a tiro di voce anche lì.

Per la politica dovevo sorbirmi un’infinità di pettegolezzi sui buz-zurri avvinazzati che frequentavano gli altri due bar. Di locali ce n’e-rano tre a Collina, il Bianco, il Rosso e il Verde, distinti per numero civico, tifoserie ciclistiche e misura del biliardo. Per il resto, cinque tavoli per la briscola, televisore ventiquattro pollici e banco di servi-zio con vini, liquori e macchinetta del caffè.

Da ottobre in poi non si parlava d’altro che del veglione di fine anno, una festa per tutto il paese diceva la mamma, intendendo con ciò le due file di case affacciate sul corso, quello che andava dalla porta medievale alla chiesa parrocchiale inglobando piazza Garibal-di. Papà le ricordava che noi del centro eravamo appena un settimo della popolazione, la parte restante abitava nelle frazioni o in aperta campagna. Lo sapevo anch’io, l’avevo visto con i miei occhi durante

Page 24: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 24 -

la gita al fiume con Arturo, ma non c’era verso di farglielo intendere.Agli esclusi poco importava. I paesani di seconda categoria e i vil-

lani dei poderi sparsi facevano festa all’osteria con pista da ballo di Sartano tutte le domeniche, e non solo a capodanno.

La storia dell’opera e delle operette si combinerebbe logicamente con il veglione, se non fosse che questo si svolgeva in una vera sala, con orchestrina e artista in carne ed ossa, mentre l’opera si poteva ascoltare solo alla radio. Con una vistosa, rilevante eccezione, Bianca Ferroni De Scarpi. Scarpi, non Scarpe, sarebbe troppo facile.

Bianca era rimasta sempre signorina, nonché zitella, ed era tornata in paese da pensionata. Nella vita aveva fatto un po’ di tutto, dalla cantante alla segretaria in qualche ministero, e in gioventù aveva sal-tato la cavallina, come ricordava compiaciuto Enzo il barbiere. La nobildonna seguiva la musica da camera in tutto il territorio nazio-nale, da benestante qual era poteva permettersi le trasferte in taxi. Mio padre la sera seguente si presentava alla sua porta ansioso di ascoltare il resoconto dello spettacolo e di prelevare il libretto che la De Scarpi acquistava regolarmente, altrimenti sapevi soltanto che qualcuno aveva fatto pubblici gorgheggi. L’autore di questi com-menti era papà, pure malato per il bel canto.

La distinta signora vantava un’altra virtù: il portamento. Spesso in-dossava un tubino nero che le segnava la linea morbida del fianco e lasciava scorgere la caviglia pallida. Niente da dire, con quelle spalle erette, i capelli raccolti con le forcine, le braccia agili e l’unghia bril-lante di smalto perlaceo poteva sembrare davvero una ragazza. Ma doveva restare sempre di schiena.

Pietro e Stella, i genitori di Arturo, dovendo scegliere tra l’osteria di Sartano e l’Arena di Verona avrebbero votato di slancio per la prima, dove almeno potevi fare quattro salti. Erano la coppia più allegra e vivace che conoscessi, indubbiamente la più indaffarata, se non altro per tutti gli animali allevati nella loro fattoria. Non avresti detto che avevano alle spalle qualcosa di molto serio, due anni di lot-

Page 25: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 25 -

ta partigiana tra continui pericoli e fughe rocambolesche. Il maestro ne aveva approfittato per ottenere un racconto dal vivo attraverso il figlio. Della lunga storia letta in classe da Arturo mi era rimasto impresso soltanto il matrimonio dei suoi genitori sotto le bombe, un tetto spaventoso e spavaldo che immaginavo sospeso a mo’ di ombrello sulla testa dei due innamorati.

Nel mio caso Ortolani cascava male, da noi nessuno si era unito a nessuno e nessuno voleva sbottonarsi. Papà e mamma dovevano pur averla conosciuta la guerra in qualche modo, ma bastava farsi avanti con una domanda per vederli cambiare discorso e atteggia-mento. Si alzavano da tavola, cominciavano a spazzare, accendevano la radio oppure spalancavano la finestra per scacciare la mosca che non c’era. Mi ero fatta l’idea che in famiglia qualcuno - magari non loro due, forse un parente - avesse parteggiato per Mussolini. Non mi avrebbero raccontato niente nemmeno da morti.

A dispiacermi anche più del silenzio era il disprezzo che mia ma-dre provava per Stella. Non la sopportava, non la nominava mai, e d’un tratto aveva deciso che non potevo più frequentare la fattoria. Io non capivo. Che fosse per i pantaloni? Stella era l’unica donna del paese a portarli al posto della gonna, e non certo per moda, solo per essere più comoda nel lavoro.

L’avevo presa così male che nel giro di qualche settimana papà aveva dovuto cedere. Divieto annullato, dopo la scuola potevo ri-prendere ad andare a giocare in campagna. C’era solo una diffe-renza rispetto a prima. Quando usciva dall’ufficio, con una scusa o l’altra veniva a controllare di persona, senza dubbio d’accordo con la mamma. Non era difficile capire che tutto filava liscio. Stella si muoveva tra la casa, l’orto e le stalle, suo marito faticava nei campi, e il figlio, quel ragazzino sveglio che parlava un italiano perfetto, era sempre al mio fianco.

Passando il tempo, i controlli erano diventati un’abitudine amiche-vole. Papà aveva scoperto che gli piaceva aspettare il ritorno dell’in-faticabile zappatore e fermarsi un po’ con lui prima di cena.

Page 26: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 26 -

“Buonasera, Pietro”.“Buonasera signor Luciano”.Il padre di Arturo rispondeva al saluto cordialmente, ben contento

di potersi sedere per cinque minuti sul muretto che delimitava un lato del cortile, all’ombra del grande melo. Vederli chiacchierare per puro piacere, senza altri fini, era bello anche per noi, ne eravamo felici. La cosa buffa era che quell’uomo portava il nostro stesso co-gnome senza che fossimo parenti. Noi eravamo gli Amati dell’uffi-cio postale, loro gli Amati contadini. Suonava anche bene.

Il casale sorgeva appena sotto le mura del paese, lo raggiungevo correndo in discesa sul sentiero senza pensare che il ritorno sarebbe stato una continua salita mozzafiato. Quanto mi aspettava nella bella stagione mi ripagava di tutto, erano lunghe ore di perfetta armonia. Avrei pagato qualunque prezzo per poter frequentare persone tan-to affabili e laboriose.

Dagli Amati non era possibile annoiarsi, si poteva oziare sotto il portico, correre per il cortile, salire in cucina o fermarsi al pianter-reno per vedere come se la passavano gli animali. Ce n’erano per tutti i gusti: due file di vitelli nella stalla, famiglie di maiali a grugnire nel porcile e soffici conigli nelle stie. A razzolare nell’aia tra gatti e cani di diversa stazza erano oche, galline, tacchini e covate di pulci-ni, liberi di uscire dal pollaio per darsi all’avventura.

E un bel giorno la novità delle novità, Stella con una bimba al seno.

Rita era nata a dicembre, dicembre della nostra quinta. Per allattare la neonata, la madre sedeva nella penombra della enorme cucina illuminata da una sola finestra, puntellava i piedi alla panca accostata alla parete e guardava la sua bambina. Di tanto in tanto correggeva qualche incertezza della piccola che prima di trovare il capezzolo an-naspava nell’aria come un uccellino. Finita la poppata, Rita crollava sul materassino bianco della cesta a lei destinata. La mamma allora si metteva al tagliere. Ogni giorno impastava acqua e farina, ogni giorno le sue mani e i suoi polsi modellavano pani e ritagliavano quadrucci e

Page 27: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 27 -

tagliatelle per sfamare la famiglia con qualcosa di buono. Niente a che vedere con la solita minestra di casa mia.

Stella non si fermava mai dal lavoro, e trovava il tempo per dare soddisfazione anche a noi grandi. Ci regalava dei pezzetti di pasta e dopo che li avevamo ben modellati li disponeva su una piastra di terracotta per cuocerli sulla brace del camino. Io e Arturo non ce ne andavamo di lì finché non avveniva la trasformazione. Quei biscotti croccanti e profumati erano il nostro orgoglio. Lei sorrideva sempre, come se fosse contenta di vederci, di vederci insieme. Ci serviva l’acqua fresca del pozzo e chiudeva con una pacca sul sedere per ciascuno.

Stella da scomunicare? Questo era successo.Una domenica, nonostante il gran daffare lassù sull’altare, don

Fernando l’aveva vista entrare in chiesa e mettersi seduta in fondo tra gli altri fedeli. Che fosse senza veletta poteva passare, ma quell’a-bito scollato e senza maniche? La pelle nuda delle braccia abbronza-te, quel seno provocante sotto la cotonina leggera davano scandalo, una vera indecenza, non si poteva tollerare. Bisognava svergognarla pubblicamente, additarla alla gente perbene, farle abbassare la testa. Stella andava tenuta lontana dalle brave donne e dai santi che forse qualche volta l’avevano ascoltata.

La voce si era sparsa all’istante, un fulmine. Io provavo a giustifi-carla. Era piena estate, lei doveva sentire caldo e magari non aveva tempo per guardarsi allo specchio, ammesso che in casa sua ce ne fosse uno. Cosa cantavano tutte le domeniche le voci angeliche dei fedeli? “Per i miseri implora perdono, per i deboli implora pietà.” Macché perdono, nessuna scusante, disonore e scomunica, la serpe andava cacciata come un demonio. Se Arturo rifiutava ogni contatto con il parroco e non veniva mai in chiesa era da capire, non si poteva perdonare a chi aveva fatto tanto male a una donna come Stella.

Page 28: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 28 -

4

Una volta o l’altra bisognerà spiegare perché prima papà, poi noi, ce ne siamo andati da Collina, scelta che ha cambiato tutta la mia vita. Ma non devo correre troppo. Sono ancora qui, con il ricordo sono ancora in paese e posso tornare indietro a mio piacimento ri-spetto al giorno della partenza. L’importante è tenere un filo, quello che spesso mi sfugge.

Succedeva la stessa cosa con il tema. In quinta era questa la parola magica che faceva meritare voti buoni o pessimi e la promozione finale. C’è da dire che per me era normale andare fuori dal seminato. Il maestro lo sottolineava con gusto sadico solo per farmi dispetto. Non meritavo mai dieci e neppure nove, appena otto o sette e mez-zo proprio per questa ragione. “Peccato, Eugenia, la prima parte era ottima, anche la conclusione è molto efficace, ma la seconda è completamente sballata. Cosa ti è saltato in mente?”

Cosa mi è saltato in mente? Quello che ho scritto, esattamente quello. Allora devo essere falsa? Se lo vuole lei, va bene, scriverò fandonie.

Non mi riusciva.E neppure mi riesce di rimandare il racconto del fatto già annun-

ciato, che sto tenendo in sospeso inutilmente. Dunque metterò subito in chiaro la ragione che ci ha portato a lasciare per sempre Collina, una ragione molto privata che in realtà fu sulla bocca di tutti - ci giurerei - per diversi mesi, gli ultimi della nostra perma-

Page 29: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 29 -

nenza in quello che sarebbe passato alla storia come il paese natale di Eugenia Amati.

Un giorno, uno di quei giorni qualunque dentro la settimana che non sono né sabato, né domenica, né una vigilia importante, né una ricorrenza, né il compleanno di qualcuno, la maestra Rosa Spaggini viene vista sulla strada per Murata mentre parla con il direttore delle poste, ragionier Mario Ercoli. Sono le tre e mezzo del pomeriggio e i due se ne stanno appartati sotto un gelso frondoso. La borgata dista almeno cinque chilometri dal centro di Collina.

Tito, il secondo impiegato dell’ufficio postale in aggiunta a papà, si trova casualmente sul posto essendo convalescente da una brutta caduta e in visita alla zia. Non passa un’ora che senza particolare malizia avverte il marito, il quale reagisce prontamente. Nessun pro-blema, è stato lui stesso a pregare sua moglie di chiedere al direttore - in privato - un permesso di lavoro per il coniuge a causa di gravi, gravissime, drammatiche ragioni di salute.

Se Tito se l’è bevuta non lo so, io no di certo, anche perché papà stava benone, era forte, sano e bello, forse un po’ meno del direttore delle poste ma pur sempre di aspetto gradevole con quel fisico re-golare che stava bene con tutto, la testa non completamente spoglia e i lineamenti corretti, a parte l’ala pronunciata del naso che in un maschio non è niente.

In realtà stavano mentendo tutti quanti dal primo all’ultimo. Che bisogno c’era di andare a nascondersi sotto un gelso frondoso a cinque chilometri da casa?

Quella sera, una volta soli tra le mura domestiche, il babbo si è seduto, ha fatto segno alla mamma di accomodarsi di fronte - non di fianco come facevano di solito - mi ha guardata un attimo - io stavo con la schiena appoggiata al cerchio della stufa - e ha pronunciato queste precise parole: Primo, domani mattina chiedo il trasferimen-to per Ravenna. Secondo, in paese c’è già stato il delitto passionale, evitiamo di ripeterci.

Lei è scoppiata a piangere e si è chiusa in camera.

Page 30: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 30 -

Io mi dicevo che in fin dei conti non era affar nostro se quel gua-stafeste di Mario Ercoli, il direttore, una volta arrivato ai quarant’an-ni si pentiva di non aver preso moglie, ma se lui non era sposato, la maestra Spaggini sì che lo era, non l’aveva saputo?

Papà è stato di parola, nel giro di una settimana se n’è andato nella città dov’era nato trentasette anni prima. Lì per lì ce l’avevo a morte con lui per avermi lasciata, poi ho capito. Voleva che sua moglie fosse libera di decidere se amava più il marito - che a suo dire l’accontentava in tutto e le dava sempre ragione - o un bellimbusto qualunque, fra l’altro negato per la contabilità.

Finito l’anno scolastico, ci siamo trasferite anche io e la mamma e qualche mese dopo è nato mio fratello Enrico. Per entrambe le decisioni sono stata scavalcata a piedi pari.

Quando era stato consumato il delitto passionale mi avevano con-sultata eccome, perché nessun altro salvo me era presente al fattac-cio, altrimenti detto “delitto per gelosia”. All’epoca frequentavo la quarta elementare, era il 1957.

Tutto è avvenuto a causa della matita. Era una sera della tarda primavera molto vicina all’estate. L’aria tiepida e l’incanto del cielo mi tenevano alla finestra spalancata, le ali delle tende raccolte sui due lati. Alle mie spalle un foglio vergine su cui disegnare e ancora più indietro, un letto bianco su cui coricarmi. Non sapevo ancora cosa avrei creato prima di spegnere la luce. Le idee seguivano i miei andirivieni, incerte sul da farsi.

Trattenendo in bocca la matita per ricordarmi cosa dovevo fare prima di andare a dormire, mi sono affacciata ancora una volta a rivedere il quadro reale che in quella notte stellata superava qualsi-asi sfrenata immaginazione, ed è successo che all’ultimo sbadiglio ho visto precipitare il mio lapis. Per recuperarlo, a meno di scen-dere nell’antro scuro della cantina e sbucare sul retro dell’edificio, bisognava uscire dal portone principale, percorrere la fila delle case di sinistra, aggirare l’ultima e camminare sulla strada posteriore fin

Page 31: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 31 -

sotto la finestra della mia camera. In mancanza di imprevisti, in una decina di minuti si andava e tornava.

In sala la televisione era accesa. Quella sera c’era Lascia o raddoppia, un programma che non gradivo più di tanto. Al contrario, gli impu-niti-facciatosta dei Trippoli, come diceva papà nel cuore della notte dopo che se n’erano andati - verso le dieci e quarantacinque - non potevano mancare. I due coniugi conducevano al pianterreno della nostra stessa casa una vita troppo triste da farci l’abitudine, sempre soli e con quattro soldi contati in tasca. Pensando di apparire meno spudorati, salivano le scale a sere alterne per accomodarsi sulla sedia davanti allo schermo. In paese erano in sette ad avere la televisione, i tre bar, le due maestre Spaggini, il dottore e il professore. I Trippoli non l’hanno mai avuta.

Non mi sono neppure affacciata. Il volume era altissimo, nessu-no mi avrebbe sentita. Per poter rientrare senza essere costretta a suonare il campanello, ho sistemato lo zerbino in mezzo al battente e preso il volo lungo la scala interna. Una volta all’aperto mi sono diretta a sinistra. Noi Amati abitavamo verso la fine dell’abitato, mentre il bottegaio, il tabaccaio, il macellaio, i tre caffè e il municipio erano dall’altra parte, alla mia destra. Fuori non c’era anima viva. A quei tempi le automobili comparivano solo di giorno e tutti si giravano per vedere chi fosse al volante, chiedendosi subito dopo dove stesse andando. Le strade erano nostre, lì si giocava a palla o a nascondino, si disegnava la settimana e si correva per questi ed altri giochi di movimento, i preferiti da noi ragazzi che dovevamo rifarci della fatica di stare cinque ore seduti al banco. Cinque meno una per chi aveva Delio Ortolani come maestro.

Ho percorso di buon passo il breve tratto dal mio portone all’ul-tima casetta d’angolo. In quel punto la strada principale formava una curva abbastanza pronunciata per proseguire verso Torretta la-sciandosi a destra, sul lato opposto all’isolato, la grande chiesa di Sant’Andrea. Fin qui niente da segnalare, salvo che nella casa d’an-golo la luce era spenta e la finestra aperta. Dal punto in cui mi tro-

Page 32: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 32 -

vavo non si scorgeva niente e neppure si sentivano voci o lamenti. Marta doveva essere in paese, altrimenti i vetri sarebbero stati chiusi e non spalancati. La vicina aveva un’altra abitazione in città e veniva a Collina di tanto in tanto.

Ho svoltato tranquillamente verso la strada sottostante e sono corsa rasente il muro fino a raggiungere la parete posteriore di casa mia. La matita era sospesa tra le foglie di un arbusto di cui non co-nosco il nome, come ho precisato in seguito a Tarcisio. Non restava che tornarsene indietro.

Così ho fatto. Nel ripassare accanto alla casa di Marta mi sono ac-corta di una figura barcollante che usciva dal portone, l’ho vista con questi occhi stramazzare in mezzo alla strada. Lì per lì non ho avuto alcuna paura e ho girato lo sguardo per vedere se intorno c’era qual-cun altro. Qualcuno c’era, un uomo che formava una macchia scura sul muro grigio. Quel tale non è venuto verso di me, si è staccato dalla facciata e ha preso la fuga correndo a tutta birra verso Torretta. Il corpo caduto a terra stava immobile e silenzioso, la testa riversa sul lato. Mi sono avvicinata. Nessun lamento. Braccia strette sullo stomaco, camicia da notte macchiata di nero, una fascia intorno alla testa...

Marta, lei!Era tornata nella casa provvisoria solo per morire. A vivere sta-

bilmente a Collina era Sante l’amante. Io non l’avevo riconosciuto nella figura che scappava e quando Tarcisio mi ha interrogata ho risposto che poteva essere lui ma poteva anche non esserlo. Il paese non aveva dubbi sul colpevole. A pugnalarla era stato quel perfido rappresentante di DDT e di altre schifezze per la campagna, mosso da un sentimento traditore dal quale conviene non farsi travolgere, come diceva papà ultimamente quando veniva a trovarci da Raven-na, di solito la domenica. “Ce l’abbiamo o no la testa sulle spalle? E allora usiamola, che conviene a tutti.”

Una cosa è il movente, altra cosa sono le prove, e queste non furo-no trovate. Sante se l’è cavata, ma si è guardato bene dal rimanere a

Page 33: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 33 -

Collina, i paesani non l’avrebbero mai perdonato. Là dov’era andato a vivere ha ricevuto la punizione che meritava. La gente raccontava la sua fine masticando semi o castagne secche, senza manifestare la benché minima compassione per l’uomo geloso finito sotto un camion.

Non sarei stata la prima a scoprire il delitto e a dare l’allarme se non temessi l’oscurità della cantina e non amassi la pittura.

Papà non sprecava i suoi soldi per illuminare il sotterraneo, era già molto averlo collegato all’appartamento con quella rampa rudimen-tale. In tutte le case di Collina c’era almeno una stanza buia che ser-viva da ripostiglio, dispensa e colonia penale per figli scapestrati. Di notte la temevo pazzamente, preferivo cento volte uscire all’aperto dalla porta davanti. Le ombre interne sembrano più subdole e mi-nacciose di quelle esterne e ne avrei provocate altre scendendo dalla cucina fino al pianterreno con la candela in mano come nelle storie di fantasmi. Nella via principale, i lampioni accesi e le porte allineate mi facevano sentire padrona del mondo. Avrei potuto dormirci la notte, seduta su un gradino qualunque.

Per la pittura, non so dire come sia potuta entrare nella mia vita con due genitori che né l’amavano, né la praticavano. Qualche volta io e Lili incontravamo un artista dilettante in angoli appartati del pa-ese. Ci sembrava vecchio e malandato. Cappello di paglia, giacca con grandi tasche, pantaloni troppo corti. Aveva con sé l’immancabile scatola dei colori, lo sgabello su cui sedersi e una tavola di compen-sato da appoggiare sulle ginocchia per reggere il foglio. Disegnava quello che aveva davanti con brevi tratti a carboncino, poi iniziava a riempire e dare colore. Non amava troppo conversare. Una volta però, visto che gli stavo alle costole da un’ora - Lili si era stancata ed era corsa via - ha chiesto se mi piaceva dipingere.

Certo che mi piaceva, dipingevo continuamente, non sarei stata lì a guardarlo altrimenti.

“Allora devi capire due cose. Innanzitutto, le nostre case di esseri

Page 34: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 34 -

umani non sono l’unico paesaggio possibile, bisogna penetrare altri mondi. È paesaggio il bosco, è paesaggio il mare, è paesaggio la campagna, paesi degli uccelli, delle volpi, delle mucche, dei pesci. La seconda cosa da capire è che senza orizzonte si perde il confine tra cielo e terra.”

Conoscevo abbastanza gli uccelli e gli animali da cortile, sapevo che il loro era un altro mondo, ma che cos’era l’orizzonte? Non mi era chiaro neppure dove fosse. Il cielo era su, la terra giù, in mezzo non ci stava proprio niente. Forse l’orizzonte abitava esattamente a metà del foglio dove noi lasciavamo il bianco.

Finché non l’ho trovato in un luogo preciso.Quella domenica pomeriggio l’orologio aveva cessato di battere

le ore. Era venuto a trovarci zio Francesco, il fratello di papà, una visita annunciata che aveva già provocato penose discussioni tra i miei genitori. Non volevo assistere a un litigio estenuante, e neppure potevo restare chiusa in camera per ore, così sono uscita di casa e mi sono incamminata. Lili era andata a trovare i nonni paterni. Ero sola.

Ho preso la direzione del colle dei caduti. Lungo il pendio i ci-pressi si alternavano a cilindri affusolati piantati nella terra, che a noi bambini suggerivano l’idea di salirci cavalcioni. L’avevo fatto anch’io quando ancora non sapevo che quelle meraviglie altro non erano se non giocattoli di morte.

L’aria torpida e il sole implacabile mi hanno condotta nel raggio d’ombra della celletta che non cessava di sgretolarsi, dovendo in-vecchiare al posto dei soldati, giudizio chiaro e netto del maestro. Seduta contro la parete ho girato lo sguardo davanti e sotto di me, ai piedi della collina, e tutto in una volta il bianco dei primi anni non c’era più. L’azzurro vivo del cielo incontrava il verde-marrone della pianura formando una linea esatta che proseguiva fin dove l’occhio poteva arrivare. Colori distinti e indissolubilmente uniti per farmi sentire meno sola, meno smarrita.

Page 35: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 35 -

5

In casa si discuteva se fosse lecito o meno assegnare il tema libe-ro in quinta. La zia sosteneva di sì, l’aveva letto sulla rivista della scuola moderna che le arrivava per posta con tanto di abbona-mento. Alla mamma le riviste e le sorelle non facevano né caldo né freddo, nessuno dei colleghi era altrettanto bravo nell’ottenere disciplina e risultati a suon di scapaccioni. Per essere chiari fino in fondo, una maestra che ha bisogno di aggiornarsi non può per-mettersi di dare suggerimenti. Lei non li ammetteva i temi liberi, i ragazzi delle elementari andavano indirizzati con la massima ener-gia, poi alle medie erano grane dei professori.

Il maestro prese posizione. Con tutto che era considerato un in-correggibile scansafatiche, non solo non aveva riserve per il tema libero, ma propose di adottarlo sia in una prova generale da tenersi appositamente, che all’esame vero e proprio. Quell’anno Rosa Spag-gini insegnava in seconda, dunque benché nell’ultima classe avesse una figlia e una nipote era inutile che la facesse tanto lunga, non aveva il diritto di metter becco.

Il becco lo metteva a tavola costringendomi ad ascoltare giudizi generalmente feroci. “Delio ha paragonato il tema libero allo Sput-nik, sarà deficiente?”

Il satellite artificiale era stato lanciato nello spazio proprio all’ini-zio dell’anno scolastico. Lanciato dai russi, bastava questo per farlo guardare dall’alto al basso. Per modo di dire.

Page 36: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 36 -

Ortolani fu tanto convincente da portare dalla sua anche l’inossi-dabile Tesei, col risultato di assicurarsi le tre quinte. Per la prima vol-ta in assoluto, la scuola elementare di Collina avrebbe tenuto un’e-sercitazione collettiva con le classi riunite e i ragazzi che leggevano il loro tema. Tutti. L’esame non lo facevano tutti? E allora, stesso trampolino di lancio.

Ma via, sapeva benissimo che quella pedana era un sogno, qualcu-no non ce l’aveva proprio un rialzo sotto le scarpe.

Su di me la notizia aveva prodotto un effetto immediato. Già mi piaceva scrivere, adesso avevo un motivo preciso per darmi daffare, l’importante era che nessuno scoprisse il mio segreto. Mi ero pro-curata un quadernetto che custodivo in cantina dietro una vecchia damigiana. Per prenderlo e riporlo scendevo in pieno giorno quan-do il sole penetrava dalle fessure intorno al portone. Ho iniziato a rivangare fatti accaduti in casa, in paese o in luoghi lontani. Non disdegnavo pettegolezzi, dicerie e smargiassate, raramente inventavo di sana pianta, ma capitava.

Ogni cosa procedeva per il meglio. Solo la storia di Pino non tro-vava la strada per uscirmi dal petto. Oltre ad essere triste quanto possono esserlo le sciagure che colpiscono gli innocenti, chiamava in causa due bambine che non avevano fatto quello che avrebbero potuto e dovuto fare.

Ne avevo abbozzato solo i possibili titoli.Il male non si cancellaLo scherzo della scarpaIl pozzo della paura.

La prima disgrazia a segnare il paese dopo la tragedia della guerra era stata la morte di Marta. L’anno seguente ne accadde una se-conda. Ormai c’era la repubblica, tutti potevano parlare, discutere, litigare e andare a votare, c’erano le leggi e ci si poteva difendere. Di brutte faccende però ne accadevano ancora.

Page 37: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 37 -

Quel giorno noi ragazzi stavamo camminando verso la scuola, de-cine di bambini con il grembiule nero, il colletto bianco chiuso da un fiocco che il più delle volte sfuggiva sul dietro, la cartella rigida in mano e ai piedi gli scarponi con le stringhe. A circa metà del percor-so, prima di arrivare al ghetto, ci compare davanti Tarcisio, fermo a braccia aperte in mezzo alla strada. “Di qui non si passa, via! Per di là!” Sta gridando, le sue parole sono un ordine.

Qualcuno di noi di quinta prova a protestare, non possiamo en-trare in classe in ritardo col rischio di prenderci un rapporto dal maestro o dalla maestra. Lui allora alza la voce e accompagna le parole con un gesto tassativo. È una guardia comunale, non ci resta che obbedire. Dobbiamo tornare indietro verso il paese, svoltare a destra, prendere per il viottolo sterrato e camminare sotto il dirupo fino a raggiungere la scalinata sconnessa che porta al piazzale della scuola da un altro punto. Dev’essere accaduto qualcosa di molto grave per costringere i bambini a fare il percorso più lungo e per di più a utilizzare quella rampa malandata che conserva ancora i segni della guerra e nasconde schegge di granata.

“Non vi venga in mente di toccare i rottami”, ammoniva il ma-estro. “A sparare si fa presto, poi ci vogliono anni per rimediare al danno.”

Io me ne stavo alla larga, non ci tenevo ad accecarmi. Un ragazzo della classe, invece, quel disgraziato di Fabio, faceva incetta di ferro vecchio. In cambio di qualche lira portava i relitti a un certo Peppino che aveva un magazzino fuori del paese. Non c’era verso di farlo smettere.

Ma bisogna ancora scoprire cos’era successo quella mattina di aprile poco prima delle otto, quando Tarcisio ci ha impedito di rag-giungere le case del ghetto.

Arrivati in classe, tutti allegramente giustificati per il ritardo, noi della quinta B abbiamo avviato un esercizio di geometria senza pre-vedere che l’avremmo interrotto un’infinità di volte. Ogni tanto si affacciava qualcuno, la bidella o le maestre, e iniziava a parlottare

Page 38: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 38 -

con Ortolani. Si è fatta viva anche Bianca Tesei che si reggeva a malapena in piedi, essendo sul viale del tramonto da quando avevo iniziato le elementari. Solo mia madre non si è mossa dall’aula, forse era occupata a ripetere le tabelline con la sua seconda.

Non riuscivo a capire, dovevamo assistere a tutto quel via vai sen-za che nessuno ci spiegasse cos’era successo. Dal corridoio le don-ne facevano capolino con espressione contrita per trovare conforto nell’unico maschio presente tra le mura del palazzaccio, a parte i ragazzi. Dovendo fare coraggio, lui si manteneva impassibile, finché non gli erano uscite di bocca due parole: che disgrazia! Allora io e Lili ci siamo ricordate di Tarcisio. La disgrazia, quale che fosse, do-veva essere avvenuta nel ghetto.

Nel pomeriggio è arrivata la conferma, si trattava di Pino. Ne ho ricevuto un colpo tremendo e mi si è accesa una lampadina. Era inevitabile collegare la sua morte alla vicenda ben poco nobile di cui eravamo state testimoni qualche mese prima.

Si era a ricreazione anche in quella mattina d’inverno. Benché la giornata fosse fredda e umida potevamo scorrazzare all’aperto. Qualcuno correva intorno alla scuola per riscaldarsi. Il maestro ci la-sciava uscire spesso e volentieri dal suo raggio visivo, forse si fidava di noi o più semplicemente voleva che imparassimo a cavarcela da soli. È stato così che un gruppo di maschi capeggiati da Fabio si è incamminato verso il ghetto. Io e Lili li seguivamo da sopra, la strada in discesa permetteva di controllare. Al centro del cortile, dove si affacciavano quelle casupole a un solo piano disposte a mezzaluna, un pozzo con il secchio appeso alla catena forniva l’acqua necessaria alla vita quotidiana. Lì accanto, indifferente ai rigori del clima, Pino si dondolava sulle gambe.

La porta di casa alle sue spalle era aperta, si capiva che era uscito da poco. Viveva presso la sorella sposata che lavorava in fabbrica come il marito, i figli ormai grandi avevano già le loro famiglie. La mattina lui era solo. Aveva quarantanove anni e l’animo di un bambino di tre. Lo scemo del villaggio, era così che veniva chiamato. Di solito

Page 39: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 39 -

ci guardava passare sorridendo, sapeva che ogni giorno i ragazzi di Collina salivano dal centro per andare a scuola. Io gli mandavo un salutino dalla strada e se con me c’era Lili mi avvicinavo. Alle fem-mine non era permesso farlo, ma volevamo vederlo contento.

Mentre Fabio gli va incontro, lo sguardo di Pino diventa più mira-to, inizia a seguire i movimenti di un ragazzo che non conosce. Pare confuso, come sempre quando qualcuno decide di andargli vicino o di rivolgergli la parola. Ben presto ci rendiamo conto che il nostro compagno ha in mente qualcosa, si è tolto una scarpa e la consegna agli amiconi. Cominciamo a domandarci cosa intenda fare.

Saltellando su una gamba sola, Fabio si accosta all’uomo e in un tono di voce più alto del necessario per farsi sentire anche da noi, gli dice che l’altra scarpa si è spaccata in due. Non può tornare al Castello in quelle condizioni. “Me ne daresti una delle tue?” chiede indicandogli i piedi.

Pino segue il suo gesto come ipnotizzato, non sa cosa fare. Si guar-da intorno impaurito, poi gli viene da ridere e abbassa gli occhi verso terra. Un attimo dopo si appoggia al pozzo. Con movimento incerto inizia a sfilarsi quella calzatura sformata che pure gli serve per muo-versi, e chissà se ne possiede un altro paio. Resta piantato su una gamba sola come una cicogna o un trampoliere, un uccello zoppo.

Fabio ringrazia con la mano sul cuore, afferra la scarpa, si gira verso il gruppo. Dopo aver risalito un breve tratto, si volta, prende la mira e lancia quel dono prezioso nella bocca oscura del pozzo, riuscendo a centrarlo con assoluta precisione.

Euforia generale. “Pino cretino, Pino cretino, Pino cretino!”, gri-dano i compagni mentre ci superano correndo per tornare in cortile.

Pino non ride più, si stacca dal pozzo e li guarda con grande spa-vento.

E allora, se all’inizio pensavo che quello di Fabio e degli altri ra-gazzi fosse solo uno scherzo un po’ sciocco, tanto per ridere un po’, adesso mi dico che è stata una vera canagliata. Io e Lili ci scambia-mo uno sguardo disgustato prima di stringerci il braccio a vicenda.

Page 40: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 40 -

Durante la ricreazione non li guarderemo più in faccia, né loro né gli altri maschi, è una promessa.

Il maestro Ortolani si è svegliato e ci richiama in classe. “Via, prendete il quaderno di matematica.”

La vita è andata avanti fino a quel giorno di aprile, quando Tarcisio ci ha allontanati dalla strada che costeggia il ghetto. Nei pressi era accaduto qualcosa di grave o di irreparabile, un concetto che avrei compreso troppo tardi nella sua reale portata. Fabio aveva messo in testa a Pino un’idea e ogni volta che usciva di casa, l’uomo-bambino ripensava alla sua scarpa affogata nell’acqua stagnante. Finché non ha deciso di raggiungerla. In quella mattina di primavera avevano appena scoperto che si era buttato nel pozzo.

Page 41: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 41 -

In classe l’insegnante si aspetta di essere ascoltato. Lo studente pure. Ernest Abbè.

TEMA LIBERO 6

A fine maggio si aspettava con ansia la prova d’esame. Mancavano pochi giorni. Le classi di allora erano numerose quanto le famiglie di Collina, che in genere contavano molti figli. C’è da dire che i bambini delle borgate per la frequenza scolastica convergevano nel capoluogo. Solo frazioni popolose come Torretta e Montefalco ave-vano un locale proprio dove riunire i ragazzi la mattina e strapparli ai campi e alle mucche. “Sarete ottantasette”, ripeteva Ortolani per dare importanza all’evento. Nel numero erano compresi gli alunni delle tre quinte: la nostra B, la C di zia Esperia e la A della maestra Tesei.

In previsione dell’esame, i genitori permettevano ai figli di ritro-varsi insieme nel pomeriggio, in teoria per studiare e fare i compiti. Io tastavo il terreno in casa, sapevo che un giorno o l’altro i miei avrebbero fatto una puntata in città. Quando il momento arrivò in-sistevano perché andassi con loro. In quinta ero cresciuta di un pal-mo, avevo bisogno di un abito nuovo per l’occasione.

Questa non ci voleva, il mio progetto rischiava di andare a rotoli. Per niente, dal momento che decideva tutto mia madre. Dovevo buttare almeno tre ore per un vestito che non ero io a scegliere. Non conveniva avviare la solita discussione inconclunte. Non avevo scelta, bisognava inscenare la commedia. Mi sono mostrata scanda-lizzata: perdere il pomeriggio per una sottana? C’erano almeno dieci pagine del sussidiario da ripassare, avrei trascorso tutto il tempo con

Page 42: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 42 -

Lili e qualche compagno di classe senza mettere neppure il naso fuori della porta.

Motivo robusto, vincente. A fare acquisti sarebbero andati da soli.L’invito non era stato rivolto a qualche compagno di classe, bensì

a tutti. Il biglietto era scorso dal primo all’ultimo banco della fila di sinistra per passare alle altre due file senza che Ortolani vedesse muovere un filo. Il maestro non doveva sapere che per una volta a fare la sua parte sarebbe stata Eugenia Amati.

Per molti ragazzi di Collina il tema era un vero rompicapo, e non è che potessero farsi aiutare da genitori che non sapevano tenere la penna in mano e masticavano solo il dialetto. Nelle altre classi gli alunni venivano bocciati in massa e a ripetizione, e anche noi della quinta B avremmo visto ben poche sufficienze se a correggere i testi e ad assegnare i voti fossero state le Spaggini o la Tesei. Per me era diverso, vivevo gomito a gomito con due maestre, in casa parlavo solo italiano e se c’era una cosa che mi dava gusto era tenere la pen-na in mano. Arturo rappresentava l’eccezione che conferma la rego-la, il caso miracoloso di un ragazzo nato e cresciuto in una famiglia senza istruzione, ispirato direttamente dal cielo.

L’anno scolastico stava per terminare, i giochi erano fatti. La novi-tà della prova però mi tentava. Con una buona dose di presunzione mi dicevo che almeno sulla dirittura d’arrivo potevo suggerire qual-che idea, passarne qualcuna delle mie. Non mi costava niente.

In quegli anni ci si muoveva rigorosamente a piedi e alcuni ragazzi abitavano troppo lontano per ritornare nel pomeriggio, io comun-que per non fare ingiustizie li avevo invitati tutti, senza insistere più di tanto con il gruppo del Castello capeggiato da Fabio, il mascalzo-ne numero uno che non meritava né il mio rispetto né il mio tempo. Tanto meglio se anche lui si rifiutava di perdere il suo con i compiti per casa.

Alle tre si presenta alla porta una vera marea umana. Ho un so-prassalto. Mentre varcano la soglia della mia camera, li conto: sono sedici tra compagni e compagne, senza contare me, Lili e Arturo.

Page 43: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 43 -

Nonostante la discreta capienza della stanza, arredata con i quattro mobili che servono - letto singolo con comodino, armadio a un solo sportello, comò, scrittoio - la prima impressione è da colpo apoplet-tico. In aggiunta, non fanno in tempo ad accomodarsi che iniziano a fare baccano e a toccare ogni cosa con le loro manacce curiose. Mi atterrisce l’idea che il quaderno possa subire lo stesso trattamento.

L’ho voluta io.“Allora, questi temi?” incalza Lili.“Va bene, vado... Vado. Torno subito.”Ad ogni gradino le gambe vacillano di più, devo sostenermi al

corrimano. Ora che sono arrivati lo vedo chiaramente cosa vogliono da me, approfittare della mia dabbenaggine per fare colpo alla prova d’esame. Sanno bene che non ho difficoltà a comporre un testo e qualcuno nonostante le mie svirgolate mi considera proprio un asso. Posso essere d’accordo, ma una cosa è scrivere per sé, altra cosa per diciotto senza farsi scoprire. Eppure non è questa la ragione profon-da del mio batticuore. La ragione è che la verità quando viene scritta e spiattellata diventa brutale.

Come torno dalla cantina, scopro sul tavolo oggetti che non c’en-trano per niente con il corredo per scrivere e disegnare che tengo sempre a portata di mano. Intravedo i fazzoletti ricamati, la cintura di pelle, persino la mia camicetta bianca a due centimetri dalla boc-cetta dell’inchiostro! Mi domando poi come abbiano fatto in cinque minuti a trovare la cassetta dove conservo i regali di compleanno e i miei tesori. Vittorio si è preso la collezione di carte da caramelle, Li-bero il borsellino con le poche lire che riesco a mettere da parte, e le ragazze stanno svestendo la bambola che ho ricevuto a cinque anni.

“Ehi, voi! Lasciate stare!”Lili non se n’è accorta? Le faccio segno di raggiungermi e la trasci-

no in cucina. Non lo vede che mettono il naso dappertutto?Mia cugina quando vuole è peggio di me, si spazientisce e batte i

piedi. Adesso urla che devo sbrigarmi.In effetti a giudicare dai versi, in camera stanno facendo a botte.

Page 44: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 44 -

Dei leoni affamati. Prima che la vicina di sotto dia l’allarme, qual-cosa va messo sotto quei denti. Vorrei sbrigarmi sì, e tanto in fretta da mandarli a casa con un calcio nel sedere. Non so come fare, ho una gran paura di quello che ho scritto. Tra le righe devono essersi infilati commenti e sentimenti che farebbero vergognare una capra. Diventerò rossa, verde o gialla, e non sopporto di venire derisa.

Liliana non capisce. “Mica lo metti in mano a loro il quaderno, puoi saltare le parti che non si possono leggere.”

Non è così semplice, mi piace troppo mescolare le carte. E poi, come mi è saltato in mente di parlare delle mestruazioni? E le cri-tiche ai grandi e a mia madre? Sto sprofondando e non ho ancora considerato gli amori segreti. Quest’anno ne ho contati due. Finora. In ottobre pensavo all’unico ragazzo della classe con i capelli ramati. Non l’ho nominato, di Fabio ho descritto la testa. Due mesi dopo facevo la stupida con un compagno presuntuoso che non si è nem-meno presentato all’incontro di classe dalla figlia della maestra. Di lui se non ricordo male ho decorato nome e cognome con piccole margherite e altri svolazzi.

Mi viene un’idea. Lili attribuisce al mio quaderno un altro valore, for-se nessun valore, è meglio se legge lei, almeno sarà più distaccata. Non è una stupida, capisce da sola quando deve saltare un nome o un fatto imbarazzante. Basta che a fare la scelta fondamentale sia io. Subito!

Inizio a piegare freneticamente le pagine pericolose a metà, chiuden-do il titolo per dentro. “Questo no, questo neppure, questo per carità...”

“Oh, lasciamene qualcuno! Abbiamo una classe intera da accon-tentare. Come faccio se non posso leggere niente?”

Non servo più. Inforco matita e album da disegno, scosto la tenda e vado a infilarmi nella nicchia che contiene la finestra.

Un attimo dopo, la testa di Arturo sbircia nel vano. “Posso?”Lo faccio accomodare. Un sorrisetto gli illumina due occhi più

marcati del solito. “Ti trucchi, vero?”, gli domando indicandoli. “Mi sembra che li segni tutto intorno...”

Page 45: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 45 -

“Non scherzare, Amati.”“Amati sarai tu.”La nostra battuta.Mi chiedo perché non abbia alcun interesse per i miei racconti.

Quando glielo faccio notare, ribatte che non ha bisogno di esercitar-si, anche se non è bravo quanto me. Fa proprio tenerezza, sembra il cane quando punta all’osso. “Dai, non dire così.”

“Non sono bravo come te, sono enormemente più bravo di te.”Ci sono cascata. Non mi viene da ridere, c’è molto di vero in quello

che ha detto, lui il nove in italiano lo prende regolarmente. E regolar-mente mi prende in giro. Per dargli la lezione che si merita scanso la tenda, torno nella stanza dove ha iniziato a echeggiare la voce squil-lante di Lili, scavalco Giuseppina, Flavia e qualcun altro e punto all’ar-madio. Brandendo il battipanni inseguo il finto tonto fino alla cucina.

“Pace!”Ci sediamo al tavolo ansimanti. “È uscito di lì?”, domanda men-

tre guarda verso il lavandino. Gli ho raccontato qualcosa in pro-posito.

“Non ho detto che è uscito, è affogato nel mestolo, oppure nell’orcio.”

Arturo non ha la minima paura e inizia a blaterare dei suoi con-tatti quotidiani con animali più o meno disgustosi, una lista infinita vivendo in campagna. Ma perché chi abita in paese deve trovarsi gli scarafaggi sotto il letto, le mosche nella minestra, le api sul davanza-le, il gatto tra le lenzuola e... l’ho tenuto per ultimo, un topo morto nell’arnese che ha appena accostato alle labbra? Quando è accaduto avevo forse cinque anni e tale è stato l’orrore che ho ributtato quella massa scura nell’orcio e sono scappata in strada. Pensavo di dover morire entro poche ore. Il giorno dopo pensavo che dovessero mo-rire i miei genitori. Non li avevo avvertiti, non si poteva riferire un incontro tanto impressionante e loro a cena avevano mangiato e bevuto con appetito. Non ho mai saputo se l’avevano trovato. Era esistito veramente un topo morto nel mestolo?

Page 46: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 46 -

Va bene, se non vuole ascoltare i miei temi, almeno può vedere dove li tengo nascosti. Scendiamo in fila indiana una scala troppo stretta per contenerci affiancati. Lui mi segue curioso, non è mai stato nella nostra cantina. Giunti al pianterreno, indico tre damigia-ne allineate sopra una piana di legno. Con quelle spesse ragnatele che trattengono mosche prosciugate, foglioline secche e forse escre-menti di topo - senza forse - sembrano sculture nella veste funebre.

Sembrano a me. Arturo mi ricorda che a suo padre farebbero co-modo.

Non avevo idea che potessero servire ancora. La vita senza piante da coltivare e bestie da allevare è tutta diversa. Mi piacerebbe sapere come sarà la vita che mi aspetta, quella che aspetta lui. Ci conside-ravano fidanzati già in seconda, adesso che siamo in quinta lo dan-no per scontato. Dopo quanto mi è successo ho qualche dubbio in proposito, per di più sto per trasferirmi in città e l’amico resta qui.

Il tempo stringe.“Mi dispiace che te ne vai.”Lancia il messaggio e mi guarda in quel certo modo che costringe

a tacere. Nella polvere del sotterraneo l’unica luce viene dai suoi occhi. “Ti mando una cartolina con il nuovo indirizzo”, prometto, “così potrai scrivermi”.

Risaliamo di corsa la scaletta di tavole scure. Non mi vedo i piedi e vorrei vedere il futuro. Che stupida.

Appena mi affaccio in camera vengo accolta da un urrà che fa tre-mare i vetri. In quattro si sono accomodati sul letto, gli altri siedono in terra con in mano dei foglietti luridi. Fra poco scriveranno sulla coperta o sulle mattonelle. Non c’è una sola cosa al suo posto.

Devo sbatterli fuori al più presto. “Ohhhh, basta! Ragazzi, è me-glio se andate a casa, accontentatevi.”

Lili è elettrizzata, ha qualcosa di molto importante da dirmi e sic-come gli amici stanno sbraitando come bestie, per farsi sentire deve accostare la bocca al mio orecchio. Mi assicura che i protagonisti delle storie non saranno riconosciuti, ha scelto lei stessa dei nuovi

Page 47: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 47 -

nomi. Il lavoro non è finito, deve completare la lettura e distribuire i temi tra i compagni. Bisogna farlo assolutamente, altrimenti sarà un macello, soprattutto per me. Devo lasciarle il quaderno-diario per qualche ora.

Qualche ora? E dopo?Giuseppina l’ha pensata bene. Li farà entrare nella cantina che

sta sotto il suo bar, passeranno dalla porta sul dietro. Per scrivere possono appoggiarsi al tavolone delle bottiglie. “Facciamo da soli, tu sistema la stanza prima dell’arrivo degli zii. Non preoccuparti, il quaderno non l’ha toccato nessuno e nessuno lo toccherà, lo tengo in mano io.”

Cosa posso fare? Scongiurarli in ginocchio. “Ehi, ve l’ho detto, non vi venga in mente di ripetere pari pari le mie parole, vi fareste scoprire, soprattutto se in due o tre scrivete la stessa cosa. Dovete prendere qualche spunto in generale, è sempre meglio pensare con la propria testa. Non fatemi riconoscere, intesi?”

Se ne sono andati. Inizio a raccogliere quello che hanno avuto la bontà di lasciarmi. Ho la vaga sensazione che anche qui, oggi, sia accaduto qualcosa di irreparabile. E non penso alla perdita di poche lire o di qualche carta velina per caramelle.

Page 48: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 48 -

7

Considerato l’alto numero dei lettori, alla prova d’esame sono sta-te destinate due mattinate intere. La prima sarà occupata interamen-te dai temi della quinta A e naturalmente dai preliminari. Malgrado non sia di scena la sua classe, a introdurre è il nostro maestro, il più convinto del valore di questo esperimento. Ci ricorda innanzitutto che l’esercitazione ha senso solo per chi si è impegnato. Per quelli che hanno copiato da un amico - Lili gira appena la testa verso di me - o magari da un libro, è una pura perdita di tempo.

Il discorso del libro fa semplicemente ridere, può valere giusto per Renato. A Collina ad avere libri in casa sono soltanto suo padre il professore, il medico e il parroco, ognuno per il suo campo. Mia madre ne prende in prestito uno ogni tanto al patronato, che per me consiste in un solido armadio a due ante affidato alla maestra più vecchia in assoluto, quella che ha già la tomba pagata al cimitero. Sono io a correre a scuola in un certo pomeriggio della settimana a prelevare il volume dalle mani della responsabile. Viene estratto dalla fila dove se ne vedono altri della stessa misura, numerati e ben ordinati. Nessuno farà in tempo a leggerli tutti quei romanzi d’amo-re che per mio padre hanno il solo pregio di non costare niente. Ma non è la persona più adatta a esprimersi sull’argomento.

Dopo aver depositato le cartelle nelle rispettive aule, scendiamo di nuovo al pianterreno per essere sistemati a blocchi nell’atrio, tutti seduti sul pavimento sotto gli occhi del Presidente della Repubblica,

Page 49: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 49 -

Giovanni Gronchi, che ci scruta dalle pareti spoglie attraverso gli occhiali cerchiati di nero.

I discorsi d’apertura possono essere più d’uno. Noi dobbiamo sor-bircene tre quasi identici senza fare un solo passo avanti, se non ottenere dettagliate istruzioni per bagno, merenda e intervallo. Non previsto il pianto della Tesei, prossima a lasciare: andrà in pensione.

Per l’intervallo è presto detto, annullato, ci è concessa soltanto la pausa indispensabile per raggiungere il bagno a turni. La fila delle turche, separate per metà da pannelli di legno che lasciano intravede-re i piedi altrui, permette la sosta di una decina di ragazzi alla volta, il doppio nel caso delle femmine che normalmente entrano in due.

La merenda, ben avvolta nel tovagliolo bianco, sprofonda in una del-le nostre tasche, sarà consumata verso le dieci. L’altra tasca è riservata al foglio ripiegato, questo vale per la classe che dovrà leggere oggi.

Largo dunque alla quinta A, che ha l’onore di aprire i lavori e chiudere la giornata. Doppio onore per l’insegnante della classe, che chiuderà definitivamente.

Viola Tesei si muove tra le file schierate come un generale sul campo di battaglia, con le code svolazzanti del grembiule aperto sul davanti. Sotto i suoi occhi gli alunni sono poco più che agnellini, ma trovano il modo di scatenarsi quando la matura pastorella si gira dall’altra parte.

Ci siamo. Viene chiamato - solennemente - Angelini Fosco. Capi-sco che la maestra intende seguire l’ordine del registro. Noi faremo in altro modo, non abbiamo bisogno di sentir pronunciare il nostro nome, siamo già d’accordo con Ortolani.

Ora bisogna solo ascoltare.Primo svolgimento: La patria.Quando sento lo stesso titolo con l’alunno seguente mi sorprendo,

con gli altri non più, è evidente che sono stati formati dei gruppi con il tema da trattare già assegnato.

La piccola vedetta lombarda dimostra che si può servire la patria anche salendo su un frassino per avvistare il nemico. Il tamburino

Page 50: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 50 -

sardo è un ragazzo coraggioso che corre attraverso i campi in cerca di rinforzi, sotto il tiro di fucili che non scherzano. Deve salvare un reparto di soldati piemontesi incalzati dagli austriaci e non esita a fare la sua parte. A differenza del primo che poveretto ci rimette la vita, il tamburino perde una gamba.

L’eroe dei due mondi conquista tre ragazzi e tre temi quasi iden-tici, con battaglie, detti, vittorie e sventure conosciuti da tutti. Forse merita tanto onore quanto la sfortunata Anita che fugge insieme a lui e gli muore tra le braccia. Enzo il barbiere ne sarebbe commosso.

Viene da lontano la storia del bambino olandese che mette il dito nella falla aperta sulla parete della diga e rimane per una notte inte-ra in quella scomoda posizione. Subito al di là del terrapieno c’è il mare che vuole invadere la sua terra, travolgere i villaggi e ricoprirli di fango, sarebbe la fine se Hans non raccogliesse tutte le forze che si sente dentro, se non si obbligasse a resistere.

“Tu cosa avresti fatto?” domanda infine l’alunno Benzi Aureliano.Vorrei rispondergli che capiterà giusto una volta in tutta la storia

umana di trovarsi davanti a una diga nel momento esatto in cui sotto i tuoi occhi si forma lo squarcio.

Segue Il mondo del lavoro, con diversi svolgimenti e saggi ragiona-menti sulle figure di umili quanto indispensabili lavoratori. Il panet-tiere, il carrettiere, il fabbro, il calzolaio, il contadino, il bottegaio, il macellaio, il pollivendolo, il postino, il barbiere, il becchino, il fale-gname, l’operaio. Spuntano anche la guardia - che però è maschio - e la maestra. Finalmente una donna, cominciavo a stancarmi.

Fabbrini Remo, il primo del gruppo, sostiene che dovendo stabi-lire una graduatoria metterebbe in testa per ordine d’importanza il lavoro del panettiere, dato che il pane lo mangiano tutti. Ferraioli Sebastiano fa un passo indietro, al primo posto vede meglio il con-tadino che produce il frumento. Gli altri si muovono dal becchino al carrettiere, nessuno ripete la stessa scelta. Ho l’impressione che sia stato tutto organizzato dalla solerte insegnante.

Arrivati alla lettera G si cambia argomento. Al centro del discorso ora è La mamma, sempre all’opera per la famiglia e disponibile fino

Page 51: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 51 -

alla morte. Un angelo del cielo che pensa a tutti meno che a se stessa, mette al mondo marmocchi, li nutre, li cresce, li ama e infine se ne va.

Con questo gruppo di cinque affettuosi figli abbiamo superato la metà della classe.

Attiro l’attenzione di Arturo e gli lancio una smorfia. Non so se riesco a comunicargli il mio pensiero. Insomma, la madre non è una suora o un’infermiera, a volte non è neppure un modello di virtù, mi accontenterei di una via di mezzo.

Un altro drappello ha considerato i Vantaggi della vita semplice. La storia più ripetuta, sicuramente letta e riletta in classe, parla di due vecchi coniugi che vivono da soli in una misera capanna. È inverno e i disgraziati non riescono a tenere il gelo fuori della porta. Di sera accostano due sgabelli sgangherati al camino spento, siedono l’uno accanto all’altra e allungano le mani verso il nulla. Sono intirizziti e pure confusi se è vero che scambiano gli occhi del gatto per tizzoni ardenti e si addormentano felici.

Altroché vita semplice, il racconto fa pena. Antonia, l’alunna che legge per ultima, sembra d’accordo con me quando dice che si può morire congelati anche con un gatto davanti.

Mi animo un po’ all’annuncio delle Cattive compagnie, di quelli che si fingono tuoi amici e ti portano alla perdizione, alla maniera di Lucignolo. C’è da dire che all’inizio il ragionamento viene rigirato come una frittata senza prendere in esame casi concreti. Ma se non parli di persone in carne ed ossa con un nome, una faccia, una strada dove muoversi e una casa dove andare a dormire, come puoi interessare e farti ascoltare? A piacermi abbastanza è il giudizio finale di Filiberto, terzo dei cinque figli di Edmondo il falegname. Ha riferito quello che sente dire spesso da suo padre: le compagnie non saranno mai cattive quanto la solitudine. Conosco la storia di Edmondo. Quando papà deve andare nella sua bottega per far riparare qualcosa oppure per ordinare un lavoro, mi piace accom-pagnarlo. Il falegname è rimasto orfano di madre alla nascita, gli altri fratelli ormai erano grandi. In casa non c’era denaro, non gli

Page 52: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 52 -

hanno permesso di frequentare la scuola. A sei anni portava già le pecore al pascolo.

La Tesei guarda sorpresa il suo scolaro, magari non prevedeva questa libertà di pensiero, oppure le è venuto in mente il proverbio che sostiene esattamente il contrario: meglio soli che male accompa-gnati. Mi chiedo chi abbia ragione. Per quel che ne so, non sono in tanti a sopportare senza danni la solitudine.

Sembra proprio che il tema libero metta in moto il cervello.Nunzia Saponi come figlia della guardia comunale ha informazioni

dirette in materia di cattive compagnie, quelle che possono insidiare la pacifica vita della comunità. Porta l’esempio di un uomo che non riesce a onorare un debito di modesta entità e fa l’errore di confi-darsi con un tale incontrato per caso alla fiera. Ed ecco che il cattivo compagno lo convince a diventare un ladro per poi spartire a metà il bottino. I modi per far soldi sono tanti: i conigli del vicino, le pe-core su al pascolo, qualche bella gallina da sgraffignare nel pollaio o addirittura un cavallo con tanto di carretto che ti aspetta in una stalla fuori mano. Alla fine l’ingenuo debitore è colto sul fatto e finisce in galera. “Mio padre dice che non conviene fidarsi del primo venuto”, conclude Nunzia.

Non so se sia meglio farsi imboccare dall’insegnante o dal padre. Ma ecco, la classe si alza per accostarsi alla parete: la quinta A ha finito. A noi dicono di rimanere al nostro posto.

Le maestre si avvicinano alla finestra, sembrano soddisfatte. Du-rante la lettura hanno dovuto richiamare abbastanza spesso i ragazzi che si permettevano di scherzare o di scambiarsi le merende, ma l’hanno già dimenticato. Il pianto che stiamo per leggere sul viso di Viola Tesei è sommesso, non disperato. Riceve un gentile omaggio alla carriera, un mazzo di fiori che le viene consegnato da un’alunna, gli altri bambini applaudono e fanno cornice per la fotografia.

Il discorso di ringraziamento era già pronto, con dentro tutta la fatica di diventare vecchi e di accettare di mettersi da parte.

Delio Ortolani è rimasto impassibile con lo sguardo attento e in-

Page 53: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 53 -

sieme vacuo di chi dice a se stesso: devi resistere. Forse gli è sorto qualche dubbio sul valore dei temi appena letti o più semplicemente gli manca troppo la passeggiata quotidiana.

Meno una, restano due classi.

Nella seconda giornata destinata al tema libero, la nostra B aprirà la prova lasciando per ultima la classe della zia. Io e Lili camminiamo di buon passo con la cartella leggera e una gran voglia di scherzare. A volte capita anche di primo mattino e poi c’è il sole.

Di nuovo seduti, anche i ragazzi che si sentono già fuori gioco. Si sentirebbero se non avessero l’anziana precettrice che soffia loro sul collo. Noi non faremo caso all’iniziale del cognome, solo al posto occupato nell’atrio. Il maestro deve decidere da quale punto far par-tire le letture, poi gestiremo in autonomia la successione. Possiamo farcela.

Al suo via rompe il ghiaccio Flavia. In classe sta nel banco davanti al mio, qui è molto distante. Mi lancia un’occhiata, sorride e passa al titolo.

Andreina la serpe.“Per capire che aria si respira a Montepenna, non possiamo di-

menticarci della scomunica.”Benché li abbia crespi, mi si drizzano i capelli. Montepenna a par-

te, quelle che ha appena letto sono le mie parole uguali identiche, è l’inizio della storia. L’ho scritta immaginando cosa avrei fatto prima di lasciare Collina e subito dopo, una volta approdata in città.

Guardo Lili, Lili guarda Arturo, Arturo guarda Flavia, Flavia con-tinua a leggere.

“Mentre i miei genitori caricano le ultime cose sull’automobile-taxi, corro in canonica. Da casa nostra sono tre minuti appena. Vo-glio, fortissimamente voglio, la mia rivincita. Appena avvisto don Venerando nelle sue venerande vesti, lo raggiungo e mi metto ai suoi piedi, ho qualcosa da domandargli. «È una legge cristiana o una legge sua che una donna non possa entrare in chiesa sbracciata?

Page 54: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 54 -

Non crede che un vestito scollato e senza maniche sia preferito dai poveri perché costa meno?»

Siccome è rimasto allibito, aggiungo ancora un concetto. «Gli uomi-ni possono ubriacarsi tutte le sere, picchiare la moglie, bestemmiare in turco, salire mezzi nudi sulle impalcature e nessuno li scomunica, basta che entrino in chiesa senza berretto. Una donna se non ha la veletta per nascondere i capelli o un vestito abbottonato come quello di una suora, finisce additata da tutti. Le sembra giusto questo?»

Vedo che si sfrega la fronte, l’unica parte scoperta del suo corpo assieme alle dita che spuntano dalla manica.

«Come ti permetti?» sbotta incredulo. «Attenta, Fiorella, se non ti moderi un po’, in città finirai per perderti».

Invece non mi sono persa neppure la prima volta, quando sono andata in centro a comperare il diario di prima media ad appena una settimana dal trasloco. Sì, ho preso l’autobus da sola e al ritorno avevo con me due fantastiche agende, la prima per annotare la serie delle interminabili giornate scolastiche, la seconda per scriverci so-pra tutto quello che mi saltava in mente senza paura di andare fuori tema. Fine.”

Flavia ha copiato praticamente tutto dalla prima all’ultima riga, compreso lo scambio fra me e don Fernando, un dialogo assoluta-mente vero. Com’è possibile? Con le prossime letture la situazione può anche peggiorare. Non so cosa aspettarmi.

Libero è grande e grosso e si tormenta le mani. Attendo il titolo...Ho salvato un morto, un morto maschio.Mi sento rimescolare dentro. Ortolani mi punta con occhi cor-

rucciati e labbra strette. Sostengo il suo sguardo, resto impassibile. Dovrò ben ascoltare il drammatico racconto di quella notte.

Nel riscrivere la storia, il compagno di turno ha inventato diversi particolari, il ladro, la rapina, la polizia che arresta l’assassino, l’uc-ciso che si chiama Torquato, il sangue che forma un rivolo denso sull’asfalto. A parte questo, l’idea che spiega il titolo è indiscutibil-mente mia e tutti sanno che il corpo l’ho trovato io.

Page 55: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 55 -

“Perché ho appena detto di aver salvato un morto?”, si domanda Libero. “Per una ragione molto semplice, l’ora e il luogo del delit-to. Quel punto si trova all’inizio del paese dove vivono pochissime persone. Di sera le porte sono tutte chiuse, dalla chiesa, al negozio del barbiere, al magazzino di Vito, all’ufficio postale, al palazzo delle case popolari non ancora assegnate. Nessuno sarebbe tornato da quelle parti alla fine di Lascia o raddoppia, nessuno avrebbe percorso quel tratto di strada fino alle sei del mattino seguente quando in una luce ancora scarsa, la corriera che arriva da Torreta gira di fianco alla chiesa per procedere di slancio verso la piazza principale. E ri-cordatevi che in terra, a meno di due metri dalla curva, c’è lui, Tor-quato. Dunque se quella notte non avessi scoperto il misero corpo dell’ucciso, le ruote l’avrebbero sfracellato. Sappiamo bene che l’au-tista Pierino è ubriaco fin dall’ora di colazione. Ecco spiegato perché posso dire con orgoglio di aver salvato un morto. Fine.”

Sante l’amante è stato cancellato, ma la modifica non mi salva dall’imbroglio. Per di più anche Clara, Enea e Giovanni che vengono dopo Libero si prendono l’onore di aver salvato un morto, nel loro caso di nome Primo, Alighiero e Benedetto.

«Sono stata brava?» domanda Lili con una sbirciata.Il maestro Ortolani e zia Esperia mi fissano, l’uno serio, l’altra

esterrefatta. La Tesei è già molto se si regge in piedi. Ai ragazzi non importa niente. Si è capito subito che ognuno aspetta solo il proprio turno per togliersi il pensiero, e qualcuno se l’è già tolto.

Si prepara Renato. Benissimo, con lui e Arturo che verrà subito dopo dormo tra due guanciali, sicuramente non hanno copiato da me.

Il primo lavoro è intitolato: Il mio domani. Questo significa che Re-nato vuole raccontarci cosa pensa di fare da grande. Sempre stato un bravo ragazzo.

Anche se la Storia con la maiuscola gli interessa parecchio, non diventerà professore di quella materia come il padre, bensì esplora-tore. A incuriosirlo è il Continente Nuovissimo e lo descrive come

Page 56: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 56 -

se quei posti li avesse visti di persona e tutti sapessero dove si tro-vano. Sicuramente le isole Curili e le Mamanuca sono indicate sol-tanto sull’atlante di casa sua. Quando si sposta in altre regioni del mondo vuole impressionare con le misure eccezionali, riportate al centesimo, di tutto quello che incontra, dai tronchi degli alberi, alle montagne, ai fiumi. Noi gli andiamo dietro come papere solo perché nessuno può contestargli su due piedi la circonferenza del baobab, la lunghezza del Nilo o l’altezza dell’Himalaia.

Sinceramente, ho molti dubbi sul valore di questo tema, non gli darei più di sette o sette e mezzo.

I maestri la vedono in altro modo. Appena Renato conclude la let-tura, Ortolani ammicca verso la Tesei che tutto in una volta sembra aver ritrovato un po’ di considerazione per il collega.

Arturo già dal titolo conquista la mia attenzione. Dentro e fuori le mura. Non mi aveva detto niente, anche lui ha i suoi segreti.

All’inizio si sofferma sulle tracce del passato che abbiamo sempre sotto gli occhi: la torre civica con la meridiana, le vie lastricate che salgono verso la rocca di un tempo, le mura imponenti, i cardini del ponte levatoio che proteggeva la porta medievale. Poi si ricorda di una chiesa bombardata che rovinò del tutto quando lui era in se-conda. Sul pavimento, sotto il tetto scoperchiato, si vedevano statue senza testa o senza braccia, bellissime figure destinate a diventare ghiaia.

Gli antichi castelli delle frazioni sono legati allo stesso destino, presto si sgretoleranno come le fragili mura di Collina. La vita però va ancora avanti.

Lasciati i borghi di periferia, Arturo esce dalle mura cittadine e raggiunge la campagna. Qui si allevano bovini e animali da cortile, si producono uova, latte e formaggi, si taglia la legna, si coltivano frumento e ortaggi, si fanno crescere gli alberi da frutto. Ed è questo lavoro a rendere possibile la vita di chi, vivendo in città, si è dimen-ticato da dove viene il cibo che mette in tavola tutti i giorni. Per far capire quanto sia importante per lui lo spazio aperto, racconta di una

Page 57: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 57 -

passeggiata al fiume. Non mi nomina mai, eppure siamo insieme, è la nostra avventura per filo e per segno, la più bella di tutta la mia infanzia e forse anche della sua.

Dopo un attimo di sospensione incredula, il maestro prorompe in un applauso che diventa subito travolgente.

Come fa Amati a non andare mai fuori tema? E dov’ero io quando è stata demolita quella chiesa? Prima che le statue venissero triturate potevo disegnarle, peccato.

Ora tocca a un compagno piuttosto chiuso. Battista è piccolo e forte, e non si lascia andare tanto facilmente. Anche all’incontro di classe ha svolto una parte di secondo piano. Benché arrivi a scuola tutti i giorni, nessuno sa per quale strada abbia camminato e dove si trovi la sua casa. Quale che sia il posto, là sicuramente lo fanno lavorare di braccia, basta guardarlo. La località si chiamerebbe Forni di sotto. In proposito il maestro ha consultato mio padre che, mo-destamente, conosce il territorio di Collina come le sue tasche aven-do sempre sotto gli occhi, sulla parete dell’ufficio postale, la cartina comunale ingrandita. Ho sentito come la pensa papà, dice che non esiste, così come non esistono Forni e Forni di sopra che darebbero senso a quello di sotto. O no?

Mi viene in mente un particolare. In prima elementare, Battista scriveva con la mano sbagliata. Il maestro lo lasciava fare, si era li-mitato a scambiarlo di posto con Vittorio, altrimenti si urtavano col braccio. Tutto inutile, non appena le maestre Spaggini sono venute a saperlo hanno sollevato un tale polverone che Ortolani, accusato di rovinare il bambino e la scuola intera, ha dovuto mettersi d’impegno per fargli usare la destra.

Non so cosa possa frullare nella testa del nostro amico. Non lo so fino a quando non sento leggere il titolo. Dal barbiere.

Dopo la descrizione della stanza, che non espone l’immagine di Giuseppe Mazzini - come quel mancino mancato ci tiene a preci-sare - compare il barbiere Ferruccio, un bravo artigiano dalla folta chioma, sempre in prima fila alla Santa Messa. Mentre fa la barba e

Page 58: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 58 -

accorcia i baffi, il barbiere intavola importanti discussioni, prima di tutto sulle donne. Le conosce così bene da poter affermare che le migliori sono le tedesche.

“Perché vengono prese a modello delle straniere che parlano una lingua difficilissima? Chi può dire che non facciano errori di gram-matica o non sparino bestemmie?” È quanto si chiede Battista di Forni di sotto, copiando integralmente la domanda da Eugenia di Collina.

Incerta la parte su chi razzola male e pretende di predicare, so-prattutto perché le prediche non sono barzellette e bisogna ben dire qualcosa anche ai funerali.

Silvano, Elio e Livio affrontano lo stesso tema di Battista, pratica-mente identico salvo il nome e l’aspetto del barbiere, ora grasso, ora secco, ora alto, ora basso. Tutto incentrato sulle donne, le prediche e la bottega dove un giorno si presenteranno per sapere finalmente cosa dicono i maschi quando si ritrovano tra loro.

Page 59: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 59 -

8

Nonostante l’indiscussa autorità della Tesei, la quinta A è fuori controllo, in fondo ha finito da un secolo. Calcolando che una parte della mia classe si è già espressa, il maestro decide che dieci minuti di intervallo ci stanno. Tanto meglio se ci troveremo in orario sfalsato rispetto alle altre classi, il cortile sarà tutto nostro. Mentre ragiona con le colleghe, mi tengo a debita distanza. La zia e la Tesei devono avere delle riserve sulla decisione, sanno bene che va messa in conto un’inevitabile baraonda. Credo che alla fine sia stata l’aria irrespira-bile dell’atrio a convincerle.

Appena scocca il via libera fuggo all’aperto. Quello che voglio è passare inosservata nella massa urlante in movimento. Non intendo soffermarmi sulle mie disgrazie e neppure parlare d’altro. Con Lili meno che con gli altri. Ce l’ho abbastanza con mia cugina, fa tanto la saputella e non capisce niente, non è stata capace di organizzare una semplice prova di scrittura con qualche piccolo aiuto. Che rabbia. Mi aspettavo di meglio e di più da una come lei. Dovevo fare tutto da sola, non c’è da fidarsi neppure di un parente stretto.

Finché le gambe, il fiato e i maestri ce lo concedono, vaghiamo qua e là per il piazzale tra urla e strepiti. Il fischietto ci richiama nel vestibolo dove qualcuno nel frattempo ha provveduto a spalancare le finestre. Meno male. Quando ci invitano a ritrovare i posti occu-pati al primo turno ne vediamo di tutti i colori, poi non si sa come siamo di nuovo seduti.

Page 60: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 60 -

Ho ben presente chi deve ancora leggere. Mancano Lili, le bambi-ne che le stanno vicine e tre stupidi che stanno vicini alle bambine. Poi manca il gruppo del Castello e manca la sottoscritta, sento il foglio piegato nella tasca del grembiule.

Prima di iniziare, Liliana sorride a zia Esperia per rassicurarla. Mi aveva anticipato l’idea di svolgere il tema La domenica a Collina. Vo-leva sfogarsi contro suo padre che fa l’elettricista e ha preso in af-fitto un appezzamento di terreno solo per obbligarla a passarci il pomeriggio delle feste comandate. Pare invece che abbia cambiato argomento, nemmeno un cenno a questa seccatura dell’orto.

Il nuovo lavoro ha per titolo Il divorzio delle gemelle.Tratta di due sorelle di nome Ida e Ada che per undici anni fanno

tutto insieme, asilo, scuola elementare, giochi e disegni, finché Ada decide di scegliersi un’amica tutta sua e comincia a frequentarla. Ida sulle prime ci rimane male, poi capisce che può fare la stessa cosa, in paese ce ne sono tanti di ragazzi simpatici. Inizia ad af-fiancare un certo Enrico che fra l’altro possiede la bicicletta e in breve tempo impara a pedalare. Adesso le gemelle trovano meno occasioni per litigare e la sera quando vanno a letto hanno qualco-sa da raccontarsi.

Non so perché, ma ho l’impressione che Lili parli di noi due. Lella era una del gruppo, la più sfrontata nel mettere il naso tra

cose non sue. Sono proprio curiosa di vedere come si è comportata con proprietà delicate come le idee.

Il titolo è tranquillo. Perché i genitori non ci ascoltano. L’inizio, abba-stanza rassicurante. “Il più delle volte i grandi sono presi da proble-mi e da contrasti che noi possiamo solo subire.”

L’idea è mia, l’amica però sembra molto onesta, si sforza di por-tare argomenti diversi. Mi sento sollevata, sicuramente io non vivo in una casa di campagna, non ho quattro fratelli e neppure la madre casalinga. A differenza di quanto avevo scritto io, Lella sostiene che nelle discussioni domestiche è sempre la mamma a cedere, mentre il babbo si incaponisce e vuole comandare. Ottimo, ha modificato il

Page 61: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 61 -

testo con vera intelligenza. Già che c’era poteva fare un po’ di atten-zione, dal momento che il suo vero padre è ancora disperso in Rus-sia. Non tutti per fortuna lo sanno, o magari chi lo sa si è distratto. Quando Lella parlava di lui, Ortolani stava richiamando due ragazzi della fila davanti che si rubavano le mentine.

Subito dopo, ascoltiamo lo sfogo di Elide, Vittorio e Benito con-tro gli adulti che non ci ascoltano. Vivendo tutti e tre in campagna, hanno problemi molto simili. Le discussioni tra i genitori avvengo-no per le solite ragioni, mancanza di denaro, parenti serpenti, nonne bisbetiche, affitto da pagare, medico e ospedale. Seguono le inco-gnite del lavoro, con la grandine che rovina il raccolto e fa staccare i fiori del melo, la pioggia scarsa, il vento furibondo e le volpi che di notte saccheggiano il pollaio. Mentre i grandi discutono, i figli af-frontano da soli situazioni pericolose che padre e madre nemmeno sospettano. Sarebbe tutto più semplice se iniziassero a considerare i bambini parte della famiglia.

Posso non essere d’accordo? È esattamente quello che ho scritto nel mio diario.

Angela e Santina abitano a Murata. Non erano presenti all’incontro di classe, questo mi basta per riprender fiato. Se poi si divertono a cu-cinare piadine e polenta nella casa dei nonni sono contenta per loro.

La mia famiglia, così è intitolata la pagina che tengono in mano.Poveretto il fratello di Angela, si è ammalato di poliomielite ed è

tornato dall’ospedale con una gamba più corta. Da quel giorno vuo-le stare sempre con la sorella.

Santina di fratelli ne ha cinque, in casa sono tutti maschi fuorché lei e sua madre, perciò di tempo per studiare ne ha ben poco, deve aiutare nei lavori domestici. Che fregatura, non fanno che cucinare, lavare, cucire, rifare letti e pulire per gli altri. E devono stare attente agli animali che s’infilano dappertutto, scarafaggi, topi, mosche, pul-ci, cimici e gatti. Sì, gatti così voraci che ti rubano il cibo dal piatto.

Brave ragazze, mi siete proprio piaciute, ho ascoltato molto vo-lentieri.

Page 62: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 62 -

Si fa avanti Giuseppina. È la più sviluppata di tutte noi, ha già compiuto undici anni, a me mancano ancora due mesi. Si può capire come certi argomenti possano prenderla particolarmente, deve sen-tirli risuonare spesso anche nel suo bar. Ne ho la conferma quando annuncia il titolo senza neppure guardare il foglio.

Il direttore di banca e la parrucchiera.Ho un atroce presentimento...Rispetto alla storia originale dove mi ero inventata l’ispettore

scolastico e la telegrafista, questa diventa più terribile ad ogni riga. Come fa a non capire che certe cose non si possono sparare ai quat-tro venti? Non riesco ad abbandonare le mie scarpe di vernice nera. Liscia e lucida. Le studio con pignoleria chiedendomi se ad essere idiota è la ragazza che le indossa o quella che sta leggendo. Sicura-mente il direttore di banca, uno così meriterebbe di essere spedito a vuotare cessi, visto che non sa fare due più due. La parrucchiera non so, non si può dire come si sarebbe comportata nel resto della vita se non fosse morta a soli ventiquattro anni cadendo dalla finestra del terzo piano. Nel mio racconto si pungeva il dito con un ago infetto e restava all’ospedale per mesi e mesi. Senza morire.

La zia mi fulmina, la vedo e la sento anche senza girarmi.Il titolo di Iride è simpatico: Il giusto intervallo, ovvero, prima il dovere.

Non mi sorprende, era quello che avevo adottato nella versione ini-ziale, poi nei rifacimenti successivi ho avuto meno peli sulla lingua e ho scritto chiaro e tondo: Come non rubare lo stipendio da maestro.

L’amica ha attenuato la critica e ritoccato il contorno. Il palazzac-cio si è convertito in un edificio di mattoni rossi, il dirupo ha preso l’andamento di una piana erbosa, il maestro è diventato la maestra. Per il resto, Ortolani con le sue fissazioni, l’irritabilità e i pensieri altrove è tutto lì, quasi in fotografia, comprese le mani nelle tasche dei pantaloni, tipiche dei maschi.

Dopo Iride, Stefano torna alla Ricreazione, il momento più bello della giornata che dà il titolo al suo lavoro. Tutti ne avrebbero diritto, anche gli uomini che faticano al sole o sotto la pioggia per riparare

Page 63: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 63 -

le strade, come fa suo padre da quindici anni in qua. E allora perché criticare la maestra se tutte le mattine si trattiene in cortile per un’ora e più a non far niente, invece di insegnare la grammatica italiana a chi non sa neppure dove stia di casa?

Severino insiste nel rigirare il coltello nella piaga, si può capire, è figlio del macellaio. Ed ecco La scuola, un temino minuscolo come il suo cervello. Il piccolo sadico ricorda altre manie e dimenticanze del maestro sfuggite alla compagna Iride, attribuendole tranquillamente a un insegnante di sesso maschile.

Mi chiedo come la prenderà il diretto interessato. Me lo chiedo ma non voglio saperlo. Non mi giro a guardarlo.

Fabio e gli altri si sono rimessi a sedere non lontano da me. È fi-nita, di qui in poi starò tranquilla, loro non erano a casa mia quando tutto è iniziato.

Tommaso, il primo della banda, ci tiene a sottolineare che quella che racconterà è una storia vera. Parla di qualcosa che tutti vorreb-bero trovare: Il tesoro.

Molti anni fa, mentre smuoveva le zolle con l’aratro, un contadino del Castello andò a urtare contro una cassa sotterrata. Quando l’a-prì, vide con sua grande meraviglia che traboccava di anelli e pietre preziose. Non voleva credere ai propri occhi. Per non essere co-stretto a ricorrere all’aiuto di qualche vicino geloso se la caricò sulle spalle e prese per un viottolo secondario.

L’aratro poteva restare infilato nella terra secca, non serviva più.Una volta a casa, mostrò il tesoro alla moglie senza farglielo toc-

care neppure con un dito. E non doveva parlarne con nessuno! Era già deciso che il giorno seguente sarebbe partito, voleva raggiungere una grande città per vendere i gioielli. “Torno con il denaro e ti porto via con me”, promise. “Andremo a goderci la vita in giro per il mondo.”

Lei lo vide per l’ultima volta con due sacchi in spalla. Qualche anno dopo, un paesano emigrato in America lo vide senza sacchi e tutto elegante: la vita se la godeva da solo. Se la moglie quella notte

Page 64: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 64 -

era stata tanto stupida da non prendersi neppure un anellino, peg-gio per lei. Non capita quasi mai che il maschio sia più furbo della femmina. Fine.

È proprio vero, in classe non circola una sola lingua. Mentre Tom-maso parlava ho dovuto tradurre nell’italiano con il quale penso. Il maestro lo sa, l’ho visto abbassare la testa ad ogni svarione, che sarebbe un errore tremendo.

Il secondo a leggere è Gino. Il tema s’intitola: Pericolo!Racconta delle mine rimaste nel terreno dai tempi del passaggio

del fronte e di un gruppo di ragazzi che raccoglieva rottami. Ci fu un’esplosione, due rimasero uccisi e due diventarono ciechi. Tut-to questo per non aver dato ascolto agli adulti che prima fanno le guerre, poi, visti i risultati, se ne pentono. Gino si dice sicuro che di bombe inesplose non ce ne sono più, quelli che dovevano morire sono morti. Fine.

Raffaele ha un avvio molto stentato, balbetta e legge malissimo, non capisce le parole scritte, sembra quasi che non sia stato lui a riempire quel foglio. Non ha importanza, basta l’annuncio del titolo perché le prime file di ragazzi drizzino le orecchie: Il diavolo e il cavallo.

Come già Tommaso, Raffaele premette che si tratta di una storia vera, del resto non gli piacciono le favolette, non è una femmina. Quello che dirà l’ha sentito raccontare da persone diverse, il maligno infatti compare dove e quando vuole. Nessuno riesce a tener testa al demonio e alle sue furbate, né dio in persona, né uomini grandi e grossi. In campagna questi incontri avvengono di notte su certi viot-toli deserti. Magari uno va a cavallo e galoppa verso casa, quando i suoi occhi assistono a un fatto impressionante: la criniera si trasfor-ma in treccia. La bestia nitrisce e il contadino ha uno spavento così grande che può cadere in terra o morire, com’è successo in certi casi.

“Vorrei vedere voi al posto suo, a trovarsi davanti una criniera che prima era sciolta e poi annodata. Fine.”

Molti vogliono risentire il racconto. Zia Esperia urla anche di più e riporta il silenzio.

Page 65: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 65 -

Quella treccia diabolica ha spaventato anche me. Cerco di attirare l’attenzione di Arturo ed è come se mi sentisse, si gira e capisce cosa gli sto chiedendo. Per spiegare come la pensa si batte un dito sulla fronte. Chiaro, Raffaele è matto. Dunque non gli ha creduto, mi sento più tranquilla.

Ora è Fabio a dover esporre. Lui è penultimo, io ultima. Siede alla mia destra, oltre la colonna che sostiene il soffitto. Si è pettinato per bene quei capelli che sembrano davvero di rame e sta composto come il santo patrono. Il racconto mi conquista all’istante. È inti-tolato: Una fortuna sfacciata. Non glielo faccio capire, non lo guardo neppure. Mi giro dall’altra parte.

Fabio parla della frana che colpì anni addietro la frazione di Ro-vereta, dalla parte opposta di Torretta. In alto sul dirupo, in una ca-setta bassa con l’orto dietro e il cortile davanti, abitava una famiglia numerosa che zappava la terra dall’alba al tramonto in un campo scosceso e pieno di sassi. Quando genitori e figli andavano a dor-mire, crollavano sui pagliericci e non si muovevano più fino all’alba. La madre, che era sempre la prima ad alzarsi, quella mattina aprì il portone e si ritrovò in pianura, a pochi metri dal ruscello. Si sentiva benissimo e l’acqua gorgogliava pimpante alle prime luci del sole.

“Ecco il fiume delle anime benedette», pensò tra sé, convinta di trovarsi già in paradiso. Fece due passi a destra e due a sinistra pen-sando di incontrare qualche santo, poi le venne da girarsi su se stessa.

Era tutto uguale! La facciata bianca, la piccola porta, le finestre senza persiane, le solite crepe sotto il tetto. C’era solo una differen-za, se prima il melo stava sul retro al centro dell’orto, adesso spunta-va sul lato sinistro vicino alla parete, e i rami più alti accarezzavano i coppi. Che storia era mai quella? Non poteva certo immaginare che la casa fosse scivolata giù per diversi chilometri restando in piedi. Dentro non si era mosso niente, chi stava dormendo non aveva interrotto il suo sonno, neppure la fiasca del vino si era rovesciata.

“Se non ci credete andate a Rovereta e domandate al primo che capita. Fine.”

Page 66: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 66 -

Al coro sguaiato di “Ci credo! Ci credo!”, i maestri si sbracciano per riportare l’ordine.

Gran bella storia quella di Fabio, cercherò di ricordarmela.Mi sistemo a sedere. Ortolani lo sa che tocca a me ma non mi

guarda, dev’essere arrabbiato nero.Respiro forte e alzo il foglio. Ho preparato un racconto un po’

vero e un po’ inventato, diffuso in paese dal medico condotto. L’ho intitolato: Nel segreto di una casa sperduta.

“In una casa semi diroccata, lontana dalla strada, vive una famiglia poverissima. Sono tre persone, padre, madre e figlio di cinque anni, Severino. Un giorno il bambino non riesce ad alzarsi dal letto, è pal-lido come un lenzuolo e tiene gli occhi chiusi come un morto. Non hanno medicine, non hanno niente, la madre è disperata. Il padre allora corre alla prima fattoria distante alcuni chilometri e ottiene in prestito un carretto con il cavallo.

Raggiunge Collina. Arrivato in centro, chiede del dottore che abita in una villetta appartata. Bussa alla porta e il medico in persona gli va ad aprire. Il contadino comunica che suo figlio sta morendo e subito dopo che non può pagare la visita perché non ha un soldo, né bucato né disegnato.

Il medico allarga le braccia, si affretta a prendere la borsa di pelle, indossa il berretto e sale sul carro per tornare alla casa sperduta in-sieme all’uomo.

Dopo aver visitato il bambino, chiede alla madre: “Avete della fa-rina e qualche uova?”

“Un uovo ce l’ho e anche un po’ di farina.”“Benissimo, fate delle tagliatelle, cuocetele e datele a vostro figlio.

Domani venite a riprendermi.”Il giorno dopo, stessa cosa. Così il terzo giorno, stessa domanda e

stessa risposta...”A questo punto alzo gli occhi e incrocio quelli di Fabio, che non la

smette di fissarmi con aria di sfida. Allora so cosa devo fare. Fingo di riprendere a leggere, devio rapidamente su un’altra strada e inven-to parole non ancora scritte.

Page 67: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 67 -

“... La vita di un bambino è preziosa come quella di un vecchio, di un malato o di un sempliciotto preso in giro da tutti. Che innocenti i ragazzi, che bravi, che giocherelloni. Qualche volta però sono capaci dell’inganno più crudele. Questo è accaduto molto vicino a noi. Un uomo che non faceva male a nessuno ha dovuto subire una sorte orrenda per colpa di un bambino senza testa e senza cuore. E la luce del sole si è spenta per sempre in fondo a un pozzo.

Tornando alla casa sperduta, dopo tre piatti di tagliatelle Severino si è ripreso. Non era ammalato, solo affamato. Fine.”

Guardo Fabio, lo tengo sotto tiro finché non abbassa la testa.La quinta B ha concluso.Tappa finale. Sono passate le undici quando si fa avanti la classe

di Esperia Spaggini. La zia ce la mette tutta per assolvere al difficile compito di dare la parola ai suoi alunni dopo i tanti che li hanno preceduti e in presenza di un fitto via vai. Sono i colleghi ad affron-tare le massicce richieste per il bagno, invocato dagli scolari con le braccia alzate. Forse è una coincidenza, ma i turni diventano serrati non appena i racconti tornano alle imprese garibaldine e al Libro cuore, con la breve parentesi della piccola fiammiferaia che a Collina non si è mai vista, mentre Giuseppe Garibaldi è passato eccome nei paraggi e si è anche fermato a bere, come si legge sul marmo bianco del monumento a suo nome, eretto nel piazzale davanti alla chiesa di Montefalco.

Page 68: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 68 -

9

La prova si è conclusa da cinque minuti. Ortolani agisce con tempestività, si affretta a dare il via libera ai ragazzi e alle loro car-telle e resta sulla porta a parlottare con la bidella. Credo di sapere cosa le sta dicendo. Io sono rimasta in fondo dietro l’ultima fila di banchi, in attesa di un’improbabile assoluzione. Lili è stretta al mio fianco. Con questo dichiara che siamo unite per la vita e per la morte, nel bene e nel male. Dovrò perdonarla, non sono il mostro che tutti credono.

Ci ha viste. Con gesto irato e una certa sorpresa - non si era accor-to che eravamo ancora lì - il maestro ci spedisce a casa dietro a tutti gli altri. Deve aver convocato ufficialmente le maestre Spaggini. Dal corridoio facciamo in tempo a scorgerle mentre varcano la soglia dell’aula ormai vuota. Stanno parlando in modo concitato. Per no-stra fortuna non ci vedono.

Cosa possiamo fare? Inghiottire amaro e scendere al paese. La si-tuazione ci è sfuggita di mano, qualcuno dei compagni ha esagerato sul serio. Letti ad alta voce, i temi facevano tutta un’altra impressio-ne. Lili mi confessa che nell’interrato di Giuseppina le hanno fatto ripetere certe pagine più di una volta. Sicuramente c’è stato chi ha mandato a memoria il racconto parola per parola, poi l’ha passato agli altri e buonanotte suonatori. Credevano di essere furbi? Adesso la colpa ricadrà sugli innocenti, siamo alle solite. Chi li ha scritti i temi iniziali, quelli veri? Chi ha copiato senza un minimo di buon senso?

Page 69: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 69 -

Non ci guardiamo neppure. Una volta in piazza, ognuna se ne torna a casa sua.

Appena mi vede arrivare con il broncio e qualcosa che non con-trollo, papà domanda cosa sia successo. Oggi è da noi, ha ottenuto una settimana di ferie per aiutarci a fare il trasloco. E spetta a lui pre-parare il pranzo. Dal momento che non rispondo, continua a inter-rogarmi, vuole sapere perché la mamma non arrivi. Allora gli dico di andare a chiederlo a lei e mi busco un ceffone. Lo desideravo tanto.

Rimango sola fino a metà pomeriggio. Senza mangiare. Posso an-che andarmene a letto.

Non li sento arrivare, dormo fino alla mattina seguente.In sostanza non possono darmi l’insufficienza in condotta per-

ché non potrei sostenere l’esame e sarei bocciata. Questo è assurdo, avrebbe detto Ortolani. Ecco di cosa hanno parlato la mamma, la zia, il babbo e il maestro in tutte quelle ore, hanno esaminato una ad una le varie ipotesi. Anche se non avrò il votaccio che merito, dovrà essere come se me l’avessero dato, altrimenti non mi renderei conto di aver preso in giro tre insegnanti e la scuola intera. Dunque, indipendentemente dall’esame che potrà essere anche splendido, mi abbasseranno tutti i voti.

Neppure si sognano di ascoltarmi.Per Lili, ritenuta senza ombra di dubbio il mio braccio destro, si

prevede una punizione più leggera. In italiano merita tra il sette più e l’otto meno, ma un bel sei non glielo toglie nessuno. Gli altri com-pagni sono solo delle vittime. Il ruolo di Giuseppina non viene con-siderato, del resto non giova a nessuno andare a raccontare che su quel tavolo impregnato di vino hanno scopiazzato a man bassa per due ore. Neppure a me frutta qualcosa, devo cucirmi la bocca anche con gli amici stretti. Chi sono poi quelli stretti? Forse Arturo, ma a che serve parlare con uno che sa tutto in partenza?

Non basta, il peggio deve ancora venire. Mettendo insieme una serie di indizi, il maestro arriva a concludere che tengo un diario se-greto e senza riflettere sulle conseguenze lo rivela ai miei genitori. Il

Page 70: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 70 -

giorno dopo, oltre allo sfogo che prevedevo, mia madre mi ordina di andarlo a prendere. L’ho fatta vergognare come un cane, chissà cosa dovrà sopportare ancora prima di morire di crepacuore, merito di passare la notte nella stanza buia. Ma soprattutto vuole il quaderno. Vuole vederlo, toccarlo con mano, mangiarselo.

Io mi metto a piangere e a urlare fino alle stelle, finché non in-terviene il babbo con il suo “Facciamola finita.” Ormai le uova nel paniere sono state rotte.

Eccome se sono state rotte.

Rispetto alla prova, l’esame è una bazzecola. Tutti sanno ormai cosa li aspetta e hanno preso le misure del caso. Io mi costringo a guardare avanti, vergogna e delusione cominciano a stemperarsi.

Tema già consegnato.Oggi qualcosa finisce, questo il mio titolo.Come passa il tempo, il titolo di Lili.Noi della quinta B abbiamo iniziato a scrivere dopo i dieci minu-

ti di riflessione suggeriti dal maestro, un consiglio che sembrerebbe comportare una perdita di tempo. Al contrario, serve per imboccare la strada giusta e andare a segno. Tanto è vero che mentre gli altri che non hanno riflettuto sono ancora nelle aule e nelle pesche, noi possiamo uscire in cortile per goderci l’ultima ricreazione della scuola elementare.

Io e Lili siamo sedute sul ciglio, le gambe penzoloni nell’orrido e un silenzio carico di afflizione al pensiero che mai più ci abbandoneremo a questo gioco di equilibrio nel cortile del palazzaccio.

Dei passi, il maestro aggira l’angolo. Non ho idea di cosa voglia da noi o abbia intenzione di dirci. Finora non sono andata a cercarlo, non so bene cosa dovrei spiegare o comunicare. Il poco non servi-rebbe, il molto è complicato, così me ne sto zitta.

Eccolo.“Allora te ne vai in città, ci lasci”, osserva quando si trova abba-

stanza vicino.

Page 71: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 71 -

Sta parlando con me, mi costringe a guardarlo. Lo sa benissimo che me ne vado e poi non è una domanda. Non rispondo.

“L’anno prossimo sarai in prima media...”Sì, se supero l’esame di ammissione, obbligatorio per chi studia

latino. Io lo studierò, io avrei la testa. Le frasi infelici di mia madre non si contano, per lei chi sceglie l’avviamento professionale non ha la testa. Non rispondo.

“Dopo tre anni sarai al liceo.”Se non mi bocciano e non muoio, va bene, andrò al liceo. Non

rispondo.“Arriverai all’università, Eugenia...”In famiglia di laureati non ce ne sono, io potrei essere la prima.

Comunque, non ce la faccio a vedere così avanti nel tempo. Non rispondo.

“Se il mio consiglio vale qualcosa”, dice bonario e per la prima volta in cinque anni mi sorride, “ti suggerisco - naturalmente se cre-di - di avviarti sulla strada del giornalismo. Qua la mano, Eugenia, facciamo pace.”

Delio Ortolani allunga verso di me un braccio pallido che spunta dalla manica corta di una camicia altrettanto smorta. Braccio secco quanto la piccola mano che mi porge.

Tendo la mia senza alzarmi, lui s’inchina e me la stringe forte.

L’ultimo atto è fissato di lì a tre giorni.La vettura di piazza è pronta, noi lo siamo per forza, dipendiamo

da lei. Credendo di consolarmi, Maria Trippoli mormora con un mezzo sorriso: “Ci dimenticherai presto, Eugenia”.

Allora non mi trattengo più, non riesco a fermare lacrime e singhioz-zi. Tutto in una volta il pensiero che in estate dalle due del pomeriggio alle sette di sera non sarei stata alla fattoria in compagnia di Arturo mi sembra insopportabile, straziante quanto il pensiero che non rivedrò mai più Stella, Pietro, Rita, il melo, gli animali, il cortile. Non voglio cedere, smetto di piangere e mi rincantuccio sul sedile posteriore.

Page 72: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 72 -

Se non altro, la quinta B ha portato a casa il diploma di scuola elementare. I bocciati delle altre due quinte saranno più infelici di Eugenia Amati in questo momento, a meno che non fossero rasse-gnati in partenza. Non so se noi meritavamo questo vantaggio e loro un altro ritardo. Molte domande restano in sospeso.

Page 73: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 73 -

Le cose erano lì per accontentare tutti,eppure ognuno aveva la cosa sbagliata.

F. M. Ford, Il buon soldato

LA MAGGIORE ETÀ 10

Dovevano passare quindici anni per trovare qualche risposta e ri-cordarsi di una promessa.

Quando ho iniziato ad avere una rubrica tutta mia su un settima-nale, di anni ne avevo appena compiuti venticinque. Assunzione in prova, naturalmente, tutto molto provvisorio benché esaltante. Eb-bene sì, sono diventata giornalista, era prevedibile, anche se niente va dato per scontato. Dopo il maestro delle elementari che a suo modo mi aveva incoraggiata a intraprendere questa strada, è stato il professore di storia e filosofia a rinnovare il consiglio.

Ben diverso l’impatto con la scuola media. Ero figlia di maestra, ma pur sempre ragazzina di paese. In casa mi avevano proibito l’u-so di una lingua che pure comprendevo alla perfezione, destinata a parlanti non scriventi. A fare la differenza era la penna e questa con relativa grammatica spettava a noi borghesi. Agli altri dovevano bastare la vanga e il dialetto.

Il filtro non aveva funzionato al cento per cento. Nel contatto quotidiano con gente illetterata avevo assimilato espressioni non or-todosse che un bravo insegnante di lingua italiana era autorizzato a correggere. A me era toccata una donna. Slavata, secca e malaticcia, tirava avanti a forza di yogurt. Lo portava con sé in un misero vaset-to per consumarlo durante l’intervallo.

Una mattina, mentre noi alunni di prima ce ne stiamo seduti e composti per la consegna del compito in classe, e io mi tengo pronta

Page 74: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 74 -

ad alzarmi per seconda in base all’ordine alfabetico, sento pronun-ciare il mio nome. Ho scavalcato Alberici, non so perché, devo an-dare subito alla cattedra.

Attendo sul lato, di fianco all’insegnante. Lei non si gira. Mi porge il foglio protocollo e segna un punto preciso con l’unghia decisa-mente esangue. Devo leggere.

Nel tema parlo di Collina con espressioni cariche di nostalgia. È il mio paese, e non solo quello della nascita biologica. L’ho lascia-to per sempre tra prati e alture verdeggianti, posso permettermi di idealizzarlo.

Mi schiarisco la voce. Avvio la lettura.“... camminavo spesso per la strada di periferia che portava ai pri-

mi caseggiati. Sotto di me le luci lontane della valle dove il giorno accettava di morire nella certezza di poter rinascere. Altre volte mi muovevo lungo il corso silenzioso tra passanti che conoscevano il mio nome e gatti che non si sognavano di salutare, allora era bello entrare nelle vetrine...”

Una mano mi blocca. Giro la testa. Sta sghignazzando con tutti quei denti gialli. I capelli lunghi e gretti, color sale e pepe, sobbalzano, la mano scheletrica segna la parola incriminata e trema. “Sentito, ragaz-zi? La vostra compagna entra nelle vetrine. Ma cosa sei, una ladra?”

Tutti ridono di gusto, felici di non essere al posto mio.Allora mi slaccio un bottone del grembiule che mi va stretto, le

strappo il foglio dalle mani e me lo porto via. È il mio tema e me lo tengo.

“Amati, riporta qui il compito!”“No che non glielo porto, l’ho già messo nella cartella e nessuno

può permettersi di aprirla.”Il sabato seguente, mia madre - alla quale ho affidato lo scritto e

spiegato i fatti senza troppe speranze - viene convocata dal preside alle dieci del mattino. Dovrà riconsegnare il compito e probabilmen-te ricevere un altro foglio con annotata la punizione prescritta per il mio atto di insubordinazione.

Page 75: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 75 -

In anticamera è presente anche la professoressa allo yogurt, che resta sulle sue con fare sofferente e contegnoso. Mia madre la igno-ra. La porta si apre e loro entrano da qualche parte, non riesco a vedere. Mi lasciano sola ad aspettare, sono cose da grandi.

Un tempo eterno. Sarebbe bello non essere lì o esserci state un anno prima.

Vedo uscire la titolare di cattedra - viso rosso-violaceo, una gran fretta, non saluta - e di seguito la maestra Spaggini. Neppure lei dice niente ma non mi rimprovera, è già qualcosa. Per strada, dopo un tratto in silenzio e la sosta per un gelato, decide che devo sapere tutto: il preside mi ha difeso come un leone e ha dato una lavata di capo all’insegnante.

“Ma se non mi conosce neppure!”Mi conosceva eccome, e sarebbe stato lui il giorno della consegna

dei diplomi a premiare me e gli altri ragazzi di campagna che si erano fatti onore nei tre anni precedenti.

In terza c’era stata un’altra vicenda degna di nota. L’insegnante di disegno non era vegetariano e neppure smunto come la collega di lettere, era un uomo giovane, bello, raffinato, sempre in giacca e cra-vatta e dalla pelle curata. Agli alunni dava del lei, del resto avevamo tredici anni.

Gran parte delle lezioni che ci dedicava nella sua elegante magnani-mità consisteva nel puro e semplice “copiato”. Il tempo rimanente gli serviva per scrivere sul registro con una splendida penna stilografica.

Ormai nella mia vita circolavano diversi libri e avevo conosciuto Picasso. Mi piaceva, riguardavo spesso i saltimbanchi con la scim-mietta, gli arlecchini, le figure a tutta pagina, quei volti in primo piano dagli occhi asimmetrici. Piena di entusiasmo, in un compito per casa ho provato a riprodurre La stiratrice, donna dal corpo secco rivestito di azzurro polvere, con i capelli che piovono in avanti sulla testa reclinata e una mortale stanchezza nelle braccia.

La settimana seguente è stato con un certo orgoglio che ho conse-gnato il lavoro, non era male.

Page 76: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 76 -

Nel riceverlo indietro con il giudizio mi sono dovuta ricredere. Sotto c’era scritto testualmente in inchiostro bluette: “La figura umana è superiore alle sue possibilità”.

Un minuto dopo ho aggiunto in nero lapis: “Non è detto. Tu nel frattempo insegnami qualcosa.” Io non gli davo del lei.

Come alle medie, anche al liceo si doveva portare il grembiule, lo Stato prescriveva il nero. Mi correggo, erano le femmine a doverlo portare sui loro abiti personali, i maschi comparivano in pantaloni, camicia, golfino e quell’accidenti che volevano indossare la mattina. Io l’avevo in casa un privilegiato, mio fratello Enrico, la gioia di mamma e la consolazione di papà che attraverso di lui sperava di raggiungere l’agognato equilibrio domestico.

A dire il vero, anche volendo non avrei potuto esibire tanti cambi d’abito, non quanti allietavano la vita della mia compagna di banco che pure non poteva mostrarli apertamente. Valeria era figlia di un ammiraglio sempre in viaggio per i mari e il padre le portava cami-cette e scialli esotici per farsi perdonare la lontananza. Ma neppure i gradi militari avevano il potere di liberarci da quella indecenza. Che rabbia ci faceva la sopraveste. A manica lunga e allacciata davanti, segnava la vita con le pince come un fiore di sartoria, poi proseguiva lenta e informe fino a coprire metà gamba. Altroché sartoria.

Per restare in tema, Twiggy che indossa la minigonna di Mary Quant sarà un vero scossone. La modella è addirittura più giovane di me, potrò ben permettermi di accorciare gli orli una volta entrata all’università. È allora che il contrasto con la mamma, iniziato alle mie prime esplorazioni del mondo, sui tredici mesi o giù di lì, diven-ta acuto e permanente. Lei non ci riesce più a dominarmi se mai c’è riuscita, ed è una cosa che la fa disperare. Io non posso farci niente, sta accadendo quello che doveva accadere.

Compreso l’arrivo dei pantaloni. Sottana mia, addio per sempre! Che genio la madre di Arturo. Cara Stella, siamo tutte con te.

Per noi ragazze non vanno dimenticati i primi ammiratori, quelli

Page 77: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 77 -

che portano in pizzeria - e permettono che sia tu a pagare - regalano collanine, telefonano ad ore strane, fanno conoscere i campeggi, le città d’arte, l’autostop, la musica, l’amore di una sera, di un’estate o una stagione.

Al nostro fuoco si aggiungono i rumori del mondo, non meno accesi ed esigenti. Il cuore batte per Martin Luther King, eroe della libertà colpito a morte come Ghandhi prima di lui, per il Vietnam straziato dal napalm, per la Grecia incatenata al giogo dei colonnelli. E poi, Berkley e la rivolta studentesca, la protesta dei neri, i mo-vimenti di liberazione dal colonialismo, il pacifismo, Ernesto Che Guevara e l’antimilitarismo. Tutto questo combinato con i ritmi dei Beatles, la chitarra di Joan Baez, le ballate di Bob Dylan, la voce senza sorriso di Luigi Tenco.

I cantautori riempiono le piazze, il giradischi non si ferma mai.

Il mio battesimo di sangue si era compiuto sul giornalino scolastico del liceo, dove il più delle volte si intrecciavano molte mani. Nessuna distanza geografica o difficoltà del soggetto riuscivano a fermarci, si passava da un continente all’altro come inviati speciali che non temo-no concorrenza. Gli articoli non si firmavano, non ce n’era bisogno, tanto più che ogni mattina il foglio fresco era posato davanti a noi sulla cattedra. Qualcuno dei professori che si avvicendavano in clas-se doveva ben decidersi a scorrerlo e magari a dedicare due minuti all’argomento. Allora uno di noi avrebbe alzato la mano per aggiun-gere quello che era venuto a sapere nelle ultimissime ore.

Se si incappava in Clementini, titolare della cattedra di storia e filo-sofia, il minimo sindacale poteva dilatarsi. I due minuti diventavano dieci. Il suo modello era l’uomo che sa di non sapere, il maestro che ispira e non ammaestra, l’ineguagliabile Socrate. Il professore si teneva informato, apprezzava il lavoro di noi studenti e ci lasciava parlare prima di dire come la pensava per parte sua, dopo tanti pen-satori che avevano pensato.

Page 78: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 78 -

La società ha bisogno di libertà e di regole tornava di tanto in tanto come motivo tranquillizzante. Si deve andare avanti con onestà veniva fuori quando conveniva barcamenarsi. Ce ne vuole di disciplina per non uscire dalle righe, cari fanciulli, era la conclusione del dialogo libero, che andava rimandato a tempi migliori. Adesso bisognava prendere il manuale e iniziare la vera lezione.

Da bambina se uscivo dalle righe potevo cancellare, ora non più, tutto appariva rischioso e definitivo.

All’università, altre battaglie, altri problemi. E nuovi amici. Stra-nieri che scelgono l’Italia per iscriversi a una facoltà rinomata, pen-dolari sempre in affanno, studenti lavoratori che faticano a mante-nersi, colleghi con in tasca il denaro contato e la stanza in affitto in uno stabile fatiscente.

Lavoro anch’io, ma solo per non essere costretta a chiedere l’obo-lo e sentirmelo rinfacciare. Voglio essere libera. Compreso quando scrivo. Tuttavia, il monito di non uscire dalle righe è stato assimilato, bisogna pensare che l’articolo arriverà a migliaia di lettori. E le paro-le, si sa, possono diventare pietre.

Qualche volta le lezioni si trasformano in comizi infuocati, altre volte filano lisce. Fin troppo.

Per tre mesi, unica uditrice, seguo un corso di filosofia antica che si tiene il lunedì pomeriggio. Il nome del professore compare sulla targa a destra della porta. Lo attendo in aula. Arriva con passo deciso reggen-do una borsa carica di sapere. Mi dà il buongiorno, siede alla cattedra. Si toglie la penna dal taschino e la posa orizzontalmente sul piano di lavoro ancora vergine. Io sono già pronta con carta e penna, accomo-data nella prima fila di panche, a meno di due metri dalla sua bocca.

L’esegeta estrae un volume. Inizia con il primo passo evidenziato dal segnalibro. Se necessario, per suffragare la tesi del giorno e to-gliermi eventuali dubbi, ricorre ad altre citazioni che sa dove andare a pescare, tanto che continua a dissertare anche mentre si china a riporre il primo libro e a prelevare i successivi. Io scrivo. Mi capita a volte di alzare gli occhi e scorgere il cielo dalla finestra alle sue spalle.

Page 79: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 79 -

Un giorno l’ho trovato completamente bianco, stava nevicando. Noi eravamo all’asciutto. In compagnia di Plotino.

Decido di non sostenere l’esame, lo faranno gli studenti che non hanno frequentato. Finita la sessione, incrocio il professore sullo scalone della facoltà. Mi ha appena superata, lui sta salendo, io scen-do. Mi giro e scommetto. Sì, si è fermato, si volta e fissa allibito la fedele allieva che forse credeva morta, la sola rispettosa spettatrice del suo corso, quello che ha preparato con tanta cura. Spettatrice anonima. Se vuole sapere come mi chiamo deve imparare a chieder-lo. Non lo saluto, ricambio lo sguardo e me ne vado.

Qualcosa di simile può capitare anche agli esami. Ne sostengo uno alquanto impegnativo mentre il professore sta telefonando. L’ap-parecchio è dietro la cattedra, appeso alla parete. Quell’omone alto dall’aspetto fiero e l’aria da buontempone mi fa segno di andare avanti. Va avanti anche lui ad ascoltare e controbattere nel cavo del telefono, non capisco su quale materia. Io sono alle prese con la società feudale. Alla fine, dopo aver passato la cornetta all’orecchio sinistro, l’esaminatore libera la mano destra, si sporge al massimo e mi assegna il voto. Ventotto.

Una matura collega del telefonista si serve di una simpatica scatola di latta dove conserva domande già predisposte, al sicuro dall’umi-dità. Hai diritto a tre pescate, se centri la risposta vai a casa con il voto, altrimenti ti ripresenti alla prossima sessione e al prossimo giro di giostra.

Non mi angoscio. Nessuno mi deride mentre sono alla sbarra cer-cando di conservare una buona opinione dei miei simili e di me stessa. Io e i compagni di corso ridiamo di loro, dei loro metodi dai minuti contati.

In tutte le stagioni si possono trovare studenti in ozio, basta saper-lo e sapersi regolare. Eugenia ha sempre avuto la tendenza a fare di testa propria. Appena può s’infila in biblioteca, partecipa ai seminari annunciati sulle bacheche volanti, alle assemblee di piccolo e grande gruppo, ai cineforum rionali. La strada di Fellini e Il posto delle fragole

Page 80: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 80 -

di Bergman arrivano con anni di ritardo, poi non se ne vanno più. Dopo la proiezione si fanno le due di notte a ricercare sottintesi, intenzioni, denunce, e la mattina seguente ci si presenta in aula come in trance, magari per contestare l’orario infame della lezione. Gli argomenti seri si trattano dopo le undici, quando il caffè è entrato in circolo. E non importa se in cattedra siedono il docente di storia, quello di letteratura italiana o il sociologo di turno, il problema è sempre lo stesso: chi detiene il sapere, come se l’è formato, come lo trasmette e a chi, a quali destinatari. Privilegi ed esclusioni, forma e contenuto.

I discenti hanno in testa un quadro molto chiaro, un po’ meno i docenti che resistono a oltranza con lezioni frontali senza interlo-cutori, manuali illeggibili, calendari imposti d’autorità e le ben note domande estratte a sorte il giorno dell’esame, da sottoporre ai pivelli attesi al varco.

Qualche cattedratico si mette in discussione, qualcuno si smarrisce del tutto. La torre d’avorio è destinata a crollare.

Page 81: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 81 -

11

Sarà un caso. La natura si risveglia e in me si risveglia il ricordo di un mondo conosciuto molto da vicino, che sta tornando tutto intero con le voci e le scene di allora. Lo credevo perduto. Dal nuovo an-golo visuale non riesco a percepirlo nella versione aggiornata, forse non esiste più.

In qualche piega di me stessa è ancora presente la ragazza di cam-pagna catapultata nella grande città a poco meno di undici anni, allora metto a fuoco un’idea. L’Italia è cambiata a passi da gigante. Abbandono delle campagne, inurbamento, televisione, consumi-smo, tutto contribuisce a creare cittadini sconosciuti a se stessi, con nuovi miti e nuove mete da raggiungere, e suppongo che lo si possa vedere anche da un borgo decentrato e sonnolento come Collina.

L’urgenza di fermare qualcosa che rischia di svanire irrimediabil-mente, mi porta a mettere insieme alcune pagine di ricordi. Sono passati appena quindici anni e la fotografia che ne deriva è un saggio di antropologia culturale. Ormai ho un impiego regolare, quello che ho scelto e per il quale ho studiato e sudato all’università. Quando il direttore del giornale per cui lavoro si ritrova sotto gli occhi le brava-te della mia classe alla prova d’esame di quinta elementare, accoglie di slancio il progetto che gli descrivo. Tanto più che la scuola è al centro del dibattito culturale grazie alle parole infuocate e accusatrici di un prete dalle idee radicali, don Lorenzo Milani.

Ecco dunque la mia proposta: rintracciare i ventisei alunni che

Page 82: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 82 -

nell’anno scolastico 1957/’58 hanno frequentato la quinta B insieme a me presso la scuola elementare di Collina, per farci raccontare da loro stessi come hanno vissuto l’ingresso nella maggiore età e come vivono il momento presente.

Appena ottengo il placet mi metto in moto. In senso figurato. Non ci penso proprio a presentarmi sul posto solo per inquinare il terre-no d’indagine. Vedrei svanire anche la memoria.

Il centralino del municipio mi assicura che la guardia comunale di allora è ancora in servizio, benché vicina alla pensione. Quando riesco a sentirlo al telefono, scopro che Tarcisio Saponi si ricorda perfettamente di me e della mia famiglia, la sua nel frattempo è cre-sciuta, i figli sono diventati dieci, la moglie sta benone. Promette di aiutarmi per quel che può. Già al primo scambio mi comunica una notizia che ritiene possa interessarmi. Delio Ortolani non è più tra noi, se n’è andato dalla sera alla mattina, timidamente, senza amma-larsi.

Il maestro ha smesso di camminare e si è fermato per sempre. Un’altra parte di me che non c’è più.

Tarcisio, padre prolifico che nel corso degli anni ha iscritto nu-merosi discepoli alla scuola elementare, ottiene dalla direzione - in tempi record - la pagina del prezioso registro con la lista dei nomi che m’interessano. Qualcuno se n’era già andato dalla memoria e scopro che nessuno di loro abita più in paese, se ne sono andati sul serio, emigrati in altre città e regioni della penisola. Le case di Collina sono state ripopolate, quelle del centro dai marchigiani, quelle delle campagne dai sardi. Gli Amati contadini si sono tra-sferiti al Nord.

Con gli indirizzi in mano, passo alla spedizione del questionario che ho creato appositamente per l’inchiesta. Nelle prime righe sotto il titolo, Maggiorenni nel Sessantotto, ognuno dovrà raccontare come ha vissuto quel terremoto sociale. Immagino che tutti sappiano di cosa sto parlando. L’intervistato proseguirà fornendo dati e notizie secondo una precisa scaletta. Mi sta a cuore anche una nuova con-

Page 83: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 83 -

dizione di cui si stanno occupando televisione e rotocalchi, il tempo libero. La penultima riga è un fuori tema a cui non ho saputo resi-stere. Sei felice?

Gradito l’invio di una fotografia recente. Quella di gruppo è salta-ta fuori tra le carte di mia madre. C’eravamo proprio tutti.

Arrivano le prime risposte, mi riprometto di fare il lavoro di spo-glio quando avrò in mano la serie completa. Giuseppina, Renato e Lella mi chiamano al telefono per salutarmi, altri per dire che spe-diranno presto. Qualcuno è sorpreso, qualcuno emozionato. Inizio a trepidare anch’io. Per ora manca all’appello la persona che aspetto con più ansia. Sono stata io a interrompere il rapporto con Arturo, non gli ho comunicato il mio nuovo recapito in città. Non so dire perché, forse per la stessa ragione che mi ha tenuta lontana da Colli-na in tutti questi anni. E lui magari non vuole avere più niente a che fare con Eugenia.

Finché una mattina non introducono in ufficio un giovane alto, scuro come un indiano dell’India. Capelli, carnagione, occhi, quegli occhi marcati da un sottile rigo nero, ha voglia a negarlo. Avrà ini-ziato sua madre nei primi anni, non rischiava niente, era già bollata come eretica.

Ci stringiamo le mani senza lasciarcele tanto facilmente.“Hanno perso i ricci”, osserva indicando i miei capelli.“Non dirmi che ti piacevano, ero un mostro.”“Eri tu.”Mi confondo. Ma come, faccio tanto per domarli e salta fuori che

stavo meglio prima? Oppure voleva dire che sono orrenda come i miei capelli?

Lo invito ad accomodarsi alla scrivania, davanti a me.“Sprizzi sempre una vitalità incredibile, Eugenia. Stai molto bene,

molto bene. Mi fa davvero piacere vederti così in forma.”In forma. Detto a un uomo sarebbe un complimento, per una

donna può significare grassa, un incubo che sta dilagando, ma non è il caso mio.

Page 84: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 84 -

I convenevoli d’apertura sono tutti per le nostre rispettive fami-glie. Inizio io, lo faccio volentieri per non stare a pensare ai capelli. Arturo era all’oscuro dell’esistenza di un fratello e di un cugino, ne viene informato. Gli risparmio le difficoltà di mia madre a conti-nuare nell’insegnamento con i metodi di cui era tanto certa e che improvvisamente non vanno più bene a nessuno, e pure i patetici tentativi di mio padre per renderla felice. Invece vorrei parlargli di Lili che mi ha superata in diversi campi, ma vengo interrotta. Artu-ro l’ha incontrata in treno un paio di mesi fa. Lui stava andando a Milano a trovare un amico, lei tornava a casa. La sostanza è che sa tutto, che si è sposata, ha una bambina, fa la maestra e vive a Busto Arsizio. Nell’occasione si era fatto dare il mio numero di telefono.

“Ci credi che il foglio mi è volato via dal finestrino nel viaggio di ritorno?”

Perché non dovrei? Certe note romantiche vengono registrate con piacere. Mi lusinga pensare che aveva intenzione di chiamarmi. Non vedo mia cugina da Natale, il loro incontro è avvenuto dopo, ecco perché non mi ha detto niente.

“Lili è già di ruolo, io sono assunta in prova”, preciso con ramma-rico. “Non è facile entrare nel mondo del giornalismo. Forse devo farmi perdonare tutti quei sei sulla pagella di quinta elementare.”

“Tutti sei? Pensa un po’. Mi auguro che tu non sia cambiata, ades-so che fai un lavoro da grande. Avevi idee vulcaniche.”

Meglio dire un grande lavoro. È gentile a metterla così. La fantasia può aiutare se non porta fuori strada. In ogni caso fai una certa fati-ca a strappartela di dosso.

Lo vedo armeggiare con una cartella che tiene vicino ai piedi, prima non l’avevo notata. Ha voluto portare di persona il questionario, dice che è qui di passaggio. Sembra che voglia giustificarsi, non capisco perché. Sul viso un’espressione che non gli conoscevo, quasi non sembra lui, a parte... Ha abbassato le palpebre, è arrivato il suo turno, sta mettendo insieme quello che vuole dirmi per aggiornare la scheda personale e rendere più umana la consegna di un foglio prestampato.

Page 85: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 85 -

È riuscito a frequentare l’università grazie a una sfilza di borse di studio e all’aiuto di una famiglia amica. Si è laureato in medicina. I suoi genitori dopo l’abbandono della campagna hanno preso in ge-stione un piccolo bar, lui era in terza liceo. A compiere il passo li ha spinti la salute del padre. Pietro con due ernie lombari conclamate non poteva continuare a lavorare come prima. “La tenuta era tutta sulle sue spalle, io mi stavo avviando su un’altra strada, non c’era fu-turo.” Pietro ora siede alla cassa, Stella manda avanti il banco.

Mi pare di vederla nei suoi pantaloni sportivi, senza piega, la ma-glietta scollata sul seno generoso, gentile con i clienti, infaticabile e sorridente.

“Si commuove ancora nel ricordare come la difendevi. I miei si raccomandano, devo salutare la piccola Eugenia.”

Mi emoziono anch’io all’idea che Arturo abbia annunciato questa visita ai suoi genitori. Ho lasciato passare troppo tempo, mi dispiace, potevo cercarli indipendentemente da tutto.

Sto pensando di approfittare della sua presenza per togliermi un dubbio. Non so se sia il caso o il momento, i giornalisti sono in-vadenti per deformazione mentale, più che professionale, pensano sempre di dover cogliere l’attimo. Insomma, in paese si diceva che sua madre era stata scomunicata per essersi presentata in chiesa con un abito succinto, troppo audace per Collina, ma comincio a credere che la punizione non sia dipesa dalla lunghezza della manica.

Riferisco con grande cautela quel poco che so.Lo vedo tamburellare sul piano della scrivania. “Non sopporta-

vano il suo passato di combattente, le sue idee politiche, era troppo fiera per nasconderle. Quello dell’abito è stato solo un pretesto.”

Ha parlato con un certo sforzo, come allora quando si toccava questo tasto.

Beh, ci ero arrivata da sola. Non è da oggi che ho iniziato a pren-dere le distanze dalla stagione inaffidabile chiamata infanzia, con le sue favole e i suoi castelli, le memorie distorte, le convinzioni arbitrarie.

Page 86: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 86 -

“Rita è alle superiori, lo scientifico.”Ha cambiato discorso, meglio così. “Anche Enrico, lo sai?”Mi viene da pensare che Collina per mio fratello è come Timbuctu.

Tra lui e me non ci sono undici anni, c’è l’abisso. Per Rita dev’essere la stessa cosa. Non sanno niente della campagna, del paese, della vita che abbiamo fatto io e Arturo, di altri orizzonti davanti agli occhi.

“Ah, indovina chi incontro una mattina in ascensore, nell’ospedale dove faccio pratica”, dice ammiccando.

Immagino che si tratti di un compagno di classe...“Fabio.”“Il nostro Fabio?!”“Come no, lavora in psichiatria, è infermiere e fa parte di una bella

associazione. La caposala dice che è fantastico con i pazienti.”Non me l’aspettavo. Provo un senso di sollievo, di affetto com-

presso. Quel bandito non ha ancora risposto, adesso so dove andare a stanarlo nel caso faccia il prezioso.

Mentre offro quel che trovo nel cassetto - mentine e cioccolatini, gentilmente rifiutati - vengo a sapere che Arturo negli ultimi anni è tornato alla fattoria diverse volte. Lui è tornato. Quando dieci giorni fa gli è arrivata la mia lettera, ha pensato che fosse piovuta dal cielo, si stava proprio domandando che fine avessero fatto i vecchi amici. “Lili mi ha parlato solo di te”, dice, “degli altri non sapeva niente, io meno di lei. Quanti saranno i laureati oltre a noi due? Sicuramente Renato, poi non ho idea...”

“La metà?”“La metà? Io dico meno di un quinto. Non credo di andare molto

lontano dal vero, scommettiamo?”Con le scommesse ho chiuso.Ma cosa fa? Vedo che si sta alzando, mi porge la mano.“Non voglio farti perdere altro tempo.”Insisto che può restare. Non ho appuntamenti, non ho consegne

da fare, nessuno in anticamera.Niente, pare sia già in ritardo. Mi chiedo dove debba andare così

Page 87: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 87 -

di furia, è arrivato alla porta in un secondo. Lo raggiungo alla stessa velocità e mi paro davanti alle sue gambe.

Sta per aprire quando per un evidente ripensamento deposita in terra la borsa. Io aspetto, prevedo qualcosa di particolare, se non di fondamentale, non sarebbe la prima volta. Può succedere che le notizie più rilevanti saltino fuori nel commiato, a volte nell’evidente imbarazzo di chi vorrebbe prolungare un attimo che non immagina-va tanto coinvolgente. Allora il discorso resta sospeso nell’aria per continuare a parlare a chi resta anche quando ormai è rimasto solo.

Tra un mese sarà di nuovo alla sua fattoria, che in realtà sua non è, Pietro e Stella erano mezzadri. La proprietaria, se può interes-sare, è vedova dall’inizio dell’anno. Non ha avuto figli e quando Arturo ha deciso di studiare medicina si è accollata gran parte delle spese. Una volta che il pupillo si è laureato, la benedetta donna ha iniziato a ricorrere a lui per tutti gli acciacchi che l’assillano. Or-mai ci si fida più dei giovani che dei vecchi. Adelaide Rossi, così si chiama la danarosa paziente, non ha problemi economici e intende far fronte a tutti gli oneri per la sistemazione della tenuta, intanto non la smette di assillare Arturo perché prenda le redini dell’azien-da. Deve farlo adesso che è giovane, prima di impegnarsi in altri campi o di assumere delle condotte chissà dove. Insomma, prima di vincere un concorso.

Dopo la loro partenza, la casa è rimasta disabitata, perciò necessita di un restauro radicale. L’amico sta studiando le mappe. La super-ficie del primo piano è doppia di quella del pianterreno, occupato dai ricoveri per gli animali e dal portico. Sopra si contano sei vani di grandi dimensioni, oltre alla cucina che di fatto è una piazza d’armi. Loro per dormire utilizzavano una sola stanza, le altre servivano per stendere i panni, ammassare il grano e conservare i vari prodotti dei campi. Il problema è cosa farsene, tanto spazio è sprecato per una semplice abitazione, come del resto è un delitto abbandonare cinquanta ettari alle erbacce. Adelaide Rossi ha ottantadue anni, gli lascia carta bianca. Non sa che farsene di tutto il ben di dio che è

Page 88: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 88 -

riuscita ad accumulare nella vita e vuole che lui si faccia venire delle idee al posto suo.

Fine. Sta raccogliendo la borsa. Non capisco dove voglia arrivare. Do-

vrei dare consigli alla signora tal dei tali? Perché proprio io? Proba-bilmente nel girarsi per l’ultimo saluto chiuderà il discorso...

“Allora vado. L’indirizzo ce l’hai, ho aggiunto sul foglio il numero di telefono, puoi chiamarmi quando vuoi.”

Non si è più girato.

Page 89: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 89 -

12

Dovrò mettere da parte l’inchiesta per un mese almeno. Ieri il di-rettore mi ha chiamata, Arturo se n’era appena andato. Ci sono altre priorità, forse dovrò lasciare la sede. Sarà Angela, la mia collega, a raccogliere le buste con i questionari man mano che arriveranno.

Ho dieci minuti liberi, ne approfitto per un caffè. Il bar è a due isolati da noi, avrei potuto portarci l’amico. Magari non avrebbe ac-cettato, aveva fretta, così pareva prima di quel lungo discorso sulla casa di Collina. Lili gliel’ha detto espressamente che da allora non ha più rimesso piede in paese. Non so per quale motivo nel caso di mia cugina. Si è diplomata e fidanzata nello stesso anno, ha iniziato a fare supplenze, si è sposata in fretta e furia, non so. Per me non c’era bisogno di dirlo, l’ha capito da solo, forse ha pure indovinato la ragione, paura di rivedersi e non riconoscersi.

Non sapevo che la tenuta fosse tanto grande, certo non l’ho misu-rata. In compenso ricordo perfettamente la cucina, il portico, le stalle, li ricordo come fossi lì, ma non sono lì, è solo un’immagine mentale, qualcosa di labile, di inconsistente. Mi chiedo come sia cambiata Col-lina in tutto questo tempo, come appaia. Automobili posteggiate sui due lati del corso, vetrine moderne, bar in grado di servire brioche e cappuccino, facciate riverniciate. Spero solo che non abbiano alterato il tracciato medievale con aggiunte assurde, senza stile. In centro mai al mondo, passi in periferia. Bisognerebbe andare a controllare. Le mura saranno intatte, quelle resistono ai secoli.

Page 90: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 90 -

Qualcuno degli abitanti sarà riuscito a invecchiare tra le pareti do-mestiche. Gina se non è morta fulminata avrà inaugurato un vero negozio con un paio di caschi regolari, ma propendo per la prima ipotesi. Maria Trippoli può essere viva come Enzo il barbiere. Erano più giovani o più vecchi dei miei genitori? Non ne ho la minima idea. Il parroco dovrebbe essere fuori gioco, sembrava cadente già allora. Ma c’è quel proverbio sull’erba cattiva. Non ho chiesto di loro in municipio, posso sempre farlo.

Per come ha descritto la vecchia casa, Arturo sembrava un agente immobiliare. Fotografata nei minimi dettagli. Non è che devo com-perarla oggi e andarci a vivere domani, non è così che funzionano le cose nella vita reale. L’ha deciso alla fine, si è convinto all’ultimo minuto che dovevo sapere tutto: superfici, metri cubi, ettari. Cosa dovrei fare oltre a prenderne atto? La favola del casolare e di una donna che avrei dovuto conoscere, visto che ero sempre a casa loro. Della dolce Adelaide conosco vita morte e miracoli. Pazzesco. Non mi spiego come mai non sono riuscita a incrociarla una sola volta nei giorni, mesi e anni passati alla cascina di Arturo, durante quegli interminabili pomeriggi di sole. Si faceva viva solo di mattina, quan-do noi eravamo a scuola?

Il tempo di domandarmelo ed ecco che mi torna in mente un particolare, uno squarcio nella tela logora. Sicuramente i padroni visitavano i loro contadini nei giorni festivi quando mio padre non mi permetteva di disturbare gli Amati. “Lasciali in pace almeno la domenica”, diceva. Ora lo so perché non li ho mai visti, non può essere diversamente.

Papà poteva dirmelo che il raccolto di Pietro e Stella e tutto quello che producevano, andavano spartiti con qualcun altro, sono sicura che ne fosse al corrente. Lui sì, la mamma era fuori del mondo, lo è ancora. O finge di esserlo. Magari quando vado a trovarli provo a chiedere.

C’è una spiegazione a tutto, quasi a tutto. Quello che non so è perché continuo a bere caffè. È amaro e con la nausea mi regala il

Page 91: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 91 -

tocco finale di una bocca disgustosa, prosciugata. Pare che non se ne possa fare a meno, i bar sono affollati a tutte le ore. Mi affretto a pagare e torno sui miei passi. Ho deciso cosa farò nei prossimi minuti, oltre a scolarmi una bottiglia d’acqua per spegnere l’incen-dio, prenderò il tagliacarta e, zac. Molto più semplice aprire una busta chiusa piuttosto che logorarsi in congetture. Sento che non posso aspettare né un mese né un giorno. Se Arturo nasconde un mistero lo scoprirò.

Niente fotografie, ha preferito portare se stesso. L’ho preferito anch’io.

Mi abbandono contro lo schienale.A prima vista noto una certa avarizia, eppure gli spazi bianchi do-

vrebbero invogliare. Ci contavo, su di me fanno questo effetto. Scri-ve in caratteri perfettamente leggibili, come mi ero raccomandata di fare. Non ci metto molto ad arrivare in fondo e a tornare al punto di partenza. Lì mi fermo. Resto immobilizzata per un lungo attimo.

È curioso, al di là di quel no in risposta al quesito “Sei felice?” e a prescindere da un progetto a dir poco sconcertante, la prima cosa che mi viene da pensare ha a che fare con il nome, Amati Arturo. Mi ha sempre preceduta di un posto. Lui era il primo della lista, io la seconda. Un altro Amati, stesso ceppo. Tutti parenti, tutti figli di Adamo, sangue mescolato ad altro sangue. Quello buono non mente. Chi è gentile e onesto a dieci anni, a ventisei porta l’aureola. Arturo non tradisce, non ne è capace.

Racconta che nel Sessantotto con alcuni colleghi del quarto anno ha occupato il pronto soccorso dell’ospedale dove facevano esercita-zioni. La gente moriva in corridoio e nessuno se ne accorgeva. Bran-dine insufficienti, personale scarso, superficialità, strutture inadegua-te per i disabili. Chiede se conta. Certo che conta, la sanità era un altro tabù, intoccabile. È come l’occupazione delle facoltà, ne ho una certa esperienza. Qualcosa abbiamo ottenuto, come no. La macchina dell’università andava avanti, continuava a sputare voti e a sfornare laureati, ma sentivamo che l’autorità morale era di noi studenti.

Page 92: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 92 -

Rileggo le altre voci del questionario.Liceo classico-medicina, accoppiata perfetta.Casa in affitto. E chi non è in affitto?Vive solo, niente famiglia. Dove sta il problema? Qualcuno è più

prudente o più rigoroso di altri nel vagliare le opportunità, tutto qui. Lili gli avrà parlato delle mie disavventure, senza tralasciare la storia tristissima che mi ha portata in cima al baratro e poi in un letto d’o-spedale. Alla cuginetta non sarà parso vero di commiserarmi, adesso è lei la più forte.

Pare che Arturo nel tempo libero vada a trovare un parente che ha a che fare con un’azienda agricola. Per il resto legge, narrativa, storia, arte, sport, politica. Comunque, al primo posto tra i suoi interessi resta sempre la campagna. Che fedeltà. L’ho detto, buon sangue non mente, non ci riesce a tradire l’anima contadina.

Per me la campagna quando va bene è lo scenario fasullo di un te-atro, un bel fondale. Il più delle volte mi dimentico della sua esisten-za. Comincerà a mancarmi a cinquant’anni. A sessanta non potrò farne a meno. A settanta andrò a morirci come la lumaca che esala l’ultimo respiro sotto un cespuglio.

Arturo afferma che non importa se il suo lavoro è temporaneo, basta che sia remunerato in modo da garantire sopravvivenza e au-tonomia. Per ora gli va bene così. Il problema è un altro e si chiama città, un girone dell’inferno che anziché bollente è freddo, scomodo, polveroso e senza gioia.

Nient’altro? Davvero ingeneroso. Come farebbe a studiare, lavo-rare, curarsi, divertirsi e tenersi informato sull’immenso mondo se non ci fosse quel posto fantastico dove s’intrecciano relazioni, noti-zie, attività, cultura, svago, scambi di ogni genere? Siamo proprio su due binari paralleli.

“Senza gioia”, ha scritto. Gioia è da sola una sintesi, l’equivalente della più comune felicità con l’aggiunta di serenità, una punta di euforia, di ilarità quando capita, non ancora di beatitudine che non è di questo mondo.

Neppure la sua vita è gioiosa. Risponde seccamente che non è fe-

Page 93: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 93 -

lice, senza il minimo distinguo. A me non è sembrato né moribondo né disperato, se si esclude quel velo di malinconia che fa parte della vita e ci accompagna dall’inizio alla fine.

Ora, mi rifiuto di credere che tutto si riduca alla drammatica op-zione: Collina sì, Collina no. Perché è questo il progetto che Arturo accarezza per gli anni a venire, tornare al paese natale per non sen-tirsi estraneo al luogo dove vive e lavora.

“Oltre a esercitare la mia professione, mi piacerebbe sistemare la casa dove sono nato. Vorrei far ripartire la tenuta. Quello che mi sono lasciato alle spalle mi manca troppo.”

Lasciamo sempre qualcosa, e siamo già fortunati se non perdia-mo per strada l’amico, il parente o il fidanzato. Ma come si fa a tornare a Collina? Lassù saranno rimasti soltanto Tarcisio Saponi e i suoi dieci figli, magari un paio di suore. Anche i vitelli sono scappati dalla stalla. I nuovi arrivati chi li conosce, pastori sardi, mezzadri ascolani, gente sconosciuta come quella che si può in-crociare sull’autobus. Non dico che è pazzo, però bisogna che ci intendiamo. Fa tutto questo per assecondare quella donna, Adelai-de Rossi? Non è magari che il medico condotto del paese sta per lasciare, è prossimo alla pensione? Di bravi dottori c’è bisogno anche nelle periferie del mondo e Arturo dice di voler esercitare. Vorrei vedere, dopo tutta la fatica di laurearsi, sarebbe pazzo sì se abbandonasse la medicina.

Mi accorgo di quel piccolo segno in fondo al foglio. Come ho fatto a non vederlo prima? Compare dopo la firma e invita a voltare pagina.

È così, anche dietro c’è scritto qualcosa. Stesso stampatello arro-tondato del davanti. Qui però non ha usato l’inchiostro, non voleva lasciare un segno pesante, bastava la matita.

“Per Eugenia.”“Appena ho ricevuto il questionario ho pensato che avrei voluto

leggere il tuo, il tuo compilato con tutte le risposte, in particolare l’ultima. Intanto ti chiedo qualche suggerimento per la tenuta, pen-

Page 94: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 94 -

saci! Se credi, puoi partecipare all’avventura. Dimmi cosa ne pensi, qualunque cosa.”

Dopodiché avverto l’ondata di rossore che deve aver aggredito il mio viso. Ho imparato tardi a provare certi imbarazzi e a sentirli sulla pelle, dovevo pur arrivarci.

Ha bisogno di suggerimenti? Fantasticare non è mai stato un mio problema, posso produrne a bizzeffe di proposte. Per cosa siamo venuti al mondo se non per farci venire delle idee e cercare di rea-lizzarle? La casa può diventare una clinica specializzata o un labo-ratorio. Uscendo dal settore scientifico - escluderei il solito albergo con ristorante e pergolato in cortile - vedrei bene un centro studi o magari la redazione di un nuovo giornale tutto da inventare. Si po-trebbe investigare su quel lontano delitto, l’uccisione di una donna da parte del maschio geloso, oppure dedicare una pagina alla lotta partigiana nei dintorni di Collina con l’aiuto di Stella e Pietro. Fatto questo, sarebbe una bella incognita.

Per la terra il mio consiglio è di lasciarla vivere di vita propria, almeno in parte, purché qualcuno torni a occuparsene. Si può pen-sare di affidarla a un gruppo autogestito come nei nostri seminari di studenti dove abbiamo imparato quasi tutto.

Non ho dimenticato la domanda sulla felicità, la mia felicità. Se è vero che al livello minimo è assenza di dolore, devo rispondere di sì, felicità al minimo garantita. Ho smesso di soffrire. L’autostima è migliorata e quando mi guardo allo specchio riesco pure a pia-cermi. Qualche volta. Non si può essere sempre al meglio. Per il resto, ho un lavoro pagato, il bilocale in affitto, vado al cinema, alle conferenze, ai concerti, frequento una vera biblioteca. Tutto questo a Collina non c’è, ecco cosa penso. Non pretendo una vita favolosa, semplicemente voglio avere alcune cose a portata di mano. Lo so che in un paese ognuno è un pezzo unico, mentre in città si viene moltiplicati per cento e per mille e bisogna avvicinarsi con la lente d’ingrandimento per vedere il pezzo unico che pure c’è in tutti. Lo so che il ritmo di vita è più umano. Poi però se devi spostarti per la-

Page 95: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 95 -

voro e per rifornirti dell’indispensabile, con l’aggiunta del saprappiù che comunque serve a non farti sentire già imbalsamato, allora perdi tutto il tempo che guadagni.

Doveva accadere. Mi ha costretta a pensare. Nelle ultime ore non ho mai smesso di farlo, neppure durante il sonno, neppure in so-gno. Il fatto è che la prospettiva di saperlo di nuovo in quella casa ai piedi delle mura, con cinquanta ettari di terreno intorno e giù al piano il fiume Rivo che magari si è avvicinato di tutta la distanza che ci separa dall’infanzia, mi turba profondamente.

Come sono cambiata.Quando ci sentiremo - immagino che sarà lui a chiamarmi - voglio

dirgli un’altra cosa. Gli dirò cosa penso di quella fantomatica lati-fondista in crisi esistenziale che teme di soccombere sotto il peso di una vergognosa fortuna. Se Adelaide Rossi è viva, se davvero esiste, allora è rara come certe occasioni della vita. L’eredità immeritata, l’incontro imprevedibile, il viaggio premio, il destino che è venuto a bussare alla tua porta. Gli conviene cogliere l’attimo e l’occasione, attuare il proposito folle di tornare al passato ancestrale di noi sel-vaggi abbigliati con foglie di fico e pelli di capra. Il cordone ombeli-cale che ci lega alla madre e alla terra.

Quanto a me, se volevo ingolfarmi nelle paturnie dei vecchi com-pagni di classe mettevo l’asterisco: *Allegare romanzo della propria vita.

Certo, mi aspettavo risposte generose, intriganti, curiose, ironiche, imprevedibili, ma senza superare i limiti di guardia. Si può essere più forti a undici anni che a ventisei. Questa volta a uscire di pista con una proposta fuori luogo e una richiesta indebita è stato un altro Amati. Chi fa l’indagine ne resta fuori, dovrebbe saperlo. Per Euge-nia. Per Elisa sarebbe stato più musicale, pazienza, ci sono andata vicino. L’elemento umano porta disordine, se non il caos. Arturo leggerà la mia intelligente analisi e un’improbabile sintesi quando l’articolo, corredato dalla nostra fotografia di gruppo e da ventisette minuscoli ritratti, vedrà la luce. Al momento posso fare solo una

Page 96: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 96 -

cosa, prendere la gomma e cancellare delicatamente le righe aggiun-te a matita. La pagina resterà intatta, come nuova.

Page 97: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,

- 97 -

SOMMARIO

LA LEGGE ............................................................................................. 9

PRIMI PASSI .........................................................................................10

TEMA LIBERO ...................................................................................41

LA MAGGIORE ETÀ ........................................................................73

Page 98: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,
Page 99: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,
Page 100: Collana “Gli Emersi - Narrativa” · essere accolti con tutti i crismi nel consesso civile. È andata così, ... certezza di avere agito male quando ci arriva l’insulto del compagno,