Coletti 3 b

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Il quartiere coordinato • Nasce la Scuola Media Coletti • Dal centro alla periferia: la scuola cambia

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Storia della nascita del Quartiere di S. Liberale di Treviso dove è ubicata la Scuola Media "Coletti". prima parte

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• Il quartiere coordinato

• Nasce la Scuola Media Coletti

• Dal centro alla periferia: la scuola cambia

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Classe 3B coordinata dalla Prof.ssa Canel

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Il Quartiere Coordinato Monigo-Santa Bona di Treviso si inquadra all’interno dei progetti di edilizia pubblica del secondo dopoguerra, quando la nuova Repubblica Italiana si trova a dover risanare intere aree colpite o danneggiate dai bombardamenti e a migliorare le condizioni abitative di molti cittadini.

Lo Stato interviene direttamente per ri-costruire la Nazione: si parla di edilizia residenziale pubblica, ossia di costruzione di case per i cittadini-lavoratori totalmente o in parte sovvenzionata dallo Stato.

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Il Governo De Gasperi avvia nel 1949 un programma edilizio che avrebbe segnato il volto di tutte le città e la nascita delle periferie: entra in vigore la Legge n.43 del 28.02.1949, nota come Piano Fanfani che istituisce provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori.

In seguito a tale legge, viene istituita l’INA-CASA, un istituto che ha il compito di provvedere alla costruzione di alloggi destinati a locazione o riscatto per i lavoratori dipendenti.

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Il primo periodo di validità del Piano Fanfani denuncia però il suo lato debole: per garantire un alloggio a tutti e migliorare la salubrità degli edifici, si privilegiano le aree periferiche ai centri abitati, che saranno di lì a poco chiamate quartieri residenziali autosufficienti, ma le conseguenze sono l’emarginazione dei nuovi insediamenti, l’insufficienza di attrezzature e servizi, l’isolamento e la distanza dal centro cittadino e dai luoghi di lavoro.

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Il parziale fallimento dei quartieri autosufficienti apre le porte alla nascita del quartiere coordinato o funzionale. Il DPR del 25.01.1954 istituisce un Comitato di Coordinamento per l’Edilizia Popolare (CEP) che realizzi i quartieri coordinati, quartieri capaci di vita autonoma ma più legati al centro urbano e ai luoghi di lavoro, quartieri che soddisfino le esigenze materiali e spirituali degli abitanti.

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Nel contesto storico sopra ricordato si colloca la realizzazione del Quartiere Coordinato a Treviso, che ha comunque una sua storia specifica, figlia della storia della città. Il Quartiere Coordinato CEP, poi chiamato San Liberale, nasce per risolvere il problema dei senzatetto provenienti per la maggior parte, dal quartiere semidistrutto di San Nicolò.

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Va ricordato però che già nel 1937, il Podestà di Treviso, per risanare tale quartiere, aveva commissionato il progetto per un villaggio popolare-rurale (Quartiere Due Colombe) nell’area nord-ovest rispetto al centro cittadino, non distante dal luogo dove sarebbe sorto il Villaggio Coordinato. Il progetto non sarà mai realizzato e la questione risanamento si risolve il 7 aprile del ’44, quando il quartiere di San Nicolò è distrutto dal bombardamento.

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Il problema diviene allora individuare degli spazi per i senzatetto e gli sfollati, ospitati nelle caserme (Caserma di Dosson), nel canile comunale, nelle cedraie (Villa Manfrin). Dopo dieci anni di silenzio, negli anni Cinquanta l’Amministrazione Comunale risponde alle pressioni della stampa locale, della Curia e dei movimenti culturali, riprendendo la discussione per la costruzione di nuovi alloggi per i senzatetto. Il DPR del ’54 sui quartieri CEP e le scelte già fatte dal Podestà negli anni Trenta costituiscono la spinta necessaria alla soluzione del problema.

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Nel 1956 si tengono vari incontri a Roma tra il Sottosegretario ai Lavori Pubblici, senatore Caron, i rappresentanti dell’INA Casa, il Sindaco Tronconi e alcuni assessori dell’Amministrazione Comunale di Treviso, i tre progettisti incaricati, architetti Ridolfi, Tramontini e Romano coordinati dall’ing. Ceschi, per definire i termini della realizzazione e gestione di un quartiere coordinato sul terreno di Monigo -Santa Bona, acquistato dal Comune di Treviso. Nell'intenzione il nuovo quartiere, per la sua ubicazione a nord-ovest della città storica, si propone di polarizzare l’espansione urbana in una direzione prevalente, per contrastare la tendenza allo sviluppo a macchia d'olio intorno al vecchio centro murato.

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Nel marzo del 1958 il progetto è approvato dalla Commissione Edilizia e l’11 maggio 1958 si tiene la cerimonia della posa della prima pietra del Villaggio Coordinato “Monigo- Santa Bona”di Treviso.Il quartiere presenta forma quadrilatera, suddivisa in quattro quadranti da due assi viari ortogonali che collegano il centro dell’area alle arterie stradali che cingono il villaggio.

L’intervento prevede inizialmente alloggi per 4000 abitanti, distribuiti in lotti progettati dai tre gruppi di architetti. Ad ognuno dei tre gruppi viene assegnata la progettazione di un settore del nuovo abitato, scomposto in quattro aree: una, posta ad est, interamente occupata da servizi di quartiere (chiesa, centro civico, poste), le altre tutte occupate da residenze e piccoli negozi.

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Nel 1962 terminano i lavori del gruppo Ridolfi e sono consegnati i primi alloggi. Tra il 1963 e il 1967 si eseguono i lavori dei progetti Tramontini e Romano. Il Quartiere era concluso (cioè definito nella quantità di abitanti e nello spazio che doveva occupare) ed erano previsti non solo i servizi primari, ma anche attrezzature a livello superiore: c'erano cioè le scuole, la chiesa, i negozi, il cinema, le aree per lo sport, i viali alberati, i collegamenti con la città; purtroppo, se era coordinato il quartiere, non erano altrettanto coordinati i tempi di attuazione dei collegamenti e dei servizi, la cui costruzione era demandata al Comune e al suo bilancio.

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Quindi, nonostante il DPR del ’54 avesse cercato di risolvere il problema dell’isolamento dei quartieri autosufficienti, il nuovo insediamento soffre proprio la mancata pianificazione dell’Amministrazione Comunale delle aree limitrofe:

mancano i collegamenti stradali (Viale Europa verrà costruito solo dopo parecchi anni), mancano molti servizi e gli abitanti vivono una sorta di segregazione, il fenomeno dell’urbanizzazione con esclusione.