CODICE CIVILE · 2017. 11. 27. · CODICE CIVILE a cura di Pietro Rescigno Con il coordinamento di...

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CODICE CIVILE a cura di Pietro Rescigno Con il coordinamento di G. P. Cirillo – V. Cuffaro – F. Roselli DIVORZIO, ADOZIONE, UNIONE CIVILE

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  • CODICE CIVILE

    a cura di

    Pietro Rescigno

    Con il coordinamento di G. P. Cirillo – V. Cuffaro – F. Roselli

    DIVORZIO, ADOZIONE, UNIONE CIVILE

  • DIVORZIO

    LEGGE 1° DICEMBRE 1970 N. 898DISCIPLINA DEI CASI DI SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIOdi MARIA ACIERNO e CRISTINA CECCHETTI

    BIBLIOGRAFIA

    RESCIGNO P. (a cura di), Commentario sul divorzio, Milano, 1980; AA.Vv., Commentario alla riforma deldivorzio, Milano, 1987; FINOCCHIARO A.e M., Diritto di famiglia, III, Milano, 1988; LIPARI (a cura di), Nuovenorme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, Padova, 1988; DOGLIOTTI, Separazione e divorzio,Torino, 1995; BARBAGLI, Separazione in Italia, Bologna, 1998; DE FILIPPIS, CASABURI, Separazione e divorzio,Padova, 1998; DALLA VALLE, ONGARO, PANTALEONI, SICCHIERO, Separazione, divorzio, annullamento del matri-monio, Torino, 1999; DE VIGILI, La battaglia sul divorzio, Milano, 2000; CIGOLI, Psicologia della separazionee del divorzio, Bologna, 2001; DE FILIPPIS, Separazione e divorzio nella dottrina e nella giurisprudenza, Padova,2001; MORACE PINELLI, La crisi coniugale tra separazione e divorzio, Milano, 2001; FERRANDO, Separazione edivorzio, Milano, 2003; BENETTI GENOLINI, FRANCIOLI, Separazione e divorzio, Torino 2004; TAVANO, Laseparazione consensuale, Milano, 2004; DE MAURO, Le famiglie ricomposte, F, 2005, 767; SCARDULLA, Laseparazione personale dei coniugi e il divorzio, Milano, 2008; CONTIERO, Il mantenimento dei figli maggiorenninella separazione e nel divorzio, Milano, 2011; PADALINO, Modifica delle condizioni di separazione e divorzio,Torino, 2011; TRAPUZZANO, Assegnazione della casa familiare, GM, 2011, 1731; DE FILIPPIS, La separazionepersonale dei coniugi ed il divorzio, Padova, 2012; DOGLIOTTI-FIGONE, Separazione e divorzio: i presupposti,Milano, 2012; OBERTO (a cura di), Gli aspetti di separazione e divorzio nella famiglia, Padova, 2012;CONTIERO, Il trattamento economico del coniuge nella separazione e nel divorzio, Milano, 2013; DE FILIPPIS,BUONADONNA, SCHETTINI, RICCI, PINI, Il mantenimento per il coniuge e per i figli nella separazione e nel divorzio,Padova, 2013; BLASI, Divorzio “breve” e “facile”, Torino, 2015; SESTA, Codice della famiglia, Milano, 2015;GRAZIOSI, I processi di separazione e di divorzio, Torino, 2016; SESTA, Manuale di diritto di famiglia, Padova,2016.

    Art. 1. 1. Il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile,quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo articolo 4, accerta che lacomunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l’esistenza diuna delle cause previste dall’articolo 3.

    SOMMARIO

    1. Scioglimento del matrimonio. Cause. — 2. Giudizio di divorzio e sopravvenienza della morte di unodei coniugi. — 3. Momento operativo della sentenza di divorzio. — 4. La comunione spirituale emateriale tra i coniugi.

    1. Scioglimento del matrimonio. Cause. Nel nostro ordinamento sonopreviste quattro cause: a) morte del coniuge; b) scioglimento per divorzio; c) mortepresunta del coniuge (art. 65 c.c.); d) rettificazione di attribuzione di sesso delconiuge (art. 4 l. 14.4.82 n. 164; v. sub art. 3, n. 2, lett. g) (FRANCESCHELLI, 1987, 22;ACIERNO, CECCHETTI, Il diritto all’identità di genere, giudicedonna.it, 2015, 4; PATTI,Divorzio della persona transessuale e protezione dell’unione ″ancorché non più matrimo-niale″, CG, 2015, 1048; ROMBOLI, La legittimità costituzionale sul divorzio imposto:quando la corte dialoga con il legislatore, ma dimentica il giudice, FI, 2014, 2680).

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  • 2. Giudizio di divorzio e sopravvenienza della morte di uno dei coniu-gi. La morte di uno dei coniugi, sopravvenuta nel corso del giudizio di divorzio,determina la cessazione della materia del contendere, travolgendo ogni pro nun-cia in precedenza emessa e non ancora passata in giudicato e tale situazione puòessere rilevata anche in sede di legittimità, ove è consentita, a norma dell’art. 372c.p.c. con la produzione di documenti comprovanti il suddetto decesso (CC18.3.82 n. 1757; CC 25.6.03 n. 10065).

    3. Momento operativo della sentenza di divorzio. Tutti gli effetti dellasentenza di divorzio, sia personali che patrimoniali, si producono tra le parti, i loroeredi o aventi causa, dal momento del suo passaggio in giudicato, secondo iprincipi generali contenuti negli artt. 2908 e 2909 c.c., mentre l’annotazione neiregistri dello stato civile attiene unicamente agli effetti erga omnes della pronunciastessa, in considerazione dell’efficacia meramente dichiarativa e non costitutivadello status delle persone fisiche che è propria dei registri dello stato civile (CC5.7.84 n. 3943). V. infra, art. 10, § 2.

    4. La comunione spirituale e materiale tra i coniugi. La giurispru-denza è prevalentemente orientata nel ritenere che deve essere accertata l’impos-sibilità di ricostituire o mantenere il consorzio coniugale per la sussistenza di unadelle cause tipiche previste dalla legge. Il giudice di merito deve valutare i pre-supposti richiesti dalla legge particolarmente in ordine alla impossibilità di rico-stituire la comunione materiale e spirituale fra i coniugi (CC 1.4.81 n. 1844, GC,1982, I, 752; DE, 1981, II, 565). La sussistenza del requisito in parola, tuttavia, nonpostula che entrambi i coniugi abbiano voluto la separazione e non è incompatibilecon un comportamento dei coniugi improntato al rispetto, alla collaborazione ealla tolleranza reciproca (CC 4.11.87 n. 8100); e la relativa indagine ha un appro-fondimento maggiore o minore secondo le circostanze risultanti dagli atti e leosservazioni formulate dalle parti in causa (CC 6.11.86 n. 6484).

    Art. 2. Nei casi in cui il matrimonio sia stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, ilgiudice, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo articolo 4, accertache la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita perl’esistenza di una delle cause previste dall’articolo 3, pronuncia la cessazione degli effetti civiliconseguenti alla trascrizione del matrimonio.

    SOMMARIO

    1. Scioglimento di matrimonio e cessazione degli effetti civili. Rapporti. — 2. Giudizio davanti altribunale civile e davanti al tribunale ecclesiastico e relative sentenze. Rapporti.

    1. Scioglimento di matrimonio e cessazione degli effetti civili. Rappor-ti. Secondo un’autorevole dottrina una pronuncia emessa ai sensi dell’art. 1 ha glistessi effetti di una sentenza emessa in applicazione del successivo art. 2 e gli

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  • accertamenti che si devono compiere sono i medesimi. Con la conseguenza che ilgiudice di merito può emettere la pronuncia con la qualificazione esatta, anche sele parti abbiano erroneamente proposto un’azione diversamente denominata(cessazione degli effetti civili del matrimonio in luogo di scioglimento del matri-monio e viceversa, FINOCCHIARO A. e M., 1988, 3 ss.). Conforme la giurisprudenza(CC 10.5.74 n. 1332, DE, 1974, II, 202).

    2. Giudizio davanti al tribunale civile e davanti al tribunale ecclesia-stico e relative sentenze. Rapporti. Tra il giudizio di nullità del matrimonio con-cordatario e quello avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili dello stessonon sussiste alcun rapporto di pregiudizialità, così che il secondo debba esserenecessariamente sospeso, ex art. 295 c.p.c., a causa della pendenza del primo ed inattesa della sua definizione, trattandosi di procedimenti autonomi, sfocianti indecisioni di natura diversa ed aventi finalità e presupposti diversi, di specificorilievo in ordinamenti distinti. Né rileva che le norme sul giudizio di delibazione,di cui agli artt. 796 e 797 c.p.c., siano state abrogate dall’art. 73 l. n. 218/1995,poiché tale abrogazione, in ragione della fonte di legge formale ordinaria da cui èdisposta, non è idonea a spiegare efficacia sulle disposizioni dell’Accordo, conprotocollo addizionale, di modificazione del Concordato Lateranense (firmato aRoma il 18 ottobre 1984 e reso esecutivo con la l. 25.385 n. 121), disposizioni lequali — con riferimento alla dichiarazione di efficacia, nella Repubblica italiana,delle sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici —contengono un espresso richiamo agli artt. 796 e 797 c.p.c., e risultano connotate,in forza del principio concordatario accolto dall’art. 7 Cost. (che implica la resi-stenza all’abrogazione di norme pattizie, perciò suscettibili di modifica, in difettodi accordo delle parti contraenti, solo con leggi costituzionali), da una vera epropria ultrattività (CC 10.12.10 n. 24990). La delibazione della sentenza eccle-siastica dichiarativa della nullità del matrimonio non produce alcun effetto dicaducazione delle statuizioni contenute nella precedente sentenza dichiarativadella cessazione degli effetti civili del matrimonio relative all’obbligo di correspon-sione dell’assegno divorzile, ove su tali statuizioni si sia formato il giudicato, ai sensidell’art. 324 c.p.c., non costituendo in sé un « giustificato motivo » sopraggiunto,legittimante, ai sensi dell’art. 9, c. 1, l. 1.12.70 n. 898, la revisione del provvedi-mento economico contenuto nella sentenza di divorzio (CC 18.9.13 n. 21331, DFAM, 2014, 211, nt. CANONICO; CC 18.4.97 n. 3345, FI, 1997, I, 2962; CC 9.12.93n. 12144, FI, 1995, I, 279, nt. BALENA, Sui problemi derivanti da concorso tra giurisdi-zione ecclesiastica e giurisdizione civile in materia di nullità del matrimonio, il qualeesamina anche il problema se la delibazione della sentenza di nullità possa travol-gere il giudicato di divorzio, escludendolo). Occorre però rilevare che il passaggioin giudicato della sentenza dichiarativa dell’efficacia, nell’ordinamento delloStato, della pronuncia ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, inter-venuta in pendenza del giudizio d’appello per la cessazione degli effetti civili delmatrimonio medesimo, determinando il venir meno del vincolo coniugale, tra-volge la sentenza civile di divorzio emessa in primo grado e le statuizioni econo-

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  • miche in essa contenute, in quanto tali statuizioni presuppongono la validità delmatrimonio e del vincolo conseguente (CC 10.7.13 n. 17094, nt. DONATELLO, FD,2010, 895; CC 4.2.10 n. 2600).

    Art. 3. Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da unodei coniugi:1) quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l’altro coniuge è stato condannato, con sentenzapassata in giudicato anche per fatti commessi in precedenza:a) all’ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con più sentenze, per uno o piùdelitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale esociale;b) a qualsiasi pena detentiva per il delitto di cui all’articolo 564 del codice penale e per uno dei delittidi cui agli articoli 519, 521, 523 e 524 del codice penale (1), ovvero per induzione, costrizione,sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;c) a qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniugeo di un figlio;d) a qualsiasi pena detentiva, con due o più condanne, per i delitti di cui all’articolo 582, quandoricorra la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell’articolo 583, e agli articoli 570, 572 e643 del codice penale, in danno del coniuge o di un figlio.Nelle ipotesi previste alla lettera d il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazionedegli effetti civili del matrimonio accerta, anche in considerazione del comportamento successivo delconvenuto, la di lui inidoneità a mantenere o ricostituire la convivenza familiare.Per tutte le ipotesi previste nel numero 1 del presente articolo la domanda non è proponibile dal coniugeche sia stato condannato per concorso nel reato ovvero quando la convivenza coniugale è ripresa;2) nei casi in cui:a) l’altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettere b e c delnumero 1 del presente articolo, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o lacessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l’inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituirela convivenza familiare;b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovveroè stata omologata la separazione consensuale, ovvero è intervenuta separazione di fatto quando laseparazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetticivili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesidall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separa-zione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenziososi sia trasformato in consensuale (2), ovvero dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiuntoa seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell’atto contenentel’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile (3). L’eventuale interruzionedella separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta;c) il procedimento penale promosso per i delitti previsti dalle lettere b e c del numero 1 del presentearticolo si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudicecompetente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ritiene che neifatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi;d) il procedimento penale per incesto si è concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione chedichiari non punibile il fatto per mancanza di pubblico scandalo;

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  • e) l’altro coniuge cittadino straniero ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento delmatrimonio o ha contratto all’estero nuovo matrimonio;f) il matrimonio non è stato consumato;g) è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile1982, n. 164.

    (1) Ora artt. 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies c.p.(2) Le parole da « dodici mesi dall’avvenuta comparizione » a « trasformato in consensuale » sonostate sostituite alle parole « tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi alpresidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio conten-zioso si sia trasformato in consensuale » dall’art. 1 l. 6.5.15 n. 55.(3) Le parole da «, ovvero dalla data certificata » a « innanzi all’ufficiale dello stato civile » sono stateaggiunte dall’art. 12, c. 4, d.l. 12.9.14 n. 132, conv., con modif., in l. 10.11.14 n. 162. Ai sensi dell’art.12, c. 7, d.l. n. 132 cit., tale disposizione si applica « a decorrere dal trentesimo giorno successivoall’entrata in vigore della legge di conversione del [suddetto] decreto ».

    SOMMARIO

    1. Tassatività delle cause di divorzio. — 2. Classificazione delle dette cause. — 3. Le cause penali didivorzio. — 4. Premessa sulla separazione dei coniugi, in generale, quale causa di divorzio. — 5. Laseparazione di fatto. — 6. La separazione legale (giudiziale e consensuale). — 7. La separazioneraggiunta in sede di negoziazione assistita o davanti all’ufficiale di stato civile. — 8. Interruzione dellaseparazione. Riconciliazione. — 9. Divorzio o matrimonio all’estero dell’altro coniuge cittadino stra-niero. — 10. Matrimonio non consumato. — 11. Cambiamento di sesso.

    1. Tassatività delle cause di divorzio. L’elencazione delle cause chesono poste a fondamento della pronuncia di divorzio, contenuta nella norma inesame, è ritenuta tassativa dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Quest’ultimaafferma che l’impossibilità della ricostituzione della comunione coniugale seppurecostituisce la causa fondamentale del divorzio, non è tuttavia sufficiente ad unapronuncia giudiziale in tal senso, ove manchi una delle cause specifiche, tassati-vamente indicate nell’art. 3 l. n. 898/1970 (CC 28.4.83 n. 2903).

    2. Classificazione delle dette cause. Vi sono, in dottrina, molti tentatividi riunire in categorie omogenee le varie ipotesi previste dall’articolo in com-mento. Secondo alcuni autori, però, ogni classificazione sarebbe inutile per man-canza di sistematicità della legge (FINOCCHIARO A. e M., 1988, 67). Qualche signifi-cato pratico, quanto meno sotto il profilo della individuazione dei casistatisticamente meno ricorrenti, può tuttavia avere l’individuazione della catego-ria delle c.d. « cause penali » di divorzio.

    3. Le cause penali di divorzio. La scarsa frequenza nella prassi giudi-ziaria e le semplificazioni apportate dalla l. 6.3.87 n. 74 consentono una trattazionesintetica dell’argomento. È importante sottolineare: a) sono previste ipotesi per lequali è necessaria una sentenza penale di condanna passata in giudicato (art. 3, n.1, lett. a, b, c, d); b) sono previste, per contro, ipotesi in cui la sentenza penale nonè di condanna (art. 3, n. 2, lett. a, c, d). In taluni casi (n. 1, lett. d, e n. 2, lett. a, ilgiudice civile non può pronunciare il divorzio se non accerta l’inidoneità delconvenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare. Secondo un diffuso

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  • orientamento dottrinale, questa previsione sarebbe una indiretta conferma delfatto che quando la legge non lo prevede espressamente, come appunto in questicasi, per la pronuncia di divorzio sarebbe sufficiente il semplice accertamento dellaconcreta esistenza di una delle cause tipiche, senza necessità dell’ulteriore valuta-zione circa la disgregazione definitiva dell’unione matrimoniale (GIUSTI, in LIPARI,1988, 25, e autori ivi citati). In un caso (n. 2, lett. c, il giudice civile ha un potere dicognizione incidenter tantum sulla sussistenza degli elementi costitutivi e delle con-dizioni di punibilità dei delitti. Per le c.d. « cause penali » la condanna definitivadeve comunque venire dopo il matrimonio, anche se per fatti verificatisi in pre-cedenza; la domanda non è proponibile se il coniuge sia stato condannato perconcorso, ovvero se la convivenza sia ripresa (fatto visto come motivo di sanatoriadelle situazioni pregresse, DOGLIOTTI, 1995, 122 ss.).

    4. Premessa sulla separazione dei coniugi, in generale, quale causa didivorzio. Sono regolamentati e previsti tutti i casi possibili di separazione: a)separazione di fatto; b) separazione giudiziale; c) separazione consensuale. Pertutti i tipi è necessario un elemento di certezza formale: per la separazione di fatto,il dato temporale (deve essere iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre1970), per quella giudiziale, il passaggio in giudicato della sentenza, per quellaconsensuale, l’omologazione (sulla necessità del passaggio in giudicato della sen-tenza di separazione, cfr. T Reggio Emilia 10.7.95, FI, 1995, I, 3321; A Bari13.11.93, FI, 1994, I, 225). Ai fini della pronuncia di scioglimento o di cessazionedegli effetti civili del matrimonio, la verifica della sussistenza di tale elemento ècompito, anche officioso, del giudice. Infatti, lo stato di separazione dei coniugiconcreta un requisito dell’azione, necessario secondo la previsione dell’art. 3, n. 2,lett. b, la cui interruzione deve essere eccepita dalla parte convenuta (CC 26.6.04n. 22346; la Cassazione ha confermato la sentenza di merito che aveva negatol’effetto interruttivo della separazione alla riunione dei coniugi ritenendo nonprovata l’eccezione della convenuta). La Cassazione ha affermato, invece, chespetta al giudice accertare, indipendentemente da un’eccezione di parte, l’esi-stenza giuridica del fatto costituente il presupposto della domanda di divorzio;pertanto la contestazione, in merito, sollevata dal convenuto in comparsa conclu-sionale non costituisce un’eccezione tardiva, ma una semplice sollecitazione algiudice ad eseguire un controllo rientrante nei compiti istituzionali (CC 9.6.90 n.5643; nella specie, trattavasi di contestazione circa l’esistenza giuridica del decretodi omologazione). Le singole ipotesi di separazione hanno ciascuna un distintoruolo. Al fine della proponibilità della domanda di divorzio, a norma dell’art. 3, n.2, lett. b, acquista rilevanza autonoma ed indipendente ciascuna delle situazionicontemplate da detta norma, e cioè la separazione giudiziale pronunciata consentenza passata in giudicato, la separazione consensuale omologata e la separa-zione di fatto (iniziata da almeno due anni prima dell’entrata in vigore della legge).Si deve quindi considerare che la mancanza di un giudicato sulla sentenza dichia-rativa della separazione determina l’improponibilità dell’azione di divorzio, alpari dell’insussistenza di uno degli altri requisiti (decreto di omologa della sepa-

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  • razione consensuale o separazione di fatto). Resta però dibattuto se il giudicato siarichiesto sin dal momento dell’instaurazione del giudizio e se possa essere consi-derato sufficiente anche un giudicato « parziale »; la giurisprudenza sembraorientata nel senso più rigoroso, negando rilevanza al giudicato eventualmentesopraggiunto nel corso del giudizio (CC 9.3.95 n. 2725, GI, 1995, I, 1, 2028).Infatti il termine triennale di ininterrotta separazione fissato per la proponibilitàdella domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio,deve essere già decorso all’atto del deposito del ricorso introduttivo del giudizio incancelleria, il quale segna il momento in cui la domanda deve ritenersi proposta,restando del tutto irrilevante l’eventuale maturarsi successivo del termine antece-dentemente alla notificazione del ricorso e del decreto all’altra parte (CC 15.2.99n. 1260; CC 1.3.99 n. 1819).

    5. La separazione di fatto. È preferibile ritenere che la separazione difatto utile ai fini del divorzio non debba necessariamente discendere da un previoaccordo di entrambi i coniugi, essendo sufficiente la volontà anche di uno solo diessi, con la consapevolezza da parte dell’altro (FINOCCHIARO A. e M., 1988, 124). Laseparazione di fatto, invero, può derivare anche dall’allontanamento fisico di unodei coniugi, indipendentemente dai motivi che lo abbiano originato (lavoro, cura,studio ecc.), quando si traduca in un volontario dissolvimento del consorzio fami-liare (CC 16.7.87 n. 6260). Non osta alla configurazione della separazione di fattola coabitazione, se questa sia limitata ad una semplice comunanza di indirizzo eservizi forniti dall’immobile, senza una normale vita matrimoniale (CC 9.6.83 n.3946). Requisito per la proponibilità della domanda è l’inizio della separazione difatto da almeno due anni prima del 18 dicembre 1970; mentre il requisito della suaprotrazione ininterrotta per un triennio può utilmente maturarsi dopo l’entrata invigore della l. n. 898/1970 (CC 4.3.86 n. 1341, GC, 1986, I, 1309; D FAM, 1986,532; T Bergamo 12.9.85, GC, 1986, I, 233). La prova della separazione di fattodovrà essere offerta con un certo rigore (DOGLIOTTI, 1995, 115).

    6. La separazione legale (giudiziale e consensuale). La domanda didivorzio, fondata sulla pronuncia di separazione giudiziale dei coniugi, è impro-ponibile, se avanzata prima del passaggio in giudicato della relativa sentenza (CC20.11.87 n. 8552; T Padova 14.10.05, FI, 1994, I, 724). La pendenza di una litesulla validità dell’accordo giustificativo della separazione consensuale tra coniugipregiudica, in senso tecnico-giuridico, l’esito del giudizio, contemporaneamentependente, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, e ne comporta la so-spensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., perché l’eventuale annullamento di quell’ac-cordo determinerebbe il venir meno, con effetto ex tunc di un presupposto indi-spensabile della pronuncia di divorzio (CC 9.12.14 n. 25861). Le questioniattinenti alla sussistenza del triennio di ininterrotta separazione riguardano unrequisito dell’azione, quindi il fondamento nel merito della domanda (CC 6.12.06n. 26165); deve, di conseguenza, escludersi che l’eventuale carenza di tale requi-sito possa tradursi in un difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sotto il

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  • profilo dell’improponibilità assoluta della domanda stessa (CC 14.11.86 n. 6689).La maturazione del termine di tre anni va riscontrata con riferimento alla data dinotificazione e non di presentazione del ricorso (CC 27.5.82 n. 3237). Al fine dellaproponibilità della domanda di divorzio che venga fondata su sentenza di separa-zione giudiziale ovvero su omologazione di separazione consensuale e per il casoin cui vi sia stato in precedenza un altro procedimento di separazione poi estintosi,la comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale in detta pre-gressa procedura è idonea a segnare il giorno iniziale per il computo del prescrittoperiodo d’ininterrotta separazione tenuto conto che tale comparizione comportala formale constatazione della volontà dei coniugi di cessare la convivenza e che glieffetti della stessa non restano travolti dall’estinzione del relativo processo (art. 189disp. att. c.p.c.; CC 18.7.05 n. 15157, GC, 1988, I, 411; FI, 1988, I, 2341, nt.CIPRIANI; GI, 1989, I, 1, 734; conforme CC 4.4.90, 2799, FI, 1990, I, 2533).Qualora la sentenza sulla separazione e sull’addebito sia stata impugnata conesclusivo riferimento all’addebito, si forma il giudicato sulla separazione e divienepossibile richiedere il divorzio in quanto la richiesta di addebito ha natura didomanda autonoma (CC, SU, 4.12.01 n. 15279). Da giudici di merito si è ritenutoche in presenza di separazione personale di coniugi pronunciata all’estero e resaefficace in Italia, il triennio di separazione ininterrotta vada computato dallaprima comparizione dei coniugi innanzi al giudice straniero nella procedura diseparazione per l’esperimento del tentativo di conciliazione (T Bergamo 12.12.85,GC, 1986, I, 1966); nonché che sia possibile la delibazione incidentale — cheproduce effetti soltanto nel giudizio di divorzio — di una pronuncia giudiziariastraniera resa inter partes relativa alla separazione coniugale (T Roma 10.12.86; TRoma 12.11.91). Secondo le sezioni unite della Suprema Corte la sentenza stra-niera può essere fatta valere direttamente nel nostro ordinamento, quale presup-posto per il divorzio, senza necessità di delibazione (CC, SU, 29.8.90 n. 8981, GC,1990, I, 2819).

    7. La separazione raggiunta in sede di negoziazione assistita o davantiall’ufficiale di stato civile. Nel caso di accordo di separazione raggiunto attraversola negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte (art. 6, c. 1, d.l. 12.9.14n. 132, conv. in l. 10.11.14 n. 162) e di accordo di separazione raggiunto daiconiugi con l’assistenza facoltativa di un avvocato davanti all’ufficiale di stato civile(art. 12 d.l. 12.9.14 n. 132, conv. in l. 10.11.14 n. 162), il termine minimo di seimesi per poter proporre domanda di divorzio decorre rispettivamente dalla datacertificata dell’accordo ovvero dalla data dell’atto concluso davanti all’ufficiale distato civile e non dalla successiva data fissata per la conferma di tale accordo (BLASI,2015, 53).

    8. Interruzione della separazione. Riconciliazione. La separazione nonsi interrompe che per riconciliazione (FRANCESCHELLI, 1987, 44). L’eventuale inter-ruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta (CC 9.5.97 n.4056), assumendo rilievo quale fatto impeditivo della condizione temporale stabi-

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  • lita dalla legge (CC 17.9.14 n. 19535). Questa previsione, secondo alcuni, riguardatutte le ipotesi di riconciliazione disciplinate dall’art. 157 c.c. e ne sancisce la nonrilevabilità ex officio dal giudice, né la invocabilità dal pubblico ministero perescludere la fondatezza della domanda di divorzio, anche se emergono dagli atti(FINOCCHIARO A. e M., 1988, 113). Secondo altri si sostanzia in una inversionedell’onere della prova: la durata della separazione si prova con la produzione delprovvedimento dell’autorità giudiziaria, mentre l’eventuale cessazione dello statodi separazione si deve dimostrare — a cura del convenuto — con idonea prova(FRANCESCHELLI, 1987, 44; A Napoli 10.4.86, GC, 1986, I, 2542). La riconciliazione,che interrompe lo stato di separazione dei coniugi, si ha solo quando si siaverificata la ricostituzione del consorzio familiare, attraverso la restaurazionedella comunione spirituale e materiale tra i coniugi (CC 7.12.06 n. 26165; CC26.11.93 n. 11722, AC, 1994, 289). Essa non può discendere dalla mera ripresadella coabitazione, che può trovare ragioni non incompatibili con il perdurare diquello stato, quali ad esempio, l’esigenza di dissimulare temporaneamente laseparazione ai figli minori (CC 9.1.87 n. 72, GI, I, 1, 1773), né da meri incontrisporadici inidonei alla effettiva ricostituzione del consorzio familiare (CC 23.12.83n. 7593). La convivenza, per essere rilevante deve essere caratterizzata da unacomune organizzazione domestica e, normalmente, da rapporti sessuali; essa deveinoltre accompagnarsi all’animus di riservare al coniuge la posizione di esclusivocompagno di vita e di adempiere i doveri coniugali (CC 17.6.98 n. 6031, GD 1998,n. 30, 16; CC 4.2.00 n. 1227) e deve essere accertata attribuendo rilievo premi-nente alla concretezza degli atti, dei gesti e comportamenti dei coniugi. Il tutto vavalutato « effettivamente » e non con riferimento al mero elemento psicologico(CC 7.12.06 n. 26165; T Trani 3.10.07 n. 620). La formulazione della suddettaeccezione per la prima volta in appello è improponibile perché tardiva (CC17.9.14 n. 19535).

    9. Divorzio o matrimonio all’estero dell’altro coniuge cittadino stranie-ro. La norma prevede, alternativamente, ipotesi eterogenee relative allo stranieroche abbia ottenuto all’estero: a) pronuncia di divorzio (con effetto ex nunc); b)pronuncia di nullità (con effetto ex tunc); c) abbia contratto nuovo matrimonio(FINOCCHIARO A. e M., 1988, 150). L’art. 3, n. 2, lett. e, in esame è norma sostanzialeche contiene implicitamente un’attribuzione di giurisdizione al giudice italiano,valendo, quale criterio di giurisdizione, la cittadinanza dell’attore; in sostanza è daritenere che il potere di chiedere il divorzio in base alla norma in parola com-prenda il potere di proporre domanda davanti al giudice italiano (CC 27.3.75 n.1155, RD INT, 1976, 347; dottrina concorde: MOSCONI, 1987, 45). Attore nelgiudizio può essere soltanto il cittadino italiano. La giurisprudenza di merito ha,poi, puntualizzato: a) il divorzio ottenuto all’estero dal convenuto è rilevante, aglieffetti della norma in esame, soltanto se reso efficace nell’ordinamento dello Statostraniero (T Roma 19.1.85, GC, 1985, I, 880); b) una sentenza di scioglimento delmatrimonio pronunciata fra cittadini italiani dal giudice straniero, con applica-zione del diritto straniero, non può essere considerata contraria all’ordine pub-

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  • blico, per il solo fatto che il matrimonio sia stato sciolto con procedure e per ragionie situazioni non identiche a quelle contemplate dalla legge italiana; in realtàattiene all’ordine pubblico l’esigenza che lo scioglimento del matrimonio vengapronunciato solo all’esito di un rigoroso accertamento dell’irrimediabile disfa-cimento della comunione familiare, il quale costituisce l’unico inderogabile pre-supposto delle varie ipotesi di divorzio (CC 25.7.06 n. 16978; CC 28.5.04 n.10378); c) deve comunque accertarsi che l’iniziativa giudiziaria all’estero sia statadel cittadino straniero. Quest’ultimo punto c) vede posizioni più o meno articolate(T Catania 30.6.88, D FAM, 1988, 1723); si è ritenuto che il ricorso è improponi-bile se il coniuge richiedente abbia favorito l’accoglimento della domanda didivorzio proposta dall’altro coniuge all’estero, ma che l’improponibilità è esclusase il coniuge italiano abbia solo facilitato la prova dell’altro confessando gliaddebiti ovvero abbia svolto domanda riconvenzionale al solo fine di evitarel’attribuzione di colpa o ancora se il coniuge straniero avrebbe potuto comunqueottenere il divorzio all’estero mediante altra procedura (T Torino 15.9.86, GI,1988, I, 2, 602; A Napoli 15.4.91 e A Napoli 10.11.89, giurisprudenza contra-stante, FI, 1991, I, 2524, nt. QUADRI). È proponibile, innanzi al giudice italiano, ladomanda volta ad ottenere un assegno divorzile successivamente alla pronuncia,avvenuta nella Repubblica ceca, della sentenza di divorzio, atteso che la contestua-lità fra la decisione sullo status e quella sull’assegno non è imposta dall’art. 5 l. n.898/1970, né, a maggior ragione, può costituire preclusione processuale qualorala sentenza di divorzio provenga da un ordinamento che prevede la possibilità diintrodurre separatamente le relative domande (CC 1.2.16 n. 1863).

    10. Matrimonio non consumato. V’è contrasto in giurisprudenza circal’azione esperibile in caso di inconsumazione preordinata (ad esempio, matrimo-nio celebrato al solo fine di consentire alla moglie di acquistare la cittadinanzaitaliana); secondo un orientamento è possibile ricorrere a due diversi e tra lorodistinti rimedi per far venire meno il vincolo formale: il primo consiste nel de-durre l’invalidità del matrimonio per simulazione da esperire nel termine didecadenza di cui all’art. 123 c.c.; il secondo consiste nel divorzio per inconsuma-zione ex art. 3, n. 2, lett. f, l. n. 898/1970, rimedio che ben può essere fatto valereanche quando sia già maturato il termine di decadenza previsto come sopra perl’azione di simulazione (A Firenze 22.8.88, D FAM, 1989, 629; T Salerno 9.10.07n. 1909); secondo altro orientamento la preordinazione escluderebbe la proponi-bilità della domanda di divorzio per inconsumazione (T Prato 17.6.87, D FAM,1988, I, 342). La prova principale dell’inconsumazione è data dallo stato diverginità della donna e dall’accertata impotentia coeundi dello sposo. In man-canza possono avere rilievo anche altri elementi probatori, ivi comprese le pre-sunzioni, purché gravi, precise e concordanti (A Genova 15.3.03; T Napoli24.2.84, RIML, 1985, 1016; GM, 1985, 548; A Torino 30.11.84, FI, 1986, I, 1054).È priva, però, di efficacia probatoria la sola concorde dichiarazione di entrambi iconiugi (T Padova 17.6.83, D FAM, 1984, 578). Il mancato compimento dell’atti-vità sessuale completa (mancata deflorazione), pur seguita da anni di convivenza,

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  • rileva come causa di scioglimento di matrimonio (T Monza 20.11.87 n. 2118). Ladomanda congiunta di divorzio fondata sull’inconsumazione delle nozze è inam-missibile, implicando accertamenti ed indagini istruttorie (T Napoli 15.3.88, GM,1988, 980; D FAM, 1988, 1381; FI, 1989, I, 554; GI, 1989, I, 2, 54; T Piacenza31.5.96). Il divorzio per inconsumazione non può comportare il risarcimento deldanno, per avere l’altro coniuge dato causa al divorzio con il suo comportamentoconsistente nel tenere celata la propria incapacità sessuale (T Napoli 23.2.87, GC,1987, I, 1549). La non consumazione non incide, di per sé, sull’esistenza e validitàdel matrimonio, né sull’idoneità dello stesso a produrre effetti sino al passaggio ingiudicato della sentenza di divorzio, né incide sull’applicabilità della normativarelativa all’assegno di divorzio (CC 21.9.98 n. 9442).

    11. Cambiamento di sesso. L’art. 7 l. n. 74/1987 ha aggiunto, comecausa di divorzio, la rettificazione di attribuzione di sesso, sancita con sentenzapassata in giudicato. Alcuni autori ritengono che tale art. 7, riflettendo il conte-nuto dell’art. 4 l. 14.4.82 n. 164, riporta l’ipotesi del cambiamento di sesso nel-l’alveo della generale disciplina del divorzio (GIUSTI, in LIPARI, 1988, 53). La Cortecostituzione ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 l. 14.4.82 n.164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), nella parte in cui nonprevedono che la sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno deiconiugi, che provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetticivili conseguenti alla trascrizione del matrimonio, consenta, comunque, ove en-trambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamenteregolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i dirittied obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore (C.cost. 11.6.14 n. 170). La Cassazione, a seguito della pronuncia additiva di principiodella Corte costituzionale, ha ritenuto che la sentenza di rettificazione del sessonon possa comportare la caducazione automatica del matrimonio, attesa la tuteladi cui godono le unioni tra persone dello stesso sesso ai sensi dell’art. 2 Cost., e chepertanto il vincolo matrimoniale dovesse proseguire, con conservazione ai coniugidel riconoscimento dei diritti e doveri conseguenti al matrimonio, sino a quandoil legislatore non intervenga per consentire alla coppia di mantenere in vita ilrapporto con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamentediritti e obblighi (CC 21.4.2015 n. 8097). Il legislatore con la l. 20.5.16 n. 76 haprevisto all’art. 1, c. 27, che « alla rettificazione anagrafica di sesso, ove i coniugiabbiano manifestato la volontà di non sciogliere il matrimonio o di non cessarne glieffetti civili, consegue l’automatica instaurazione dell’unione civile tra personedello stesso sesso ».

    Art. 4. 1. La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimoniosi propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, delluogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residenteall’estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domiciliodel ricorrente e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La

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    (l. 898/1970)TITOLO VI — DEL MATRIMONIO

  • domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’uno odell’altro coniuge (1).2. La domanda si propone con ricorso, che deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi didiritto sui quali la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stessoè fondata.3. Del ricorso il cancelliere dà comunicazione all’ufficiale dello stato civile del luogo dove il matrimoniofu trascritto per l’annotazione in calce all’atto.4. Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli di entrambi i coniugi.5. Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto ladata di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve avvenire entro novanta giorni dal deposito delricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ed il termine entro cui il coniugeconvenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Il presidente nomina un curatore specialequando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace.6. Al ricorso e alla prima memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispetti-vamente presentate.7. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi ecomprovati motivi, e con l’assistenza di un difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, ladomanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovogiorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata.All’udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiunta-mente, tentando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale dellaconciliazione.8. Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, dispostol’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace didiscernimento, dà, anche d’ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputaopportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza dicomparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniugeconvenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L’ordinanza del presidente può essererevocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l’articolo 189 delle disposizioni di attuazione delcodice di procedura civile.9. Tra la data dell’ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenutonon comparso, e quella dell’udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cuiall’articolo 163-bis del codice di procedura civile ridotti a metà.10. Con l’ordinanza di cui al comma 8, il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il depositoin cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all’articolo 163, terzo comma,numeri 2, 3, 4, 5 e 6, del codice di procedura civile e termine al convenuto per la costituzione in giudizioai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, dello stesso codice nonché per la proposizionedelle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. L’ordinanza deve contenerel’avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cuiall’articolo 167 del codice di procedura civile e che oltre il termine stesso non potranno più essereproposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio.11. All’udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183,commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo, del codice di procedura civile. Si applica altresìl’articolo 184 del medesimo codice.12. Nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell’assegno, il tribunale emettesentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio.Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato. Appena formatosi il giudicato, si applica laprevisione di cui all’articolo 10.

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  • 13. Quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il tribunale, emettendo la sentenza che disponel’obbligo della somministrazione dell’assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dalmomento della domanda.14. Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado èprovvisoriamente esecutiva.15. L’appello è deciso in camera di consiglio.16. La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonioche indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, è proposta conricorso al tribunale in camera di consiglio. Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l’esistenza deipresupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all’interesse dei figli, decide con sentenza.Qualora il tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli sono in contrasto con gli interessi deglistessi, si applica la procedura di cui al comma 8.

    (1) C. cost. 23.5.08 n. 169 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nel testosostituito dall’art. 2, c. 3 bis, d.l. 14.3.05 n. 35, conv., con modif., in l. 14.5.05 n. 80, limitatamente alleparole « del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, ».

    SOMMARIO

    1. Giurisdizione. — 2. Competenza. — 3. Posizione processuale dei figli minori nel giudizio di divorzio.— 4. Talune questioni procedurali. — 5. Comparizione personale delle parti e tentativo di concilia-zione. — 6. Caratteristiche dell’ordinanza presidenziale. — 7. Rimessione delle parti davanti al giudiceistruttore, facoltà del convenuto. — 8. Sentenza non definitiva di divorzio. — 9. Obbligo di sommini-strazione dell’assegno e decorrenza. — 10. Appello: forme e termini. — 11. Il divorzio congiunto.

    1. Giurisdizione. L’art. 4, secondo la giurisprudenza della Corte dicassazione e la prevalente dottrina (FINOCCHIARO A. e M., 1988, 215 ss.) non èattributivo di competenza giurisdizionale, ma soltanto di competenza interna. Conriguardo al giudizio di divorzio, vertente tra coniugi stranieri che abbiano con-tratto matrimonio all’estero la sussistenza o meno della giurisdizione del giudiceitaliano deve essere riscontrata secondo i criteri di collegamento di cui all’art. 4c.p.c., mentre l’art. 4 l. n. 898/1970 opera soltanto sul diverso piano dell’indivi-duazione del giudice territorialmente competente (CC 28.10.85 n. 5292, GC,1986, I, 789; D FAM, 1986, 69). Per converso, secondo la stessa sentenza, lacircostanza che l’eventuale sentenza di divorzio sarebbe improduttiva di effetti nelterritorio della Repubblica, non vale ad escludere la giurisdizione del giudiceitaliano. Infatti, la pendenza davanti ad un giudice straniero delle cause didivorzio fra cittadini italiani non esclude la giurisdizione italiana sulla causa diseparazione personale fra i medesimi coniugi, atteso che tra le due cause nonricorrono i requisiti dell’identità del petitum e della causa petendi che costituiscono,insieme con l’identità dei soggetti, presupposti indispensabili perché possa appli-carsi la disciplina della litispendenza di cui all’art. 7 l. 31.5.95 n. 218 (CC, SU,20.7.01 n. 9884). La necessità di applicare i criteri previsti dall’art. 4 c.p.c. porta adescludere la giurisdizione del giudice italiano in relazione a una domanda didivorzio riguardante un matrimonio celebrato all’estero da cittadini stranieriresidenti di fatto all’estero, a nulla rilevando che il convenuto abbia in Italia lamera residenza anagrafica. Il criterio della reciprocità, invece, fa sì che il giudiceitaliano possa conoscere della domanda di divorzio proposta da una cittadina

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    (l. 898/1970)TITOLO VI — DEL MATRIMONIO

  • italiana nei confronti del marito francese non residente in Italia (T Torino 15.9.86,GI, 1988, I, 2, 602; D FAM, 1987, 251). Tra il giudizio concordatario e quelloavente ad oggetto la cessazione degli effetti civili del medesimo non sussiste alcunrapporto di pregiudizialità tale che il secondo debba essere sospeso a causa dellependenze del primo e in attesa della sua definizione, perché trattasi di procedi-menti autonomi e diversi, tanto che la decisione ecclesiastica può produrre effetti:solo a seguito di un eventuale giudizio di delibazione, e non automaticamente (CC23.1.09 n. 1731).

    2. Competenza. Sono stabiliti tre criteri riguardo alla competenza ter-ritoriale: a) innanzi tutto due fori speciali concorrenti (luogo della residenza o deldomicilio del convenuto); b) due fori sussidiari anch’essi concorrenti nel caso diirreperibilità o di residenza all’estero del convenuto (luogo della residenza o deldomicilio del ricorrente); c) un foro generico, rimesso alla libera scelta del ricor-rente, nel caso di residenza all’estero di entrambi i coniugi. Secondo la Corte dicassazione l’art. 8 l. n. 74/1987, che ha sostituito l’originario art. 4 l. n. 898/1970, siapplica anche ai giudizi iniziati prima della sua entrata in vigore (CC 25.1.89 n.411). Va ribadito che la residenza del convenuto è quella del luogo di abituale evolontaria dimora effettiva, mentre le risultanze anagrafiche offrono una merapresunzione, superabile da altri elementi (CC 8.11.89 n. 4705).

    3. Posizione processuale dei figli minori nel giudizio di divorzio.I giudizidi divorzio e di separazione personale dei coniugi non attengono, né si riflettonosullo status dei figli, i cui interessi sono garantiti da una rilevante serie di misure.Non è incostituzionale la mancata previsione della nomina di un curatore specialeche rappresenti in giudizio il minore figlio delle parti, in ordine a pronunzie(affidamento, mantenimento ecc.) che lo riguardino (C. cost. 14.7.86 n. 185, GI,1988, I, 1, 1112; GC, 1986, I, 2321). La giurisprudenza rileva che il ricorso per laprotezione contro gli abusi familiari, prevista dall’art. 342 bis c.c., è preclusa solodalla celebrazione dell’udienza di comparizione davanti al presidente ex art. 4della presente legge. Quindi, se tale udienza non si è tenuta, la domanda per laprotezione contro gli abusi familiari è sempre ammissibile nonostante la contem-poranea o previa proposizione del ricorso per separazione personale o divorzio (TBari 18.7.02, FD, 2002, 623).

    4. Talune questioni procedurali. L’introduzione della domanda di di-vorzio si fa con ricorso, del cui contenuto l’art. 4, in esame, dà, ai c. 2 e 4, analiticaindicazione. La disciplina speciale del procedimento per la pronuncia di scio-glimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio deve considerarsitendenzialmente completa perché riguardante tutte le fasi del procedimentostesso e non soltanto quella introduttiva: conseguentemente, le norme del proce-dimento ordinario di cognizione sono applicabili (in via analogica o in quantoespressione di principi generali) soltanto per colmare le lacune della disciplinaspeciale (T Vercelli 15.1.01, GM, 2002, 387). In tale giudizio, spetta al presidente

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  • del tribunale la competenza a provvedere, all’udienza a questo fine fissata innanzia sé, al tentativo di conciliazione dei coniugi e all’adozione dei provvedimentitemporanei e di urgenza ex art. 4, c. 5, 6 e 7, l. n. 898/1970, ma egli può anchedelegarli ad uno o più giudici in servizio presso il tribunale (CC 2.12.04 n. 22607).Sempre in relazione al ricorso introduttivo del procedimento di divorzio, l’art. 4non prevede la necessità dell’avvertimento al convenuto, prescritto, per il ritoordinario dall’art. 163, n. 7, c.p.c.; né tale norma può ritenersi estensibile algiudizio di divorzio, caratterizzato da una prima fase non contenziosa dinanzi alpresidente del tribunale, in ordine alla quale non sorge necessità alcuna di avver-tire la controparte circa decadenze in detta fase non configurabili. Tale mancatoadempimento non dà luogo ad alcuna nullità e, non sussistendo alcun onere per ilconvenuto di costituirsi nella fase presidenziale, non solleva alcun dubbio dicostituzionalità (CC 7.2.00 n. 1524; CC, SU, 19.9.01 n. 11751, D FAM, 2002, 140).Il ricorso introduttivo del giudizio di divorzio rappresenta l’atto di riscontro dellatempestività delle domande proposte dal ricorrente, cosicché la domanda delricorrente, non contenuta nel ricorso introduttivo non avanzata nella fase dinanzial presidente del tribunale, soggiace alla sanzione della inammissibilità perchéintroduce un nuovo tema di indagine nell’originario contenzioso. Alla stessasanzione non soggiace la domanda del ricorrente — sempre proposta nella fasepresidenziale — rivolta ad ottenere per il futuro la condanna al versamento degliassegni familiari per il figlio minorenne che l’altro coniuge — non affidatario —avrebbe percepito per il periodo successivo all’introduzione della richiesta didivorzio. Ciò in quanto una tale domanda, esibendo un contenuto immediata-mente coinvolgente il mantenimento del figlio, si risolve nella sollecitazione algiudice del divorzio affinché eserciti il suo potere di ufficio, attese le preminentifinalità pubblicistiche relative alla tutela e cura dei minori (CC 24.2.06 n. 4205).Il fine, infatti, è quello di impedire condotte defatigatorie o ostative del convenuto.Tuttavia, nel processo di divorzio è causa di nullità l’omessa attivazione delcontraddittorio (vizio non formale di attività comportante la lesione del dirittodifesa) (CC 19.9.01 n. 11751, cit.). I poteri del presidente del tribunale, inrelazione al ricorso, sono definiti dal c. 5; egli, in particolare, deve fissare condecreto, in calce al ricorso la data dell’udienza di comparizione dei coniugi davantia sé e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto (in caso di divorziocontenzioso), nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso in cancelleria: iltermine è ordinatorio. L’udienza presidenziale di comparizione dei coniugi nonsi caratterizza in termini corrispondenti a quelli dell’udienza prevista dall’art. 180c.p.c.; ciò in quanto, la fase presidenziale si rivela successivamente indirizzatasoltanto all’adozione di provvedimenti temporanei ed urgenti ed alla nomina delgiudice istruttore, con relativa fissazione dell’udienza di comparizione innanzi alui (CC 10.3.04 n. 4903; CC 25.7.02 n. 10914; CC 17.2.11 n. 3905; idem nelprocedimento separativo, CC 7.2.06 n. 2625). I termini a comparire sono quelliprevisti dall’art. 163 bis c.p.c., ridotti alla metà. È richiesta l’assistenza di undifensore (CC 18.1.88 n. 322, GC, 1988, I, 630); si è ritenuto affetto da nullitàassoluta il ricorso proposto personalmente dai coniugi, senza il ministero di unprocuratore legalmente esercente, per ottenere pronuncia di divorzio (T Monza

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  • 21.3.89, GM, 1989, I, 833). La giurisprudenza afferma ormai senza oscillazioni cheil termine triennale di ininterrotta separazione, fissato dall’art. 3, n. 2, lett. b, l. n.898/1970 per la proponibilità della domanda di divorzio, deve essere già decorsoall’atto del deposito del ricorso in cancelleria, quale momento introduttivo delgiudizio, restando irrilevante l’eventuale maturarsi successivo del termine antece-dentemente alla notifica del ricorso e del decreto all’altra parte (così CC 15.2.99 n.1260; CC 1.3.97 n. 1819, AC, 1997, 745); è improponibile la domanda di divorzioprima che la sentenza di separazione sia passata in giudicato, ancorché il passaggioin giudicato intervenga nelle more del giudizio (cfr. CC 16.3.95 n. 2725, FI, 1995,I, 1147). La domanda di divorzio non può essere presentata insieme alla domandaavente ad oggetto la restituzione di beni mobili essendo quest’ultima soggetta alrito ordinario, autonomo e distinto dalla prima (CC 21.5.09 n. 11828).

    5. Comparizione personale delle parti e tentativo di conciliazione.Se-condo una dottrina, nel procedimento contenzioso di divorzio, il tentativo diconciliazione può e deve essere effettuato solo se compaiono entrambi i coniugi; incaso diverso il processo prosegue regolarmente e il divorzio può essere pronun-ciato, nel concorso delle altre condizioni di legge, anche senza il suo mancatoesperimento. La giurisprudenza ritiene che l’omissione del tentativo di concilia-zione, per effetto della mancata comparizione di uno dei due coniugi all’udienzapresidenziale, può ritenersi illegittima e idonea ad invalidare i successivi atti delprocesso, soltanto quando la parte assente abbia assolto l’onere di dare tempestivaed adeguata motivazione dei gravi motivi, che giustificano la mancata compari-zione (CC, SU, 4.7.87 n. 5865, GC, 1988, I, 1275). V’è l’obbligo dei coniugi dicomparire personalmente davanti al presidente del tribunale, salvo gravi e com-provati motivi (residenza all’estero, infermità, viaggio disagevole o costoso). Ove ilricorrente non si presenti all’udienza presidenziale, in cui deve svolgersi il tenta-tivo di conciliazione, la domanda di divorzio non ha effetti, mentre nella diversaipotesi in cui sia il coniuge convenuto a non comparire, spetta al presidentevalutare, tenendo conto delle ragioni della mancata comparizione, l’opportunitàdi un rinvio per l’espletamento di tale incombente (CC 14.3.14 n. 6016). Lagiurisprudenza ammette, per lo meno nel divorzio congiunto, la comparizione diun procuratore speciale (T Imperia 4.3.95, FD, 1995, 473). Il testo novellatodell’articolo in esame non prevede più che, ove il convenuto non compaia, ilricorrente debba notificargli l’ordinanza di nomina dell’istruttore: quindi, se ilpresidente ha disposto tale notifica, il ritardo nell’esecuzione dell’adempimentonon comporta alcuna nullità (A Lecce 8.2.93, GM, 1994, 47).

    6. Caratteristiche dell’ordinanza presidenziale. Il provvedimentotemporaneo ed urgente emanato in fase presidenziale costituisce titolo esecutivoe ha efficacia ultrattiva (art. 4, c. 8, pt. ult.). L’ordinanza, invero, conserva la suaefficacia anche dopo l’estinzione del processo, fino a quando non venga sostituitacon altro provvedimento emesso dal Presidente o dal giudice istruttore a seguitodella presentazione di un nuovo ricorso per divorzio (CC 8.7.05 n. 14381). Perde,

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  • invece, la sua efficacia quando subentri una sentenza definitiva di divorzio, chedisciplini anche le situazioni regolate dall’ordinanza, ovvero rigetti la domanda(FINOCCHIARO A. e M., 1988, 279). Secondo la giurisprudenza, anche prima del-l’entrata in vigore della novella ex l. n. 74/1987, l’ordinanza presidenziale costitui-sce titolo esecutivo per il pagamento dell’assegno provvisorio, senza che la relativaefficacia per il periodo dalla sua pronuncia al momento della conclusione delgiudizio di divorzio possa venir meno in conseguenza del successivo passaggio ingiudicato della sentenza dichiarativa della improponibilità della domanda di di-vorzio (CC 11.8.88 n. 4930). Nel corso di un giudizio di divorzio, il provvedimentocon il quale il tribunale sospenda, a seguito di dichiarazione di litispendenzainternazionale, l’efficacia dei provvedimenti temporanei ed urgenti adottati dalPresidente del tribunale non costituisce un provvedimento di sospensione delprocesso ai sensi dell’art. 295 c.p.c., né risolve una questione di competenza, né digiurisdizione avendo una natura provvisoria ed interinale al pari di quelli la cuiefficacia è stata sospesa. Contro tale provvedimento non è esperibile il ricorso perCassazione, né il regolamento di competenza (CC 27.4.06 n. 9688; CC 17.5.02 n.7299).

    7. Rimessione delle parti davanti al giudice istruttore, facoltà del con-venuto. Nel giudizio di divorzio, una volta fallito il tentativo di conciliazione, deveritenersi consentito al coniuge convenuto, fino all’udienza di comparizione da-vanti al giudice istruttore, non solo di chiedere il riconoscimento dell’assegnodivorzile, ma anche di aderire alla domanda, ovvero di fare propria la stessa incaso di rinuncia del coniuge istante (CC 28.10.87 n. 7957). La parte convenuta puòanche proporre domanda riconvenzionale per un aggiornamento dell’assegno diseparazione, trattandosi di pretesa strettamente collegata con la domanda princi-pale, che rende opportuno un simultaneus processus (CC 26.6.87 n. 5632).

    8. Sentenza non definitiva di divorzio. 8.1. La dottrina sottolinea ta-lune importanti problematiche. Si ritiene che, mentre in generale la pronuncia disentenza non definitiva di merito — in caso di pluralità di domande — è rimessaal potere discrezionale del collegio, nella specifica previsione normativa in esamese la domanda relativa all’assegno ha bisogno di ulteriore istruzione, il tribunaledeve provvedere sulla domanda di divorzio con sentenza non definitiva. Si ritiene,altresì, che la causa può essere scissa in due pronunzie (prima sul divorzio e poisull’assegno), soltanto quando si controverta sull’assegno ex art. 5 (a favore dell’exconiuge); quando, invece, la disputa verta sull’assegno ex art. 6 (in favore dei figli)non v’è l’obbligo del giudice di emettere, per intanto, sentenza di divorzio (TParma 9.3.88; contra, CC 18.4.91 n. 4193). È manifestamente infondata la que-stione di illegittimità costituzionale dell’art. 4, c. 9 (possibilità di separare la deci-sione sullo scioglimento del vincolo matrimoniale dalle determinazioni di carat-tere patrimoniale), per asserita violazione degli artt. 2, 3 e 29 Cost., in quanto nellamenzionata norma non si ravvisa alcuna violazione del principio di uguaglianza edi tutela dei diritti della personalità dell’individuo (T Padova 30.12.05). L’obbligo

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  • di rimettere immediatamente la causa al collegio per la pronuncia della sentenzanon definitiva ex art. 4, c. 9, preclude alle parti, implicitamente, la possibilità diformulare richieste istruttorie o di merito non contenute nel ricorso introduttivoe nella comparsa di risposta a meno che non si tratti di richieste riguardantiquestioni sottratte alla disponibilità delle parti stesse e salva l’applicabilità del-l’art. 184 bis c.p.c. (T Vercelli 15.1.02, GM, 2002, 387).8.2. Si ritiene, infine, che la norma, pur se formalmente rivolta al « tribunale »,finisca con l’influire sui poteri del giudice istruttore, il quale, sin dalla primaudienza davanti a sé, qualora reputi matura per la decisione la domanda didivorzio e non anche quella di assegno ex art. 5, deve rimettere la causa al collegioper la sentenza non definitiva sul divorzio. La giurisprudenza afferma inoltre cheuna volta rimesse le parti al collegio per una pronuncia di divorzio, avendo lestesse chiesto la decisione su tale sola domanda, il tribunale possa ugualmentepronunciare in ordine all’affidamento dei figli e sul relativo mantenimento overisultino acquisiti gli elementi probatori necessari, trattandosi « di provvedimentiche sono sottratti all’iniziativa e alla disponibilità delle parti, in quanto rivolti asoddisfare esigenze e finalità pubblicistiche e possono essere adottati d’ufficio inogni stato e grado del giudizio di merito » (CC 16.4.96 n. 3596, AC, 1996, 982).Sull’applicabilità della previsione in esame anche ai giudizi di separazione perso-nale, cfr. CC 29.11.99 n. 13312, FI, 2000, I, 446; v. supra, art. 151 c.c.).8.3. L’espressa previsione che avverso la sentenza non definitiva di divorzio èammesso soltanto appello immediato esclude la riserva di appello e il regola-mento facoltativo di competenza ed evita il ricorso a tattiche dilatorie, ciò implicaun’eccezione alle regole generali del codice di rito ed è insuscettibile di applica-zione analogica; ne discende che è ammissibile la riserva facoltativa di ricorsoavverso la sentenza non definitiva che quantifica e attribuisce l’assegno divorzile(CC 12.2.09 n. 3488; CIPRIANI, in LIPARI, 1988, 66). Contro i provvedimenti nell’in-teresse del coniuge e della prole adottati dal giudice istruttore, è inammissibile ilreclamo ex art. 699 terdecies c.p.c. (T Foggia 30.7.01, FI, 2002, I, 263).

    9. Obbligo di somministrazione dell’assegno e decorrenza. 9.1. L’omes-sa indicazione, nella sentenza di divorzio, della data di decorrenza dell’assegnoresta irrilevante, atteso che la decorrenza dell’assegno ha una disciplina fissatanella legge, salva l’ipotesi prevista dal nuovo testo dell’art. 4 c. 10 l. n. 898/1970come sostituito dall’art. 8 l. n. 74/1987, e che la detta data coincide pur sempre conquella del passaggio in giudicato della sentenza medesima (CC 26.1.90 n. 475).9.2. Secondo la dottrina, il nuovo testo in esame solleva problemi di illegittimitàcostituzionale, poiché consentirebbe al giudice di disporre che l’obbligo di paga-mento dell’assegno decorra dalla domanda (e non dal passaggio in giudicato dellapronuncia sul divorzio), soltanto quando vi sia stata sentenza non definitiva didivorzio; non lo consentirebbe quando venga emessa sentenza unica che decida sututte le domande: con disparità di trattamento non razionale (FINOCCHIARO A. e M.,1988, 315). Comunque, il principio secondo il quale, in presenza di sentenza nondefinitiva di divorzio, l’assegno disposto ai sensi dell’art. 4, c. 10, può farsi decor-

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  • rere dalla data di domanda — non dovendo un diritto essere pregiudicato dalladurata del processo — attiene soltanto al profilo dell’an debeatur e non interfe-risce nel giudizio per la determinazione del quantum dell’assegno, allorché,invece le condizioni economiche dei coniugi postulano diverse decorrenze,coincidenti con le date dei mutamenti (CC 21.7.04 n. 13507). La giurisprudenzaha inoltre affermato che la fissazione dell’assegno di divorzio dal momento delladomanda costituisce una facoltà discrezionale del giudice esercitabile anche inassenza di un’apposita domanda di parte in ordine alla decorrenza dell’assegno(CC 29.3.06 n. 7117; CC 15.1.98 n. 317, GC, 1998, I, 337, nt. CHIMENTI B.A., p.1285). Dunque, il principio secondo cui il giudice può fare decorrere l’assegno didivorzio dal momento della domanda ha una « portata generale »; ciò conferisce algiudice un potere discrezionale, in relazione alle circostanze del caso concreto, didisporre la decorrenza di esso dalla data della domanda, senza che a tal fine lapronuncia di sentenza non definitiva costituisca un requisito necessario per l’eser-cizio di detto potere (CC 29.3.06 n. 7117). Il giudice del divorzio non può,comunque, fissare la decorrenza dell’assegno da un momento diverso, interme-dio fra la data o di notifica della domanda introduttiva o da quella del passaggio ingiudicato della pronuncia di scioglimento, sempre che le parti non abbiano de-dotto e dimostrato specifiche sopravvenienze (CC 21.3.01 n. 4038). Tale orienta-mento è stato confermato dalla Cassazione secondo cui, nel caso di decorrenzadell’assegno di divorzio dalla data di deliberazione della sentenza di primo grado,in considerazione delle modeste condizioni economiche dell’onerato — data in-termedia di decorrenza fra quella della domanda introduttiva e quella del passag-gio in giudicato — è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale l’aventediritto all’assegno censuri tale statuizione relativa alla decorrenza dell’assegnosenza tuttavia indicare le circostanze necessarie e sufficienti per fissare l’insor-genza del diritto alla percezione dell’assegno dalla domanda introduttiva delgiudizio. Ciò in quanto si tratterebbe di censura finalizzata ad ottenere il rispetto« astratto » della legge e non la tutela di un « concreto interesse della partericorrente » (CC 16.12.04 n. 23396). Nell’ipotesi in cui uno dei coniugi abbiachiesto assegno di mantenimento per i figli, la domanda, se ritenuta fondata,deve essere accolta dalla data della sua proposizione e non da quello della sen-tenza, atteso che i diritti e doveri verso i figli non subiscono variazioni a seguitodella pronuncia di separazione o divorzio (CC 3.11.04 n. 21087).

    10. Appello: forme e termini. 10.1. L’appello va proposto con ricorso;di conseguenza è inammissibile l’appello proposto con citazione, salvo che questa,oltre che notificata, sia anche depositata entro trenta giorni dalla data di notifica-zione della sentenza di primo grado (CC 20.1.06 n. 1179; CC 12.8.95 n. 8867; CC14.5.97 n. 4256; CC 4.1.91 n. 37, FI, 1991, I, 1119). Il termine per la notifica delricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di comparizione nonha carattere perentorio, sicché la sua inosservanza non comporta la dichiarazionedi inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, ma impone soltanto, ovel’appellato non si sia costituito, l’assegnazione di un nuovo termine, perentorio,

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  • mentre la sua avvenuta costituzione ha efficacia sanante del vizio di omessa oinesistente notifica, in applicazione analogica del regime previsto dagli artt. 164 e291 c.p.c. (CC 7.10.14 n. 21111).10.2. Non è incostituzionale l’art. 4 c. 12 (come modificato), secondo cui l’appelloè deciso in camera di consiglio, in quanto viene assicurato il principio del contrad-dittorio, i termini per appellare sono quelli propri delle impugnazioni delle sen-tenze, ed è possibile acquisire ogni specie di prova precostituita e procedere allaformazione di qualsiasi prova costituenda (CC 27.5.05 n. 11319, FI, 1990, I, 366,nt. PROTO PISANI). L’appello avverso la pronuncia di divorzio, ancorché soggetto alrito camerale deve ritenersi proponibile negli ordinari termini di cui agli artt. 325e 327 c.p.c. (termini da considerarsi perentori), considerando il carattere conten-zioso del relativo giudizio (CC 22.2.06 n. 3837; CC 15.1.03 n. 507, MGC, 2003,102). La recente sentenza afferma, inoltre, che l’inosservanza del termine fissatodal presidente del collegio per la notificazione del ricorso e del pedissequodecreto non ha natura perentoria e non dà luogo ad inammissibilità o improce-dibilità del gravame; trattasi di nullità sanabile che richiede — oltre la previsionedei casi di cui all’art. 160 c.p.c., in mancanza di costituzione dell’appellato, lafissazione, da parte del giudice, di una nuova udienza, nonché la rinnovazionedella notifica (con indicazione di un termine questa volta perentorio) ex art. 291c.p.c.10.3. Il rito camerale previsto per l’appello non preclude la proponibilità del-l’appello incidentale, anche indipendentemente dalla scadenza del termine perl’esperimento del gravame in via principale.

    11. Il divorzio congiunto. 11.1. Dottrina e giurisprudenza sono con-cordi nel ritenere obbligatorio l’intervento del pubblico ministero (artt. 70 e 738c.p.c.), pur nel silenzio della norma in esame. Le parti devono essere rappresen-tate da un procuratore; un solo procuratore può rappresentarle entrambe (dot-trina concorde; CC 18.1.88 n. 322, GC, 1988, I, 630). Secondo T Monza (23.4.90,FI, 1991, I, 628, nt. CIPRIANI) è improcedibile il ricorso congiunto qualora uno deiconiugi non abbia conferito il mandato ad un procuratore. Il rito è camerale.Taluni ritengono che la domanda congiunta possa essere proposta in ogni caso;altri che sia limitata ai soli casi in cui la legittimazione ad agire per la domanda didivorzio è riservata ad entrambi i coniugi (FINOCCHIARO A. e M., 1988, 342) e quindisarebbe esclusa nei casi previsti dall’art. 3, n. 1 e 2, lett. a, c, d.11.2. La domanda deve indicare compiutamente le condizioni inerenti alla proleed ai rapporti economici. Il tribunale deve verificare l’esistenza dei presupposti dilegge: deve compiere, anche d’ufficio, tutti quegli accertamenti necessari al fine distabilire se non possa essere mantenuta o ricostituita la comunione spirituale emateriale tra i coniugi; pur se la dichiarazione congiunta dei coniugi costituisce unindizio di notevole rilievo (FINOCCHIARO A. e M., 1988, 346).11.3. La comparizione personale delle parti innanzi al Collegio è necessaria;tuttavia nell’ipotesi di impedimento di una di esse, può essere autorizzata la

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  • comparizione di un suo procuratore speciale (T Verona 2.4.88, GC, 1988, I,1698).11.4. Presupposto indispensabile per l’ammissibilità della domanda è il concordeconsenso dei coniugi, che deve concernere anche ogni conseguenza personale epatrimoniale del divorzio (T Napoli 19.1.89, D FAM, 1989, 669).11.5. Altra questione controversa è quella relativa alle conseguenze della revocadel consenso da parte di uno dei coniugi, prima della decisione. Se si adottano lesoluzioni correnti in tema di revoca del consenso alla separazione coniugale primadell’omologazione, le conclusioni sono in genere per l’irrilevanza della revoca. Ladottrina in genere ritiene, però, che tali soluzioni non siano applicabili al divorzio(FINOCCHIARO A. e M., 1988, 349). Vengono proposte varie alternative; in partico-lare o dichiarare improcedibile la domanda o rimettere le parti davanti al presi-dente del tribunale per dar inizio al procedimento contenzioso. La giurisprudenzadi merito sembra orientata per la prima soluzione (dichiarazione di improcedibi-lità o inammissibilità; T Napoli 15.3.88, D FAM, 1988, 1378; GM, 1988, I, 979). LaS.C. ha invece disatteso l’orientamento di merito dichiarando l’inammissibilitàdella revoca unilaterale del consenso congiuntamente espresso nel ricorso intro-duttivo, salva l’ipotesi di consenso viziato da violenza, errore o dolo, in cui la partepotrebbe chiedere « l’annullamento del proprio consenso ». La S.C. ha qualificatola revoca come rinuncia, inammissibile sia sotto il profilo sostanziale « poiché alladomanda congiunta possono rinunciare congiuntamente solo entrambe le parti »;sia perché l’accordo processuale circa l’iter da seguire « non consente l’immotivatoripensamento » (CC 8.7.98 n. 6664, FI, 1998, I, 2368). La disciplina della do-manda congiunta di divorzio rimette al giudice l’accertamento dei presupposti dilegge per lo scioglimento del rapporto — attinenti al merito della domanda —verifica da condurre alla stregua della legge nazionale applicabile, laddove ladecisione sulla questione circa l’ammissibilità della revoca del consenso alladomanda congiunta proposta, da verificare alla luce della legge processuale ita-liana, non comporta di per sé sola l’individuazione della legge nazionale applica-bile, che rimane pertanto questione impregiudicata (CC 27.4.04 n. 8010).11.6. Secondo un orientamento di merito il principio, in base al quale il giudice neldeterminare l’assegno di divorzio deve stabilire un criterio di adeguamento au-tomatico dello stesso, ai sensi dell’art. 5, c. 7, l. n. 898/1970, non si applica in ipotesidi domande congiunte di divorzio, qualora i coniugi nel determinare tale assegnonon abbiano provveduto a prevedere tale adeguamento (T Monza 24.10.88, GC,1989, I, 233; FI, 1989, I, 542).11.7. È stato ritenuto, infine, che la sentenza di accoglimento della domanda didivorzio congiunto vada immediatamente trasmessa dal cancelliere all’ufficiale distato civile, ai fini dell’annotazione, non potendo i coniugi impugnare la sentenzadi integrale accoglimento e non essendo legittimato il p.m. ai sensi dell’art. 5, n. 5,della legge (T Bari 9.7.87, FI, 1987, I, 2494).

    Art. 5. Il tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l’intervento obbligatorio del pubblicoministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all’articolo 3, pronuncia con sentenza lo

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    (l. 898/1970)TITOLO VI — DEL MATRIMONIO

  • scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all’ufficiale dello stato civile delluogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza.La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio.Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili delmatrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del maritoaggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi diparticolare gravità, su istanza di una delle parti.La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero, può, ai sensi dell’articolo 72del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figliminori o legalmente incapaci.Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, iltribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributopersonale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimoniodi ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche inrapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamentea favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non puòprocurarseli per ragioni oggettive.La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell’assegno, almeno conriferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escluderela previsione con motivata decisione.Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equadal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.I coniugi devono presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichia-razione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimoniopersonale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni esull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.L’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa anuove nozze.Il coniuge, al quale non spetti l’assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto neiconfronti dell’ente mutualistico da cui sia assistito l’altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa anuove nozze.

    SOMMARIO

    1. L’intervento del pubblico ministero. — 2. Il cognome della donna. — 3. L’assegno di divorzio. —4. La decorrenza dell’assegno di divorzio. — 5. Adeguamento automatico dell’assegno. — 6. Lacorresponsione dell’assegno di divorzio in unica soluzione.

    1. L’intervento del pubblico ministero. È obbligatorio per espressa pre-visione normativa e per motivi sistematici (art. 70 c.p.c.). È sufficiente che ilpubblico ministero sia messo in grado di esercitare i suoi poteri, non occorre cheli eserciti, né che concluda. Il pubblico ministero non può andare al di là delledomande proposte dalle parti, salvo che si tratti di tutelare gli interessi patrimo-niali dei minori, ivi compresi i contributi al loro mantenimento dovuto dai geni-tori. Quando non vi sono figli minori o incapaci, il pubblico ministero non puòsvolgere domande proprie o proporre impugnazioni (FINOCCHIARO A. e M., 1988,366 ss.) (CC 20.8.14 n. 18066, NGCC, 2015, 2, I, 167; FM, 2015, 4, 357).

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  • 2. Il cognome della donna. 2.1. La possibilità di consentire la conser-vazione del cognome del marito, accanto al proprio, dopo il divorzio, è da consi-derarsi una ipotesi straordinaria affidata alla decisione discrezionale del giudice dimerito secondo i criteri di valutazione propri di una clausola generale ma che nonpossono coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario ilriferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanzagiuridica, non potendosi escludere che l’uso del cognome possa costituire unpregiudizio per il coniuge che non vi acconsenta e che intenda ricreare un nuovonucleo familiare ex art. 8 Cedu che sia riconoscibile anche nei rapporti sociali e inquelli rilevanti giuridicamente (CC 26.10.15 n. 21706). Per una fattispecie parti-colare di scelta del regime giuridico applicabile ai fini dell’accertamento del dirittoalla conservazione del cognome del marito, in applicazione della Convenzione diMonaco 5 settembre 1980, cfr. CC 13.11.05 n. 23291. Occorre pertanto chesussista un interesse della ex moglie o dei figli, meritevole di tutela in ambitoprofessionale commerciale o artistico, o per i profili di identità sociale, anche inconsiderazione della durata del matrimonio e della presenza di figli minori,affidati alla madre (T Milano 28.4.09 n. 5644). In tale contesto, è da escludere chesia rilevante l’interesse della moglie a mantenere il cognome del marito al solo finedi avere più facile accesso ad ambienti mondani (A Milano 9.3.11, D FAM, 2012,737, nt. BUFFONE). La giurisprudenza ha altresì affermato che una volta acclaratol’utilizzo del cognome del marito non nell’intera vita sociale ma solo in ambitoaccademico, l’uso dello stesso è da ritenersi ammissibile solo nel medesimo settoree senza necessità di autorizzazione, applicando le norme a tutela del diritto diautore che proteggono l’uso del cognome come nome d’arte o pseudonimo (TNapoli 11.7.03).2.2. L’autorizzazione non è irrevocabile. La decisione può essere modificata permotivi di particolare gravità, su istanza delle parti. Deve trattarsi di motivi soprag-giunti, rispetto alla precedente sentenza, e di particolare gravità, non essendosufficiente un generico pregiudizio (CARUSO, in LIPARI, 1988, 97).

    3. L’assegno di divorzio. 3.1. Sotto il rigore della precedente dizionedell’art. 5, la giurisprudenza aveva riconosciuto all’assegno di divorzio una naturacomposita: assistenziale, risarcitoria, compensativa; questi tre criteri operavano siaper l’attribuzione, sia per la quantificazione dell’assegno, secondo una valutazionecomplessiva e contestuale; anche la sussistenza di uno solo di essi poteva ritenersisufficiente per riconoscere il diritto all’assegno (CC 10.1.86 n. 72; CC 10.7.87 n.6016). Secondo la dottrina, la nuova formulazione della norma in esame rivolgeparticolare attenzione alla funzione assistenziale ricollegata sia allo squilibriopatrimoniale tra i coniugi, sia all’impossibilità oggettiva di procurarsi mezzi ade-guati (BRUSCUGLIA, GIUSTI, op. cit., 77). La ratio dell’istituto risiede dunque nella c.d.solidarietà post-coniugale e, per l’effetto, nella esigenza socialmente avvertita disoccorrere anche dopo lo scioglimento del matrimonio la persona con la quale siera realizzata la comunione di vita materiale e coniugale che, proprio a causa del

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  • divorzio, subisca un deterioramento del suo livello esistenziale (T Milano 15.4.16,FD, 2016, 496).3.2. L’interpretazione del concetto di solidarietà post-coniugale e quello di inade-guatezza dei mezzi del coniuge richiedente aveva inizialmente dato luogo ad uncontrasto giurisprudenziale. Accanto a pronunce che ritenevano che l’assegno didivorzio dovesse garantire al coniuge istante di consentirgli di mantenere ilmedesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (CC 17.3.89 n. 1322,GC, 1989, I, 829; FI, 1989, I, 2512, nt. QUADRI; CC 23.12.94 n. 11117), si registravaun orientamento, fortemente innovativo e contrastante con il precedente, secondoil quale per l’attribuzione dell’assegno di divorzio la valutazione relativa all’ade-guatezza dei mezzi economici di cui dispone il richiedente doveva essere compiutacon riferimento non al tenore di vita da lui goduto durante il matrimonio (CC12.2.03 n. 2076; CC 7.5.02 n. 6541), ma anche ad un modello di vita economi-camente autonomo e dignitoso, quale, nei singoli casi, configurato dalla coscienzasociale (CC 2.3.90 n. 1652, GC, 1990, I, 925; FI, 1990, I, 1165, nt. QUADRI; CC28.10.94 n. 8912). Il contrasto giurisprudenziale è stato risolto da CC, SU,12.10.90 n. 11490 (GC, 1990, I, 2789), con la quale è stato confermato il carattereesclusivamente assistenziale dell’assegno periodico di divorzio (di modo che deveessere negato se richiesto solo sulla base di premesse diverse, quale il contributopersonale ed economico dato da un coniuge al patrimonio dell’altro). La suaconcessione trova presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante,da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespitipatrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vitaanalogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza cioè che sia necessariouno stato di bisogno, e rilevando invece l’apprezzabile deterioramento, in dipen-denza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devonoessere tendenzialmente ripristinate, per ristabilire un certo equilibrio. Ove sussistatale presupposto, la liquidazione in concreto dell’assegno deve essere effettuata inbase alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri enunciati dalla legge(condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed econo-mico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimoniodi ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio), conriguardo al momento della pronuncia di divorzio. A quest’ultimo fine, peraltro, ilgiudice del merito, purché ne dia adeguata giustificazione, non è tenuto a utiliz-zare tutti i suddetti criteri, anche in relazione alla deduzione e richieste delleparti, salva restando la valutazione della loro influenza sulla misura dell’assegnostesso (che potrà anche essere escluso sulla base della incidenza negativa di uno opiù di essi). Il giudice, purché ne dia sufficiente giustificazione, non è tenuto adutilizzare tutti i suddetti criteri, anche in relazione alle deduzioni e richieste delleparti, e dovrà valutarne in ogni caso l’influenza sulla misura dell’assegno, chepotrà anche essere escluso, sulla base dell’incidenza negativa di uno o più di essi(CC 28.4.06 n. 9876; CC 16.5.05 n. 10210). Ai fini della determinazione dell’asse-gno divorzile, il giudice di merito tiene anche conto delle potenzialità dell’attivitàdi impresa esercitata dal coniuge obbligato e dell’entità oggettiva degli immobili dicui quest’ultimo risulti proprietario, prescindendo dalle risultanze della dichiara-

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  • zione dei redditi (CC 22.8.06 n. 18241). L’inadeguatezza dei mezzi dovrà esserevalutata anche con riferimento a quelli che possono essere acquisiti attraversoun’attività lavorativa, confacente alla qualificazione della persona ed alla sua po-sizione sociale e di fatto possibile nelle condizioni sia personali (per età e condizionidi salute) che ambientali (per le concrete possibilità offerte dal mercato del lavoro).Quanto sopra enunciato dalla Cassazione a Sezioni Unite è ancora oggi di ausilioper la giurisprudenza (CC 19.3.03 n. 4040). La Corte di cassazione ha cosìpuntualizzato alcuni importanti principi: a) la norma attualmente vigente (art. 5l. n. 898/1970 come sostituito dall’art. 10 l. n. 74/1987) è innovativa; essa collega ildiritto all’assegno ad un solo presupposto, che non può non definirsi esclusiva-mente assistenziale, posto che è condizionato alla mancanza di mezzi adeguati; b)il giudizio sull’an del diritto all’assegno di divorzio è basato sulla determinazione diun quantum idoneo ad eliminare l’apprezzabile deterioramento delle condizionieconomiche del coniuge, che in linea di massima, devono essere ripristinate; c)l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente va correlata alla possibilità diconservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio; d)la determinazione in concreto — peraltro — deve essere commisurata agli ele-menti indicati nella norma, che, di solito, funzioneranno come criteri di modera-zione e di diminuzione della misura dovuta dal coniuge obbligato (il giudice, purdovendo valutare la potenziale influenza che tali elementi possono avere sullacommisurazione, non è tenuto a dare giustificazione di ciascuno di essi: CC30.3.12 n. 5178; CC 11.4.11 n. 8227); e) il richiamo ai soli redditi non esclude, maanzi impone la valutazione delle sostanze, beni ed altre utilità che non dannoreddito reale, ma solo figurativo (es. casa di abitazione o seconda casa); f) infine,ma non ultimo, va considerato il criterio della durata del matrimonio: quanto piùè lunga, tanto più farà conservare all’avente diritto il livello di vita già acquisitodurante il matrimonio, mentre lo potrà far perdere una breve durata, non po-tendo in tal caso fondarsi una legittima aspettative di beneficiarne oltre il divorzio(cfr. CC 22.2.13 n. 7295). L’accertamento del diritto all’assegno divorzile si articoladunque in due fasi, nella prima delle quali il giudice verifica l’esistenza deldiritto in astratto, in relazione all’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richie-dente, raffrontati a un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matri-monio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dellostesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base diaspettative maturate nel corso del rapporto, mentre nella seconda procede alladeterminazione in concreto dell’ammontare dell’assegno, che va compiuta te-nendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e delcontributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ealla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonché del redditodi entrambi, valutandosi tali elementi anche