Coccorano - Il Sentiero Francescano · del Sentiero Francescano della Pace, se questo valore...

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Periodico trimestrale del Senero Francescano della Pace Aut. n. 52 del 28 oobre 2010 del Tribunale di Perugia Periodico trimestrale del sentiero Francescano della Pace Anno I - Numero 1 DIFFUSIONE GRATUITA Castello Coccorano La flora del Sentiero La rosa canina La fauna del Sentiero La poiana La leggenda di Tortadolce Nel di

Transcript of Coccorano - Il Sentiero Francescano · del Sentiero Francescano della Pace, se questo valore...

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Periodico trimestrale del sentiero Francescano della Pace

Anno I - Numero 1DIFFUSIONE GRATUITA

CastelloCoccorano

La flora del SentieroLa rosa caninaLa fauna del Sentiero

La poiana

La leggendadi Tortadolce

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Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

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Il Sentiero FrancescanoPeriodico trimestrale del Sentiero Francescano della PaceRegistrazione Ufficio Periodici n. 52 del 28/10/2010 presso il Tribunale di Perugia - Rivista telematica presentesu www.sentierofrancescano.it - Sede redazione: via dellaFornace 11, Maiolati Spontini (AN) - [email protected]

PROPRIETARIO:

Associazione “Amici del Sentiero Francescano della Pace”Sede: Valfabbrica (PG) - fraz. Coccorano, voc. Sambuco 12CF 94133160542 - [email protected]

DIRETTORE RESPONSABILE:

Diego Mecenero, Ordine dei Giornalisti Regione [email protected] - www.diegomecenero.it

SEGRETARIO DI REDAZIONE:

Valeria Passeri - [email protected]

COMITATO DI REDAZIONE:

Rita Pannacci, Simone Zerbini, Paola Depolo,Raffaele Pagliacci, Simona Scattoni, Marta Zerbini,Alberto Tufano, Valeria Passeri, Stefano Pieretti,Francesco Carletti, Rosanna Giappichini

HANNO COLLABORATO IN QUESTO NUMERO:

Loredana Valenti, Giovanna Falchi,Monica Cardarelli, Valentina Borgnini

UFFICIO GRAFICO:

Studio Grafico Visibiliawww.studiograficovisibilia.it

ARCHIVIO FOTOGRAFICO:

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RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI PERSONALI:

Diego Mecenero

© 2010 - Il Sentiero FrancescanoTutti i diritti riservati.È vietata la riproduzione totale o parziale cosìcome la sua trasmissione sotto qualsiasi forma o con qualunquemezzo senza previa autorizzazione scritta da parte dell’editore. L’edi-tore è a disposizione degli aventi diritto tutelati dalla legge per even-tuali  e  comunque  non  volute  omissioni  o  imprecisioni  nell’in-dicazione delle fonti bibliografiche o fotografiche.

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passi

SentieroPrimi

sul

di Diego Mecenero *

* autore e giornalista, direttore responsabile della rivista

Carissimo  Lettore,  è  con  trepidazione  che

muoviamo i nostri primi passi su questo “Sen-

tiero” che tante volte abbiamo solcato con i

piedi, ma mai finora lungo gli sconfinati trac-

ciati della rete informatica.

Ma oggi siamo qui e con gioia e soddisfazione

ti proponiamo questo numero 1 di questa ri-vista che, a diffusione gratuita, titola “Il Sen-

tiero Francescano”.

In essa vi troverai uno “spirito” che speriamo

di riuscire a comunicare il più possibile in ma-

niera libera e cristallina: uno spirito che si re-

spira nei profumi di questa terra umbra, che

si può vedere impresso nelle opere antiche co-

struite dall’uomo, fatte di pietra o di  tradi-

zioni, uno spirito che si incontra in maniera

sempre sorprendente in quell’uomo che poco

più di 800 anni fa ha lasciato un segno inde-

lebile  in  questo  nostro  mondo:  Francesco

d’Assisi.

Infinite pagine si sono scritte e si scriveranno

su di lui, da parte di credenti e non credenti.

Noi lo veicoliamo da una particolare prospe-

tiva alla quale ancora nessuna vera e propria

rivista è stata finora dedicata: la prospettiva di

un antico “cammino” che porta il suo nome:

il Sentiero Francescano della Pace. Codificatocome tale in occasione del Giubileo del 2000,

il Sentiero Francescano della Pace, quasi fosse

una piccola “Santiago”del tutto italiana, vede

un numero crescente di pellegrini percorrerlo,

anche dall’estero.

In  un momento  della  storia  -  questo  -  nel

quale sul Sentiero si moltiplicano le segnaleti-

che, a volte in modo difforme, non riteniamo

né utile né sensato disquisire sull’esattezza diun cammino percorso dai piedi di un perso-

naggio - san Francesco - che dinanzi a un in-

crocio faceva scegliere al Vento, girando su se

stesso esso ad occhi chiusi e braccia spalan-

cate, quale via intraprendere.

Noi, comunque, ci atteniamo a quanto le Isti-

tuzioni sia civili che religiose hanno codificato

in occasione del 2000 con il supporto di una

ben fornita équipe di esperti storico-scritturi-

stica, e cioè al tratto Assisi-Gubbio.Si tratta del percorso che il Santo fece nell'in-

verno tra il 1206 e 1207 quando fuggì da As-

sisi e  si  rifugiò a Gubbio abbandonando  la

casa paterna. Un viaggio umano strepitoso,

intenso, liberante, entusiasta, spiazzante: un

viaggio che vogliamo rivivere con tutti voi.

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Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

“Siamo finalmente partiti. La via da percorreresulle orme di Francesco è lunga e può nascon-dere qualche sorpresa ma sicuramente, stradafacendo, incontreremo degli amici con cui con-dividere questa avventura”.Questo è in parte il senso della giovane asso-ciazione “Amici del Sentiero Francescano dellaPace”. Nella mia veste di presidente di questo gruppomi ritrovo su queste pagine a raccontarvi bre-vemente  cosa  è  successo  e  perché  ci  siamouniti in questo progetto.Il tutto nasce all’incirca nei primi mesi del 2008per  opera  di  uno  dei  soci  fondatori,  Diego.Dopo un lungo trascorso di studi francescanied un sincero interesse per la figura del Santo,si è ritrovato a frequentare, lui veneto, i luoghipercorsi dal “Poverello di Assisi“ per raggiun-gere Gubbio. Alla fine degli anni ’90 , infatti,le Istituzioni hanno ricreato un percorso natu-ralistico percorribile fondamentalmente a piedi,a cavallo ed in bicicletta tracciandolo tra Assisie Gubbio. Il tutto basato su fonti storiche at-tendibili con l’intento di essere il più fedele pos-sibile a quello che secoli fa percorse, più volte,il Poverello tra Assisi e Gubbio, in alcune dellepiù belle e verdi vallate umbre. È opinione dimolti che anche nel percorrere questi luoghi,

avesse trovato ispirazione per parte del il suo“Cantico delle Creature”. L’obiettivo  principale,  probabilmente,  eraquello di creare un sentiero nel verde lungo ilquale si potesse sviluppare un turismo religioso,allora sconosciuto nella nostra regione.Dopo un’iniziale  intensa  attività  per  la  crea-zione e la valorizzazione del percorso, il pro-getto ha cominciato a perdere forza. Qualchecartello della segnaletica non è più al suo postoe la natura, nella sua ordinata confusione, si èriappropriata  di  alcuni  tratti,  cancellando  letracce del percorso e rendendolo non più facil-mente percorribile.Nonostante tutto, molti turisti, che dovremmomeritatamente definire piuttosto “pellegrini”,

AmiciSentiero Francescano

Associazione

del

della Pacedi Simone Zerbini *

* Presidente dell’Associazione “Amici del Sentiero Francescano della Pace”

↑ 18 settembre 2010: a Sambuco, frazione di Valfabbrica (PG) gli Amici

del Sentiero Francescano danno vita all’Associazione.

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hanno continuato ad avventurarsi lungo questa“Via dello Spirito”. Non senza qualche rischio.In solitario, in coppia od in gruppi più o menograndi, comunque in tanti hanno percorso eancora ripercorrono la via seguita dal Santo. Al-lora perché non utilizzare  le potenzialità delweb  per  “rispolverare”  questo  progetto?  Equesto  è  quello  che  Diego  ha  fatto,  inizial-mente con una gruppo denominato “SentieroFrancescano”  su  Facebook,  un  gruppo  checonta oggi quasi 5.000 contatti.Tanto interesse, dubbi, curiosità da parte di chiquesto  percorso  avrebbe  desiderato  percor-rerlo; voglia di raccontarsi da parte di chi lo hagià vissuto. Questo non è passato inosservato.Allora ecco che un piccolo gruppo di amici, lamaggior parte dei quali residenti nelle vicinanzedel Sentiero, si è ritrovato in un caldo pomerig-gio di fine giugno a parlare, disegnando quelliche sarebbero stati, poi, i contorni della futuraAssociazione. L’idea principale che ne è venutafuori è quella di creare un’Associazione con loscopo di  riscoprire, conoscere e promuoverequel progetto di cui vi raccontavo precedente-mente,  per  evitare  che  cadesse  nell’oblio.  Iltutto  ovviamente  all’interno  dei  confini  diquello che compete al volontariato. Infatti vo-gliamo farvi conoscere questo sentiero turisticoreligioso senza cadere in un propositivismo po-litico o turistico-economico che va oltre i nostri

scopi. Quello che, invece, vorremmo chiedereè che altri si uniscano a noi per dare sempre piùvoce a questa idea, poiché una via percorsa in-sieme ad altri arricchisce l’esperienza di tutti.Sulla base di questi propositi nel giro di pochesettimane ha preso corpo l’idea. Ormai supe-rato il periodo estivo, abbiamo deciso di uffi-cializzare il progetto ed il 18 settembre 2010 cicostituivamo  in Associazione  con  il  nome di“Amici del Sentiero Francescano della Pace”.

↑ Il percorso del cosiddetto “Sentiero Francescano della Pace”, così

come ufficialmente codificato nel 1999 dalle Istituzioni civili e religiose.

↓ La chiesetta dedicata a San Marco e Lucia in località Sambuco, presso

la sede dell’Associazione e della Rivista.

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Per meglio spiegare il perché ci siamo uniti inquesto progetto vorrei riportare di seguito loscopo sociale descritto nell’articolo n. 3 del-l’atto costitutivo, evitandovi di leggere l’interodocimento che va ben oltre l’intento di questepoche righe:“L’Associazione  non  ha  scopo  di  lucro  ed  èaconfessionale ed apartitica e fonda la propriastruttura associativa sui principi della democra-zia e del rispetto ed i suoi scopi sono: la valo-rizzazione,  promozione  e  salvaguardia  delSentiero Francescano della Pace nei suoi aspettistorici, culturali, ambientali e delle tradizioni,dando eco ai valori della pace e della intercul-turalità, al di là delle differenze di credo reli-gioso,  confessione  politica,  appartenenzasocio-culturale e nel rispetto della multietnicitàe dell’ambiente naturale.L’Associazione  potrà  quindi  svolgere  tuttequelle attività utili e necessarie al  raggiungi-mento dello scopo sociale e cioè, a titolo esem-plificativo  ma  non  esaustivo:  curare  epartecipare alla pubblicazione di testi, rivistee/o periodici, supporti audio, filmati, raccoltefotografiche,  effettuare  anche  in  partecipa-zione con altri soggetti studi specifici di settore;produrre e vendere quanto sopra a scopo diautofinanziamento; acquistare beni e servizi,organizzare e partecipare ad eventi, mostre,convegni, mercati, corsi.L’utilizzo strumentale dell’Associazione a scopopolitico, religioso, economico o anche a difesadi  interessi personali o di parte ad opera deisoci, in contrasto ai valori indicati nello scoposociale, comporta l’immediata esclusione dallamedesima.”Non credo ci sia bisogno di chiarire ulterior-

mente quanto descritto in questo articolo. Masento  la  necessità  di  evidenziare  un  aspettofondamentale e condiviso già nella fase em-brionale di questo progetto. Siamo un gruppodi amici che ha a cuore la storia, le tradizioni,la cultura ed i valori espressi da queste terre.Non vogliamo sostituirci od entrare in cotrad-dittorio  con  enti  pubblici  o  entità  private,gruppi politici o confessioni religiose, che giàoperano sul territorio con scopi diversi da quellisopra indicati. Diversamente, cerchiamo la col-laborazione, offrendo la nostra, di associazionio gruppi che, come noi, apartitiche, aconfes-sionali e senza finalità di lucro od interessi diparte, vorranno condividere i valori ed i principi,universalmente riconosciuti, vissuti dal Santo diAssisi.Cerchiamo la collaborazione e condivisione dichi come noi si sente vicino al “Sentiero” comecammino di vita e di esperienza, non relegatosolo all’interno dei limiti fisici e geografici. Per-tanto, invito quante più persone possibili a con-tattarci  per  diventare  uno  degli  “amici  delSentiero” e camminare lungo la via insieme anoi. In questo ci viene in aiuto anche questa ri-vista elettronica gratuita, che in questa primafase di  vita dell’Associazione, potrei definirecome la nostra figlia prediletta. Attraverso lesue pagine vi racconteremo il nostro percorsoe voi, se vorrete, racconterete il vostro. Da ultimo, ma non per questo meno impor-tante, vorrei concludere con il ringraziare tuttii soci fondatori che hanno reso possibile questaavventura. Non l’avremmo chiamata “Amici”del Sentiero Francescano della Pace, se questovalore dell’amicizia non fosse stato a fonda-mento dell’Associazione stessa.

Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

↓ Veduta del paese di Valfabbrica (PG), collocato nel “cuore del Sen-

tiero Francescano della Pace”.

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SEGUENDO I LUOGHI PERCORSI DA FRANCESCODI  ASSISI:  UNA  GIORNATA  TRA  STORIA,  ARTE,CULTURA

L’Associazione  “Amici  del  Sentiero  Francescanodella Pace” ha iniziato il suo operato nella giornatadel  24  ottobre  scorso,  riportando  alla memoriadegli abitanti del luogo un antica tradizione legataad una croce che era collocata lungo il Sentiero.L’evento comprendeva una processione con par-tenza dalla chiesina di Coccorano, dopo aver fattouna sosta alla sommità di Colgagliardo, dove erasituata l’antica croce e da cui venivaimpartita  una  benedizione  ai  fruttidella terra, al lavoro dei contadini e,non ultimo, contro ogni forma di ca-lamità naturale che avrebbe pregiudi-cato i raccolti. I partecipanti ripartivano, poi, per rag-giungere  la  chiesina di  Sambuco,  inquel  tempo,  luogo di  incontro degliabitanti delle campagne circostanti.L’Associazione ha riproposto l’anticatradizione, coinvolgendo circa un cen-tinaio di persone, tra le quali il sacer-dote Don Franco Castagnoli. Il vescovo di Gubbiostesso  è  intervenuto  telefonicamente,  dandoplauso e incoraggiamento all’iniziativa.Dalla chiesina di Coccorano, come in passato, i fe-deli hanno sfilato in processione, fino al luogo con-venuto, per ricollocare una nuova croce lignea.Dopo la ricollocazione, ha preso la parola il presi-dente  dell’Associazione  che  ha  invitato  ad  unasempre maggior sensibilità nei confronti della realtàdel Sentiero Francescano della Pace che, per la suaimportanza culturale e paesaggistica, è patrimoniodella nazione e dell’umanità.Ha aggiunto,  inoltre,  che  l’Associazione non ha

alcun fine politico, né economico, ma ha  il  soloscopo di valorizzare il percorso, facendolo cono-scere e tutelare, evitando di farlo cadere nell’oblio,come un bene comune e un patrimonio apparte-nenbte non solo degli abitanti del luogo. C’è bisogno, quindi, che ognuno di noi investa unpo’ del suo tempo per far rivivere e non dimenti-

care le proprie radici, ma anche i va-lori che da esse hanno preso origine.Molta  gente  del  luogo,  accompa-gnata da diverse rappresentanze delpaese, e qui ricordiamo la partecipa-zione del Corpo Forestale dello Stato,ha  potuto  rivivere  dopo  tanti  anni,una significativa esperienza umana ereligiosa legata alle tradizioni di questiluoghi, così ricchi di storia.Infatti, ogni 25 di aprile, quando ve-niva  festeggiato  il  patrono  di  Sam-

buco, San Marco, le persone devote percorrevanoa piedi questo tratto del Sentiero Francescano dellaPace, raccolte in preghiera, fino a raggiungere lachiesina,  dove  veniva  celebrata  la  funzione  reli-giosa.Questo momento, particolarmente suggestivo, haavuto come cornice una natura incontaminata, il-luminata da un sole autunnale che l’abbracciava diun tiepido calore.Il silenzio, rotto soltanto dal fruscio delle foglie, dalmormorio delle acque del torrente e dal canto degliuccelli, invitava i presenti non solo ad un momentodi riflessione, ma anche di gioiosa convivialità.

CRONACA

Una croce ricollocata sul Sentiero

di Rita Pannacci *

* docente di Scuola Primaria [ vedi pag. 34 --> ]

Abbiamo voluto che le uscite dei numeri de Il Sen-tiero Francescano fossero “ritmate” dalla sapientecadenza del fluire delle stagioni. Quattro quindi sa-ranno i numeri diffusi nell’arco dell’anno, uno perciascuna delle stagioni, dando così modo di con-notare in tal senso una serie di rubriche e argo-menti che già di per sé sono connotati da una fortevalenza “naturale”:

• le tratte del Sentiero;• luoghi caratteristici lungo il Sentiero;• tradizioni legate al territorio;• fauna e flora lungo il Sentiero;• cronaca inerente la zona;• i valori tipici del francescanesimo;• la voce dei bambini delle scuole;• le interviste agli anziani con i loro ricordi;• le leggende e ricette del territorio;• ...e molto altro.

In questo primo numero:

Primi passi sul Sentiero  3Amici del Sentiero Francescano della Pace      4Una Croce ricollocata sul Sentiero  7L’Inno del Sentiero Francescano  9Nel Castello di Coccorano  10La rosa canina  18Gli amici di “La Perfetta Letizia”   21La leggenda di Tortadolce  26Francesco è vivo!  28

La poiana  31Di qui passò Francesco  32Un 25 aprile di tanti anni fa  34I maccheroni dolci  35Verso Santiago de Compostela  36La posta dei lettori  38L’Associazione Clasium  39

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Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

RivistaStagione

di Diego Mecenero

Una

per ogni

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Inverno 2010-2011 - www.sentierofrancescano.it

DAL MONDO DELLA SCUOLA

L’Inno del Sentiero Francescano

Noi alunni della Scuola Primaria a tempo pieno diValfabbrica, nell’ambito del progetto “Valfabbricacuore del Sentiero Francescano”, abbiamo inven-tato questa poesia in rima che vuole far conosceree apprezzare a tutti le bellezze naturali e storico-geografico-scientifiche del nostro terrotorio.Questa poesia è la sintesi delle nostre conoscenzedopo varie escursioni e ricerche d’ambiente con loscopo di trasmettere a tutti il messaggio che dob-biamo vivere su questa terra come se fosse la no-stra “casa” e quindi rispettarla e tutelarla.Sono stati coinvolti tutti i linguaggi: linguistico, gra-fico-pittorico, mimico-gestuale e musicale. La poe-sia è stat musicata dal maestro Emiliano Piermattie cantata ed ora per noi è diventata l’Inno del Sen-tiero Francescano che attraversa il nostro Comune.Speriamo piaccia anche a voi!

Lungo il sentiero stretto e tortuosocinguetta il fringuello molto gioiosorisponde con canto più melodioso

un pettirosso tutto festosoche dal suo pioppo alto e slanciatoè dalla gente molto ammirato.

Lì la volpe puoi incontrarema in silenzio devi stare,spesso esce per cacciaree una preda vuol trovare.Il passerotto alla badiasi sveglia ogni giorno

e guarda la via,volge il suo sguardo alla collinache il sole bacia ogni mattina.

Sì, su questa stradaqui un giorno sai passò

qualcuno che non puoi dimenticare.Sì, Francesco è ancora quie canta insieme a noi

che il mondo è troppo belloe non c’è posto per odiarema soltanto per amaree che se ci diamo da farepossiamo vivere nella pace,

pace, pace, pace,pace a tutti quanti insieme a noi.

Sì, Francesco è ancora quie noi insieme a lui cantiamo così.

Alla fine della stradinac’è un cespuglio di rosa caninache in primavera la corolla apree il suo polline offre all’ape.Vola radente su Piansaluccio

un nero merlo dal giallo beccuccioche tra i rovi va a rovistare

perché le bacche vuole mangiare.

Il salice ricurvo l’acqua sfioracome se di lei lui si innamorae con le fronde color argento

si riflette sull’acqua anche col vento.Ai bordi del bosco tanti fiorellinidelicati, piccoli e celestini:

provate il loro nome a indovinare,è lungo, grazioso e si può solfeggiare.Vi do un indizio, finisce con “me”,volete sapere? Nontiscordardime.

A cura degli alunni della Scuola Primaria “G. Tofa-netti” di Valfabbrica (PG) sotto la guida delle inse-gnanti Rita Pannacci e Maria Luigia Piccioni.

CastelloCoccorano

di Valeria Passeri *

Nel

di

10

Lungo il sentiero che da Gubbio porta ad Assisi, tra boschi,stradine sterrate e colline, si apre la vista sul castello di Coc-corano, una rocca che risale all’XI secolo da cui si scorgeuna ampia parte della valle del Chiascio.

* dottoressa in Legge appassionata dei luoghi francescani

Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

11

1. Brevi cenni su Coccorano

La frazione di Coccorano dista 2,68 chilometri dal

Comune di Valfabbrica cui essa appartiene. 

Non costituisce un agglomeramento di case e,

nel corso della storia, non è stata mai totalmente

dipendente o collegata ad Assisi. Trattasi, esatta-

mente, di una terra di confine posta tra Assisi,

Gubbio e Perugia, il cui castello fu al centro di

aspre lotte in quanto posto a dominio della valle

del Chiascio che all’epoca di San Francesco rap-

presentava l’unica strada di collegamento tra As-

sisi e Gubbio. 

A  quel  tempo,  infatti,  Coccorano,  chiamato

anche “Coccoranaccio”, apparteneva al Comune

di Gubbio, ed era il primo e unico punto fortifi-

cato, a difesa della via d’acqua del territorio eu-

gubino costituita, appunto, dal fiume Chiascio. 

Il suo nome si racconta che derivasse dal “coc-

cuno”, una specie di sambuco, usato per tingere

le stoffe di rosso, tuttora molto diffuso in questa

terra.

La rilevanza francescana del luogo è legata, in

particolare,  all’episodio  narrato  da  alcuni  bio-

grafi, secondo cui, nei pressi di Valfabbrica, pre-

cisamente,  lungo  il  torrente Rio Grande,  frate

Francesco  subì  un’aggressione  da  parte  di  un

gruppo di briganti ed in seguito a ciò chiese ac-

coglienza agli abitanti del posto. Alcuni studiosi

suppongono,  senza  averne  la  certezza,  che  il

frate, dopo essere stato crudelmente insultato,

malmenato e gettato in una fossa piena di neve

- il che avvalora l’ipotesi del viaggio intrapreso in

inverno (Vagnarelli 1967, 45 ss) - abbia trovato

rifugio proprio presso il castello di Coccorano, di

proprietà della famiglia Bigazzini di Gubbio ed

amica del santo dai tempi delle sue ricchezze ter-

rene.

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2. Il castello: le origini e le fonti storiche

Il castello del XI secolo risalirebbe agli inizi del

feudalesimo in Italia, vale a dire al tempo delle

calate degli imperatori germanici. I suoi resti,

tuttavia, fanno supporre che in epoca non pre-

cisata, sia stato ampliato, aggiornato nei modi

di difesa e questo alla fine del sec. XIV o inizio

del XV, sia per la torre che per le mura di cinta.

Fa fede della sua antichità il testo di una iscri-

zione posta a fianco dell’altare maggiore del-

l’attuale Chiesa di Coccorano. Chiesa, questa,

che originariamente risultava inclusa nella cinta

muraria del castello medesimo e che successi-

vamente  è  stata  ricostruita  a  poca  distanza

dallo stesso, con un abside ad oriente, su cui è

eretto il campaniletto a croce. 

All’interno della fortezza si trovava anche un

ospedale, sorto forse con lo stesso castello.

In una lettera del 1342 Clemente VI ne parla

come “…chiave, da quel lato del Ducato…”,

in quanto collocato al confine del Ducato di

Spoleto e parte di un vasto feudo della men-

zionata famiglia Bigazzini, che vi dimorò per

quasi cinque secoli (Cristofani 1895). 

Come tutti i domini di confine, anche quello di

Coccorano era estremamente difficile da con-

trollare e difendere,  in quanto  soggetto alle

mutevoli vicende delle varie alleanze e agli ef-

fetti delle battaglie che di volta in volta ne con-

seguivano. Non a caso, il primo documento che

ne parla risale al 1217, quando, durante le osti-

lità tra Gubbio e Perugia, il maniero viene ce-

duto a quest’ultima insieme ad altri fortilizi per

effetto  delle  dure  condizioni  imposte  dalla

firma di pace. 

La sua posizione su un’altura che scopre e do-

mina un ampio tratto della pianura sottostante,

aperta verso Nord fino alle colline della vicina

località di Biscina, lascia intendere la struttura

originaria di fortilizio a corte quasi schiacciato

dalla mole della torre, che, ancora oggi, si erge

come un’aquila minacciosa sulla valle del Chia-

scio, diventandone un riferimento visivo. 

3. La storia del castello al tempo di Francesco 

e fino al XIV secolo

La sua costruzione risalirebbe a Rinaldo, suo

primo conte e capostipite di un’antichissima e

nobile  famiglia  eugubina.  Uomo  d’armi  e

prode cavaliere al servizio del re d’Inghilterra

Edoardo III il Confessore (1003-66), partecipò

alle crociate sotto le insegne di Goffreddo di

Buglione. 

Coccorano, dopo il dominio di Assisi e Gubbio,

nel 1216-17 passò sotto la giurisdizione peru-

Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

← La torre del castello di Coccorano.

13

gina attraverso l’arbitrato del podestà Pandolfo

di Figura. 

Nell’anno 1258 il conte Ugolino di Albertino,

un discendente di Rinaldo, venuto in discordia

con  i  reggitori del governo di Gubbio, andò

esule a Perugia, rinnovando l’atto di sottomis-

sione alla stessa - anche a nome dei suoi fratelli

- di tutti i propri possedimenti, precisamente:

Biscina, Petroia, Collalto e Coccorano, con il

patto di riaverli una volta terminata la guerra

con Gubbio (1259). Da quel momento, il ramo

principale dei conti di Coccorano stabilì a Pe-

rugia la propria residenza dove assunse il co-

gnome  di  Bigazzini  da  un  Bigazzino  di

Uguccione I, e raggiunse i più alti gradi nel go-

verno della città. Tra i più insigni rampolli della

famiglia dei Bigazzini si ricordino: Ugolino di

Novello, difensore dei diritti del popolo contro

la nobiltà, il quale divenne podestà di Perugia

e nel 1125-27 di Todi; il nipote Filippo I (morto

nel 1326), gonfaloniere dal 1305 al 1319, lea-

der carismatico del popolo; Filippo II, il quale

divenne abate di Sassovivo dal 1312 al 1331 e

Corraduccio di Uguccinello podestà di Cascia

nel 1314.

Si tramanda che i conti di Coccorano fossero

parenti di Santa Chiara d’Assisi (1193-1253), la

quale trascorse nel castello qualche giorno di

riposo  e  di  preghiera.  Alcuni  storici  francesi

hanno inoltre avanzato l’ipotesi che Favarone

Di Offreduccio di Bernardino, padre di Santa

Chiara di Assisi, abbia abitato a Coccorano in

occasione della congiura dei Raspanti, ove tro-

varono protezione e rifugio presso il Castello di

Coccorano molti perugini scampati alla carne-

ficina scatenata in Perugia nell’anno 1393 dalla

fazione popolare. 

Per non dimenticare Jacopo Bigazzini il quale,

fervente ammiratore di San Francesco, tant’è

che diventerà un suo discepolo, accolse spesso

in Coccorano il Santo a cui donò Caprignone

posto sull’alture che sovrastano il Chiascio. 

È  invece  nel  1330,  in  località  Barcaccia  sul

fiume Chiascio, che il conte Giovanni di Filippo

I, uno dei grandi leader del movimento popo-

lare perugino, a fronte del dilagare della lebbra

e di altre simili pestilenze, costruì un  impor-

tante ospedale (le cui vestigia sono ancora visi-

bili) a ridosso della strada pubblica sulla quale

ogni giorno transitava una moltitudine di pel-

legrini diretti ad Assisi.

4. Dall’epoca rinascimentale alla fine della 

stirpe dei Bigazzini nel XVIII secolo

La torre di Coccorano, proprio perché molto

ambita per la sua favorevole posizione di con-

trollo della valle del Chiascio, è stata sempre

molto contesa, finché nel XV secolo sorse una

disputa tra Perugia ed Urbino, che si concluse

con la vittoria di quest’ultima. La firma di pace

delle ostilità avvenne nel limitrofo Castello di

Biscina. Da quel momento  in poi,  il maniero

seguì le vicende della vicina Valfabbrica sotto il

dominio  del  ducato  di  Urbino  dal  1497  al

Inverno 2010-2011 - www.sentierofrancescano.it

↑ Resti del fossato che ermgono dalla folta boscaglia.

14

1632, salvo un brevissimo periodo sotto il do-

minio di Assisi (1515-21).

Tra gli episodi più significativi, di questo pe-

riodo, legati alla illustre famiglia dei Bigazzini e

al loro fiorente feudo si ricordino: nel 1535 Si-

gismonda Bigazzini, sposò in seconde nozze il

pittore Dono Doni (1500-75); intorno al 1540

Giano III Bigazzini, capitano di milizia, accolse

nel castello l’armata pontificia e la mantenne

per 14 giorni in attesa dell’ordine di Paolo III

(1534-49) di assalire il ducato di Urbino. An-

cora, Girolamo Bigazzini (1480-1564), figlio di

Francesco e Bernardina Baglioni, che fu ai suoi

tempi  detto  “Prencipe  de'  Matematici”  e

“lume di tutta l'Italia nelle speculative Scientie

Matematiche”, era solito soggiornare d’estate

nel castello per scrutare il cielo dal torrione.

L’importanza strategico-logistica di Coccorano

si evince anche dalla creazione ivi di una zecca

nonché dall’istituzione nelle vicinanze di una

dogana tra Perugia e il ducato di Urbino.

Agli inizi del Settecento, Giulio Bigazzini, non

avendo eredi, dispose che il feudo venisse ere-

ditato  dal  nipote Giovanni Menchi,  figlio  di

Orazio e di Corinna Bigazzini, vale a dire dai

conti della Branca di Gubbio. Era la fine della

generazione dei Bigazzini.

5. Il castello dal XVIII ai giorni nostri

L’immensa  proprietà  terriera  di  un  tempo,

scomparsa la nobile stirpe dei Conti di Cocco-

rano, venne divisa alla morte del conte Giro-

lamo della Branca (seconda metà del sec. XVIII),

i cui beni passarono, segnatamente, al conte

Giuseppe Ondedei-Bentivoglio, che aveva spo-

sato la figlia Violante, e all’altra figlia, France-

sca, alla quale andò il feudo della Branca.

Nel 1873 fu  istituito nella  località  l’ufficio di

Stato Civile del comune di Gubbio per la noti-

fica degli atti di nascita e morte, onde sopperire

ai disagi della popolazione nei mesi invernali.

Nel marzo del 1901, in una stalla del castello,

fu catturato da 14 carabinieri Giovanni Vinti,

l’ultimo dei briganti da Strada.

Il castello, purtroppo, si presenta, attualmente,

allo stato di rudere, è tuttavia ancora possibile

individuare: ampi tratti della cinta muraria, il

cassero, il portale d’ingresso, una stretta scali-

nata  e  resti  del  fossato  che  emergono dalla

folta boscaglia a testimonianza delle gloriose

gesta. 

La sua presenza è inoltre testimoniata dalla pie-

tra locale con la quale sono state costruite le

fondamenta di una solida casa, sita nei pressi

di detto castello su di un’alta ripa, chiamata

“Belmonte”, visibile sulla destra del Chiascio. 

Ad oggi il complesso è di proprietà della fami-

glia Vagni, il quale, insieme ad altro fortilizio,

di  cui al paragrafo  seguente, probabilmente

anche questo appartenuto ai Conti Bigazzini,

prende il nome di “Castellina”.

Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

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6. La Torre di Castellina e i suoi legami 

con il feudo di Coccorano

Quest’altro fortilizio, sito a circa 3 km dal ca-

stello di Coccorano, sovrasta il Comune di Val-

fabbrica, il quale, anche per il nome che porta

“Castellina”,  risulta  essere  appartenuto  al

feudo dei Bigazzini, Conti di Coccorano. 

Trattasi di una torre che sorge in territorio di

confine  data  “l’orografia”  del  luogo,  infatti

detta torre sovrasta un canalone in cui scorre il

c.d. “fosso della Contea” che dal fiume Chia-

scio sale fino al vocabolo Spinella, assumendo

ivi il nome di “fosso della Lecca”. Tale canalone

che  scende  fino  al  Chiascio  segnava,  a  sua

volta, il confine con il comune di Assisi e rap-

presentava  il  confine  non  solo  naturale  ma

anche militare tra i territori di Gubbio e Perugia. 

La storia della Castellina è pertanto legata al

territorio di confine in cui essa è stata costruita,

tant’è che il suo posizionamento strategico è

sicuramente di origine militare: da Sud è inac-

cessibile a causa di una ripida scarpata, da Est

e da Ovest si raggiunge con difficoltà mentre

solo da Nord può essere presa di filata perché

vi si arriva in discesa (anche se negli ultimi de-

cenni nei campi intorno sono stati eseguiti dei

movimenti terra che hanno sensibilmente cam-

biato l’aspetto del terreno). 

Uno degli scopi della Castellina era sicuramente

quello di proteggere la gabella (l’imposta sul

sale) tra i diversi territori, dato che la strada che

li “univa” la “..via salaria per le marca di Ur-

bino...” costeggiava proprio il fiume Chiascio,

nei pressi del quale il tributo veniva riscosso.

A conforto della presenza della via Salaria si ri-

chiama la scoperta nei pressi del Chiascio dei

resti di una villa d’epoca romana sita in località

la “Contea”. Località, quest’ultima, il cui nome

deriva dalla appartenenza del luogo alla “villa

della Castellina” creata in seguito alla divisione

in ville del feudo di Coccorano. 

Tali circostanze risultano tutte confermate dalle

fonti  storiche,  e  precipuamente:  “Addi'  13

agosto 1798, essendo mancato ai vivi il mar-

Inverno 2010-2011 - www.sentierofrancescano.it

↓ La cosiddetta “Castellina”, con l’antica torre ancora intatta.

↑ La parete della torre è contraddistinta da piccole feritoie.

16

chese Carlo Mosca dei Barzi, la marchesa Fran-

cesca della Branca [..] e il conte Bentivoglio On-

dedei Barzi [..] procedettero alla divisione dei

beni costituenti il feudo di Coccorano [..] diviso

in tre ville denominate la prima Coccorano la

seconda Pontenuovo e la terza Castellina [..]”

(cfr.:  “Storia  del  castello  feudale  di  Cocco-

rano”, di Antonio Cristofani - Città di Castello,

1887  -  pagg.  32-33:);  in  altra  fonte  così  si

legge: “[..] Coccorano. In vocabolo Castellina

vi  è  una  torre  con  ruderi  che  viene  indicata

come residenza estiva dei Bigazzini (Conti di

Coccorano). Lì presso esisteva la dogana fra la

repubblica Perugina e Gubbio (Ducato di Ur-

bino): ne restano vestigia [..]” (cfr.: “L'Umbria

si racconta, dizionario”, di Mario Tabarrini, I°

Vol - Foligno 1982 - pagg. 388-389).

È probabile che, quando i Bigazzini, feudatari

dell’agro eugubino e proprietari delle terre di

confine con Perugia, tra cui la Castellina, en-

trarono in disaccordo con Gubbio, intorno alla

fine del XIII sec., per passare poi sotto la prote-

zione  di  Perugia,  anche  tale  feudo  entrò  in

guerra con Gubbio. Non a caso, dal XIII sec. la

Castellina è rimasta legata al territorio perugino

come si evince anche dalle mappe dei carto-

grafi dei secc. XVI-XVII (cfr.: Danti, Coronelli)

per poi tornare nel XVIII sec. sotto l’influenza

eugubina, come testimoniato anche dal cata-

sto gregoriano in cui risulta che Coccorano fa

parte della “Sezione del comune di Gubbio -

cant. I° - dist. V° - Dipartimento del Metauro”.

Nella stessa mappa le costruzioni come la Ca-

stellina venivano indicate come “Castella mu-

rato”  (di  tale  mappa  è  presente  una

riproduzione in Sovrintendenza, il primo qua-

dretto a destra uscendo dall’ufficio del sovrin-

tendente, segnata sul retro con il numero 49.

A catalogo, nell’inventario topografico è stata

rintracciata  la  scheda  catalografica  che  ri-

porta“Inventario topografico n° 49: Incisione

in  rame  raffigurante  una  pianta  topografica

dell’Umbria sec. XVII, dimensioni: cm 21x26,)”.

La sua posizione strategica rendeva la Castel-

lina non certo una semplice torre isolata ma,

bensì, un fortilizio munito di mura di cinta tut-

tora presenti nell’impianto e molto probabil-

mente con un’altra se non due torri. 

Dalla mappa del Catasto Gregoriano, il cui im-

pianto risale al 1811 si nota la presenza di una

Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

↑ Visione da una delle feritoie della Castellina. ↑ Pietre e natura libera all’interno del castello di Coccorano.

17

costruzione  a  base  rettangolare  posizionata

lungo le mura di cinta di Sud-Est, che incrociata

con il disegno del cartografo Danti fanno pen-

sare alla seconda torre presente nel disegno. 

Dai registri del medesimo catasto la descrizione

dell’immobile lascia intendere che si trattava di

una costruzione il cui utilizzo era possibile solo

al piano terra: “[..] casa ad uso stalla - qua-

drante  XVII  particella  170  [..]”,  d’altronde

anche la Castellina, in seguito abitata da con-

tadini, come molti ruderi della campagna cir-

costante, fu utilizzata al piano terra come stalla

e come granaio al primo piano. 

Dalla testimonianza della Sig.ra Pastorelli di Val-

fabbrica, nata al voc. Castellina e lì vissuta per

circa 20 anni risulta che: “[..] il muro verso Val-

fabbrica (Sud-Est) partiva dalla torre e prose-

guiva per circa 10-15 metri con un’altezza di

circa 2 metri, fino ad un mucchio di macerie

[..]”  (cfr.:  i  ruderi dell'immobile della part.lla

170, ndr.). 

Da tale testimonianza si evince altresì che la se-

conda costruzione chiudesse il fortilizio in cor-

rispondenza  della  scarpata.  Sempre  dalla

testimonianza della signora Pastorelli si è sa-

puto che la torre era più alta e munita di tetto,

demolito  insieme  all’ultimo  piano,  da  suo

nonno per accrescere il volume della casa co-

lonica a valle. “[..] casa colonica. Rettangolo

XVII particella 169 [..]”. 

Una rocca simile in alcuni particolari alla Castel-

lina e appartenuta anch’essa ai conti di Cocco-

rano è il castello di Petroia. Non a caso, lungo

la sua cinta muraria vi sono delle feritoie co-

struite alla stessa maniera di quelle della Ca-

stellina,  rastremate  da  un  solo  lato  e  con

l’architrave degradante sostenuto da varie la-

stre di arenaria, vi sono poi delle identiche fe-

ritoie circolari centrate su di un’unica lastra di

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pietra, infine c’è anche il canale di uscita del-

l’acqua  piovana  (sembra  una  finestra)  della

stessa fattezza, si può ipotizzare quindi che le

due fortificazioni siano state disegnate o co-

struite  dalla  stessa  mano  e  che  siano  dello

stesso periodo.

Bibliografia

AA.VV., Aspetti dell’Umbria dall’inizio del secolo VIII alla finedel secolo XI. Atti del III Convegno di Studi umbri, Gubbio23-27 maggio 1965, Perugia, 1966.AA.VV., Fonti francescane, Assisi, 1986.AA.VV., Castelli, palazzi,fortificati, fortilizi, torri di Gubbio dalsecolo XI al XIV, tipografia Rubini e Petruzzi, Città di Castello,1979.AA.VV., I 50 ospedali di Gubbiotipografia Rubini e Petruzzi,Città di Castello, 1975.I fioretti di Santo Francesco – Cantico delle Creature, S.A.-Arti Grafiche Panetto e Petrelli, Spoleto, 1963.Amoni D., Castelli fortezze e rocche dell’Umbria, Ed. Quat-troemme, 1999, pp.291-292.Ardito S., A piedi in Umbria, 116 passeggiate, escursioni etrekking alla scoperta della natura, Guide iter, 2010.Bastianelli Moscati G., Tra infermi e lebbrosi e tra mendicantilungo la strada. Note sulla viabilità medioevale in Umbria, Edi-zioni Era Nuova Srl, 1999, cit. pp. 63-70.Cristofani A., Storia del castello feudale di Coccorano, Cittàdi Castello, 1887, cit. pp. 32-33. De Bernardi P., Storia di Perugia, seconda edizione ampliata,Midgard Editrice, 2009.Di Benedetto R., Sentiero Francescano della Pace, Presenta-zione del progetto del primo tratto Assisi-Gubbio.Ortalli G.,  Lupi, genti,  culture, uomo e ambiente nel me-dioevo, Biblioteca Einaudi Ekemond, 1997.Pizzichelli P. - Gavirati G.F., Gubbio Francescana e SentieroFrancescano della pace Assisi-Gubbio, Editore-Gubbio, 1999,pp. 46-47.Tabarrini M., L'Umbria si racconta, dizionario, I° Vol, Foligno1982, cit. pp. 388-389Vagnarelli A.R.- Terzetti M., Itinerari del sacro in Umbria, Oc-

tavo Franco Cantini Editore- Firenze, 1998, pp.235-236.

↑ L’interno dell’antico forno del castello di Coccorano.

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Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

Etimologia, storia e curiosità

La  rosa  canina  (Rosa  canina  L.)  deve  il  suonome agli antichi Greci, da questi introdottadall’Asia minore e poi diffusa in Italia, che ladenominarono  cunorodon,  da  cuon,  cioè“cane” e rodon che significa “rosa”.I Romani ereditarono dai Greci il nome del ge-nere e fu Plinio il Vecchio (I secolo d. C.) ad in-dicare tale pianta con il nome di rosa sylvestris,cioè “rosa selvatica”; fu proprio Plinio, nellasua Storia Naturale, a riportare una curiosa sto-ria-leggenda che originò l’uso medicinale dellaradice della rosa selvatica per la cura dei morsidei cani rabbiosi. Per questo motivo, nel 1700,Linneo, il medico e naturalista svedese fonda-tore della moderna sistematica botanica e zoo-logica,  attribuì  a  questa  rosa  l’appellativo“canina”.Tale pianta ha ispirato numerosi miti, ad esem-pio quello di Afrodite che nacque dal mare in-sieme ad un cespuglio di rose bianche fioriteper mano degli dei; quando una spina le punseil piede, il sangue colorò di rosso i petali.Un’altra leggenda narra che Bacco, il dio delvino, invaghitosi di una ninfa, tentò di conqui-starla, ma lei fuggì finché non inciampò in uncespuglio; questo cespuglio venne trasformatoin rosa con splendidi fiori di un delicato color

rosato, il colore delle guance della sua ninfa.Nella tradizione popolare cristiana si ritiene chela corona di spine del Cristo fosse fatta oltreche con rami di rovo e biancospino anche conrami di rosa canina.

Ambiente 

Alcuni reperti fossili di rosa, ritrovati nel Colo-rado e nell’Oregon, risalgono a più di quarantamilioni di anni fa. Si tratta, quindi, di un fioreresistente che ha attraversato indenne il tempo,differenziandosi in varie specie. La rosa canina è diffusa in tutta Europa (esclusele regioni dell’estremo nord), nell’Africa setten-trionale e nell’Asia occidentale; in Italia è dif-fusa soprattutto sugli Appennini e sulle Alpi,fino ai 1500 metri di altitudine, e la si può fa-cilmente individuare nelle siepi, ai margini deiboschi, nelle macchie, nei prati, nei vigneti enei campi; può formare siepi impenetrabili, rag-giungendo anche i tre metri di altezza; spessosvolge una funzione pioniera per altre specie.

Descrizione botanica

La rosa canina è l’antenata delle rose coltivate.È un arbusto spinoso che fa parte della famigliadelle Rosaceae.

rosa

caninaLa

di Paola Depolo * e Simona Scattoni **

* agronomo ed erborista ** erborista

la floradel Sentiero

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I rami legnosi, provvisti di molte spine, hannoun portamento eretto o curvo, mai rampicante.Le radici sono lunghe e molto robuste.Le foglie hanno un picciolo e sono “compo-ste”, cioè formate da cinque o sette fogliolinepiù piccole,  di  forma ovale,  allungata  e  concontorno dentellato, di sottile consistenza, conla parte superiore liscia e quella inferiore leg-germente pelosa.I fiori, di colore bianco o rosa, leggermente pro-fumati, hanno cinque grandi petali e si svilup-pano singolarmente o in gruppi di due o tre; lafioritura va dalla tarda primavera all’estate.Quelle che vengono impropriamente chiamatebacche, in realtà sono falsi frutti, denominati“cinorrodi”, e raggiungono la maturazione neltardo autunno, quando il ricettacolo del fioresi ingrossa diventando carnoso e di un bel rossocorallo. I frutti veri sono degli acheni, scorret-tamente chiamati semi, contenuti all’internodel ricettacolo e circondati da filamenti sericei.

Parti usate e raccolta

Nonostante il nome, le attuali conoscenze far-macologiche hanno escluso che la rosa caninaabbia qualche effetto sulla malattia trasmessa

dai cani. Ben altre sono invece le sue proprietàche ne fanno un fitoterapico utilissimo nellastagione invernale.Sono proprio  i falsi frutti della rosa canina arappresentare la parte più interessante di que-sta pianta, perché ricchissimi di vari principi at-tivi, soprattutto di vitamina C; ne possiedonopiù di qualsiasi altro frutto, basti pensare che100 g di cinorrodi contengono la stessa quan-tità di vitamina C contenuta in 1 kg di agrumi!La rosa canina ha avuto un ruolo importantenella fornitura di vitamina C ai bambini durantela II Guerra Mondiale e fino ai primi anni ‘50.Ma sono anche altri i principi attivi che si tro-vano nei cinorrodi: tannini, pectine, carotenoidie soprattutto bioflavonoidi, pigmenti presentinelle  polpa  e  nella  buccia,  dall’importanteazione antiossidante e che svolgono un'azionesinergica alla vitamina C, favorendone l'assor-bimento da parte dell'organismo.È incredibile come la nostra grande Madre Na-tura ci fornisca al momento giusto ciò di cui ab-biamo  bisogno...  e  di  vitamina  C  in  questoperiodo dell'anno caspita se ne abbiamo biso-gno! In autunno e inverno le nostre difese im-munitarie vanno fortificate e la vitamina C èsicuramente una valida alleata.

Usi e preparazioni

Ed allora, senza alcun dubbio, proprio nellastagione  di  tardo  autunno,  cammi-nando per boschi e sentieri, se incon-trate la rossa rosa canina, oltre adammirarne lo splendido colore vi-vificante,  sicuramente  utileanche  allo  spirito,  "rubate"qualche bacca agli uccellini chene  sono  ghiotti:  vi  torneràutile. Una volta giunti a casa, icinorrodi  possono  essere  fattiseccare così come sono oppurepreventivamente tagliati e privatidei semi e della peluria interna che

producono  un  effetto  irritante.  In

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questo modo avremo una buona scorta inver-nale per la preparazione di ottimi infusi, utili siaper aumentare le vostre difese immunitarie, siaper i primi sintomi di raffreddamento o sempli-cemente come tonificante dal gradevole saporeasprigno; gli infusi sono ottimi per raffreddoried influenze, come coadiuvanti nell'alleviare isintomi; si consiglia anche di aggiungere unabella cucchiaiata di miele e un pizzico di fiori ditiglio (se presenti nella scorta in dispensa datoche il tiglio si raccoglie in estate).La  badessa  ed  erborista medioevale  tedescaHildegard da Bingen raccomandava già alloragli infusi di bacche di rosa canina come tratta-mento iniziale di qualsiasi malattia.Se  sono giunte già  le prime gelate,  a  causadell’effetto ammorbidente prodotto sui cinor-rodi, gli usi cui possono essere destinati cam-biano,  per  esempio  per  la  preparazione  dimarmellate.

Nei fiori di Bach

La rosa canina ritorna anche nei "fiori di Bach”.Edward  Bach,  persona  fortemente  sensibile,nonché medico e profondo conoscitore dellepiante, aveva come obiettivo, nei suoi rimedi,quello di aiutare a ritrovare l’armonia con sestessi attraverso il potere forte e dolce di alcunepiante generosamente donateci dalla natura.Ecco la sua descrizione sui fiori della rosa ca-nina: "È per coloro che, senza ragioni apparen-temente sufficienti, si rassegnano a tutto ciòche loro accade. Si contentano di 'scivolare'-nella vita, la prendono come viene, senza com-piere nessun  sforzo per migliorare  le  cose etrovare qualche gioia. Hanno rinunciato senzalagnarsi alla lotta della vita".

Come prepararsi un infuso

Procuratevi 2 o 3 cucchiaini di rosa canina pre-cedentemente essiccata e tritata, oppure 4 o 5bacche mature fresche, per una tazza di acquabollente (quando l'acqua bolle spegnere e met-

tere le bacche, non far bollire tutto insieme perevitare di perdere grandi quantità di vit. C), la-sciare in infusione almeno 10 minuti, coprendola tazza, poi filtrare e bere; l'infuso è ottimodolcificato con il miele di acacia.

Come preparare la marmellata

Se  volete  cimentarvi  in marmellate  e  liquoriecco cosa ci dice Messèguè (famoso erboristae scrittore francese):“Prendete i frutti ben maturi, ma che non sianostati sciupati dal gelo; svuotateli e tagliateli apezzettini; innaffiateli di vino rosso e lasciatelimacerare per 24 ore in un luogo fresco; pestatetutto nel mortaio; passate la miscela al setaccioper  raccogliere  la polpa; per 500 g di polpausate 750 g di zucchero; fate cuocere lo sci-roppo di zucchero da solo, ritiratelo dal fuocoe mescolatevi la polpa per conservare la vita-mina C. Conservate in vasetti”.

Come preparare il liquore

In  3  litri  di  acquavite  fate  macerare,  da  15giorni a 1 mese, 1 kg di frutti e 500 g di zuc-chero; filtrare e allungare con acqua pura se-condo il vostro gusto.

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IL CAMMINO DELL’UOMO NEL CREATO

“Laudato sii, mio Signore, con tutte le tue crea-ture. Laudato sii, mio Signore, per sorella no-stra madre terra, la quale ci sostenta e governae  produce  diversi  frutti,  con  fiori  colorati  eerba”. Ci  piace  iniziare  questo  nostro  inter-vento con il Cantico delle creature, forse la piùpoetica espressione di lode del creato e dellacreazione che riconosce al tempo stesso l’uti-lità, l’essenzialità della natura per l’uomo: l’aria,il  vento,  il  fuoco,  il  sole,  la  luna  e  tutte  leespressioni  delcreato.  Il  Can-tico  ristabiliscequindi  un  rap-porto pariteticotra  esseri  vi-venti, una sortadi  convivenza  pacifica,  equilibrata,  in  cuiognuno ha ben chiaro la propria funzione e uti-lità per l’altro. L’acqua, l’aria o il sole sono fontidi  vita  senza  le  quali  anche  l’uomo  non  vi-vrebbe.Francesco  ben  sapeva,  e  non  solo  razional-mente ma perché è riuscito a vivere in primapersona quello che proclamava, sapeva cosa si-gnifica vivere nel creato. Non nella natura onell’ambiente come si sente dire spesso oggi,ma nel creato.Per il cristiano, infatti, non esiste tanto l’ecolo-gia  quanto  il  creato.  Ogni  forma  vivente  èopera della creazione di Dio. Diverso è il puntodi  partenza,  indubbiamente di maggiore  re-sponsabilità per noi  cristiani,  nei  nostri  con-

fronti e nei confronti delle generazioni future.Si tratta di quella responsabilità che deve con-durre un cristiano ad riacquistare la consape-volezza  di  essere  creatura  fra  le  creature.L’essere  umano,  creato  a  immagine  e  somi-glianza di Dio, non è onnipotente e deve tor-nare a sentirsi creatura  tra  le braccia di Dio,nella natura, nel creato che gli è culla e madre.L’essere umano e tutte le altre forme viventi innatura, insieme. “È ormai chiaro che l’animadell’uomo fedele, che è la più degna tra tuttele creature, è resa dalla grazia di Dio più grande

del cielo. Mentre, infatti, i cieli con tutte le altrecose create non possono contenere il Creatore,l’anima fedele invece, ed essa sola, è sua di-mora e soggiorno, e ciò soltanto a motivo dellacarità.” Così Santa Chiara definiva l’anima delcristiano amante di Dio nella Terza Lettera aSant’Agnese di Praga (21-26).Ma anche se l’uomo è l’essere che, proprio per-ché creato a immagine e somiglianza di Dio, gliè più vicino e gli rassomiglia più delle altre crea-ture  “L’hai  fatto  poco  meno  degli  angeli”(Salmo 8), ciò non gli dà il diritto di dominareo sfruttare la natura in cui Dio l’ha posto. Al-l’uomo Dio ha affidato il creato, in custodia,non come proprietà. Affidare, custodire, pren-dersi cura per restituire ciò che abbiamo rice-

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VI PRESENTIAMO

Gli amici di “La Perfetta Letizia”La Perfetta Letizia, un’apprezzata testata giornalistica online, ci dà il suo benve-nuto e augurio (www.laperfettaletizia.com). E noi ricambiamo.

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vuto alle generazioni future così come lo ab-biamo trovato o meglio addirittura.Non sfruttare o utilizzare dunque, ma cono-scere, godere e apprezzare tutto il creato congusto  e  piacere,  con  tutti  i  sensi,  la  vista,  iltatto, l’olfatto, il gusto. Essere nel creato, es-sere con il creato, insieme. Tutto questo pre-suppone  la  conoscenza  e  l’accettazione,soprattutto, equilibrio e armonia non lotta percontrastare o dominare le forze della natura.Equilibrio  e  armonia;  come  nelle  relazioniumane. Non prevaricazione sui più deboli o perdimostrare il proprio potere o la propria forza,ma accettazione dell’altro e della sua dignitàcome essere umano e creatura di Dio.Solo la dignità umana ristabilisce il giusto equi-librio dell’uomo con l’uomo e con il creato e ri-dona all’essere umano (maschio e femmina) ladignità che gli spetta.L’attenzione alla dignità umana  ridefinisce  ilpunto di partenza di ogni  relazione  sia  essapersonale, sociale, politica o economica e ognirelazione con gli altri essere viventi: la centralitàdella persona umana.Tenendo presente questo punto di  partenzadobbiamo ricordarci, ad ogni respiro, che siamoinfinitamente piccoli, creature fra le braccia diDio che ci ama con i nostri limiti, e sentire cherespiriamo nel grande respiro infinito di Dio nelcreato che ci contiene.Se riusciamo poi a percepire il tempo che ci èstato  donato  non  come  un  contenitore  dariempire a tutti i costi di cose e fatti ma comeun dono estremamente ampio, ricco, da vivere,inserito come tutto il progetto della creazionenel tempo e nel ritmo del creato, allora, in que-gli attimi, siamo nel tempo senza tempo del re-spiro di Dio.Solo con questa consapevolezza iniziale si puòproseguire nel cammino nel creato con i fratelli.Certo, ne è trascorso di tempo durante il qualeil sole e la luna hanno continuato ad illuminarela terra e l’uomo ha proseguito il suo cammino.La misurazione  dell’unità  di  tempo  ai  nostrigiorni è diversa rispetto a quando i nostri padri

seguivano la scansione del sole per il lavoro neicampi e quella della luna per il riposo del corpoe della mente durante la notte. E l’uomo haproseguito il suo cammino.Per anni, decenni, millenni, i passi dell’uomohanno  calpestato  questa  terra.  Terra  che  cinutre,  terra  che  ci  abbraccia  come creature,

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terra  che  si  lascia  calpestare  per  rinascere  edare vita a innumerevoli forme di vita che pro-vengono da lei.L’uomo  continua  nel  cammino.  I  suoi  passivanno  avanti  sempre  più  incerti  e  stranieri.Terra che ci accoglie, terra che si affida, terrache  non  conosce  inimicizie.  Negli  anni,  nel

tempo, l’uomo prosegue; non può fermarsi nétornare indietro. Terra che osserva, terra chepersiste  e  resiste,  vive  e  sopravvive  ai  passidell’uomo, a quei progressi che avanzano non-curanti del calpestio che determinano, del di-sastro che provocano.Ne è passato di tempo da quando Francescocalpestava con i suoi piedi nudi le campagneumbre. Giorni e notti si sono alternate all’infi-nito e hanno veduto generazioni di esseri vi-venti nascere, morire e trasformarsi adattandosiai cambiamenti necessari per la sopravvivenzadella specie. Questa nostra terra ha visto infi-nite varietà di esseri minuscoli o animali forti eimponenti  prima  di  assistere  all’avvento  delprogresso. La prima fabbrica e ciminiera checolorava il cielo. Le prime automobili che comescatole di latta si sono moltiplicate all’infinitoin specie e colori diversi. Altrettanti aggeggiche volano nel cielo e lasciano una scia bianca-stra  ma  anche  le  prime  locomotive  che  coltempo sono diventate rosse, argento e sfrec-ciano sempre più. Le prime centrali nucleari. Iltelefono, anche quello senza fili da cui, sembrastrano, si sente anche la musica. La radio. Per-ché  l’uomo va avanti, ha proseguito nel suocammino  verso  il  progresso  e  nel  progressosempre più rapidamente procede.Ormai  questa  nostra  terra  vede  campanili  etetti di abitazioni accanto ad antenne parabo-liche. Ascolta sempre più attonita i suoni e i ru-mori che provengono dai mille elettrodomesticidi cui ormai tutti sono forniti, dalle televisionio le suonerie dei portatili che rimbalzano da unangolo all’altro della terra e non più il suonodelle campane.L’uomo prosegue il suo cammino. Cammina,procede e calpesta con i suoi passi la terra chelo accoglie nel creato che lo racchiude.Procede nel cammino della vita perché l’uomoè in continuo peregrinare. Ogni uomo è stra-niero su questa terra ma il cristiano non è unnomade o un viandante, è un pellegrino. Il pel-legrinaggio ha da sempre avuto una forte con-notazione  spirituale  e  da  sempre  è  stato    il

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simbolo di un percorso di vita. Perché il pelle-grino muove i propri passi e và. Parte e lasciale proprie  certezze per  trovare non  sa nem-meno lui cosa. Nel movimento del camminol’uomo ritrova una espressione vitale che coin-volge il suo respiro e tutto il suo essere. Il mo-vimento del passo dopo passo è la tensione ditutto il corpo, della mente e del cuore versoaltro. Altro diverso da sé, altro fuori da sé. L’es-sere umano nella sua completezza di fisicità,razionalità ed emotività si mette in cammino (simette in gioco, rischiando) lascia sé stesso perandare incontro ad... altro. Al creato, all’altroe  all’Altro.  Infatti,  se  ogni  cammino  rappre-senta una tensione verso altre creature, sianoesse nella natura o nei fratelli, è altrettanto veroche questo può condurre a percepire sul pro-prio percorso la presenza di Dio. E così da cam-minatori si diventa pellegrini. 

Nel pellegrinaggio si lascia tutto dietro di sé.Luoghi e persone, possessi e averi. Il pellegrinovede passare davanti agli occhi tutti i panoramidella vita senza trattenerli. Forse questa è  lavera povertà: il distacco che non diventa indif-ferenza, né disprezzo. In fondo, lasciare ci per-mette anche di porre ordine nella vita. Altro aspetto che ci piace sottolineare del pel-legrinaggio  è  rappresentato dalla  culla  dellacondivisione. Infatti, il cammino educa all’in-contro, alla relazione, a sostenersi vicendevol-mente. Quando la fede indica la direzione, lacarità indica lo stile e la speranza fa sorgere il

cammino, allora  il cristiano non è solo ma ètutta la Chiesa che è un popolo in cammino.Appare sempre più difficile oggigiorno poter vi-vere la propria vita come un vero pellegrinaggiocome, cioè, un percorso che interessi il nostroessere  nella  sua  completezza  che  tenda  aduscire da sé per accogliere l’altro, sentendosicreatura  tra  le  creature  e procedendo passodopo passo verso l’Altro.Appare difficile ma non impossibile e spesso civengono in aiuto le figure dei santi. San Fran-cesco rappresenta per tutti un esempio di pel-legrino che può condurci a Dio e Francesco neha fatta di strada... a piedi nudi partiva solo,senza niente che potesse appesantire il cam-mino, abbandonandosi all’amore infinito di Dioe alla Provvidenza. Il suo pellegrinare non è maistato vuoto ma ha sempre avuto un motivo,una tensione verso l’altro. Basti pensare, ad esempio, a quando si è recatofino  in Marocco per parlare con  il Sultano oquando è andato a Gubbio per parlare con lagente di lì e con il lupo che tanto impauriva lepersone del luogo; oppure quando è andato aRoma, a parlare con il Papa e chiedere l’indul-genza per il Perdono della Porziuncola. Tutti icammini di san Francesco hanno un senso: l’in-contro con l’altro, la mediazione per trovare lapace in situazioni di conflitto e la volontà di do-nare ai fratelli come nel caso dell’indulgenza.In questo modo Francesco rappresenta ancheuna testimonianza di vita vissuta per gli altrinella chiarezza delle relazioni e degli incontri,nell’umiltà e nella disistima di  sé, o come  lachiamava lui, nella perfetta letizia.Così, per noi oggi, è estremamente bello poterripercorrere i sentieri e i cammini intrapresi daFrancesco, un santo che tutti noi sentiamo cosìvicino.

Monica CardarelliRedattore di “La Perfetta Letizia”www.laperfettaletizia.com

Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

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IL SENTIERO FRANCESCANO

La nascita di Sentiero Francescano è per tuttiun motivo di grande gioia e in particolare noidella Rivista giornalistica La Perfetta Letizia cisentiamo estremamente a nostro agio tra le pa-gine della neonata  rivista  Il  Sentiero  France-scano. Infatti, la rivista giornalistica La Perfetta Letizianasce nel 2005 come piccola pubblicazione pe-riodica di parrocchia ideata, progettata e stam-pata  da  Fabio  Gioffré,  professo  dell’OFS(Ordine  Francescano  Secolare)  e  consiglierepresso la Fraternità OFS “Beato Giovanni dellaPace”, convento San Francesco di Pisa.Pian piano la rivista, composta di poche pagine,ha aumentato la sua tiratura e la distribuzioneè stata allargata anche ad altre parrocchie dellacittà di Pisa. I contenuti erano incentrati sia sutemi  di  pura  spiritualità  francescana  che  sutemi sociali di carattere nazionale e internazio-nale. La Perfetta Letizia veniva distribuita gra-tuitamente in cambio solo di un’offerta (nonobbligatoria) e i soldi raccolti dalla distribuzionevenivano destinati ad aiuti per i Missionari fran-cescani.Attualmente la rivista, non più prodotta nellaversione  cartacea,  è  fruibile  solo  su  internet(www.laperfettaletizia.com) e l’incessante im-pegno del direttore, Fabio Gioffré e del capo-redattore Fabio Vitucci, hanno fatto sì che larivista occupi oggi un ruolo di rilievo nel pano-rama delle testate cattoliche italiane. Il numerodi lettori aumenta di mese in mese ed attual-mente si attesta intorno ai 24.000 lettori men-sili.

La redazione è composta da sei redattori e trecollaboratori, esperti del mondo della comuni-cazione, una scrittrice ed un sacerdote e scrit-tore  dei  padri  Scalabriniani.  Tutti  i  redattoriappartengono  alla  Free  Lance  InternationalPress, un’associazione internazionale di giorna-listi  free  lance. La  rivista, oltre alla pubblica-zione di propri contenuti, gode di accordi conaltre importanti testate, tra cui Radio Vaticana,Asianews,  PeaceReporter,  Libera  contro  leMafie, Green Peace ed altri per la ri-pubblica-zione delle loro news.Sulle  pagine  di  La  Perfetta  Letizia è  lasciatoampio spazio ad argomenti relativi alla salva-guardia del creato, alla scienza e tecnologia, amedicina e salute come pure a notizie di cro-naca giudiziaria o di cultura con una rubrica de-dicata alle recensioni di libri ed altre dedicateal teatro e al cinema per il sociale.L’impegno di tutti è gratuito e su base volon-taria  nella  convinzione dell’importanza dellascrittura  giornalistica  francescana esercitatacon passione e professionalità.Ecco quindi che, un’Associazione come quelladegli Amici del Sentiero Francescano della Paceche si preoccupa e si occupa di tenere vivo ilcammino  francescano della pace da Assisi  aGubbio non può che ricevere tutto il nostro in-teresse. Perché tutto ciò significa tenere in vitauna rete di rapporti e di relazioni che si creanotra i pellegrini, spesso stranieri, e la gente delluogo. Fra l’altro è bello e significativo il fattoche  la  rivista  Il  Sentiero  francescano esca  inquattro numeri seguendo così il fluire delle sta-gioni.  Sembra  già  una  connotazione  che  ri-spetti  lo  scorrere  del  tempo  e  i  tempi  dellanatura, del creato.A questo punto non resta che augurare agliamici del Sentiero Francescano e a tutti i nostrilettori. Buon cammino!

Fabio GioffréDirettore di “La Perfetta Letizia”www.laperfettaletizia.com

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Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

Il Sentiero Francescano con  il  suo paesaggiomistico  e  incantato non può non  avere  leg-gende e racconti legati alla vita nei campi deltempo passato, ai momenti più belli come aquelli più tristi della tradizione popolare conta-dina.Si tratta di piccole e grandi storie, che legate apersonaggi effettivamente vissuti o frutto dellafantasia popolare, si tramandano di padre in fi-glio, rendendo questi luoghi, in parte impervi,ancora più affascinanti proprio perché memoridi un patrimonio culturale-popolare rimasto in-tatto al trascorrere del tempo.Tra le tante leggende che animano il SentieroFrancescano si ricorda quella di “Tortadolce”.Un bambino di circa dieci anni, rimasto orfanoe realmente vissuto, che era stato adottato dauna  famiglia  di  contadini  di  Sambuco,  neipressi di Valfabbrica, affinché provvedesse - inmancanza di manodopera maschile all’internodella  famiglia  adottiva  -  al  duro  lavoro  neicampi e alla custodia del piccolo gregge.Tortadolce, bambino cresciuto troppo in frettaper la sua tenera età, era affetto da cecità, sep-pure  in  una  forma  tale  da  non menomarnecompletamente le attitudini quotidiane.Una sera, verso l’ora dell’ “Ave Maria” che, se-condo la tradizione popolare corrisponde, al-l’incirca, al momento del tramonto, Tortadolcenel  ricondurre, come tutte  le sere,  le pecore

leggenda

TortadolceLa

di

di Valeria Passeri

↘ Paesaggio suggestivo nei pressi di

Valfabbrica, in zona Castellina.

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nel  buio,  ove  nessun  gemito,  nessun  gridod’aiuto sarebbe mai stato udito.Terrorizzato  dalla  punizione  severa  che  loavrebbe atteso, una volta fatto ritorno a casa,dovendo confessare ai suoi familiari di aver per-duto le pecore, bene più prezioso e fonte di so-stentamento della  sua povera  famiglia,  legauna corda al ramo dell’olmo che costeggiava illaghetto e decide così di porre fine alla sua vita.I contadini del luogo, fino alla metà degli anniCinquanta, ritenevano che fosse ancora possi-bile avvertire i gemiti di Tortadolce e, in parti-colare, il belare di un piccolo agnello, nei pressidi quel laghetto, che, non a caso, proprio al-l’ora dell’“Ave Maria”, dalla cima della collina,dove il “pastorello” conduceva le pecore, si di-leguava fino alle sponde del laghetto stesso.Una sera, si racconta, che il belare dell’agnelloabbia accompagnato due contadini per tutto iltragitto che dal campo in cui questi si erano re-cati a lavorare riportava verso la loro dimora.Si dice che i due non si siano spaventati più ditanto,  in  quanto  abituati  a  quella  voce, maquando, entrati in casa, il belare si fece ancorapiù pressante e intenso, cominciarono ad agi-tarsi e ad alterarsi. Fin quando, i due protago-nisti, prese in mano le ciotole della polenta, -la loro unica cena, dopo una pesante giornatadi lavoro -, si avvicinarono al focolare e, all’im-provviso,  da  un  buco  del  camino  uscì  unafiamma accompagnata dal solito gemito. Unodei due, allora, esasperato,  lanciò  la propriaciotola di polenta verso quella fiamma e rivol-gendosi alla stessa, così disse: “prenditi anchequesta se hai fame”.Fu  allora  che  quel  lamento,  perlomeno  perquella sera, non si fece più sentire.

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all’ovile, si distrae per pochi attimi dalle solitemansioni di “pastorello”, che si era ritrovato asvolgere, alla sua giovane età, senza aver avutoalcuna possibilità di scelta né il tempo di impa-rare a giocare.Quando si accorge che, calate ormai le tene-bre, le pecore si erano dileguate dal luogo dovepoco prima le aveva lasciate, preso dallo spa-vento, Tortadolce si reca subito al laghetto, aipiedi della collina, dove le pecore erano solitescendere a bere. Ma lì non vi trova nulla.Si rende conto allora che ormai recuperare ilgregge era diventato impossibile, rimasto soloe cieco nella campagna di Sambuco immersa

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Frati e preti, suore e monache, impiegati e ope-rai, casalinghe e imprenditrici, avvocati e gior-nalisti, atleti e studenti, credenti e atei, italianie stranieri, cristiani e non... L’elenco di coloroche leggeranno la nostra pubblicazione è assaivariegato, così come la biografia di coloro chevi scriveranno. Cos’è, dunque, che accomuna tutti e ci spingenella medesima direzione? Francesco! E non ciriferiamo al Francesco uomo, al santo, al per-sonaggio  storico,  al  patrono  d’Italia,  perchénessuno di noi avrebbe i titoli per ergersi a teo-logo (certamente non io, almeno); ci riferiamoa quello che ci ha lasciato, alle sue parole, alsuo messaggio ecumenico e paradigmatico altempo stesso. 

Francesco è pace; Francesco è fratellanza uni-versale;  Francesco  è  altruismo;  Francesco  èmutuo  soccorso;  Francesco  è  condivisione;Francesco  è  rispetto;  Francesco  è  speranza;Francesco è umiltà; Francesco è passione per lavita, per la natura, per il prossimo. Francescoera globale, prima che s’iniziasse a parlare diglobalizzazione, perché il suo messaggio è ri-volto a tutti e tutti comprende. Francesco è, inuna sola parola, amore senza se e senza ma. In  questo  spazio,  sottovoce,  cercheremo  didare evidenza a chi evidenza non cerca, ma

ovunque e sempre porta avanti il suo messag-gio, trasformandolo in un miracolo quotidianoal servizio di tutti in Italia e nel mondo; perchéFrancesco è vivo, Francesco siamo tutti quantinoi. E per tutti è l’amore il motore che “moveil Sole e l’altre stelle” (D. Alighieri. Divina Com-media, Paradiso – Canto XXXIII, verso 145).

Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

L’amore seminato ad Assisi

produce frutti nel mondo intero

di Alberto Tufano *

* giornalista per RadioUno RAI e convinto assertore del messaggio di Francesco

Francescoè vivo!

Siamo tutti Francesco

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Miracolo a Milano

Il nostro viaggio alla scoperta dei prodigi sca-tenati  nell’animo  dell’uomo  dalle  parole  diFrancesco comincia da Milano, la mia città. Il  grande  cuore  francescano  ha  trovato  nelsuolo meneghino terreno fertile, per far sboc-ciare nel tempo germogli di speranze: prima,nella ricostruzione post seconda guerra mon-diale; e oggi nell’aiutare i nuovi poveri, vittimedella crisi economica mondiale o di un’immi-grazione incontrollata, che spesso ha favoritofenomeni d’intolleranza etnica immotivata. Inentrambi gli scenari, lo spirito francescano si èesaltato  e  ha  saputo  far  emergere  il megliodegli uomini, spesso nascosti dall’anonimato diuna tonaca o da un’occasionale gesto di volon-tariato. 

Questo è il contesto in cui hanno svettato pergenerosità l’Opera San Francesco e il Rosetum,due realtà francescane con oltre cinquant’anni

di attività, sempre in prima fila per aiutare  ilprossimo e favorire la fratellanza tra realtà so-ciali diverse: una volta, nel dopo guerra, si pro-digavano per dare un sostegno a orfani, invalidie senza tetto;  in era moderna  le strategie si

sono diversificate, ma sempre con l’obiettivo didiffondere pace e soccorso ai più indigenti, aidisadattati e ai “nuovi italiani” che fanno faticaa trovare uno spazio per dare il loro contributoalla nostra società. 

Padre Maurizio Annoni, per l’Opera San Fran-cesco, e Fra’ Stefano, coordinatore del Rose-tum, sono solo la punta visibile di una piramidedi  frati  e  volontari  laici  che  si  attivano  conumiltà e tanto impegno ogni giorno, per elar-gire un pasto caldo, assicurare un letto, donareun capo di abbigliamento, una visita medica o- semplicemente - per garantire un’occasionedi dialogo attraverso un film, un convegno, unseminario, uno spettacolo teatrale che suscitiun dibattito costruttivo tra culture diverse. Non ci sarebbe da sorprendersi se l'Opera o ilRosetum, dopo aver già ricevuto  le massimeonorificenze civiche dal Comune di Milano, siaggiudicassero prossimamente il premio EnzoBaldoni, istituito per chi sa promuovere al me-glio il dialogo tra culture e religioni diverse. Aldi là dei premi, il contributo dei frati francescaninella realtà milanese è elevatissimo e si distin-gue proprio dove più c’è bisogno: nelle perife-rie difficili. 

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↑ Il Naviglio della Martesana a Milano.

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Altri due fortini della fede e dell’amore traman-dato da Francesco sono la Chiesa SanGiovanni alla Creta, altra splendidarealtà francescana, proprio sul con-fine milanese col complesso hinter-land  di  Cesano  Boscone;  e  laParrocchia SS. MM. Nabore e Felice,che  sotto  la  paterna  guida  di  Fra’Luigi, ha saputo diventare un luogodi riferimento di una delle periferiepiù delicate di Milano, quella di SanSiro. Proprio di fronte a questa parrocchia,pochi mesi fa, il fanatismo religiosodi un islamico ha cercato di compiereuna strage nella Caserma Santa Bar-bara. Tuttavia, ciò ha solo moltiplicato le aper-ture della comunità di Fra’ Luigi, che ha semprecontinuato  a  organizzare  nell’oratorio  adia-cente eventi sociali e sportivi, danze, banchetti

che coinvolgessero anche i fratelli mussulmani,fino  a  riportare  armonia  e  fiduciadove stava sorgendo diffidenza e in-comprensione. Un piccolo miracolo,insomma. Uno di  quelli  che  auspi-cava Vittorio De Sica nell’omonimofilm del dopo guerra, sulle ali di unneorealismo popolare che evocava lavera nobiltà: quella dei sentimenti.Proprio come diceva Francesco. 

Alberto Tufanogiornalista per RadioUno RAI

Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

Opera San FrancescoVia Piave, 2 – Milano  

www.operasanfrancesco.it

RosetumVia Pisanello, 1 – Milano  

www.rosetum.it

↙ Chiesa San Giovanni Battista alla CretaPiazza S. Giovanni Battista alla Creta, 11 – Milano  

Parrocchia SS. MM. Nabore e Felice

Via Tommaso Gulli, 62 – Milano

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Nel silenzio e nella sensazione di solitudine chepossiamo provare mentre percorriamo il trattodel Sentiero Francescano della Pace che va dallaPieve di Coccorano (Valfabbrica ) alla chiesinadi  Caprignone  (Gubbio),  occhi  vigili  e  nellostesso tempo discreti di un rapace diurno nonabbandonano mai  il  nostro  cammino.  Il  suovolo audace e superbo ci trasmette una sensa-zione di forza, protezione e serenità.La poiana (Buteo buteo), appartenente alla fa-miglia degli accipitridi, è una sorta di piccolaaquila,  tutta marrone di  sopra,  sottoala  conbande più o meno biancastre, a seconda delmorfismo, e una chiazza biancastra sul petto.Il  giovane  di  solito  è  più  chiaro.  Prevalente-mente sedentaria, si trova in vari habitat, cam-pagne, boschi, ecc. Nidifica sulle cime di alberio su pareti rocciose,si ciba di piccoli mammiferi,rettili e uccelli.

Dimensioni:  lunghezza:  cm  52-56;  aperturaalare: cm. 120-140; peso 900-1200 g.

Comportamento: la poiana è specie visibile eviene  spesso  osservata  in  volteggio  (non  agrandi altezze) sul territorio. 

Caccia: l'azione di caccia è frequentemente daappostamento,  attende  la  preda  rimanendoposata  in punti  elevati quali paletti di  recin-zione, alberi isolati. In presenza di vento teso,

può cacciare con la tecnica di volo a "SpiritoSanto"  (in  modo  simile  al  biancone).  Vienespesso osservata in volteggio alto solitario o incoppia  oppure  insieme  ai  giovani  dell'anno.Pratica un "volo a festoni" nei pressi del sito dinidificazione (ad esempio il versante boscosodove si trova il nido), simile a quello dell'aquilareale. Buona veleggiatrice, sfrutta spesso le cor-renti  termiche.  Generalmente  si  sposta  convolo a vela. Il suo volo è silenzioso, ed il suo arrivo improv-viso. La vittima, spesso, si accorge della sua pre-senza solo quando ha gli artigli dell’animalepiantati nella schiena.Il becco, ricurvo e robusto, è un attrezzo per-fetto munito di un dente che la natura le hadonato  per  lacerare  e  strappare  brandelli  dicarne.Caccia piccoli mammiferi, roditori, conigli, co-leotteri, lucertole, serpenti e piccoli uccelli.Svolge un  ruolo primario nel mantenimentodell'equilibrio dell'ecosistema naturale.

Distribuzione:  in Europa  la poiana vive  tuttol'anno, in altre zone del mondo la distribuzionesi differenzia tra invernale ed estiva.

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La

poianadi Raffaele Pagliacci *

* agronomo, esperto forestale e guida escursionistica

la faunadel Sentiero

POIANAButeo buteo L.  

Ordine : FalconiformiFamiglia: Accipitridi

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Di qui passò Francesco. 350 chilometri a piedio in bicicletta tra la Verna, Gubbio, Assisi…finoa Rieti, a cura di Angela Maria Seracchioli,  IIEd.,Terre di mezzo Editore, 2006.

Per chi volesse scoprire e conoscere più da vi-cino il percorso da La Verna a Rieti,  in tutte lesue multiformi bellezze naturali e artistiche, èinteressante il libro-guida di Angela Maria Se-racchioli, di 168 pagine, intitolato: Di qui passòFrancesco. 350 chilometri a piedi o in biciclettatra la Verna, Gubbio, Assisi… fino a Rieti, pub-blicato da: Terre di mezzo Editore, Seconda Edi-zione, 2006, nel quale l’Autrice, con l’animodel pellegrino e la competenza da storico-na-turalista, procede ad una minuziosa descrizionedei luoghi del percorso, da quelli più noti comeAssisi e la Verna a quelli meno famosi ma al-trettanto affascinanti come Montecasale o  ilSacro Speco di Narni. Dopo un breve excursus sull’essere pellegrino,derivante dalla  cultura Medievale, ma ancoroggi più che mai attuale, il cammino viene ine-vitabilmente assimilato a quello,  certamentepiù noto, di Santiago de Compostela, in Spa-gna, poiché l’obiettivo di chi percorre le stradefrancescane  è  pur  sempre  di  “…camminarecon lo stesso spirito da pellegrino, in mezzo aduna natura bellissima, sostando in luoghi cari-chi  di storia e di Spirito seguendo un percorsoche  non  può  essere  cronologico  ma  che  ciporta nei luoghi in cui sono accaduti gli episodifondamentali  della  vita  del  “pellegrino  per-fetto””  (Di qui passò Francesco, pag.7). Come si suole fare in un’attenta e premurosaguida,  vengono  innanzitutto  fornite  al  vian-

dante, che, ignaro dello stato dei luoghi, si ac-cinge a percorrere il percorso, le indicazioni utiliper la preparazione e l’equipaggiamento ne-cessario onde scongiurare gli  imprevisti e af-frontare con maggiore tranquillità il cammino. 

Per ogni tappa del percorso sono indicati:ostelli e/o alberghi ove pernottare e trovare ri-storo  nonché  le  eventuali  strade  alternative(asfaltate) qualora quelle originarie, la maggiorparte sterrate, risultino, al momento, imprati-cabili o, comunque, difficilmente accessibili.   Il cammino, suddiviso in sedici tappe e pensatoda Nord a Sud, esattamente, da La Verna allapianura reatina di cui Poggio Bustone costitui-

Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

RECENSIONE

Di qui passò Francesco

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sce l’ultima tappa, si snoda in un ambiente na-turale insolito che ha saputo mantenere integrala propria identità francescana: con boschi, uli-veti, torrenti d’acqua…, ove non è raro imbat-tersi in castelli, chiese benedettine, lazzaretti...che di volta in volta catturano lo spirito del pel-legrino.Le varie tappe vengono descritte nel dettaglio,o meglio vissute, dall’Autrice con quello stessopathos con cui la medesima ha già affrontatoe raccontato la propria esperienza di pellegrinadi Santiago de Compostela in Diario di cam-mino  di  Angela  Maria  Seracchioli  (inverno2002),  consultabile  anche  sul  sito:http//www.pellegrinibelluno.it/angela/an-gela1.asp. Orbene, con questo libro, lungi dall’essere unasemplice guida, la scrittrice torna a far riviverequelle identiche emozioni, riuscendo senz’altronel suo intento di trasmetterle al lettore. Che tale intento sia ben riuscito lo si rileva dalladescrizione analitica del paesaggio, confortata– e anche per questo resa dinamica e non certomonotona (!)-  da citazioni, cartine geografi-che, fotografie delle bellezze naturali e archi-

tettoniche che nel loro susseguirsi contraddi-stinguono le singole tappe del cammino, non-ché  dalle  note  storiche  tratte  dalle  fontioriginali. Un itinerario insomma, per chi si sentisse pel-legrino e/o per chi volesse semplicemente cam-minare  alla  scoperta  di  sentieri  e  orizzontinuovi, da seguire tutto d'un fiato oppure co-struendosi un percorso ad hoc. Un intero capi-tolo è inoltre dedicato a chi volesse percorrerel'itinerario in bicicletta. L’Autrice nel cogliere l’occasione di ringraziaretutti coloro che hanno contribuito a svelare, ov-vero a far conoscere, un angolo della NostraTerra che per molto tempo ha mantenuto ser-bato il proprio patrimonio storico-architetto-nico  e  naturalistico,  chiude  il  libro  con  unacitazione foriera di speranze che questa guidapossa essere, oltre che un utile concreto sup-porto per il pellegrino, anche un incentivo allariscoperta e valorizzazione del percorso france-scano: “Cos’è un passo? È il possibile di fronteal tutto” (Padre Gianmaria Polidoro ofm.). 

Valeria Passeri

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↗ La “Carta del Pellegrino” per le credenziali del Sentiero Francescano: un timbro dà la com-

prova del passaggio del pellegrino attravero i principali posti del percorso, così come avviene

per la Via Francigena e il Cammino di Santiago.

↑I “tau” gialli dipinti da Angelalungo il tragitto.

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Ringraziamo il signor Armando Bonifazi, ottan-taduenne residente ora a Valfabbrica, ma sa-crestano  storico  della  chiesa  di  Coccoranonell’epoca in cui si svolgeva l’antica processionedella quale abbiamo tratto a pagina 7 di questostesso numero.

Di quanto tempo fa parliamo? Che cosa ricordadi questa processione?

Circa 70 anni fa, quando si partiva da Cocco-rano  con  gli  stendardi  della  Madonna  e  diSant’Antonio, con le lanterne liturgiche ritrtesui pali e si recitava il rosario durante il viaggioverso Sambuco. Ci guidava il parroco.

E si passava per la Croce di Colgaiardo?

Sì, e lì ci si fermava per le “rogazioni” e la be-nedizione alla campagna. Da Sambuco poi sen-tivano che stavamo arrivando e cominciavanoa suonare le campane. Le campane suonavanoe non smettevano finché non eravamo arrivati.

A Sambuco che avveniva?

Si celebrava la messa. Al paroco si univano altrisacerdoti della zona, anche altri otto o dieci.

E poi?

Si stava insieme, si mangiava. Sul muretto vi-cino alla chiesa c’erano le damigiane col vino elo si spillava direttamente da lì. C’era la por-chetta, le “pagnottine”, come le chiamavamo.A volte si beveva un po’ più del solito, qual-cuno magari si ubriacava un tantino. Una voltaricordo che qualcuno si prese anche a botte.

Comunque era una bella festa.

Sì, ma non è finita qui. Alle quattro del pome-riggio c’era la “funzione”. Si esponeva il San-tissimo e c’erano le “benedizioni”.Poi gli stenderdi e tutte le altre cose di Cocco-rano, anche il turibolo per l’incenso, restavanoper una settimana nella chiesa di Sambuco.

E come tornavano a Coccorano?

Una settimana dopo, o la domenica dopo, sitornava  tutti a Sambuco e c’era di nuovo  laMessa. Si faceva la benedizione delle croci.

La benedizione delle croci? 

I contadini preparavano delle croci con dellecanne  tagliate, grandi,  anche di un metro emezzo di altezza, e vi infilavano nell’incrocio unrametto di ulivo o delle foglie di giaggiolo.

Particolare questa cosa...

Sì, e sa a cosa servivano le croci? Ogni conta-dino le piantava agli angoli dei campi per pro-teggerli  dalla  grandine  e  dagli  altri  eventiinfausti.

Interessante...

Poi con una processione si riportava tutto nellachiesa di Coccorano.

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L’INTERVISTA

Un 25 aprile di tanti anni fa...A cura di Rosanna Giappichini

[ <-- vedi pag. 7 ]

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I  “maccheroni  dolci”sono  una  ricetta  tipicaumbra  invernale e natalizia.  I nostri antenatierano convinti assertori dei valori della tradi-zione popolare-religiosa e rispettavano severa-mente  le  astinenze  in  prossimità  delle  piùimportanti festività dell’anno. Alla vigilia dellegrandi feste escludevano persino le uova. Il piatto che qui viene proposto era ed è, tut-tora, in uso servirlo la vigilia dei Santi e del Na-tale. L’impasto di acqua e farina è semplice eveloce da preparare.

Ingredienti:•  Farina, g 350;•  Zucchero, g 150;•  La buccia grattugiata di un limone;•  Un cucchiaio scarso di cannella in polvere;•  Pane grattugiato, g 100;•  Gherigli di noce, g 300.

Procedimento:•  Impastate lafarina con l’ac-qua, lavoratebene la pasta econ il lasagnoloriducetela a sfo-glia sottile, po-netela adasciugare soprauna tovaglia leg-germente infari-nata.

•  Arrotolate la sfoglia e tagliate la pasta afettuccine normali.•  Tritate le noci riducendole a finissima gra-nella e ponete la granella in un piatto; ag-giungete alle noci tritate lo zucchero, lacannella, il limone, il pane; mescolate tuttocon un cucchiaio.•  Cuocete la pasta in acqua leggermente sa-lata, scolatela bene e conditela a strati con ilcomposto di noci. •  Servitela appena la pasta sarà fredda; mo-dernizzate il composto di noce, aggiungendog 50 di cacao dolce tipo “Perugina”.

Questa ricetta è stata redatta intervistando lasignora Alessandra Bazzucca di Assisi, ottan-tenne, con cinquant’anni di esperienza culina-ria alle spalle. La ringraziamo.

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LA RICETTA

I maccheroni dolciA cura di Valeria Passeri

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“Il Cammino non esiste, il Cammino sei tu!Esiste solo il suo spirito, che attraverso losforzo fisico e spirituale crea un ponte che pe-netra nel più profondo del tuo cuore, dovevive il tuo amore unito a Dio”

Nell’agosto 2006, insieme ad un gruppo nu-trito ed eterogeneo di persone, ho percorsol’ultima parte del Cammino di Santiago, o me-glio, del Cammino verso Santiago de Compo-stela, come a me piace chiamarlo.Il Cammino che si snoda nella parte nord dellaSpagna è stato per molti secoli battuto da mi-gliaia di fedeli a Cristo che volevano o dove-vano  compiere  questo  viaggio  per  diversimotivi, ma alla base c’era un’ indiscutibile com-ponente religiosa e di fede.Negli ultimi anni  il  significato vero del Cam-mino si è perso un po’. O meglio, in tanti per-corrono quest’antica via solo per dire di essercistati e aver compiuto quest’impresa arrivandoalla fine, come un qualsiasi altro viaggio.Il primo giorno, durante la nostra prima tappapartendo da Leon, successe una cosa che micolpì moltissimo, forse la cosa più significativache io abbia vissuto  in quei giorni e che oraspiego.Erano circa le 8.30 del mattino. Si era decisoche a quell’ora ci saremmo fermati per la primasosta di  riposo e  ristoro dopo 3 ore di cam-mino. Durante quei 45 minuti avremmo reci-tato le lodi, e meditato sulla figura del santodel giorno. Il nostro sacerdote aveva pensato ilnostro libretto di preghiere in modo che ognigiorno avessimo  la figura di un santo che ciavrebbe accompagnato per tutta la giornata.

Un  tale  che  pas-sava  di  lì  in  bici-cletta  (la  bici  èuno dei mezzi dilocomozione con-cessi  per  la  per-correnza  delcammino)  sifermò di  colpo eci  osservava  dalontano.Quando  vennel’ora  della  par-tenza  si  avvicinòsbalordito.  Ve-deva un gruppo di persone, perlopiù giovani,che pregava.Ci spiegò che era una cosa molto strana, per-ché la maggior parte delle persone incontrate(lui aveva iniziato il suo viaggio a Roncisvalle) sicimentava in questo cammino solo per il gustodi macinare chilometri su chilometri, senza ov-viamente nessun tipo di motivazione che an-dasse al di là della prestazione sportiva.Era rimasto colpito. In quel momento capii chequello che stavo facendo era giusto che lo fa-cessi, per me.Ecco perché ho distinto il “Cammino di San-tiago” dal “Cammino verso Santiago de Com-postela”.È probabile che ai più non dicano niente questeparole diverse che definiscono lo stesso con-cetto. E’ forse una cosa solo mia, che sento nelmio cuore, ma è il modo in cui ora, a distanzadi qualche anno, sento di definire la mia espe-rienza. Un Cammino “verso” qualcosa.

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CAMMINI FRATELLI

Verso Santiago de Compostela

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“Ho aspettato a lungo qualcosa che non c’è in-vece di guardare il sole sorgere... e se c’è unsegreto è fare tutto come se vedessi solo il sole...e non qualcosa che non c’è!”

(Elisa)

Per carattere, per abitudini acquisite, ho pro-grammato sempre tutto nella mia vita, lottandoper riuscire a divenire la padrona assoluta dellamia  esistenza;  la  sensazione  provata  moltospesso è stata quella di trovarmi sopra un tapis-roulant. Nonostante credessi di essere una cri-stiana praticante mi sono preoccupata di tutto:lavoro, affetti, denaro, aspettative per il futuro,caricandomi di responsabilità e “pesi”. La  decisione  di  intraprendere  il  cammino  di

Santiago de Compostela è nata una sera di fineinverno, ascoltando una canzone di Elisa. Ri-flettevo sul fatto che nella vita (di ognuno dinoi) spesso non gioiamo perché restiamo nel-l’attesa di qualcosa che deve arrivare, che “nonc’è”, invece di guardare “il Sole sorgere”. Il mioSole, mi sono chiesta, chi fosse: la risposta eralì, già dentro di me, il mio Sole é ed é semprestato Dio.

Ho voluto percorrere il Cammino di Santiagoper imparare passo dopo passo a vedere solo“il Sole”. Mi sono affidata alla Provvidenza Di-vina in modo totale, l’ho voluta sperimentarecreando in me uno stato di ricettività all’incon-tro con il Sacro. Ho voluto seguire il bisognoche avevo scoperto in me, di  interrompere ilsuccedersi ripetitivo dei giorni per poter vivereun’esperienza dello straordinario e dell’Altrocontemporaneamente.

Spesso si dà tutto per scontato e non ci accor-giamo che tutto è Provvidenza, dimenticandodi ringraziare il Creatore e di lodarlo persino peril dono di essere nati nella nostra meravigliosaterra, di vivere nella nostra incantevole cittadinacon la quotidiana visione del Mare Nostrum (iosono  siciliana),  di  vivere  in una  casa  con unbagno tutto nostro! Dormire tra lenzuola pu-lite, poter mangiare ogni qual volta ci vengafame e poter bere quando abbiamo sete, pertutto  questo  dovremmo  ogni  giorno  ringra-ziarLo; ma non solo questo, il cammino con lesue difficoltà, con i suoi giorni difficili, mi hapermesso anche di apprezzare il dono della sa-lute, il non sentire nelle proprie carni il dolore,quella sofferenza che non lascia spazio alle altresensazioni ed ai pensieri, che ci fa concentraresolo su quel punto del corpo dove soffriamo,che solo quando passa riprendiamo piena co-scienza di quanto sia importante stare bene;avere un papà ed una mamma che possonoancora donarci affetto e noi a loro, tutto que-sto è Provvidenza!

Loredana Valenti

Inverno 2010-2011 - www.sentierofrancescano.it

Non voglio raccontare la mia esperienza sola-mente come una cronaca di quei giorni ma so-prattutto vorrei raccontare alcuni episodi chefacciano capire che il Cammino è soprattuttoun’esperienza intima, completa, che ti mettedavanti ad uno specchio che riflette ciò che sei,anche a costo di non piacerti. Esistono tante guide, di vario taglio, alcune va-lide. I consigli che danno a chi pensa di partire

sono buoni anchese, quando li spe-rimenti  sulcampo,  magarinon  ti  sono  tigrande utilità. Darò  qualche  in-dicazione, in basea ciò che è statoutile  a  me  e  aimiei compagni diviaggio.È difficile  iniziaree  mettere  periscritto  tutto.  Ciproverò…

Giovanna Falchi

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Caro Lettore, questa pagina non può che esserevuota, in questo primo numero, perché sarai tu adarle vita con i tuoi interventi, le tue riflessioni e ituoi quesiti.

Aiutaci ad arricchire questa rivista con quanto diprezioso può uscire dalla tua penna, oppure aiutacia crescere con le tue domande o, anche, critiche.Pubblicheremo il tutto qui.

Siamo  inoltre  ben  disposti  ad  accogliere  anche“pezzi” e veri e propri articoli che potrebbero tro-var spazio redazionale nel menabò dei nostri pros-simi numeri.

Scrivici qui:

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Il Sentiero Francescano - Anno I, Numero 1

posta

lettoriLa

dei

risponde Diego Mecenero

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“La continuità ci dà le radici; il cambia-mento ci regala i rami, lasciando a noila volontà di estenderli e di farli crescerefino a raggiungere nuove altezze”

Pauline R. Kezer

La nostra associazione, di Valfabbrica(PG),  è  apartitica  e  apolitica,  è  statafondata, con un atto di “coraggio”, dagiovani docenti e da un veterano pro-fessionista dei Beni Culturali; essa nascedall’intento specifico di coniugare co-noscenze,  competenze,  aggiorna-mento  e  reale  motivazione  perperseguire scopi ambiziosi e di grandepregnanza. Tra questi rientrano lo stu-dio ad ampio raggio e multimediale disiti storico-artistici inesplorati e l’approfondimentodelle indagini ancora in corso, relative a differentimonumenti  e  percorsi  (in  particolare  il  Sentierofrancescano della Pace).Attenzione specifica sarà riservata pertanto a quelleche l’associazione ritiene finalità primarie per espli-citare la cultura, a sostegno dell’istruzione: far co-noscere  il  proprio  territorio  e  quello  limitrofo,renderli fruibili a tutti indistintamente, collaborarecon  le  scuole per  ideare, progettare e  realizzarepercorsi multidisciplinari e multimediali. Stiamo allestendo un sito web per coniugare divul-gazione, informazione e curiosità al fine di suscitarefeedback calibrati e coinvolgenti.Risulta naturale per noi, nonché imprescindibile,privilegiare le seguenti attività che costituiscono lanostra mission: visite guidate, gite, apertura stra-ordinaria di monumenti, percorsi tematici, incontrienogastronomici, momenti ludici, laboratori inte-rattivi, seminari, convegni, mostre, concerti, bandidi concorso. Con questo spirito vi chiediamo  la vostra atten-

zione, nella convinzione che sia vitale recuperare lamemoria storica in quanto tale, preservandola nellasua originalità per far acquisire a tutti la coscienzacritica del presente come “naturale e consapevoleevoluzione del e dal passato” . La nostra convinzione è che la cultura debba esserealla portata di tutti, praticata da tutti, per tutti!

“Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciòche è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete afare l'impossibile”

San Francesco di Assisi

I membri dell’Associazione Clasium:Presidente Prof.ssa Valentina BorgniniVice Presidente Prof.ssa Cristina Brizi AlunnoConsigliere Dott. Mario Gasperini

N.B. Il sito della nostra Associazione culturale è in fase di rea-lizzazione. Per tutti colori che volessero avere maggiori infor-mazioni sui nostri progetti possono contattarci ai seguentinumeri telefonici: 348-5475986; 339-8523756. Sede legale:Via Nicolini n. 1 06029 Valfabbrica (PG)

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