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I GUSTI DELL’AMICIZIA Adamo, Adele, Annaba, Annacriscris, Angela, Carlantonio, Claudio, Giacomo, Gianluigi, Graziella, Ivana, Luisa, Mauro, Paola & C. Dicembre 2012

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I GUSTI DELL’AMICIZIA  

  

Adamo, Adele, Annaba, Annacriscris, Angela,

Carlantonio, Claudio, Giacomo, Gianluigi, Graziella, Ivana, Luisa, Mauro, Paola

& C.

Dicembre 2012

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I GUSTI DELL’AMICIZIA   

Contenuti   

 

Principio Pag.   1

1.Pane e vino Pag.   4

2.Cibi in ordine Pag.   9

2.1 Minestre Pag. 10

2.2 Secondi Pag. 18

2.3 Contorni Pag. 23

2.4 Dolci Pag. 28

3.Cibi in libertà Pag. 43

Considerazioni digestive & conclusive Pag. 53

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Nihil obstat quominus imprimatur Pippus I PP 

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Principio

“Serpit enim nescio quomodo per omnium vitas amicitia nec ullam aetatis degendae rationem patitur esse espertem sui….” Cicerone1

Capita che si diventi amici. A noi è capitato quando nell’anno scolastico 1961/62 il preside Pelis si accorse che c’era stato un forte aumento nelle iscrizioni al ginnasio e che i nuovi iscritti alla quarta non potevano stare tutti in una sola classe. Per fortuna non c’erano ancora la Gelmini e la spending review e così ebbe origine - per la prima volta nella storia del liceo classico F.Trisi - L. Graziani di Lugo - la sezione B. Non c’erano neppure criteri definiti di composizione delle classi ispirati a valori di equità e di uguaglianza sociale o a principi di valorizzazione delle diversità. Nella sezione B finimmo sostanzialmente tutti noi che venivamo dalla campagna o da famiglie di ceto medio-basso, mentre nella A restavano i figli delle cosiddette élites, con insegnanti di ruolo e stabili nel tempo. Ci restarono anche gli studenti bagnacavallesi che avevano studiato

1 L’amicizia, infatti, si insinua, non so come, nella vita di tutti e non permette ad alcuna esistenza di trascorrere senza di lei

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inglese, ma poi in prima liceo ci raggiunsero e siamo diventati nel tempo una sezione compatta, probabilmente rafforzata dalla voglia di dimostrare che ce la potevamo fare nonostante l’etichettatura di studenti residuali. E si può dire che siamo stati in media più bravi degli altri? La sorte, le decisioni prese da altri rappresentano certamente un insieme di vincoli e di chances che sono la cornice in cui gli eventi umani accadono e che sono indipendenti dalla volontà del singolo. Succede così anche per l’amicizia. E per gli amori. Ma poi interviene la libertà e niente si costruisce veramente senza l’intenzionalità, la volontà e l’impegno delle persone. Ripercorrendo gli anni, si può dire che noi abbiamo lavorato a costruire le relazioni. Siamo diventati un peer group, come stava dicendo la sociologia, attraverso il dialogo, il confronto, il conflitto che ci hanno permesso di conoscerci, di affrontare insieme le sfide, di crescere nella scuola e nonostante la scuola e gli insegnanti. C’è stato fin dall’inizio l’impegno comune per alcune imprese. Eravamo ancora al ginnasio quando preparammo una petizione per chiedere l’apertura della biblioteca Trisi anche al sabato pomeriggio. Ci ha unito la musica, grazie a Giacomo e a Pippo che sapevano suonare e ci trascinavano nelle loro passioni. Abbiamo anche giocato molto e ci siamo piaciuti, coinvolgendo nel giro anche altri amici e vedendo nascere amori, alcuni dei quali sono diventati matrimonio. Poi sono venuti gli anni della diaspora universitaria e quelli del lavoro, degli amori e della procreazione. Anni in cui rimanevano fili, tra alcuni più forti, con altri molto più esili. Sono stati riannodati in occasione di un banale ritrovo di ex compagni di classe in occasione del ventennale del diploma di maturità. Ci siamo piaciuti di nuovo. Amavamo sempre il dialogo, il gioco e la musica nonostante le esperienze fatte da ciascuno di noi in condizioni di vita diversificate, non tutte proprio gioiose. Abbiamo ricominciato con la sorpresa di ritrovare in tutta naturalità modi usati di relazione, trasformando il passato in presente continuo. Aggiungendo a noi, in maniera

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complementare e se lo volevano, gli uomini e le donne che ci sono compagni/e. L’innovazione tecnologica si è innestata in questo piacere della comunicazione orale permettendoci di non limitare il dialogo e il gioco alle situazioni in presenza. Giacomo ha raccolto nel 2007 due volumoni di Mail…e poi…mail che sono lì a testimoniare che non siamo da rottamare e che siamo ben in grado di stare al passo con i tempi. E poi abbiamo mangiato molte volte insieme, in vari modi, in varie ore, in vari luoghi, frequentando trattorie e ristoranti, ma soprattutto prendendoci cura gli uni degli altri attraverso la preparazione dei cibi da consumare insieme. Con il gusto di far assaggiare agli altri quello che ci piaceva, che sapevamo preparare o che riuscivamo a procurarci come tipico dei territori praticati. Proprio il senso della cura e il piacere di far conoscere agli altri i nostri piaceri ha generato convivi sempre abbondanti, producendo moltiplicazione attraverso la condivisione, nutrendo in senso pieno la relazione amicale. Generando in senso integrale i GUSTI DELL’AMICIZIA.

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1. Pane e vino Sono una diade alla base della nostra civiltà. Valgono da soli un pasto. Valgono da soli una enormità di significati, combinando sopravvivenza e goduria. Esprimono, al fondo, elementi di universalità plurale, assolutamente importanti sempre, particolarmente congruenti con le sfide del nostro presente e del nostro futuro. Pane e vino rimangono pane e vino diversificandosi in tantissimi differenti modi di preparazione e di presentazione. E’ sostanzialmente pane, ma diventa ciopa, crocetta, rosetta, casereccio, toscano, biove, carciofo, montasù, mafaldine, barilino… E’ sostanzialmente vino, ma diventa trebbiano, sangiovese,cagnina, malvasia, burson, verdicchio, barolo……

FARE IL PANE IN CASA - Graziella Anche la preparazione del pane ha seguito la trasformazione della società e delle famiglie. Nella nostra Romagna il secondo dopoguerra ha visto un rapido e diffuso passaggio dalla preparazione casalinga a quella artigianale a quella industriale, con processi di omologazione e omogeneizzazione. E’ però in atto una svolta che ridà significato alla panificazione come arte, valorizza le diversità e, soprattutto, riporta anche nelle famiglie il profumo del pane elaborato con le proprie mani e cotto nel forno di casa. Ci sono puristi che non possono fare a meno del tradizionale “lievito madre” e di farine bio e integrali. Io amo molto fare il pane, mi dà una soddisfazione primordiale, ma non sono diventata una eco-talebana e seguo una ricetta che mi permette di procedere con

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flessibilità, facilità e anche discontinuità nel tempo (cosa che non puoi fare se usi il lievito madre). La base per varie forme di pane è la seguente:

- si prepara il “lievitino” mescolando in una tazza un cubetto di lievito di birra con un pizzico di zucchero, quattro cucchiai di farina 0 e mezzo bicchiere di acqua tiepida. Si ottiene un composto molle, ma non liquido che si lascia lievitare almeno mezz’ora coperto in luogo tiepido.

- Si lavorano 400 gr. di farina 0 con tre- quattro cucchiai di olio (o un paio di strutto), sale e il lievitino lievitato. Se si vuole, si può anche fare a meno di grassi, ma almeno un po’ di olio è bene metterlo. Si può fare a mano, ma io lavoro il tutto con il frullatore arancione (così lo chiama Tommaso), in sostanza un miscelatore elettrico. Si aggiunge acqua o latte tiepido e si lavora fino ad ottenere un composto omogeneo. Deve essere più o meno sodo a seconda del formato che si vuole preparare (esempio: più molle per il pane a cassetta, più compatto per barilini, carciofi…). E’ bene comunque terminare le operazioni di amalgama lavorando a mano l’impasto sul tagliere e sbattendolo ripetutamente con forza. Il tutto deve diventare elastico e assolutamente compatto. Ovviamente si può aggiungere ulteriore farina o acqua a seconda della bisogna.

- Si forma una palla, si pone su una taglierina infarinata, si incide a croce e si mette a lievitare in luogo tiepido e senza che prenda spifferi di aria. Io copro la palla con una di quelle calotte in vetro che si utilizzano per coprire i dolci e lascio lievitare per almeno 1 ora e mezzo.

- Si torna a lavorare rapidamente la pasta lievitata e si procede a preparare le forme desiderate, le si colloca su una teglia grande quanto il forno e coperta di carta forno o stagnola (oppure si imburra la teglia) e si lascia lievitare ancora un’ora in luogo tiepido riparato.

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- Si inforna prima a forno medio alto e poi si abbassa la temperatura. E’ utile mettere nel forno un piccolo contenitore di acqua che facilita una cottura più aerata.

Le forme che pratico sono le più svariate e ho imparato molto dal libro delle Sorelle Simili (bolognesi) Pane e roba dolce, Tempi Stretti editore. Tuttavia vi inserisco una immagine che insegna come si fanno i carciofi, quelli che spesso vi ho preparato.

IL VINO: UN RITO IRRINUNCIABILE – Racconti di vita e di viaggio di Adamo

Io e la mia famiglia, da romagnoli purosangue, abbiamo sempre considerato un atteso, importante evento tutto ciò che riguardava il vino. Ricordo con tenera nostalgia quando compravamo l’uva da un contadino vicino di casa, soprattutto l’espressione dapprima incerta poi via via sempre più partecipe di mia figlia la prima volta che ha pigiato i grappoli con i piedi; ricordo le varie fasi della bollitura con il nonno che dettava i tempi dell’aggiunta di acqua nel mosto per fare il “mezzo vino” (risultava gradevole perfino quello che chiamavamo “e puntèll” o quarto mezzo vino).

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Consumavamo il vino… annacquato fino a Natale: erano tempi in cui si doveva spendere con parsimonia ed il vino…”schietto” era un lusso, ma quanto era buono e quanto eravamo felici!!! Purtroppo, una volta venuti a mancare il nonno e i miei genitori, io, per vari motivi, non ho avuto più la possibilità di perpetuare questa tradizione e mi sono dovuto rivolgere a conoscenti ed amici per rifornire la mia cantina. Molti mi dicono che sono un intenditore di vini, ma io mi considero piuttosto un attento…bevitore. Da tempo ho imparato ad apprezzare i vini friulani per un insieme di motivi: iul rapporto qualità-prezzo, la vasta gamma dei vini prodotti, e da ultimo e forse il più importante, il piacere di trascorrere una giornata con i sette miei cari amici dell’ISEF sparsi fra Udine, Gorizia, Grado e Pozzuolo. Ci siamo conosciuti a Roma nel lontano 1968 e da allora continuiamo a frequentarci regolarmente. Ogni primavera si rinnova un rito: dopo prolungati contatti per trovare una giornata che vada bene a tutti (molti fanno i nonni a tempo pieno o da bravi pensionati non hanno un momento libero!), finalmente partiamo. Io, Alberto e Giovanni, amici di bici e di moto, partiamo di buon’ora con la mia automobile stipata di damigiane. All’uscita dell’autostrada ci incontriamo con gli amici friulani. Subito baci, abbracci, grandi risate e…”se fasemo un bianchetto?” esordiscono, pur sapendo cosa ci aspetta nella giornata. Come in un corteo di nozze ci trasferiamo tutti da Fulvio, giovane enologo e produttore di vini che ha casa e vigneti nella zona del Collio. La cantina è moderna e pulitissima, lui è bravo nell’illustrarci le caratteristiche dei vari vini, la luna giusta per imbottigliare, ma lentissimo nel farci le bolle di accompagnamento. In compenso cominciano gli assaggi dei vari bianco friulano, merlot, cabernet franc, verduzzo, franconia, pustot, pinot e schioppettino, naturalmente accompagnati da pane fresco, salumi e formaggi vari e… la temperatura aumenta!!! Facciamo le nostre scelte, riempiamo le damigiane, salutiamo Fulvio e…completiamo la giornata con buon cibo ed allegria.

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Sono questi i vini che, imbottigliati, mi piace condividere con voi durante i nostri incontri.

LA MALVASIA DI CASA CIANI Casa Ciani a Belricetto ci ha accolto molte volte, davanti al fuoco o nello spazio all’aperto. In questo luogo la musica è stata compagna assidua ed ha generato anche fantastici concerti al lume della luna d’estate. E sempre le tavole sono state imbandite anche con tante bottiglie di vino, portate con tale generosa quantità che ogni volta è rimasta una riserva per l’incontro successivo. Nel 2010 al vino portato si è aggiunto quello generato con i grappoli delle nuove piante di malvasia, denominato “Buonanotte suonatori” da Ciani senior, in onore alla sua (non ancora realizzata) volontà di dare vita ad un circolo anarchico con questo nome.

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2. Cibi in ordine Nei secoli e nei luoghi in cui c’erano e ci sono problemi di sussistenza pochi hanno il privilegio di scegliere cosa e in che sequenza mangiare i cibi a disposizione. Fino al Medioevo le portate erano tutte disposte in tavola contemporaneamente e ogni commensale era libero di servirsi di ciò che desiderava. Non vi erano abbinamenti gastronomici, né un ordine prestabilito dei piatti. Una lunga storia presiede quindi alla codificazione del servizio a tavola, un misto di materie prime disponibili, esperienze, estetica, norme igieniche e sanitarie, differente nelle varie nazioni e soggetto a contaminazioni. Una regolamentazione che riguarda primariamente la cucina borghese, dei ceti che hanno mezzi, tempi e servitù e che si trasmette progressivamente a tutto il popolo, con evidenti semplificazioni. Dicono (in rete…) che il codice per il pranzo all’italiana sia stato sistematizzato da Calisto Craveri (Il cuoco sapiente, Torino 1932) con la seguente successione di piatti e portate: minestra, principi caldi, rilievi, umidi, arrosti e insalate, trasmessi, formaggi, dolci, pasticceria, frutta. Ma già i pranzi descritti da Pellegrino Artusi, differenti per i vari mesi dell’anno seguono sostanzialmente la stessa sequenza. L “ordine” con cui presentiamo le nostre ricette è semplificato, orientato a diminuire il numero delle portate in ottemperanza alle regole del contenimento delle calorie (Annacriscris docet), almeno nelle intenzionalità. In onore al grande Artusi e alle nostre origini romagnole l’ordine non può tuttavia che iniziare dalle “minestre”, definizione usata nelle nostre terre per qualsiasi tipo di preparazione del primo piatto, brodoso o asciutto che sia. Poi i secondi, i contorni, i dolci (i più numerosi tra le ricette che abbiamo prodotto).

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2.1 Minestre

I PASSATELLI - Annaba I passatelli venivano preparati in casa mia nei giorni di festa, in alternativa ai cappelletti, che richiedevano più tempo e, forse, più soldi. Ricordo in particolare il giorno di San Giuseppe, patrono della nostra zona (Ciribella!) e vacanza da scuola in tutta Italia. Mio padre si alzava presto per passare tutto il cortile con la "granata" e mia madre, che aveva cominciato a preparare da due settimane, si metteva in cucina per le cose che dovevano essere cotte quella mattina: tra queste i passatelli. Infatti a mezzogiorno si mangiavano i cappelletti, come primo, e la sera i passatelli, che nel frattempo avevano"preso" il brodo. Da notare che a pranzo eravamo sempre più di venti persone, la sera molto meno. Questa giornata è nitida e piacevole nella mia memoria perché di essa ricordo l'aspetto gioioso, mia madre invece mi ha detto più volte che per lei era un impegno gravoso, più un dovere, a volte, che un piacere. Si prendono gli ingredienti in questa proporzione, circa (il circa è importante):

- 2/4 di parmigiano buono, grattugiato - 1/4 di pangrattato (pane rigorosamente "comune") - 1/4 di semola e farina O - noce moscata a piacere - scorza di limone (se piace) - uova: io mi regolo a occhio. Bisogna abbondare altrimenti

non rimangono compatti, insomma deve risultare un impasto non troppo duro.

Si mescola bene in modo che gli ingredienti si amalgamino (che verbo difficile!) perfettamente, poi si passa l'impasto o con l'attrezzo caratteristico, che fa molto Romagna mia, o più velocemente, col passapatate a buchi grandi. Si stendono i passatelli su un vassoio di cartone, in modo che non si sovrappongano troppo, poi si cuociono o in brodo o asciutti, con un condimento a piacere. Di solito verdure col burro, prosciutto......

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Consigli per ottimizzare: 1) nel dubbio abbondare col parmigiano, 2) prepararli poco prima di cuocerli, 3) se in brodo, migliorano se cotti un po' di tempo prima.

RAGU’ PER TAGLIATELLE - Pippo Uno dei piatti che preferisco sono le tagliatelle al ragù, con abbondante parmigiano. Dal momento che tale ricetta manca dalla raccolta, vi racconto come faccio io il ragù. Premetto che occorrono molto tempo e pazienza. Tritare finemente, in quantità ragionevole, una gamba di sedano, un paio di carote (piccole) ed una cipolla (medio-piccola); soffriggere il tutto in olio extravergine fino a far leggermente imbiondire il trito. (Io vado ad occhio, sia per le quantità che per l’indoratura). Prendere 150 g. di salsiccia (buona !), rimacinarla per renderla più fine ed aggiungerla al trito di verdura, pestando il tutto con due forchette onde evitare grumi: rosolarla insieme al trito. Prendere 450 g. di manzo magrissimo (scannello od altro), macinarlo più volte, come già fatto per la salsiccia, ed aggiungerlo al mix di trito più salsiccia, “ravanando” ancora con le forchette di cui sopra, fino alla completa rosolatura del medesimo. Aggiungere sale e pepe secondo il proprio gusto. Prendere 0,5 l. di latte intero fresco, e versarne nel tegame fino a coprire l’insieme. Portare a bollore il tutto e mescolare delicatamente, di tanto in tanto, continuando anche l’operazione delle forchette anti-grumi; far evaporare a tegame scoperto e fuoco lentissimo. Quando il latte è evaporato e il tutto ricomincerebbe a rosolare, assaggiare il ragù, ancora “bianco”, per eventuali correzioni di sale e pepe. Contemporaneamente passare nell’apposito trabiccolo una scatola di pelati, ed aggiungerla al tutto, mescolando delicatamente. A fuoco lentissimo, far sposare la polpa del pomodoro al ragù (poco pomodoro, per non trasformare “o’ ragù in carne c’a

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pummarola....”), verificare nuovamente sale e pepe, e levare dal fuoco quando è il momento ! Prima di condire le tagliatelle, con il ragù ben caldo, sciogliere nel ragù stesso qualche ricciolo di burro, secondo il proprio gusto. Coprite infine le tagliatelle, condite con abbondante ragù, con parmigiano grattugiato a manazza, e......buon appetito! (Si raccomanda che le tagliatelle siano degne di cotanto condimento).

MACCHERONI RIGATI CON CONDIMENTO ALLA CODA DI ROSPO - Ros

Si prendano: - 500 gr. coda di rospo 500 gr. pomodori rossi ( io compro quello piccoli dolci ovali nelle scatoline di plastica, di Sicilia) - 1 cucchiaio di erbe aromatiche (rosmarino, prezzemolo, basilico tritati) - 1 spicchio di aglio - 1/2 bicchiere di vino - olio - maccheroni rigati.

Olio + aglio (pelato e schiacciato) in un tegame capiente. Togliere aglio e aggiungere il pesce precedentemente pulito e tagliato a tocchetti grossolani. Farlo scottare da entrambi i lati. Aggiungere il vino e farlo evaporare. Aggiungere infine i pomodorini, precedentemente sminuzzati, il sale e le erbe aromatiche. Portare a cottura facendo asciugare, ma non troppo, il condimento. Buon appetito

SUGO DELL’IVANA TIPO AMATRICIANA - Paola Quando appena sposati io e Mauro andammo a trovare Ivana e Franco che già abitavano a Milano, Ivana preparò questo sugo che a me parve qualcosa di straordinario. Da allora l’avrò fatto mille volte,

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e ancora oggi è uno dei preferiti delle mie figlie e dei miei generi (i gemellini invece fanno “bleah”!). Veloce ma gustoso, si sposa con spaghetti, bucatini, penne. Si fa imbiondire nell’olio una cipolla tagliata a fettine sottili o tritata, si aggiungono striscioline di pancetta affumicata della grossezza di una moneta (a Roma usano il guanciale), poi polpa di pomodoro, sale e peperoncino a piacere. Si fa bollire per un po’, in base al tempo che si ha a disposizione. Poi si fa saltare la pasta dentro la salsa, e si condisce con parecchio parmigiano e/o pecorino.

CRESPELLE AI FORMAGGI - Graziella Questa preparazione è perfetta per pranzi con molte persone, perché si può preparare agevolmente il giorno prima e la cottura finale richiede solo 30 minuti in forno medio. Si preparano le classiche crespelle con uova, farina, latte e burro. Per la grandezza io mi attengo a circa 15 cm di diametro. Per la quantità ovviamente dipende dalle caratteristiche delle persone invitate a tavola, ma servono almeno tre crèpes a testa. Per prepararne circa 25 servono 250 gr. di farina, mezzo litro di latte, 4 uova, 50 gr. di burro fuso e un po’ di sale. Si lavorano bene le uova con la farina e un pizzico di sale. Si aggiungono un po’ alla volta il latte e il burro fuso, continuando a lavorare e si fa riposare il composto non in frigorifero per un po’ di tempo prima di procedere alla cottura. Le crèpes vanno farcite a piacere con formaggi : grana grattugiato, ricotta, gorgonzola, robiola, Emmental grattugiato…. Si possono aggiungere ai formaggi (singoli o variamente mixati) noci tritate, mortadella, radicchio leggermente stufato, spinaci…. In genere io preparo tre tipologie di farciture, in modo che ogni convitato le possa assaggiare tutte. Le crèpes farcite vanno chiuse a ventaglio (piegare a metà e poi ancora a metà) e messe dritte in una teglia imburrata. Al momento della cottura, mettere sopra qualche pezzetto di burro e infornare a

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forno medio per circa 30 minuti, fino a che si forma una leggera doratura.

LASAGNE CARASAU - Graziella Mia madre era bravissima a fare la sfoglia, avendo cominciato all’età di quattro anni a stenderla stando in piedi vicino alla tavola con un panchetto. Faceva tagliatelle inarrivabili . E anche lasagne superbe che aveva imparato a fare quando era venuta ad abitare vicino a noi una famiglia che proveniva dal bolognese. Io ovviamente non ho mai osato mettermi in competizione su questo piano e la sfoglia la faccio una volta all’anno, a Natale, con una strana macchinetta a rulli di legno. Allora le mie lasagne me le sono inventate quando ho conosciuto il pane carasau. Non c’è alcun paragone possibile con le classiche bolognesi, ma sono piacevoli e certo molto molto meno caloriche. Per prepararle, a occhio e croce occorre:

- il pane carasau - - una o più verdure a scelta un poco cotte, meglio se stufate

lasciandole un po' consistenti - pomodorini ciliegini tagliati a metà e già un po' cotti al forno

o nel tegame - pecorino o grana a scelta a seconda del tipo di verdure.

Si bagna leggermente il carasau con acqua ( bagnare molto invece se piace tipo "pappa"). Comporre a strati in una teglia ricoperta di carta forno o alluminio. Per ogni strato inserire:

- un foglio o pezzi di foglio di carasau bagnato grande quanto la teglia

- verdura - qualche pomodorino

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- formaggi grattugiati - una spruzzatina di olio.

Sopra l'ultimo strato di carasau mettere solo pomodorini, un po' di olio e all'ultimo momento il formaggio grattugiato ( altrimenti si brucia e diventa amaro). Se si vuole rendere il tutto più corposo, si può mettere anche un po' di ricotta. La ricotta sta particolarmente bene se si usano solo spinaci o erbette .

ZUPPA DI ORZO – Marisa di Gianluigi Ebbi occasione di gustare la zuppa di orzo in un ristorante di Alba di Canazei, circa 20 anni or sono e poiché mi sembrò ottima, cercai, gustando i sapori, di individuare gli ingredienti e ricostruirne il procedimento. Col tempo sono giunta a mettere a punto la seguente ricetta: Ingredienti

- Orzo perlato: ½ kg. - burro ½ hg. - pancetta affumicata: 160 gr. - cipolla dorata: 1 - sedano: 2 coste - carote: 3 - patate: 2 - brodo di carne o di dado: 3 litri circa

Procedimento: Soffriggere, nel burro, la cipolla tritata sino alla doratura ed aggiungere poi la pancetta affumicata. Lasciare rosolare i dadini e successivamente aggiungere le verdure (sedano, carote e patate a pezzetti). Dopo circa 2 minuti aggiungere l’orzo e lasciarlo soffriggere per qualche istante; successivamente aggiungere un po’ di brodo per volta, sino alla cottura dell’orzo.

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(La zuppa originale era arricchita anche di spezie quali: chiodi di garofano e forse anche coriandolo. Ma non essendo certa delle qualità e quantità, lascio ad altri l’inventiva al riguardo).

COUSCOUS ALLE VERDURE E FETA - Paola Prima di tutto taglio le verdure a pezzetti abbastanza uguali come grandezza

- 1 cipolla dolce - 1 peperone rosso e 1 giallo - 2 zucchine - 1 melanzana - 20 pomodorini

e le metto in una grande teglia da forno (spesso uso quelle usa e getta) con uno spicchio d’aglio e olio. Le salo solo quando sono cotte altrimenti risultano troppo asciutte (però bisogna ricordarsene!) In forno a 180/200 gradi per un’oretta (a volte anche più) mescolandole di tanto in tanto fino a quando sono ben dorate. Intanto preparo il couscous (precotto) seguendo le istruzioni della confezione. In genere due bicchieri di couscous e due di brodo di verdura (anche quello Star già pronto, che è buonissimo, lo do anche ai bimbi) invece dell’acqua. Si fa bollire il brodo, poi si toglie dal fuoco. Io aggiungo qualche cucchiaio di olio anche se non è previsto (così i chicchi si separano meglio) e una bustina di zafferano (che dà un colorito migliore) e non metto il burro perché non mi piace. Poi si versa il couscous, si mescola, si lascia gonfiare per qualche minuto, infine si sgrana con la forchetta. (E’ più lungo da dire che da fare). Si uniscono le verdure, 2 etti di feta sbriciolata (a volte ne faccio un po’ con la feta e un po’ senza), basilico o origano fresco. Infine bisogna assaggiare il tutto e regolare di sale e pepe.

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INVOLTINI ALLE VERZE - Graziella Non so più quale variante vi ho fatto assaggiare. Comunque il processo e' questo: 1- sbollentare le foglie di una verza . Quelle esterne richiedono un po' più di tempo. In genere io tolgo anche il durone centrale, tagliando direttamente in due le foglie più grandi o limandole via in quelle più piccole. Vanno sbollentate un po' alla volta e poi messe ad asciugare stese su un telo . 2- il ripieno può essere: a- vegetale. In questo caso si tritano verdure a piacimento, compreso il cuore della verza, si fanno soffriggere, si aggiunge un po' di vino e poi un po' di acqua facendole poi stufare, ma lasciandole un po' croccanti (ricetta originaria: porro, carote,bietola, funghi, verza. b- con carne e riso. Cuocere un po' il riso. Saltare in padella con un po' di olio, scalogno e carote tritati dei pezzetti piccoli di carne (solo pollo o pollo e salsiccia). Mettere insieme il riso, la carne, una o piu' uova (dipende ovviamente dalla quantità di carne...), un po' di parmigiano grattugiato. Sale, ovviamente. c- con patata e salsiccia. Per 4 persone: lessare 4 patate e schiacciarle. Rosolare 350 gr di salsiccia spellata e sbriciolata in olio+aglio e rosmarino. Mescolare il tutto, salare e pepare. d- variante con ricotta in aggiunta ad a e c. 3- Mettere un po' di composto sulle foglie e fare dei fagottini. Si possono legare con spago, ma se si tenno in una teglia antiaderente e un po' unta uno accanto all'altro stanno chiusi anche senza spago. Riempita la teglia, coprire a pelo con brodo . Spargere qualche pezzetto di pomodoro e far cuocere lentamente semicoperto. Scoperto alla fine se il brodo non si assorbe, perché gli involtini devono venir fuori asciutti.

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2.2 Secondi

POLPETTONE DI TONNO - Carlantonio Ingredienti

- Patate 400 gr circa - tonno sminuzzato 200 gr circa - una manciata di olive denocciolate - una manciata di capperi - 1 acciuga che viene sciolta in 40 gr di burro Niente sale. Decorare il piatto di portata con maionese.

Lessare le patate intere. Quando saranno tiepide sbucciarle e schiacciarle nello schiacciapatate (scusa le ripetizioni e le espressioni poco letterarie). Unire il tonno con 1 aringa sciolta nel burro. Disporre il contenuto in una ciotola e decorare con le olive. Quando si serve si può aggiungere della maionese…… Carlo come le vere "azdore" di un tempo dice di regolarsi a occhio per cui le dosi possono essere leggermente modificate a piacere nella quantità del tonno o delle patate.

Postilla di Paola

Il giorno in cui ci siamo incontrati nella elegante nuova casa di Carlo e Ros, davanti alla ciotola del polpettone di tonno e patate il tempo si è improvvisamente arrotolato indietro e mi sono trovata nella vecchia cucina di via Emaldi, mentre mia madre metteva lo stesso impasto in un grande piatto ovale e gli dava la forma di pesce, un cappero come occhio, la maionese a disegnare pinne e squame. Quando le mie figlie erano piccole, anch’io tante volte ho fatto questo pesce-polpettone che piaceva a tutti ma che poi, chissà perché, è caduto nel dimenticatoio.

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Finché un giorno me ne ha parlato Graziella, che ricorda ancora quando lo mangiava a casa mia ai tempi del liceo e che adesso lo prepara insieme al nipotino “cucinante”. Vorrei che qualche studioso della mente e dell’anima mi spiegasse per quale motivo non trovo mai tempo voglia ingredienti per rifarlo. Proprio non ci riesco.

ROASTBEEF - Pippo Artusi

Dopo lunga attesa (la vostra….), finalmente mi decido a mandare la ricetta del mio “famoso” (???) roastbeef. Prendete un branzino di media taglia e d eviratelo accuratamente (per togliere quel saporaccio di selvatico), apritelo a metà e mettetelo a riposare all’aria, su di un piatto da portata, per 7 giorni, con qualche rametto di nepetella e coperto da un tovagliolo di lino bianco. Mettete ora a soffriggere un trito di aglio, prezzemolo e peperoncino in abbondante olio extravergine, fino ad imbiondire il tutto. Preparate, a parte, abbondante crema pasticcera, usando anche le uova, e mescolate con mirtilli neri (freschi) e fragoline di bosco (passe); procuratevi anche un po’ di biscotti pavesini, brodo di pollo e maionese. Trascorsi i 7 giorni, tagliate a tocchi (a guisa di sushi), il branzino (o ciò che ne resta), preparate una terrina ed alternate a strati, uno sopra l’altro, partendo dal basso:

- uno strato di pavesini - uno strato di 5 o 6 mm di trito aglio-prezzemolo-

peperoncino, con abbondante olio - uno strato di 1 cm di crema pasticcera - uno strato di branzino - uno strato di pavesini……..e così via, fino all’esaurimento

degli ingredienti, aggiungendo,

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- ogni tanto, un cucchiaio di brodo ed un po’ di maionese. In cima a tutto mettete ancora un po’ di nepetella e………BUON APPETITO. Poiché la preparazione è laboriosa, ma si svolge nell’arco di 7-8 giorni, nel frattempo potete procurarvi un trancio di lombata di manzo di peso non inferiore ad 1,5Kg e diametro non inferiore a 10 cm (circa). Usando la salamoia bolognese (sale grosso, rosmarino, aglio (poco, poco), salvia ed altre erbe aromatiche, tutto tritato insieme), cospargere la lombata e sfregare con le mani la sua superficie onde far penetrare un po’ il condimento all’interno. Mettere in un tegame olio extravergine di oliva, quanto basta a garantire alla fine (in funzione della quantità di carne preparata) un cucchiaio di “sugo” a fetta, e rosolare la lombata su tutti i lati, ad eccezione dei due corrispondenti al taglio (ovvero perpendicolari alle fibre della carne), girando la carne continuamente a tegame scoperto. Mentre rosolate la carne, prendete un limone grosso, (o due se piccoli), e spremetelo (con lo spremiagrumi “a manazza”) ed aggiungete al succo ottenuto una pari quantità di acqua. Terminata la rosolatura (che è abbastanza veloce), versare sulla carne il mix di limone ed acqua di cui sopra, coprire il tegame, lasciando però scoperta una ampia fessura per l’uscita del vapore; girando continuamente la carne, fare evaporare il mix limone-acqua, a fuoco vivacino, finché il “sugo” (composto da olio, umore della carne e mix limone-acqua) non si è addensato (la carne ricomincia a rosolare….). Togliere dal fuoco e lasciar raffreddare. Affettare e servire il roastbeef (freddo) , con l’aggiunta di un po’ di ”sugo” su ogni fetta. Un bacione e……… n’to culo a Vissani !!!

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SALSICCIA E FAGIOLI CON PORZIONI COME PIACCIONO A ME -Claudio

Si tritano aglio e rosmarino e si fanno rosolare in pentola con un filo d'olio evo. Poi si mette una scatoletta di fagioli cannellini (col suo sugo) a persona (se vi sembrano troppi fate un po' come vi pare) e si lasciano insaporire aggiungendo tocchi di salsiccia grossa senza la buccia, passata di pomodoro e acqua. Fare bollire piuttosto a lungo finché il sugo non si addensa. Lasciare riposare, con qualche ciuffetto di rosmarino fresco, per un'oretta prima di mangiare.

LOMBO AL LATTE ALLA BOLOGNESE - Graziella Questa ricetta l’ho imparata dal gestore della piccola trattoria Serghei in via Piella ai tempi in cui ero ancora giovane assistente universitaria e andavo lì qualche volta con i miei maestri. La trattoria c’è ancora e gode di buona fama per i cibi tradizionali, ma io non la frequento più e non so se ancora nel menù potete trovare questo lombo al latte. Se desiderate provare, prendete un pezzo di lombo al latte di quantità congruente alla bisogna. Calcolare circa un etto e mezzo di carne per ogni persona di buon appetito. Fare rosolare in poco olio con uno scarso battuto di cipolla, curando che tutta la superficie esterna sia cotta. Salare, aggiungere latte

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intero fino a coprire la carne, mezzo bicchiere di olio e qualche foglia di salvia ( più o meno a seconda del piacere). Fare cuocere lentamente a tegame coperto fino a completa cottura. Togliere il lombo dal tegame, filtrare il fondo in modo da far scolare via l’unto. Servire a fette della grossezza di un dito coperte dal fondo di cottura.

COTOLETTE DI CARDO – Marisa di Gianluigi E’ proprio in questo periodo autunnale che inizia la stagione del cardo, che tra le verdure autunnali/invernali, risulta a mio parere essere il re. Gustosissimo in pinzimonio, altamente digeribile lessato e passato poi in padella con burro e parmigiano, è pure gradevole al forno, con l’aggiunta di salsa bianca (besciamella) unitamente al grana e al prosciutto cotto. Tuttavia la morte del cardo è l’essere lessato a tocchetti, impanato e passato in umido. E’ questa un’antica ricetta contadina, molto molto gustosa. Ingredienti

- Un cardo grosso, possibilmente ricurvo e bianco - uova - pane grattugiato - formaggio grana - una noce moscata - sale, pepe - pelati o salsa di pomodoro - aglio e prezzemolo

(La quantità degli ingredienti dipende dalla grossezza del cardo. Il pane grattugiato ed il grana vanno messe in parti uguali)

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2.3 Contorni

LE VERDURE - Adele Come spesso succede, ai figli o ai nipoti in genere le verdure piacciono poco o non piacciono per niente ! Ecco allora che le mamme o le nonne cercano alternative più appetitose per fargliele apprezzare e gustare di volta in volta. Le ricette che seguono sono state utilizzate a questo scopo; ad esse è stata apportata qualche variazione personale a seconda che , tra i commensali, prevalessero gli adulti o i bambini. Negli ultimi tempi ho scoperto il formaggio di capra : sapido, ma più leggero e digeribile di quello vaccino. Pur non indicandolo nelle ricette riportate sotto, è possibile sostituirlo al formaggio o ad uno dei formaggi elencati in ciascuna. È inteso che dovrà essere più o meno stagionato a seconda dell’utilizzo e degli scopi.

PICCOLI FLAN DI BROCCOLI E CAVOLFIORI - Adele Ingredienti per 4 persone

- broccoli 400 gr. - cavolfiori 400 gr. - provola o grana 80 gr. - uova intere 2 - tuorli 2 - panna liquida fresca 100 gr. - burro 1 grossa noce - pangrattato 1 cucchiaio - noce moscata - sale, pepe

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Esecuzione Cuoci separatamente per 10 minuti le cimette di broccoli e cavolfiori, scolale e falle raffreddare. Amalgama separatamente con panna e uova (suddivise a metà), noce moscata, pepe e sale. Imburrare poi 6 stampini e rivestirli di pangrattato. Riempili ora con i due composti e inserisci in ognuno un pezzetto di provola o grana poco stagionato. Spolverali di pangrattato e cuocili, a bagnomaria, in forno a 180° per circa mezzora.

SFORMATINI DI CARCIOFI E SPINACI AI FORMAGGI - Adele Ingredienti per 6 – 8 persone

- 8 carciofi - 50 gr. spinaci cotti al vapore - 25 gr. farina - 2 dl. latte - 25 gr. groviera - 50 gr. parmigiano reggiano - 2 uova - 60 gr. burro - un pezzetto di cipolla - sale, pepe.

Esecuzione Pulisci 6 carciofi, affettali e tuffali in acqua bollente salata per qualche minuto. Scolali bene, poi passali in padella a rosolare con 20 gr. di burro; frullali con gli spinaci, quindi aggiungi sale e pepe. A parte fai fondere 25 gr. di burro in un tegamino con il pezzetto di cipolla; eliminalo, unisci la farina, falla tostare brevemente; successivamente, mescolando, versa il latte bollente.

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Cuoci, continuando a mescolare per alcuni minuti, fino ad ottenere una besciamella densa; aggiungi sale e insaporisci con il groviera e 25 gr. di parmigiano, grattugiati. A questo punto unisci la purea di verdure, lascia intiepidire, quindi incorpora un uovo, un tuorlo e un albume montato a neve. Trasferisci in stampini imburrati e cuoci a bagnomaria nel forno già caldo a 180° per 20 minuti. Volendo, questa “mini delizia” può essere servita agli ospiti (adulti) con un’insalatina di carciofi e parmigiano a scaglie e/o, se volete, una salsa al formaggio.

TEGLIA DI PATATE E FUNGHI - Adele

Ecco qua un’altra idea facile facile per dare un buon contorno sia a secondi di carne che di pesce. A me piace anche con i carciofi, tagliati a fettine e appena scottati in acqua salata per 5 minuti. Ingredienti per 4 persone

- 600 gr di champignon (puliti e tagliati a fettine) - 3 patate (piuttosto grosse) - 1 cucchiaio di prezzemolo tritato - 1 spicchio di aglio - 1 tazza di brodo - olio extravergine - 2 cucchiai di grana grattugiato - sale e pepe

Esecuzione Sbuccia e taglia a spicchi le patate. Scalda un po’ di olio in una padella e falle rosolare. Versa il brodo, copri con il coperchio e fai cuocere per 15 minuti.

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In un’altra padella scalda l’olio con l’aglio (intero) e i funghi ( o i carciofi), quindi condisci con sale e pepe. Il fuoco dev’essere medio e la cottura durare circa 10 minuti. Togli infine l’aglio e aggiungi il prezzemolo tritato. A questo punto occorre predisporre una pirofila, appena unta, in cui versi le patate, le condisci con sale e pepe e le copri con i funghi ( o i carciofi). Completa la cottura in forno già caldo (190° - 200°) per un altro quarto d’ora circa. Prima di servire in tavola, spolvera con il grana la superficie tiepida del composto.

MELANZANE AL FORNO CHE PIACCIONO TANTO A GRAZIELLA - Paola

Si tagliano a rondelle di circa 1 cm due belle melanzane tonde, si dispongono su una grande teglia da forno, si salano e si irrorano di olio d’oliva. In forno a 180 gradi per circa 40 minuti, girandole due o tre volte, finché diventano di un bel colore dorato. Tutto qui!

ZUCCA IN TEGLIA - Graziella Si tratta di una ricetta sostanzialmente pugliese, nel senso che mi è arrivata da Lia e dalla sua cucina di San Severo, ma passando attraverso rivisitazioni nel tempo. Si taglia a quadrotti una quantità di zucca gialla sufficiente al numero delle persone chiamate alla tavola e si fanno saltare in una teglia antiaderente dove si sono fatti rosolare due spicchi di aglio in poche cucchiaiate di olio. Si aggiunge un poco di rosmarino sfilettato, ma non tritato, si sala e si fa cuocere prima a fuoco vivo, poi più lento, facendo di tanto in tanto saltare la padella (non toccare troppo con cucchiai, forchette o altri strumenti, perché è bene che i quadrotti rimangano integri).

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A cottura quasi ultimata si aggiungono una manciata (dipende ovviamente dalla quantità complessiva di zucca) di uva passa fatta rinvenire in acqua e un pugnetto di pinoli.

CILIEGINI PROSCIUGATI - Graziella Sono ottimi per accompagnare carni di ogni tipo, ma anche per condire una pasta e da mangiare su una fetta di pane abbrustolito. Si prendono rossi ciliegini maturi ma ben sodi, si tagliano a metà e si lasciamo un pochino scolare. La cottura ideale è in forno medio all’inizio e poi lento, stesi in una teglia pochissimo oliata, salati e, a piacere, con una spolverata di erbe aromatiche sminuzzate. Si lasciano cuocere fino a che diventano un pochino passiti (non seccati!). Si possono cuocere anche in una teglia sul fornello, prima coperti e poi lasciati andare scoperti e a fuoco lento fino a raggiungere lo stesso stato di quelli in forno. Con questo tipo di cottura rimangono comunque un po’ più teneri e sono preferibili se si vogliono usare come condimento alla pasta.

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2.4 Dolci … non è forse soprattutto di dolcezza che abbiamo bisogno?

CROSTATA DI PASTAFROLLA – Angela

Ingredienti - 3 etti di farina - 2 etti di burro - 1 etto di zucchero - 2 uova - 1 pizzico di sale

Amalgamare impastando velocemente Lasciare riposare in frigor per alcune ore (per una notte nella ricatta originale) Stendere in un disco dello spessore di 1 cm. Guarnire con Composta di frutta o qualsivoglia marmellata Cuocere in forno moderato per 40 min.

VELOCE MA BUONO - Angela

Aggiungo la ricetta di un dolce al cucchiaio che una volta vi ho fatto assaggiare. A casa mia lo chiamano gelato, per far contenti i piccoli a cui è sempre concesso dalle mamme ansiose e rigorosamente rispettose delle diete pediatriche. Ai bambini piace perché c'è la cioccolata a pezzetti ma soprattutto perché tocca a loro, grembiule e carrello, servire le coppette di gelato a tutti noi. Non può assolutamente mancare !! Questo dolce , come la crostata di pastafrolla, ha per me il vantaggio che posso utilizzare il fruttosio e quindi può goderselo anche mia figlia allergica allo zucchero . Si fa così:

- montare a neve ben solida mezzo litro di panna - montare 6 tuorli di uovo con 6 cucchiai di zucchero

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- mischiare delicatamente il tutto e aggiungere 1 etto di cioccolato fondente a scaglie e pezzetti

- depositare in freezer per alcune ore. Lo zucchero si regola secondo il gusto personale Va servito fuori freezer da almeno mezza ora o poco meno affinchè si ammorbidisca un poco.

TORTA AL CIOCCOLATO - Annacriscris

La torta al cioccolato è nata per me a Cesenatico. E' legata ai ricordi di una famiglia che, prevalentemente nella componente giovane, a Cesenatico si riuniva nell'estate. C'eravamo tutti : mia sorella con Emanuele,mia cognata con Filippo e poi anche la Laura. Qualche volta compariva anche una babysitter, quando i bimbi erano molto piccoli, perché mia sorella dirigeva il laboratorio dell'Ospedale di San Piero in Bagno e mia cognata lavorava all'Ospedale di Lugo. Di domenica, principalmente, arrivavano anche i rispettivi mariti. Era una gran festa. E quando si voleva festeggiare si andava a prendere la torta al cioccolato al forno vicino. Ecco che cosa significa per me questa torta. Festa insieme, tutti noi riuniti, anche quelli che ora non ci sono più. Poi un'amica di mia sorella ci passò la ricetta di questo forno. Il forno chiuse, ma noi potevamo perpetuare la magia di quella festa. La torta al cioccolato divenne la torta delle grandi occasioni a casa mia,compleanni, battesimi, lauree, fatta da mia madre molto brava non solo a fare torte squisite, ma anche a cucinare piatti da grande chef. Mi ricordava pochi giorni fa il cognato di mia cognata, di Milano, che in uno dei raffinatissimi pranzi cui mia madre li invitò, ebbe il piacere di mangiare, pensate un po', delle splendide quaglie disossate. Mia madre ci credeva nella cucina e leggeva ricette anche la notte. Investiva moltissimo tempo anche nei piatti più laboriosi.

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Adesso capirete forse un po' meglio che cosa significhi per me fare questa torta e condividerla con gli amici e parenti. Riassume tutto l'affetto e la condivisione delle situazioni in cui si ritrovano quelli che si vogliono bene. Se non potessi più farvela, come comunicarvi tutto quello che voglio esprimervi? Mi vengono le lacrime se continuo. Con affetto un abbraccio annacriscris P.S. Disponibile a farla come sempre

TORTA DI ZUCCA E CIOCCOLATO - Annacriscris Quando ho portato la torta di zucca a quella festa bellissima a casa di Carlantonio sono stata ispirata dal saggio comparso sul sito di Graziella il 7 ottobre 2012. L'argomentazione di Graziella era talmente bella e coinvolgente, che in un battibaleno mi sono messa come Lei suggeriva "alla scuola delle zucche". Graziella esaltava delle zucche la resistenza nel tempo, e tutta una serie di qualità che mi hanno colpito, e in cui mi sono in un certo senso identificata. Il saggio è una summa di intelligenza, saggezza, spessore filosofico, sociologico, sensibilità, come solo Graziella sa fare. Mi piace come risultato della riflessione di chi ha nel mondo contadino molti dei suoi valori di riferimento. Anche se non solo. Geniale il finale con quel suo rapido accenno al buio etico-culturale in cui viviamo e a quella"pazienza dei tempi lunghi" che si impone come strategia di resistenza e di sopravvivenza. Niente di meglio che queste pagine all'intersezione tra saggezza e gusto, antropologia e gastronomia, per dare "sapore" ai nostri cibi dell'amicizia e per valorizzare proprio la zucca,cibo delle nostre terre da generazioni. Quando ho portato a mia Zia novantaduenne la torta di zucca, mi ha detto:"Ne ho mangiata tanta da bambina!". Non vi sembra adesso più buona?

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Ingredienti Zucca 500 g.; farina 250 g; zucchero 150 g; burro 70 g; latte intero 80ml; vanillina 1 bustina; gocce di cioccolato fondente 40-50 g; uovo1; lievito una bustina; sale fino Per la decorazione zucchero a velo 20g; burro e farina per lo stampo La preparazione Accendete il forno a 200° Disponete la zucca, pulita e ridotta a dadini, e fatela cuocere in circa 10 minuti;deve diventare tenera Montate intanto in una ciotola l'uovo con metà zucchero fino a renderlo gonfio e spumoso Fate sciogliere a fuoco dolce il burro in una padellina,lasciatelo intiepidire Incorporate nella ciotola con l'uovo,la vanillina,il burro fuso intiepidito,la polpa di zucca (250 g)passata al setaccio,un pizzico di sale e il latte Amalgamate bene gli ingredienti Aggiungete la farina rimasta setacciata con il lievito,lo zucchero rimasto e le gocce di cioccolato,mescolate ancora La cottura Accendete il forno a 180° Imburrate e infarinate uniformemente uno stampo da 20-22 cm di diametro Versate il composto preparato facendolo livellare Infornate 40 minuti;deve gonfiare e prendere colore La decorazione Sfornate il dolce,lasciatelo intepidire Sformatelo sul piano di lavoro Copritelo con una mascherina di carta con la forma di una zucca e cospargetelo con zucchero a velo; servite.

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TORTA ALLO YOGHURT - Paola Ricordo come fosse ieri il giorno in cui la mia amica Maria Teresa mi diede questa ricetta. Nel quadernone la trascrisse Nadia, e dalla sua grafia potete immaginare quanti anni avesse. Da allora la torta allo yogurt, insieme al salame di cioccolata e alle rose del deserto (volete sapere come si fanno?) è entrata di peso nel “lessico familiare” culinario e il mio forno ne ha cotto centinaia, semplici o con l’aggiunta di mele, di uvetta, di gocce di cioccolata o di cacao amaro* (tipo torta di marmo se si mette solo in metà dell’impasto). *ricordarsi di mettere un po’ più di zucchero Naturalmente alla fine va spolverizzata di zucchero a velo.

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TORTA ELEFANTE DI NONNA ROSINA (mamma di Adamo) ( a cura di Paola) Nessuno me ne voglia, ma, tra tutti gli squisiti dolci che ho assaggiato durante i nostri incontri, quello di cui mi sono innamorata è la torta della Rosina. Ogni volta che telefonavo ad Adamo per comunicargli la data stabilita, gli chiedevo anche la torta della sua mamma. E lui puntualmente la portava. (Devo confessarvi che se ne rimaneva un po', quel po' finiva a casa mia!) Poi la sua mamma se ne andata con tutte le nostre mamme, e con lei se ne è andata la mia torta preferita. In occasione di questo ricettario, abbiamo fatto alcune ricerche che forse ce la faranno recuperare. Innanzi tutto con Graziella ci siamo chieste perché mai si chiamasse Elefante, e cercando in Internet abbiamo scoperto che esiste un lievito per dolci Elefante, sulla cui bustina è riportata una ricetta: che sia quella? Su eBay ho trovato il liquore Gambadilegno della distilleria Garotti di Lugo, che non è più in produzione e i collezionisti cercano le rare bottiglie rimaste. Adamo ha recuperato qualche indicazione dai vicini di casa cui sua madre aveva dato le dosi. In conclusione, la ricetta dovrebbe essere la seguente:

- 3 etti di farina - 3 uova - 2 etti di zucchero - 1/2 bicchiere di olio - 1 bicchiere di latte, se necessario - 1 bustina di lievito (Elefante?)

Montare i tre tuorli con lo zucchero, aggiungere l'olio e mescolare bene. Aggiungere la farina col lievito incorporato, amalgamare (se necessario, aggiungere latte).

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A parte montare bene le tre chiare e aggiungerle al tutto mescolando delicatamente. Foderare una teglia diametro 28 con carta da forno. Infornare per circa un'ora a 180 gradi. Tagliare in tre dischi la torta, bagnarli leggermente col liquore all'anice Gambadilegno, farcire con una buona crema (gialla o marrone). Spolverizzare di zucchero a velo. Proverò a farla. Forse sarà buona, ma sicuramente non sarà la stessa cosa. Grazie, nonna Rosina!

LATTE BRULE’ DI NONNA TECLA ( a cura di Graziella) La Tecla preparava poche ricette, sempre quelle, differenziate in base alle stagioni e al carattere feriale o festivo dei pranzi. Nel suo campo era veramente grande e in questo campo trovava posto, per le feste, il classico romagnolo latte brulé. Per le altre portate non sono mai riuscita ad eguagliarla, ma con il latte brulé la raggiungo quasi, almeno a quanto dicono le persone della mia famiglia allargata. La preparazione è molto semplice: richiede però tempo e amore. Per una preparazione che sia sufficiente per cinque/sei persone si prende un litro e mezzo di buon latte intero e lo si fa bollire a fuoco medio/lento con 12 cucchiai di zucchero e una stecca di vaniglia fino a dimezzare. Si lascia raffreddare completamente. Poi si frullano 6 tuorli e si aggiungono al latte freddo filtrato con un colino perché venga eliminata la “panna” che si è formata durante la cottura e il raffreddamento. Si può frullare insieme ai tuorli anche una chiara (o anche due, ma io ne uso una). Rimescolare accuratamente e versare il composto -filtrandolo una seconda volta con un colino- in uno stampo tondo caramellato. Far cuocere a bagnomaria nel forno fino a che non si è rassodato (certo

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più di un’ora). Si controlla la cottura con uno stecchino ed è cotto quando non esce più liquido. Meglio prepararlo con un giorno di anticipo rispetto alla consumazione e farlo riposare al freddo. Riportarlo in luogo caldo almeno un’ora prima della consumazione perché il caramello si deve liquefare e rovesciare su un piatto da portata con i bordi rialzati.

TORTA AI FRUTTI DI BOSCO – Ros

Ingredienti - Pan di Spagna tagliato in 3 dischi (fatelo preparare dal forno) - frutta ( 1 busta di frutti di bosco surgelata e 2 vaschette di lamponi e mirtilli freschi) - ricotta 500 gr - panna 250 gr - zucchero 150 gr - vanillina ( 2 buste) - limoni non trattati 2 - gelatina 1 busta

Unire alla ricotta: lo zucchero- la buccia grattugiata dei 2 limoni - il succo di 1 limone - vanillina. Mescolare bene e aggiungere la panna montata a neve ferma. Bagnare i dischi di Pan di Spagna con del liquore per dolci ( anisetta- maraschino o altro) io uso uno spruzzino per piante piccolino che tengo solo per i dolci. Teniamo da parte un po’ di impasto di ricotta e panna che useremo per decorare la parte superiore del dolce. All'impasto rimanente aggiungiamo il contenuto, scongelato, della busta di frutti di bosco e lo stendiamo nei vari strati in cui è suddivisa la torta. Nella parte superiore stendiamo l'impasto bianco e decoriamo a piacere usando la frutta fresca delle vaschette.

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Se messa in frigorifero il giorno prima è molto più buona. Si può fare anche usando solo fragole.

TORTA NATALINA - Paola

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ZUCCHERINI BOLOGNESI - Graziella La ricetta è quella brevettata dalla camera di Commercio di Bologna e ve la propongo come segno della mia mixité territoriale. Ingredienti

- Farina Kg. 1 - zucchero gr. 550 - burro freddo gr. 250 - uova 5 intere - mandorle leggermente tostate e tritate gr.50 - buccia di limone grattugiata - lievito1 bustina - zucchero a velo vanigliato gr.100

Le dosi indicate producono una grande quantità di piccoli zuccherini. Ovviamente fate le giuste proporzioni (abbiamo studiato…) in base alla bisogna. Lavorare farina, zucchero, burro, uova, buccia di limone, lievito e mandorle e lasciare riposare per un’ora in frigorifero. Con piccole porzioni di pasta formare dei bastoncini del diametro di una sigaretta, arrotolarli attorno alla punta di un dito e cuocere in forno per 10 minuti a 160 gradi. Non devono colorirsi troppo. Spolverizzarli con zucchero a velo vanigliato.

MINI STRUDEL DI MELA - Adele

C’era una volta una nonna un po’ romagnola e un po’ trentina che si chiamava Mariangela. Per accontentare due nipotine che le chiedevano spesso una merenda “speciale” nei lunghi e grigi pomeriggi invernali, inventò questa gustosa e profumata ricetta, che soddisfa grandi e piccoli. I grandi, come fine pasto non troppo impegnativo e dal sapore un po’ autunnale; i piccoli, con il

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fragrante gusto della pasta sfoglia e del suo piccolo “tesoro” nascosto dal sapore di frutta e cannella. Oggi, rivisitando un po’ gli ingredienti, si può fare in modo altrettanto gustoso, ma più veloce. Ricetta per 8 mini strudel Ingredienti

- 1 confezione di pasta sfoglia (già stesa e rotonda) - 1 mela renetta (piccola) - marmellata di pere e mele alla cannella q.b. (in

alternativa: albicocche) - (*) vedi ricetta sotto - 1 manciata di uvetta - pinoli (30 – 35 di numero)

Fase 1 – prepara il ripieno

- In un bicchiere di acqua tiepida fai rinvenire l’uvetta per 15 / 20 minuti.

- Intanto sbuccia la mela, leva il torsolo, dividi in quarti e riducili a cubetti piccolini.

- Quindi predisponi l’occorrente per confezionare i mini strudel.

Fase 2 – confeziona gli strudel

- Taglia la pasta sfoglia in otto spicchi con una rotella da pasta.

- Alla base dello spicchio poni: - 2 cucchiaini di marmellata - 5 / 6 pezzetti di mela - 4 / 5 pinoli e altrettanta uvetta strizzata - Allarga la base dello spicchio con le mani e chiudilo a

fagottino, facendolo poi rotolare verso la punta, che va fissata con un goccio d’acqua tiepida.

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Fase 3 – Infarina e servi - Poni gli 8 mini-strudel sulla placca del forno

preriscaldato a 200°, rivestita con carta da forno bagnata e strizzata.

- Cuoci per 10 / 15 minuti, meglio se a forno ventilato. - Sforna, predisponili in un piatto da portata o vassoio e

servili appena tiepidi o freddi spolverati di zucchero a velo.

Anche i bambini possono aiutare a confezionare i mini-strudel; la parte più divertente è mangiarli, però… possono dare una mano nell’ ”assemblare” gli ingredienti o nell’avvolgere i fagottini… CONFETTURA DI PERE E MELE alla cannella e limone - Adele Questa confettura richiedeva una volta molto più tempo e impegno. Oggi in meno di 30 minuti è possibile prepararla con ottimi risultati e minor fatica. Adatta ad accompagnare formaggi stagionati a pasta dura e dal sapore mediamente piccante, è ottima anche per la colazione e per farcire i ministrudel della nonna Mariangela. In genere piace a grandi e piccoli. Ricetta per 3 vasetti da 350 grammi ca.

- 1 Kg di mele golden (meglio: renette) mature - 3 / 4 pere william o decana - 1 pizzico abbondante di cannella in polvere - 1 limone - 500 gr. di zucchero semolato o di canna - 1 busta di Fruttapec 2:1

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Esecuzione Pulisci e taglia a pezzetti la frutta, spremi a parte il limone. Segui le istruzioni del Fruttapec. Con il minipimer mescola bene tutto e porta a bollore per 3 minuti. Aggiungi la cannella e il succo di limone. Fai bollire ancora 2 minuti e invasa.

IL SALAME DI CIOCCOLATA - Tommaso e Graziella Uno dei maggiori divertimenti di mio nipote Tommaso è fare il “cucinante”, come lui dice (non cuoco, ma cucinante, termine del resto giustissimo per indicare l’azione in movimento). Nella casa rossa, a Bologna, facciamo il pane e abbiamo fatto le marmellate con le varie frutta, dalle fragole alle arance, passando attraverso pesche e cotogne. Anche con lui ho preparato il salame di cioccolata, il primo dolce che in genere si fa fare ai ragazzi perché è facile e perché la cioccolata è un must per i piccoli ( e tutti gli altri). Abbiamo schiacciato biscotti secchi (200 gr.), lavorato il burro (max 100 gr. a temperatura ambiente) con lo zucchero (4 cucchiai) e il cioccolato in polvere amaro (3 cucchiai, ma si può usare anche una quantità equivalente di cioccolato fondente fatto sciogliere a bagno maria), aperto l’uovo sbattendolo sul bordo della ciotola, mescolato il tutto e steso in un salamotto sopra la carta stagnola. E in tutto questo tempo abbiamo parlato, certo degli ingredienti che stavamo lavorando, ma anche delle nuvole grigie che stavano nascondendo il sole, del rumore che veniva dall’appartamento di sotto, del colore bel bus che avevo preso, dello zio brigante…..

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PINZA DAL VENETO - Luisa

Non so se posso inserirmi nella vostra ricerca gastronomica. Se si tratta di piatti preparati in occasione degli incontri conviviali, ho ben poco da offrire. Se invece si pensa ad un recupero di memorie di sapori che evocano circostanze, momenti particolari del nostro passato, ricordi più o meno condivisi, allora potrei dare anch'io un modesto contributo. Ricordo che quand'ero bambina, nella mia famiglia, si osservava un "rituale" piuttosto rigido riguardo ai cibi da preparare: avevamo un menù settimanale che variava a seconda delle stagioni ed uno fisso per le grandi festività. A Natale, cappelletti (e solo in quel giorno!); capodanno, spoia pina; a Pasqua, passatelli (la mia ricetta è leggermente diversa da quella di Anna Bagnaresi). Cresime e Comunioni si festeggiavano con le pesche (di pasta frolla e crema) o zuppa inglese. A pranzo, le domeniche d'agosto, anche con 40°, non mancavano i mafrigoli in brodo con il soffrittino di rigaglie. Spesso, la domenica, mia mamma metteva e pì int'la pignata, una sorta di salamotto fatto con pangrattato, parmigiano, uovo, ricotta e noce moscata. Sono pronta trasmettervi queste ricette, ma intanto dal Veneto vi mando un frammento di cultura popolare, usanze e tradizioni che ancora resistono, soprattutto nei paesetti di campagna, attingendo alle informazioni raccolte da miei alunni nel lontano 1977. La sera del 5 gennaio, in spiazzi abbastanza ampi, si accendevano i falò, detti panevin, preparati con sarmenti e potature varie, facendo a gara a chi lo faceva più alto; alcuni ragazzi montavano di guardia perché la rivalità era grande e poteva succedere che l'avversario venisse di nascosto ad incendiarlo prima del tempo. Attorno si radunavano famiglie intere, allora molto numerose, mangiavano la pinza, bevevano vin brulé e cantavano: (lo riporto in dialetto, ma è comprensibile)

Che Dio me dae la sanità del pan e del vin la luganega soto el camin

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la pinza sul larin la poenta sul fondal evviva el carneval.

Poi si osservava la direzione presa dalle faville, traendone gli auspici per l'annata: "Se le fuische le a matina, ciol su el sac e va a farina, se le fuische le va a sera, de poenta pien caliera" La pinza, nelle famiglie dei mezzadri dei conti Collalto, veniva preparata con ingredienti che si raccoglievano nei campi: polenta di farina gialla, a cui si mescolavano fichi secchi, uva, zucca, noci, mele; il tutto, avvolto in foglie di verza, si cucinava in un punto caldo del camino, coperto di cenere. Una signora quasi ottantenne, mia cara amica, mi ha dato questa ricetta: In circa un litro d'acqua con un po' di sale (volendo metà acqua e metà latte) si fa cuocere qualche pezzetto di zucca, si schiaccia bene poi si aggiungono 250 grammi di farina gialla (meglio se fioretto) si continua a cuocere per circa mezz'ora. Si versa quindi in una terrina e si lascia raffreddare. Poi si uniscono: uvetta ammollata nella grappa, fichi secchi a pezzetti, noci tritate, 5 cucchiai di farina 00, 8 cucchiai di zucchero, 80 grammi di burro, scorza d'arancia, semi di finocchio. Si versa in una teglia imburrata e si cuoce per un'ora abbondante in forno. É meglio lasciarla raffreddare nella teglia, perché calda tende a sbriciolarsi. Come vedete gli ingredienti non sono indicati in quantità esatte, perché si procede a occhio ed a piacimento. Inoltre, ogni famiglia ha la sua ricetta, che non si discosta di molto da questa, ma ognuna è convinta che la sua sia la migliore.

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3. Cibi in libertà Fin qui abbiamo proceduto in maniera sequenziale. Ma qualcosa sfugge all’ordine e, a onor del vero, dopo l’irreggimentazione di matrice borghese, si sono diffusi altri modi di organizzare i convivi e il mangiare insieme. Dal mondo anglosassone ci è arrivato il self-service che, in realtà, è una traduzione contemporanea di quello che si chiamava un tempo il servizio alla francese (tutti i cibi in tavola e poi ciascuno mescola come crede). Bisogna poi pensare che convivio non sono solo i pranzi e le cene, ma anche le colazioni, i pic-nic, le merende e, in tempi recenti, gli “aperitivi”prolungati. E poi il brunch. In sostanza, la nostra società flessibile porta con sé modalità aperte di consumare il cibo, disarticolate nei modi e nelle sequenze. Un po’ disordinate, ma perché no? La flessibilità diventa un male quando risponde solo ad esigenze di velocità e di esasperata individualizzazione. Ma è bene che il piacere del mangiare insieme sia condito anche dalla libertà, dal gioco delle diversità e dalla sorpresa. E comunque anche nell’Artusi alla sequenza ordinata si mescolano cibi indisciplinati che si possono collocare qua e là, a cominciare dai “principi” (“quelle cosette appetitose”) che, a dispetto del loro nome, non è detto che debbano essere serviti proprio all’inizio del pasto. Le ricette che seguono possono essere utili in occasioni diversificate. A piacere…

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CAPPELLETTI BRISÉE - Graziella Prendere un rotolo di pasta brisé Buitoni e renderla un po' più sottile con il matterello. Tagliare a quadri della grandezza desiderata, farcirli e chiuderli secondo le regole dei cappelletti. La farcitura può variare:

-ricotta, grana grattugiato, spinaci, uovo -ricotta, grana grattugiato, mortadella tritata -ricotta, grana grattugiato, salsiccia sbriciolata e passata in padella -ricotta, pecorino grattugiato e radicchio tritato e leggermente stufato ......

Io una base di ricotta e grana o pecorino la metto sempre perché creano una massa più compatta e si fonde meno nella cottura. Si può usare anche un po' di robiola. Poi infornare a fuoco medio e cuocere per circa un quarto d'ora/venti minuti. Dipende dal forno , come sempre. Devono dorarsi un pochino, non troppo. Buon appetito.

I SALUMI - Giacomo Come si fa a parlare di salame e dei salumi senza il rischio di penetrare in pericolosi territori infidi caratterizzati da pendenze scivolose e inevitabili uscite di strada ? Mi sono sforzato di capire la genesi di un alimento così allettante, ma mi sono accorto che la nomenclatura legata a questo tipico prodotto di origine suina, abbondantemente utilizzato e gustato sulle tavole occidentali, possiede un’autonoma propensione per la sconcezza, i doppi sensi, le allusioni non troppo nascoste, i significati scopertamente indirizzati ad esaltare i sensi, i desideri, le voglie, le attrazioni fatali.

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L’origine del termine deriva dall'operazione di salatura necessaria per la conservazione. Il sale era quindi un alimento prezioso e costoso, che faceva perfino aggio sull’oro. Ecco perché i regnanti o i potenti in genere cercavano di assicurarsi la produzione del sale e di garantirsi il controllo delle vie di comunicazione del sale. Ciò spiega perché le case sulla Via Salaria avessero un maggiore valore sul mercato, perché le principesse reali in attesa di un pretendente si cospargessero le cosce di sale e perché la pratica del salasso avesse un costo molto elevato. Uno dei primi utilizzatori del salame fu il faraone Ram-sete, così chiamato perché fin da bambino l’attrazione per gl’insaccati gli provocava spesso un massiccio ricorso all’acqua. Nella sua tomba furono trovate da Evans casse di salami e cotechini perfettamente conservati, ora esposti al museo del Cairo. Furono rinvenute anche mummie di gatti con pezzi di salame fra i denti e di conseguenza essi diedero il nome al salame di Felino. Gli antichi Greci utilizzavano il maiale per produrre cibo di qualità, tanto da chiamare il maggior porto del paese Salamina, da cui partì la spedizione verso Troia. Le spie di Troia sul territorio acheo avevano creato una rete di informatori coraggiosi, in codice FCLR (Fegato Con La Rete), che indirizzavano gli incursori verso obiettivi adatti per razzie. I figli di Troia, coraggiosi difensori della città, vennero a loro volta assaliti da orde di Greci, che al grido di “Ridateci quella troia di Elena !!” combatterono per anni coprendosi di sanguinaccio troiano, in bolge orgiastiche dove risuonavano i nitriti dei cavalli, lo sfrigolio delle carni arrostite sulle sacre pire agli dei, le oscene danze con maschere da porci e le lubriche canzoni dell’aedo Apikellòs. Ulisse al suo ritorno in patria trovò degli sconosciuti che aspettavano di impalmare Penelope, famosa per il culatello omonimo, ma lei agitando una copia in bronzo del salame lontano rifiutava continuamente. Per non essere riconosciuti si erano chiamati Proci, ma in origine avevano nome Porci, dal proto-acheo pòrkos, cioè seduttore, rubamoglialtrui, tentatore di vedove

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bianche. Assieme al divino porcaro Eumeo, nella prima diretta della storia con Telemaco, Ulisse eliminò i suoi nemici che avevano pesantemente intaccato la sua collezione di zamponi e liberò Itaca. Anche per i Romani la carne di porco era una prelibatezza. Era alto il consumo della luganiga, un prodotto proveniente dalla Magna Grecia, dove veniva insaccata con un composto di magistrati tritati e immigrati africani a Ragusa. I salumi non facevano parte della dieta riservata ai militari in tempi molto più vicini a noi2. Insomma sia nell’antichità che in tempi moderni il maiale ha fornito all’uomo prelibatezze raffinate, insaccate nelle forme usuali ma con denominazioni specifiche per usi particolari:

- culatello per gli amanti del lato B - coppa di testa per calciatori capaci di vincere colpendo col

capo - mortadella per primi ministri emiliani - figatelli per i frequentatori di casa Berlusconi - pancetta per chi non ama lo sport o per chi scrive su riviste

musicali - salame per persone inette - soppressata per mariti maneschi e violenti - capocollo per le camiciaie - speck per chi parla tedesco - zampone per chi ha le gambe grosse

Qui termino il mio secondo e definitivo contributo alla stesura del ricettario.

2 Illuminante è la testimonianza di un giovane lughese diretto in Africa Orientale nel 1936 sull’alimentazione destinata alle truppe dell’impero coloniale: Il sole già comincia a farsi sentire, qui a bordo facciamo una vita molto buona, alla mattina il caffè latte alle sette, poi sino alle 10 si sta lì in coperta a chiacchierare, alle 10.30 rancio composto di pasta asciutta, carne, vino ¼ e pane francese. Dopo si va a fare la siesta nelle nostre cuccette ed alle 5 di nuovo rancio composto di ditalini con brodo matto, carne e pane francese e caffè nero; dunque vedete bene che qui si fa proprio la vera vita del beato porco...

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PANE E SALAME A LA FERRARAISE (Conversazione senza ricetta di Mauro)

Il classico binomio della cucina povera, ma forse sarebbe meglio dire essenziale, ha trovato una significativa declinazione nella gamma dei sapori ferraresi: non so quanto per influenza della Corte Estense, che notoriamente metteva il naso e il sigillo in tutto quanto toccava la vita pubblica. Certo, siamo lontanissimi dalle raffinate astruserie dei ricettari di corte (come il Messisbugo, scalco e maestro di cerimonie per Ercole II) tipicamente incentrati sul gusto agro-dolce ben oltre i limiti del tollerabile per i nostri palati, che forse richiamava ancestrali memorie todesche. Pane e salame. Ma attenzione negli accostamenti: con il pane ferrarese, ben difficilmente si può fare un panino, e il salame tocca mangiarselo a parte. Incominciamo da questo, dal salame: è tenero (guai se tende al sodo!) e farcito di aglio che gli conferisce un bouquet inconfondibile; se la carne è saporita al giusto il bilanciamento fra i due sapori è gratificante, altrimenti si rischia di sentire solo l'aglio. Va da sé che un salame tenero ha bisogno di una misura corposa, quindi niente salamini o cacciatorini: il formato più caratteristico è quello un po' elefantiaco della “Zia”, che non so da che cosa abbia preso il nome. Lungo la strada di questo salameggiare, a Ferrara si è arrivati a battezzare tutto l'universo dei salumi: il cotechino viene preferito nella versione di “salame da pentola”, e in cima alla gamma troneggia la Salama, che non ha l'aglio ma un sapore forte, quasi insostenibile la prima volta, assicurato da parti non nobili della carne e perciò più aggressive per il gusto, macerate in vino rosso e spezie nella convivenza di un anno o meglio due. Come il salame deve essere morbido, la salama deve essere coriacea: ironia dei connubi alla ferrarese, che comunque ha scomodato la penna di un celebre erudito del Settecento, Girolamo Baruffaldi, che le dedicò un poemetto, intitolato con poca fantasia La Salameide. E con questo basta per i salumi, ché se si eccede ci si procura riscaldi e colesterolo. Veniamo al pane, cioè alla coppietta, che si

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porta addosso quella eleganza inconfondibile di forme, affusolata e snella, cui corrisponde l'armonia fra il croccante della crosta e il tenero della mollica. Questo è il segreto del pane ferrarese, un segreto che non sempre gli stessi fornai ferraresi sanno rispettare scottando il di fuori se il forno gli scappa di mano, o all'inverso lasciando il tutto troppo molle, con un retrogusto di almaghez che non può piacere a nessuno. La versione nostrana della ciupeta, la ciopa, con le sue forme più massicce, è una lettura provinciale da Romagna Estense del geroglifico originale, covato a corte o almeno per la corte; la tiera e i ruzzolini sono una perentoria dichiarazione di pastosità, buona per incontrare sughi e umidi, cosa ovviamente interdetta all'originale. Il quale si è dato una patente di simbolismo erotico (avete indovinato!) mitologizzato quanto basta: come a Bologna il tortellino è stato fatto coincidere con l'ombelico di Venere, così il cuore della coppietta, la parte più pastosa dove si uniscono le due mezze coppie, è stato accostato tout-court alla vagina. Così almeno ho letto nel poemetto di una scrittrice americana contemporanea che echeggiava chissà quale diceria locale. Niente di strano: l'abbinamento fra tavola e talamo, in nome di un generale piacere/benessere corporale, è uno dei topoi più tenaci dell'immaginario collettivo, dove la carnalità si sposa con il tellurico in un mito di universale naturalismo. Né poteva lasciare di registrarsi nel formalismo burocratico della nuova Europa, quella della UE. Il pane ferrarese, la sua ricetta, è stato regolarmente protocollato alla Corte di Bruxelles; per la salama bisognerà attendere perché non ci si è ancora messi d'accordo sulla formula, e si continua a litigare fra i due-tre focolari della provincia che fondano buona parte del reddito sulla salama, con le rispettive sagre sempre più lunghe e articolate.

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ADELE SUGGERISCE: Un altro “trucco” stra-usato, come ben sapete, è quello di “inventare” torte salate, inserendo nel ripieno più verdura possibile… Raramente capita di utilizzare sempre gli stessi ingredienti, anche perché queste ricette non sono solo “per bambini “, ma spesso risolvono una cena veloce, un aperitivo “lento” o – comunque e in ogni caso – fanno bene anche al borsellino, visto che permettono il riutilizzo di avanzi di verdura e/o di altri ingredienti, fra loro “compatibili”.

Non ricordando quindi quale torta di verdura possa avervi fatto assaggiare, ve ne trascrivo due versioni

base, che potrete provare, a vostra scelta.

TORTA SALATA - Adele (estiva) Ingredienti per 4 persone

- confezione da 250 gr. di melanzane grigliate surgelate - mozzarelle - confezione di pasta sfoglia - 100 gr. pomodori ciliegini - 50 gr. parmigiano - basilico o origano - olio d’oliva, sale, pepe

Esecuzione Taglia le melanzane (meglio se ancora un po’ surgelate) e le mozzarelle a pezzetti. Metti tutto in una terrina. Taglia i pomodorini ciliegia ( o datterini ) a metà e aggiungili al formaggio e alle melanzane.

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Condisci con poco olio di oliva, regola di sale e pepe, quindi spolvera con il parmigiano e - per completare - aggiungi qualche foglia di basilico o di origano fresco. Versa il composto sulla pasta sfoglia già pronta e mettere in forno per 30 minuti a 180°. Le variazioni “sul tema” possono dirsi quasi infinite… Questa torta infatti è altrettanto buona se si utilizza la pasta brisée al posto della sfoglia, così come è ottima con le zucchine grigliate al posto delle melanzane. Se poi – per caso- - vi avanzano gamberetti ( gr. 100 ca.) il tortino con le zucchine diventa ancora più sfizioso e può essere un’ ottima apertura per una cena a base di pesce. In questo caso però consiglio di eliminare una delle mozzarelle e parte dei pomodorini; al massimo lasciarne qualcuno, ma solo come decorazione. Aggiungete invece ( se piace) l’odore della noce moscata e due uova sbattute con 2 dl di latte magro. Provare per credere! Questa, che segue, è una sorta di frittata al forno, che credo di aver portato, tagliata a cubettoni , per un aperitivo “ simpatico” e superveloce…

TORTINO SPRINT - Adele Ingredienti per 4 persone

- 5 uova (intere e freschissime, meglio se del contadino!) - 100 gr. di parmigiano o capra stagionato (grattugiato) - ½ bicchiere di latte scremato - avanzi di verdura lessata varia ( zucca, carote, patate…) q.b. - sale - pepe

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Esecuzione Unisci alle uova, sbattute e montate con una frusta, il sale e il pepe; quindi aggiungi il formaggio, gli avanzi di verdura ( anche di tipo diverso ) tagliati a pezzetti, quindi il latte a piccole dosi , meglio se a temperatura ambiente, come le uova. Se si vuole fare “scena”, ovvero avere un tortino bello “alto”, occorre separare i tuorli dagli albumi che vanno montati a parte ed aggiunti delicatamente solo alla fine. La cottura è sui 190° per una mezz’oretta scarsa.

LA QUICHE – Paola

In una pirofila stendere la pasta sfoglia con la sua carta da forno, anche sui bordi. In una ciotola grande mescolare insieme

- 3 uova intere - 1 panna liquida - circa 1/4 di latte - sale e pepe.

Stendere sulla pasta sfoglia 1 etto e 1/2 di pancetta affumicata tagliata sottile, 1 etto e 1/2 di fontina affettata. Versarvi sopra il composto. Infornare a 180° per circa mezz'ora. Lasciare intiepidire, così si addensa. Si può mangiare anche fredda.

E LA FRUTTA? - Annaba Qualcuno ha notato che io a volte ho portato la frutta ai nostri incontri: effettivamente per me è un elemento importante in un pasto e non riesco a farne a meno, malgrado i rimproveri della dietologa. Una volta mi ha detto che, se mangio una mela a fine pasto, per smaltirla dovrei fare una biciclettata di 40 minuti: io non

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le ho detto quanta frutta mangio, ma, da un rapido calcolo, ho desunto che dovrei stare in bici tutto il giorno! Forse questo amore per la frutta mi deriva dal fatto che abitavo in campagna e che, per tradizione o per "arrotondare" un pranzo, me la facevano mangiare sempre. Invece di sviluppare avversione... Da sposata ho avuto la fortuna di avere attorno a casa del terreno dove coltivo i miei amatissimi fiori (ahimè senza l'appoggio di Claudio) e dove ho piantato alcuni alberi da frutto, anche i più dimenticati. Così in ogni stagione raccolgo qualcosa e poi, d'estate, imprigiono il sole nelle marmellate e nella frutta sciroppata. Per me è una gioia quando, d'inverno, porto in tavola uno dei miei "prodotti"per farne partecipi anche coloro che mi stanno vicini. E allora perché non portarne anche ai "compagni di classe"?

I LIQUORI - Annaba Del liquore di melagrana posso solo dire che è squisito: l'ho assaggiato proprio in questi giorni ed è ok. Solo che non trovo più la ricetta. Comunque a memoria è così (circa): 400 gr di chicchi, 200 gr di alcool, 200 gr di acqua, 200 gr di zucchero (forse meno, ma verrà più dolce). Mettere il tutto in un recipiente,meglio se scuro, e lasciare macerare 2 o 3 settimane , agitando un po'il vaso, per sciogliere bene lo zucchero. Infine filtrare e bere. In questi giorni ho fatto anche il liquore di erba Luigia (mi sento un po' avvinazzata, ma me l'ha ordinato il dottore!): 36 foglie di erba Luigia, 300 gr di alcool, 300 gr di zucchero, 300 gr di acqua. Mettere le foglie nell'alcool per 15 giorni, poi far bollire l'acqua con lo zucchero, per lo sciroppo, filtrare l'alcool con le foglie, e mescolare il tutto. Questa ricetta mi è stata data tanti anni fa da una vecchietta, mia vicina di casa, l'Aldina, a cui a volte andavo a fare compagnia. E' legata a dei bei ricordi, perché insieme si parlava di tante cose, e soprattutto perché, quando arrivavo, venivo accolta con molto affetto.

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Considerazioni digestive & conclusive - Mauro

La strada che abbiamo intrapreso, di suggellare i nostri incontri con un “blasone” di ricette d'antan o esotiche sperimentate e interpretate qui e ora, hic et nunc, da editare in tiratura limitata dove io sono chiamato a concludere in chiave paraculturale, mi spinge al confronto con l'edizione “definitiva” dei Beatles che sto devotamente raccogliendo per riempire il cofanetto gentilmente offerto dall'occhiuto editore. Risentire i Beatles sistematicamente, dalla prima all'ultima schitarrata, è una operazione-nostalgia? Non direi, a meno che non sia affogato io stesso nella nostalgia a mia insaputa; il fatto è che dopo di loro su quella scia non è venuto niente di meglio, solo tanti seguaci e imitatori in un idioletto che non accenna a tramontare. I Beatles hanno avuto una storia parallela alla nostra di B/Section of the College “Trisi-Graziani”: sono nati quando noi entravamo al Ginnasio, hanno dato l'ultimo concerto mentre noi studiavamo per l'Esame, si sono sciolti quando noi ci siamo laureati. Rispetto a loro, noi abbiamo avuto il vantaggio di esserci ricomposti per tempo, e di continuare a vederci, offrirci gentilezze, mail fluviali e adesso anche ricette ponderate con la sapienza dei nostri Sixty-four cioè di vite radicate e ragionevoli; ricette conviviali, abitualmente modeste piuttosto che da signore che vogliono imporsi anche a tavola. Queste ricette esprimono il nostro vissuto, direbbe la Graziella, dalle origini ai giorni nostri: ci sono quelle della nonna, ma anche della trisavola, che profondano al possibile entro il nostro piccolo

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orizzonte tematico, tra Massalombarda e Bagnacavallo; e poi ci sono quelle acquisite nel corso di esplorazioni compiute con attenzione da antropologo di chi ha viaggiato oltre i confini UE o comunque ha radici esterne che non vuol dimenticare, e tutto ciò contribuisce a farci guardare da fuori, con una onesta filologia applicata al gusto del palato. In conclusione, è perché stiamo bene insieme che ci vengono certe idee e le progettiamo e le offriamo a questo insieme. Di ricette, in questo fascicoletto ce ne sono molte, ciascuna con varianti locali e familiari, come il dialetto: i dialettologi, non a caso, diventano matti a litigare sempre fra loro, mentre noi abbiamo modo e disponibilità per continuare a confrontarci senza pagare scotto, insomma a goderci il sale della conversazione che è la base della convivenza (Graziella docet ancora). Le annotazioni, quasi tenere raccomandazioni che vi siete premurati di fare al momento di licenziare le vostre ricette per l'onnivoro panorama di oggi vi fanno onore. Quindi, passiamo all'analisi. Al di là della scansione tradizionale, Primi, Secondi e Contorni, Dessert, trovo utile dividere i vostri contributi per autore, così diventano indicativi di altrettante personalità. Graziella: incomincio da lei come padrona di casa, ma anche per la quantità del prodotto , oltre che della intuibile qualità. Oscilla fra tre poli ugualmente intriganti per lei: cucina romagnola con crisma familiare, cucina bolognese per rielaborazioni sottili, cucina etnica dal Sud al resto del mondo come sociologia palpitante in armonia di coscienza. Adele: continuo con lei, anche per l'alto numero di performances ma anzitutto per la sua disponibilità a rendere duttile per generazioni diverse di fruitori un menu di chiara ascendenza austro-ungarica; la classe non è acqua, e inoltre l'amica usa con proprietà il modo verbale che si addice alle ricette, l'imperativo. Paola, terza in base al computo sulla produttività: dà mostra di volersi muovere fra diverse culture, ad indizio della sua multiforme

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esperienza di viaggiatrice convinta e madre stanziale di una mamma, infine di talent scout di altre cucine. Invece, la viaggiatrice con la maiuscola, Anna Criscris, si è molto risparmiata sul versante cuciniere, optando per due pietanze molto nostrane, peraltro abbondantemente condite di sentimento; la precisione filologica le fa tutto l'onore del caso. Più suggestive allora, sotto diversa angolazione, la virata sul magro di Marisa o quella sul dolce spinto di Angela, o quelle di Rosella che aprono orizzonti interessanti per nuove sperimentazioni planetarie. Tutte ricette unite da una forte dose di affettività, ingrediente comune e dominante, ma scandito da un rigoroso controllo professionale sulla formula. Naturalmente, il computo statistico da solo non ci azzecca: per rendere veritiero il quadro bisogna tener conto anche delle rispettive complessità, o di eventuali debolezze intrinseche (una ricetta che non piace non piace, punto e basta), oltre che degli abbinamenti, che a tavola danno la nota dominante per concludere in armonia. Di converso, bisognerà tenere conto della predilezione di alcuni autori per la lapidarietà: una sola ricetta, ma che lasci il segno; come a dire: vi do la mia ricetta del cuore, che è sineddoche di “vi do il mio cuore”, organo notoriamente singolo. E qui introduco il secondo necessario capitolo. Come non considerare i passatelli di Annaba, o la torta elefante di Adamo anzi di sua mamma? Pippo vince da solo il cuore delle gentili commensali con il suo roast-beef, come invece non fa Giacomo elzevirando su un maiale non alimentare che probabilmente è stato relegato nel mondo platonico delle idee pure dall'intervento censorio della Redazione. Qui si aprirebbe un ulteriore scenario: il gioco di coppia. Carlantonio aggiunge un tocco alla sperimentalità di Rosella, Claudio rinforza (e un po' appesantisce) la ricetta densa di Annaba con i suoi fagioli stufati di misura XL; Pippo si sdoppia in Pippo da Ragù suo gemello bolognese, altrettanto accurato nei

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dettagli. Non ho parole invece per i non concorrenti, quelli come me per intenderci. Ma, nell'insieme, il quadro è composto, cioè impostato per tante riprese: quello che sto commentando è una bozza cui è seguito un altro paio di stesure del volumen e altre si preparano in vista dell'editio princeps, senza contare le riprese e riedizioni che già sento urgere a tema dei prossimi incontri. Ma devo fermarmi. Concludendo, anche se provvisoriamente, mi viene da dire che la misura del simposio c'è, ben inquadrata fra le diverse vocazioni ed esperienze; coesa al suo interno e aperta sugli spazi e le voci di fuori. Continuiamo così.

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... Je cherche des amis. Qu’est-ce que signifie “apprivoiser”? - C’est une chose trop oubliée, dit le renard. Ça signifie “créer de liens….” - Créer des liens? - Bien sûr, dit le renard. Tu n’es encore pour moi qu’un petit garçon tout semblable a cent mille petits garçons. Et tu n’as pas besoin de moi non plus. Je ne suis pour toi qu’un renard semblable à cent mille renards…… Mais, si tu m’apprivoise, ma vie sera comme ensoleillé. Je connaîtrai un bruit de pas qui sera différent de tous les autres. Les autres pas me font rentrer sous terre. Le tien m’appellera hors du terrier, comme un musique. Et puis regarde! Tu vois, là bas, les champs de blé? Je ne mange pas de pain. Le blé pour moi est inutile. Les champs de blé ne me rappellent rien. Et ca c’est triste! Mais tu as des cheveux couleur d’or. Alors ce sera merveilleux quand tu m’auras apprivoisé! Le blé, qui est doré, me fera souvenir de toi. E t j’aimerai le bruit du vent dans le blé… Le Petit Prince, XXI