Co-working, l'arte di lavorare insieme.

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Rivista Soiel International Copyright 2014© 12 Officelayout 156 gennaio-marzo 2014 Coworking l’arte del lavorare insieme Non è un progetto di business ma un progetto di network dove quello che conta sono le persone: questo il concetto che il coworking incarna ed esplica nei suoi spazi, costruendo trame di correlazioni nei lavoratori con un continuo accrescimento di ciascuno di Riccardo Valentino* (*) Riccardo Valentino si è occupato di gestione e sviluppo organizzativo nella Pubblica Amministrazione e di alcune funzioni complementari: informatica, formazione, internal audit e bilancio sociale. Il background professionale e la caratteristica di essere molto curioso lo hanno portato a scoprire l’affascinante pluriverso costituito dai mondi creati nel coworking. È autore del libro Coworkingprogress, in collaborazione con gli “Innovatori Visionari” Alberto Mariani, Dario Brivio, Martina Francesca e Patrizia Varnier Il termine coworking è ormai espressione di uso comune, anche se la quasi totalità dei vocabolari e dizionari della lin- gua italiana omettono di riportarne il significato. Questo no- nostante il fatto che il termine in questione venga ormai considerato una parola suono, correlata indissolubilmente a un concetto, prescindendo dal mero significato letterale. Il termine coworking è costituito dal prefisso co che deriva dal latino cum e dalla parola inglese working. Considerando che la lingua inglese è notoriamente la lingua più fecondata - nasce come ramo occidentale delle lingue germaniche, su questo si innesta il sassone e poi il francese e con esso il la- tino - già dall’etimologia si coglie il valore fondante della condivisione, vero DNA di questa innovativa modalità nel la- vorare e che scopre chiunque entra in contatto con questo pluriverso. È quello che è successo a me. Il termine coworking, coniato nel 1996 in California, fu usato per la prima volta nel 2005 da Brad Neuberg che prese un lo- cale all’801 di Minnesota Street, a San Francisco, lo riempì di mobili Ikea e disse “ecco le postazioni, qui c’è quello che oc- corre per un ufficio, chi vuole lo può affittare. Questo posto si chiama Hat Factory”. Quello che spinse il giovane ameri- cano a intraprendere questa strada fu la voglia di porre in vicinanza persone che condividessero la passione per l’atti- vità che svolgevano, per l’innovazione, per un lavoro che amavano per il quale volevano trovare uno spazio. Lui non voleva affittare solo una scrivania. A giugno 2013 si contavano, nel mondo, oltre 2.300 spazi, nu- mero sicuramente già superato, seguendo la tendenza a livello globale che si sta sempre più consolidando. Oltre 900 in Nord America, 150 in Sud America, più di 90 in Australia, in Africa siamo a quota 40. L’Europa supera di oltre 100 unità il Nord America. La capitale europea del coworking è Berlino. Non esiste una definizione ufficiale di coworking. Non solo perché stiamo parlando di un bambino, ma, soprattutto, perché ogni coworking è differente dall’altro. È un concetto in continua maturazione e alla ricerca di un proprio orienta- mento, come le persone che gli danno vita. Tuttavia in gene- rale, il coworking si può definire un luogo dinamico in cui gruppi di persone che non necessariamente operano nello stesso settore o allo stesso progetto, lavorano condividendo lo spazio e le risorse di un ufficio come la connessione a in- ternet, le attrezzature e il caffè. Alcuni lavorano da soli altri in gruppo stabilendo, comunque, rapporti personali molto stretti che possono generare benefici per tutti dall’incrocio delle differenti esperienze e specializzazioni. Coworking è, dunque, un nuovo modo di lavorare. Alcuni lo definiscono “l’arte della collaborazione online o me- glio del lavorare insieme in modo eguale”. Nessun tipo di ri- valità, nessuna competizione, nessuno sgambetto tra colleghi per ricevere le attenzioni del capo, niente raccomandazioni, niente di tutto questo. I progetti si sviluppano per affinità, non c’è una decisione dall’alto, anche perché non esiste nessun capo, e la cooperazione ha come prerogativa la meritocrazia, concetto spesso sconosciuto nelle realtà lavorative aziendali classiche, soprattutto italiane. Il coworking non è un progetto di business, è un progetto di network. Quello che conta sono le persone, i risultati eco- nomici sono dipendenti da questa dimensione e vengono da sé. Il coworking incarna questo concetto e lo esplica nei suoi spazi, costruendo trame di correlazioni nei lavoratori che la- vorano spalla a spalla, il che porta a un continuo accresci- mento di ciascuno. Nascono nuove collaborazioni per nuovi business e tutti dispensano micro-consulenze agli altri.

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Interessante articolo uscito su Office Layout, aprile 2014. Casa Netural racconta il suo spazio.

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Coworkingl’arte del lavorare insiemeNon è un progetto di business ma un progetto di network dove quello che conta sono le persone:questo il concetto che il coworking incarna ed esplica nei suoi spazi, costruendo trame di correlazioninei lavoratori con un continuo accrescimento di ciascuno

di Riccardo Valentino*

(*) Riccardo Valentino si è occupato di gestione e sviluppo organizzativo nella Pubblica Amministrazione e di alcune funzioni complementari: informatica,formazione, internal audit e bilancio sociale. Il background professionale e la caratteristica di essere molto curioso lo hanno portato a scoprire l’affascinantepluriverso costituito dai mondi creati nel coworking. È autore del libro Coworkingprogress, in collaborazione con gli “Innovatori Visionari” Alberto Mariani,Dario Brivio, Martina Francesca e Patrizia Varnier

Il termine coworking è ormai espressione di uso comune,anche se la quasi totalità dei vocabolari e dizionari della lin-gua italiana omettono di riportarne il significato. Questo no-nostante il fatto che il termine in questione venga ormaiconsiderato una parola suono, correlata indissolubilmente aun concetto, prescindendo dal mero significato letterale.Il termine coworking è costituito dal prefisso co che derivadal latino cum e dalla parola inglese working. Considerandoche la lingua inglese è notoriamente la lingua più fecondata- nasce come ramo occidentale delle lingue germaniche, suquesto si innesta il sassone e poi il francese e con esso il la-tino - già dall’etimologia si coglie il valore fondante dellacondivisione, vero DNA di questa innovativa modalità nel la-vorare e che scopre chiunque entra in contatto con questopluriverso. È quello che è successo a me.Il termine coworking, coniato nel 1996 in California, fu usatoper la prima volta nel 2005 da Brad Neuberg che prese un lo-cale all’801 di Minnesota Street, a San Francisco, lo riempì dimobili Ikea e disse “ecco le postazioni, qui c’è quello che oc-corre per un ufficio, chi vuole lo può affittare. Questo postosi chiama Hat Factory”. Quello che spinse il giovane ameri-cano a intraprendere questa strada fu la voglia di porre invicinanza persone che condividessero la passione per l’atti-vità che svolgevano, per l’innovazione, per un lavoro cheamavano per il quale volevano trovare uno spazio. Lui nonvoleva affittare solo una scrivania.A giugno 2013 si contavano, nel mondo, oltre 2.300 spazi, nu-mero sicuramente già superato, seguendo la tendenza a livelloglobale che si sta sempre più consolidando. Oltre 900 in NordAmerica, 150 in Sud America, più di 90 in Australia, in Africasiamo a quota 40. L’Europa supera di oltre 100 unità il NordAmerica. La capitale europea del coworking è Berlino.

Non esiste una definizione ufficiale di coworking. Nonsolo perché stiamo parlando di un bambino, ma, soprattutto,perché ogni coworking è differente dall’altro. È un concettoin continua maturazione e alla ricerca di un proprio orienta-mento, come le persone che gli danno vita. Tuttavia in gene-rale, il coworking si può definire un luogo dinamico in cuigruppi di persone che non necessariamente operano nellostesso settore o allo stesso progetto, lavorano condividendolo spazio e le risorse di un ufficio come la connessione a in-ternet, le attrezzature e il caffè. Alcuni lavorano da soli altriin gruppo stabilendo, comunque, rapporti personali moltostretti che possono generare benefici per tutti dall’incrociodelle differenti esperienze e specializzazioni.Coworking è, dunque, un nuovo modo di lavorare.Alcuni lo definiscono “l’arte della collaborazione online o me-glio del lavorare insieme in modo eguale”. Nessun tipo di ri-valità, nessuna competizione, nessuno sgambetto tra colleghiper ricevere le attenzioni del capo, niente raccomandazioni,niente di tutto questo. I progetti si sviluppano per affinità,non c’è una decisione dall’alto, anche perché non esiste nessuncapo, e la cooperazione ha come prerogativa la meritocrazia,concetto spesso sconosciuto nelle realtà lavorative aziendaliclassiche, soprattutto italiane.

Il coworking non è un progetto di business, è un progettodi network. Quello che conta sono le persone, i risultati eco-nomici sono dipendenti da questa dimensione e vengono da sé.Il coworking incarna questo concetto e lo esplica nei suoispazi, costruendo trame di correlazioni nei lavoratori che la-vorano spalla a spalla, il che porta a un continuo accresci-mento di ciascuno. Nascono nuove collaborazioni per nuovibusiness e tutti dispensano micro-consulenze agli altri.

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Non chiedersi “Cosa è un coworking?” ma“Chi è coworking?”

Interrogarsi su “chi” è coworking significa al tempo stessodefinire un’identità. E questa la danno le persone, non i luo-ghi: le prime sono alla guida e danno un senso ai secondi.Di un coworking ho capito che il capitale umano rappresen-tato dalla sommatoria dei tanti soggetti individuali si tra-sforma facilmente in stabile capitale sociale, cioè in sistemaperché fa da collante relazionale interno, basato su rapportifiduciari e visione di insieme. Per questo è una realtà in con-tinua modificazione.Con queste premesse quale sarà lo sviluppo della dinamicadialettica dell’ecologia creativa e immaginativa che caratte-rizza il coworking? Credo sia difficile fare previsioni. BradNeuberg nel 2006 non aveva idea di cosa aveva messo inmoto, come probabilmente Martin Cooper, Steve Jobs o BillGates. Come Picasso con Les Demoiselles d'Avignon.I coworker sono testimonial di un appello a inoltrarsi inun nuovo spirito dei tempi che sappia guardare a tuttotondo, sappia vedere il dettaglio e il quadro d’insieme. Chesappia incantare il software urbano, in cui il termine ur-bano muove le motivazioni, le aspirazioni e la volontà difare. Possiamo ragionare di direttrici. O almeno io riesco apensare a questo.Ragioniamo di un pluriverso che sarà sempre più abitato per-ché non siamo in presenza di una moda effimera che carat-terizza questa “età dell’incertezza”, per dirla con ZygmuntBauman, ma dentro l’essenza della biodiversità. Le donne egli uomini dei coworking continuano ad aumentare, chi c’è dapiù tempo, ma anche gli ultimi arrivati, continuano a cam-biare perché nel loro universo e in quelli che sfiorano o concui entrano in contatto sanno che c’è qualcosa di nuovo,sempre: gli stessi rapporti consolidati non sono mai quelli diprima. Essi continuano a guardare perché non sono all’in-terno di qualcosa con una finestra che guarda fuori, ma sonodentro lo spazio che hanno intorno.E poi non ci sono limiti, non ci sono strutture, non ci sonoconfini, perché la Carta costituzionale del coworking trae ori-gine dalla fiducia che permea i gesti di questi seminatori cheporteranno a messi sempre più feconde.

Coworking è…

Ho viaggiato nel pluriverso del coworking. Cosa mi è rimastoaddosso? Cosa mi ha coinvolto? Cosa ho compreso?Essenzialmente tre cose.Coworking è rivoluzione della mente. Il luogo non è sola-mente uno spazio, è uno stato mentale. Così i concetti fannoun passo indietro e a parlare sono persone e luoghi e questo fa-vorisce l’innovazione. Non c’è innovazione senza invenzione.In un coworking ciò è possibile perché si vede la foresta al-trettanto bene degli alberi: è l’effetto leverage del coworking!in un coworking le idee non esistono: i visionari si!Ed è in questo impasto, in questo confluire di ideali e valori,che è radicata la vera innovazione.Così si costruisce una community, ma non una communitychiusa. Una community circolante, una community dove sitratta di fare surf dove puoi vedere tutto e subito in uno spa-

In una panoramica a livello nazionale einternazionale del fenomeno, ricca diesempi concreti e di spunti, il lettoreincontrerà esperienze differenti cheruotano intorno al mondo coworking,ormai ben sviluppato anche in Italia, tracui non mancano esempi di interventi diPubbliche Amministrazioni, Comuni,Camere di Commercio, AssociazioniImprenditoriali e Organizzazioni Sindacali.

Accanto a questo mondo, nel volume, vengono approfonditi anche i movimenti piùinnovativi che stanno costruendo le basi per affrontare le sfide del futuro comeTransition Towns e Collaborative Consumption. Particolarmente inconsuetal’esposizione dei contenuti: in omaggio al concetto di scambio e confronto, tuttoviene narrato sotto forma di dialoghi teatrali.

Concetti guida del Coworking

• Coworking è software. Tutto dipende dalle persone e dalla loro energia e dallaloro iniziativa.• Coworking è come un bosco, una foresta in cui moltissime specie diverse fraloro prosperano, coesistono e si adattano in modo spontaneo, in un ecosistemafavorevole alla vita e ognuna rimane indipendente ma rafforzata dal sistema direlazioni da cui è circondata.• Coworking è stare assieme nella libertà. L’innovazione portata dai nomad-workertrova nel coworking, nelle sue radici, l’ospitalità, l’innovazione e la condivisione.• Coworking è un luogo ideato per abbattere la spirale dell’isolamento.Le idee che ciascuno aveva per conto proprio, che individualmente tali sarebberorimaste, hanno smesso di pesare come una frustrazione sulla vita di ciascuno,segnata dal “vorrei ma non posso”. Nel divenire effettive fanno i conti con larealtà e possono anche rivelarsi impraticabili, ma alimentano un processovirtuoso di fiducia in se stessi.

Le 4 fondamentali informazioni genetiche

1) Il coworking è uno strumento molto potente per creare sinergie lavorative chevanno oltre il mero risparmio dei costi.2) Il coworking è un’opportunità per sperimentare un modello organizzativofondato sulla community.3) Considerare il coworking un business significa snaturare la sua essenza. Dicerto si diventa ricchi di relazioni, di cooperazioni, si instaurano collaborazioniprima di allora impensate, si creano sinergie tra professional completamentediverse tra loro e, a volte, nascono delle belle amicizie.4) le convinzioni giocano un ruolo fondamentale, quando le si intenda comeimpostazione mentale e carattere dei singoli. In definitiva è più utile per ilprogetto la qualità della persona piuttosto che quella del suo prodotto.

COWORKINGPROGRESSIl futuro è arrivato

Innovatori Visionari & Riccardo Valentino2013 – Nomos Edizioni

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Coworking, l’arte del lavorare insieme

Un consiglio…fate una verifica sul campo

Entrate in un coworking per capire se aleggia su tutto l’odore di innovazione.Ecco alcuni indizi:

• osservate se la disposizione planimetrica favorisce le opportunità dicomunicazione informale e casuale, in particolare la comunicazioneinterprofessionale, se si formano senza difficoltà gruppi di lavoro che hanno adisposizione uno spazio autonomo, se avvenimenti sociali informali o eventihanno anche l’obiettivo di intensificare la comunicazione interpersonale;

• ascoltate di cosa si parla, le domande che girano, se si ragiona a pratoverde e non per algoritmi;

• cogliete i metodi usati nell’esaminare le questioni nel corso di incontriformali o non formali. Lo spazio è talmente open che nulla sfugge;

• cercate di comprendere quanto è dentro il DNA tentare, sperimentare,realizzare quell’idea di cui hanno parlato (magari davanti alla macchina delcaffè o attorno alla tavola durante il pranzo), allargando il gruppo originarioper capire cosa pensano al riguardo Carlo e Giovanna e James (e Antonio eRaquel e Michele...), che non c’erano;

• chiedete se i fallimenti, inevitabili, vengono solo tollerati o considerati unaparte del bagaglio di esperienze dei coworker e se nessuno si vergogna diparlare con franchezza del proprio momento di maggiore imbarazzoprofessionale;

• fatevi raccontare quali sono i progetti che sono stati considerati innovativiper comprendere quanto effettivamente coworker e innovazione siano insintonia;

• rilevate se è normale inventare insieme ai clienti, se si incoraggiano icoworker a impegnarsi in prima persona in contatti creativi con i clienti, seviene considerato normale, quasi richiesto, che tutti i coworker dedichino deltempo a progetti clandestini e se viene considerato un merito aiutarli.

Quando si esce deve restare addosso l’odore dei valori praticati che generanoprodotti o servizi e che il vanto, l’esibizione e la dimostrazione di quei valori èun fatto endemico.

Entrando nel co-working Casa Netural è immediatamentepossibile sentirsi accolti, sentirsi parte dell’ambiente: un openspace di 80 mq organico nella struttura, in cui gli spazi dilavoro si alternano a spazi di relax, come il terrazzo che siaffaccia sui Sassi di Matera o il mezzanino adibito a camera daletto per permettere agli ospiti di vivere 24/7 con la community.La progettazione, curata dallo studio uuushh di AndreaPaoletti e Cristina Rebolo, si è sviluppata attraversoun’azione partecipata coinvolgendo gli “abitanti netural” nelprocesso di ideazione dei luoghi fisici di lavoro, capendo leloro esigenze e cercando insieme di innovare gli ambienti dilavoro, che non danno un’impressione netta di ufficio, mavogliono incentivare reazioni inaspettate e di sorpresa.È stata perseguita la massima adattabilità degli spazi, peruna varietà di eventi, che abbiano appeal in modo da attrarrediverse tipologie di persone e rendano l’idea di uno spazio incontinuo divenire. Particolare attenzione è dedicata al temadella sostenibilità sviluppato pensando all’intero ciclo di vita deimateriali, privilegiando quelli prodotti localmente, quelliartigianali, quelli di riuso e riadattando elementi delprecedente spazio.

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Europa

africaluna asiarita

nilde

america nuovazelanda

australia

cokids

cobaby

groenlandia

margherita

Attivo da più di un anno, Piano C è uno spazio coworking fondato da RiccardaZezza come una realtà al servizio donne lavoratrici con figli. Le professionisteche scelgono di avvalersi di questo spazio possono infatti portarvi i bimbi,lavorare, farli seguire da educatrici. Gli spazi, ricavati da un grande appartamentoin Via Simone d’Orsenigo a Milano, alternano uffici chiusi e open space conpostazioni operative, un’ampia varietà di spazi di riunione, e un’inedita areaCobaby per i bimbi intrattenuti da educatrici mentre la mamma lavora. Sonoinoltre presenti una cucina per ritrovarsi nel momento del pranzo, la biblioteca euno spazio verde con divanetti e poltrone.

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zio che quasi magicamente finisce e resta a ogni istante.Se dietro ad ogni scrivania, non c’è un membro della commu-nity, non è un coworking.Coworking è organizzazione anarchica. Questo significache il coworking – universo dell’inventiva – declina creativitàsapendo che non vuol dire improvvisazione senza metodo: inquesto modo si fa solo della confusione, soprattutto si illu-dono i giovani a sentirsi creativi liberi e indipendenti. In uncoworking l’obiettivo è, invece, includerli in una realtà fattadi valori oggettivi che diventano strumenti operativi nellemani di progettisti creativi.Coworking è multiculturalismo e biodiversità del pensiero.Per queste sue caratteristiche rappresenta un terreno fertile,abitato da talenti che operano anche con modalità e compe-tenze artigianali. In un coworking questo è possibile perché alsuo centro – per dirla con Richard Sennet e il suo “uomo arti-giano” – c’è la persona, le sue competenze, le connessionimente, mano, desiderio, ragione. La base della creatività.

È creativa una mente:• sempre al lavoro;• sempre a far domande;• sempre a scoprire problemi dove gli altri trovano risposte• sempre a proprio agio nelle situazioni fluide nelle qualigli altri fiutano solo pericoli;

• sempre capace di giudizi autonomi e indipendenti,che rifiuta il codificato, che rimanipola oggetti e concettisenza lasciarsi inibire dai conformismi.

Gli abitatori di un coworking sono sempre affamati di questo.Operano allo svelamento delle radici del futuro che è già ar-rivato, disegnano per sè e per gli altri, le mappe del viaggiointeriore, quelle vere, quelle complete.E come insegna Oscar Wilde: “una carta del mondo che noncontiene il Paese dell’Utopia non è degna nemmeno di unosguardo, perché esclude il solo Paese al quale l’umanità ap-proda di continuo”.In sintesi, i coworker che fanno del coworking un luogo cheesiste rendono concreta l’utopia dell’istruzione al futuro.

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Coworking, the art of working togetherNot a business project, but one of networking where people are what counts: this is the concept behindcoworking and its spaces, which build webs of relations between workers, for the ongoing growth of all

Coworking is a common expression, at this point,though still hard to find in many dictionaries. Inthe collective understanding, it is clearly relatedto a concept, apart from its literal interpretation.The prefix co comes from the Latin cum, whilethe English word working has spread, in this newcoinage, even to other languages. Consideringthe fact that English comes from the westernbranch of the Germanic tongues, onto whichSaxon and then French (conveying Latin) termswere grafted, the etymology already containsthat basic value of sharing which is the truegenetic legacy of this innovative approach towork, as is soon discovered by anyone who comesinto contact with the coworking pluriverse. Likeme, for example.The term coworking was invented in 1996 inCalifornia, and applied in 2005 by BradNeuberg when he opened a facility at 801Minnesota Street in San Francisco, filling it withIkea furnishings and saying “here are theworkstations, with everything you need for anoffice, available for rent to all. This place iscalled the Hat Factory.” What prompted theyoung American to take this path was thedesire to bring people together who share apassion for the jobs they do, and forinnovation, with a need for space in which todo it. He didn’t want to just rent desks.In June 2013, in the world, there were over2300 such spaces, a number that has surelygrown, in keeping with the global trend. Over

900 are located in North America, 150 in SouthAmerica, over 90 in Australia, while Africaaccounts for just 40. Europe has 100 morefacilities than North America. The Europeancapital of coworking is Berlin.No official definition of coworking exists, andevery facility is different. The concept is stillevolving, seeking its own orientation, just likethe people behind it. Nevertheless, in general,we can say that coworking means a dynamicplace where people not necessarily operating inthe same sectors or on the same projects canwork, sharing space and resources, such as theInternet connection, the office equipment andthe coffee machine. Some work alone, others ingroups, establishing in both cases very closepersonal ties that can generate benefits for all,thanks to the intersection of differentexperiences and specializations.So coworking is a new way of working. Somedefine it as “the art of online collaboration, orof working together in an equal way.” Norivalry, no competition, no sabotagingcolleagues to catch the boss’s eye, nofavoritism, no recommendations. Projectsdevelop thanks to affinities. Coworking is not abusiness project, it is a network project. Whatcounts are people. The economic results dependon this dimension and come of their ownaccord. Coworking embodies this concept andapplies it in its spaces, constructing webs ofrelations among workers who operate shoulder

to shoulder, leading to ongoing growth for all.New collaborations emerge for new businesses,and everyone offers micro-consulting services toeveryone else.

Don’t ask “what is coworking?…ask “Who is coworking?”

Asking “who” is coworking means defining anidentity. This can be provided by people, notplaces: people are in charge, and they giveplaces a meaning.From coworking, I have understood that thehuman capital represented by the sum of manyindividuals can easily be transformed intostable social capital, or namely a system,because there is an internal relational bondbased on relationships of trust and an overallvision. This is why coworking is a reality that isconstantly changing.With these premises, what will be thedevelopment of the dialectic dynamic of creativeand imaginative ecology that sets the tone ofcoworking?I think it is hard to predict this. In 2006 BradNeuberg had no idea what he had set inmotion. The same was probably true of MartinCooper, Steve Jobs or Bill Gates, at thebeginning. Not to mention Picasso with LesDemoiselles d'Avignon.Coworkers bear witness to the appeal of

Impact Hub Milano è il primo nodo italiano della rete Impact Hubs che conta 60 spazi di coworking nel mondo. Ruota attorno a uno spazio in via Paolo Sarpi 8,con scrivanie e sale riunioni che si possono affittare e utilizzare in modo flessibile, dove è possibile accedere a workshop, percorsi formativi ed eventi utili allosviluppo del proprio progetto. Lo spazio che sostiene l’attività degli hubbers è fisico ma anche e soprattutto relazionale, basato sul network e sulla condivisioneorizzontale delle risorse e delle capacità, in ottica collaborante e corroborante.

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venturing into a new spirit of the times thatjudges things from all angles, seeing both thedetails and the overall picture. We can thinkabout this in terms of possible directions.We can think about a pluriverse that will beincreasingly inhabited, because we are notlooking at a passing fashion that characterizesthis “age of uncertainty,” as Zygmunt Baumancalls it; we are looking into the essence ofbiodiversity. The women and men of coworkingsituations continue to grow in number, continueto change because in their universe and thosethat are appearing, or with which they comeinto contact, they know that there is somethingnew, always: even consolidated relationshipsare not the same as in the past. They continueto watch, because they are not inside somethingwith a window that looks outward, but insidethe space that surrounds them.And there are no limits, no borders, because theconstitutional charter of coworking springs fromthe faith that fills the gestures of those who sowthe seeds, leading to ever more fertile harvest.

Coworking is …

I have traveled in the coworking pluriverse.What have I taken away with me? Whatengaged me? What have I understood?Essentially three things.

Coworking is a revolution of the mind. Theplace is not just a space, it is a mental state. Soconcepts take a step back, letting people andplaces do the talking, and this favors innovation.There is no innovation without invention.This is possible in a coworking facility because:you can see the forest just as well as the trees:this is the leverage effect of coworking!in a coworking situation ideas do not exist: butvisionaries do!It is in this mixture, in this convergence ofideals and values, that the true innovation isrooted. A community is constructed, but not aclosed one. A circulating community, where theidea is to surf, where you can see everything,immediately, in a space that almost magicallyends and remains with every moment. If behindevery desk there is not a member of thecommunity, it is not a coworking project.Coworking is anarchic organization. Thismeans that coworking – the universe ofinventive endeavor – interprets creativity,knowing that it does not mean improvisationwithout method: that would only createconfusion, and give young people the illusion ofbeing free, independent, creative. In acoworking project, on the other hand, the goalis to get them involved in a reality made ofobjective values that become operative tools inthe hands of creative designers.Coworking is multiculturalism and

Talent Garden è il più grande network di digital campus, ovvero di spazi di coworking interamente dedicati al digitale e destinati a startup, freelance, agenzie,incubatori, imprese e media che cooperano per accelerare l’ecosistema dell’innovazione. Fulcro del network Talent Garden Milano, un Campus digitale di oltre1.500 mq aperto 24 h al giorno con 150 postazioni di lavoro, tra salette private e open space, sale riunioni, aree relax e spazi eventi fino a 200 persone. Numeriche ne fanno uno dei più grandi coworking in Europa. Il design degli spazi è aperto e luminoso, realizzato con i materiali ecocompatibili ed ecosostenibili (carta,cartone, corteccia, prato, muschio...). Arredi, i colori e gli oggetti sono ispirati al mondo della natura per richiamare l'atmosfera di un giardino dove i talenti,come piccole piantine possono crescere e germogliare.

biodiversity of thought. Thanks to thesecharacteristics it represents fertile ground,inhabited by talents who also operate with themodes and forms of expertise of crafts. In acoworking facility this is possible because at itscenter – as Richard Sennet has suggested –there is the person, their abilities, theconnections of mind, hand, desire, reason. Thebasis of creativity. A creative mind is:always at work;always asking questions;always discovering problems where other peoplesee satisfying responses;always at ease in the fluid situations whereother people sense only danger;always capable of autonomous, independentjudgment, rejecting what has been codified,manipulating objects and concepts without theinhibitions of conformism.Coworkers are always hungry for all this.They work to reveal the roots of the future thatis already here. For themselves and others, theydraw the maps of the inner voyage, the real,complete ones.As Oscar Wilde has taught us: “A map of theworld that does not include Utopia is not wortheven glancing at, for it leaves out the onecountry at which Humanity is always landing.”In short, coworker make coworking into a placethat exists, a concrete expression of the utopiafor the preparation of the future.

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Coworking, l’arte del lavorare insieme

Dal “luogo terzo”nuove sfidee stimoli per il design

Il grande successo e la rapida espansione del fenomeno sono da attribuirsi al fatto che lo spazio di coworking è la manifestazionefisica dei social media e permette di condividere esperienze in maniera più profonda rispetto al network digitale. Si tratta di un“luogo terzo”, a metà tra l’ufficio tradizionale e l’home office. L’attrattività e il successo imprenditoriale di un coworking sono datinon solo dai servizi offerti e dalle tariffe applicate, ma in buona parte anche dalla qualità dell’ambiente.Nella realizzazione di un coworking il design ha quindi un ruolo strategico e determinante affinché i coworker trovino un luogo di lavorostimolante e corrispondente alle loro aspettative in termini di standard di qualità, comfort e dinamismo, molto più che nell’ufficio tradizionale.Come dimostra il progetto dall’architetto Paola Martorana, che raccoglie la sfida di trasformare un edificio esistente, nato come spaziocommerciale adibito a showroom di arredi, in uno spazio di coworking recuperando al massimo la struttura e le dotazioni esistenti.

Un progetto di Coworkingnel Centro Direzionale di Napoli

di Paola Martorana, APM Architecture

L’intervento di riqualificazione funzionale che porterà alla na-scita di un nuovo spazio di coworking ha come oggetto un edi-ficio situato nell’area pedonale del Centro Direzionale diNapoli, singolare sia per la forma ottagonale, sia perché costi-tuito da un unico livello, con una grande terrazza in coperturache rappresenta un punto di vista eccezionale sugli alti edificicircostanti e sull’intero Centro Direzionale.Il progetto è stato affrontato sin dall’inizio in maniera inter-disciplinare, prendendo le mosse da un attento studio del fe-nomeno del coworking su scala internazionale percomprenderne appieno le peculiarità e le implicazioni sugliaspetti di design. L’insieme delle componenti di progetto stadando origine alla creazione di una brand image unitaria, tra-dotta e declinata in un’immagine architettonica corporate.Gli obiettivi progettuali consistevano nel muovere da un’otticadi riuso, che nasceva da motivazioni non solo economiche, maanche etiche e di sostenibilità, per dare vita a uno spazio com-pletamente nuovo per estetica e funzionalità, che divenisseun luogo di lavoro vitale e stimolante.Il progetto architettonico è andato di pari passo con il modellodi business scelto per questo specifico coworking, caratterizzatodalla volontà di rappresentare un punto di incontro attraverso lacreazione di un grande network di coworker, “residenti” e “no-madi” e la possibilità di organizzare eventi sia interni che apertialla comunità. In quest’ottica è stato richiesto di non creare po-stazioni di lavoro e uffici chiusi, ma di dedicare ampio spazioagli ambienti per il matching e per i nomadi.I principali requisiti richiesti erano la flessibilità e riconfigu-rabilità degli spazi attraverso la mobilità degli arredi, la robu-stezza, il benessere acustico e illuminotecnico, ma soprattuttola possibilità per ciascun utente di trovare all’interno dellospazio la propria zona di comfort secondo le preferenze indi-viduali e le esigenze del momento.

Nel progetto differenti attività ed esigenze peculiari del coworking sono supportatedalla presenza di molteplici scenari, che di volta in volta possono essere scelti dagliutenti. I punti nodali del progetto sono le aree matching ed eventi, ambientiinformali e stimolanti dove i co-worker si incontrano per scambiarsi idee ed aprirsia nuove sinergie. Materiali ed arredi fonoassorbenti garantiscono il necessariocomfort acustico

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Coerentemente con il programma generale la terrazza èstata pensata come un punto nodale, capace di assumeresia la valenza di luogo di lavoro che di incontro e di aggre-gazione en plein air. Partendo dal concetto di recupero, èstata data una connotazione del tutto nuova alle partizionivetrate, utilizzate come supporto per la comunicazione attra-verso l’uso di grafiche, disegnate ad hoc per aggiungere signi-ficato alle pareti stesse, non più elementi di separazione maveicolo di messaggi e stimoli.Gli arredi esistenti che si è scelto di riutilizzare sono stati in-tegrati con arredi speciali realizzati su disegno, poiché in uncoworking le tipologie di arredo devono essere estremamentevarie, ma tutte caratterizzate da un forte appeal estetico, fles-sibilità e riconfigurabilità, giocando un ruolo determinante,attraverso una forte connotazione formale e funzionale, nelladefinizione degli spazi e delle modalità d’uso.Il progetto prevede inoltre l’inserimento di pannelli ed ele-menti d’arredo fonoassorbenti, per garantire il necessariocomfort acustico, fondamentale in un ambiente di lavorocondiviso da tante persone contemporaneamente.Infine particolare attenzione è stata dedicata allo studio delcolore, che rappresenta un forte strumento a disposizione delprogettista per trasformare e caratterizzare gli spazi e nelcontempo per suscitare emozioni e reazioni positive, benes-sere e aumento della produttività, al di là dei gusti e dellepreferenze personali. Non solo quindi ricerca dell’armonia erichiamo ai colori del brand, ma piuttosto variazione deglistimoli sensoriali secondo le attività che si svolgono in undato spazio e in un dato momento, uscendo dall’atmosfera siadomestica che dell’ufficio tradizionale.

Un pensiero positivo sul futuro:nuovi stimoli per progettisti e aziende

Ciò che traggo principalmente da questa esperienza proget-tuale è un pensiero estremamente positivo sulla diffusionedegli spazi di coworking, che porterà un sempre maggior nu-mero di persone a entrare in nuovi network non più solo di-gitali, permettendo di creare comunità allargate di lavoratoriche agiscono in sinergia e si rafforzano a vicenda.Tutto ciò costituisce nuovi stimoli anche per gli architetti ele aziende produttrici di arredo che vogliano cavalcare l’ondadell’innovazione con nuove linee di prodotto pensate ah hocper questo “luogo terzo”, come alcune di esse stanno già fa-cendo, non solo all’estero ma anche in Italia. E per finirepenso che ci siano tre parole presenti nel concetto di cowor-king che dovrebbero costituire un mantra per il nostro fu-turo: ricerca, innovazione, network.

Attività e connessioni negli spazi del coworking

Il progetto architettonico è andato di pari passo con il modello di business sceltoper questo specifico coworking, caratterizzato dalla volontà di rappresentare unpunto di incontro attraverso la creazione di un grande network di coworker,“residenti” e “nomadi” e la possibilità di organizzare eventi sia interni che apertialla comunità

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Officelayout: Come nasce l’idea di trasformare lo studio diprogettazione in uno spazio di coworking?

Lucilla Magliulo: In anni di esperienza professionale nellaprogettazione di ambienti di lavoro ho avuto modo di seguirel’evoluzione degli spazi ufficio, da strutture rigide volute daorganizzazioni fortemente gerarchizzate ad ambienti più in-formali e destrutturati dove l’assenza di schemi e barriere fa-vorisce il fluire naturale delle idee, fondamentali per ilsuccesso delle aziende. Con questa consapevolezza ho quindiscelto di riorganizzare la mia attività con un approccio chenon è quello dello studio di progettazione tradizionale, ma diun network di professionisti, selezionati da anni di collabo-razioni che mettono in campo le proprie competenze ognivolta in modo diverso a seconda del progetto. GMA Networknasce infatti come gruppo di lavoro in continua evoluzionenel quale i professionisti mantengono una propria autono-mia, non occupano gli spazi in modo continuativo, ci si in-contra in studio solo in occasione di brief di progetto o perincontri con il cliente. Scelta questa che ha permesso una

maggiore flessibilità nell’utilizzo degli spazi e di non gravaregli onorari con costi fissi di struttura. Da questa nuova acqui-sita dinamicità prende piede l’idea di creare le condizioniper far evolvere lo studio in uno spazio di coworkingaprendo le porte anche ad altri professionisti non necessa-riamente legati mondo dell’architettura e del design, masempre orientati ai servizi per le aziende. Dopo aver valu-tato situazioni simili ho deciso di presentare la candidaturaalla rete CoWo Project, un’organizzazione consolidata cheraggruppa oltre novanta spazi di coworking in tutta Italiasupportando le start up e permettendo di avere visibilità.Candidatura che è stata accettata essendo stata ricono-sciuta la location, l’accessibilità e la tipologia degli spaziconsoni a supportare questo tipo di attività.

Che caratteristiche deve avere uno spazio di coworking?Deve essere innanzitutto situato in una zona della città co-modamente accessibile, vicino ai mezzi pubblici, a stazioniferroviarie o ai collegamenti con gli aeroporti perché questofavorisce il transito delle persone. Dal punto di vista distribu-

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Coworking, l’arte del lavorare insieme

Case history:COWO Milano Stazione Centrale

Da studio di architettura a spazio di coworking il passo è breve. Lo dimostra l’esperienza avviata dall’architetto Lucilla Magliulo che da unanno ha aperto le porte del proprio studio a coworker di diversa nazionalità e professione che, oltre a condividere scrivanie, interagisconoconfrontandosi e collaborando su progetti comuni.

a cura della redazione

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tivo deve essere offerta una varietà di luoghi con caratteristichediverse dove lavorare, quindi oltre ad uffici chiusi, postazioni inopen space e sale riunioni, deve comprendere postazioni touchdown e aree informali di incontro, in modo che i coworker pos-sano trovare il luogo giusto ove collocarsi per lavorare in modoconcentrato, riunirsi, lavorare in spazi più aperti a contatto conaltri professionisti o sedersi e parlare prendendo un caffè. Biso-gna infatti mettere le persone nella condizione di avere spazidove potersi concentrare, ma anche svariati punti dove poterparlare, scambiare informazioni, rilassarsi, …L’ideale è dunque uno spazio aperto, facilmente riconfigura-bile e confortevole anche dal punto di vista acustico e illumi-notecnico. Deve essere poi dotato di tutte le tecnologie oggiindispensabili per lavorare, come un’ottima connessione wi-fi e, come nel nostro caso, connessioni cablate alla rete perwebinars o collegamenti che richiedono una maggiore affida-bilità di banda.Le postazioni devono essere ergonomiche, correttamenteorientate rispetto alla provenienza della luce naturale, e do-tate di cassettiera e un mobile contenitore provvisti di serra-tura dove poter riporre oggetti di uso personale. Sonopreferibili arredi facilmente spostabili, non vincolati da ca-blaggi fissi e di facile manutenzione. È poi importante preve-dere un impianto di illuminazione con luce diffusa e luceconcentrata per l’illuminazione delle aree da lavoro e, se oc-corre, lampade da tavolo in modo da non dover interveniresugli impianti in caso di riconfigurazione del layout.

In uno spazio inserito in uno stabile dei primi del novecento,quali adeguamenti si sono resi necessari?Lo studio è il risultato della trasformazione di un apparta-mento, per cui sono stati necessari dei cambiamenti nell’or-ganizzazione degli spazi e nelle dotazioni tecnologiche. Èstato creato un ambiente open con quattro ampie postazionifisse, una sala riunioni chiusa che può accogliere fino a ottopersone e un punto di incontro informale nell’area di in-gresso. È stata completamente ripensata la kitchenette tra-sformata anch’essa in spazio di lavoro con postazioni touchdown per chi è solo di passaggio e quindi necessità di un sem-plice punto di appoggio. Disponevamo poi di un’ampia ter-razza, circa 40 mq, che è stata arredata con un grande tavolo,poltroncine e tavolini affinché potesse essere utilizzata nellabella stagione come spazio ricreativo, ma anche di lavoro es-sendo anch’essa raggiunta dal wi-fi. Infine, è stata dedicataparticolare attenzione alla sicurezza del luogo di lavoro la cuiverifica è stata affidata a una società specializzata.

Cosa implica il fatto di essere affiliati alla rete Cowo equali le modalità di fruizione degli spazi?Pur facendo parte di una rete di coworking molto estesa, nonsiamo tenuti ad avere tutti la stessa offerta, nel senso che lemodalità di fruizione degli spazi sono calibrate in base allespecificità della domanda. Nel nostro caso l’estrema vicinanzaalla Stazione Centrale comporta un’utenza mobile, professio-nisti e società che devono incontrare clienti a Milano, personein visita per fiere o manifestazioni, pertanto offriamo la pos-sibilità di appoggiarsi presso il nostro spazio in modo moltoflessibile. Nello specifico oltre alla postazione fissa per unoo più mesi, assegnata e personalizzabile, offriamo alle per-sone che vengono saltuariamente a Milano la possibilità di

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appoggiarsi anche per una sola giornata utilizzando una dellescrivanie libere o una postazione touch down. Sono stati in-fatti studiati dei carnet che danno diritto a dieci ingressigiornalieri, fruibili liberamente a date prefissate o a secondadelle esigenze prenotando con un minimo di anticipo. Moltorichiesta la sala riunioni, che offriamo in modo flessibile consemplice prenotazione.

Quali sono i caratteri distintivi dei coworker che si sonoalternati nel corso di questo primo anno di apertura?Nella maggior parte dei casi sono liberi professionisti, im-prenditori di se stessi, che hanno delle idee e sono determi-nati a realizzarle. Più raramente sono persone facenti partedi realtà aziendali con base fuori città che necessitano dispazi di appoggio per la propria attività, per incontrare iclienti, per fare formazione…Nell’interesse verso il coworking c’è sicuramente un aspettoeconomico dettato dalla possibilità di avere condizioni con-venienti grazie alla condivisione delle spese e alla possibilitàdi fruire gli spazi in modo flessibile, ma il vero valore è datodal fatto che le persone che frequentano questi spazi, anchese per periodi brevi, instaurano tra loro legami personali eprofessionali utili alla loro attività.Numerosi studi hanno dimostrato infatti che il coworking èun fenomeno che sta prendendo piede proprio perché le per-sone hanno bisogno di questa dimensione sociale del lavoro.

Cosa le ha trasmesso questa esperienza dal punto di vistaumano e dal punto di vista professionale?Ho avuto la possibilità di conoscere molte persone che cre-dono in un’idea e fanno di tutto per realizzarla, pur in unmomento difficile come quello che stiamo vivendo. È statomolto positivo entrare in contatto con questo fermento, cheforse si percepisce meno in altri ambiti lavorativi. È servitoper mettere in moto nuovi pensieri e ampliare le vedute. Maper avere una piena opportunità di entrare in contatto conaltri professionisti, prendere spunti, rendere visibile il nostrolavoro e aprire potenziali finestre di collaborazione ho sceltodi non avere un’area riservata, ma di lavorare insieme aglialtri affinché avvenga più facilmente la contaminazione delleidee utile per lo sviluppo di idee o di nuovi progetti.Dal punto di vista professionale, sperimentare in modo di-retto come uno spazio possa diventare dinamico ha rafforzatol’idea, che avevo già maturato in anni di esperienza nellaprogettazione di luoghi di lavoro, che l’ambiente lavorativopuò essere in grado di incoraggiare nuove modalità di rela-zione permettendo alle idee di svilupparsi. Le persone hannopotenzialità creative, ma solo se messe a proprio agio in uncontesto non troppo formale l’idea nasce e prende forma.Da anni progettiamo e supportiamo le aziende nell’ottimiz-zazione degli spazi, ma anche nel capire quale sia il tipo diambiente lavorativo ideale per incrementare la produttivitàe la motivazione delle persone. Ora, avendo vissuto l’espe-rienza diretta del coworking, siamo in grado di supportarechiunque voglia aprire uno spazio di lavoro condiviso, aiu-tandolo a creare un ambiente riconfigurabile, ergonomica-mente corretto, vario e avvincente.

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