CNT Magazine #4 - Aprile 2013

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MAGAZINE + MANUEL LUCCHESE INTERVISTA ESCLUSIVA CNT anno I - n. 4 - mensile aprile 2013 Cavani resta o va via? L’analisi sull’attuale situazione La panchina di Allegri Ecco l’elenco dei suoi possibili successori I dubbi di Moratti Ennesima rivoluzione alle porte Partenza, via! Uno sguardo alla nuova stagione di Formula 1 FAME D’EUROPA

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MAGAZINE

+MANUEL LUCCHESEINTERVISTA ESCLUSIVA

CNT anno I - n. 4 - mensile aprile 2013

Cavani resta o va via?L’analisi sull’attuale situazione

La panchina di Allegri Ecco l’elenco dei suoi possibili successori

I dubbi di MorattiEnnesima rivoluzione alle porte

Partenza, via!Uno sguardo alla nuova stagione di Formula 1

FAME D’EUROPA

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anno I - n. 4 - mensile aprile 2013

editoreCalcio News Time - Magazinewww.calcionewstime.com

designCiro [email protected]

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redattoriRaffele BusiscoLuca CarbonaroAntonio CassisaDomenico ChiparoNicolò DesogosLoris FasielloFranco FrateloretoAndrea GiorgioniMarco GiulianiMassimo MorabitoMatteo MorettoLorenzo PascarellaNicola RIgliacoLuca Strapazzon

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MAGAZINECNT

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EditorialeIl magazine visto con gli occhi di chi lo ha ideato e ne ha seguito lo sviluppo.

torna CNT Magazine. Dopo un lungo peri-odo di assenza, dovuto principalmente a fattori esterni, torniamo alla ribalta con il quarto numero di questo entusiasmante Magazine. Anche questo mese vi verranno

proposti articoli esclusivi ed interviste realizzate dai nostri collaboratori ad esponenti di spicco del mondo sportivo. Sono dunque felice di annunciarvi che CNT Magazine è pronto per tornare in azione. A partire dal 3 Aprile 2013 e continuativamente – si spera – per lungo tempo, sarà qui ad allietarvi la giornata, a pro-porvi esclusive inedite e a mettere alla prova la vostra sete di conoscenza e di confronto. Si, esatto, confronto: sebbene questo sia un semplice magazine in PDF, abbiamo deciso di darvi la possi-bilità di rispondere ai nostri Autori e ai loro articoli,

proponendo i vostri commenti tramite una semplice email. I commenti più rilevanti saranno poi inseriti nel prossimo numero del Magazine e gli autori a cui indi-rizzerete i vostri scritti vi risponderanno direttamente sul prossimo numero. Allora, cosa aspetti? Leggi CNT Magazine e invia a [email protected] il tuo commento, indicando nell’oggetto della Mail l’autore a cui vuoi indirizzare il tuo scritto!

Nell’augurarti una buona lettura, ti ricordo di visitare il nostro sito, www.calcionewstime.com, per seguire LIVE la tua squadra del cuore, i campionati esteri, la Formula 1, la Moto Gp, il Basket, il Tennis e tantissimi altri sport!

ANGELO PALLADINODirettore

Il Benvenuto del Direttore di Calcio News Time ai lettori: uno sguardo alla nuova offerta d’approfondimento calcistico ed un ringraziamento all’intera redazione.

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Sommario

Editoriali34 Valzer di Panchine: il matrimonio tra

Conte e la Vecchia Signora

36 Valzer di Panchine: Allegri ed il rapporto col Diavolo

04 Sommario

06 Juventus: dall’Italia alla conquista dell’Europa

12 Lazio: sognando l’Europa League

14 Napoli: tra restare e partire, il dilemma del futuro di Cavani

18 Milan: panchina in bilico, quante insidie per Allegri

20 Roma: alla ricerca di un allenatore

28 Inter: il futuro tra stadio e progetti

30 Sampdoria: Icardi, da giovane promessa e futuro bomber

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Intervista a Manuel Lucchese

Al Motodays abbiamo avuto il pia-cere di incontrare Manuel Lucche-se presso lo stand del “Motoclub Centurioni”. Il giovane campione, più volte titolato nei rallies nazio-nali ed internazionali, lo scorso gennaio ha preso parte alla Dakar 2013, terminando 83esimo. Ci ha rilasciato un’interessante intervis-ta che ripercorre la sua avventura, partendo dalle origini, e spiegan-doci le enormi difficoltà che affron-

ta un pilota privato alle prese con questa massacrante avventura. Le parole di Manuel sono anco-ra impregnate di sabbia e sudore, ma anche di grande soddisfazione, avendo portato a termine (a soli 24 anni) la competizione più ardua al mondo, contando quasi esclusi-vamente sulle proprie forze. Una storia avvincente, fatta di passione e tenacia, che merita di essere rac-contata.

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38 Lega Pro: il punto sul campionato 40 Calcio Estero: 4 campionati, 4 dominatori

42 Formula 1: si torna in pista. Ecco cosa riserva la stagione

54 Moto GP: ai blocchi di partenza. “La quiete prima della tempesta”

58 Tennis: chi fermerà Novac Djokovic?

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Sebastian Giovinco

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AUTORERAFFAELE BUSISCO

Dall’ ItalIa alla conquIsta Dell’EUROPA

Il lungo cammino della Juventus dal baratro della Serie B sino ai successi odierni. Una storia segnata tra alti e bassi e tanto è ancora da scrivere.

Juventus

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Prima di vedere la luce bisogna affrontare il buio. È questa la frase che più può rappresentare il cammino della Juventus dal 5 aprile 2006 ad oggi. Sì, proprio que-lla data in cui i bianconeri allenati da Fabio Capello, di-cevano addio alla Champion’s League dopo aver perso il doppio scontro con l’Arsenal. Ma il buio quello vero doveva ancora arrivare. 14 luglio 2006 Juve retrocessa in serie B con 30 punti di penalizzazione (ne divente-ranno 11) dopo il processo di Calciopoli. Fine di un’era, fine di un’epoca. Questa si che è notte fonda. I feno-meni prendono le valigie e scappano, verso mete più prestigiose, via Capello, dentro un ex come Deschamps. Rasata al suolo la Triade, in società arrivano Giovanni Cobolli Gigli come presidente, Jean Claude Blanc e Ales-sio Secco come vice Moggi. E i campioni? Bhè, i campio-ni, quelli veri, restano per amore della maglia e dei tifosi. Buffon, Camoranesi, Nedved, Trezeguet e Del Piero: 4 campioni del mondo e un pallone d’oro, che accettano di scendere nell’inferno dei cadetti. Ma i campioni si sa, sono abituati al paradiso e in inferno non vogliono certo restarci a lungo. L’impresa non è delle più facili. Non più Bernabeu o Camp Nou, adesso i palcoscenici si chiama-no Ezio Scibia di Crotone e Alberto Picco di La Spezia, tanto per citarne due. Tra la gogna mediatica generale, i 5 condottieri abbassano il capo per mettersi a pedala-re tra le province italiane. Con una squadra totalmente ringiovanita, a maggio riescono a portare la Juventus a casa, lì dove è sempre stata: in Serie A.

In panchina si va a sedere Claudio Ranieri. Con il tecni-co romano arrivano un secondo e un terzo posto, con cui si centra due volte la qualificazione in Champion’s, quella sì, la vera casa della Juventus. Fine dell’incubo? Neanche per sogno. Con una squadra che ha bisogno di maturare ancora tanto, si fa l’errore di fare il passo più lungo della gamba. Via Ranieri, dentro una bandiera del passato: Ciro Ferrara. Sembra l’inizio dell’ascesa e invece seguirà un altro periodo farcito di cadute rovino-se. Investimenti sbagliati (50 milioni di euro per Diego e Felipe Melo), viene chiesto lo scudetto ad una rosa carente dal punto di vista tecnico e della personalità. La Juventus vincente e operaia dei vari Trapattoni, Lippi e Capello è solo una leggenda del passato. Fallimenti a non finire: due settimi posti consecutivi nel 2010 e 2011, che tengono la Juventus fuori da qualsiasi com-petizione europea. Oltre a Ferrara si avvicendano, Zac-cheroni e Del Neri ma i risultati disastrosi proseguono. I tifosi vogliono la testa della società, acclamano a gran voce come presidente uno che il bianconero ce l’ha nel sangue: Andrea Agnelli. Figlio di Umberto, nipote di Gianni, perché il presidente deve essere uno della Famiglia. Al posto dei malcapitati Secco e Blanc, due che tanto hanno fatto bene nella Sampdoria, Giusep-

pe Marotta e Fabio Paratici. Ma neanche loro riescono a fermare l’ennesima caduta di una grande del calcio. Che cosa fare dunque? Come si fa ad uscire dal tunnel infinito in cui è finita la squadra più amata d’Italia? Non servono proclami per lo scudetto, l’obiettivo è ritrovare quella juventinità che a Vinovo non si è mai vista. E la mossa sta nell’affidare il timone a uno che la juventinità ce l’ha nel DNA. Un altro cambio di panchina, ma questa volta quello giusto: di nome Antonio Conte. Cultura del lavoro, grinta, sacrificio e bel gioco. Questi sono gli ingre-dienti del tecnico salentino. L’aria che si respira nei primi gironi di ritiro a Bardonecchia sembra cambiata. Conte urla e martella i giocatori ogni minuto. Via giocatori bolliti non idonei agli schemi del tecnico come Amauri, Grosso e Felipe Melo. A Torino arrivano Lichtsteiner, Vidal, Vucinic e un certo Andrea Pirlo da poco scaricato dal Milan. Fi-nalmente qualcuno di spessore. Ma il cambiamento non è finito. L’8 settembre 2011, la Juventus inaugura il suo nuovo stadio, la sua nuova casa. In un impianto favo-loso, tra stelle e vecchie glorie, in mezzo ad una corni-ce di pubblico spettacolare qualcosa succede. I giocatori bianconeri capiscono una volta per tutte l’importanza e la responsabilità di appartenere alla squadra più tifata

Juventus

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d’Italia. Che le cose sono cambiate si capisce già dalla prima giornata di campionato. 4 a 1 al Parma, nella prima dello Juventus Stadium. Via le paure dei 2 anni precedenti, la prestazione dei bianconeri è talmente superiore e così nuova rispetto a quello che si era visto in passato, che si comincia subito a sognare. Bel gioco unito a tanta corsa, sacrificio e spirito di gruppo. Non ci sono prime donne ma giocatori chiamati in causa solo per fare il bene della squadra. In porta un certo Buffon. In difesa Barzagli fa giocare bene due come Chiellini e Bonucci, che nella stagione precedente a chiamarli ex difensori non ci si sbagliava di certo. A centrocam-po oltre al faro Pirlo, regalo di Galliani e Allegri, primo vero top player dalle parti di Vinovo, ci sono Marchisio e Vidal, due randellatori della mediana in stile Conte. Fascia destra affidata ad un altro motorino, lo svizze-ro Stephan Lichtsteiner che in quanto a corsa e sacri-ficio non sta dietro a nessuno. Per l’attacco, il tecnico salentino può gestire a suo piacimento gente come Vucinic, Matri, Quagliarella e un valore aggiunto come il capitano Alessandro Del Piero. E che valore aggiun-to. Con loro ci sono i gregari Giaccherini, Pepe, Caceres, Padoin e Borriello.

vincere

vogliamo

a

monaco

Sappiamo quali sono i nostri obiettivi ed i nostri sogni. Non siamo quì per caso, ma perchè il lavoro ci ha portati a questo

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Sebastian Giovinco dopo l’avventura di Parma, oltre ai vari Isla e Bendtner, lodevoli alternative. Con il Milan che si è privato di Ibrahimovic e Thiago Silva, in quanto a or-ganico è difficile presentare una rosa al pari di quella dei bianconeri. Ma il compito non è assolutamente facile. Il condottiero Antonio Conte viene squalificato per 3 mesi, dopo l’inchiesta sul Calcioscommesse. La squadra viene affidata nel frattempo a Massimo Carrera prima e Ange-lo Alessio poi, con Conte vero leone in gabbia costretto ad assistere ogni partita dalla tribuna. Parte subito forte la Juventus. Supercoppa Italiana in quel di Pechino contro il Napoli, e campionato ammazzato fin dall’inizio complice la poca concorrenza. Gli occhi sono puntati tutti sull’urna di Nyon che disegna un girone con Schaktar Donestsk, Nordsjaelland e i campioni d’Europa in carica del Chelsea. Cosa non per niente facile, ma se si vuole tornare grandi tra i grandi, bisogna affrontare anche queste sfide. Il 19 settembre esordio proprio allo Stamford Bridge di Lon-dra con i Blues di Di Matteo. Pronti via, due schiaffi dei campioni in carica nella porta di Buffon. Ma la Juventus come abbiamo detto è tornata grande, e reagisce fin da subito con Vidal e Quagliarella. Nonostante l’ottimo pun-to di Londra, la prima in Champions allo Juventus Sta-dium, presenta uno scialbo 1 a 1 avaro di emozioni con lo Shaktar Donetsk. In Danimarca contro gli sconosciuti dell’impronunciabile Nordsjaelland, i bianconeri impatta-no ancora sull’uno a uno. Con soli 3 punti e al terzo pos-to, tanti sono i dubbi sulla Juventus: tanto grande in Italia

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La banda capitanata da Conte parte subito forte. La Juventus battaglia insieme al Milan per la conquis-ta dello scudetto. Si punta sulla freschezza della rosa che il mancato impegno nelle coppe permette, unito alla voglia di rivalsa dell’intero clan bianconero. È una cavalcata trionfante a suon di record senza perdere neanche una partita. Nella penultima giornata grazie alla vittoria dell’Inter nel derby con il Milan, la Juventus passa sul neutro di Trieste contro il Cagliari e si laurea campione d’Italia. È l’inizio della festa per 14 milioni di tifosi. Lo scudetto più atteso dopo un tunnel durato 6 anni che sembrava non finire mai. Ora lo si può dire: il peggio è passato una volta per tutte, è tornata la luce dopo il buio profondo. Nell’ultima giornata lo Juventus Stadium si veste a festa per celebrare lo scudetto nu-mero 30, sul campo, 28 secondo l’albo d’oro della Lega, ma soprattutto per salutare il più grande di sempre: Alessandro Del Piero. Un ragazzino che con la Juven-tus è diventato grande, ha vinto tutto e segnato più di tutti, da capitano l’ha accompagnata nell’inferno della B e riportato sulla vetta del campionato. Tra le lacrime e l’emozione dei tifosi a lui e solo a lui spetta di alzare il trofeo dei Campioni.

In estate il progetto prosegue. La sfida è di quelle più suggestive: continuare a dominare in Italia e torna-re grandi in Europa. Rifatta l’ala sinistra con Kwadwo Asamoah, vero galoppatore di fascia. Ritorno a casa per

Juventus

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quanto ancora non pronta in Europa. Dubbi spazzati via in un niente. 4 a zero al Nordsjaelland per la prima vittoria europea della Juve targata Conte. 3 a zero in uno Stadium gremito, di fronte ad un declassato Chel-sea, costato la panchina a Di Matteo. 1 a zero in terra Ucraina contro lo Shaktar. Questa volta il risultato è ben più confortante. Juventus agli ottavi di finale dopo 4 anni passando direttamente dalla porta principale del primo posto. A Nyon i bianconeri vengono messi di fronte agli scozzesi del Celtic. All’andata nella bolgia di Glasgow, dove nel girone erano già caduti i marziani del Barcellona, torna in panchina Antonio Conte nel posto che gli spetta. Zittiti i 60mila del Celtic Park dopo soli 2 minuti Matri manda in vantaggio i bianconeri. Nel se-condo tempo suggellano il risultato sul 3 a zero anche Marchisio e Vucinic. Il ritorno dello Juventus Stadium è una formalità. Con le reti di Matri e Quagliarella viene archiviata la pratica Celtic. Questa volta a Nyon ci sono le 8 più grandi d’Europa, e la Juventus fa parte di ques-te. Dalle mani di Steve MacManaman esce una sfida dal sapore particolare: Juventus - Bayern Monaco. In ballo ci sono 82 trofei nazionali, 19 titoli internazionali, è la solita sfida tra Italia e Germania, un vero e proprio scontro tra titani del calcio continentale, una sfida più europea di questa non ci si poteva chiedere. Juventus che ha dalla sua il favore di giocare il ritorno in casa. Il 2 aprile all’Allianz Arena in casa dei vicecampioni di Germania e d’Europa. Il 10 aprile di scena di nuovo allo

Juventus Stadium, per il quale aspettarsi una bolgia è poco. In arrivo gente come Neuer, Schweinsteiger, Robben, Ribery e Mario Gomez, tutta gente di un certo peso. Due squadra che nel frattempo hanno archiviato i loro campionati: Bayern a + 20 dal Borussia Dortmund e Juventus a +9 dal Napoli. Sembra che si siano date appuntamento.

I bianconeri si sono ripresi il loro destino. A loro aveva-no tolto tutto e si sono ripresi tutto, a partire dal cam-po, a suon di sudore, record e vittorie. Dopo lo scudetto del 2012, ora sono tornati a sedere al tavolo dei grandi d’Europa, insieme a colossi come Barcellona, Real Ma-drid, Psg e lo stesso Bayern. Come detto in apertura, prima di vedere la luce devi affrontare il buio e comun-que vada, qualsiasi risultato accada, la missione è bella e che compiuta. Dopo l’inferno di Calciopoli, della Serie B, di una squadra che faticava ad onorare il nome che portava, è arrivato un certo signore del calcio, un top player della panchina, che l’ha riportata ai fasti che le spettavano, alla luce del calcio che conta. Nonostan-te tutto i tifosi della Vecchia Signora si augurano che questa luce, quella europea, possa durare ancora per un altro mese e mezzo.

JuventusAUTORE

RAFFAELE BUSISCO

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Dopo essere stati secondi a poche lunghezze dalla Juve, i biancocelesti hanno accusato un’evidente flessione dei risultati nelle gare di Serie A. Attualmente si trovano al quinto posto appaiati con Roma e Inter in piena bagarre per un piazzamento nel’Europa che conta. La spiegazio-ne al crollo laziale è facilmente rintracciabile negli stessi fattori che da un paio di stagioni a questa parte tarpa-no le ali alla squadra: gli infortuni, una rosa insufficiente per competere su più fronti, un mercato di riparazione inadeguato e la cattiva gestione di alcuni casi societa-ri. L’infortunio di Klose in particolare ha privato la Lazio del suo miglior realizzatore, poi Petkovic ha perso anche Mauri e Konko trovandosi ad affrontare partite insidiose senza poter contare su sostituti all’altezza. Agli infortu-ni vanno sommati lo scarso rendimento di Hernanes e l’esclusione di Cavanda per motivi legati al rinnovo, che costringe il tecnico a schierare fuori ruolo Pereirinha, apparso molto in affanno in veste di terzino destro. Il momento della stagione è cruciale perché il calendario prevede in serie Catania, il derby con la Roma e poi la Juventus, tutte partite impegnative alle quali va aggiun-to l’impegno europeo. Sembra quasi scontato dire che buona parte delle speranze della Lazio di lottare fino alla fine per il terzo posto passino per i recuperi dei giocatori più rappresentativi, Klose su tutti.

Lazio

sognanDo l’EUROPALEAGUEIl cammino vincente di Mister Petkovic in una stagione che per la Lazio corre lungo due binari paralleli: uno è quello del campionato, l’altro è quello dell’Europa.

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I numeri della Lazio europea di Petkovic:

10 gare disputare6 vittorie4 pareggi

0 sconfitte

19 gol fatti di cui 0 su rigore con una media di 1.9 a partita

Kozak è il capocannoniere con 8 reti, piazzandosi davanti a

Cavani (7) e Palacio (6)

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In Europa League invece la musica è completamente diversa: la Lazio è imbattuta sin dal suo debutto nella manifestazione e ha raggiunto i quarti di finale, diven-tando così la prima squadra italiana a giungere fino a questo punto del torneo da quando è stato creato sulle ceneri della Coppa Uefa nel 2009. La fase a gironi si è chiusa col primo posto davanti al Tottenham, poi i la-ziali hanno eliminato il Borussia Mönchengladbach ai sedicesimi e lo Stoccarda agli ottavi. L’urna di Nyon ha riservato come avversari nei quarti i turchi del Fener-bahce. Un sorteggio impegnativo ma non impossibile. Il match d’andata si disputerà in Turchia, nella bolgia del Şükrü Saraçoğlu di Istanbul. A Roma invece si gio-cherà ancora una volta senza tifosi: l’Olimpico infatti è squalificato ancora per una giornata e potrà riaccoglie-re i propri tifosi soltanto in caso di un’eventuale semi-

finale. Emblema della trasformazione laziale in campo europeo è Libor Kozak, ancora a secco in campionato ma capocannoniere in Europa League con ben 8 rea-lizzazioni (10 se si considerano i due gol messi a segno nei preliminari). Il ceco in Europa trova più spazi grazie a marcature meno rigide e riesce così a far valere le sue doti realizzative. Se la Lazio dovesse avere la me-glio sui turchi nel doppio confronto, sarà bene che i cal-ciatori inizino a sognare di poter essere una delle due squadre che il 15 maggio si contenderanno la coppa all’Amsterdam Arena.

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LazioAUTORE

MARCO GIULIANI

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le società interessate

all’acquisto del bomber

napoLi

tra restare e partIre.Il DIlemma Del futuro DICAVANI

real madrid Paris saint germain

chelsea

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reti azzurreDal suo arrivo a Napoli ha sigliato 97 reti in 137 presenze tra coppe e campionato

trofeiCol Napoli ha sin ora vinto soltanto la Coppa Italia edizione 2011/2012

suPerato maradonaL’uruguaiano ha una media realizzativa in maglia azzurra superiore persino a Maradona: 0,74

valorePrelevato per 17

milioni dal Palermo,

attualmente ha una quotazione di

63 milioni

chelsea

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Queste le dichiarazioni rilasciate da Cavani qualche giorno fa in Uruguay alla testata “El Observador”, dichia-razioni che, arrivate a Napoli, hanno fatto tremare tutto il popolo azzurro. Parole già sentite qualche tempo fa dall’ex beniamino Lavezzi che, dopo averle ribadite più volte, ha salutato il popolo azzurro ed è volato verso Parigi tra lacrime e rabbia. Ora la situazione è simile, Cavani ha una clausola rescissorio, cosi come l’aveva il Pocho, anche se quella del Matador è ben più alta, ma è pur vero che l’Uruguayano è molto più corteggiato e fa molta più gola, di quanta non ne faceva Lavezzi alle big europee.

La questione relativa alla clausola rescissoria è stata spiegata ormai fino alla nausea, anche De Laurentiis di recente ha chiarito che se arriva un offerta superiore

Edinson Cavani, 95 reti in 130 partite con la maglia azzurra numeri che stanno scrivendo la storia. Che si parli di calcio, di gossip o di mercato il nome di Cavani è destinato a fare scalpore. Un campione che si distin-gue dagli altri, un fenomeno cresciuto e diventato tale a Napoli, ora Napoli però rischia di andare stretta al Ma-tador, le grandi compagini Europee fremono per averlo in rosa, lui vuole vincere e preferirebbe farlo in azzurro, ma le strade rischiano di dividersi al termine di questa stagione.

“Amo Napoli come i tifosi amano me, ma nel calcio non si sa mai dove giocare in futuro. Molto dipenderà dal club e dalle valutazioni del presidente”.

ai 63 milioni si può avviare una trattativa, sulla quale però l’ultima parola l’avrà sempre il calciatore. Insom-ma un po’ il contrario di quanto affermato da Cavani – “molto dipenderà dal club e dalle valutazioni del pre-sidente”- che ha, indirettamente, rilanciato la palla fra le mani del patron azzurro e lasciato i tifosi a metà fra sconforto e speranza.

Qual è il centro della questione? La verità è che Cavani, ormai nel clou della sua carriera, vuole una squadra vincente, come ogni campione vuole vincere e compe-tere con tutte le grandi d’Europa, dove militano gioca-tori a cui il Matador non ha nulla da invidiare. Vincere, o quanto meno provare a vincere in Italia e in Europa

con l’azzurro del Napoli per Cavani sarebbe un sogno, ma se da parte della società non arriveranno segna-li, se la società non opererà sul mercato per formare una squadra in grado di competere su più fronti allora il Matador potrebbe considerare finito il suo tempo a Napoli. Puntualissime in merito, infatti, sono arriva-te le parole del legale del beniamino azzurro che nei giorni scorsi ha specificato: “Cavani ama Napoli e pochi club possono permettersi di pagare quanto il Napoli vorrebbe per lui, anche questo determina il suo futuro. Cavani è disposto a rimanere con grande gioia se la squadra diventerà più forte grazie ad acquisti impor-tanti. Cavani è un giocatore ambizioso e vuole vincere con il Napoli”. Un messaggio forte e chiaro che il De Laurentiis non può ignorare. Restare o partire non di-pende più solo dal Matador adesso la società può dire

napoLi

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napoLiAUTORE

LORENZO PASCARELLA

la sua, può far capire ai campioni, Cavani in primis, che a Napoli si può vincere, ma per farlo deve agire sul mer-cato in modo forte e preciso, senza aver paura di fare quello sforzo economico in più che è sempre mancato nei momenti decisivi.

Quali sono gli scenari? A tal punto il destino del Napoli va a pari passo con quello di Cavani. Scenari comple-tamente diversi si apriranno per gli azzurri in caso di permanenza o meno del Matador all’ombra del Vesu-vio. De Laurentiis ha ora due opzioni: impiegare risorse e costruire attorno a Cavani una squadra competitiva su tutti i fronti (Champions League compresa) oppure monetizzare vendendo l’Uruguayano. Tenere il Mata-

dor o non lasciarsi scappare 63 milioni che in tempi di crisi farebbero la differenza sul mercato?

Non solo Cavani, anche la società azzurra è arrivata a un bivio, costruire una squadra attorno all’Uruguayano significherebbe per i partenopei volare in alto da su-bito, avere in rosa giocatori in grado di assistere e allo stesso tempo di offrire alternative alle giocate di Cava-ni e Hamsik potrebbe significare incominciare a vince-re qualcosa di importante già dalla prossima stagione, bisogna solo volerlo.

Altro fattore da considerare è quello della permanenza di Mazzarri. Infatti anche questa potrebbe dipende-re molto da Cavani, lasciar partire il bomber potrebbe significare tanto in termini di ambizioni e un’eventuale

partenza del Matador potrebbe spingere lo stesso Ma-zzarri, non meno ambizioso del calciatore, a lasciare la piazza.

Tutto gira intorno a Cavani insomma. I tifosi continua-no a gioire per i suoi gol, ma il mercato è relativamen-te vicino e ogni giorno si pensa al futuro del Matador. Vuole restare o partire? Il dilemma che tormenta i Na-poletani e forse anche la mente di Cavani. Squadre dal fascino incontrastabile come Real Madrid e Chelsea sono già pronte a farsi avanti. Resistere a certe ten-tazioni non sarà facile, ma De Laurentiis dovrà essere bravo a rendere quanto più inferiore possibile il gap tra il Napoli e le corteggiatrici del Matador, il presidente

azzurro dovrà fare il possibile per trattenere all’ombra del Vesuvio questo campione, perché si sa anche in un gioco di squadra come il calcio i campioni sono quelli che fanno la differenza. I 63 milioni della clausola certo aprirebbero al Napoli le porte per un mercato da prota-gonista, ma nemmeno con questa quota sarebbe pos-sibile portare sul prato del San Paolo un campione del calibro di Cavani.

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Josè Mourinho

MiLan

panchIna In bIlIco,quante InsIDIe perALLEGRIIl tecnico rossonero possiede un altro anno di contratto ma la sua conferma a fine stagione potrebbe non esse-re cosi certa. Il paradosso è che la società Milan sem-bra “spaccata” in merito: da una parte c’è il presidentis-simo Berlusconi il quale non vede l’ora di sbarazzarsi di Max, dall’altra c’è Galliani, grandissimo estimatore dell’allenatore livornese. Le giornate vanno da un “non el capisse un casso” a un “panchina saldata con fiam-ma ossidrica”: situazione leggermente da manicomio.

Che Berlusconi abbia una notevole incidenza sulle con-ferme dei tecnici rossoneri non è una novità: in 20 anni e passa di presidenza il numero uno del Milan ha sem-pre voluto metterci becco, senza troppi peli sulla lin-gua. Alle volte gli andava bene, vedi Sacchi, altre meno, vedi Leonardo. Dopo la figuraccia internazionale del 12 Marzo rimediata a Barcellona, il Presidente sembra abbia perso la pazienza: “Il Milan deve imporre il suo giuoco ed essere padrone del campo” ripete da sempre, Allegri forse non l’ha capito fino in fondo.

L’altra faccia della medaglia, quella basata sui numeri, sta dalla parte di Galliani. Allegri ha avuto il merito di

rifondare una squadra, ripartire da zero affidandosi a giovani talenti in erba. I risultati sono tangibili: El Sha-arawy è sbocciato come una rosa, De Sciglio sta im-pressionando il mondo intero, Niang e Balotelli fanno stropicciare gli occhi. L’inizio di campionato, difficile e tortuoso, è alle spalle: il Milan ora è terzo in campio-nato a -2 dal Napoli. La squadra gioca un buon calcio, verticalizza molto di più e riesce ad avere un giro palla interessante. Non siamo ai livelli del Barcellona ma si può crescere partita dopo partita. Galliani non smet-te mai di confermare il tecnico ripetendo a memoria sempre il solito motivetto: “La sua panchina era salda dopo aver fatto 7 punti in 8 giornate, ora è saldata con la fiamma ossidrica”.

Ok, il ritorno dell’ottavo di Champions è andato malis-simo, ma non si può cancellare quanto di buono stia facendo Max. Senza contare la vittoria dell’andata: 2-0 al grande Barcellona degli extraterrestri non può es-sere dimenticato cosi in fretta. Aprile sarà un mese durissimo: Fiorentina in trasferta, Napoli in casa, Ju-ventus a Torino ed infine Catania a San Siro. Il futuro del Milan s’aggrappa a questo filotto di partite, il futu-

Massimiliano Allegri sì, Massimiliano Allegri no, questo è il dilemma.

la lista deipretendenti

insidie

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RobertoDonadoni

Vincenzo Montella

MarkVan Bommel

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Josè Mourinho

MiLanAUTORE

MATTEO MORETTO

ro di Allegri segue a ruota quello della squadra.

E se alla fine la spuntasse la linea di Berlusconi? Qua-lora i risultati non arrivassero(secondo/terzo posto in campionato) sarà sicuramente cosi. I candidati per un post-Allegri sono tanti. L’elemento chiave che molto spesso ha fatto la differenza è stato il “fattore Milan”.

In pole c’è sicuramente Donadoni, ex glorioso centro-campista rossonero che tanto sta facendo bene a Par-ma. Roberto è il prototipo di Mister perfetto secondo Berlusconi, quello che più si avvicina a Guardiola: cerca sempre il bel calcio, prova a dominare gli avversari at-traverso il gioco, ha un modo di fare molto “milanista”, è pacato ed intelligente coi media e valorizza i giova-ni. Un professionista con cui provare a creare un bel progetto. L’unico grande intoppo é Ghirardi, deciso a tenerselo stretto in quel di Parma: “Abbiamo parlato chiaro, all’atto di rinnovare l’accordo abbiamo chiesto a Roberto se intendesse firmare subito o aspettare la fine della stagione per fare valutazioni complessive, magari in base a offerte di altri club. Lui non ci ha pen-sato due volte, accettando il rinnovo, ora francamente non mi aspetto che fra un paio di mesi mi chieda di essere liberato anche se posso immaginare che visto il lavoro che sta facendo possa avere molti ammiratori. Il Milan? Non ce lo ha mai chiesto. Sembrava che io fossi un presidente mangia allenatori, ma poi quando trovi quello giusto tendi a tenerlo“.

Una seconda ipotesi potrebbe essere Montella, altro grande allenatore che ha dimostrato di saper vincere sul campo attraverso il bel gioco, quello spumeggiante che tanto ingolosisce Berlusconi. Vincenzino Monte-lla, saputo dell’interessamento(rumors) dei rossoneri, ha si ringraziato ma anche prontamente declinato: “Il mio futuro? Non ho nessuna aspirazione imminente, ho un contratto in essere. Sono soddisfatto e ambi-zioso, e posso esserlo con la Fiorentina”. Il tiki-taka dei

Viola allenati da Montella sembra aver letteralmente stregato Berlusconi, vedremo se ci saranno offerte in-decenti.

Van Bommel, Van Basten, Seedorf, Gattuso ed Inzaghi gli altri nomi: tutti baciati dal Milan-factor, tutti grandi leggende del glorioso passato rossonero.

Al di fuori del Cigno, Van Bommel, Seedorf, Inzaghi e Gattuso potrebbero rivelarsi delle vere e proprie mine vaganti. Poca esperienza da allenatori quello sicura-mente, ma qualità-prezzo non si può discutere: le mi-gliori scelte sul mercato.

La panchina del Diavolo scotta, solo uno arriverà in Pa-radiso.

Vuoi porre una domanda all’ [email protected]

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MarcoVan Basten

ClarenceSeedorf

RinoGattuso

FilippoInzaghi

MassimilianoAllegri

Non ha senso parlare di rinnovo, il contratto è l’ultimo dei miei pensieri

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alla rIcerca DI un

ALLENATORE

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AUTOREANDREA GIOR GIONI

Nell’estate 2011 l’As Roma cambia proprietà, il 60% del pac-chetto azionario viene acquistato da una cordata america-na, con a capo il manager Thomas Di Benedetto, mentre il restante 40% resta alla banca Unicredit. I nuovi proprietari decidono di dare un taglio netto al passato, mandando via il ds Pradè e il dg Montali, assumendo poi Franco Baldi-ni come direttore generale. Baldini accettò l’incarico con il compito di apportare dei tagli alle spese e perciò di conse-guenza, abbassare il tetto salariale dei giocatori. All’epoca il monte ingaggi giallorosso ammontava oltre gli 80 milioni d’euro l’anno, l’obbiettivo era di farlo scendere almeno fino ai 60 milioni.

Per mantenere competitiva la squadra e tenere contem-poraneamente il monte ingaggi basso, c’era da fare una sola cosa: investire sui giovani. Per questo che Baldini contattò subito Walter Sabatini, rinomato talent scout, e gli diede l’incarico di direttore sportivo. Nel bel mezzo di una rivoluzione tecnica e culturale il dg giallorosso affida la panchina a Luis Enrique, che in precedenza aveva allenato il Barcellona B nella Liga Adelante( Serie B spagnola), las-ciando partire il buon Montella che bene aveva fatto nelle ultime giornate del campionato precedente. Ma Baldini voleva chiudere con il passato e avviare una rivoluzione culturale, voleva un tecnico straniero e giovane, che appli-casse un gioco offensivo e divertente alla squadra, e ques-to identikit corrispondeva al tecnico asturiano.

Con l’ingaggio del nuovo tecnico spagnolo, tutti si aspetta-vano una Roma divertente, con un gioco stile Barcellona ma sfortunatamente le cose non andarono come previsto. La rosa messa ha disposizione era sicuramente di gran li-vello, con gli innesti importanti di Pjanic, Lamela, Osvaldo e Borini, ma Luis Enrique non trovò la formula vincente. Nel corso della stagione ha preso decisioni alquanto discutibili, come l’esclusione di De Rossi ad Atalanta – Roma perché era arrivato con 5 minuti di ritardo alla riunione tecnica. Una decisione che minò il morale dello spogliatoio facendo di Luis Enrique un separato in casa. Verso la fine del cam-pionato, con un Roma sempre al 7° posto, la dirigenza gia-llorossa era comunque convinta di confermare il tecnico anche per l’anno successivo, ma fu proprio quest’ultimo a dire di no. Nelle ultime gare era evidente che aveva stac-cato la spina con il mondo Roma, esausto dell’enorme pressione che aveva addosso, ringraziò società e tifosi e decise di prendersi un anno sabatico. La Roma concluse la stagione con un 7° posto in campionato, una prema-tura eliminazione dall’Europa League e un quarto di finale di Coppa Italia, un anno fallimentare per i colori giallorossi, ma ci può stare quando in un anno cambi tanto.

RoMa

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Nell’estate del 2005 segue Spalletti come collaboratore tecnico nella nuova esperienza dell’allenatore toscano sulla panchina della Roma. Il 18 ottobre 2006, durante l’incon-tro Olympiakos-Roma, valido per il primo turno di Uefa Champions League, il calciatore giallorosso Rodrigo Taddei eseguì un gesto tecnico particolare, che fu battez-zato dal giocatore Aurelio, in onore proprio del tecnico massese, che aveva spesso incoraggiato il gioca-tore a provare la giocata in partite ufficiali.Nel 2009 insieme a Spallet-ti lascia la Roma.

Nel febbraio del 2011 viene richia-mato nel suo precedente ruolo in occasione dell’avvicendamento tra Claudio Ranieri e Vincenzo Mon-tella sulla panchina giallorossa. Continuerà a ricoprire il ruolo di collaboratore tecnico anche sotto la guida di Luis Enrique prima e di Zdeněk Zeman poi.

Il 2 febbraio 2013, in seguito all’es-onero di Zeman, la società giallo-rossa gli affida la guida della prima squadra. La prima novità è nel cambiamento del modulo di gioco: si passa dal 4-3-3 di Zeman ad un più prudente 3-4-2-1. Esordisce il 10 febbraio seguente contro la Sampdoria allo stadio Luigi Fer-raris di Genova perdendo per 3-1. Vince la sua prima partita in casa con la Roma battendo la Juventus per 1-0, poi vince sulla panchina giallorossa con Atalanta (2-3).Suc-cessivamente ottiene un pareggio con la squadra Udinese (1-1) e una vittoria con il Parma (2-0).

Aurelio Andreazzoli

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Images and photo captionsRoMa

L’estate 2012 cominciò il toto-allenatore in casa Roma, tra i papabili figuravano Villas Boas, Montella, Zeman e Bielsa. In un primo momento, tutto lasciava presagire che la corsa per la panchina giallorossa l’avrebbe vinta l’aereoplanino Montella, reduce da una grande stagio-ne con il Catania. Ci furono anche degli incontri con la dirigenza giallorossa e addirittura il tecnico era riusci-to a liberarsi del contratto che lo legava in Sicilia ma qualcosa si inceppò, sulla vicenda s’è fatta poca luce, indiscrezioni riferiscono che ci sono stati dei problemi di natura economica, che Montella avrebbe preteso uno stipendio più alto di quello offertogli.

A quel punto ci fu una brusca virata verso Zeman, il quale aveva sempre dichiarato che avrebbe lasciato Pescara solo per la panchina giallorossa a cui era ri-masto fortemente legato, così come con la piazza. Anche i tifosi erano entusiasti della scelta e in poco tempo ci fu l’annuncio con la relativa conferenza stam-pa a Trigoria, il Boemo era il nuovo allenatore dell’As Roma. Quel giorno al centro tecnico Fulvio Bernardini ci fu un vero e proprio bagno di folla per il nuovo allena-tore, che scatenò di nuovo l’entusiasmo dei tifosi, che nelle ultime giornate con Luis Enrique, avevano perso. Un entusiasmo che continuò per tutta l’estate, grazie anche agli ottimi risultati riportati nelle amichevoli una su tutte la vittoria negli States contro il Liverpool, ma soprattutto c’era voglia di divertirsi perché sappiamo che Zeman è sinonimo di divertimento.

Ancora una volta la Roma è la società che, insieme alla Juventus, ha speso di più nel calciomercato estivo, por-tando nella capitale giocatori come Destro, Marquinhos, Castan ecc… Tutto lasciava presagire ad una grande annata per i giallorossi, anche gli esperti la etichetta-vano come la vera antagonista della Juventus per la lotta al titolo, ma già dalla prima partita con il Catania, pareggiata all’ultimo secondo, si notò che qualcosa non andava. I risultati erano altalenanti e spesso deludenti, con la squadra che oscillava ancora tra il 6° e 8° pos-to in classifica, c’erano partite che nei primi 30 minuti la Roma sembrava dominare, segnando 2 reti a 0, poi però arrivava un black out inspiegabile che addirittura portava alla sconfitta per 2 a 3, come è accaduto in casa con Bologna e Udinese.

La peggior sconfitta però arrivò in casa della Juve, nella tana del nemico di Zeman, ma lì la squadra non scese proprio in campo ci fu una confusione totale, ed è forse da quella partita che cominciò ad incrinarsi il rapporto tra tecnico e giocatori. Il boemo cominciò a fare scelte inspiegabili, come preferire Tachtidis a De Rossi crean-

do così una diatriba tra i due che sicuramente non ha fatto bene ad entrambi, poi relegava in panchina un giocatore talentuoso come Pjanic, che poi a causa dell’infortunio di Lamela trovò spazio come ala des-tra, di certo non la sua posizione preferita, comunque il bosniaco fece capire di che pasta era fatto giocando partite straordinarie, e non si spiegava come il boemo prima lo tenesse in panchina.

Infine, un inizio di anno disastroso con sconfitte con il Napoli, il Catania e il Cagliari oltre che all’orrendo pare-ggio in casa del Bologna, la dirigenza decise di cambia-re allenatore. Ormai anche la squadra non seguiva più Zeman, memori di alcune sue dichiarazioni nelle quali li criticava apertamente nelle interviste post-partita, e non credevano più al suo tipo di gioco. Ma il limite più grosso di Zeman è quello di non saper cambiare, radicato su quel 4-3-3 fatto solo di fase offensiva, e forse solo in Coppa Italia contro la Fiorentina a causa degli innumerevoli infortuni, è passato al 3-4-3 ma fu giusto un caso. Comunque bisogna anche riconoscer-gli alcuni meriti per i miglioramenti di alcuni giocatori come Lamela e Piris, e per aver lanciato Marquinhos e Florenzi.

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RoMa

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Al posto di Zeman, subentra Aurelio Andreazzoli che fa parte dello staff giallorosso dai tempi di Luciano Spa-lletti, uno che conosce bene i giocatori e l’ambiante giallorosso. Affidatogli dalla dirigenza il ruolo di trag-hettatore fino al termine del campionato, Andreazzo-li comunque si gioca tutte le sue carte anche per una riconferma per la prossima stagione, infatti la squadra con lui sta facendo benissimo, unita come non lo mai stata da qualche anno a questa parte. Anche i risultati sono dalla sua, in 6 partite ha conquistato 13 punti ag-ganciando la Lazio, che prima del suo arrivo distava 10 punti, e accarezzando il sogno Champions, ma anche un posto in Europa League sarebbe un ottimo risultato ora come ora.

Tutto comunque lascia presagire, che giusto un mira-colo (un terzo posto e la vittoria in Tim Cup) potrebbe confermare l’attuale tecnico sulla panchina giallorossa anche per la prossima stagione. Sabatini ha già volu-to precisare che nel caso arrivi un altro allenatore, An-dreazzoli ha sempre un posto nello staff tecnico dato che il suo contratto scade fra tre anni ed è sempre ben accetto.

Il nome più papabile per diventare il nuovo allenatore della Roma è quello di Massimiliano Allegri, che sem-bra pronto a lasciare il Milan dopo le critiche ricevute dal presidente Berlusconi nel corso della stagione. Il tecnico livornese ha sempre dimostrato grande ammi-razione per la rosa giallorossa e sarebbe felicissimo di allenarla, ma c’è comunque da risolvere la situazione con il Milan, con il quale ha un contratto fino al 2014, la società però non sembra intenzionata a rinnovarglielo.

Altre soluzioni per la panchina giallorossa per ora non ce ne sono, i nomi fatti di Mazzarri e Spalletti sono poco realistici, il primo perché non corrisponde ai parame-tri che richiede la società, la quale vuole un tecnico che comunque sappia lavorare con i giovani e sappiamo

che l’allenatore toscano, ora in forza al Napoli, prefe-risce giocatori già fatti per puntare subito per qual-cosa d’importante. Il discorso di Spalletti è diverso, in Russia guadagna molti soldi, molti di più di quanto la Roma è disposta a dare, e comunque il tecnico di Cer-taldo preferirebbe la Premier League dove è seguito da Chelsea e City.

Quindi nel caso non si arrivi ad Allegri molto probabil-mente si punterà su Aurelio Andreazzoli anche per la prossima stagione.

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RoMa

Allegri

AUTOREANDREA GIOR GIONI

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I 4 nomi che la Roma monitora per il futuro della panchina

Ancora nessun sondaggio e tanti

dubbi, per ora si naviga a vista

Rapporti tesi col presidente Berlusconi e tanti accostamenti scomodi alla propria panchina. Potrebbe emigrare per cercare una rivincita morale

Tante ambizioni ed altrettante incomprensioni sul mercato col

presidente De Laurentiis. La Roma ha come lui nel mirino, grandi obiettivi

Mazzarri

Andreazzoli

Arrivato in silenzio e con poche attese, stà sorprendendo l’ambi-ente conquistandosi la fiducia dei senatori e della squadra. A sorpresa potrebbe restare

Ambiente raffreddato quello russo, in caso di divorzio difficile rivederlo sulla panchina giallorossa, sebbene

le grandi ambizioni di entrambi

Spalletti

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LA TUAPASSIONE

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LA NOSTRA

SFIDA

woRk with us

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Images and photo captionsinteR

Il futuro traSTADIO ePROGETTI

Un presente poco brillante e pieno di delusioni ed un futuro tutto da scrivere, questa è l’Inter di oggi osci-llante tra l’obiettivo Champions e i grandi sogni per la prossima stagione. Dopo i fasti del Triplete la squadra di Moratti naviga a vista alla ricerca di un progetto che possa definirsi tale e possa portare al raggiungimento di nuovi successi. L’impressione che respirano i tifosi è quella di cambiamenti imminenti o, per lo meno, è que-llo che sperano perché così non si può continuare. Os-cillare tra un passato glorioso e un presente buio non è più sopportabile, servono risposte immediate.

Il cuore del rilancio, come è stato per la Juventus, potreb-be essere un nuovo stadio ma tra quanto i tifosi avran-no una nuova casa? Con il pre-accordo trovato con i cinesi sembrava avvicinarsi la prospettiva temporale di avere uno stadio di proprietà da poter sfruttare ma ben presto l’entusiasmo è svanito e con esso anche i soldi degli asiatici. Ad oggi il dialogo con l’amministrazione comunale guidata da Pisapia è aperto e le proposte

sul tavolo sembrano essere due. La prima è far sorge-re il nuovo impianto attorno all’area dell’Expo mentre la seconda opzione è la zona San Donato. L’obiettivo, comunque, non sarebbe raggiunto prima del 2017 e il budget per farlo si aggirerebbe intorno ai 300 milioni una cifra pesante per le casse dell’Inter di questi tempi.

Aspettare altri 6 anni, però, non è ammissibile nem-meno per lo stesso Moratti e, dunque, bisogna pensare a costruire una squadra all’altezza, in grado di giocar-sela in Italia e in Europa, possibilmente nell’Europa che conta. Dopo il mercato di riparazione è immediata-mente partita la caccia all’Inter che verrà e alcuni nomi sembrano affari già conclusi che andranno a rinforzare la rosa per l’anno prossimo. Il cambiamento iniziato in estate con l’uscita di senatori come Maicon e Julio Cesar dovrebbe proseguire con l’arrivo di giovani come Icardi, Laxalt e Botta che insieme a Kovacic formeran-no l’Inter del domani. Altri nomi come Andreolli e Cam-pagnaro sono dati vicini all’Inter e con ogni probabilità

Moratti riflette sul da farsi tra l’ipotesi stadio e le rivoluzioni manageriali: direttore tecnico, allenatore e rosa, nessuno ha il posto certo

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Champions e stadio sono crocevia fondamentali per il futuro

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inteR

AUTORELUCA STRAPAZZON

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Servono risposte, quelle che sono mancate nel dopo-triplete e che ora non si possono più far attendere se si vuole tornare a vincere. Moratti sembra averlo capito, l’aria che tira è quella del cambiamento, la speranza dei tifosi è che sia positivo.

andranno a puntellare il reparto difensivo che potreb-be perdere Samuel a fine stagione e che vede un Chivu ormai in non più tenera età.

Ma i cambiamenti non saranno solamente in campo, anche sulla scrivania si prospettano trasformazioni imminenti. I tifosi sperano che la prima testa a saltare sia quella del D.T. Marco Branca considerato il colpe-vole di alcune scelte dissennate sul calciomercato che hanno portate ai risultati odierni. L’alternativa più gra-dita e che entusiasma di più Moratti sarebbe il ritorno di Leonardo da dirigente che, se Mourinho andasse al PSG, potrebbe concretizzarsi garantendo un vero top manager. Oltre al suo nome circolano quelli di Sabatini, Corvino o di un ritorno dell’idolo Oriali.

Cambiamenti potrebbero esserci anche in panchina dove, però, la posizione di Andrea Stramaccioni è più salda rispetto a un po’ di tempo fa. Il tecnico è giovane e sicuramente durante questa stagione ha commesso alcuni errori ma in altri episodi ha mostrato al meglio il suo valore. Moratti stravede per lui e sembra diffici-le, nonostante i risultati altalenanti, gli possa togliere la panchina. I nomi degli eventuali sostituti sono Ma-zzarri, che sta vedendo esaurirsi la sua avventura a Napoli, Blanc, che cerca il rilancio dopo l’esperienza da C.T. francese e Mihaijlovic, amico del club e stimato dal patron.

Tutti i quesiti sono ancora aperti ma nei prossimi mesi la situazione andrà via via chiarendosi sempre di più.

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Quando la Sampdoria lo prelevò dalla Primavera del Barcellona, era solo un ragazzino di 16 anni; Mauro Icardi è cresciuto e non solo nell’età. Viene definito come uno dei giovani, che più ha saputo approfittare delle proprie occasioni, basti pensare alle varie vicissi-tudini che l’hanno portato ad arrivare dov’è adesso.

Partendo dalla Primavera blucerchiata, in partite che conclude spesso con doppiette, triplette e non solo, inizia ad emergere il suo valore; è il 2012 quando una Sampdoria, che milita disgraziatamente in serie B, lo inserisce in campo a pochi minuti dalla fine della parti-ta contro la Juve Stabia bloccata sull’ 1-1; bastano cin-que minuti a Icardi per dimostrare il suo valore, met-tendo dentro il primo pallone giocabile a pochi secondi dal termine. La Samp vince 2-1 e conquista tre punti fondamentali per la corsa verso i play off, che vincerà un mese più tardi.

In serie A la storia si ripete: Maxi Lopez capocannoniere dei blucerchiati con 4 goal, è costretto a dare forfait per

un lungo infortunio, proprio nella settimana del der-by; con Nicola Pozzi acciaccato, Ferrara è costretto a schierare il giovane argentino, che non tradisce le as-pettative e dopo una grande partita, realizza il suo pri-mo goal in serie A, chiudendo sul 3-1 il derby contro i cugini del Genoa.

In quel giorno di festa per la Genova blucerchiata, inizia l’esplosione di Icardi, che comincia a crescere e a gio-care con continuità; sulla panchina arriva Delio Rossi, un maestro di calcio e i risultati sono immediati: Icardi oggi ha 20 anni ed è il capocannoniere doriano con 9 reti, numeri che hanno ovviamente attirato le “Big”. Nel mercato di gennaio diverse squadre vengono accosta-te a lui: Napoli, Juventus, Manchester City, Inter ed è proprio quest’ultima che fa colpo sul giovane ragazzo e il suo procuratore. Sarà la forte voglia di rivoluzione della società nerazzurra, o la forte presenza di giocatori argentini, ma fin dall’inizio Icardi e il suo agente scel-gono la società milanese. La cifra che la Sampdoria in-tende incassare dalla sua cessione, è di circa 13 milioni

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ICARDI:Da gIovane promessa a futuro bomber

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di euro e anche se il mercato è attualmente chiuso, in questi giorni gira voce, che l’accordo sia già stato con-cluso.

La notizia è arrivata dall’Inghilterra e più precisamente dalla sede dei Lloyds di Londra, gli assicuratori più im-portanti del mondo.

Da qualche giorno, tra le mura della sede, sta infatti cir-colando la notizia di una richiesta di polizza assicura-tiva, per un giocatore dell’Inter : Mauro Emanuel Icardi; questo starebbe a significare, che il giocatore sia già di proprietà dei nerazzurri. La suddetta polizza assicura-tiva, chiede infatti, di coprire l’investimento di 13 milio-ni di euro fino ad agosto, data in cui l’argentino, si unirà all’Inter. La preoccupazione della società nerazzurra, è infatti che il ragazzo possa subire qualche infortunio nel finale di stagione, arrivando inutilizzabile a Milano.

Non è detto che la richiesta dell’Inter venga accettata, ma dai fatti emersi si può ormai capire, che l’accordo con la Sampdoria sia stato trovato e dev’essere solo ufficializzato; a quel punto i blucerchiati si ritroveranno con un bel tesoretto da investire immediatamente alla ricerca di un sostituto e l’Inter si ritroverà in casa un futuro Milito, con circa dieci anni di meno.

sono

i giovani

importanti

la sampdoria

saMpdoRia

AUTORELUCA CARBONARO

ha da

sempre un

occhio di

riguardo

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editoRiaLe

il caso di antonio conte

VALZER DI

PANCHINE

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L’opinione dei nostri redattori sulla situazione contrattuale dei

due allenatori di Juventus e Milan, entrambi, seppur con motivi diversi,

probabili partenti.

Loris Fasiello e Domenico Chiparo hanno analizzato risultati, ambienti ed intrecci di

mercato per riportarvi il loro giudizio.Nessun fantamercato, vi diciamo la nostra.

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VALZER DI

PANCHINE

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il caso di massimiliano allegri

L’opinione dei nostri redattori sulla situazione contrattuale dei

due allenatori di Juventus e Milan, entrambi, seppur con motivi diversi,

probabili partenti.

Loris Fasiello e Domenico Chiparo hanno analizzato risultati, ambienti ed intrecci di

mercato per riportarvi il loro giudizio.Nessun fantamercato, vi diciamo la nostra.

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editoRiaLe

“IL RAPPORTO TRA CONTE E LA SOCIETà è IDILLIACO, NON C’è NESSUN INCRINATURA DA PRESUPPORRE UNA PARTENZA”

Dal 31 Maggio

2011 alla Juventus

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Giuseppe Marotta

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editoRiaLe

AUTORELORIS FASIELLO

Il matrImonIo tra conte e la vecchIa sIgnora

1. IL CONTE ALLENATORE

84 punti, 23 vittorie, 15 pareggi, nessuna sconfitta in campionato tra andata e ritono. Questi i numeri che gli han permesso di laurearsi campione d’Italia alla sua prima stagione in bianconero. Ottimo risultato quello di Antonio Conte, se consideriamo che la “Vecchia Sig-nora” arrivava da due settimi posti consecutivi.

Il leccese, ad oggi, può vantare, sulla panchina bian-conera, uno scudetto, una finale di coppa italia, una supercoppa italiana, i quarti di finale di Champions League(raggiunti con la migliore difesa della competi-zione), più di un anno di imbattibilità in campionato, un anno di primato assoluto nella classifica di Serie A e la miglior difesa e il migliore attacco del campionato(tolti i tre goal della Roma nella partita vinta a tavolino contro il Cagliari).

In meno di due stagioni Conte è riuscito ad entrare nel cuore degli juventini, che lo hanno paragonato subito agli “storici” Trapattoni, Lippi e Capello.

2. “SONO STUFO DELL’ITALIA, POTREI ANCHE ANDAR VIA…” – PERCHE’ LASCIARE LA JUVE PER ANDARE ALL’ESTERO

Perché lasciare la Juve per andare all’estero? Chelsea e Real Madrid, Roman Abramovič e Florentino Pé-rez. Due grandi squadre, due uomini di potere pronti a dare moltissimi soldi al leccese per conquistare la “UEFA Champions League” e per creare una squadra di fama internazionale. Oltre a questo si aggiunga che Conte, che in un solo anno ha già costruito una squa-dra competitiva su tutti i fronti, vorrebbe che Marotta e Paratici portassero alla sua corte il famoso “top player”, cosa che, però, non è riuscita nelle ultime due stagio-ni ai dirigenti bianconeri. Inoltre, il tecnico bianconero sembra essere disturbato dalle parole della critica e dall’accoglienza “barbara” di alcuni tifosi avversari.

Infine, quando Conte dice di voler diventare il Ferguson bianconero, egli non intende solamente di voler resta-re alla Juventus per almeno 15 anni, ma spera anche di continuare in bianconero con un ruolo più importan-te: proprio come l’allenatore dei Red Devils o come lo “Special One” Mourinho, il leccese vorrebbe poter pren-dere le decisioni per il mercato e sul come gestire lo spogliatoio, senza nulla togliere ai dirigenti.

3. “IO COME FERGUSON? SAREBBE UN SOGNO…” – MAROTTA E I GIOCATORI GARANTISCONO CHE AL 100% CONTE RESTERA’

Perché, invece, Conte dovrebbe restare alla Juve? Per-ché i giocatori lo stimano, così come i dirigenti e la pre-sidenza; perché altrimenti Marotta, Pirlo, Buffon e, per ultimo, Barzagli non avrebbero sprecato parole in suo favore, definendolo il miglior tecnico che abbiano mai avuto o uno dei migliori del momento in Europa o an-che colui con cui sperano di continuare in bianconero.

Se, in più, si pensa che il tecnico stesso spera di di-ventare un giorno come Sir Alex Ferguson per i cam-pioni d’Italia, ciò può solamente confermare che, come hanno già fatto in molti, sicuramente Antonio Conte resterà ancora sulla panchina della Juve.

Ma se Conte, il cui cuore è per metà bianco e per metà nero, è amato da tutti – tra giocatori, società, tifosi ed estimatori esteri – perché mai dovrebbe lasciare la sua “Vecchia Signora”?! Penso che il tecnico juventino res-terà al 100% sulla sua panchina fino alla fine del suo percorso in bianconero, sperando di non essere smen-tito perché ritengo sia stato il primo a dare il giusto valore alla squadra, non solo in Italia, ma anche in Eu-ropa!

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editoRiaLe

C’è chi dice si, c’è chi dice no.. ( e non centra V.Rossi) ma su Allegri e sul suo rapporto col Milan ne sono state dette di tutte i colori. Cerchiamo di far chiarezza. Anno 2009/2010: Allegri fa un’inizio di stagione da Europa League col Cagliari ma poi una serie di risultati nega-tivi dopo il raggiungimento della salvezza portano il presidente Cellino ad esonerarlo, e il Milan, in cerca del sostituto di Carlo Ancelotti (passato al PSG), ingaggia il tecnico livornese. A giugno approda quindi nella socie-tà rossonera grazie al pressing asfissiante di A.Galliani che lo ha voluto fortemente e al benestare del patron Berlusconi. Il Milan, data la scelta di non optare per un ct di grosso calibro (da Van Basten, a Rijkaard, Hiddink..insomma i nomi non mancavano) e un mercato che fino all’ultimo giorno sembrava non di spessore lascia-va pensare a un anno sabatico di vittorie..quando l’a.d rossonero pesca dal cilindro i colpi Ibrahimovic e Ro-binho proprio all’ultimo giorno di Agosto. Il Milan non ebbe un buon inizio, come al suo solito, ma poi riuscì a recuperare e una volta arrivato in testa vince il campio-nato e poi la Supercoppa Italiana. Qui le parole su Alle-gri furono immense e a volte sprecate. Allegri di qua Allegri di là, ma alla fine qualcuno dava il merito non a lui ma all’immenso Ibrahimovic di quella annata capace di vincere le partite praticamente da solo. E.. tra i vari “problemini” c’era sempre quel Milan europeo che stec-cava a tornare quello di una volta. Ma, senza correre troppo, dobbiamo focalizzare la nostra attenzione su un aspetto cardine e che ha poi praticamente messo in discussione Allegri. Il Milan vince quel campionato grazie a Ibrahimovic, T. Silva, Boateng (anno della con-sacrazione), Nocerino ( andò in doppia cifra quell’anno) e la parata di Abbiati su un colpo di testa a colpo sicuro di T. Motta in quel derby poi vinto per 3-0 dal Milan.. tanti nomi..ma come vedete ne manca uno.. Andrea Pirlo. Si, miei cari lettori, Allegri col suo centrocampo da piedi “duri”, dalla grande corsa, riuscì a vincere lo scu-detto. Ecco questo portò la dirigenza,che in quell’anno dimezzò a molti lo stipendio, a offrire una “riduzione” dello stipendio all’ex numero 21 rossonero che però si era già accordato con la Juventus e fù il fulcro della Ju-

ventus che poi in quella stessa stagione vince lo scu-detto. Ma, ancora non abbiamo finito, altro problema riguarda Inzaghi (non inserito nella lista Champion’s e non stiamo a raccontare il malumore e i disappunti), Gattuso (usato col contagocce), Seedorf (passato da pedina determinante a rimpiazzo di Boa), Ronaldinho (pupillo di Berlusconi spedito in Brasile) e Ambrosini come prima riserva..cioè tutti i senatori non avevano un ruolo cardine. Questo fin quando vinci va “bene” a tutti, quando invece le cose non vanno benissimo ini-ziano i malumori. Bene..stagione 2010/2011 Milan capolista per tutta la stagione fino a quando dal gol di Muntari, alla sconfitta con la Fiorentina in casa e a Bologna (nel mezzo un pareggio a Catania) i rossoneri regalano così praticamente lo scudetto ai bianconeri. E da lì si inizia a ricercare le cause, Allegri, in discus-sione, perché non schiera questo e perché non schiera quello, perché non cambia modulo, perché non cam-bia alimentazione, perché non cambia la preparazione, perché non cambia gestore di scarpe… ecc ecc. Molti vedono il problema nel gol di Muntari, ma in realtà, il Milan dopo l’eliminazione col Barcellona, l’eliminazione in semifinale coi bianconeri (dopo addirittura i tempi supplementari, altro sintomo di stanchezza) si ritro-vò con poche certezze rispetto all’anno scorso e quasi debilitato dai troppi impegni e una rosa che diventa-va sempre più corta per via dei vari infortuni; a questo va aggiunta la pressione di una Juve che non perse nemmeno una partita quell’anno e ciò portò i rosso-neri a perdere lo scudetto e tanti che avevano contri-buito alle varie vittorie e non. Veterani dai nomi illustri da Nesta,Seedorf,Gattuso,Inzaghi, e quelli che erano arrivati lì da “poco”come Zambrotta e Van Bommel e le altre partenze come Maxi Lopez, Oddo, Paloschi, Aquilani, Taiwo e.. Ibrahimovic e T.Silva dopo un lun-go tira e molla e soprattutto un’offerta irrinunciabile di 70 milioni di euro cash. A questa poi fa seguito la partenza di Cassano, probabilmente, un po’ incredu-lo sulle possibilità di un Milan da alta classifica (come sosteneva Allegri) che va a finire all’Inter, squadra odiata dai tifosi. Il Milan fa una campagna acquisti che,

allegrI eD Il rapporto col DIavolo

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Dal 25 Giugno 2010 al

Milan

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“ADDIO ALLEGRI? NON è RAGIONEVOLE PERCHé MASSIMILIANO è BEN FELICE DI RESTARE E CI RIMANE. NON C’è BISOG-NO CHE LO PROMETTA

editoRiaLe

AUTOREDOMENICO CHIPARO

esulando il buon affare Pazzini e quello di Montolivo e le scommesse Niang e Bojan, è ben poca cosa. Il Milan così fa un avvio che, per usare un eufemismo, è delu-dente portando addirittura i bookmaker a quotare una retrocessione rossonera a 22. Il Milan nelle prime 7 par-tite fa 7 punti (unica vittoria a Bologna) e rimedia ben 3 sconfitte. Allegri vicino all’esonero! Allegri ai ferri corti! Milan, incubo B! I tifosi, dopo aver ritirato gli abbona-menti disertano lo stadio, e la pressione sul tecnico li-vornese inizia a diventare pesante. Di voci, smentite e contro smentite sono tutte all’ordine del giorno. Gallia-ni, da sempre difensore nel bene e nel male, difendeva a spada tratta il tecnico e magari qualcun altro (che esce le “risorse”) era stufo di non vedere giocare il Milan. A ciò seguono vari incontri tra i tre e alla fine il Milan, dopo il pareggio al San Paolo, esce dal tunnel. Da qui un vortice di risultati positivi che hanno fatto balzare il Milan in terza posizione a sole due lunghezze dal Napoli che fino a qualche settimana fa lottava per lo scudetto. Bene e adesso? Le voci sull’addio di Allegri si sono fermate? Assolutamente! I fiumi d’inchiostro non si sono ancora fermati e adesso addirittura si ipotizza un’idea Roma se Ancelotti non dovesse andare e se Andreazzoli non do-

vesse essere riconfermato, seppur stia facendo molto bene. Ma, signori miei, un tecnico che ha fatto una ri-monta del genere, con una squadra che era veramente sul lastrico e che ha dato compatezza, che non ha un gran reparto difensivo e che è da chissà quanto tem-po che non prende gol in campionato, che viaggia ritmi spediti in Serie A.. quale sarebbe questa società che si priverebbe del suo allenatore in questi momenti? Cari miei amici, Allegri rimarrà al Milan, ha un altro anno di contratto e quindi non ci sono possibilità che vada da qualche altra parte. Né Roma, né Bisanzio, né Giacarta, né Cartagine.. Chi osa pensare diversamente? Chi deve “scrivere” per necessità e per lavoro e alimentare false notizie. Poi di presidenti che esonerano tecnici come un bambino cambia un giocattolo ce ne sono parecchi, ma non credo sia il caso della società rossonera e so-prattutto non credo che lo stesse tecnico voglia andare via. Quindi, aldilà di inutili supposizioni sui risultati ros-soneri (non ci son qui Nostradamus), Allegri rimarrà al Milan per la prossima stagione sicuro. Poi..non si sa!

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Dal 25 Giugno 2010 al

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Adriano Galliani

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caLcio cadetto

- Il Punto sul Girone A dopo 27 giornate :

Testa a testa equilibrato e combattuto quello tra Tra-pani e Lecce. I Siciliani, in serie positiva da undici gior-nate, guidano il girone A con 49 punti e una partita giocata in meno rispetto al Lecce di Mister Toma che insegue a un solo punto. Salentini che devono l’ultima sconfitta casalinga proprio contro il Trapani lanciatis-simo. Terza Posizione per il SudTirol che tiene il passo delle prime coltivando apertamente il sogno della pro-mozione e definendo uno scalino di cinque punti sulla Virtus Entella quarta. Ultima posizione utile per la gri-glia play off per il Carpi in condominio con il San Marino ma su cui prevale in virtù degli scontri diretti favorevoli. Carpi che vanta anche il miglior realizzatore del girone con Della Rocca a dodici reti. Il centro classifica si rac-chiude in 5 punti che vanno dal sesto all’undicesimo posto occupato dall’Albinoleffe con 33 punti. Il Porto-

gruaro, abile a fermare in casa la corrazzata Leccese con un pareggio a reti bianche, occupa la dodicesima posizione ad un solo punto dalla zona calda dei play out. In coda, il Treviso occupa tristemente l’ultima po-sizione con soli 13 punti, con due sole vittorie all’attivo e 16 sconfitte. Poco sopra la Tritium a 16 punti vanta il triste primato di difesa più perforata del girone con ben 49 reti al suo passivo e attacco meno prolifico con sole 16 reti segnate. Lottano per un posto al sicuro Reggiana, Como e Cuneo.

- Il Punto sul Girone B dopo 24 giornate :

Avellino capofila che approfitta nell’ultimo turno dello stop del Latina e allunga in classifica staccando di 4 punti i pontini di Mister Pecchia. Gli Irpini con quattro vittorie nelle ultime cinque gare, riprendono la corsa verso la promozione tallonati dai nerazzurri di Latina che, con una gara giocata in meno, impattano contro

LEGA PROIl punto sul campIonato

Prima Divisione:

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caLcio cadetto

AUTOREANTONIO CASSISA

un Perugia in serie positiva da sette giornate che occu-pa la quarta posizione in rapida ascesa verso la cima. Girone molto equilibrato che vede Latina, Nocerina e Perugia tenere il ritmo della capolista con un percor-so simile e vantando i migliori realizzatori e le miglior difese. Ultima posizione in ottica play off, per il Frosi-none di Mister Stellone. Tiene il passo il Benevento che, conquistando punti da otto giornate di fila, raggiunge la sesta posizione a un punto dai ciociari. Il Pisa, che ben aveva fatto nel girone d’andata che concluse al se-condo posto, si ritrova in settima posizione a quattro punti dai play off. Crisi che paga Mister Pane, esonerato dopo 24 giornate. Al suo posto un gradito ritorno nella piazza pisana : Dino Pagliari chiamato a scuotere i ne-razzurri toscani. Centro classifica che racchiude in due punti Catanzaro, Gubbio, Prato e Viareggio, ultimo pos-to al sicuro dai play out in condominio con la Paganese che per peggior differenza reti occupa il primo gradino caldo. Fanalino di coda per la Carrarese di Gigi Buffon, alla sesta sconfitta consecutiva, che vede allontanarsi, giornata dopo giornata, ogni speranza di salvezza. Poco meglio Barletta e Sorrento, tre soli punti sopra l’ultima, mentre l’Andria che non perde da cinque giornate, a 25 punti, a sei giornate dal termine, non molla.

Bella la gara tra i migliori realizzatori che vede Evacuo (nocerina) in testa con 14 reti, seguito da Ciofani (peru-gia) con 12 e Castaldo (avellino) e Fioretti (Catanzaro) con 11.

Seconda Divisione:- Il Punto sul Girone A dopo 27 giornate :

Pro Patria e Savona si stanno giocando la vetta della classifica con i liguri a due punti dalla capolista in un testa a testa che sta allungando sul terzetto di inse-guitrici composto da Renate, Venezia e Virtus Bassano che con i suoi 47 punti occupano saldamente la zona play off. Ultimo posto utile per la corsa promozione occupato dal Castiglione a 45 punti, ambito anche da Monza, Forlì e Alessandria e Mantova che segnano lo spartiacque con la metà bassa della lista. Mantova, Bellaria, Santarcangelo e Saint Christophe, seppur fuo-ri dai play out, sono nel mirino di Rimini e Giacomense che con le ultime vittorie aspirano e lottano strenua-mente per la salvezza. Ultime tre posizioni, che signi-ficano retrocessione diretta occupate da Fano (21pt.) Casale (18 pt) e il Milazzo che con i suoi soli 7 punti in 27 gare e nessuna vittoria, ha ben poco da sperare.

- Il Punto del Girone B dopo 27 giornate :

Anche nel girone B abbiamo la capolista Salernitana a 56 punti inseguita dalla giovane truppa granata del Pontedera di Mister Indiani che non molla, a soli 3 pun-ti di distacco, e mantiene il fiato sul collo dei campa-ni con la sua serie di nove risultati utili consecutivi e il suo bomber Grassi che guida la classifica dei migliori realizzatori. A seguire il duo di testa in fuga, L’Aquila a sette punti occupa la prima posizione della griglia

play off molto equilibrata compos-ta da Aprilia, Chieti e Poggibonsi. Il centro classifica molto compatto vede sette squadre in cinque pun-ti da 33 punti del Foligno di Mister De Petrillo in ascesa, al Teramo che vede i play off a 4 lunghezze. Cam-pobasso e Arzanese occupano in condominio i due posti validi per la lotteria dei play off con 32 pun-ti, con il Vigor Lametia, a un punto, assolutamente non intenzionato a retrocedere direttamente. Aver-sa Normanna e Fondi, con 15 e 13 punti, vedono svanire lentamente la salvezza.

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esteRo

CALCIO ESTERO

campIonatIDomInatorI4

Siamo arrivati ad aprile e, diciamoci la verità, non ci sia-mo affatto divertiti. Così come in Italia la Juventus si è dimostrata di gran lunga la squadra più forte, anche nei principali campionati Europei non c’è stata affatto storia per la lotta al titolo. Il caso più eclatante è rap-presentato dalla Bundesliga, che si presentava ai nas-tri di partenza con due Meisterschale conquistate con-secutivamente dal Borussia Dortmund. Per rompere l’egemonia, dunque, degli uomini di Klopp, il Bayern Monaco aveva dato vita ad una campagna acquisti sontuosa. Ma nessuno poteva immaginare che il di-vario con i gialloneri sarebbe stato così evidente con il

sia Dortmund e Leverkusen (rispettivamente secondi e terzi ) non dovrebbero avere problemi a conferma-re fino alla fine le loro posizioni, per la quarta piaz-za è lotta serrata con ben cinque squadre in un solo punto: dai 39 di Eintracht e Shalke, fino ai 38 di Maiz, Borussia Moenchengladbach e Amburgo. Infine, tutto deciso anche per la retrocessione dove Hoffenheim e Greuther Fürth già condannate e Augsburg e Fortuna Dusseldorf che si giocano la permanenza nella massi-ma serie, con questi ultimi, però, che partono avvanta-ggiati avendo un margine di +5 punti da giostrare.

distacco, alle 26.ma giornata, arrivato a ben venti pun-ti. Ma soprattutto sono le statistiche a dimostrare il netto strapotere dei bavaresi: 22 vittorie, solo 3 pare-ggi e addirittura una sola sconfitta, 69 gol fatti (miglior attacco di Germania) e soltanto 11 subiti (miglior difesa della Bundesliga ma anche d’Europa). Un vero e pro-prio rullo compressore che fa si che il Bayern sia anche una seria pretendente alla conquista della Champions League: se si pensa, infatti, che l’anno scorso i bavare-si arrivarono secondi in campionato e persero la finale con il Chelsea, è lecito pensare che con un divario così netto in Bundes, Heynckes possa giostrare al meglio le energie per puntare alla massima manifestazione eu-ropea per club, dopo che negli ultimi tre anni i bavaresi sono arrivati per ben due volte secondi. Ma se la lotta per il titolo ormai è già ai titoli di coda, da seguire è la lotta per il quarto posto, ultima posizione per andare ai preliminari di Champions League. Infatti se Borus-

Non è da meno la situazione in Premier League. No-nostante la presenza di molti sceicchi e magnati, è ancora una volta il Manchester United la squadra più forte. Gli uomini di Sir Alex Ferguson, l’anno scorso, persero lo scudetto solo per la differenza reti negati-va rispetto ai cugini del City, a dimostrazione che, no-nostante i milioni di euro sganciati dai Citizens, i red devils se la giocarono fino alla fine. E così quest’anno il manager scozzese ha puntellato quel tanto che bas-tava la rosa per dare lo spint finale e i risultati sono dalla sua parte: +15 punti dal City (74 contro 59), miglior attacco d’Inghilterra con 69 centri e poco importa se i red devils non sono dei muri in difesa avendo la terza miglior retroguardia della Premier. Ma i tifosi del Man-chester United possono consolarsi con Robin Van Per-sie, fiore all’occhiello della campagna acquisti di Fergu-son, che al primo anno in red devils ha già segnato 19 gol ed è il secondo miglior marcatore (dietro soltanto

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esteRo

AUTOREMASSIMO MORABITO

campIonatIDomInatorI

a Suarez arrivato a 22 centri). E così, come in Germa-nia, le attenzioni sono tutte rivolte ai posti Champions e alla lotta per rimanere in Premier. Coppa Campioni che sicuramente vedrà partecipare il City secondo, poi dal Chelsea terzo all Arsenal quinto è tutto aperto con possibile sorpresa Everton che ha sei punti in meno del Tottenham quarto, ma è in un grandissimo stato di forma. Occhio al Liverpool che, nonostante un Suarez capocannoniere, deve resistere agli assalti del WBA per qualificarsi almeno ai preliminari di Europa League. In coda, nonostante delle clamorose rimonte, Reading e QPR sembrano spacciate, mentre il Wigan terz’ultimo,

rimonta contro il Milan. Ancora una volta fenomeno indiscusso di una squadra di marziani, è Lionel Mes-si che continua a polverizzare record su record. Anche per il Barcellona il punto di forza non è la difesa (31 reti subite così come lo United) ma ha un attacco stra-tosferico con 88 gol all’attivo, il migliore d’Europa. Ma quello che fa pensare in Spagna è il fatto che anche quest’anno le prime tre hanno creato un vero e pro-prio solco. Infatti oltre al Barcellona e al Real Madrid, anche l’Atletico è stato protagonista di una stagione strepitosa, ma che probabilmente non basta essendo al momento i colchoneros al terzo posto. Quindi piaz-zamenti Champions già decisi tranne che per il quarto gradino dove ci sono quattro squadre in quattro punti. Molto più avvincente sicuramente la lotta per la per-manenza in Liga: a parte la nobile decaduta Deportivo La Coruna che è ormai quasi condannata, gli altri due posti se la giocano Celta Vigo, Maiorca e Real Saragoz-za, distanti tra loro appena tre lunghezze.

L’unico campionato che forse può regalarci ancora emozioni è quello francese. Nonostante le folli spese dello sceicco del Psg, la squadra di Ancelotti non è rius-

che ha una gara in meno rispetto alla concorrenza, può risucchiare in caso di successo ben tre squadre: As-ton Villa, Southampton e Sunderland, con West Ham e Newcastle tutt’altro che tranquille.

In Spagna, manco a dirlo, al comando troviamo il Barce-llona. Nonostante il cambio di allenatore, da Guardiola a Vilanova con l’ausilio di Jordi Roura, i blaugrana si sono dimostrati nettamente superiori al resto della conco-rrenza. Gli acerrimi rivali del Real Madrid, infatti, sono partiti ad handicap e solo ultimamente hanno inanella-to una serie importanti di risultati positivi, ma ormai il cammino verso il titolo appare saldamento in mano ai blaugrana che per le ultime dieci giornate devono am-ministrare un vantaggio sui blancos di ben tredici punti. Poco importa se il Barça è uscito dalla Coppa del Re: gli uomini di Vilanova, infatti, sono ancora i favoriti per la conquista della Champions League, dopo la strepitosa

cita ad ammazzare il campionato. Il distacco sul Lione è comunque importante (5 punti), ma per ben due volte Ibrahimovic e soci hanno perso l’occasione per allun-gare in maniera definitiva. Anche perché c’è da tener contro che i parigini sono avanzati ai quarti di finale di Champions League, mentre al Lione non è rimasta che la Ligue 1. Fattore sicuramente da tenere in conside-razione. Ma oltre al titolo è vera e propria bagarre per l’Europa: ben sei squadre dal Lione, appunto, secondo, al Montpellier settimo, hanno chance e speranze di ac-cedere alla Champions League anche se obiettivamen-te sembrerebbe disponibile solo la terza piazza. Lotta serrata anche per rimanere in Ligue 1: Troyes e Nan-cy sono messe abbastanza male, con Sochaux, Brest, Stade Reims ed Evian separate da appena due punti.

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FORMULA 1sI torna In pIstaecco cosa rIserva la stagIone

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AUTOREFRANCO FRATELORETO

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Finalmente è partita una nuova e appassionante sta-gione di Formula 1. Il 17 Marzo a Melbourne, si è dato il via all’ultimo campionato mondiale di un’ormai vecchia (se pur di breve esperienza) progettazione di vetture di altissima velocità.

Il 2013, sarà il crocevia che metterà fine alla breve sto-ria dei motori V8. Dal prossimo anno infatti, ci saran-no nuove e sconvolgenti modifiche che riguarderanno tutto il sistema del “Circus” automobilistico, più famo-so al mondo. La Formula 1 da sempre viene ricordata come la massima ricerca della perfezione prestaziona-le in pista, sotto ogni singolo aspetto. Novità studiate attentamente dai migliori ingegneri, per migliorare la qualità e la sicurezza nelle vetture da competizione, con lo scopo di apportarle anche sulle auto di serie.

Negli ultimi anni però, a causa soprattutto della crisi economica, anche la ricerca si è dovuta ridimensiona-re, dando più rilevanza alla scoperta di nuove fonti di energia e allo studio basato sul basso consumo con nuovi metodi per riciclare e riutilizzare l’energia stessa.Dal 2014 quindi, vedremo nuovi propulsori (V6 turbo) e ulteriori nuove tipologie di aerodinamica. Quest’anno il Mondiale di Formula 1 vedrà 11 scuderie schierarsi su-lla griglia di partenza, visto l’esclusione della HRT (scu-deria spagnola), a causa dei problemi economici.

Per quanto riguarda il regolamento, sono pochi, ma importanti, gli aggiornamenti apportati. Le maggio-ri novità, sono state introdotte per quanto riguarda l’aerodinamica “nascosta”, per intenderci, la parte in-terna della monoposto, che oltre ad influire sui flussi d’aria, consente una maggiore prestazione e stabilità in pista. Inoltre, dopo le polemiche dello scorso anno, che vedevano la Red Bull come capro espiatorio, altre piccole, ma importanti modifiche, sono state apporta-te per quanto riguarda la flessibilità delle ali mobili, da questa stagione, non più a norma. In caso di inflazione, ci saranno possibili squalifiche e cancellazioni di pun-teggio, in classifica generale. Oltre alle squadre di alta classifica come la Red Bull, Ferrari, Mercedes, McLaren e Lotus. Ci saranno le cosi dette “out-sider” come Force India, Williams,Sauber e Toro Rosso, vere rivelazioni del campionato 2012. Non mancheranno di certo i Team “pubblicità” come la Marussia e la Caterham.

Quest’inverno, abbiamo assistito anche ad importan-ti manovre di mercato. Tra le protagoniste, non solo le “piccole” scuderie. La McLaren ha deciso di punta-re sul giovane, ma promettente Sergio Perez (lo scor-

so anno in Sauber), che da quest’anno, prenderà il posto di Lewis Hamilton, passato in Mercedes, dopo l’uscita definitiva di Michael Schumacher dal mondo della F1. Rivoluzione in casa Sauber. Hulkenberg (ex Force india) sostituirà il pilota messicano. Mentre il giovane Gutierrez, prenderà il volante lasciato libero dal nipponico, Kobayashi. In Force India, Adrian Sutil, sarà il nuovo compagno di squadra di Paul Di Resta, e il finlandese Bottas, sarà al volante della Williams. La Caterham ingaggia Giedo van der Garde. Mentre la Marussia(sempre alla ricerca di nuovi investitori), si rinnova con Jules Bianchi (proveniente dalla Ferrari Accademy), e l’inglese Max Chilton.

Dopo i soddisfacenti test invernali, tutte le squadre si sono precipitate a Melbourne per il primo Gran Premio stagionale. Infatti, dopo il dominio delle prove libere del venerdì, e la pole position del sabato, targata ancora una volta dalla Red Bull di Sebastian Vettel, l’epilogo sembrava più che scontato. In realtà le sorprese non sono di certo mancate. Il tempo perturbato, che ha condizionato tutto il week-end di gara, ha portato for-tuna a Kimi Raikkonen.

L’introduzione di quest’anno, da parte della Pirelli, per quanto riguarda la novità del maggior degrado delle

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gomme, ha reso difficile lo studio delle strategia da par-te delle scuderie, costrette ad uno sforzo maggiore, che di sicuro migliorerà e garantirà lo spettacolo, nel corso del mondiale. La Lotus sembrerebbe aver beneficiato di questa nuova soluzione, sorprendendo tutti con solo 2 soste invece delle 3 programmate dagli altri Team. Con una Ferrari in netta ripresa, dallo scorsa competizione, e una Red Bull veloce sul giro secco, ma constante nel ritmo di gara, il pilota finlandese riesce ad ottenere la prima vittoria chiudendo proprio davanti al pilota spag-nolo del cavallino, Fernando Alonso, e al tedesco cam-pione del Mondo in carica.

Neanche il tempo di ragionare su ciò che è successo in Australia, che la settimana successiva si torna subito in pista. Sepang è un circuito ostico, che mette a dura prova sia i piloti, dal punto di vista fisico, (con il caldo umido che sfiora i 35°) sia la resistenza delle vetture. La differenza climatica è che oltre alle temperature ele-vate si aggiunga il cielo perturbato. Si riparte con un nuovo fine settimana pieno di incognite. Il venerdì di libere si chiude con le Lotus che sembrano dare conti-nuità. La sessione di qualifiche invece smentisce tutto ed è ancora una volta Sebastian Vettel ad aggiudicarsi la seconda pole stagionale, con le due Ferrari subito alle sue spalle. La gara viene ancora condizionata dal mal-

tempo, che tradisce i piloti della scuderia di Marane-llo, costringendo Alonso al ritiro, e consegnando su un piatto d’argento l’ennesima doppietta Red Bull.

Le prime due tappe del mondiale, ci hanno fatto capire quali saranno gli scenari futuri. Una Red Bull sempre costante, nei suoi livelli, in tutti i tracciati. Una rinas-cita della Ferrari dalle macerie dello scorso anno, che oltre al discreto passo gara, dovrà limare ancora qual-che decimo di secondo in qualifica, per riuscire ad avere una posizione più definita. Mercedes leggermente in crescita rispetto la passata stagione, con un Hamilton in più, in grado di fare la differenza. La Lotus potrebbe essere la vera sorpresa di quest’anno. Le scuderie di alto profilo, dovranno stare molto attente a Raikkonen e compagni, con una vettura davvero ben bilanciata. Le uniche certezze vengono dalla McLaren. Vera delu-sione di questi primi giri del campionato. Male in qua-lifica e peggio in gara, con all’attivo anche un ritiro per problemi tecnici. La scuderia britannica a questo pun-to, dovrà davvero cambiare marcia, per non restate a guardare le glorie altrui.

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AUTOREFRANCO FRATELORETO

LA GRIGLIA DELLE 11 SCUDERIE ED I RISPETTIVI PILOTI

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IntervIsta a

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AUTORENICOLA RIGLIACO

MANUEL LUCCHESE

Manuel, partiamo dal principio. Quando nasce in te il desiderio di partecipare alla Dakar? “In realtà è un sogno che coltivo fin da piccolo. Ricordo che a tredici anni, quando correvo nel motocross, una volta ero ad allenarmi in Spagna e lì ho avuto la fortuna di vedere il passaggio dei piloti della Dakar. Non credevo ai miei occhi: avevo dinanzi a me grandissimi campioni come Fabrizio Meoni e Giò Sala, che per me rappresentava-no degli idoli. Rimasi letteralmente affascinato dal loro coraggio, così da quel momento ho immaginato che un giorno anche io avrei compiuto quella meravigliosa im-presa, sfidando il deserto in sella ad una moto. In questi anni, per mia fortuna, quel sogno è divenuto realtà.”

Ricordi il momento nel quale hai preso la fatidica decisione? “Si, è stato nel maggio 2011. Un momento davvero particolare: ero di ritorno da una gara e stavo rincasando quando, aprendo il cancello di casa, non so come dentro di me è scattata la sensazione che l’anno successivo avrei preso parte alla Dakar. E’ sta-ta un’emozione forte, che mi ha fatto capire che quello doveva essere il momento giusto. Così mi sono impeg-nato al cento per cento per concretizzare questo pro-getto e solo sette mesi dopo, alla Dakar 2012, ero fra i partecipanti.”

Torniamo con la mente proprio a quella prima Dakar, nel 2012. Come sei riuscito ad organizzare tutto e partire? “E’ stata dura, ma ce l’ho fatta. All’inizio le per-

sone intorno a me erano incredule, perché partivo da zero, non avendo né gli sponsor né i mezzi necessari per fronteggiare un’impresa simile. Eppure, nonos-tante queste difficoltà oggettive, una ferrea determi-nazione mi ha consentito di riuscire a concretizzare questo sogno. Non ho mai avuto dubbi o ripensamen-ti perché dentro di me sapevo che stavo realizzando qualcosa in cui credevo con tutto me stesso, e sicu-ramente questo atteggiamento è stato determinante per il successo. Ovviamente devo ringraziare alcune persone, primi fra i tutti i miei sostenitori, che mi han-no dato un supporto incredibile. Sembra strano, ma senza di loro non ce l’avrei mai fatta. Infatti, sia l’anno scorso che quest’anno, ho reperito buona parte delle risorse necessarie per partecipare alla Dakar attraver-so l’iniziativa di apporre i nomi dei tifosi sulla mia giac-ca: un’idea che in molti hanno apprezzato. In questo modo, attraverso una semplice donazione, i fans han-

nato

un sogno

e coltivato

da piccolo

no potuto vivere con me la Dakar. Questa esperienza mi ha insegnato che nella vita, se sei davvero mo-tivato, incontri persone disposte ad aiutarti e che quindi, attraverso sforzi congiunti, si possono rea-lizzare imprese incredibili. La mia gratitudine, infatti, va a tutti gli appassiona-

Al Motodays abbiamo avuto il piacere di incontrare Manuel Lucchese presso lo stand del “Motoclub Centurioni”. Il giovane campione, più volte titolato nei rallies nazionali ed internazionali, lo scorso gennaio ha preso parte alla Dakar 2013, terminando 83esimo. Ci ha rilasciato un’interessante intervista che ripercorre la sua avventura, partendo dalle origini, e spiegandoci le enormi difficoltà che affronta un pilota privato alle prese con questa mas-sacrante avventura. Le parole di Manuel sono ancora impregnate di sabbia e sudore, ma anche di grande soddis-fazione, avendo portato a termine (a soli 24 anni) la competizione più ardua al mondo, contando quasi esclusi-vamente sulle proprie forze. Una storia avvincente, fatta di passione e tenacia, che merita di essere raccontata.

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stavolta mi sono posto un solo obiettivo chiaro nella testa: arrivare fino in fondo ad ogni costo, anche a sca-pito del cronometro. Così, durante il percorso, spesso ho addirittura perso minuti preziosi aiutando altri piloti in difficoltà, sapendo che, se poi mi fossi trovato io ne-lla loro stessa situazione, mi avrebbero reso il favore. E così è stato, perché a soli 150 km dall’arrivo ho rotto il motore e sono stato trainato da un pilota boliviano che mi ha consentito di giungere al traguardo. La soli-darietà tra piloti è una cosa bellissima, scalda il cuore.”

Accade spesso, che vi aiutiate? “Dipende. Parlando sulla base della mia esperienza, ho ricevuto bellissi-mi gesti di solidarietà e amicizia da piloti venezuelani,

ti ed agli sponsor che hanno creduto in me. Anche i media, inoltre, mi hanno offerto una buona copertura, magari affascinati dal mio spirito d’avventura o dalla mia età, che fa di me uno dei partecipanti più giova-ni a questa competizione. La mia prima Dakar, nel 2012, rimane comunque un’impresa da fuori di testa. Ripensandoci oggi, non so neanche io come ho fatto: non avevo praticamente assistenza, nemmeno il mi-nimo indispensabile per fronteggiare gli imprevisti. Addirittura ricordo che alla fine di ogni tappa giravo tra le tende cercando di reperire gli pneumatici per l’indomani. Una vera avventura, insomma.”

Passiamo invece a quest’anno. Qual è il primo ri-cordo della Dakar 2013, a due mesi di distanza? “Si-curamente il calore del pubblico, che in Sud America è fantastico. Sono molto appassionati e trasmetto-no un’energia incredibile a noi piloti. A volte capita di affrontare una sessione impegnativa sotto un sole co-cente, con una temperatura di 45 gradi sopra lo zero, eppure vedere quelle persone che sono lì ad acclamar-ti è una sensazione indescrivibile. In alcuni frangenti, nonostante la stanchezza, il loro supporto ti permette di superare i limiti stessi del tuo fisico. Ci fanno sentire degli eroi, ma i veri eroi sono loro.”

Oltre 8000 km tra sabbia, polvere e sudore. C’è stato un momento, durante la competizione, in cui hai pensato di cedere alla stanchezza?“No, mai. La Dakar per me è tutto. Quest’anno soprattutto, il mio obiettivo principale è stato proprio quello di arrivare in fondo e terminare la gara. Volevo dimostrare che, a dispetto della mia giovane età, sarei stato in grado di gestire una competizione così complessa, quindi non ho mai pensato di arrendermi, nemmeno per un is-tante.”

C’è un insegnamento che hai tratto dall’esperienza del 2012 e che, magari, hai messo a frutto quest’anno? “Si. La prima Dakar mi ha insegnato molto, soprattutto a livello organizzativo. Quest’anno, infatti, mi sono presentato con presupposti migliori, anche se non sono comunque riuscito ad evitare alcu-ne difficoltà dovute ad imprevisti dell’ultimo minuto. Forse però, il maggior insegnamento dell’esperienza 2012, riguarda la filosofia di gara. L’anno scorso infatti, nonostante la disorganizzazione, ho tenuto un ritmo più sostenuto e le cose andavano bene fino a che la moto non mi ha tradito nella decima tappa, costrin-gendomi al ritiro. E’ stata una vera Odissea, perché ho cercato fino all’ultimo di fare il possibile per restare in gara, ma senza successo. Così, memore di questo,

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spagnoli e boliviani ai quali devo dire davvero “grazie”, con tutto il cuore. Senza dimenticare un australiano che per tutta la corsa mi ha fornito i suoi pneumatici usati, che per me andavano benissimo, visto che lui li adoperava per un solo giorno. Di contro, invece, sono rimasto un po’ deluso dagli italiani, che non sempre si sono dimostrati generosi.”

Partecipare alla Dakar significa anche attraversare scenari mozzafiato. Come vivete questa dicotomia tra paesaggi suggestivi e la perenne lotta con il cro-nometro? “I paesaggi sono magnifici. A volte capita di notare uno scorcio particolarmente suggestivo e, per un attimo, ci si rende conto della bellezza della natura,

ma purtroppo la tensione della competizione ti impo-ne di proseguire. La Dakar ha ritmi serrati e durante le prove speciali siamo tutti concentratissimi, perché si cerca di arrivare a fine tappa il prima possibile. Le variabili in gioco sono troppe e si pensa solamente a non incappare in rotture o errori, quindi questo impe-disce a noi piloti di soffermarci troppo sulla bellezza del paesaggio circostante. Però devo dire che durante i trasferimenti ci rifacciamo alla grande, cogliendo la meraviglia degli scenari che ci circondano. E’ fantas-tico, perché ci rendiamo conto di correre nei luoghi più belli del Pianeta.”

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A tuo avviso, possiedi una caratteristica particola-re alla quale fare appello nei momenti di difficoltà? “Forse lo spirito di improvvisazione, inteso come la ca-pacità di saper far fronte ad ogni difficoltà. Sono una persona che non si preoccupa mai eccessivamente e non cedo allo sconforto, neanche nei momenti più bui. La Dakar è un’altalena di emozioni perché, a differenza di altre gare, si passa da momenti di gioia incredibile ad alcuni di disperazione vera e propria, in cui magari ti ritrovi solo nel bel mezzo del nulla con la moto in pan-ne. In quei frangenti è importante restare calmi e non farsi scoraggiare, altrimenti è finita. Bisogna rimanere lucidi e saper improvvisare per tirarsi fuori dai guai e questa è una caratteristica che fa parte di me.”

Spesso si parla delle partenze e della grande emo-zione al via. Ma com’è, invece, il ritorno da una Dakar? Che sensazioni si provano tornando alla vita di tutti i giorni? “Il primo pensiero è sicuramente la voglia di tornare lì, nel deserto. Può sembrare diffici-le da credere, ma dopo aver dormito per quindici giorni in tenda, nella sabbia, con i rumori dei mezzi ed i bru-sii dei meccanici di sottofondo, quando torni a casa ti manca tutto questo ed è difficile addormentarsi. Ti giri nel letto ripensando ai giorni trascorsi, a quelle emo-zioni indimenticabili. Forse, dopo una Dakar, la quiete e la comodità sono cose che non avverti più come tue.”

Hai corso due volte questa gara, sempre in Sud Ame-rica. C’è il rimpianto per non aver affrontato il per-corso africano? “Si, certamente mi sarebbe piaciuto prendere parte ad una Dakar in Africa. Devo dire, però, che per mia fortuna ho disputato alcune gare del mon-diale in Marocco e Tunisia, quindi conosco più o meno

quegli scenari. Immagino che sarebbe stata una corsa totalmente diversa nel Sahara. Sai, in America Latina il paesaggio è estremamente mutevole. Quest’anno, ad esempio, siamo arrivati fino ad un’altitudine di 4.700 m, con un freddo intenso e pungente, per passare poco dopo al caldo torrido del deserto. In Africa, invece, il te-rritorio si ripete sempre uguale a se stesso e non ci sono cambiamenti di scenari per molti giorni. Inoltre, in Sud America, il valore aggiunto è dato dalla presenza dei tifosi, che accorrono numerosissimi. Per noi piloti è importante sentirli vicini.”

C’è qualcosa della Dakar che porti con te? O che ti è rimasto dentro? (sorride) “Si, la medaglia che mi hanno dato a fine gara! Solo chi ha disputato una Dakar può capire il valore di quel trofeo, che diviene il simbolo de-gli sforzi e dei sacrifici fisici, finanziari e psicologici che hai dovuto sostenere per arrivare in fondo. Si tratta di una conquista magnifica: una sensazione unica, senza prezzo. Forse, è la dimostrazione che quando lotti per qualcosa con tutto te stesso, allora non puoi fallire. Anzi, spero vivamente che questa mia impresa serva a molti per capire che non esistono sono sogni o mete irrealizzabili, perché, nonostante le difficoltà, se si è motivati al cento per cento prima o poi nella vita si riesce ad ottenere quello che si vuole.”

Generalmente i piloti sono superstiziosi. Tu hai un gesto o un rito propiziatorio, magari un portafortuna?(ride) “Si, devo ammetterlo. Confesso di aver indossato lo stesso completo per tutta la Dakar! Sai, quest’anno alla partenza ero molto preoccupato, perché ho corso con una moto che l’anno scorso si era guastata alla seconda tappa. Dunque, quando ho vi

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sto che le cose sono andate bene nelle prime tappe, ho deciso di affrontare l’intera gara con lo stessa maglia, casco ed occhiali! A fine corsa, ovviamente, il completo era in condizioni pessime, ma mia nonna ha fatto un buon lavoro e con una bella lavata la maglia è tornata come nuova…” (si interrompe un istante) “A proposito, il mio vero portafortuna sono proprio loro: i miei nonni. Un profondo affetto mi lega a loro, che mi hanno sem-pre aiutato e sostenuto in tutte le mie attività, spesso anche più dei miei genitori. Sono davvero fantastici e questo successo voglio proprio dedicarglielo, visto che mi sono sempre stati accanto. Mia nonna, ad esempio, durante tutta la Dakar ha tenuto di notte una candela accesa per me.”

Ti vedremo allo schieramento di partenza della Dakar 2014? “Sinceramente ancora non lo so. Ovvio che dentro di me la voglia di andare c’è, ma sto consi-derando l’ipotesi di saltare un’edizione per presentarmi al meglio nel 2015. In fondo, quest’anno, sono riuscito nell’incredibile impresa di terminare la gara, arrivando 83esimo senza nemmeno avere alle spalle una grande assistenza. A questo punto conosco le mie potenzia-lità e la prossima volta che andrò alla Dakar mi piace-rebbe puntare al risultato, magari potendo contare su un’organizzazione migliore.”

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di rimandare ogni valutazione. Per quanto concerne i piloti poi, la questione diviene perfino più spinosa, per individuare chi tra i “fantastici quattro” sia il favorito. Lorenzo, Rossi, Pedrosa e Marquez, tre spagnoli ed un italiano destinati a dare vita ad un mondiale dal sapore forte. Messi insieme, questi quattro, arrivano a quota 18 titoli mondiali. Un numero che fa comprendere la portata della disputa, lasciandoci elettrizzati.

Parlando del più blasonato dei “fab four”, sembra che il sole del Brasile abbia fatto bene a Valentino Rossi, che è tornato dal tour promozionale in America Latina

Ci siamo. Novantasei interminabili ore ci separano dal primo gran premio della stagione. Dopo gli assordan-ti schiamazzi sollevatisi in questi mesi di test, adesso uno strana calma pervade il mondo della MotoGP. Un silenzio carico di tensione, che verrà interrotto solo dal rombo dei motori. In Qatar si accenderanno i riflettori ed andrà in scena il mondiale 2013, sciogliendo i dubbi e le incognite che ci hanno fatto compagnia durante l’inverno. Fare un pronostico? Sarebbe impossibile, pur volendo. Honda e Yamaha si sono letteralmente con-tese le sessioni di test, chiudendo più o meno in parità: un risultato che non fa male a nessuno e che impone

aI blocchI DI partenZa“la quIete prIma Della

tempesta”Impressioni sui protagonisti a quattro giorni dalla gara di apertura in Qatar

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carico di energie. I suoi ultimi test, a Jerez, sono sta-ti strepitosi e nella seconda giornata il Dottore è stato addirittura il più veloce di tutti, dimostrando quel valore che a lungo era stato dato per disperso. Rossi si tro-va a suo agio in sella alla cara vecchia M1, compagna di mille avventure, e non ne fa mistero. Così, adesso, rassicurato dai risultati positivi, trova anche la forza per fare un po’ di luce sull’infelice parentesi di questi ultimi due anni. “Avrei mollato piuttosto che continuare con la Ducati - confessa il Dottore in un’intervista per “Motor-cycle News” - Il problema della casa di Borgo Panigale è la mancanza di umiltà degli ingegneri”. Parole pesanti,

che suggeriscono un’assoluta mancanza di dialogo e complicità tra il nove volte iridato ed i tecnici della casa bolognese, elemento che sicuramente ha condannato entrambi a risultati modesti. Ma c’è di più. In altre es-ternazioni, per SportMediaset, Vale ha ammesso: “Mi sento più di tutti un pilota Yamaha. Ho sempre avuto una relazione speciale con questa moto”, lanciando-si in una vera e propria dichiarazione d’amore per la casa dei tre diapason, con la quale il Dottore in passato ha vinto tutto, e di più. Pertanto, a soli quattro gior-ni dall’inizio della stagione, il campione di Tavullia ora porta su di sé il pesante fardello del suo passato: dovrà,

MOTO GPaI blocchI DI partenZa“la quIete prIma Della

tempesta”

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infatti, far vedere al mondo intero “quanto vale Vale” e dimostrarsi all’altezza di se stesso, prima ancora che degli avversari.

Lorenzo invece, suo scomodo compagno di squadra, sente meno pressione su di sé. Nelle ultime settimane comunque ha parlato poco, preferendo concentrarsi sulla preparazione e sviluppo della moto. I test di Jerez lo hanno visto particolarmente in forma sul bagnato e un po’ assopito sull’asciutto, ma il maiorchino è un pilota smaliziato e sa benissimo che i test valgono fino ad un certo punto, perché soltanto in gara emergeran-no i reali valori dei suoi rivali. Se teme il confronto con Rossi? “Probabilmente il nostro rapporto è migliore rispetto a tre anni fa - ha affermato Jorge per moto-bog.it - Ora siamo più maturi. Non dobbiamo essere amici per forza, ma se il rapporto è buono sarà meglio sia per noi che per la squadra. Cercheremo di mante-nere la calma e remare nella stessa direzione”. Parole asciutte, prive di fronzoli, sebbene il maiorchino lasci intendere una preferenza a parlare dello sviluppo de-lla moto, piuttosto che del tormentato rapporto con il Dottore. “Gli ingegneri in Giappone hanno fatto un ottimo lavoro - spiega Lorenzo - in particolare con il nuovo telaio, che mi permette di tirare su la moto più facilmente in uscita dalle curve”. Il maiorchino, dun-

que, appare concentrato sull’obiettivo di riconfermarsi campione e portare a casa il quinto mondiale, sebbene sappia che, oltre al team mate Rossi, ci sono i piloti di casa Honda a frapporsi sul suo cammino.

E proprio in casa Honda l’aria è carica di elettricità, con un Pedrosa che si sente in forma e pronto a sgomita-re. Lo spagnolo, che più volte ha sfiorato il sogno del mondiale, stavolta è determinato a non commettere il minimo errore, sentendosi più forte e maggiormen-te combattivo. Alla Honda puntano su di lui, con una RC213V cucita su misura, che si è spesso dimostrata la moto da battere. “Nel 2012 abbiamo fatto una gran-dissima stagione, ma quest’anno dobbiamo migliora-re e fare qualcosa di ancora più straordinario”, tuona Pedrosa per il quotidiano Tuttosport, facendo capire che non intende più accontentarsi dell’epiteto di “vice campione” il quale, da quando corre in MotoGP, si è attaccato su di lui come un’etichetta, perseguitandolo. Questo dunque, per Dani, dovrà essere l’anno gius-to per mettere in luce tutto il suo talento se intende scolpire, almeno una volta, il proprio nome nell’albo d’oro della classe regina.

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Dividerà il box con lui Marc Marquez, giovane promessa e campione in carica della Moto2. C’è chi lo paragona già a Valentino Rossi, giurando che questo rookie ribal-terà le gerarchie della MotoGP. Per ora sono solo paro-le, sia chiaro, ma i test invernali hanno confermato le aspettative: Marquez la moto la sa portare, e bene, es-sendosi subito inserito nella lotta al vertice senza trop-pi complimenti. Il talentuoso ventenne non è affatto spaventato dagli accecanti riflettori della classe regina e nemmeno dai nomi illustri dei suoi avversari, tanto da potersi dire sereno circa il suo debutto in sella ad una moto ufficiale. “Ovviamente sono un po’ nervoso per il mio esordio - confessa per Tuttosport - Ma sono sicuro che saprò trovare la concentrazione giusta per il primo Gran Premio”. Ad Austin, su una pista nuova per tutti, Marquez è stato spaziale, riuscendo una volta a terminare perfino in prima posizione, mettendo così in luce le sue enormi potenzialità. Ha stupito così tan-to che il campione del mondo 2006 Nicky Hayden lo ha definito usando l’aggettivo “impressionante”. Vedremo

se questo giudizio sarà confermato da risultati brillanti nel corso del campionato, o meno.

Quattro campioni, quattro storie diverse, quattro gior-ni al via. Tutto è pronto: si spengono le luci ed in sala scende il buio. A noi non resta che goderci queste ul-time ore di quiete, nell’attesa che si apra il sipario ed entrino in scena i protagonisti di questo meraviglioso spettacolo che è il Motomondiale. Scongelate il cuore dunque, appassionati, perché il 7 aprile in Qatar si ac-cenderanno i motori della MotoGP.

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chI fermerà

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NOVAC DJOKOVIC?

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tennis modern homes

La stagione 2013 dell’ ‘’ATP World Tour’’ sta entrando nel vivo e l’uomo da battere è sempre lui, Novak Djoko-vic. Dopo la splendida annata dei record nel 2011, Il serbo, attuale numero uno in classifica mondiale, vie-ne da un buon 2012, caratterizzato però da molti alti e bassi, dovuti probabilmente allo straordinario sforzo dell’anno precedente. Statisticamente, Nole riesce ad esprimere il suo massimo potenziale negli anni dis-pari, quindi, dati alla mano, in questa stagione potreb-be eguagliare, visti i presupposti, l’annata magica del 2011. Per Novak è stato un ottimo avvio di stagione: trionfo, nel primo torneo del ‘’Grande Slam’’, agli Aus-tralian Open; vittoria nel torneo di Dubai; buon Indian Wells, nonostante la sconfitta in semifinale con Del Potro; l’unica pecca rimane la sconfitta con Tommy Haas nel quarto turno a Miami, un evento più unico che raro. Con la conquista del suo quarto ‘’major’’ aus-traliano, Nole ribadisce ed evidenzia rafforzandola, la propria ‘’leadership’’ tra i ‘’big’’ del circuito mondiale e pone tra se e gli altri un divario, tecnico e fisico, diffi-cile da colmare. La domanda sorge spontanea: ma se Djokovic è l’uomo da battere, chi riuscirà a mettergli il bastone tra le ruote nel 2013? Non è facile rispondere a questo quesito , ma cercheremo comunque di dare una risposta.

Andy Murray è il primo nome che ci viene in mente; lo scozzese infatti, al momento, è il tennista più in-dicato al ruolo di anti-Nole. Il 2012 per Andy è stato un anno indimenticabile: prima finale nel ‘’giardino di casa’’, a Wimbledon, finalissima però persa contro Federer; arriva poi la medaglia d’oro, che rappresenta anche l’apice della propria carriera professionistica, nel torneo olimpico sempre a Wimbledon, un occasione unica dove il britannico riesce a superare in finale lo stesso Federer che qualche settimana prima spezzò, nello stesso centrale londinese, il sogno di Andy; verso il finale della stagione arriva anche il primo Slam della carriera: lo US Open, conquistato sul centrale di ‘’Flus-hing Meadows’’ proprio contro il temibile Djokovic. Il tennis di Murray è un tennis molto solido, da molti è

QUANDO HO INIZIATO, IL MIO SOGNO ERA DI DIVENTARE NUMERO UNO E VINCERE WIMBLEDON. LI HO REALIZZATI. SONO OR-GOGLIOSO DI AVER SCRITTO PAGINE DI STO-RIA, SE PENSO CHE HO GLI STESSI SLAM DI EDBERG E BECKER MI VENGONO I BRIVIDI.

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considerato il miglior giocatore difensivo della storia del gioco: nessun grandissimo colpo, ma fondamentali ot-timi; servizio abbastanza efficiente; ottimo rovescio e buone variazioni. Lo scozzese è in continuo crescendo, la finale raggiunta e persa a Melbourne e la vittoria a Miami in questo 2013 rappresentano un segnale for-te ed evidente della crescita, ma il suo tallone d’Achille rimane sempre lo stesso da anni, la gestione mentale: il fattore psicologico condiziona tantissimo un match tennistico, bisogna sempre restare lucidi ed attenti ma soprattutto non bisogna mai alternare momenti buoni a momenti di buio assoluto poiché alla lunga potreb-bero pesare tantissimo sul punteggio, e questo è un errore che Murray commette praticamente sempre ne-lle grandi occasioni. Migliorata la variabile psicologica, Andy potrebbe essere il vero anti-Nole stagionale ma solo il campo potrà darci una risposta, non resta che aspettare.

Il secondo nome che proponiamo come anti-Nole è quello di Roger Federer. Instancabile, immortale, inarri-vabile e potremo continuare per ore; ‘’Re Roger’’ conti-nua a illuminare il panorama tennistico mondiale, no-nostante l’età, l’elvetico riesce a sorprendere sempre in qualsiasi contesto e in qualsiasi situazione. Sarebbe inutile elencare e argomentare l’eterno talento di Fe-derer, ci limitiamo infatti ad evidenziarne quelle che possono essere le variabili negative dell’annata 2013: La forma fisica, in primo luogo, potrebbe essere il vero ostacolo da sormontare per l’elvetico: il calendario dell’ ‘’ATP World Tour’’ è ogni anno più intenso e più difficile da affrontare; tanti tornei, tante gare potrebbero risul-tare pesanti e controproducenti se disputate in periodi di tempo molto brevi; la soluzione ideale sarebbe quella di rinunciare a qualche torneo per poter affrontare gli

Slam in condizioni ottimali, ma andate a dire a Roger di fermarsi per qualche settimana! La seconda im-portante variabile da considerare è la concorrenza: ri-tornato Nadal, aggiunto ai soliti Murray e Djokovic la concorrenza annuale è di un livello mai visto prima; oltre ai cosiddetti ‘’Fab Four’’ bisogna considerare i vari Del Potro, Berdych, Tsonga, Ferrer etc. etc. Certo, qualcuno dirà ‘’ci sono per Roger, ci saranno per tutti!’’, ma bisogna sempre considerare lo sforzo mentale ed agonistico da sopportare di torneo in torneo, e visto che lo svizzero è in ballo da anni potrebbe risentirne molto soprattutto fisicamente. Appurato che il pro-blema annuale per Roger potrebbe essere principal-mente la forma, pensiamo comunque che anche ad essa si potrebbe trovare una soluzione adeguata: una corretta organizzazione degli impegni ed un accurata preparazione fisica potrebbero riproporre l’elvetico agli altissimi livelli che da anni ha dimostrato di poter man-tenere; e a noi, amanti di questa splendida disciplina, vedere giocare Federer ad alti livelli servirebbe come il pane quotidiano.

Aggiungiamo alla lista dei possibili principali antago-nisti di Djokovic, Rafael Nadal. La coscienza mentale e razionale ci porterebbe a pensare a Rafa più come

L’Australian Open è un torneo magico per me

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ad un ‘’outsiders’’ che ad un vero anti-Nole in questa stagione, ma dopo Indian Wells qualcosa è cambiato, l’aria è diversa e il vento, forse, sta cambiando. Per chi non lo sapesse, i mesi precedenti allo scorso febbraio rappresentano per il maiorchino un vero e proprio cal-vario sportivo: l’infortunio al ginocchio della passata stagione ha ferito profondamente l’animo di Rafa e l’autostima ha toccato i limiti storici per un tennista che negli anni duemila ha riscritto, quasi completa-mente, la storia del tennis moderno; l’infortunio ha costretto Rafa al riposo forzato e ha portato alla ri-nuncia di buona parte della stagione precedente ed inizio di quella attuale. A febbraio, come già detto, il ritorno, e dopo sette mesi di agonia le domande era-no tante: sarà lo stesso Nadal di sempre? Ritornerà a grandi livelli? Quanto è costato al tennista, in termini tecnici, l’infortunio? Poche sono state le risposte che ha dato l’iberico alla stampa, egli ha lasciato che fos-se il campo a parlare. Il teatro dell’esordio stagionale è il torneo di Vina del Mar, in Messico, naturalmente sull’amata terra rossa, ma nonostante le due finali

conquistate l’avvio non sembra fortunato, perde i due titoli (di singolare e di doppio) ; la svolta arriva a San Paolo dove vince il torneo, qualche settimana dopo replica il successo a Acapulco e decide di partecipare al torneo di Indian Wells: in California si fa sul serio, ci sono tutti i ‘’big’’, e a sorpresa Rafa raggiunge la finale dove trionfa su Del Potro aggiudicandosi la compe-tizione consacrando così il suo ritorno sui campi del circuito mondiale. Anche per Nadal però il discorso de-lla forma fisica è da farsi: l’infortunio, sembra smaltito definitivamente ma visti i tempi di recupero è ancora presto per dirlo con assoluta certezza e basterebbe veramente poco, noi ovviamente non ce lo auguriamo, affiche il problema si ripresenti . Il tennista di Manacor rappresenterà un incognita in questa annata, e come ogni incognita è difficile prevedere cosa aspettarci, po-trebbe arrivare qualcosa di positivo come qualcosa di negativo, chi vivrà, vedrà.

Elencati i tre potenziali, a nostro avviso, anti-Nole del 2013, ci soffermiamo, senza dilungarci ,troppo sugli

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‘’outsiders’’ che potrebbero in un certo qual modo in-sidiare il Serbo. Appurato che il ‘’gap’’ tra ‘’Fab Four’’ e ‘’outsiders’’ rimane ancora abbastanza ampio e difficile da colmare, abbiamo individuato quattro possibili ele-menti che nel corso della stagione potrebbero emerge-re e creare qualche problema ai ‘’top player’’, che sono: Juan Martin Del Potro, Tomas Berdych, Jo-Wilfried-Tsonga e David Ferrer.

Juan Martin Del Potro è gerarchicamente al primo pos-to tra i tre giocatori elencati, è il tennista che più si av-vicina per caratteristiche ai quattro grandi del circuito ATP: fondamentali solidi, ottima forza fisica, buon ago-nismo; manca però una forte mentalità vincente e una più alta convinzione nei propri mezzi che spesso in pas-sato hanno gli hanno negato la gioia di trionfi meritati mancati.

Il Tomas Berdych degli ultimi due anni è un Tomas Ber-dych nuovo, più forte più completo. Sicuramente il ceco, è il tennista che più ha migliorato le proprie caratteris-

tiche tra gli ‘’outsiders’’ nelle ultime annate; ha dimos-trato tanto a livello di nazionale ma poco come singolo nei grandi tornei, per lui potrebbe essere l’anno della svolta.

Jo-Wilfried Tsonga è il classico giocatore che potrebbe vincere Wimbledon sconfiggendo i giocatori più forti del mondo, e uscire una settimana dopo al torneo or-ganizzato per la festa del paese. Ottimo tennis, otti-ma presenza, buona prestanza fisica; manca l’aspetto mentale, inesistente talvolta. Il francese ha i mezzi per far bene ma questo è l’anno in cui deve fare il salto di qualità, altrimenti rimarrà un eterno incompiuto.

David Ferrer è il più vicino in classifica ai ‘’big’’ tra gli ‘’outsiders’’. Il gioco dello spagnolo è scarno, semplice, molto altalenante, poco continuo ma prolifico e con-creto; la straordinaria capacità dell’iberico è quella di riuscire a volgere in proprio favore un match senza uno sforzo eccessivo e senza proporre un tennis fantasti-co. La finale raggiunta e persa contro Murray a Miami è lo specchio delle grandi doti di Ferrer, ma il problema della scarsa continuità potrebbe comunque compro-mettere la stagione; serve il passo decisivo.

In conclusione trovare un potenziale degno antago-nista di Novak Djokovic non è stato e non sarà facile, sarà il tempo a dirci se il serbo è veramente una span-na sopra gli altri o se qualcuno uscirà dal gruppo de-gli inseguitori e deciderà di porre fine ad un egemonia che nello scorso anno ha solo vacillato. Con il mese di Aprile si apre la stagione dei grandi tornei sulla terra e sull’erba, Roland Garros e Wimbledon in primis, manca poco, il tempo stringe, chi riuscirà a farla franca? Vuoi porre una domanda all’ [email protected]

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