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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. CNOP - ORDINE DEGLI PSICOLOGI Rassegna Stampa del 05/08/2010

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INDICE

CONSIGLIO NAZIONALE DELL ORDINE DEGLI PSICOLOGI

04/08/2010 Diva e Donna

COSI' UOMINI COSI' FRAGILI5

PSICOLOGI E PSICOLOGIA

05/08/2010 Avvenire - Nazionale

Sport, giovani a rischio8

04/08/2010 Il Gazzettino - PADOVA

Autodifesa, corsi riservati alle donne10

04/08/2010 Oggi

Come posso convincerlo a non fumare spinelli?11

05/08/2010 Osservatore Romano

Quella marcia in più contro la malattia12

RIFORMA DELLE PROFESSIONI

05/08/2010 Corriere della Sera - NAZIONALE

La rivolta degli archeologi14

05/08/2010 Il Secolo XIX - Nazionale

MANCANO LE GUIDE TURISTICHE MA LA PROVINCIA NON LE FORMA16

05/08/2010 Il Foglio

Liberare la crescita17

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ED ENTI PUBBLICI

05/08/2010 Il Sole 24 Ore

«D'accordo sulla tracciabilità» «Serve un tavolo per il confronto fra governo,magistratura e forze dell'ordine»

19

05/08/2010 Il Gazzettino - VENEZIA

"Centri internet" in nove Comuni20

05/08/2010 ItaliaOggi

La razionalizzazione delle spese è la misura prodromica21

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05/08/2010 Il Fatto Quotidiano - Nazionale

Il "Codice Azuni" di Brunetta M23

UNIVERSITA

05/08/2010 La Repubblica - Nazionale

PERCHÉ BISOGNA POTER VALUTARE LA RICERCA25

04/08/2010 Il Gazzettino - NAZIONALE

Nuova università: una riforma ibrida ma importante27

05/08/2010 Il Gazzettino - VENEZIA

Università Popolare, festa per i dieci anni28

05/08/2010 L Unita - Firenze

ATENEO AL VOTO «La mia università deve essere di massa e d'élite»29

05/08/2010 Il Fatto Quotidiano - Nazionale

Università specchio del Paese30

04/08/2010 Panorama della Sanita

Che voto dare ai sistemi sanitari? Come assicurare a tutti i cittadini equità di cure?31

04/08/2010 Panorama della Sanita

L'Università apre alla formazione specialistica dei medici di famiglia33

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CONSIGLIO NAZIONALE DELL ORDINEDEGLI PSICOLOGI

1 articolo

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INCHIESTA COSI' UOMINI COSI' FRAGILI Che cosa sta succedendo agli uomini di potere di oggi? La psicoterapeuta Vera Slepoj indaga nella mentemaschile con il suo ultimo libro che raccoglie le confidenze di molti personaggi famosi: «L'identità maschile siè capovolta e lui è sempre più in crisi», dice. Un disagio che non risparmia i politici né le star di Hollywood.Ma anche tanti fra la gente comune Adelaide Barigozzi MILANO, AGOSTO isorientati, confusi e feriti. Sono gli uomini di oggi, sempre più spesso costretti a fare i

conti con le proprie debolezze. C'è chi si riscopre tenero e romantico, rifugiandosi in un mondo a lui prima

sconosciuto, quello dei sentimenti. E c'è invece chi si abbandona alle trasgressioni più estreme, cercando

l'eccesso a tutti i costi, tra sesso, droga e potere. Gli esempi di cronaca non mancano. A Piero Marrazzo le

accuse di festini a base di coca in compagnia del trans brasiliano Brenda sono costate la carriera politica nel

Pd e la carica da presidente della Regione Lazio. Prima di lui, il deputato Cosimo Mele dell'Udc era finito nei

guai, dopo che una squillo si era sentita male nella sua camera d'albergo a Roma, finendo in ospedale per

overdose. Senza contare l'ultimo scandalo di sesso e droga, che ha visto come protagonista il consigliere

provinciale di Roma Pier Paolo Zaccai (Pdl). Ricoverato in ospedale in seguito a un malore, avrebbe

partecipato a un party a base di polvere bianca, in compagnia di transessuali. Tra stupefacenti, viados ed

escort, Patrizia D'Addario insegna, gli uomini italiani più potenti sembrano aver perso i freni inibitori, giocando

sempre più sul filo della trasgressione. Ma che cosa sta loro succedendo? A rispondere a questa domanda ci

ha pensato la psicoterapeuta Vera Slepoj, che per "Diva e Donna" cura la rubrica Nella mente delle donne.

Dopo essersi già occupata alcuni anni fa delle fragilità maschili, torna ora ad analizzarle, alla luce degli ultimi

eventi italiani, nel suo libro Le nuove ferite degli uomini (Cairo Editore, 15 €). «In questi ultimi anni abbiamo

assistito a tali clamorosi capovolgimenti dell'identità maschile, oggi declinata in molti modi diversi, che ho

sentito l'assoluto bisogno di tornarci sopra. I riferimenti di ruolo con cui gli uomini finora si sono confrontati

sono completamente cambiati», spiega. Ma quali sono le nuove ferite che li fanno soffrire? Secondo la

studiosa, di fronte ai cambiamenti epocali che hanno emancipato le donne, rendendole sempre più autonome

e consapevoli, anche l'identità maschile ha accusato pesanti contraccolpi. Tornare al passato è impossibile,

ma trovare nuovi equilibri è difficile e può far emergere punti deboli e fragilità. A rimetterci sono soprattutto i

rapporti con le donne. «La perdita delle regole, di ogni regola, se non di quelle dettate dalle pulsioni personali,

provoca la precarietà dei legami e la conseguente fragilizzazione dell'individuo, che si trova solo di fronte alla

vasta gamma di possibilità offerte dalla vita, in balia dei propri impulsi e dei propri desideri», osserva Slepoj.

Una vulnerabilità che si riflette, sebbene in modi diversi, anche sulla vita di personaggi pubblici al di sopra di

ogni sospetto, come dimostrano le testimonianze di italiani famosi in diversi campi, dall'ex sindaco di Roma

Walter Veltroni al ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, raccolte nel libro. Il presidente della Camera

Gianfranco Fini (vedi anche a pag. 34), per esempio, confessa il disagio di dover convivere con la scorta,

perdendo il diritto alla normalità, a una vita personale e spontanea. Alessandro Cecchi Paone, invece, oggi

confida di aver avuto in famiglia modelli femminili forti, donne straordinarie, emancipate ed evolute. Gli è

mancata, però, una figura materna più tradizionale, rassicurante e accogliente. «Ho imparato che lasciare

aperte le ferite può essere utile, a volte consente a ciò che sembrava perso di rinascere», osserva il

giornalista. Hanno affidato a Vera Slepoj le proprie riflessioni sulla crisi dei ruoli maschili, tra gli altri, anche

Don Mazzi, fondatore della comunità Exodus, il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, l'ex

segretario di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti, lo scrittore Alberto Bevilacqua. In generale, però, gli

uomini fanno fatica ad ammettere di essere in crisi. E non accettano di buon grado i consigli. «Il problema

maggiore è che non siamo abituati a guardarci dentro», osserva lo psicoterapeuta Massimo Soldati. «La

maggior parte degli uomini nega i propri punti deboli oppure si adatta a dei cliché, come il "super romantico" o

04/08/2010 115Pag. Diva e Donna - N.31 - 10 agosto 2010(diffusione:217234, tiratura:337383)

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il "macho", in modo superficiale. Siamo fragili, ma soprattutto confusi. Stiamo ricercando una nostra nuova

dimensione: prima conoscevamo solo la forza, ma ora sta venendo fuori il nostro lato oscuro». Il pericolo,

secondo lo psicologo, è un aumento crescente della violenza, specie contro le donne. Un timore purtroppo

sempre più spesso confermato dalla cronaca nera. Anche a Hollywood e dintorni molte star oltrepassano

l'orlo di una crisi di nervi. Mei Gibson, per esempio, è ormai nell'occhio del ciclone e rischia la carriera, dopo

essere stato accusato dalla propria ex, la musicista russa Oksana Grigorieva da cui si è appena separato, di

averla insultata con epiteti razzisti e picchiata con violenza, al punto da averle «rotto un dente con un pugno».

Sean Penn, invece, quest'anno, è stato "condannato" a frequentare un corso anti-rabbia dal tribunale di Los

Angeles dopo aver aggredito un fotografo a calci. Adelaide Barigozzi

__MaschLaicaggiX Un'analisi molto attenta della non facile realtà che sta vivendo attualmente l'universo

maschile è al centro del saggio Le nuove ferite degli uomini della psicoterapeuta Vera Slepoj. Un tema, quello

della fragilità maschile, di cui l'esperta si era già occupata, ma su cui ha voluto tornare, alla luce di tanti

episodi di cronaca che hanno visto protagonisti uomini di potere colpiti da una sorta di "bulimia sessuale" e

responsabili di atteggiamenti violenti contro le donne. Un campanello d'allarme, secondo Slepoj. «Molti

comportamenti denotano il profondo disagio maschile nella relazione con il femminile, spesso mascherato da

forme di aggressività, ira, spavalderia, arroganza o abuso di potere». •

E sul tettino ci va anche lui Lazio, 2,3 milioni di italiani ogni anno ricorrono allo psicologo. La Secondo uno

studio promosso dall'Ordine degli psicologi del \ •«. ->•-• maggior parte sono donne, sei su dieci, ma gli

uomini che si affidano allo "strizzacervelli" per affrontare le proprie fragilità sono in continuo aumento: il loro

numero è cresciuto dell'8% ri- spetto al 2004. A spingerli è soprattutto il bisogno di risolvere crisi esistenziali

che frenano la carriera, ma anche blocchi che impediscono la realizzazione di un sereno rapporto di coppia.

Obiettivo comune: migliorare la qualità della propria vita. •

Foto: LUI, LEI, L'ALTRA Nella foto al centro, Mei Gibson, 54 anni, con Oksana Grigorieva, 40, quando erano

ancora felici; travolto dalle accuse di lei, l'attore sembra intenzionato a r i fugiarsi in Australia dalla prima

moglie (qui a lato), Robyn Moore, 54, che l'ha sempre difeso.

Foto: IN CRISI A sin., l'ex governatore del Lazio Piero Marrazzo, 52 anni, con la moglie Roberta Serdoz, 42,

giornalista del Tg3; lei, dopo le sue ammissioni sui f e stini coni trans, l'ha sostenuto.

Foto: LATO DEBOLE A destra, Gianfranco Fini, 58 anni, al mare con la compagna Elisabetta Tulliani, 38, e le

fìglie Martina, 9 mesi, e Carolina, 2 anni e mezzo. Sotto, Fausto Bertinotti, 70, con la moglie Lella, 64: l'ex

segretario di Rifondazione ha raccontato le proprie fragilità alla psicoterapeuta Vera Slepoj, come anche il

giornalista tv Alessandro Cecchi Paone (in basso a sin.), 48. IL LIBRO Sopra, "Le nuove ferite degli uomini",

di Vera Slepoj (Cairo Editore, € 15), una fotografia aggiornata del disagio maschile di oggi.

Foto: RABBIA ALLE STELLE Per Sean Perni, 50 anni il 17 agosto, e Robin Wright,44,lafine del loro amore,

culminata con un divorzio, è stata tormentata. Tanto che l'attore, già di temperamento molto esplosivo,

qualche mese fa ha fatto a pugni con un fotoa

04/08/2010 115Pag. Diva e Donna - N.31 - 10 agosto 2010(diffusione:217234, tiratura:337383)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA

4 articoli

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IL LATO OSCURO Sotto accusa allenatori, dirigenti, assistenti e anche i compagni di squadra che in certicasi trasformano in un incubo quella che dovrebbe essere una palestra di vita Sport, giovani a rischio L'allarme dell'Unicef: troppa violenza sui minori. E nessuno ne parla Il dossier parla di aggressioni verbali efisiche, casi di bullismo e sovrallenamento imposto. Ma anche di molestie sessuali: «Si fa poco o nulla percontrastare questa piaga nascosta» DIMARCO BIROLINI è troppa violenza nello sport giovanile, altro che isola felice. A denunciarlo è l'Unicef in un rapporto di pochi

giorni fa, in cui si punta il dito contro atteggiamenti aggressivi di allenatori, dirigenti, assistenti e compagni di

squadra, che trasformano in un incubo la palestra di vita. Molti sopportano per un po' e poi smettono, segnati

da disturbi psicologici e fisici che sono conseguenze di maltrattamenti, sovrallenamento, molestie sessuali e

prepotenze varie. Non è un bel quadro, quello che esce dal rapporto Unicef, anche perché media e

federazioni tendono volentieri ad ignorare il lato oscuro del pianeta sport. Eppure i problemi ci sono, e sono

tanti. Per cominciare, i piccoli atleti sono spesso considerati macchine da spremere, soldatini che devono

solo obbedire e crescere in fretta. Il dialogo non è previsto, nessuno chiede la loro opinione. Dovrebbero

divertirsi, invece soffrono in silenzio. «Il mio allenatore spingeva i ragazzini ad allenarsi anche quando erano

infortunati spiega una ginnasta citata nel rapporto -. La sua filosofia era: se non sanguina, non devi

preoccuparti...». Altri parlano di spinte, percosse, urla a pochi metri dal viso. C'è anche chi abusa

sessualmente, lo si è scoperto negli anni Novanta. Prima d'allora, nessuno aveva indagato sul fenomeno. La

prima organizzazione a raccogliere dati su questa piaga è stata l'associazione amatoriale di nuoto del Regno

Unito, che però si è scontrata con l'omertà delle piccole vittime, terrorizzate dall'idea di subire altre violenze.

Uno studio in Danimarca ha avuto maggior fortuna: su 250 studenti impegnati in attività agonistiche, il 25% ha

detto di aver subito molestie dal proprio allenatore o di aver avuto notizia di episodi del genere a danno di

propri amici. La violenza sportiva ha molte forme: si può manifestare anche in privazioni di acqua e di cibo,

così come in sedute prolungate in sauna. Il tutto per perdere peso e aumentare le prestazioni. Pratiche

aberranti che sfociano facilmente nell'anoressia e che sembrano diffuse soprattutto nella ginnastica e

nell'atletica. I soprusi spuntano anche all'interno dello spogliatoio, attraverso i riti di iniziazione. In Norvegia, il

30% di un campione di 1514 giovani atleti tra i 12 e i 16 anni è stato vittima di bullismo. Umiliazioni, abusi

fisici e psicologici: gli allenatori spesso non fanno niente per impedire questi cerimoniali da caserma, anzi. A

volte li favoriscono perché dopo aver superato la prova, dicono, ci si sente parte del gruppo. Una logica

perversa, che molti non reggono. Sono tantissimi gli abbandoni in età acerba: lo sport diventa un brutto

ricordo da lasciarsi alle spalle il più in fretta possibile. Nel rapporto Unicef non manca un richiamo al doping e

all'abuso di alcol, che circola in quantità in certi campus e nei ritiri e che innaffia proprio i riti di iniziazione.

Quando la squadra si trasforma in branco, a farne le spese sono soprattutto i più deboli e i diversi: nel mirino

dei persecutori finisce chi ha la pelle scura, chi è omosessuale, chi è afflitto da piccoli handicap. «Il nostro

allenatore di hockey ci incitava a battere gli avversari dicendo che tra di loro c'erano molti gay», spiega un

sedicenne australiano citato nel dossier. Che fare allora per tenere gli "orchi" lontano dallo sport? Prima di

tutto servono campagne informative, che in pochi intraprendono. «Molti Paesi industrializzati devono ancora

riconoscere la necessità di mettere i bambini al riparo dalla violenza che circola nell'ambiente sportivo»,

ammonisce l'Unicef. Servirebbero codici etici e severe sanzioni disciplinari, che però finora nessuno ha

scritto. Qualche esempio virtuoso arriva dal Canada e dall'Inghilterra, ma sono eccezioni. In Italia, tra i pochi

a battersi per la causa di uno sport più pulito e rassicurante c'è il Panathlon. Ma per ora sembra una lotta

contro i mulini a vento, nel gran deserto dell'indifferenza generale.

I NUMERI % 5 2 In base ad un sondaggio effettuato in Danimarca - citato nel rapporto dell'Unicef - su 250

studenti impegnati in attività agonistiche, il 25% ha detto di aver subito molestie dal proprio allenatore o di

aver avuto notizia di episodi del genere a danno di propri amici. In Norvegia invece il 30% di un campione di

05/08/2010 29Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 05/08/2010 8

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1514 giovani atleti tra i 12 e i 16 anni afferma di essere stato vittima di episodi di bullismo (umiliazioni, abusi

fisici e psicologici). % 0 3

05/08/2010 29Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 05/08/2010 9

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Autodifesa, corsi riservati alle donne (L.Lev.)Donne in cerca di sicurezza e di maggior tutela. Negli ultimi mesi sono state numerose le donne di

Vigodarzere che si sono rivolte all'ufficio dei servizi sociali per chiedere l'istituzione di corsi di difesa

personale. «Sentivamo anche noi questa necessità - ha spiegato l'assessore alle Politiche Sociali, Barbara

Peron - di dare una risposta ad un'esigenza manifestata da molte donne che si sono rivolte ai nostri uffici. La

sensazione di insicurezza, anche all'interno delle mura domestiche è molto più diffusa di quanto si creda. È

necessario quindi un lavoro di prevenzione basato sulla preparazione psicologica per imparare a gestire

l'impatto con le diverse forme di pericolo». L'iniziativa, articolata in tre livelli, sarà affidata ad un istruttore di

tecniche di autodifesa globale qualificato. «L'obiettivo - spiega ancora l'assessore - non è trasformare le

donne in tante campionesse di arti marziali, ma acquisire fiducia nelle proprie capacità, anche psicologiche di

reazione al pericolo». Le lezioni inizieranno a settembre e l'iscrizione a ciascun livello del corso è di 25 euro.

04/08/2010 11Pag. Il Gazzettino - Padova(tiratura:114104)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 05/08/2010 10

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Crescere insieme Domande di Oggi Come posso convincerlo a non fumare spinelli? Qui al mare ho scoperto che mio figlio di 15 anni usa saltuariamente marijuana con gli amici. Sostiene che èinnocua. Non so che cosa dirgli. Vo!qbesf Silvia Bonino dipartimento di Psicologia, Università di Torino Purtroppo la convinzione che la marijuana sia del tutto innocua sia sul piano fisico che psicologico è diffusa

anche se del tutto infondata. Gli studi sugli effetti di questa sostanza sul cervello degli adolescenti, così come

le indagini sulle conseguenze a lungo termine, hanno ormai confermato che esis t e u n a m a g g i o r e

incidenza di patologia psichiatrica in chi ha fatto uso di marijuana in adolescenza. In specifico, c'è un

maggiore numero di disturbi di tipo schizofrenico. La ragione è da ricercarsi nell'immaturità e nella

conseguente vulnerabilità del sistema nervoso dei ragazzi, che risente maggiormente dell'alterazione

biochimica provocata dalla sostanza psicoattiva, con conseguenze anche nel lungo periodo. Sul piano

psicologico, queste sostanze abituano a usare la fuga dalla realtà e l'alterazione della coscienza come

meccanismi di difesa di fronte alle dicoltà. In questo modo non si imparano modi più creativi per fare fronte ai

problemi, con un impoverimento emotivo e cognitivo. La convinzione che la marijuana sia innocua è in realtà

un meccanismo di difesa, un autoinganno per giustificare il proprio comportamento, in presenza di pressioni

di gruppo al consumo. Questo inganno va smascherato dagli adulti, che hanno il dovere di dire la verità,

senza però illudersi che questo sia suciente. Il consumo di sostanze si combatte dando valori e obiettivi per

cui impegnarsi, e insegnando a esprimere se stessi in modo non conformistico. Le lettere vanno indirizzate a:

professoressa Silvia Bonino «Oggi», via Angelo Rizzoli 8, 20132 Milano. Oppure all 'e-mail:

[email protected]

04/08/2010 12Pag. Oggi - N.32 - 11 agosto 2010(diffusione:559282, tiratura:748139)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 05/08/2010 11

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Uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche Quella marcia in più contro la malattia I ricercatori di Pisa hanno indagato il rapporto che si registra tra la religiosità del paziente e la sua eventualeguarigione B di C ARLO ELLIENI della preghiera non sia di origine divina ma immanente. In questo non aiutano certi

studi fatti addirittura per «misurare» gli effetti sulla salute delle «preghiere di intercessione», studi in verità

numerosi (vedi la rasseLa rivista americana «Liver Transplantation» ha pubblicato in questi giorni un

interessante studio fatto da ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Pisa e del centro

trapianti di fegato dell'università di Pisa, diretti dallo psicologo Franco Bonaguidi, sul rapporto tra la religiosità

del paziente e la sua eventuale guarigione dopo un trapianto di fegato. Indagando con un apposito

questionario su 179 pazienti, lo studio mostra che il livello di sopravvivenza è maggiore in quelli in cui il

fenomeno «religiosità» è presente in maniera attiva, cioè non come puro fatalismo o passiva attesa, ma come

chiara domanda di guarigione. Non è il primo studio che si interroga su questo rapporto. Per esempio sulla

rivista «Psychology and Health» di febbraio 2010 veniva mostrato come la religiosità provochi una

significativa riduzione della mortalità generale; e sulla rivista «Biology of Blood and Marrow Transplantation»

di agosto 2010 uno studio di psicologi statunitensi mostra come l'assenza di spiritualità nel paziente aumenta

il rischio di morte dopo il trapianto di cellule ematopoietiche. Lo studio italiano aggiunge però ai dati già noti

un utile confronto tra gli effetti della religiosità attiva e di quella passiva e mostra come solo la prima abbia

una relazione con un esito positivo della malattia, addirittura nonostante che i pazienti nel primo gruppo

fossero meno giovani degli altri, dunque potenzialmente meno reattivi e forti. Il pregio di questi studi è

evidenziare come esistano delle risorse nell'essere umano che trapassano i limiti delle nostre previsioni.

Certamente l'atteggiamento genericamente definibile come «religioso» e quello, in particolare, di maggior

fiducia in un intervento trascendente hanno delle conseguenze che introducono una «marcia in più» nel

vissuto della persona. Questo è un dato positivo, perché mostra come l'uomo trova nell'atteggiamento di

ricerca del trascendente non un ostacolo, ma un forte alleato. Il problema però si pone se la sottolineatura

dell'effetto psicologicamente positivo della religiosità diventa così forte da confondere l'intervento

soprannaturale con l'effetto fisiologico. In altre parole, possiamo dire che «la religiosità fa bene alla salute»,

ma dobbiamo anche dire che «l'intervento di Dio non si può considerare limitato all'effetto fisiologico che la

nostra religiosità produce», ovvero che l'effetto della preghiera e l'intervento trascendente di Dio non si

limitano agli effetti determinati dalla nostra psiche: possono agire anche attraverso di essi, ma l'azione

miracolosa può essere anche ben altro. Sottolineare, come d'altronde è giusto fare, gli effetti psicologici della

preghiera e le conseguenze di questi effetti psicologici sulla salute, può insomma far pensare che il «potere»

gna Intercessory prayer for the alleviation of ill health , del «Cochrane Database of Systematic Reviews» del

2009), con risultati contrastanti, ma che hanno al fondo la pecca di pensare che gli effetti della gratuita

misericordia di Dio siano misurabili, e di voler verificare l'improbabile principio che «chi più prega più ottiene»;

addirittura confrontando se si ottiene un maggior beneficio per la salute dividendo a caso i pazienti in modo

che solo alcuni selezionati ricevano le preghiere e altri non le ricevano ( A randomized, controlled trial of the

effects of remote, intercessory prayer on outcomes in patients admitted to the coronary care unit, «Archives

of Internal Medicine», 1999). Ben vengano allora gli studi che mostrano quanto di misterioso sia racchiuso

nell'animo e nella psiche umana, come fa lo studio italiano, e che evidenziano come l'animo e la psiche

abbiano da guadagnare anche fisiologicamente dalla religiosità. Ma attenzione a non ridurre la religiosità a un

meccanismo di cui si vede e si cerca solo un automatico riscontro sulla salute o sulle nostre legittime

richieste.

05/08/2010 5Pag. Osservatore Romano(tiratura:60000)

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PSICOLOGI E PSICOLOGIA - Rassegna Stampa 05/08/2010 12

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RIFORMA DELLE PROFESSIONI

3 articoli

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Il caso Protestano i trecento ispettori del ministero incaricati di controllare tutti i cantieri La rivolta degli archeologi «Ci tolgono anche i soldi per la benzina, a rischio la tutela del patrimonio» La presidente «Non siamo più ingrado di svolgere il compito per il quale siamo stati assunti. È un continuo attentato al territorio» PAOLO CONTI «L e spese di queste disposizioni saranno pagate dal territorio, che continua ad essere oggetto di autentici

attentati. Penso all'imminente piano casa: chi potrà seguire le attività dei cantieri e assicurare che non

vengano distrutti beni archeologici? Non siamo più in grado di svolgere il compito istituzionale per il quale

siamo stati assunti. Cioè vigilare perché il patrimonio non visibile, quello ancora interrato, non venga

cancellato o danneggiato... La prospettiva è il blocco totale del nostro lavoro».

A parlare, con evidente emozione nella voce, è Giorgia Leoni, presidente della Confederazione italiana

archeologi, trecento iscritti tra i circa 30.000 professionisti che si calcola svolgano questo lavoro in Italia in

modo continuativo (mancano cifre ufficiali poiché non esistono albi professionali). L'universo dei Beni culturali

e la salvaguardia dei nostri tesori storico-culturali e paesaggistici si scontra ancora una volta con i tagli della

Finanziaria. I funzionari del ministero assunti come archeologi e incaricati in massima parte di funzioni

ispettive (anche qui si tratta di trecento persone) rischiano di non poter più lavorare. Né potranno farlo i loro

collaboratori. In base all'articolo 6, comma 12, della legge vengono aboliti i rimborsi della benzina per gli

spostamenti con mezzi privati per raggiungere i cantieri da controllare: grandi opere come le metropolitane

urbane o la Tav, oppure piccoli interventi di privati nelle zone agrarie, i nuovi impianti eolici che presto

dilagheranno in Puglia o in Molise, gli interventi per la viabilità (autostrade e strade provinciali o comunali).

Al taglio dei rimborsi segue anche un'altra precisazione: non sarà riconosciuta alcuna indennità di

responsabilità civile nel caso di incidenti, se qualche funzionario dovesse comunque usare la propria

automobile. Dunque nessuna copertura assicurativa. Spiega ancora Giorgia Leoni: «In teoria dovremmo

usare i mezzi pubblici. Cioè tram, treni e bus. Non c'è problema se si deve raggiungere una zona urbana.

Penso ai cantieri della metropolitana a Roma, per esempio, o a quelli milanesi, napoletani, fiorentini. Il nodo è

tutto quel vastissimo territorio nell'interno della Penisola che costituisce il cuore del nostro paesaggio. Lì i

cantieri agirebbero indisturbati senza le nostre ispezioni, che possono essere concordate o improvvise

proprio per scongiurare guasti, vandalismi, ruberie, occultamenti. Non parliamo di clamorose cifre. I rimborsi,

nella media, non superano i 20-30 euro mensili per funzionario». Immaginando, per abbondanza, più di 50

euro al mese per 300 funzionari, non si superano i 200 mila euro annui.

È stato il segretario generale del ministero Roberto Cecchi il 28 luglio a vietare i rimborsi. La prima circolare

metteva ufficialmente al riparo i dipendenti dei Beni culturali da quelle restrizioni («questa amministrazione ha

necessità di continuare a svolgere, senza interruzioni le proprie funzioni, previste da norme di rango

costituzionale e ordinario, di tutela e salvaguardia del patrimonio culturale soprattutto attraverso lo

svolgimento di una puntuale e intensa attività ispettiva di vigilanza e controllo estesa a tutto il territorio

nazionale. Tale attività, considerate le esigenze di necessità e urgenza degli interventi ispettivi di verifica, che

non possono sempre essere effettuati con le automobili di servizio, e tenuto conto dell'inaccessibilità di molti

luoghi del territorio da parte dei mezzi di trasporto pubblico, viene effettuata anche mediante l'utilizzo del

mezzo proprio da parte del personale preposto»). Seguiva la raccomandazione di ricorrere alle auto private

solo in «caso di urgenza e con autorizzazione». Ma il 28 luglio, con poche e secchissime righe, lo stesso

Cecchi ha sospeso la circolare vietando di fatto i rimborsi e l'uso dei propri mezzi, togliendosi però la

soddisfazione di ricordare che a suo avviso la conversione in legge della Finanziaria non aveva alterato

l'articolo 6 comma 12 che esenta dal divieto di rimborso chi ha compiti ispettivi. Voci interne al ministero

assicurano che Cecchi sarebbe stato autorevolmente e insistentemente «convinto» dai vertici politici (lo

stesso ministro Sandro Bondi?) a fare marcia indietro per evitare l'ennesima collisione col ministro per

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l'Economia, Giulio Tremonti.

Sta di fatto che fino a pochi giorni fa Cecchi, come dimostra la sua prima circolare, sottoscriveva un testo che,

letto oggi, appare come un pieno sostegno alle rivendicazioni degli archeologi.

La categoria è compatta, preoccupatissima. E sempre meno motivata: i trecento archeologi ministeriali hanno

un'età media elevatissima (53 anni) e chi va in pensione non viene sostituito per mancanza di turn over. La

retribuzione, al massimo della carriera di funzionario (dirigente diventa solo chi è soprintendente) non supera

i 1.700 euro netti nonostante laurea, specializzazioni, dottorati e mille responsabilità sia tecniche che civili

(non è facile decidere la sospensione di un lavoro in un cantiere, occorre una relazione approfondita e

scientificamente ineccepibile, pena i ricorsi al Tar).

Avverte Rita Paris, archeologa della Soprintendenza speciale archeologica di Roma, direttore del museo di

Palazzo Massimo ma anche responsabile della tutela dell'area dell'Appia Antica: «Siamo costretti a incrociare

le braccia, la nostra categoria smetterà semplicemente di lavorare. Prendiamo il mio caso. Io devo controllare

continuamente il funzionamento e il lavoro del personale alla Villa dei Quintili, a Cecilia Metella, a Capo di

Bove. E poi ci sono i cantieri, inclusi quelli stessi della Soprintendenza sui quali vigilare. Non potremo più

farlo: anche mettendo da parte i rimborsi, senza la copertura assicurativa io arriverei in macchina come un

clandestino. Usare i mezzi pubblici è impensabile, in quelle zone archeologiche non esistono. La situazione è

gravissima. Ma evidentemente così non appare ai vertici del mio ministero...».

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Foto: Giorgia Leoni e, sotto, archeologi al lavoro in un cantiere didattico in una villa imperiale romana a Castel

di Guido (Roma)

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STOP DA 3 ANNI, MA A SETTEMBRE LA SITUAZIONE SI SBLOCCHERÀ MANCANO LE GUIDE TURISTICHE MA LA PROVINCIA NON LE FORMA IL CASO GIULIANO GNECCO VOCAZIONE turistica? Sì, ma senza guide che illustrino la città a chi viene da fuori. Dal 2007 la Provincia

non organizza né corsi né esami di abilitazione. «Ci sono state parecchie lamentele il mercato c'è, come

dimostrano i fenomeni di abusivismo ma Purtroppo il decreto Bersani sulla liberalizzazione delle professioni

ha creato qualche incongruenza con la legge regionale», spiega Anna Maria Dagnino, assessore provinciale

al Turismo. Aggiunge l'assessore regionale al Turismo Angelo Berlangieri: «Si so­ no stratificate una serie di

leggi italiane e europee persino una sentenza della Corte Costituzionale». Precisa Marco Pellati, presidente

di Agtl, l'associazione delle guide turistiche liguri: «La Corte Costituzionale ha fatto una sentenza sbagliata,

tanto è vero che sono in corso i procedimenti di correzione». Ma in tutto questo groviglio normativo, non è più

successo niente e non sono stati fatti corsi: «Abbiamo sollecitato l'assessore Berlangieri, che ci ha convocato

per i primi di settembre ­ rivela Dagnino ­ Qualcosa si sta muovendo». Spiega Berlangieri: «Il 7 settembre ci

vedremo con gli assessori provinciali per sbloccare la situazione con una legge che permetta di organizzare

finalmente corsi ed esami di abilitazione per le guide tu­ ristiche . Non è giusto che chi ha diritto a essere

abilitato non possa farlo. Non è accettabile dal punto di vista formale e morale. Dobbiamo garantire

l'accessoa chi ne ha diritto». Normalmente ai corsi si presentavano circa duecento persone: gli esami sono

particolarmente selettivi e alla fine soltanto sono venti o trenta riuscivano ad essere promossi. Non tutti poi

esercitano, perché hanno magari altre attività. Ammonisce Pellati: «Attenzione a non inflazionare le guide che

parlano inglese e francese: chiederemo di fare un bando per chi parla russo, cinese e giapponese». Replica

Dagnino: «Il russo serve. Per il cinese c'è un corso al Deledda. Ma non è facile trovare chi sa il giapponese».

Foto: Scoppia la polemica dopo i malori dei giorni scorsi al Bigo

05/08/2010 14Pag. Il Secolo XIX - Ed. nazionale(tiratura:127026)

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Liberare la crescita Urge un ministro dello Sviluppo, quindi delle liberalizzazioni In un'intervista al Sole 24 Ore di ieri, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha rivendicato i meriti del

governo (dunque, anche i suoi) che ha saputo perseguire una politica di rigore. Con la globalizzazione, il

mondo è cambiato e dobbiamo adeguarci anche noi: Pomigliano è un esempio virtuoso, ma il giro di boa è

testimoniato soprattutto dal mutato atteggiamento europeo verso la spesa pubblica. Per Tremonti, l'Italia è

protagonista di questa rivoluzione anti keynesiana. Coerentemente con tale approccio mercatista, il ministro

enfatizza l'importanza della Scia, la dichiarazione che snellisce l'inizio di nuove attività in edilizia, e annuncia

nuovi interventi: una migliore gestione delle opere pubbliche, per evitare l'assalto alla diligenza tra preventivo

e consuntivo, e una riforma delle compensazioni territoriali, perché il dazio da pagare agli enti locali non sia

troppo salato. Il ministro, però, pare negare la possibilità o l'utilità di riforme "altre", nel momento in cui - alla

domanda se, tre mesi dopo le dimissioni di Claudio Scajola, non sia doveroso nominare un ministro dello

Sviluppo, come anche il Foglio ha chiesto pochi giorni fa - risponde: "Per me un ministro dello Sviluppo c'è

già ed è quello della Semplificazione". Per Tremonti, insomma, lo sviluppo passa per il rigore finanziario e la

semplificazione normativa, punto. E le liberalizzazioni? E' vero che la bulimia normativa è un macigno per le

imprese, ma un macigno di uguale dimensione nasce dalle troppe rendite di posizione che ancora resistono,

com'è documentato nella segnalazione dell'Antitrust, finora disattesa, da cui dovrebbe sgorgare la legge

annuale per la concorrenza. Dichiarare l'inutilità (di fatto) del ministro dello Sviluppo significa ignorare una

molteplicità di problemi, dagli ordini professionali alle poste (la cui piena liberalizzazione scatta, secondo le

direttive comunitarie, il 1° gennaio 2011), dalla durata delle concessioni autostradali e aeroportuali all'energia

fino al nucleare. Il rigore fiscale e amministrativo è come il pane: senza non si vive - e di questo va dato

credito a Tremonti - ma non di solo pane vive l'uomo.

05/08/2010 3Pag. Il Foglio

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4 articoli

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INTERVISTAAntonello MontanteDelegato per la legalità di Confindustria «D'accordo sulla tracciabilità» «Serve un tavolo per il confronto fragoverno, magistratura e forze dell' ordine » Nicoletta Picchio

ROMA

Un provvedimento atteso, che dà forza di legge ad alcuni principi, tra cui la tracciabililità dei flussi finanziari,

contenuti nel protocollo per la legalità firmato in primavera tra Confindustria e il ministero dell'Interno. «Una

soddisfazione», dice Antonello Montante, imprenditore siciliano, impegnato da anni nella battaglia contro il

racket e che in Confindustria ha la delega per la legalità. Un ruolo ad hoc, voluto dalla presidente Emma

Marcegaglia.

«La malavita non solo è un male assoluto per il Paese, ma penalizza le imprese sane, crea concorrenza

sleale rispetto alle aziende che vivono di mercato. Quel mondo rappresentato da Confindustria, che per

questo ha fatto della lotta alla criminalità uno dei pilastri della sua azione», continua Montante, annunciando

che sono state appena definite le linee guida per l'applicazione del protocollo per la legalità.

Proprio nell'idea di unire le forze, Montante lancia la proposta di un tavolo di confronto dove possano trovarsi

Governo, forze dell'ordine e magistratura per condividere obiettivi e mezzi. Rendendo ancora più efficace e

tempestiva la lotta contro l'organizzazione criminale.

Arresti, leggi: una grande determinazione?

Il ministro dell'Interno ha ottenuto grandi risultati. È importante che il provvedimento varato martedì abbia

avuto un via libera bipartisan. Una determinazione necessaria di fronte a una criminalità organizzata che si

innova in continuazione e con grande rapidità, che non è più solo al Sud ma anche al Nord, che si sta

estendendo dal settore storico dell'edilizia, delle cave, del movimento terra, anche ad altri ambiti.

Da uomo di impresa, quale tassello aggiungerebbe all'azione pubblica?

Da imprenditore e cittadino mi viene in mente che sarebbe utile un tavolo di regìa tra Governo, magistratura

e le forze dell'ordine, per un'azione sempre più efficace.

Quali sono i punti più qualificanti della legge approvata?

La tracciabilità dei flussi finanziari è una risposta molto efficace all'esigenza di trasparenza. La legge non

prevede cifre, nel protocollo Confindustria-Interno indichiamo 2mila euro, una soglia bassa. Anche i conti

corrente dedicati per ogni appalto facilitano i controlli, così come è importante la stazione unica appaltante

per prevenire il rischio di infiltrazioni, rendere più trasparenti i bandi e meno costose e farraginose le

procedure.

Le linee guida del protocollo come ci concretizzeranno?

Accordi territoriali tra imprese e prefetture, per evitare le infiltrazioni mafiose, per esempio definendo la white

list delle imprese sane.

Confindustria ha già varato il codice etico: chi non denuncia viene espulso. Polso fermo a tutela degli onesti?

Certo. Bisogna lanciare il messaggio che l'Italia combatte la criminalità organizzata. È anche una questione

di marketing territoriale, per attrarre investimenti esteri. È importante che le denunce fatte dagli imprenditori

non cadano nel vuoto: si creerebbe un senso di scoraggiamento. Invece bisogna lanciare il messaggio in

modo sempre più forte che l'illegalità viene punita. E come mondo delle imprese auspichiamo che anche tutti i

partiti applichino i codici etici in modo severo: niente cariche per chi ha procedimenti in corso. Sarebbe un

segnale importante.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: L'imprenditore. Antonello Montante

05/08/2010 23Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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Giovedì 5 Agosto 2010, "Centri internet " in nove Comuni Previsti fondi pubblici per l'erogazione di servizi digitali affidati alle associazioni PORTOGRUARO - Nove Comuni per un unico progetto: la creazione di Centri pubblici di accesso ad internet

per ridurre il "divario digitale". Nell'ambito del bando pubblicato dalla Regione il Veneto Orientale ha risposto

con un progetto integrato realizzato con il coordinamento dell'agenzia di sviluppo VeGal. Il bando era rivolto a

creare dei centri pubblici di accesso, denominati «P3@ Veneti», finalizzati a dare nuove opportunità di

accesso ad Internet mediante servizi gratuiti ed iniziative di assistenza ai servizi digitali della pubblica

amministrazione. Questi punti di accesso ad internet dovranno garantire delle aperture minime e una

gestione da affidare a cura dei Comuni a soggetti associativi presenti sul territorio comunale. Al progetto

hanno aderito nove Comuni: Annone Veneto, Cinto Caomaggiore, Gruaro, Fossalta di Piave, Fossalta di

Portogruaro, Musile di Piave, Noventa di Piave, Torre di Mosto ed Eraclea. «Quasi metà dei Comuni del

Veneto Orientale hanno aderito al progetto. Tuttavia - ha commentato il consigliere di Vegal, Ivan Saccilotto -

resta il rammarico per la mancata adesione da parte degli altri 13 Comuni». (T.Inf.) © riproduzione riservata

05/08/2010 25Pag. Il Gazzettino - Venezia(tiratura:114104)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ED ENTI PUBBLICI - Rassegna Stampa 05/08/2010 20

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tra manovra finanziaria e restyling del codice La razionalizzazione delle spese è la misura prodromica La manovra finanziaria appena licenziata dalle camere appare figlia della concezione secondo cui il pubblico

impiego in tutte le sue articolazioni, prima ancora della stessa pubblica amministrazione, costituirebbe un

costo, e non una risorsa, e un argine insormontabile al libero esplicarsi dell'attività privata.Detta idea, ormai

largamente diffusa, è da tempo veicolata dai vertici della compagine governativa, incapace di comprendere,

invece, quanto possa rifluire positivamente sull'intrapresa privata un'amministrazione efficiente, motivata,

competente, utilmente e compiutamente formata.In tempi di crisi, è nei riguardi del funzionario pubblico, vera

struttura portante della pubblica amministrazione, che, invece, devono essere trovate le risorse per

fronteggiare esigenze prima transeunti, ma poi, necessariamente strutturali.E non è certo sufficiente a

giustificare tale manovra affermare che sia stata approvata dall'Europa, quasi fosse l'imprimatur comunitario

e non l'intrinseca validità della stessa a doverne acclarare l'utilità, la necessarietà, ma, soprattutto, la

legittimità e l'adeguatezza.E ciò oveppiù si consideri che la manovra si traduce, con ogni evidenza, in un

intervento non solo non realmente strutturale, ma in un effettivo prelievo d'imposta occulto, depressivo delle

retribuzioni e, conseguentemente, della propensione al consumo, al risparmio e ad agli investimenti, quali

effettivi motori di una ripresa economica.Responsabile di tale impostazione concettuale è di certo anche parte

della dottrina che sin dall'inizio degli anni 90, in una mal compresa visione economicistica del diritto, ridotto a

un mero rapporto costo-beneficio, ha progressivamente eroso il concetto di funzione pubblica e di interesse

pubblico, endiadi che mal si concilia con una mera visione contabile dell'amministrazione.In tale quadro, alle

contestazioni avanzate dalle componenti magistratuali sulla palese illegittimità della manovra, si è avuto buon

gioco nel replicarne la indispensabilità, di cui, peraltro, la magistratura è ben consapevole.L'intero corpo

magistratuale amministrativo si dichiara pronto ad adottare le necessarie misure organizzative, ma in un'ottica

di intelligente razionalizzazione delle spese, certamente più produttiva in termini di concreto recupero di

risorse economiche rispetto all'indiscriminato taglio percentuale a prescindere sulle retribuzioni operato dalla

manovra.Tempo fa su queste colonne si chiedeva che, almeno per una volta, l'organizzazione precedesse

l'attribuzione della funzione; al contrario, anche la straordinaria vis innovativa recata dall'adozione di un

codice del processo amministrativo rischia di essere vanificata a causa del coacervo di condizioni costituite

dalla manovra e dalla fissazione dell'entrata in vigore del codice al 16 settembre, senza un'adeguata

scansione temporale.Il codice contiene due previsioni che, ad avviso di chi scrive, in una corretta prospettiva

funzionale, si sarebbero dovute considerare come prodromiche all'avvio della nuova disciplina: il processo

telematico e la perenzione dei ricorsi ultraquinquennali.La prima misura, se intelligentemente utilizzata,

consentirebbe risparmi di spesa che da soli supererebbero, e non di poco, l'entità della manovra e, quindi, del

prelievo forzoso sulle retribuzioni dei magistrati: si pensi all'introduzione della Pec (posta elettronica

certificata) e della firma digitale, da utilizzarsi, in luogo delle raccomandate, così come avviene oggi, per

l'invio, a costo zero, delle notifiche a tutte le parti del processo ordinario e, quindi, anche al ricorrente al fine

della dichiarazione di persistenza dell'interesse alla decisione.È evidente la utilità di scrutinare attraverso il

rimedio della perenzione le cause non più attuali, onde consentire di esaminare, e decidere, con il nuovo

processo solo le cause residue.Depurato dunque il contenzioso pendente dalle cause perente, o, quanto

meno, avviata l'organizzazione a ciò rivolta, l'altra misura, pure prevista dalla legge delega, era costituita dalla

istituzione di apposite sezioni stralcio. Ebbene, il costo sopportato dalla giustizia amministrativa per la c.d.

«legge Pinto», vale a dire quella disposizione che prevede un ristoro economico per ingiustificata durata del

processo, a prescindere dalla fondatezza o meno della pretesa, dall'1 gennaio 2008 al 31 ottobre 2009,

ammonta a 33 milioni di euro, laddove le sezioni stralcio, nella previsione offerta in sede di trattative al

governo, sarebbero costate solo 4 milioni.A fronte di un lavoro crescente (nuova disciplina sugli appalti, class

action, nuovo codice processuale), la magistratura amministrativa si trova condizionata da previsioni

05/08/2010 30Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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normative che: riducono stipendi, indennità, adeguamenti; incentivano i collocamenti a riposo; impediscono le

coperture dei posti vacanti. Già oggi la pianta organica di poco più di 400 magistrati tra primo e secondo

grado conta 70 vacanze, verosimilmente elevabili ad almeno 100 con i pensionamenti anticipati.È evidente

che senza soluzioni urgenti si andrà verso la non auspicabile paralisi del contenzioso ordinario, prevalendo la

trattazione dei riti speciali, con la inevitabile prosecuzione dello stato di agitazione. Id est: la supremazia della

funzione miope sull'organizzazione reale, da concretarsi anche con una corretta rimodulazione dei carichi di

lavoro, secondo sistemi di pesatura dei fascicoli di causa.La magistratura amministrativa era pronta a tutto

ciò. Purtroppo, il governo ha chiuso la porta in faccia, assecondato da una intermagistratura, i cui sistemi di

scelta dei vertici e di conduzione delle trattative vanno, ormai, certamente modificati.

05/08/2010 30Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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PER "GOVERNARE" INTERNET Il "Codice Azuni" di Brunetta M Federico Mello anca solo il "Codice da Vi n c i ". Dopo il codice Maroni, infatti, proposto dal ministro dell'Inter no all'indomani

dei fatti di Piazza Duomo con il quale si puntava a "tutelare la dignità della persona sulla rete Internet"; e il

codice Romani, con il quale il viceministro prendeva il testimone di Maroni, adesso il governo Berlusconi

lancia un nuovo codice: il "co dice Azuni". Domenico Azuni fu un giurista sardo al servizio prima del Regno di

Sardegna e poi di Napoleone che, come si spiega Brunetta, realizzò "un'ampia attività di sistematizzazione di

norme, costumi e consuetudini per orientarsi nella navigazione dei mari dell'Europa di inizio '800". Ora il

ministro della Pubblica amministrazione intende lanciare una simile iniziativa per "favorire un dibattito

nazionale e internazionale sul tema della governance di Internet". Brunetta si è già distinto per la Posta

Elettronica Certificata: "50 milioni di cittadini italiani - scrive il giurista e blogger Guido Scorza - avrebbero

dovuto attivare la CEC PAC (la versione italiana della Pec, affidata unicamente a Poste italiane S.p.A. e

Telecom, dre). Ma solo 336.853 cittadini lo hanno fatto e di questi solo 133.758 l'hanno attivata". Adesso

avanti tutta con il "Codice Azuni": "Abbiamo deciso di raccogliere e sistematizzare le esperienze e le prassi

che si sono affermate sulla Rete al fine di individuare punti ideali di equilibr io" scrive il ministro su

azunicode.it. Un codice monstrum, insomma, di natura tutta italiana (anche se come noto la Rete ha natura

globale) che detti le regole sul governo di Internet. Una proposta che si vuole "bottom up" tanto che "per un

mese si darà voce alla Rete, raccogliendo punti di vista e proposte di tutti coloro che sono interessati".

Prossimo appuntamento a settembre. Per fare cosa? In che direzione? Sul nuovo sito di Brunetta c'è già una

bozza. Intanto, in pieno agosto, può partire il dibattito. f . m e l l o @ i l fa t t o q u o t i d i a n o . i t è "IO

CONDANNATO SENZA PROCESSO" PIERO RICCA: "NON HO RICEVUTO LA NOTIFICA" "Pregiudicato

senza processo" così si definisce il blogger e attivista politico Piero Ricca. "Il mio avvocato ha scoperto che

ho subito una condanna definitiva a 790 euro di multa, della quale non sapevo niente". La condanna è

arrivata dopo una denuncia per "riunione non autorizzata" risalente al 2007, e che altro non sarebbe che uno

"speech", un discorso tenuto all'Università di Milano. La cosa singolare, spiega Ricca, è che "non avendo

avendo avuto notizia del decreto di condanna entro 15 giorni, non ho potuto fare ricorso". Per questo "anche

se non ho commesso nessun reato" la condanna è definitiva. L'unica strada per non rimanere "p re g i u d i c

a t o " è adesso quella di dimostrare che la notifica non è mai arrivata a destinazione. di

05/08/2010 16Pag. Il Fatto Quotidiano - Ed. nazionale(tiratura:100000)

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UNIVERSITA

7 articoli

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R2 CULTURA L'importanza dei criteri scelti per classificare i lavori nell' Università PERCHÉ BISOGNA POTER VALUTARE LA RICERCA Nel ddl Gelmini passato al Senato c'è un emendamento che prevede il 30% di docenti stranieri nellacommissione che dovrà decidere il peso dei lavori di ogni ateneo CARLO GALLI Il sapere si scontra col potere; il potere plasma il sapere; e lo stesso sapere veicola in sé varie forme di

potere. Nulla di nuovo, certo; ma il tema sta tornando prepotentemente alla ribalta sotto la rubrica

"valutazione della ricerca scientifica", all'ordine del giorno sia per l'inizio di un nuovo ciclo di valutazione

nazionale (2004-2008) ad opera del Civr (un comitato ministeriale), sia per l'istituzione di un'Agenzia

nazionale di valutazione (Anvur) che sostituisce il Civr con poteri e finalità più estese, sia infine per il ruolo

che la riforma universitaria attribuisce alla valutazione, in termini di finanziamento degli Atenei, dei progetti di

ricerca e perfino di retribuzione dei docenti.

Di valutazione del sistema universitario (e anche della ricerca) c'è bisogno. Lo richiedono i giovani e le

famiglie, per capire in quale Ateneo e in quale Facoltà intraprendere gli studi universitari; lo richiedono le

Università più avvertite, che da tempo valutano sistematicamente il proprio patrimonio di ricerca; e lo richiede

il potere politico, anche al di là degli intenti punitivi che animano questo governo, e dei ritardi (solo nel luglio

2009) con cui ha utilizzato a un modesto scopo premiale i risultati della valutazione 2001-2003: la valutazione

della ricerca è infatti il presupposto conoscitivo di ogni politica della ricerca.

Ma pone parecchi problemi. Il primo è appunto il rapporto fra sapere e potere, fra autonomia della scienza e

controllo (o indirizzo) pubblico-politico dei suoi percorsi e dei suoi risultati. Una questione delicatissima,

poiché è vero che una scienza asservita è una mortificazione della libertà di tutti; ma è anche vero che in una

democrazia pluralistica avanzata - lontana dalle brutali imposizioni delle dittature - il potere politico ha

qualche diritto di conoscere come il pubblico denaro viene impiegato, e con quale utilità, da coloro che per

mestiere dovrebbero fare avanzare la scienza, oltre che trasmetterne i risultati. E infatti, per fare un esempio,

in Inghilterra un esercizio di valutazione della ricerca è stato introdotto ormai da anni, e modificato in itinere.

Ma anche se si escludono interventi autoritari diretti, i pericoli abbondano. I professori (soprattutto quelli di

discipline umanistiche) sono stati, in genere, restii a essere giudicati: accanto a motivazioni poco nobili, c'è il

problema, reale, di definire che cosa sia la ricerca e chi la debba valutare, e come (cioè secondo quali

parametri e a quali finalità). In effetti, se si trattasse di affermare che il libro del prof. A è meglio (o peggio) del

libro del prof. B, ci si troverebbe in qualche imbarazzo: tranne casi eclatanti, solo una giuria di esperti -

disponibili, autorevoli e non faziosi - potrebbe dirlo, argomentando lungamente e con margini di dubbio e

d'incertezza. E', questo, il sistema della peer review, adottato nella valutazione 2001-2003 (che riguardava un

numero relativamente esiguo di "prodotti della ricerca"). Ma accanto a questo ne è in funzione, da anni, un

altro, più adatto alla valutazione di massa (qual è quella che verrà introdotta in Italia), basato su indicatori

bibliometrici (il più semplice dei quali è l' Impact Factor) e pensato soprattutto per il mondo delle scienze

naturali. Si tratta di misurare quantitativamente il prestigio e la diffusione delle riviste che pubblicano gli

articoli dei ricercatori, e di costruire una graduatoria fra di esse sulla base del numero di citazioni che

ricevono. Si determina per questa via non tanto il valore qualitativo di un singolo articolo, quanto piuttosto

l'influenza che esso esercita nella comunità scientifica grazie al "veicolo", alla rivista che lo diffonde: quanto

più questaè prestigiosa, tanti più studiosi leggeranno gli articoli che pubblica. Le riviste con un alto Impact

Factor si dotano di un complesso sistema di referaggio, che riproduce il procedimento di peer review, coni

suoi pregiei suoi difetti. Trai quali va messa la quasi inevitabile tendenza dei revisori a promuovere alcune

linee di pensiero o di ricerca - certo, le più autorevoli e consolidate ( mainstream) - e a scoraggiarne altre. Ed

ecco che proprio dall'interno della scienza rispuntano possibili censure, o almeno pressioni e orientamenti

che fanno sì che la ricerca e il sapere siano esposti, come minimo, al potere che da essi stessi promana. Si

05/08/2010 40Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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dirà che questi condizionamenti esistevano anche prima che si parlasse di valutazione; ed è vero. Ma la

valutazione li enfatizzerà, e spingerà gli studiosi a pubblicare fin troppo, e a cercare di scrivere su riviste

prestigiose e diffuse anche al prezzo di sacrificare qualche idea troppo originale. Sea ciò si aggiunge chei

data base sui quali si costruiscono le graduatorie fra le riviste sono prodotti da istituzioni private, si vedrà che

la valutazione è tutt'altro che neutra o oggettiva,e che resta un terreno minato, pur con tutti i sofisticatissimi

accorgimenti che possono essere introdotti (ne parla Alberto Baccini in Valutare la ricerca scientifica, il

Mulino), compresa la presenza, fra i valutatori, di studiosi stranieri (come è accaduto nel ddl Gelmini al

Senato, dove la quota stabilita nella commissione è del 30%). Per le discipline umanistiche, poi - che di solito

non si servono di una lingua universale come l'inglese, e che hanno ambiti di ricerca e di diffusione più legati,

anche se non esclusivamente, a tradizioni nazionali - , molto lavoro resta ancora da fare per costruire sistemi

bibliometrici accettati dalle comunità degli studiosi (che il tipico prodotto della ricerca sia un libro, e non un

articolo, rende le cose ancora più complicate).

Eppure, pur con i suoi insuperabili (ma controllabili) limiti interni e con le sue inevitabili approssimazioni, la

valutazione della ricerca è ormai una realtà con cui tutti si preparano a misurarsi, che cambierà lo stile di

lavoro di studiosi, riviste, case editrici. Potrà essere un alibi perché tutto resti com'è, un adempimento solo

formale, ma assai costoso in termini di tempo e di organizzazione; oppure potrà essere il veicolo di un

controllo capillare sulla ricerca, che ne determina stili e obiettivi in sintonia con le richieste dei poteri politici e

sociali; ma potrà anche essere un'occasione perché i professori producano liberamente ricerca (com'è loro

diritto e dovere), perché l'opinione pubblica sia informata sull'efficienza scientifica del sistema universitario e

non solo sulle vere o presunte malefatte dei "baroni", e perché la politica possa conoscere quali realtà

sostenere e quali invece lasciare al loro destino. Portare un po' di trasparenza (e di differenziazione) nell'

Università, con le dovute maniere, non è poi un male. Dopo, forse, non ci saranno più alibi.

Per nessuno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: RICERCATORI A destra, un ricercatore in laboratorio

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Nuova università : una riforma ibrida ma importante Quando si parla di università ci si dimentica che è una realtà composita, dalle mille sfaccettature. La ricerca e

la didattica, che costituiscono la sua missione, vengono declinate in modo diverso da facoltà a facoltà. Vi

sono facoltà scientifiche, più orientate alla ricerca di base, facoltà umanistiche e facoltà che tendono a

preparare giovani per il mondo del lavoro e delle professioni. Anche i docenti hanno caratteri ben diversi.

Alcuni sono ricercatori puri, hanno aule con pochi studenti tanto che la lezione si risolve in una

conversazione. Altri sono prevalentemente dei comunicatori, capaci di trasmettere conoscenza e passione ad

aule affollate. L'affollamento, in passato, avveniva nei primi anni di corso, poi con l'università di massa si è

diffuso a parecchi corsi, tolti quelli opzionali, sui quali da qualche tempo si sono abbattuti i tagli della spesa.

Mettiamoci poi l'età elevata dei professori in attività a seguito del picco di crescita dell'università nei passati

decenni. Più di uno su tre dei professori di ruolo ha oltre 60 anni. Non parliamo poi dell'età media dei

ricercatori. Di questo mondo variegato bisognerebbe tener conto quando si dibattono i temi universitari e

ancor più nel valutare la riforma approvata dal Senato. Intervento molto atteso per innovare un'istituzione

fondamentale per transitare verso una "società della conoscenza", ma anche problematico per l'evidente

difficoltà di incidere effettivamente su una realtà così complessa.

Il modello di riferimento per la riforma doveva essere quello inglese. Università con vera autonomia

gestionale e finanziaria, fondi pubblici assegnati in base al conseguimento di dati obiettivi: laureati licenziati,

quantità e qualità della ricerca. In realtà, la riforma, pur introducendo molte novità (nuova governance,

riordino dei dipartimenti, nuovi criteri di reclutamento dei docenti, ricercatori a tempo determinato e altro

ancora) ha adottato solo in parte il modello inglese. Pur in un clima di tanto decantato federalismo, i fondi

continueranno a essere erogati dal centro sulla base delle serie storiche, salvo una quota che verrà ripartita

secondo criteri meritocratici. Vi sarà anche la costituzione di un fondo per il merito. Da qui il ruolo importante

che giocherà l'Agenzia di valutazione (Avsu). Da notare, infine, la "politica della lesina", vista la frase "senza

oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche" che accompagna molti passi dell'articolato di legge. Anche il tema

del pensionamento dei docenti richiederebbe università autonome in grado di decidere, in base a esigenze e

disponibilità, se trattenere o meno il docente oltre il termine. Sarebbe stato forse preferibile collocare in

pensione i docenti a 65 anni come succede in Europa. In generale, l'età del docente pesa nella sua didattica

quanto maggiore è la popolazione degli studenti ad esso afferenti. Aula ed esami, anche se adesso è invalso

l'uso dello scritto, impongono energia e sforzo fisico. L'attività di ricerca risente meno di tutto questo.

Al di là di tutto, pur con i grossi limiti finanziari, è una riforma significativa. Incide su alcuni nodi importanti.

Spetterà però ai docenti, nelle diverse realtà in cui operano e nelle diverse posizioni che occupano,

considerarla come un'occasione per avviare virtuosi processi di cambiamento. Non va dimenticato che le

resistenze conservatrici sono una forte tradizione dell'Università italiana.

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04/08/2010 18Pag. Il Gazzettino - Ed. nazionale(tiratura:114104)

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CULTURA Presentati i nuovi corsi, anche il Comune di Vigonovo coinvolto nelle attività Università Popolare, festa per i dieci anni CAMPONOGARA - Decimo compleanno dell'Università Popolare di Camponogara. Per l'occasione il 4 e 5

settembre un'esposizione in piazza presenterà i corsi che partiranno nel prossimo autunno. Un'associazione

nata nel 2001 come costola della Pro Loco e, dal 2004, costituita in via autonoma. Alla presentazione delle

novità di quest'anno il presidente, Giuliana Brun, ha esposto le novità che coinvolgono l'associazione. Oltre

alla consolidata collaborazione con i Comuni di Camponogara, Campagna Lupia, Fossò e Stra, si aggiungerà

nell'anno accademico 2010-2011 anche Vigonovo. Presenti alla presentazione di mercoledì mattina anche gli

assessori di tutti i Comuni coinvolti nelle iniziative dell'associazione. Massimiliano Mazzetto, assessore alla

cultura del Comune di Camponogara, ha espresso soddisfazione per le iniziative che verranno proposte e ha

sottolineato il ruolo sociale dell'Università Popolare come momento di incontro aggregativo tra i cittadini. In

sintesi le novità riguarderanno l'attivazione dei corsi di giapponese, di storia del Risorgimento, in occasione

dei 150 anni dell'Unità d'Italia, benessere, gestione delle emozioni, ricette di pesce e cioccolato in cucina,

regia cinematografica, tango argentino. Jessica Nardo, responsabile dell'area linguistica, ha sottolineato che l'

Università Popolare vuole essere non solo occasione per la crescita culturale e sociale del territorio, ma

anche occasione economica per tutti quei giovani neolaureati che possono trovare nell'associazione

un'occasione di impiego e di lavoro. 45 insegnanti, più di mille corsisti, sostegno e patrocinio anche di

Regione e Provincia: l'associazione ricopre decisamente un ruolo di primato in rapporto alle altre Università

Popolari. Il 4 e 5 settembre, alla duegiorni dedicati in piazza Mazzini a Camponogara, ci saranno tanti stand

con dimostrazioni anche pratiche delle varie attività che si svolgeranno nei corsi come danze, letture,

ceramiche e prodotti tipici. A conclusione, nella serata del 5 settembre, si chiuderà con il concerto degli Abba.

(e.com.)

05/08/2010 19Pag. Il Gazzettino - Venezia(tiratura:114104)

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ATENEO AL VOTO «La mia università deve essere di massa e d'élite» Parla il prorettore Nicoletta De Francesco, prima candidata alla guida del rettorato dell'ateneo pisano Ilprogramma «Le mie saranno decisioni trasparenti e collegiali» GABRIELE MASIERO La mia idea di università è quella che porta avanti la ricerca di alto livello e la diffusione del sapere in

autonomia, naturalmente con un occhio alla terza missione dell'università, ovvero essere motore del

territorio». Così Nicoletta De Francesco, prorettore alla didattica e prima donna a candidarsi a rettore nella

storia dell'università di Pisa, sintetizza il suo programma, precisando subito che l'università che ha in testa

deve essere «contemporaneamente di massa e di eccellenza». E della riforma Gelmini che pensa?

«Presenta alcuni aspetti davvero molto negativi. A cominciare dall' idea di un'università come un' azienda,

perché non può essere governata da leggi solo economiche, i membri esterni nei cda, visto lo strapotere di

questi ultimi negli organi d'ateneo, potrebbero guidare verso scelte che hanno interessi privatistici. L'altro

aspetto negativo è l'introduzione di ricercatori a tempo determinato, che aggrava il precariato. Così come è

pericolosa l'abolizione della metodologia di supporto per studenti meno abbienti, cioè il diritto allo studio, che

nelle università italiane funziona molto bene». Lei, così come il professor Paolo Miccoli suo avversario alle

elezioni, è stata prorettore nell'amministrazione Pasquali. Entrambi non volete essere accomunati al rettore

uscente. Perché? «Nella gestione dell'università fatta da Pasquali, ogni prorettore ha funzionato da ministro

del suo ambito senza essere coinvolto in altri settori, io mi sono occupata della didattica e credo di avere

svolto anche un buon lavoro, per il resto non è mai stato richiesto il mio parere. Il mio modo di agire sarà

invece diverso: ascolterò tutti e proverò a risolvere problemi con grande concretezza. Decisioni collegiali e

trasparenti». Tra i punti caldi che erediterete c'è la questione degli stabilizzandi tecnico-amministrativi. «È mia

intenzione sanare immediatamente la loro posizione e bandire 85 posti per ricercatore». Altro tema caldo è il

collocamento del progetto Rebeldia che ha chiesto come sede l'ex Asnu. L'università ha detto no, ma voi

candidati avete sottoscritto un documento possibilista. «Resto convinta che i locali dell'ex Asnu siano

un'ottima soluzione. Rebeldia rappresenta una realtà importante di socializzazione dei giovani e l'università è

interessata ad avere con il cartello di associazioni un rapporto leale anche perché dentro Rebeldia ci sono

molti tirocini svolti anche da docenti dell'ateneo. Credo che sia quella la soluzione più giusta per questa

vicenda». L'università e i baroni. Che ne pensa dei duri giudizi rivolti al sistema universitario dal professor

Macchiarini? «Sicuramente una piaga dell'università italiana è la baronia, ma non bisogna esagerare, perché

è anche vero che i concorsi pubblici per diventare docenti sono, nel bene e nel male, una regola da rispettare

e al tempo stesso una garanzia per tutti. È vero che esistono piaghe di nepotismo, ma Pisa ne è tutto

sommato immune. Se fossi eletta rettore cercherei di individuare anche altre forme di reclutamento per

renderlo ancora più giusto, più onesto e più legato al merito».

La bella notizia CAMPANE SELVAGGE A Larderello si assume 50 nuovi posti di lavoro «si vedrà cosa fare

anche se il problema delle campane non è il più grave di Pisa». Così il sindaco Filippeschi risponde alle

proteste degli atei pisani. Larderello punta sul lavoro e, strano ma vero, visti i tempi di crisi, assume.

«Cinquanta nuove assunzioni in due anni, in questo periodo di crisi economica, sono linfa vitale per il

rafforzamento dell'economia locale». Il segretario provinciale pisano del Pd, Ivan Ferrucci, commenta così il

procollo d'intesa tra Enel e sindacati, a Larderello. «Auspichiamo che questo accordo - dice ancora Ferrucci

possa dare la spinta ad un'ulteriore nuova fase di sviluppo dell'azienda e che le assunzioni possano essere

espressione del territorio, perché ciò sarebbe fondamentale per dare una risposta a molti giovani che in Val di

Cecina sono ancora senza lavoro».

Foto: Nicoletta De Francesco

05/08/2010 9Pag. L Unita - Firenze(diffusione:54625, tiratura:359000)

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Università specchio del Paese Nella polemica che accompagna il decreto "Gelmini" sul riordino dell'Università fatica ad emergere un

aspetto. Per ammissione universale, conferire alla "meritocrazia" l'arbitrato nella promozione/punizione dei

docenti efficienti/scadenti appare l'unica soluzione per sanare lo stato di disagio nel quale si trova l' Università

. Ma servirebbe l'imparzialità, giustizia nei concorsi e nelle procedure di attribuzione delle risorse. La realtà è

diversa da come si potrebbe immaginare: quando si profila la possibilità che un concorso venga bandito in un

determinato settore, ci si aspetterebbe che i candidati preparino serenamente e liberamente le prove, che i

professori membri delle commissioni esaminatrici svolgano il proprio ruolo con altrettanta serenità e

imparzialità al solo fine di scegliere tra i candidati quelli che si presentano con i titoli migliori e sostengono le

prove migliori. Ma in Italia non succede quasi mai così: al bando del concorso i professori coinvolti

intervengono con tutto il proprio "peso accademico", prendono contatti tra di loro, "p re p a r a n o " le elezioni

dei membri delle commissioni, trattano, cercano di far passare il proprio candidato, sovente si scontrano tra di

loro sulla base di "debiti" p re g re s s i concorsuali. Così il merito passa in secondo piano e la parola

"meritocrazia" sarà svuotata da qualsiasi senso. Se non cambierà l'atteggiamento delle persone, non

aspettiamoci nessun riflesso delle riforme sull'U n i ve r s i t à . Franco Quaranta

05/08/2010 18Pag. Il Fatto Quotidiano - Ed. nazionale(tiratura:100000)

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DOSSIER A Roma il 2ND Health Econometrics Workshop Che voto dare ai sistemi sanitari? Come assicurare a tutti i cittadini equitàdi cure? • osa induce gli italiani a rivolgersi al privato piuttosto che al pubblico quando devono sottoporsi a una visita

specialistica; in che modo si potrebbero produrre dei risparmi nei bilanci regionali sempre più in affanno

senza per questo ridurre la qualità dell'assistenza sanitaria ai cittadini; come la spesa sanitaria e

l'introduzione di nuove tecnologie si trasformano in miglioramento della salute dei cittadini e aumento

dell'aspettativa di vita. Infine quali sono i ritardi dell'Italia nel l'assi curare una somministrazione ottimale e ben

ponderata degli antibiotici in modo da massimizzare l'efficacia delle cure e ridurre l'insorgenza di resistenze

farmacologiche, il tutto producendo una riduzione della spesa per questi farmaci. Sono solo alcuni dei temi

affrontati nel corso del 2° Health Econometrics Workshop, svoltosi dal 15 al 17 luglio presso l'Università

Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Una tre giorni di lavori che ha visto riuniti professionisti e accademici di

alto profilo per discutere su nuovi metodi e applicazioni di econometria sanitaria. Il Workshop è stato

organizzato e promosso da Crisp - Centro di Ricerca Interuniversitario per i Servizi di Pubblica Utilità,

Università degli Studi di MilanoBicocca, facoltà di Economia dell'Università Cattolica di Roma, Università degli

Studi di Bergamo. A organizzare l'incontro, tra gli altri, l'italiano Francesco Mo Alcune tra le migliori menti

europee riunite all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma per discutere i metodi migliori di valutazione

delle performance dei servizi sanitari scone che, nato e vissuto a Pescara, ha conseguito laurea e master

presso l'università di Essex e poi un PhD in economia presso il King's College di Londra, lavora attualmente

presso la Brunel Business School della Brunel University nel Middlesex. «C'è un bisogno sempre più

stringente di sistemi di valutazione oggettivi delle performance dei sistemi sanitari e degli esiti di salute dei

cittadini, al fine di capire dove si annidano le inefficienze per correggerle ed assicurare a tutti i cittadini del

Paese parità di accesso e uguale qualità di cura ovunque essi vivano», ha spiegato Americo Cicchetti,

ordinario di Organizzazione aziendale - Facoltà di Economia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di

Roma, che ha ospitato il workshop. «Il senso di questo incontro è proprio riunire le menti europee più

eccellenti in questo ambito per avere suggerimenti utili al miglioramento dei metodi di valutazione delle

performance del sistema sanitario», ha aggiunto Cicchetti. «Noi oggi, come sistema sanitario, abbiamo un

obiettivo fondamentale quello di incrementare la capacità di misurazione dei risultati e delle performance sia

delle aziende sanitarie sia, nell'ottica del Federalismo, delle Regioni, con l'obiettivo ultimo di migliorare

l'allocazione delle risorse e l'equità delle cure offerte in tutto il Paese». Tra gli studi presentati nel corso del

workshop, c'è una ricerca coordinata da Moscone che mostra come l'adozione delle tecnologie mediche

permette di allungare l'aspettativa di vita alla nascita sia per uomini che per le donne. Inoltre lo studio

evidenzia che l'aumento della spesa sanitaria di un paese è a sua volta determinante nell'aumento

dell'aspettativa di vita dei suoi cittadini, pertanto un taglio della spesa sanitaria da parte dei policy maker per

ridurre il deficit accumulato dopo la crisi finanziaria del 2008, potrebbe influenzare negativamente lo stato di

salute della popolazione. «Mai come oggi i governi sono costretti a razionalizzare la spesa sanitaria e ridurre

gli sprechi (per esempio riducendo l'inappropriatezzadei ricoveri ospedalieri, scegliendo quei trattamenti che,

a parità di efficacia terapeutica, risultano meno costosi, etc.)», ha spiegato Moscone. «Ai policy maker è

dunque richiesto uno sforzo in più per assicurare ai cittadini un servizio comunque efficiente ed efficace,

altrimenti gli sprechi di oggi, se minano interventi di prevenzione, produrranno un effetto boomerang

moltiplicando la spesa sanitaria e sociale di domani». «Per esempio le schede di dimissione ospedaliere

basate sui Drg, se sottoposte a controllo rigoroso come avviene in regione Lombardia, sono uno strumento

utilissimo per valutare efficacia ed efficienza delle strutture ospedaliere pubbliche e private», ha sottolineato

Giorgio Vittadini, ordinario della facoltà di scienze statistiche dell'Università degli Studi di Milano - Bicocca, tra

gli organizzatori del workshop. «Consentono alla Regione un dialogo costante con gli operatori volto a

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consentire una autovalutazione, una valorizzazione delle best practices, una correzione delle worse practices

e quindi anche un contenimento dei costi, tema oggi di stretta attualità. Consentonoinoltreagli studiosi che

applicano le più avanzate tecniche statistiche ed econometri di individuare le linee di tendenza del sistema

ospedaliero, difficilmente investigabili in altro modo».

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L' Università apre alla formazione specialistica dei medici di famiglia Arrivano i medici di famiglia "super-specialisti" con il primo Master Universitario di II livello in Medicina

Generale promosso dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia e dalla Scuola di Formazione Continua dell'

Università Campus Biomedico di Roma, oltre che dal Centro di Formazione Regionale per la Medicina

Generale. Un "progetto pilota" , al quale collabora la Società Italiana di Medicina Generale, che apre per la

prima volta il mondo dell'Università alla formazione dei futuri medici di famiglia, il cui iter formativo si ferma

oggi al triennio gestito dalle Regioni con il rilascio del diploma di formazione, che non può essere comparato

ai diplomi universitari di specializzazione vera e propria necessari per intraprendere la professione in altre

branche della medicina. Una anomalia rispetto a buona parte dei Paesi Europei, dove nelle Università sono

previsti Dipartimenti di medicina generale in grado di formare medici specializzati a tutti gli effetti. Il Master

organizzato dal Campus Biomedicodi Roma, che potrà fare da apripista ad altre analoghe iniziative

Universitarie, offre invece un ulteriore grado di preparazione a coloro che, dopo l'abilitazione regionale,

intendano impegnarsi in responsabilità non solo professionali maanche didattiche e gestionali nell'ambito

della medicina di base, forti di un titolo a valenza universitaria. Competenze fondamentali in una sanità che in

Italia, come altrove, va sempre più puntando sulla medicina del territorio rispetto all'ospedale. In particolare gli

obiettivi didattici del corso sono quelli di formare medici in grado di: • sviluppare una visione professionale

orientata alla promozione della salute ed alla prevenzione attraverso gli stili di vita; • orientarsi correttamente

nell'ambito della promozione della salute, diagnosi clinica e strumentale e delle indicazioni terapeutiche nelle

patologie tipiche della medicina del territorio; • acquisire approfondita conoscenza delle metodiche

diagnostiche e dell'iter terapeutico, anche in termini di costo/efficacia; • disporre di elementi di valutazione e

di utilizzo delle tecnologie applicate allo sviluppo professionale della Medicina Generale. Le richieste di

iscrizione al corso - che garantisce l'acquisizione di 60 crediti formativi universitari- dovranno pervenire alla

scuola di Formazione Continua del Campus Biomedico di Roma entro il 4 dicembre 2010. L'inizio delle

lezioni, strutturate in 15 moduli specialistici più un modulo di indirizzo e relativo tirocinio, è previsto per il 17

dicembre prossimo con frequenze di un fine settimana al mese fino al 2012. Una formula "parttime" che

rende compatibile l'impegno del Master con altre attività professionali. Master in medicina generaLe

promosso da Campus Biomedico di Roma, Centro di Formazione regionale per La Medicina GeneraLe e

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04/08/2010 29Pag. Panorama della Sanita - N.29 - 26 luglio 2010

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