CIVILTÀ DI CANTIERE 03 CIVILTÀ DI CANTIERE Marzo 2015 | … · 2017. 6. 26. · Murakami Haruki...

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Marzo 2015 | Anno I 01 SCENARI CRESCE LA CONSAPEVOLEZZA DEL VALORE DEL PROGETTO E DELLE COMPETENZE CIVILTÀ DI CANTIERE Luglio 2015 | Anno I 03 di CIVILTÀ Leopoldo Freyrie fa il punto sul mercato della progettazione L’INTERVISTA Progettare integrato è un valore. Una riflessione sul BIM INNOVARE La formazione come fattore strategico per la crescita SAPERE Risorse e modelli per scuole più sicure ed efficienti RIQUALIFICARE di CIVILTÀ 03 Luglio 2015 | Anno I CIVILTÀ DI CANTIERE EDITORE E PROPRIETÀ EDITORIALE Strategie & Comunicazione Srl Via P. Carnabuci, 27 00139 Roma DIRETTORE RESPONSABILE ED EDITORIALE Alfredo Martini REDAZIONE Giovanni Pietrangeli, Maria Cristina Venanzi HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Genesio Alessandrini, Martino Almisisi, Ornella Baldini, Jacopo Biasio, Stefano Caratelli, Gianfranco Dioguardi, Federico Frasson, Mimosa Martini, Alfredo Radiconcini, Stefano Sudati, Piero Torretta, Antonio Vespignani PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Aurora Milazzo STAMPA Press Up - www.pressup.it SOMMARIO Editoriale di Alfredo Martini Per fare ogni cosa bene devi saperla fare e ti va riconosciuto il giusto valore (p.1) IN PRIMO PIANO Lavori pubblici e corruzione. A proposito del disegno di legge sugli appalti (p.2) LA FOTO di Mauro Centi (p.18) L’INTERVISTA LEOPOLDO FREYRIE: Restituire valore alla progettazione per riavviare un percorso qualitativo del costruire (p.4) INNOVARE IL BIM E LO STATO ATTUALE DELLA PROGETTAZIONE Paradossi di un Paese senza qualità (p.10 ) • La via britannica al Bim (p.12) • Chiaroscuri all’italiana (p.15) • La formazione orientata al Bim (p.17) SAPERE SAPER COSTRUIRE, MESTIERI, TECNOLOGIE, IMPRESE Conoscere per competere (p.19) • Itown: un progetto strategico per guardare al domani (p.21) • Le parole chiave dell’innovazione (p.24) • La Borsa lavoro edile in Puglia (p.25) RIQUALIFICARE EDILIZIA SCOLASTICA: A CHE PUNTO SIAMO Il mito della buona scuola (p.26) • “Superare la logica dell’emergenza” (p.28) • Un censimento lungo vent’anni (p.30) • Educare allo spazio, uno spazio per educare (p.33) • Lazio: Legambiente e Inbar per scuole più sostenibili (p.37) ABITARE MERCATO IMMOBILIARE, NUOVA DOMANDA, NUOVE FRONTIERE Il settore immobiliare e il mercato internazionale (p.39) • Il legno sempre più in alto (p.39) • Corrispondenze. Dalla Francia. Di fianco ai giardini di Versailles rinasce un ex sito militare (p.41) | Dalla Spagna. L’alloggio del futuro: non più proprietà, ma affitto e condivisione (p.42) BEST PRACTICE Anche l’edilizia pubblica si fa green (p.44) RUBRICHE In cammino - Conoscenza, competenza e abilità. Nel cuore della normazione (p.6) Dal mondo - Le nuove infrastrutture che cambieranno il pianeta (p.8) • Le regole - Per una centralità della progettazione (p.9) L’opinione - Valorizzare le competenze specialistiche nei cantieri e negli appalti (p.49) Certificazione - Gli assicuratori richiedono il controllo tecnico (p.51) Innovazioni & soluzioni - Il nuovo ciclo di incontri di Innovazioni & Soluzioni (p.54) • A regole d’arte - Per una città intelligibile (p.54) La recensione - Roberto Mania, Marco Panara: Nomenklatura. Chi comanda davvero in Italia | Aldo Bonomi, Roberto Masiero: Dalla smart city alla smart land | Nicoletta Marconi (a cura di): Castelli e ponti. Apparati per il restauro nell’opera di Mastro Nicola Zabaglia per la fabbrica di San Pietro in Vaticano (p.57) I numeri - Alcuni dati da ricordare, presenti in questo numero di Civiltà di Cantiere (p.62) CIVILTÀ DI CANTIERE | N. 3 2015 Poste Italiane spa - spedizione in abbonamento postale - D.L.353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, CNS VI

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  • Marzo 2015 | Anno I

    01

    SCENARICRESCE LA CONSAPEVOLEZZA DEL VALOREDEL PROGETTO E DELLE COMPETENZE

    CIVILTÀ DI CANTIERE Luglio 2015 | Anno I03

    di CIVILTÀ

    Leopoldo Freyrie fa il punto sul mercatodella progettazione

    L’INTERVISTA

    Progettare integrato è un valore. Una riflessionesul BIM

    INNOVARE

    La formazione come fattorestrategicoper la crescita

    SAPERE

    Risorse e modelli per scuole più sicure ed efficienti

    RIQUALIFICARE

    di CIVILTÀ

    03Luglio 2015 | Anno ICIVILTÀ DI CANTIERE

    EDITORE E pROpRIETà EDITORIalEStrategie & Comunicazione SrlVia P. Carnabuci, 2700139 Roma

    DIRETTORE RESpONSaBIlEED EDITORIalEAlfredo Martini

    REDaZIONEGiovanni Pietrangeli, Maria Cristina Venanzi

    HaNNO COllaBORaTO a QUESTO NUMEROGenesio Alessandrini, Martino Almisisi, Ornella Baldini, Jacopo Biasio, Stefano Caratelli, Gianfranco Dioguardi, Federico Frasson, Mimosa Martini, Alfredo Radiconcini, Stefano Sudati, Piero Torretta, Antonio Vespignani

    pROGETTO GRaFICO E IMpaGINaZIONE Aurora Milazzo

    STaMpaPress Up - www.pressup.it

    SOMMaRIO

    Editoriale di Alfredo Martini per fare ogni cosa bene devi saperla fare e ti va riconosciuto il giusto valore (p.1)

    IN pRIMO pIaNO lavori pubblici e corruzione. a proposito del disegno di legge sugli appalti (p.2)

    La foto di Mauro Centi (p.18)

    l’INTERVISTa lEOpOlDO FREyRIE: Restituire valore alla progettazione per riavviare un percorso qualitativo del costruire (p.4)

    INNOVaRE Il BIM E lO STaTO aTTUalE DElla pROGETTaZIONEParadossi di un Paese senza qualità (p.10 ) • La via britannica al Bim (p.12) • Chiaroscuri all’italiana (p.15) • La formazione orientata al Bim (p.17)

    SapERE SapER COSTRUIRE, MESTIERI, TECNOlOGIE, IMpRESEConoscere per competere (p.19) • Itown: un progetto strategico per guardare al domani (p.21) • Le parole chiave dell’innovazione (p.24) • La Borsa lavoro edile in Puglia (p.25)

    RIQUalIFICaRE EDIlIZIa SCOlaSTICa: a CHE pUNTO SIaMOIl mito della buona scuola (p.26) • “Superare la logica dell’emergenza” (p.28) • Un censimento lungo vent’anni (p.30) • Educare allo spazio, uno spazio per educare (p.33) • Lazio: Legambiente e Inbar per scuole più sostenibili (p.37)

    aBITaRE MERCaTO IMMOBIlIaRE, NUOVa DOMaNDa, NUOVE FRONTIEREIl settore immobiliare e il mercato internazionale (p.39) • Il legno sempre più in alto (p.39) • Corrispondenze. Dalla francia. Di fianco ai giardini di Versailles rinasce un ex sito militare (p.41) | Dalla Spagna. L’alloggio del futuro: non più proprietà, ma affitto e condivisione (p.42)

    BEST pRaCTICE Anche l’edilizia pubblica si fa green (p.44)

    RUBRICHE In cammino - Conoscenza, competenza e abilità. Nel cuore della normazione (p.6) • Dal mondo - Le nuove infrastrutture che cambieranno il pianeta (p.8) • Le regole - Per una centralità della progettazione (p.9) • L’opinione - Valorizzare le competenze specialistiche nei cantieri e negli appalti (p.49) • Certificazione - Gli assicuratori richiedono il controllo tecnico (p.51) • Innovazioni & soluzioni - Il nuovo ciclo di incontri di Innovazioni & Soluzioni (p.54) • a regole d’arte - Per una città intelligibile (p.54) • La recensione - Roberto Mania, Marco Panara: Nomenklatura. Chi comanda davvero in Italia | Aldo Bonomi, Roberto Masiero: Dalla smart city alla smart land | Nicoletta Marconi (a cura di): Castelli e ponti. Apparati per il restauro nell’opera di Mastro Nicola Zabaglia per la fabbrica di San Pietro in Vaticano (p.57) • I numeri - Alcuni dati da ricordare, presenti in questo numero di Civiltà di Cantiere (p.62)

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  • 1Editoriale

    Cantiere, di come sia importante affrontare la “rivolu-zione” che il mercato delle costruzioni sta vivendo ri-portando al centro la conoscenza e una professionalità che se non riconosciuta non consentirà di fatto di resti-tuire qualità economica, funzionale e sociale alle opere pubbliche. Tutto il resto è scorciatoia pericolosa, desti-nata a non dare i risultati che vorremmo.

    EditorialePer fare ogni cosa bene devisaperla fare e ti variconosciuto il giusto valore

    ALFREDO MARTINI

    “Rifare gli ascensori comportava delle modifi-che nell’organizzazione degli edifici, modi-fiche che comportavano delle variazioni dei flussi di passeggeri. Occorreva che venissero assorbite bene. Era chiaro che la sicurezza dei passeggeri aveva la priorità assoluta, ma allo stesso tempo bisognava garantire il lavoro dei ferrovieri. Mettere a punto un programma che tenesse conto di tutti quei requisiti e trasferirlo sui progetti era il compito di Tsukuru: una fa-ticaccia, insomma, ma anche un lavoro molto importan-te che aveva un impatto sulla vita della gente. Tsukuru vi si dedicava con pazienza. Metteva in luce i problemi, compilava la lista delle cose da verificare, le controllava con attenzione una per una... era davvero bravissimo”.Il protagonista del romanzo dello scrittore giapponese Murakami Haruki (L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Einaudi 2014) è un ingegnere la cui passione, perseguita con grande forza di volontà fino da adolescente, è la progettazione delle stazioni ferroviarie. Tanto che con un percorso lineare arriva a svolgerlo con grande soddisfazione personale e dell’a-zienda in cui viene assunto e lavora. Leggendo questo brano mi è parso chiarissimo che il nodo centrale da scogliere per quanto riguarda la quali-tà delle nostre opere pubbliche riguarda quel mix di pro-fessionalità, passione e forte senso di responsabilità che fa della progettazione il cardine di qualunque pro-cesso che ha a che vedere con il costruire. E che soprat-tutto, quando riguarda opere edili di interesse pubblico o infrastrutture, assume una rilevanza fondamentale. La cultura giapponese si basa sulla valorizzazione mas-sima delle risorse umane, cui si accompagna una gene-ralizzata e condivisa attenzione, altrettanto massima, per quello che possiamo chiamare “bene comune”. Ciò comporta un elevato senso di responsabilità che si con-cretizza, come ben descritto da Murakami, nel fare ogni piccola cosa al meglio. Ma per farla bene devi saperla fare e ti va riconosciuto il giusto valore, così come va concesso il tempo necessario a ridurre al massimo le possibilità di errore. Ecco, di questo parliamo su questo numero di Civiltà di

  • 2 Civiltà di cantiere 3RUBRICA - In primo piano - L’opinione

    Lavori pubblici e corruzione. A proposito del disegno di legge sugli appalti

    La nuova legge in corso di approvazione rischia seriamente di essere undispositivo debole e incompleto.

    Gianfranco Dioguardi

    I l disegno di legge sugli appalti, di recente approvato dal Senato, è eufemisticamente espresso da un unico articolo che poi esplode in ben oltre sessanta specifica-zioni redatte in un italiano disastroso quanto a prolissità, ridondanza di parole, confusione nei riferimenti a un’in-finità di leggi e decreti, per non dire delle superflue di-chiarazioni noiosamente ripetute per un’auspicata ricerca di “semplificazione, armonizzazione, riordino, progressi-va digitalizzazione, trasparenza, pubblicità, tracciabilità delle procedure di gara e della fasi a essa “prodromiche” (“anticipatrici” sarebbe stato troppo chiaro?), razionaliz-zazione”, dove naturalmente si invoca la usuale “lotta alla corruzione, ai conflitti di interessi” e via dicendo, con espliciti riferimenti alle direttive europee che per compli-cazioni burocratiche non sono seconde a nessuno.Certo, gli estensori del disegno di legge sembra ignorino Tacito (56-120): Corruptissima re publica plurimae leges, “più corrotto è lo stato più numerose diventano le leggi”, e anche il giurista Guido Rossi che, riproponendo lo scrit-tore romano, sottolinea: “sta soprattutto in questa pro-liferazione di leggi che si rincorrono, carenti di principi, la prima vera causa della crisi della giustizia”. Tanto meno condividono, i redattori del disegno di legge, il pensiero di Guglielmo di Ockham (1285-1347) sul suo celebre “ra-soio”: “non moltiplicare gli elementi più del necessario”. Suggerimento acquisito per esempio dal pragmatismo organizzativo anglosassone basato su quel keep it simple così lontano dal modo di pensare italiano. Trasparenza, controlli, punizioni anticorruzione: termi-ni vacui se privi di un terreno fertile per essere applicati, mentre la proliferazione di leggi con conseguente con-fusione, rigore soltanto di facciata e assoluta incertezza interpretativa, accrescono le spinte agli scandali ormai dilaganti. La complessa “riforma degli appalti pubblici” con il rela-tivo codice inquadrato nel Piano nazionale anticorruzione interpreta molto bene l’usuale prassi italiana.Se si vuole perseguire il concetto di “trasparenza” bi-sogna semplificare e non complicare lo scenario. Così i relativi controlli non vanno vanificati con complessità attuative sancite da leggi contorte e di ardua interpreta-zione, che agevolano la propensione di chi decide di as-

    In primo pianoL’opinione

    secondare eventuali offerte di corruzione indotte proprio dalle ambiguità interpretative, sempre accompagnate dalla minaccia ma non dall’attuazione di punizioni del re-sto tendenzialmente elargite secondo una esibizionistica discrezionalità in termini di dubbie prevenzioni cautela-ri che poi generalmente svanisce alla conclusione di iter processuali peraltro sempre destinati a un rapido oblio.In edilizia le insidie della corruzione si annidano nella fase preliminare quando si scelgono le imprese da invitare e si decide l’offerta da privilegiare. Si amplificano poi nella fase esecutiva quando, nel corso dei lavori, vengono pro-poste modifiche ai progetti di gara sui quali erano state definite le relative offerte. In ciascuna di queste fasi sa-rebbe auspicabile limitare al massimo l’utilizzo di discre-zionalità decisionale.Il disegno di legge prevede la riduzione delle stazioni ap-paltanti, certamente utile nella ricerca di semplificazioni che invece sono disattese laddove si impone l’abnorme ampliamento dell’obbligo di gare spesso superflue o at-tuate per importi insignificanti, che tuttavia servono ad alimentare la burocrazia e le sue confusioni con le con-seguenze che abbiamo sotto gli occhi. Ed è davvero inef-fabile la “introduzione di una disciplina specifica per il subappalto” che sancisce nuove abnormi complicazioni organizzative per le imprese forse al fine di congelarne l’efficienza evidentemente non in linea con la burocrazia imperante. I responsabili delle amministrazioni appaltanti – impe-gnati a raccogliere le offerte delle imprese e quindi a de-cidere sulle relative assegnazioni insieme ai componenti delle commissioni giudicatrici (che la prevista imposizio-ne di iscrizione nel costituendo “albo nazionale obbliga-torio” non rende certo immuni da tentazioni) - sono tutti personaggi esposti a tentativi di corruzione. Vanno anche aggiunti per le loro precise responsabilità – ma purtroppo invece sono spesso trascurati - i progettisti delle opere da appaltare insieme ai responsabili delle direzioni dei lavori e ai collaudatori chiamati ad attestare che le opere ese-guite siano coerenti con i progetti di gara. Un discorso particolare, infatti, va rivolto proprio ai pro-gettisti, che invece agiscono in un empireo di intoccabi-lità: spesso i loro progetti accettati sono soltanto disegni pressapochistici che inducono necessariamente le im-prese a proporre in corso d’opera modifiche contrattuali. Invece, i progetti dovrebbero venire preliminarmente e attentamente vagliati anche per definire una valutazio-ne realistica dei tempi di realizzazione indispensabile per evitare gli usuali e ancora troppo discrezionali premi di acceleramento in corso d’opera.Sono questi gli aspetti che consentono alle imprese di acquisire i lavori con ribassi inconcepibili, avendo la cer-tezza di poter contare poi sulle auspicabili «varianti» pro-gettuali la cui approvazione migliorerà sostanzialmente l’andamento economico dell’appalto grazie alla definizio-ne discrezionale di nuovi prezzi completamente indipen-denti dai patti di gara. Il rigoroso controllo preliminare del progetto e dei tempi di esecuzione costituiscono premesse essenziali per eli-

    minare ogni possibile variazione dei patti di gara che sia legata alla discrezionalità e alla corruttibilità della com-mittente ma anche dei progettisti spesso consenzienti, e dei direttori dei lavori - tutti personaggi che andrebbero ritenuti responsabili civilmente e penalmente riguardo la reale fattibilità del progetto messo in gara e dei relativi tempi concordati nonché di qualsiasi variante o premio attribuibile a qualsiasi titolo. Ma di questi argomenti non si fa cenno nel decreto, seb-bene siano aspetti fondamentali per avviare un qualsia-si concreto processo anticorruzione. E comunque non si possono giustificare eventuali recriminazioni contro le imprese che richiedono le varianti, perché di fatto esse esercitano nient’altro che il loro mestiere mentre le re-sponsabilità vanno cercate e fatte ricadere sugli effettivi organi decisori.Modificando rigorosamente il clima di aspettative di va-rianti e di premi discrezionali in corso d‘opera, si norma-lizzerebbe anche la delicata selezione delle imprese da in-vitare e la loro preliminare valutazione rendendole quindi chiaramente edotte dell’assoluta impossibilità di future modificazioni delle condizioni economiche sottoscritte in sede di gara. L’aggiudicazione con il massimo sconto diventerebbe plausibile e asettica venendo meno la pos-sibilità di astuzie future, e le imprese sarebbero perciò indotte a effettuare ribassi più seri, più contenuti, meno avventati – ribassi davvero sostenibili con coerenti tempi di esecuzione. Forse allora si potrebbe effettivamente incominciare a parlare di una riforma per un Paese “più sano, più traspa-rente e più efficiente”.

  • 4 Civiltà di cantiere

    Restituire valore alla progettazione per riavviare un percorso qualitativo del costruireNel nostro Paese la progettazione è stata via via svuotata della sua funzione.

    A cura di Alfredo Martini opere che determinano di fatto la qualità della vita quo-tidiana di ognuno di noi e incidono profondamente sulla capacità competitiva del nostro sistema economico e produttivo. “Il boom delle archistar, se ha fatto sì che oggi possia-mo disporre di segni architettonici riconoscibili, di opere della modernità, ha tuttavia favorito procedure e mec-canismi di selezione che hanno portato a una vera e propria schizofrenia della progettazione. Poche opere straordinarie e una marea di opere di bassissima quali-tà trasformate appunto in opportunità di business sul-la pelle dei cittadini e dei contribuenti. Come dire, una bella copertina e dentro nulla o peggio. Nel segno delle varianti e degli sprechi di risorse, favorendo contenziosi e non ultima la corruzione”.

    Il fatto positivo è che finalmente oggi questa realtà è stata riconosciuta e si è avviato un processo di cambia-mento volto a rivedere profondamente il quadro delle regole. “La nuova legge sugli appalti pubblici, attualmente in via di definizione, dovrebbe avviare finalmente un processo contrario riportando al centro delle regole la qualità e la qualificazione degli operatori. Il nuovo Codice non può non prestare la massima attenzione alla questione del-le competenze, sia avviando un processo all’interno del-le amministrazioni pubbliche, sia riportando al centro la logica dei concorsi attingendo dalle professionalità of-ferte dai privati. È evidente che ciò deve coincidere con una rinnovata politica a sostegno delle opere pubbliche, il che significa risorse adeguate, ovvero strumenti in gra-do di sostenere una progettazione più qualificata. Oggi il mercato dei lavori pubblici rappresenta poco più dell’8% del mercato delle costruzioni. La scarsità di risorse ha de-terminato il ricorso sempre maggiore a modelli privatistici che oggi debbono comunque essere normati, in quanto di chiara rilevanza pubblica. È venuto il momento che lo Stato ritrovi il suo ruolo di guida del mercato delle opere pubbliche superando le cri-ticità connesse al Patto di stabilità interno che ha ucciso i fondi per la progettazione, in quanto considerati debi-to nei bilanci degli enti locali. Con l’effetto drammatico di togliere risorse essenziali per consentire una qualità progettuale delle opere. Oggi questa strada va ripresa. Il ripristino del Fondo di rotazione per la progettazione, avviato nell’ambito della messa in sicurezza del territo-rio per ridurre il rischio idrogeologico, costituisce la strada giusta per invertire questo trend negativo. Non va infatti dimenticato che una delle principali cause della incapaci-tà del nostro Paese di utilizzare pienamente le risorse che provengono dai fondi europei riguarda proprio la scarsa qualità e capacità progettuale”.

    In quale misura oggi una progettazione innovativa, le nuove frontiere della progettazione tridimensionale, il Bim possono aiutare una crescita professionale e qua-litativa?“Il Bim e la progettazione tridimensionale sono, è vero, la

    nuova frontiera, indicano ai progettisti la strada dell’im-mediato futuro, ma parliamo sempre di strumenti di cui dotarsi, su cui formarsi. Con un problema in più rispetto ai cambiamenti tecnici e tecnologici del passato: che sono strumenti integrati, ovvero che per dare valore implicano un cambiamento di mentalità e un approccio nella logica della rete. Siamo di fronte a un passaggio che da un lato è simile a quello dalla progettazione a mano al Cad, dall’altro ha a che fare con il cambiamento del contesto. E comunque si tratta di un processo che va guidato e che non prescinde da un sistema di regole e da un rilancio del mercato nel segno della qualificazione e della qualità. Non può esservi crescita professionale e selezione qualitativa senza risor-se e riconoscimento del valore della progettazione. I Paesi dove oggi il Bim è una realtà diffusa hanno programmato e gestito il passaggio tecnologico con politiche e incentivi. Noi siamo all’anno zero. Credo che si debba fare chiarez-za, così da evitare che ancora una volta si creino nuove opportunità di business soltanto per alcuni, senza van-taggi per la collettività e senza una reale crescita profes-sionale”.

    Abbiamo parlato soprattutto di lavori pubblici. Qual è invece la situazione sul mercato privato?“La situazione non è molto diversa. Nel senso che la crisi ha aggravato ulteriormente uno scenario in cui la proget-tazione progressivamente era andata perdendo di valore e di considerazione all’interno del processo del costruire. Oggi di fronte a un mercato in profonda trasformazione sotto molti punti di vista - della segmentazione della do-manda e delle nuove esigenze connesse agli obiettivi, a una maggiore attenzione alla sostenibilità, a nuove so-luzioni costruttive e tecnologiche, alla ridefinizione dei valori relativamente ai costi e alle redditività - si richie-de anche al progettista un aggiornamento in termini di conoscenze, di competenze e soprattutto un approccio sempre più rivolto a logiche di integrazione. Vanno trova-te soluzioni nuove. C’è bisogno di una mentalità e una cultura diverse da quelle del passato. Il nodo vero è che per noi tutti, l’in-tera filiera, è necessario un cambiamento di paradigma. Pensiamo soltanto alla rilevanza che oggi assumono la rapidità di esecuzione e il mercato low cost. Per stare su questo nuovo mercato ci vuole una consapevolezza nuo-va che le soluzioni debbono essere commisurate a un for-te contenimento dei costi non solo nella fase di costruzio-ne, ma anche sul piano della gestione successiva del bene immobiliare, perseguendo obiettivi di High Performance. Ciò richiede di individuare nuovi e diversificati modelli di business. Chi pensa di poter ancora raggiungere margini del 25% è finito, oggi il 15% è un obiettivo realistico e di buona redditività. E noi rispetto a tutto ciò siamo deci-samente in ritardo. Nella mia esperienza professionale continuo a scontrarmi con resistenze mentali e con una scarsa consapevolezza. Ma la strada è tracciata. Chi saprà adeguarsi più rapidamente a questo nuovo scenario potrà guardare con ottimismo al futuro”.

    S i sa che il nostro Paese vive di paradossi. Tra que-sti vi è sicuramente quello che riguarda il ruolo e il valore della progettazione. In ogni Paese al mondo per la progettazione passa inevitabilmente una minore o maggiore qualità del costruire e di conseguenza della vita dei cittadini. Una cattiva, o peggio ancora, una scarsa considerazione del valore della progettazione determina una progressiva dequalificazione del costruito: edifici pubblici, infrastrutture, ma anche l’insieme dell’edilizia privata. Di questo c’è generale consapevolezza eppure sono decenni che in Italia la progettazione non è solo “ce-nerentola”, ma serva strumentale di processi che con la qualità del costruire e con l’interesse pubblico hanno ben poco a che fare. Leopoldo Freyrie lo definisce un sistema finalizzato a creare le condizioni per “business impropri”.

    “Dopo anni di declino progettuale, con il Codice degli appalti attualmente in vigore si è dato il colpo di grazia alla progettazione, completando un processo di svuota-mento della sua stessa funzione che è appunto quella di garantire la qualità delle opere che si vogliono realizzare. Con il Codice degli appalti si è costruito un complesso di regole e di norme che hanno relegato la progettazione a un fattore secondario, legittimando anche dal punto di vista normativo quanto avvenuto nella sostanza e nel-la quotidianità. Si è sancita la fine della progettazione svuotandola sul piano delle professionalità, definendo un modello procedurale basato sulla confusione dei ruoli anche attraverso un trasferimento nefasto delle compe-tenze da un soggetto ad un altro, dal progettista all’im-presa. Attraverso una scelta che ha messo al centro del processo la logica del prezzo più basso, l’azzeramento dei concorsi, la totale incertezza dei tempi. Un meccani-smo che invece di premiare chi sapeva e sapeva fare, ha di fatto premiato l’incompetenza. Con un solo risultato: la morte della qualità”.

    Per Freyrie il Codice costituisce l’ultimo atto di un per-corso che ha la sua origine negli anni Novanta e in quel-la cultura provinciale italiana che da un lato sui grandi progetti ha inseguito le archistar e dall’altro ha abban-donato ogni attenzione e cura rispetto alle centinaia di

    5RUBRICA - L’intervista

    LEOPOLDO FREYRIE Dal 2011 presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori (Cnappc), è stato presidente del Consiglio degli architetti d’Europa ed è tra i fondatori del Forum europeo per le politiche architettoniche.

    L’intervista

  • 6 Civiltà di cantiere 7RUBRICA - In cammino

    Conoscenza, competenza e abilità. Nel cuore della normazione

    Piero Torretta

    Informazione, disseminazione della conoscenza, educa-zione sono aspetti che stanno nel cuore della normazio-ne. I campi di applicazione sono i più svariati, alcuni fino a poco tempo fa impensabili. Per la sua natura di docu-mento volontario, trasparente, democratico, consensuale, la norma è una possibile risposta anche nei campi in cui, ancora oggi, prevale l’autoreferenzialità, sia della regola, sia della sua certificazione. Gli ambiti sono i più diversi. An-che quello agroalimentare è tra questi, ma siamo sicuri che presto produttori e consumatori apprezzeranno i vantaggi della normazione tecnica condivisa. Un ambito difficile è da sempre quello della finanza. Da tempo lo abbiamo inserito tra i temi di possibile interesse della Commissione Sicurezza che spazia dalla sicurezza del lavoro a quella domestica, urbana, alimentare, informatica e finanziaria. Le complessità del modello sociale in cui vi-viamo non permettono più di delegare senza conoscere. La percezione di sicurezza è una condizione imprescindibile per una vita serena, a sua volta condizione imprescindibi-le per dare il meglio di sè, nelle relazioni, negli affetti, nel lavoro. Lo è soprattutto per consentire scelte consapevoli del proprio progetto di vita. Per vivere serenamente in un

    mondo arrembante e turbolento, per uno sviluppo che ab-bia al centro la persona, serve informazione, disseminazio-ne della conoscenza, educazione. Gli esami non finiscono mai ed è opportuno che ciascuno di noi, nelle diverse fasi della vita, sia preparato perché, come alcuni economisti sostengono, da consumatore passivo possa diventare un consumatore critico, un “consum-attore” capace di effet-tuare scelte libere, responsabili e coerenti con i valori, prin-cipi ed interessi della sostenibilità sociale ed ambientale. Queste sono le motivazioni del progetto sulla “educazione finanziaria del cittadino” sviluppato sulla base delle norme Uni Iso 22222 e Uni 11402 con il Comune di Milano all’inter-no del programma “welfare municipale”. Un cittadino edu-cato è un cittadino che sa scegliere e che quindi indirizza e non si fa indirizzare da interessi e logiche che non solo non condivide, ma spesso non conosce. Questa è purtrop-po l’esperienza di questi ultimi lunghi anni della crisi, ma è anche l’esperienza di un sistema finanziario che ha sempre pensato di poter essere l’unico soggetto abilitato a definire le regole del suo mercato, così come i contenuti dell’infor-mazione, formazione, educazione da proporre ai cittadini in materia finanziaria. L’iniziativa del Comune di Milano è stata replicata in altre realtà territoriali ed è diventata un riferimento nel disegno di legge del Parlamento “Norme per l’educazione alla cittadinanza economica”.Disseminazione della conoscenza, formazione, educazio-ne sono anche alla base del saper fare. Passeggiando per le strade di Milano nei giorni del Salone del Mobile, in via Santa Marta mi sono imbattuto nel portone aperto di un palazzo ottocentesco. Incuriosito sono entrato in uno spa-zio che ospitava un allestimento del Salone, un luogo in cui classico e nuovo, tradizione ed avanguardia si miscela-vano. Il grande edificio a pianta quadrilatera è la sede del-

    la Società di incoraggiamento arti e mestieri fondata nel 1838 e dalla cui costola sono nati il Politecnico di Milano e la Fiera campionaria. Mi hanno particolarmente colpito gli spazi della didattica e la biblioteca che conserva pre-ziosi testi sulle tecniche di produzione. Ma mi ha colpito soprattutto il motto “il miglior modo di favorire l’industria è quello di illuminarla con l’istruzione”. Un impegno che ha caratterizzato tutta la fase dello sviluppo industriale del secolo scorso e che non solo ha reso l’Italia il secondo Pae-se manifatturiero d’Europa, ma che ancora oggi è alla base del suo saper fare, del suo gusto, del suo design, della sua attrattività.La valorizzazione delle professioni, l’identificazione delle conoscenze, competenze ed abilità che le caratterizzano è il compito che la legge 4/2013 affida all’Uni. Un compito che nel 2014 si è concretizzato nelle norme per gli archivisti, i bibliotecari, i posatori dei pavimenti in legno, i professio-nisti della security, i serraturieri e a cui si aggiungono le PdR sugli operatori degli impianti a gas e i profili professionali degli addetti delle banche commerciali.Conoscenza, educazione, formazione sono gli elementi che danno dignità al lavoro dell’uomo, che danno una dimen-sione umana allo sviluppo perché ogni innovazione, di cui la tecnologia deve essere un mezzo e non un fine, nasce dall’uomo. Un aspetto questo rimarcato nell’attività del Comitato costruzioni Uni che sta affrontando il tema delle nuove tecnologie Bim per la digitalizzazione delle informa-zioni del processo costruttivo, con l’obiettivo di migliorare uno stato dell’arte in cui spesso la tecnologia inglobata nel prodotto componente è superiore alla capacità del singo-lo uomo di conoscerla e governarla. Strumenti, tecnologie, norme e leggi devono però operare in un processo osmotico che ne sostenga e non ne rallenti il passo. Così purtroppo

    non è ancora e il nostro Paese, rispetto ai competitor a noi più vicini, sconta il ritardo di una legislazione ancora troppo ancorata ad una visione giuridica delle norme, più che non a una visione tecnica. Migliorare il coordinamento tra la le-gislazione e la normazione è un obiettivo sempre più atte-so. Le nuove rappresentanze presenti negli organi direttivi sono un costante stimolo nelle scelte e nelle azioni dell’Uni perché questo nuovo approccio trovi concreta applicazione.Uni è espressione del diritto mite, uno strumento di servizio per costruire comunità dialoganti in cui condividere equili-brio, equità, semplicità, sobrietà nelle scelte economiche e nei processi sociali. La normazione è uno strumento dell’e-conomia e della società, uno strumento per l’innovazione con cui mantenere alta la tensione al cambiamento, la pro-pensione a rimodernarsi non solo nelle eccellenze, ma nel miglioramento continuo ed esteso del giorno per giorno. Per questo deve essere aperta, semplice, accessibile alle centinaia di migliaia di piccole–medie imprese e di pro-fessionisti che costituiscono il cuore pulsante della nostra competitività saldamente ancorata al territorio. Per questo deve essere uno strumento di supporto ed integrazione delle decisioni della politica, perché possa essere, sempre più, una efficace guida della società e dello Stato.Per il suo contributo al trasferimento della conoscenza, alla tutela delle persone e dell’ambiente, alla valorizzazione della qualità delle cose, alla semplificazione e alla condivi-sione consapevole, per la sua funzione di consolidamento delle competenze e di qualificazione delle professioni, la normazione può essere una riforma strutturale per la valo-rizzazione delle nostre capacità, delle nostre peculiarità e dei nostri valori per la crescita sistemica delle nostre com-petitività e il sostegno del benessere diffuso. In Germania la normazione Din contribuisce all’1% del Pil.

    Le regole e gli istituti giuridici che riguardano la progettazione e il processo progettuale rimangono invariati, a fronte di una realtà

    in continuo divenire

    In cammino

    Stralcio della relazione presentata all’ultima assemblea Uni a Milano, il 28 aprile 2015.

  • 9RUBRICA - Le regole

    Le regole

    Per una centralità della progettazione

    Antonio Vespignani

    La progettazione è il fulcro di ogni opera, pubblica o privata che sia. Nel lavoro pubblico, per le sue im-plicazioni successive, essa acquista una valenza e un’importanza ancora maggiori, tanto che alla proget-tazione l’attuale Regolamento di esecuzione e attua-zione del Codice dei contratti dedica ben 30 articoli, che ne disciplinano minuziosamente i diversi livelli, nonché i contenuti puntuali di ciascun livello. Quello della cen-tralità del progetto è dunque un mantra che si ripete in-cessantemente, senza però che nella pratica si siano mai viste, né si vedano oggi, quelle conseguenze virtuose che dovrebbero discendere dalla semplice applicazione del principio. La realtà dimostra infatti una situazione per certi versi paradossalmente antitetica o quanto meno in contraddizione con quell’enunciazione. Il progettista in-fatti finisce per essere – o per sentirsi, o per essere con-siderato (le sfumature psicologiche sono pressoché infi-nite) – l’anello debole della catena, stretto com’è tra le esigenze di chi detiene e gestisce la leva economica (la committenza) e quelle di chi detiene e gestisce i fattori della produzione (l’esecutore). Le insidie alla centralità della progettazione si manifestano soprattutto quando essa è affidata a soggetti esterni. Da una parte, infat-ti, vi è una pubblica amministrazione che, malgrado sia consapevole (quando lo è…) della propria inadeguatezza professionale, è spesso restia a esternalizzare queste (qualificanti) funzioni; dall’altra parte, vi sono i sogget-ti realizzatori che sono altrettanto riluttanti a rinunciare

    alla possibilità di intervenire sulla progettazione per non indebolire la propria forza contrattuale. In questo quadro, a fronte di un’attività progettuale le cui caratteristiche e i cui confini sono in continua, fluida e ininterrotta evolu-zione, si percepisce la difficoltà di ricondurre una materia sostanzialmente magmatica all’interno di un perimetro normativo che, per sua natura, è rigido. Le regole e gli isti-tuti giuridici che riguardano la progettazione e il processo progettuale rimangono invariati, a fronte di una realtà in continuo divenire, né è immaginabile che il difficile com-pito di adeguamento alle nuove situazioni e alle nuove realtà sia affidato all’attività ermeneutica degli interpre-ti (giurisprudenza, dottrina, Autorità…). In questo sen-so, l’annunciata riforma della legislazione sugli appalti pubblici e il recepimento delle direttive europee del 2014 rappresentano nel contempo un decisivo banco di prova e l’occasione per un doveroso processo di ripensamento, rivisitazione e aggiornamento.

    Le nuove infrastrutture che cambieranno il pianeta

    Stefano Caratelli

    Capitali colossali accumulati negli ultimi venti anni sono in movimento con l’obiettivo di ridisegnare le grandi infrastrutture planetarie di comunicazione e di creare nuovi poli di sviluppo. Capitali concentrati soprattutto in due aree: Cina e Golfo. Pechino è sedu-ta su un tesoro di riserve valutato intorno ai 4 trilioni di dollari, frutto di vent’anni di esportazioni durante i quali ha inondato il mondo di merci a basso costo in-cassando valuta, soprattutto dollari. Ora si prepara a spenderli.Il progetto più grande è l’apertura della nuova Via della Seta, su cui far passare su ferro e per gomma le merci dirette a Ovest. Il piano, che è già partito con accordi mi-liardari con il Pakistan, comprende anche alta velocità ferroviaria, trasmissione e distribuzione di energia, au-tostrade in fibra ottica e, ovviamente, sviluppo econo-mico per le città e i porti che saranno toccati. C’è anche un sotto-piano marittimo per collegare Cina con Golfo Persico fino al Mediterraneo passando per l’Asia Cen-trale e l’Oceano Indiano. Ma i cinesi preparano investi-menti colossali anche nel versante opposto del globo, il Sud America. Stanno aprendo una Via della Seta anche da costa a costa del sub continente, un’infrastruttura ferroviaria dall’Atlantico in Brasile al Pacifico in Perù per trasportare fino ai porti dei due oceani le commodi-ty minerarie e agricole di cui i due paesi latino americani sono grandi produttori e la Cina affamata.

    Nei giorni scorsi la presidentessa brasiliana Dilma Rousseff e il primo ministro cinese Li Keqiang si sono impegnati a mettere sul progetto 50 miliardi di dollari.Dalla Cina al Golfo, dove l’Arabia Saudita ha annuncia-to l’investimento di 100 miliardi di dollari per costruire dal nulla entro il 2035 una megalopoli da due milioni di abitanti e un hub logistico e manifatturiero per i pae-si che si affacciano sul Mar Rosso. Si chiamerà Emaar Economic City e andrà a piazzarsi al centro di quello che secondo il capo del progetto Fahd al-Rasheed divente-rà il più grande nuovo mercato emergente del mondo. È solo uno dei megaprogetti in cantiere nel Golfo, dove si sta pensando al dopo petrolio con i soldi fatti col pe-trolio.Un altro attore che potrebbe aggiungersi al movimento per ridisegnare il mondo è la Russia: è ancora malcon-cia per le sanzioni e il calo del petrolio, ma non per que-sto rinuncia a sognare progetti ambiziosi. Come quello di un collegamento ferroviario che dall’Europa arrivi addirittura proprio sulla costa occidentale americana passando per la Siberia. A Putin, che a luglio presiederà in Russia il settimo summit dei Brics (ndr: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), non manca l’ambizione e potenzialmente neanche i soldi. A differenza di Cina e paesi del Golfo non ha grande disponibilità di capitali, deve tirarli fuori dalle riserve immense di gas siberiano.Cosa significa tutto questo per l’industria globale delle costruzioni? E quali opportunità racchiude per un set-tore che in Italia ha sofferto più di tutti per la crisi? Ap-puntamento al prossimo numero di Civiltà di Cantiere per una ricognizione approfondita con il contributo dei nostri esperti.

    Dal mondo

    8 Civiltà di cantiere

    A FRONTE DI UN’ATTIVITà PROGETTUALE LE CUI

    CARATTERISTIChE E I CUI CONFINI SONO IN CONTINUA,

    FLUIDA E ININTERROTTA EVOLUzIONE, SI PERCEPISCE

    LA DIFFICOLTà DI RICONDURRE UNA MATERIA SOSTANzIALMENTE

    MAGMATICA ALL’INTERNO DI UN PERIMETRO NORMATIVO

    ChE, PER SUA NATURA, è RIGIDO

  • SI ACCETTANO COMMESSE INACCETTABILI A PREzzI BASSISSIMI E SI PERDE VIA VIA IL SENSO DI RESPONSABILITà, FINENDO PER RINUNCIARE ALLA PROPRIA PROFESSIONALITà

    10 Civiltà di cantiere 11INNOVARE

    È solo una questione di soldi? Ovvero la bassa qua-lità delle nostre opere pubbliche dipende da una scarsità di risorse? E all’origine di tutto vi è una cattiva progettazione? “La disponibilità di fondi, il mec-canismo di distribuire poche risorse, insufficienti a ga-rantire un’opera di qualità costituisce sicuramente uno dei fattori che incidono sulla bassa qualità delle opere. Perché in queste condizioni la scelta è sempre quella di tagliare sul progetto, il che vuol dire determinare nel-la fase della costruzione criticità che si trasformano in maggiori costi, in contenziosi, in allungamento dei tempi”. Luigi Schiavo è stato presidente dei costruttori del Veneto, è un imprenditore che ha nei lavori pubblici il suo mercato di riferimento ed ha ben chiaro come la progettazione sia la madre di tutte le qualità o vicever-sa del cattivo costruire. “Non comprendere l’importan-za della progettazione, il che oggi comporta gare con un ribasso del 70% e un gioco al massacro tra i professioni-sti, significa far partire un processo infinito di riserve e di contenziosi. Così la committenza pubblica, che vole-va risparmiare, alla fine per non aver pagato il giusto e favorito un buon progetto finisce per spendere di più. È il paradosso del mercato italiano. Dare valore al proget-to è invece da sempre un elemento cardine. Tempo fa ho visitato la Fabbrica di San Pietro in Vatica-no e ho visto i progetti del Bernini, straordinari progetti esecutivi dove l’attenzione al dettaglio era altissima. La stessa che ho riscontrato lavorando con gli americani. Non c’è spazio per l’interpretazione: così è stato deciso e così si deve fare e lo deve capire anche l’ultimo operaio straniero che non conosce la lingua. E progettare bene vuol dire avere il tempo di farlo, analizzando tutti gli aspetti dell’opera, architettonici, tecnici e funzionali, in una logica che va oltre la mera realizzazione, contem-plando anche la manutenzione e gli aspetti gestiona-li. Un approccio al progetto che troppo spesso da noi è fortemente carente, a iniziare dai tempi concessi. Tutto questo indipendentemente dalla logica del massimo ri-basso”.Gli fa eco Walter Lorenzon, imprenditore e presidente di Ance Pordenone, che sull’attuale qualità della proget-tazione delle opere pubbliche non ha dubbi: “il giudizio

    Paradossi di un Paese senza qualità

    Martino Almisisi

    A fronte del proliferare di offerte formative sul Bim, due imprenditori e un progettista che lavora molto all’estero descrivono il quadro desolante della progettazione oggi e le possibili strade da percorrere, che partono alla fine però sempre dal sistema degli appalti.

    IL BIM E LO STATO ATTUALE DELLA PROGETTAzIONEIl Building Information Modelling, meglio noto come Bim, è argomento di grande attualità. Ma come può prendere piede in Italia, se la progettazione è da tempo svalutata e la logica del massimo ribasso negli appalti rende la qualità e l’innovazione un’utopia, come spiegano gli imprenditori Luigi Schiavo e Walter Lorenzon e Luca Frattin dello studio Alfaluda nell’articolo introduttivo?A partire dall’esperienza totalmente diversa della Gran Bretagna, dove il Bim sarà obbligatorio dall’anno prossimo per i lavori pubblici, il dossier ne esplora gli aspetti tecnici, organizzativi, normativi e formativi nel nostro Paese, con l’aiuto di Alberto Pavan, responsabile scientifico e vicepresidente di INNOVance, di Riccardo Perego della società di consulenza informatica One Team e di Francesco Ruperto dell’Università La Sapienza di Roma. Ed emerge chiaramente una certezza: che il Bim è molto più questione di cambiamento culturale e dei processi di progettazione che non di tecnologia.

    IINNOVARE

    è negativo. Le potrei portare, così come ogni collega, in-numerevoli esempi a supporto di qusto giudizio che si fonda, attenzione, non tanto su scelte tecniche, quanto su aspetti anche banali come la correttezza dei computi metrici o la congruità dei prezzi. In altri termini, la va-lutazione negativa non fonda sul grado di innovazione progettuale, ma sulla correttezza degli elementi basilari di un qualsiasi progetto, sull’Abc della progettazione”.

    SENSIBILIzzARE LA COMMITTENzA SULL’INNOVAzIONE PROGETTUALEDi fronte a uno scenario che definire degradato appare ottimistico, è veramente difficile credere che nei per-corsi formativi che oggi impazzano per il Paese a caccia di crediti diventi centrale il Bim, ovvero uno strumento importante e innovativo, ma del tutto alieno rispetto a quanto ogni giorno accade sul mercato della progetta-zione. “Il contesto in cui operiamo noi progettisti oggi in Italia?”, si chiede Luca Frattin, ingegnere, dello studio Alfaluda, attivo soprattutto nel Nord Italia ma anche all’estero, dove si confronta con un ben diverso modo di lavorare e con una competizione basata sulle compe-tenze, sul rigore delle offerte e sul pieno riconoscimen-to del valore fondamentale della progettazione. “Il nostro lavoro non è considerato quasi per nulla, è un fattore residuale nella disponibilità delle risorse. Sia nel pubblico che nel privato abbiamo perso valore, reputa-zione. Progettare bene o no ha conseguenze drammati-che non soltanto sul processo costruttivo, ma sui tempi e poi a lungo andare sulla stessa tenuta professionale delle categorie. Un circuito vizioso che continua ad ali-mentarsi. Il mercato è vicino allo zero, la domanda non c’è mentre l’offerta è enorme. Si accettano commesse inaccettabili a prezzi bassissimi e si perde via via il sen-so di responsabilità, finendo per rinunciare alla propria professionalità”. Frattin sottolinea come purtroppo sia sempre più difficile lavorare bene. “Per chi vuol salva-guardare la propria professionalità non c’è che l’estero o qualche opera promossa da committenti stranieri, che applicano meccanismi e chiedono una progettazione innovativa”. Frattin utilizza la progettazione integrata tridimensionale da diversi anni. Uno strumento fon-damentale e di grande efficacia, ma che richiede una cultura diversa ad iniziare dalla committenza, che coin-volge tutti i soggetti chiamati ad operare - imprese e fornitori - e che chiama in causa la manutenzione post costruzione e la gestione. “Da noi manca una cultura

    della progettazione, intesa come consapevolezza della sua importanza. Ma manca soprattutto a livello di com-mittenza una preparazione e una sensibilità tecnica per comprendere il valore di uno strumento innovativo come il Bim. È necessario partire da qui, ma ci vorrebbe che lo Stato governasse il cambiamento rimettendo in piedi il sistema delle opere pubbliche partendo proprio dal progetto”.

    RIPARTIRE DAGLI APPALTI E DALLA VERIFICA DEI PROGETTICosì si misura la distanza siderale tra un mercato interna-zionale che sempre più rapidamente e diffusamente alza l’asticella verso sistemi come il Bim e il nostro Paese che continua a galleggiare in una palude dove al centro vi è soprattutto una scarsa responsabilità e competenza da parte delle amministrazioni pubbliche. Perché l’affermar-si di sistemi e modelli di progettazione innovativa sono il risultato di un pubblico che guida e costruisce politi-che mirate, come nel caso dell’Inghilterra che dall’inizio dell’anno prossimo rende obbligatorio il Bim. Ma è la con-clusione di un processo di anni con una chiara visione del futuro e una progettualità concretizzata in un processo definito e monitorato.Per Lorenzon “il nodo è culturale. Fintanto che non si ca-pirà – o meglio si farà finta di non capire - che la realizza-zione di un’opera pubblica è un unicum complesso fatto di tante fasi tra loro strettamente correlate non cambierà nulla. Le stazioni appaltanti dovrebbero essere le prime interessate alla qualità. La vera questione è che si sono persi i riferimenti primari e la conoscenza dei principi ge-nerali delle norme che dovrebbero sottendere all’affida-mento delle opere pubbliche. Senza questa conoscenza – e professionalità – anche la migliore legge è destinata a naufragare. Le stazioni appaltanti tendono a relegare la scelta della procedura e del criterio di aggiudicazione dei lavori o della progettazione a fatto tecnico, senza rendersi conto che affidare un servizio sulla base del solo prezzo piuttosto che con riferimento anche ad altri elementi ri-sponde ad un preciso indirizzo dell’amministrazione ed è quindi una scelta anche politica, non solo tecnica. Quin-di io, stazione appaltante, un 70% di ribasso in una gara di progettazione non lo devo accettare e ti motivo la mia mancata accettazione. È questo che bisogna fare”.Più che di progettazione innovativa probabilmente oggi c’è bisogno di cambiare il sistema di verifica e di valida-zione dei progetti, che, non ha dubbi Lorenzon, “andrebbe affidata a strutture terze selezionate e preparate, indi-pendenti rispetto alla stazione appaltante. È chiaro che la possibilità di una verifica effettuata dalle strutture della stessa stazione appaltante risponde a esigenze pratiche, prime fra tutte di contenimento della spesa. Ma così non c’è alcuna garanzia”. E conclude augurandosi che si dia “concreta applicazione alle norme sulla responsabilità professionale dei progettisti, escutendo le polizze nel caso di aumenti dei costi dell’opera per difetti della pro-gettazione”.

  • 12 Civiltà di cantiere 13INNOVARE

    ILa via britannica al Bim

    Maria Cristina Venanzi

    Il Regno Unito sin dal 2011 ha deciso di imporre l’obbligatorietà del Bim per gli edifici pubblici, da gennaio 2016. Facendone lo strumento di attuazione di una politica volta ad assicurare il valore del costruito attraverso la verifica delle performance lungo l’intero ciclo di vita.

    “Non bisogna perdersi negli aspetti tecnologi-ci del Bim, ma focalizzarsi sui vantaggi che può consentire di ottenere. Per questo non vogliamo essere prescrittivi sui sistemi da adottare, ma mandare un messaggio chiaro e coerente. Certo, se non accompagnamo adeguatamente gli operatori attraver-so questo processo non succederà niente”. Mark Bew è presidente del Bim task group che il governo britannico ha lanciato nel 2011 con l’obiettivo di rafforzare la capa-cità del settore delle costruzioni di implementare il Bim. Questo in vista dell’obbligo per tutti i progetti pubblici di adottare entro il 1° gennaio del 2016 come minimo il Bim di livello 2 (dove cioè i diversi attori del processo usano modelli separati ma condividono i dati in un ambiente co-mune, ndr: vedere box).

    Il messaggio del governo sul Building Information Model-ling è molto chiaro: bisogna fare attenzione a non cadere nel “Bim washing” (dal più noto greenwashing) mitizzan-dolo o sopravvalutandolo, tenendo presente che in realtà solo il 20% della questione riguarda aspetti tecnologici e ben l’80% le persone e i processi. Cioè, in sostanza, la dif-ficoltà e la sfida non stanno nell’adottare questo o quello strumento informatico, ma nel cambiare la modalità di lavorare insieme di tutti i soggetti coinvolti nella realizza-zione di un’opera. La Gran Bretagna dunque - primo Pae-se europeo ad aver introdotto una scadenza obbligatoria per il settore pubblico, a parte la Norvegia dove c’è già dal 2012 - guarda avanti, lavora sul lungo periodo e oggi fa da faro anche per tutte le altre nazioni che seguono a maggiore (Italia) o minore (Germania, Francia) distanza.

    “Non abbiamo mai detto che sarebbe stata un’impresa rapida”, aggiunge ancora Bew. “Il governo britannico vede il Bim come una grande opportunità per il settore delle costruzioni e ha definito precisi e ambiziosi obiettivi”. E davvero ambiziosi sono i target fissati oltre il 2016, per il 2025: 33% di riduzione nei costi iniziali di costruzione e in quelli durante l’intero ciclo di vita di un edificio, 50% di riduzione nei tempi complessivi di progettazione e co-struzione sia per il nuovo che per la riqualificazione, 50% di riduzione nell’emissione di gas serra nell’ambiente co-struito, 50% di riduzione nella differenza fra importazio-ni ed esportazioni di prodotti e materiali da costruzione (produttori, udite!).Dal 2011 ad oggi lo sforzo di allineamento di tutta la filiera delle costruzioni su obiettivi comuni nell’implementazio-ne del Bim è stato imponente, grazie anche alla creazione e al coordinamento da parte del Bim task group – che ri-unisce governo, settore dei lavori pubblici, industria e ac-cademia - di moltissimi gruppi di lavoro, accomunati dal nome Bim4, cioè Bim per…: per i committenti privati, per il settore idrico, per il settore Retail, per le piccole e medie imprese, per la catena dei fornitori, per le infrastrutture, per il Facility management e così via.

    BIM, UN MEzzO E NON UN FINEVa detto che le grandi aspettative del governo britannico per i prossimi anni non sono basate solo sulla diffusione del Bim e del metodo di lavoro collaborativo che richiede. Al contrario, il Bim è considerato lo strumento più adatto al servizio di quello che è il vero obiettivo: accompagnare l’intero ciclo di un’opera pubblica, dalla sua impostazione iniziale fino al suo utilizzo, manutenzione e fine vita, con l’approccio Gsl, Government soft landings (cioè atterraggi morbidi, una sorta di accompagnamento/facilitazione). Si tratta di una politica individuata dalla Government construction strategy del 2011 come la più efficace per allineare gli interessi di chi progetta e chi costruisce un bene con quelli di chi successivamente lo utilizza, così da realizzare edifici che soddisfano gli standard richiesti e che li mantengono durante tutta la loro vita. Punto di partenza è la constatazione che i costi di gestio-

    ne di un edificio durante il suo ciclo di vita superano di molto i costi di costruzione (in 20 anni possono essere anche tre volte tanto) e che di questo bisogna tenere con-to sin dalle fasi iniziali della progettazione. I principi e le fasi del Gsl sono allineati con quelli raccomandati dal Bim task group (in quanto consentono di collegare le informa-zioni legate al progetto e alla costruzione con la gestione e manutenzione) e il governo intende rendere anche il Gsl obbligatorio per gli edifici pubblici nel 2016.

    I punti principali del Government soft landings sono:• coinvolgimento degli utenti finali sin dall’inizio del

    processo di realizzazione di un’opera pubblica;• inserimento nel team di ogni intervento di un Gsl

    Champion, con il ruolo di garantire che il progetto soddisfi le esigenze degli utilizzatori e sia manu-tenibile. In che modo? Mantenendo il filo rosso di questi obiettivi dell’edificio attraverso tutte le fasi di sviluppo - briefing iniziale, progetto, costruzione,

    commissioning, passaggio all’utilizzatore, uso e ma-nutenzione per un periodo di 1-3 anni - e patrimonia-lizzando il feed back per la progettazione di progetti futuri. L’inserimento di questa figura non è conside-rato un particolare costo aggiuntivo perché le compe-tenze già esistono nei settori di Facility management dei vari enti;

    • impegno dei team di progetto e di costruzione sugli aspetti di manutenzione post costruzione.

    Come funziona la relazione fra Gsl e Bim? Il Bim prevede una serie di punti di revisione nei quali le informazioni e i risultati devono essere confrontati con le performance attese e definite all’inizio del progetto. Queste revisioni si basano su semplici domande cui si può dare risposta con dati di progetto. Condurre queste revisioni con gli uti-lizzatori finali e con gli operatori è una parte essenziale dell’approccio Gsl e attraverso il Bim raccogliere le infor-mazioni necessarie è una questione di secondi e non di ore o giorni come in passato.

    I quattro livelli del Bim

    CONSAPEVOLE ChE IL PROCESSO DI CAMBIAMENTO DEL SETTORE DELLE COSTRUzIONI VERSO UN MODO DI LAVORARE PIE-NAMENTE COLLABORATIVO SARà COMPLESSO E GRADUALE, IL GOVERNO BRITANNICO hA STABILITO ChE L’OBIETTIVO MI-NIMO PER TUTTI I LAVORI PUBBLICI ENTRO INIzIO 2016 è IL BIM DI LIVELLO 2, FACENDO RIFERIMENTO AD UNA SCALA DEI LIVELLI DI MATURITà BIM DA 0 A 3.

    LIVELLO 0. Praticamente nessuna collaborazione e solo progettazione bidimensionale. Un livello ormai ampiamente superato dalla maggior parte del settore.

    LIVELLO 1. Un misto di bi e tridimensionale con uno scambio elettronico di dati, spesso gestita dal contractor. è il livello a cui molte organizzazioni operano attualmente.

    LIVELLO 2. Si distingue per il lavoro in collaborazione, anche se ciascun soggetto usa propri modelli 3D. La collaborazione riguarda il modo in cui le informazioni vengono scambiate, per cui ad esempio il software di ogni soggetto deve essere in grado di esportare i propri dati in uno dei format comuni come Ifc (Industry foundation classes) o Cobie (Construction-operations building informa-tion exchange).

    LIVELLO 3. Visto al momento come il “Sacro Graal”, rappresenta la piena collaborazione fra tutti i soggetti coinvolti attraverso un unico modello condiviso che tutte le parti possono modificare, eliminando del tutto il rischio di informazioni contrastanti. è noto anche come “Bim aperto” e potrebbe essere l’obiettivo per i lavori pubblici entro il 2019, risolvendo prima tutte le spinose questioni relative al copyright di modello e dati e alle relative responsabilità. Ma potrebbe anche restare un’utopia.

    UNA QUESTIONE DI LEADERShIPMentre la Gran Bretagna prosegue la sua marcia a tap-pe forzate verso la conversione al Bim utilizzando il me-todo degli “atterraggi morbidi”, che cosa succede negli altri Paesi? Scrive Alberto Pavan, del Politecnico di Mi-lano, coordinatore del tavolo di lavoro Uni/Ct 033/Gl 05 “Codificazione prodotti e processi” e presente per l’Italia sulle tematiche Bim anche ai tavoli normativi europeo e internazionale: ”Il mondo delle costruzioni sta vivendo la genesi di una tra le sue più profonde rivoluzioni, dopo il

    calcestruzzo armato e la prefabbricazione, e questa volta la rivoluzione non è hard ma soft. Questa rivoluzione si-lenziosa si chiama Bim: Building information modelling. Dapprima tecnologica e ora metodologica, essa ha subito una fortissima accelerazione da quando la Gran Bretagna ha imposto il Bim negli appalti pubblici a partire dal 2016. Seguendo l’Inghilterra, la Comunità europea ha introdot-to il Bim nella nuova direttiva Appalti e i governi di Fran-cia e Germania hanno intrapreso a tappe forzate la strada

    BIMHYPE

    BIMMYTH

    20%

    80%

    BIM reality

    Technology

    People & process

  • 14 Civiltà di cantiere 15INNOVARE

    La via britannica aL bim

    SEGUE

    della digitalizzazione Bim del settore costruzioni. L’Italia, invece, sembra ancora tentennare sulla strada da percor-rere”. E in effetti, la strategia del Regno Unito è chiara: la scadenza del 2016 farà rapidamente da traino anche per il settore privato, perché nel momento in cui la filiera delle costruzioni deve adeguarsi per non essere tagliata fuori

    dagli appalti pubblici e progettisti, imprese e produtto-ri imparano a lavorare in modo collaborativo su progetti pubblici è improbabile che affrontino tutti gli altri proget-ti con i vecchi metodi e strumenti. Ma nei Paesi dove que-sta forte spinta centrale pubblica manca, da dove verrà la leadership per spingere e guidare il cambiamento?

    Gli step del lavoro collaborativo

    L’ente di normazione inglese Bsi ha pubblicato la serie Pas 1192 (Publicy Available Specification). Non è ancora una norma, ma è importante perché alla base del tavolo internazionale che sta lavorando ad una norma Iso in materia di processi informativi in ambito Bim e che è presieduto proprio dalla Gran Bretagna. La Pas 1192 Parte 3, “Specification for information for the capital /delivery phase of construction projects using building informa-tion modelling”, scaricabile gratuitamente dal sito del Bsi, riporta lo schema dei processi informativi e gestionali durante le diver-si fasi della progettazione e costruzione di un’opera, fasi che sono comuni anche all’approccio Gsl, Government Soft Landings. I punti di ingresso nel ciclo sono due, a seconda che si tratti di una nuova costruzione singola oppure che si tratti di un portfolio di edifici o di una riqualificazione. Nel primo caso lo step iniziale è “Strategy”, dove il promotore dell’opera deve definire i risultati attesi sotto gli aspetti sociali, economici e ambientali che definiscono la sostenibilità e stabilire obiettivi misurabili. Nel secondo caso il punto di ingresso è “Assessment”, cioè valutazione.

    Per scaricare la serie Pas: www.bsigroup.com

    Chiaroscuri all’italiana

    A cura di M. C. V.

    In tema di diffusione del Bim nel nostro Paese il chiaro è rappresentato dalla piattaforma informativa INNOVance, lo scuro dalla resistenza al cambiamento della filiera. Della prima ne parliamo con Alberto Pavan, della seconda con Riccardo Perego.

    “La principale differenza fra l’approccio inglese al Bim e quello italiano è che là prima hanno spinto sulla sensibilizzazione della filiera e poi lavorato agli aspetti tecnologici, mentre noi siamo partiti dalla piatta-forma – più avanzata e flessibile di quella inglese – facendo molto poco sul piano della sensibilizzazione”. La valutazione è di Alberto Pavan, partner della società di consulenza per le costruzioni Baec e ricercatore presso il Politecnico di Milano, nonché responsabile scientifico e vicepresidente di INNOVan-ce. È questa la piattaforma cui si riferisce, ideata nell’ambi-to di un progetto di ricerca e sviluppo partito nel 2011 e il cui prototipo attende ora la validazione del ministero dello Svi-luppo economico. Un progetto ambizioso e importante che ha coinvolto numerosi partner tecnici, scientifici, industriali in rappresentanza di tutti gli stakeholder del settore delle costruzioni. “Semplificando molto, spiega Pavan, si tratta di un data base che può contenere a livello nazionale tutte le informazioni tecniche, scientifiche, economiche utili all’ente pubblico e alla filiera durante la progettazione, realizzazione e gestione di un’opera, a partire da quelle di tipo urbanistico e amministrativo fino alle caratteristiche geometriche e presta-zionali dell’edificio e di ogni suo singolo componente”. Una sorta di “livello 3” di Bim, perché anche se non è il modello ge-ometrico ad essere unico e condiviso fra i soggetti interessati lo sono tutti i dati relativi, in un formato che tratta nello stes-so modo dati grafici piuttosto che documenti di word o pdf, che è leggibile da tutti i software e dove ogni informazione è un campo di database. Facile capire il valore non solo in ter-mini di risparmio di tempo e di errori, ma anche in termini di trasparenza dei processi (sempre che tutti i dati vengano ef-fettivamente immessi!): “Immaginiamo”, dice ancora Pavan, “che un edificio crolli dopo un terremoto come quello dell’A-quila. Sarebbe possibile avere in pochi minuti tutte le infor-mazioni sulla concessione edilizia, sul progetto strutturale, sui materiali, sul loro arrivo in cantiere e su chi li ha accettati”. Naturalmente si tratta di un processo con tempi lunghi: dopo la validazione del prototipo da parte del ministero dovrebbe iniziare lo sviluppo industriale della piattaforma, auspicabil-mente sotto il controllo pubblico perché è lo Stato il soggetto più interessato, visto che le tre possibili “uscite” applicative sono il catalogo dei prodotti Made in Italy, la gestione delle gare d’appalto e la gestione urbanistica del territorio.

    IL FUTURO QUADRO NORMATIVOIn attesa che tutto questo avvenga – e l’eliminazione del ri-ferimento al Bim nel decreto Sblocca Italia non è un buon se-gno – molto movimento c’è a livello di normazione tecnica. Su questo Pavan è fra le persone più adatte per fare il punto, visto che è coordinatore del tavolo Uni 11337 “Gestione digita-le dei processi informativi delle costruzioni” e che siede an-che, in rappresentanza dell’Italia, ai tavoli Bim Iso e Cen. “Il tavolo Uni, spiega Pavan, dopo l’esperienza INNOVance che ha visto come partner di progetto molti dei partecipanti al ta-volo stesso, sta oggi riscrivendo l’originaria norma quadro di riferimento, la Uni 11337:2009. In sede europea il tavolo Cen è coordinato dalla Norvegia, Paese che ha introdotto l’obbli-go del Bim per i lavori pubblici sin dal 2012. Qui l’obiettivo è recepire tre norme Iso già esistenti sul tema arrivando entro il 2017 ad una nuova norma europea che rappresenti una sorta di dichiarazione di principi forti ma che non sia troppo detta-gliata; questo consentirà ai singoli Paesi nel momento in cui dovranno obbligatoriamente recepirla di introdurre i necessa-ri elementi di specificità adatti ai diversi contesti nazionali”. E al tavolo Iso, di che cosa si discute? “Quel tavolo, continua Pavan, è stato voluto dalla Gran Bretagna, che lo presiede. In realtà oggetto della nuova norma Iso 19650-1, che dovrebbe essere pubblicata almeno in parte nel 2017, non è il Bim ma la gestione informativa attraverso il Bim (Information Mana-gement Using Building Information Modelling), tema che sta molto a cuore agli inglesi con riferimento soprattutto all’eco-nomia ed efficienza conseguibile nella realizzazione di grandi infrastrutture, come ad esempio CrossRail che è già intera-mente basato sul Bim”. “Se effettivamente si seguirà l’impo-stazione inglese, conclude Pavan, per i paesi partecipanti al tavolo e quindi anche il nostro dovranno cambiare molte cose negli aspetti procedurali e contrattuali”.

    L’AVANGUARDIA DELLE SOCIETà DI INGEGNERIA“Se si pensa che negli Stati Uniti il 95% delle organizzazio-ni medio-grandi del settore delle costruzioni oggi utilizzano il Bim, mentre in Italia parlare dell’1% è probabilmente lar-gamente ottimistico, abbiamo un’idea della situazione nel nostro Paese”. A dirlo è Riccardo Perego, ad di One Team,

  • 16 Civiltà di cantiere 17INNOVARE

    società di consulenza informatica per l’ingegneria e l’archi-tettura. Ma anche partner del progetto INNOVance e membro del tavolo Uni per la stesura di una normativa di riferimento. Buona parte di chi in Italia ha deciso di adottare in modo orga-nico il Bim è stato o è cliente di One Team e il fatto che stiamo parlando di non più di qualche decina di soggetti la dice lunga sul suo attuale livello di diffusione. E questi pochi chi sono? “Sono soprattutto grandi società di ingegneria con centinaia di persone e grandi studi di architettura”, spiega Perego. “Strut-ture che lavorano su progetti molto complessi, come ospedali, grandi infrastrutture, centri commerciali, e che intendono ri-durre i propri costi riducendo attraverso l’uso dei modelli Bim i problemi e gli errori dovuti a interferenze, a incomprensioni, a mancata comunicazione delle modifiche fra i diversi settori in-terni. Ed effettivamente li riducono, del 25-30%, recuperando il costo dell’investimento già nel primo anno”.

    LA RETROGUARDIA DELLE IMPRESE E DEGLI ENTI LOCALIE le imprese di costruzioni come si collocano in questo qua-dro? Molto male: ad esempio, fra i clienti di One Team ad oggi ce ne sono solo un paio, e anche queste un po’ tentennanti. “Per le imprese i risparmi potrebbero essere enormi, eppure incontriamo un’incredibile prudenza e diffidenza”. Chiariamo intanto che stiamo parlando del cosiddetto “livello 2” di Bim, dove ciascun attore del processo – progettista, impresa, clien-

    te.. – lavora su un proprio modello geometrico che incorpo-ra tutte le informazioni e sono queste ad essere scambiate, secondo formati standard tipo Ifc. “In sostanza, dice ancora Perego, il Bim rende tremendamente facile ed efficiente la co-municazione rispetto a quanto avviene adesso, risparmiando un’enorme quantità di tempo e tutti gli errori dovuti all’avanti e indietro di file pesantissimi e di mail. Un processo di comu-nicazione a cerchi concentrici di condivisione del progetto, che dapprima rende accessibile il modello Bim fra persone diverse all’interno della stessa azienda, per poi estendersi agli altri soggetti esterni”. E per cerchi concentrici arriviamo a quello più ampio, che contiene tutti gli altri, della pubbli-ca amministrazione. Proviamo a immaginare la riduzione di costi di un’opera pubblica realizzata in ambiente Bim, dove al risparmio dei costi di progettazione e di costruzione si ag-giungono i risparmi che l’esistenza del modello consente di avere in fase di gestione e di manutenzione. Ma qui sta anche il punto più dolente, perché da noi proprio l’amministrazione pubblica anziché fare da traino è l’anello debole della catena: se le imprese sono diffidenti verso il Bim, gli enti pubblici sono paralizzati, preoccupati come sono di non essere in grado di gestire questi nuovi processi. “Per questo, conclude Perego, credo che la pubblicazione di una norma Uni possa avere un effetto ‘rassicurante’, di stimolo e di aiuto. A condizione però che non preveda processi troppo complessi e una moltiplica-zione di figure e di responsabilità, altrimenti l’effetto sarà il contrario”.

    chiaroscuri aLL’itaLiana

    SEGUELa formazione orientata al Bim

    A cura di Giovanni Pietrangeli

    Perché il sistema di progettazione condivisa si possa diffondere vanno riviste modalità e tecniche di lavoro. Va quindi rivisto il ruolo della formazione, finalizzata non solo all’utilizzo dei software di progettazione, ma anche e soprattutto alla gestione dei processi.

    Nel nostro Paese l’applicazione delle metodologie Bim per la progettazione attraversa un percorso accidentato e si procede in maniera prevalente-mente spontanea. Quello che va sottolineato, tuttavia, è che non basta avere a disposizione un software adegua-to a condividere dati ed elaborare modelli 3D per appli-care correttamente il Bim ai progetti. Il Bim dipende in-nanzi tutto da fattori umani e dalla capacità di costruire cooperazione tra i vari livelli di realizzazione di un’opera, sapendone integrare competenze, saperi e prospettive. Il ruolo della formazione è quindi fondamentale per far sì che chi lavora con metodologia Bim possa operare in un contesto adeguato, con istituzioni in grado di incen-tivare la diffusione del sapere necessario e di proporsi come regìa per il coordinamento degli interventi.

    L’architetto Francesco Ruperto è coordinatore scienti-fico del master aperto presso La Sapienza di Roma e ci ha illustrato la situazione nel nostro Paese.Bisogna fare una premessa per capire il ruolo strategico della formazione nella diffusione del Bim. Il Bim non è un software, né una tecnologia, ma un sistema di ge-stione della costruzione che tiene conto dell’intero ciclo di vita dell’opera. Rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma nella progettazione. Per questo mette in crisi i processi aziendali. Con l’introduzione del Cad, ad esempio, non cambiava sostanzialmente nulla rispetto al processo, cambiava solo lo strumento.

    Come è strutturata la didattica e quali sono le realtà di alta formazione attive in Italia su questo tema?Proprio perché si tratta di un processo, quando parliamo di formazione ragioniamo su tre livelli: consapevolezza, awareness, circa le sue potenzialità; education, ovvero quali processi cambiano, come cambiano e come otti-mizzarli; infine training, ovvero l’addestramento finale sui software. Esistono corsi basati unicamente sui sof-tware, ma senza la consapevolezza dello schema pro-cessuale sono fini a se stessi. Oggi in Italia, a livello di master, sono presenti Roma, il Politecnico di Milano e Brescia. Ma a macchia di leopardo sono stati avviati an-che corsi di laurea che rappresentano una possibilità per

    la diffusione del Bim. Su Roma per esempio la facoltà di Architettura de La Sapienza ha un “Corso di gestione del processo edilizio-project management”. Anche Mi-lano, Brescia, il Politecnico di Torino e Roma 3 hanno corsi di laurea dedicati al Bim. Un altro soggetto sono le scuole edili: il Formedil attraverso la sua rete territo-riale sta facendo formazione Bim. Nelle piccole realtà il punto di riferimento è rappresentato infatti dalle scuole edili.

    Quali reti si stanno costituendo per supportare un cor-retto approccio al Bim?Nelle grandi città un ruolo importante è svolto dagli ordini professionali e dagli enti di ricerca pubblici che insieme alle università, al Formedil, e all’Ance Giovani stanno dando vita a un “Bim Academic Forum Italy”. Questo tavolo è necessario per puntare a una visione comune: dalle competenze ai corsi necessari per forma-re un Bim manager. Da qui, potremo metterci in rete con altri Bim Academic Forum europei.

    Le norme possono avere un ruolo importante per la diffusione dei processi Bim in Italia?Purtroppo l’approccio istituzionale è più attento a in-trodurre sanzioni che ad affrontare un cambio sistemi-co. Facciamo un esempio: una delle questioni al centro del dibattito è l’appalto integrato, considerato troppo opaco e quindi da sanzionare. In realtà questo vuol dire penalizzare il contesto più adatto per l’applicazione del Bim. Così si rischia di perdere una visione di poli-tica industriale complessiva, quando in realtà, con il Bim, i processi sarebbero completamente trasparenti, digitalizzati e pubblici. Vogliamo fare un passo verso l’Europa, seguendo la direttiva comunitaria in materia di appalti? Possiamo seguire due modelli di diffusione del Bim: uno dall’alto, top-down, come nel Regno Unito. Oppure l’approccio scandinavo bottom-up, in cui la con-venienza del processo ha affermato la prassi a partire dagli operatori stessi. In Italia, pur non usando stret-tamente il termine Bim, si comincia a discutere di in-tegrare i processi aziendali. Il contesto, forse, è pronto, manca il segnale della politica.

  • 19SAPERE

    Conoscere per competere

    A cura di Martino Almisisi

    A colloquio con Massimo CALzONI, presidente dell’ente nazionale di coordinamento delle scuole edili Formedil, parte del Sistema bilaterale delle costruzioni (Sbc), su come deve cambiare la formazione per accompagnare con successo il sistema imprenditoriale attraverso il necessario cambiamento culturale e organizzativo.

    Di fronte al profondo mutamento che ha caratterizzato e sta caratterizzando il mercato delle costruzioni anche la formazione deve cambiare. In un momento quanto mai delicato per il sistema bilaterale, chiamato a una riforma istituzionale che prevede un solo ente per la formazione, la cultura della sicurezza e la regolarità e la qualità del lavoro, il presidente del Formedil Massimo Calzoni richiama l’atten-zione su come la riforma possa diventare un’opportunità per rifondare la formazione, adeguandola alla trasformazione in atto nel mercato e nel cantiere, dando risposte fortemente innovative alle nuove esigenze delle imprese e dei lavorato-ri. Cresce la convinzione che non solo il contesto e il merca-to, nelle sue diverse forme, siano profondamente cambiati, ma che questa situazione non possa che essere affrontata attraverso una ridefinizione dei modelli sia di business che organizzativi e gestionali dei processi. A questa riflessione non sfugge anche la formazione. Soprattutto perché diven-ta strategico il fattore sapere. A tutti i livelli. Il sistema im-prenditoriale delle costruzioni italiane è fatto nella stragran-de maggioranza di piccole e piccolissime imprese, spesso il confine tra industria e artigianato è assai labile. Non è infre-quente che a uno stesso imprenditore facciano capo imprese associate in Ance e imprese che aderiscono alle associazioni dell’artigianato. Un sistema oggi fortemente disorientato alla ricerca di nuovi punti di riferimento e che necessita di essere aiutato a individuare i nuovi riferimenti fondamentali intorno ai quali riconfigurare le strategie imprenditoriali.

    PROGETTO FUTURO PER LE PMICome si è detto è soprattutto una questione di “conoscere per competere”. Ed è proprio questo uno dei payoff di Pro-getto Futuro, l’iniziativa lanciata dal Formedil per traghet-tare saperi verso le Pmi del settore. Per Calzoni si tratta di un’iniziativa dove “la rete delle scuole che fanno capo al For-medil è chiamata a confrontarsi con il profondo mutamento in cui il settore delle costruzioni si trova, verificando la ca-pacità della formazione di adeguarsi e di dare risposte con-crete, anche ripensando profondamente la proprie funzioni e il proprio modo di operare. Soprattutto andando oltre gli attuali modelli, in gran parte legati a normative che alla fine premiano elementi formali e amministrativi a scapito di una

    SAPER COSTRUIRE MESTIERI, TECNOLOGIE, IMPRESELa possibilità per l’edilizia di rilanciarsi e uscire dalla palude della crisi economica dipende dalla capacità del settore di comprendere il grande cambiamento tecnologico e organizzativo in atto e di adeguarsi di conseguenza. Per affrontare adeguatamente questo scenario, il sistema italiano delle costruzioni deve ripensare ruolo, funzioni e contenuti della formazione. Questo il tema strategico di cui Civiltà di Cantiere parla con Massimo Calzoni, presidente del Formedil. Viene quindi presentato il progetto Itown, promosso da una rete di associazioni e imprese del sistema bilaterale delle costruzioni, mentre Massimo Filippi, del Politecnico di Torino, introduce le “parole chiave” dell’innovazione. Infine, sono illustrati i primi risultati ottenuti in Puglia dal progetto Blen.it per far incontrare domanda e offerta di lavoro.

    SSAPERE

    18 Civiltà di cantiere

    La foto fa parte di una serie di immagini realizzate per raccontare Londra. Una selezione è stata esposta in due mostre a Roma in alcune sedi istituzionali nel 2012 e nel 2013. Alcune foto sono pubblicate nel volume “Fotografici Versi”

    pubblicato a cura di Mauro Centi e Alfredo Martini, nel 2012.

    La foto di Mauro Centi

  • 21SAPERE20 Civiltà di cantiere

    SItown: un progetto strategico per guardare al domani

    Giovanni Pietrangeli

    Una rete di partenariato tra associazioni nazionali di rappresentanza delle imprese e operatori della formazione ha dato vita ad un progetto che rimette al centro il valore delle risorse umane, guardando alla rivoluzione verde che sta investendo il mondo delle costruzioni.

    La crisi, per l’edilizia come per tutti i settori econo-mici, impone cambiamenti e per poterli affrontare è necessario mettere in campo azioni strategiche che coinvolgono in primo luogo le risorse umane. La forma-zione rappresenta una chiave di volta nella gestione del cambiamento e assume dunque un ruolo fondamentale nel favorire l’acquisizione delle competenze necessarie che nel caso specifico ha come direzione principale quella dell’efficienza energetica nella riqualificazione del costru-ito. Due ambiti nei quali in Italia si concentra la fetta più ampia del mercato: secondo il Cresme infatti l’Italia, con

    oltre il 70% del volume di mercato, è in testa alle classifi-che europee per incidenza di manutenzione e riqualifica-zione sul settore delle costruzioni. Germania, Danimarca ed Estonia seguono a distanza, con percentuali tra il 63 e il 60%. Quelli di riqualificazione sono tuttavia interventi il cui impatto sulla domanda di forza lavoro è decisamente minore rispetto alle nuove costruzioni o alle opere di ur-banizzazione. La questione da cui partire, dunque, è: come sviluppare un modello produttivo in grado di organizzare una domanda di interventi “micro”, per quanto diffusi?

    conoscere per competere

    SEGUE

    reale crescita di competenze e soprattutto di comprensione e di conoscenza operativa, finalizzata alla produzione e al la-voro. Dopo un percorso avviato nel 2008 in cui il sistema si è dotato di metodi e strumenti nuovi - che ci hanno consentito di affrontare la crisi continuando a mettere a disposizione di imprese e lavoratori una ricca offerta formativa - ora è ve-nuto il momento di mettere in relazione ciò che siamo con ciò che dobbiamo diventare, per aiutare il tessuto produttivo e imprenditoriale ad affrontare processi produttivi sempre più industrializzati e dove nuove tecnologie e nuovi prodotti richiedono un aggiornamento continuo. Senza dimentica-re gli aspetti di organizzazione nella gestione del cantiere”. Quel che emerge è una complessità frutto sia di processi nuovi e di soluzioni costruttive che sono un’evoluzione di quelle tradizionali - come nel caso del calcestruzzo abbinato all’Eps o del laterizio antisismico, piuttosto che dell’Xlam o dell’intelaiatura strutturale in legno -, ma anche di una forte meccanizzazione, connessa ad una accelerazione ad esem-pio del costruire a secco e quindi della prefabbricazione. La conseguenza è la presenza nei cantieri di una moltiplicazione di funzioni e di competenze che significa moltiplicazione di specializzazioni e di figure professionali. Ma questo significa anche un valore conoscitivo e culturale maggiore.

    FRA TRADIzIONE E INNOVAzIONE“Dobbiamo capire che il luogo di produzione dell’edilizia con-tinua a cambiare. Il modo di costruire tradizionale è di fatto scomparso nel modo in cui è cambiata l’organizzazione del lavoro e soprattutto si è impoverito di competenze e di cono-scenze. In modo particolare è venuta a mancare la trasmis-sione del sapere. Si registra così una convergenza tra l’affer-marsi di nuove soluzioni e tecnologie che modificano il modo stesso di costruire e l’avvenuta perdita di sapere rispetto al costruire tradizionale. Una coincidenza che come avviene sempre nella storia favorisce e apre la porta al nuovo. Oggi quel che servirebbe, e che invece manca o è assai carente, è una conoscenza trasversale che assicuri una gestione virtuo-sa dei processi, una capacità di integrare attività tradizionali ancora vive e funzionali con l’innovazione. Se oggi guardia-mo a chi lavora nel cantiere, ci accorgiamo che gli operai così come vengono definiti e categorizzati dal contratto sono sempre meno e spesso sono la minoranza. Ne è un esem-pio lampante l’Expo di Milano: su 11mila ingressi mensili di lavoratori, quelli regolarmente iscritti a una Cassa edile sono risultati soltanto 2.500, ovvero meno del 23%. Quasi il dop-pio operavano con un contratto diverso, metalmeccanico, dei servizi, ecc. E gli altri? Non rientravano in alcun contratto sin-dacale. Questo deve far riflettere e si collega strettamente all’attuale scenario delle costruzioni nel nostro Paese, dove convivono situazione di elevata regolarità e sicurezza accan-

    to a realtà borderline, facilmente aggredibili dalla criminalità organizzata, prive di controlli. Ma questo lo sappiamo, il si-stema bilaterale delle costruzioni lo denuncia da anni e costi-tuisce un baluardo fondamentale a difesa dell’edilizia rego-lare. Il dato dell’Expo ci dice però anche che nei cantieri oggi non c’è più soltanto edilizia, ma ben altro. E questo “altro” si interfaccia, si sovrappone con l’edilizia così come noi conti-nuiamo, spesso sbagliando, a concepirla. E quindi dobbiamo chiederci come gestire questa integrazione, come aggredire questo mondo così diverso dal passato. E per chi si occupa di formazione anche mettendo in discussione le troppe certez-ze di un sistema non più rispondente alla realtà”.

    VERSO LA FORMAzIONE 2.0Da dove partire? Come avviare un percorso di cambiamento in grado di adeguarsi a questa “rivoluzione”? “Dobbiamo am-pliare i contenuti e gli argomenti della formazione così come le modalità della sua somministrazione. Per questo dobbia-mo alzare l’asticella delle competenze di cui le scuole dispon-gono. Così come bisogna superare la logica che ciò che conta è ciò che è normato o obbligatorio, per confrontarsi con le ne-cessità reali all’interno dei cantieri e da parte delle imprese e dei lavoratori. Dobbiamo anche continuare a batterci perché cresca la consapevolezza che una sempre maggiore sicurez-za nei cantieri si ottiene con la conoscenza e con una cultura anche pratica e operativa, non con il semplice rispetto delle formalità burocratiche. Il che vuol dire anche per noi, enti e si-stema bilaterale della formazione, cambiare. Come e in quali direzioni? Innanzitutto all’interno della riforma istituzionale dell’ente bilaterale unico, in cui formazione, cultura della si-curezza e gestione della regolarità e della qualità del lavoro dovranno diventare un obiettivo unico integrato. Già questo impone una diversa capacità organizzativa e gestionale con nuove competenze. In secondo luogo guardare alla comples-sità attuale del cantiere e al modo di organizzare le fasi della produzione impone una maggiore attenzione alla formazio-ne continua, il che significa formazione sul cantiere. E que-sto esige modalità e soluzioni “leggere” che non incidano sui tempi e sulle fasi del lavoro, il che comporta intercettare le figure chiave del cantiere, che già ora si confrontano con la complessità e che hanno competenze trasversali, come i capi cantiere, i responsabili tecnici. Utilizzando le innovazioni che hanno cambiato il nostro modo di vivere e di relazionarci, ma anche di comunicare e trasmettere sapere. Potremmo quindi chiamarla “formazione 2.0”. Il sapere diventa un valore che scorre sui tablet e sulla rete e può essere verificato e svilup-pato in opera in una sinergia virtuosa tra tutor e lavoratore o tecnico. Si tratta di riflessioni che guardano al futuro ma che nascono dalla consapevolezza di quanto sta accadendo ogni giorno nei cantieri e nel mercato delle costruzioni.”

  • ALL’INTERNO DEL PROGETTO ITOWN LE SCUOLE EDILI RIVESTONO UN RUOLO CENTRALE. PER SVOLGERE IL COMPITO IN MANIERA ADEGUATA hANNO PERò DOVUTO RAGIONARE IN ChIAVE INNOVATIVA ANChE RISPET-TO A SE STESSE. CIVILTà DI CANTIERE hA INTERVISTATO IL VICEPRESIDENTE DEL FORMEDIL ENzO PELLE, PER CAPIRE L’INDIRIzzO STRATEGICO DELL’ENTE SUL TERRENO DELLA SOSTENIBILITà ENERGETICA.

    “L’Italia sconta un forte ritardo nel campo dell’impiego di energie rinnovabili. Recuperare terreno significa proiet-tare l’edilizia verso il futuro, ma anche mettere il mondo delle costruzioni sotto una luce nuova. Il settore è stato spesso considerato, in maniera banale, solo come promotore di cementificazione: dobbiamo dimostrare che l’edili-zia può essere un settore amico dell’ambiente. Per farlo dobbiamo lavorare in direzione di una minore dispersione di energia e dell’impiego di nuovi materiali. Per troppi anni, come operatori del settore, siamo stati “distratti”. L’impatto energetico rappresenta un costo: rinnovarsi in termini di efficienza significa dare supporto a un’economia più sostenibile e meno invasiva, sperimentare nella pratica i criteri di innovazione elaborati dagli enti di ricerca”. Quale è la strategia del Formedil in cui si colloca Itown? “Stiamo facendo un investimento diverso, più che altro sul futuro. Non è solo un intervento di formazione ma anche di innovazione. L’offerta formativa va ora adeguata alle richieste sociali. La ricerca degli enti preposti può non essere adeguata alle esigenze del contesto. In questa ottica, guardare alla “formazione dei formatori” ci introduce in un campo al limite del nostro ruolo tradizionale. è un modo di relazionarsi con la domanda sociale e l’evoluzione futura del settore. Se vogliamo rimanere un settore forte, in grado di rapportarsi con l’estero, dobbiamo infatti formare dai professionisti della progettazione agli operatori di cantiere per valorizzare gli edifici con le nuove tecnologie, integrandole all’interno di sistemi più vecchi, non neces-sariamente obsoleti, ma a volte troppo standardizzati”. (A cura di G.P.)

    22 Civiltà di cantiere 23SAPERE

    itown: un progetto strategico per guardare aL domani

    SEGUE

    possibile ricavare una mappatura dei fabbisogni formativi e la loro distribuzione geografica. Per Massaro, che sottoli-nea il ruolo centrale avuto da Ance nella prima fase di map-patura delle competenze, è ancora presto per un bilancio complessivo, tuttavia durante la fase di ricerca sono stati confermati e consolidati i dati previsti: “Avevamo intuizio-ne che le carenze interessassero tutti i settori. Se voglia-mo è stata una positiva verifica, ma ovviamente il quadro è problematico perché allo stesso tempo significa che le carenze ci sono. Abbiamo inoltre constatato che le criticità sono diverse tra nuove costruzioni e interventi sul costrui-to, che rappresenta una dimensione importante dell’edili-zia italiana”. La percezione, dunque è quella di un profondo ritardo per il nostro Paese nella diffusione di un “saper fare” adeguato agli scenari futuri dell’edilizia. Tuttavia, la fiducia tra i partner coinvolti è alta. Se i risultati della mappatura sono infatti problematici, le prospettive in termini di col-laborazione sembrano buone, come sottolinea Enzo Pelle,

    vicepresidente del Formedil: “La sinergia dei tanti attori può produrre buoni risultati. Certo, le ripercussioni sul ter-ritorio saranno più o meno forti, e più o meno immediate, ma il programma permetterà certamente di traghettare il settore delle costruzioni verso il futuro”. Un parere positivo condiviso dal direttore dell’Associazione dei costruttori di impianti Assistal, Maurizio Esitini: “Dal punto di vista dei passi avanti, di grande rilevanza è stato il primo workshop nazionale, tenutosi a Bologna, nel quale sono stati appro-fonditi temi assolutamente strategici quali la mappatura comune dei fabbisogni e le strategie di formazione”. C’è una forte esigenza di ristrutturazione, nel sistema del-la formazione e nel mercato del lavoro del settore edilizio, per avere operatori in grado di affiancare le istituzioni locali nell’attuazione del piano 20-20-20 e per uscire dalle secche della crisi attraverso la promozione del mercato dell’innova-zione e della sostenibilità energetica. L’obiettivo è fissato, Itown può essere lo strumento adeguato per raggiungerlo.

    UN NUOVO RUOLO SOCIALE PER LE SCUOLE EDILI

    FORMARE AD UN NUOVO PARADIGMA PER IL SETTOREUna strategia che guardi alla valorizzazione di questo ambi-to non può prescindere dal sistema bilaterale delle costru-zioni, che deve assumersi l’onere di diffondere le compe-tenze necessarie al passaggio ad un nuovo paradigma del settore, ma soprattutto aggiornare i formatori stessi per garantire continuità al processo. È stato quindi avviato il progetto Itown (Italian training qualification workforce in building), mettendo in rete Formedil, Ance, Cna Costruzio-ni, Assistal e tanti altri enti, associazioni e università in una capillare rete di supporto. Itown si inserisce nell’iniziativa Build Up Skills, che vede i Paesi dell’Unione europea impe-gnati a individuare una strategia nazionale per la formazio-ne degli operatori nel campo dell’efficienza energetica nel settore edile. L’obiettivo di Build Up Skills è “Creare una for-za lavoro qualificata, le cui competenze siano riconosciute e spendibili nel mondo del lavoro anche a livello europeo, in grado di contribuire, realizzando edifici a consumo energe-tico quasi zero, al raggiungimento degli obiettivi della Stra-

    La gran parte dei questionari è stata compilata in Emilia Romagna (143), Piemonte (121), Veneto (93), Puglia (91) e Lazio (89). Tra le considerazio-ni principali che vanno fatte a partire dai dati dei questionari - che sono