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QuaderniCIRD n. 13 (2016) Numero ordinario ISSN: 2039-8646 Homepage: <https://www.openstarts.units.it/dspace/handle/10077/3845>

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CIRD

n. 13 (2016) Numero ordinario

ISSN: 2039-8646

Homepage: <https://www.openstarts.units.it/dspace/handle/10077/3845>

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QuaderniCIRD Rivista del Centro Interdipartimentale

per la Ricerca Didattica dell’Università di Trieste

n. 13 (2016)

Direttore responsabile Luciana Zuccheri, Dipartimento di Matematica e Geoscienze

Comitato editoriale Furio Finocchiaro, Dipartimento di Matematica e Geoscienze

Helena Lozano Miralles, Dipartimento di Scienze Giuridiche, del Linguaggio, dell’Interpretazione e della Traduzione

Tiziana Piras, Dipartimento di Studi Umanistici Paolo Sorzio, Dipartimento di Studi Umanistici

Michele Stoppa, Dipartimento di Matematica e Geoscienze Verena Zudini, Dipartimento di Matematica e Geoscienze

Questo numero della rivista è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste.

© copyright Edizioni Università di Trieste, Trieste 2016.

Proprietà letteraria riservata. I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale e parziale

di questa pubblicazione, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, le fotocopie e altro) sono riservati per tutti i paesi.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 2 ISSN 2039-8646

 

QuaderniCIRD n. 13 (2016)

Sommario

4 Luciana Zuccheri

Presentazione

PRIMA PARTE

7 Andrea Sgarro, Laura Franzoi

Logica e illogica delle lingue naturali: il caso della consecutio temporum

21 Andrea Sgarro

Divagazioni sul futuro: ci sta dietro o ci sta davanti?

26 Roberta Giordano

A proposito di (auto)valutazione in glottodidattica

SECONDA PARTE

Notizie

40 Maria Peressi, Marisa Michelini, Roberto Rizzo, Alberto Stefanel, Giorgio

Pastore

Giornate di formazione per docenti di scuola secondaria di secondo grado “Dalla luce

alla struttura della materia” (Udine, Università degli Studi, 15 ottobre 2015)

48 Luciana Zuccheri

Svolgimento della “Gara a squadre di matematica Coppa Aurea - XII edizione”

(Trieste, 4 marzo 2016)

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Sommario

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 3 ISSN 2039-8646 3

52 Luciana Zuccheri

La manifestazione “La matematica dei ragazzi: scambi di esperienze tra coetanei - XI

edizione” (Trieste, 21 - 22 aprile 2016)”

59 Verena Zudini

Giornata di formazione per docenti di scuole di ogni ordine e grado “La matematica

dei ragazzi. Riflessioni metodologiche e didattica disciplinare - III edizione” (Trieste,

29 aprile 2016)

68 Emilia Mezzetti

La Premiazione delle Olimpiadi della Matematica all’Università degli Studi di Trieste

(Trieste, 4 maggio 2016)

NORME REDAZIONALI

74 Norme generali per i collaboratori della rivista «QuaderniCIRD»

Questo numero della rivista è stato curato da:

Luciana Zuccheri, Michele Stoppa e Verena Zudini.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 4 ISSN 2039-8646

Presentazione

La rivista QuaderniCIRD, confermando la sua mission interdisciplinare, propone nella

prima parte di questo numero tre contributi accomunati dall’interesse per gli studi

linguistici, ma molto diversi in quanto ad approccio, finalità e ambito disciplinare in

cui sono stati sviluppati.

Nel primo di questi, Andrea Sgarro e Laura Franzoi propongono alcune intriganti

riflessioni sulle strutture logiche presenti nelle lingue naturali, ricordando che

esistono strumenti formali utilizzati nel campo dell’informatica, come la logica e il

controllo sfocati (fuzzy), che si ispirano a queste e tentano di emularle. A titolo di

esempio, gli autori esaminano il caso della consecutio temporum in diversi contesti

linguistici, arrivando a conclusioni sorprendenti.

Nel secondo contributo, di Andrea Sgarro, si osserva come le lingue che parliamo

riflettono ancora la visione degli antichi Greci, secondo la quale è il passato a starci

davanti agli occhi, non il futuro.

Il terzo contributo, di Roberta Giordano, si sviluppa nell’ambito della didattica delle

lingue straniere, in particolare dello spagnolo, ed evidenzia come ogni processo di

(auto)valutazione, sia che si tratti di studenti sia di docenti, rappresenti un’utile

sfida formativa. L’autrice sottolinea, inoltre, che la riflessione compiuta dal docente

sulla propria attività diventa un corollario naturale dell’(auto)valutazione operata

dallo studente e dà pieno compimento all’intero processo di valutazione.

La seconda parte del numero contiene cinque Notizie, dedicate allo svolgimento di

attività di formazione degli insegnanti e di divulgazione scientifica per studenti

della scuola secondaria, nel contesto del Piano nazionale Lauree Scientifiche.

La prima notizia riporta un resoconto sullo svolgimento della Giornata di

formazione per docenti di scuola secondaria di secondo grado “Dalla luce alla

struttura della materia” (Udine, Università degli Studi, 15 ottobre 2015),

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Presentazione Luciana Zuccheri

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 5 ISSN 2039-8646 5

un’iniziativa organizzata in stretta collaborazione dai Progetti locali del PLS - Piano

nazionale Lauree Scientifiche delle Università di Trieste e di Udine (Chimica, Fisica

e Matematica e Statistica) e dall’Ufficio Scolastico Regionale per il Friuli Venezia

Giulia.

Le altre quattro notizie riguardano altrettante iniziative supportate dal Progetto

locale “Matematica” del Piano nazionale Lauree Scientifiche e svolte presso

l’Università degli Studi di Trieste nel 2016:

- la “Gara a squadre di matematica Coppa Aurea - XII edizione” (4 marzo 2016);

- la manifestazione “La matematica dei ragazzi: scambi di esperienze tra

coetanei - XI edizione” (21 - 22 aprile 2016);

- la Giornata di formazione per docenti di scuole di ogni ordine e grado “La

matematica dei ragazzi. Riflessioni metodologiche e didattica disciplinare - III

edizione” (29 aprile 2016);

- la Premiazione delle Olimpiadi della Matematica (4 maggio 2016).

LUCIANA ZUCCHERI Direttore della rivista QuaderniCIRD

Dipartimento di Matematica e Geoscienze Università di Trieste

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Prima parte

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DOI: 10.13137/2039-8646/13814  

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 7 ISSN 2039-8646

Logica e illogica delle lingue naturali: il caso della consecutio temporum1

ANDREA SGARRO Dipartimento di Matematica e Geoscienze

Università di Trieste [email protected]

LAURA FRANZOI Department of Computer Science, Center for Computational Linguistics

University of Bucharest (Romania) [email protected]

A Nino Vodice e agli amici dell’Osservatorio di Farra d’Isonzo

SUNTO

Le strutture logiche presenti in una lingua naturale come l’italiano o l’inglese sono l’imprescindibile supporto dei nostri ragionamenti e delle nostre inferenze logiche. Se tali strutture logiche sono tutt’altro che nitide, esse ci consentono comportamenti sorprendentemente efficienti: non a caso esistono strumenti formali, come la logica e il controllo sfocati (fuzzy), che proprio alle lingue naturali si ispirano, tentando di emularle. Per capir meglio in che cosa consista la logicità di una lingua naturale, in questo articolo, servendoci del rasoio di Occam, esamineremo il caso della consecutio temporum, spesso decantata come esempio emblematico di logica solida che noi abbiamo ereditato dal latino.

PAROLE-CHIAVE

CONSECUTIO TEMPORUM / CONSECUTIO TEMPORUM; LOGICA SFOCATA / FUZZY LOGIC; IMPLICAZIONE LOGICA / LOGICAL IMPLICATION; LOGICA NATURALE / NATURAL LOGIC.

1. INTRODUZIONE

Quando parliamo di matematica e quando ne dimostriamo i teoremi, la coerenza

logica delle nostre affermazioni è affidata alla solidità dei costrutti logici presenti,

                                                                                                               1 Il contributo amplia i temi affrontati in un seminario svolto presso l’Università di Trieste nell’a. a. 2014/2015, nell’ambito del Laboratorio di formazione per insegnanti di matematica del Progetto locale PLS “Matematica e Statistica”.

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Logica e illogica delle lingue naturali: il caso della consecutio temporum Andrea Sgarro, Laura Franzoi

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 8 ISSN 2039-8646 8

talvolta mascherati, nella lingua naturale che stiamo usando, per esempio l’italiano,

l’inglese o il turco, a meno che la nostra dimostrazione non si appoggi a un

dimostratore automatico come può essere l’Aetna2; ogni lingua naturale, e non solo

le “lingue artificiali”, i linguaggi di programmazione come il Fortran o Java, ha delle

strutture logiche estremamente e sorprendentemente interessanti da un punto di

vista specificamente matematico.

Entrambi gli autori di questo articolo si occupano di soft computing o computazione

flessibile e di fuzzy logic o logica sfocata (logica sfumata), che sono raffinati e complessi

strumenti scientifici direttamente ed esplicitamente ispirati alla logica delle lingue

naturali; per essi si veda il nostro Livre flou3.

Sembra strano che la matematica, che è “precisa”, debba chiedere aiuto alle lingue

che noi parliamo, in cui la vaghezza (l’indeterminazione, la sfocatezza, la fuzziness

appunto) è onnipresente, ma è proprio quello che succede in molte applicazioni

tecnologiche e ingegneristiche della nuova matematica che ambiscono a essere

“intelligenti”.

Un esempio ormai classico è quello del pendolo inverso: si vuole risolvere il problema

di tenere una matita in equilibrio sul dito indice e si intende costruire un dito

robotico all’altezza del compito. Visto che sappiamo risolvere il problema tramite

soluzione delle equazioni differenziali del moto, apparentemente il dito robotico si

può costruire.

L’inconveniente è che, almeno con le capacità computazionali di qualche anno or

sono, le equazioni differenziali venivano sì risolte in maniera brillante, ma

purtroppo nel frattempo la matita era già caduta a terra.

Il primo dito robotico che sia stato costruito e che abbia funzionato davvero si è

servito del controllo sfocato (fuzzy control) che imita il modo di ragionare verbale delle

lingue naturali: il lapis ti sta per cadere da una parte e quindi tu devi dare un brusco

(sic) colpetto dall’altra parte - il problema non è più quello di risolvere                                                                                                                2 Per approfondimenti: OMODEO, TOMESCU 2014 (Cfr. Siti web). 3 SGARRO, FRANZOI, Livre flou (Cfr. Siti web).

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Logica e illogica delle lingue naturali: il caso della consecutio temporum Andrea Sgarro, Laura Franzoi

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 9 ISSN 2039-8646 9

un’equazione differenziale, ma di dare un colpetto brusco, termine quest’ultimo la

cui scarsa precisione formale non occorrerà sottolineare.

Pur tuttavia noi umani riusciamo a risolvere in maniera brillante una quantità di

problemi, basandoci su inferenze verbali, senza nessun bisogno di equazioni

differenziali: se evitiamo che la nostra automobile in situazioni critiche si schianti

contro il muro, noi non lo facciamo risolvendo al volante equazioni differenziali,

bensì frenando e svoltando bruscamente.

La questione di capire quali siano le strutture logiche presenti nelle nostre lingue

naturali - lo sottolineiamo con forza - è di vitale importanza nella didattica della

matematica, dove da una parte il discente deve capire bene il significato e la portata

logica dei termini linguistici che sta usando (per esempio quasi), dall’altra il docente

deve evitare la propria deformazione professionale che gli impedisce di vedere

quanto (efficacemente) ambigua sia la lingua in cui le affermazioni matematiche

sono espresse. Si pensi al significato diverso che la stessa parola assume in due

affermazioni come Sono quasi le sette (e quindi non possono essere le sette passate

neanche di un pochino) e La tua freccetta ha quasi centrato il bersaglio, dove il

bersaglio si trova nel punto di coordinate (7,7) mentre la freccetta si è infilata nel

punto di coordinate (7+ ε,7+ δ), ε e δ diversi da zero ed eventualmente positivi.

Naturalmente la struttura logica più interessante in una lingua naturale, quella che

riguarda più prettamente il controllo fuzzy, è l’implicazione: se vieni ti offro un caffè,

o, come si dice a Trieste, se mia nona la gavessi le rodele la saria un tram (il dialetto è

generoso e offre la possibilità di usare congiuntivo e condizionale nell’antecedente,

– protasi – e nel conseguente – apodosi – in tutti e quattro i modi possibili).

Secondo la logica classica, entrambe le proposizioni hanno valore logico 1, ossia

sono vere, ma i “fuzzisti” non sono molto felici di una tale conclusione:

riprenderemo brevemente il punto in conclusione a queste pagine, rinviando gli

interessati al nostro Livre flou4, dove si mostra come nel controllo fuzzy la seconda

                                                                                                               4 SGARRO, FRANZOI, Livre flou (Cfr. Siti web).

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Logica e illogica delle lingue naturali: il caso della consecutio temporum Andrea Sgarro, Laura Franzoi

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implicazione (periodo dell’impossibilità, come dicevano i grammatici) abbia un valore

di verità distinto da quello della prima (periodo della possibilità) se si usa, com’è

abituale, l’implicazione di Mamdani.

2. CHE COS’È LA CONSECUTIO TEMPORUM?

In queste pagine affronteremo un’altra struttura logica meno cruciale, ma forse più

divertente, ossia quella della consecutio temporum, se non altro per spirito di rivalsa,

visto che a scuola ci hanno sempre tormentato con l’idea che la consecutio temporum

sia un regalo meraviglioso che dà lustro al nostro parlare, lasciatoci in eredità dal

latino. Il latino, come ci hanno ripetuto innumerevoli volte, è una lingua logica: ma è

proprio vero?

Rammentiamo che cosa sia la consecutio temporum: si tratta di adattare il tempo

verbale che compare nella proposizione subordinata al tempo verbale che compare

nella proposizione principale. Ad esempio: Io credo che tu sia malato, dove c’è un

congiuntivo presente, mentre in Io credevo che tu fossi malato il congiuntivo è al

passato (sia pur nella forma del congiuntivo imperfetto). C’è dunque il presente

nella principale e nella subordinata, oppure c’è il passato in entrambe.

Naturalmente la logica vorrebbe che lo stesso succeda al futuro: Io crederò che…, ma,

deplorevolmente, non esiste il congiuntivo futuro, per cui si dice: Io crederò che tu sia

malato. C’è in spagnolo, ma non si usa se non nel linguaggio giuridico, e c’è in

portoghese: il portoghese avrebbe dunque la possibilità di organizzare una

consecutio temporum più logica di quanto non possiamo fare noi italiani, che tuttavia

almeno nel passato e nel presente ci comportiamo in maniera coerente, seguendo

l’esempio degli antenati latini.

Per altro, a ben vedere, il futuro non esiste nella realtà e forse è accettabile un

vulnus in questo caso così evanescente5. Facciamo subito notare che se usiamo il

discorso diretto, citando quello che si è detto, le cose cambiano e sparisce traccia

                                                                                                               5 Cfr. SGARRO 2006.

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Logica e illogica delle lingue naturali: il caso della consecutio temporum Andrea Sgarro, Laura Franzoi

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 11 ISSN 2039-8646 11

della discrepanza fra passato e futuro che può aver inquietato i più logici fra noi: Io

dico\dissi\dirò: «Tu sei malato».

Ovviamente ci sono delle lingue “nobili”, in primis quelle neolatine, che si

comportano allo stesso modo dell’italiano. Come ben noto, c’è anche una lingua

germanica che si comporta in maniera simile, perché ha avuto delle pesanti

influenze latine grazie alla sua storia e ai suoi contatti con i normanni, vale a dire

l’inglese. Anche in inglese c’è la consecutio temporum: I think you are ill, con la

combinazione presente-presente, ma I thought you were ill, con la combinazione

passato-passato.

Invece nelle lingue germaniche la consecutio temporum non c’è e in tedesco si dice: Io

pensavo che tu sia malato, con il passato nella principale e il presente nella

subordinata. Il presente viene conservato in maniera analoga anche nelle lingue

slave, mentre c’è una lingua neolatina la quale non ha la consecutio temporum, ed è il

romeno. A consolazione del nostro orgoglio neolatino c’è il fatto che il romeno ha

avuto delle influenze molto pesanti da parte delle lingue slave, e non solo, e quindi

ha perso la sua “purezza”.

Alle lingue neolatine che hanno la consecutio temporum si aggiunge dunque l’inglese,

che è uscito dalle tenebre germaniche - le lingue slave non hanno la consecutio

temporum e nemmeno il romeno, “decaduto” per ragioni storiche6.

Al nostro orgoglio logico contrapponiamo qualche frase in tedesco, sloveno e

romeno, nell’ordine, poi tradotta letteralmente in italiano:

Ich denke: «Du bist krank».

Mislim: «Ti si bolan».

Cred: «Tu eşti bolnav».

[Penso: «Tu sei malato».]

                                                                                                               6 A dire il vero, le lingue slave, a parte il bulgaro e l’affine macedone, declinano generosamente i sostantivi, distinguendo fra strumentale e locativo, e il romeno è l’unica lingua neolatina che venga declinata, anche se i casi sono pochi, per cui non è chiaro a chi il latino, o prima di questo il comune progenitore indoeuropeo, abbia lasciato le sue eredità più preziose.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 12 ISSN 2039-8646 12

Ich denke, du seiest krank.

Mislim, da si bolan.

Cred că eşti bolnav.

[Penso che tu sia malato (trad. dal tedesco), penso che tu sei malato (trad. da

sloveno e romeno).]

Ich dachte, du seiest krank.

Mislil sem, da si bolan.

Am crezut că eşti bolnav.

[Pensavo che tu sia malato (trad. dal tedesco); pensavo che tu sei malato (trad. da

sloveno e romeno).]

3. LA CONSECUTIO TEMPORUM E IL RASOIO DI OCCAM

Un enunciato filologico del principio noto come il rasoio di Occam, dovuto al

francescano inglese Guglielmo di Occam (1285-1347), è: «pluralitas non est ponenda

sine necessitate», vale a dire vanno eliminati i concetti superflui, come quello di

essenza, quando si vuole spiegare la realtà.

Sottratto ai dibattiti teologici dell’epoca in cui il doctor invincibilis visse, il principio

sottolinea la validità della spiegazione più semplice come base su cui poggiare il

sistema della nostra conoscenza, e implica che, quando ci sono varie strade che

portino allo stesso punto di arrivo, la strada migliore è quella che economizza il più

possibile il percorso che si segue per arrivare in porto.

È a questa variante semplificata e generalizzata, la quale risente delle nostre

odierne ossessioni a partire da quella dell’efficienza, che noi d’ora in avanti ci

atterremo. In termini alla moda: vogliamo e dobbiamo ottim[izz]are la nostra scelta

minim[izz]andone i costi, come si fa in ricerca operativa.

Ma prima di soppesare le conseguenze di questa nostra ragionevole impostazione

filosofica, vediamo che cosa succede in tre lingue che sono lontane dalle nostre, e

che in due dei tre casi non si rifanno al comune antenato indoeuropeo.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 13 ISSN 2039-8646 13

Partiamo dall’ebraico: non è una lingua facile neppure per i tedeschi, e ci è capitata

fra le mani una grammatica della Langenscheidt7 in cui si annunciava con enfasi

una buona notizia per il discente: a differenza di quello che succede in francese,

nemmeno in ebraico c’è la consecutio temporum. Questo fatto però per il nostro

orgoglio neolatino è un po’ imbarazzante, perché quando Dio ha deciso di parlare

agli uomini ha usato l’ebraico, per cui non possiamo fare a meno di farvi

maliziosamente notare che Dio non si serviva della consecutio temporum, e quindi si

comportava come i tedeschi, gli sloveni e i romeni. È vero che qualcuno di voi

potrebbe pensare che Dio parlasse in arabo, ma l’arabo è lingua altrettanto semitica

quanto l’ebraico.

Prima di lasciare l’ebraico, precisando che la grammatica della Langenscheidt

insegna l’ebraico parlato oggi in Israele, l’ivrit, e non quello biblico, concedeteci una

nota storica. Leggere la storia della lingua ebraica8 è affascinante: all’inizio dell’’800

c’era un’aspra lotta fra partigiani dell’ebraico e partigiani dell’yiddish (grossomodo

una parlata tedesco-renana con influenze slave ed ebraiche) e c’erano alcuni

estremisti: non solo volevano usare l’ebraico, ma volevano perfino evitare le parole

aramaiche del Talmud, e quindi si limitavano alle (relativamente poche) parole

ebraiche utilizzate nel Tanach, ossia nella Bibbia.

Siccome era l’epoca dei romanzi storici alla Walter Scott, i personaggi che

comparivano erano del tipo: l’eroina bellissima con gli occhi e con i capelli neri

come il carbone, con le labbra rosse come il corallo e con la carnagione bianca come

la neve, deludendo ogni speranza di imbattersi a un certo punto in una fanciulla

altrettanto bella ma con gli occhi verdi - e invece una tal fanciulla non compariva

mai, perché nella Bibbia gli unici colori menzionati sono il nero, il bianco e il rosso e

quindi il termine che vuol dire verde, yarok, è sospetto, magari viene dall’aramaico,

la lingua parlata da Yèshu, Gesù.

                                                                                                               7 Cfr. WIZNITZER 2006. 8 Cfr. HADAS-LEBEL 1994.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 14 ISSN 2039-8646 14

Gli yiddishisti e i puristi hanno perduto, nell’Israele moderno ci si può tranquillamente

vestire di verde, e al ristorante si può perfino ordinare una minestra di verdura

(marak yerakot).

Torniamo al rasoio di Occam: vediamo che cosa accade in persiano, e sarà una

sorpresa. Il persiano è una lingua indoeuropea e quindi ha sorprendenti affinità con

le lingue cui siamo più abituati. Uno degli autori di questo articolo una sera

ascoltava un’emittente televisiva dell’Iran, che voleva allevare secondo i principi

della Repubblica Islamica gli iraniani all’estero, i quali però non sempre hanno

molta familiarità col persiano, magari perché sono nati in California, per cui c’erano

i sottotitoli in inglese. A un certo punto del telefilm una signora col chador nero,

all’aperto e in piena notte, sente rumori allarmanti e comincia a urlare chi è, chi è, e

sotto c’era scritto in inglese who is it, who is it, ma quello che lei strillava in persiano

era proprio ki e, ki e, per attenerci alla trascrizione standard dei caratteri arabi. A

dire il vero, la terza persona singolare del verbo essere in un persiano più ricercato

è ast, la cui somiglianza col latino est non è affatto casuale, ma nel persiano parlato

c’è stata un’evoluzione simile a quella dal latino all’italiano.

Bando alle divagazioni: intendiamo traslare il rasoio scozzese di Occam in terra

persiana. Prendiamo una frase in italiano e pensiamo di metterci i due punti (io

penso: FRASE PENSATA, oppure io dico: FRASE DETTA), con i due punti o le virgolette

come si fa riferendo il discorso diretto, ovvero Io (che mi chiamo Z) dico: «Tu Y sei

malata», ossia Io dico che tu sei malata.

Invertiamo le parti: Tu Y dici: «Tu Z sei malato», dove il primo tu si riferisce alla

signora Y che mi sta guardando e mi sta parlando, mentre il secondo tu si riferisce a

me, che, a quanto afferma la signora Y, sarei appunto malato.

Con la citazione indiretta: Tu, signora Y, pensi che io, il signor Z, sia malato, dove il

secondo tu della citazione diretta è stato sostituito dall’io della citazione indiretta.

Il persiano usa il rasoio di Occam e se, quando parla la signora Y, la citazione diretta

è Tu dici: «Tu sei malato», la stessa frase con la subordinata diventa Tu dici ke tu sei

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 15 ISSN 2039-8646 15

malato, dove per introdurre la subordinata abbiamo usato la preposizione persiana

ke, sia pur traslitterata, al posto di quella italiana che.

Per capire cosa stia succedendo conviene tradurre il ke persiano con i due punti

italiani, e allora funziona tutto: l’unica citazione possibile è quella diretta, anche se

si usa il ke.

Questo è un sistema di una semplicità totale, non ha ambiguità, e si serve del rasoio

di Occam in maniera chiara e coerente.

Come corollario: naturalmente se si cita non c’è traccia di consecutio temporum,

perché, se ci mettete la frase tale e quale come è stata detta, la consecutio temporum

sarebbe del tutto illogica, perfino insensata.

“Semplice” e “logico” non sono attributi conflittuali, non pensate che questo sia un

sistema volgare o primitivo: stiamo parlando della lingua persiana! La donna del ki e

era tutta vestita di nero, ma un’amica iraniana che vive a Trieste da molti anni, e

che a Trieste fa volentieri conferenze nelle scuole, ha la preoccupazione di

mostrare immagini dell’Iran piene di colori e dei vestiti reali che si adoperano, ad

esempio, nelle campagne persiane: cercate di pensare alla Persia come a un paese

pieno delle miniature persiane, anche se quanto vedete al telegiornale non è

esattamente lo stesso (peraltro i fazzoletti che ormai si sfoggiano nelle strade di

Tehrān sono sempre più vivaci e portati all’indietro, sulla nuca).

Il persiano è la nobile lingua di poeti come Hāfez o Khayyām; c’è un modo di dire

turco secondo cui il gentiluomo turco parla turco in famiglia, parla arabo con Dio e parla

persiano con l’amante. La raffinatezza persiana e il prestigio della lingua ricordano

situazioni dell’Europa del Settecento, dove le lingue da usare a corte e con l’amante

erano il francese e l’italiano, per cui Federico il Grande si vantava di usare il tedesco

solo con i cavalli e, al caso, con gli stallieri (ma Federico amava i cavalli di più degli

uomini, per tacere degli umani dell’altro sesso).

Se già siete perplessi, lo sarete ancor di più adesso. Usciamo di nuovo dall’ambito

indoeuropeo e passiamo a un ultimo esempio, quello della lingua che i matematici

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 16 ISSN 2039-8646 16

dovrebbero preferire. Questa lingua è il turco e vi spiegheremo il perché partendo

da un aneddoto.

Il linguista americano Edmund Sapir ha scritto un libro di linguistica molto

importante nella prima metà del ’9009. A un certo punto, si oppone a un suo collega

linguista - lasciato generosamente anonimo - secondo il quale era una vera sciagura

che una donna flessiva andasse sposa a un uomo agglutinante; per contraddire questo

parere usa una lingua agglutinante, non l’ungherese o il finlandese o il basco o il

giapponese, ma specificamente il turco, che evidentemente lo affascina, e si chiede

come si faccia ad avere pregiudizi contro una lingua come il turco che è regolata da

una logica (sic) così semplice e così salda.

Chiariamo innanzitutto che cosa sia una donna flessiva e che cosa sia un uomo

agglutinante. Partiamo dalle lingue indoeuropee, che sono appunto flessive. In una

parola italiana come amassi il tema e la desinenza sono saldamente “incollati” e le

informazioni sintattiche che porta la desinenza -assi, seconda persona singolare,

congiuntivo passato (per esser più precisi: congiuntivo imperfetto), sono presentate

in un blocco unico e mal scindibile.

Certo, il grado di flessività è molto variabile nelle lingue indoeuropee: si passa dal

latino, o dal romeno o da lingue slave come il russo o lo sloveno, assai flessive, al

persiano moderno o all’inglese, che invece sono parchi di desinenze. Flessive sono

anche lingue semitiche come l’ebraico.

Agglutinante vuol dire invece che le varie componenti sintattiche non vengono

confuse e vengono usate in serie alla fine della parola. Facciamo un esempio

chiarificatore: prendiamo la parola turca ev che vuol dire casa. Possiamo

agglutinarla con la particella del plurale ler ottenendo evler, case, e poi continuare

ad agglutinarla con una particella dello stato in luogo che è il de, ottenendo evde,

nella casa, o evlerde (ev-ler-de), nelle case (in turco non c’è articolo determinativo).

                                                                                                               9 Cfr. SAPIR 1969.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 17 ISSN 2039-8646 17

Passiamo a un’altra particella che vuol dire “relativo alla localizzazione che

precede”, la particella ki, e allora evlerdeki vuol dire relativo a ciò che sta nelle case,

mentre evdeki vuol dire relativo a ciò che sta nella casa, ma ci potrebbero essere una

pluralità di cose che sono relative a ciò che sta nelle case e allora voi potreste

continuare con un evlerdekiler, o magari evlerdekilerde, ev-ler-de-ki-ler-de, se vi

interessa sapere cosa avvenga localizzato in questa pluralità di cose, e così via

finché reggete (anche i turchi a un certo punto cedono, ma in linea di principio

l’upper bound, ossia la limitazione superiore, è infinita). Questo per quanto riguarda

la polemica fra due linguisti americani del secolo scorso, ma, se vogliamo difendere

la logicità del turco, ci sono argomenti più forti.

C’è uno scrittore turco che si chiama Yaşar Kemal10, un autore molto impegnato; è

un curdo vissuto a Istanbul che scriveva in turco ed è stato in carcere come in quel

paese succede agli autori impegnati politicamente, anzi - si spera - succedeva. E ha

scritto un libro-intervista, L’albero del folle, che molto impegnato lo è, anche se a un

certo punto c’è una divagazione che sembra davvero folle, perché l’autore comincia

a parlare diffusamente dell’uso della virgola in turco e sostiene che bisogna stare

molto attenti al suo uso da parte degli scrittori e dei giornalisti, per cui il lettore si

chiede come mai un autore così impegnato stia a perdere tempo prezioso con banali

virgole. La risposta c’è, e ci permette di tornare proprio alla consecutio temporum e al

problema di che cosa accada nella frase subordinata.

Stiamo per dirvi che in turco le subordinate non esistono, il che tra l’altro rende

completamente vuota la domanda se esista o non esista in turco la consecutio

temporum. Se sfogliate grammatiche di turco per stranieri, per esempio quella

tedesca della Langenscheidt11, troverete lunghe frasi che per aiutare il discente

sono piene di parentesi tonde, quadre, graffe e angolari aperte e chiuse, come nelle

formule di matematica.

                                                                                                               10 Cfr. KEMAL 1997. 11 Cfr. TURAN 2001.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 18 ISSN 2039-8646 18

L’assenza delle subordinate è compensata in turco dalla capacità di trasformare una

frase in un sostantivo o in un aggettivo, che poi possono venire tranquillamente

agglutinati, come se fossero (ma lo sono!) normali aggettivi o normali sostantivi. La

parentesi aperta nella grammatica vi dice dove il “super-sostantivo” o il “super-

aggettivo” comincino e dove finiscano. Naturalmente nel super-sostantivo

potrebbero comparire un sostantivo e un aggettivo che sono in realtà un super-

sostantivo e un super-aggettivo, il che vi farebbe giungere a una parentesizzazione

come [...(...)...(...)..]. Questo nella grammatica per stranieri, ma non nel turco scritto

normale che, passato alle lettere latine con Atatürk, usa la nostra punteggiatura.

Ora, mentre c’è un “punto aperto” e un “punto chiuso” (ovvero la maiuscola

all’inizio e il punto alla fine di un periodo), non c’è purtroppo la coppia “virgola

aperta” e “virgola chiusa”, il che può esser fonte di gravi ambiguità,

particolarmente gravi se siete uno scrittore impegnato e interessato al problema

socialmente rilevante dell’alfabetizzazione del popolo, com’era appunto Kemal.

Nella lingua parlata non ci sono problemi perché ci sono le “parentesi naturali”; in

un certo senso abbiamo il respiro aperto e il respiro chiuso, per cui il turco “reale”,

quello parlato, è ambiguo più o meno come qualunque altra lingua, e lo sarebbe

anche nello scritto con un sistema di punteggiatura diverso, ispirato direttamente a

quello della matematica, la quale nelle sue formule non subordina, ma, proprio

come il turco, crea “blocchi” da trattare come se fossero elementi atomici del

proprio discorso.

4. CONCLUSIONI

Prendendo il punto di vista di un matematico intollerante, potremmo magari

arrivare a dire che il latino ha una logica poco sensata, debole, mentre invece il

turco ha una logica ammirevole, offendendo la deamicisiana maestrina dalla penna

rossa che ossessiona i nostri ricordi, e ci avrebbe sicuramente detto che dobbiamo

studiare il latino per imparare la logica. Secondo noi la maestrina dalla penna rossa

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 19 ISSN 2039-8646 19

ha in realtà ragione, perché si impara a nuotar bene in un mare che sia agitato: se

perfino lì ce la caviamo, allora abbiamo raggiunto lo scopo.

È proprio una struttura “inutilmente” e pesantemente complicata come quella del

latino che mette alla prova le nostre capacità logiche. Ora il lettore si aspetterà che,

pensando al mare in tempesta, lo si sconsigli di studiare il turco, ma non è affatto

così: il turco avrà pure una logica semplice, ma la sua logica è talmente lontana

dalla logica complicata a cui noi indoeuropei siamo abituati - e che perciò ci appare

a torto semplice - che per noi l’esercizio di logica è ottimo, anche se per ragioni

molto diverse da quelle del latino. Altrimenti si arriverebbe al paradosso di dire che

studiare matematica non serve a rafforzare la nostra logica, perché la notazione

matematica si attiene al principio di Occam, ed è “troppo semplice”.

Tornando all’implicazione logica, le grammatiche tradizionali pongono molta cura

nel distinguere il periodo della realtà, dove l’antecedente ha un alto grado di verità

(se accetti, se vuoi...), dal periodo dell’irrealtà (se tu fossi arrivato prima, se io fossi nato

ricco, se mia nonna avesse le rotelle...). La logica matematica “alta” sembra disprezzare

questa distinzione: l’implicazione in toto è falsa solo se l’antecedente è vero e il

conseguente è falso. Tutto ciò non sempre funziona e non sempre è opportuno, e ci

sono situazioni in cui l’approccio naturale è più efficiente, per esempio

nell’intelligenza artificiale, dove si mira a imitare prestazioni tipiche del cervello

umano, e non di quello elettronico.

Nel controllo fuzzy si pretende che anche l’antecedente abbia un alto valore di

verità, che sia vero o comunque “quasi” vero (sic), prima di dichiarare

l’implicazione vera o comunque “non troppo falsa”. Nella logica sfumata o fuzzy

esistono infatti, proprio come nella logica verbale delle lingue naturali, gradi di

verità intermedi fra il vero e il falso, ci sono tutte le sfumature di grigio.

E a questo proposito: le lingue naturali sono oggetti fuzzy, che mal sopportano

affermazioni trancianti, bianche o nere. Il linguista potrebbe esibire situazioni in

cui anche il tedesco conosce un po’ di consecutio temporum, o in cui il persiano si

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 20 ISSN 2039-8646 20

dimentica il giochetto dei due tu, cui abbiamo indulto sopra. Gli scriventi sono due

matematici, e i matematici, ma più in generale gli scienziati, lavorano con modelli

che “semplificano” la realtà, mettendone in luce quello che è essenziale, tipico,

irrinunciabile. Come ha detto lo statistico George E. P. Box: «tutti i modelli sono

sbagliati, ma alcuni sono utili». Parafrasando potremmo dire che le nostre

affermazioni in queste pagine, se non sono sempre vere, sono sempre quasi vere e la

pretesa di una verità assoluta avrebbe inutilmente e pedantemente oscurato il

discorso.

BIBLIOGRAFIA HADAS-LEBEL M. 1994, Storia della lingua ebraica, Firenze, Giuntina.

KEMAL Y. 1997, Der Baum des Narren, Zürich, Unionsverlag (apparso in origine solo in francese: 1992, Entretiens avec Alain Bosquet, Paris, Gallimard).

SAPIR E. 1969, Il linguaggio, Torino, Einaudi.

SGARRO A. 2006,  Divagazioni sul futuro: ci sta dietro o ci sta davanti?, «Biblioteca dei 500», Ulisse: nella rete della scienza, Trieste, SISSA.

TURAN T. 2001, Langenscheidts Praktisches Lehrbuch, Türkisch, Berlin, Langenscheidt.

WIZNITZER M. 2006, Langenscheidts Praktisches Lehrbuch, Hebräisch, Berlin, Langenscheidt.

SITI WEB OMODEO E., TOMESCU A. I. 2014, On representing graphs as membership digraphs, <http://www2.units.it/eomodeo/GraphsViaMembership.html>, sito consultato il 18.1.2017.

SGARRO A., FRANZOI L. Livre flou, <http://mathsun1.univ.trieste.it/~sgarro/livre_flou.pdf>, sito consultato il 18.1.2017.

 

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DOI: 10.13137/2039-8646/13815  

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 21 ISSN 2039-8646

Divagazioni sul futuro: ci sta dietro o ci sta davanti?1

ANDREA SGARRO Dipartimento di Matematica e Geoscienze

Università di Trieste [email protected]

SUNTO

Nella cultura andina degli Aymara, ma anche in quella degli antichi Greci, è il passato a starci davanti agli occhi, non il futuro. Il nostro punto di vista è ormai opposto, ma le lingue che parliamo riflettono ancora la visione dei Greci.

PAROLE-CHIAVE

LOGICHE NATURALI / NATURAL LOGICS; FUTURO GRAMMATICALE / FUTURE TENSE; PASSATO GRAMMATICALE / PAST TENSE.

1. INTRODUZIONE

In NUÑEZ, SWEETSER (2006) si parla dei costrutti spazio-temporali dell’aymara, una

lingua parlata da popolazioni andine; ciò mi ha ricordato il punto di vista degli

antichi Greci, a suo tempo illustratomi da un collega grecista: il passato sta davanti

ai nostri occhi, essendo tutto ciò che noi possiamo vedere, mentre il futuro ci sta

dietro, in corrispondenza alla parte cieca e indifesa del nostro corpo. Per i Greci

come per gli Aymara, passato = davanti, futuro = dietro.

Tutto a rovescio, sembrerebbe, della nostra visione del mondo, quella riflessa dalle

lingue più “evolute”: è il futuro a starci davanti, è verso il futuro che siamo protesi,

mentre il passato ce lo siamo lasciati dietro le spalle.

Ma davvero della visione dei Greci non c’è più traccia nelle nostre lingue?

                                                                                                               1 Questa nota è la rielaborazione di un articolo pubblicato in rete (SGARRO 2006), ma non più accessibile, citato nel contributo di Andrea Sgarro e Laura Franzoi riportato in questo numero della rivista QuaderniCIRD.

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Divagazioni sul futuro: ci sta dietro o ci sta davanti? Andrea Sgarro

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 22 ISSN 2039-8646 22

Vediamo di capirlo, prendendo il punto di vista di un matematico fuzzy2 interessato

alle strutture logiche che sono presenti nelle lingue naturali che noi parliamo.

2. LE STRUTTURE VERBALI DEL PASSATO E DEL FUTURO

Partirei osservando che in italiano le strutture verbali del passato sono decisamente

più ricche di quelle del futuro: ad esempio, all’indicativo abbiamo dissi, dicevo, ho

detto, avevo detto, ebbi detto, contro dirò, avrò detto.

C’è però un fatto che mi sembra ancora più significativo: il futuro può venir

“schiacciato” sul presente, quasi fosse una struttura logica ridondante, il passato

no. Si arriva a dire “Fra vent’anni vado in pensione” invece di “Fra vent’anni andrò

in pensione”, mentre nessuno direbbe “Vent’anni or sono vado in pensione”.

Altra osservazione inevitabile: in molte lingue, come l’inglese, il futuro è

perifrastico (ad es. I will go, I shall go), anzi - avventurandoci sul terreno minato della

contrapposizione diacronico/sincronico - per i filologi lo è persino in italiano:

amerò deriva, infatti, dal latino volgare amare habeo, e non dal latino classico amabo.

Indulgeremo in un elenco poco sistematico, tenendo presente che nelle lingue che

seguono, la possibilità di schiacciare il futuro sul presente è pur sempre disponibile,

anche se alcune lingue, come il persiano, se ne avvalgono più spesso di altre.

Nei futuri perifrastici a fare la parte del leone è il verbo il cui significato principale

è volere e che figura spesso in forme contratte, come si vede dalle rispettive

traduzioni della forma verbale italiana “io farò”:

- inglese: I will do;

- romeno: eu voi face, voi face;

- serbo e croato: ja ću raditi, raditću, radiću;

- greco moderno: tha kano (thelo = voglio, tha kano = [letteralmente] vo’ faccio);

                                                                                                               2 Con il termine fuzzy (letteralmente: “sfocato”) ci si riferisce a logiche che consentono l’uso di valori logici “sfumati” o “sfocati” intermedi fra il vero e il falso delle logiche binarie più tradizionali; le logiche fuzzy sono usate nell’intelligenza artificiale e si ispirano scopertamente alla “logica naturale” delle lingue che parliamo.

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Divagazioni sul futuro: ci sta dietro o ci sta davanti? Andrea Sgarro

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 23 ISSN 2039-8646 23

- farsi ossia persiano moderno: khoham kard (il presente mikonam è assai più

comune, da kardan = fare).

In due lingue slave come lo sloveno e il russo ci si appoggia invece al verbo essere,

che ha il privilegio di avere un futuro autonomo:

- jaz bom delal, ja budu delat’ (alla lettera, io sarò avente fatto e io sarò [a] fare).

C’è inoltre la complicazione che in russo la forma perfettiva, compiuta, del verbo

non conosce né presente né futuro perifrastico. Quello che formalmente appare

come un presente, sdelaju, ha significato di futuro (farò), quasi lo “schiacciamento”

fosse stavolta obbligatorio.

In inglese ci si appoggia anche a dovere (shall) e in tedesco a diventare (werden):

- ich werde machen.

La somiglianza fra il neogreco kano e il neopersiano konam (il mi di mikonam è solo

un prefisso durativo) è dovuta alle comuni origini indoeuropee.

In una lingua non indoeuropea come l’ungherese, il futuro è comunque perifrastico:

- csinálni fogom.

Stavolta l’ausiliare fog vuol dire pigliare; è poi frequente una forma del tipo majd +

presente, in cui majd significa “dopo”, “più in là nel tempo”.

Per citare una lingua semita, l’ebraico moderno o ’ivrit è molto razionale, com’è

tipico di una lingua ricreata a tavolino a partire da un predecessore estinto,

l’ebraico biblico. La contrapposizione passato / presente / futuro è rigida: ‘asiti, ani

‘ose, e‘ese, dove a essere perifrastico è il presente (letteralmente: “io [sono]

facente”).

3. IL SIGNIFICATO TEMPORALE E SPAZIALE DI “PRIMA” E “DOPO”

Oltre a una tendenza a riassorbire il futuro nel presente, futuro che in realtà né noi

né i Greci moderni possiamo vedere, se consideriamo vocaboli usati come

preposizioni o avverbi, ad esempio “prima” e “dopo”, possiamo notare che anche

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 24 ISSN 2039-8646 24

nelle nostre lingue, e non solo nell’aymara, sono ben vitali strutture “fossili” che ci

ricordano gli antichi Greci!

L’inglese è esplicito: before, long before vuol dire “prima” con significato temporale,

nel passato, e dunque davanti agli occhi dei Greci, ma anche davanti agli occhi di

noi moderni, tuttavia con significato spaziale: before our car = in front of our car. After

vuol dire sia “dopo”, nel futuro, sia “davanti”, ma solo per noi moderni (let’s meet

after the concert [is over]), sia “dietro” (he was running after me, so I couldn’t see him).

Pensiamo anche alla frase italiana un po’ scorretta “L’orto sta dopo la casa, mentre

il giardino sta prima della casa” pronunciata in Inghilterra davanti a case a schiera

il cui backyard, l’orto appunto, rimane invisibile, sta dietro alla casa, mentre il

giardino con qualche fiore sta davanti. Per un greco antico la somiglianza fra i due

significati di before non sarebbe affatto illogica: in entrambi i casi ci si riferisce a ciò

che gli occhi, fisici o mentali, vedono, il passato nel tempo e ciò che ci sta davanti

nello spazio.

Questa confusione spazio-temporale non pare affatto eccezionale:

- in francese: avant, en avant o devant;

- in tedesco: bevor, vor;

- in sloveno: pred, pred;

- in romeno: inainte, inainte;

- in serbo e croato: prije, pred o prijed;

- in persiano: pish, pish;

- in ebraico: qodem, qadima dalla radice triconsonantica qdm;

- in turco: önce, önde, in tutti i casi “dietro” nel (nostro) tempo, “davanti” nello

spazio.

4. CONCLUSIONE: IL PUNTO DI VISTA DI UN MATEMATICO FUZZY

Nella nuova visione del mondo, il futuro ci sta innanzi pieno di promesse, ma ne

parliamo ancora in maniera arcaica. Come studioso di fuzzy logic sono ben lontano

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Divagazioni sul futuro: ci sta dietro o ci sta davanti? Andrea Sgarro

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 25 ISSN 2039-8646 25

dal deplorarlo: le lingue naturali sono sì incongrue, ridondanti e perfino ambigue,

ma sono alla base di quell’intelligenza naturale la cui efficacia operativa non finisce

di stupire chi si occupi di intelligenza artificiale.

BIBLIOGRAFIA NUÑEZ R. E., SWEETSER E. 2006, With the Future Behind Them: Convergent Evidence from Aymara Language and Gesture in the Crosslinguistic Comparison of Spatial Construals of Time, «Cognitive Science», n. 30, pp. 401-450.

SGARRO A. 2006, Divagazioni sul futuro: ci sta dietro o ci sta davanti?, «Biblioteca dei 500», Ulisse: nella rete della scienza, Trieste, SISSA.

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DOI: 10.13137/2039-8646/13816  

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 26 ISSN 2039-8646

A proposito di (auto)valutazione in glottodidattica

ROBERTA GIORDANO Dipartimento di studi linguistico-letterari, storico-filosofici e giuridici

Università della Tuscia [email protected]

SUNTO

Partendo dalla logica che sostiene l’analisi degli errori, questo contributo rappresenta una proposta di riflessione intorno all’idea che ogni processo di (auto)valutazione, sia che si tratti di studenti sia che si tratti di docenti, costituisca un’utile sfida formativa, applicata in questo caso alla didattica delle lingue straniere (E/LE)1. Dall’individuazione e correzione degli errori altrui, infatti, fino ad arrivare alla riflessione rispetto ai propri, entrambe le operazioni si configurano come una valida opportunità per il recupero di informazioni cruciali sull’intero circuito di apprendimento. Attualmente, inoltre, sono molti gli strumenti operativi utilizzabili nella direzione del controllo e dell’(auto)gestione sia dell’attività docente sia di quella discente, come ad esempio il Portfolio, che consente una presa di coscienza efficace rispetto al percorso realizzato. La pratica-riflessiva, cioè la riflessione compiuta dal docente, come qualunque altro professionista, intorno alla propria attività, risulterebbe quindi un corollario naturale dell’(auto)valutazione eseguita dallo studente, non solo per mettere a punto nuove strategie e scenari formativi, ma soprattutto per dare pieno compimento alla stessa valutazione.

PAROLE-CHIAVE

DIDATTICA / TEACHING METHODS; GLOTTODIDATTICA / LANGUAGE TEACHING METHODS; LINGUA STRANIERA / FOREIGN LANGUAGE; SPAGNOLO / SPANISH; AUTOVALUTAZIONE / SELF-EVALUATION; ERRORE/ ERROR; PRATICA RIFLESSIVA / REFLECTIVE PRACTICE.

1. INTRODUZIONE

Questo lavoro parte dalla volontà di riflettere su quelle competenze, che ciascuno

studente, da una parte, e ciascun docente, dall’altra, dovrebbero sviluppare:

(auto)valutazione per il primo e pratica riflessiva per il secondo, ingredienti

indispensabili di un medesimo percorso. Per soggetto competente, inoltre,

                                                                                                               1 L’acronimo E/LE si declina in Español / Lengua Extranjera.

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A proposito di (auto)valutazione in glottodidattica Roberta Giordano

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 27 ISSN 2039-8646 27

intendiamo «colui che sappia gestire in modo sicuro, controllato e allo stesso tempo

rapido tutte le attività interessate dal progetto didattico/di apprendimento, e,

soprattutto, sia incline a riflettere su quelle, fino a prevedere di modificarle,

essendosi verificate delle circostanze nuove, e di difficoltà inattesa»2.

Obiettivo del lavoro è quello di dimostrare che esiste un rapporto di naturale e

inevitabile interdipendenza tra queste due realtà: entrambe, infatti, seppur da due

prospettive diverse, promotrici di autonomia.

2. AUTOVALUTAZIONE E ANALISI DEGLI ERRORI IN AMBITO LINGUISTICO

Implementare in aula meccanismi di (auto)valutazione significa che il professore

trovi, e quindi metta in pratica, una serie di strumenti metodologici concreti,

necessari per il monitoraggio del livello di apprendimento raggiunto, per la verifica

che le strategie impiegate siano risultate adeguate al caso, e, non da ultimo, per

trasmettere ai propri studenti l’attitudine alla riflessione sugli errori commessi.

Se, tradizionalmente, si è considerata finalità esclusiva della valutazione l’accertamento

del livello di abilità raggiunto in una certa disciplina oggetto di insegnamento, cosa

che avviene generalmente attraverso l’impiego di prove finali, test e verifiche varie,

si è poi via via fatta strada la logica di una valutazione intesa come strumentale

rispetto a una riflessione ben più ampia e articolata.

Rispetto all’attività del docente, infatti, l’individuazione e l’analisi degli errori

comporterà la necessità di misurarsi con una metodologia didattica, che probabilmente

ha rivelato falle da colmare, imponendo quindi la revisione del piano formativo

avviato fino a quel momento, rivelatosi parzialmente o interamente inadeguato ai

suoi destinatari, ricorrendo anche a strumenti e materiali che permettano di

ristrutturarlo.

Rispetto a quella del discente, invece, lo sviluppo di un’attitudine riflessiva rispetto

ai propri errori consentirà di stimolare autonomia di giudizio e spirito critico verso

                                                                                                               2 INSTITUTO CERVANTES 2006, p. 11.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 28 ISSN 2039-8646 28

i risultati ottenuti durante la propria formazione, positivi o negativi che siano. Si

tratta pertanto di una forma di monitoraggio vitale per la buona riuscita del

processo.

Questa metodologia che, secondo noi, prevede necessariamente l’analisi non solo del

mal fatto, visto che il ben fatto ha la medesima dignità metodologica e validità

didattica di quello, attiverà un feedback continuo rispetto alle destrezze acquisite ed

al percorso fatto per conseguirle, e che, se opportunamente sviluppato, coinvolgerà

tutta la classe, come mette in risalto Santos Gargallo:

Il modello dell’analisi degli errori è cambiato e ha modificato i suoi obiettivi nel corso degli ultimi tre decenni. Dalla predizione e descrizione di tipologie di forme deviate basate in tassonomie grammaticali, si passò allo studio degli effetti dell’adeguatezza pragmalinguistica nella comunicazione. Si può apprezzare quest’evoluzione nei temi posti da Corder, che, malgrado nei suoi primi studi affermasse che lo scopo principale della ricerca era la predizione delle aree di difficoltà nell’apprendimento di una L2/LE attraverso un inventario quantitativo degli errori più frequenti, nelle pubblicazioni successive estese gli obiettivi ad altre subcompetenze oltre alla grammaticale, ed evidenziò il carattere applicato della ricerca per l’implementazione dei materiali e dei procedimenti didattici.3

Nell’ambito linguistico i meccanismi di apprendimento si sono visti contaminare da

un’impronta sempre più prepotentemente pragmatica e comunicativa, prendendo

ad esempio in considerazione fenomeni relazionali nuovi, come le strategie

adottate dagli allievi per facilitare la comunicazione: turni della conversazione,

presentazioni, formule di apertura e chiusura del discorso, superando quindi

l’attenzione, praticamente esclusiva per gli aspetti grammaticali, che a lungo ha

dominato il settore.

Prendiamo allora a prestito la tesi esposta da Graciela Vázquez4, per ribadire che

per trasformare l’individuazione e la correzione degli errori in un momento

veramente fruttuoso, bisognerebbe insistere sul rafforzamento della partecipazione

attiva e autogestita dell’allievo. Secondo la studiosa, infatti, è necessario incentivare

piani per l’insegnamento delle lingue straniere che includano la riflessione sulle

proprie produzioni, non trascurando tuttavia aspetti psico-affettivi, come la

                                                                                                               3 SANTOS GARGALLO 2004, p. 395 (traduzione dell’autrice). 4 VÁZQUEZ 2009.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 29 ISSN 2039-8646 29

motivazione, e ricorrendo a tutti gli strumenti utili per stimolare l’autonomia, tanto

difesa dal Plan Curricular dell’Instituto Cervantes.

Il Portfolio Europeo delle Lingue (PEL), ad esempio, è un mezzo di lavoro a disposizione

di quanti si cimentino con le lingue straniere, e che, come il Quadro Comune di

Riferimento per le Lingue, è il frutto della politica linguistica del Consiglio d’Europa:

quest’ultimo, infatti, riconoscendo nella specificità linguistica di ogni Paese

dell’Unione un valore imprescindibile, cerca di salvaguardarla, favorendo al contempo

la mutua comprensione tra i cittadini europei.

Questo strumento è stato pensato esattamente con l’obiettivo di stimolare un

apprendimento consapevole, sviluppando così due funzioni essenziali, l’una

pedagogica e l’altra comunicativa, così come si sottolinea in LITTLE et al. (2007):

La prima è pedagogica: il Portfolio Europeo delle Lingue è pensato per rendere il processo di apprendimento linguistico più trasparente agli studenti e promuovere l’autonomia dell’allievo; questo il motivo per cui riconosce un ruolo centrale alla riflessione e all’auto-valutazione. Questa funzione riflette l’impegno da tempo assunto dal Consiglio d’Europa verso l’autonomia dello studente come parte cruciale dell’istruzione, per una cittadinanza democratica e come prerequisito per una formazione che duri tutta la vita. La seconda funzione è dare concreta evidenza alla competenza comunicativa nella seconda lingua o lingua straniera e all’esperienza interculturale. Questo riflette l’altrettanto radicato impegno del Consiglio d’Europa per presentare l’apprendimento linguistico in un modo internazionalmente trasparente. Inoltre, il Portfolio Europeo delle Lingue mira a promuovere lo sviluppo del plurilinguismo, l’abilità a comunicare in due o più lingue oltre alla prima.5

Il Portfolio, che consta di tre parti (Il Passaporto delle lingue, che registra le

competenze linguistiche del suo titolare; la biografia linguistica, cioè il curriculum

linguistico dell’utente; il dossier, che raccoglie esempi concreti dei lavori realizzati e

dei materiali impiegati), se da un lato consente all’allievo di prendere coscienza dei

propri bisogni e obiettivi formativi, permette, dall’altro, al professore di verificare

l’opportunità delle scelte fatte e l’adeguatezza delle strategie adottate6.

Ci sarebbe tanto da dire, inoltre, rispetto alle metodologie di valutazione, a partire

da quella compiuta durante lo svolgersi delle lezioni, realmente formativa (poiché

dotata del maggiore valore educativo). Bordón e Liskin-Gasparro, così, passano in

                                                                                                               5 LITTLE et al. 2007, p. 10 (traduzione dell’autrice). 6 Ibid.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 30 ISSN 2039-8646 30

rassegna tanto la valutazione autentica7 (che riflette i compiti e le sfide reali con cui si

misurano gli individui al di fuori dell’aula), quanto la formula dell’Integrated

Performance Assessment (IPA) secondo The National Standards for Foreign Language

Learning:

L’obiettivo dell’IPA, così come quello della valutazione autentica, consiste nel coinvolgere gli studenti in contesti reali, affinché ricorrano a destrezze e conoscenze previamente acquisite. Entrambe le valutazioni hanno inoltre in comune l’elemento della cooperazione, vale a dire che l’azione di ciascun allievo non può sganciarsi facilmente da quella del gruppo [...].8

come la cosiddetta valutazione dinamica (in spagnolo evaluación dinámica, ED):

Alla ED non interessa ciò che lo studente abbia appreso in passato, cosa che si può verificare con valutazioni statiche della sua competenza individuale in un dato momento. Interessa, invece, il potenziale di apprendimento dello studente durante un’interazione sociale con un esperto.9

Si registra quindi una tendenza chiara, soprattutto in ambito linguistico, secondo

cui le conoscenze da acquisire e le abilità da sviluppare sono sempre più il risultato

della combinazione tra saperi formali e destrezze socioculturali, in cui il contesto,

gli obiettivi comunicativi e i partecipanti all’evento comunicativo occupano una

posizione chiave.

Tralasciamo poi in questa sede la seppur interessantissima questione della modalità

di validazione degli esami: Messick10 nel 1970 avanzò l’idea che questa fosse

un’autentica attività di ricerca (evaluative research), da implementare non

prescindendo dai fattori sociali di riferimento, come il contesto, tema questo che

rimanda al concetto della valutazione linguistica “etica”, dall’evidente impatto

sociale e politico11.

La nostra riflessione, infatti, prescinde dalle singole prove a cui venga sottoposto lo

studente durante l’attività d’aula, insistendo, invece, in un’idea di valutazione più

ampia, continua e che consideri anche le attività “extra-aula”: una valutazione di                                                                                                                7 BORDÓN, LISKIN-GASPARRO 2007, p. 236. 8 Ivi, pp. 237-238 (traduzione dell’autrice). 9 Ivi, p. 238 (traduzione dell’autrice). 10 MESSICK 1970. 11 BORDÓN, LISKIN-GASPARRO 2007, p. 243.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 31 ISSN 2039-8646 31

questo tipo trova perciò valido supporto in quegli strumenti che richiedono una

partecipazione attiva dell’utente (il diario dello studente, in cui ciascuno annota

l’evoluzione del proprio apprendimento; l’autovalutazione; l’analisi dell’attuazione

orale e scritta; la co-valutazione, che implica la valutazione tra pari; i progetti di

lavoro, prove finali di attuazione individuali e/o di gruppo, che includono l’analisi,

la riflessione, l’autovalutazione e/o la co-valutazione dei partecipanti; dossier o

portfolio, strumenti-raccoglitori delle attività e delle attuazioni realizzate in classe)12.

In ambito linguistico, poi, l’(auto)valutazione, in particolare, è considerata un

meccanismo dall’altissimo potenziale formativo dal Quadro Comune di Riferimento per

le Lingue, non solo perché in grado di sviluppare la motivazione e la consapevolezza

rispetto alle difficoltà e i limiti individuati durante il percorso di apprendimento,

tali da indurre a ri-orientarlo, ma anche perché, implementato in modo combinato

con tutte le eventuali verifiche stabilite dal docente, in grado di innescare una

revisione ancora più completa.

3. AUTOVALUTAZIONE ED E/LE

Misurandosi con questo tema, l’Instituto Cervantes13 ha individuato otto competenze,

con le rispettive competenze specifiche, definendole chiave per il professore di lingua

straniera, tra le quali la valutazione occupa un ruolo cruciale all’interno del

complessivo percorso di didattica/apprendimento, facendone anche il perno di un

più generale e pervasivo principio di autocontrollo, nonché di crescita consapevole

e autonoma.14

Gli esempi che offre la ricerca in ambito E/LE sono vari. Vorremmo soffermarci sul

contributo offerto da Martín Peris, che, a partire dall’esperienza maturata

all’interno di un gruppo di ricerca dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona15

sull’attività di insegnamento delle lingue straniere, ha evidenziato il ruolo cruciale

                                                                                                               12 PUIG 2008, p. 87. 13 Sito ufficiale: <http://www.cervantes.es/default.htm>. 14 INSTITUTO CERVANTES 2006, p. 11. 15 Sito ufficiale: <https://www.upf.edu/>.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 32 ISSN 2039-8646 32

svolto dall’(auto)valutazione. Si tratta di un progetto16 che usa come base

concettuale e metodologica la teoria dei piani di studio aperti e centrati sullo

studente, nonché la teoria socio-culturale dell’apprendimento17, per arrivare quindi

a ipotizzare che l’obiettivo principale sia quello di favorire il passaggio dalla

regolazione delle azioni dell’allievo compiuta dal docente alla completa

autoregolazione da parte di questi.18

L’esperimento, basato sull’enfoque por tareas19, insiste sul ruolo strategico dell’(auto)valutazione

da parte degli studenti, che, alla luce di due indicatori specifici (conocimientos e

capacidades), consentirebbe di monitorare costantemente l’andamento globale del

processo, valutando ogni aspetto, dai punti di forza alle necessità, dalle difficoltà

alle lacune fino agli errori, interessando così tre distinti piani dell’apprendimento:

l’oggetto (la lingua), il soggetto (il discente), l’attività (obiettivi e procedimenti).

In realtà sono molti i modelli che fanno dell’(auto)valutazione un momento chiave

dell’apprendimento delle lingue straniere: si pensi al progetto DIALANG (Diagnostic

Language Testing), che, in base al Quadro Comune Europeo di Riferimento, consente di

effettuare online una diagnosi sul livello di dominio di una certa lingua straniera.20

Riprendendo la tesi di Martín Peris, si tratta di mettere a punto delle strategie che

agevolino e potenzino l’autoregolazione dell’allievo: in altre parole, una riflessione

che consenta allo studente di ragionare sulle proprie potenzialità, sulle proprie

azioni e risultati, e al docente di fungere da mediatore di quel processo, perché la

conoscenza metacognitiva si acquisirebbe gradualmente, attraverso tre fasi

fondamentali:

1. potenziamento della consapevolezza dello studente rispetto alla propria

condizione, attraverso strumenti specifici, come abanico lingüístico, autobiografía

                                                                                                               16 Titolo del progetto: Diseño y estudio de la incidencia de instrumentos para el desarrollo de la competencia estratégica en el aprendizaje de lenguas extranjeras en contexto universitario. 17 Cfr. LANTOLF 2000; LANTOLF & THORNE 2006. 18 MARTÍN PERIS 2008. 19 Modello didattico basato sulla realizzazione di attività concrete (cfr. ESTAIRE E ZANÓN 1994). 20 Sito ufficiale: <http://www.lancaster.ac.uk/researchenterprise/dialang/about.htm>.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 33 ISSN 2039-8646 33

del aprendizaje, e ponendosi delle domande concrete (es. Come apprendo meglio?

Cosa mi ha aiutato ad apprendere? Cosa faccio per apprendere fuori dell’aula?);

2. coinvolgimento dell’allievo nella pianificazione e implementazione di sequenze

didattiche basate sull’enfoque por tareas, in cui si rifletta sulla programmazione

del lavoro, sulle modalità di svolgimento e criticità correlate;

3. conoscenza dei criteri di valutazione, perché la consapevolezza investa

l’intero percorso formativo in ogni suo aspetto.21

Si tratta, dunque, di coltivare la cultura dell’(auto)valutazione che, non prescindendo

da prove ed esami, pur sempre una valida forma di controllo, abitui gli studenti a

ragionare non tanto sui risultati raggiunti, quanto sul percorso per arrivare a

quelli.22

Infine, non ci sembra affatto secondaria, soprattutto per una classe di lingue

straniere, la collaborazione tanto tra studenti e docenti, come tra gli stessi studenti,

cioè la co-(auto)valutazione, intesa come strumento di potenziamento della

consapevolezza rispetto alle proprie produzioni attraverso quelle altrui, anche, così

come proposto da Fernández.23

Secondo quest’impostazione, la co-(valutazione) costituirebbe una delle cinque

misure-chiave di un efficace processo di apprendimento:

1. la riflessione quotidiana, compiuta dallo studente con l’impiego di strumenti

concreti di monitoraggio (Diario de aprendizaje, quaderni–raccoglitori di

errori, con riflessioni intorno alle cause delle difficoltà incontrate e ai metodi

di correzione adottati; formulazione di risposte a domande specifiche, dalle

modalità di conseguimento degli obiettivi di una data unità, alla motivazione

che guida l’apprendimento della lingua);

2. il confronto con il docente, con l’impiego di ogni strumento utile possibile,

scritto e orale, dai colloqui e le registrazioni fino ai messaggi di posta elettronica;                                                                                                                21 MARTÍN PERIS 2008. 22 ARUMÍ Y CAÑADA 2004. 23 FERNÁNDEZ 2011.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 34 ISSN 2039-8646 34

3. la misurazione dei progressi realizzati, attraverso esercizi con chiave di

risposta, preliminarmente predisposti dal docente, su aspetti formali della

lingua straniera, o griglie di valutazione delle proprie produzioni e di quelle

dei colleghi, sulla base di criteri previamente discussi e concordati;

4. le visualizzazioni, cioè il ricorso a rappresentazioni grafiche anche, in grado

di esplicitare il livello raggiunto nella competenza linguistica da parte della

classe, non solo rispetto ad aspetti formali della lingua ma anche psicologici

(la motivazione, il coinvolgimento, la partecipazione, l’impegno profuso fuori

dall’aula, etc.);

5. la co-(auto)valutazione, cioè la promozione di un clima di riflessione reciproca

tra gli allievi medesimi, e quindi condivisa da tutta la classe, attraverso lo

scambio di opinioni sul corso, il gruppo, l’attuazione personale e del docente,

l’efficacia dei materiali, etc. 24

Pensiamo che soprattutto nell’ambito della didattica dello spagnolo rivolta a

studenti che abbiano come prima lingua una lingua affine, come l’italiano nel

nostro caso, possa risultare oltremodo utile il confronto e la collaborazione con la

classe anche per un’altra ragione, per poter riflettere, cioè, sul ruolo svolto dalla

lingua materna nell’apprendimento di quella straniera, se quell’affinità lo faciliti, e

in quale misura, o possa addirittura ostacolarlo.

4. LA PRATICA (AUTO)RIFLESSIVA

Anche il docente ha a propria disposizione preziosi strumenti di (auto)valutazione,

come il portfolio del professore, in cui registrare le osservazioni sul proprio lavoro con

gli studenti, ricevendo quindi informazioni vitali per la prosecuzione della propria

attività professionale.25 Ci stiamo già muovendo, in realtà, nell’alveo dalla

cosiddetta pratica-riflessiva, termine coniato da SCHÖN (1983)26 per definire l’analisi

                                                                                                               24 FERNÁNDEZ 2011, p. 8. 25 PUIG 2008, p. 87. 26 SCHÖN 1983.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 35 ISSN 2039-8646 35

del lavoro svolto da ciascun professionista durante l’azione stessa, a partire dalla

quale mettere a punto adeguate strategie, correttive o meno.

A partire da questa teoria, che trae origine dalle riflessioni di DEWEY (1938)27 intorno

all’indagine, Schön definisce il professionista riflessivo come «colui che nell’agire

professionale si pone come ricercatore, e che, in ragione di tale atteggiamento,

accresce le proprie conoscenze e competenze, riflettendo appunto nel/sul proprio

agire professionale».28

Malgrado le considerazioni di Schön, professore al Massachussetts Institute of

Technology, si siano rivolte prevalentemente al settore dell’istruzione e della

formazione professionale, ciò non esclude che queste possano essere validate dal

mondo educativo in generale, dalla Scuola all’Università: l’attenzione verso

quest’ipotesi sta risultando negli ultimi anni crescente. Secondo quest’impostazione,

infatti, ci troveremmo di fronte a una nuova tipologia di formatori: i docenti, in

questo modo, trasformerebbero le proprie riflessioni sui contenuti, le tecniche e i

risultati delle proprie sessioni di lavoro nell’inizio di una forma di ricerca, che

arriverebbe a investire finanche il credo educativo stesso.29

In questo modo, il docente apprenderebbe non solo dalla propria attività, didattica

appunto, ma anche dalle proprie riflessioni intorno ad essa.30

Questo orientamento in effetti annovera già molti sostenitori nel contesto europeo.

In Italia, ad esempio, è già attiva da tempo l’associazione APRED31 (Analisi delle

pratiche educative), che si interessa dell’analisi dei processi educativi in azione, per

esplicitare e condividere questioni, metodologie e problematiche che coinvolgono

educatori e ragazzi, insegnanti e studenti.

                                                                                                               27 DEWEY 1938. 28 SCHÖN 1983, p. 20 (traduzione dell’autrice). 29 ESTEVE 2004. 30 LATORRE 2003. 31 Sito ufficiale: <http://www.apred.eu/>.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 36 ISSN 2039-8646 36

Sul fronte spagnolo, poi, è opportuno citare l’ipotesi progettuale di Tomàs Pujolà

Font e M. Vicenta González Argüello32, tesa alla creazione di un Portfolio reflexivo del

profesor (PRP), un documento (comprendente: risultati accademici o professionali;

bisogni, valori, preoccupazioni e obiettivi della materia insegnata; programmazione

dei contenuti; esempi di valutazioni realizzate; esperienze di lavoro in aula; attività

extracurricolari; ...), che consenta al docente di riflettere sulla propria attività con

grande flessibilità e che lo porti, se necessario, a ripensare al proprio lavoro.

Tutte queste informazioni, infine, dovranno essere condivise con gli altri docenti

nell’ambito di una piattaforma virtuale, creando in questo modo un preziosissimo

spazio di riflessione condivisa.

Come si può apprezzare, quindi, è ormai un dato di fatto la sensibilità verso la

riflessione sul proprio operato, di formazione o professionale, che si fa a sua volta

oggetto di indagine.

5. CONCLUSIONI

Per concludere, vorremmo porre l’accento non solo sulle potenzialità di un processo di

apprendimento radicato nell’(auto)valutazione, così come suggeriscono i contributi

segnalati nelle sezioni precedenti, ma anche sulla convinzione che quest’ultima sia

in realtà complementare, se non inscindibile, dall’esercizio della pratica riflessiva

del docente. Solo dalla loro compenetrazione sarà possibile, a nostro avviso,

imparare ad imparare: impieghiamo qui uno dei leitmotiv dei più noti orientamenti

didattici, per riferirci tanto al docente quanto all’allievo.

Riteniamo, inoltre, che nel nostro caso specifico, quello della didattica dello

spagnolo come lingua straniera per studenti italofoni, questa combinazione possa

garantire dei vantaggi ulteriori.

Avendo ben chiara, infatti, la complessità che contraddistingue i rapporti tra due

lingue affini, come italiano e spagnolo, pensiamo che un’attenta (auto)valutazione

                                                                                                               32 PUJOLÀ FONT, GONZÁLEZ ARGÜELLO 2008.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 37 ISSN 2039-8646 37

da parte dello studente, alla luce soprattutto della contrastività della lingua

straniera rispetto a quella materna, unita a una riflessione da parte del docente su

come veicolare l’ampio ventaglio di somiglianze e discrepanze che segna quella

relazione, possa favorire l’autonomia a cui si alludeva nei paragrafi precedenti.

Si tratta, tuttavia, di interpretare quel concetto in modo che non si limiti più

esclusivamente all’oggetto dell’apprendimento, la lingua straniera, ma investa ora

il processo globale con cui viene conseguito l’obiettivo formativo (dall’autonomia

sui processi cognitivi all’autonomia sui processi metacognitivi)33 e, soprattutto,

tutti quanti i protagonisti di quel processo.

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                                                                                                               33 MARTÍN PERIS 2008.

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VÁZQUEZ G. 2009, Análisis de errores, el concepto de corrección y el desarrollo de la autonomía, «Revista Nebrija de Lingüística Aplicada a la Enseñanza de Lenguas», n. 5, pp. 115-122, scaricabile dal sito web: <http://www.nebrija.com/revista-linguistica/revista_5/articulos_n5/vazquez_b.pdf>.

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Seconda parte

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 40 ISSN 2039-8646

 

Notizie

Giornate di formazione per docenti di scuola secondaria di secondo grado “Dalla luce alla struttura della materia” (Udine, Università degli Studi, 15 ottobre 2015)

A completamento di quanto già pubblicato in QuaderniCIRD n. 11 (2015) circa

l’attività di formazione per l’area Matematica, presentiamo ora il resoconto di

quanto svolto nell’occasione per le aree Chimica e Fisica. A queste era dedicata, in

particolare, la prima giornata dei lavori, intitolata Dalla luce alla struttura della

materia.

Durante la mattinata sono stati proposti due contributi di Fisica e tutta l’attività

(seminario e laboratorio) di Chimica. Nel pomeriggio si sono svolti, invece, diversi

laboratori di Fisica in parallelo, per gruppi di insegnanti. Alcuni di questi prevedevano

sia attività in laboratorio “tradizionale” che in laboratorio informatico. Riportiamo di

seguito un sunto dei contenuti per le due aree. Il programma completo è riportato

alla fine di questo contributo.

1. FISICA

All’area Fisica hanno contribuito docenti e ricercatori provenienti sia dall’Università di

Udine (UniUD) che dall’Università di Trieste (UniTS).

Da molto tempo è in atto tra i due Atenei una fruttuosa collaborazione che si

declina non solo nell’attività di formazione degli insegnanti ma anche in quella

rivolta agli studenti delle Scuole secondarie di secondo grado, in particolare nelle

Scuole Estive di Fisica moderna. Anche in questa occasione le diverse esperienze e

competenze si sono complementate a vicenda. Per semplicità, esponiamo prima

l’attività proposta da UniUD e poi da UniTS.

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Notizie Maria Peressi, Marisa Michelini, Roberto Rizzo, Alberto Stefanel, Giorgio Pastore

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 41 ISSN 2039-8646 41

La presentazione della prof. Marisa Michelini ha fornito un rassegna di ricerca sui

diversi modi in cui la fisica moderna può entrare nei curricoli scolastici1,2,3,

focalizzando sulle proposte basate su alcuni studi sviluppati dall’Unità di Ricerca in

Didattica della Fisica dell’Università di Udine (URDF)4. Particolare attenzione è stata

dedicata alle attività laboratoriali del pomeriggio che hanno caratterizzato e

qualificato la giornata e in cui gli insegnanti partecipanti al seminario formativo

hanno potuto esplorare personalmente alcune delle proposte presentate.

La rassegna di ricerca presentata ha evidenziato che, per quanto la fisica del secolo

scorso sia ormai inclusa in tutti i curricula nazionali e i libri di testo delle scuole

secondarie europee, vi sono tuttora dimensioni su cui vi è un’ampia discussione in

letteratura:

- Obiettivi (Per la cultura del cittadino? Per la divulgazione? Per l’orientamento?).

- Motivazioni.

- Contenuti (Trattazione degli aspetti fondamentali, piuttosto che di quelli

tecnologici, piuttosto che delle applicazioni in diversi ambiti?).

- Studenti a cui proporla (A tutti? Solo ai licei scientifici? Solo ai più bravi?).

- Strumenti.

- Metodi (Narrazione dei principali risultati? Argomentazione di problemi

cruciali?)

- Tipologia della proposta (Proposta integrata o parte complementare nel

curriculum?)1,2.

In diversi progetti internazionali di ricerca, l’URDF ha sviluppato varie proposte:

- La fisica moderna nelle analisi di ricerca in scienza dei materiali: la resistività

e l’effetto Hall per le proprietà di trasporto elettriche, Spettroscopia

                                                                                                               1 HAKE R.R., Is it finally time to implement curriculums? «AAPT Announcer» 30(4) (2000), p. 103. 2 OSTERMANN F., MOREIRA M. A., …, «Revista de Enseñanza de las Ciencias», 3 (2), 18 (2000), pp. 391-404. 3 MICHELINI M., Building bridges between common sense ideas and a physics description of phenomena, in L. MENABUE, G. SANTORO (eds.), New Trends in STE, Bologna, CLUEB, 2010, pp. 257-274. 4 MICHELINI M., SANTI L., STEFANEL A., Teaching modern physics in secondary school, proceedings of FFP14, Marseille, 2015, in corso di stampa.

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Notizie Maria Peressi, Marisa Michelini, Roberto Rizzo, Alberto Stefanel, Giorgio Pastore

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 42 ISSN 2039-8646 42

Rutherford Backscattering per la caratterizzazione strutturale di materiali, la

Time Resolved Reflectivity per analizzare la crescita epitassiale di substrati.

- Esperimenti cruciali su fenomeni che hanno costituito problema interpretativo

per la fisica classica.

- Contesti fenomenologici di transizione tra fisica classica e quantistica.

- Approccio esplorativo ai fenomeni di superconduttività (attraverso un

percorso coerente).

- Discussione di concetti fondamentali/trasversali sia in fisica classica, sia in

fisica moderna, come quelli di stato, misura, sezione d’urto, energia/massa.

- Formazione al pensiero teoretico, con la proposta di un percorso coerente

alla costruzione dei concetti fondanti della meccanica quantistica, con

approccio alla Dirac (si veda in proposito: <http://www.fisica.uniud.it/URDF>).

Nei laboratori pomeridiani, a cura dell’URDF, queste tipologie di proposte sono

state esemplificate in laboratori sperimentali e didattici su:

- il contesto dell’ottica fisica, affrontato come percorso concettuale a partire

dalla esplorazione sperimentale della diffrazione e della polarizzazione della

luce con sensori on-line nella costruzione delle leggi fenomenologiche che la

descrivono, la sua interpretazione attraverso modelli basati su principi primi

a partire da un’ipotesi ondulatoria sulla natura della luce, la sua interpretazione

quantistica basata su un modello vettoriale della polarizzazione dei fotoni;

- la misura della velocità della luce effettuata con un apparato innovativo,

contestualizzata nella rivisitazione del superamento dei limiti tecnologici che

hanno apportato i diversi metodi con cui nella storia è stata effettuata la

misura di questa costante fondamentale della fisica;

- l’esperimento di Frank e Hertz e la misura di e/m, come contributo sugli esperimenti

cruciali che hanno portato alla nascita della fisica moderna;

- le misure di resistività in funzione della temperatura per metalli, semiconduttori e

superconduttori e misura del coefficiente di Hall, proposte come esempio di

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Notizie Maria Peressi, Marisa Michelini, Roberto Rizzo, Alberto Stefanel, Giorgio Pastore

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 43 ISSN 2039-8646 43

tecniche di caratterizzazione dei materiali con misure di proprietà elettriche di

trasporto, quale contesto per il raccordo tra fenomenologia e modelli

microscopici, come esperimenti integrati nel percorso sulla superconduttività;

- la proposta didattica sulla Rutherford Backscattering Spectrometry (RBS), in cui

gli studenti discutono il principio della misura, introducendo concetti come

la sezione d’urto, il potere di frenamento, il fattore cinematico e utilizzandoli

poi in attività di problem solving nell’analisi di veri spettri RBS di laboratorio;

- il percorso sulla superconduttività, in cui l’analisi esplorativa e sperimentale

delle proprietà magnetiche ed elettriche dei materiali superconduttori porta

progressivamente gli studenti a sviluppare un modello elettromagnetico in

grado di render conto della fenomenologia, motivando all’analisi del modello

quantistico basato sulla teoria BCS in grado di interpretare la transizione di

fase superconduttiva;

- la proposta didattica sulla Meccanica quantistica, in cui gli studenti esplorano

contesti come quello della polarizzazione dei fotoni o dello spin degli elettroni

per costruire i fondamenti concettuali della teoria quantistica, esplorano il

peculiare comportamento dei sistemi quantistici, hanno esperienza del ruolo

concettuale del formalismo quantistico, seppure nel contesto semplice dei

sistemi a due stati.

Per l’Università di Trieste hanno contribuito il dott. Daniele Fausti, ricercatore, e i

professori Maria Peressi e Giorgio Pastore, tutti esperti nella Fisica della Materia,

con competenze sperimentali il primo, e teorico/computazionali gli altri.

Il dott. Fausti ha svolto una presentazione sulla natura duplice della radiazione, onda e

particella. Il contributo è iniziato con la revisione di alcuni concetti fondanti

dell’elettrodinamica e la discussione di esperimenti fondanti dell’elettrodinamica

classica (diffrazione ed interferenza) attraverso il formalismo di Maxwell, per

arrivare a introdurre il concetto di fotone come quanto di eccitazione del campo

elettromagnetico. Il colloquio è terminato con una discussione di esperimenti ideali di

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Notizie Maria Peressi, Marisa Michelini, Roberto Rizzo, Alberto Stefanel, Giorgio Pastore

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 44 ISSN 2039-8646 44

interferometria con singoli fotoni e dei comportamenti “apparentemente

paradossali” che ne possono derivare.

Il Laboratorio di simulazione numerica del pomeriggio, proposto da Maria Peressi e

Giorgio Pastore, era invece centrato sulla simulazione di esperienze di diffrazione e sulle

distribuzioni di probabilità. Il motivo pedagogico della scelta era fondato sul fatto che

la meccanica quantistica assegna al punto di vista probabilistico un ruolo centrale.

Normalmente, nell’affrontare la meccanica quantistica, si pensa subito ad altre

difficoltà matematiche (operatori, spazi di Hilbert, equazioni a derivate parziali,

trasformate di Fourier, ...). Tuttavia le maggiori difficoltà sono quelle concettuali

relative all’interpretazione e alla descrizione probabilistica della realtà.

A partire da tale preoccupazione, Peressi e Pastore hanno suggerito alcuni spunti

per insegnare agli studenti cos’è una distribuzione di probabilità in generale e come

utilizzarla, attraverso un’attività di laboratorio numerico che permetta di toccare

con mano concetti che rischiano di rimanere altrimenti astratti. Non si aveva la

pretesa di arrivare a una soluzione numerica dell’equazione di Schrödinger, quanto

piuttosto di costruire numericamente e visualizzare funzioni d’onda e orbitali dei

quali fosse nota l’espressione analitica.

Gli strumenti utilizzati sono stati i numeri pseudocasuali generati dal computer e un

semplice algoritmo (“accettazione-rifiuto”) per generare una o più variabili casuali,

i cui valori seguano una distribuzione di probabilità assegnata. Si è così arrivati,

punto per punto, alla costruzione della figura di interferenza nell’esperimento della

doppia fenditura.

Per l’esperimento originale, si veda: MERLI P. G., MISSIROLI G. F., POZZI G., On the

statistical aspect of electron interference phenomena, «Am. J. Phys.», 44 (1976), pp. 306-

307, e i filmati didatticamente molto interessanti proposti dai seguenti siti web:

<https://www.bo.imm.cnr.it/users/lulli/downintel/index.html>;

<http://www.hitachi.com/rd/portal/highlight/quantum/movie/index.html>.

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Notizie Maria Peressi, Marisa Michelini, Roberto Rizzo, Alberto Stefanel, Giorgio Pastore

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 45 ISSN 2039-8646 45

In modo analogo, si sono costruiti semplici orbitali dell’atomo di idrogeno e molecole.

Anche in questo caso si trova materiale interessante in rete:

- per l’atomo di idrogeno: <http://www.falstad.com/qmatom/>;

- per lo ione molecolare H2+: <http://www.falstad.com/qmmo/>;

- da rappresentazioni mediante nuvole di punti a altre rappresentazioni di

densità e orbitali:

<http://winter.group.shef.ac.uk/orbitron/AOs/1s/e-density-dots.html>.

Dal dialogo che si è instaurato nello svolgimento del laboratorio, è emersa la

raccomandazione di evitare un uso acritico e “a scatola chiusa” di applet e

programmi troppo sofisticati, il cui prodotto per gli studenti può risultare

misterioso, se non a volte fuorviante.

2. CHIMICA

Nella seconda parte della mattina, il prof. Roberto Rizzo ha illustrato alcuni aspetti

della chimica dei polimeri e dei materiali polimerici.

Cenni di questi argomenti potrebbero entrare nella didattica della chimica, anche

in considerazione del fatto che i materiali polimerici costituiscono una parte

importante dell’industria chimica e che manufatti a base di polimeri sono oggetti

comunissimi in tutto il mondo e in tutti gli ambienti.

In particolare, il relatore si è soffermato sul funzionamento dei materiali elastomerici

che hanno notevolissime applicazioni come gomme in una miriade di oggetti che

hanno la proprietà di resistere eccellentemente alle deformazioni.

A conclusione dell’intervento, il docente ha proposto un semplice esperimento a

base di colla vinavil, borace e acqua, col quale costruire una pallina elastomerica

che ha le proprietà di essere elastica se sottoposta a sollecitazioni intense e, al

contrario, fluire in modo viscoso se sottoposta a sollecitazioni minori come la forza

di gravità.

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Notizie Maria Peressi, Marisa Michelini, Roberto Rizzo, Alberto Stefanel, Giorgio Pastore

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 46 ISSN 2039-8646 46

PROGRAMMA DEI LAVORI

DALLA LUCE ALLA STRUTTURA DELLA MATERIA

Giornata dedicata alla chimica e alla fisica

Udine, 15 ottobre 2015

8:30 Registrazione e accoglienza.

9:00 Saluti e introduzione.

9:30 Marisa Michelini, La Fisica moderna nella scuola: proposte didattiche.

10:30 Daniele Fausti, Fotoni, spettroscopie ottiche, ottica quantistica.

11:30 Pausa

11:45 Roberto Rizzo, Polimeri e materiali polimerici.

12:45 Roberto Rizzo, Esperimento “la pallina elastomerica”.

13:15 Pausa

14:15 Laboratori in parallelo, I turno.

A) Maria Peressi e Giorgio Pastore, Laboratorio di simulazione numerica: diffrazione

e distribuzioni di probabilità.

B1) Alberto Stefanel, Diffrazione ottica con sensori on-line.

B2) Giacomo Zuccarini, Legge di Malus.

B3) Lorenzo Santi, Misura della velocità della luce.

B4) Ilario Boscolo e Lorenzo Marcolini, Esperimento di Frank ed Hertz e misura

di e/m.

B5) Mario Gervasio, Misure di resistività in funzione della temperatura per metalli,

semiconduttori e superconduttori e misura del coefficiente di Hall a temperatura

ambiente.

16:15 Pausa

16: 30 Laboratori in parallelo, II turno.

A) Maria Peressi e Giorgio Pastore, Laboratorio di simulazione numerica: diffrazione

e distribuzioni di probabilità.

B6) Alessandra Mossenta, Percorso didattico sull’RBS.

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Notizie Maria Peressi, Marisa Michelini, Roberto Rizzo, Alberto Stefanel, Giorgio Pastore

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 47 ISSN 2039-8646 47

B7) Alberto Stefanel, Percorso di superconduttività.

B8) Marisa Michelini e Giacomo Zuccarini, Percorso di Meccanica quantistica.

18:30 Conclusione e consegna degli attestati di presenza.

COMITATO SCIENTIFICO

Marisa Michelini, Maria Peressi, Roberto Rizzo, Rossana Vermiglio, Luciana Zuccheri.

COMITATO ORGANIZZATORE

Università di Trieste: Giorgio Pastore, Maria Peressi, Roberto Rizzo, Michele Stoppa,

Luciana Zuccheri, Verena Zudini.

Università di Udine: Agostino Dovier, Marisa Michelini, Lorenzo Santi, Alberto

Stefanel, Rossana Vermiglio.

Ufficio Scolastico Regionale: Valentina Feletti.

ENTI COLLABORATORI

CIRD dell’Università di Trieste.

CIRD dell’Università di Udine.

MARIA PERESSI Dipartimento di Fisica, Università di Trieste

MARISA MICHELINI Dipartimento di Scienze Matematiche, Informatiche e Fisiche, Università di Udine

ROBERTO RIZZO Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Trieste

ALBERTO STEFANEL Dipartimento di Scienze Matematiche, Informatiche e Fisiche, Università di Udine

GIORGIO PASTORE Dipartimento di Fisica, Università di Trieste

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 48 ISSN 2039-8646

 

Notizie

Svolgimento della “Gara a squadre di matematica Coppa Aurea, XII edizione” (Trieste, 4 marzo 2016)

Il giorno 4 marzo 2016, nell’Aula Magna dell’Università di Trieste, si è svolta la XII

edizione della “Gara a squadre di matematica Coppa Aurea”, collegata al Progetto

nazionale Olimpiadi della matematica.

Figura 1. La coppa in palio per la gara a squadre Coppa Aurea.

La gara, che non ha la finalità di selezionare gli studenti più dotati, né, tanto meno,

di evidenziare le scuole migliori, è un’occasione per avvicinare gli studenti a un

aspetto ludico e divertente della matematica. Il gioco di squadra, che deve rimanere

nell’ambito di uno spirito sportivo basato sulla reciproca stima, è un invito ai

partecipanti alla razionale organizzazione nella divisione dei compiti e soprattutto

alla collaborazione e al rispetto degli altri.

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Notizie Luciana Zuccheri

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 49 ISSN 2039-8646 49

Figura 2. Un momento dello svolgimento della gara nell’Aula Magna dell’Università di Trieste.

L’edizione 2016 della gara ha battuto ogni precedente record di partecipazione in

termini di scuole e province rappresentate, con la presenza di ben 25 squadre,

ciascuna composta da 7 ragazzi e un docente accompagnatore (più qualche riserva)

di scuole secondarie di secondo grado delle province di Trieste, Udine, Gorizia,

Pordenone, Treviso, Venezia e di istituti superiori con lingua d’insegnamento

italiana delle città di Buie, Rovigno, Pola (in Croazia).

Le prime tre squadre classificate sono state le seguenti:

1. Taylor Moon, Liceo Scientifico “G. Berto”, Mogliano Veneto (TV).

2. I 7 del Leone, Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci”, Treviso.

3. Copernico, Liceo Scientifico “N. Copernico”, Udine.

Referente di questa attività, che rientra nel Progetto locale “Matematica” del Piano

nazionale Lauree Scientifiche, è il Prof. Franco Obersnel del Dipartimento di

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Notizie Luciana Zuccheri

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 50 ISSN 2039-8646 50

Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste, che ha curato anche

l’organizzazione della fase di allenamento alle gare.

La gara è stata molto emozionante e ha visto tutti i partecipanti impegnarsi con

entusiasmo nella risoluzione dei problemi. La “Coppa Aurea” sarà rimessa in palio

alla prossima edizione e diventerà di possesso definitivo dell’Istituto che riuscirà a

vincerla tre volte (da quando l’attuale coppa è stata messa in palio tre anni fa, il

Liceo “G. Berto” di Mogliano Veneto ha vinto due edizioni e il Liceo “Leonardo da

Vinci” di Treviso un’edizione).

Figura 3. Un momento della fase iniziale della manifestazione. Da sinistra: il prof. Franco Obersnel (referente dell’attività), il Rettore dell’Università di Trieste prof. Maurizio Fermeglia, il Direttore del Dipartimento di Matematica e Geoscienze prof. Alessandro Fonda. L’iniziativa ha ottenuto il patrocinio della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia,

del Comune di Trieste, della Provincia di Trieste e dell’Ufficio Scolastico Regionale

per il Friuli-Venezia Giulia. Hanno contribuito finanziariamente, oltre al MIUR

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Notizie Luciana Zuccheri

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 51 ISSN 2039-8646 51

(tramite il Progetto “Matematica” del Piano nazionale Lauree Scientifiche),

l’Università di Trieste, il Dipartimento di Matematica e Geoscienze, l’ICTP (che ha

anche contribuito con alcune sedute di allenamento) e la SISSA; hanno contribuito

fornendo dei premi Illycaffé, i Civici musei scientifici di Trieste e il museo

dell'Antartide.

Per ulteriori dettagli e informazioni si rinvia al sito ufficiale:

<http://www.dmi.units.it/divulgazione/olimpia>.

LUCIANA ZUCCHERI

Coordinatrice del Progetto locale “Matematica” del Piano nazionale Lauree Scientifiche

Dipartimento di Matematica e Geoscienze Università di Trieste

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 52 ISSN 2039-8646

 

Notizie

La manifestazione “La matematica dei ragazzi: scambi di esperienze tra coetanei - XI edizione” (Trieste, 21 - 22 aprile 2016)

Giovedì 21 e venerdì 22 aprile 2016 si è svolta presso l’I. C. Divisione Julia di Trieste

“La matematica dei ragazzi: scambi di esperienze tra coetanei”. La manifestazione,

giunta all’XI edizione, fa parte di un progetto pluriennale intrapreso fin dal 1996 dal

Nucleo di Ricerca in Didattica della Matematica dell’Università di Trieste1. L’attività

è supportata dal Piano nazionale Lauree Scientifiche – Progetto “Matematica” del

Dipartimento di Matematica e Geoscienze.

Circa 200 allievi di scuola primaria e secondaria di età compresa tra i 6 e i 18 anni,

provenienti dalle province di Trieste, Gorizia e Udine, hanno presentato undici

laboratori di matematica, preparati sotto la guida dei rispettivi insegnanti e con la

collaborazione di docenti e studenti del Corso di Studi in Matematica dell’Università di

Trieste. L’afflusso dei visitatori, più di 50 classi - dalla scuola dell’infanzia alla scuola

secondaria di secondo grado - delle province di Trieste e Gorizia, è stato molto

elevato. Gli allievi coinvolti sono stati complessivamente circa 1300.

Riportiamo di seguito la descrizione dei laboratori presentati alla manifestazione.

Tutti i temi affrontati hanno riscosso vivo interesse, spaziando dalle trasformazioni

geometriche alle geometrie non euclidee, dalla storia dei numeri all’aritmetica, fino

alla crittografia e all’etnomatematica.

Alcuni laboratori sono stati replicati la settimana seguente a Monfalcone (GO) nel

corso della manifestazione “Scienza Under 18 Isontina”2.

                                                                                                               1 <http://www.nrd.units.it>. 2 <http://www.scienzaunder18isontina.it/>.

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 53 ISSN 2039-8646 53

Figura 1. Immagini tratte dal laboratorio n. 4, dedicato alla crittografia.

DESCRIZIONE DEI LABORATORI

1. ALLA RICERCA DEL QUADRATINO... NEL QUADERNO!

Presentato da: Classe I E, Scuola Primaria G. Foschiatti, I. C. Valmaura, Trieste.

Docente: Daniela Leder; tirocinante: Arianna Dell’Oglio.

Sunto: La classe I E della Scuola Foschiatti presenta un percorso, nell’ambito della

geometria, finalizzato all’uso consapevole delle griglie presenti sui quaderni “a

quadratini” fino ad arrivare ad alcune attività di pre-misura.

Laboratorio adatto dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia fino alla classe terza della

scuola primaria; presente giovedì 9-12:30 e venerdì 9-12.

2. IL POTERE DELLE POTENZE

Presentato da: Classe I C, Scuola Secondaria di I grado Divisione Julia, I. C. Divisione

Julia, Trieste.

Docente: Anna Rosati.

Sunto: Un laboratorio per mettersi alla prova in una serie di giochi e attività per

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Notizie Luciana Zuccheri

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 54 ISSN 2039-8646 54

imparare ad apprezzare il potere dell’elevamento a potenza, delle proprietà di

questa operazione e le molteplici applicazioni della scrittura esponenziale.

Laboratorio adatto dalla scuola primaria fino alla classe terza della scuola secondaria di

primo grado; presente giovedì e venerdì 9-12:30.

3. GEOMETRIA IN GIOCO

Presentato da: Classe II C, Scuola Secondaria di I grado Divisione Julia, I. C. Divisione

Julia, Trieste.

Docente: Anna Rosati.

Sunto: Con la geometria ci si può anche divertire? Il laboratorio propone una serie di

giochi e di attività manipolative per stimolare la capacità di osservazione, scoprire

caratteristiche e proprietà delle figure geometriche e le trasformazioni nello spazio.

Laboratorio adatto dalla scuola primaria fino alla scuola secondaria di secondo grado; presente

giovedì e venerdì 9-12:30.

4. “AIFARGOTTIRC... E ACITAMETAM” OVVERO “L’ARTE DEI CODICI SEGRETI”

Presentato da: Classi I A e I C, Scuola Secondaria di I grado M. Codermatz, I. C. San

Giovanni, Trieste.

Docenti: Valentina Bologna e Paola Castellan; tirocinante: Francesca Cairoli.

Sunto: Con quattro diverse attività, di difficoltà crescente per ordine di scuola, i

partecipanti al laboratorio entreranno nel mondo dei codici segreti; capiranno la

differenza tra cifratura e decifratura, tra cifrario monoalfabetico e polialfabetico,

tra crittogramma e parola chiave. Chi sarà il prossimo agente segreto? La sfida è

aperta a tutti.

Laboratorio adatto dalla classe terza della scuola primaria fino alla classe seconda della

scuola secondaria di secondo grado; presente giovedì e venerdì 9-12:30.

5. CHE ROMPICAPO QUESTI SOLIDI!

Presentato da: Classi III C e III D, Scuola Secondaria di I grado F. Tomizza e G. Roli

(Sede di Altura), I. C. G. Roli, Trieste.

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Notizie Luciana Zuccheri

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 55 ISSN 2039-8646 55

Docenti: Mariarita Del Maschio e Patrizia Ferrari.

Sunto: In questo laboratorio impareremo qualcosa di più sui solidi e ci divertiremo a

giocare con il cubo rompicapo. Dopo aver introdotto le caratteristiche principali dei

solidi, definiremo i concetti di diedro e angoloide e scopriremo la relazione di

Eulero. Poi ci soffermeremo sui poliedri platonici e spiegheremo perché sono solo 5.

Continueremo con qualche curiosità sui solidi e, per concludere, un bel gioco

geometrico : il “Cubo rompecabezas”.

Laboratorio adatto dalla classe quinta della scuola primaria fino alla classe prima della

scuola secondaria di secondo grado; presente giovedì e venerdì 9-12:30.

6. ORIGAMI E GEOMETRIA

Presentato da: Gruppi di studenti delle classi I AET, I BET, II AET, II BET, I. S. I. S.

S. Pertini, Indirizzo Turistico, Monfalcone (GO).

Docenti: Emanuela Inglese e Letizia Mucelli.

Sunto: Alcuni studenti dell’ISIS Pertini saranno lieti di accompagnarvi in insoliti

itinerari turistici all’interno di un bucolico paesaggio di carta, realizzato con

tecniche dell’origami, per scoprire la geometria nascosta tra le piegature. In un sole

a sei punte si sveleranno rette parallele e perpendicolari, bisettrici, assi di segmenti,

triangoli equilateri ed esagoni... Farfalle d’oro e d’argento prenderanno forma da

rettangoli speciali. E ancora tante domande… Cosa si nasconde in una stella a

cinque punte? Un angolo qualsiasi si può trisecare? Come si può ottenere, con le

piegature della carta, un campo a forma di parallelogramma?

Laboratorio adatto dalla classe terza della scuola primaria fino alla classe quinta della scuola

secondaria di secondo grado; presente giovedì e venerdì 9-12:30.

7. DALLA GRU DELL’ORIGAMI ALLA TOMBOLA DELLE TRASFORMAZIONI

Presentato da: Gruppi di studenti delle classi I AET, I BET, II AET, II BET, I. S. I. S.

S. Pertini, Indirizzo Turistico, Monfalcone (GO).

Docenti: Emanuela Inglese e Letizia Mucelli.

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Notizie Luciana Zuccheri

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 56 ISSN 2039-8646 56

Sunto: Si proporrà un percorso realizzato con gli studenti del primo biennio, in cui

l’approccio al pensiero astratto, razionale, ma anche creativo della geometria è stato

stimolato e supportato dalla concretezza della costruzione di origami e dalla fantasia

nell’uso dei colori. In una simpatica gru o nell’elegante cigno si riconosceranno simmetrie

e rotazioni e, con l’aiuto della magia del simmetroscopio e di modelli costruiti con dei

lucidi trasparenti, si impareranno alcune regole per giocare tutti assieme alla

tombola delle trasformazioni.

Laboratorio adatto dalla classe terza della scuola primaria fino alla classe quinta della scuola

secondaria di secondo grado; presente giovedì e venerdì 9-12:30.

8. DALL’INVERSIONE CIRCOLARE ALLE CURVE CELEBRI

Presentato da: Classi II A e II B, Liceo Scientifico G. Galilei, Trieste.

Docenti: Paola Gallopin e Loredana Rossi.

Sunto: In questo laboratorio sarà possibile operare nel piano con particolari

trasformazioni, chiamate “inversioni circolari”, che hanno il potere di deformare le

figure, trasformando, ad esempio, i poligoni in fiori, le parabole in cuori, le iperboli

in fiocchi,… Con l’aiuto della lavagna multimediale e degli “inversori di Peaucellier”

si potrà approfondire questa trasformazione del piano, esaminandone proprietà e

caratteristiche, a partire dai casi più semplici fino a quelli più complessi. Nel

laboratorio gli studenti potranno anche costruire delle curve, la cardioide e la

lemniscata di Bernoulli, sia con software di geometria sia meccanicamente, con

movimenti articolati di aste e ingranaggi. Sarà possibile, inoltre, incontrare queste

celebri curve nell’arte, nelle scienze, nelle ombre, nei voli acrobatici degli aerei e…

degli aeroplanini.

Laboratorio adatto dalla classe quinta della scuola primaria fino alla classe quinta della

scuola secondaria di secondo grado; presente giovedì e venerdì 9-12:30.

9. L’ANIMATA STORIA DELLO ZERO

Presentato da: Classi I e II, I. S. I. S. G. Marconi, Staranzano (GO).

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Notizie Luciana Zuccheri

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 57 ISSN 2039-8646 57

Docenti: Paolo Benoli, Lucia Pahor e Laura Zulini.

Sunto: Partendo dalle più antiche civiltà, la storia del numero zero viene raccontata

attraverso animazioni costruite utilizzando il software Scratch. Lo scenario si

sviluppa nelle aree geografiche che nelle diverse epoche hanno visto, dapprima,

l’utilizzo dello zero come simbolo per la rappresentazione dei numeri e, infine, la

sua acquisizione della dignità di “numero”. Si parte dalla storia di un egiziano che

dialoga con la Sfinge, per passare poi a un ragazzo babilonese sulle rive del Tigri che

in modo fantastico incontra i Maya e si confronta con loro sul modo di rappresentare i

numeri, con un cenno al calendario. Non mancano le storie raccontate dai Romani,

dagli Indiani e dagli Arabi. Si racconterà della difficoltà di accettare lo zero in Europa,

visto come “pericolosa magia saracena”, dell’uso dell’abaco e delle situazioni problematiche

che nella quotidianità possono verificarsi. I visitatori potranno poi giocare

rispondendo alle domande dei personaggi protagonisti delle animazioni.

Laboratorio adatto dalla classe terza della scuola primaria fino alla scuola secondaria di

secondo grado; presente giovedì e venerdì 9-12:30.

10. CONIGLI, API, SPIRALI E I LORO INTORNI MATEMATICI / ZAJCI, ČEBELE IN SPIRALE V NJIHOVEM MATEMATIČNEM KONTEKSTU

Presentato da: Classe II B, Liceo Scientifico F. Prešeren, Trieste.

Docente: Jadranka Svetina; tirocinante: Daniel Doz.

Sunto: Il laboratorio inizia con la presentazione di Leonardo Fibonacci e del suo Liber

abaci, per poi proporre diverse attività legate alla successione di Fibonacci. I

contenuti saranno opportunamente adattati all’età dei visitatori per renderli

accessibili ai più piccoli e non noiosi per i più grandi. Seguiranno attività pratiche,

volte a coinvolgere i visitatori.

Izvleček: Delavnica se začne s predstavitvijo Leonarda Fibonaccija in njegovega Liber

Abaci, delo pa se nadaljuje z raziskovanjem Fibonaccijevega zaporedja. Vsebine

delavnice bodo dijaki prilagodili starosti slušateljev tako, da bodo lahko pri njej

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Notizie Luciana Zuccheri

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 58 ISSN 2039-8646 58

sodelovali tudi najmlajši obiskovalci, obenem pa se starejši ne bodo dolgočasili.

Uvodu v frontalni obliki bo sledilo praktično delo.

Laboratorio adatto dalla classe terza della scuola primaria fino alla classe seconda della

scuola secondaria di secondo grado; può essere proposto, su richiesta, in lingua italiana o

slovena; presente giovedì e venerdì 9-12:30.

11. A DEBITA DISTANZA... AVVENTURE NEL MONDO DELLA GEOMETRIA SFERICA

Presentato da: Classe IV A, Liceo Scientifico E. L. Martin, Latisana (UD).

Docente: Elisabetta Matassi.

Sunto: Il laboratorio si articola in una serie di attività, denominate “Avventure”, che

vedranno i visitatori protagonisti nel costruire e analizzare situazioni geometriche

concrete grazie all’ausilio di modelli concreti di superficie sferica: le sfere di Lénart.

Le attività che verranno proposte traggono ispirazione e guida dal manuale La

geometria non euclidea con la sfera di Lénart di Istvan Lénart. Gli allievi verranno

guidati gradualmente alla scoperta delle proprietà della geometria sferica in un

continuo (e appassionante) confronto tra piano euclideo e superficie sferica. Dalla

costruzione di rette e piani si procederà analizzando parallelismo e perpendicolarità,

fino alla costruzione di triangoli e poligoni, con particolare riferimento alle relazioni

di similitudine e congruenza. Nell’ambito del laboratorio verrà presentato l’e-book

realizzato dagli studenti al termine del percorso.

Laboratorio adatto dalla classe prima fino alla classe quinta della scuola secondaria di

secondo grado; presente solo giovedì 9-12:30.

COMITATO ORGANIZZATORE

L. Zuccheri, M. Rocco, V. Zudini, N. Gasparinetti, G. Candussio, M. Stoppa.

LUCIANA ZUCCHERI Coordinatrice del Progetto locale “Matematica”

del Piano nazionale Lauree Scientifiche Dipartimento di Matematica e Geoscienze

Università di Trieste

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 59 ISSN 2039-8646  

Notizie

Giornata di formazione per docenti di scuole di ogni ordine e grado: “La matematica dei ragazzi. Riflessioni metodologiche e didattica disciplinare - III edizione” (Trieste, 29 aprile 2016)

Il Nucleo di Ricerca in Didattica della Matematica del Dipartimento di Matematica e

Geoscienze dell’Università di Trieste ha organizzato la terza edizione della Giornata

di formazione per docenti di scuole di ogni ordine e grado La matematica dei ragazzi -

Riflessioni metodologiche e didattica disciplinare, tenutasi il 29 aprile 2016 nel

comprensorio di Piazzale Europa (edifici H3 e H2bis, via Valerio). L’evento era

incluso nelle attività supportate dal Piano nazionale Lauree Scientifiche - Progetto

“Matematica” del Dipartimento di Matematica e Geoscienze.

La giornata è stata articolata in una sessione plenaria con interventi su tematiche

generali, svoltasi al mattino, e in due sessioni di workshop su esperienze didattiche

laboratoriali, tenutesi al pomeriggio.

Figura 1. L’apertura dei lavori della sessione plenaria. Da sinistra, sul palco: i proff. Alessandro Fonda, Daniele Del Santo, Luciana Zuccheri.

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Notizie Verena Zudini

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 60 ISSN 2039-8646 60

All’apertura dei lavori della sessione plenaria, il prof. Daniele Del Santo,

Collaboratore del Rettore per la Didattica, le Politiche per gli studenti e il Diritto

allo studio, ha accolto i presenti, esprimendo soddisfazione per lo svolgimento

dell’evento. Del Santo ne ha rimarcato l’importanza, sottolineando come esso

rientri tra le attività di formazione degli insegnanti organizzate nel corso dei

decenni dal Nucleo di Ricerca in Didattica della Matematica, coordinato da Luciana

Zuccheri, e condotte in sinergia tra Scuola e Università.

La parola è quindi passata al prof. Alessandro Fonda, Direttore del Dipartimento di

Matematica e Geoscienze, che ha salutato i partecipanti e ha evidenziato quanto

possano essere di stimolo per la didattica della matematica iniziative in cui si tratta

della “matematica dei ragazzi”, intesa come «matematica fatta dai ragazzi».

Figura 2. Il pubblico assiste a uno degli interventi della mattinata.

Sono seguiti gli interventi previsti per la mattinata, che, come indicato nel

programma di seguito riportato, hanno trattato diversi argomenti, alcuni connessi

con i temi presentati alla XI edizione della manifestazione “La matematica dei

ragazzi: scambi di esperienze tra coetanei”, altri più generali, riguardanti la

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Notizie Verena Zudini

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 61 ISSN 2039-8646 61

didattica della matematica, con particolare riferimento a metodologie utilizzate,

aspetti storico-epistemologici e contenuti di insegnamento.

Figura 3. Uno dei workshop pomeridiani.

Al pomeriggio, sono state illustrate e discusse, durante due sessioni di workshop,

esperienze didattiche di laboratorio svolte a vari livelli scolari, che hanno riguardato

l’utilizzo della piegatura della carta (origami) e quello della tecnologia (linguaggio di

programmazione Scratch), la geometria (dal Teorema di Pitagora ai polimini, al suo

legame con l’arte) e la figura e l’opera del matematico Leonardo Pisano, detto

Fibonacci.

Gli iscritti alla giornata, più di una settantina, hanno partecipato attivamente e con

entusiasmo alla sessione plenaria del mattino e ai workshop pomeridiani.

1. PROGRAMMA DEI LAVORI

MATTINO

8:30 Registrazione dei partecipanti.

9:00 Saluti

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Notizie Verena Zudini

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 62 ISSN 2039-8646 62

9:15 Luciana Zuccheri, La storia della matematica in classe: un potente strumento

didattico per tutti i livelli scolari.

9:50 Sonia Ursini, La nascita della geometria iperbolica: una questione socio-culturale.

10:25 Verena Zudini, Ernst Mach tra scienza ed educazione.

11:00 Pausa

11:30 Eugenio Omodeo, Il decimo problema di Hilbert. Soluzione di un problema insolubile.

12:05 Andrea Sgarro, La crittografia nella cultura.

12:40 Discussione

POMERIGGIO

14:30 Registrazione delle presenze e iscrizione ai workshop.

14:45 Prima sessione di workshop.

16:15 Pausa

16:30 Seconda sessione di workshop.

18:00 Conclusione e consegna degli attestati di presenza.

2. SUNTI DELLE CONFERENZE GENERALI

La storia della matematica in classe: un potente strumento didattico per tutti i livelli scolari.

Relatore: Luciana Zuccheri, Dipartimento di Matematica e Geoscienze, Università di

Trieste.

Sunto: La matematica che si studia a scuola può essere resa più interessante, a volte

perfino avvincente, facendo avvicinare gli allievi alla sua storia, sia a livello più

semplice, attraverso le vicende umane dei suoi protagonisti, sia a livello più

approfondito, considerando l’evoluzione nel tempo dei metodi della matematica

stessa. C’è ancora almeno un altro livello in cui la storia può essere maestra,

offrendo degli spunti didattici utili, in particolare, a una migliore comprensione di

certe dimostrazioni.

La nascita della geometria iperbolica: una questione socio-culturale.

Relatore: Sonia Ursini, Departamento de Matemática Educativa, Cinvestav-IPN, Messico.

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Notizie Verena Zudini

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 63 ISSN 2039-8646 63

Sunto: Si mettono in risalto gli aspetti sociali e culturali che influirono sulla

formazione del matematico russo Nikolaj Ivanovič Lobačevskij, fino a portarlo a

porre in discussione le basi stesse sulle quali si fonda la geometria euclidea. Egli

propose dei nuovi principi che gli permisero di sviluppare la geometria iperbolica,

della quale la geometria euclidea fa parte come caso limite.

Ernst Mach tra scienza ed educazione.

Relatore: Verena Zudini, Dipartimento di Matematica e Geoscienze, Università di

Trieste.

Sunto: A un secolo dalla morte del fisico, fisiologo e filosofo austriaco Ernst Mach

(1838-1916), se ne illustrano la figura e il pensiero di scienziato ed educatore

moderno. Si mostra, inoltre, come un’analisi di questo tipo, condotta in una

prospettiva storica, possa essere di fondamentale importanza per comprendere

alcuni aspetti del presente della didattica della matematica (... e non solo).

Il decimo problema di Hilbert. Soluzione di un problema insolubile.

Relatore: Eugenio Omodeo, Dipartimento di Matematica e Geoscienze, Università di

Trieste.

Sunto: Il decimo problema di Hilbert, posto nel 1900 e risolto (negativamente) nel

1970, è un fil rouge che collega importanti sviluppi dell’indagine matematica del

secolo scorso. Per la prima metà della sua parabola, esso è di stimolo alla fioritura

della logica simbolica e ai primi studi sulla computabilità, che presto diverrà uno

dei pilastri teorici dell’informatica. L’individuazione, negli anni ’30 del Novecento,

di problemi insolubili con caratteristiche nuove, verso il 1950 induce alcune

personalità del mondo matematico a ritenere che il decimo problema di Hilbert sia

della stessa natura. La storia della seconda parte della parabola, che ha portato alla

(non-) risoluzione del problema, mostra come nella matematica, non meno che

negli altri settori della scienza, contino - assieme all’intuizione - la capacità di

impostare strategie risolutive di ampio respiro e di condividere, anche fra

personalità molto distanti, le tessere del mosaico.

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Notizie Verena Zudini

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 64 ISSN 2039-8646 64

La crittografia nella cultura.

Relatore: Andrea Sgarro, Dipartimento di Matematica e Geoscienze, Università di

Trieste.

Sunto: Internet ha reso più che mai necessaria la crittografia, di cui siamo utenti

spesso inconsci, e la creazione di nuovi e raffinati strumenti crittografici. Tutto ciò

dà una patina di novità a un ramo della scienza che invece affonda le sue radici

nell’antichità, ed è grossomodo coevo all’invenzione della scrittura. I codici segreti

hanno un loro fascino che travalica ampiamente i limiti della scienza, e che ha

lasciato il segno nella letteratura, nella pittura, nella musica e oggi nel cinema. È

proprio questa straordinaria intersezione fra scienza e arte che è l’oggetto della

presentazione.

3. SUNTI DEI WORKSHOP

PRIMA SESSIONE

Coding from Scratch: introduzione al pensiero computazionale nella didattica.

Presentato da: Paolo Benoli, I.S.I.S. Brignoli - Einaudi - Marconi, sede di Staranzano

(GO).

Sunto: Si presentano esempi di attività didattiche, a partire dalla scuola primaria,

per l’utilizzo attivo della tecnologia con Scratch, un linguaggio di programmazione

sviluppato dal Lifelong Kindergarten research group dei Media Lab del MIT -

Massachusetts Institute of Technology1 con “blocchi di costruzione” creati per

adattarsi l’uno di seguito all’altro, secondo una corretta costruzione logica. Con

Scratch è possibile creare animazioni, simulazioni di esperimenti, narrazioni,

videogiochi. L’utilizzo di questo strumento consente di educare al pensiero

computazionale. Rivolto a: docenti della scuola primaria e secondaria.

                                                                                                               1 <http://llk.media.mit.edu>.

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Notizie Verena Zudini

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 65 ISSN 2039-8646 65

La prospettiva: matematica e arte. Un’esperienza nella scuola secondaria di primo grado.

Presentato da: Nadia Gasparinetti, Nucleo di Ricerca Didattica del Dipartimento di

Matematica e Geoscienze, Università di Trieste.

Sunto: Partendo dallo studio di alcuni teoremi presenti nell’Ottica di Euclide, con

l’utilizzo di nuove tecnologie e vecchi strumenti, si giunge alle regole della

prospettiva di Leon Battista Alberti; con qualche semplice dimostrazione pratica,

inoltre, ci si cimenta nella rappresentazione su un piano di poligoni e altre figure,

arrivando alla fine anche ad analizzare un dipinto dal punto di vista geometrico. Il

lavoro qui presentato ha coinvolto una classe seconda della scuola secondaria di

primo grado, ma alcuni aspetti possono essere sviluppati anche nelle prime classi

della scuola secondaria di secondo grado. Rivolto principalmente a: docenti della

scuola secondaria di primo grado.

Il teorema di Pitagora, prima e... dopo.

Presentato da: Loredana Rossi, Liceo Scientifico G. Galilei, Trieste.

Sunto: Il “Teorema di Pitagora” è un argomento centrale nella storia della matematica

per le sue implicazioni e generalizzazioni e per i numerosissimi modi in cui esso è

stato scoperto, dimostrato e verificato. Proprio per questo è possibile, approfondendo

il tema, incuriosire i ragazzi coinvolgendoli in diversi approcci dimostrativi: sintetico,

algebrico e… sperimentale, riuscendo anche a ragionare su questioni importanti che

hanno contraddistinto la storia della matematica. Rivolto principalmente a: docenti

della scuola secondaria.

SECONDA SESSIONE

Piegature, origami e geometria.

Presentato da: Marina Rocco, Nucleo di Ricerca Didattica del Dipartimento di Matematica

e Geoscienze, Università di Trieste.

Sunto: I ragionamenti in geometria spesso vengono agevolati o addirittura ispirati

dall’osservazione di figure, quindi è opportuno insegnare ai ragazzi a produrne.

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Notizie Verena Zudini

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 66 ISSN 2039-8646 66

Supponiamo di non avere accesso a nuove tecnologie e che una parte della classe

non abbia a disposizione riga e compasso: ecco che la piegatura della carta può

essere usata in sostituzione di altri strumenti. Gli appunti che saranno distribuiti

forniranno la traccia di un’attività curricolare che per molti anni è stata svolta con

classi seconde della scuola secondaria di primo grado. Con gli adattamenti necessari, il

metodo è stato sperimentato anche nella scuola dell’infanzia e nella scuola secondaria

di secondo grado. Rivolto principalmente a: docenti della scuola primaria e

secondaria di primo grado.

Geometria con i polimini

Presentato da: Valentina Bologna, Istituto Comprensivo San Giovanni, Trieste.

Sunto: Un semplice foglio a quadretti è il punto di partenza per scoprire un universo

straordinario, ricco di strutture originali e curiose, dalle quali si può ricavare una

serie infinita di giochi divertenti, come il famoso Tetris. Un foglio, come quello che

aveva davanti a sé il matematico S. W. Golomb quando, nel 1953, da giovane

studente di Harvard, per superare la noia di una lezione poco interessante,

incominciò a tracciare una serie di figure che avevano il quadretto come punto di

partenza: inventò i polimini. Ora, sulla carta o sulla LIM, i polimini offrono spunti per

la comprensione dell’equiestensione delle figure piane, dalla scuola primaria alla

secondaria di primo grado. Rivolto principalmente a: docenti della scuola primaria

e secondaria di primo grado.

Fibonacci e la matematica del Medioevo

Presentato da: Jadranka Svetina, Liceo Scientifico F. Prešeren, Trieste; Daniel Doz,

Corso di Studi in Matematica, Università di Trieste.

Sunto: Il workshop è incentrato sul laboratorio presentato dai ragazzi della II B del

Liceo Scientifico F. Prešeren di Trieste alla manifestazione “La matematica dei

ragazzi: scambi di esperienze tra coetanei – XI edizione”. Il laboratorio “Conigli, api,

spirali e i loro intorni matematici” ha come tema centrale il Liber Abaci di Fibonacci.

In questo contesto si presentano il problema della moltiplicazione dei conigli, tratto

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Notizie Verena Zudini

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 67 ISSN 2039-8646 67

proprio dal Liber Abaci, e vari aspetti della vita di ogni giorno in cui si può osservare

la successione di Fibonacci. Particolare attenzione viene posta inoltre al periodo

storico in cui visse Fibonacci e alle novità da lui introdotte nella matematica

occidentale. Nel workshop si illustrano, inoltre, il percorso didattico seguito per la

preparazione del laboratorio e le motivazioni che ci hanno guidato, nonché i

metodi di valutazione impiegati. Rivolto principalmente a: docenti della scuola

secondaria.

Comitato organizzatore: L. Zuccheri, M. Rocco, V. Zudini, N. Gasparinetti, G.

Candussio, M. Stoppa.

VERENA ZUDINI Dipartimento di Matematica e Geoscienze

Università di Trieste

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 68 ISSN 2039-8646

Notizie

La Premiazione delle Olimpiadi della Matematica all’Università degli Studi di Trieste (Trieste, 4 maggio 2016)

Fin dal 1998, ogni anno, in un pomeriggio di primavera, un nutrito gruppo di studenti

delle scuole secondarie di secondo grado del Friuli Venezia Giulia è invitato

all’Università di Trieste per partecipare alla “Premiazione delle Olimpiadi della

Matematica”. Si tratta degli studenti che più si sono distinti nelle gare provinciali,

svoltesi nel febbraio precedente in tutte le quattro province della regione,

nell’ambito del progetto Olimpiadi della Matematica.

Quest’anno, l’appuntamento è stato fissato il 4 maggio 2016, e sono stati premiati

una quarantina fra studenti e studentesse. L’organizzazione dell’evento è stata

curata dal Dipartimento di Matematica e Geoscienze, con il supporto economico del

Progetto locale “Matematica” del Piano nazionale Lauree Scientifiche e dell’Unione

Matematica Italiana.

L’incontro ha avuto inizio con una conferenza di carattere divulgativo di Gianluigi

Rozza, professore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati – SISSA di

Trieste, sul tema “Il Calcolo Scientifico per l’Innovazione: attraverso nuove sfide”.

Nel suo appassionato intervento, Rozza ha fatto vedere con numerosi esempi come

la simulazione numerica sia il terzo pilastro della ricerca, collocata tra la ricerca

sperimentale di laboratorio e quella teorica. Con questo strumento è possibile

infatti costruire e simulare modelli della realtà molto complessi: dalla medicina

all’ambiente, per l’industria, i trasporti e lo sport.

Le crescenti capacità di calcolo dei moderni supercomputer e la possibilità di

esportare il calcolo scientifico su strumenti moderni, quali smartphone e tablet,

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Notizie Emilia Mezzetti

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 69 ISSN 2039-8646 69

stanno aprendo nuovi scenari interessanti per la matematica applicata, in ambiti

dove finora la sua diffusione era limitata.

Il seminario ha fornito anche alcuni esempi moderni di applicazione del calcolo

scientifico per la simulazione, il controllo e l’ottimizzazione di sistemi complessi e ha

presentato anche quelle che potrebbero essere le figure professionali del futuro tra

matematica, fisica, ingegneria, medicina e informatica.

A Trieste dal 2014, Gianluigi Rozza è docente di Analisi numerica e lavora presso

mathLab, il laboratorio della SISSA per la modellizzazione matematica e il calcolo

scientifico, dedicato alle interazioni fra la matematica e le applicazioni. Ingegnere

aerospaziale con un dottorato di ricerca in Analisi numerica, Scienze computazionali e

Ingegneria all’EPFL di Losanna, ha vinto numerosi premi e attualmente è principal

investigator del progetto europeo ERC-AROMA-CFD, Advanced Reduced Order Methods

with Applications in Computational Fluid Dynamics. Collabora altresì con l’Università di

Trieste, tenendo il corso di Matematica applicata e seguendo le tesi di alcuni

studenti nell’ambito della Laurea magistrale in Matematica, gestita in collaborazione

con la SISSA.

Il secondo appuntamento del pomeriggio, anche questo ormai divenuto tradizionale in

quanto si ripete fin dal 2003, è stato il conferimento del premio “Marco Reni” ex-aequo

a Massimo Bagnarol e Paolo Bonicatto. Dedicato al compianto professore di

Geometria scomparso a soli 37 anni in un tragico incidente di montagna, mentre

arrampicava sulle Alpi Carniche, il premio è destinato al miglior laureato in

Matematica dell’Università di Trieste dell’ultimo triennio.

I due vincitori di quest’anno hanno scelto per le loro tesi temi diversi: il primo ha

preparato una tesi in Geometria algebrica sotto la direzione di Fabio Perroni, il

secondo una tesi in Analisi matematica con la supervisione di Stefano Bianchini.

Entrambi hanno poi deciso di continuare gli studi a livello di dottorato di ricerca e

sono stati ammessi al programma di PhD della SISSA.

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Notizie Emilia Mezzetti

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 70 ISSN 2039-8646 70

Si è svolta poi l’attesa premiazione. Sono stati premiati i migliori classificati di

ognuna delle quattro province di Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine, sia del

biennio sia del triennio. Quest’anno si sono volute premiare anche le studentesse

meglio classificate, come speciale segno di incoraggiamento alla loro partecipazione

alle gare di matematica.

I premi, come tradizione, sono libri di approfondimento culturale in ambito scientifico,

in particolare matematico. Inoltre a tutti i vincitori, ma anche agli insegnanti

responsabili provinciali delle Olimpiadi di Matematica e agli altri che hanno

collaborato alla riuscita dell’incontro, sono state offerte delle magliette, create

appositamente per l’occasione. Le quattro immagini riportate sulle magliette del

2016 rappresentavano l’ottimizzazione di forma di una parte di uno scafo immerso,

lavoro svolto nell’ambito del mathLab della SISSA (cfr. Figura 1).

Figura 1. L’immagine riprodotta sulle magliette offerte in occasione della Premiazione delle Olimpiadi della Matematica 2016.

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Notizie Emilia Mezzetti

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 71 ISSN 2039-8646 71

Al termine dell’incontro, Emilia Mezzetti ha ricordato brevemente la storia delle

Olimpiadi della Matematica in Italia, che si organizzano con regolarità dal 1983. Il

progetto è diretto da una Commissione scientifica nazionale, nominata dall’Unione

Matematica Italiana, a ciò delegata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e

della Ricerca. Accanto a questa vi sono numerosi studenti, ricercatori e docenti che

collaborano attivamente all’organizzazione delle gare.

Le gare hanno la loro conclusione con la formazione della squadra italiana che

parteciperà alle Olimpiadi Internazionali di Matematica. Aderiscono attualmente al

progetto circa 1500 scuole italiane con oltre 200.000 studenti. Per ogni provincia vi

è un insegnante, responsabile distrettuale, che si occupa dell’organizzazione delle

gare locali. Ogni anno vi è una prima fase, i Giochi di Archimede, organizzata nelle

singole scuole. I migliori partecipano alla gara di febbraio, organizzata su base

provinciale. Per ogni provincia, i migliori, circa 300, vengono invitati a Cesenatico

per la gara nazionale. Seguono alcuni stage per selezionare la squadra italiana per

le Olimpiadi internazionali. Nel 2016 le 56-esime Olimpiadi Internazionali di Matematica

hanno avuto luogo a Hong-Kong.

Al di là della qualificazione per le gare internazionali, Mezzetti ha ricordato che le

Olimpiadi della Matematica hanno come scopo principale quello di avvicinare i

ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado al mondo della Matematica con la

“M” maiuscola, e di diffondere il gusto per il ragionamento matematico semplice ed

elementare, ma intellettualmente stimolante: la matematica che viene proposta alle

Olimpiadi spesso è molto simile a quella che studiano gli studenti universitari e i

matematici professionisti. Ciononostante l’aspetto della competizione non è gradito

a tutti, in special modo alle ragazze, e dunque non è assolutamente vero che chi

non ama o non riesce bene in queste gare non sia adatto a scegliere studi di

matematica.

A tal proposito, ricordiamo che, dal 2000, le gare individuali sono accompagnate,

con crescente partecipazione, dalle gare a squadre. A Trieste ogni anno dal 2005, nel

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Notizie Emilia Mezzetti

QuaderniCIRD n. 13 (2016) 72 ISSN 2039-8646 72

mese di marzo, si svolge la Gara di matematica a squadre “Coppa Aurea”. In questo tipo

di gare, oltre alla rapidità di ragionamento e alle doti di intuizione, si richiedono la

capacità e il piacere di lavorare in gruppo. I ragazzi ne hanno colto l’importanza,

anche in preparazione al loro ingresso nel mondo del lavoro, partecipando sempre

più numerosi e con una componente femminile più significativa rispetto alle gare

individuali.

EMILIA MEZZETTI Dipartimento di Matematica e Geoscienze

Università di Trieste

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Norme redazionali

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QuaderniCIRD n. 13 (2016) 74 ISSN 2039-8646

Norme generali per i collaboratori della rivista «QuaderniCIRD»

POLITICA EDITORIALE

La rivista multidisciplinare «QuaderniCIRD» si propone come strumento di

divulgazione di ricerche, proposte ed esperienze didattiche innovative per la scuola

di ogni ordine e grado e per l’università, con le seguenti finalità: incrementare

l’interesse e l’apertura nei confronti delle discipline e delle problematiche

didattiche attinenti tutti i livelli formativi, instaurare un confronto e ricercare un

linguaggio comune tra le varie didattiche disciplinari, favorire la progettazione di

percorsi didattici verticali e interdisciplinari, promuovere l’incontro e la sinergia

tra Scuola e Università.

La rivista pubblica: articoli originali di ricerca e sperimentazione didattica

nell’ambito di qualunque disciplina e livello scolare; testi di seminari di formazione

per insegnanti tenuti presso il CIRD; contributi su progetti e attività del CIRD;

recensioni di libri e riviste di interesse didattico.

Periodicità prevista: due numeri all’anno. Si pubblicano anche numeri di tipo

monografico, o contenenti atti di convegni e manifestazioni organizzati dal CIRD.

Gli articoli inviati per la pubblicazione saranno sottoposti all’approvazione del

Comitato editoriale e a due revisori, specialisti del settore.

ISTRUZIONI PER GLI AUTORI

Di norma, si pubblicano articoli e altri contributi scritti in lingua italiana. Il testo

deve essere fruibile non solo da parte degli specialisti nella disciplina trattata, ma

anche di un pubblico eterogeneo di cultura medio/alta, con eventuali rimandi a

fonti di approfondimento.

Ogni articolo, di norma, deve essere composto da 10-20 cartelle, comprensive di

immagini e bibliografia, pari a 20.000-40.000 caratteri, spazi inclusi. Ogni articolo

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Norme generali per i collaboratori della rivista «QuaderniCIRD»

QuaderniCIRD n. 13 (2016) ISSN 2039-8646 75

deve essere corredato da un sommario in italiano (massimo 10 righe, pari a 600-800

caratteri) e da 4 a 8 parole chiave, in italiano e in inglese.

A parte, va inviata la traduzione del sommario in inglese.

Gli articoli devono contenere una bibliografia e note a piè di pagina con riferimenti

alle fonti.

Altri contributi: descrizioni di progetti approvati dal CIRD (4-5 cartelle, 8.000-10.000

caratteri) contenenti, in forma discorsiva, le informazioni essenziali; resoconti di

eventi passati (4-5 cartelle, 8.000-10.000 caratteri); recensioni di libri e riviste (4-5

cartelle, 8.000-10.000 caratteri).

Per inviare i testi:

- spedirne due copie cartacee al CIRD (Centro Interdipartimentale per la

Ricerca Didattica), Via Valerio, 12/1 - 34127 Trieste;

- spedirne il file in formato Word®, allegandolo a una e-mail di presentazione

del lavoro alla Segreteria CIRD ([email protected]).

Dalla copia cartacea e dal file devono risultare chiaramente nome e affiliazione

dell’autore/degli autori, l’indirizzo e-mail cui inviare le bozze, un recapito telefonico

di riferimento.

Le norme di redazione dei testi e il relativo foglio di stile sono reperibili nella

pagina web della rivista: <http://www.openstarts.units.it/dspace/handle/10077/3845>.