#Cibo - Marzo 2016 - n°01

16
marzo 2016 #01 #gratuito #CIBO « Mangiare è uno dei quattro scopi della vita... Quali siano gli altri tre nessuno lo ha mai saputo. » Proverbio cinese MESCOLA LE PASSIONI, SHAKERA LA MENTE Post Spritzum www.postspritzum.it

description

Primo numero della rivista trimestrale a tema della redazione Post Spritzum (Anno 1_01_Marzo 2016_Cibo)

Transcript of #Cibo - Marzo 2016 - n°01

marzo 2016 #01 #gratuito

#CIBO« Mangiare è uno dei quattro scopi della vita...

Quali siano gli altri tre nessuno lo ha mai saputo. »Proverbio cinese

M E S C O L A L E P A S S I O N I , S H A K E R A L A M E N T EPost Spritzum

www.postspritzum.it

COS’È POST SPRITZUM LA REDAZIONE

Post Spritzum è una redazione online nata in seguito ad un corso di scrittura sul web organizzato dall’Informagiovani di Rivoli nel maggio del 2015.

Il corso ha coinvolto giovani appartenenti al territorio che hanno poi deciso di portare avanti questo progetto con la voglia di trasmettere ai coetanei (e non solo!) notizie di vario genere con la freschezza che contraddistingue il gruppo.

Il nome deriva dal gioco di parole tra i termini ”post”, tipico del lasciare commenti e note sui social network, e “spritz”, un cocktail che trasmette vivacità ed energia, con la dicitura “post scriptum”, normalmente utilizzata alla fine di una lettera o e-mail con l’abbreviazione “p.s.”.

Gli argomenti trattati sono molti: sport, economia, teatro, scienza, danza, arte, cultura, architettura e letteratura. Ognuno rispecchia gli interessi principali dello scrittore e appassiona ogni sorta di lettore.

Attualmente i canali utilizzati per comunicare sono il blog, Facebook, Twitter e Instagram per soddisfare tutte le preferenze, quindi ricordate...

...SHAKE YOUR MIND!!!

CONTATTI

Scrittura, radio, musica: tre grandi amori che (a volte) diventano lavoro.

#THEBOSS - Clara Calavita

Se nessuno non se ne occupa, lo faccio io con entusiasmo. Se qualcuno se ne occupa partecipo entusiasta.

#THEBOSS - Elisa Floredan

Sportiva, malata di volley. Del resto “Dio creò la pallavolo perchè anche i calciatori hanno bisogno di eroi”

#SPORT - Silvia Viola

La passione per il cinema col tempo mi ha fatto avvicinare alla recitazione e al teatro, che ho subito amato!

#CINEMAETEATRO - Sara Bachis

Ho sempre amato tutto ciò che non è scontato. Per ciò le mie passioni sono la politica e l’economia internazionale.

#MONDO - Margherita Bo

Fisico, rocker, forse poeta, sognatore...Voglio rendere più poetica la scienza e più scientifica la poesia.

#SCIENZA - Federico Mo

Se non muovi il corpo, fai danzare anima e mente. La danza interpreta la cadenza e l’armonia della vita.

L’arte e la cultura rappresentano un modo per conoscere me stessa e il mondo attraverso diversi punti di vista

#DANZA - Valeria Sorrenti

#ARTECULTURA - Irene Fascio

È colei che ti permette di piantare un mattone, far nascere un edificio e vedere crescere un pezzo di storia.

Leggere per ritrovare se stessi, leggere per non sentirsi mai soli.

#ARCHITETTURA - Elena Massa

#LETTERATURA - Elisa Boscaino

02

https://www.facebook.com/postspritzum/

www.postspritzum.it

https://twitter.com/postspritzum

https://www.instagram.com/postspritzum/

https://issuu.com/postspritzum

[email protected]

EDITORIALE

È passato quasi un anno da quando, noi, un gruppo improbabile di ragazzi provenienti da vite diverse, ci siamo incontrati al tavolo dell’Informagiovani di Rivoli e abbiamo iniziato a parlare di redazione web. Ognuno di noi si è spinto in quel luogo per motivi diversi: chi per curiosità, chi per interesse, chi per voglia di conoscere persone nuove. Qualunque fosse la ragione, abbiamo iniziato a dedicarci a questa attività con passione, conoscendoci tra di noi e diventando un gruppo di amici che convidono un hobby.Questo progetto doveva durare un tempo limitato di pomeriggi al parco Salvemini, invece si è trasformato in qualcosa di più complesso al quale non volevamo rinunciare. Così lo abbiamo portato avanti facendolo diventare nostro, strutturandolo in modo tale che ognuno avesse il proprio spazio in cui scrivere e la possibilità di approfondire le proprie passioni.Tutti noi abbiamo trovato un posto nel gruppo e abbiamo tirato fuori nuove idee per migliorare il nostro lavoro e renderlo più appettibile al lettore. La prima idea che abbiamo messo in pratica è stata la realizzazione di un sito web tutto nostro. Ciò ha comportato divertimento, entusiasmo, risate, idee che venivano fuori dalla nostra mente come funghi in un bosco! Il risultato è stato per noi motivo di orgoglio e felicità e voglia di condividere questo risultato con tutte le persone possibili.Ma, le nostre idee non sono finite, hanno continuato a maturare e poi, quasi per caso, è nato il progetto della Settimana Tematica. Il piano consiste nella realizzazione di una rivista sfogliabile online trimestrale, in cui ognuno di noi scrive del proprio argomento inerente a un tema comune per tutti. Perchè un tema? Perchè pensiamo sia stimolante cercare di collimare tutte le nostre passioni seguendo un filo conduttore.Il primo tema scelto è il Cibo. Per noi italiani il cibo è cultura e tradizione, non per nulla è stato scelto come tema all’Expo di Milano nel 2015. Grazie al cibo passiamo molto tempo a contatto con le persone, sperimentiamo, condividiamo, gustiamo e mettiamo in moto tutti e cinque i sensi. Il cibo non ha frontiere, ogni Nazione ha le proprie ricette e il proprio modo di assemblare i vari ingredienti. In questo primo numero, che apre il ciclo delle settimane tematiche, affrontiamo il cibo come energia per lo sport, come abbondanza e critica nel cinema e come lotta nella sua ricerca nel mondo. Lo vediamo protagonista anche nella scienza, in cui mette in allarme sulla possibile estinzione di un tipo di frutta, nella danza, con una critica macabra sul consumo e sui metodi di produzione della carne, nell’arte, attraverso splendidi quadri di natura morta, nell’architettura, come innovazione e nella letteratura, come propulsore di dolci ricordi.Dolce, salato, amaro, aspro e umami: in questi articoli ce ne è per tutti i gusti!

Shake your mind!

Elena Massa

anno 1 - marzo 2016 #01 #CIBO

INDICE

#SPORT04 Cioccolato e sport? Assolutamente si!

#CINEMAETEATROCinema e alimentazione

Quando l’informazione arriva sul grande schermo

05

#MONDOLa lotta fame in un mondo che cambia

I progressi alla prova di climate change e crescita demografica

06

#SCIENZARischio estinzione per le banane07

#DANZALa coreografa Maria Lobos sensibilizza sul

sistema dei consumi08

#ARTECULTURAEccentrica natura: frutti e ortaggi stravaganti09

#ARCHITETTURAOrto verticale: reintroduzione al biologico10

#LETTERATURA

#speciale cibo

#pensieri di una mente shakerata

#bibliografia e sitografia

La madeleine: il cibo dei ricordi

Castagnaccio di mele

Una storia di mare

11

12

14

15

Autore: Jessica VirzìAnno: dicembre 2015Tecnica: acrilico su cartaDimensioni originali: 50x30 cm

COPERTINA

« Bisogna sempre essere ubriachi. [...] Ma di che cosa? Di vino, di poesia o di virtù: come vi pare. Ma ubriacatevi. »

Charles Baudelaire, Ubriacatevi, tratto da “Lo Spleen di Parigi”, poemetto in prosa XXXIII

03

#SPORTCioccolato e sport? Assolutamente si!

L’alimentazione, nel tempo, è diventato un argomento di prima-ria importanza, soprattutto legato a discorsi volti ad evitare e af-frontare problemi e disagi quali l’anoressia, la bulimia e l’obesità. Assieme al “come si mangia”, di solito, si trova sempre un’altra parola, la cui coppia è alla base del benessere: lo sport. Fare movimento, associato al mangiare sano e bene, è ormai un tassello essenziale della quotidianità e non si contano nemmeno più le trasmissioni televisive o le riviste, blog e altri canali di infor-mazione dedicati a questo argomento.

Cibo e sport, quindi, hanno un rapporto che non è possibile tra-scurare: una buona alimentazione è essenziale per fornire la “benzina” al corpo che è sollecitato ed è chiamato a fare uno sforzo intenso. Di norma si è portati a pensare che tutto ciò che è più buono fa male: ad esempio dolci, merendine, snack salati. Eppure c’è un alimento che è apprezzato da molti (per non dire tutti!) e fa eccezione a questa regola: il cioccolato. Il cioccolato, al contrario del pensiero comune, è un buon alimen-to da inserire nella dieta dello sportivo.

In generale quello fondente è da preferi-re, sia per questioni di calorie, sia perché più è alta la percentua-le di cacao presente nella barretta, più pro-prietà benefiche esso possiede. Il sapore un po’ amarognolo del cacao è un dazio da pagare per avere la garanzia di importanti fonti alimentari: i fla-vonoidi (che sono un tipo di polifenoli), ad esempio, sono antios-sidanti contenuti nel cacao (presenti in cibi e bevande di deriva-zione vegetale, come il tè verde, gli agrumi e i frutti di bosco) im-portanti per combatte-re l’azione dei radicali liberi (accelerazione dell’invecchiamento, abbassamento delle difese immunitarie e insorgenza di malattie), ma essenziali anche per proteggere dalle malattie cardiova-scolari, abbassare lievemente la pressione arteriosa e nel con-trastare il colesterolo “cattivo”, alimentando quello “buono”, tutti aspetti fondamentali per qualsiasi persona, soprattutto per chi pratica sport. Altre importanti proprietà sono da ritrovare in un sufficiente contenuto di fibre, vitamine e minerali (magnesio).

Un altro beneficio che apporta il cioccolato nella vita dello spor-tivo è l’agevolazione del recupero fisico dopo l’allenamento. I muscoli utilizzano il glucosio (assunto dai carboidrati dell’a-limentazione) per produrre energia e, quando questo finisce e non viene rifornito, attingono al glicogeno, ossia energia sup-plementare, che è la quantità di glucosio non utilizzata immedia-tamente e conservata nel fegato e nei muscoli stessi e messa a disposizione del corpo per uno lavoro intenso (ad esempio un allenamento di resistenza). Il cioccolato, se assunto subito dopo lo sforzo, aiuta a ripristinare più rapidamente il livello di glicoge-no presente nel tessuto muscolare (il processo può richiedere anche un giorno intero per ristabilire il valore precedente), essen-ziale per garantire la massima prestazione.

Il cioccolato ha, per di più, un’altra proprietà che lo rende parti-colarmente adatto per chi pratica sport. Quando si mangia una barretta si ha l’impressione di avere subito più energie: questo è dovuto a una sostanza naturale contenuta nel cacao, chiamata teobromina, che si può definire come “caffeina del cioccolato”. È curioso il fatto che proprio il cioccolato (e il cacao) è l’alimento con più teobromina presente in natura. Sebbene abbia effetti eccitanti e stimolanti sul sistema nervoso, l’effetto di questo elemento è dieci volte inferiore a quello della caffeina: se ingeriti insieme, però, cioccolato e caffè possono aumentare la loro effi-cacia, così come portare a conseguenze meno piacevoli, come tremori, ansia e respirazione affannosa. Non è insolito vedere sportivi (anche professionisti) che consumano cioccolato durante la prestazione, proprio per ottenere un po’ più di vigore. Il più grande svantaggio del cioccolato è il potere calorico: 100 grammi contengono all’incirca 550 calorie ed è per questo motivo che è importante non abusarne. Tuttavia se una persona pratica sport necessita di più energia e quindi l’assunzione di cioccola-to (con moderazione) può portare più benefici che aspetti ne-gativi. Ne esistono molte tipologie in commercio: fondente, al

latte, bianco, ripieno e spalmabile. La par-te importante (quella più ricca di nutrienti ed effetti benefici) è la quantità di cacao e burro di cacao pre-sente, mentre quella più dannosa si trova negli zuccheri e negli oli aggiunti nella la-vorazione. Il fondente (oltre il 70%) è da pre-ferire, perché ovvia-mente la percentuale di cacao è più alta ri-spetto a quello al latte e bianco (con i relativi benefici derivati), gli zuccheri usati sono molto inferiori e gli oli praticamente assenti; il gusto amaro, poi, tende a limitarne il

consumo.

Inoltre, e non trascurabile, il cioccolato è un piacere per la men-te, oltre per il corpo, perché il suo consumo favorisce la produ-zione di serotonina, un neurotrasmettitore sintetizzato nel tratto gastro – intestinale e nel sistema nervoso, che regola l’umore, il sonno, l’appetito, l’apprendimento e la memoria. La serotonina è conosciuta come “ormone del buonumore” e uno degli alimenti in cui è più presente è proprio il cioccolato fondente (e il cacao). Anche l’attività sportiva è utile alla produzione di serotonina: il corpo si ritrova in una sensazione di benessere rilasciando que-sto ormone al fine di dedicarsi al meglio al proprio allenamento. Il legame cioccolato-sport, quindi, appare più solido che mai e può essere interpretato anche come premio e appagamento in seguito a un duro lavoro fisico.

di Silvia Viola

04

#CINEMAETEATROCinema e alimentazionequando l’informazione arriva sul grande schermo

di Sara Bachis

Si sa, il cinema e la gastronomia sono un’accoppiata che si è rivelata vincente sin dagli albori della cinematografia. La settima arte ha spesso messo il cibo al centro delle storie che racconta,

celebrandolo e facendone il perno di un’intera vicenda. L’immagine che esso assume nel cinema è fortemente variata col passare degli anni, per meglio adattarsi ai cambiamenti che la stessa ha subito nel corso del tempo e dello spazio all’interno della società. Il filone neorealistico italiano, ad esempio, in linea con la situazione economica dell’epoca, si concentra sulla mancanza di cibo, quindi sulla fame, ampiamente diffusa in Italia a partire dal secondo dopoguerra. Resta iconica la scena tratta da

Miseria e nobiltà (1954), in cui Totò si avventa su un piatto di spaghetti, arrivando addirittura a infilarseli nelle tasche e a ingozzarsene.

Dopo il boom economico, invece, il cibo comincia ad essere inquadrato sotto l’aspetto dell’abbondanza, un’abbondanza che già a partire dagli anni settanta del secolo scorso inizia ad essere considerata patologica. Il film La grande abbuffata (1973) ben rappresenta questo concetto: quattro uomini, annoiati dalla vita che conducono, decidono di suicidarsi mangiando fino al sopraggiungere della morte. Un film considerato a dir poco sgradevole dalla critica del tempo, ma che in realtà inquadra alla perfezione una società volta all’ossessiva ricerca di un piacere irraggiungibile e ad un consumo sfrenato che sembra condurre inevitabilmente alla distruzione della società stessa. Un’immagine, insomma, non molto lontana dalla realtà attuale.

In tempi più recenti, la presenza del cibo nei film come elemento chiave si è intensificata: molte sono le produzioni che trasformano il mangiare nel protagonista assoluto di una vicenda, rappresentandolo generalmente con una connotazione positiva. Basti citare la commedia Julie & Julia, il film d’animazione Ratatouille o ancora Chocolat.

Tuttavia, si è assistito di pari passo anche a un boom della produzione documentarista a tematica agroalimentare e nutrizionale, che invece tende a concentrarsi sui problemi che riguardano il mondo dell’alimentazione. Si tratta per lo più di opere di denuncia, che vogliono puntare l’attenzione su problemi legati alla gestione degli allevamenti, alla distribuzione del cibo nelle varie parti del mondo, agli sprechi o, ancora, alla correlazione tra “cibo spazzatura” e obesità. Proprio su quest’ultimo tema si concentra uno dei documentari più celebri mai realizzati, Super Size Me

(2004), prodotto e interpretato da Morgan Spurlock, che decise di condurre un esperimento su se stesso al fine di mostrare gli effetti che il junk food può avere sull’organismo: dopo aver mangiato per 30 giorni consecutivi da McDonald’s (colazione, pranzo e cena), Spurlock traccia un dettagliato resoconto sulle sconvolgenti conseguenze fisiche e psicologiche cui è andato incontro seguendo una dieta tanto ricca di grassi e zuccheri. All’uscita del film, l’opinione pubblica rimase tanto sconvolta da convincere la potente multinazionale ad aggiungere al menù delle alternative più sane e a ridurre le porzioni dei singoli prodotti.

Degne di nota sono poi le pellicole che hanno posto l’attenzione sui retroscena legati al processo produttivo di tali alimenti. Tra queste, ha ottenuto un ottimo successo tra il pubblico e la critica Food Inc. (2008), che prende in esame il mercato alimentare su grande scala statunitense. Ciò che emerge è a dir poco allarmante: le grandi industrie, volte solo ed esclusivamente a raggiungere il maggior profitto possibile, sfruttano il personale, facendo leva sul loro disperato bisogno di lavoro, non si curano del benessere e della salute del bestiame, modificano geneticamente verdure e cereali, con conseguenze devastanti per il consumatore. Il tutto,

tra l’indifferenza, se non il totale consenso, degli organi di governo più influenti in America. E sempre nei “civilizzati” Stati Uniti è ambientato The Harvest (2010), che mette in luce un aspetto decisamente dissociante rispetto alla definizione di primo mondo in cui rientrano gli USA, ossia lo sfruttamento del lavoro minorile. Nell’agricoltura su vasta scala, infatti, vengono spesso impiegati minorenni, di solito immigrati clandestinamente, che sono costretti a lavorare anche dodici ore di fila, sette giorni su sette, in condizioni malsane, esposti a tutti i rischi che l’uso massiccio dei pesticidi comporta per la salute.

Negli ultimi tempi, dunque, il cibo è diventato un argomento di interesse sempre maggiore e il cinema uno dei mezzi più efficaci di sensibilizzazione alle problematiche che il mondo della nutrizione sta affrontando ultimamente. E proprio il cinema ci fornisce forse lo strumento più efficace di tutti per cercare di risolvere tali problematiche: l’informazione.

05

#MONDOdi Margherita Bo

“Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene se non si ha mangiato bene” diceva giustamente Virginia Woolf. Il cibo infatti è un piacere e influisce sulla qualità della vita. Prima di tutto però è un elemento essenziale alla vita stessa. E se quello che diceva la Woolf è vero, nel mondo una persona su nove non solo non può mangiare bene ma non può mangiare affatto, rischiando quindi di non poter nemmeno amare, pensare e dormire.

Quando si parla di garantire a tutti la possibilità di sfamarsi si parla di garantire la food security che nel World Food Summit del 1996 è stata definita come condizione in cui “all people, at all times, have physical and economic access to sufficient safe and nutritious food that meets their dietary needs and food preferences for an active and healthy life”. Se tale condizione non è raggiunta si parla di food insecurity, nota come il problema della fame nel mondo. La comunità internazionale ha posto molta enfasi sulla sua importanza e l’eliminazione della fame nel mondo è stato uno dei principali punti del MDG (Millenium Development Goal) delle Nazioni Unite. Il 2015 è stato un anno davvero importante in quanto ha costituito la fine del periodo di monitoraggio a riguardo, dandoci la possibilità di fare alcuni bilanci.I dati dell’ultimo SOFI (State of Food Insecurity in the World) redatto dalla FAO tratteggia uno scenario incoraggiante. Nell’ultimo decennio sono state 167 milioni le persone strappate alla fame, l’obiettivo di dimezzare la fame nel mondo è stato mancato solo per un piccolo margine e 72 paesi su 129 hanno raggiunto l’obiettivo fissato dal MDG. Anche i due principali indicatori per misurare la food insecurity (tasso di malnutrizione e livello di sottopeso nei bambini sotto i cinque anni) hanno subito una contrazione nelle regioni in via di sviluppo. Sebbene questi dati siano incoraggianti c’è ancora molto lavoro da fare. Restano infatti 795 milioni di bocche da sfamare e se si considera che le principali diminuzioni si sono registrate in Cina e India (paesi ad altissima concentrazione demografica) dobbiamo ammettere che i miglioramenti sono stati meno diffusi di quanto sembri.

Quando si parla di riduzione della food insecurity è fondamentale mettere in relazione i progressi e i nuovi traguardi da raggiungere con le principali sfide che ci troviamo a fronteggiare: incremento della popolazione e cambiamento climatico. Si stima che entro il 2050 la popolazione mondiale crescerà di circa 2,4 miliardi di unità e la necessità di assicurar loro nutrimento si scontra con quella di ridurre la pressione sugli ecosistemi. Inoltre la domanda di cibo entro il 2050 potrebbe raddoppiare, richiedendo soluzioni efficaci a un problema sempre più complesso.

Vi sono almeno due modi di guardare alla food insecurity. Il primo lo fa in termini di efficienza: ogni anno ¼ del cibo di cui il mondo dispone

viene sprecato. Mentre nel primo mondo lo spreco avviene principalmente nelle cucine, nei paesi in via di sviluppo ogni giorno l’equivalente di 500 calorie per persona va perso a causa di sistemi agricoli inefficienti. Un modo per ridurre lo spreco sarebbe quindi quello di aumentare le rese agricole, esportare tecnologie in grado di prevenire attacchi a colture e raccolti e migliorare il sistema di infrastrutture

come strade e reti elettriche. Questi miglioramenti infatti aiuterebbero gli agricoltori a vendere i loro prodotti prima che diventino inutilizzabili, li connetterebbe a chi può fornirgli fertilizzanti e antiparassitari e renderebbe possibile l’utilizzo di migliori sistemi di conservazione del cibo. Si stima che investimenti di questo tipo oltre a generare benefici per 3 triliardi di dollari potrebbero strappare alla fame 57 milioni di persone entro il 2050. Il secondo approccio evidenzia invece come non si possa crescere all’infinito e la componente sociale del fenomeno. Il focus quindi non deve essere solo sull’aumento della produttività ma anche sulla riduzione delle diseguaglianze, sul rafforzamento dei diritti delle donne e sul controllo della crescita demografica. Questo è attuabile garantendo libero accesso

ai contraccettivi al fine di scongiurare eccessivi aumenti della popolazione mondiale, tutelando il diritto delle donne di abortire, aiutandole a rafforzare i loro ruoli nelle società e promuovendo sistemi a tassazione progressiva e di redistribuzione del reddito.

Guardare alla food insecurity utilizzando questi due approcci può insegnarci molto. Se da un lato infatti possiamo e dobbiamo essere fieri dei progressi fatti nella lotta alla fame, dall’altro non possiamo più ignorare come il persistere di forti diseguaglianze nella distribuzione di benessere e risorse sia insostenibile oltre che intollerabile. Al contempo dobbiamo raccogliere una grande sfida: ammettere che non possiamo più permetterci di crescere all’infinito, mettere in discussione l’attuale modello di sviluppo e fare del nostro meglio con quello che la Terra può ancora offrirci.

la lotta fame in un mondo che cambiai progressi alla prova di climate change e crescita demografica

06

#SCIENZArischio estinzione per le banane di Federico Mo

Ebbene sì. Le banane po-trebbero scomparire dalle nostre tavole da un momen-to all’altro. Almeno nelle va-rietà commerciali che cono-sciamo.

Il loro fragile destino dipende da una delle caratteristiche per cui sono tanto apprezza-te: l’assenza praticamente totale di semi.Per comprenderne il motivo bisogna fare un passo in più nel conoscere questo frutto.

Come nascono le banane?

Le banane sono le bacche di piante a bulbo-tubero con pseudo-fusti che arri-vano fino a 6 -7 metri in natu-ra, e a 3 metri per quelle col-tivate. Nonostante sembrino alberi per la loro dimensione, di fatto sono piante erbacee; e le più grandi piante erba-cee dotate di fiore, per l’esat-tezza. Ogni pseudo-fusto può produrre un singolo casco di banane. Anche se dopo la fruttificazione lo pseudo fusto muore, la pianta continua a produrre frutti grazie al possibile sviluppo di polloni laterali, in pratica altri rami che nascono dalla base della pianta. Dato che il loro bulbo-tubero è perenne, una singola pianta di banane - un banano - può moltiplicarsi all’infinito.

Mentre le banane selvatiche sono dotate di abbondanti semi che non le rendono adatte al consumo, quelle delle qualità coltivate in piantagione sono frutti partenocarpici, cioè frutti che vengo-no sviluppati in assenza di fecondazione, e sono quindi privi di semi. Nelle seconde, quelle addomesticate, i piccoli puntini neri appena visibili presenti nella parte centrale non sono altro che i resti dei semi “abortiti”.

Riassumendo, le banane commercializzate derivano dalla mol-tiplicazione delle medesime piante più che dalla riproduzione tra piante distinte. In altre parole, le “nuove” piante che crescono hanno lo stesso corredo genetico, sono dei “cloni”, degli esemplari esistenti e non evolvono. Al contrario, i parassiti che le possono attaccare e ucciderle evolvono molto rapidamente, in particolare i funghi.

Al momento, le qualità coltivate sono piuttosto resistenti, ma se nei prossimi anni uno di questi parassiti evolvesse divenendo tale da riuscire ad attaccarle, in breve causerebbe un’epidemia che lascerebbe ben poco scampo alla variante coltivata colpita.

Ma può davvero accadere una cosa simile?La risposta è sì. Ed è anche già avvenuta in passato negli anni ’50, quando la malattia di Panama cancellò la varietà Gros Michel, una delle prime a esse-re coltivate e che si prestava particolarmente bene per il trasporto nei Paesi extra-tropicali.

Ciò ci fa meditare sull’importanza della va-rietà genetica all’interno di una stessa specie, spesso più importante della stessa resistenza a certi parassiti. I parassiti si adattano ed evol-vono, e il modo migliore per batterli è evolvere.

07

#DANZALa coreografa Maria Lobos sensibilizza sul sistema dei consumi di Valeria Sorrenti

Camici bianchi, guanti da laboratorio e stivali di gomma, parrucche colorate e visi da clown: sono diversi i personaggi interpretati dalla compagnia XL Productions di Maria Clara Villa Lobos.

Maria Lobos, di origini brasiliane, si trasferisce a Berlino all’età di sedici anni per intraprendere gli studi in danza classica e contemporanea. Continua i suoi studi in Svezia e poi in Belgio dove si stabilirà in modo permanente dal 1995. In Belgio frequenta la scuola P.A.R.T.S. La coreografa accoglie l’opportunità e l’occasione di lavorare e collaborare con diverse compagnie e coreografi. Nel 2000 fonda la compagnia XL Productions a seguito di un inatteso successo della sua prima coreografia intitolata “XL, Because size does matter”. Da lì nascono una decina di spettacoli di successo.

Un modo di ballare particolare l’industria della trasformazione alimentare, con ironia e sarcasmo, è ciò che vediamo in uno degli ultimi lavori della Lobos, dal titolo “Mas-Sacre” sulle note della “Sagra della primavera” di Stravinskij. I ritmi tormentati di Stravinskij hanno ispirato ancora una volta lavori provocatori. L’obiettivo di Maria Lobos è di rappresentare gli eccessi della società dei consumi, una versione che entusiasma sicuramente vegani e vegetariani. Maria Lobos si ispira a “Sacre du printemps”, rappresentato per la prima volta nel 1913 sulle note del compositore russo Igor Stravinskij dai Balletti russi di Sergej Djagilev. Il balletto originario portò in scena un rito sacrificale nella Russia antica, invece, in “Mas-Sacre”, troviamo riti pagani per la celebrazione della Terra, il ricordo di un mondo primitivo e barbarico, per arrivare a una totale distruzione dei cicli naturali. Un secolo dopo Maria Lobos riesce a riprendere quella ritualità selvaggia e la respinge in maniera del tutto alternativa e originale senza perderne il vigore. La stampa belga scrive: “Rodrigo Garcia non avrebbe saputo fare di meglio”.

Un viaggio che percorre e propone il ciclo della produzione di carne: si comincia con un video di uova che si schiudono e continua con dei pollastri allevati, mentre in scena si esibiscono i protagonisti che animano una catena di montaggio nella quale i polli sono smembrati e poi pronti ad essere confezionati. Le proiezioni di allevamenti in serie di polli, maiali e mucche sullo sfondo, catturano l’attenzione dello spettatore distraendolo a volte da quello che succede sul palco. La scena inizia con alcuni ballerini che lavano il pavimento sporco di sangue. Si prosegue con un tono dell’orrore per quasi un’ora nel quale si susseguono attimi in cui gli interpreti da carnefici si trasformano in vittime, da uomini assassini in una terrificante catena di montaggio fino a diventare animali da macello. Davvero significativo l’attimo in cui, insieme agli scarti dei polli, si buttano anche gli operai,

diventati anche loro superflui e inutili per la produzione industriale. Unico attimo di pausa e di “fiato” sono gli spot pubblicitari mandati in onda durante l’intervallo tra la prima parte e la seconda. Si tratta di video pubblicitari dal gusto sarcastico dove si prendono di mira i falsi miti della società del benessere. Dalla bellissima modella dalle linee perfette che pesa pochissimo ma addenta un super panino multistrato e una bibita gassata formato XL, ai cuochi che preparano e offrono piatti “naturali”, quali pollo gonfiato artificialmente con ormoni. Fin qui il messaggio regge e arriva forte e chiaro al pubblico.

L’ orrore continua nella seconda parte con i pagliacci del Mc Donald’s dalle parrucche rosse e i visi truccati con colori sgargianti e

vivaci, che spogliano una bambina dalle forme eccessivamente tondeggianti e dalle treccine rosse, le coprono la faccia con una maschera di maiale ed eseguono la macellazione. La bambina, armata di coltelli e forchette, e i pagliacci colorati portano sul palco il tema del cannibalismo in cui la differenza fra l’uomo carnefice e l’animale vittima viene del tutto annullata. La seconda parte dello spettacolo risulta meno convincente e persuasiva, perdendo la sua carica sarcastica e ironica ma soffermandosi maggiormente sulla violenza e il ribrezzo. Nonostante lo scopo sia totalmente condivisibile, vedere i ballerini interpretare questa scena lascia il pubblico sconcertato.

Anche il finale sembra suscitare un sintomo di disorientamento e confusione nello spettatore. Partono alcuni video, tra i quali spiccano un uomo che scambia effusioni eccessive con un cane e un delfino con una ragazzina. Queste immagini riflettono una forma di amore per gli animali alterato e maniacale.

Il lavoro di Maria Lobos lancia una forte critica, con una nota ironica ma graffiante, che aiuta a riflettere sul valore di tutto ciò che mangiamo. Grazie al potere della danza, ancora una volta, il cibo, l’ambiente e tutto ciò che ci circonda tenta di assumere una nuova consapevolezza dei corpi che diventano oggetto di riflessioni e confronti su un argomento delicato come questo. La coreografa ha sicuramente fatto un passo coraggioso nel trattare questo tema, ma tramite la passione che nutre per la danza, è riuscita a trasmettere il suo messaggio e arrivare al suo pubblico fotografando una società fatta di consumi ed eccessi.

08

#ARTECULTURAEccentrica Natura: Frutti e ortaggi stravaganti di Irene Fascio

Se poniamo cibo e arte nella stessa frase non p o s s i a m o fare a meno che pensare alla Natura Morta, ov-vero un tipo di rappre-sentazione p i t t o r i c a che consiste

nel ritrarre oggetti inanimati. Solitamente gli oggetti ritratti sono frutta e fiori, ma anche oggetti di vario tipo, come strumenti musi-cali, pesci ed altri animali.Il concetto di Natura Morta è però un controsenso: la natura per sua definizione è infatti viva, ma diventa morta quando la si toglie dal suo habitat, come ad esempio un fiore reciso dalla pianta. L’artista compie quindi una sfida: ritrae un fiore destinato a morire e così lo rende eterno. La sua bravura consiste nell’in-gannarci, facendoci apparire come veri e vivi oggetti inanimati ed esseri morti.

La natura morta come genere di pittura

Nei primi anni del Seicento i dipinti furono classificati per la prima volta in base ai temi che rappresentavano. Si crearono così di-versi generi, considerati più o meno importanti, secondo il grado di impegno che avevano richiesto all’artista.Al primo posto troviamo la pittura di storia, che si occupa di raffigurare le azioni degli uomini; più in basso ci sono i ritratti, che raffigurano persone in posa; poi la pittura di paesaggio, che ha come oggetto la natura, e infine la natura morta, che ritrae fiori, frutti, oggetti come strumenti musicali.Nei secoli precedenti chi ordinava un quadro richiedeva soprat-tutto temi tratti dalla storia sacra o dalla mitologia, nel Seicento invece si diffonde il gusto per soggetti meno impegnativi e le na-ture morte diventano sempre più numerose nelle case di aristo-cratici e di borghesi.

Una storia antica

Già nell’antichità vi erano stati pittori specialisti in questo gene-re, famosi per la loro abilità nel ritrarre fiori e frutta.Nel corso del Rinascimento la pittura si concentra sulla raffigu-razione dell’uomo, ed è raro trovare quadri interamente dedicati alla natura morta.

Un grande successo

È sul finire del Cinquecento e nei primi anni del Seicento che la natura morta conosce un successo mai avuto prima. Si sviluppa un nuovo interesse per l’indagine scientifica della natura. Men-tre gli scienziati studiano piante e animali al microscopio, alcuni artisti si specializzano nella raffigurazione attenta della natura, dando vita a splendidi disegni colorati, sfruttati dagli stessi scien-ziati per illustrare le loro ricerche.Ma è soprattutto nell’Europa del Nord che la natura morta diven-ta uno dei temi preferiti dalla pittura fiamminga e tedesca. La religione protestante vietava infatti di ritrarre Cristo, la Madonna e i Santi. È perciò che in questa zona, ricca di artisti eccezionali, ebbero tanto successo i generi cosiddetti minori, come il paesag-gio, il ritratto e la natura morta. Nella pittura italiana

In Italia il primo e più importante autore di nature morte è Cara-vaggio. Egli eseguì la celebre Canestra di frutta intorno al 1596: un dipinto che raffigura mele, pere, uva e melograni con una for-za e una concentrazione tali da far sembrare la canestra un ritrat-to umano. Un altro di questi fu Bartolomeo Bimbi ora in mostra a Palazzo Madama a Torino (dal 29 Gennaio a 11 Aprile 2016).

Antichi tartufi, zucche e cocomeri enormi, strani cavolfiori, grosse albicocche, limoni cedrati giganti; e ancora cardi, meloni, fave, spighe di grano, grappoli d’uva, pere, datteri, barbabietole, gi-rasoli, cavoli, funghi, castagne. Ecco i protagonisti della mostra a Palazzo Madama. L’eccentrica natura ritratta da Bartolomeo Bimbi per la famiglia Medici. Colori, profumi, sapori quasi escono dalle tele.

Bartolomeo Bimbi (Firenze 1648-1730), fu abile pittore, mae-stro nel raffigurare la natura nelle sue molteplici forme.

Nato a Settignano, si forma a Firenze presso Lorenzo Lippi. La sua educazione prosegue poi in occasione di un viaggio a Roma, dove entra in contatto con altri celebri artisti di genere floreale.Ben presto si stringono i rapporti con la corte granducale fio-rentina: sono documentate a partire dal 1685 le commissioni ri-cevute da Cosimo III e dai figli. Lavorò alla corte del Granduca Cosimo III, amante delle piante e dei loro frutti, specchio della magnificenza divina, tanto da seguirne personalmente la coltiva-zione e la crescita. Appassionato di fruttiferi, fece arrivare nuove specie e varietà da tutto il mondo. E iniziò insieme al botanico di corte, Pier Antonio Micheli, un grande lavoro di catalogazione sistematica organizzato per specie, stagione, provenienza.

Il frutto di questo grande lavoro di catalogazione scientifica è un corpus di opere unico nel panorama pittorico italiano, annove-rabile tra i ver-tici della pittura di natura morta dell’epoca. Fino alla morte di Cosimo l’artista condivide con lui un sincero interesse verso la natura: sia gli aspetti scientifi-ci, di documen-tazione della varietà delle produzioni, sia per il fascino delle particolarità estreme, di tutti quegli “strava-ganti e bizzarri aborti della natura” che il pittore era incaricato di ritrarre. Il granduca legge in tale varietà della natura il disegno divino di questa duplice visione, naturalistica e teologica, Bimbi si fa interprete raffinato e sensibile.

I frutti

Dalle raccolte del Museo di storia Naturale di Firenze e del Mu-seo della Frutta di Torino provengono gli ortaggi e i frutti in cera, mirabili riproduzioni che avevano il compito di documentare scientificamente le varietà esistenti e di favorire l’insegnamento della botanica. Li contiene la “Voliera” ideata da Marisa Coppia-no in rapporto con la decorazione della Sala Quattro Stagioni, di gusto francese.

09

#ARCHITETTURAorto verticale: reintroduzione al biologico di Elena Massa

C’è stato un tempo nella storia in cui le grandi masse contadine lasciavano i campi per cercare fortuna e lavoro nelle grandi città. Hanno detto basta al lavoro negli appezzamenti di terreno preferendo una vita sedentaria, seduti a una scrivania a battere a macchina o lavorando in fabbrica. Ma, ora è giunto il tempo in cui le città sono troppo affollate, gli spazi ridotti e l’inquinamento è un problema palpabile, inoltre la grave crisi economica ha messo in ginocchio il potere d’acquisto delle persone. Questi e innumerevoli altri fattori potrebbero aver dato il via alla concezione degli orti verticali. Il concetto di orto/giardino verticale ha origini antiche: l’esempio più celebre è sicuramente quello dei Giardini pensili di Babilonia facenti parte delle Sette Meraviglie del Mondo Antico. Le fonti sulla loro reale esistenza non sono certe, ma si suppone risalgono al V-IV secolo a.C. circa, ai tempi di Nabucodonosor II. Si dice che i giardini vennero eretti per Semiramide, regina degli Assiri, in quanto, non abituata all’arida città, aveva bisogno di un posto dove nascessero fiori e frutti per rinfrescare l’ambiente e permettendole di stare a contatto con la natura.

Venendo all’età contemporanea, l’era delle pareti verticali deve il suo sviluppo al biologo francese Patrick Blanc che nel 1988 brevettò il primo sistema di piantumazione verticale. La tecnologia consiste nella costruzione di un pannello con struttura metallica composta da traversi e montanti verticali, questi ultimi ricoperti da un telo in PVC per favorire l’impermeabilizzazione, infine uno strato in cartonfeltro serve per distribuire l’acqua in maniera uniforme dove posare le piante. L’obiettivo di Blanc è quello di contrastare la cementificazione delle città e donare alle persone una zona di relax e di contatto con la natura.

Negli anni a seguire, venne introdotto un altro concetto legato alla “verticalità verde”, ovvero la vertical farm (o fattorie verticali), approfondita dal prof. Dickson Despommier della Columbia University. Egli progettò interi grattacieli dedicati solamente alla coltura degli ortaggi da inserire nei piani urbanistici delle grandi città. La domanda che è lecita porsi è: perché costruire fattorie verticali se abbiamo a disposizione i campi da coltivazione? Il problema risiede nel costante aumento della popolazione globale che, secondo l’ONU, dovrebbe raggiungere i 9 miliardi entro il 2050 e il fabbisogno di terreni disponibili alla coltura vanno diminuendo soprattutto in aree densamente popolate, come la Cina e il Giappone.I vantaggi della coltura in enormi serre verticali sono significativi dal punto di vista ambientale e della salute dell’uomo. Innanzi tutto, coltivando in luoghi chiusi è possibile filtrare l’aria in entrata eliminando i gas inquinanti derivanti dallo smog cittadino; l’intero sistema viene controllato e quindi non è necessario l’uso di pesticidi, offrendo un prodotto totalmente biologico. Altro punto a favore è l’impianto di coltivazione degli ortaggi, ovvero attraverso la coltura idroponica, un sistema in grado di depurare naturalmente l’acqua dalle sostanze tossiche e renderla nuovamente potabile. Ovviamente questi grattacieli sono costruiti con facciate totalmente vetrate per fornire la maggiore luce naturale possibile, ma, sebbene non sufficiente,

viene introdotto un sistema di lampade LED (alimentate grazie a pannelli fotovoltaici).

Le notizie di queste due tecnologie, i pannelli per le pareti verticali e le vertical farm, sono giunte a noi tramite i social media, fotografie, blog, giornali e hanno suscitato nei cittadini la curiosità della novità. La loro unione ha dato origine, poi, alla soluzione perfetta ai problemi materiali presenti nelle grandi città: l’orto verticale. La ricetta per questa soluzione è composta da pochi elementi: economicità, semplicità, spazi ridotti e creatività. Con pochi soldi è possibile creare un piccolo orto verticale e posizionarlo sul balcone di casa o creare uno spazio apposito sui tetti degli edifici. Si possono piantare molti ortaggi, frutti o erbe officiali: lattuga, basilico, fragole. I contenitori usati come vasi sono oggetti riciclati tra i più disparati: bancali, latte in alluminio, bottiglie di plastica, guanti per lavare i piatti, cassette del mercato o grondaie!

Oltre ad avere la possibilità di risparmiare sulla spesa settimanale, ognuno si sente soddisfatto del proprio lavoro e dei prodotti ottenuti, senza l’uso di fertilizzanti, completamente a km0 e ne risente positivamente anche il benessere psico-fisico della persona. Il tocco green alla propria casa crea uno spazio rilassante vicino cui sostare per fare una pausa dalla vita frenetica di tutti i giorni e contribuisce a rendere la città esteticamente più bella.

Sono presenti nel mondo molte associazioni che favoriscono l’agricoltura urbana. Queste creano relazioni tra persone, sensibilizzano sul tema del cibo e contribuiscono al processo di rigenerazione urbana andando a riqualificare edifici caduti in disuso, come l’esempio del progetto OrtoAlto Le Fonderie Ozanam a Torino.

Quindi, l’umanità dopo essersi spostata nella città, cerca ora di tornare il più vicino possibile alla vita “contadina”, si crea un hobby proficuo e confortevole che possa essere rigenerativo. Tutti noi cerchiamo di fare come la regina Semiriade in Babilonia. Come si dice: “La storia si ripete”.

10

#LETTERATURALa madeleine: il cibo dei ricordi di Elisa Boscaino

Il cibo, da sempre, è la consolazione ad ogni male. Nei momen-ti di sconforto, stanchezza o tristezza generale ciascuno di noi è ben lieto di togliersi qualche “sfizio culinario” per compiacere l’animo e il palato. La soddisfazione è ancor più appagante se il premio consolatorio consiste in un bel dolce soffice e profuma-to, preferibilmente fatto in casa dalle mani esperte di mamme e nonne che con il loro amore trasferiscono un gusto in più ai manicaretti che preparano.

Questo ingrediente segreto crea una sorta di “incantesimo” tra il gusto di ciò che mangiamo e il momento della vita ad esso legato. Quante volte capita di aver voglia di “una fetta di torta al cioccolato, quella con il cuore morbido proprio come la faceva la mamma?”. Non si ha desiderio di un dolce in generale, ma si ha la necessità di mangiare quella specifica pietanza quasi a voler riassaporare in tutte le sue sfumature un ricordo del passato. Altre volte capita invece che al solo profumo o morso si riaccen-da in noi l’immediata reminescenza di un cibo familiare.

A tal proposito non si può trovare esempio migliore della made-leine di Proust, ne La Ricerca del Tempo Perduto.Il dolcetto burroso, famoso in tutto il mondo grazie all’autore, in-carna nella sua soffice forma a conchiglia tutta la potenza della memoria involontaria.

L’ambientazione è semplice. Il nostro protago-nista, tornato a casa dopo una fredda giornata d’inverno, deci-de di ascoltare i consigli della madre e conce-dersi una tazza di tè con una piccola ma-deleine per ri-scaldarsi. Quel semplice gesto automatico si rivela però ben più complesso della sua natu-ra. Non appena il gusto del dol-cetto avvolge il palato del pro-tagonista, egli si ritrova immer-so in uno stato

“confusionale”, catapultato in uno spazio-tempo a lui famigliare, ma del quale non riesce a tracciarne i confini.

“Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudi-ne, un po’ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai pa-rere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati maddalene, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi tri-ste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel qua-le avevo lasciato inzuppare un pezzetto della maddalena. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svol-

geva in me. Un deli-zioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicessi-tudini, inoffensivi i ro-vesci, illusoria la bre-vità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia vio-lenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della maddalena. Ma lo superava infini-tamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veni-va? Che senso aveva? Dove fermarla?”

L’estasi provata al pri-mo contatto va man mano svanendo. Sa di conoscere molto bene quel profumo e quel sapore e si sforza di ricordarne i dettagli. Più si concentra per trovare una spiegazione e più si allontana dalla risposta. Solo alla fine capisce che la verità non la può trovare al di fuori, ma è nascosta dentro di lui e il suo spirito è l’unico in grado di togliere ogni dubbio.

“Bevo una seconda sorsata, non ci trovo più nulla della prima, una terza che mi porta ancor meno della seconda. E tempo di smettere, la virtù della bevanda sembra diminuire. E’ chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. E’ stata lei a risve-gliarla, ma non la conosce, e non può far altro che ripetere inde-finitivamente, con la forza sempre crescente, quella medesima testimonianza che non so interpretare e che vorrei almeno es-sere in grado di richiederle e ritrovare intatta, a mia disposizione (e proprio ora), per uno schiarimento decisivo. Depongo la tazza e mi volgo al mio spirito. Tocca a lui trovare la verità…retrocedo mentalmente all’istante in cui ho preso la prima cucchiaiata di tè.”

Finalmente il protagonista riesce a focalizzarsi su quella strana sensazione. Il morso alla madeleine lo aveva trasportato nel pas-sato, esattamente nel periodo della sua fanciullezza a Combray dove ogni domenica assaporava i dolci che la zia gli porgeva. Il legame tra il gusto e il ricordo è così forte che il semplice rias-saggiarne il sapore ha risvegliato in lui l’intera memoria collegata a quel periodo della vita, apparentemente celata e chiusa nel dimenticatoio.

“Il gusto era quello del pezzetto di maddalena che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in came-ra sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio…”

Se la madeleine è il cibo della memoria, i libri sono il cibo della mente.

11

castagnaccio di mele di elisa boscaino ed elena massa

In questo primo numero del ciclo delle settimane tematiche dedicato al cibo, abbiamo deciso di scrivere un articolo speciale che possa essere dedicato solo ed esclusivamente a questo argomento. Quindi cosa meglio di una buona ricetta?Abbiamo scelto questo particolare dolce, una variante al classico castagnaccio, perchè racchiude al suo interno molti ingredienti salutari e utili per il nostro organismo. Qui di seguito, quindi, troverete tutte le proprietà degli ingredienti principali e, infine, la ricetta vera e propria. Buon appetito!

La castagna è un ottimo alimento autunnale, ricchissimo di nutrienti. La sua dolcezza e consistenza le permette di essere molto versatile in cucina, nelle preparazione di ricette dall’antipasto al dolce. Dalla castagna si ricava anche un’ottima farina, ingrediente base di gustosi dolci e vari tipi di pasta.

Le castagne in breve:- contengono circa 245 kcal per 100g;- molto energetiche, utili contro la stanchezza e per chi pratica attività fisica;- buona fonte di fosforo e calcio;- ricche di fibre, favoriscono il transito intestinale;- indicate per chi soffre di pressione in quanto contengono potassio;- prive di glutine sono consigliate anche a chi soffre di celiachia.

La mela è uno dei frutti più mangiati al mondo, sia per la dolcezza della sua polpa sia per le numerose proprietà benefiche che possiede. “Una mela al giorno toglie il medico di torno” non è solo un vecchio detto, ma rispecchia le innumerevoli qualità di questo frutto.

Le mele rosse in breve:- contengono 50-80 kcal per 100g, risultando adatte anche nelle diete ipocaloriche;

- composte per l’80% di acqua hanno un alto potere saziante;- ricche di fibre, aiutano a ridurre i disturbi intestinali;- contengono Sali minerali tra cui potassio, magnesio e fosforo;- aiutano a controllare i livelli di insulina nel sangue, pulisce e disintossica contribuendo all’eliminazione dei metalli pesanti dal corpo.

La mandorla è un tipo di frutta secca che piace a grandi e bambini. La sua dolcezza ben si adatta alla preparazione di dolci o come guarnizione di yogurt e macedonie. Come tutta la frutta secca il suo apporto calorico è piuttosto alto (581kcal per 100g) e per questo la quantità giornaliera indicata è di 3-4 mandorle al giorno (circa 60kcal), anche se per la bontà del loro gusto è facile eccedere nel consumo perché “una mandorla tira l’altra”.

Le mandorle in breve:- ricche di omega 6, apportano benefici a livello cardiovascolare;- rafforzano le ossa, prevenendo fratture ed osteoporosi, grazie alla particolare combinazione di calcio e magnesio;- ricchissime di vitamine E, un antiossidante che protegge dai radicali liberi, previene alcuni tipi di tumori e migliora l’elasticità della pelle.

Il miele di acacia è una delle qualità di miele più conosciute in Italia. Si riconosce per la colorazione molto chiara che varia da un giallo tenue ad uno più paglierino. Il colore rispecchia la delicatezza del gusto che risulta molto dolce, accompagnato da un profumo leggermente floreale.

Il miele di acacia in breve:- ricco di vitamine, sali minerali e amminoacidi;- considerato un energizzante naturale e un ottimo ricostituente;- altamente digeribile;- efficace nella cura per il mal di gola;- disintossicante del fegato;- aiuto contro l’acidità di stomaco e per il benessere dell’intestino.

12

#speciale cibo

Ingredienti

- 200 gr di farina di castagne- 50 gr di miele di acacia- 100 gr di uvetta- 4 mele rosse- 100 gr di mandorle pelate a fettine- 250 ml di latte- 1 manciata di pinoli (ca. 40 gr)- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva- 10 gr di burro- noce moscata- sale- 1 uovo

Preparazione

1) Mettete l’uvetta a mollo in acqua tiepida per 20 minuti poi scolatela e strizzatela.

2) Mettete la farina di castagne in una padella antiaderente e tostatela leggermente sul fuoco, mescolandola con un cucchiaio di legno per 1 minuto, poi trasferitela in una ciotola.

3) Sbucciate le mele, eliminate i torsoli, tagliatela a spicchi poi a pezzettini.

4) Unite il latte, il miele, l’olio, l’uovo sbattuto e una grattuggiata di noce moscata, mescolate con una frusta in modo che non si formino grumi.

5) Aggiungete l’uvetta, i pezzetti di mele, le fettine di mandorle, i pinoli e un pizzico di sale, poi mescolate per distribuire gli ingredienti in modo uniforme.

6) Imburrate una tortiera smerlata da crostata e versatevi il composto, pareggiatelo con il cucchiaio e ponete in forno già caldo a 180°C per 40 minuti.

7) Fate raffreddare il dolce prima di servire!

13

#pensieri di una mente shakeratauna storia di mare di federico mo

Alex indossò l’impermeabile e uscì sul ponte della nave. Gli altri della ciurma stavano riposando. Tranne Tom. Lui era di vedetta e troneggiava sul mondo dall’alto dell’albero maestro. Se se ne stava appollaiato lassù a sbirciare con un monocolo artificiale e bislungo il nero della notte che si rifletteva, più in basso, nell’acqua dell’oceano. Era un nero pesante e compatto. Sopra e sotto. Evidentemente le nubi attraversavano la prateria della volta celeste quella notte, mentre le loro gemelle, più inconsistenti ma altrettanto scure, solcavano la superficie marina. Un bel problema. Neanche le stelle ad aiutarli. Da quando avevano perso la rotta dopo la tempesta che li aveva decimati due giorni fa, il cielo e il mare non erano stati tali da aiutarli a ritrovarla. E tutti loro erano esausti. I lavori per riparare lo scafo erano stati duri e lunghi e faticosi. Eppure erano indispensabili. Durante la tempesta ci fu un momento in cui quasi tutti pensarono che la nave non avrebbe retto e sarebbero affondati, giù nel profondo del Pacifico. Ingannatore di un oceano; lui e il suo nome. Ma avevano lottato con l’acqua che voleva entrare, e che in parte ci era riuscita, e intanto avevano fatto in modo che non ne entrasse altra. E così, ora, se ne stavano salvi. Almeno quelli di loro che ce l’avevano fatta. Alex non voleva pensare ai dispersi in mare, ma le loro urla tornavano come echi nella sua mente, mischiati al vento e al rumore del mare. L’oceano famelico che li aveva inghiottiti, vorace, insaziabile. Lui, Alex, era nuovo. Il secondo viaggio appena. Gli altri erano abituati ai compagni persi e che si perdevano. Non è che non ci facevano caso, anzi! Solo sapevano che era preferibile, per tutti loro, andare avanti. Stare concentrati sulla meta, non sul tragitto e le sfide che riservava. Ci avrebbero bevuto sopra, poi. Una volta sbarcati, una volta raggiunto un porto e trovato una locanda. Magari davanti ad un bel maiale allo spiedo per festeggiare l’arrivo e sfamare il passato. Annegando i ricordi. E sarebbero affogati anche loro, alla fine, nel vino e nel rum che avrebbero reso onore e silenziato le urla dei compagni scomparsi. Urla che erano state ignorate per tutto il viaggio. Urla di dannati. Urla dei dannati che volevano ancora farsi sentire, da là sotto. Dannati che volevano ancora protendere le loro bianche braccia livide e mangiucchiate dai pesci verso l’alto, per abbracciare in un abbraccio eterno i compagni che li avevano lasciati indietro. Non per cattiveria. Non per scelta. Ma per quella cosa che ci ostiniamo a chiamare destino e che pensiamo sia scritto, da sempre. Destino … destino … Tom fece un cenno ad Alex. Alex ricambiò. Lasciò scorrere ancora un po’ la fredda aria della notte sul faccione coperto da un corta barba di tre o forse quattro giorni. Poi tornò sottocoperta, più per non sembrare troppo dissimile dagli altri che perché avesse realmente sonno. Si cimentò quindi nel tentativo, vano, di dormire. Tom invece continuò a scandagliare gli orizzonti con il suo cannocchiale in cerca di una luce. In cerca di un segno. In cerca di un indizio. In cerca di una speranza. La notte passò, silenziosa e lieve per chi riusciva a dormire. Pesante e infinita per gli altri.

Il giorno dopo iniziò tranquillo e inutile come quello prima. Le nubi irradiavano ovunque una luce grigia. Costantemente e miseramente. E i venti continuavano a cambiare direzione. La ciurma borbottava tristemente, di tanto in tanto, lasciando trasparire toni caldi che si estinguevano in fretta. C’erano però delle parole che cominciarono a tornare con una certa frequenza: “il capitano e il nostromo sono spacciati. La febbre non li lascerà. Le ferite han fatto infezione.” Questo era il punto. Avere qualcuno che sapesse bene cosa fare. Qualcuno che indirizzasse la ciurma a riprendere la giusta rotta. Il capitano era uno dei migliori, ma in quelle condizioni serviva a poco. Le frasi deliranti che uscivano dalle sue labbra erano di un’assurdità stravolgente. E inutile. Si rivolgeva a

figure mitiche e piratesche, le ringraziava, le pregava di non abbandonarlo, le supplicava di lasciare gli altri e di prendere lui solo. Che avrebbe dato loro tutto il cacao che trasportavano, ma di lasciare una possibilità ai suoi uomini. Ma le ore, preziose più dell’oro, passavano e lui restava in uno stato di semicoscienza misto a delirio, imprigionato in un’altra realtà. Il nostromo era catatonico. Restava immobile a fissare un orizzonte che solo lui poteva vedere, un orizzonte che andava ben oltre i 5 metri della stanza in cui si trovava. Già, la difficoltà del ritrovare la rotta era anche legata a quella di trovare persone in grado di trovarla.

Era pomeriggio, quando Alex si sporse dal parapetto. Non gli piaceva la vita da marinaio. Non avrebbe mai dovuto imbarcarsi, pensava. Maledisse il giorno in cui lasciò la terra ferma; e si mise a guardare giù, in basso. Lo scafo tagliava la superficie grigia dell’acqua come un coltello. Zaac…e intanto procedeva, senza una precisa meta, nel silenzio generale rotto qua e là dalle parole dei compagni. Improvvisamente qualcosa attirò la sua attenzione. Furono uno “splash” inaspettato seguito da un secondo e poi da un terzo, alla sua destra, in direzione della prua, ma più distanti della nave. Un grande pesce saltava fuori dall’acqua per poi immergervisi nuovamente, subito dopo, in una serie di “splash” piuttosto regolari. Alex non conosceva molto bene la fauna marina. Soprattutto non aveva mai sentito parlare di quel tipo di pesce, che gli risultava essere alquanto particolare. Aveva delle strette pinne laterali che si allargavano all’estremità esterna, una luccicante pelle trasparente di un colore rosso pallido-oro chiaro, e...dei baffi: molti e sottili baffi che morbidi ricadevano (o così davano l’idea) dalla testa sul dorso, come capelli. Tra lo sorpreso e il disgustato, Alex si guardò intorno, per cercare un parere su cosa fosse. Nessun altro stava prestando attenzione a ciò che accadeva in acqua. Il clima sulla nave era divenuto caldo. Due uomini stavano discutendo su chi tra loro avrebbe preso il posto del capitano che, chiaramente, doveva essere destituito. Erano quasi giunti alle mani. Cosa abbastanza normale, in verità. Era il momento dello spettacolo, della presa di posizione, del tifo. Delle scommesse. Ma in quest’occasione speciale era anche il momento in cui, forse, si sarebbe deciso delle sorti di tutti. Uno dei due avrebbe avuto l’onore di condurli alla meta. Fosse essa la terra o…la morte. Alex però aveva altro a cui interessarsi nell’immediato. Affascinato e sorpreso che potesse esistere una creatura come quella che aveva appena visto, tornò a guardare il grosso pesce che “splashava” vicino alla nave. Non lo ritrovò subito. E un senso di sgomento lo pervase. Qualcosa in lui gli diceva che era importante, quel pesce. Eccolo! Ritrovato! L’animale stava cambiando direzione, allontanandosi dalla barca. Alex gettò lo sguardo lungo la via che aveva preso. E … sembrava esserci qualcosa, giù, in fondo in fondo! Là, all’orizzonte! Proprio nella direzione verso cui si stava dirigendo il grosso pesce. «Ehi, ehi presto! Vedo qualcosa!» Gli ci volle un po’ perché gli altri, compresa la vedetta che si era distratta nel guardare l’imminente incontro tra i due aspiranti capitani, gli prestassero attenzione. Quando lo fecero, capirono che erano salvi. O almeno avevano una possibilità di esserlo. Là, all’orizzonte si intravedeva un piccolo puntino bislungo che poteva essere una nave. Alex scrutò rapidamente di qua e di là la superficie piatta dell’oceano, ma dello strana creatura più nessuna traccia.

14

#bibliografia e sitografia

#Sport

Testo:- http://www.my-personaltrainer.it/nutrizione/cioccolato.html- http://www.pertuttiquelliche.it/alimentazione-dello-sportivo-i-be-nefici-del-cioccolato/- http://dieta.pourfemme.it/articolo/dieta-equilibrata-cioccola-to-e-sport-per-una-linea-perfetta/12675/- http://it.wikihow.com/Ripristinare-il-Glicogeno- http://www.greenme.it/vivere/salute-e-benessere/12198-sero-tonina-come-aumentare

Immagini:1) Disegno di Marianna Sergi

#Cinemaeteatro

Immagini:1) www.pressletter.com - “Alberto Sordi in una scena di Miseria e Nobiltà”2) www.filmaffinity.com - “Locandina del film Super size Me”3) www.eventbrite.com - “Una giovane ragazza che lavora nei campi da coltivazione”

#Mondo

Testo:- http://www.fao.org/docrep/013/al936e/al936e00.pdf- http://www.fao.org/hunger/en/

Immagini:1) www.fao.org - “Traiettoria del livello di malnutrizione nelle regioni in via di sviluppo. Andamento e proiezioni future”2) www.fao.org - “Afghanistan - Una donna impegnata nella spulatura manuale del grano in un campo nella zona di Mazar-e-Sharif”

#Scienza

Testo:- http://www.zipmec.com/banana-storia-produzione-commer-cio-guida-frutta.html- http://www.alimentipedia.it/banana.html- https://it.wikipedia.org/wiki/Banana

Immagini:1) www.benesserenergia.it - “Esempio di banana comunemen-te sulle nostre tavole”2) www.wikipedia.org - “Esempio di banana selvatica”

#Danza

Testo:- http://www.rumorscena.com/02/08/2015/stravinskij-tra-sacro-e-mas-sacro- http://teatroacorte.it/spettacoli/scheda/216/- http://www.vegolosi.it/news/massacre-maria-clara-villa-lo-bos-e-il-balletto-contro-la-carne/- https://patriziapertuso.wordpress.com/2015/08/03/il-mas-sa-cre-di-villa-lobos-spettacolarizza-lorrore/

Immagini:1) www.vegolosi.it - “Maria Lobos”2) www.wallonia.be - “Una scena della coerografia in cui i balle-rini vestiti da pagliacci ricordano la mascotte di McDonald’s”

#Artecultura

Testo:- http://www.treccani.it/- http://www.palazzomadamatorino.it/it

Immagini:1) http://www.palazzomadamatorino.it/it - “Bartolomeo Bimbi, Albicocche di Germania, 1703, Olio sul tela”2) http://www.palazzomadamatorino.it/it - “Bartolomeo Bimbi, Cavolfiore del canonico Venuti e ramolaccio del podere del marchese Corsi, 1706, Olio sul tela”

#Architettura

Testo:- http://content.time.com/time/magazine/arti-cle/0,9171,1865974,00.html- http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2011-10-07/coltiva-re-verticale-ecco-prime-190803.shtml?uuid=AaXP2tAE&refre-sh_ce=1- http://www.coltureprotette.it/vertical-farm-il-futuro/- http://www.giovannipelosini.com/2010/08/i-giardini-pensi-li-di-babilonia-emblema-di-venere/- http://www.fotovoltaicosulweb.it/guida/vertical-farm-la-rivoluzio-ne-sostenibile-dell-agricoltura-urbana.html- http://www.repubblica.it/ambiente/2015/03/21/news/dieci_con-sigli_utili_per_avere_un_orto_perfetto-110120128/- https://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/criteri-pro-gettuali/giardini-verticali-patrick-blanc-cosa-sono-come-funzio-nano-017/- http://www.ortosemplice.it/guide-principianti/orto-verticale-co-me-realizzarlo-e-cosa-serve/

Immagini:

1) www.ruralhub.it - “Un lavoratore asiatico presso una vertical farm”2) www.lafigurina.com - “Esempio di orto verticale ricavato dal riciclaggio delle bottiglie di plastica”3) www.torinotoday.it - “Progetto OrtoAlto Le Fonderie Ozanam a Torino”

#Letteratura

Immagini:1) www.bookrepublic.it - “Copertina del libro di Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto”2) www.allposters.fr - “Le madeleine”

#Speciale cibo

Testo:- Rivista settimanale Telesette- www.greenstyle.it- facebook.com/dietapersonalizzata

Immagini:1) www.unadonna.it2) www.stile.it3) www.helys.it4) www.greenstyle.it5-18) foto di Elena Massa

#Pensieri di una mente shakerataImmagini: 1) http://www.ortodossiatorino.net/

15

#creative spritzil segnalibro di post spritzum

Stampa questa pagina, ritaglia e incolla fra loro le due parti del segnalibro di Post Spritzum!

In questo modo avrai la possibilità di rimanere sempre aggiornato sulle ultime notizie grazie al qr code, oltre a mantenere il segno tra i tuoi libri.

Consiglio pratico: per rendere il segnalibro più resistente incolla le due parti su un cartoncino rigido e rivestilo con del nastro adesivo trasparente da pacco!

VI ASPETTIAMO NEL PROSSIMO NUMERO A GIUGNO CON UN NUOVO TEMA!!!SHAKE YOUR MIND!!!