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le mappe Alla scoperta dell’Umbria il centro dei sapori MARCO BOLASCO materia prima Da Cervia all’Himalaya sulle vie del sale JENNER MELETTI il personaggio Marina Cvetic vita e vitigni della regina d’Abruzzo ENZO VIZZARI bere Da cocktail o da meditazione a ciascuno il suo gin SAPO MATTEUCCI all’ interno Mettereiprodotti inprimopiano D entro bellissime strutture storiche di fer- ro, vetro e ghisa, sui marciapiedi di viali- diperiferia, nellepiazzedelcentro duran- teilfinesettimana. Nonimportadovesi trovano, gli italiani amano i loro mercati e in questo periodo di crisi e di nuova consapevolezza alimentare li se- tacciano alla ricerca di prodottibuonieconvenien- ti. Sequestosettoredel commercioèmenoin crisi di altri, buona parte del merito è dei piccoli produt- tori che portano nuova linfa tra i banchi «tradizio- nali». I mercati dei contadini stanno infatti facen- do mutare anche il modo in cui lavorano molti ver- durai, fruttivendoli, macellai e formaggiai. Per esempio, li hanno resi più sensibili al te- ma della stagionalità e al concetto di «chilo- metro zero» (quello vero, non l’accezione modaiola con cui tanti si riempiono la bocca). Coldiretti, per esempio, anni fa ha inventato «Campagna amica», basata proprio sull’idea di portare chi produce più vicino possibile ai consumatori. Oggi si contano 7000 punti vendita che aderiscono a questainiziativa,di cuicircamilleorganizzati nellepiazze met- tendoinsiemepiùvenditori. il commento CARLO PETRINI MICHELE BOCCI Rapporto diretto con i contadini, prezzi più bassi, freschezza: tutti i vantaggi della spesa a chilometro zero LA RISCOSSA DEI MERCATI [email protected] @ GIOVEDÌ 21 MARZO 2013 (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive) L Italia è un luogo in cui, storicamente, il mercato si è rivelato come uno dei fondamenti di un’idea di città e del rapporto tra urbe e campagna. È stato anche una delle basi per sviluppare una gastrono- mia di territorio nonché un elemento che ha contribuito a disegnare il nostro modo di ap- procciare il cibo. È un po’ curioso che ultima- mente, mentre questa valenza tradizionale del mercato rischiava di scomparire con cer- te sue caratteristiche , si parli di “riscoperta” dei mercati e della ricerca di rapporti diretti con i produttori.

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le mappe

Alla scopertadell’Umbria

il centrodei sapori

MARCO BOLASCO

materia prima

Da Cerviaall’Himalaya

sulle viedel sale

JENNER MELETTI

il personaggio

Marina Cveticvita e vitignidella reginad’Abruzzo

ENZO VIZZARI

bere

Da cocktailo da meditazione

a ciascunoil suo gin

SAPO MATTEUCCI

all’interno

Mettere i prodottiin primo piano

Dentro bellissime strutture storiche di fer-ro, vetro e ghisa, sui marciapiedi di viali-diperiferia, nellepiazzedelcentro duran-

teilfinesettimana. Nonimportadovesi trovano, gliitaliani amano i loro mercati e in questo periodo dicrisi e di nuova consapevolezza alimentare li se-tacciano alla ricerca di prodottibuonieconvenien-ti. Sequestosettoredel commercioèmenoin crisi dialtri, buona parte del merito è dei piccoli produt-tori che portano nuova linfa tra i banchi «tradizio-nali». I mercati dei contadini stanno infatti facen-do mutare anche il modo in cui lavorano molti ver-durai, fruttivendoli, macellai e formaggiai.Per esempio, li hanno resi più sensibili al te-ma della stagionalità e al concetto di «chilo-metro zero» (quello vero, non l’accezionemodaiola con cui tanti si riempiono la bocca).Coldiretti, per esempio, anni fa ha inventato«Campagna amica», basata proprio sull’ideadi portare chi produce più vicino possibile aiconsumatori. Oggi si contano 7000 puntivendita che aderiscono a questainiziativa,dicuicircamilleorganizzati nellepiazze met-tendoinsiemepiùvenditori.

ilcommento

CARLO PETRINI

MICHELE BOCCI

Rapporto direttocon i contadini, prezzipiù bassi, freschezza:tutti i vantaggi dellaspesa a chilometro zero

LA RISCOSSADEIMERCATI

[email protected]@

GIOVEDÌ21 MARZO 2013

(segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive)

L’Italia è un luogo in cui, storicamente,il mercato si è rivelato come uno deifondamenti di un’idea di città e del

rapporto tra urbe e campagna. È stato ancheuna delle basi per sviluppare una gastrono-mia di territorio nonché un elemento che hacontribuito a disegnare il nostro modo di ap-procciare il cibo. È un po’ curioso che ultima-mente, mentre questa valenza tradizionaledel mercato rischiava di scomparire con cer-te sue caratteristiche , si parli di “riscoperta”dei mercati e della ricerca di rapporti diretticon i produttori.

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■ 32GIOVEDÌ 21 MARZO 2013

la RepubblicaLAGUIDADELCIBO

COPERTINA

VIAGGIO AL MERCATO

L’associazione ha commissionatouna ricerca al Censis nel 2012 percapire come vanno i mercati de-

gli agricoltori. L’anno scorso sono statifrequentati da ben 21 milioni di persone,di cui un terzo con regolarità. «Il 90 percento degli intervistati vorrebbero consu-mare cibo prodotto sul proprio territo-rio». I motivi sono tre: si ritiene che questoserva a creare lavoro a livello locale, che ilcibo sia più genuino, che così ci siano me-no spostamenti delle merci e meno inqui-namento.

Quando si rivolgono ai banchi dei con-tadini, svela un’altra ricerca di Coldiretti,questa volta con Swg, gli italiani riempio-no i sacchetti della spesa soprattutto, nel-l’ordine, di verdura e frutta. Seguono for-maggi, salumi, vino, latte, pane, conservedi frutta, frutta secca, biscotti e legumi.Una delle chiavi è quella del recupero del-le produzioni a rischio scomparsa. Alme-no 100 varietà vegetali definite minori, trafrutta, verdura, legumi, erbe selvatiche eprodotti ottenuti da almeno 30 diverserazze di bovini, maiali, pecore e capre al-levati su scala ridotta si trovano nei mer-cati di «Campagna amica». È anche perquesto che nel 2012 gli acquisti diretti dal

produttore sono aumentati sensibilmen-te, segnando un più 40% rispetto al 2011.

Da sempre frequentatori incalliti deimercati, o direttamente delle aziendeproduttrici, sono i grandi cuochi. Sannodove acquistare e soprattutto cosa. «Biso-gna ricercare le varietà territoriali per frut-ta e verdura. Anche se non sono molto bel-le, sapori e profumi sono superiori. Bastacomprarle una volta per rendersene con-to». A parlare è Alfonso Iaccarino del DonAlfonso di Sant’Agata sui Due Golfi nellapenisola sorrentina, tra l’altro proprieta-rio di un orto meraviglioso e produttore di

olio. «Ho anche 400 alberi di agrumi. Trapoco sono pronte le patate nuove e i primipiselli e fave — dice illuminandosi — È im-portante puntare sul rapporto personalecon chi vende, cercare serietà e consigli,perché troppo spesso pensiamo di sape-re tutto. Io sono per il biologico, contro lachimica e l’omologazione dei sapori. Ilmondo va sempre di più verso la globaliz-zazione e noi italiani dobbiamo sfruttarele nostre peculiarità».

Fabio Picchi, è il patron del Cibreo di Fi-renze (e delle sue derivazioni, tra bar, trat-toria e teatro), che si trova a meno di 50

metri dai banchi dello storico mercato diSant’Ambrogio. Ha le idee molto chiare sucome si debba fare la spesa e le espone conforza. «La gente deve rifiutare di danneg-giare se stessa e il pianeta comprandocontro natura. Si fanno viaggiare le merciper mezzo mondo, e così dobbiamo chie-derci quanta chimica c’è nelle fragole checi propongono in questa stagione. Io ac-quisto una quota di biologico e una quotadi prodotti del territorio». Picchi da sem-pre si rivolge a piccoli produttori ma hanotato come siano in crescita le venditedei banchi dei contadini. «Accanto ad an-

MICHELE BOCCI Nel 2012 gliacquisti direttidai produttorisono aumentatidel 40 per cento

I consigli deigrandi chef:scegliete verdure,formaggi e salumidel territorio

Sogno il giornoin cui dai banchi vedròscomparirei pomodori pallidi tirati

avanti con la chimicaCosa mangi quando mangiquel pomodoro lì?

BOLOGNA MERCATO DI MEZZO PALERMO VUCCIRIA

ROMACAMPO DEI FIORI

GENOVAMERCATO ORIENTALE

Prezzi equi sia per chi compra che per chi vende. E uno spiritodi educazione al gusto, coerentecon la filosofia Slow Food. Sonoi due principali principi ispiratori

della rete dei “Mercati dellaTerra”, progettata appunto

dall’associazione di Bra, che cerca di mettere al centro

produttori e contadini, per farliincontrare direttamente con ilpubblico dei consumatori finali

attraverso una gestionecomunitaria. Il primo mercato-

pilota è stato inaugurati a Montevarchi (Ar) nel 2005.

Da allora ogni anno ne sono statiaperti di nuovi. Attualmente sono

presenti in 33 località, in Italiae nel mondo (dal’Austria alla

Turchia). Per informazioni, e perindividuare il mercato più vicino:

www.mercatidellaterra.it

IL PROGETTO

I saporidel mondo

FABIO PICCHIRistoranteCibreo- Firenze

L’artedi fare la spesa

(segue dalla prima dell’inserto)

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■ 33GIOVEDÌ 21 MARZO 2013

la RepubblicaLAGUIDADELCIBO

Seguendo le stagionieduchiamo il gusto

Curioso che il fenomeno sia in qualche modo“di ritorno”, grazie alla popolarità che hannoriscosso – e alla capillare diffusione conse-

guente – i farmer’s market in Paesi che non possonovantare i nostri stessi trascorsi in tema, su tutti gli Sta-ti Uniti d’America. È forse qualcosa di sintomatico ri-spetto al fatto che una rinnovata cultura del cibo staemergendo, da noi come altrove: da un lato la crisispinge a ridare vero valore al cibo; dall’altro c’è l’in-fluenza di tanti movimenti di opinione ecologici e ga-stronomici, di associazioni attive nel campo del bio-logico o per un cibo di qualità. C’è una più che evi-dente aumentata attenzione dei media per la materiae il moltiplicarsi degli scandali alimentari, intanto,sconcerta non poco.

Ci stavamo dimenticando quanto sia piacevole an-dare al mercato piuttosto che chiuderci in un centrocommerciale o in un ipermercato. Quanto sia belloscegliere il proprio cibo non soltanto in funzione di unprezzo esposto, senza molte informazioni, ma ancheparlandone con chi l’ha prodotto o selezionato, con-frontando magari una verdura con la stessa nel bancovicino, soffermandosi sulla provenienza e chiedendoconsigli per la cucina.

I mercati contadini, poi, sono il massimo. In quelliveri, dove i contadini vendono esclusivamente mercida loro prodotte (i Mercati della Terra di Slow Foodhanno ad esempio questa ferrea regola), si ha imme-diatamente il senso della stagione: pochi prodotti ininverno; un’esplosione di colori e forme in primave-ra-estate. Non ci saranno fragole a gennaio e l’occhiopiù attento, unito a un’assidua frequentazione, potràapprezzare con il passare delle settimane le diversevarietà di frutta e verdura che si succedono in vendi-ta. Il mercato non è soltanto uno dei luoghi miglioridove ri-educarsi al cibo: è un concentrato di socialità,con le sue regole e i suoi ritmi. È il vero piacere di farela spesa, imparando tra l’altro a ottimizzare secondoi propri reali bisogni per poi non sprecare con acqui-sti inutili che finiranno nella spazzatura. È un postodove incontrare e incontrarsi; dove se ti danno unafregatura, la settimana dopo puoi tornare e fare vale-re le tue ragioni direttamente con la persona che ti haingannato. Il mercato è dove si è costruita e si (ri)co-struisce una profonda cultura del cibo.

CARLO PETRINI

© RIPRODUZIONE RISERVATA© RIPRODUZIONE RISERVATA

ilcommento

ziani coltivatori, oggi ci sono i figli laurea-ti in agraria — dice — Anche loro contri-buiscono a cambiare le abitudini dei con-sumatori. Dobbiamo smettere di man-giare cose che non ci fanno male e cerca-re solo quelle che ci fanno bene. La stagio-nalità è entusiasmante, ci fa riscoprireverdure come le rape, le bietoline. Sognoil giorno in cui dai banchi della grande di-stribuzione vedrò scomparire quei po-modori pallidi tirati avanti con la chimicaviolenta. Cosa mangi quando mangi quelpomodoro lì?».

È importante puntaresul rapporto personalecon chi vende, sfuggiredall’omologazione,

cercare serietà e consigli,perché troppo spessopensiamo di sapere tutto

FIRENZE MERCATO DI S. LORENZO

VERONA PIAZZA DELLE ERBE VENEZIA MERCATO DI RIALTO

NAPOLI PORTA NOLANA

L’ABBRACCIOVIRTUOSOTRA I CAMPIE LE CITTÀ

l’ini

ziat

iva MERCATI in città, ma anche agriturismi e

itinerari turistici. È un progetto a tutto tondoquello della Fondazione Campagna Amica,voluto da Coldiretti per avvicinare, appuntocittà e campagne, due mondi dipendentil’uno dall’altro che però rischiavano di nonriuscire più a dialogare. Un progetto, natoalcuni anni fa, e che di fatto ha anticipato itempi, parlando di spesa consapevole, difiliera corta e di stili d’acquisto responsabiliquando ancora questi temi non eranoentrati del dibattito comune.INFO: www. campagnamica. it

ALFONSO IACCARINODon Alfonso 1890 - Sant’Agata sui Due Golfi

(segue dalla prima dell’inserto)

in anteprima l’annata 2012 di Blangèin versione Magnum

www.ceretto.it Ceretto Winery

APRILE 2013

Raddoppia la festa

il Blangè si fa magnum

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■ 35GIOVEDÌ 21 MARZO 2013

la Repubblica

LE MAPPEDEL GUSTO

LAGUIDADELCIBO

Da Trevi e Montefalco a Spello e Cannara: viaggionel cuore del cuore verde d’Italia. Tutte le novitàenogastronomiche: la grande varietà di oli, i vinidi culto come il Sagrantino, la coltivazione “vegetale”delle lumache, fino alla birra artigianale

I GRANI BIO Il mulino Terenzi, a

pietra, produce granibio, perseverando

la tradizionedell’antico mulino

di BevagnaMulino Terenzi

Torgiano

LA BIRRADELL’EREMO

Alle pendicidel Subasio

un giovanissimoproduttoreha investitosulla birra

artigianale di qualità birradelleremo. itvia Montepeglia 5

Capodacqua di Assisi

IL PROGETTO Nel centro di Foligno

Marco Gubbiotti,già cuoco stellato,

ha creato unoriginale progetto un

po’ gastronomiaun po’ scuola,che a pranzo

è anche ottimatavola

Cucinaaviale Firenze 138a

Folignocucinaa. it

LA FATTORIABIODINAMICA

Calcabrina èun’originale fattoriacon allevamento

di capre, produzionedi formaggi e viniin piena filosofia

naturale Fattoria Calcabrina

Montefalco tel. 0742.379622

JULI

A B

INFI

ELD

UmbriaIl centro dei sapori

LA VERNACCIADI CANNARACOLLI MARTANIDue mesi di appassimentoper l’uva corvetta, e il vinopassito è pronto a dicembre

EXTRAVERGINEDI SAN FELICEQui si producono alcunidegli evo migliori d’Italia,la cultivar San Feliceè una delle olive più buone

ELICICOLTURAA Trevi ha ripreso vital’antica tradizionedi allevamento di lumachelocali grazie all’impegnodi Nicola Terenzi

LA CARNECHIANINA BIOAlcuni dei miglioriallevamenti di chianinasono in Umbria,non in Toscana

ilbancodeisapori

gliindirizzi

beri e cultivar nella fascia compresa fra i 250e i 500metri. Ne deriva una grande varietàanche sotto il profilo organolettico che,senza voler far torto agli altri, rende que-st’oro verde fra i più interessanti d’Italia. In-teressantissima anche la crescita qualitati-va della produzione vitivinicola, che ha fat-to delle varietà locali — sangiovese e sa-grantino — veri e propri vini di culto. Ini-ziata da famiglie come Antonelli e Caprai,oggi vede rinascere antiche produzioni di-menticate come il Trebbiano Spoletino o laVernaccia di Cannara, prodotta in piccolis-sime quantità e già molto ricercata.

Grandi cambiamenti frutto di vite e sto-rie di un popolo grande. Lo stesso che, pro-vato dal terremoto del ‘97, seppe reagirecon passione ed impegno, attivando mec-canismi virtuosi e iniziative imprenditoria-li forti e spesso nuove. Alla base, grande ar-

monia fra uomo e natura, la stessa che segnai caratteri di buona relazione fra urbanità eruralità che sono alla base dell’identità re-gionale tutta. Centri storici, beni culturali eartistici, vie d’acqua e strade si intreccianoda sempre con coltivazioni, artigiani, tradi-zione e buona tavola. Antico e moderno poi,qui difficilmente si vedono in contrapposi-zione. Come nel caso del contemporaneoprogetto gastronomico “Cucinaa”, nel cen-tro della città di Foligno, che mette insiemeprodotti del territorio e proposte attuali, gu-sto e conoscenza, passato e presente, senzamai prescindere dal contesto. O della rinataelicicoltura, che propone solo lumache alle-vate a ciclo biologico completo all’aperto,nutrendosi esclusivamente di vegetali fre-schi. O ancora del mulino che ha sfidato losfratto dallo storico edificio per continuare aprodurre grani e farine altrove, ma sempre inarmonia con l’ambiente. E accanto a pro-dotti che esprimono da sempre la tradizionedi questo territorio, se ne sono aggiunti altripiù contemporanei, come quello della birraartigianale, fermento contagioso degli ulti-mi anni, capace di intercettare l’iniziativadei più giovani. E guarda caso la birra può ab-binarsi molto bene col Cicotto, antico piattodimenticato frutto della lunga cottura delleparti meno nobili ottenute dalla lavorazionedella porchetta. Che più umbra non si può.

MARCO BOLASCO

laric

etta PIZZA

con le bieteINGREDIENTI PER 4 PERSONE● 4 etti di pasta di pane● alcune foglie di bieta● 1etto di alici in salamoia● mezzo bicchiere di olioextravergine di oliva● pepePreparazione e cottura: 70 minuti

CON il lasagnolo (matterello) tirate due dischi di pasta.Mettetene uno in una teglia unta di olio, copritelocon le foglie di bieta, oliate, cospargete di pepee adagiatevi le alici diliscate. Coprite con l’altro discodi pasta, chiudete i bordi, ungete con extraverginee infornate. Togliete la pizza quando la pasta appariràben dorata.

(Questa pizza veniva preparata di norma assiemeal pane, utilizzando la pasta in avanzoe,per quanto concerne le alici, il loro impiegonell’Italia centrale è antichissimo).

Se l’Umbria è il cuore verde d’Italia, la zona che va da Trevi e Montefalcoa Spello e Cannara può essere considerata come il cuore del cuore. An-zi, come dicono scherzosamente gli abitanti di Foligno: “il centro delmondo”. La via Flaminia, che arriva qui da Spoleto e poi attraversa o lam-bisce buona parte di queste cittadine prima di deviare verso Nocera Um-bra, ne è per buona parte l’asse portante. In questo fazzoletto di terra, in-tensa come i suoi abitanti, negli ultimi anni si sono succedute novità eco-gastronomiche non da poco. Quella dell’olivo e dell’olio extravergine,che qui definisce il paesaggio, in un’affascinante diversificazione di al-

Spello, in provincia di Perugia, è rinomata non soltanto per le sue bellezze artistiche e l’impiantomedievale perfettamente conservato, ma ancheper la produzione di olio extravergine d’oliva, uno dei più apprezzati di tutta la regione

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■ 36GIOVEDÌ 21 MARZO 2013

la Repubblica

Impazzirebbe, il povero Dan-te (sepolto a pochi chilometrida qui, a Ravenna). «Tu pro-verai sì come sa di sale / lo pa-

ne altrui…». Quando il Sommo va-gava da queste parti il sale era sale, ebasta: serviva a insaporire le carni ei pesci e soprattutto a conservarli. Seentrasse oggi nella salina di Cervia— c’era anche ai suoi tempi, perchégià nel 1274 le barche cervesi porta-vano il sale a Venezia — l’autore del-la Commedia non saprebbe cosascegliere: sale a grana grossa o saledei Papi? Sale della riserva Camillo-ne, raccolto a mano o «mattonelladello chef, per cucinare in modo sfi-zioso e innovativo»? E ancora: salealle erbe aromatiche di Romagna osale alla salicornia salina? Sale alprofumo di mare (con acciughe) osale al profumo d’Oriente (con sesa-mo, zenzero, cumino e curcuma)?

In tutto il mondo il sale è diventa-

to un fuoco d’artificio: parte un solorazzo che scoppia in cielo e s’infran-ge in mille “stelle”. Dal rosso delleHawaii al rosa dell’Himalaya, im-pazzano anche le varietà esotiche, eper ognuna gli chef suggerisconouno specifico uso.Ma in fin dei con-ti il sale è sempre quello: lo guardi,nel piazzale della salina, un muc-chio enorme, una mezza collinabianca e rosa. Il sale è come il pane:entri dal fornaio e vedi cento forme,ma tutto parte da farina e acqua. Daquesta collina bianca e rosa parti-ranno sacchi, pacchi e pacchetti,barattoli e mattonelle, ma dentro —assieme ad erbe, acciughe, alghe equant’altro — ci sarà sempre la “fa-rina”, quel cloruro di sodio che vie-ne rubato al mare per portare sapo-re nelle tavole.

«E sapesse che fatica, per costrui-re quella collina». Sergio Dallamo-ra, classe 1937, è un salinaro figlio disalinari. «La salina — racconta — èuna macchina quasi perfetta. L’ac-qua del mare entra con l’alta mareaed esce con la bassa marea. Ma civuole il lavoro dell’uomo, che ha co-

struito i canali, sorveglia di argini, elavora perché nell’acqua avvengauna trasformazione quasi miraco-losa: da una salinità di 2-3 gradi sipassa a 25 gradi e allora sotto il pelod’acqua, nell’ultima salina di rac-colta, trovi uno strato di sale solido,

tre, cinque o sei centimetri di spes-sore, e lo puoi raccogliere con il“ghevar”, un attrezzo di legno chesembra una rastrello alla rovescia,perché non si tira ma si spinge e ser-ve a costruire i primi cumuli».

Sembra facile, raccontata così.

Per sette giorni l’acqua dell’Adriati-co viaggia nelle 7 vasche di evapora-zione, degradanti, e arriva nei “ba-cini salanti”, dove resta altri 5 giorniprima della raccolta. Sole e ventosono il carburante di questa mac-china naturale. «Ma se ci sono nu-

vole, se non tira un filo d’aria, e so-prattutto se piove, tutto si ferma. Eallora l’uomo deve faticare». SergioDallamora, ora in pensione, fa il vo-lontario nel museo del Magazzinodel sale. «Vede questa pala di legno?Si chiama “zurnet”. Con questa pa-la si mandava indietro l’acqua. Se adesempio, dopo una pioggia, si sco-priva che nella vasca di evaporazio-ne numero 7 non c’era la giusta sali-nità, si rimetteva parte dell’acquanella vasca numero 6 e da questa al-la 5 e così via». Forse il detto “svuo-tare il mare con un secchio” nasceda qui, da questi “zurnet” che pos-sono contenere dieci litri d’acquama che, manovrati da centinaia dibraccia umane, riuscivano a man-dare indietro le acque spinte dallamarea. «Noi avevamo il “prouvet”, ilmisuratore di salinità inventato daBomet. Ai nostri nonni bastavaguardare l’acqua, che da trasparen-te diventata rosa, per sapere se la sa-lina fosse “matura” o no. Se aveva-

no un dubbio, assaggiavano l’ac-qua».

La salina non è più monopolio diStato dal 1999. Ora è gestita dal Par-co della Salina, ente a maggioranzapubblica. «Continuiamo a produr-re sale — dice il presidente Giusep-pe Pomicetti — anche per salvarel’ambiente. Se non facessimo girarele acque i nostri 800 ettari d’acqua sitrasformerebbero in palude. E poi ilnostro è un sale buono, “dolce”,perché la nostra è la salina più a nordin Italia». Un fatturato di 1,5 milioniall’anno con una produzione di10.000 quintali. «Diamo lavoro an-che a una coop di disabili. Mettonoil sale nei vasetti. L’Oms ha invitatoa usare meno cloruro di sodio e noimescolandolo con erbe e altro, lorendiamo più leggero e saporito.Così possiamo dire che il nostro sa-le “non solo sala ma condisce”. Econ le “mattonelle” — scaldate inforno — si possono cuocere pesce ecarne sulla tavola». C’è un negoziocon tutti i prodotti. E nelle vasche dievaporazione ci sono anche i feni-cotteri rosa.

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LAGUIDADELCIBO

MATERIAPRIMA

JENNER MELETTI

Alle erbe o al sesamo,nero o rosso, esotico oautoctono: ormai è unfenomeno globale. Comescegliere la sapiditàgiusta per ogni pietanza

Ma alla base di tutto c’èsempre un mestiere anticoche il tempo ha cambiatopoco, fatto di pazienzae di conoscenzadei ritmi del mare

Da Cerviaall’Himalayaviaggio alla fonte

Saledel

di tuttii colori

ROSSOHawaii

La forte pigmentazioneè data dal contatto

con un’argilla di originevulcanica. In cucina è

particolarmente adatto al pesce grigliato

BLUPersia

Arriva dall’Iran, ed è moltoricco di cloro e potassio. Va

dosato con attenzioneperché ha una spiccatasapidità. Spesso viene

usato come decorazione

NEROCipro

Il colore viene datodall’apporto di carbone

vegetale. Il sapore è delicato,e infatti si presta beneal condimento di pesce

al vapore o di zuppe

ROSAHimalaya

È il più puro dei sali, essendoestratto da formazioni

cristalline che risalgono a più di 200 milioni di anni

fa. Viene consideratoperfetto sulla carne

GRIGIOBretagna

La pigmentazione grigiaè data anche in questo casoda una argilla presente nelle

saline. Povero di sodio,si usa soprattutto per

condire le verdure

“La salina è unamacchina quasiperfetta, coni suoi canali,le mareee il lavorodegli uomini”

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■ 37GIOVEDÌ 21 MARZO 2013

la RepubblicaLAGUIDADELCIBO

perfetto, segnato soltanto da una lie-ve cadenza abruzzese. “Donna delvino” verace, nella vigna e in cantinatrascorre gran parte del proprio tem-po, rifugiandosi quando vuole riflet-tere nel “pensatoio” segreto doveGianni cercava quiete, una piccolastanza all’interno di un rudere nelcuore del vigneto di Villa Gemma.Per poi trasformarsi in castellananon cessando mai di prendersi curadel Palazzo: «Non esiste miglior for-ma di promozione del vino che l’e-noturismo e la cultura dell’acco-glienza», dice convinta. E in effetti gliospiti delle 10 suite del Palazzo tro-vano accoglienza garbata e discreta,e una cucina di decisa impronta lo-cale concepita per sposare i vini del-la famiglia.

Miriam, Chiara e Riccardo hannooggi rispettivamente 23, 13 e 5 anni eMarina li porta con sé non solo in va-canza, ma anche nei viaggi di lavoroquando è possibile. Mai è disposta asacrificare il proprio ruolo di mam-ma: è regola che pranzo e cena di unafrenetica giornata-tipo (che si aprealle 6,30 e si conclude solo a tarda se-ra) siano sempre consumati in fami-glia, tutti insieme. Così come i finesettimana, che si snodano attraversopasseggiate in campagna. Restanoritagli di tempo? «Sì, lettura, soprat-tutto noir, jazz anni Sessanta, musi-ca anni Settanta e Ottanta…» sotto-linea senza sorridere, con un tenuevelo di tristezza che, sempre, segnaquei begli occhi chiari.

ENZO VIZZARI

Lebottigliedel cuore

I PROFUMI DEL CABERNETInteressante l’approccio a un vitignointernazionale come ilCabernet Sauvignon, quinella profumata versione della linea“Marina Cvetic”

UN TREBBIANORAFFINATOIl Trebbiano d’AbruzzoCastello di Semivicoli èuno degli ultimi prodottidell’azienda. Di ottimolivello l’annata 2010: nonun vino robusto, madi grande eleganza

IL VIGOROSOVILLA GEMMA Il Montepulciano d’AbruzzoVilla Gemma è il prodotto dipunta della Masciarelli. Unvino vigoroso che si fa apprezzare anche per la possibilità di invecchiamento

LA STILOGRAFICALa penna realizzata da Gianni Masciarelli con il legno di unabarrique

I LIBRIMarina Cvetic èappassionata di lettura, dailibri sul mondo del vino ainoir

Oltre alla cantinagestisce ancheil Castello di Semivicolipalazzo del Seicentotrasformato in resort

AI FORNELLIGianni Masciarelliamava molto cucinare:ecco le sue pentolepreferite

L’AFFINAMENTOLa “barriccaia” dell’azienda,dove vengono conservatele botti in rovere inaffinamento

La regina delMontepulciano

«Sono mamma, papà e capodi un’azienda», così si di-chiara Marina Cvetic Ma-

sciarelli: meglio di qualsiasi lunga spiega-zione, è la sintesi del presente e della filo-sofia di questa bella e bionda signoracroata diventata nel tempo ambasciatri-ce del vino italiano e abruzzese nel mon-do. Qualcosa nella sua storia erascritto, perché il nonno coltivava vi-gneti sulla costa dalmata e produce-va vino in grandi botti di castagno,con la nipotina a vivere la propria in-fanzia fra le vigne e la cantina, a re-spirare l’aria e le stagioni del vino. Maa imprimere una svolta decisa alla vi-ta della ventenne studentessa di Tec-nologie Alimentari all’Università diBelgrado è l’incontro, durante le va-canze d’estate del 1987, e poi il ma-trimonio nel 1989, con Gianni Ma-sciarelli, già dall’inizio degli anni ‘80uno degli artefici del rinnovamentoe del rilancio della vitivinicolturaabruzzese moderna. Un ingegneredelle acque in meno e una figurafemminile di spicco nel mondo delvino, il risultato dell’incontro. Da cuinascono tre figli, Miriam, Chiara eRiccardo, dei quali Marina diventaanche “papà” dopo l’improvvisa,tragica scomparsa di Gianni, il 31 lu-glio 2008, pochi mesi dopo la nascitadi Riccardo.

La solida azienda di famiglia, conquartier generale a San Martino sul-la Marrucina, all’epoca del loro ma-trimonio produceva 250.000 botti-glie all’anno, per un mercato quasiesclusivamente locale. Oggi vendeall’estero oltre il 50% di una produ-zione di 2,5 milioni di bottiglie, conun trend sempre in crescita. Meritodella visione, delle strategie e del la-voro di Gianni in vigna e in cantina,ma anche di Marina che, dal suo ar-rivo in Abruzzo, ha portato in azien-da il proprio stile, dedicandosi da su-bito all’area commerciale e facendopiù volte il giro del mondo negli ulti-mi vent’anni per far conoscere e ap-prezzare innanzitutto il Montepul-ciano d’Abruzzo, ma anche il Treb-biano, lo Chardonnay, il CabernetSauvignon della linea “Marina Cve-tic”, fiore all’occhiello dell’azienda.

Marina guida una realtà comples-sa che, oltre al vino, produce olio dialta qualità, gestisce la proprietà e leattività del Palazzo Baronale di Se-mivicoli. Che è l’altra scommessa, ilsogno realizzato postumo di Gianni:un’affascinante dimora costruita frail Sei e il Settecento, acquistata all’i-nizio degli anni 2000, salvata dallarovina e trasformata in una residen-za di struggente bellezza per ospitiche sanno apprezzare la quiete diuno scenario a metà strada fra le ci-me innevate della Majella e l’Adriati-co. «Terra, vigne e cielo sono terapiedi vita», ama ripetere nel suo italiano

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PERSONE

Dalle vigne del nonno sulla costa dalmata alle collinedell’Abruzzo, dall’amore per Gianni Masciarellialle sfide imprenditoriali che ne hanno fattoun’ambasciatrice del vino italiano nel mondo

MARINACVETIC

PIONIEREGianni Masciarelli, pionieredell’enologia abruzzese diqualità, è morto a soli 52 anniil 31 luglio del 2008 aMonaco di Baviera

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Fino a poco tempo fa eraconsiderato la più formi-dabile arma da taglio del-

l’Occidente. Ma ora il Gin non èpiù solo quello del Martini cock-tail, del Tom Collins, del Negroni.O del Gin Tonic. Oggi questo fa-moso distillato nazional-popola-re conosce nuove, aristocraticheversioni. I cosiddetti botanicalssono Gin raffinatissimi, profu-mati e rarefatti, ricchi d’ingre-dienti vegetali, da bere a fine pa-sto come Cognac o Single Malt.Proprio come si beveva una volta,liscio e a temperatura ambiente.

Quel Gin che, pur con la suanobile origine medica, divennein Inghilterra, uno svilito alcooldi massa. Anzi, nel ‘700, una ve-ra e propria piaga sociale. E pen-sare che all’inizio era appuntouna medicina. L’aveva speri-mentata il farmacista olandeseSylvius Franciscus, facendomacerare in un distillato di ce-reali bacche di ginepro. Nacquecosì il Jenever, all’apparenzaperfetto per risollevare i reni deiricchi e gottosi mercanti olan-desi o curare le febbri dei solda-ti nelle Indie Orientali.

Gli inglesi, veri e propri impe-rialisti dell’alcool facevano incet-ta di ogni prodotto (dal Porto alRhum e ai distillati stranieri in ge-nere) e importavano ettolitri diCognac e Calvados. Per affran-carsi dalla dipendenza degli acer-rimi nemici francesi, nel 1690 Gu-glielmo d’Orange, vietò l’impor-tazione dei distillati e gli inglesicominciarono a bere il Gin che sifabbricavano in casa. Si ottenevafacilmente, distillando grano osegale fermentate in acqua e fa-cendo poi macerare bacche di gi-nepro. Facilità di produzione,prezzi modici, potenza alcolicacrearono una combinazione mi-cidiale che, letteralmente, alco-lizzò mezza Londra. Per questonel 1736 con il Gin Acts, che im-poneva ai produttori una tassa

annuale di 50 pounds, si tentò diporre un freno, ma il London Gin(quello più secco) l’Old Tom, leg-germente zuccherato e lo Sloe(con le prugne) erano penetratitalmente nel corpo sociale ingle-se da entrare addirittura a far par-te dello stipendio di operai, mina-tori e marinai.

I soldati, in tempo di guerra, ve-devano triplicata la loro razionegiornaliera e si dice che gli spa-gnoli o i francesi, infiacchiti dal vi-no, non potessero competere,con chi veniva esaltato dall’ardo-re turbolento del Gin. Poi, di ge-nerazione in generazione, il Lon-don Gin assurse a protagonista dicocktail eccelsi. Ora accanto agli

storici Gordon’s, al secchissimoBeefeater (perfetto per i Martinicocktail), al Tanqueray, troviamomagnifici Gin da bere anche dasoli. Tutti arricchiti da almeno 15erbe o bacche (i botanicals ap-punto). A Roma, al bar dell’Aldro-vandi Palace, il barman Massimi-liano D’Acquanno vi potrà intro-durre al mondo dei botanicals.Mentre a Milano potrete trovarlipresso la Drogheria Raddrizzani.Per esempio, il Fifty Pounds, cheaggiunge al coriandolo, al carda-momo, all’erba angelica, la liqui-rizia calabrese; il Cittadelle, fran-cese, è un trionfo di profumi diagrumi; il Beefeater 24, rinnova ifasti della versione base. Per nonparlare del Sipsmith, frutto del-l’appassionata ricerca di due gio-vani imprenditori londinesi, odell’Hendrick’s, con la sua grossabottiglia da inchiostro nero. Sì, aognuno il suo Gin, da cocktail o dameditazione.

■ 39GIOVEDÌ 21 MARZO 2013

la RepubblicaLAGUIDADELCIBO

BERE

IL DISTILLATO

SAPO MATTEUCCI

HAYMAN’SDolceOld Tom Gin, quindilievementezuccherato,è un botanical,eccellente per il Pink Gin,ossia con un gocciod’angostura

HENDRICK’SRaffinatoScozzese,apripistanel continentedei Gin raffinati di alta qualità.Parte del suosuccessoè dovuto allabella bottigliainchiostro neroanni ‘30

FIFTY POUNDSSuperboForse il top dei botanicals.Prodotto inpiccoli lotti dauna distillerianel sud ovestdi Londra,è distillatocon la Rolls Royce deglialambicchi

BOMBAYSpeziatoEsotico,profumato,ricchissimo di spezie ebacche, èl’ideale perun Gin e Tonic(magari conl’acqua tonicaFever Tree)

Non più solo base per i cocktail, eccole versioni aristocratiche: i botanicals,eleganti, profumati e rarefatti, da berecome grandi liquori da meditazione

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È un re delbere miscelatoDai bassifondidi Londraai bar deglihotel di lusso

lenovità

La nuovavita

del Gin

Martini dryUn classicosenza tempoÈ forse il più conosciuto deicocktail internazionali.Si prepara con 6 cl di gin, 1 cldi dry Vermouth miscelati inun bicchiere con ghiaccio epoi si versa nella classicacoppa, spremendo sul drinkuna scorza di limone Dove: Hotel de Russiedi Roma

NegroniUna creazionetutta italianaUn evergreen molto amato.Per prepararlo servono 3 cldi Gin, 3 cl di Campari e 3 cldi Vermouth Rosso. Gliingredienti si versano in unbicchiere riempito dighiaccio, guarnendo conmezza fetta di arancia Dove: Nottingham Forestdi Milano

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■ 40GIOVEDÌ 21 MARZO 2013

la RepubblicaLAGUIDADELCIBO

IL MENÙDEL MESE

diPasquaLa tavola

Una festa che segna anche il ritornodella primavera,e l’esplosionedella campagna, con i suoi profumie i suoi sapori dopo il letargo invernale

La selezione di Slow Food tra le ricettetipiche delle osterie italiane: dal Nordalle Isole tutto il gusto della tradizionee di un pranzo che riunisce la famiglia

ANTIPASTO

Asparagi lessaticon uova “basocche”IMMERGETE le uova, senza sgusciarle,in acqua bollente per 4 minuti, poilasciatele raffreddare. Intanto mondate epelate gli asparagi. Cuoceteli per 10minuti, con le punte all’insù, in acquabollente salata cui avrete aggiunto unaspruzzata di aceto e succo di limone.Sgusciate le uova facendo attenzione anon romperle. Adagiate nel piatto gliasparagi caldi, conditeli con olio, aceto esale, e sopra mettete le uova “basocche”intere. Il termine veneto “basocche” halo stesso significato di barzotte: indicauova cotte il tempo necessario arassodare l’albume, mantenendo iltuorlo morbido e cremoso.Vecia Osteria del Moro — Pordenone

INGREDIENTIper 4 persone

● 24 asparagi● 8 uova

● il succo di mezzo limone

● aceto● olio extravergine

di oliva● sale q. b.

● pepe q. b.

DA BERE CONSauvignonStern 2011

CantinaErste&Neue

Caldaro (Bz)13 euro

PRIMO

Scilatelle calabresial ragù di capraPREPARARE la pasta a mano, dandoleuna forma affusolata arrotondando lasfoglia su un ferro da calza osull’apposito attrezzo. Tagliate a pezzettile carni, e fatele rosolare in un soffritto diolio e cipolla. Aggiungete il passato dipomodoro e un po’ di acqua tiepida,abbassate il fuoco e cuocete per circadue ore. Nell’ultimo quarto d’ora unitedelle polpette preparate impastandocarne macinata con le uova, la mollica dipane, una manciata di pecorino e un tritodi aglio e prezzemolo. Lessate la pasta aldente, scolatela e conditela con il ragù.Si serve senza formaggio.Trattoria Mamma Assunta — Marinadi Guardavalle (Cz)

INGREDIENTIper 10 persone

● 1 kg di carnedi capra

● 500 gr di spalla di maiale

● 500 gr di carnedi maiale macinata

● passata● cipolla — aglio

● mollica — formaggio

DA BERE CONMagno

Megonio 2010Librandi

Cirò Marina(Kr)

17 euro

SECONDO

Abbacchio disossatoalla cacciatoraDISOSSATE (o fare disossare) ilcosciotto di abbacchio (l’agnellomacinato prima dello svezzamento). In unampio tegame scaldate l’olio, unite i pezzidi agnello e fateli rosolare a fuoco medio.Quando avranno preso coloreaggiungetele cipolle e l’aglio tritati finemente, ilpeperoncino sbriciolatoe il rosmarino tritato. Salate e fateinsaporire insieme, quindi bagnate con gliaceti (di vino bianco e balsamico) e il vinobianco. Fate evaporare a fuoco bassofino a raggiungere la giusta densità dellasalsa e la completa cottura dell’agnello.Ristorante La Briciola di Adriana —Grottaferrata (Roma)

INGREDIENTIper 4 persone● un cosciotto

d’abbacchio da 2 kg● 2 cipolle

● 2 spicchi d’aglio● 3-4 ramettidi rosmarino

● 1 bicchiere di vino● 1 bicchiere di aceto

● 2 cucchiaidi aceto balsamico

DA BERE CONCesanese

Romanico2010

Coletti ContiAnagni (Fr)

18 euro

DOLCE

Pasticciotto di ricotta(o pastiera senza grano)METTETE in un recipiente la ricotta emezzo chilo di zucchero. Aggiungete illimoncello e il limone spremuto, includetele 11 uova intere e amalgamate con unfrullino. In un altro recipiente versate illatte, la farina, sette etti di zucchero equattro tuorli d’uovo. Mettete sul fuoco e,mescolando, portate a ebollizione. Lacrema dovrà acquistare una certaconsistenza. A parte macinate i biscotti espargetene una manciata in una tegliaunta con l’olio. Unite i due composti eversate il tutto nella teglia. Passate inforno pre-riscaldato per 35 minuti circa.Lasciate raffreddare e servite.Ristorante ‘E Curti — Sant’Anastasìa(Na)

INGREDIENTIper 8 persone

● 500 gr di ricotta● 11 uova e 4 tuorli

● 500 gr di farina● un limone

● mezzo bicchierinodi limoncello

● 500 gr di latte ● 700 gr di zucchero

● biscotti secchi

DA BERE CONCaluso

Passito Sulé2006 Orsolani

San GiorgioCanavese (To)

15 euro

Sentirsi gonfia, rallentata o svogliata: sono sensazioni che

non devono necessariamente far parte della vita di

ogni giorno. All-Bran, ricco di fibre naturali di crusca di

frumento, ti aiuta a ritrovare la tua naturale regolarità

e ti prepara ad affrontare bene la giornata. Comincia

subito a rinnovarti: prova All-Bran a colazione e nelle

pause come snack.

FAI VOLARE VIA QUELLA FASTIDIOSA

SENSAZIONE DI PESANTEZZA

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■ 41GIOVEDÌ 21 MARZO 2013

la RepubblicaLAGUIDADELCIBO

Duplice sfida ai locali piùclassici. Da un lato le strutturepolifunzionali, aperte dalmattino alla notte. E dall’altroquelle super specializzate cheservono un unico prodottoA TAVOLA

L i stringono d’assedio daogni parte, i ristoranti:quelli dei cappelli, delle

forchette e delle stelle e quellinormali dove si va, o meglio siandava, con la famiglia, il finesettimana o in vacanza. E nonsono più, non solo, le pizzerie o iristoranti più o meno “etnici” atogliere fiato e clienti alla ristora-zione tradizionale. O gli “aperi-cena” che tra studenti e affinihanno ormai sostituito il pastoserale prima della disco. Perchéquelli sono locali che giocano inun altro campionato, almenodal punto di vista della qualità ol-tre che da quello, ovvio, dei prez-zi. Sono altre due le categorie chestanno lanciando la sfida. E lofanno in qualche modo sullostesso terreno, sfruttandone ipunti deboli: da un lato nasconocosì i locali multifunzione, quel-li che dalla colazione del mattinospesso fino all’ultimo cocktailserale, possono soddisfare aogni ora del giorno le esigenze diquasi ogni cliente. Dall’altro simoltiplicano i cosiddetti con-cept food, posti “specializzati”dove si trova una cosa sola, e so-lo quella, (zuppe, hamburger,solo pesce e così via), ma in tuttele versioni possibili e immagina-bili. E con in genere una costan-te: prodotti di qualità.

Gli esempi si sprecano, e nonsono mai attuali perché di posticosì ne nascono ormai quasiogni settimana. Roma ha fattocome spesso accade da apripi-sta, con la famiglia Roscioli dasempre e prima, gastronomia epanetteria che sono diventatapoi un po’ tutto. Con Settembri-ni, ristorante “alto” ed enoteca,caffè raffinato e libreria, a Prati,o Rosti al Pigneto che è al tempostesso bar e pizzeria, “rosticcer-ria” e campo giochi per piccoli egrandi. Volendo c’è Eataly, aTorino, a Genova e a Roma a trapoco anche a Milano, Firenze,Bari solo per citare i più granditra i supermercati food di Fari-netti. O Feltrinelli Red a Romache già dall’acronimo (Read,Eat and Dream, leggi mangia esogna) tradisce la sua missione.E non è solo la crisi oggi a cam-biare i format del nostro appeti-to. Certo spendere meno è im-portante, ma si mangia anchemeno. E orari, velocità di servi-zio, o meglio la possibilità dimodulare secondo le nostreesigenze la durata di un pasto,dai 5 minuti del panino in piedi

alle tre ore della grande cena so-no diventati fondamentali perla scelta. Così slow e fast foodconvivono nei locali “specializ-zati”: le hamburgherie di qua-lità ormai diffuse in ogni angolod’Italia (M*Bon, ma anche la“spartana” Burghera a Torino,Al Mercato e Trita a Milano,Chic Burger a Napoli e così via).I panini gourmet di Panino

d’autore” a Genova e di Tricolo-re o Sottobanco a Roma. Le pe-scherie che oltre vendertele letriglie e le vongole se vuoi te lecucinano anche lì sul posto (LaPescheria a Torino, Claudio aMilano, i Pesciolini a Roma).Oppure le polpette in ogni ver-sione di Ciccilla (a Milano) esempre a Milano la Sidreria.

MARCO TRABUCCO

Ma attentialle mode

Adir la verità, glispecializzati non sonoun’invenzione di oggi.

Vi ricordate tutta la sfilza di“paninoteche”, “prosciutterie”,“spaghetterie”, “bisteccherie”?Certo ora la focalizzazioneaumenta come uncannocchiale rovesciato. Dallasteak house arriviamo a “solohamburger”, dai panini a “solobaguette”. È il cibo radicequadrata. A quando “solopecorino” e poi “solo Pienza”?La tendenza opposta è quella diuna cucina, che presenta unaspecie di fusion all’italiana aimpronta generazionale. Citrovate la minestra maritata, lepenne alla genovese(napoletane) e la tagliata dimanzo Shortorn, i muffin’s e iltiramisù, la rosetta con lepolpette e la carne di Fassona oil parmigiano di 24 mesi, ma inquesti casi, il nome deiproduttori non c’è. Si mangia aitavoli e al bancone dalle 11 delmattino alle 3 di notte. Grandeimportanza al design, quasisempre un vintagestandardizzato (mattonellebianche, finti mogani, zincocon poca patina) e ai cocktail,che guardano agli “speakeasy”(i bar clandestini americani altempo del proibizionismo).Quindi si va verso il dolce:infusioni con miele eChampagne, grande uso divermouth. Se chiedete unoStinger, vi guardano strano. Sì,la matrice è un glocal-vintageper giovani attempati, in uncampionario che unisce streetfood, trattoria e salotto. Lapizza, comunque, anche nellanovità, non manca mai.

ilcommento

SAPO MATTEUCCI

Roma ha fattoda apripistaa una tendenzanazionale.Tra conformismoe qualità, conun occhioal prezzo

Eclettico oconcept

Il ristorantecambia pelle

VARSAVIAStelle polacche Niente tre stelle per il Noma diCopenaghen: anche quest’anno laguida Michelin “Main Cities ofEurope” non ha ritenuto il ristorantedi Redzepi degno della massimavalutazione. In compenso, semprea Copenaghen, è stato promosso adue stelle il Geranium. Ma la novitàdella guida è la prima stella dellastoria a un locale polacco, l’AtelierAmaro di Varsavia

PIEMONTE E SICILIAVALZER DI CHEFMassimo Camia (foto) lascia a fineluglio la Locanda nel Borgo Antico di Barolo per trasferirsi in un nuovolocale, sempre a Barolo. Apertura a settembre. Sempre in Piemontelascia anche Yuri Chiotti delleAntiche Contrade. Nulla di deciso perla sua sostituzione. In Sicilia cambiodella guardia alla Gazza Ladra di Modica: David Tamburini prende il posto di Accursio Craparo

COSTA BRAVAAdrià sul setEl Bulli, ristorante mito di FerranAdrià e Juli Soler che ha chiuso nelluglio 2011, riaprirà in autunno perun mese le sue porte: ma solo perpermettere agli attori che formanoil cast del film sul grande cuococatalano tratto dal libro “Thesorcerers apprentices” di LisaAbend di prendere confidenzacon i locali dove si è svoltala grande rivoluzione della cucina

POLLENZOCibo, arte e... La controversa relazione tra cibo,filosofia e arte sarà al centro diConvergence Pollenzo, il convegnoche si terrà il 4 e 5 aprile a Pollenzo(Albergo dell’Agenzia). L’incontro èorganizzato da Nicola Perullo,docente di Estetica a Pollenzo. Tra irelatori: Carlo Petrini, OscarFarinetti, Massimo Bottura, HaraldLemke, Daniel Patterson, PaoloFabbri, Davide Scabin

TOKYOIl miglior asiaticoÈ il Narisawa di Yoshihiro Narisawa(foto) a Tokyo il miglior ristorantedell’Asia per World’s50Best. Al secondo posto un altro ristorantedi Tokyo, il Nihonryori Ryugin, terzoposto al Nahm di Bangkok, quartoall’Amber di Hong Kong, quintoall’André di Singapore. Al sesto,il primo ristorante italiano, Otto e mezzo, di Umberto Bombana, a Hong Kong, 3 stelle Michelin 2012

DANORDASUD

COSA SI MUOVENEL MONDO

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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