ci svegliamo sotto un dalle timide soldanelle, pioniere del disgelo … · 2015. 3. 10. · dolore...

4
dolore ad un ginocchio e stento a proseguire. Pro- seguendo ci siamo poi ritrovati insieme in tre e di comune accordo ci si ferma in un piccolo anfratto, c’è un bel sole che ci scalda, il cielo è di un azzur- ro smagliante, privo di nubi, si chiacchera, si man- giano i nostri panini, qualche ritardatario ci rag- giunge. Verso le due decidiamo di iniziare il ritorno e lungo la discesa si incrociano altri del gruppo, si arriva al villaggio. C’è spazio anche per un gelato al bar in attesa degli ultimi e infine ci si avvia verso il pullman che era in sosta a circa un chilometro. Si riparte ripercorrendo il percorso fatto la mattina, e si arriva al confine svizzero. Davanti a noi al pas- saggio della frontiera ci sono due pullman in atte- sa, sembra essere una banale sosta per il confine, ma evidentemente c’è qualcosa che non va perché l’attesa si prolunga, si diventa impazienti. Alla fine dopo oltre mezz’ora uno dei due pullman viene fatto spostare, si supera rapidamente il confine e il viaggio riprende velocemente. Il traffico non è eccessivo e quasi in orario si arriva a Milano. Co- me sempre all’arrivo si è tutti un po’ concitati, c’è confusione per trovare il proprio zaino e le varie attrezzature. Alla fine ci si saluta rapidamente, ci si avvia verso le proprie vetture e alla prossima setti- mana … ... {Erna L.: Walserberg, 28.9.2014} Ed eccoci giunti all’ultima escursione del pro- gramma 2014: il Santuario del Cavallero in Valses- sera. Dopo una settimana piuttosto piovosa e le difficoltà incontrate dai compa- gni di Milano nel raggiungere i punti di ritrovo, fortunatamente, la giornata ci riserva un po’ di sole e ci permette di procedere senza …l’ausilio/ingombro dell’ombrello. Dopo circa mezz’ora di cammino arriviamo al Santuario: è appartato, im- merso nella pace del bosco e ormai chiuso all’interesse di eventuali visitatori; lungo i lati esterni della chiesa sono attrat- ta da pesanti grate di ferro at- traverso le quali, immerse nella penombra e nel silenzio, si possono intravedere vetuste statue di santi, assai impolverate; sembrano quasi dimenticate lì da chissà quanto tempo ed accentuano ancor di più la sacralità del luogo. Proseguendo oltre il Santuario, il sentiero non si presenta in buone condizioni; è completamente ricoperto di foglie che lo rendono scivolosissimo; l’erba è cresciuta a dismisura e, a volte, arriva addirittura a sfiorarmi il viso; oltretutto, le frequenti piogge hanno fatto sì che i ruscelli che scendono dai pendii, in certi tratti, scorrano nel sentiero stesso, rendendolo ancor più difficoltoso da percorrere. L’escursione è piuttosto lunga ed io, che non sono una buona camminatrice, procedo a rilento in mezzo all’erba alta, ai boschi di castagni e all’acqua che ormai mi ha inzuppato scarpe e calze. Ogni tanto alzo lo sguardo e scorgo qualche nuvola vaporosa che si solleva dal terreno e dalla quale spuntano le tipiche chiome rosse e gialle degli alberi in autunno; unico rumore protagonista dell’intero scenario è il rombo impetuoso del tor- rente Sessera che scende tumultuosamente a valle, alla mia sinistra. Voglio continuare il cammi- no, nonostante la stanchezza si faccia sentire ad ogni passo. Tuttavia, esausta, verso le 13.30, dopo aver anche consumato un piccolo spuntino per ritemprare le forze, … getto la spugna a venti muniti circa dalla vetta. Incontro alcuni amici che stanno già scendendo e con loro, sollevata, mi inoltro sulla via del ritorno; invece Carlo, il mio compagno, decide di salire sino in cima; in un attimo vi arriva, ridiscende, mi raggiunge e pieno di … … Sabato 31 maggio – ci svegliamo sotto un cielo grigiastro pallido che mette malinconia… ma, dal momento che spes è ultima dea, in auto partia- mo speranzosi verso Monesi di Triora. Parcheggiamo l’auto in una cittadella che non ha niente da invidiare alla desolazione delle vecchie città dei film del Far West e, a piedi incominciamo a camminare lungo il sentiero che inerpicandosi attraverso i prati, ci deve portare alla nostra meta: il monte Fronté, m 2151. Giunti intorno a quota m 1800, si presenta un pro- blema: c’è un vastissimo tratto di neve da affronta- re in salita abbastanza ripida. Naturalmente il grup- po A si incammina deciso e procede spedito, ma il gruppo B dopo breve percorso incontra difficoltà notevoli e tutti decidiamo di desistere e torniamo sui nostri passi. Ormai sono quasi le 12.30 e, appena fuori dal tratto inne- vato ci sediamo sul prato per mangia- re le nostre provviste. Il freddo è però quasi insopportabile e quindi ci affret- tiamo a prendere il sentiero del ritor- no. Mi guardo intorno e, a dispetto del cielo grigio quasi nero, gli occhi gioi- scono per lo spettacolo delle monta- gne candide e dei prati che, coraggio- si, si sono coperti di splendidi fiori: dalle timide soldanelle, pioniere del disgelo alle genziane di blu intenso, alle viole tricolor. Ad un tratto Toni ci indica alcuni ciuffi di fiori, graziosi nella forma, gialli punteg- giati di marrone. Mi avvi- cino e quasi non credo ai miei occhi! Sono le fritil- larie un rarissimo fiore bulbaceo della famiglia delle Liliacee. Domenica 1 giugno – Il cielo ha ancora aspetto incerto; la stragrande quantità di neve sui mon- ti circostanti ci consiglia di prefissarci come meta il rifugio Mongioie. Tutta la combriccola, gruppo A e gruppo B, in auto rag- giunge il grazioso paesi- no di Viozene e da qui, a piedi, inizia a percorrere la salita che è subito erta e poco agevole. Quando finalmente si giunge nei pressi del rifugio il sentiero addolcisce la pendenza e gli occhi possono riem- pirsi dello splendore del colore dei fiori. Un placido cagnone ci da il benvenuto e i più fortunati incon- trano un capriolo che coraggiosamente bruca l’er- ba nel prato sottostante. Maria Carla, Liliana, Carmen ed Emilia si sofferma- no più a lungo al rifugio e proseguiranno in un secondo tempo fino al ponte tibetano. Io e Gianan-

Transcript of ci svegliamo sotto un dalle timide soldanelle, pioniere del disgelo … · 2015. 3. 10. · dolore...

Page 1: ci svegliamo sotto un dalle timide soldanelle, pioniere del disgelo … · 2015. 3. 10. · dolore ad un ginocchio e stento a proseguire. Pro-seguendo ci siamo poi ritrovati insieme

dolore ad un ginocchio e stento a proseguire. Pro-seguendo ci siamo poi ritrovati insieme in tre e di comune accordo ci si ferma in un piccolo anfratto, c’è un bel sole che ci scalda, il cielo è di un azzur-ro smagliante, privo di nubi, si chiacchera, si man-giano i nostri panini, qualche ritardatario ci rag-giunge. Verso le due decidiamo di iniziare il ritorno e lungo la discesa si incrociano altri del gruppo, si arriva al villaggio. C’è spazio anche per un gelato al bar in attesa degli ultimi e infine ci si avvia verso il pullman che era in sosta a circa un chilometro. Si riparte ripercorrendo il percorso fatto la mattina, e si arriva al confine svizzero. Davanti a noi al pas-saggio della frontiera ci sono due pullman in atte-sa, sembra essere una banale sosta per il confine, ma evidentemente c’è qualcosa che non va perché l’attesa si prolunga, si diventa impazienti. Alla fine dopo oltre mezz’ora uno dei due pullman viene fatto spostare, si supera rapidamente il confine e il viaggio riprende velocemente. Il traffico non è eccessivo e quasi in orario si arriva a Milano. Co-me sempre all’arrivo si è tutti un po’ concitati, c’è confusione per trovare il proprio zaino e le varie attrezzature. Alla fine ci si saluta rapidamente, ci si avvia verso le proprie vetture e alla prossima setti-mana … ... {Erna L.: Walserberg, 28.9.2014} Ed eccoci giunti all’ultima escursione del pro-gramma 2014: il Santuario del Cavallero in Valses-sera. Dopo una settimana piuttosto piovosa e le

difficoltà incontrate dai compa-gni di Milano nel raggiungere i punti di ritrovo, fortunatamente, la giornata ci riserva un po’ di sole e ci permette di procedere senza …l’ausilio/ingombro dell’ombrello. Dopo circa mezz’ora di cammino arriviamo al Santuario: è appartato, im-merso nella pace del bosco e ormai chiuso all’interesse di eventuali visitatori; lungo i lati esterni della chiesa sono attrat-ta da pesanti grate di ferro at-traverso le quali, immerse nella penombra e nel silenzio, si

possono intravedere vetuste statue di santi, assai impolverate; sembrano quasi dimenticate lì da chissà quanto tempo ed accentuano ancor di più la sacralità del luogo. Proseguendo oltre il Santuario, il sentiero non si presenta in buone condizioni; è completamente ricoperto di foglie che lo rendono scivolosissimo; l’erba è cresciuta a dismisura e, a volte, arriva addirittura a sfiorarmi il viso; oltretutto, le frequenti piogge hanno fatto sì che i ruscelli che scendono dai pendii, in certi tratti, scorrano nel sentiero stesso, rendendolo ancor più difficoltoso da percorrere. L’escursione è piuttosto lunga ed io, che non sono una buona camminatrice, procedo a rilento in mezzo all’erba alta, ai boschi di castagni e all’acqua che ormai mi ha inzuppato scarpe e calze. Ogni tanto alzo lo sguardo e scorgo qualche nuvola vaporosa che si solleva dal terreno e dalla quale spuntano le tipiche chiome rosse e gialle degli alberi in autunno; unico rumore protagonista dell’intero scenario è il rombo impetuoso del tor-rente Sessera che scende tumultuosamente a valle, alla mia sinistra. Voglio continuare il cammi-no, nonostante la stanchezza si faccia sentire ad ogni passo. Tuttavia, esausta, verso le 13.30, dopo aver anche consumato un piccolo spuntino per ritemprare le forze, … getto la spugna a venti muniti circa dalla vetta. Incontro alcuni amici che stanno già scendendo e con loro, sollevata, mi inoltro sulla via del ritorno; invece Carlo, il mio compagno, decide di salire sino in cima; in un attimo vi arriva, ridiscende, mi raggiunge e pieno di

… … Sabato 31 maggio – ci svegliamo sotto un cielo grigiastro pallido che mette malinconia… ma, dal momento che spes è ultima dea, in auto partia-

mo speranzosi verso Monesi di Triora. Parcheggiamo l’auto in una cittadella che non ha niente da invidiare alla desolazione delle vecchie città dei film del Far West e, a piedi incominciamo a camminare lungo il sentiero che inerpicandosi attraverso i prati, ci deve portare alla nostra meta: il monte Fronté, m 2151. Giunti intorno a quota m 1800, si presenta un pro-blema: c’è un vastissimo tratto di neve da affronta-re in salita abbastanza ripida. Naturalmente il grup-po A si incammina deciso e procede spedito, ma il gruppo B dopo breve percorso incontra difficoltà notevoli e tutti decidiamo di desistere e torniamo sui nostri passi. Ormai sono quasi le 12.30 e, appena fuori dal tratto inne-vato ci sediamo sul prato per mangia-re le nostre provviste. Il freddo è però quasi insopportabile e quindi ci affret-tiamo a prendere il sentiero del ritor-no. Mi guardo intorno e, a dispetto del cielo grigio quasi nero, gli occhi gioi-scono per lo spettacolo delle monta-gne candide e dei prati che, coraggio-si, si sono coperti di splendidi fiori:

dalle timide soldanelle, pioniere del disgelo alle genziane di blu intenso, alle viole tricolor. Ad un tratto Toni ci indica alcuni ciuffi di fiori, graziosi

nella forma, gialli punteg-giati di marrone. Mi avvi-cino e quasi non credo ai miei occhi! Sono le fritil-larie un rarissimo fiore bulbaceo della famiglia delle Liliacee. Domenica 1 giugno – Il cielo ha ancora aspetto incerto; la stragrande quantità di neve sui mon-ti circostanti ci consiglia di prefissarci come meta il rifugio Mongioie. Tutta la combriccola, gruppo A e gruppo B, in auto rag-giunge il grazioso paesi-no di Viozene e da qui, a piedi, inizia a percorrere

la salita che è subito erta e poco agevole. Quando finalmente si giunge nei pressi del rifugio il sentiero addolcisce la pendenza e gli occhi possono riem-pirsi dello splendore del colore dei fiori. Un placido cagnone ci da il benvenuto e i più fortunati incon-trano un capriolo che coraggiosamente bruca l’er-ba nel prato sottostante. Maria Carla, Liliana, Carmen ed Emilia si sofferma-no più a lungo al rifugio e proseguiranno in un secondo tempo fino al ponte tibetano. Io e Gianan-

Page 2: ci svegliamo sotto un dalle timide soldanelle, pioniere del disgelo … · 2015. 3. 10. · dolore ad un ginocchio e stento a proseguire. Pro-seguendo ci siamo poi ritrovati insieme

gelo, Cristina e Carlo, Toni, Italo, Gianni Ficcagna, Paolo Tagliabue, Ylyen e Michele, dopo breve sosta imbocchiamo nuovamente il sentiero e in meno di un’ora raggiungiamo il ponte. Qui ci aspetta una delusione: il ponte, ardita campata sulla gola scavata dalla forza della cascata, è di-strutto! Le rovinose intemperie invernali lo hanno divelto ed ora non è che un contorto ammasso di lamiere e funi metalliche. … … Lunedì 2 giugno – … … Le mete dell’escursione sono il rifugio Valcaira che verrà raggiunto da Cri-stina, Carlo, Gianni ed Emilia e la vetta del pizzo d’Ormea, m 2476, che verrà conquistata da Gia-nangelo, Toni, Italo e Paolo. Nessuno sarà premia-to dal tempo che, grigio, nebbioso, piovoso e fred-do non permetterà di osservare il panorama che sarebbe sicuramente superbo. … … (Nota: la presente relazione in forma completa è presente sul nostro sito web). {Anna Maria R.: Sulle Alpi Liguri, 30.5-3.6.2014} Siamo in partenza per consacrare anche que-st’anno quello che oramai è diventata una tradi-zione per il gruppo Il Sentiero, la gita in Valsesia denominata I sentieri dell’Arte in collaborazione

con la Commissione Montagna Antica Monta-gna da Salvare del CAI-Varallo. I loro volontari sono definibili Eroi tanto quanto quei famosi personaggi, celebrati in un famoso e recente film con George Clooney, che recupe-ravano in Italia e in Europa preziose opere arti-stiche salvandole dalla distruzione della 2a Guerra Mondiale; infatti anche i volontari di que-sta Commissione non solo salvano e restaurano opere della Valsesia che altrimenti scompari-rebbero per il degrado, ma si preoccupano an-che di far conoscere le opere recuperate a quei gruppi e a tutti coloro interessati a scoprire i loro tesori. Quest’anno abbiniamo la gita anche all’iniziativa del CAI denominata Festival delle Alpi a cui volentieri aderiamo. Accompagnati dai volontari nelle persone del Signor Silvano e del Signor Roberto e sua moglie Angela partiamo dalla località di Rassa e risalendo il torrente Gronda, scopriamo i borghi di Rassetta, Fontana e Mez-zanaccio. Da qui il gruppo A prosegue con piè veloce tentando di raggiungere a quota 1701 l’Alpe Salei, punto di appoggio del CAI Varallo: i nostri campioni riescono nell’impresa e nei tem-

cia proseguiamo a piedi per il rifugio Vajolet. Lun-go il sentiero già rimaniamo affascinati dai bellissi-mi e caratteristici monti della val di Fassa. Ci siste-

miamo velocemente in una cameretta del rifugio ma poi, essendo questa troppo piccola per dieci persone, traslocheremo in un’altra più comoda. Le donne alloggiano in camera separata. Tutti insie-me ci dirigiamo verso le torri del Vajolet. L'ambien-te è magico e fiabesco. Le guglie sembrano statue animate che spuntano dai monti. Dopo una breve sosta al rifugio Re Alberto ritorniamo al nostro accampamento dove ci aspettano i squisiti Spätzle con i finferli serviti da una graziosa cameriera slo-vacca. Ci colpisce una scritta in dialetto locale su una porta e qui tradotta in: Non abbiate premura tanto i monti non vanno via. Domenica 14 settembre – Giorno indimenticabile. Siamo ai piedi del monte, indossiamo l'elmetto e l'imbracatura. Pronti. Di colpo il sentiero passa da facile a difficoltoso. Per un tratto bisogna abbas-sarsi e proseguire quasi strisciando con la pancia per terra. Una corda di ferro lungo la roccia ripida indica che la ferrata ha inizio. Le due guide non ci perdono mai di vista. Sono i nostri Angeli custodi. Spesso ci soffermiamo ammutoliti a contemplare il vuoto profondo sotto di noi e scorci panoramici tra le rocce. Sento Gianangelo dire: questo è il paradiso! Sia-mo sulla cresta. Alziamo lo sguardo e vediamo un

panorama di torri, guglie e monti a 360°. Il cielo è chiaro. Il sole ci riscalda. Sento dire: quella è la Marmolada, quello il piz Boè. L'ultimo tratto sulla cresta è senza protezione. Precipizi da ambo i lati. Un attimo e Italo prende la corda dallo zaino, la srotola e assieme a Gianan-gelo creano la protezione. Un’alta croce di ferro e sassi ci dice che siamo in cima all'Antermoia. {Luigi O.: Catinaccio di Antermoia, 13-14.9.2014} Alla partenza il cielo era già grigio e tale si era mantenuto per gran parte del percorso, con le nubi che coprivano le cime dei monti e rari sprazzi qua e là di cielo azzurro, in lontananza si intravvedono piccole cascatelle che precipitano nella vallata e piccole chiesette con il campanile a forma di cipol-la. L’ambiente è severo, montagne pietrose in alto, laghetti che riflettono il verde dei monti. La strada è serpeggiante, ripida, poco frequentata, solo poche auto ci superano. La vegetazione è folta, costituita prevalentemente da conifere e presenta già carat-teristiche autunnali, con le foglie rosso-gialle sugli alberi e molte già a terra. Nella prima parte del percorso l’ambiente è poco urbanizzato, gli inter-venti dell’uomo sono costituiti da cavalcavia e da qualche villaggio che si intravvede in lontananza in fondo valle. Improvvisamente alla fine di una galle-ria l’ambiente cambia, appare il sole che illumina tutto, il cielo da grigio si è fatto azzurro intenso. Siamo saliti parecchio, la vegetazione si è diradata e la giornata si presenta soleggiata. Come sempre quando si arriva nella località da cui avrà inizio la gita si è tutti un po’ eccitati, rapidamente si metto-no gli scarponi, si sistemano gli zaini, si prendono i bastoncini e si inizia l’avventura della giornata. Si cammina in un ambiente ampio, solitario, le monta-gne intorno sono imponenti, severe, data l’altitudi-ne la vegetazione è scarsa, all’intorno altre monta-gne, alcune a tratti innevate, specie sul versante N. Il percorso è ripido, ci si ferma a tratti per indivi-duare bene la direzione da prendere, e pian piano, come sempre, ci si sparpaglia, per un poco ci si vede a distanza, poi il gruppetto dei più veloci si innalza distaccandosi rapidamente. C’è un vento fastidioso, l’ambiente è solitario, severo, non si vedono altre persone all’intorno, si continua a gruppetti sparsi. Io cammino a fatica, sento un

Page 3: ci svegliamo sotto un dalle timide soldanelle, pioniere del disgelo … · 2015. 3. 10. · dolore ad un ginocchio e stento a proseguire. Pro-seguendo ci siamo poi ritrovati insieme

sono le grange dell’Autaret , il gruppo A dovrebbe

poi raggiungere la cima del Monte Bellino a m

2942, ma fin dal mattino il cielo appare nuvoloso e

più tardi sopraggiunge un vento impetuoso che

impedisce anche ai più volonterosi di proseguire.

Il mercoledì il programma prevede di raggiungere il

Rifugio Vallanta a m 2450: partendo da Ponte

Chianale – Castello si costeggia tra boschi e verdi

prati l’omonimo torrente raggiungendo le Grange

del Rio, situate su un dosso in posizione panora-

mica. … … Con mia gioia e stupore arrivo anch’io

al rifugio Vallanta, ho percorso m 842 di dislivello!

La sera ricevo perfino i complimenti dagli amici più

esperti: non mi sembra vero. … … Giovedì ci re-

chiamo in automobile al Colle dell’Agnello, m

2803, meta ambita dei ciclisti, dove in questi ultimi

anni è passato diverse volte il Giro d’Italia; ci fer-

miamo al passo per scattare alcune fotografie,

scendendo poi dal versante francese fino al Rifu-

gio dell’Agnello, m 2580.

Qui percorriamo il sentiero che conduce al Col de Chamoussière a m 2884; il gruppo A raggiunge poi la cima del Pic de Camaratran, dalla cui vetta, situata a m 3035 di altezza, si può godere una vista incantevole. La gita prevista per venerdì al Pelvo d’Elva viene sop-pressa perché occorrerebbe trop-po tempo per per-correre in auto il tragitto da Sam-peyre all’omonimo colle e poi al Colle della Bicocca, dato che quest’ultimo tratto di strada sterrata rallenterebbe molto la velo-cità delle auto con conseguente riduzione del tem-po da dedicare alla gita.

Si formano allora due gruppi che optano per due diversi itinerari. Il primo decide di rifare e completare la gita del martedì al Monte Bellino, l’altro opta per una delle gite alternative, quella dei laghi che prevede di partire da Ponte Chianale, arrivando al lago Blu, al lago Nero, al lago Longet, m 2635, e ai laghi Bes. Entrambi i gruppi quando si ritrovano prima di cena per la fotografia ricordo si dichiarano soddi-sfatti della loro scelta. Il sabato, giorno della partenza e dei saluti, ritem-prati dalla settimana trascorsa tra le alte cime e i verdeggianti pascoli, ci ripromettiamo di rivederci alla Due giorni in Val di Fassa nelle ridenti e notis-sime Dolomiti. (Nota: la presente relazione in forma completa è presente sul nostro sito web). {Lucilla M.: Settimana Alpina, 23-30.8.2014}

Sabato 13 settembre – Il giorno della partenza è arrivato. E' una splendida giornata. Arriviamo col pullman a Pozza di Fassa. Qui un gruppetto si sistema in albergo e l'altro prosegue fino alla fer-mata della navetta per Gardeccia. Ci sediamo

sulle panchine aspettando, quando Italo tira fuori un lungo coltello e comincia ad affettare la slin-zega, specialità valtellinese. Perfetto! Da Gardec-

pi previsti. Intanto il gruppo B sulla via di ritorno visita il borgo di Piana e rientra a Rassa dove è previsto l’Anniversary Day, ricorrenza durante la quale festeggiamo onomastici e compleanni di tutti coloro che nel nostro Gruppo hanno piacere di farlo offrendo un rinfresco ai partecipanti in allegra compagnia. Non è finita, i volontari unitisi a noi nei festeggiamenti e omaggiati del libro Montagna da vivere, Montagna da conoscere, autografato da tutti i partecipanti alla gita, ac-compagnano poi tutti noi a visitare, insieme all’ex Sindaco di Rassa, la Parrocchiale e la Segheria del capoluogo, veri gioielli della Valse-sia. In conclusione una gita escursionistica me-ravigliosa. {Giuseppe S.: I Sentieri dell’Arte, 22.6.2014}

… … L'unico nostro motivo di inquietudine è il tempo atmosferico, dato che sulla sommità della Comba gravano nubi nerastre che oscurano la vista delle vette vicine, conferendo al severo pae-saggio una suggestione particolare, ma procedia-mo con passo spedito; grazie ai ben visibili segni gialli che marcano il sentiero e ai numerosi ometti di pietra possiamo orientarci senza problemi, seguendo il corso del torrente d'Oren fino al punto in cui, lasciatolo alla nostra sinistra, il sentiero, con una brusca svolta, si porta alla destra del vallone, donde ha inizio la ripida ascesa al sovrastante pianoro del Plan di Gan. Le vere -e uniche- difficoltà, se difficoltà si pos-sono chiamare, ci attendono oltre quota 2400, a Grand Place; attraversato un ruscel-letto, il sentiero, ora divenuto una semplice traccia, s’inerpi-ca zigzagando nella rada vegetazione tra rocce viscide e spaccate, e nel tratto più impegnativo -meno di un centinaio di metri- è at-trezzato con corde fisse e gradini metallici che facilitano sensibilmente la progressione, permet-tendo di guadagnare velocemente quota fino agli ultimi risalti del Plan di Gan. Giunti alla sua sommi-

tà, contrassegnata da un grosso ometto di pietra, possiamo finalmente vedere in distanza la singola-re architettura del rifugio Nacamuli, addossato ad una parete di roccia, ai cui piedi sorge il vecchio rifugio Col Collon, ora adibito a locale invernale. L'altimetro registra una quota di poco inferiore ai 2600 metri: di fronte a noi si distende una sorta di irregolare, scabro altopiano interrotto da piccoli corsi d'acqua e da formazioni rocciose levigate dall'azione dei ghiacci. Superato un piccolo ponte in legno e su terreno alquanto sconnesso, ma non disagevole, con un percorso che descrive un am-pio arco da destra a sinistra, in parte su tracce di sentiero, in parte su facile nevaio, un poco sgranati gli uni dagli altri, entriamo nel rifugio per un merita-tissimo ristoro: sono le 13.45, in sensibile anticipo rispetto alla tabella di marcia prevista (3.30). Lo scenario, nonostante la persistente cortina di nuvo-le basse, è impressionante: dal rifugio, dominato dall'imponente Punta N, m 3714, la vetta più alta della catena della Sengla, possiamo ammirare la lunga cresta che va dalla Punta Kurz, m 3496, alla Becca Vannetta m 3361; più oltre, in direzione del vero Col Collon, si stende il ghiacciaio dell'Evêque, al confine italo-elvetico, sul quale spiccano le im-

ponenti forme della Becca d'Oren, m 3523, e delle due cime gemelle dell'Evêque, m 3716 e della Mitre d'Evêque, m 3646. Siamo in quattordici, e il nostro primo pensiero è: cosa offre il menu? Polenta, salsicce, carni brasa-

Page 4: ci svegliamo sotto un dalle timide soldanelle, pioniere del disgelo … · 2015. 3. 10. · dolore ad un ginocchio e stento a proseguire. Pro-seguendo ci siamo poi ritrovati insieme

te, specialità valdostane? Niente di tutto ciò, dob-biamo accontentarci di quanto può offrire la sobria ospitalità di un rifugio d'alta quota: un abbondante

piatto di pasta al sugo, innaffiato da qualche calice di vino, e reso più gustoso dalla bella compagnia. Non tutti però si fermano a pranzo: tra i primi sali-tori, alcuni prendono la strada del ritorno al più presto e iniziano la discesa intorno alle 14.30, corroborati da una buona tazza di caffè caldo -la temperatura esterna è di poco superiore allo zero-; gli altri si attardano fin dopo le quindici, prima di iniziare il ritorno a valle, confortato da un discreto soleggiamento, che fa dimenticare il grigiore della mattina e permette di godere appieno della selvag-gia bellezza di queste montagne. Per tutti i parteci-panti, anche per chi ha privilegiato la meta meno impegnativa, l'accogliente e frequentatissimo rifu-gio Prarayer, una giornata davvero indi-menticabile. (Nota: la presente relazione in forma com-pleta è presente sul nostro sito web). {Amedeo S.: Rifugio Nacamuli, 6.7.2014}

La pioggia ci accompagna per buona parte del cammino che conduce al Rifugio Sa-voia; sulla salita che con diversi tornanti porta alla Croce dell’Arolley situata in bella posizione sulla Valsavaranche troviamo qualche riparo sotto alcune rocce per brevi

pause, poi attrezzati di mantelle e ombrellini per-corriamo il vasto e splendido pianoro del Nivolet. … … Poco prima del rifugio incontriamo la carroz-

zabile che risale il versante pie-montese e per-mette ai veicoli a motore di rag-giungere il piano-ro; vedere una strada asfaltata in un ambiente di notevole interes-se naturalistico è s c o n f o r t a n t e . Nelle domeniche di bel tempo è un parcheggio d’alta quota con tutte le c o n s e g u e n z e negative che si possono immagi-

nare. Negli ultimi anni l’Ente Parco ha promosso diverse iniziative per regolamentare il traffico; … … Dopo il rifugio, prima di raggiungere la vetta del Taou Blanc, abbiamo potuto osservare paesaggi di alta montagna di grande fascino, che variano in conti-nuazione, dai numerosi laghi alpini, sia sul versan-te piemontese che valdostano, alle pietraie e nevai di alta quota. Di notevole bellezza il tratto che percorre a mezza costa il lago Rosset sovrastato dalla Gran Vaudala e caratterizzato da un singolare isolotto la cui for-ma è simile ad un cappello di prete; sulla destra lo sguardo è attratto dai laghetti denominati Trebec-

chi con lo sfondo della catena del Gran Paradiso avvolta da nuvole che ne nascondono le vette più elevate.

Non sono da trascurare alcuni aspetti storici che legano questi luoghi, il Rifugio Savoia (ex palazzi-na di caccia di Re Vittorio Emanuele II), alla storia d’Italia della metà del XIX secolo. Preoccupato dalla probabile estinzione degli stam-becchi il Re ne aveva impedito la caccia indiscrimi-nata e se ne era riservato il diritto. Una forma un po’ singolare di protezione che comunque aveva dato risultati positivi. Aveva inoltre fatto costruire una vasta rete di sentieri e mulattiere che ancora oggi sono frequentati dagli escursionisti e utilizzati dai guardaparco per la protezione della fauna. Un ultimo flash; sul sentiero del ritorno, nel bosco incrociamo una volpe. Ha appena catturato una preda; percepisce la nostra presenza e rapida abbondona il sentiero nascondendosi nella vegetazione. … ... (Nota: la presente relazione in forma completa e corredata da una galleria fotografica è pre-sente sul nostro sito web). {Luigi C.: Monte Tou Blanc, 12-13.7.2014}

… Ci ritroviamo in 27 amici

iscritti a Il Sentiero fra le cime

maestose del Piemonte cele-

brate da Giosuè Carducci e

precisamente a Sampeyre,

sotto il Monviso dal quale

nasce il Po, per trascorrere una settimana dedicata

ad impegnative e piacevoli escursioni.

Soggiorniamo al confortevole Hotel Monte Nebin,

circondato da un lussureggiante parco, dove fruia-

mo di un ottimo trattamento.

Il primo giorno sia il gruppo A che il B partendo da

Pontechianale – Castello, raggiungono il rifugio

Bagnour, situato a m 2017, dove si possono ammi-

rare due minuscoli laghetti; gli alpinisti più esperti,

gli appartenenti al gruppo A, tentano di raggiunge-

re la Rocca Jarea a m 2756, ma una pietraia di

grosse proporzioni ostacola il cammino e rende

praticamente impossibile raggiungere la vetta ri-

spettando i tempi.

Il giorno seguente, lunedì, si parte da Pontechiana-

le – Maddalena per salire al Colle e alla Punta

della Battagliola, ottimo punto panoramico sulle

montagne circostanti, il cui nome rievoca uno

scontro armato avvenuto nel 1744 tra soldati sa-

baudi e franco-spagnoli. Dalla vetta verso NE si

può ammirare il versante S del Monviso. Il gruppo

A ha l’obiettivo di raggiungere il Monte Pietralunga,

il cui sentiero è abbastanza impervio anche se

alcune corde fisse facilitano l’attraversamento di

una specie di canale.

Il terzo giorno della nostra settimana alpina si parte

da Sant’Anna di Bellino: la prima meta designata