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20 CRONACHE Lunedì 9 Marzo 2015 Corriere della Sera La parola/1 OPG Gli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) hanno sostituito i manicomi criminali negli anni ‘70 e dipendono dal ministero della Giustizia. Nel 2012 venne approvata la loro chiusura definitiva poi spostata ad aprile del 2015. © RIPRODUZIONE RISERVATA La parola/2 REMS Le Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria (Rems) da aprile prendono il posto degli Opg. Si tratta di strutture che avranno una capienza massima di 20 posti letto. Ne sono previste un paio per ogni regione. © RIPRODUZIONE RISERVATA VIAGGIO NEGLI OSPEDALI PSICHIATRICO GIUDIZIARI Gli ultimi internati della nostra storia Così finisce un’idea di detenzione H o sempre diffidato, anche letteraria- mente, di chi vedeva nella follia un acces- so privilegiato alla verità. Eppure, mentre parlavo con gli internati dell’Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Aversa, ho avuto forte la sen- sazione che guardassero den- tro un abisso che competeva anche a me — che compete a noi tutti —, con la sola diffe- renza che su quell’abisso loro si sporgevano pericolosamente, e senza mai riuscire a distoglier- ne lo sguardo. Ci sono efferatezze nel pas- sato di molti degli internati del «Filippo Saporito» — aggres- sioni, violenze carnali, patrici- di e matricidi — e altrettante sono le atrocità nel passato del- l’Opg stesso. Qui entrò la com- missione presieduta da Marino nel 2010 e si trovò davanti uno scenario raccapricciante: spor- cizia, sovraffollamento, dete- nuti legati ai loro letti, pratiche che rasentavano le sevizie. A vedere il vecchio letto di con- tenzione che viene adesso con- servato come una reliquia, con l’orrido buco al centro per le deiezioni dei malati, non si può non domandarsi come sia stato possibile che una misura simile fosse ancora in uso cin- que anni fa. Ma sarebbe troppo comodo accodarsi alla scia del- lo sdegno comune, condanna- re gli Opg come luoghi isolati di sadismo sfrenato, senza rile- vare la parte di responsabilità che ognuno di noi ha avuto in tutto questo: la convenienza di una nazione intera che, dopo avere applaudito a lungo se stessa per la chiusura dei mani- comi, ha tollerato per decenni delle realtà perfino peggiori, in ragione della presunta perico- losità sociale di alcuni infermi. Oggi, al «Filippo Saporito», si avverte soprattutto una spe- cie di trauma al contrario. La diffidenza del personale nei ri- guardi del visitatore esterno, di colui che potrebbe giudicare, scrivere e così rinnovare la ver- gogna, è quasi invincibile, è la diffidenza di chi si è sentito maltrattato (seppure non del tutto ingiustamente) e utilizza- to come capro espiatorio. Alcu- ni degli internati erano stati evidentemente «preparati» per il mio arrivo, al punto da lan- ciarsi in elogi irrefrenabili e un po’ goffi dell’Opg e del suo staff, ma l’intento dietro la «preparazione» non sembrava quello di mascherare qualcosa (ciò che andava svelato è stato svelato, credo), bensì l’ansia che un nuovo ciclone potesse scatenarsi. Molti degli operato- ri sanitari e di custodia che la- vorano nell’Opg erano lì anche parecchi anni fa, hanno vissuto l’ospedale come un luogo con regole a sé, poi i riflettori im- pietosi e infine la brusca inver- sione di rotta. Non tentano di nascondere ciò che l’Opg era. La sola giustificazione che por- tano, e alla quale non è così dif- ficile credere, è questa: «Non avevamo le risorse». Non che l’Opg sia diventato un posto veramente gradevole, nel frattempo. Gli edifici sono tutti malmessi — finestre rotte, soffitti anneriti —, i bagni delle celle si presentano come corri- doi angusti e tetri, mentre nel 9bis i servizi sono ancora in co- mune: alcuni internati sono re- calcitranti a utilizzare le docce, ma a vederle non si può dare loro torto. Tutte le migliorie, mi spiegano, dalle parti ritin- teggiate ai fornelli con le pia- stre a induzione per scaldare il caffè, dalla fattoria per la pet therapy alle aule dove si svol- gono i laboratori, sono state re- alizzate su iniziativa spontanea del personale. Dopo la rappre- saglia mediatica, si percepisce l’ambizione di migliorare e una psichiatra si lascia sfuggire il proprio rammarico: «Ciò che sta succedendo è un processo evolutivo, ma al tempo stesso ci sentiamo come se ci venisse tolta la terra da sotto i piedi, proprio mentre stavamo impa- rando a fare la cosa giusta». Ciò che sta succedendo è la chiusura dei sei Opg ancora at- tivi in Italia. La data prevista è il 31 marzo e non si attendono proroghe. I circa 700 internati verranno ridistribuiti in base a un principio di appartenenza territoriale, affidati al servizio sanitario e alloggiati in comu- nità, case-famiglia o altri enti di accoglienza. Soltanto quelli considerati non «dimissibili», in ragione della loro pericolo- sità, saranno destinati a nuove strutture, più piccole degli Opg, battezzate Rems. Anche le Rems, tuttavia, saranno intera- mente affidate alla sanità: non penitenziari ridotti, dunque, ma luoghi di cura. In un qua- dro ristretto, questo è l’arrivo di un percorso iniziato con la de- nuncia della commissione Ma- rino e la frase ormai celebre pronunciata dall’ex-presidente Napolitano, che parlò degli Opg come di un «estremo orro- re, indegni di un paese appena civile». In un quadro esteso, la dismissione degli Opg è solo la tappa ulteriore di un cammino assai più lungo e faticoso, pas- sato per gli sviluppi controversi della psichiatria e la legge Ba- saglia, e la cui immagine semi- nale si può attribuire già a Phi- lippe Pinel. Nel 1792, Pinel fece togliere le catene ai «pazzi fu- riosi» di Bicêtre ed essi, invece di dare in escandescenze, cam- minarono incontro al loro libe- ratore, per ringraziarlo. Viene da domandarsi per- ché, se certe idee circolano nel- la medicina da oltre duecento Dove si trovano Gli Ospedali psichiatrici giudiziari nascono nel 1876 Corriere della Sera Fonte: Ministero della Giustizia Castiglione delle Stiviere (Mantova) Reggio Emilia* Montelupo Fiorentino (Firenze) *chiuso il 1° marzo scorso Aversa (Caserta) Napoli Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) Anno di apertura 1939 1892 1886 1922 1876 1926 di Paolo Giordano I circa 700 reclusi saranno ridistribuiti in base all’appartenenza territoriale Chiedo a M. se a casa in Abruzzo c’è qualcuno ad attenderlo: «Andrò a stare da mia madre» Il 31 marzo è prevista la chiusura degli Opg. Le incognite sul futuro Per i soggetti considerati gravi nuove «residenze» affidate alla Sanità

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20 CRONACHE Lunedì 9 Marzo 2015 Corriere della Sera

� La parola/1

OPG

Gli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) hanno sostituito i manicomi criminali negli anni ‘70 e dipendono dal ministero della Giustizia. Nel 2012 venne approvata la loro chiusura definitiva poi spostata ad aprile del 2015.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

� La parola/2

REMS

Le Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria (Rems) da aprile prendono il posto degli Opg. Si tratta di strutture che avranno una capienza massima di 20 posti letto. Ne sono previste un paio per ogni regione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

VIAGGIO NEGLI OSPEDALI PSICHIATRICO GIUDIZIARI

Gli ultimi internati della nostra storiaCosì finisce un’idea di detenzione

Ho sempre diffidato,anche letteraria-mente, di chi vedevanella follia un acces-so privilegiato alla

verità. Eppure, mentre parlavocon gli internati dell’Ospedalepsichiatrico giudiziario (Opg)di Aversa, ho avuto forte la sen-sazione che guardassero den-tro un abisso che competevaanche a me — che compete anoi tutti —, con la sola diffe-renza che su quell’abisso loro sisporgevano pericolosamente, esenza mai riuscire a distoglier-ne lo sguardo.

Ci sono efferatezze nel pas-sato di molti degli internati del«Filippo Saporito» — aggres-sioni, violenze carnali, patrici-di e matricidi — e altrettantesono le atrocità nel passato del-l’Opg stesso. Qui entrò la com-missione presieduta da Marinonel 2010 e si trovò davanti unoscenario raccapricciante: spor-cizia, sovraffollamento, dete-nuti legati ai loro letti, praticheche rasentavano le sevizie. Avedere il vecchio letto di con-tenzione che viene adesso con-servato come una reliquia, conl’orrido buco al centro per ledeiezioni dei malati, non sipuò non domandarsi come siastato possibile che una misurasimile fosse ancora in uso cin-que anni fa. Ma sarebbe troppocomodo accodarsi alla scia del-lo sdegno comune, condanna-re gli Opg come luoghi isolatidi sadismo sfrenato, senza rile-vare la parte di responsabilitàche ognuno di noi ha avuto intutto questo: la convenienza diuna nazione intera che, dopoavere applaudito a lungo sestessa per la chiusura dei mani-comi, ha tollerato per decennidelle realtà perfino peggiori, inragione della presunta perico-losità sociale di alcuni infermi.

Oggi, al «Filippo Saporito»,si avverte soprattutto una spe-cie di trauma al contrario. Ladiffidenza del personale nei ri-guardi del visitatore esterno, dicolui che potrebbe giudicare, scrivere e così rinnovare la ver-gogna, è quasi invincibile, è ladiffidenza di chi si è sentitomaltrattato (seppure non deltutto ingiustamente) e utilizza-to come capro espiatorio. Alcu-ni degli internati erano statievidentemente «preparati» peril mio arrivo, al punto da lan-

ciarsi in elogi irrefrenabili e unpo’ goffi dell’Opg e del suostaff, ma l’intento dietro la«preparazione» non sembravaquello di mascherare qualcosa(ciò che andava svelato è statosvelato, credo), bensì l’ansiache un nuovo ciclone potessescatenarsi. Molti degli operato-ri sanitari e di custodia che la-vorano nell’Opg erano lì ancheparecchi anni fa, hanno vissutol’ospedale come un luogo conregole a sé, poi i riflettori im-pietosi e infine la brusca inver-sione di rotta. Non tentano dinascondere ciò che l’Opg era.La sola giustificazione che por-tano, e alla quale non è così dif-ficile credere, è questa: «Nonavevamo le risorse».

Non che l’Opg sia diventatoun posto veramente gradevole,nel frattempo. Gli edifici sonotutti malmessi — finestre rotte,soffitti anneriti —, i bagni dellecelle si presentano come corri-doi angusti e tetri, mentre nel

9bis i servizi sono ancora in co-mune: alcuni internati sono re-calcitranti a utilizzare le docce,ma a vederle non si può dareloro torto. Tutte le migliorie,mi spiegano, dalle parti ritin-teggiate ai fornelli con le pia-stre a induzione per scaldare ilcaffè, dalla fattoria per la pettherapy alle aule dove si svol-gono i laboratori, sono state re-alizzate su iniziativa spontaneadel personale. Dopo la rappre-saglia mediatica, si percepiscel’ambizione di migliorare e unapsichiatra si lascia sfuggire ilproprio rammarico: «Ciò chesta succedendo è un processoevolutivo, ma al tempo stesso cisentiamo come se ci venissetolta la terra da sotto i piedi,proprio mentre stavamo impa-rando a fare la cosa giusta».

Ciò che sta succedendo è lachiusura dei sei Opg ancora at-tivi in Italia. La data prevista è il31 marzo e non si attendonoproroghe. I circa 700 internativerranno ridistribuiti in base aun principio di appartenenzaterritoriale, affidati al serviziosanitario e alloggiati in comu-nità, case-famiglia o altri entidi accoglienza. Soltanto quelliconsiderati non «dimissibili»,in ragione della loro pericolo-sità, saranno destinati a nuovestrutture, più piccole degliOpg, battezzate Rems. Anche leRems, tuttavia, saranno intera-mente affidate alla sanità: nonpenitenziari ridotti, dunque,ma luoghi di cura. In un qua-dro ristretto, questo è l’arrivo diun percorso iniziato con la de-nuncia della commissione Ma-rino e la frase ormai celebrepronunciata dall’ex-presidenteNapolitano, che parlò degliOpg come di un «estremo orro-re, indegni di un paese appenacivile». In un quadro esteso, ladismissione degli Opg è solo latappa ulteriore di un camminoassai più lungo e faticoso, pas-sato per gli sviluppi controversidella psichiatria e la legge Ba-saglia, e la cui immagine semi-nale si può attribuire già a Phi-lippe Pinel. Nel 1792, Pinel fecetogliere le catene ai «pazzi fu-riosi» di Bicêtre ed essi, invecedi dare in escandescenze, cam-minarono incontro al loro libe-ratore, per ringraziarlo.

Viene da domandarsi per-ché, se certe idee circolano nel-la medicina da oltre duecento

Dove si trovanoGli Ospedali psichiatrici giudiziari nascono nel 1876

Corriere della SeraFonte: Ministero della Giustizia

Castiglionedelle Stiviere(Mantova)

Reggio Emilia*

Montelupo Fiorentino (Firenze)

*chiuso il 1° marzo scorso

Aversa(Caserta)

Napoli

Barcellona Pozzo di Gotto (Messina)

Anno di apertura

1939

1892

1886

1922

1876

1926

di Paolo Giordano

I circa 700 reclusi saranno ridistribuiti in base all’appartenenza territoriale

Chiedo a M. se a casa in Abruzzo c’è qualcuno ad attenderlo: «Andrò a stare da mia madre»

Il 31 marzo è prevista la chiusura degli Opg. Le incognite sul futuroPer i soggetti considerati gravi nuove «residenze» affidate alla Sanità

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Corriere della Sera Lunedì 9 Marzo 2015 CRONACHE 21

anni, ci abbiamo impiegatotanto, perché fino a ieri i dete-nuti psichiatrici del nostro Pae-se fossero la categoria più radi-calmente privata di diritti, per-fino di quelli fondamentali cheassicurano la dignità dell’esse-re umano. La risposta era già ingrado di fornirla Foucault,quando scrisse: «Quanto almalato mentale, egli rappre-senta il residuo di tutti i resi-dui, il residuo di tutte le disci-pline, inassimilabile a tuttequelle che si possono trovare inuna società». In questa pro-spettiva, gli scempi perpetratiad Aversa come in altri Opg del-la penisola non erano un abusoesclusivo di chi in quelle strut-ture operava, bensì la deiezio-ne di un Paese intero, esso sì,ancora incatenato a un letto dicontenzione fatto di paura.

Oggi sono molte le aree nellequali la reclusione in Opg vienegià evitata. E il numero esiguodi coloro che sono ancora in-ternati potrebbe far pensare aun cambiamento marginale,più che altro simbolico. Eppu-re, è soprattutto così che unaciviltà perfeziona se stessa: at-traverso la destituzione di sim-boli che ormai appaiono sor-passati, deteriori.

Più che il passato sconcer-tante, occorre adesso conside-rare il futuro prossimo, che in questo «processo evolutivo»porta con sé preoccupazioni le-gittime da parte di molti. Daparte della popolazione, innan-zitutto. La follia spaventa oggicome duecento anni fa. Se poisi accompagna ad azioni crimi-nali, come omicidi o violenzesessuali (un uomo che ha man-giato sua madre), essa scatenasuggestioni incontrollate, fini-sce per abitare il dominio del terrore. Ma al percorso di rein-tegro dei malati, accelerato dal-la politica sull’onda dello sde-gno, non si è accompagnata al-cuna iniziativa di sensibilizza-zione. È facile prevedere che,quando diverrà chiaro a tuttiche all’interno delle Rems nonvi sarà per legge alcun persona-le di custodia o vigilanza, si sca-tenerà un malcontento diffuso,se non addirittura una parano-ia. Un’orda di pazzi violenti apiede libero, sarà il messaggiorecepito da alcuni in assenza diun’informazione adeguata.

Al contrario, per gli attivistidi «StopOpg» e per molti psi-chiatri, l’istituzione delle Remsrappresenta una misura con-

traddittoria ed eccessiva. Essine denunciano l’inutilità, non-ché il rischio che le Rems si tra-mutino presto in dei micro-Opg. Non vi è evidenza, sosten-gono, che i soggetti psichiatricisiano più inclini degli altri a ri-petere le loro azioni criminosee forse è il concetto stesso di«pericolosità sociale» a essere errato: secondo Debuyst si trat-terebbe soltanto di un retaggio

antico, di una «malattia infan-tile della criminologia».

C’è poi il fardello che cadeimprovviso sul personale sani-tario, investito di responsabili-tà nuove, come il mantenere unlivello di sicurezza e ordine frainternati, senza l’ausilio dei se-condini. Ad Aversa qualcosa disimile avviene già oggi, ma sol-tanto in zone specifiche del-l’Opg, con pazienti considerati

più «gestibili» e comunquecon la possibilità di un inter-vento tempestivo da parte delleguardie. Come regolarsi nellenuove Rems? Si dovrà assume-re una vigilanza privata almenoper l’esterno? E dentro? I re-sponsabili dei nuovi centristanno affrontando un’infinitàdi dettagli scomodi, oltre a unaburocrazia titanica che pro-mette ritardi. Andrebbero evi-tate le sbarre alle finestre, peresempio (la Rems non deve ri-cordare un penitenziario), ma su chi ricadrà la colpa quandoin un accesso di delirio il primodegli internati riuscirà a buttar-si di sotto?

Il nuovo assetto, più fram-mentato, sarà in generale me-no controllabile di prima. Mol-ti pazienti verranno affidati aenti privati, ad associazioni ac-creditate di vario genere, reli-giose e non, e per questi diver-ranno istantaneamente unafonte di profitto, con tutti i ri-schi ovvi che ne conseguono.In Italia, è difficile non essereattraversati da un fremito di in-quietudine ogni volta che sisente parlare di «comunità» e«associazioni». Qualcunoscommette poi che la crimina-lità organizzata, quella tutt’al-tro che inferma mentalmente,stia già preparando dei dossierad hoc per i suoi, con i giustiprecedenti, le giuste perizie, per accedere in caso di necessi-tà alle nuove strutture piuttostoche al carcere.

E infine, ci sono le ansie deidetenuti. Al «Filippo Saporito»ho cercato di capire quale chia-rezza gli internati avessero deicambiamenti in atto, del desti-no che li attende. Per lo più èemersa una grande confusio-ne, qualcuno parlava frettolo-samente di ritorno a casa, unaltro ha evocato pieno di ango-scia luoghi in cui si fanno«esperimenti sulle persone».Ho chiesto a M. se a casa sua, inAbruzzo, ci fosse qualcuno adattenderlo. «Andrò a stare damia madre», ha detto. Avevauna fiducia struggente in quelricongiungimento. «La tua fa-miglia viene a trovarti spesso?— No, perché abitano lontano.— Ma qualcuno è mai venuto?— Le mie sorelle, una volta».Una volta. In nove mesi.

È questa, molto spesso, la re-altà dei «residui dei residui»:un abbandono radicale che co-mincia in seno alla famiglia e siestende alla comunità, alla so-cietà tutta, lo stesso abbando-no che ha perpetuato l’esisten-za degli Opg, di piccoli infernilocali come quello di Aversa,proprio nel centro storico, a unpasso dalle vie dei negozi e deilocali notturni. Non ci sarannomolte famiglie pronte a ripren-dersi i loro folli, perciò quel-l’accoglienza viene richiesta atutti noi in quanto cittadini. Apartire dal 31 marzo vedremosotto una luce nuova che tipodi Paese siamo, quale livello dimaturità abbiamo raggiunto,con quanto coraggio siamo di-sposti a guardare dritto dentrol’abisso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

722Gli internati

presenti negli

Opg italiani

al 30 gennaio

scorso

990La stima

dei posti letto

messi

a disposizione

nelle Rems

173Milioni

I fondi stanziati

per chiudere

gli Ospedali

psichiatrici

giudiziari

1.016Le persone

dimesse dagli

Opg nel periodo

2010-2012

5-10I reclusi

che vengono

dimessi

ogni settimana

dagli Opg

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dello scrittore

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I tempi

� La legge

numero

9 del 2012

prevedeva la

chiusura

degli Opg

al 1° febbraio

del 2013.

Mentre le

misure di

sicurezza

relative al

ricovero solo

all’interno delle

strutture

sanitarie

dovevano

partire dal 31

marzo 2013

� Quel termine

di chiusura

venne rinviato

per due volte.

Un primo

decreto legge

spostò la data

al 1° aprile

2014 (legge

57/2013), un

secondo

decreto legge

— che suscitò

l’irritazione

dell’allora capo

dello Stato,

Giorgio

Napolitano —,

differì la

chiusura

al 31 marzo

2015 (legge

81/2014)

Stop agli agentidi custodiaIl dilemma della sicurezza

Nel 1968In un famoso scatto

di Gianni Berengo Gardin

un uomo con la camicia

di forza viene portato via

dal personale dell’istituto

psichiatrico di Parma

(Contrasto)