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LETTURE AMAZZONICHE

A COSA SERVE LA BIODIVERSITÁel 1977, a causa della crisi deicarburanti che investì

il mondo industrializzato, un chimicostatunitense, Melvin Calvin, seguì alcuniindiani brasiliani e si addentrò nella forestaalla ricerca di un olio molto particolare.Davanti a un albero enorme della voltavegetale, Calvin, uno scienziato insignitodel Nobel, osservò con curiosità quandogli indiani estrassero un tappo dalla basedi un albero dove mesi prima avevanopraticato un piccolo foro. Prese subito afluire della linfa oleosa, un litro dopol’altro, fino a raggiungere un totale di 24litri. Gli indiani raccontarono a Calvin cheimpiegavano l’olio come ammorbidenteper la pelle. Tuttavia, dopo aver realizzatodelle analisi chimiche, Calvin scoprì,sbalordito, che quella linfa contenevaquasi esclusivamente idrocarburi.Sembrava incredibile, ma quell’oliopoteva essere utilizzato direttamente in

un motore diesel ed era in grado di farmuovere un camion. Dopo alcuni calcoli,Calvin arrivò alla conclusione che unapiantagione di 1,2 ettari, con 300 alberi dicopaiba (Copaifera langsdorfii), potevaprodurre 18 mila litri di gasolio all’anno.E, a differenza del petrolio estratto dalsuolo, l’albero-carburante potevarinnovarsi incessantemente, nutrito da-lla sua interazione con il sole, il suolo e lapioggia.

Dopo alcuni anni dalla scoperta diCalvin, la crisi del carburante si attenuòe i prezzi del petrolio nei mercati mondialitornarono a scendere. La ricerca sullamiracolosa natura del copaiba si fermò.Tuttavia, questa vicenda serve per porrein rilievo due fatti fondamentali relativial bosco piovoso: in primo luogo, i boschipiovosi contengono grandi potenziali,grazie alla meravigliosa varietà di specie,nella maggior parte dei casi non

sfruttate; e, in secondo luogo, i popoliindigeni del bosco piovoso possiedono unpatrimonio di sapienza in rapida via diestinzione, conoscenze che hannorichiesto migliaia d’anni per essereforgiate.

L’albero del carburante è soltantouno delle migliaia di pregiati prodotti, opotenzialmente tali, generati dai boschipiovosi di tutto il mondo, e nuove risorsevengono scoperte ogni anno. In questaregione, la più varia dei bio-ambienti delpianeta, i boschi piovosi autosostenibilidella terra trasformano giorno dopogiorno i rifiuti del suolo in milioni dianimali e di piante con i loro frutti.Questa moltitudine di prodotti si trova aportata di mano ed è la più diversa eabbondante del pianeta; alcuni di questiprodotti sono: frutti, semi, frutti di bosco,noci, erbe, forse circa ottantamila piantecommestibili, carburanti, lattice, gomma

e oli, spezie, collanti, resine,«turpentinas», vernici, lubrificanti, tin-te, aromatizzanti ed essenze di profumo,medicine, bambù, cortecce, insetticidi,cosmetici, tessuti, materie isolanti per itetti, materiali per l’imballaggio, cannad’india, fiori, saponi, tinture, prodottichimici per conciatura, pesci, animali ele loro pelli, carne, miele, piantedecorative, biada, legno, midollo, carta,iuta, e tanti altri, il cui elenco cresce nellamisura in cui aumentano le nostreconoscenze. Il valore di mercatopotenziale di questi prodotti equivaleannualmente a centinaia di migliaia dimiliardi di dollari.

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La crescente produzione bibliografica dedicata all’Amazzonia diventa attraente se si considera la suaspettacolare biodiversità, la ricchezza culturale, il potenziale socioeconomico e l’estensione: 736 mila

chilometri quadri nel caso del Perù, quasi il 60 % del territorio. L’interesse si incrementa a causa dellarecente alleanza strategica fra il Perù e il Brasile per affrontare le sfide dello sviluppo e la protezione di

questo spazio vitale per il pianeta.

n una selezione sommaria,merita d’essere posta in risalto

la monografia enciclopedica del re-ligioso agostiniano spagnoloAvencio Villarejo (1910-2000), Asíes la selva, la cui quinta edizione,corretta e ampliata, è statarecentemente pubblicata dal Cen-tro de Estudios Teológicos de laAmazonia, che ha anche curato lanotevole Monumenta Amazónica(principali fonti storiche del bacino,dal Cinquecento fino alNovecento, in via di pubblicazione).Ma se Villarejo offre una visionegenerale, l’impecabile volume sulleriserve di Bahuaja-Sonene e diMadidi, dello statunitense KimMacQuarrie, studia accuratamentequesta regione del sud, protetta dauno sforzo bilaterale condiviso dalnostro Paese e dalla Bolivia.

Uno studio recente di BeatrizHuertas1 segue la traccia dellepopolazioni native isolate e propo-ne un insieme di raccomandazioniper la loro protezione. D’altra par-te, è imprescindibile il lavoro di Fer-nando Santos Granero e di FedericaBarclay sull’economia di Loretonell’ultimo secolo e mezzo,dall’apertura dell’Amazonas alla

navigazione internazionale fino allafirma dell’Accordo di Pace conl’Ecuador. L’enumerazione potrebbecontinuare con un prezioso libro sulregno dei Chachapoyas o con unoriginale studio sui Huni Kuin2.Sarebbe anche opportuno occuparsidegli scrittori amazzonici, o dellaregione come tema letterario. Mabasterà indicare per ora chel’abbondante produzione compren-de altre manifestazioni, tra le qualirisalta La serpiente de agua3, mostrasulle culture native che si svolge aLima, nella stazione di Desampara-dos. (A.R.R.)

1. Los pueblos indígenas en aislamiento.Grupo Internacional de Trabajo sobreAsuntos Indígenas. Lima, [email protected]

2. Chachapoyas. El reino perdido. ElenaGonzales y Rafo León. AFP Integra, Lima,2002. Vedere anche Pensar el otro entre losHuni Kuin de la Amazonía Peruana. P.Deshayes y B. Keifenheim. Instituto Fran-cés de Estudios Andinos/ CentroAmazónico de Antropología y AplicaciónPráctica. Lima, 2003. www.ifeanet.org ywww. caaap.org.pe

3. Vedere www.ojoverde.perucultural.org.pe

Kim MacQuarrie. Donde los Andes en-cuentran al Amazonas: Bahuaja-Sonene yMadidi, Parques Nacionales de Perú y Boli-via. Fotografie di André Bärtschi. FrancisO. Pathey & Sons/ Jordi Blassi, Barcelona,2001. 336 pp. Traduzione di A. Magnet

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erso la fine dell’Ottocento,Venancio Amaringo Campa,

un potente leader ashaninka,presiedeva un grande villaggioindigeno conosciuto con l’esoticonome di Washington, situato sulla focedel fiume Unini, affluente dell’altoUcayali. Nel 1893, Venancio avevaaccompagnato Carlos FermínFitzcarrald, il barone del caucciù checontrollava l’estrazione di gommelungo il fiume Manu, alla ricerca escoperta dello scalo del Mishagua.Quando il padre Gabriel Sala loconobbe, nel 1897, lui lavorava anco-ra per Fitzcarrald. Sala racconta comeVenancio, alla testa di un’espedizioneformata da quattro grandi canoe e alcomando di 25 uomini armati dicarabine, intercettò il suo gruppo percatturare un piccolo commerciantecinese che viaggiava con lui ed eradebitore di Fitzcarrald. Secondo Sala,Venancio parlava ashaninka,quechua e spagnolo, indossava uncappello, un fazzoletto al collo eportava un ombrello nero, simboli dellasua privilegiata posizione rispetto almondo dei bianchi.

Nel 1900, durante un viaggiolungo il corso del fiume Ucayali, ilcolonello Pedro Portillo, prefetto diAyachucho, incontrò Venancio e la suacomitiva, che solcavano il fiume. Por-tillo riferisce che il capo indigenoportava la sua gente al fiume Cújar, unaffluente del Purús, per raccoglieregomma destinata a Delfín Fitzcarrald,fratello di Carlos Fermín, il quale eradeceduto a quell’epoca. Questa voltala comitiva di Venancio era compostadalle sue quattro mogli, i loro figli, unodei suoi fratelli e 40 lavoratori«selvaggi». Portillo riuscì a convincereVenancio di riaccompagnarlo a Was-hington, insediamento che descriveubicato in un luogo strategico chepoteva diventare una fortezzainespugnabile. Secondo la suarelazione, il villaggio aveva normal-mente una popolazione di 500 abitanti,

ma tra giugno e novembre, durante lastagione secca, Venancio ne trasferivala maggior parte nel bacino dei fiumiSepahua, Cújar e Purús, con la finalitàdi raccogliere gomma per i diversipadroni locali. Durante questi mesi,rimanevano a Washington soltanto 50 o60 uomini dediti alla custodia e alla difesadell’insediamento, presumibilmente,dagli attacchi di altri capi indigeni, dellostesso gruppo etnico o di altri. QuandoPortillo chiese a Venancio di fornirgli 50dei suoi uomini perché loaccompagnassero lungo il fiume, questirispose che non poteva privarsi di loroper l’impegno di raccogliere gomma peril fratello di Fitzcarrald.

Nel 1901, durante la visita a unpiccolo affluente del fiume Purús,l’esploratore Víctor Almirón imbattè percaso in «Venancio Amaringo Campa,‘curaca’ del fiume Unini, e in uncentinaio di famiglie di quella tribù, chesi occupano dell’estrazione delcaucciù». Venancio lavorava allora perCarlos Scharff, un vecchio capotecnicodi Carlos Fermín Fitzcarrald. Scharff

era diventato un importante estrattoree commerciante di gomme, checontrollava dodici posti sul fiume Purúse un totale di 2.000 lavoratori«civilizzati» e indigeni.

Un anno più tardi, La Combe,incaricato dal governo di esplorare ilfiume Ucayali, fece un breve scalo aWashington nel suo viaggio risalendola corrente del fiume. In quel tempo,Venancio era considerato un contattotanto importante nella zona, che LaCombe portava con sé una lettera dipresentazione scritta dal colonello Por-tillo, il quale era stato nominato pocoprima prefetto di Loreto. D’altra parte,lui si faceva chiamare VenancioAtahualpa, facendo forse riferimentoa Juan Santos Atahualpa, il famosoleader messianico andino che, verso lametà del Settecento, aveva espulso glispagnoli dalla regione con l’appoggiodegli Ashaninka e di altri gruppiindigeni locali.

A Washington, La Combe fuinformato che Venancio se n’era andatoverso il fiume Sepahua. Una settimana

più tardi, l’esploratore lo trovò mentreconduceva lungo il fiume unconvoglio di canoe cariche di donnee di ragazzi indigeni che, sospettavaLa Combe, erano stati catturati daVenancio nella zona del Sepahua.Qualche tempo dopo ebbe notizia,tramite due degli schiavi delmedesimo, che lui, insieme ad altriestrattori di gomma, avevano difusotra le popolazioni indigeni locali lanotizia che le autorità peruvianestavano per arrivare in una nave diguerra per rapire le loro donne. LaCombe suggerisce che l’intenzione diVenancio fosse quella di intimorire gliindigeni schiavizzati perché non sirivolgessero alle autorità per ottenerela loro libertà.

Secondo il padre Alemani, versoil 1904, Washington, il centro dioperazioni di Venancio, era statoabbandonato. Domandando per il suorecapito, Alemani verificò che questi,con oltre un centinaio di uomini, eraandato ad estrarre gomma al fiumeManu o al Madre de Dios. Da ciò sideduce che in quel tempo Venancioera diventato un estrattoreindipendente. Infatti, Gow assicurache egli incarnava uno di quei casieccezionali in cui un capo indigenoera divenuto padrone del caucciù. Inogni caso, sembra che l’indipendenzadi Venancio non durò a lungo. Nel1910 Maúrtua informava che la manod’opera contrattata dai padroni delcaucciù del fiume Purús era compostada indigeni locali e da quelle «tribùche obbediscono attualmente alvecchio Venancio, cacicco deicampas del Sepahua e del Mishahua».Questa è l’ultima informazione sulrecapito di Venancio.

IL CAPO ASHANINKA VENANCIOAMARINGO CAMPA

Fernando SantoS Granero e FedericaBarclay. La Frontera Domesticada. Histo-ria económica y social de Loreto, 1850-2000,Pontificia Universidad Católica, Lima,2002; 546 pp.

bella la figura dell’indigenoin una scena di caccia:

bella e ammirevole. Si insinua senzafar rumore, così delicatamente chedà l’impressione di non calpestareil suolo; non spezza i rami secchi epare che perfino il fogliame cadutonon senta il suo peso. L’occhioscrutatore, l’udito all’erta, un po’corvo, l’indiano va in fretta, quasicorrendo, ma non perde alcundettaglio. Non scappa al suo sguardoun insignificante ramo che simuove, né all’udito il delicatoscricchiolare della sterpaglia;localizza immediatamente qualsiasirumore o canto; il suo olfatto

sensibile percepisce diversamentele folate di odore che cospargonobelve e fiori, liane e giunchi. Conolimpico disprezzo per la vita nonteme di addentrarsi in luoghisconosciuti o inaccessibili; non sisottrae all’attacco delle belve,neanche se queste sono caimani,tigri o serpenti boa. Ha soltantobisogno di un istante per prenderela mira e il tiro non fallisce; non sivanta e, al massimo, un vigoroso«chupó» commenta l’odissea.Conosce la traccia di tutti glianimali e li perseguita fino atrovarli; sa dove si trovano le saline;imita il canto del «paujil», del

papagallo, del «piurí», della colombae della tacchina, e li attrae fino acatturarli. La vivacità della scimmiae la sfiducia dell’anatra, la forza deldaino e la ferocia della tigre sonosuperate dall’astuzia e la serenitàdell’uomo della foresta.

Per avvellenare la punta deidardi della «pucuna» e delle frecce edei pungoli, l’aborigino le immergeper alcuni centimetri nel curaro,nella cui produzione i «ticunas»furono alchimisti consumati. Ilcuraro è un veleno più attivo diquello delle vipere e ha la raraproprietà di essere innocuo quandolo si ingerisce, mentre per via

endovenosa causa la morte in pochiminuti, anche agli animali piùgrandi. La base del curaro è loStrychnos castelnaei al quale siaggiungono altre piante (...), e comese niente fosse vi aggiungono testedi vipere, rospi, tarantole, «isulas» ealtre specie velenose. Dopoprolungate cotture, in almeno ventipentole, il curaro viene ridotto a unimpasto di colore scuro.

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Avencio Villarejo. Así es la Selva. CETA,Iquitos, 2002; 197 pp. www.ceta.org.pe

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i tratta dei suoi saggi Perú, proble-ma y posibilidad, La promesa de la

vida peruana e Meditaciones sobre el des-tino histórico del Perú del 1929, 1943 e1947, rispettivamente. Sono operechiave per capire l’evoluzione del suopensiero e le radici della sua immensainfluenza. La familiarità con gli archivi,i personaggi, le epoche e le situazioni,presero la forma di una severa e ripetutaammonizione al paese inadempiente.Saggi questi, sui quali lo storico lavoròa più riprese, corresse e ripubblicò finoalla vecchiaia, prova di quanto furonoper lui importanti e nei quali enunciòalcune delle sue più riuscite formule: la«promessa», la distinzione tra «il paeselegale e il paese profondo». Meditazionidi Basadre, a volte sventure, riflessioni,ricordi, nuovo senso d’intelligibilità perla vita peruviana, non soltanto per quelloche era accaduto ma per ciò che lo stessopaese sarebbe potuto riuscire a essere nelcaso di vincere l’inerzia dei suoi costantidifetti. Un discorso da moralista, oggi didolorosa attualità, che apre per JorgeBasadre, all’inizio del secolo XXI, lalettura dei cittadini e un insolito posto dimaestro di condotta repubblicana, perlui che in vita aveva preferito, al di là dialcune cariche transitorie, evitare lanotorietà del potere politico.

LA VITAIl 12 febbraio del 1903 nasce nella

città di Tacna, che si trova sottol’occupazione cilena. La casa familiare,«la patria invisibile», il Perù comericordo e come possibilità, segnaronosenza alcun dubbio la sua precocevocazione per la storia, come lui stessoevoca. Basadre fu sempre un uomo diTacna e un patriota, senza detrimentoper un vago sentimento socialistaadottato negli anni giovanili. La suainfanzia è segnata anche dalla figuradel padre, che perderà precocemente;durante la guerra, aveva fatto il soldatoa San Juan e a Miraflores, e aveva decisodi non lasciare la città natia.All’esperienza «tacneña» si sommano,nella sua formazione, il Collegio Ale-mán, il Guadalupe e, successivamente,San Marcos, università della quale fu ilpiù giovane cattedratico. Uno studioso,anche se proveniente dal movimentoriformista. La reputazione della quale

gode oggi, la vastità della sua opera, ilfatto che dal 1958 alla morte sirinchiudesse, per propria decisione, perredigere la sua monumentale storia,possono portarci a un giudizio sbagliatosulla sua esistenza. Basadre conobbe levicende e gli alti e bassi propri dellacondizione dell’intellettuale peruviano.Fu imprigionato nel 1927, durante ilgoverno di Leguía, e passò alcuni mesinell’isola San Lorenzo. Tra il 1931 e il1934, ebbe un periodo di pellegrinaggioall’estero, per la Germania e la Spagna,conobbe Berlino al tempo dell’ascensionedei nazisti e assistette in una pubblicacerimonia ai discorsi di Goebbels e di

Hitler. In Germania, grazie al dominiodella lingua tedesca che conoscevadall’infanzia (per uno dei nonni da par-te materna), potè seguire dei corsi pressol’università di Berlino che lo portaronopiù tardi ad adottare la tecnica e iconcetti di un modo di fare la storia pococonsueto nell’ambito iberico. Si recòanche negli Stati Uniti (ci andò undicivolte nel corso della sua vita). A Lima,fu successivamente cattedratico e biblio-tecario; si occupò a più riprese della Bi-blioteca Nazionale, scrisse molte opere econfessò, anni più tardi, che nella suaformazione personale doveva di più aquegli archivi che all’Università di SanMarcos dell’epoca. Fu Ministro dellaPubblica Istruzione nel 1945, per duemesi, e dal 1956, per due anni; in

entrambi i casi, con governi democratici.Non si sentì attirato dalla politica dipartiti né dalla funzione diplomatica.Volle vivere in Perù, anche se, alla finedella vita, si dispiacque di non avergoduto di più tempo e rendite, odell’appoggio di qualche istituto univer-sitario, per potersi dedicare alle sueindagini, cosa che avrebbe potuto farese si fosse esiliato in un’università ameri-cana. Non sapremo mai se il suo concettodel Perù profondo avrebbe potutoottenerlo nella lontananza.

IL RINNOVAMENTO DEL SAPERESTORICO

La provincia, il fervore della RiformaUniversitaria, il clima degli anni venti,gioccheranno un ruolo decisivo sullasua evoluzione metodologica. Nel 1929,quando era il cattedratico più giovane,le autorità lo incaricano del discorso diinaugurazione dell’anno accademico,che lui intitolerà La multitud, la ciudady el campo en la historia del Perú. Basadrecolloca il lavoro storico appieno nellamodernità. Introduce altri attori socialicome le masse, le moltitudini, il popolo.La storia non tornerà ad essere la stessa.Ma non è una rottura brutale. NellaIniciación de la República raccoglie an-cora il punto di vista monarchico e sioccupa dei caudillos militari, ma nellostare attento ai fattori ideologici e socialifa scivolare la storia verso aspetti che

erano ignorati dalla storia classica. Sonoquesti altri aspetti, genetici o di fondo,la nobiltà e gli emigrati, il clero, le classimedie, le classi popolari, gl’indigeni, ineri. Irrompe il tema dell’esistenza delPerù come stato e della nazione comeprocesso storico, la circostanza e lapermanenza, gl’individui e i granditropismi sociali. Si è voluto vedere inquesta combinazione di sociologia,economia e storia un’influenza dellascuola francese di Annales. In realtà ledate non coincidono; Basadre inizia lasua costruzione di un’altra forma disapere storico un po’ primadell’aparizione dell’opera di FérnandBraudel. In ogni caso, si tratta di unacoincidenza ammirevole, tenendoconto dello scarso o quasi inesistenteambito istituzionale per la ricerca delperuviano.

LA PROMESSA DEL PERÙDai suoi primi libri usa un linguaggio

rigoroso, in grande misura strappato allapiù pura teoria del diritto e della filosofiapolitica. I suoi saggi sono pienid’interrogativi. Non discute l’accadutoma il senso della storia peruviana. Perchéè stata fondata la Repubblica, sidomanda nel 1947. La risposta èsommaria: per compiere la promessache è stata simbolizzata in essa. O losviluppo materiale, come si pensònell’Ottocento, o lo stato efficiente o ilpaese progressista, aggiunge. Cosa stadicendo Basadre? Che la Repubblica èun ordinamento politico, che è unprogetto, qualcosa da raggiungere. Lapatria comune non viene né dal man-dato naturale né dalla razza. Il suolo o imorti possono ispirarci ma non sono unprogramma. Un po’ prima, nella Spagnasconvolta, Ortega y Gasset avevastabilito una simile separazionesostanziale. La famiglia era il grupponaturale, ma lo stato e la nazione no. «Igruppi che integrano uno stato –affermòil filosofo spagnolo— vivono insieme peruno scopo, sono una comunità dipropositi, di aneliti». E aggiunse «nonconvivono per stare insieme, ma per fareinsieme qualcosa». Lo stesso avevadetto il vescovo inglese Hobbes, nel1651. Il Leviatano, la metafora delloStato, è un’entità artificiale, cioèvolontaria, e spunta quando gli

Jorge Basadre è il più notevole storico del Perú repubblicano e, allo stesso tempo, il filosofo dei nostridifetti collettivi. Sebbene la sua opera storica, che a ragione gli ha assegnato un rango indiscutibile, s’inizia

nel 1939, con un solo volume, per arrivare, nel 1968, alla sesta edizione e ai sedici volumi, ci fu un’altraproduzione intellettuale simultanea all’opera accademica.

JORGE BASADRE

FILOSOFIA DI UNO STORICOHugo Neira

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individui vogliono uscire dalla «guerradi tutti contro tutti», che è lo statonaturale. Basadre vede nelle guerreintestine dell’Ottocento e nel disordinecolettivo del Novecento l’equivalentedella Spagna invertebrata, checondusse alla guerra civile spagnola, eil disordine delle guerre di religione delSeicento, in Europa. La sua promessadi Repubblica può essere costruita o nodai peruviani. È l’ordine del possibile,non è una fatalità. Basadre fuprecocemente deluso da ognideterminismo storico e perfino nei suoigiorni da anziano si divertì a proporcidiversi scenari possibili su quelle chesarebbero potuto essere una o più uscitealla nostra Emancipación. Gioco diprospettive, che invitava a riflettere e acomprendere l’imprevedibilità e lacomplessità delle alternative nella storia,gioco che, ovviamente, passò inosservato.Fu sempre avanti di varie generazionirispetto ai suoi colleghi peruviani e ancheal mondo iberico, nutrito fino all’ultimorespiro dalle sue intuizioni e dallacostante assimilazione di novitàmetodologiche. Anche nella vecchiaiafu il più giovane dei nostri storici.

LE PAROLE SINCERENella sua storia monumentale e nei

suoi saggi sorprende anche il linguaggiodi rara sincerità. Nella celebre lezioneinaugurale del 1929, parlò molto prestodel coefficiente d’ilegalità peruviano,davanti al tiranno presidente Leguía, ilche gli valse un secco saluto. Pochihanno fustigato con tanta chiarezza leclassi educate, le élites, indicando la

loro pigrizia per lavorare e investire, «ilcapitalismo arrivò da fuori». Noncredette neanche alla versione idilliacadel passato incaico, «l’immagine degliIncas comunisti ci ha fatto dimenticare,disse, che erano gerarchici, chemantennero rigorosamente la diferenzafra nobili e plebei in materia di tributi,accesso agli alimenti e alle donne. Laconoscenza della patria dovrebbe essereaccompagnata dalla sincerità e la pri-ma cosa è riconoscere quel che ancoras’ignora». La storia culturale del Perùnon è scritta. Aveva viaggiato per ilmondo, conosceva la storia europea emondiale, gli orrori ai quali portòl’eccesso nazionalista ma, ciò che làforse è in di più, pensò, «qui è urgen-te». Non mi soffermerò su quelle chesembrano le sue contradizioni: sociali-sta, internazionalista, nazionale,«tacneño», patriota. Forse tutto ciò gliservì per capire la ritrosa realtà del Perù.

Essendo uno storico dell’Ottocentoe del Novecento, non smise di pensareal Perù come un’entità millenaria. Inuno dei suoi testi postumi si domanda:cosa ebbero in comune, nel 1824, uncontadino di Piura e uno del Cusco?«Molto poco, evidentemente, ma i loroantenati vivevano nello stesso ambitopolitico-amministrativo, non solo dalCinquecento ma da molti secoli primadegli Incas. Questo modello impalpabileinfluì, in un modo o nell’altro,sull’infanzia, l’adolescenza, la gioventù,la sua vecchiaia e dei suoi familiari». Sidomanda quanti popoli africani, europeie asiatici mancano di quella lungacontinuità storica. Nell’antico

1 Citazioni prese da Jorge Basadre,Memoria y destino del Perú, textosesenciales. Antologia di Ernesto Yépez delCastillo, Congreso del Perú. Lima, 2OO3,558 pp, opera che [email protected] anche J. Basadre. La Iniciación dela República. Universidad Nacional Mayorde San Marcos, 2 vol., Lima, 2002,www.unmsm.-edu.pe/fondo

Jorge Eduardo Eielson (Lima, 1924) èconsiderato uno dei poeti e degli artistipiù notevoli dell’America Latina. Le

riedizioni, le traduzioni e gli studi sullasua opera sono aumentati negli ultimi

anni. Queste poesie appartengono al ciclodi Notte oscura del corpo (1955). A Lima,

la Pontificia Universidad Católicapubblicò lo scorso dicembre: nu/do, ho-menaje a j.e. eielson. josé ignacio padillaeditor. puc, 2002, 520 pp. Vedere anche

www.eielson.perucultural.org.pe

CORPO PRECEDENTE

L’arcobaleno attraversa mio padre e mia madreMentre dormono. Non sono nudiNé coperti da pigiama o lenzuolo che siaSono piuttosto una nubeIn forma di donna e uomo avvinghiatiForse il primo uomo e la prima donnaSulla terra. L’arcobaleno mi sorprendeChe vedo correre lucertole fra gli interstiziDelle loro ossa e delle mie ossa che vedo crescereCotone celestre fra le loro sopraccigliaOrmai non si guardano né si abbracciano né si muovonoL’arcobaleno se li riporta viaCosì come porta via il mio pensieroLa mia gioventù e i miei occhiali

ULTIMO CORPO

Quando il momento arriva e arrivaOgni giorno il momento di sedersi umilmenteA defecare e una parte inutile di noiTorna alla terraTutto sembra più semplice e più vicinoE perfino la stessa luce della lunaE’ un anello d’oroChe attraversa la sala da pranzo e la cucinaLe stelle si riuniscono nel ventreSenza fare più male ma semplicemente brillanoGli intestini tornano nell’abisso azzurroDove giacciono i cavalliE il tamburo della nostra infanzia

(Traduzione di Martha Canfield)

JORGE EDUARDO EIELSON / POESIA SCRITTA

CUERPO ANTERIOR

El arco iris atraviesa mi padre y mi madreMientras duermen. No están desnudosNi los cubre pijama ni sábana algunaSon más bien una nubeEn forma de mujer y hombre entrelazadosQuizás el primer hombre y la primera mujerSobre la tierra. El arco iris me sorprendeViendo correr lagartijas entre los intersticiosDe sus huesos y mis huesos viendo crecerUn algodón celeste entre sus cejasYa ni se miran ni se abrazan ni se muevenEl arco iris se los lleva nuevamenteComo se lleva mi pensamientoMi juventud y mis anteojos.

ÚLTIMO CUERPO

Cuando el momento llega y llegaCada día el momento de sentarse humildementeA defecar y una parte inútil de nosotrosVuelve a la tierraTodo parece más sencillo y más cercanoY hasta la misma luz de la lunaEs un anillo de oroQue atraviesa el comedor y la cocinaLas estrellas se reúnen en el vientreY ya no duelen sino brillan simplementeLos intestinos vuelven al abismo azulEn donde yacen los caballosY el tambor de nuestra infancia

vicereame, annota, abbondavano già ledifferenze. La sua teoria sul Perù è rara-mente semplice. Nascemmo prima comeuna nuova società, «non quella i cuilimiti fissa uno Stato spagnolo che arrivain ritardo». Lo stesso nome di Perù è fruttodi un impulso anonimo, collettivo; sisarebbe dovuto chiamare Nueva Castillama non fu così. La costruzione delloStato e della Nazione è un’altra cosa.Passa per ciò che Basadre chiama «lacoscienza di sé». Per capirli fece quelloche oggi chiamiamo storia delle idee.Perché queste gettassero radici,s’interessò alla qualità di una scuolaperuviana aperta a tutti.

UN MODELLO UMANOÈ impossibile interessarsi alla cultu-

ra peruviana, alla nostra società, alloStato, al presente o all’avvenire, senzatener conto di Basadre. La sua influen-za, le sue profezie di predicatore senzavanità, sono ogni volta più stimate dallegenerazioni di questi anni difficili. Ilgrande fervore di oggi per la sua operanon è facilmente spiegabile; trannepoche e passeggere cariche pubbliche,visse discretamente senza tentarel’ambizione del potere personale. Ilparadosso di questo magisterio senzapartiti, senza banche né giornali, è unpaese che si riconosce in una postumalezione da moralista che fu, tuttavia,enunciata dal 1931. Il paradosso diBasadre è la sua attualità. Se quelloStato si fosse compiuto nella forma, leammonizioni alle quali abbiamoaccennato avrebbero perduto senso.Purtroppo non è così. Ma se sfugge

all’incredulità che raggiunge invecealtri pensatori della fine del Novecento,è perché non è stato un maestrodell’errore, né inventò un’ideologia, sal-vo che quello fosse la fede nellaconoscenza e il suo amore per il Perù,ma senza cecità. Chiese un’altra eliteresponsabile, un cittadino diverso e unperuviano libero e in sintonia conl’andamento del mondo. Il suo discorsorisulta, per ciò che riguarda le opzioniindividuali, stranamente giovanile nelclima del tempo. «Quello cheveramente importa nella vita», affermalo storico, «è essere leale con sé stesso».In questo senso, le pagine di Basadregiovane sono commoventi, si direbbe cheil paese non è cambiato. «Trovai», dice«un Perù freddo, ostile. Non c’era postoper la gioventù onesta. Le istituzionitradizionali, il Parlamento, il suffragio, ilcomune, illanguidivano». (1) Che abbiaraccomandato prima di partire «ladecenza sostanziale » come bandiera,per smettere di essere «un sistema dimiserie», è un programma quasifuturista. Ognuno sia libero diimmaginare quell’altro «logos»democratico.

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ario Urteaga (Cajamarca 1875-1957) man-tiene un indiscusso primato fra i pittori

peruviani di tema indigeno. Dal 1934, quandoLima «scoprì» tardivamente la sua opera, questanon ha smesso di essere una pietra miliareindispensabile nella ricerca dell’autenticità cheorientò per decenni l’indirizzo della nostra pittura.Il suo peculiare stile –un’inconsuetacombinazione di formule ereditatedall’accademismo europeo con delle tradizionipittoriche della regione del Nord del Perù- gliconferirebbe immediatamente dimensione ecarattere nazionali.

A differenza dei suoi colleghi indigenisti,formati alla Escuela Nacional de Bellas Artes eattivi a Lima, Urteaga era un autodidattaprovinciale e aveva svolto l’essenziale del suolavoro pittorico a Cajamarca. Questa circostanzacontribuì a forgiare l’immagine topica dell’artistacome prodotto espontaneo del proprio ambientee a proiettare un’ambivalente percezione sulla suaopera, classificata alcune volte come naif e altrecome manifestazione indipendente dell’-indigenismo. Con una mescolanza di naturalità

L’ ORIZZONTE INDIGENIS

M e di classicismo che risultava affascinante per lospettatore del suo tempo, le scene contadineaccuratamente composte dall’artista perifericosembravano incarnare finalmente le aspirazioninazionalistiche di tutta una generazione: Urteagaera riuscito a mostrare «gli indios più indios maidipinti», secondo la frase conclusiva di TeodoroNúñez Ureta. Tuttavia, la realtà della sua operae della sua vita ci si offre molto più contradittoriae complessa.

GLI ESORDIAlla fine dell’Ottocento, lontano dai centri

artistici tradizionali, Urteaga darà avvio, aCajamarca, un intenso processo di apprendistato,lavorando come disegnante di ritratti per clientilocali. Sulla base di modelli fotografici, provarappresentazioni convenzionali di alcuni vicininotabili con destrezza inusata per un esordiente.Un primo viaggio a Lima, nel 1903, confermeràla sua vocazione artistica. Mentre porta avantilavori pedagogici al Callao, Urteaga s’iniziacontemporaneamente nella fotografia e nellapittura, grazie all’amicizia con il fotografo ed

editore portoghese Manuel Moral. Questorapporto lo porterà anche al contatto con ilgiornalismo illustrato limegno, allora in auge, egrazie a questo mezzo avrà accesso a molteriproduzioni artistiche. Si esercita allora copian-do quadri di argomento religioso e scene di ge-nere. Probabilmente, la sua prima composizioneoriginale è stata El rescate de Atahualpa.

Tornando a Cajamarca, verso il 1911, Urteagaaprì uno studio fotografico e negli anni seguentialternò questo mestiere con la pittura, oltreall’insegnamento scolastico, all’agricoltura e algiornalismo. Il suo lavoro come redattore delgiornale locale «El Ferrocarril» gli permettè diinserirsi in temi politici con un discorso di fortesignificato sociale, e provò inoltre a candidarsicome parlamentare, ma l’insuccesso del 1916 losegnò decisivamente e ne rafforzò la sua crescentededizione alla pittura. La sua produzione in questocampo resterà tuttavia ristretta, per diversi anni,quasi esclusivamente ai quadri religiosi realizzatiper incarico dei devoti di Cajamarca.

La più grande retrospettiva* sull’artista di CajaEcco un riassunto della prospettiva dei suoi organizzatori, gl

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EMERGENZA INDIGENA E PRECARIETÀCREOLA

Durante un breve ma decisivo viaggio nellacapitale, nel 1918, il pittore potè conoscerel’ambiente culturale nazionalistico che precedettela fondazione della Escuela Nacional de BellasArtes, anche se dopo pochi mesi sarebbe tornatoa Cajamarca per continuare la sua carriera inmodo indipendente. Verso il 1920, Urteagadipinge i primi quadri ispirati alla vita indigenadi Cajamarca. Tre anni più tardi realizzerà La riña,precoce opera maestra che combina l’ossevazioneminuziosa della realtà con uno stimolo compositivoclassico, ereditato dall’accademismo.

Agli inizi del decennio del 1930, la tavolozzadi Urteaga tende ad abbandonare le tonalità scurea favore di una luminosità che si manifesta neicieli diafani e in una definizione delle figure cheva d’accordo con un progetto classicistico dellesue composizioni. Questa evoluzione è stataapprezzata nell’esposizione del 1934. Unasuccessione di fortunate mostre personali a Lima,fino al 1938, e il premio di pittura ottenuto nelsalone di Viña del Mar, nel 1937, conferirono alla

sua pittura un riconoscimento consacratore.

ANNI CRITICI, CONSACRAZIONE ESILENZIO

Negli anni quaranta, il pittore smette di esporrea Lima e il suo ritmo di produzione diminuisceconsiderevolmente. Questo è stato dovuto, inparte, al tramonto dell’indigenismo ufficiale, mapure a una crisi personale, peggiorata verso lametà del decennio a causa di una malattia dicateratta che gli danneggiò gravemente la vistae l’obbligò a un intervento chirurgico. Il nome diUrteaga tornò ad avere dimensione internazionalenel 1942, quando il Museo di Arte Moderna diNew York inserì nelle sue collezioni El entierro delveterano, che lo consacrò erroneamente comepittore naif.

Dopo l’intervento, Urteaga ritorna aCajamarca e riprende la pittura, incoraggiatodalla domanda costante dei collezionisti limegnicosì come da una crescente clientela. Perciòdovrà tornare sui motivi più diffusi del periodo«classico», benché con un marcato accentopittoresco e idealizzando i tipi indigeni. Queste

differenze di stile s’intravedevanonell’esposizione-omaggio che l’Instituto de ArteContemporáneo di Lima dedicò al pittore nel1955, due anni prima della morte. Una raraunanimità accomuna i commenti allora ricevutida rappresentanti delle tendenze piùantagonistiche, che coprirono Urteaga di elogicercando di assimilarlo alle loro rispettiveposizioni. Comunque, la consacrazione cosìottenuta è anche un modo di tacitare lacomplessità e le contradizioni che in modosotterraneo percorrono e rendono dinamica la suapittura. Valori, questi, che la recente esposizionee le pubblicazioni che l’accompagnano cercanodi rendere di nuovo visibili.

La retrospettiva è stata organizzata dal Museo de Arte e laFundación Telefónica, e ha permesso di apprezzare a Lima, negliscorsi mesi di giugno e luglio, due esposizioni complementari:Mario Urteaga, nuevas miradas e Urteaga, Cajamarca y su tiempo.L’informazione sul catalogo Mario Urteaga, nuevas miradas, Fun-dación Telefónica e Museo de Arte, Lima, 2003, 337 pp., sitrova in www.perucultural.org.pe

1. La riña. 1923. Olio su tela: 94 x 80.5 cm. Collezione privata,Lima.2. Los tejeros. 1944. Olio su tela attaccata a legno: 59.5 x 78.5cm. Collezione privata, Lima.3. La lechera. 1940. Olio su tela: 52 x 69 cm. Collezione privata,Lima.4. El primer corte de pelo. 1953. Olio su tela: 57.5 x 54 cm.Collezione Doris Gibson, Lima.5. Hogar. 1935. Olio su tela: 47.5 x 27 cm. Collezione privata,Lima.

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STA DI MARIO URTEAGAamarca permette nuovi approcci alla sua opera.li stimati critici Gustavo Buntinx e Luis Eduardo Wuffarden

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o dedicato gran parte dellamia vita allo studio,

esplorazione e miglioramentogenetico della patata. Avevo diversimotivi per farlo. Il primo è stato ilsentimento di orgoglio che hoprovato nel vedere la grandeimportanza che questa coltivazione,originaria delle Ande, acquisì nellastoria dell’umanità. Questo orgoglioveniva accompagnato dalla miaconvinzione che il contributo dellapatata poteva essere ancora piùgrande, con i meritati sforzi.

Soltanto 500 anni fa non c’eraniente che facesse supporre che untubero, che serviva come principalenutrimento agli abitanti delle Ande,si sarebbe convertito in uno dei cibipiù popolari del pianeta. Lacoltivazione della patata occupaoggi il quarto luogo d’importanza nelmondo, dopo il grano, il mais e ilriso. Oltre al consumo diretto, lapatata ha applicazioni varienell’industria: s’impiega nellafabbricazione dell’amido, della car-ta, degli adesivi per l’industriatessile, nella elaborazione dialimenti a basso contenuto di grassi,per la panificazione, pasticceria,gelateria, cosmesi, farmacopea epurificazione dell’acqua.

LE ROTTE DELLA PATATAQuesto tubero è diventato una

fonte cruciale di energia pernumerose società nel corso deltempo. Allo stesso modo, la suamancanza ha provocato grandidisastri socioeconomici indeterminati momenti della storia,come successe in Irlanda tra il 1845e il 1848.

Non si sa esattamente la datadell’introduzione della patata in Eu-ropa, sebbene si presume chedovette realizzarsi verso la secondametà del Cinquecento. Non siconosce neanche la località da cuiproveniva né il nome di chi latrasportò. In ogni caso, l’evidenzadei fatti permette di indicare che laprima via d’ingresso fu la Spagna.

Altri elementi indicano che lapatata fu introdotta in Francia ver-so il 1600, grazie a Bahuin. Dopo,nel 1613, gli inglesi la portarono

LA PATATA, TESORODELLE ANDE

In un pregevole libro dedicato alla patata*, il ricercatore peruviano Carlos Ochoa offre la testimonianzaqui condensata sul suo lavoro di tassonomista, che gli è valso fama mondiale. Da parte sua, lo stimato

gastronomo e giornalista Raúl Vargas Vega affonda i denti in alcuni cibi preparati con alcune varietà deltubero.

Un dono universaleCarlos Ochoa

quella più diffusa nel mondo.La maggiore diversità genetica

della patata si osserva tra laCordigliera Bianca delle Andecentrali del Perù e le vicinanze dellago Titicaca, al Nordest di Bolivia,cioè tra i 9 e i 17 gradi di latitudinesud. Questa è l’unica zona andinain cui si apprezza la totalità dellespecie coltivate. Il fatto piùprobabile è che lì sia nata e sia statacoltivata la patata 7000 anni a.C.Sono nove le specie di patatacoltivate e riconosciute e si trovanoprincipalmente nelle alte montagnee gli altipiani andini, fra i 3.000 e i4.000 metri di altitudine. Non è

strano trovarne quattro o cinquetipi che crescono insieme in piccoleporzioni di terreno, seminate dacontadini indigeni.

Tuttavia, la diversità biologicanon è limitata alle specie coltivate.Esiste un gruppo complesso dispecie silvestri non commestibili(pressappoco 200), che si trovanoin stato naturale dal Sud degli StatiUniti alle regioni australi del Cile.La sua ampia gamma di diversitàgenetica offre la possibilità discoprire in esse fonti di resistenzaai numerosi fattori climatici opatogeni che attaccano lacoltivazione. Questi geni possonoessere utilizzati per la creazione dinuove varietà.

Le patate silvestri crescono indiversi suoli e climi, sia nei luoghisecchi e desertici della costaperuviana, quasi a livello del mare,sia nelle valli interandine compresetra i 2.500 e i 3.400 metri dialtitudine. Le zone del Sud del Perù,come la Valle Sacra del Cusco e moltealtre sono particolarmente ricche inspecie silvestri. Queste scarseggiano,invece, in luoghi di clima freddocome gli altipiani («punas»). A con-trasto con questo, nelle regioni umidee calde del tropico, con la vegetazioneabbondante e una temperatura cheoscilla tra i 20 e i 25 gradi, si trovanoalcune patate silvestri che possonorisultare molto pregiate per lascienza, come la Solanum urubambaeche abita nelle regioni tropicali dellagola del Urubamba, pure in Cusco, ola Solanum yungasense che cresce nellevicinanze di San Juan del Oro, valledi Tambopata, in Puno.

AL SERVIZIO DEI PIÙBISOGNOSI

Uno dei miei primi posti dilavoro, all’inizio della mia carrieraprofessionale come agronomo, fu alcentro Genetico di Cereali, un cen-tro di ricerca del governo a Con-cepción, nella valle del Mantaro(Perù), dedicato alla genetica e allasperimentazione di diverse varietàdi grano. Fu in quel lavoro checominciai a toccare la realtà e midissi: vogliamo introdurre unacoltura estranea mentre qui neabbiamo una che è cresciuta ed èstata utilizzata nel Perù daperlomeno 8.000 o 10.000 anni.

Le patate che uno ha ottenuto

IL CENTRO INTERNAZIONALEDELLA PATATA

Questo centro di ricerca scientifica senza scopo di lucro è stato fondato aLima, nel 1971, per dedicarsi alla completa realizzazione del potenziale dellapatata e di altri radici e tuberi. Suo fine è ridurre la povertà, incrementare ladifesa ambientale e aiutare a garantire la sicurezza alimentare nelle zone piùpovere. Il CIP possiede la banca genetica più grande del mondo, con più di5.000 differenti tipi di patate, coltivate e silvestri, oltre a varietà di patatedolci e di altre colture della regione andina, alla quale dedica particolareimpegno. Ha creato delle reti di ricerca sul piano internazionale; offre servizidi specializzazione e d’informazione a ricercatori, pianificatori di politiche eproduttori, e ha dei gruppi interdisciplinari che realizzano progetti di ricerca inoltre trenta paesi. Il CIP è uno dei sedici centri Future Harvest (Coltura delFuturo) che ricevono fondi dal Grupo Consultivo para la Investigación Agrí-cola Internacional, confederazione mondiale di governi, fondazioni private eorganizzazioni regionali e internazionali. Vedere anche www.cipotato.org

nelle isole Bermuda. Da lì futrasportata in Virginia (Stati Uniti)nel 1621. In Irlanda arrivò verso il1625. A metà del Settecento passeràdalla Scozia in Norvegia, Svezia eDanimarca e, infine, al terminedell’Ottocento e gl’inizi delNovecento, si espanderà per quasitutta l’Europa dell’Est.

SORPRENDENTE DIVERSITÀNelle Ande esiste una grande

diversità di specie di patata. Si con-sidera che, tra quelle coltivate, laSolanum stenotomum sia la più anticae, perciò, l’origine di tutte le altre.Tuttavia, la Solanum tuberosum è

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LA REGINA E SIGNORA DELLA TAVOLA PERUVIANARaúl Vargas Vega

attraverso il miglioramentogenetico sono come figli: uno daloro un nome ed essi ricambiano conuna grande soddisfazione. A unadelle mie figlie, la TomasaCondemayta, diedi il nome di coleiche era stata luogotenente di TupacAmaru durante le prime gestadell’indipendenza e comandò unaparte del suo esercito. La sua tragicafine –fu bruciata viva- accadde nelpodere che fino a poco tempo faapparteneva alla mia famiglia; èproprio lì che ho sperimentatodiverse varietà. La chiamai così insuo onore e anche per una baliamolto amata che ebbi da bambino –e che si chiamava proprio Tomasa-.

Ma il mio primo figlio si chiamò«Rinascimento». L’inizio delmiglioramento moderno della pa-

on si può menzionare nessunpiatto nel Perù che non abbia a

che vedere, per dritto o per rovescio,con la patata. Ed è perché questoprodotto e le sue molteplici varietà hasubito ugualmente trasmutazioni chel’uomo andino ha messo in pratica pergarantirsi la conservazione della pata-ta, perfino nelle condizioni piùestreme. Si è d’accordo che la patatapuò essere consumata fresca, perchédura molto di più di altri verdure elegumi, tanto arrosto, lessata, fredda ocalda, quanto in purè o fritta;dipenderà dalle varietà il fatto chepossa essere mangiata sola(unicamente guarnita con formaggioo burro, panna o l’immancabilepeperoncino macinato) o come ottimocontorno che esalterà il sapore di carni,pesci, salumi, frutti di mare e tutto ciòche Dio voglia per accompagnarequesta grande signora delle Ande.

La patata gialla può essereconsiderata come una delle piùcoccolate e quotate sulle tavoleperuviane. Tanto per il colore, quantoper la delicatezza della sua pasta e ilparticolare sapore, la patata gialladiventa la grande stella dei piatticlassici. Pensi, lettore, all’emblematica«causa», alla quale vengono atribuiteorigini indipendiste, ma che, in ognicaso, è simbolo del meticciato edell’orpello della nostra cucina. Lessacon particolare cura, senza sbucciarlae salata per evitare che la delicata pel-le si spacchi, la patata gialla sarà unpurè abbastanza secco, unto con l’olio,con un po’ di maionese, mescolato conpeperoncino giallo macinato («mira-sol») e limone spremuto, la cui massaporterà a strati o capitoli un ripienoaperto all’immaginazione eall’abbondanza. In origine si usava unripieno di tonno in conseva esminuzzato, mescolato con cipollarossa finemente tritata, ma dopo ilbarrocchismo e l’affanno ostentatorefarciscono la patata gialla ben dispostacon massa di granchio, gamberi,avocado, mescolati sempre con dellamaionese. A questa «causa» si dà for-ma rotonda, quadrata e d’involtino deltipo «pionono» e la si corona con olivenere, uova sode tagliate a fette e,infine, con un’ardente salsa di gamberiche, saggiamente, si è nutrita di corallo.

La patata bianca sarà la baseessenziale dei «chupes» (minestre),degli stufati di carni, che sarebberomiseri e perfino tristi se non avesserola sua patata generosa e ricca di fecola;ma bisogna menzionare con orgoglio

la patata ripiena, opera delle manidiligenti delle casalinghe e cherisplenderà nei pranzi o nelle cenefamiliari almeno una volta allasettimana.

Quale contubernio, coalizione,concordato si stabilisce tra la patatafritta, a pezzi lunghi e sottili, e lalombata, alla quale si dovrà aggiungerela gioia del pomodoro spezzato, lacipolla rossa a splendide fette, un po’di aglio, peperoncino «mirasol» infilamenti sottili e surrettizi, (eventual-mente del vino rosso o dado di car-ne)? Celebriamo il «lomo saltado», alquale si attribuisce un’origine cineseperché tutto viene tagliato a pezzi,rendendo superfluo il coltello, ma diirrenunciabile prosapia creola, e cheha tanti padri quanti cuochi ci sonodalle nostri parti o sparsi per il mondo.

Tutti i popoli e le regioni del Perùhanno le loro patate e i loro piatti conesse preparati. Ma alcune tecnichesono condivise da tutti: il «chuño», lapatata secca o «carapulcra» e il«tockosh». Il primo si fa con dellepatate amare delle altitudini e richiededi esporre le patate selezionate alle in-temperie, le notti al freddodell’altipiano (puna) e il giorno al sole,tecnica ancestrale che permise diconservare la patata per anni in quelleche sono chiamate «colcas», depositiche popolarono il vasto territorioincaico. La «carapulcra» è, invece,un’altra forma di conservazione per viadella cristalizzazione della patatatagliata e previamente cotta con labuccia ed essicata alle intemperie(ormai se ne fa una produzioneindustriale). Il «tockosh» è una formadi decomposizione della patata, cheviene messa in sacchetti, alternati condella paglia, e collocata in sacchi neiruscelli. La patata fermenta e dopomesi viene estratta e consumata indiversi cibi («mazamorras»); ha poterecurativo e un forte sapore che alcunigourmet hanno chiamato il«roquefort» delle Ande.

Non possiamo finire senzamenzionare due, tra le molte salse cheproteggono come un mantello santola patata: l’»ocopa» e la «huancaina».La prima, «arequipeña» per antono-masia e, perciò, piccante e«camaronera»; la seconda, delle zonecentrali del paese come indica il suonome, combinata con formaggio fres-co e peperoncino giallo, e ormai unitaper sempre a Lima. Leccatevi le dita eringraziate l’Altissimo per l’esistenzadella patata sovrana e generosa.

OLLUQUITO CON CHARQUI*Per 8 porzioni:- 3 chili di olluco- 200 gr. di charqui- un pizzico di «achiote»- 4 spichi di aglio- 100 gr. di peperoncino

«panca» schiacciato- un pizzico di pepe- un pizzico di cumino- mezzo mestolo di brodo- prezzemolo- olio

Lavare bene gli «ollucos» e tagliarli astrisce sottili. Friggere in una pentolacon l’olio all’aglio, «l’achiote», il «char-qui» sfilacciato (meglio se di alpaca,anche se può essere pure sostituito dacarne tritata), il pepe, il cumino e ilpeperoncino «panca»; mescolare benee aspettare che tutto cuocia.Aggiungere «l’olluco» con una piccolaquantità di brodo e coprire bene lapentola. Cuocere a fuoco lento cercan-do di amalgamare gli elementi.Aggiungere prezzemolo tritato prima diservire.

CACHUN CHUÑOPer 6 persone:Dopo averlo lasciato a bagno per tuttala notte, si fanno bollire 300 grammi di«chuño» bianco e nero intero in unapentola con l’acqua, e si lascia al fuocoper 15 minuti. Quindi si sgocciola benee si aggiungono 200 grammi diformaggio fresco o di formaggio burroso.Si inforna con ½ tazza di latte per 10minuti, a 250°C. Il «chuño» si serve unavolta addensato.

CARAPULCRA **Ingredienti (per sei persone):

- 1chilo di carne di maiale magra- ½ chilo di patata secca- 3 cucchiai di olio o di strutto- 2 cipolle rosse tritate- 1 cucchiaio di aglio macinato- ¼ di cucchiano di cumino

- 3 cucchiai di pasta dipeperoncino «panca»

- 2 rametti di cilantro fresco- 10 tarallucci di strutto

macinate- 2 chiodi di garofano- 1 piccola coppa di pisco- 1 quadratino di cioccolato

amaro grattugiato- ¼ di tazza di arachide

torrefatte e tritate- Sale e pepe

Tostare i pezzi di patata secca in unapadella a fuoco vivo per 5 minuti circa.Muovere la padella per evitare che sibrucino e non lasciar dorare troppo.Ritirare dalla padella e coprire conl’acqua calda al doppio della quatità.Lasciare a bagno per ½ ora.Tagliare la carne in piccoli pezzi.Riscaldare l’olio in una pentola grandea fuoco medio e dorare bene la carne.Toglierla dalla pentola. In questo stessograsso friggere la cipolla con gli agli, ilcumino e la pasta di peperoncino «pan-ca», fino a che si dora la cipolla. Condirecon sale e pepe. Aggiungere la carnecotta e la patata secca con la sua stessaacqua. Coprire e cuocere a fuoco lentofino a che la patata diventi molle, 40minuti all’incirca. Se la «carapulcra» sisecca, aggiungere un po’ di brodo o diacqua; continuare a mescolare ognitanto per assicurare che non si bruci.Quando sarà finalmente cotta,aggiungere il pisco, il chiodo digarofano, il cilantro tritato, il cioccolatograttugiato, i tarallucci macinati e learachide tritate. Cuocere per altri 15minuti. Lasciare riposare per ½ ora pri-ma di servire. Riscaldare e servireaccompagnata da riso bianco.

RICETTE

* In La Gran Cocina Peruana, JorgeStanbury. Lima, 1994.** In El Arte de la Cocina Peruana, TonyCuster. Lima, 2003. ¡Error! Marcador nodefinido.

La Papa: Tesoro de los Andes. De laagricultura a la cultura. Autori vari. CentroInternacional de la Papa, Lima, 2000; 210pp.

N

tata significò per me un verorinascimento scientifico e tecnico.Tanto la Rinascimento quanto laTomasa sono coltivate ancora inmolti luoghi del Perù. Ma oltre alvalore individuale, incarnano perme una convinzione che hamotivato tutto il lavoro che horealizzato su questa coltura: la pa-tata è una delle armi più importantiche possiede l’umanità per lottarecontro la fame. Il mio lavoro non èaltro che il desiderio di rivendicarequesto enorme potenziale per ilbene del mio popolo e del mondo.

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isogna conficcare una bel-la spilla sulla mappa cine-

matografica della regione perl’Incontro Latinoamericano diCinema di Lima, organizzato da-lla Pontificia Universidad Cató-lica. Nei dieci primi giorni diagosto ha avuto luogo la settimasignificativa edizione, conl’argentino Carlos Sorín che haottenuto il trofeo della critica per«Historias mínimas», e labrasiliana Katia Lund, co-registadi «Ciudad de Dios», vincitricedel premio del pubblico.

Si è confermato tra l’altro,come a L’Avana, Cartagena oHuelva, che sono tra i miglioriconfronti del cinema latino, chel’afflato minimalista alla modanell’Argentina e lo sforzobrasiliano di produrre narrazioniviolente senza lesinare effettihollywoodiani, occupanol’agenda del dibattito cinefilo del2003. In genere, in questa paritàdi cinematografie ufficialmente

ric Hobswann afferma che ilNovecento è stato uno dei

secoli più corti della storia perchécominciò tardi (immediatamentedopo la Prima Guerra Mondiale) efinì presto (nel 1989, dopo il crollodel muro di Berlino). Bisognerebbeaggiungere che il Novecento è statoanche uno dei secoli più intensi edensi della storia. Infatti, lopopolarono molti personaggi ecollettività, contradittori successi,processi e strutture. Una dellerivoluzioni silenziose piùimportanti del ventesimo secolo èstato il cambiamento dellasituazione della donna, sia nel mon-do che nel Perù. Questicambiamenti sono stati disugualinel paese: lenti nella sfera intimadella casa, più dinamici nella sferaeconomica e sociale, e decisamenteveloci nell’ambito pubblico.Diverse inchieste ritengno che lamaggior parte dei peruviani credonoche le donne siano tanto capaciquanto gli uomini di esercitarefunzioni pubbliche. Questaconvinzione è fondamentale perchése tutti, o quasi tutti, credonoall’uguaglianza di genere perl’esercizio delle cariche pubbliche,si cercheranno le forme e i

meccanismi adeguati chepermettano di realizzarla.

Questi cambiamenti sono, senzadubbio, molto significativi inparagone alla situazione della donnanell’Ottocento, durante il qualesoltanto alcune personalitàfemminili, come Flora Tristán, Jua-na Manuela Gorriti, Teresa Gonzálezde Fanning, Mercedes Cabello deCarbonera, Antonia Moreno Leyva,Clorinda Matto de Turner, MaríaJesús Alvarado e altre lasciarono

una profonda traccia nella storia.Invece, nel Novecento non solo sifanno più presenti eminentiindividualità femminili, ma anchemovimenti e collettività, le cuiriflessioni, proposte e azioni hannohanno fatto irruzione nella vitaeconomica, sociale, politica eculturale del Perù.

In grande misura, questicambiamenti hanno a che vederecon delle modifiche della strutturasociale e con progressi nel processo

DALLA CASA ALLO SPAZIO PUBBLICOAppare una preziosa storia grafica della donna peruviana (1860-1930)

di modernizzazione del Paese, ma ilfattore che ha avuto, senza dubbio,un maggiore impatto su questicambiamenti è il processo educati-vo: sul piano universitario le donnehanno già superato la distanza chele separava dagli uomini, ma la taledistanza si mantiene ancora sia suglialtri piani educativi, sia nelle altredimensioni della vita sociale,soprattutto a livello dell’attivitàeconomica, nell’impiego e nellapaga.

La storia grafica che presentiamo, icui originali si trovano tra i materialispeciali della Biblioteca Nacional delPerú, mostra una galleria delle donneche si svilupparono nel limitato spaziopubblico dell’Ottocento e di altrerappresentative della transizione ver-so il Novecento. (Sinesio López)

E

Del olvido a la memoria: Mujeres peruanas1860 – 1930. Editrice: Nancy Elmore;presentazione di Sinesio López e Ana MaríaYáñez; studio introduttorio di María EmmaMannarelli. Movimiento Manuela Ramos eBiblioteca Nacional del Perú, Lima, 2003.Vedere anche www.bina-pe.gob.pe

promosse (quell’argentina confondi specifici e quella brasilianacon generosi esoneri tributari alleditte che la sostengono) è solitainterporsi qualche sorpresamessicana.

È molto più strano, e perciòpiù celebrato, che un film cileno,cubano, equatoriano ouruguaiano, come avvenuto inanteriori edizioni, raccolga unpremio o una menzione. Il cine-ma peruviano è stato premiatosoltanto in poche occasioni; ma,in genere, non c’è film nazionalela cui realizzazione,postproduzione o prima assolutanon sia in relazione con l’eventodi agosto.

Dopo sette edizioni, elcine(tale è il suo nome alternativo)ha definito il suo curioso profilo.In primo luogo, è un Festival –un certo pudore accademicocostringe la PUC a chiamarloIncontro- che non contasull’appoggio finanziario dello

Stato né della Circoscrizione.L’ufficio peruviano dell’UNESCOha riconosciuto questo singolosforzo concedendo, nel 2003, laMedaglia Fellini, normalmenteriservata per i film, al festivalstesso.

In secondo luogo, per il fattodi essere organizzato daun’università, è un avvenimentoil cui intento è di reunire la cri-tica e i professionisti dellacomunicazione per dibattere coni cineasti invitati. Per esempio,le tavole rotonde e i seminaritematici sono preferiti alleconferenze stampa. Tuttavia, incontrasto con questo zelo univer-sitario, il gruppo del direttore euomo di teatro Edgar Saba contòsoltanto, per le prime edizioni,sul premio del pubblico. Dopo,per la pressione del giornalismo,s’inserirono delle giurieprofessioniste. Ora, i premipecuniari vengono decisi dalpubblico e dai critici.

Le cifre ufficiali -32.000partecipanti, 60 film e 60 invitatistranieri- non raccolgonol’impatto culturale e commercialedi un festival come elcine.L’incasso non è superiore a quellodi una prima commercialeconvenzionale, ma se si conside-ra l’incremento di prime latineche il cartellone peruviano,molto nordamericanizzato,sperimenta dal 2000 (tra il 1992e il 1997, ci furono soltanto ottoprime latine; dal 1998 al 2002, giàcon il festival, furono lanciate 38,senza contare i film peruviani,come conferma Alicia Morales,direttrice esecutiva del Festival)e se valutiamo la popolarità chehanno ottenuto nel mercatolocale figure come FedericoLuppi, Arturo Ripstein o AdolfoAristarain, si capisce megliol’entusiasmo verso elcine (Fernan-do Vivas).

UNO SPAZIO PER LA SETTIMA ARTEVII Incontro di Cinema

Vedere anche www.cultural.pucp.edu.pe

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CHASQUI 11

ABELARDO VÁSQUEZ – IL GRAN-DE ABELARDO VÁSQUEZ(POTROLILA PRODUZIONI,LIMA, 2003)

Abelardo Vásquez è stataun’autentica leggenda della musicapopolare della costa peruviana, unodei grandi maestri della «marinera»limegna, profeta del canto di «jara-na» e del «festejo». Vásquez è stato

degno erede di un linaggio musicaleche risale alle origini stesse dellasimbiosi ritmica tra l’Africa e ilPerù. Suo padre, Porfirio Vásquez, èconsiderato da molti il creatore del«festejo», uno degli stili di canto eballo popolare più diffusi tra lapopolazione afroperuviana.Ascoltando questo disco, cheriunisce valzer, «marineras» e «fes-tejos», non è difficile concludere chela grandezza introdotta dal titolonon è iperbolica: il contributo diVásquez alla musica popolareafroperuviana è, semplicemente,incalcolabile.

IQARO – CANTOSHAMÁNICO(INDEPENDIENTE, LIMA, 2003.)NAMPAG – CANCIONESAGUARUNAS (INDEPEN-DIENTE, LIMA, 2003.)

Tito La Rosa, un musicista diampia traiettoria che si è posto inrisalto per la sua ansia di recuperaree di rivalutare gli istrumenti e i suoninativi del Perù, esplora qui i cantirituali conosciuti come «icaros»,specie di mantra che i «curanderos»intonano quando, in stato di tran-

ce, dirigono le sessioni nelle quali siconsuma una pianta allucinogenadella selva chiamata «ayahuasca». Aquesto scopo, La Rosa ha formatoun singolare complesso di musicistiprovenienti da diverse tradizioni,come il rock e il jazz, e che include,inoltre, un professore nativo. Il dis-co del gruppo «aguaruna» e«huambisa» Nampag, originario diSanta María de Nieva, ha lo spiritodelle cosiddette «field recordings»(registrazioni di campo): musicaprimitiva in stato puro, raccoltacome continua ad essere eseguitanelle profondità dell’Amazzoniaperuviana.

JOSÉ SOSAYA WEKSELMAN –EXPOSICIÓN (INDEPENDIEN-TE, LIMA, 2003.)

Sosaya, maestro del Conserva-torio Nazionale, proviene daicantieri della musica classica, ma inquesto lavoro fa un incursione inun territorio scarsamente esploratodai musicisti peruviani: la musicaconcreta e la elettroacustica,conosciuta pure con il pomposotitolo di ‘musica elettronica colta’.Con questo disco, Sosaya dimostra

che figure come Karl HeinzStockhausen e John Cage hannoanche degli eredi in Perù.

DINA PÁUCAR – ÉXITOS DEORO (PRODUCCIONES DA-NNY, LIMA, 2003.)

Ogni tanto, migranti e paesanidell’interno del Perù hannol’abitudine di consolidare unanuova super stella nel loro firma-mento musicale. Prima è stataRossy War e molti anni prima Lo-renzo «Chacalón» Palacios: figureche, in qualche modo, servivano aconcentrare e proiettare gli aneliti,le frustrazioni e le malinconie deimigratori, che oggi formano la pri-ma forza economica e sociale delpaese. A differenza di quegli artisti,che si fondevano con i suoni propridelle Ande o della selva e conelementi intrinsecamente urbani(rock, cumbia, salsa), Dina Páucar,conosciuta dalle sue centinaia dimigliaia di fans (senza esagerare)come la «Bella Dea dell’Amore», fariferimento a una forma molto piùtradizionale, il huayno, per concepirele sue canzoni cariche di nostalgia edi ebbrezza. (Raúl Cachay)

SUONI DEL PERU

COMMISSIONE CONSULTIVADI CULTURA

Lo scorso 19 agosto si è insediatala Commissione Consultiva di Cul-tura del Ministero degli Affari Esteri,destinata a valutare i Piani Annualidi Politica Culturale Estera eassistere la Cancelleria sui temi dellasua competenza. QuestaCommissione ad honorem èpresieduta da Fernando de Szyszlo,ha come vicepresidente a FernandoCabieses ed è integrata da WalterAlva, Susana Baca, Ricardo Bedoya,Antonio Cisneros, José A. de laPuente, Elvira de la Puente,Francesca Denegri, Max Hernández,Hugo Neira, Luis Peirano, BernardoRoca Rey, Alonso Ruiz Rosas, MarioVargas Llosa, Raúl Vargas e JorgeVillacorta. È anche formata dal

Direttore Nazionale dell’InstitutoNacional de Cultura, LuisGuillermo Lumbreras; il Presiden-te del Consejo Nacional de Cienciay Tecnología, BenjamínMarticorena; e José AntonioOlaechea, in rappresentazione degliorganizzatori del Patronato Empre-sarial de Promoción de la Culturadel Perú en el Exterior.

ACCORDO RREE—CONCYTEC

Lo scorso 9 settembre, ilMinistero degli Affari Esteri e ilConsejo Nacional de Ciencia y Tec-nología sottoscrissero un importan-te accordo di cooperazione, grazieal quale la Cancelleria e la AgenciaPeruana de Cooperación Interna-cional identificheranno le fonti

internazionali che possonocontribuire allo sviluppo delleconoscenze scientifiche etecnologiche nel nostro Paese e aldisegno e alla realizzazione dellepolitiche e dei piani nazionalirispettivi, oltre a proiettare leprincipali espressioni nazionali inquesta materia nell’insieme del Plande Política Cultural del Perú en elExterior. Da parte sua, ilCONCYTEC manterrà informatoil Ministero degli Affari Esteri sullapolitica nazionale di promozionedella scienza e della tecnologia, esugli organi pubblici e le universitàche svolgono programmi di ricercain queste aree, includendo leagevolazioni che possano offrire perstimolare lo scambio scientifico e ilritorno eventuale di talenti.

AGENDA CHASQUIEl correo del PerúBoletín cultural

MINISTERIO DE RELACIONESEXTERIORES

Subsecretaría de Política Cultural ExteriorJr. Ucayali 363 - Lima , Perú.

Teléfono: (511) 311-2400 Fax: (511) 3112406E-mail: [email protected]

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Los artículos son responsabilidadde sus autores. Este boletín es distribuido

gratuitamente por las Misiones del Perú en elexterior.

Traducción:Ana María Gazzolo

DIRECTORIO EMPRESARIAL

PROMPERUComisión de Promoción del Perú

Calle Oeste No. 50 – Lima 27Teléfono: (511) 2243279

Fax: (511) 224-7134E-mail: [email protected] Web:

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PROINVERSIÓNAgencia de Promoción de la Inversión

Paseo de la República No. 3361piso 9 – Lima 27

Teléfono: (511) 612-1200Fax: (511) 221-2941

Web: www.proinversion.gob.pe

ADEXAsociación de Exportadores

Av. Javier Prado Este No. 2875 – Lima 27, Teléfono: (511) 346-2530

Fax : (511) 346-1879E-mail: [email protected]

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CANATURCámara Nacional de Industria y Turismo

Jr. Alcanfores No. 1245 – Lima, 18Teléfono: (511) 445-251

Fax: (511) 445-1052E-mail: [email protected]

50 AÑOS PRODUCIENDO COBRE PARA EL MUNDO Y PRESERVANDO EL LEGADO HISTÓRICO DEL

PERÚ AL AUSPICIAR EL MUSEO CONTISUYO-MOQUEGUA.

PETRÓLEOS DEL PERÚ AL SERVICIO DE LA CULTURA

G. P

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CHASQUI 12

anno 1987 il nostro piccolo gruppodi archeologi peruviani, dopo un

drammatico intervento, è riuscito asalvare dal saccheggio e dalladestruzione la prima tomba intatta diun alto dignitario dell’antico Perù. Lascoperta di quella che è stata definita«Tumba del Señor de Sipán» hasuscitato immediatamente l’interessedel giornalismo mondiale che, per unanno, ha seguito da vicino le ricerchearcheologiche, stimate come uno deigrandi avvenimenti del Novecento, el’ha paragonata alla tomba diTutankamon, alla tomba del Re Mayadi Pacal o alla scoperta di MachuPicchu.

La responsabilità immediata per ilnostro gruppo fu la conservazione e ilrestauro degli oggetti a rischio didestruzione, assunta grazie allacollaborazione del governo tedesco, chepermise di realizzare il primo laborato-rio di conservazione di metalli diSudamerica. L’importanza della scopertae dell’aspettativa create dinanzi al Perùe alla comunità internazionale, ciobbligarono a progettare, a medio ter-mine, un museo. Il nostro piccolo gruppoconcentrò così gli sforzi per sviluppareun’accurata strategia che, vincendoinnumerevoli ostacoli e difficoltà, riuscìa captare fondi da esposizioniinternazionali, dall’appoggio del Fon-do Contravalor Perú-Suiza e, infine, dalgoverno peruviano, per realizzarel’attuale Museo «Tumbas Reales»,innaugurato l’8 novembre dell’annoscorso. In questa crociata abbiamocontato sull’appoggio generoso di CelsoPrado, che ha eseguito il disegnoarchitettonico dell’edificio.

Sipán ha permesso di attirare gliocchi del mondo sul mistero e losplendore delle antiche culture delPerù. I Mochicas hanno così occupatoun posto di prim’ordine all’interno delleculture classiche dell’America insiemeai Mayas, agli Aztecas e agli Incas.D’altra parte, la ricerca archeologicaperuviana è stata riattivata con le nostreindagini, al punto che ormai si puòparlare di una «mochicologia».

IL MUSEOColui che visita il «Museo Tumbas

Reales de Sipán» troverà la presenzacategorica di un edificio ispirato agliantichi santuari piramidali «mochicas».Salendo per una lunga rampa, che im-

pone un transito ceremoniale, entrerànel mondo dei «mochicas» precedutoda una sorprendente proiezioneanimata che ricostruisce la sfilata del«Señor de Sipán» e il suo corteo,risalente a 1.700 anni fa. Al secondopiano, potrà conoscere gli aspetti piùimportanti di questa cultura: il territo-rio, l’evoluzione, l’organizzazionesociale, l’agricoltura e i prodotti vegetalicoltivati, la metallurgia, i monumentipiù importanti e la presentazionegenerale del Santuario di Sipán. Unsecondo tema è il mondo spirituale dei«mochicas», i loro dei e i concetti divita dal concepimento alla morte, eanche la loro cosmovisione.

Scendendo al primo piano, dopouna didattica introduzione sugli scavi,si presenta gradualmente la scopertadella tomba del «Señor de Sipán», daidepositi di offerte e il rinvenimento delguardiano della tomba, fino allosvelamento della camera funeraria conil suo straordinario contenuto. I gioiellireali e gli emblemi di comando sonostati esposti in spazi propri conun’illuminazione sul punto, per renderela sensazione che gli ornamentifluttuino nello spazio, in unadrammatica atmosfera di ambienti inpenombra. Il centro del piano èoccupato da una riproduzione esattadella camera funeraria con la bara del

«Señor de Sipán», offerte eaccompagnatori, così come furonotrovati al momento della scoperta. Dopoc’è un ambiente per la tomba del sacer-dote e i suoi ornamenti. Scendendo alpianterreno si trova uno spazio adislivello, rispettosamente ambientatoper il riposo definitivo dei resti osseioriginali del «Señor de Sipán», cheevidenziano il carattere di Museo-mau-soleo, destinato agli uomini di governo«mochicas». Al centro della sala, ilvisitatore avrà all’altezza dei suoi occhiil contenuto della camera funeraria cheha apprezzato in precedenza dal primopiano. Un’altra sezione è destinata atombe di diverse epoche e gerarchie,come capi militari o assistenti religiosiche formavano parte dell’élite«mochica».

Lo spazio di maggior ampiezza èdestinato alla tomba del vecchio «Se-ñor de Sipán», il più antico altodignitario scoperto, i cui ornamenti edemblemi sono di una sontuosità equalità simili a quelli del primo «Se-ñor», del quale sarebbe predecessore didue generazioni. Dal suo ritrovamentoci sorprese la complessità e il simbolismodi ognuno dei gioielli e ornamenti reali,come l’impressionante collana di diecirappresentazioni di ragni in oro, o lasquisitezza dell’anello da naso d’oro eargento che rappresenterebbe la propriaimmagine in miniatura, conun’impressionante acconciatura in for-ma di gufo con le ale spiegiate. Leimmagini religiose rappresentanti il diogranchio, un felino antropomorficocoronato da serpenti, colpisconoqualsiasi visitatore tanto come unpettorale rappresentante i tentacoli diun polpo. In un luogo centraleparticolare, si conservano anche i restimortali di questo egregio uomo digoverno.

Quando il visitatore penserà di averconcluso la visita, si aprirà una porta ver-so il passato per presentare la Casa Realedel «Señor de Sipán», una vividaricostruzione nella quale manichini di35 personaggi, con ambientazione diluce, musica di strumenti nativi emovimento, lo riporteranno all’epoca displendore della corte reale «mochica».

TOMBE REALI DI SIPÁN

UN MUSEO PER IL MONDOWalter Alva

Il Museo Tombe Reali di Sipán apre le sue porte al mondo per diffondere la magia e lo splendore della cul-tura Mochica. Le sue caratteristiche architettoniche e la qualità museografica hanno raccolto elogi

importanti e il riconoscimento per essere diventato uno dei più importanti di America.

L’

Cortesia della Rivista Bienvenida / Turismo

Cultural del Perú/www.bienvenidaperu.com

L’uomo granchio, rame dorato.

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