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razie a questo, le popola-zioni della ‘sierra’ riceveva-

no in modo sollecito i prodotti delmare e, allo stesso tempo, nellevalli del litorale arrivavano ilegnami pregiati e i piumaggipolicromi dei boschi umididell’Amazzonia. Grazie a questo,gli Incas del Cusco potevanogestire il lavoro e la produzionedei territori lontani migliaia dichilometri da quella città. I‘cañaris’, nativi della ‘sierra’meridionale dell’Ecuador, e i‘chachas’ di Amazonas (nomeattuale della regione), vivevanonelle valli del Cusco e nelleconche temperate di altreprovince incaiche, senza perdere,

per questa ragione, la possibilitàdi godere dei loro beni originariné il contatto con i loro parenti.Perciò fu possibile che, in pocotempo -dopo la conquista spagnola-le varie popolazioni che svolgevanolavori comunali di servizio alTawantinsuyu, in diverse zonedell’Impero, ritornassero benpresto neii loro luoghi di originesenza ritardo. Gli spagnolipoterono quindi arrivare senzafatica da Cajamarca al Cusco inpochi giorni, grazie all’ospitalegenerosità dei servizi diapprovvigionamento e di riparoche offriva il cammino.

Tre secoli più tardi, dopo la

fondazione della Repubblica delPerù e con il ventesimo secoloinoltrato, l’installazione dei mezzimeccanici di trasporto, prodottodella grande RivoluzioneIndustriale che nell’Ottocentoinvase il mondo, indusse a unapolitica di comunicazioneterrestre basata sull’uso deiveicoli. Lentamente e tuttavia inmodo graduale, si incrementòl’abbandono dei percorsi pedonalio per bestie da soma.

L’abilitazione delle grandi arteriestradali -vie di comunicazione peril trasporto su ruote e non perquello a piedi- costituisceun’opzione molto costosa per ipaesi andini, perché richiedonodei terreni pianeggianti epreferibilmente orizzontali.Questa realtà rallentò e reseenormemente difficile lo sviluppodi una politica stradale in Perù,paese attraversato in modolongitudinale dalla cordigliera delleAnde, con tratti molto disuguali econ i suoi spazi pianeggiantigeneralmente inclinati e conripide pendici.

Quando vennero organizzatele nuove tecnologie del trasportocon un’impostazione economicabasata sull’esportazione, lestrategie di comunicazione furonodecisamente trasferite sulla costa- collegata ai porti- dove c’eranospazi suscettibili di essere adattaticome terreni orizzontali, tagliandoi deserti vicini al mare.

Questa opzione stradalescavalcò la vecchia rete diarticolazione andina, che erastata utilizzata per molti secoli eche aveva acquistato la forma diun progetto integrale di

comunicazione terrestre nelquindicesimo secolo, il quale siera configurato come il principalemezzo dell’organizzazione delTawantinsuyu, un progettopolitico d’integrazione conosciutocome Impero degli Incas cheaveva il suo centro nella città delCusco.

Questa rete aveva come assecentrale la cordigliera delleAnde. La scelta tecnologicadell’epoca portava a unasoluzione pedonale, nella qualeil cammino doveva agevolare iltransito delle persone, dei corteie delle carovane, molte volteaccompagnate da mandrie dilama da soma che conducevanoi viaggiatori per sentieri sicuri eben tracciati. Si percorreva inmodo longitudinale lacordigliera, vincendo le pendicigrazie all’uso di scalinate, eoltrepassando i valichi grazie aponti e a passaggi creati nei puntidel percorso dove i massiimponevano soluzioni comegallerie o lunghi tratti costruiti.

Il Qhapaq Ñan era il percorsoprincipale, dal quale si diramavauna serie di sentieri laterali chemettevano in comunicazionel’asse longitudinale con ognunodei borghi insediati sulle cime, ipendii e i valichi dellacordigliera. Da tutti i punti erapossibile arrivare a una rete cheera radiale o lineare, secondol’esigenza dei territori. Così, iprodotti della terra potevanotransitare da un confine all’altrodel paese, in base alla domandadelle necessità e dei progetti, masoprattutto potevano collegarecon efficienza gli abitanti vicinie lontani, permettendo un

QHAPAQ ÑAN Il cammino degli Incas

Luis Guillermo Lumbreras

G

Quando Francisco Pizarro e soci arrivarono in Perù, nel 1532, entrarono in un paeseattraversato da una complessa rete di comunicazioni, che permetteva non solo di

spostarsi da una parte all’altra del territorio attraverso percorsi ben tracciati e ben serviti,ma permetteva anche la rapida circolazione di notizie e di merci, con un notevole livello

di efficienza e di sicurezza.

MESSAGGIO

Risorge il Chasqui in Perù, ma questa volta per percorrere ilmondo. Nei tempi degli incas, il chasqui, o posta ufficiale, portavale notizie, precisamente lungo il Qhapaq Ñan, fino ai confini delTawantinsuyu. Adesso, grazie ai progressi tecnologici, vuolearrivare ai paesi amici e ai nostri connazionali all’estero perpromuovere nelle sue pagine la cultura peruviana, che ci onorae arricchisce con la sua celebrata qualità e diversità.

La pubblicazione di questo primo numero di Chasqui coinci-de con l’approvazione del Piano di Politica Culturale del Perùall’Estero, elaborato dal Ministero degli Affari Esteri. Si tratta diuno sforzo ambizioso che implica diverse istituzioni pubbliche eprivate e compromette la nostra riconoscenza. Vogliamo rendereomaggio all’illustre storico e cancelliere Raúl Porras Barrenechea- il quale ebbe la felice idea di pubblicare, quasi mezzo secolo fa,il primo Bollettino Culturale Peruviano di questa Cancelleria- efare nostre le sue parole: «Il Perù, paese del crocevia, dell’incrociodi tutti i cammini e di tutte i flussi culturali dell’Americadall’epoca preistorica, è un paese di conciliazione dei contrari edi sintesi».

Allan Wagner TizónCancelliere della Repubblica

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circuito di scambio di beni e diservizi che facevano possibileprestare mutuo soccorso nellecircostanze in cui fossenecessario.

Questo regime stradale, cheaveva dei tratti ben delimitati,con una segnaletica delle vie cheprevedeva una precisacollocazione dei confini delpercorso, era accompagnato,altresí, da una generosa politicadi riserve e di depositi alimentarie di vestiario, grazie all’installa-zione, lungo i percorsi, dimagazzini, qollqas, nelle quali sitenevano le eccedenze persoddisfare le domande nonpreviste, e al tempo stesso vierano le stazioni, tambos, dove iviandanti potevano riposarsi eriprendere le forze. Così, lungo glioltre cinquemila chilometri dellavia, i viaggiatori sapevano chepotevano transitare senza perderela strada e con la totale sicurezzadi disporre dei beni e dei servizinecessari per un lungo percorso.

Grazie al cammino era possibileche i chasquis, messaggeridell’Inca, portassero le notizie ditutto l’Impero in poco tempo,rendendo più facile l’interventodello stato in tutte le istanzeamministrative in cui questo eraimpegnato. Era anche questo ilmezzo attraverso il quale l’Incariceveva al Cusco i benefici deitributi, che arrivavano in formadi beni -come i pesci freschi delmare- o di forza di lavoroitinerante. Era inoltre il mezzograzie al quale si spostavano glieserciti dell’Inca per stabilire lecondizioni imposte dallo statonelle zone sottomesse dal Cusco.

Il cammino degli Incasprodusse una comprensibilesorpresa tra gli spagnoli che lotrovarono in pieno funzionamento.I tratti lastricati, molti dei qualiprotetti da muraglie cheaffiancavano i cortei per lunghipercorsi, così come la larghezzadel tracciato, fissato con bordichiaramente visibili nellamaggior parte dei tragitti, rendeil percorso non solo un servizio,ma anche uno spettacoloincredibile.

Uno spettacolo di armonia edi sicurezza che si unisce a quelloche offre il paesaggio naturaledelle Ande, policromo e diverso.Degli oltre settemila chilometridi lunghezza che ha lacordigliera delle Ande, almeno

cinquemila furono coperti dalQhapaq Ñan. In questicinquemila chilometri si trova lavarietà più notevole di paesaggiche ci sono sul pianeta: dai gelidiambienti delle montagneinnevate, circondate da altipianie steppe, fino ai valichi conboschi umidi o secchi -a seconda

della latitudine- e le pianure ele valli vicine, temperate o calde,e poi i deserti e i luoghi rocciosimulticolori delle montagne aride.I verdi boschi, le steppe gialle ele zone rocciose cosparse dicactus, sono quadri che il

viaggiatore può vedere in unasola giornata sul Qhapaq Ñan, perpoi andare a riposarsi nella valleo nella gola di montagna dov’èinstallato il tambo, o nella cittàdi destinazione, e contemplare lemontagne i cui apus conferisconoprotezione1.

Senz’altro, questa rete non fucreata dal giorno alla notte néper l’esclusiva volontà dell’Inca.Forse mille anni primadell’insediamento dell’Imperodegli Incas, ma di sicurocinquecento anni prima -

durante l’epoca conosciuta comeWari- era stata allestita una reteandina di percorsi, con la stessaaccuratezza del Qhapaq Ñan, chenascendo ad Ayacucho si dirigevaverso il lago Titicaca, al sud, enei pressi di Chachapoyas e Piura,al nord. Il Tawantinsuyuoltrepassò questi limiti e portò ilQhapaq Ñan fino ai Pastos, oltreIbarra e Quito, al nord; fino aipressi del fiume Guaytara -al suddella Colombia- e fino allefrontiere tra Picunches eMapuches, vicino all’attuale cittàdi Concepción, nel centro-suddel Cile; e alla terra dei Huarpes,in Argentina. Con il centro, nellacittà del Cusco, erano collegatimilioni di abitanti dalle diverseforme di vita, lingue e abitudini.Dal Cusco partiva il Qhapaq Ñanverso i quattro punti cardinali:verso il nord -Chinchaysuyu-occupato da quechuas e yungas;verso il sud -Qollasuyu- doveabitavano quechuas e arus; versoovest -Contisuyu- popolato dapukinas e aymaras; e, verso l’est-Antisuyu- occupato daichunchos. Terre fertili al nord,aride al sud, desertiche all’ovest,e selvatiche all’est.

E’ vero che le popolazionifurono e sono ancora collegate,e mantengono forti segni diunione con i componenti dellaloro diversità; ma hanno persol’asse di articolazione di unapolitica stradale operativa esensibile ai bisogni d’integrazioneche essi richiedono. Era un assedi articolazione checomprendeva circa 40.000chilometri di una rete che gliarcheologi hanno potutoverificare per oltre 23.000chilometri di percorsi. Per quantoriguarda il patrimonio archeolo-gico, questo è, senza dubbio, ilmaggior monumento che siconosca nel continente ameri-cano e che viene condiviso dacinque paesi dell’area andina.Lungo questa via vivono oggicomunità di agricoltori, pastori,minatori e pescatori; ci sonopopoli i cui prodotti artigianaliattraversano i mari grazie allarichezza delle loro forme econtenuti, mentre ve ne sono altriche le mantengono perché nonriescono a promozionarli. E’ unavia in collasso, satura di promessedi ritorno.

Questo regime stradale, che aveva dei tratti bendelimitati, con una segnaletica delle vie che prevedeva una

precisa collocazione dei confini del percorso, eraaccompagnato, altresí, da una generosa politica di riserve e di

depositi alimentari e di vestiario,

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1 Apus sono gli dei o forze naturali cheproteggono la vita e danno sicurezza.

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l più famoso dei suoi libri,Peregrinaciones de una paria,

si riferisce a un suo viaggio inPerù durante gli anni 1833 e1834. Il libro offre una visionedella vita pubblica e privata dellasocietà peruviana dell’Ottocen-to. Anche se agile, la narrazionesi ferma su varie sfumature dellamentalità e dell’indole tradizio-nale che rendono difficile ilprogresso della modernità.

I genitori di Flora, Anne-Pierre Laisnay e Mariano Tristány Moscoso, si conobbero a Bilbao.Lei scappava dalla RIvoluzioneFrancese e lui faceva partedell’esercito spagnolo. L’episodiodel loro matrimonio è avvolto nelmistero. La cosa più probabile èche l’abbiano effettivamentecontratto dinanzi a un sacerdotefrancese, anche lui esiliato, mache nei turbolenti momenti chesi vivevano qualche particolaresia stato dimenticato; possiamoimmaginare che le nozze nonsiano state registrate dinanziall’autorità competente e che,perciò, fossero prive di validitàlegale in Francia.

Quando era ancora vivoMariano Tristán, le condizioni divita di Flora furono eccellenti,ma dopo la morte del militarearequipeño, a giugno del 1807,quando la bambina non avevaancora compiuto cinque anni, lasituazione cambiò violentamen-te. Madre e figlia furono spode-state della legitima proprietà etutti i beni di don Marianoentrarono a far parte del patri-monio dei suoi parenti in Perù.In questa circostanza nasce ilsoprannome che più tardi FloraTristán diede a sé stessa. Passatopoco più di un secolo e mezzo,

colei che si autodefinì «paria» èstata accolta dall’immaginazionedei peruviani e riconosciuta comeuna compatriota illustre, amatae stimata.

Le penose circostanze obbliga-rono Flora a lavorare come operaianella bottega d’incisione del pittoree litografo André Chazal, il qualesi sentì attratto dalla giovinetta.Com’era successo in passato conaltre ragazze, Chazal avrebbevoluto farla diventare la sua aman-te, ma la volontà di ferro dellanubile lavoratrice lo costrinse, inun certo modo, a chiederla inmoglie. Le nozze si celebrarono nel1821 e con queste cominciò unaseie di sofferenze che avrebberoaccompagnato Flora per tutta lavita. Chazal la vessava continua-mente, la caricava d’improperi, lapicchiava e aveva per lei soloqualche considerazione neimomenti che precedevano lerelazioni carnali.

Dalla sua vita matrimoniale,a 22 anni, Flora Tristán trasseconclusioni radicali. Madre di trefigli, rifiutò la maternità e diffidòdel valore del sesso. In un atto diaudacia, che i suoi contempora-nei potevano appena capire,compresi quelli che avevano neisuoi confronti un atteggiamentofavorevole, abbandonò la propriacasa portandosi dietro i tre figli.Tra il 1825 e il 1830 visse allabell’e meglio, fuggendo sia daAndré Chazal sia dalla giustiziafrancese. Furono anni difficili,cupi e d’intenso dolore. Due deisuoi figli morirono negli anniseguenti e l’unica superstite,Aline Marie, più tardi madre diPaul Gauguin, passò tuttal’infanzia in campagna grazie allecure di generose balie.

Flora Tristán

ITINERARIO DELLA GENEROSITÀ.

Flora Tristán (1803-1844) appartiene al gruppo dei grandi anticonformisti, persone che eranopersuase che fosse possibile cambiare dalle radici la società per sradicare le piaghe dell’ingiustizia e della

sofferenza. Figlia di padre peruviano e di madre francese, tutta la sua vita lottò contro l’avversità e grazieai suoi scritti, di un’appassionata militanza politica, è l’immagine della prima combattente sociale che

vincolò il suo nome a quello del Perù.

Marco Martos

IL PARADISO NELL’ALTRO ANGOLOLa recente pubblicazione del romanzo di Mario Vargas Llosa Elparaíso en la otra esquina, ha portato alla memoria dei lettori lastoria reale dei due protagonisti: Flora Tristán e suo nipote PaulGauguin (Parigi, 1848 - Isole Marchesi, 1903).

E’ vero che l’immaginazione popolare collegava vagamente questidue personaggi, ma fino ad ora la finzione dei peruviani si era basatasulla storia. Menéndez Pidal diceva che gli spagnoli sentivano poeticala storia. Si può aggiungere adesso che questa sia una caratteristicadella letteratura ispanoamericana, che la distingue chiaramente daaltre letterature, come la francese o l’inglese.

Mario Vargas Llosa, come al solito, ha costruito un romanzo disostenuto respiro, nel quale la rigorosa indagine che ha realizzatoper diversi anni si riversa in una narrazione agile che presenta lecolorite biografie di questa coraggiosa combattente sociale, FloraTristán, e del suo geniale nipote, Paul Gauguin. In apparenza, aGauguin succedono avvenimenti più numerosi, dal suo abbandonodella vita vincolata alla Borsa, alla scelta della pittura come scopo divita, fino alla sua ricerca dei paradisi primitivi; ma la vita di FloraTristán, nella scrittura di Vargas Llosa, non è meno interessante: sitratta di una donna che va spogliandosi di ogni obiettivo che consi-dera subalterno, per prefiggersi un ideale più alto. Gauguin passò iprimi cinque decisivi anni a Lima, a casa dei suoi parenti EcheniqueTristán. Il mondo ricorda oggi il centenario della sua morte e il bi-centenario della nascita della sua illustre nonna.

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Non si sa bene come FloraTristán abbia cominciato aviaggiare, lei afferma che arrivòa Londra come dama di compa-gnia, possiamo immaginare che ciandò nella condizione di serva.Non importa, in quella vita durache il destino le offrì temprò ilsuo carattere, acquistò forza eavvertì che le condizioni dellosfruttamento nella società indu-striale rivestono caratteristicheparticolari di maggior severità neiconfronti delle donne.

A Parigi, in modo casuale, Flo-ra Tristán conosce ZaccariaChabrié, un capitano di nave checonosceva molto bene il Perù, ilquale la incoraggiò a prenderecontatto con i parenti di suo padredefunto, Mariano Tristán. Lo zio,don Pio, in una differita risposta,piena di salamelecchi alla nipoTeappena comparsa, lascia capire allostesso tempo, tra le righe,l’impossibilità di condividerel’eredità del proprio fratello.Nonostante ciò, Flora s’imbarcò nel1833 e restò in Perù per dieci mesi,due a Lima e otto ad Arequipa.

Flora visse ad Arequipa unasituazione paradossale. Da unaparte, si vide colma di attenzioninel seno di una famiglia potente,circondata da servitori e dafamigliari; allo stesso tempo,riceveva le proposte di numerosicorteggiatori che ignoravano lasua condizione di donna sposatae madre di tre figli; dall’altra,percepì, a poco a poco, la profondaingiustizia della società peruvianae, contemporaneamente, capì ilrifiuto della propria famiglia chele negava i diritti di eredità chenaturalmente le corrispondevano.

Flora Tristán maturò in Perù.La sua disinvoltura e la suadecisione diventarono proverbiali.Il suo libro Peregrinaciones de unaparia, del 1837, ebbe successo inFrancia. Ma il destino le serbavaancora sgradevoli sorprese: AndréChazal proverà ad assassinarla perstrada. Come se il destino lapremesse, scrisse un romanzo,Méphis, nel 1838, e Paseos porLondres, un’aspra critica allasocietà capitalista. In modonaturale, Flora Tistán diventa unacombattente sociale. Scrive il li-bro La unión obrera nel 1843.Aveva iniziato dei giri politiciattraverso il territorio francesequando la morte la sorprese il 14novembre del 1844.

CÉSAR MORO / POESIAVIENI NELLA NOTTE CON LA FAVOLOSADENSITA’ DELLA TUA CHIOMA

AppariLa vita è veraL’odore della pioggia è veroLa pioggia ti fa nascereE bussare alla mia portaOh alberoE la città il mare che hai solcatoE la notte si aprono al tuo passaggioE il cuore torna da lontano ad affacciarsiFino a raggiungere la tua fronteE a vederti come la magia splendenteMontagna d’oro o di neveCon la densità favolosa della tua chiomaCon le bestie notturne negli occhiE il tuo corpo di fuocoCon la notte che irrori a pezziCon i blocchi di notte che cadono dalle tue maniCon il silenzio che si accende al tuo arrivoCon lo scompiglio e il fluttuareCon il susseguirsi delle caseE l’oscillare delle luci e dell’ombra più duraE le tue parole da fiume in pienaCosì in fretta arrivi e te ne sei andataE vuoi mettere la mia vita a gallaE prepari soltanto la mia morteE la morte di attendereE il morire di vederti da lontanoE i silenzi e l’aspettare il tempoPer vivere quando arriviE mi circondi d’ombraE mi rendi luminosoE m’immergi nel mare fosforescente dove avviene il tuo esistereE dove dialoghiamo soltanto tu e il mio concetto cupo e spaventoso del tuo essereStella che cade nell’apocalisseTra ruggiti di tigri e lacrimeDi piacere e gemito eterno ed eternoSollazzarsi nell’aria rarefattaDove voglio imprigionartiE rotolare sul pendio del tuo corpoFino ai tuoi piedi scintillantiFino ai tuoi piedi di costellazioni gemelleNella notte terrestreChe ti segue incatenata e mutaRampicante del tuo sangueChe sostiene il fiore della tua testa di bruno cristalloAcquario che racchiude pianeti e codeE la potenza che permette al mondo di stare in piedi emantenere l’equilibrio dei mariE il tuo cervello di materia luminosaE il mio sostegno sconfinato e l’amore che nasce senza sostaE ti avvolgeE che i tuoi piedi percorronoFormando orme incancellabiliDove puoi leggere la storia del mondoE il futuro dell’universoE questo luminoso vincolarsi della mia vitaAlla tua esistenza (Traduzione di Natalia Giannoni)

César Moro (Lima, 1903-1956) è considerato uno dei più importanti poeti ispanoamericani nell’ambito della poesia surrealista. LaPontificia Universidad Católica del Perú ha pubblicato recentemente Prestigio del Amor (PUCP, 2002),

a cura di Ricardo Silva-Santisteban, il quale ha anche tradotto e prologato il libro.

VIENES EN LA NOCHE CON EL HUMOFABULOSO DE TU CABELLERA

AparecesLa vida es ciertaEl olor de la lluvia es ciertoLa lluvia te hace nacerY golpear a mi puertaOh árbolY la ciudad el mar que navegasteY la noche se abren a tu pasoY el corazón vuelve de lejos a asomarseHasta llegar a tu frenteY verte como la magia resplandecienteMontaña de oro o de nieveCon el humo fabuloso de tu cabelleraCon las bestias nocturnas en los ojosY tu cuerpo de rescoldoCon la noche que riegas a pedazosCon los bloques de noche que caen de tus manosCon el silencio que prende a tu llegadaCon el trastorno y el oleajeCon el vaivén de las casasY el oscilar de luces y la sombra más duraY tus palabras de avenida fluvialTan pronto llegas y te fuisteY quieres poner a flote mi vidaY sólo preparas mi muerteY la muerte de esperarY el morir de verte lejosY los silencios y EL esperar el tiempoPara vivir cuando llegasY me rodeas de sombraY me haces luminosoY me sumerges en el mar fosforescente donde acaece tu estarY donde sólo dialogamos tú y mi noción oscura y pavorosa de tu serEstrella desprendiéndose en el apocalipsisEntre bramidos de tigres y lágrimasDe gozo y gemir eterno y eternoSolazarse en el aire rarificadoEn que quiero aprisionarteY rodar por la pendiente de tu cuerpoHasta tus pies centelleantesHasta tus pies de constelaciones gemelasEn la noche terrestreQue te sigue encadenada y mudaEnredadera de tu sangreSosteniendo la flor de tu cabeza de cristal morenoAcuario encerrando planetas y caudasY la potencia que hace que el mundo siga en pie y guarde

el equilibrio de los maresY tu cerebro de materia luminosaY mi adhesión sin fin y el amor que nace sin cesarY te envuelveY que tus pies transitanAbriendo huellas indeleblesDonde puede leerse la historia del mundoY el porvenir del universoY ese ligarse luminoso de mi vidaA tu existencia.

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i tanto in tanto, spunta una domanda,angosciosa: esiste l’America Latina? Siamo

diversi dagli altri? E se è così, come si definequell’identità latinoamericana nella cultura? Anessuno verrebbe in mente di interrogarsisull’esistenza dell’essere francese, italiano,spagnolo. Quelle culture ci sembrano tantoevidenti quanto sovrane, delle realtà indiscutibiliche ogni quadro, romanzo, sistema di idee da essiscaturiti non fa che consolidarla. La nostra, ilnostro, invece, ci risulta molto meno irrefutabile.Come se l’America Latina potesse sciogliersi daun momento all’altro o non finisse mai di cagliarein una totalità coerente quella multitudine ditradizioni, mentalità e linguaggi che lacostituiscono: il preispanico, l’europeo, l’africano,i diversi meticciati.

Secondo le epoche e le mode dominanti, gliartisti latinoamericani si sono considerati bianchi,indiani o meticci. E ognuna di queste definizioni -

SZYSZLO NEL

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Mario Var

l’ispanismo, l’indigenismo, il «criollismo»- hasignificato una mutilazione, perché ha escluso dal-la nostra personalità culturale alcuni filoni cheavevano tanto diritto a rappresentarci quantol’elemento prescelto. Però, malgrado gliinnumerevoli trattati, articoli, dibattiti, simposi suun tema che non si esaurisce mai -la nostraidentità-, il fatto è che ogni volta che abbiamo lafortuna di trovarci davanti a una genuina opera dicreazione scaturita attorno a noi, il dubbio svaniscenell’atto: il latinoamericano esiste ed è lì, è quelloche vediamo e godiamo, che ci turba ed esalta eche, d’altra parte, ci identifica. Quello che cisuccede con i racconti di Borges, le poesie di Vallejoo di Octavio Paz, i quadri di Tamayo o di Matta, ciaccade anche con la pittura di Szyszlo: è questol’America Latina nella sua più alta espressione, inessa c’è il meglio che siamo ed abbiamo.

Seguire le tracce della nostra identità inqueste pitture coinvolgenti ha qualcosa di verti-

ginoso, perché esse delineano una vasta geografia,un labirinto così complicato e così diverso doveperfino il più abile esploratore può smarrirsi. Figliodi uno scienziato polacco e di una peruviana dellitorale, Szyszlo è anche scisso in rapporto allesue fonti artistiche: l’arte precolombina, leavanguardie europee, alcuni pittori nordame-ricani e latinoamericani. Ma forse il paesaggioche lo ha circondato per la maggior parte dellasua vita -il cielo grigio di Lima, la sua città, ideserti pieni di storia e di morte della costa equel mare che compare con tanta forza nella suapittura degli ultimi anni- ha costituito un’influen-za profondamente determinante per configurareil suo mondo, come l’antico retaggio degli anoni-mi artigiani precolombini le cui maschere, i cuimantelli di piume, figurine di creta, simboli ecolori appaiono con frequenza quintessenziatinelle sue tele. O come le raffinate audacie, nega-zioni e sperimenti dell’arte occidentale moderna-il cubismo, la non-figurazione, il surrealismo-

Fernando de Szyszlo Valdelomar (Lima, 1925) iniziò i suoi studi presso il colegio gesuitico «La Inmaculada» e super la Escuela de Artes Plásticas dell’Universidad Católica, diretta da Adolfo Winternitz, per iniziarsi alla pitt

All’inizio di quest’anno, la Maison de l’Amérique Latine ha allestito, nella capitale franceNel seguente testo, apparso sul catalogo dell’esposizione parigina, il ce

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la sua opera può affiliarsi, o quanto quello checonsciamente ha ammirato e imitato. Ed èprobabile che in questa segreta ridotta della suapersonalità ci sia quella inaccessibile chiave delmistero che, insieme all’eleganza e alla destrezza,è la grande protagonista dei suoi quadri.

In essi succede sempre qualcosa. Qualcosache è più della forma e del colore. Uno spettacolodifficile da descrivere anche se no da sentire. Unacerimonia che pare a volte d’immolazione osacrifizio e che si celebra su un’ara primitiva. Unrito barbaro e violento, nel quale qualcuno sidissangua, si disintegra, dona e anche, forse, gode.Qualcosa, in ogni caso, che non è intelligibile,che bisogna riuscire ad apprendere attraverso latortuosa via dell’ossessione, l’incubo, la visione.Molte volte, la mia memoria d’un tratto ha resoattuale questo strano totem, spoglia viscerale omonumento ricoperto d’inquietanti offerte -lacci,speroni, soli, fessure, incisioni, aste- che da molto

tempo è un personaggio ricorrente delle tele diSzyszlo. E mi son fatto innumerevoli volte la stessadomanda: da dove esce? chi, cosa è?

So che non ci sono risposte a queste domande.Ma che sia in grado di suscitarle e mantenerlevive nel ricordo di coloro che entrano in contattocon il suo mondo, sono le migliori credenziali diautenticità dell’arte di Fernando de Szyszlo.Un’arte che, come l’America Latina, sprofondanella notte delle civiltà estinte ed è collegatacon le nuovissime, apparse in uno qualsiasi degliangoli del globo terrestre. Che si erge all’incrociodi tutti i percorsi, avida, curiosa, assetata, liberada pregiudizi, aperta a qualsiasi influenza. Maesasperatamente leale con il suo cuore segreto,quella sotterranea e calda intimità dove simetabolizzano le esperienze e gli insegnamenti edove la ragione è al servizio della mancanza disenno, perché spuntino la personalità e il geniod’un artista.

1. Anabase. 1982. Acrilico su tela, 150 x 150 cm.2. Abolición de la muerte. 1987. Acrilico su tela, 200x360 cm3. Camino a Mendieta. 1977. Acrilico e pastello su tela, 100 x 81 cm4. Cuarto de paso. 1981. Acrilico su tela, 200 x 300 cm5. Cámara ritual II. Dittico. 1986. Acrilico su tela. 200 x 300 cm6. Sol negro. Dittico. 1992. Acrilico su tela, 200 x 300 cm. Collezione privata.

senza i quali la pittura di Szyszlo non sarebbeneanche quello che è.

Le radici di un artista sono sempre profonde einestricabili, come quelle dei grandi alberi. E’ utilestudiarle, indagarle, perché esse ci avvicinano aquel misterioso centro dal quale nasce la bellezzae quell’indefinibile forza che certi oggetti creatidall’uomo sono capaci di liberare e che ci disarmae soggioga. Ma il fatto di conoscerle serve anchea scoprirne i limiti, perché le fonti di cui si nutrononon spiegano mai la totalità di un’opera d’arte.Al contrario, hanno l’abitudine di mostrare comeun artista vada sempre al di là di tutto ciò che hadato forma alla sua sensibilità e ha perfezionatola sua tecnica.

La questione personale -materia oscura fattadi sogni e di desideri, di palpiti, di reminiscenzee d’inconsci impulsi- è sicuramente in Szyszlo tantoimportante quanto le correnti pittoriche alle quali

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L LABIRINTOrgas Llosauccessivamente, nel 1944, entrò nella Escuela Nacional de Ingenieros per studiare architettura, ma più tardi optòtura. La sua prima esposizione la fece nel 1947. Tra il 1948 e il 1951 soggiornò a Parigi e aderì all’arte astratta.

ese, una mostra retrospettiva della sua opera che sarà presentata anche in altre grandi città.ellebre scrittore peruviano presenta il lavoro di questo notevole artista.

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CHASQUI 8

PERUVIANITÀ DEL PISCO

Due recenti pubblicazioni affrontano, con il giusto rigore, la qualità e l’autenticità di una delle nostrebibite essenziali: il pisco. La giornalista Mariela Balbi, in un volume accuratamente stampato, e il

diplomatico Gonzalo Gutiérrez, sono gli autori di questi libri di valore.

l lessicologo e professore uni-versitario di Ica, César Ánge-

les Caballero, è uno degli studiosiche con la più intensa dedizioneha indagato sulle origini dellaparola «pisco». Nei suoi libriPeruanidad del Pisco e Diccionariodel Pisco fa una completa analisi edefinizione della provenienza delnome, così come del suo legameprimitivo e originale con il Perù.

Ángeles Caballero identificaquattro fonti -che lui chiama«alvei»- all’origine della parola«pisco», tutte vincolate a un’areageografica determinata: la costadell’attuale dipartimento di Ica,nel sud del Perù.

ORIGINE ZOOLOGICA

La prima fonte, o alveo, èquella zoologica. Nella linguaquechua, parlata dai nativi dellazona dall’epoca precolombina,«pisku», «pisccu», «pishgo» o«pichiu», era il soprannome degliuccelli; ancora oggi, questi sitrovano in grande quantità nellazona costiera di Ica. Ángeles Ca-ballero registra una serie ditestimonianze di cronisti e dilessicografi, che partono dallaColonia e arrivano fino ai nostrigiorni, in cui si dà conto diquest’origine della parola.

ORIGINE TOPONIMICA

Pare evidente che, dalla fontezoologica, la parola «pisco» evolvaverso un nuovo alveo, quellotoponimico. A consequenza dellasua abbondanza di uccelli, illuogo geografico cominciò adessere chiamato dai nativi dellazona con il nome di «Pisco».Questa designazione, anteriorealla conquista spagnola, si man-tiene anche dopo l’arrivo deglispagnoli; così, in diversecronache, scritti e mappe sidescrive l’area con questadenominazione.

La prima carta geograficaconosciuta del Perù fu elaboratadal geografo Diego Méndez, nel1574. Malgrado l’imprecisionedella cartografia dell’epoca, luiidentifica chiaramente già in quelmomento il porto di Pisco,situandolo a sud della Ciudad delos Reyes, in quello che da lui vie-ne designato «Golfo de Lima».

Il nome di «Pisco», dato al portoubicato nella costa sud del Perù,fu profondamente assimilato daisuoi abitanti, in particolare, e datutta la società coloniale, ingenerale, perché quando il Vicerèdel Perù, il Conte di Nieva, infor-ma al Re di Spagna sullafondazione di Ica, nel 1563,aggiunge anche che ha l’intenzionedi «fondare un’altro borgo con ilnome di Pisco», fondazionecoloniale che nonostante tutto inquel momento non si concretò.

Posteriormente, il 23 novembredel 1640, il Vicerè Pedro deToledo, marchese di Mancera,decise di battezzare la zona conil nome di San Clemente di Man-cera. Alcuni decenni dopo, ver-so la fine del diciasettesimosecolo, alla zona, dopo esserestata rasa al suolo da un terre-moto e assaltata dal pirataEdward Davis, viene nuovamente

cambiato il nome con quello di«Villa de la Concordia de Nues-tra Señora del Rosario».Malgrado tutto ciò, continuò aessere conosciuta come Pisco, lasua antica nominazione. Unasituazione simile, e con lamedesima sorte, si visse anchedurante la Repubblica quando,nel 1832, mediante una legge, sidispose che il «borgo di Pisco sichiamasse borgo e portodell’Indipendenza». Tuttavia ilnome popolare continuò a vivere.

ORIGINE ETNICA

La terza fonte identificata daÁngeles Caballero è di carattereetnico. Egli indica che,dall’epoca preispanica, un gruppoumano abitò nella zonaattualmente occupata dal portodi Pisco. Questi nativi eranodiscendenti sia dell’antica cultu-ra Paracas -sviluppata tra i secoliII a.C e III d.C.-, che ebbemanifestazioni artistiche dialtissimo livello, come i famositessuti policromati-, sia della cul-tura Nazca -posteriore a quelladi Paracas nella stessa zona tra isecoli III d.C e XI d.C-, moltofamosa per la sua meravigliosaceramica, caratterizzata dallamolteplicità dei colori che

impiega, e per la costruzione dellelinee di Nazca, geoglifici dienormi dimensioni che formanodelle figure antropomorfe,zoomorfe e diversi disegnigeometrici.

In questo gruppo umano,conquistato dall’Impero Incaicodurante il regime di Pachacutec(1438-1471), c’era una casta divasai che venivano chiamati i«piskos». Uno dei prodotticaratteristici, di argilla, fabbricatidai «piskos», erano i recipientiutilizzati per immagazzinare ognitipo di liquidi, particolarmentechicha e altre bibite alcoliche,preparate a base di molle ocañigua.

Secondo l’opera di FernandoLecaros, la casta di vasai «piskos»fu utilizzata dagli spagnoli agli inizidella Colonia per la fabbricazionedi recipienti o giare, con la formadi anfore greche. Venivanoelaborate in terracotta e ricopertiall’interno con cera di api silvestri.Vennero utilizzate per imbotti-gliare e trasportare il liquore d’uvaprodotto nella zona di Pisco.

ORIGINE INDUSTRIALE

Infine, da tutte le fontianteriori ne derivò una quartache Ángeles Caballero chiama«alveo industriale». E’ così chele anfore fabbricate dai vasai«piskos» cominciarono ad essereanche denominate «piscos». E inquelle si cominciò aimmagazzinare l’acquavite di uvaprodotta nella zona. Non èdifficile immaginare che ladenominazione fosse trasferitavelocemente dal contenitore alcontenuto, in modo tale che Pis-co non fu più soltanto il recipien-te che custodiva il liquore, ma labibita stessa che cominciò adessere conosciuta con quel ter-mine.

(Da G. Gutiérrez. El Pisco.Apuntes para la Defensa Interna-cional de la Denominación deOrigen Peruano. Lima, FondoEditorial del Congreso del Perú,2003).

Il pisco e il suo nomeGonzalo Gutiérrez

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CHASQUI 9

ev’essere stato molto gran-de lo scontro culturale per

gli spagnoli e gli abitanti dell’imperodegli incas. Ai primi mancavano,tra altre cose, i prodotti del loropaese, principalmente il vino -ne-cessario per celebrare la Messa epassare il tempo-, il pane e l’olio.Perciò fu necessario portare l’uva perseminare, e anche olivi e grano. Acausa di questa rivoluzioneconsumistica, i secondi scoprironoun frutto e un liquore sconosciuto,che non aveva né il colore né ilsapore della «chicha», la bibitalocale. Garcilaso de la Vegadescrive così la decisione deiconquistatori di coltivare vigne:«l’ansia che hanno avuto gli spagnoliper trovare cose della loro terra nelleIndie è stata così intensa ed efficaceche nessun lavoro è stato così gran-de da indurli a smettere di cercaredi ottenere il risultato del lorodesiderio».

Questo cronista meticcioracconta che fu Francisco deCaravantes, un vecchio conqui-statore, a portare le prime uve inPerù. Era dell’uva molto scura -varietà con la quale si fa il pisco-,raccolta nelle Isole Canarie.Riferisce altresì che il primo vinoprodotto in queste terre è stato fattoal Cusco, nell’anno 1560. Lospagnolo Pedro López de Cazallaintraprese questo lavoro più «perl’onore e la fama di essere stato ilprimo che nel Cusco avesse fattovino delle sue vigne, che per lacupidigia dei denari dei preziosi(due lingotti d’argento di trecentoducati ognuno) che i Re Cattolicie l’Imperatore Carlo Quintoavevano ordinato fossero conse-gnati dalla sua reale azienda alprimo che in qualsiasi borgo dispagnoli fosse riuscito a produrreun frutto nuovo di Spagna, comegrano, orzo, vino e olio in buonaquantità».

Il gesuita Bernabé Cobocolloca i fatti a Lima, affermandoche le uve arrivarono dallaSpagna e che il primo a far laraccolta fu, nel 1551, Hernandode Montenegro, uno dei piùvecchi abitanti della capitale delVicereame. Era una coltivazioneambita, «ed è così che si aprez-zavano tanto le prime viti che eranecessario serbarle con della gen-te armata affinchè non rubasseroné tagliassero i sarmenti...Si

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DEL PISCO SOUR E DI ALTRE GLORIEAntonio Cisneros

Nella decade degli anni cinquanta, Lima era, a modo suo, una cittàboema e con glamour. Il Gran Hotel Bolívar, che una volta fu consideratoil più lussuoso dell’America del Sud, aveva fra i suoi ospiti stelle comeAva Gardner e Orson Welles. Alcuni isolati più in là, si trovava il quasicentenario Hotel Maury, dove a sua volta era solito alloggiare JohnWayne, il quale, in poche parole, tra una baldoria e l’altra, finì persposarsi, e per sempre, con la peruvianissima María del Pilar Pallete.

Sospetto che più di una ragione, o mancanza di ragione, fece di Limauna sosta per questi astri (tra l’altro, qui c’era il quartier generale dellalinea aerea Panagra). Ma si sa che ve ne fu una e principale: il prodigio-so coctail chiamato pisco sour. Installati nei bar dei loro alberghi,Gardner, Welles e Wayne erano imbattibili. Soprattutto quando sitrattava del pisco sour doppio, o forse triplo, conosciuto come «cate-dral». Si racconta che, in un’occasione, la bella Ava Gardner, dopoessersi bevuta una dozzina di «catedrales», ballò sul bancone del bardello sfolgorante Grill Bolívar davanti al divertito scandalo di tutti iclienti.

Anche se non è l’unico, il pisco sour è, senza dubbio, l’aperitivo piùrinomato di queste parti. La sua origine risale al principio del ventesimosecolo e si dice che fu creato da un vivace barman dell’Hotel Maury. Maaltri attribuiscono la genialità a un barista dell’ormai scomparso Morri’sBar. Ad ogni modo, è chiaro che questa superba bevanda, preparata abase di pisco puro, combinato con succo di limone, albume d’uovo,zucchero e ghiaccio a neve, è tanto peruviana quanto Macchu Pichu ol’inno nazionale.

colse il primo vino in questa va-lle di Lima».

E’ difficile stabilire chi abbiaragione. La verità è che, dopoquesto, la coltivazione di viti siestese attraverso tutto ilvicereame e la produzione di vinosi concentrò nella costa sud, daCañete a Moquegua. Furonoconosciute molte varietà: «La

prima uva che si coltivò in questaterra e della quale c’è grandeabbondanza è un po’ rossa o dicolore nero chiaro... sono stateportate altre varietà di uve, comele mollares, le albillas, moscate,bianche e nere». E’ interessantenotare che la maggior parte diesse sono fino a oggi delle uve peril pisco.

A metà del sedicesimo secolo,la Colonia fioriva, lasciava dietrodi sé le guerre tra i conquistatorie favoriva il lavoro agricolo o dicostruzione. Le terre scelte per levigne erano fertili e traevano be-neficio dal guano delle isolesituate di fronte a Pisco, il cui usoera stato comune tra gli incas.Nel 1572, si producevano soltantoa Ica 20.000 «arrobas» di vino,circa 230.000 litri (1 «arro-ba»=11,5 chili) e poco dopo,«secondo i dati attendibili delcontabile López de Caravantes,la produzione vinicola di Icabastava a provvedere allenecessità di Lima e si esportavaanche nella Terra Ferma e nellaNueva España».(Da M. Balbi. Pisco es Perú. Lima,PromPerù, 2003).

Arriva l’uva, nasce ilpiscoMariela Balbi

Mi viene in mente -con una coppa di trasparentepisco in mano- che se l’avesse conosciuto, Noè si sarebbe

ubbriacato con esso; Bacco l’avrebbe incluso tra i mitici alcoldelle sue baccanali; a Omar Khayam avrebbe ispirato le piùbelle poesie; e per il suo essere fresco e salutare, Verlaine

l’avrebbe preferito all’amaro e perturbatore absinthe.

JAVIER PÉREZ DE CUÉLLAR

Credo che alcune bibite etiliche siano strumenti diprecisione per calmare le afflizioni umane. Il pisco -

soprattutto sotto la forma di pisco sour- è alta tecnologia chearriva al momento adeguato nei precisi centri nervosi peralleggerire la nostra fatica e addolcire il nostro animo. E’chiaro che, come ogni arnese di precisione, dev’essere

governato con cura. Ricordiamo ciò che commentava MarkTwain su un suo conoscente, simpatizzante del whisky:

Diceva che beveva per essere stabile. A volte si stabilizzavatanto da non potersi più muovere.

FERNANDO SAVATER

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»ARTE DEL BUON BERE

PISCO SOUR3 oz. di pisco1 oz. di succo di limone fresco1 oz. di sciroppo di zucchero(o due cucchiai di zucchero)1 albume d’uovo4 cubetti di ghiaccioFrullare per 20 secondi e servire (ilghiaccio dev’essere sciolto). Versareal centro della coppa una gocciad’amaro di angostura.

ALGARROBINA11/2 oz. di pisco1 cucchiaino di zucchero¾ di oz. di algarrobina2 oz. di latte evaporata1 tuorlo d’uovo4 cubetti di ghiacciocannella in polvereSbattere per un minuto e spolverarecon la cannella in polvere. Se sidesidera più zucchero lo si puòaggiungere.

CAPITÁN2 oz. di vermouth dolce1 ½ oz. di pisco4 cubetti di ghiaccioAgitare tutti gli ingredienti in unapposito recipiente e servire.

Ricette del barman Jael Ramos,raccolte in Pisco es Perú

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CHASQUI 10

o sforzo per offrire un’infor-mazione ordinata della

geografia, dei popoli e degli usidel nostro paese trova le sueradici - al di là delle minuziosestatistiche dei quipus preispanici-nella curiosità dei principalicronisti del sedicesimo secolo edesordi del diciasettesimo: insiemeal racconto degli eventi storicipresenziati o ascoltati, di solitodescrivevano prolissamentealcune delle caratteristichegeografiche, naturali e culturaliche li sorprendevano di più nelloro approccio a questo regno dellabiodiversità che è ancora il Perù.

Viaggiatori ed esploratorieuropei, figli dell’Illuminismo,come Jorge Juan e Antonio deUlloa, ne lasciarono posteriormen-te una valida bibliografia. E nellaseconda metà dell’Ottocento,proprio durante il complicatoprocesso di affermazione dellarepubblica, emerse la notevoleopera geografica e storica dei

NUOVO ATLANTE PERUVIANOVisione integrale dei nostri ventiquattro dipartimenti

fratelli Paz Soldán, il cui lavoro fucontinuato il secolo seguente dafigure come Javier Pulgar Vidal,deceduto poco fa, e altri attentiricercatori.

Adesso, in un’edizione acces-sibile patrocinata dal giornale LaRepública e dall’università Ricar-do Palma, la casa editrice Peisaoffre, in dodici impeccabilivolumi profusamente illustrati e

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documentati, un Atlas Departa-mental del Perú, che riassume«l’immagine geografica, statisti-ca, storica e culturale» dei venti-quattro dipartimenti del paese,diventati anche, da quest’anno,nuove regioni.

Questo atlante supera allalunga la valida serie Documen-tal del Perú, anche per dipar-timenti e con lo stesso intento

divulgatore, che apparve agliinizi degli anni sessanta. Il vastomateriale che contiene è statoelaborato da un gruppo multidis-ciplinare guidato da CarlosGarayar, Walter H. Wust eGermán Coronado, e conta sulsostegno statistico dell’InstitutoCuánto e la cartografia del Gru-po Geographos. Si tratta, insom-ma, di un’opera di consultazioneindispensabile per avere unaconoscenza attualizzata delnostro paese, e in un certo modocompleta il lavoro fondamentaledi Alberto Tauro del Pino: Enci-clopedia Ilustrada del Perú -pri-ma Diccionario Enciclopédico delPerú- che la stessa casa editricePeisa e il giornale El Comercioopportunamente pubblicaronol’anno 2001, poco dopo la mortedell’attento storico, e la cuiriedizione attualizzata apparirà ilprossimo 2005. (Alonso Ruiz Ro-sas)

LA VISITA DI HUMBOLDT

’illustre scienziato Alexandervon Humboldt dedicò

cinque anni al memorabileviaggio di esplorazione delleAmeriche, dal 5 giugno del 1799,giorno della sua partenza da LaCoruña, Spagna, fino al 3 agostodel 1804, data del suo ritorno aBordò. Questa impresa diesplorazione fu coperta integral-mente con i suoi soldi; non ebbele agevolazioni che allora sioffrivano ai membri di altre famosespedizioni, finanziati da diversistati europei, né dispose perciò dimezzi propri di navigazione marit-tima, pertanto dipendeva sempredalla navigazione commerciale,dall’itinerario regolare, o daeventuali coincidenze con altrespedizioni. Questo spiega la«ristrettrezza del tempo» e iritardi inaspettati, che dovettecompensare più di una volta cam-biando il suo percorso. A uno di

questi inconvenienti sono dovutele circostanze in cui fece il suoviaggio in Perù, come lui stessoriferisce nella parte finale dellasua amena memoria sull’altipianodi Cajamarca. Si avvicinava il valorosoviaggiatore ai 33 anni quando perla prima volta messe piede su suoloperuviano, il 1° agosto del 1802, evi restò fino al pomeriggio del 24dicembre dello stesso anno. Dei146 giorni che durò il suo soggiornoin Perù, 52 corrispondono al tragittotra Lucarque e Lima; gli altri 94,invece, a periodi di residenza aTomependa (15 giorni), Caja-marca (4), Trujillo (13) e Lima(62). Il percorso compiuto misura,in cifre nette, 1.200 chilometri, cheequivale a un comune viaggio conbestie da soma. In pratica, questanorma poteva cambiare moltosecondo le circostanze delpercorso, gl’intervali tra i luoghi

La presenza del saggio tedesco nel nostro paese è stata ricordata in un recente libro° cheriunisce lavori del famoso intelettuale peruviano Estuardo Núñez (Lima, 1908) e dello

scienziato tedesco Georg Petersen (Flensburg 1898-Lima, 1985), del cui studio riproduciamoun estratto.

dove pernottare e il tempoimpiegato per le osservazioni in sitoe la raccolta di minerali e piante. Furono compagni di viaggio diHumboldt, il medico e botanicofrancese Aimé Bonpland, CarlosAguirre y Montúfar, di Quito, eCarlos Cortés, anche di Quito edesperto in pittura botanica.Completavano il personale dellaspedizione i mulattieri necessariper la cura dei cavalli e delle 18o 20 bestie da soma cherichiedeva il trasporto del volu-minoso bagaglio e le collezioni diminerali e di piante. Durante settant’anni diattività scientifica, Humboldtscrisse un centinaio di lavori e dilettere; i contributi di altri autorisu lui sono altrettanto numerosi.Nelle bibliografie di J. Lowenberge della Deutsche Bucherei, ititoli catalogati fino al 1959ammontavano a 966.

Humboldt dedicò al Perù il suoricercato studio sull’altipiano diCajamarca, che costituisce unodei capitoli finali della sua operaCuadros de la naturaleza. In essaracconta gli eventi del viaggioattraverso il dorso della cordi-gliera andina, con i suoi freddialtipiani, i fiumi impetuosi e ipercorsi accidentati; la bellezzadelle valli di Chamaya e del Ma-rañón (chiamati allora AltoAmazonas), con l’esuberantevegetazione e i suoi bellissimifiori; completa la relazione conaprezzamenti sull’antichità e lapopolazione di quelle zone.

*Núñez, Estuardo e Petersen, Georg.Alexander von Humboldt en el Perú.Diario de viaje y otros escritos. Lima,Banco Central de Reserva, 2002.

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CHASQUI 11

COMMISSIONE INTERAME-RICANA DI SCIENZA E TEC-NOLOGIA

Tra il 5 e l’8 maggio si è tenutaa Lima la Reunión Especial de laComisión Interamericana de Cien-cia y Tecnología de la OEA,organizzata dal Consejo Nacionalde Ciencia y Tecnología(CONCYTEC) del nostro paese.Nella riunione, alla quale hannopartecipato delegati dei paesimembri, si sono discussi i temiprioritari per la cooperazionescientifica e tecnologica cheverranno inseriti comeraccomandazioni per la riunioneemisferica prevista di ministri discienza e tecnologia, che sirealizzerà agl’inizi del 2004. Sonostate identificate anche leseguenti aree prioritarie: scienzae tecnologia per la concorrenzanel settore produttivo; e scienza etecnologia per lo sviluppo socialee lo sviluppo scientifico etecnologico regionale.

CAMMINO INTEGRATORE

Si è anche celebrata a Lima,l’1 e il 2 aprile, la Primera ReuniónTécnica Regional del ProyectoQhapaq Ñan - Camino del Inca,con la partecipazione dirappresentanti di Argentina, Bo-livia, Colombia, Cile, Ecuador ePerù, così come di funzionari delCentro del Patrimonio Mondialedell’UNESCO. In questa riunio-ne, che è servita a lanciare ilprogetto menzionato, i sei paesihanno ribadito il loro impegno disvolgere gli sforzi alla loro portataperché il Qhapaq Ñan - Camminodell’Inca sia dichiarato Patrimo-nio Culturale dell’Umanità.

Bolivia, Cile, Ecuador e Perùhanno anche sottoscritto un Me-morandum d’Intesa per appog-giare un Profilo di CooperazioneTecnica Regionale che ilGoverno del Perù ha sottopostoall’esame del Banco Interameri-cano de Desarrollo (BID), perl’elaborazione di un Piano diAzione Regionale che permettail riassetto di quest’antico siste-ma stradale.

Per il finanziamento del riferito

profilo, il BID si è impegnato aoffrire un importo di US$ 250.000,che dovrebbe essere completatocon un fondo di contropartita diUS$ 150.000. Il menzionato pianodovrebbe comprendere quattrolinee strategiche: patrimonioarcheologico ed eredità culturale;conservazione del patrimonionaturale associato al cammino;sviluppo locale comunitario; e tu-rismo sostenibile con partecipa-zione comunitaria.

ONORE AL TEOLOGO

Il sacerdote peruviano GustavoGutiérrez, dell’ordine Dome-nicano, riceverà il prossimo mesedi ottobre il Premio Príncipe deAsturias, come riconoscimentoalla sua eccezionale riflessioneintelettuale alla luce della fede edella dottrina cattolica. L’autoredella Teología de la Liberación edi altre opere notevoli, nelle qualigetta le basi della sua «opzioneprefereziale per i poveri», hameritato il riconoscimento didiverse personalità e istituzioniall’interno e all’esterno del nostropaese.

CHASQUIIl postino peruvianoBollettino culturale

MINISTERO DEGLI AFFARIESTERI DEL PERÙ

E-mail:Web:

Gli articoli sono responsabilitàdei loro autori. Il bollettino è distribuito

gratuitamente dalle Ambasciate del Perùall’estero.

Traduzione: Ana María GazzoloStampa:

ELENCO PER GL´IMPRENDITORI

PROMPERUComisión de Promoción del Perú

Calle Oeste No. 50 – Lima 27Telefono: (511) 2243279

Fax: (511) 224-7134E-mail: [email protected] Web:

www.peru.org.pe

PROINVERSIÓNAgencia de Promoción de la Inversión

Paseo de la República No. 33619° piano – Lima 27

Telefono: (511) 612-1200Fax: (511) 221-2941

Web: www.proinversion.gob.pe

ADEXAsociación de Exportadores

Av. Javier Prado Este No. 2875 – Lima 27, Telefono: (511) 346-2530

Fax : (511) 346-1879E-mail: [email protected]

Web: www.adexperu.org.pe

CANATURCámara Nacional de Industria y Turismo

Jr. Alcanfores No. 1245 – Lima, 18Telefono: (511) 445-251

Fax: (511) 445-1052

SUONI DEL PERÙEva Ayllón. EVA (Sony, Lima,2002)

Diva della musica afroperuviana,cantante di enorme popolarità nelnostro paese e, stranamente, pococonosciuta all’estero, Eva Ayllóncompie un passo fondamentalecon questo disco per ottenere ilriconoscimento internazionale.Collabora con questo sforzol’argentino Pedro Aznar (famosoper la sua società con CharlyGarcía e David Lebón nel ‘supergruppo Serú Girán), il qualesvolge un lavoro impeccabilenella produzione. Senza perderedi vista le proprie radici musicali,la voce di Ayllón risuona inquesto disco universale più chemai, e proietta i suoni tradizionalidella costa peruviana.

Chacalón e la Nueva Crema. LOMEJOR DEL FARAÓN DE LACHICHA (Nuevos Medios, Ma-drid, 2002)

Lorenzo Palacios, «Chacalón», è

stata la prima portentosa figuradella cultura popolare che è natadalle tensioni e le sintesi propriedell’impatto sociale degliimmigrati, che trasformarono com-pletamente l’orizzonte urbanodella capitale del Perù, verso lafine degli anni sessanta. In questanotabile introduzione alla sua ope-ra, registrata dalla casadiscografica spagnola NuevosMedios, «Chacalón» riunisce i

paradigmi che caratterizzarono lachicha o cumbia peruviana; concanzoni emblematiche come «Soyprovinciano» o «Mi dolor», ilcosiddetto «Faraón de la chicha»ha interpretato, microfono inmano, i palpiti delle collineabitate nelle zone marginali diLima.

Daniel F. MEMORIAS DESDEVESANIA (GJ Records, Lima,2002)

Il cantante, compositore eattivista ‘sotterraneo’ Daniel F. èuno degli artisti più enigmaticidella scena del rock indipen-dente del Perù e leader, per oltrevent’anni, della banda Leusemia.In questo disco, Daniel F. staccala sua chitarra dalla presa e siabbandona alla bellezza e allaprofondità lirica di alcunecomposizioni che, avendotransitato per la retorica amoro-sa e l’introspezione sentimentale,possono tranquillamenteriportarci al lavoro di figure molto

significative della canzone ibero-americana, come Joan ManuelSerrat o Fernando Ubiergo. Undisco rivelatore.

Duo Ayacucho. EN VIVO(Q’atari, Lima, 2002)

Un’antologia di canzoni che è siauna selezione del miglior del re-pertorio di queste autentichesuperstelle della nuova genera-zione degli artisti vernacolari dellanostra ‘sierra’, sia una velocerevisione dei momenti più intensidella loro recente tournéeattraverso il territorio nazionale.Raúl Gómez (prima chitarra evoce) e Viterbo Aybar (voce),rispettivamente di Ayacucho e diApurímac, percorrono da tempoil cammino già segnato daifortunatissimi fratelli Gaitán Cas-tro o da William Luna: folkloredelle Ande rielaborato attraversoil filtro delle nuove tecnologie,anche se in questo caso persisteil protagonismo della chitarra diAyacucho. (Raúl Cachay)

QUEST’ EDIZIONE HA RICEVUTO IL PATROCINIO DI PETRÓLEOS DEL PERÚ AL SERVICIO DE LA CULTURA

AGENDA

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CHASQUI 12

Questo non smentisce lagrande importanza che

ebbe l’Inti Raimi del Cuscoall’epoca incaica. Dev’esserestata la festa principale delTawantinsuyu, dato che si facevain omaggio a Inti, il maggioredegli dei del Panteon incaico. Larappresentazione moderna è unfestival ricreato nella decade delquaranta, con una finalitàturistica. Nonostante ciò, ha len-tamente guadagnato prestigio eil suo studio esige uno sguardoparticolarmente attento degliantropologi.

Il Corpus Christi del Cusco èdiventato, invece, la festaregionale per eccellenza, edall’epoca coloniale ai nostrigiorni è motivo di una molteplicepartecipazione, di cui è testimonel’iconografia vicereale e l’impegnodei cusqueños. La tradizionepopolare ha trasformato questafesta in una grande assembleadelle immagini delle chiese dellacittà e dei paesi vicini. Lariunione è presieduta dall’imma-gine di Cristo, il Taytacha Tem-blores della cattedrale, il quale,durante i giorni in cui i santi e levergini si fermano nel tempio,dialoga con essi, ascolta le loropetizioni e soddisfa le lorodomande di premio o di punizio-ne per la condotta dei fedeli diogni parrocchia.

Lì accorrono quindici imma-gini delle parrocchie di originecoloniale e dei quartieri di SanSebastián, San Jerónimo e Poroy.Esse, soggetti principali della festa,assistono in modo ordinato allacelebrazione, seguendo unasequenza dettata dalla tradizioneche, tuttavia, permette alcunicambiamenti, sempre osteggiati, ocerte assenze o scambi che hannoa che vedere con il vigore dellerappresentazioni sacre in ognunodei loro domini particolari. In ognicaso, se non ci sono alterazioni, è

IL CORPUS CHRISTIDEL CUSCO

usuale che sfilino in quest’ordine:Sant’Antonio, San Geronimo, SanCristoforo, San Sebastiano, SantaBarbara, Sant’Anna, PadroneGiacomo, San Biagio, San Pietro,San Giuseppe, Vergine dell’Almu-dena, Vergine di Betlemme e laVergine Immacolata, conosciutacome la Linda. Quest’immagine,così come il Cristo de los Temblo-res, ha come sede la cattedrale. IlCristo o Taytacha non sfila inquest’occasione.

Il Corpus Christi, come partedel culto cattolico, è molto anti-co. La festa fu stabilita da UrbanoIV, nel 1264, e di nuovopromulgata da Giovanni XXII, il1317. Quando la Spagna estese ilsuo Impero, la legalità del suodominio aveva sede in unaconcessione papale che obbligavai governanti a evangelizzare le

Il cronista Polo de Ondegardo ci anticipa le somiglianze che trova fra l’Inti Raimi degli Incas e il CorpusChristi, una delle celebrazioni più importanti della cristianità: «Si deve avvertire che questa festa coincidequasi con il periodo in cui noi cristiani facciamo la solennità del Corpus Christi...». Le sovraposizioni tra i

calendari precolombiani e coloniali sono piuttosto il frutto di una ricerca forzata.

terre scoperte. Questa fu unadelle sue preoccupazioni nelNuovo Mondo che, però, diventòdifficile da compiere sulle Ande,a causa delle guerre prolungate trai conquistatori. Soltanto il quartovicerè del Perù, Francisco deToledo (1569-1581), potèorganizzare il controllo politico eideologico del vasto territorio delTawantinsuyu Nel 1572, e comeparte di quest’impegno, dettò trale sue «prescrizioni» quella che siriferiva all’obbligo del CorpusChristi: «per quello cherappresenta, e anche perchè inessa è il Corpo del Nostro SignoreGesù, Dio e uomo vero ... trentagiorni prima della menzionatafesta, tale «governatore» ordineràdi riunire nelle case del consigliocomunale, essendo presente ilComune, tutti i mercanti e tutti

gli ufficiali di tutti i mestieri, aiquali, avendo manifestato primadi tutto l’obbligo che ha di onoraree celebrare questa festa, ognimestiere secondo le sue possibilità,per quello che rappresenta operché è uso e costume da tuttele parti dove ci sono dei cristiani,sia ordinato che ogni mestiere pre-disponga il proprio ballo o lapropria autorappresentazione...».

L’obbligo presenta inoltre delledisposizioni moralizzatrici: si vietaalle donne di affacciarsi allefinestre per vedere la processioneperché nel farlo si rifiutavano dirispettare non soltanto l’ordine dipartecipare ad essa, ma ancheperché distraevano i fedeli. Lamulta era di cinquanta pesos.Toledo ebbe anche dei dubbi sulmodo in cui celebravano gliindigeni il Corpus Christi: «in tuttii negozi pubblici, gli indios eranoabituati, prima e dopo, aubbriacarsi e a esorbitanze econfusione nel bere...».Comunque, il vicerè intuì forseche ogni «prescrizione» su questotema non avrebbe prosperato; sideduce questo dal testo del suomandato, che infine non aggiunge«pena temporale» e lo rimandainvece alla coscienza deifunzionari.

Non interessa qui sel’adeguamento al calendario cri-stiano è corretto. Quello che ècaratteristico di quest’epoca, nelprocesso di evangelizzazione e diresistenza, è la percezione delleautorità europee, rispetto a unaprima e inevitabile convivenzadelle tradizioni che, nel caso delCorpus, dovuto alla stessastruttura partecipativa dellafesta, permette la presenza di ritiprecolombiani.

(Dal Calendario Tradicional Peruano.Lima, Fondo Editorial del Congreso delPerú, 2003)

Renata e Luis Millones