Champagne di mattina punch e lavoro di notte: altro che veleno … · 2018. 6. 5. · Presentazione...
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LA STAMPAMARTEDÌ 8 MAGGIO 2018 .25
scindibile per il coacervodi notizie, episodi, docu-menti autentici, nel procede-re di una narrazione che uni-sce vita e opere? Costanzeespunge le punte polemiche.Scompaiono le lettere che do-cumentano lo sgomento delpadre Leopold quando, nellaprimavera del 1781, a 25 anni,Wolfgang decide di non torna-re alla casa paterna a Sali-sburgo, di licenziarsi dall’arci-vescovo Colloredo che lo ave-va assunto - gesto allora in-concepibile per un musicista -e di cercare lavoro a Viennacome libero professionista. Eper giunta di sposarsi. Tutta-via, nell’Introduzione, Nissenlascia trapelare le tensioni:«Il figlio non era stato propriocontento della sua visita a Sa-lisburgo nel 1783. Aveva spe-rato che sua moglie avrebbericevuto alcuni dei doni risa-lenti alla sua giovinezza, maquesto non accadde».
La «colpa» delle Nozze di Fi-garo, opera tratta dalla com-media di Beaumarchais chenegli anni di Metternich e del-la Restaurazione veniva giudi-
Nessuno è un’isolanel mondo di Roccati
B isogna assolutamenteleggere L’uomo che col-tivava conchiglie (Add
Editore, pp. 320, € 17,50). Bi-sogna che lo legga soprattut-to chi non ne ha conosciutol’autore, Cesare Roccati, permolti anni capo delle pagineeconomiche della Stampa maanche sindacalista, poeta,pittore, padre e marito,grande e infaticabile narra-tore di vite minuscole.
Questa corposa autobio-grafia pubblicata dieci annidopo la sua morte (sarà pre-sentata giovedì al Salone del
Libro, ore 18,30, Spazio Autori,con Olga Gambari, GiuseppeGiulietti, Gigi Roccati e MarcoZatterin) non è solo la memoriadi un uomo dedicato al giornali-smo e alla politica come se l’unocompensasse dialetticamente l’altra: è lo spaccato di un’Italiatristemente atavica sebbeneancora vicinissima nel tempo, èquella provincia torinese rubiz-za per il vino e l’aria di monta-gna che ha cullato pittori e par-tigiani, è l’ambizione sana diuna generazione orgogliosa dimigliorare, è la catena di mon-taggio intervallata da un opera-io che legge Machado e rivendi-ca diritti salvo poi interrompe-
re la più dura delle lotte per omaggiare il funerale del padro-ne, è l’odore del lavoro fisico, lapaura, l’entusiamo, l’inchiostro
e la carta violata dalle rotative. Cesare Roccati non c’è più, se
n’è andato a 66 anni portandosi via il mondo che amava raccon-tare sul giornale, nei versi, sullatela, in cucina. Questo libro ce lorende nella sua dimensione to-tale, assai più ampia della ri-stretta cerchia dei famigliari, degli affetti, dei colleghi, deicompagni di strada come LuigiCiotti (che firma la prefazione alvolume). È storia, è trama uma-na, è comunità. Lo ripetevaspesso l’uomo che coltivava con-chiglie: «Nessun uomo è un’isolao un’anima perduta, noi siamo lepersone con cui scegliamo di condividere la vita». E ripetevaal figlio Gigi la lezione dell’ado-rato Carlo Levi: «Dentro di noi c’è sempre un “cuore antico”, quello che forgia la maratona della vita». Ce n’è per tutti.
E allora, al di là del valore
storico di una cronaca, per al-tro molto ben scritta, c’è il va-lore simbolico di un messaggioche sembra vecchio e invece èqui, adesso, breaking news.
Possiamo davvero acconten-tarci dell’afasia del presenteabituandoci a essere individuisoli nel pur affollatissimo vil-laggio globale? «La libertà è unbene prezioso ma nessuno ce laregala» ammoniva l’ex parti-giano Nuto Revelli parlandocon l’amico Roccati. La campa-na suona per noi. Dopo la mor-te dell’uomo che coltivava con-chiglie, cinque alberi di melesono nati spontaneamente ac-canto alla sua casa di campa-gna. Raccontare per vivere,condividere o morire. Bisognaassolutamente leggere questolibro per ricordare: prima chesia troppo tardi.
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FRANCESCA PACI
SANDRO CAPPELLETTO
«Secondo l’uso cor-rente, il suo com-penso per Le nozze
di Figaro fu il guadagno dellaterza rappresentazione, chedev’essere stato scarso, giac-ché all’epoca l’opera piacquepoco». Ma perché il capola-voro di Mozart al debutto aVienna non ebbe successo?Perché «il poeta italiano [Lo-renzo Da Ponte, ndr] non gliavrebbe dovuto presentareun libretto così spregiudica-to, intessuto di parecchie in-decenze e scurrilità».
Chi scrive è Georg Niko-laus Nissen, incaricato d’affa-ri del re di Danimarca, secon-do marito di Costanze Webervedova Mozart e autore dellaprima biografia «ufficiale» diWolfgang, ora finalmente tra-dotta in italiano, a cura diMarco Murara (Zecchini edi-tore, pp. 699, € 59).
Georg e Costanze, rimastavedova con due figli bambini,si conoscono nel 1797, sei an-ni dopo la morte di Mozart.Si sposano nel 1809 a Brati-slava: lei è cattolica, lui lute-rano, nella bigotta Viennanon potevano essere cele-brati matrimoni misti. So-spinto da Costanze, Nissenconsulta fonti, contatta mu-sicisti che hanno conosciutoMozart, può contare su undono inatteso: 400 lettere fa-miliari che Nannerl, sorelladi Wolfgang, ormai anziana ecieca, gli fa recapitare e chenessuno prima di lui avevaconsultato.
È la spinta decisiva perproseguire l’impresa, chenon vedrà completata. Nis-sen muore nel 1826, Costan-ze si affida allora a JohannHeinrich Feuerstein, unamico medico e collezionistamozartiano. Il volume escein edizione di lusso a Lipsianel 1829. Costanze, che hasostenuto le ingenti spesedella pubblicazione, è felice:«Siano lode e grazie a Dioperché sono arrivata a tan-to». La memoria del genialeprimo marito è preservatagrazie al devoto secondo.
È lei la vera autrice di unvolume che, pur non avendol’andamento di una biografiascientifica, rimane impre-
Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 - Vienna 1791)in un disegno di David Levine.In alto un ritratto della moglie Costanze Weber
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[attore e librettista del Flautomagico, ndr], che certe nottibeveva il punch e dopo mezza-notte tornava al lavoro, senzaaccordare il minimo riposo alsuo corpo». Altro che veleno emisteriosi messaggeri di mor-te, di cui pure si racconta: «Lesue forze erano logorate».
L’elogio più affettuoso perNissen lo scrive Franz Xaver,il secondo dei due tra i sei fi-gli avuti da Wolfgang e Co-stanze che sopravvivono,senza avere discendenti. Adifferenza del fratello CarlThomas, funzionario dell’am-ministrazione austriaca a Mi-
cata rivoluzionaria, è attribui-ta alla spregiudicatezza di DaPonte, mentre sappiamo che lamessa in scena fu voluta daGiuseppe II, imperatore illu-minato che si divertiva a pro-vocare la sua stessa corte.Mentre rispetta la volontà diCostanze di attribuire a Wolf-gang l’intero Requiem, incom-piuto a causa della morte e ter-minato dagli allievi, Nissen ri-porta le considerazioni di unabreve biografia uscita nel1803: «Si sa che mise spesso arepentaglio la sua salute, checerte mattine tracannavachampagne con Schikaneder
lano, Franz Xaver diventa unapprezzato musicista. Da Le-opoli, appresa la morte diNissen, scrive alla madre:«Egli era per tutti noi, e inparticolare per me, il mio mi-gliore, il mio unico amico, ilmio padre e il mio benefatto-re sin dalla mia infanzia».
Marco Murara, di profes-sione notaio, completa così untrittico di traduzioni per ilquale dobbiamo essergli gra-ti: prima tutti i testi tedeschidelle opere, poi l’impresa gi-gantesca dell’epistolario inte-grale, ora questa biografia.
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Champagne di mattinapunch e lavoro di notte:altro che velenocosì si logorò MozartTradotta in italiano la prima biografia ufficiale:scritta dal secondo marito della vedova Costanze
Cesare Roccati , giornalistadella Stampa, poeta e pittore:
a dieci anni dalla scomparsaesce l’autobiografia L’uomo
che coltivava conchiglie (Add)
Scurati: il premio Strega viene decisoun anno prima, meglio il CampielloPresentazione milanese con polemica, a Villa Necchi Campiglio, per il premio Campiello: protagonista lo scrittore Antonio Scurati (foto), vincitore del riconoscimento nel 2005 con Il sopravvissuto (Bompiani) e due volte finalista allo Strega. «In Italia - ha esordito - esistono tre premi: il Viareggio, che è storico ma non muove una copia, lo Strega, in mano alle case editrici, che ormai sono una sola, e praticamente viene
deciso un anno prima, e il Campiello, assegnato da una giuria di letterati e da una di lettori: fate voi i calcoli su quale sia il più prestigioso». D’accordo con lui Philippe Daverio, decano della giuria del Campiello: «Io sono anche nello Strega e posso dirlo, sono cose diverse: essendoci ormai solo una casa editrice, lo Strega è diventato quasi un premio aziendale, mentre il bello del Campiello è che arrivare alla cinquina è un esercizio dialettico in cui si riescono anche a piazzare case editrici con libri meritevoli, come nel caso di Non tutti i bastardi sono di Vienna di Andrea Molesini (Sellerio), che vinse nel 2011. Comunque anche allo Strega c’è uno spazio anarcoide: Canale Mussolini di Antonio Pennacchi vinse nel 2010 per un solo voto, ed era quello di mia moglie Elena».
per affidare il Salone al mercatoe individuare così chi lo organiz-zerà dal punto di vista pratico».
Il «software», dunque, re-sterà in mano pubblica, maanche il capitolato partirà daalcuni punti fermi. Punto pri-mo, che il Salone deve tenersia Torino, poi che il direttoredovrà essere una figura condi-visa (e al pubblico va a geniol’attuale direttore Nicola La-gioia), e infine dovrà tenereconto delle precise linee cul-turali predisposte dalla Fon-dazione espressione del pub-blico. «C’è piena consapevo-lezza del valore del Salone edel suo valore per il territo-rio», conclude Chiamparino,«e piena consapevolezza deisacrifici compiuti da creditorie lavoratori». Come dire,stringete i denti, questo è l’ul-timo Salone senza rete.
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ALBERTO GIACHINO/REPORTERS
zio più adatto per gli indipen-denti. La contrapposizione fraTorino a Milano ha dato la spin-ta perché maturasse questaconsapevolezza».
Ora che siete un gruppo importante, vi sentite più tutelati anche rispetto ai giganti del mercato?
«Nessuna guerra all’Aie, siachiaro. Fanno il loro lavoro, noifaremo il nostro. Teniamo anziad avere buoni rapporti, a di-scutere, a ragionare insieme».
L’Adei verrà per così dire inaugurata giovedì (ore 13, Sala Blu) alLingotto, e come ci ha detto laFerretti sarà «un bel momento»,soprattutto perché ad ascoltarvi saranno presenti tutti gli editori. Come vi presenterete?
«Entrando più nel dettaglio ri-spetto ai nostri programmi. Il no-stro è anche, forse soprattutto, unomaggio al Salone, dove siamo, se non nati, certo molto cresciuti».
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