Chair Magazine 06

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CHair è il magazine sul mondo del bello. La rivista che svincola il concetto di bellezza dai canoni 'plasticosi' pre-confezionati e propone contenuti e notizie che riguardano la moda, lo stile, l'arte, i viaggi e la musica. Tutto con uno stile innovativo, indipendente e improntato allo storytelling: al lettore non resta che mettersi comodo e godersi il bello di quest'esperienza. CHair non segue i trend proposti dall'attualità del mainstreaming, ma si propone di approfondire indagini sul bello sempre inedite e fresche. La bellezza deriva dall'autenticità, dall'impegno, dalla passione: il tutto in modo creativo e originale, come si evince dal format grafico molto visivo ed emozionale e dall'appeal dei contenuti trattati. Dove c'è cuore, c'è CHair. E si vede.

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in tutti i saloni

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l sesto numero del nostro magazine esce alla fine di un’estate impegnativa, quella del 2012.E respira un’aria tutta nuova, grazie a un’inedita veste grafica e a un’impostazione editoriale aggiornata e più ariosa.

Non è un caso: a partire da questo numero la nostra rivista presidia spazi nuovi, quelli che più si addicono a chi vuole proporre la ricerca intorno al bello sui canali che ci offrono le nuove tecnologie.

E così, a partire da oggi, Chair sarà un prodotto editoriale scaricabile su Apple Store, in formato digitale.Una scelta che amplia le modalità di fruizione e di distribuzione della rivista.

“Spazi” è dunque il tema di questo numero di fine estate.

Come quelli, espositivi, che hanno applaudito il successo dell’Hair Designer Salvo Filetti, protagonista di un evento unico che ha conseguito echi mondiali: la mostra “Barbie loves Salvo Filetti”.

O come gli spazi di arredo ‘concettuale’ che illustra Lorenzo Guarnera, aprendoci le porte di uno degli appartamenti di design più ambiti del nostro paese: quello del noto pubblicitario Lorenzo Marini.

Anche i territori dell’anima sono presenti in questo numero: ci riferiamo agli articoli su artisti come Nancy Fouts, Elisa Anfuso e Matteo Musumeci, così come ai grandi spazi del cuore arredati da una pregevole iniziativa come l’Onlus Casina dei Bimbi.

Ma adesso, lasciamo la parola agli articoli che questo splendido numero propone: a voi non resta che mettervi comodi.

Editoriale

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IndiceBARBIE LOVES SALVO FILETTI.Quando l’hair design è anche un gioco.

LA REALTÀ è NULLA SENZA PARADOSSO.Le opere surreali dell’artista americana Nancy Fouts.

ISLANDA: LEMBO DI FUOCO NELL’OCEANO IMPERVIO.Natura magica e paesaggi surreali.

NAVIGARE I PROBLEMIIN UN OCEANO DI OPPORTUNITÀ.Renato Gervasi illustra l’approccio vincente per confrontarsi con le difficoltà del quotidiano.

LA CASA IMPAGINATA.Il candido rifugio milanese del creativo Lorenzo Marini.

LA FORZA DELLA SOLIDARIETÀ.La fine di un viaggio, l’inizio di un altro: una casina a misura di bambino.

APPROCCIO PER UNA CONOSCENZA DEL DESIGN.Parte II: Gli oggetti buoni.

LA MUSICA COME ARTE DELLO SPIRITO UMANO.Matteo Musumeci: l’armonia fuori dal caos.

IL SIMBOLISMO DI ELISA ANFUSO.Un viaggio onirico nelle opere della pittrice catanese.

RIOT RADIO!Le novità e i dischi che hanno fatto la storia del Rock.

TRONI ESOTERICI.Chi si siede... nei tarocchi.

CHAIR LONGUE.L’innamoramento sano.

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BarBie LovesSalvo Filettidi SIMONA DI BELLAfoto © ANTONIO DI MARIA

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Quando l’hair design è anche un gioco.

Ha ricoperto le più svariate posizioni sociali e professionali; ha indossato i vestiti dei più grandi stilisti; è stata anche ritoccata esteticamente, ma nessuno le aveva mai

“fatto” i capelli! Ci ha pensato il più creativo Hair Designer made in Italy, per essere un po’ zelanti, made in Sicily, Salvo Filetti, a mettere la testa a posto all’iconica fashion doll Barbie. È bastato un attimo, lo sguardo di lui sulla chioma di lei, per farle “montare” la testa, con tanto di capelli veri e acconciati da una firma d’eccezione. Barbie ha finalmente un Hair Designer che racconta le fantastiche personalità della bambola più amata da bimbe e donne, compagna di giochi di tante generazioni dal 1959 ad oggi.

Mattel ha affidato a Salvo Filetti il compito di portare i “grandi” nel mondo di Barbie, il mondo del sogno, della favola, del racconto; un uomo che ha saputo dare spazio ai propri sogni, per questo li realizza e continua a crearne di nuovi. Tra quelli realizzati c’è Compagnia della Bellezza, una realtà internazionale nata da un sogno condiviso con Renato Gervasi, Life Designer, e dalla visione comune di “crescere insieme creando bellezza”. La loro produzione di energia positiva e di gioia si estende in tutto il mondo, dando vita a Joyà Academy, centro di formazione per una nuova e favolosa visione della vita.

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L’evento Barbie Loves Salvo Filetti

nasce dalla capacità di Salvo Filetti di guardare la realtà

da un altro punto di vista. Solo la personalità istrionica

di questo talentuoso Hair Designer poteva accettare di creare

una nuova immagine alla mitica e da sempre biondissima

Barbie.

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L’evento Barbie Loves Salvo Filetti nasce dalla capacità di Salvo Filetti di guardare la realtà da un altro punto di vista. Solo la personalità istrionica di questo talentuoso Hair Designer poteva accettare di creare una nuova immagine alla mitica e da sempre biondissima Barbie. Mettendo in “gioco” professionalità, grande maestria e un cuore da artista creativo, ha studiato e disegnato ventitré acconciature tra Chic e Sauvage, spaziando tra tagli, pieghe e colori, supportato dai prodotti L’Oréal Professionnel.

Quando un hair sylist si trova davanti ai capelli di una donna, deve saperne interpretare la personalità attraverso domande, atteggiamenti, colori, cercando di carpirne i veri bisogni e i desideri, valorizzandone il fascino senza ignorarne le esigenze. Quando, invece, dopo il rerooting (pratica per staccare i capelli alle bambole) si trova davanti un gruppo di rigide signorine “calve”? Salvo Filetti, facendo un lavoro quasi inverso, utilizzando i capelli e i suoi strumenti, ha creato una personalità forte e decisa per ogni Barbie. Progettando e sperimentando svariati styling: dal liscio al vaporoso, dal platino al nero corvino, dal punk al glamour; con appassionata cura del nuovo outfit e abilità da miniaturista, ha reso magico questo singolare evento presentato a Marzo all’Accademia L’Oréal a Roma.

Con Barbie Loves Salvo Filetti e le “fantasmagoriche” Hair Sculptures, Salvo Filetti utilizza il suo noto fil rouge per mettere in relazione l’Hair Fashion e l’Hair Art, divenuta un nuovo linguaggio d’arte contemporanea in fortissima espansione, destando l’interesse di un target ampio ed eterogeneo.

In ogni favola che si rispetti c’è sempre una principessa, e nel mondo da favola di Salvo Filetti, tutte le donne sono principesse. Il suo obiettivo è farle riflettere in uno specchio sincero e creativo, mostrando la loro preziosa unicità: creando valore attorno al valore

www.salvofiletti.comwww.madeinjoya.com

Mattel ha affidato a Salvo Filetti il compito di portare i “grandi”

nel mondo di Barbie, il mondo del sogno, della favola,

del racconto; un uomo che ha saputo dare spazio ai propri sogni,

per questo li realizza e continua a crearne di nuovi.

Simona Di [email protected]

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Le foto dell’evento “BarBie Loves salvo Filetti”

Accademia L’Orèal Roma.

Salvo Filetti con Christiane Filangieri e Fiammetta Cicogna

Salvo Filetti con Ria Antoniou

Fiammetta Cicogna con Roberto Napoli

Diane Fleri

Rosaria Barbarisi Foto di gruppo con Fioretta MariDaniele Liotti e Fiammetta Cicogna

Christiane Filangieri e Cristina Mossino

Salvo Filetti con Francesca InaudiChristiane Filangieri con Alfio Reitano e Nadia Ceccarelli

Federica Frau, Alfio Reitano, Nadia Ceccarelli, Salvo Filetti, Roberto Napoli e Pinella Filetti

Fioretta Mari

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LA REALTÀ è NULLA SENZA PARADOSSO.Le opere surreali della sublime artista americana Nancy Fouts.di GABRIELE INFRANCA

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Ci sono cose che quando le guardi te ne innamori, poi c’è Nancy Fouts. Impossibile rimanere impassibile davanti alle opere di quest’artista americana. E so già che non lo sei. Immagino il tuo viso

guardare la prima foto, passare alla successiva per poi ritornare sulla prima e bussare col gomito a chi hai accanto: Ma l’hai visto questo? È clamoroso! Io l’ho pensato e io alle cose “fighe” sono abituato, curando il blog di design, arte e nuovi trend, Collater.al.

Si, siamo di fronte ad un genio, compreso.

Ciò che sa di genio è la semplicità profonda delle sue opere. Una semplicità che riesce a farti “tiltare” la mente come un cortocircuito, ma lungo. Un effetto “collater.al” della normalità. Sculture surreali realizzate utilizzando oggetti comuni. Un universo creativo dove il quotidiano viene riarrangiato con umorismo, creando paradossi e immagini contradditorie. L’idea alla base è quella di unire due significati neutri per ottenerne un terzo, carico invece di tutta una serie di connotazioni, che possono essere sociali, religiose, politiche, ambientali, sessuali e così via. L’opera di Nancy, infatti, non è codificata secondo un linguaggio universalmente riconosciuto e condiviso, ma si presta a molteplici interpretazioni e tutte potenzialmente corrette.

“Il suo lavoro è una risata in faccia alla logica ordinaria”.

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Un Gesù Cristo sulla croce figlio di Tyson, il palloncino pungente, le forbici di “Moebius”, la lumaca sul filo del rasoio, sono solo alcune delle visioni “mistiche” di Nancy. Sono pugni in faccia che ti addormentano e punture che ti risvegliano, illusioni che danno alla luce verità nascoste e morti lente e dissanguanti. È il tuo sguardo che s’illumina di nonsense e rapidamente suggerisce al cervello il messaggio:

“Non può essere reale, eppure funziona”.

Funziona così bene che non riesci a togliergli gli occhi di dosso. Una calamita innaturale come nelle calamità naturali. Resti incollato. Sarà la voglia di altro, di diverso, d’insolito. Sarà come il sovrannaturale che prende il sopravvento sull’umano. Come il talento. Come Nancy Fouts

www.nancyfouts.comwww.collater.al/arts/nancy-fouts/www.gabeadv.com

“Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la

scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero.

Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni

preoccupazione estetica morale.”

Il Manifesto del Surrealismo Andrè Breton

1924 Gabriele [email protected]

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Nei tempi che furono, ogni classe della scuola elementare possedeva un mappamondo dalle modeste dimensioni, che permettesse di giocherellare sulle destinazioni impossibili da raggiungere.

Sono scomparsi, e con loro molti dei nostri sogni. Perché viaggiare, con la mente e non, è pur sempre necessità umana. Era bello vedere come il caso decidesse la terra prescelta. Afferro il mio vecchio e impallidito mappamondo, quello che tengo nella testa. Lo spingo talmente forte da imprimergli una rotazione incontrollata. To’: Islanda.

Suolo tendenzialmente collinare, il cui aspetto muta gradualmente insediandosi nell’entroterra aspro e rigido nelle temperature. Sorta sulla frattura geologica del medio Atlantico, è vivace teatro di eventi naturali di eccezionale bellezza e rarità. Lontana da tutto, e da tutti, non ancora deturpata dai meccanismi perversi di una società moderna, inquinante e irrispettosa. Gli islandesi fanno del loro meglio per rendere omaggio alla terra che li ospita, con idee invidiabili

Islanda: LEMBO DI FUOCO NELL’OCEANO IMPERVIO.

Natura magica e paesaggi surreali.

di SALVO SCALORA

per la loro straordinaria efficacia. Sanno di essere figli di quel luogo magico, che tutto dona e tutto potrebbe prendersi in un attimo. Ricca com’è di risorse pressoché illimitate, e certamente pulite, regala al suo popolo la possibilità di produrre energia pulita senza ricorrere all’utilizzo di combustibile fossile, flagello del portafoglio ma soprattutto dell’ambiente.

Entro il 2050 l’Islanda sarà la prima nazione a rifornire la propria società con energia pura e soprattutto rinnovabile, che sfrutti le enormi potenzialità geotermiche del territorio. Il tutto al 100%.

Bomboniera della natura, è come se qualcuno l’avesse generata perfetta per essere la dimora di miti e leggende. Radicata e accettata è l’idea che tra quelle rocce ispide, in cui il sole illumina sporadicamente, vi sia l’acceso al regno di esseri magici, quali gli elfi. La lontananza dal resto del mondo, ha fatto sì che non venisse influenzata dalle narrazioni e dai miti stranieri.

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La lingua stessa ha subito pochi cambiamenti e gli islandesi sarebbero in grado di leggere senza troppe difficoltà un testo risalente a tempi remoti. Straordinaria la forza di questo popolo che, pur conservando le tradizioni antiche, ha saputo innovarsi, diventando esempio a livello planetario, dal punto di vista societario e no.

Luogo dove i sogni non temono di essere espressi, dove è possibile che la natura sia amica e madre, dove la gente rispetta se stessa e il mondo tutto. Una delle nazioni più ricche nonostante conti poco meno di 300.000 abitanti, distribuiti sull’intero suolo, in cui la democrazia assume finalmente il suo valore assoluto e sincero. Prendetevi la briga di guardare qualche immagine. In quest’epoca basta poco per apprezzare il meglio della natura. Rimarrete folgorati nell’osservare quei surreali paesaggi in cui si alternano strapiombi frastagliati, bagnati da correnti oceaniche indomite, e vulcani fumanti in piena attività. Poi chissà, prenderete il prossimo volo e avrete modo di vedere personalmente geyser, elfi, sole di mezzanotte, aurora boreale, esplosioni vulcaniche, orsi, volpi polari. No. Non è un frullato. È la pura e semplice Islanda

In Islanda i fenomeni ottici, grazie alla straordinaria limpidezza

dell’aria, sono comuni: il più noto è quello chiamato “Fata Morgana”:

si tratta di un tipo di miraggio frequente nelle zone artiche che si verifica quando l’aria calda, a

contatto con l’acqua fredda, causa rifrazione. L’effetto è sorprendente: è possibile vedere proiettate sulla linea dell’orizzonte isole, foreste e navi in punti dove non si trova

assolutamente nulla.

Islanda: lontana da tutto, e da tutti, non ancora deturpata dai meccanismi perversi di una società moderna, inquinante e irrispettosa.

Salvatore [email protected]

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NAVIGARE I PROBLEMI IN UN OCEANO DI OPPORTUNITÀ.

di RAIMONDO VENTURAfoto © ANTONIO DI MARIA

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In un momento storico che ci pone in modo particolare di fronte a contesti di difficoltà (soprattutto di tipo economico e sociale), probabilmente la soluzione ai problemi è legata

all’approccio con cui ci rapportiamo ad essi.

È la tesi che sposa anche Renato Gervasi, professione Joyà Designer e fondatore, insieme a Salvo Filetti, del marchio Compagnia della Bellezza.«Noi viviamo immersi nei problemi, che sono connaturati ai nostri bisogni umani.

Il problema ci sorprende perché è una difficoltà nuova che richiede un maggior livello di consapevolezza: è la novità che ci trova inadeguati, incapaci, proprio perché richiede approcci e soluzioni nuovi».

Non tutti i tipi di problemi, però, sono uguali: alcuni ci sono imposti dagli eventi o dagli altri; altri ce li creiamo da soli. Entrambi, però, presentano un iter specifico: inizialmente subentrano lo sconforto, il panico, l’ansia, la disperazione. Quindi, spesso, inviamo a noi stessi messaggi depotenzianti di autocommiserazione, ignorando che, invece, la soluzione sta nell’includere il problema più spicciolo in un problema “strategicamente” più grande, che, comprendendo il primo, lo risolve all’interno di una visione più ampia.

«Un esempio illuminante può essere rappresentato dal problema di chi deve pagare l’affitto: questa difficoltà può trovare una persona presente alla vita (con uno scopo e un obiettivo ben precisi) o una che si accontenta di mantenere lo status quo.

La persona che ha una visione di vita delineata da uno scopo, all’arrivo della difficoltà, la ingloba all’interno del suo progetto: e così passerà dal problema di chiedersi come pagare un affitto all’opportunità di ritrovarsi con una casa di proprietà, accendendo un mutuo per acquistarla. Coloro che, invece, si limitano a restare in equilibrio dinamico su un eterno presente di problemi da fronteggiare, saranno sempre tenuti in scacco dall’esistenza e si affannerano a risolvere emergenze ansiogene continue.In questo modo, pagare l’affitto diventa una costante fatica di Sisifo».

RENATO GERVASI IllUsTRa l’aPPROCCIO VInCEnTE PER COnFROnTaRsI COn lE dIFFICOlTÀ dEl QUOTIdIanO

Visione, sogno, meta, progetto: le parole chiave per un processo di autoconsapevolezza che porta al ridimensionamento e alla risoluzione dei problemi.Un punto d’approdo a cui Renato è giunto dopo alcuni momenti chiave della sua personale esperienza.

«Da piccolo avevo un cattivo rapporto con lo studio. La soluzione che trovai, assecondando il mio talento, fu quella di dedicarmi alla professione di parrucchiere, anche per crescere socialmente ed economicamente. Un percorso appassionante che ho coronato nel 1992, con la nascita di Compagnia della Bellezza, network che sviluppa una visione nuova e unica nel settore hair styling. In sostanza una magnifica opportunità realizzata che è oggi un sogno che noi tutti abitiamo quotidianamente».

Proprio sperimentando ogni giorno e fronteggiando le criticità sorte all’interno della sua azienda, Renato ha avuto modo di elaborare una visione completa

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della vita, ideando la figura di Joyà Designer con cui propone consigli e suggerimenti all’interno dei corsi e dei seminari che tiene: al fine di rendere la vita di ognuno una splendida opera d’arte.

«Per arrivare a godere appieno dell’esistenza, è però necessario considerare che esistono quattro tipologie di persone...».Poi, sorridendomi deciso, prosegue: «... ma questa è una tappa del nostro viaggio che merita una trattazione particolare...».

Saremo a bordo con te, Renato.Alla prossima

(to be continued...)

“Anche la gestione di un’azienda come Compagnia

della Bellezza comporta a volte dei problemi, ma li

trasformiamo in magnifiche opportunità, per vivere un sogno

che noi tutti oggi abitiamo”.

Fondatore del metodo EMOTIONJoyà,

Renato Gervasi dal 2005 tiene diversi corsi

di formazione, pensati e strutturati per i propri affiliati e per tutti coloro che hanno

il desiderio di mettersi in gioco e crescere, in ambito

professionale e umano.

Raimondo [email protected]

Antonio Di Mariawww.antoniodimaria.com

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IMPAGINATA.LA CASA

di LORENZO GUARNERAfoto © THOMAS GRAZIANI

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Il candido rifugio milanese del creativo Lorenzo Marini.

La casa di Milano l’ha arredata come avrebbe dipinto una delle sue candide tele. O meglio, una delle sue pagine di pubblicità.

Conosco Lorenzo da quasi un decennio, è un art director che scrive romanzi, dipinge, impagina. Condividiamo la stessa professione, alcune passioni e l’amore per la sostanzialità e la leggerezza. È un uomo dalla personalità raffinata, quasi eterea. Di un’eleganza essenziale, mistica. Si riscontra in tutte le sue produzioni, dalla pubblicità ai libri alle tele, nei suoi modi e nel vestire. Per la sua casa, di cui Marini ha curato personalmente la ristrutturazione, non poteva essere diversamente: garbata, chiara, lineare. Varcando la soglia del suo appartamento a due passi dal Duomo si ha la sensazione di aver oltrepassato un gate che proietta in una dimensione sospesa nello spazio e nel tempo. I volumi appaiono generosi e la luce candida induce alla “leggerezza”: il vero tema dominante di casa Marini. Una musica mi accoglie amabilmente invitandomi a sedere. Attorno a noi, il bianco. Ovunque. E luce, con le sue ombre leggere che modellando spazi creano i volumi. Qua e là petali di colore impaginati sapientemente.

Il rigore delle geometrie spigolose è continuamente messo in discussione dall’alternanza con la gentilezza delle curve.Spazi e volumi appaiono disegnati ad arte, perché Lorenzo ha voluto la sua casa così come avrebbe organizzato un foglio immacolato. Nel living il pavimento è resinato, personalizzato con tenui striature argento e oro. Il bianco, soprattutto. E poi la trasparenza del cristallo: il “vuoto che sostiene”.L’appartamento si sviluppa su due piani uniti soltanto da una scala “vuota” di vetro trasparente, sulla quale “librarsi” privati del peso corporeo. In cristallo trasparente è interamente realizzata anche la struttura della cucina. Geniale invenzione che farebbe certamente storcere il naso a qualunque casalinga.E ancora nuances del bianco, e poi nero a disegnare o scrivere.

“… al mattino ci si sveglia e si sale alla vita

con il rito del caffè.”

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Sopra, giorno. Sotto, notte. Uno spazio ritmico, cadenzato, com’è scandito il tempo con il giorno e la notte.Il bianco è sostanziale, eterno, invisibile, è la somma di tutti i colori. Eppure la comune percezione del bianco è collegata all’assenza. Il nero, invece, riempie, scandisce lo spazio che pulsa come il battito cardiaco: quella magnifica alternanza ritmica che ha in sé un mistero antropologico e miracoloso.Nei quasi 180 metri quadri, Marini ha scelto di portare la zona letto nel piano inferiore della casa perché a lui piace l’idea di “scendere a dormire, come rifugiarsi in una tana”, e aggiunge “così al mattino ci si sveglia e si sale alla vita con il rito del caffè”.Una vita, la sua, posta molto in alto e coronata di successi: dalla pubblicità ai romanzi ai saggi, dalla pittura alla conduzione della trasmissione radiofonica “Il giorno della marmotta” su Radio2.

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Lorenzo Marini, pubblicitario art director raffinato

che dipinge e scrive romanzi e saggi.

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Invisibile, intoccabile, mistica. È la luce protagonista di questi spazi..Attraversiamo la scala vuota per tornare in soggiorno. Da un parallelepipedo sgorga un getto d’acqua in continuo, per favorire i momenti quotidiani di meditazione.La luce bianca di casa Marini qui è infranta solo dalla poltrona nera Vanity Fair e da un dipinto del 1600 scovato in un mercatino a Nizza.“Questa casa è un ossimoro”. Lorenzo definisce così la sua casa, dove si rifugia dal caos del centro storico, “Qui scrivo, leggo, faccio yoga, medito e respiro la quiete”. Quiete e caos, vuoto e pieno, bianco e nero. “È dentro il vuoto che noi viviamo, ma è un vuoto modellato dal pieno, che ne è l’involucro. Sono entrambi essenziali alla creazione del significato. Ma questo ci porta alle stesse leggi del graphic design e al simbolo che meglio di chiunque altro interpreta visivamente questo concetto: yin e yang.” Ovviamente, l’ossimoro per eccellenza: il contrasto assoluto in equilibrio con l’universo.

Tutto torna. L’armonia dell’ossimoro yin e yang impone la sua alternanza di vuoto al pieno, di bianco al nero, di pausa al suono. E così, come fa una pausa di silenzio in musica o nella prosa, il bianco diventa la sospensione utile a creare la tensione.Una piccola ma significativa nota a margine: per il suo appartamento Lorenzo ha preferito esclusivamente materiali e marchi Made In Italy. Naturalmente lo è anche la musica che mi ha accolto: L’estate da Le quattro stagioni di Antonio Vivaldi

www.uomodeitulipani.com / [email protected] www.thomasgraziani.com / [email protected]

Lorenzo Guarnera

www.lorenzoguarnera.com [email protected]

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LA FORZA DELLA SOLIDARIETÀ’.

di ANTONELLA ITALIAfoto © CASINA DEI BIMBI

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la FInE dI Un VIaGGIO, l’InIZIO dI Un alTRO: Una CASINA a MIsURa dI BaMBInO.

“Non toglieteci l’immaginazione”.

È scritto in bianco in cinque lingue diverse su una grande parete di una stanza d’ospedale.Siamo a Reggio Emilia, all’Arcispedale Santa Maria Nuova, una delle cinque strutture

ospedaliere che hanno aderito al progetto Casina dei bimbi, nato nel 2001 dalla straordinaria forza di Claudia Nasi.Casina è un piccolo comune reggiano e Claudia è una giovane mamma che ha perso un bimbo che per due anni ha lottato contro la leucemia.Casina dei bimbi nasce alla fine del viaggio che Claudia e il piccolo Federico hanno dovuto affrontare. Perché nasce lo spiega Claudia.

«Alcune cose che avevo visto non volevo più vederle».

E parla della vita in ospedale, dell’incapacità di alcune famiglie di gestire la malattia, dei bimbi che hanno dovuto lasciare i loro giochi a metà per essere ricoverati. Ma anche di donne e uomini che, finito di lavorare, avevano la forza e il desiderio di fare giocare i bambini ammalati.

Presente negli ospedali delle province di Reggio Emilia, Parma e Modena, Casina dei bimbi è un’associazione che si occupa di assistere i bambini ammalati e le famiglie in situazioni critiche. È una grande realtà che non vuole far dimenticare ai bimbi in ospedale il lato “sano” dell’infanzia, la gioia e il valore del gioco. Per questo ha messo a punto metodi ludico-pedagogici per trasformare gli esami medici in un gioco, e programmi di animazione per accogliere e sostenere bambini e familiari.Oggi continua a perseguire la sua mission: aiutare i bambini e le famiglie in emergenza per dare vita agli “ospedali dei bimbi che sorridono”.

«Siamo partiti con 20 volontari – ci spiega Claudia – in un modo molto semplice, ma con lo stesso obiettivo di oggi: aiutare i bambini e le famiglie in emergenza». Ed emergenza non vuol dire solo “malattia”, ma anche e soprattutto “situazione”. Situazioni difficili per i genitori che non possono stare vicino ai figli, situazioni in cui i bambini vengono allontanati dalle famiglie, o semplicemente situazioni diverse e complicate che molte famiglie devono affrontare.«Adesso siamo circa 200 e facciamo le stesse identiche cose, solo che a distanza di dieci anni

CINQUE MODI PER SOSTENERE

UNA GIUSTA CAUSAUna giusta causa ha bisogno di un giusto

sostegno. Cinque i modi per dare il proprio contributo a Casina dei bimbi: dall’adottare un progetto all’Ovino dei bimbi, dal 5 x mille alle Bomboniere solidali e ai Teatrini da regalare ai bimbi per accompagnarli con le note colorate

delle fiabe. Ce n’è per tutti. La missione invece è sempre una:

assistere i bimbi malati e le loro famiglie.Per saperne di più basta visitare il sito

www.casinadeibimbi.org, e lasciarsi trasportare

dalla solidarietà.

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la soddisfazione più grande è stata incontrare persone che non hanno nessuna esperienza forte alle spalle, ma solo il desiderio di aiutare».

Questa l’emozione più forte. Il prossimo sogno da realizzare ce lo confida poco dopo. «Mi piacerebbe avere Casina dei bimbi come esempio in ogni ospedale; che ci fosse una preparazione del bambino all’intervento chirurgico, così da diminuirne la paura; che questa cura del bimbo diventasse un “protocollo” in tutti gli ospedali».Tante piccole Casine, questo il più grande sogno di Claudia. E da oggi anche il nostro

abbiamo imparato ad affrontare l’emergenza a 360 gradi: dall’accoglienza al pronto soccorso alla preparazione all’intervento chirurgico, fino all’assistenza a domicilio».Ma la voglia di essere presente nei luoghi abitati dai bambini non si ferma qui. «Oggi – dice Claudia – mi piacerebbe riuscire ad essere interprete dei bisogni di famiglie e bambini, fare da ponte tra scuole, ospedali e famiglie, perché spesso ci si sente soli, e non ci si confida né con l’ospedale né con la scuola, cosicché nessuno sa chi è veramente quel bambino, cosa prova, le difficoltà della famiglia. Vorrei che queste informazioni arrivino alle scuole, agli ambulatori in cui il bimbo fa le visite; raccontare la storia di questo bambino a coloro che poi intervengono su di lui».

Il viaggio iniziato tredici anni fa non si ferma, continua, alimentato dalla solidarietà della gente e questo quasi la stupisce: «Pensavo che per lavorare in un’associazione come questa bisognasse passare da un’esperienza come la mia, invece

www.casinadeibimbi.org Antonella [email protected]

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APPROCCIO PER UNA CONOSCENZA DEL dEsIGn.di ELENA RUSSO

Braun - Algol - Brionvega (1964)

Il televisore portatile disegnato per Brionvega da Marco Zanuso e Richard sapper è caratterizzato dallo schermo inclinato all’insù e arrotondato, dalla maniglia in metallo estraibile e dalla brillante scocca in plastica in tre varianti cromatiche.

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Marco Zanuso Architetto urbanista.Milano (1916- 2001).

L’attività di architetto e designer gli fa guadagnare il Compasso

d’Oro negli anni 1956, 1962, 1964, 1967 e alla carriera nel

1985. Tra le architetture occorre ricordare i complessi per Olivetti

in Sud America, lo stabilimento Necchi a Pavia e il Nuovo Piccolo Teatro di Milano; tra i progetti di design vanno menzionati quelli

per Arflex, Brionvega, Borletti, Gavina, Bonacina, Kartell, Siemens. Svolge attività didattica presso il Politecnico di Milano.

Diversi suoi pezzi sono presenti nella collezione di Design del Museum of Modern Art di New York. Partecipa alla fondazione dell’ADI 1954 e alla creazione del premio Compasso d’Oro nel

1956. Codirettore di Domus con Ernesto N. Rogers nel 1946-47 e redattore di Casabella negli anni cinquanta, ottiene più volte il

riconoscimento della medaglia d’oro (VIII, IX, X, XI, XIII Triennale) e consegue il gran premio della Triennale nelle edizioni IX, X, XIII.

Vengono chiamati così quando la loro forma chiarifica gli aspetti funzionali e di utilizzo. Il progettista non narra una storia, non dà all’oggetto una valenza semiotica: con il progetto egli ha realizzato quell’equilibrio

perfetto tra funzione e forma capace di migliorare la vita del fruitore. Quando gli oggetti funzionano bene ed hanno una forma piacevole che asseconda la funzione, capaci di sfidare il tempo indipendentemente dalla ciclicità della moda.

Negli anni sessanta dello scorso secolo, quando la comunicazione visiva diventò il propulsore del marketing, alcuni progettisti si rifiutarono di intendere il design come “attività artistica”. Progettisti e aziende continuarono a promuovere il design attraverso oggetti ben progettati e prodotti con tecnologie d’avanguardia, dalle forme gradevoli e semplici da utilizzare. Sono un esempio le forme essenziali di Dieter Rams per la Braun oppure Brionvega, con designers di punta come Marco Zanuso e Richard Sappe.Brionvega produsse oggetti meno austeri rispetto alla Braun, privilegiando forme moderne con colori primari.

“Marco Zanuso appartiene a quel gruppo di geniali architetti che hanno svecchiato le nostre case. Improvvisamente, nelle nostre riunioni, ci siamo trovati seduti per terra col bicchiere vicino, col piatto sulle ginocchia. Era cominciata l’epoca delle docce, delle televisioni portabili, come la Algol arancione che si appoggiava sul pavimento… voi non potete immaginare come è cambiato in pochissimi anni il mondo ed è cambiato anche per mano di questi giovani che eravamo noi e di cui faceva parte Marco Zanuso.” (Franca Valeri).

Dieter Rams è guidato da profonde convinzioni morali e considera il lavoro del designer come portatore di ordine nella vita contemporanea.

Braun - Table radio - Braun, 1955 Model no. SK 2b

Parte II: GLI OGGETTI BUONI

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Dieter Rams Architetto.Nato a Wiesbaden nel 1932 .

Dopo la laurea (1953) inizia la sua carriera come architetto . Nel 1955 entra nello staff della Braun come architetto e designer d’interni. Dal 1961 al 1968 è capo progettista della Braun. Dal 1968

al 1995, anno in cui si ritira, è direttore del design della Braun. Molti dei suoi disegni (macchine per il caffè, calcolatrici, radio, audio / visual apparecchiature, apparecchi di consumo e prodotti per ufficio) hanno trovato una sede permanente in molti musei del mondo, tra cui il MoMA di New York. Nel corso degli anni è stato insignito da numerosi riconoscimenti e premi.

Per Rams il buon design risponde a dieci princìpi che assicurano al prodotto industriale una qualità senza precedenti:

1. Il buon design è innovativo.Le possibilità di innovazione non sono, per niente, esaurite. Lo sviluppo tecnologico offre sempre nuove opportunità per il design innovativo. Ma il design innovativo si sviluppa sempre in tandem con la tecnologia innovativa, e non può mai essere fine a se stesso.2. Il buon design rende un prodotto utile.Un prodotto viene acquistato per essere utilizzato. Esso deve soddisfare determinati criteri, non solo funzionali, ma anche psicologici ed estetici. Un buon design sottolinea l’utilità di un prodotto, mentre trascura che potrebbe sminuirla.3. Il buon design è estetico.La qualità estetica di un prodotto è parte integrante della sua utilità, perché i prodotti che utilizziamo ogni giorno influiscono sulla nostra persona e il nostro benessere. Ma solo gli oggetti ben fatti possono essere belli.4. Il buon design aiuta a comprendere un prodotto.Chiarifica la struttura dell’oggetto. Meglio ancora, si può far parlare il prodotto. Nella migliore delle ipotesi è auto-esplicativo.5. Il buon design è discreto.I prodotti che soddisfano questo fine sono come strumenti. Non sono né oggetti decorativi, né opere d’arte. La loro progettazione dovrebbe quindi essere sia neutrale e sobria, per lasciare spazio all’auto-espressione dell’individuo e dell’utente.6. Il buon design è onesto.Non comunicare un prodotto (e il suo progetto) in modo da farlo apparire più innovativo, potente o importante di quanto sia realmente. E non tentare di manipolare il consumatore con promesse che non possono essere mantenute.7. Il buon design è duraturo.(Il buon progetto) evita di essere alla moda e quindi non appare mai antiquato. A differenza di design “alla moda”, dura da e per molti anni – anche nella società dell’usa e getta di oggi.8. Il buon design lo è fino all’ultimo dettaglio.Nulla deve essere arbitrario o lasciato al caso. Cura e precisione nel processo di progettazione significano rispetto nei confronti dei consumatori.9. Il buon design è attento all’ambiente.Il design offre un importante contributo alla salvaguardia dell’ambiente. Esso conserva le risorse e riduce al minimo l’inquinamento fisico e visivo durante tutto il ciclo di vita del prodotto.10. Il buon design è meno design possibile.Meno ma meglio perché si concentra sugli aspetti essenziali, e i prodotti non sono gravati da elementi non essenziali. Torna alla purezza, torna alla semplicità.

Questi sono i capisaldi per la progettazione, ed è anche grazie a questo tipo di approccio che i designer della Apple sono riusciti a differenziare l’iMac dai pc e fare dell’iPhone un oggetto culto

Grillodisegno dell’apparecchio telefonico Grillo progettato da Marco Zanuso e

Richard sapper, che nel 1967 vinse il Premio Compasso d’Oro adI per il design. sono illustrati i modelli (con disco combinatore e con tasti),

le caratteristiche tecniche (introduzione dello snodo a cerniera) ed estetiche (forma a conchiglia), 1974 (Fondazione Isec, Fondo Italtel).

Elena [email protected] www.pescamelba.com

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LA MUSICA COME ARTE DELLO SPIRITO UMANO.

Matteo Musumeci: l’armonia fuori dal caos.

di NANNI MUSIQO RAGUSAfoto © DAMIANO SCHINOCCA

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La musica e la poesia esprimono la bellezza estetica in diversi modi, traendone un effettoartistico meraviglioso, perché da quando è nata l’arte su questo pianeta la musica e la poesia sono un binomio che richiama le profonde

emozioni innate. Capita, poi, nella vita, che sei ragazzino e quando senti la musica scappi, non la sopporti, ti tappi persino le orecchie pur di non sentire quel fantastico rumore: però la vita dei più è una fuga fuori da se stessi e allora capita anche che, improvvisamente, la protagonista della tua corsa ti chiami per nome e faccia dono del regalo più bello, un linguaggio capace di interpretazioni infinite, l’arte di portare e trasmettere emozioni. Questa è la meravigliosa storia di Matteo, un ragazzino, che un giorno dietro le quinte del

Teatro Stabile di Catania, mentre sbircia “La sagra del signore della nave” di Pirandello, viene rapito dal “Requiem” di Wolfgang Amadeus Mozart, che gli tocca l’anima così profondamente da arrestare la sua fuga dalla musica.

Quel momento segna per Matteo l’inizio di una meravigliosa vita fatta di notti intense, imparando a leggere la musica, di scoperte, di intuizioni e dell’attitudine all’invenzione, forse perché sin da piccolo la sua mente era proiettata alla fase creativa dell’arte del teatro, della costruzione dei personaggi, delle direzioni artistiche dei grandi registi, frutto della curiosità di un bambino che segue il padre in teatro e vive inconsapevolmente una formazione che lo sta segnando per sempre.

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Matteo mi parla di registi attenti, di maestranze fondamentali alla riuscita dello spettacolo, degli odori inconfondibili che si sentono quando entri in teatro, quando tutto è vuoto e si sentono chiaramente le corde della graticcia, i fondali e persino le tavole del palcoscenico.

La “tavola magica”, come la chiama lui: «Mi piace l’odore del teatro, la prima cosa che noto appena entro, e provo delle emozioni inspiegabili, come quando sento la musica, quella che parte da dentro, da una semplice intuizione. Così nasce la mia musica, da un input non ben definito che mi arriva e che irrimediabilmente devo saziare. Allora scrivo nota dopo nota, pagina dopo pagina».

“Il talento è quella cosa che hai nel dna,

qualcosa che nasce con te. Poi lo devi costruire tecnicamente

con lo studio, altrimenti rimane difettoso e negli anni

metterà in luce le mancanze.”

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Gli accadono cose apparentemente inspiegabili; succede che un giorno, mentre sistema i suoi spartiti, trova una lettera del padre, (il grande attore Tuccio Musumeci che quando la scrisse si trovava a New York in tournèe), dove scopre tutta la tenerezza di un uomo verso il proprio figlio lontano e trova parole d’amore paterno che lo emozionano. Da lì nascono le prime battute di quello che poi, dopo anni passati dentro un cassetto, diventerà un successo assoluto, la composizione di “Resta qui”, brano vincitore, nel 2001, del concorso internazionale di composizione “Premio Bocelli”, indetto dalla Sugar Music di Caterina Caselli, il cui testo è stato scritto dallo stesso tenore Andrea Bocelli, e che diventerà poi disco di platino.

Così, il Maestro Matteo Musumeci diventa uno dei compositori italiani più importanti, scrivendo musica per il teatro per poi dedicarsi alla lirica.La sua opera lirica dal titolo Aitna (edita dalla Suvini Zerboni e premiata a Toronto) «è uno dei lavori più imponenti che ho fatto» spiega, «è dedicata ai miti del vulcano siciliano». Una storia d’amore favolistica, un percorso che racconta le bellezze ed i segreti della «Muntagna come la chiamiamo noi catanesi», mi dice Matteo, con i suoi modi straordinariamente schietti; mi racconta che in realtà, Aitna, nasceva come balletto, ma poi ha fatto la scelta coraggiosa e folle di farla diventare un’opera lirica che debutta nel 2005 presso il Teatro Nazionale della Moravia-Slesia di Ostrava e che poi rimane, inaspettatamente, in cartellone per due stagioni.

Successivamente approda in terra sicula, grazie al Teatro Politeama di Palermo, per la Stagione 2011-2012 dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, che esegue in prima assoluta la Suite sinfonica dall’opera per orchestra: un successo che lo consacra al suo pubblico. Prima di arrivare a questo ci sono diversi lavori per il teatro, colonne sonore di una delicatezza e di una vibrazione davvero rare. Matteo tocca il cuore perché lui stesso è colmo di passione: quando lo vedo riflettere, con integrità estrema, sulle sorti della musica, che si mischia di questi tempi, dal classico al pop, alle orchestrazioni di monumenti nazionali del rock; quando parla con tenerezza e con un po’ di rassegnazione della sua prova più difficile, il confronto con le istituzioni, quando diventa direttore artistico del Teatro Sangiorgi (oggi, lasciato nel parcheggio delle grandi navi accostate).

La sua integrità musicale viene fuori parlando dei suoi alunni che devono studiare e coltivare il proprio talento: passaggio fondamentale, l’ascoltare se stessi, che spesso lui rimarca nelle sue lezioni. Ma soprattutto rapisce il suo modo amichevole di trascinarti verso un‘arte intima e personale, con la convinzione di affrontare la musica con una passione che supera ogni materialità, che prescinde dall’essere qualcuno nella società, quando quello che sei è la storia che crei perché, conclude, «una società che crea la sua storia rimane, senza di essa muore»

www.myspace.com/matteomusumeci

Nanni Musiqo Ragusa / Damiano [email protected] / [email protected]

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DEBUTTI e CONCERTI2006 – il 3 giugno l’opera lirica “AITNA” è stata rappresentata al “Festival Katowickie Spotkania” in Polonia.2005 - Con la sua prima opera lirica “AITNA” debutta il 4 giugno al Teatro Nazionale della Moravia-Slesia di Ostrava in Repubblica Ceca in prima assoluta mondiale per la regia del M° Ludek Golat diretta dal M° Jurij Galatenko riscontrando un ottimo successo di pubblico e critica. L’opera è stata replicata fino a dicembre 2006.2005 - Tiene una serie di concerti con l’Orchestra Filarmonica della Repubblica Moldava diretta dal M° William D’Arrigo, eseguendo diverse sue composizioni tra cui “Resta Qui” in versione sinfonica per pianoforte e orchestra.1994 – Tiene il primo concerto interamente dedicato alle sue composizioni al Teatro Stabile di Catania, dove viene eseguito il suo “Concerto per violoncello e 2 pianoforti in sol minore”.

REGIE2009 - “Ritorna Vincitor” concorso di canto lirico città di Ercolano – Teatro del MAV –”Elisir d’amore”di G. Donizetti, direttore Hirofumi Yoshida, orchestra Collegium Philarmonicum, coro lirico del Miglio d’Oro. Allestimento “I solisti napoletani” in collaborazione con il Teatro San Carlo di Napoli.2008 – Teatro Sangiorgi di Catania - “La serva padrona”, di G. Paisiello, direttore Leonardo Catanalotto, orchestra del Teatro Massimo “Bellini”.2008 – Teatro Massimo “Bellini” di Catania - “Cavalleria rusticana”, di P. Mascagni, direttore Antonio Manuli.2007 – Teatro E. Piscator di Catania - “Stella di Betlemme”, scritto a quattro mani con Massimiliano Costantino.

DISCOGRAFIACosetta Gigli – “Arie nell’Aria” – (Butterfly’s lullaby) (CD e believedigital 2009).Pentagramma Cromatico – (CD 2009).Aitna – (CD live 2005).Andrea Bocelli - “Cieli di Toscana” (Resta qui) - (CD 2001).

PREMI E RICONOSCIMENTI2009 - Toronto (Canada) - 3° edizione del Premio “CSNA 2009” al compositore Matteo Musumeci per aver portato con la sua capacità ed il talento di compositore la sicilianità nel mondo attraverso la sua opera lirica “AITNA”.2008 – Portopalo di C. P. – Riconoscimento alla Quarta edizione del premio “CORTOPALO FILM FESTIVAL 2008” per le seguenti motivazioni:“Per aver portato nel cuore dell’Europa con la sua musica l’anima della nostra terra e del nostro vulcano Etna. Per aver ridato vita allo storico Teatro Sangiorgi, dopo anni di silenzio. Alla sua carriera così giovane ma già piena di successi”.2008 – Siracusa – 7° edizione Pemio “IL PALADINO D’ARGENTO” al compositore Matteo Musumeci per la promozione e divulgazione dell’opera lirica.2007 – Catania – Riconoscimento KIWANIS INTERNATIONAL al maestro Matteo Musumeci per la sensibilità e professionalità dimostrata.2003 – Catania – Premio Nazionale Artistico Culturale e dello Spettacolo “NUCCIO COSTA” al maestro Matteo Musumeci.2001 – Milano – II° Premio Assoluto della I° edizione del concorso internazionale di Composizione PREMIO BOCELLI 2001 con il brano “Resta qui”.1994 – Palermo - Teatro Ranchibile – Premio Ranchibile al giovane pianista Matteo Musumeci.

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“I fili rossi rappresentano i legami, ciò che ci tiene coi piedi per terra. Gli uccellini sono la parte di noi che può volare al di sopra di questa natura

umana, così vincolata a questo corpo. E gli alberi, il simbolo che più racchiude la nostra condizione: le radici a tenerci legati a terra,

senza le quali non potremmo vivere e i rami che tendono verso il cielo.”

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IL SIMBOLISMO DI Elisa Anfuso di CHIARA BARONE

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Un viaggio onirico nelle opere della pittrice catanese.

Lei è un’artista. Racconta favole, dipinge realtà. Una cantastorie su tela. Quello che immediatamente accade di fronte alle opere di Elisa Anfuso è che ti accompagnano per mano, lentamente, verso un

mondo indefinito e intenso, fatto di simboli e favole. Ti trovi lì a respirare un non so ché di fantastico, forse anche il mondo di una donna disincantata che si rifugia in pensieri da bambina, i quali si increspano su carta abitata da alti papaveri, piccoli dolci, capelli che si intrecciano, favole che si schiudono, uccellini che spiccano il volo: il tutto incorniciato su tela. Danno vita all’immaginazione di ognuno, risvegliano déjà vu, domande, ispirazioni sopite. Le favole di cui si nutre questa artista sono intrise tuttavia di realtà; una realtà che si riversa sulle tele, spazi bianchi su cui creare, e pur si pone davanti agli occhi di chi non l’ha ancora affrontata: «E così Cappuccetto Rosso ci parla di quanto la fiducia ci renda ciechi e ci impedisca di vedere anche le cose più evidenti. E Alice vive la tragedia del sentirsi sempre inadeguata, troppo grande, troppo piccola, mai della giusta misura. Inadeguata persino nel mondo da lei stessa creato. I pericoli peggiori sono proprio dentro di noi. E ancora Karen, la bambina di “Scarpette Rosse” di Andersen ci insegna che ciò che tanto desideriamo non sempre è poi ciò di cui abbiamo bisogno e che può renderci felici».Gabbie, chiavi, sedie, piccole porticine chiuse dietro la realtà dove si mischiano linee e colori, oggetti e pensieri

che scombinano i capelli e li intrecciano nel nome dall’arte. L’arte. Quell’arte che viaggia, veloce, su un doppio binario in un’atmosfera di colori vivi e caldi, dai toni del rosso a quelli del blu: la fantasia, ma anche la nuda realtà. Lei è fatta di sogni, ma anche di carne. E di pensieri. Pensieri che con abili mani leste da pittrice si materializzano in forme, pose, colori.

Dai suoi tubetti di colori ad olio si materializza ciò con cui lei si incontra e si scontra, tutto ciò che affascina e ciò che terrorizza. “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” scriveva Shakespeare, e di questa sostanza Elisa è impastata.

Ama la fotografia, il cinema francese, il pianoforte, le illustrazioni di Egneus, le poesie di Patty Smith, il teatro dell’assurdo e quello Noh giapponese, la pittura preraffaellita, Piero della Francesca, Mantegna, Hayez, Van Eyck. Tutti mondi in qualche modo accomunati da un certo elemento onirico, simbolista più o meno manifesto e da una sorta di congelamento del tempo che sposta la realtà n un piano differente e sembra lasciarla lì, sospesa.Immaginate quattro mura vuote, bianche, fredde. Elisa, pennello e pensieri in mano, e la tela che prende vita al ritmo di sogni favole e realtà. I suoi quadri si riversano dentro stanze che riempie d’oggetti e simboli.

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Le stanze sono esse stesse rifugio e prigione. Il tempo dell’infanzia, poiché l’infanzia non è solo un tempo, ma anche un luogo: il meraviglioso luogo del ricordo. Quel posto che ti mette al riparo, come un tetto, durante una pioggia fredda e fitta di realtà, da tutto il resto ed un rifugio che può diventare anche prigione quando è l’alibi per non voler più uscir fuori. Perché si ha paura. Ci si lascia vincere dalla mancanza di coraggio, lì inerti e inermi. La dimensione del ricordo si coglie viva e si carica di simboli: i fili rossi che rappresentano i legami, tutto ciò che ci tiene coi piedi per terra, in bene e in male.

Gli uccellini, di contro, sono la parte di noi che può volare al di sopra di questa nostra natura umana, così vincolata a questo corpo. E gli alberi, il simbolo per eccellenza che più racchiude la nostra condizione: le radici a tenerci legati a terra, senza le quali non potremmo vivere e i rami che tendono verso l’alto, desiderosi di raggiungere il cielo. Poi i dolci, simbolo del nostro bisogno puramente umano e fisico di nutrimento ma rispondono anche ai nostri bisogni emotivi.

hi non s’è mai coccolato col cioccolato una volta ogni tanto? E ancora oggetti della nostra infanzia, sedie che raccontano di chi si ferma e si lascia vincere o, al contrario, scarpette rosse per chi sa di dover andar via. Per lei l’arte è un’esigenza, scaturisce da un’urgenza, quella di comunicare.

È fatta di «frammenti di un racconto che può avere infiniti inizi e infinite conclusioni, che nemmeno io conosco». Urgenze ed esigenze, dunque. Quelle d’artista, che non si spiegano, ma che si colgono vive nelle opere e che hanno due protagonisti. Lei e l’arte. A noi non resta che osservare, forse con lo sguardo da adulti che sgranano gli occhi da bambini, quegli occhi che tutti, più o meno nascosti nell’animo, possediamo

www.elisanfuso.com

Chiara [email protected]

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Le novità e i dischi che hanno fatto la storia del rock.di reBeCCa La MeLa

Jonas David “Keep The Times” - 2011

Dicono che in Germania si coltivano artisti sempre più talentuosi; uno di questi è Jonas David che stupisce col suo disco di esordio Keep The Times, un disco che sa di pavimenti scricchiolanti e caminetti accesi.

La sua voce fa da padrona, delicata nelle note basse, ricordando Damien Rice e Glen Hansard, e potente nei falsetti, simili a quelli di Bon Iver. Il tutto è accompagnato da arrangiamenti semplici ma efficaci, fatti di xilofono, sovraincisioni vocali e chitarre, da testi malinconici come Shades, You In The Fires e la bellissima Hush. Lasciarsi trasportare dalla voce di Jonas vuol dire attraversare un viaggio nostalgico di amori perduti e parlare di tecnica diventa inutile: Keep The Times sottolinea la naturalezza e semplicità dell’anima di Jonas. Potremmo parlare delle influenze e delle somiglianze dell’album, ma tutto crolla durante l’ascolto che permette di farti pensare a quanto hai sofferto per una persona e alla voglia di innamorarsi di nuovo per vedere la luce alla fine della strada.

Innamorarsi della genuinità: è questo quello che si pensa ascoltando Keep The Times. Chiudere gli occhi e sentirsi su un prato in Germania fuggendo dalla realtà quotidiana: obbligatorio.

www.jonasdavid.bandcamp.com

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Led Zeppelin“Led Zeppelin IV” - 1971

Ero al primo anno di liceo quando mi innamorai perdutamene dei Led Zeppelin. Da quel momento, Led Zeppelin IV è diventato un album fondamentale nella mia crescita spirituale e musicale.

Conosciuto anche come Zoso, Led Zeppelin IV è un album pieno di sperimentazione, in cui i quattro inglesi si distaccano da un circolo vizioso di genere predefinito. Si apre con Black Dog, pietra miliare dell’hard rock con un arrangiamento strutturato e atipico. Rock and Roll nasce da una jam session con Ian Stewart, fondatore dei Rolling Stones, e contiene tutte le influenze dei Led Zeppelin: Little Richard e Muddy Waters. I toni si abbassano, e dai mandolini lisergici di The Battle Of Evermore, ci si emoziona con Stairway to Heaven, uno dei brani più belli e controversi del rock. Qui si affina la voglia e la ricerca del disco e dello spirito perfetti; un crescendo che passa dal folk al hard rock, in cui il testo descrive quanto la società moderna veda solo consumismo e individualismo. Da ora in poi troviamo un John Bonham supremo, che in Misty Mountain Hop, Four Sticks (suonata con due bacchette per mano) e When The Levee Breaks si supera alla batteria. Going To California è il pezzo folk dell’album: la chitarra di Jimmy Page, il mandolino di John Paul Jones e la voce di Robert Plant si fondono in un’ode a Joni Mitchell. Led Zeppelin IV è uno di quei dischi che ascolti una volta e ti rimane sotto la pelle, in un turbine di lacrime e sensualità. Non è mai troppo tardi per riprenderlo e rispolverare quelle emozioni che avevi messo da parte, ma che sono sempre le stesse.

www.ledzeppelin.com

Rebecca La [email protected]

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Lord William - Lady Maryon

Così la avvicino a me: ci abbracciamo. Maryon mi stringe forte a sé,

io lascio scivolare sul divano l’album fotografico. I suoi capelli hanno un profumo avvolgente,

che non è più quello, morbido, che usava anni fa. Penso che sicuramente gli ultimi anni

l’hanno cambiata: sono curioso di scoprire fino a che punto. Ho voglia di giocare. Le mie mani

iniziano a ripercorrere sentieri già battuti. E non vogliono fermarsi.

Maryon si abbandona totalmente alle sensazioni. In questo non è cambiata affatto.

Aspettava una scintilla, è evidente, per ritrovare lo stesso fuoco

che l’aveva avvolta, scottata, arsa.Il suo collo si muove flessuoso e arrendevole ai

miei primi baci, mentre le sue cosce iniziano a contorcersi di piacere.

Ci trasferiamo in camera sua.

Col tempo avevo imparato a rispettare le emozioni delle donne, mentre fino a pochi anni

fa giocavo a sperimentarne le reazioni. Piccolo chimico dei loro fremiti. Irridente

folletto, vulvonauta nella loro intimità.

Per questo motivo vederla da subito così coinvolta nel nostro amplesso,

mi porta a guidare la situazione, come sempre, con lei, succedeva.

Confesso che, anche dopo anni, la sintonia sessuale tra noi è rimasta intatta: ci muoviamo

in perfetta sincronia, conoscendo in anticipo i desideri altrui ed esaudendoli

prima che siano espressi.

Un feeling ritrovato, nel modo più naturale e spontaneo.Proprio perché, forse, non s’era mai perso.

Quella notte non avevamo aggiornato l’album dei ricordi.Era, invece, la conferma di un cammino che si era interrotto, sotto la cenere, per poi riemergere a distanza di anni. Rivelazione.Il primo ad esserne stupito ero io. Era uno di quei rari momenti in cui la vita ti sbatte in faccia la tua umanità, dimensione fragile ma piena, emozionata e commossa. Finita ma grata.

Così, quando le luci dell’alba ci sorprendono molli comelenzuola stropicciate, mi alzo e la lascio dormire: ho voglia di farle un regalo.

Bavero alzato, esco di casa. Il mattino è fresco e cova una giornata di timido sole. L’olfatto, il senso da sempre più forte in me, mi guida: tra odori di erba tagliata, asfalto bagnato e fragranze da bar.E così entro in un caffè e ordino un cappuccino.Gomiti sul bancone: sorseggio e sorrido.

(... prosegue)

(... continua)

TRONI ESOTERICICHI SI SIEDE...

NEI TAROCCHI

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C he cosa lega davvero due innamorati? Una scintilla, niente di più che una scintilla. Ovunque sono, quando si vedono, appena

si incontrano, la scintilla li chiama, li attira, li coinvolge. Stanno bene, sono instancabili; sono nella dimora del fuoco, dello spirito.

Quando scatta l’innamoramento, ci si immette nel grande respiro dell’universo, si diventa parte del suo moto, della sua armonia, si viene attraversati da una forza trascendente. Tutto diventa un rito, una consacrazione. L’atto sessuale, la sua preparazione, l’avvicinarsi, gli odori, lo scoprire il corpo della persona amata e poi accingersi a penetrare o ad essere penetrati. Tutto diventa magico.

L’innamoramento, e solo l’innamoramento, crea un desiderio continuo, che non ammette lacerazioni nella trama del tempo.

Il tempo dell’amore è continuo, compatto, inconsutile. Lo spazio e il tempo si animano di prossimità e di istanze ignote alla geometria, perché misurate dalla forza del desiderio. Questo rapimento interiore che

del Dott. Salvo Noè

L’INNAMORAMENTO SANO.mi lega a te, all’inizio mi fa piacere tutto di te (idealizzazione). Col tempo le cose possono cambiare in meglio o in peggio, si vedrà…

L’innamoramento induce nei partner una condizione che, fuori da questo stato, sarebbe definita patologica; meccanismi quali un’intensa idealizzazione, la sopravvalutazione dell’altro a scapito di sé, ma soprattutto il dissolversi momentaneo dei confini del sé, intervengono come elementi del tutto naturali e fisiologici nel processo di innamoramento.

La capacità di innamorarsi e di restare innamorati non è semplice da realizzare e lo sappiamo. Essa è infatti considerata, più che un punto di partenza, un punto di arrivo della maturazione psicobiologica di un individuo. Affinché ciò possa realizzarsi sono infatti necessarie due pre-condizioni: essere capaci di accettare la dipendenza senza sentirsi in balia o sottomessi all’altro, ed essere capaci di “lasciarsi andare”, cioè accettare di perdere e superare i confini dell’Io.

Una persona in grado di integrare tra loro questi due aspetti, può essere considerata sufficientemente matura rispetto alla sua fase di vita e capace di innamorarsi.

Al contrario, in personalità patologiche, è difficile accettare un vero e duraturo innamoramento. È interessante scoprire come si evolve il sentimento. Quando sei innamorato sei disposto a tutto.

C’è una bella visione romantica che mi pervade la mente da anni. Quando si è innamorati ci si bacia anche sotto la pioggia, non si bada all’effetto dell’acqua al potenziale raffreddore. In quel momento esiste soltanto lui e lei e quella magica “colla” che li lega. Anzi tutto diventa cornice, scenario incantevole che rafforza il sentimento.

È facile sentire delle coppie che raccontano episodi particolari dei loro primi incontri. Pazzie fatte in momenti di estasi. Poi col tempo, la magia svanisce e la razionalità prende il suo posto. Adesso piove e tu stai sotto i portici e magari non senti neanche più la voglia del bacio.

Col tempo perdiamo la voglia della scoperta, dell’evasione, della meraviglia. Diventiamo gli “economisti dell’amore”. Per fortuna però, non è sempre così.

del Dott. Salvo Noè

Psicologo clinico Psicoterapeuta

Docente di psicologia

[email protected]

Simona Di [email protected]

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55CHAIR n°6 2012

annO III N° 6 2012

EditoreDavide Guglielmino

[email protected]

Direttore ResponsabileFrancesco Russo

[email protected]

Direttore EditorialeRaimondo Ventura

[email protected]

Direttore CreativoLorenzo Guarnera

lorenzo@ lorenzoguarnera.com

Art DirectorDavide Arona

[email protected]

CollaboratoriGabriele Infranca, Nanni Musiqo Ragusa, 

Rebecca La Mela, Antonella Italia, Elena Russo, Simona Di Bella, Chiara Barone, Salvatore Scalora, 

Lady Maryon, Lord [email protected]

PhotoAntonio Di Maria, Damiano Schinocca,

Thomas Graziani

Per la pubblicità su [email protected]

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n.27/2010 R.P. 3000./10 V.G. del 12/2010.C.F.: GGLGPP70S03C351V