CercasiUnFine 25 Michele:cercasiunfine01es · madre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la...

8
scrutando pensando meditando dicembre 2007 anno III Bisogna che il fine sia onesto. Grande. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo come lei vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola? Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte. www.cercasiunfine.it periodico di cultura e politica amans di Massimo Diciolla, Carole Ceoara, Chiara Colavito, Vito Dinoia, Ilaria Castrovilli, Giorgia Bevilacqua, Mario Pappolla, Ilaria e Federica Chieppa, Carmen Sassi, Rebecca Superbo di un tenero nascosto pulcher di Lilly Ferrara, Paola Ferrara uando abbiamo pen- sato a questo numero, in redazione, abbiamo chiesto ad un amico di scriverci qualcosa su tenerezza e mondo politico. La risposta è stata: “Con- sidero la tenerezza un sentimen- to così privato, da essere restio perfino a parlarne. Con la politi- ca, poi, che c’entra?” Forse sa- remmo in tanti a sottoscrivere quest’affermazione: la tenerezza non è scomparsa dalla terra, ma è nascosta nell’intimità personale e familiare e difficilmente appare sul piano comunitario. Dall’altra parte, quando emerge nella sfera pubblica risente, spesso, di forme che la tradiscono: sdolcinature, mellifluità, sentimentalismi. Ma cosa vuol dire essere “tene- ro”? Il termine evoca atteggia- menti come la commozione, l’in- dulgenza, la gentilezza, la delica- tezza. Diremmo che va dritto al cuore, cioè al più profondo di se stessi. Ed è proprio qui che sorge il problema: il cuore si è spesso indurito, in chi più e in chi meno. E durezza è opposto di tenerez- za, in ogni senso. Etty Hillesum, nella tragicità di un lager, riesce a sentire “un’infinita tenerezza” e sceglie, così, di essere il “cuore pensante dell’intero campo di concentramento”. Testimonianza sublime, ma non per questo lon- tana ed inutile per la nostra espe- rienza quotidiana. La sua tene- rezza non nasce sull’onda di un contesto sano e portatore di amo- re e accoglienza, tutt’altro. Nasce , allora, come sfida di una perso- na, che nel suo sentire e pensare, non vuole rassegnarsi alla violen- za e al male. E’ tenera perché ha un cuore pensante e il suo senti- re e pensare sono profondi. “Io vivo – scrive nel Diario - vivo pienamente e la vita vale la pena viverla ora, oggi, in questo mo- mento… E questo probabilmente esprime il mio amore per la vita. Io riposo in me stessa. E quella parte di me, la parte più profon- da e la più ricca in cui riposo è ciò che io chiamo Dio”. La tene- rezza è un modo di essere e di ri- spondere alla durezza del mon- do. È quella dell’intimità di Be- tlemme, del Buon samaritano che si piega sul malcapitato (Lc 10); è quella della Hillesum che non prova odio per l’ufficiale della Gestapo che la sta interrogando, ma solo pena per lui e un deside- rio di curarlo, specie da quel si- stema che lo rende criminale. La tenerezza, allora, può anche rafforzarsi e maturare sul piano pubblico, senza degenerare o scomparire, come spesso oggi succede. Ma la sua comparsa nel pubblico dipende dalla capacità, scrive la Hillesum, di permettere ai “problemi del nostro tempo di trovare ospitalità da qualche par- te, trovare un luogo in cui posso- no combattere e placarsi, e noi, poveri piccoli uomini, noi dobbia- mo aprir loro il nostro spazio inte- riore, senza sfuggire”. E’ il cuore pensante, di cui sopra. Ma ciò non significa che, per provare tenerez- za, dobbiamo farci travolgere dal- la durezza e cattiveria del mondo. Vuol dire, invece, come annota Et- ty, vigilanza per non perdersi nei grandi problemi e “ricuperare i nostri stretti confini e continuare dentro di essi – scrupolosamente e coscienziosamente – la nostra vita limitata”. Leggo questo passo co- me invito a difendere strenuamen- te le fonti, personali e relazionali, della tenerezza; a portare nel pub- blico i suoi frutti più maturi, senza sciuparli o svenderli, nello stile so- brio e profondo della Natività. E’ l’invito ad accarezzare chi ce lo chiede con lo sguardo, a curare chi ci svela le sue ferite, nel corpo e nello spirito. Ad amare con tene- rezza. q di Rocco D’Ambrosio c ercasiun fine i ragazzi di don Lorenzo Milani Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DRT BARI Hetty Hillesum (1914-1943) ricercatrice universitaria, giovane martire in un lager nazista, testimone di forza interiore e tenerezza n. 25 tener di Paola Nocent, Franca Longhi, Laura Tafaro, Martina e Alessandro Pierobon, Lucio Toma, Franco Ferrara, Isabella Mastrangelo, Anna Donvito

Transcript of CercasiUnFine 25 Michele:cercasiunfine01es · madre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la...

Page 1: CercasiUnFine 25 Michele:cercasiunfine01es · madre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la destra poggia sul cuore di lei. Il piccolo Gesù ha labbra intensamente rosee, guance

scrutandopensandomeditandodicembre 2007 • anno III

Bisogna che il fine sia onesto. Grande. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questosecolo come lei vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola? Siamosovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte.

www.cercasiunfine.itperiodico di cultura e politica

amansdi Massimo Diciolla,Carole Ceoara,Chiara Colavito,Vito Dinoia,Ilaria Castrovilli,Giorgia Bevilacqua,Mario Pappolla,Ilaria e FedericaChieppa,Carmen Sassi,Rebecca Superbo

di un teneronascosto

pulcherdi Lilly Ferrara,Paola Ferrara

uando abbiamo pen-sato a questo numero,in redazione, abbiamo

chiesto ad un amico di scriverciqualcosa su tenerezza e mondopolitico. La risposta è stata: “Con-sidero la tenerezza un sentimen-to così privato, da essere restioperfino a parlarne. Con la politi-ca, poi, che c’entra?” Forse sa-remmo in tanti a sottoscriverequest’affermazione: la tenerezzanon è scomparsa dalla terra, maè nascosta nell’intimità personalee familiare e difficilmente apparesul piano comunitario. Dall’altraparte, quando emerge nella sferapubblica risente, spesso, di formeche la tradiscono: sdolcinature,mellifluità, sentimentalismi. Ma cosa vuol dire essere “tene-ro”? Il termine evoca atteggia-menti come la commozione, l’in-dulgenza, la gentilezza, la delica-tezza. Diremmo che va dritto alcuore, cioè al più profondo di sestessi. Ed è proprio qui che sorgeil problema: il cuore si è spessoindurito, in chi più e in chi meno.E durezza è opposto di tenerez-za, in ogni senso. Etty Hillesum,nella tragicità di un lager, riesce asentire “un’infinita tenerezza” esceglie, così, di essere il “cuorepensante dell’intero campo diconcentramento”. Testimonianzasublime, ma non per questo lon-tana ed inutile per la nostra espe-rienza quotidiana. La sua tene-

rezza non nasce sull’onda di uncontesto sano e portatore di amo-re e accoglienza, tutt’altro. Nasce, allora, come sfida di una perso-na, che nel suo sentire e pensare,non vuole rassegnarsi alla violen-za e al male. E’ tenera perché haun cuore pensante e il suo senti-re e pensare sono profondi. “Iovivo – scrive nel Dia rio - vivopienamente e la vita vale la penaviverla ora, oggi, in questo mo-mento… E questo probabilmenteesprime il mio amore per la vita.Io riposo in me stessa. E quellaparte di me, la parte più profon-da e la più ricca in cui riposo èciò che io chiamo Dio”. La tene-rezza è un modo di essere e di ri-spondere alla durezza del mon-do. È quella dell’intimità di Be-tlemme, del Buon samaritano chesi piega sul malcapitato (Lc 10); èquella della Hillesum che nonprova odio per l’ufficiale dellaGestapo che la sta interrogando,ma solo pena per lui e un deside-rio di curarlo, specie da quel si-stema che lo rende criminale. La tenerezza, allora, può ancherafforzarsi e maturare sul pianopubblico, senza degenerare oscomparire, come spesso oggisuccede. Ma la sua comparsa nelpubblico dipende dalla capacità,scrive la Hillesum, di permettereai “problemi del nostro tempo ditrovare ospitalità da qualche par-te, trovare un luogo in cui posso-

no combattere e placarsi, e noi,poveri piccoli uomini, noi dobbia-mo aprir loro il nostro spazio inte-riore, senza sfuggire”. E’ il cuorepensante, di cui sopra. Ma ciò nonsignifica che, per provare tenerez-za, dobbiamo farci travolgere dal-la durezza e cattiveria del mondo.Vuol dire, invece, come annota Et-ty, vigilanza per non perdersi neigrandi problemi e “ricuperare inostri stretti confini e continuaredentro di essi – scrupolosamente e

coscienziosamente – la nostra vitalimitata”. Leggo questo passo co-me invito a difendere strenuamen-te le fonti, personali e relazionali,della tenerezza; a portare nel pub-blico i suoi frutti più maturi, senzasciuparli o svenderli, nello stile so-brio e profondo della Natività. E’l’invito ad accarezzare chi ce lochiede con lo sguardo, a curarechi ci svela le sue ferite, nel corpoe nello spirito. Ad amare con tene-rezza.

q ‘‘di Rocco D’Ambrosio‘‘

cercasiunfinei ragazzi di don Lorenzo Milani

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postaleD. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)

art. 1, comma 2, DRT BARI

Hetty Hillesum (1914-1943)ricercatrice universitaria, giovane

martire in un lager nazista,testimone di forza interiore e

tenerezza

n. 25tenerdi Paola Nocent,Franca Longhi,Laura Tafaro,Martina e AlessandroPierobon,Lucio Toma,Franco Ferrara,Isabella Mastrangelo,Anna Donvito

Page 2: CercasiUnFine 25 Michele:cercasiunfine01es · madre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la destra poggia sul cuore di lei. Il piccolo Gesù ha labbra intensamente rosee, guance

2 meditando di Paola Nocent

Iddio la disegnai espande la tenerezza, èdono per ogni creatura e a

Dio appartiene, Lui la disegna,insieme alla pietà, alla misericor-dia, al coraggio. E freme comeuna foglia al vento, commossaper ciò che più suscita stupore: ilpiccolo, il nuovo, la tenera vita. Iltermine latino te n e r , ci collega al-la radice *te n , che si rifà al tene-re, al tendere, a ciò che è tenue.La tenerezza infatti profuma ilquotidiano, gli conferisce consi-stenza, tenuta, porta ognuno dinoi a tendere la mano all’altro ri-conosciuto come prossimo.Quando è accantonato e feritodall’umiliazione, quando è solo,deriso, sfruttato o ignorato. Equest’altro mi vive accanto, silen-zioso o rabbioso, solo o annoda-to a poveri “io” che non hannoconfini.Inizia la mia attività – lavoro inuna cooperativa di servizio edu-cativo per minori in difficoltà - egiorno dopo giorno sono costret-ta a misurarmi con tenere vite daifragili confini, legati al laccio del-la loro malattia, psichica, relazio-nale, fisica. Eppure dev’essercianche per loro la possibilità digodere del dono altissimo dellavita, della libertà, della compa-gnia degli altri. Nel camminaresimbolico lungo i sentieri del di-venire, inciampo spesso con imiei piccoli esploratori contro

muri interiori, limiti che l’ordina-ria logica supererebbe facilmen-te. Muri della non conoscenza,vortici d’aggressività, labirinti del-la ragione. Posso anch’io usare lastrategia d’Arianna e con l’altrorecuperare un trincio e una fine,un passamano che permetta dipercorrere, anche al buio, la stra-da dei giorni. Senza pretese d’ec-cellenza, ma nella distensione diun sorriso. Un filo. Il gioco chesostituisce l’astratto pensare, unamano tesa che permette all’amicodi non scivolare sul pericolosopavimento delle emozioni esa-sperate. Un abbraccio, un mas-saggio terapeutico che strappi unsorriso e porti creature tanto feri-te oltre i confini di un io prigio-niero di se stesso.Sul foglio che uso per pensarescrivendo, traccio in modo essen-ziale il profilo della Vergine dellaTenerezza, l’Eleusa [vedi icona inquesta pagina, ndr]. Pochi tratti,perché estremamente essenzialeè la tenerezza che Dio disegnasul volto della Madre e del Figlio.Sguardi intensi, commozioneprofonda, dolcezza che trascen-de i canoni nostri di bellezza.L’icona tenta di ritrarre il profon-do e profondità chiede all’icono-grafo. Profondità è chiesta a noiperché sia visibile nei nostri ge-sti, nel nostro sguardo la presen-za di Dio. Le declamazioni sono

troppo spesso soli fuochi d’artifi-cio, rumorosi spari che accendo-no per un attimo la notte, ma poilasciano il solo odore del fumo,fumo di soldi sprecati. Lamenti,imprecazioni, spinte e rauche vo-ci sgraziate che riescono meglioadire il male. Non così nella Not-te Santa. Nel profondo silenzioDio viene mentre angeli cantanosenza far rumore, pastori accor-rono senza altro dono che sestessi e il frutto del loro lavoro.Offertorio della vita all’altare diColui che per noi si offre umilian-do se stesso. Semplicità nei sorri-si dei poveri che ritornano al lo-ro quotidiano glorificando Dio.Notte di luce, lampade accese neicuori in attesa. E le sole paroleche si odono, dicono: “Gloria aDio nell’alto dei cieli e pace interra agli uomini che egli ama”.Il Bambino è in braccio alla Ma-dre: ella ha il volto dolce, tenero,triste, gioioso e comprensivo nel-lo stesso tempo, volto che acco-glie in sé ogni sentimento umanoe lo trasfigura in preghiera. Strin-ge alla propria guancia il voltodel Dio Bambino che pare pro-tendersi verso di lei, che in que-sto istante gli è solo e soltantomadre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la destra poggiasul cuore di lei. Il piccolo Gesùha labbra intensamente rosee,guance piene, un piccolo naso

rotondo e occhi ben aperti dauno sguardo stupito rivolto al vi-so della Madre per comprenderequella tenerezza unita a tanta me-stizia. Sembra non osi chiedererisposte sul futuro che lo attende:egli, ora è solo un figlio e suocompito è vivere nella luce dellasovranità divina, trasfigurata inquella Madre. Il canone della Tenerezza sta ap-punto ad indicare la rivelazionedella Passione e Morte di Cristo,

si spiega così lo sguardo assoltoe dolente della Vergine mentre ri-ceve l’abbraccio del Figlio. IlBambino, che cinge con le brac-cia il collo della Madre, è ancheil Consolatore, il Salvatore mise-ricordioso che si china verso ognicreatura.Bontà e tenerezza è il Signore!

[educatrice, Monfalcone, Gorizia]

s

…Com’è strana la mia sto-ria – la storia della ragazzache non sapeva inginoc-

chiarsi”. Esther Hillesum, meglioconosciuta col nome di Etty, nac-que il 15 Gennaio 1914 a Middel-burg in Olanda, in una famigliadella borghesia intellettualeebraica. Etty era una ragazza bril-lante, intensa; aveva la passionedella lettura e degli studi di filo-sofia ed una notevole predisposi-zione per lo scrivere. Ad Amster-dam si laureò in giurisprudenza,si iscrisse alla facoltà di lingueslave interessandosi anche aglistudi di psicologia e dando lezio-ni di russo. Nel Gennaio 1941 co-nobbe Julius Spier, allievo diJung iniziatore della psicochiro-

logia, una personalità carismaticache colpì e stimolò Etty che fusua paziente e assistente e poiamante e compagna intellettuale.Quest’incontro segnò il via al-l’evoluzione della sua sensibilitàin direzione sempre più marcata-mente spirituale, come testimo-nia nel suo Dia rio , “alla ricercadell’essenziale e del veramenteumano”. “Un grande lavoro egliha fatto su di me: ha disseppelli-to Dio in me e gli ha dato vita edio ora devo continuare a scavaree a cercare Dio in tutti i cuori de-gli uomini che incontro, in qual-siasi angolo di questa terra”. La-vorò per un breve periodo in unasezione del Consiglio Ebraico diAmsterdam e quasi subito chiese

il trasferimento a Westerbork, ilcampo dove transitarono miglia-ia di ebrei olandesi in attesa dideportazione. Prestò la sua ope-ra nell’ospedale del capo - con al-cuni rientri ad Amsterdam - dal-l’agosto 1942 al 7 settembre 1943,data in cui Etty, suo padre, suamadre e uno dei suoi fratelli fu-rono caricati sul treno dei depor-tati diretto in Polonia. Morì adAuschwitz il 30 Novembre 1943.

tra i su o i lib r i:E. Hillesum, Dia rio 1941-1943 ,AdelphiE. Hillesum, Le tte r e 1942-1943,AdelphiE. Hillesum, Pa g in e m istic h e ,Ancora

tra i libri

di Etty Hillesum

e n e r e zza . Il De Mauro ladefinisce “sentimento di

affetto delicato e partecipe”; perDe Andrè è “quel poco che resta,assieme a qualche svogliata ca-rezza, dopo che l’amore chestrappa i capelli se n’è andato,perduto ormai”. Un vocabolario eun poeta evocano entrambi dol-cezza tenue e autentica, distanteanni luce dal machismo e dai pia-gnucolii zuccherini dell’universocatodico, come dalle barbarie, lo-cali e globali, del reale. Chi, anzi-ché sgomitare, parla di tenerezzao ne è avvinto, sembra quasi chefaccia la figura dell’in-genuo e debba pri-ma o poi arrossire.

Co n se rv a to r i-sm o c o m pa s-sio n e v o le . Lo-cuzione di derivazio-ne anglosassone, è divenu-ta popolare nel 2000, quandoGeorge W. Bush, secondo lo slo-gan “fede, solidarismo e libertà”,ne ha fatto l’anima portante dellapolitica statunitense del nuovomillennio. Mira a rafforzare econsolidare, coniugandoli stretta-mente, i valori tradizionali e l’ar-monico sviluppo sociale, in di-chiarata antitesi con l’approccioassistenzialista e statalista, caro aidemocratici e alla sinistra. Diso-rientata (o rinvigorita?) dai fattidell’11 settembre, sbandiera l’im-magine della compassione perchi è indietro e non ha i soldi perrecuperare il terreno perduto: nelnome di Dio e del tr e n d di vita,lo si rende, non uguale - troppagrazia - ma poco poco più ugua-

le a chi ce l’ha fatta. Pare che ilcostante ed esponenziale aumen-to della povertà negli U.S.A., so-prattutto infantile e delle mino-ranze, abbia registrato una battu-ta d’arresto soltanto nel 2006: mai dati ufficiali sono tanto contro-versi che, sull’argomento, è natopersino un organismo indipen-dente denominato Prima Com-missione Nazionale della Veritàsulla povertà in USA.

So ft po w e r .Altro termineinglese che,soprattuttoin ambito in-

ternazionale, identificamodelli di relazione trasoggetti basati non sui

tradizionali rap-porti di pura

forza (econo-mica, militare, nu-

merica: l’h a rd po w e r), madi tipo culturale e politico, ispira-ti dalla consapevolezza che i pro-blemi riguardino tutti e, in quan-to tali, vadano affrontati e risoltiin comunità d’intenti. So ft po w e rin salsa italiana? Nel paese dellerevisioni costituzionali a colpi dimaggioranza, delle maggioranzerisicate, infide e immobili comepaludi, sarebbe interessante unconfronto so f t tra le forze politi-che sui temi delle riforme, del-l’economia, della giustizia, del la-voro, cercando di superare, innome del comune interesse na-zionale, le logiche e le barriereideologiche di ciascuna.

[avvocato, Conversano, Bari]

in parola

t

di Massimo Diciolla

poetando di Seamus Heaney

No other thing can

be so beautiful.

Here the earth and heaven

drink their fill

although it is the night.

Nessun’altra cosa

può essere così bella.

Qui il cielo e la terra

bevono a sazietà

sebbene sia notte.

La redazione di Cercas i un f ineaugura gioia e pace a tutti i lettori

Page 3: CercasiUnFine 25 Michele:cercasiunfine01es · madre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la destra poggia sul cuore di lei. Il piccolo Gesù ha labbra intensamente rosee, guance

i l p e n sie r o f lu ttu a n te d e lla fe lic ità

A volte si tocca il punto fermo e impensabile dove nulla da nulla è più diviso,né morte da vitané innocenza da colpa,e dove anche il dolore è gioia piena.Sono cose, queste, che si dicono per noi soltanto.Altri ne riderebbero.Ma dire si devono.Le annotoper te che le sai benee per testimonianza dell’amore eterno...

da L’o pe ra po e tic aMondadori

3

poetando di Mario Luzi

meditando

per amore di Giuliaarissimi Chiara e Daniele,solo ripensando al cammi-

no di fede che condivido con voinell’accompagnare la vostra ama-tissima Giulia, alla scoperta del-l’Amore di Dio, trovo il coraggiodi scrivere e di associare l’espe-rienza della tenerezza, a quellavissuta all’interno della nostra co-munità cristiana.Da molti anni siamo amici frater-ni e, da alcuni, siamo insieme, ac-canto a Giulia, nel suo camminodi fede. E’ la vostra testimonian-za quotidiana di genitori a fare diGiulia la formidabile “cercatricedi Dio” che conosciamo. Esserela sua catechista, lo sapete, è perme motivo di onore e di gioia.Quante volte il ruolo di catechi-sta e di catecumena si è ribaltato?Infinite volte e Dio solo lo sa!Avete sempre saputo sostenerecon immenso amore, intelligentecreatività , dignità profonda e ge-nerosità il fardello della malattiadi Giulia e della sindrome diDown, che hanno fatto di vostrafiglia, una gemma delicatissima epreziosa e che hanno dato un va-lore immenso alla sua presenzacostante agli incontri, alla curaamorosa per il suo quaderno dicatechesi e per ogni parola, ge-sto, canto, persona incontrata.Giulia è sempre stata un donoper me e per i suoi compagni di“via”, un dono fatto di delicatez-za, di affetto per tutti, di com-prensione profonda del messag-gio di Gesù. Purtroppo in questianni, così belli per alcuni aspetti,ho condiviso con voi, ancheun’esperienza ingiusta e una sof-ferenza disorientante per la man-canza di attenzione, di rispetto,di affetto … di tenerezza, infine,da parte della nostra comunitàcristiana.

Quando scrivo “tenerezza”, nonintendo “buonismo”, trattamentopatetico, melenso da eterna bam-bina, incapace cronica, oggetto(o vittima) di bontà e gentilezzenon richieste ed offensive. Pensoinvece ad una tenerezza forte,fatta di rispetto dovuto, del-l’ascolto profondo dell’anima,penso ad una tenerezza capacedi mostrare, seppure di scorcio, ilvolto di un Dio che è amore, pen-so all’abbraccio di una comunitàche rispetta, non soffoca, ma in-coraggia e fa crescere ogni indi-vidualità e restituisce a se stessi eal mondo. Penso a braccia aper-te, a mani accoglienti e ferme cheoffrano al corpo, alla mente, alcuore, allo Spirito, il grande As-sente dalle nostre vite: il Vange-lo.Penso, infine, ad una comunitàche sa essere tenera, perché spe-rimenta la tenerezza di Dio e che,invece di “avvitarsi su se stessa”in complesse macchine organiz-zative, semplicemente fa ciò chedeve, restituisce, per giustizia, ciòche immeritatamente ha ricevutoe, fatto questo, si ritira, nel silen-zio evangelico, sapendo di esse-re una “serva inutile”. Troppe volte, Giulia, non ha in-contrato questa tenerezza, nonnella sua e nostra comunità cri-stiana e questo ha addolorato mee so che ha sottoposto la vostrafamiglia a prove durissime.Giulia è sempre stata ed è oraun’adolescente molto amata, davoi, innanzitutto, nel modo stra-ordinario che conosco; dai suoiinnumerevoli zii, cugini e appar-tenenti ad un “gruppo di fami-glia” stimolante, vivace, aperto,più unico che raro; dai suoi mol-ti amici, del gruppo di Bruzzano,del gruppo di S. Agnese, della ex-

scuola media. Da tanti.Ma, dalla comunità cristiana, no.A più riprese, e quasi di conti-nuo, Giulia è stata respinta e ri-cacciata in un angolo. E’ manca-ta completamente, proprio la di-mensione della tenerezza auten-tica, evangelica.E il suo opposto, ciò che avetesubito voi con lei, e di cui io so-no testimone e partecipe, non èstata la rigidità, ma, peggio,lanoncuranza, la faciloneria, la di-sattenzione, la pigrizia, il pregiu-dizio, la curiosità stupida; unaforma di invisibilità che fa spa-vento.Si ritiene ben organizzata, la no-stra comunità, così come la scuo-la superiore, cattolica, che avetescelto per lei, dopo la sua ottimauscita dalle scuole medie; certa-mente non sono organizzate, nel’una, né l’altra. Lì, Giulia, nonl’hanno proprio vista, non si so-no chinati con l’amore dovuto sudi lei, su di voi, e, di sicuro, an-che su chiunque altro avesse unalacrima nel cuore, un coraggionascosto, una gemma in tasca, untesoro non esibito, ostentato, gri-dato, ma non per questo menoprezioso.Perdonate, se potete, i “ritiri” or-ganizzati in alta montagna equindi, già in partenza, imprati-cabili per Giulia. Perdonate i li-bretti da colorare, ridicole vesti-gia della scuola materna, propo-ste ad una preadolescente inna-morata di Gesù e della sua Chie-sa. Perdonate l’incredulità e loscherno per le sue grandi passio-ni: la storia dell’arte, la musica,l’osservazione del cielo. Noncontate e non piangete più le vol-te in cui nessuno l’ha salutata, hachiesto come stava o se volevagiocare, partecipare, cantare, es-

c

di Franca Longhi

serci. Semplicemente. So di chie-dervi molto, ma tenete nel cuore,come sapete fare voi, solo le co-se belle: le celebrazioni su Gesù,Pane Spezzato, Pietra angolare,Luce, Bevanda, Amico, Compa-gno di cammino. Ricordate sem-pre - e come potreste non farlo? -la frase che Giulia ha meditato alungo e poi espresso a voi, in fa-miglia, al termine della prepara-zione all’Eucaristia: “Gesù, vogliostare sempre con te”. Non dimen-ticate mai che potete contare suamici “inossidabili”, che sarannocon voi, sempre, pur con i limitiche ognuno ha. E conservatesempre il ricchissimo tesoro chela vostra vita di famiglia porta insé, insieme a grandi fatiche, trop-po spesso causate dagli altri.E se questo, alla fine, è uno scrit-to sulla tenerezza, nella comuni-tà cristiana, è merito solo vostroe di Giulia. E’ lei la portatrice diquesta tenerezza “giusta”, bene-volente, della tenerezza che ac-coglie nel nome del Signore, nongiudica, ma dimentica il male ri-cevuto.Grazie a Giulia, che non portarancore, che giustifica tutti, checoglie ogni sfumatura dell’animo,di luce e di buio, ma per ciascu-no ha un posto nel suo cuoregrande e specialissimo. Grazie aGiulia e a voi, perché ci siete pos-siamo scrivere di tenerezza e dicomunità cristiana. Se e solo sericonosciamo in voi, in Giulia, ein tutti coloro che soffrono e spe-

rano, colei, coloro, che ci fannodono, continuamente, della tene-rezza del nostro Dio e del Vange-lo.Restiamo in silenzio, noi, nellecomunità. Siamo più umili e at-tenti, più educati e semplici, me-no arroganti, mettiamo in motomacchine organizzative menoperfette e più umane. Impariamoad accoglierci a vicenda, perchésiamo poveri tutti, tutti bisognosidi un abbraccio tenero, che ci ac-colga. Siamo forti tutti solo nellaSua Croce. Non ci sono primi esecondi: siamo secondi tutti, allasequela, insieme dell’Unico checi chiama tutti, fragili e deboli tut-ti. Solo che voi, Chiara e Danielee Giulia, lo sapete da sempre enoi, invece, non vogliamo pro-prio capirlo e abbiamo paurapersino di cogliere il riflesso del-la nostra vulnerabilità negli altri.Grazie anche per avermi permes-so di scrivere questa lettera: è sta-to, da parte vostra, l’ennesimoatto di amore e di servizio neiconfronti della Chiesa. Per me, losapete, scrivere queste parole èun gesto di profondo affetto, digiustizia e, spero con tutto il cuo-re, di tenerezza.Con l’amicizia di sempre. Franca

[insegnante di scuola media

e catechista, Milano]

remetto che non mi piaceparlare di sentimenti. Infondo, non mi piacciono le

donne che fanno facile intro-spe-zione. Mi fanno pensare alla se-gregazione casalinga, all’esiliomillenario tra le pareti domesti-che, alla condanna al ricamo deisentimenti. La tenerezza, poi,mette in difficoltà: evoca quasiesclusivamente immagini dimamme coi figlioletti, cuccioli,

bambini. È un sentimento che paralizza, fasentire disarmati, impotenti, inca-paci di aggressività. L’amorespinge, crea confronto, conflitto.La passione infiamma, brucia,consuma. La tolleranza muoveverso l’altro, verso una diversa vi-sione del mondo, della vita. Maquesta sensazione istintiva, stati-ca, di fronte ad un essere indife-so, può esistere anche nella dina-

mica di un rapporto paritario?Mi viene in mente il libro di Kun-dera, L’in so ste n ib ile le g g e r e zzad e ll’e sse r e . La protagonista ama ecombatte il suo uomo per tutta lavita. Ma alla fine del racconto c’èuna immagine bellissima: loguarda, ormai vecchio, ed il suosguardo si vela di tenerezza. Per la prima volta, si accorge diaverlo amato male, di averlo op-presso con la continua gelosia, diaver usato la sua debolezza, co-me arma subdola e passivamenteaggressiva, per trasformarlo apropria immagine e somiglianza.La tenerezza annulla questo rap-porto di forza. Nessuno e’ il piùforte dei due. O il più debole. Èaccettazione profonda. Rispettovero. Più della tolleranza che faaccettare l’altro come “diverso”dal sé, come se stesso su altropiano. Più dell’amore che è an-che egoismo, interesse. Amiamoperché vogliamo essere riamati.Lo pretendiamo, a volte. La tene-rezza è condividere l’un l’altro lostesso universo. Nella pace.

[avvocato, Putignano, Bari]

pensando

p

di Carole Ceoara

Page 4: CercasiUnFine 25 Michele:cercasiunfine01es · madre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la destra poggia sul cuore di lei. Il piccolo Gesù ha labbra intensamente rosee, guance

4

l termine tenerezza è av-volgente; evoca coccole,

effusioni, sguardi; richiama im-mediatamente alla mente l’imma-gine di una mamma con il suobambino; i gesti degli amanti; laMadonna della tenerezza di Vla-dimir. Chi “fa” la tenerezza nonparla e non dichiara, eppure co-munica ed esprime. La tenerezzaha un suo linguaggio, il linguag-gio dei gesti concreti. È una con-creta manifestazione (di un lega-me, di un sentimento, di un’emo-zione), una concreta accoglienzareciproca, un concreto prendersicura.Una sorta di pudore circonda lemanifestazioni di tenerezza. For-se perché la tenerezza è un post:sgorga da un moto interiore, dauna commozione viscerale, da unincontro profondo, come se do-po aver colto e contemplatoqualcosa di qualcuno (un gesto,un sorriso, un lampo negli occhi)non si possa fare a meno di com-piere un gesto che apre alla co-municazione. La tenerezza ap-partiene al presente, si coniuga alpresente. Nella dimensione dellatenerezza il tempo si annulla:nella tenerezza è tutto un qui eun ora.La tenerezza è relazionale, è ver-so sé stessi o verso altri. Penso,quale gesto di tenerezza nei con-fronti di sé stessi, al regalo deltempo, il regalo più prezioso chesi possa fare, a sé e agli altri. L’uo-mo contemporaneo, per così di-re, “va di fretta”, è in perenne af-fanno, non ha tempo per se stes-so, per la cura di sé e dei propri

bisogni, del corpo e dello spirito.Quante volte ci si ritrova la serasfiniti, fagocitati da mille impor-tantissime cose tutte fondamenta-li, prioritarie, irrinunciabili, im-prescindibili, a pensare, rammari-cati, che non vi era alternativa almodo di spendere il tempo. Re-galarsi del tempo è un grande ge-sto di tenerezza per se stessi.Tempo per la cura della persona,tempo per assaporare le cosebrutte e quelle belle, i dolori e legioie, l’angoscia e la speranza.Assaporare, invece di consuma-re, beni e relazioni; atti di tene-rezza al posto di frettolosi atti diconsumo.In questo senso l’etica della tene-rezza è tutta da scrivere. È gestodi tenerezza saper trovare il tem-po per le cose veramente impor-tanti, per gli affetti, per la fami-glia, per gli amici, senza rimanda-re a domani, alla settimana pros-sima, all’anno venturo.Il mistero del Natale, del Dio in-carnato, è quello di un Dio tene-ro perché “entra” nel tempo e in-vita l’uomo a fargli spazio nellesue giornate ora, adesso, subito,senza dilazioni.È manifestazione di tenerezzaper la collettività – oltre che mo-dalità di lotta alla mafia, in parti-colare all’ecomafia - praticare laraccolta differenziata dei rifiuti.Atto eloquente e forte di tenerez-za e rispetto per l’ambiente e legenerazioni future. È altresì gestodi tenerezza per la collettivitàconcorrere alle spese pubblichein base alla propria capacità con-tributiva in un’epoca in cui si fa

un gran parlare dei diritti fonda-mentali e inviolabili dell’uomo,ma ci si sofferma poco sui - cor-relati - doveri inderogabili.Eppure in Europa nella Carta deidiritti fondamentali il valore nor-mativo della dignità umana è alvertice dei valori fondanti l’ordi-namento comunitario. Per nonbanalizzarlo, va raccordato con ipostulati dello Stato di diritto,con i valori della solidarietà e del-l’uguaglianza sostanziale. NellaCarta si fa ambiguamente riferi-mento, nel preambolo, alla per-sona (al centro dell’azione del-l’Unione), nell’articolato, all’indi-viduo. Però individuo e persona,individualismo e personalismonon si equivalgono. Con l’indivi-dualismo si rimane sul piano del-la mera attribuzione di diritti. È ilpersonalismo a consentire il pas-saggio alla considerazione dellapersona quale centro di imputa-zione di diritti, ma anche di do-veri, espressamente menzionatinella Carta solamente al penulti-mo capoverso del preambolo,nel quale si afferma che dal godi-mento dei diritti sorgono «re-sponsabilità e doveri nei confron-ti degli altri, come pure della co-munità umana e delle generazio-ni future», in tal modo interpre-tando la solidarietà tra tutti e contutti.Ancora troppo spesso, tuttavia, sidimentica che ogni uomo, accan-to ai diritti fondamentali e invio-labili, ha anche dei doveri inde-rogabili e, tra questi, il dovere diconcorrere alle spese pubblichein base alla propria capacità con-

meditando di Laura Tafaro

prendersi cura

tributiva.La capacità contributiva non è unconcetto evanescente: rappre-senta l’idoneità di ciascun sogget-to ad essere sottoposto ad impo-sizione tributaria al fine di con-correre alle spese pubbliche. La“giusta imposta” è strumentale al-la realizzazione della giustizia so-stanziale e costituisce applicazio-ne e sviluppo - nel campo del-l’imposizione tributaria – deiprincipi di solidarietà e di egua-glianza sostanziale, presuppostoe risultato di ogni regime demo-cratico. Essa non si esaurisce nella paritàdi trattamento, il che porterebbead una giustizia meramente di-stributiva nella quale i soggettipassivi d’imposta sono scelti indi-pendentemente dalla forza eco-nomica. Non è pensabile chepossa conferire una parte deipropri averi chiunque non abbianulla o abbia così poco da nonriuscire neppure a soddisfare i bi-sogni essenziali di sopravviven-za. Sarebbe, come efficacementesi è affermato, «altrettanto incon-gruente che ordinare di correre achi non ha gambe o di cantare achi è sordomuto» (Falsitta).

L’attitudine a concorrere alle spe-se pubbliche sorge soltanto dopoche siano state soddisfatte le ne-cessità personali e familiari: ilconcorso alle spese pubblichedeve essere adempiuto da quelliche hanno, anche per quelli chenon hanno. Pagare le imposte co-stituisce un concreto gesto di te-nerezza per la comunità nellaquale si è inseriti e la cui appar-tenenza è fonte di diritti, pretese,prestazioni, ma anche di doveri.Vi è da riflettere sulla circostanzache dal mancato assolvimentodel primo dovere posto all’uomo(non mangiare il frutto di quel-l’albero, Gen 3) è scaturita la cac-ciata dal paradiso. Auguro a tuttidi “fare” la tenerezza, di rendere,le nostre famiglie e città, luoghidi tenerezza, nelle quali fareesperienza di tenerezza, acco-gliere e sentirsi accolti, senzasperimentare i gesti e i volti delrifiuto, della chiusura, della sepa-razione, della mancanza di co-municazione autentica, della vio-lenza, della prevaricazione, del-l’ingiustizia.

[docente di diritto civile, università diTaranto]

enedetta tenerezza! Tuttiabbiamo bisogno di tene-rezza, tutti abbiamo il desi-

derio di viverla. Riflettendoci inmerito, dal nostro angolo di vi-suale ci rendiamo conto che ri-schieremmo di raccogliere i no-stri vissuti in espressioni così alteda non spiegare nulla di noi. Perfortuna però, nobili poeti, bravifilosofi e sapienti scritti riportanosintesi preziose e difficilmenteesprimibili per molti di noi.Noi, comuni e forse anche caoti-ci sposi, ci riteniamo semplice-mente dei “privilegiati della tene-rezza”. Prima come figli, in fami-glie modeste ma ricche di umani-tà, di allegria, di vissuti spessosofferti ma saldamente ancoratinel mistero dell’Eterno che tuttovuole e tutto può. Poi come spo-si, a gustare, anche fisicamente,la grazia del dono reciproco nel-le piccole-grandi cose di ognigiorno: il pranzo, le pulizie, lespese, il perdono quotidiano. Ecome genitori di 4 figli a spender-ci con fatica ed entusiasmo per laloro e la nostra crescita fisica,morale, spirituale. E’ un divenireche sempre dà e riceve tenerez-

za. Quando ogni cosa sembra fi-nire e tutto sembra sovrastarci,qualcosa, meglio Qualcuno inter-viene ancor più pronto a farci ap-prezzare quasi in una realtà salvi-fica, le semplicità della vita, comeil mettere a letto ed alzare i figlidi primo mattino pur, alle volte,in un mar di imprecazioni e stan-chezze che non lasciano fortuna-tamente traccia, perché la graziadella tenerezza vissuta, tutto su-blima.Forse questo livello di tenerezzapotrebbe restare corteccia. Ma c’èun qualcosa in più con cui ci sia-mo incontrati e ci siamo alimen-tati in un rapporto dinamico emai finito: la sensibilità. Non sap-piamo, e nemmeno ci interessasaperlo, cosa inizia prima. Di cer-to si accompagnano, si compene-trano, e fanno sì che non riuscia-mo a mantenere il nostro vissutocome cosa intima. La famiglia,l’ambiente di lavoro, le relazionisociali, il mondo della scuola, leamicizie, i parenti ecc. si intrec-ciano in modo contagioso chie-dendoci di non e sse r e “molli” maforti con tenerezza! Al di là deinostri limiti, delle nostre paure,

delle indecisioni, dell’esserescontrosi, a questa scuola matri-moniale di tenerezza stiamo im-parando a lasciarci toccare dallepovertà del mondo, ricercandonel fratello i lati positivi, trala-sciando quelli negativi.A conclusione di queste righe,vorremmo condividere un picco-lo glossario, puramente indicati-vo, di sinonimi che per noi pos-sono tradurre cos’è la tenerezza:gratuità / amicizia / preoccupa-zione per l’altro e per sé stessi /prendersi cura / affidamento /compassione / stupire / stupirsi /dare e ricevere un bacio, un ab-braccio / scambio di confidenzeanche le più semplici / ricono-scersi fragili / azioni “eroiche” /cuore palpitante / accoglienza /generosità.Ognuno chiuda gli occhi e conti-nui la lista. Che tutti possiamoconservare il desiderio di gustarela tenerezza!

[logopedista – presidente di coope-rativa, Ronchi dei L., Gorizia]

b

meditando di Martina e Alesandro Pierobon

nel nostro quotidiano

i

un barlume di eternità filtrasempre più nelle mie più

piccole azioni e percezioni quo-tidiane. Io non sono sola nellamia stanchezza, malattia, tri-stezza o paura, ma sono insie-me con milioni di persone, ditanti secoli: anche questo faparte della vita che è pur bellae ricca di significato nella suaassurdità, se vi si fa posto pertutto e se la si sente comeun’unità indivisibile. Così, in unmodo o nell’altro, la vita diven-ta un insieme compiuto; ma sifa veramente assurda non appe-na se ne accetta o rifiuta unaparte a piacere, proprio perchèessa perde allora la sua globali-tà e diventa tutta quanta arbitra-ria.La vita e la morte, il dolore e lagioia, le vesciche ai piedi este-nuati dal camminare e il gelso-

mino dietro la casa, le persecu-zioni, le innumerevoli atrocità,tutto, tutto è in me come un uni-co, potente insieme, e come ta-le lo accetto e comincio a capir-lo sempre meglio, così, per mestessa, senza riuscire ancora aspiegarlo agli altri. Mi piacereb-be vivere abbastanza a lungoper poterlo fare, e se questonon mi sarà concesso, bene, al-lora qualcun altro lo farà al po-sto mio, continuerà la mia vitadov’essa è rimasta interrotta. Hoil dovere di vivere nel modo mi-gliore e con la massima convin-zione, sino all’ultimo respiro: al-lora il mio successore non do-vrà più ricominciare tutto da ca-po, e con tanta fatica. Non è an-che questa un’azione per i po-steri?”

da Dia rio 1941-1943, Adelphi

tra le pagine di Etty Hillesum

Page 5: CercasiUnFine 25 Michele:cercasiunfine01es · madre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la destra poggia sul cuore di lei. Il piccolo Gesù ha labbra intensamente rosee, guance

nei luoghi del sud5meditando di Lucio Toma

dei morti di fame”. Questa attra-zione, questa empatia che molti“uomini di cultura” hanno avuto,è venuta a mancare, poiché al“genere umano dei morti di fa-me” che, direbbe Pasolini ha su-bito “un processo di acculturazio-ne che fa perdere una certa gra-zia…”, si è sostituita una vastaclasse media definita come pic-cola borghesia. Ora è con questapiccola borghesia che “gli uomi-ni di cultura” si devono confron-tare. Se prima il valore concretodella bellezza era presente in ma-niera incosciente, oggi è assentesu questo piano e non è compar-so sul piano della coscienza, ov-vero esso non è più un valorepresente in forme diverse nei duepoli, ma pende, diciamo, tutto daun lato. Nella nostra parte di sud(e non solo) vi è la tendenza im-perante della sottomissione allalogica della sistemazione, così iragazzi che si arruolano, che inquattro e quattro otto mettono suuna famiglia, si sono auto con-vinti che non esistano altri oriz-zonti, che tutte le vie conducanoa quel destino. Non voglio fareuna polemica contro la famiglia,

a meno che questa non diventiunica logica per l’individuo, ren-dendolo stagno alla riflessione,alle domande, alla ricerca, alla ri-bellione intellettuale. Tornandoalla tenerezza, essa, intesa comevicinanza tra due o più individui,come atto capace di avvicinare,di sprigionare calore è comun-que possibile su un piano stretta-mente umano, ma non su di unpiano c u ltu ra le . Ovvero comecomprensione di tipo “intellet-tuale”. È questo tipo di tenerezza(bellezza) che dovrebbe essereinstillata come valore concreto.Non è possibile vivere la tenerez-za (culturale), senza lo sforzo ne-cessario a comprendere, criticareanalizzare la realtà (essa è questosforzo). Solo in questo modo es-sa diventa valore concreto perl’individuo, e non semplicementesentimento, nobile senz’altro, maanarchico, effimero come un tra-monto o un volo di rondini.

[aspirante regista cinematografico,Torre dell’Orso, Lecce]

ssocio la tenerezza all’apa-tia, all’indolenza, alla stasi,

all’ipnosi, stati d’animo in appa-renza poco vitali. In apparenzapoco vitali perché chi ne è predanon si agita, non alza la voce, stanel silenzio ed ascolta, e questoascolto è la parte vitale, in movi-mento. A volte sboccia qualcheparola, “sboccia” realmente comegrazia. Grazia di papaveri ed er-ba più verde, nei prati tra gli oli-vi, o tra basse mura di un picco-lo appezzamento con l’orecchioteso all’ufficio catastale. La tene-rezza è un sentimento onirico,raggiungerlo prevede il massimodella cautela, dell’attenzione, del-l’incoscienza, come in certi qua-dri di Dalì massicce figure vengo-no sorrette da esili cannucce. Unequilibrio fragilissimo, nel silen-zio, graziato a volte da parole,asciutte, levigate, dal sapore dinoce appena colta, di sale offer-to dal mare all’osservatore fra-stornato da tanto spazio: un so-gno. Le stagioni più prodighe diquesto frutto sono: la primaverafino alla fine di giugno, e poi set-tembre fino alla metà di novem-bre. In estate bisogna cercarla be-ne nell’entroterra, in invernos’ammanta d’angoscia, che solo avolte, quando inizia a scendere lasera, se ne libera, riacquistandola sua consistenza. Questo fruttoanarchico, lo si saggia meglio insolitudine, diviene muto dialogocon la natura, o vivace monologointeriore. Non solo nel paesaggionaturale la gusta l’uomo, ma an-che nei piccoli paesi e cittadinedel sud, che pare siano pensateper questo. Al tramonto, la luce

di miele cade di sbieco fra i tettibassi, e incontrando il giallo del-le case povere, delle chiese, in-contra la nota uguale. Risonanzache amplifica l’ipnosi del giallo. Equando a questa corrispondenza,si sommano le folli geometriedelle rondini, viene da dire “Ehsi! C’è premeditazione!”. Questo per quanto riguarda ilrapporto dell’individuo con i luo-ghi in senso stretto, ma comefunziona in questi luoghi tra indi-vidui? La tenerezza tra individui(escludiamo subito gli innamora-ti) è un sentimento comune, for-se a volte raro, ma non intendoparlare di questa, come puro sen-timento. Non è possibile gustareun paesaggio o la compagnia diuna persona senza abbassare leproprie difese, senza essere tene-ri, non duri. La tenerezza è aper-tura, disponibilità, ascolto. La te-nerezza dunque è una piattafor-ma, un ponte proteso verso l’al-tro, verso la sua comprensione,verso la bellezza. Ed è di que-st’ultima che parlerò per specifi-care la prima. Dirò subito: la b e l-le zza è in pericolo. Non per laquestione che l’uomo invadesempre più la natura, ma per unaquestione più antropologica. Co-gliere a pieno la bellezza è dav-vero raro, ma questo fatto si puòporre in secondo piano, se consi-deriamo la bellezza come v a lo r e .Ecco: la bellezza in quanto valo-re è in pericolo. Se dovessimoporre il discorso in maniera para-digmatica (troppo schematica),diremmo (cosa arcinota): da unaparte c’è la bellezza, dall’altra la“sopravvivenza”. Chi sopravvive

(ossia chi è completamente as-sorbito dal lavoro, dalla famiglia,ecc), non pensa al frutto dellabellezza, non lo conosce, lo igno-ra. Io credo che questo frutto nondebba essere privilegio di fortu-nate persone oziose, ma che in-vece debba essere un bene con-creto, perché credo che la bellez-za non sia fine a se stessa, ma siacomponente fondamentale di ungiusto e completo è la n v ita l. Ab-biamo detto che la bellezza è dif-ficile da raggiungere e abbiamodetto che raggiungerla può anda-re in secondo piano se la consi-deriamo come un valore. L’im-portante quindi è esserne sensi-bili, ricercarla. Allora quando di-co la bellezza è un valore concre-to, voglio parlare delle qualità edello sforzo necessario per rag-giungerla. Questo sforzo lo sinte-tizzo come “analisi disinteressatadella realtà” sia naturale cheumana. Questo è il valore con-creto che si oppone al “vivere in-teressato la realtà”. Qui ad oppor-si sono due tipi di “fame”: una in-tellettuale, passionale, l’altra fi-siologica, sociale. Non voglioesaltare una e denigrare l’altra,ma bisognerebbe difendere laprima e non sopravvalutare la se-conda. Il bello è che questi duepoli si sono spesso cercati o tro-vati. Dalla tradizione verista, alleborgate pasoliniane, ai tentatividegli intellettuali di “guidare” lemasse, ai viaggi di Tommaso Fio-re, gli esempi si sprecano in cuila cultura “alta” cerca la cultura“bassa”. Scrive Vittorini in Con-versazione in Sicilia “[…] è piùgenere umano il genere umano

a

a tenerezza io l’ho vissutadomenica mattina. Stava-mo giocando nel cortile,

ad un tratto dal tetto è caduto uncolombo: non sapeva volare edera ferito. Il cuore cominciò abatterci, ci venne la pelled’oca, quasi quasi ci venivada piangere.Abbiamo chiesto aiuto ed in-sieme ci siamo presi cura dilui.Nel pomeriggio siamo anda-ti in campagna e abbiamocercato di farlo volare.Al primo tentativo è caduto,al secondo ce l’ha fatta. Felici siamo tornati a casa:avevamo compiuto un gestod’amore.

Ilaria Castrovilli e GiorgiaBevilacqua [III elementare,Minervino, Bari]

Giorni fa, mentre giocava-mo, vicino ad un cassonettotrovammo tre cuccioli di ca-gnolini abbandonati, trema-vano, erano pelle e ossa,guaivano come a chiederci aiu-to. Ci fecero tanta tenerezza. Liabbiamo raccolti e portati in unposto sicuro, abbiamo preparatoun a cuccia e siamo tornati a ca-sa a prendere per loro qualcosada mangiare.E’ stato bellissimo vedere il piùpiccolo, di colore marrone, chemi seguiva passo dopo passo e

avvicinandosi sempre più mileccava le gambe facendomi lefeste.

Mario Pappolla [III elementare,Minervino, Bari]

Immagini di tenerezza.Una mamma allatta il propriobambino.Un anziano gioca con un bambi-no.Cuccioli di animali che prendo-no il latte dalla loro mamma.Il nonno e la nonna che si vo-gliono bene.Per la prima volta ho preso in

braccio la mia sorellina.Papà mi prende in braccio e mifa volare come un aeroplano.I miei uccellini si danno tanti ba-cini.

Ilaria e Federica Chieppa [IIIelementare, Minervino, Bari]

Il cielo è sereno, le stelle brillano nel cielo scuroscuro i cani non più abbaiano, tacciono pure loro.Entro nella camera di mia sorel-la ma dorme pure lei:poverina dopo tanto lavoro!C’e’ una grande tranquillità, non si sente anima viva, neanche una mosca intorno acasa mia.Mi rimetto nel mio letto, facciola preghiera e dico:questa si che è pace infinita ebellissima.

Carmen Sassi [III elementare,Minervino, Bari]

La tenerezza è un sentimentoche si prova quando due o piùpersone si vogliono bene. Laprima volta che ho provatotenerezza è stato quando, ascuola, su un esercizio Nina hascritto che sono la sua miglioreamica.

Rebecca Superbo [IV elementa-re, Minervino, Bari]

crescendo

lover parlare di tenerezzapotrebbe sembrare achiunque una stupidaggi-

ne. Ma in pratica di cosa si tratta?Difficile a dirsi, almeno per me!Ancora più difficile riuscire adesprimerlo con parole efficacisulla carta.Qualsiasi definizione io provi adare di questo sentimento, restasempre una cosa sterile. Tutte le definizioni possibili nonsono in grado di esprimere lacomplessità che questo senti-mento comporta. Non credo di essere la donna più“tenera” di questa terra, ma in

quanto madre di due stupendecreature, vedo in loro in moltiistanti quello di cui parlo.Tenerezza è giocare con loro, èvederli complici nel gioco e nel-le birichinate.Tenerezza può essere uno sguar-do, un sorriso, un abbraccio, unacarezza.Tenerezza è guardarli dormirebeatamente immersi nei loro so-gni!!

[casalinga, Cassano, Bari]

pensando di Chiara Colavito

d

Page 6: CercasiUnFine 25 Michele:cercasiunfine01es · madre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la destra poggia sul cuore di lei. Il piccolo Gesù ha labbra intensamente rosee, guance

6

duri, ma non soloin film di Paola Ferrara

ome non si può vivere so-lo di durezza, così non si

può vivere solo di tenerezza. Latenerezza è un gesto che nascenell’intimità, e prima di tutto nel-l’intimità della famiglia, ma poi ri-guarda tutti i rapporti umani. Insostanza la tenerezza rappresen-terebbe la forza avvolgente del-l’amore, una effusione affettivaentro cui l’amore può compiuta-mente manifestarsi e attuarsi.Il film che affronta questo tema,così delicato, leggero e sfumato,attraverso il rapporto tra un pa-dre e una figlia, che però non so-no dello stesso sangue è: Millio nDo lla r Ba b y di Clint Eastwooddel 2004. La pellicola chiama lospettatore a entrare, in un mon-do cupo, uggioso, desolato. In-fatti nella fotografia, frequente èl’uso di un ristretto raggio di luceche fende il buio, per far emerge-re i volti dei personaggi, svelan-done gradualmente la loro uma-nità. E’ come se queste tenebre,in cui restano avvolti, soprattuttodurante i dialoghi più strategici,riuscissero a svelare, sussurran-do, le sfaccettature diverse dei lo-ro sentimenti. Quindi lo spettato-re si ritrova immerso in un giocodi ombre sfuggenti, che prima diuscire di scena, gli lascia qualco-sa, compresa una stretta al cuore.L’ambiente in cui si svolge la sto-ria, sembra essere un rifugio perdiseredati, che vogliono trovare,attraverso la passione infiamma-bile e rischiosa della boxe, il lororiscatto sociale, assieme all’op-portunità di uscire finalmente dal

buio.Dopo la visione di questo film,vincitore di numerosi premiOscar, riecheggia nella mente lafrase oramai anch’essa da Oscar,mitizzata, usurpata, declamata intutte le occasioni da numerosegenerazioni, di Ernesto Guevara:“Bisogna essere duri, senza per-dere la tenerezza”. Questa frase,sembra scolpita sul corpo e la vi-ta del protagonista, Frankie, in-terpretato dallo stesso Eastwood.Frankie è un allenatore di pugili,nonostante il suo mestiere lo ren-da severo, fin dalle prime scenedel film, egli svela la sua fragilitàumana: è un uomo in preda aduna profonda crisi religiosa, pro-babilmente nata dalla perdita delrapporto con la figlia. E’ dunqueuno spirito tormentato, inquieto,(si veda il rapporto che instauracon il parroco), ma nello stessotempo, irremovibile, petulante,autoritario ed energico. Eppurequesta durezza, trova il suo con-tro-canto, nella parte più leggera,poetica del suo spirito: l’amoreper la lettura a voce alta di libri inlingua gaelica, per le poesie diYeats, per la torta alle mele, la cu-ra e le premure verso i pugili cheallena e ai quali insegna, prima diogni altra tecnica, ad imparare aproteggersi.Nel comune sentire, la tenerezzaviene di solito coniugata con ilfemminile. Viceversa la durezzaappartiene, nell’immaginario col-lettivo, al maschile. Sono stereo-tipi, certamente, ma non sonoprivi di radici sia nell’esperienza

quotidiana che nella lettura diquesta opera filmica.La parte delicata, poetica di Fran-kie viene pian piano svelata erappresentata attraverso l’incon-tro con Maggie, che incarna laparte giovane, viva o per restarenei termini della riflessione, laparte femminile di Frankie. La ra-gazza, che ha 33 anni, dai tratti fi-ni, con gli occhi limpidi, grandi,è un outsider testarda e appassio-nata di boxe, che vuole entrare atutti i costi nella palestra di Fran-kie, per essere allenata da lui ediventare un pugile da campio-nato.La passione che Maggie nutre,per questo sport, è ciò che laspinge a continuare la sua lottaper la sopravvivenza, per dare unsenso alla sua esistenza e contra-riamente ai classici clichè, al suoessere donna. La boxe diventauna religione a cui votarsi contutta la mente e il corpo, per rag-giungere la propria realizzazionepersonale. Per cui anche la faticanon la scalfisce minimamente,anzi sembra che faccia il contra-rio: il sudore, l’incapacità inizialesia di convincere Frankie ad alle-narla che a superare i primi osta-coli dell’apprendimento e dellaresistenza fisica, sembrano rinvi-gorirla, entusiasmarla, farle ritro-vare quella gioia di vivere, chenella sua vita da cameriera in unatavola calda di periferia, avevaannullato. Tutte queste caratteri-stiche si bilanciano e allo stessotempo si mescolano alla sua in-dole sensibile, comprensiva,

c

umile e al suo amore paterno perFrankie, che sceglie, senza maidubitare, quale suo allenatore,sia per la sua formazione sporti-va che affettiva, visti anche i suoitrascorsi familiari.Tenero, in generale, si dice di ciòche non resiste alla pressione deltatto. Può essere compresso, maproprio per questo resta in ten-sione. Invece duro si dice ciò chevi resiste. La non resistenza al tat-to - la tenerezza - è un modo se-condo cui qualcosa in generale siritrae, mentre qualcos’altro vieneinnanzi. Questo gioco ora feliceora crudele dei corpi, simboleg-gia, una modalità di relazioneche solo sensibile non è: la mo-dalità del dare e del ricevere odel venire innanzi e dell’accoglie-re da parte di due essere umani.Si intuisce che dei due movimen-ti, quello del ritrarsi per accoglie-re è il gesto della tenerezza. Ed èquesto quello che, malgrado ilsuo carattere chiuso e testardo,Frankie fa con Maggie, deciden-do di allenarla. In seguito fra idue si crea un profondo legamed’affetto paterno, che resta finoalla fine in tensione. E proprioperché allude alla capacità di ac-cogliere, la tenerezza trova la suanaturale espressione nella rela-zione personale, non solo riguar-do alla tenerezza del corpo, ma

anche a quella dell’anima, poichéogni tipo di rapporto interperso-nale nasce dal desiderio di acco-gliere, nella differenza, e nel con-tempo implica che ci si ritragga inreciprocità. Frankie accoglieMaggie, perché in lei, che vuolediventare pugile, scopre che ladurezza e la tenerezza non stan-no l’uno contro l’altro. Il ritrarsi eil venire innanzi, verso cui il filmdedica molte scene visivamentesignificative e toccanti, sonocomplementari. Come comple-mentari sono l’uomo e la donna,ma se qualcosa nel rapporto tra idue eccede, fa molto male. Famale il troppo tenero e il troppoduro. Questi movimenti dell’ani-mo e del corpo, se eccessivi ten-dono a bruciare tutti i legamid’amore. La ricerca del giustoequilibrio fra tenerezza e durezzaè sintetizzata, nel suggerimentoche il film trasmette agli spettato-ri: “a volte per tirare un colpovincente bisogna arretrare, ma searretri troppo poi non combattipiù”.

[laureata DAMS-Cinema Bologna]

[accogliamo la testimonianzache segue e, per tutela dell’inte-ressato, riteniamo opportuno nonrivelarne il nome. A lui e a tutticoloro che rischiano e soffronoper la loro testimonianza, di giu-stizia e di verità sui luoghi di la-voro, va la nostra più sincera so-lidarietà. La redazione]

a tenerezza può essere ma-nifestata in tanti modi:pensiamola in una realtà

industriale, dove l’arido codicecomportamentale non dà spazioa questa “debolezza”. Si, è una debolezza perché di-venta in questo contesto una in-capacità a “reprimere le richiestedi un semplice operaio”, a “nonaggredire i problemi produttivi”così come a “non vincere e supe-rare il rivale”. Allora un responsabile che intra-prende la sua carriera pensandoche la gestione di una azienda siapossibile solo bilanciando magi-stralmente le esigenze produttivee le relazioni umane con il perso-nale addetto alla produzione econ i colleghi, è un “tenero” chenon può essere vincente. Chi invece lo diventa? Lo “YE-SMAN”, il soldato capo che di-mentica l’importanza sociale delproprio ruolo e che esegue cieca-mente gli ordini impartiti. Per questo motivo ho deciso, do-po un iniziale momento di incer-tezza e riflessione, di dire NO, di

dire basta ad un ipocrita e falsoatteggiamento di chi nell’ombramuove le redini del “teatrino”. Se ufficialmente lo slogan è “la si-c u r e zza pr im a d i tu tto ”, qualcu-no continua ridacchiando sotto-voce “m a se m pr e d o po la p r o d u -zio n e ! ”. Infatti chi non è diretta-mente interessato alla produzio-ne “d e v e tr o v a r e c o n le a zio n ig io r n a lie r e u n a fo r m a le g iu stif i-c a zio n e a lla su a e siste n za ina zie n d a ”, come se la sicurezza,la qualità, la formazione, il perso-nale, i servizi in genere servanosolo a riempire il calderone.Chi paga il conto di tutto questo?I ragazzi che perdono la vita suimpianti apparentemente sicuri,quegli stessi responsabili che purdi far fede al proprio “yes”, di-menticano il senso della vita, di-menticano il sorriso dei propri fi-

gli, dimenticano cos’è la tenerez-za che il mondo a loro chiede.Notate bene: le parti in corsivosono frasi che mi sono state det-te a mò di regola durante il perio-do in cui ero responsabile. Chi haorecchi intenda.

[ingegnere in un’azienda pugliese]

l

pensando di un ingegnere

iuniti in redazione ci siamodetti che il numero del

giornale, di dicembre, avrebbetrattato della tenerezza. A dicem-bre – si può pensare – è Natale equindi è d’obbligo essere teneri.Essere teneri, ma di quel teneromieloso, festivo, appiccicoso,forzato? No! A dicembre parliamodella tenerezza cercando di pro-porla in termini veri e, perciò, in-consueti. Dopo ho meglio riflet-tuto e, nel proporre il tema adamici, anche esterni all’esperien-za di questo giornale, ho chiaritoche volevamo parlare della tene-rezza, intesa come cura amore-vole degli altri e di noi stessi, delcreato.Ho suscitato qualche dubbio,qualche interesse: certamente hospiazzato ed abbiamo riflettuto.Ne ho parlato con colleghi di la-voro, proponendomi così. Io pre-sto le mie competenze al serviziodi una Pubblica Amministrazio-ne: che c’entra la tenerezza?C’entra e come che c’entra, se so-lo si pensa che le pubbliche am-ministrazioni devono avere acuore e quindi curare gli interes-si della collettività ed affermare lalegalità e la giustizia.Gli Enti pubblici sono per defini-zione chiamati a curare gli inte-ressi della nostra società, nei va-ri ambiti di competenza; sono,tutti insieme, la Repubblica che –come dice l’art.3 della Costituzio-

ne – è impegnata nel rimuoveregli ostacoli di ordine economicoe sociale che impediscono il pie-no sviluppo della persona umanae l’uguaglianza dei cittadini, iltutto nel rispetto di leggi giuste.Proviamo ad immaginare che agliimpiegati pubblici si faccia com-prendere, prima di ogni altra co-sa, che l’Ente per il quale lavora-no è tra i più nobili strumenti peramare la comunità di cui si è par-te; e per converso proviamo adimmaginare che ai cittadini si fac-cia comprendere che, pure tramille difficoltà, storture, ineffi-cienze, ci sono persone, tantissi-mi impiegati, che curano gli inte-ressi di tutti, con genuino spiritodi servizio. Forse si inneschereb-be, dal di dentro e dal di fuori deipoteri statali, un processo virtuo-so di rispetto delle Istituzionipubbliche, sotto attacco in ma-niera spesso immotivata; così co-me delle Istituzioni politiche, chenon vanno abbattute, presi dalfurore giacobino di moda, mavanno a loro volta curate con lanostra presenza, con la nostra re-sponsabilità, con tenerezza.

[avvocato INPS, Massafra,

Taranto]

r

pensando di Vito Dinoia

Tenerezza è quandoun batuffolo di cotone caldo bianco rotola nell’ariala glassa con un cuore di burroso cioccolatouna febbre di baci che risale la schienasoffice respiro tra i capelliprofumo di neonatomorbida inconsistenza di plaid……così è tenerezza.

[liceale di V anno, Putignano, Bari]

poetando di Isabella Mastrangelo

Page 7: CercasiUnFine 25 Michele:cercasiunfine01es · madre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la destra poggia sul cuore di lei. Il piccolo Gesù ha labbra intensamente rosee, guance

7

riste tenerezza mia, cosadiventi d’improvviso?

Quando son giunto al vertice piùardito e freddoIl mio cuore si chiude come unfiore notturno” (Pablo Neruda)Quando pensiamo alla tenerezzapotremmo compendiare questoconcetto in un gesto o in unosguardo. Il termine tenerezza im-plica una sensazione di morbi-dezza tangibile e quindi, a livellofigurativo, è l’immagine delle ma-ni che meglio la rappresenta.Tutti gli artisti figurativi, soprat-tutto gli scultori, fanno delle ma-ni un punto focale di snodo delmessaggio simbolico o del movi-mento. Per esempio le mani delDavid di Michelangelo sono im-mobili, ma dense di forza e inprocinto di azione. Per esempioin una carezza o in una posturadelle mani l’artista ci fa percepirel’amore delicato che non colpi-sce, ma che sfiora e riscalda e acui si risponde con un sorriso oun altro gesto di affetto.Personalmente ritengo che leopere del Botticelli ritraggonoquesta particolare manifestazio-ne dell’amore. Ne “La Madonna

del Magnificat“ [vedi icona in al-to a destra, ndr] la composizione,delimitata da una finestra roton-da, rappresenta sulla sinistra, sot-to una corona di stelle, la Madon-na intenta a scrivere il Magnificat,di fronte a Lei un gruppo di 4 an-geli sorregge il leggio con il librosacro e il calamaio. In questo ca-so l’artista condensa la tenerezza,nella mano della Vergine cheporge al Bambino un melograno.D’istinto, il Figlio le rivolge unosguardo d’amore. Il braccio dellaMadonna con quello del Figlioformano un an-golo acuto chelega le due figu-re rinsaldatedallo sguardoverso l’alto delBambino. Al ge-sto delicato del-la Madre si ag-giunge quellodella mano diuno degli angeliposti di fronte ilsacro gruppo.Le angeliche fi-gure sono siste-mate in foggia

piramidale e l’angelo alla sommi-tà con le sue braccia raccoglie lespalle dei due angeli sottostantiavvicinando anche il viso, in ungesto di dolcezza. Se è vero chenei volti del Botticelli non si scor-ge mai una frazione di gioia, isuoi visi appaiono quasi bloccatidi fronte a uno spettacolo di cuisi ignorano le regole, è la luceche l’artista fa scivolare sulle ma-ni e sui volti dei protagonisti checi conduce per mano verso quell’indefinito e vago sentimento diamore che è la tenerezza.

“t

scrutando di Lilly Ferrara

nello sguardo del pittoreIn un’altraopera:”Com-pianto sulCristomorto”[ve-di icona asinistra,ndr], che sitrova a Monaconella Alte Pinako-thek, nonostantel’alta drammaticità del-l’opera, il Botticelli inseri-sce un gesto di tenerezza e di

amore: quello dellaMaddalena. La com-posizione piramida-le della Madre con ingrembo il Figlio èscardinata dal corpodi Cristo che precipi-ta verso il basso e cifa sentire quasi fisi-camente il peso tragi-camente definitoriodella morte, nella suamano che tocca il pa-vimento. Due donneai lati completano labase piramidale, mase la donna, alla si-

ni-stra,

copre con ilvelo i piedi del Cristo, è la Mad-dalena, alla destra, che si avvi-cina al volto del morto. Ella ab-braccia il volto delicatamente co-me trattenerne la vita in un ulti-mo gesto di amore. Anche in unmomento drammatico come lamorte, suggerisce l’artista, l’uomopuò esprimere la tenerezza del-l’amore.

[laureata in Conservazione dei Beni

Culturali, Milano]

bbiamo ricevuto dagli au-tori i seguenti volumi. Li

ringraziamo per l’attenzione e ildono.

S. TANZARELLA, Gli a n n i d if f i-c i li . Lo r e n zo Mila n i, To m m a soFio r e e le “Espe r ie n ze pa sto ra li”,Il Pozzo di Giacobbe.

G. MORO, An n i Se tta n ta ,Einaudi.

F. LONGHI, Cic o m pe i. Cr e sc e r ec o n u n so rr iso , Chimera.

E. CURZEL, Sin te si d i sto r ia d e l-la Ch ie sa . Da te , n o m i, e v e n ti,Ancora.

in dono

a

dove abita il dolore di Dio?meditando di Franco Ferrara

uò accadere d’incontrare,se così si può dire, perso-

ne significative e dolci in spaziimpensati. A me è accadutoascoltando la radio. È così che hoiniziato a seguire il percorso trac-ciato da Paolo De Benedetti, do-cente di giudaismo, sia nell’ascol-to che nella lettura. In uno deisuoi libri, “Qu a le Dio ? Un a d o -m a n d a d a lla sto r ia “ De Bene-detti pone al lettore una doman-da cruciale: “dove abita il doloredi Dio?”. Per rispondere a questadomanda egli ci conduce con te-nerezza nella Gerusalemme dioggi e precisamente allo “Jad wa-Shem”, costruito in memoria del-la Shoà. In questo luogo già ric-co di testimonianze ben raccolte,di recente è stata aggiunta la co-struzione della Galleria dei Bam-bini. E’ una galleria sotterraneache si percorre al buio, con la so-la certezza-guida di un corrima-no. Sul soffitto si accendono pic-cole luci, quasi lucciole o stelle,mentre una voce dice i “nomi”l’età, la provenienza del milionee mezzo di bambini ebrei uccisinell’eccidio: una straziante disce-sa agli inferi che inquieta più del-la visita ai campi di sterminio. Ilmale appare come un nemico vi-cino. Dove s’innesta la giustiziadi Dio in questa oscurità? La do-manda angosciosa di un tempo,di alcuni, toglie il fiato al visitato-re che ascolta il suono di quei no-mi ridotti a numeri, spenti in ter-ra prematuramente: impotenzadell’uomo di fronte al male. Bam-bini, dice Halter che: “Brillanocome stelle”. E la tenerezza hatanto spesso il volto del bambi-no, l’essere più dolce e indifeso.

Ma lo “Jad wa-Shem” è a Gerusa-lemme e ricorda un solo pezzodella storia. In altre terre il maleha messo radici, ha falciato vitti-me, ha sfregiato il tempo. Dov’èpossibile fermarsi e far memoriain questa nostra terra? Sarannopoi necessari solo monumenti,intestazioni di scuole e quant’al-tro, quando ben sappiamo cheancora il male opera attivamente?Eppure hanno valore i luoghidella memoria, per costringerciquanto meno a fermarci e a pen-sare. Sì, perché il sangue parla didolore, un dolore che non de-v’essere dimenticato; ma fecondaanche la terra, la bagna come ru-giada. E quando il dono di sé ègravido di perdono, di misericor-dia, la tenerezza si estende comebenedizione. Fermarsi, per ascol-tare, imparare, perché si forminocoscienze libere, pacificate, re-sponsabili, capaci d’amore e te-nerezza. Percorsi interiori di me-moria. In Italia sono state perso-ne come don Tonino Bello a pro-muovere questo tipo di esperien-za. Nel 1992 fu fatto il primo se-minario dedicato a: “Chiesa e lot-ta alla mafia” e qui don Toninopropose la rilettura della profeziadi Gioacchino da Fiore, figlio del-la Calabria generosa e sofferente,il quale sosteneva che: ”il primostato del mondo fu stato di schia-vi. Il secondo di liberi. Il terzo sa-rà comunità di amici. Il primo sta-to vide le erbe. Il secondo lospuntar delle spighe. Il terzo rac-coglierà il grano. Il primo ebbe inretaggio l’acqua. Il secondo il vi-no. Il terzo spremerà l’olio”. “NelSud d’Italia”, disse don Tonino,“sono ancora visibili i segni dello

“stato degli schiavi”. Lo stato del-l’erba, amara e indistinta. Però ègià in fermento lo “stato dei libe-ri”: spuntano i segni di una cultu-ra nuova. L’erba incolta cede ilposto alle spighe del grano. Sicolgono frattanto nell’aria i segnipremonitori della “c o m u n ità d ia m ic i”. Laddove la raccolta delgrano, divenuto pane, indica laconvivialità. E l’olio spremuto daifrantoi, “simbolizza le unzionidello Spirito che tornerà ad aleg-giare non più sul caos primordia-le, ma sul cosmos di un mondorestituito alla tranquillità dell’or-dine, cioè dalla pace”.“Fare memoria” dalla parte dellevittime ci permette di uscire dalcono d’ombra della neutralità edel colpevole silenzio. Ricordarele vittime significa fare i conti conla realtà del male che uccide tut-te le profezie e toglie il futuro al-la storia. Perché creare un luogodi memoria? Perché un luogo fi-sico richiami il doloroso epilogodi persone che hanno dato la vi-ta per sconfiggere le logiche ma-fiose, impegni ciascuno nel dove-re della memoria, un luogo cheponga in risalto le persone. Unostrumento resta tale, ma può aiu-tare i liberi a manifestare la gran-dezza della tenerezza. Sia pro-nunciato il Nome di Dio nei suoifigli ricordati.

[presidente centro Erasmo, Gioia,Bari]

p

Page 8: CercasiUnFine 25 Michele:cercasiunfine01es · madre. La mano sinistra le acca-rezza il collo e la destra poggia sul cuore di lei. Il piccolo Gesù ha labbra intensamente rosee, guance

Le scuole di politica, del circuitodi Cercasi un fine e del CentroStudi Erasmo, attive quest’annosono:

Associazione Pensare Politica-mentedi Gravina in Puglia (BA)con il patrocinio della diocesiScuola di Formazione all’ImpegnoSociale e [email protected]

Circolo Oratorio ANSPI S. Gerardodi Orta Nova (FG)Scuola di Formazione all’ImpegnoSociale e [email protected]

Cittadinanza Attiva di MinervinoMurgeScuola sulla felicità[email protected]

Centro Pedagogico Meridionaledei Salesiani di BariScuola su “Politica: che peccato!”[email protected]

Il secondo anno del nostro itinera-rioa [email protected] ad [email protected]

Il terzo anno a [email protected] a [email protected]

Per i programmi, le iscrizioni on-linee le altre informazioni:www.cercasiunfine.it(tasto: le scuole di politica)

agen

do a

gend

o ag

endo

age

ndo

agen

do a

gend

oag

endo

8

ercasiunfineperiodico di cultura e politicaanno 3 n. 25 • reg. presso il Tribunale di Bari, n. 23/2005.

sede: p.zza C. Pinto, 17 70023 Gioia del Colle (Bari)tel. e fax 080 3441243mail: [email protected]

direttore responsabile: Rocco D’AMBROSIOredazione: Franco FERRARA, Carla ANGELILLO, PasqualeBONASORA, Emanuele CARRIERI, Carole CEOARA MassimoDICIOLLA, Vito DINOIA, Domingo ELEFANTE, Franco GRECO, PinoGRECO, Pina LIUNI, Antonella MIRIZZI, Paola NOCENT,Fabrizio QUARTO.

editore: ERASMO - CENTRO DI RICERCA FORMAZIONE EDOCUMENTAZIONE SULL’EUROPA SOCIALE,mail: [email protected] • Per contributi: CCP N. 64761141,intestato a ASSOCIAZIONE ERASMO ONLUS p.zza C. Pinto, 1770023 GIOIA DEL COLLE (BA); l’accredito bancario con la stessaintestazione e lo stesso numero del CPP presso Poste ItalianeABI 07601 e CAB 04000.

grafica e impaginazione: Michele Guerra, mail: [email protected]

stampa: ECUMENICA editrice, scrl via B. Buozzi, 46 70123 BARIwww.ecumenicaeditrice.it

web master: Vito Cataldo

Periodico promosso daSCUOLE DI FORMAZIONE ALL’IMPEGNO SOCIALE E POLITICOdi Massafra (TA), Cassano delle Murge (BA), e Parr. Preziosissimo Sangue - Agesci 12 di Bari

CITTADINANZA ATTIVA DI MINERVINO MURGE (BA)Scuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico

CENTRO PEDAGOGICO MERIDIONALE DEI SALESIANI DI BARIScuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico

CONSIGLIO PASTORALE ZONALE DI PUTIGNANOScuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico

LABORATORIO POLITICO DI CONVERSANOScuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico

COMMISSIONE DI PASTORALE SOCIALEDELLA DIOCESI DI TRANI-BARLETTA-BISCEGLIEScuola diocesana di formazione all’impegno sociale e politico.

UFFICIO DI PASTORALE SOCIALE E BIBLIOTECA DELLA DIOCESI DIANDRIAForum di formazione all’impegno sociale e politico.

ASSOCIAZIONE PENSARE POLITICAMENTE GRAVINA (BA)Scuola di formazione all’impegno sociale e politico

CIRCOLO ANSPI S. GERARDO DI ORTA NOVA (FG)Scuola di formazione all’impegno sociale e politico

La citazione della testata Cercasi un fine è tratta da SCUOLA DIBARBIANA, Lettera ad una professoressa, LEF, Firenze, 1967

I dati personali sono trattati ai sensi del d.lgs. n. 196/2003; i diritti edil copyright © di foto e disegni sono dei rispettivi autori ed editori; lapubblicazione su questa testata non ne comporta l’uso commerciale.

Siamo grati a tutti coloro che ci sostengono con la loro amicizia, con i loro contributiintellettuali ed economici. In piena autonomia, in un clima di dialogo e nel rispettodelle posizioni di tutti e dei ruoli ricoperti, siamo ben lieti di poter fare tratti di strada

In compagnia di...

Luigi ADAMI, Paolo ANDRIANO, Gianvincenzo ANGELINI DE MICCOLIS, Giulia eFilippo ANELLI, Giuseppe e Marilena ANZELMO, Vittorio AVEZZANO, FrancescaAVOLIO, Giovanna e Pierluigi BALDUCCI, Angela BARBANENTE, Eleonora BAR-BIERI MASINI, Sergio BERNAL RESTREPO, Angela BILANZUOLI, Vito BONASORA,Paolo BUX, Nicola CACUCCI, Teresa CACCHIONE, Domi CALABRESE, Gianni CA-LIANDRO, Mariolina e Andrea CANNONE, Tonino CANTELMI, Salvatore CANZA-NO, Clara e Gennaro CAPRIATI, Annalisa CAPUTO, Maria CAPUTO, Adriano CA-RICATI, Vincenzo CARICATI, Pasqua e Carlo CARLETTI, Raffaella CARLONE, Giu-seppe CASALE, Vito CASTIGLIONE MINISCHETTI, Franco CATAPANO, Sario CHIA-RELLI, Franco CHIARELLO, Roberto COCIANCICH, Chiara e Nicola COLAIANNI,Flora COLAVITO, Giuseppe COTTURRI, Maria e Antonio CURCI, Imelda COW-DREY, Carmela e Mario D'ABBICCO, Leonardo D’ALESSANDRO, Piero D’ARGEN-TO, Lucia e Rocco D'AMBROSIO, Annarosa e Gaetano DE GENNARO, Sergio DEGIOIA, Peppe DE NATALE, Luigi DE PINTO, MIMMO DE SANTIS, Pasqua DEME-TRIO, Carmela DIBATTISTA, Maria DI CLAUDIO, Anna Maria DI LEO, Domenico DILEO, Maria Luisa e Erio DI LISO, Danilo DINOI, Monica DI SISTO, Salvatore DISTA-SO, Elena e Michele EMILIANO, Rosalba FACECCHIA, Nunzio FALCICCHIO, Ma-ry Grace e Donato FALCO, Ester, Lilly e Paola FERRARA, Ignazio FRACCALVIERI,Antonio GAGLIONE, Giuseppe GAMBALE, Mariella e Fabio GELAO, Annamaria eGiuseppe GENTILE, Francesco GIUSTINO, Ida GRECO, Silvia GODELLI, IsidoroGOLLO, Nica e Michele GUERRA, Patrizia e Mimmo GUIDO, Marco IVALDO, Ma-rilina LAFORGIA, Raniero LA VALLE, Nunzio LILLO, Gaetana LIUNI, Gianni LIVIA-NO, Rosina e Aldo LOBELLO, Federica e Alfredo LOBELLO, Mariapia LOCAPUTO,Fiorenza e Mario LONARDI, Franca LONGHI, Franco LORUSSO, Dino LOVECCHIO,Nicola LUDOVICO, Maria MAGLI, Matteo MAGNISI, Damiano MAGGIO, VitoMAROTTA, Antonio MARTINELLI, Angela e Eugenio MARTIRADONNA, GiuseppeMASTROPASQUA, Vito MASTROVITO, Michele MATTA, Anna e Antonio MIACO-LA, Gianluca MIANO, Vito MICCOLIS, Vito MICUNCO, Vito MIGNOZZI, Paolo MI-RAGLINO, Eulalia MIRIZIO, Maria MITOLA, Giovanni MORO, Giuseppe MORO,Alba e Niki MUCIACCIA, Vito NANNA, Walter NAPOLI, Mariaceleste NARDINI,Mimmo NATALE, Beatrice NOTARNICOLA, Tina e Filippo NOTARNICOLA, RenatoNOTARO, Nicola OCCHIOFINO, Roberto OLIVERI DEL CASTILLO, Leoluca ORLAN-DO, Giuseppe PAGANO, Antonio PANICO, Maria PANZA, Giovanni PARISI, Salva-tore PASSARI, Edo PATRIARCA, Pasquale PELLEGRINI Natale PEPE, Antonio PE-TRONE, Vito PICCINONNA, Silvia PIEMONTE, Elvira e Alfredo PIERRI, Rosa PINTO,Federico PIRRO, Cosimo POSI, Luigi RENNA, Giovanni RICCHIUTI, Francesco RIC-CI, Vincenzo ROBLES, Annarosa e Roberto ROSSI, Antonio RUBINO, Maria RUBI-NO, Giacomo RUGGIERI, Giuseppe RUSCIGNO, Francesco RUSSO, Rosa e Anto-nello RUSTICO, Angelo SABATELLI, Alda SALOMONE, Vincenzo SANTANDREA,Luca SANTORO, Pippo SAPIO, Maria Gabriella e Vincenzo SASSANELLI, Marinel-la e Roberto SAVINO, Margaret e Gegè SCARDACCIONE, Vito SCAVELLI, PieroSCHEPISI, Maristella e Antonello SCHIAVONE, Francesca e Italo SCOTONI, Letiziae Francesco SEMERARO, Giuseppe SICOLO, Antonella SISTO, Michele SORICE,Lucia e Franco SOTTILE, Enzo SPORTELLI, Laura TAFARO, Sergio TANZARELLA, Ni-cia e Alessandro TORRE, Emiliana TRENTADUE, Maria TRICARICO, Ennio TRIG-GIANI, Antonio TROISI, Nichi VENDOLA, Emilia e Domenico VITI, Tiziana e Co-stantino VOLPE, Elvira ZACCAGNINO, Alex ZANOTELLI.

e di...

padri Gesuiti della Cappella dell’università di Bari, botteghe di Bari “Unsolomondo”del commercio equo e solidale, gruppo “Noemi” di Bari, suore dello Spirito Santodi Bari, gruppo “Per il pluralismo e il dialogo” di Verona, AICO Puglia, suore di Ca-rità dell’Immacolata Concezione di Ivrea; Fraternità Cappuccina di Bari-Fesca.

Per l’elenco completo si veda il nostro sito.

c

chi si trova a camminare,nei colori che animano l’ul-

timo tratto, discendente, di quel-l’immaginario e stupefacente ar-cobaleno che è la vita, troppospesso compie i suoi ultimi passida solo. Il mondo degli anziani ètristemente silenzioso e fatto digiornate sempre uguali, scanditetutt’al più dagli orari imposti dal-le pillole anti-acciacchi e dallevoci confuse e sconosciute dellaTV. Per fortuna non è sempre co-sì. Ci sono città organizzate construtture adeguate ed efficienti,che tendono una mano ai tantinonni soli, aiutandoli nelle diffi-coltà quotidiane, da quelle piùpesanti a quelle non più sempli-ci a una certa età. Oppure coin-

volgendoli in attività ricreative edi socializzazione, sane e altret-tanto utili. Il supporto svolto inquesto senso dai tanti volontari èprezioso e insostituibile. Richie-de pazienza e sentita dedizione. Sono uomini e donne che moltobene Bruno Manghi descrive nelsuo analitico libro Fa r e d e l b e n e(Marsilio). Egli osserva questo fe-nomeno nell’ottica dei mille mo-di in cui si può - ed è facile farlo!- fare del bene. Manghi evidenziache questo folto esercito buono èfatto di persone di quell’ “età dimezzo” che troppo spesso inve-ce è impegnata nella scalata so-ciale dell’affermazione individua-le. L’altra faccia della medaglia,dunque: trentenni e quarantenni

che “trovano il tempo” per faredel bene (al loro interno poiManghi distingue la propensio-ne, tutta al femminile, per alcuneattività di volontariato, comequella a favore di anziani malati).Sono persone ammirevoli. Il verocuore pulsante della parte buonadella società. E sempre troppopoche. Perchè la gobba alta e lu-minosa dell’arcobaleno spesso fasentire, chi la vive in quel mo-mento, fortunato e autosufficien-te, e perciò disinteressato versochi percorre il pezzo rimanente.Quell’ultimo tratto dell’arco peròarriva, e arriva per tutti. E alloraperchè non arricchirci della com-pagnia di un nonno solo? Spessone nascono amicizie sorprenden-

meditando di Anna Donvito

a

una carezza ruvida

ti, e si può godere, entrambi, diuno scambio piacevole. É infinitala sapienza di occhi che hannovisto la guerra e la fame. É caldala voce, un po’ tremula, che rac-conta sentimenti passati e vissuticon la stessa identica forza concui li viviamo noi giovani. Certo,viene più spontaneo accarezzare

un bambino, liscio e gioioso. Maè sorprendente la tenerezza chesprigiona la carezza su una manovissuta, fragile e rugosa.

[universitaria, Gioia, Bari]

omenica 4 novembre è venuta a mancare la nostra amicaImelda Cowdrey.Lettrice all’università di Bari, ha sempre sostenuto, sin dall’inizio,

le nostre iniziative, anche aiutandoci a tradurre testi da e in inglese.La ricordiamo per la sua elegante generosità e per la sua pronta dispo-nibilità: il Signore l’accolga nella luce e nella gioia del suo Regno.

ricordandopprendiamo con tristezza del trasferimento del caro amico pastore padre Giancarlo Bregantini. La re-dazione di Cercasi un fine e il Centro Studi Erasmo, insieme a tanti nostri lettori, sono vicini a padreGiancarlo, con gratitudine per la testimonianza offertaci nell’impegno pastorale nella Locride. Al do-

lore si unisce una viva preoccupazione per una prassi ecclesiale italiana che, a volte, sembra privilegiarepoco il coraggio della verità, la testimonianza di giustizia e di pace, la lotta contro le mafie e le massoneriedeviate, l’impegno a favore degli ultimi. A padre Giancarlo tutto il nostro affetto e la nostra stima. Dio lobenedica nel suo nuovo ministero nella diocesi di Campobasso.

in dialogo

a d