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S orridente, davanti alla telecamera, una parlamentare si appresta a var- care la soglia di un famoso hotel romano. Festeggia quaranta primavere ed il “ca- po” le ha promesso e regalato una mega cena tra amici: c’è mezzo governo e tutti gli onorevoli del partito. Il tg offre la notizia mentre scorrono i sottotitoli e si legge di famiglie “alla frutta” per la morsa della recessione che, implacabile, avanza su scala mondiale e miete le sue vittime proprio tra le famiglie più povere. È come uno schiaffo! Nessun moralismo, nessuna voglia di inutile polemica, anche perché ognuno festeggia il compleanno come vuole e come può, ma qualche perplessità mi rimane dentro. Non poteva bastare un biglietto d’auguri, una torta in famiglia, un aperitivo con gli amici? È vero: “sono affari suoi”, ma questa gente, che svolge un ruolo politico, non è anche portatrice di valori? Questa volta è il giornale a sciorinare l’elenco dei beni dei “paperoni” del mondo. C’è di che stupirsi e meravi- gliarsi, forse si potrebbe anche tentare qualche congratulazione. In fondo alla pagina è riportato il numero di bambini che muoiono giornalmente per la fame e poi l’elenco delle nazioni con la per- centuale più alta di mortalità infantile. Anche qui, Dio mi guardi dal moralismo, dello scandalo del perbenismo, ma qualche attimo di esitazione mi aggre- disce: e far qualcosa per questi non è possibile? È come uno schiaffo! E poi, la teoria del “farla franca” sembra essere diventata un best seller dell’economia, della politica, del car- rierismo, dello sport e, non poteva restare immune, neppure ciò che è ec- clesiastico. Farsi strada sbarrando pos- sibilmente la strada degli altri, incutendo timore, sfruttando ogni situazione pos- sibile. Gli onesti, quelli che il Vangelo vuole “umili” e il senso comune identifica nella “gente per bene”, quelli non rie- scono a farsi sentire, rimangono con la voce piegata e il grido assolutamente sordo. È come un altro inevitabile schiaf- fo! Luogo comune è quello di scagliarsi contro l’ingiustizia, appellarsi ai massimi sistemi, prendersela con gli altri e poi lasciare tutte le cose come prima. È come distribuire a destra e manca una serie interminabile di schiaffi. Per una volta vorrei provare a schiaf- feggiarmi, non per stupido masochismo, ma anche solo con l’intento di svegliarmi dal torpore di quello che mi fa piacere e sollecitare il mio sguardo ad andare oltre. Guardare oltre il proprio naso im- pegnandomi ad intercettare sguardi che portano con sé una buona dose di mi- stero, attesa, speranza. Quante volte è proprio il volto che manifesta situazioni di disagio, soffe- renza, fatica; quante volte il volto rivela un invecchiamento precoce, perché bruciato dal sole oppure segnato dagli stenti; quante volte il volto manifesta attenzione, disponibilità, affetto. Guardare oltre quello che appare, per scavare dentro l’esperienza di cia- scuno e trovarne ragioni di bontà, è un invito che la missione non può non ac- cogliere e l’azione missionaria non può non valorizzare. Guardare intensamente vuol dire appassionarsi ad un mondo, anche ma- lato se vogliamo, ma pur sempre custode del tesoro prezioso della vita. Guardare intensamente vuol dire scoprire una missionarietà che ci ap- partiene in forza del Battesimo e che ci impegna proprio come credenti. Guardare intensamente può diven- tare uno stimolo a rendere sempre più urgente quella dimensione di missio- narietà che è capace di rinnovare la pastorale della parrocchia secondo l’in- vito dei Vescovi Italiani nei loro im- mancabili documenti. Uno schiaffo per guardare oltre è il problema dell’incontro tra i popoli. Si parla di immigrazione e si accarezza l’idea della multiculturalità. Un po’ di velato spavento rimane, anche perché quello che ci viene incontro è pressoché sconosciuto o, comunque, culturalmente lontano da noi. Se uno schiaffo riman- gono i pregiudizi e le paure, lo sguardo della relazione, le parole dell’incontro, le esperienze del racconto, diventano possibilità di futuro. Dio stesso è andato al di là di ogni pregiudizio e ha scelto la strada dell’incarnazione. Ecco perché ogni uomo è un bene prezioso e tutto quello che è possibile fare per ricono- scere la sua dignità è un dovere ed una conquista. Una pastorale arroccata sulla strenua difesa dell’identità, incapace di rinnovarsi nel leggere i mutamenti culturali è ab- bandonata, per sempre, alle nostalgie ed ai rimpianti; è destinata a spegnersi nel silenzio dell’incomunicabilità. Ancora uno schiaffo ci viene dalla superficialità nell’indagare la verità della fede. Subdolo è quel relativismo che Anno VII - n° 36 Gennaio-Febbraio 2011 Sassolini missionari... Ancora uno schiaffo! Per imparare a guardare più in là centro missionario diocesano, gruppi missionari e missionari bergamaschi in dialogo 87° Convegno Missionario Diocesano - 8° Convegno Missionario Ragazzi 19 - 20 Marzo 2011 Guarda: c’è il missionario! Stupore nelle parole e nei gesti della missione Sede del convegno la Parrocchia di Colognola in città.

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Sorridente, davanti alla telecamera,una parlamentare si appresta a var-

care la soglia di un famoso hotel romano.Festeggia quaranta primavere ed il “ca-po” le ha promesso e regalato unamega cena tra amici: c’è mezzo governoe tutti gli onorevoli del partito. Il tg offrela notizia mentre scorrono i sottotitoli esi legge di famiglie “alla frutta” per lamorsa della recessione che, implacabile,avanza su scala mondiale e miete lesue vittime proprio tra le famiglie piùpovere. È come uno schiaffo!Nessun moralismo, nessuna voglia diinutile polemica, anche perché ognunofesteggia il compleanno come vuole ecome può, ma qualche perplessità mirimane dentro. Non poteva bastare unbiglietto d’auguri, una torta in famiglia,un aperitivo con gli amici? È vero: “sonoaffari suoi”, ma questa gente, che svolgeun ruolo politico, non è anche portatricedi valori?

Questa volta è il giornale a sciorinarel’elenco dei beni dei “paperoni” delmondo. C’è di che stupirsi e meravi-gliarsi, forse si potrebbe anche tentarequalche congratulazione. In fondo allapagina è riportato il numero di bambiniche muoiono giornalmente per la famee poi l’elenco delle nazioni con la per-centuale più alta di mortalità infantile. Anche qui, Dio mi guardi dal moralismo,dello scandalo del perbenismo, ma

qualche attimo di esitazione mi aggre-disce: e far qualcosa per questi non èpossibile? È come uno schiaffo!

E poi, la teoria del “farla franca”sembra essere diventata un best sellerdell’economia, della politica, del car-rierismo, dello sport e, non potevarestare immune, neppure ciò che è ec-clesiastico. Farsi strada sbarrando pos-sibilmente la strada degli altri, incutendotimore, sfruttando ogni situazione pos-sibile.Gli onesti, quelli che il Vangelo vuole“umili” e il senso comune identificanella “gente per bene”, quelli non rie-scono a farsi sentire, rimangono con lavoce piegata e il grido assolutamentesordo. È come un altro inevitabile schiaf-fo!

Luogo comune è quello di scagliarsicontro l’ingiustizia, appellarsi ai massimisistemi, prendersela con gli altri e poilasciare tutte le cose come prima.È come distribuire a destra e mancauna serie interminabile di schiaffi.

Per una volta vorrei provare a schiaf-feggiarmi, non per stupido masochismo,ma anche solo con l’intento di svegliarmidal torpore di quello che mi fa piaceree sollecitare il mio sguardo ad andareoltre. Guardare oltre il proprio naso im-pegnandomi ad intercettare sguardi cheportano con sé una buona dose di mi-stero, attesa, speranza.

Quante volte è proprio il volto chemanifesta situazioni di disagio, soffe-renza, fatica; quante volte il volto rivelaun invecchiamento precoce, perchébruciato dal sole oppure segnato daglistenti; quante volte il volto manifestaattenzione, disponibilità, affetto.

Guardare oltre quello che appare,per scavare dentro l’esperienza di cia-scuno e trovarne ragioni di bontà, è uninvito che la missione non può non ac-cogliere e l’azione missionaria non puònon valorizzare.

Guardare intensamente vuol direappassionarsi ad un mondo, anche ma-lato se vogliamo, ma pur sempre custodedel tesoro prezioso della vita.

Guardare intensamente vuol direscoprire una missionarietà che ci ap-partiene in forza del Battesimo e che ciimpegna proprio come credenti.

Guardare intensamente può diven-tare uno stimolo a rendere sempre piùurgente quella dimensione di missio-narietà che è capace di rinnovare lapastorale della parrocchia secondo l’in-vito dei Vescovi Italiani nei loro im-mancabili documenti.

Uno schiaffo per guardare oltre è ilproblema dell’incontro tra i popoli. Siparla di immigrazione e si accarezzal’idea della multiculturalità. Un po’ divelato spavento rimane, anche perchéquello che ci viene incontro è pressochésconosciuto o, comunque, culturalmentelontano da noi. Se uno schiaffo riman-gono i pregiudizi e le paure, lo sguardodella relazione, le parole dell’incontro,le esperienze del racconto, diventanopossibilità di futuro. Dio stesso è andatoal di là di ogni pregiudizio e ha sceltola strada dell’incarnazione. Ecco perchéogni uomo è un bene prezioso e tuttoquello che è possibile fare per ricono-scere la sua dignità è un dovere eduna conquista.

Una pastorale arroccata sulla strenuadifesa dell’identità, incapace di rinnovarsinel leggere i mutamenti culturali è ab-bandonata, per sempre, alle nostalgieed ai rimpianti; è destinata a spegnersinel silenzio dell’incomunicabilità.

Ancora uno schiaffo ci viene dallasuperficialità nell’indagare la verità dellafede. Subdolo è quel relativismo che

Anno VII - n° 36 Gennaio-Febbraio 2011

Sassolini missionari...

Ancora uno schiaffo!Per imparare a guardare più in là

centro missionario diocesano, gruppi missionari e missionari bergamaschi in dialogo

87° Convegno Missionario Diocesano - 8° Convegno Missionario Ragazzi

19 - 20 Marzo 2011

Guarda: c’è il missionario!Stupore nelle parole e nei gesti della missione

Sede del convegno la Parrocchia di Colognola in città.

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sembra mettere tutto sullo stesso pianosolo per evitare la fatica di rendersi re-sponsabili del proprio credere e, con-seguentemente, di uno stile di vita. Seda una parte si montano campagneper rivendicare “radici” di cristianità etradizioni catto-patriottiche, dall’altra cisi dimostra disponibili a svendere, senzaandare troppo per il sottile, le ragionidell’etica, della politica e, persino, del-l’originalità della fede. Un relativismoche il Papa non perde occasione di af-fondare con le ragioni del Vangelo edella verità di Gesù; un vuoto di pensieroche occorre colmare al più presto pernon ridurre la fede ad una praticasempre più lontana dagli incroci del-l’esistenza.

Il compito della pastorale diventaallora urgente nella purificazione datutte quelle scorie che impedisconol’accesso alla verità, che illudono diammorbidire il messaggio attraverso li-quidazioni a buon mercato, che ap-pannano l’orizzonte delle scelte di vitacon i reality e gli ingaggi milionari dicalciatori e star di turno.La bellezza del vangelo è nella semplicitàdell’incontro con sé stessi, nella luciditàdella propria coscienza e, non è di

poco conto, nella fragilità del propriocuore. Questa verità ha la forza di ge-nerare e far crescere uomini con il“sale in zucca” e non con la testa tra lenuvole.

E, se c’è ancora uno schiaffo possi-bile, ci viene dalla presunzione di essereil centro del mondo. Lo dimostranoscelte di economia senza mezzi terminirispetto allo sfruttamento dei deboli,politiche a vantaggio di pochi e garantisterispetto alle ingiustizie, verità nascosteda un’informazione venduta e miope.È il gioco vecchio della potente Europarispetto ai continenti della povertà, èl’imbroglio di benefattori ricchi dispostia creare posti di lavoro sullo sfruttamentodei poveri, è il nostro immaturo meschinointeresse per ritagliarci un posto di po-tere, piccolo, ma possibile.

Anche qui ci sono scommesse chela pastorale non può disattendere. Unagestione dei soldi della comunità nonsolo trasparente, ma sobria e motivata;una scelta di presenza sul territorio in-cisiva perché capillare e responsabile;una proposta di cammino tesa a valo-rizzare l’apporto, unico e significativo,di ciascuno e di tutti. Non è una chiesarivoluzionaria o inficiata di teologia della

liberazione, ma solamente la chiesadel Vangelo.

Che sberle! Ce le da proprio il Van-gelo e sono ben date quando l’intentoè quello di svegliarci dal torpore dellesagrestie e degli incensi, dalle postazioniacquisite e dai privilegi di sorta. Ma ilbello del Vangelo è quello di ricondurcial cuore dell’uomo nel mistero di Dio.Non è forse questa la fatica di ognicammino educativo?

Quando ero piccolo la mamma nonera avara di scappellotti: una generosapassione educativa che, non so ancorase ha raggiunto gli obiettivi, ma certa-mente era a fin di bene. La mia ricono-scenza non è poca a questo riguardo,insieme all’impegno di continuare a te-mermi sveglio, anche con qualcheschiaffo, quando il rischio è quello diperdermi nella banalità del mio piccolomondo.

Chissà che uno schiaffo sonoro pos-sa smuovere anche qualche gruppomissionario che, fingendo di dimenticarel’annuale convegno, continua imperterritoa guardarsi il naso?!

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Sassolini missionari...

don Giambattistacentro missionario diocesano

Pino, il Calzino!Un’occasione preziosa per “raccogliere” solidarietà, un simpaticosegno per accompagnare il cammino quaresimale e condividerlo infamiglia.

Ciao! La mia è la storia di un vecchio calzino, rimasto per mesi in fondo alcassetto perché rimasto scompagnato. Il mio compagno è rimastonon so dove grazie alla distrazione di Enrico, il piccolo di famiglia. Così, dopo giorni trascorsi a scuola, feste di compleanno, partitealla play station e qualche pedalata, trascorro le mie giornate albuio del cassetto, allietato da un po’ di canfora, grazie alla bontàdella mamma che, dopo avermi lavato per bene ha detto: “A cosaservirà? Boh, chissà! Lasciamolo comunque qui!”.“Eccolo! Cercavo proprio lui, d’ora in poi sarai: “Pino, il calzino”. Hopensato che Enrico fosse impazzito. Mi ha preso, attaccato conuna molletta alla maniglia di un armadietto della cucina e mi hamesso dentro due euro. “Hai capito mamma? Hai visto papà? Pino,il calzino, sarà il nostro salvadanaio di quaresima. Lo abbiamodeciso con il don e tutti i ragazzi dell’oratorio per aiutare le famigliein Bolivia, Costa d’Avorio e Cuba”. Sono proprio onorato di svolgere questo nuovo e inaspettatocompito: faccio il missionario!. Un po’ esagerato? È per darmi im-portanza e soprattutto perché nessuno si dimentichi di me!

Nelle nostre famiglie…Pino, il calzino potrà diventare il salvadanaio dellaquaresima per piccoli e grandi, giovani e vecchi. Un salva-danaio per tutta la famiglia!Recuperare un calzino rimasto spaiato è la propostadel segno caritativo di questa quaresima. Condue bottoni (possibilmente uguali) facciamo gliocchi e con uno più piccolo il naso, e con unopiù grande la bocca. Così il calzino diventauno di famiglia. In un luogo vissuto da tutti i membridella famiglia, ad esempio la cucina, sarà il segno dell’im-pegno di ciascuno e dell’intera famiglia. Inutile dire che,calzino e raccolta rinunce per i progetti missionari, possonodiventare una proposta per le famiglie degli amici, deivicini di casa e di tanti altri a cui raccontare il valore di co-munione e sensibilizzazione della proposta.Al termine della quaresima il calzino consegnato al tuodon, insieme a quello di tante altre famiglie sarà concreta-mente sostegno dei progetti per accompagnare famigliee ragazzi che i nostri missionari aiutano nell’esperienzapreziosa della missione diocesana.

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Missione: cammino di Chiesa

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La posta dei missionari

Caro don Giambattista,58 anni fa arrivavo in Birmania, (ora

Myanmar) mio primo campo di apostolatoKengtung, stato di Shan. Già da allorala popolazione, in particolare i cattolici,vivevano nella miseria. Povertà sottoogni aspetto, ma affrontavano tutto congrande fede e pregavano, tanto!

Nelle varie novene tutti si riunivanoper pregare. Mi è rimasta particolarmenteimpressa la novena del Natale, parteci-pavano tutte le famiglie. Alla S. Messadi mezzanotte venivano tutte le tribùdei monti viaggiando a piedi quattro,cinque ed anche sei ore in mezzo allagiungla o attraverso strade pericolosis-sime. Affrontavano tutto senza paura ecol desiderio di arrivare alla cattedraleper le confessioni. A mezzanotte la cat-tedrale era strapiena e il Vescovo Mons.Guarcilena iniziava la S. Messa con tuttii missionari dei villaggi. Tutti cantavanola missa de angelis in latino, numero-sissimi si accostano alla S. Comunione.E poi tutti andavano a baciare il S. Bam-bino Gesù.

Chi desiderava partecipare alla S.Messa del giorno, trascorreva la nottesui carri dei buoi oppure sdraiato suuna piccola stuoia affrontando il freddo,che anche in Birmania in questa stagioneè intenso. A Natale non poteva mancarela visita al Convento di S. Maria, ossiaalle suore missionarie di Maria Bambina,Una giornata piena di incontri, di offerteche consistevano in peperoncini, qualcheuovo bollito, un mazzetto di verdure,frutta coltivata da loro e canti a nonfinire. Questa esperienza la porto nelcuore dal 1966!

Ecco che dal 1966, essendo espulsa

con altre due consorelle, sono passatain Thailandia precisamente a ChiangRai, 65 km. dalla frontiera Birmana, perrimanere vicine alle nostre sorelle bir-mane.

Ho pensato che qui sarebbe statourgente iniziare una missione, poichého trovato 35 cattolici provenienti dallaCina. Noi suore avevamo preso in affittouna casetta su palafitte, ma era troppopiccola per accogliere tutti per la pre-ghiera. Il primo Natale qui è stato moltopovero anche se, quando ha potuto,avvertito da qualche cattolico, è venutoun missionario italiano da oltre 90 km.In quel giorno erano tutti commossi poi-ché da oltre 15 anni non partecipavanoad una S. Messa.

Con l’andare del tempo i cattolicisono aumentati, si sono costruiti unachiesa abbastanza grande, per potercelebrare la liturgia e per la preghierapersonale. Nel distretto di Chiang Rai cisono alcuni villaggi di varie tribù per lamaggior parte cattolici ed il Natale diventacosì una festa di famiglia, che culminacon la partecipazione alla S. Messa ani-mata con canti tribali.

Dopo la celebrazione del giorno diNatale, viene offerto a tutti, thailandesie tribali, un buon pranzo. Come vede,

dal primo Natale del1966 al 2010, i cat-tolici, grazie a Dio, sono aumentati ed èper questo che voglio condividere lagioia di questa esperienza nella qualenon sono mancati sacrifici, problemi, fa-tiche, compreso il problema delle lingue,dei costumi e delle varie culture. Matutto a gloria di Dio.

Porgo cordiali saluti tanto fraternicon l’augurio di una proficuo nuovoanno. Rimaniamo uniti nella preghiera.

Sr.Elisa Cavagna

Suora di Maria Bambina

Chiang Rai, Thailandia

Hanno fatto visita al CMD...

Carrara Elisabetta, Bolivia

Dossi don Fausto, Bolivia

Gualberti mons. Sergio, Bolivia

Ferrario Elisabetta, Malawi Colombi fra Giovanni, India

Gamberoni don Sergio, Bolivia

Gotti Maria, BoliviaGotti Danilo, Bolivia

Ravelli suor Margherita, Malawi

Bucci Francesco, Bolivia

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Missione: esperienza di chiesa

Ritorna il convegno missionario dioce-sano!

Appuntamento immancabile nel cammino diun anno pastorale, diventa per la nostrachiesa un “respiro” di universalità che ha laforza di ritmare poi l’impegno di un anno in-tero.

Ridirne le motivazioni diventa, comun-que, importante per tutti, soprattutto persmuovere coloro che ancora non hannomaturato la convinzione di una missiona-rietà condivisa e “pregata” insieme.

La missione è un ricco arcipelago. Bel-lissimo. Colori e sentimenti si accavallano,sogni e progetti si rincorrono, persone ediniziative intrecciano la loro fatica per ri-spondere all’invito pressante della povertà,al grido della giustizia, al desiderio di vitache, da sempre, attraversa il mondo intero.Ed è in questa pluralità di volti che si mani-festa l’unica missione, quella di “annunciareil Vangelo” e di raggiungere l’uomo, ovun-que esso sia, per aiutarlo ad esprimere ilmeglio di sé, a mettere in campo la ric-chezza della sua dignità.

Ecco l’invito a guardare! Questo l’eser-cizio che verrà richiesto a grandi e piccolidurante i giorni del convegno.

Uno sguardo immerso nella spiritualitàè di assoluta importanza perché il tutto nonsi consumi nel fare e non si bruci in inutilisforzi. Da qui prende il largo il convegno2011 con l’obiettivo di guardare, con gliocchi e con il cuore, l’impegno missionario;di accogliere la testimonianza di due chiesesorelle, Bolivia e Cuba, che saranno rappre-sentate dal Vescovo Ausiliare di La Paz cheè anche Segretario della Conferenza Epi-scopale Boliviana e dal Vescovo della dio-cesi di Guantanamo-Baracoa; di nonperdere l’occasione per “ridare fiato” aquella passione per il vangelo e per l’uma-nità che vorremmo contagiasse sempre dipiù le nostre parrocchie rendendole semprepiù missionarie.

La riflessione pastorale sulla dimen-sione “glo-cale” del guardare è un po’ lachiave di lettura del convegno ed intendeoffrire alcune prospettive di rilettura dell’in-contro all’interno delle comunità parroc-chiali.

La miscela grandi e piccoli si è dimo-strata vincente negli anni scorsi e per que-

sto la riproponiamo. È uno scambio di testi-monianza, incontro tra generazioni, sicura-mente una possibilità per il futuro.

“Come facciamo ad invitare i ragazzi?”:è la domanda di tanti gruppi. Non c’è biso-gno di invitarli tutti, tutti quelli della comu-nità, ma basterebbe contattare un gruppodi catechesi, presentare il convegno al ca-techista, aiutare a comprendere il valore di“insegnare” la missionarietà, insistere sulladimensione educativa ed ecclesiale dellagiornata. Certo, se troviamo la disponibilitàdi un gruppetto, ma nessuno del gruppopartecipa al convegno…

Una parola occorre spenderla per moti-vare sempre di più il gruppo missionario adun evento come questo. È sufficiente ricor-dare la presenza del nostro Vescovo Fran-cesco come “segno” di missionarietà e ditutto l’impegno della diocesi?

Non si tratta allora di trovare qualchedelegato da mandare in rappresentanza delgruppo, ma di inserire il convegno nei mo-menti immancabili del gruppo, nel calenda-

rio annuale. Qualcuno accampa delle scuse: “Ab-

biamo un’iniziativa nostra… dobbiamo ven-dere le torte, sono per le missioni!...facciamo la preghiera missionaria…”. Tutteiniziative lodevoli ed importanti, ma… seprovassimo a cambiare domenica?

E poi perché non provare, perché nonlasciarsi portare almeno una volta nel vivereun’esperienza di Chiesa, nel guardarsi at-torno e scoprire che molta gente, propriocome me, si impegna per le missioni, hascoperto la missione come fonte di gioia epassione?!

Insomma, vi aspettiamo tutti a vivere unincontro di fede, amicizia e testimonianzacristiana: proprio come missionari doc.

La locandina che trovate al centro delgiornale è per pubblicizzare il convegnonelle nostre comunità, da fotocopiare ed ap-pendere fuori dalle chiese, da consegnarea tutti i componenti del gruppo.Ci vediamo al convegno!

Michele Ferrari

87° convegno missionario adulti – 8° convegno missionario ragazzi

Guarda: c’è il missionario!Stupore nelle parole e nei gesti della missione

5Associazione “Pro Jesu anch’io missionario” onlus

x 1000

Il tuo 5xmille per i missionari

La Pro Jesu, in stretta collaborazione con il CentroMissionario della diocesi di Bergamo,� condivide il servizio dei missionari� sostiene le loro opere� accompagna l’impegno di annuncio del Vangelo.

Aiutaci a sostenere l’Associazione. Non ti costa nulla e puoi farlo con la massima libertà!

Basta indicare il codice fiscale dell’Associazione Pro Jesu nell’apposito riquadro dei modelli

di dichiarazione dei redditi (mod. CUD, 730, UNICO).

Non produce effetti sul contribuente e non pregiudica la scelta

della destinazione dell’8 per mille.95137340162

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Basta scorrere anche superficialmentela locandina del prossimo Convegno

Missionario Diocesano, che quest’annoarriva a quota 87, per rimanere colpitida due parole ricorrenti: “occhi” e “guar-dare”.“Occhi giovani, occhi del cuore, occhidei poveri, occhi della missione, occhidel gruppo missionario, occhi missiona-ri”.“Guardare la missione, guardare il mondocon simpatia, guardare dentro la mis-sione, guardare la propria chiesa, guar-dare il missionario”.Perché ognuno possa guardare il mis-sionario con i propri occhi, perché tuttipossano guardare tutti i missionari ber-gamaschi, il CMD mette in circolazioneun DVD con la foto di ogni missionariodella Chiesa di Bergamo, almeno diquelli conosciuti. Tutti i volti dei missionarie delle missionarie di terra bergamasca,fatti “pescatori di uomini” da Colui che,un giorno, li ha presi nella sua rete conquelle magiche parole: “Vieni e segui-mi”.

Non più nomi senza voltoNon più aridi numeri: tanti missionari inAsia, tanti in Africa, tanti nell’AmericaLatina, tanti nel mondo.

Non più fredde percentuali: il 40%nell’America Latina, il % in Africa, il 5%in Asia ecc… Non più bolle di saponedai colori più vari: Francescani, Gesuiti,Salesiani, Comboniani, Saveriani, PIME,Consolata. È finita l’era degli 800 mis-sionari bergamaschi, senza volto, quasistatue di campioni decapitate. D’ora inpoi ad ogni nome, corrisponderà unvolto e tutti potranno avere in casa ilDVD che li calerà nella profondità delcuore. Anche i più lontani e i meno co-nosciuti, si sentiranno scoperti da tutticome missionari in carne e ossa, nonpiù scheletri composti dalle lettere di unnome e di un cognome.

DVD come reliquia visivaSarà una specie di reliquia visiva. Uomini

e donne in carne ed ossa, carichi dianni o con la luminosità della giovinezza,persone con il volto segnato dalle rughe,segno di annosità, ma anche di lavoroe di fatiche, oppure dalla lieta ingenuitàdi chi si trova alle prime armi.

Per la prima volta si vedranno tuttisfilare sul maxischermo del Convegnonell’ampio teatro dell’oratorio di Colo-gnola. Si sentiranno fremiti di esultanzatra i presenti. Fischieranno le orecchiea chi si trova a distanze siderali, inGiappone o in Messico, nelle più sperduteisole degli oceani come nelle più sperduteisole degli Oceani come nelle vicinanzedei ghiacciai del Polo Nord.

Ogni volto una soglia da superareAttenti a non fermarsi al solito volto. Ilvolto è come la soglia di una casa, perconoscerla bisogna oltrepassarla, bisognaentrarci dentro.

Che cosa avranno visto quegli occhi?Che cosa avrà macinato quella mente?Quali parole saranno uscite da quella boc-ca? E quel cuore, dentro, stipato di emo-zioni, quel centro misterioso che da lampidi luce a quegli occhi, tensione a serenitàa quel volto, se potesse parlare, che cosadirebbe? Racconterebbe certamente “digioie e speranze, tristezze e angoscedegli uomini d’oggi, dei poveri soprattuttoe di tutti coloro che soffrono –che sono di-ventate – le loro gioie e le loro speranze,le loro angosce e le loro tristezze”, comedirebbe il Concilio Vaticano II.E speranze di quel seme, gettato apiene e generose mani nei solchi dellastoria, possa germinare e dare frutti pe-renni di gloria a Dio e di salvezza per gliuomini.

Volti che non saranno riprodotti inmedaglie al merito conferito da chissàquale presidente della Repubblica o sin-daco di città, ma che riprodurranno lorostessi, il Dio della salvezza e della mi-sericordia. Forse nessun volto sulla terrariproduce così bene qualche cosa delvolto misterioso di Dio come quello deimissionari.

Nessuna beatificazione anticipataNon è un tentativo di beatificarli in anti-cipo, non vogliamo ingigantire i loromeriti, ma semplicemente rivelare qual-che cosa che la loro modestia non per-metterà mai a loro di dire e, forse, nep-pure di pensare. Le parole della creazione“facciamo l’uomo a nostra immagine esomiglianza” trovano la piena realizza-zione nel volto di ogni missionario, rive-latore di Dio che è amore. E vuole che isuoi figli riproducano i lineamenti del-l’amore. Sappiamo che la loro modestia,anche se qualcuno ha fatto fugaci ap-parizioni sugli schermi televisivi o haavuto l’onore di interviste su quotidianie riviste che vanno per la maggiore,non rivelerà mai le lotte vinte, gli ostacolisuperati, i risultati ottenuti.

Rimangono volti da imprimersi nellamemoria, ma ancor più nel cuore, sededella stima e dell’ammirazione oltre chedell’affetto. Nella segreta speranza che,mentre ci rivelano qualche cosa delvolto di Dio-amore, ci possano spingeread un’esistenza più coerente con il Van-gelo. Lo ha spiegato bene don ToninoBello, il Vescovo dal grande cuore mis-sionario: “Anche tu per evangelizzare ilmondo, non ti si chiede nulla di straor-dinario, solo di essere appassionato diGesù, della Chiesa e dell’uomo, di avereil cuore grande quanto il mondo, di la-sciarti scavare l’anima dalle lacrime deipoveri, di impegnarti a vivere la vitacome un dono, e deciderti a camminaresulle strade del Vangelo, missionario digiustizia e di pace”.Come loro, coloro del quali il CMD hasvelato finalmente il volto.

p. Giuseppe Rinaldi

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Missione: incontro di persone

Finalmente a centinaia di nomi di missionari sarà dato un volto.

Una cascata di voltiOperazione messa in atto dal CMD in occasione del prossimo Convegno Missionario Diocesano. Un DVD con i volti dei missionari bergamaschi nel mondo

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La nostra Diocesi si appresta a celebrare ilprossimo anno il cinquantesimo di coope-

razione missionaria con la chiesa di Bolivia,era il 1962. Poi, via via, hanno preso piedealtre collaborazioni: Costa d’Avorio, Cuba in-sieme all’invio di presbiteri e laici anche inaltre realtà. Oggi il nostro impegno coinvolgedirettamente 30 sacerdoti (Bolivia, Costad’Avorio, Cuba, Brasile, Myanmar, PapuaNuova Guinea, Paraguay, Uruguay), 26 laici(Argentina, Bolivia, Cameroun, Ciad, Ecuador,Israele, Malawi, Rep. Dem. del Congo, Thai-landia). A questi si uniscono alcune Congre-gazioni Religiose che stanno collaborandocon la diocesi: Poverelle, Orsoline di Somasca,Figlie del S. Cuore ed alcune comunità locali.

Oltre all’invio di persone anche l’impegnoeconomico non è indifferente e spazia dalsostegno ordinario a quello straordinario.L’ordinarietà comporta il sostegno dei mis-sionari e l’accompagnamento nelle opere dievangelizzazione e solidarietà, che la diocesisi è impegnata a sostenere con continuità.La straordinarietà è l’insieme dei bisogni im-mensi che si manifestano e chiedono ulteriorie generosi gesti di attenzione.

Ecco perché la quaresima diventa occa-sione propizia per essere informati e sostenerequesto impegno. Per conoscere in modo det-tagliato le diverse iniziative consultare il sitodove sono riportate altre informazioni.

Alla famiglia, alle parrocchie, agli oratorichiediamo di maturare insieme, nella preghierae nella condivisione, una carità missionariacapace di farsi portatrice di vita, di generaree prendersi cura della vita stessa, con un oc-chio di predilezione per il sapore di diocesanità,che contraddistingue questa cooperazionemissionaria.

I progetti che presentiamo sono legati adalcune concrete richieste e possibilità. Ècome se raccogliessero tante altre domandeche rimangono riassunte in queste attenzionie che, grazie alla generosità delle parrocchie,delle famiglie e dei singoli, troveranno una ri-sposta.Ecco i progetti che possiamo sostenere:

Un doposcuola per te…Come succede in tutte le grandi città, anche leperiferie della città di Cochabamba in Bolivia,

vivono il problema del disagio giovanile. Il disagioha radici profonde, nasce dalla mancanza dispazi e luoghi per la formazione integrale del-l’uomo a partire dai primi anni di vita.La povertà obbliga le famiglie a scegliere dinon mandare a scuola i figli, per impiegarlida subito nel lavoro: poco importa se i ragazzidiventano adulti senza saper leggere escrivere, l’importante è che portino a casaqualche spicciolo…La comunità parrocchiale di Condebambaha realizzato il Centro Educativo Parrocchialeper promuovere, insieme con la famiglie, ilprocesso di crescita ed educativo delle giovanigenerazioni.Dialogando con le istituzioni del territorio,con le famiglie, con gli istituti scolastici, donEugenio, don Sergio e Patrizia (bergamaschifidei donum in Bolivia), insieme ad operatorilocali, sono riusciti a coinvolgere in questofondamentale progetto circa 250 bambini,ragazzi e adolescenti.Dal 1997 al 2010 il numero dei ragazzi par-tecipanti si è quintuplicato: questo ha com-portando l’assunzione di nuovo personalelocale, l’ampliamento della struttura, l’acquistodi nuovi e numerosi materiali scolastici.Ci viene chiesto di prendere parte a questoprogetto sostenendo le attività che vengonoproposte. Una scommessa sul futuro!

Vieni a mangiare con me…Tanda è una delle comunità parrocchiali dellaCosta d’Avorio affidata alla cura dei sacerdotidelle Diocesi di Bergamo dal 1976. Oggisono presenti don Angelo e don Giandomenicocon due sacerdoti locali. La comunità parrocchiale ha deciso di impe-gnarsi nel sostenere i bambini che sono dav-vero tanti e spesso lasciati a se stessi.Alcune domeniche hanno sperimentato “l’invitoa pranzo”: tutti i ragazzi che partecipano allacatechesi, i chierichetti, ma anche gli altriche abitualmente non frequentano la parroc-chia, sono invitati al pranzo della parrocchia.Il menù è semplice, ma per loro è un pranzocon i fiocchi: una baguette intera e una sca-toletta di sardine!L’iniziativa, partita in sordina un paio di annifa, ora ha raggiunto un grande successotanto che, alcune domeniche, “intorno al

tavolo” si arrivano a contare 1.500 bambini evorrebbero poterla ripetere almeno mensil-mente Ovviamente il pranzo è l’occasionepropizia per coinvolgere i bambini, e conse-guentemente le famiglie, nel cammino di for-mazione umana e spirituale proposto dallaparrocchia.A noi è chiesto di guardare con simpatiaquesta iniziativa e di aiutare la parrocchia asostenere le spese del pranzo. I missionarihanno calcolato che una baguette e unascatola di sardine costano 0,75 €. Indispen-sabile condividere questo pasto!

Una chiesa cuore della comunità…Noi abbiamo che già abbiamo i riferimentidella vita parrocchiale: la chiesa, l’oratorio, lascuola materna, la sala della comunità, fati-chiamo a comprendere come queste strutturediventino fondamentali perché la comunitàcristiana abbia uno “spazio” tutto suo, unluogo dove vivere la propria identità e crescerenella comunione.Non succede così in molte zone del mondo,non succede così ad esempio, nell’isola diCuba dove i 60 anni di regime hanno raso alsuolo alcune chiese e hanno trascurato ilmantenimento di quelle più storiche.La cattedrale di Baracoa, anche solo perchéin essa vi è conservata la croce di CristoforoColombo, è una chiesa storica, ma molto fa-tiscente e a rischio di sgretolamento continuo,tanto da chiedere un’opera di ristrutturazioneradicale, anche in vista di un prossimo cen-tenario della sua edificazione.Il Vescovo della Diocesi è convinto dellavalidità di quest’opera proprio per raccoglierel’intera comunità di cristiani della città chegravita su due parrocchie dove son presentidue sacerdoti fidei donum bergamaschi: donValentino e don Luigi. Sistemare la chiesasignifica ridare volto alla comunità cristiana,rinsaldare le relazioni, curare i momenti dipreghiera, proporre itinerari catecumenali pergiovani e adulti.La chiesa diventerà il luogo concreto persperimentare la ricchezza del condivideretempo, fatica, entusiasmo.. Non è una chiesain più, ma l’opportunità di una comunità piùunita e fraterna.

Franca Parolini

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Missione: impegno di una chiesa diocesana

Quaresima di solidarietà per famiglie e parrocchie

La missione diocesana nel cuore della quaresimaUn tempo prezioso per conoscere e sostenere l’impegno della Diocesi in missione

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“Don Sandro Dordi era una personasemplice, saggia, consapevole di

quello che faceva senza tanto sottoli-neare il valore del suo operato, fatto contanto entusiasmo, rigore ed ottimi frutti”.Con queste parole mons. Lino Belotti,Vescovo ausiliare emerito della diocesidi Bergamo, definisce in modo sinteticodon Sandro Dordi, ucciso dagli attivisti diSendero Luminoso in Perù vent’anni fa,il 25 agosto del 1991.

Compagni di seminario fin dallescuole medie a Clusone nell’anno 1944-1945, da sacerdoti don Sandro e mons.Lino hanno condiviso anche la sceltadella Comunità Missionaria del Para-diso, nata in aiuto delle diocesi povere diclero, coltivando un’amicizia fatta più digesti e presenza che di parole e confi-denze. L’avere lavorato in zone vicinesia nel Polesine (negli anni cinquanta inoccasione della tremenda alluvione delPo) sia nella Svizzera francese nel de-cennio successivo ha permesso a mons.Belotti di conoscere meglio quel compa-gno di seminario piuttosto schivo e riser-vato.

“Eravamo nella stessa missione di LeLocle – continua mons. Belotti - però lui,come era nel suo carattere, amava vi-vere e lavorare con una certa indipen-denza. Io non ho mai fatto obiezioni aquesto, perché l’importante era vederlocontento, attivo e creativo in quanto fa-ceva, anche se non ci si confrontavamolto, benché fossimo a breve distanza.Don Sandro era fatto così: non si intro-metteva nel lavoro degli altri, amava cu-rarsi del proprio lavoro. Noi compagni dimissione eravamo contenti dei frutti diquanto operava e della benevolenza chegodeva da parte della gente. In accordocon il Vescovo di Bergamo era diventatoprete operaio, impiegato in una fabbricadove lavorava già con il computer edanche in quell’ambito era molto stimatoda tutti. Naturalmente non trascurava illavoro pastorale, grazie anche all’ottimasalute che gli permetteva di realizzare dinotte quel che non riusciva a fare digiorno. Tutto vissuto, poi, in grandeumiltà senza mai vantarsi delle qualitàumane che gli procuravano stima”.Come viveva don Sandro il suo es-

sere sacerdote?“Lavorava molto con la gente ed amavaanche il lavoro manuale. È sempre statoun tipo disponibile a sporcarsi le maniconcretamente in modo serio, gioioso epronto al sacrificio anche quando erachiamato a lavori pesanti. Questa suasensibilità al mondo del lavoro è emersagià nel Polesine quando, durante la rico-struzione, ha saputo assecondare la pro-posta di una scuola per l’avviamentoprofessionale di alcuni giovani comeelettricisti e meccanici. Con il suo ope-rato ha lasciato un ricordo positivo tantoche gli hanno dedicato una piazza, per-ché l’hanno visto come una persona in-teressata al bene di tutti. Ha continuatocon questo stile anche quando è andatoin Perù, dove l’ho visitato pochissimevolte come superiore dei Missionari delParadiso. Anche là ha continuato a lavo-rare fisicamente con la gente, impegnan-dosi fino in fondo e dimostrando disapere cogliere le necessità delle per-sone in un paese assai povero e legatoad un’economia esclusivamente agri-cola. Soprattutto in quelle zone cosìsperdute – sottolinea con forza mons.Lino - ha dimostrato il coraggio di affron-tare le situazioni più precarie e di nonguardare al proprio pericolo ma al benedei suoi parrocchiani”.

Quali erano i riferimenti spirituali didon Sandro?“In Svizzera viveva semplicemente il suonormale essere sacerdote in mezzo allagente. Alcune lettere che scrisse al Ve-scovo per chiedere di fare il prete ope-raio attestano la sua volontà di nonrinunciare al compito di missionario: vi-veva con fedeltà la visita agli ammalati e

alle famiglie, la celebrazione quotidianadella messa, la cura particolare della ce-lebrazione domenicale. In Perù ha man-tenuto l’attenzione ai doveri propri di unbuon parroco e sacerdote con più le-game verso le tradizioni: lo dimostra ilfatto che molte persone in Perù lo stianovenerando assai più di quanto avvengaqui. È più conosciuto e ricordato con af-fetto e gratitudine in Polesine, Svizzerae Perù che in Bergamasca”.

Come è avvenuto il passaggio tra duerealtà così diverse come la Svizzera eil Perù?“È stata una scelta fatta da lui. Ha la-sciato Le Locle negli anni Settanta ed èandato per conto proprio a scegliere lafutura destinazione. Alla fine è arrivatoin Perù, ha parlato con il Vescovo localee gli sono state indicate due destina-zioni; ha scelto Santa dove si trovavamolto bene anche se sapeva, perché gliera stato detto dal Vescovo di Bergamo,che non sarebbe stato sostituito da nes-suno. Faceva un po’ di testa sua – ag-giunge mons. Lino sorridendo – forseperché, conoscendosi, voleva sentirsipienamente responsabile di quanto sce-glieva. Quando sono andato mi haanche confidato le sue preoccupazioni,perché si accorgeva che il lavoro eratanto e, andando avanti con gli anni, po-tevano crescere le difficoltà di fare frontea tutto. In effetti negli ultimi tempi avevaavuto alcuni problema di salute per iquali gli era stato consigliato di rientrarein Italia per un po’ di tempo”.

Che cosa può dire alla Chiesa oggiuna figura come quella di don San-dro?“Tra i diversi aspetti sottolineerei la sem-plicità ricordata all’inizio ed il non attac-camento al denaro, mai rifiutato, masempre cercato con parsimonia, senzal’eccessiva ansia di costruire. C’è statauna povertà nella sua vita personale maanche nella pastorale: si fa, si lavora condecisione e passione, si dona tutto sestessi con impegno e gioia, ma senzarincorrere tutte le novità tecniche ad ognicosto”.

Maria Albini

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Missione: testimonianza di vita

Un sacerdote tra la gente, nella semplicità e quotidianità

Don Sandro Dordi, missionario e martireColloquio con mons. Lino Belotti, Vescovo Ausiliare Emerito di Bergamo

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Missione: testimonianza di vita

Testimoni di gratuità nella Terra di Gesù

La missione al di là del muroUna comboniana bergamasca racconta i suoi 15 anni a Gerusalemme

Ètornata da poco da quella che siamosoliti chiamare “Terra Santa” e che

santa lo è davvero perché in quell’angolodi mondo Dio si è incarnato e ha portatoa compimento la sua promessa e ilsuo progetto di salvezza per l’uomo. Terra ‘Santa’, dunque, e terra amatada chi, come suor Duilia Angeloni, mis-sionaria comboniana nativa di Mapello,ha avuto il privilegio di viverci per ben15 anni. E altrettanti ne avrebbe volutovivere ancora, se l’obbedienza, soffertama piena, alle disposizioni dei suoi su-periori non l’avesse richiamata in Italia.Eppure suor Duilia, nel raccontare questiultimi anni del suo servizio missionario,non nasconde che vivere a Gerusa-lemme oggi è assai diverso e indub-biamente più difficile di quanto non lofosse quando ci arrivò, nel 1995, conun ricco bagaglio di esperienza mis-sionaria vissuta altrove, in altri contestie in altri tempi.L’ “avventura” missionaria di suor Duiliainizia in anni lontani, subito dopo laprofessione religiosa tra le Pie Madridella Nigrizia, quelle che conosciamocome suore Comboniane dal nome delloro fondatore, S. Daniele Comboni.Un’ “avventura” che inizia subito nelsegno dell’obbedienza. Ma allora -è il1955- l’obbedienza di suor Duilia è fa-cilitata dall’entusiasmo della giovaneetà e dal fascino della prima destina-zione.

LA PRIMA MISSIONE“Mi destinarono ad Aden, importanteporto commerciale dello Yemen delSud, allora appartenente al Common-wealth britannico, un luogo che in co-mune con certe zone dell’Africa avevasolo il gran caldo e l’assenza assolutadi vegetazione. Una città di commercie traffici intensi, ricca di possibilità dilavoro, abitata da persone delle più di-sparate nazionalità. Mi fu affidata, in-sieme alle consorelle della comunità,la gestione di una grande scuola privata”.Ad Aden suor Duilia restò 18 anni: annidifficili in cui si trovò a vivere i profondicambiamenti di quella terra che, ottenutal’indipendenza dal Regno Unito, conobbe

una rivoluzione di tipo socialista e con-trasti di ordine politico e ideologico conlo Yemen del Nord. Quando dallo Yemen tutti i religiosivennero espulsi, suor Duilia, tornata inItalia, si trovò a vivere un nuovo tipo diservizio missionario. A Roma, una cittàin cui per qualche tempo si sentì piùsperduta che nelle strade di Aden, lefu chiesto di mettersi a servizio delleconsorelle che tornavano dalla missioneo che partivano per la prima volta: ac-coglienza e accompagnamento, praticheburocratiche da sbrigare, visti e docu-menti da richiedere. Un servizio duratooltre vent’anni fino alla nuova destina-zione: Gerusalemme e a un nuovo tipodi presenza missionaria. Per altri 15anni, fino allo scorso novembre.

IL COSTO DELL’OBBEDIENZA“Io in Israele ci sarei rimasta. Dopo 15anni di lavoro, di conoscenza dell’am-biente, di dedizione a una popolazioneprovata che ha bisogno della nostrapresenza…venir via costa. Obbedirecosta. Ma il Signore aiuta! Del resto,se in ciò che ci viene chiesto non riu-sciamo a vedere la volontà di Dio, di-venta difficile farcela. Ma il mio futuroadesso è qui e qui devo inserirmi”. La si legge tra le righe del suo raccontola sofferenza di suor Duilia per il recentedistacco da una terra dove vivere nonè mai stato facile né esente da pericoli;e non lo è in particolare in questi ultimianni in cui la Terra Santa vive stretta inuna morsa di paura e di sospetto con-tinui.Qualche anno fa, nella Gerusalemmeche amava, suor Duilia ha visto innalzarsiil muro che ha modificato profondamentela stessa azione missionaria delle Com-boniane. Un muro di protezione, diconogli ebrei che l’hanno costruito. Una bar-riera di sicurezza contro i possibili, epurtroppo reali, attentati. Di fatto unmuro di netta divisione che, anche achi, come le suore, è in possesso di re-golare lascia-passare, richiede lunghitempi per arrivare ai check point, puntidi controllo da superare non senza dif-ficoltà per raggiungere le tante famiglie

arabe rimaste isolate, senza possibilitàdi lavoro e di istruzione, prive di adeguatiservizi sanitari, sempre più abbandonateal proprio destino.Ma l’attività missionaria nella casa dellesuore comboniane alle porte di Geru-salemme continua, nonostante la pre-senza incombente del muro a ridossodel loro giardino: una consorella arabavi gestisce una scuola materna; ai pochibambini cattolici, inoltre, viene assicuratoil catechismo; alcune suore seguonole popolazioni beduine disseminate suimonti vicini e due volte alla settimanaun’autoambulanza raggiunge i luoghipiù isolati per un minimo di servizio diassistenza sanitaria; i tanti pellegriniche passano dalla casa missionaria diBetania trovano l’ospitalità di cui hannobisogno, come la trovano i gruppi dimovimenti cattolici presenti a Gerusa-lemme che si recano nella casa delleComboniane per vivere ritiri e incontridi spiritualità.Era questo fino a pochi mesi fa il mondodi suor Duilia. Un mondo in cui unmuro di cemento ha reso di certo piùdifficile la presenza missionaria di questesuore, ma non ne ha compromesso lagenerosa testimonianza. Né il clima ditensione che si vive a Gerusalemmeha indebolito il desiderio di continuareproprio lì la loro missione a servizio delRegno. “Ecco perché si fa tanta faticaa lasciare la terra in cui il Signore ti hachiamato a vivere la tua missione: per-ché la si ama davvero quella terra. Perquanto possa essere difficile viverci...”,conclude suor Duilia, con un’ultima di-chiarazione d’amore per la “sua” TerraSanta.

Renza Labaa

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Qui a Belo Horizonte siamo in autunno,la temperatura è tra i 15° e i 20° e la

sera arriva anche a 10°. Per l’Italia è unatemperatura non molto bassa, ma per lapopolazione di quì sì, soprattutto perchénon hanno case attrezzate per il freddo.La scorsa settimana abbiamo visitato lasignora Judite: era molto preoccupata peril figlio di tre anni, che è stato ricoveratoper una brutta bronco-polmonite.Le famiglie vicine avevano organizzato larecita del rosario nella sua casa per chie-dere il dono della guarigione del suo bam-bino. Grazie a Dio oggi è tornato a casa esta meglio.

In questo clima ci ha colpito l’esperienzadella signora Raimunda, di circa 60 anni.Viene sempre a messa, non è sposata inchiesa, ma sempre ci manifesta il suo de-siderio di avvicinarsi all’Eucaristia. Daalcuni mesi ha il marito immobilizzato aletto e lei lo assiste con amore e moltafede. “Dio sa quello che fa” ci diceva.L’altro giorno l’abbiamo vista arrivare inchiesa scalza, senza neppure le ciabatte.Al termine della messa ci siamo avvicinatie le abbiamo domandato il perché di queipiedi scalzi. “Ho fatto una promessa alSignore: per 30 giorni non calzerò niente;desidero chiedere la conversione dei mieifigli. La grazia di Dio è più importante ditutto”. Ci ha colpito che non abbia chiestola guarigione del marito, ma la fede per i

figli.Abbiamo pregato nel nostro cuore: “Ti

ringraziamo, Padre, perché hai tenuto nas-coste queste cose ai dotti e le hai rivelateai piccoli”; la signora Raimunda, anchenon potendo avvicinarsi all’Eucaristia, s’in-contra davvero con Gesù.

E poi la signora Lucia.Arrivata nella Villa Camponesa (faveladella nostra Missione) solo 4 mesi fa, lasignora Lucia ha 45 anni. L’aspetto è dichi non è “abituato” a vivere in favela;parla con noi missionari ridendo eccessi-vamente, quasi non volendo manifestareil dolore che nasconde nel cuore.Così ci dice: “Nella mia vita ho superatotante difficoltà, non é stato facile... magrazie a Dio tutto si è sempre risolto...,anche ora, sono sicura, Dio mi aiuta.Lavoravo in una fabbrica di vestiti, sonosarta; con il mio lavoro aiutavo la mia fa-miglia. Vivevamo in una casa d’affitto: duestanze, bagno e cucina; non era molto,ma i miei figli potevano vivere. Mio maritoé morto 8 anni fa e da alcuni anni il lavoronella ditta era scarso, ci sono stati mesiche non lavoravo, altri che lavoravo senzaprendere un soldo, poi mi hanno licenziata.

È stato difficile accettare di vivere qui, macosa potevo fare?”.

Ascoltavamo in silenzio e le sue parole,il suo dolore, entravano in noi come unacosa preziosa, che bisogna custodire.La sua nuova “casa”: 3x4, un materassoper terra, un vecchio divano dove dormela figlia Jessica di 16 anni; senza acquané luce.“È triste vivere cosi, la sera con il buionon si sa cosa fare”.I suoi occhi si riempivano di lacrime, macontinuava a ridere convulsamente. L’abbiamo abbracciata per dirle la nostravicinanza e lei ha continuato:“Ora vado a fare pulizia in alcune casedel centro, ma non sempre. La presenzadella comunità missionaria mi dà moltasperanza, mi aiuta a credere che Dio cista accanto. Mi piace partecipare allamessa, all’incontro del gruppo ecclesiale,mi portate un po’ di gioia. Sembra chepresto potrò andare via da qui, ma perora devo continuare la “luta de viver” (lalotta per vivere).

Angelo e Marilena Algisi

Missionari laici in Brasile

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Missione: esperienza di famiglia

Esperienze che raccontano le meraviglie di Dio

Il Vangelo dai poveri verso di noiDue donne offrono uno spaccato dimisericordia nella fatica della povertà

Rinnovo e abbonamento

Il nuovo anno ci obbliga ad un piccolo ritocco all’abbonamento del “Sassolino…”. Le spese di spedizionesono quintuplicate ed abbiamo deciso di portare le pagine da 12 a 16. Sono costi in più. Ecco perché civediamo costretti a portare l’abbonamento a 12,00€, nella speranza che molti di più di coloro che ricevonoil nostro bimestrale decidano di sostenerci con l’abbonamento per loro e per i missionari bergamaschinel mondo. Da parte nostra rimane la convinzione dell’importanza di raggiungere tutti per rafforzare ilegami con i nostri missionari, confermati dal gradimento manifestato da tanti. Ai missionari che ricevono il nostro notiziario chiediamo di “benedirlo” con la preghiera.

La redazione

19 dicembre 2010. Neppure la neve e il freddo hanno impedito ai giovani di Sforzatica S.Maria di raggiungere il Centro Missionario Diocesano per attingere la Luce di Betlemme.Una piacevole invasione di giovani imbacuccati e pronti a far ritorno, a piedi, nella lorocomunità con la luce della pace, la luce che la notte di Natale avrà illuminato il cammino diquanti si sono messi sulla strada per incontrare il bambino Gesù

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Zena è una povera donna. Madre di quat-tro bambini. Fino a poco tempo fa abitava

sotto la tenda Ora abita vicino al villaggioin una piccola baracca per poter mandarea scuola i due figli più grandi. Il marito nonaveva lavoro qui al villaggio, tutta la suavita ha fatto il pastore presso altre persone.

Non trovando lavoro è ripartito per lamontagna a custodire le pecore di un altro,per un magro salario. Se l’annata è buonail terzo degli agnelli che nascono sono perlui. Ogni due o tre mesi circa torna a trovarela famiglia.Compra un sacco di semola, un pò di zuc-chero, un pò di the ,qualche legume secco(fave o fagioli) poi riparte a circa 70kmnelle montagne del Marocco.

Zena si arrangia per far vivere i figli.Non bevono mai latte, perché è troppocaro, non mangiano formaggio, nè frutta ,nè carne. Il loro cibo quotidiano: un pò dipane fatto in casa, un bicchierino di tè , ilcuscus con qualche legume secco.

Ora è inverno e fa freddo. La lorobaracca non è riscaldata e spesso sonoammalati. La mamma, Zena si impegnaper far vivere i suoi figli. Tesse delle tendeper i nomadi per quattro soldi. Ha un pò digalline e vende le uova per comprare lemedicine. Zena è sempre sorridente e con-tenta. Quando le domando come va; mi ri-sponde “Dio ci aiuta, non ci abbandona”.Ogni volta che gli faccio visita è per me unincontro del sorriso di Dio.Mi rivela la beatitudine dei poveri di cuore!

Suor Rosanna Bigoni

Francescana missionaria

di Maria in Algeria

Conosco da tre anni una donna, Yuneisi,che ha 4 figli e vive sola lottando perché

i figli vivano. A 15 anni é stata violentata da

suo padre. A 16 anni va a vivere insieme aYoel: nascono 4 figli.

Quando Yuneisi ha 27 anni il convivente,padre  dei suoi figli, porta in casa loro lanuova innamorata e Yuneisi è costretta adandarsene cercando una nuova abitazionee la trova: é una stanza di paglia che fa dacasa, il pavimento di terra, senza acqua esenza luce. Ora la giovane donna ha 31anni e vive lavorando presso chi la chiamaper il raccolto di pomodori, di ceci, di maise cosí via. In comune con famiglie vicinealleva qualche gallina e ha un maiale incomproprietà. La settima scorsa mi haofferto la disponibilità ad accogliere in casasua i cristiani per la preghiera. Ha costruitosemplicissime panche di banchi per sedersie le ha collocate fuori dalla casa. È moltocontenta perché i figli studiano volentieri epartecipano come possono al bene dellafamiglia; la più grande che é in terza mediae ha venduto un paio di scarpe, che leerano troppo grandi per comperare tregalline, va a scuola senza scarpe ma é unadelle più brave. Si vogliono molto bene eYuneisi, anche se deve lavorare molto, ècontenta perché vede i figli che cresconobene.

don Pierluigi Manenti

missionario fidei donum a Cuba

Vi racconto della famiglia della signoraAndrea di Cochabamba, Bolivia. An-

drea si è presentata alla nostra casa perchiedere un aiuto economico per undebito. La famiglia della signora Andreaè composta da lei e dai suoi quattro figli:Kevin, di circa sei anni, Carla di dieci,Maria Ester di dodici e Maria Elena, di di-ciannove.

Il papà beveva molto ed è morto alcunianni fa.

Vivono in una stanza in affitto nellazona sud della città; tutti i loro beni con-sistono in due letti, un tavolo, un piccoloscaffale, una bombola del gas ed un for-nellino, pochi vestiti ed alcune stoviglie.Sono costretti a cambiare spesso di casa,soprattutto per problemi di affitto. La si-gnora Andrea è malata di diabete, in unacondizione che non le permette di man-tenere un lavoro stabile e le richiede fre-quenti visite e cure.

I tre figli più piccoli frequentano lascuola ed attualmente la famiglia vienesostenuta esclusivamente dalla figlia piùgrande, Maria Elena, che lavora comecollaboratrice domestica e cerca di inte-grare il suo salario lavando i panni osvolgendo lavori giornalieri presso altrefamiglie. Maria Elena non ha potuto fre-quentare le scuole superiori ed è spessovittima di sfruttamenti e soprusi da partedei datori di lavoro. L’ultimo di questi epi-sodi le ha causato un licenziamento in-giusto ed ulteriori complicazioni per lasua famiglia.

Una possibilità di aiuto a breve termine,presentatami dalla signora Andrea, eraquella di acquistare pentoloni e stoviglieed una piccolo permesso per cucinare evendere cibo di strada in un mercato. Ilsuo sogno, come per molte altre mammeboliviane, è invece quello di una stanzain anticretico, una forma di contratto chepermette di non pagare l’affitto per alcunianni, impegnando inizialmente una sommadi denaro piuttosto consistente, che vienepoi restituita al termine del contratto.

Francesco Bucci

missionario laico fidei donum in Bolivia

Accogliere serenamente le fatiche della vita

Briciole di vita quotidianaIl racconto di alcune esperienze per muovere alla riflessione

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Missione: cuore della famiglia

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Nel contesto del concerto di Natale,cuore dell’iniziativa: “Illumina il mondo!”

che ha impegnato il CMD e più di 150volontari e della quale riferiremo nel pros-simo numero, si è svolta la consegna delpremio “Beato Giovanni XXIII” a tre mis-sionari bergamaschi nei quali vogliamovedere raccolta la sintesi della presenzae dell’impegno di tutti i nostri missionari.

Il Vescovo Francesco ha consegnato ilpremio con particolare calore a Mons.Servilio Conti, presente alla manifesta-zione. Nelle sue parole l’invito ad esseresempre ed ovunque missionari con il van-gelo nel cuore.

Ecco la presentazione dei missionariindicati

Mons. Servilio Conti, nato a

Vertova nel 1916,appartiene all’Isti-tuto dei Missionaridella Consolata.Ordinato sacerdotenel 1944, è mis-sionario in Brasiledal 1949. Nono-stante l’età, soloda pochi mesi è tornato in Italia e vive aTorino presso la Casa Madre del suoIstituto.Nella sua lunga esperienza missionariaha percorso e ripercorso il Brasile dacima a fondo.Dopo aver insegnato per tredici anni nelseminario di Sâo Manuel, nello Stato diSan Paulo, l’allora padre Servilio vieneinviato nell’estremo nord, tra le popolazionidi indios di Roraima, di cui diviene re-sponsabile per alcuni anni, prima di essereconsacrato vescovo nel 1968. La terza tappa della missione brasilianadi mons. Conti inizia nel 1976 nello statodi Rio Grande do Sul, diocesi di SantaMaria, di cui sarà il vescovo ausiliare finoal 1998, quando, per raggiunti limiti dietà, si ritira e diventa ‘vescovo emerito’. Decide però di non lasciare il Brasile,continuando il proprio servizio pastoraleda semplice sacerdote e religioso dellaConsolata presso la parrocchia di Apa-recida in Sâo Manuel, città della suaprima destinazione.

“Mi avanzano ancora alcune forze: levado a spendere là, vado a fare il viceparroco…, a dare una mano”, aveva dettouna volta raggiunta l’età della “pensione”,con umiltà e col fermo proposito di servirefino alla fine la Chiesa di Dio. Una fedeltà indiscussa che merita lastima e la riconoscenza della sua Chiesad’origine. Per il suo lungo e appassionatoimpegno missionario a mons. Servilioviene assegnato il Premio ‘Beato GiovanniXXIII 2010.

Padre Franco Sottocornola,

che appartiene al-l’Istituto dei Missio-nari Saveriani, è na-to a Bergamo il7.06.1935. Ordinatosacerdote nel feb-braio 1959, dal1978 svolge la suaattività missionariain Giappone.Uomo di dialogo, alla ricerca di ponti e dicollaborazione, di armonia e di pace tra ipopoli e le religioni, nel 1987 ha fondato,con il monaco buddista Furukawa Tairyu,il Centro di preghiera e di dialogo interre-ligioso “Seimeizan” (Montagna della vita)che, nel 2003, ha trasformato il proprionome in “Shinmeizan” (Montagna dellavera vita). Da 23 anni è un appassionatotestimone di pace, attraverso convegniinternazionali, pubblicazioni, pellegrinaggidi riconciliazione tra giapponesi e cinesi,progetti di assistenza per bambini disabilisia in Giappone che in Cina.Nel 1997 è stato nominato consultoredel Pontificio Consiglio per il dialogo in-terreligioso.Il dialogo interreligioso, vissuto comeparte integrante della missione della Chie-sa, è dunque il cuore del lungo impegnomissionario di padre Franco, consapevolee tenace testimone che “Il dialogo è unavia verso il regno e darà sicuramente isuoi frutti, anche se tempi e momentisono riservati al Padre” (RM, 57). A padre Franco la stima profonda e la ri-conoscenza della Chiesa di Bergamo at-traverso il conferimento del Premio ‘BeatoGiovanni XXIII 2010.

ElisaBergamelli,

nata a Nembro il20 luglio 1935, èuna laica consa-crata che appartie-ne all’Istituto delleOblate di Maria Im-macolata e che haspeso gran partedella sua vita inCiad. Dopo alcuni anni trascorsi in Italia,a 73 anni suonati, ha accettato di ripren-dere la strada della missione , animatadalla fedeltà al motto del suo Istituto chechiede alle consacrate di essere presentie testimoni “dovunque Cristo ha dei di-ritti”.Donna battagliera e decisa, ha dedicatoenergie, iniziative e oltre trent’anni dellapropria vita ad altre donne, per renderlecapaci di gestire la loro vita con strumentiadeguati , e di migliorare le condizioni divita dell’intera famiglia.Attualmente Elisa lavora nella parrocchiadi Moulkou (diocesi di Pala) che a partiredal 1970 è stata la sua prima destinazione.Inviata in seguito ad altri servizi, nel 2000è tornata in Italia dove per 8 anni ha con-tinuato a sentirsi e ad essere missionariaoffrendo collaborazione al CMD. Il suo nuovo compito è quello di prepararela strada perché nella missione di Moulkou,entro pochi anni, possano inserirsi dellesuore africane e prendersi in carico l’or-ganizzazione e le strutture della missionestessa, in particolare per quanto concernela parte femminile e il lavoro formativocon le giovani donne.

In Africa il futuro è donna, secondo Elisa.E di questo futuro sta mettendo le basi afianco di centinaia di giovani donne, leiche giovane non è più, ma che conservala giovinezza dell’entusiasmo con cui èpartita per la prima volta. E la freschezzadella fede che ha generato la sua sceltadi vita: missionaria ovunque. Non solo inAfrica.

Ad Elisa, che si dichiara “contenta dicontinuare il mio servizio apostolico…fino a quando avranno bisogno di me”,tutto il sostegno e la riconoscenza dellaChiesa di Bergamo, attraverso l’asse-gnazione del Premio ‘Beato GiovanniXXIII 2010.

Stefano Pagliaro

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Consegnato il riconoscimento ai missionari bergamaschi

Nella memoria di Giovanni XXIIIUn’occasione in più per rileggere la storia missionaria della nostra diocesi

Missione: dono della vita

Page 14: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · La mia è la storia di un vecchio calzino, rimasto per mesi in fondo al cassetto perché rimasto scompagnato. Il mio compagno

Il cammino quaresimale della nostra Diocesi è guidato da diversi anni da unaproposta che raccoglie l’impegno delle diverse dimensioni della pastorale e

vuole coinvolgere la famiglia in un percorso di preghiera dove ciascunopossa portare il proprio contributo. Abbiamo pensato di offrire anche altrispunti di preghiera ed azione con un’esplicita attenzione alla missionarietà:ecco il semplicissimo libretto che troverete a disposizione presso il CMD.

Una serie di proposte, molto semplici e condivisibili, che spaziano dallacena al tempo libero e che hanno come obiettivo quello di aiutarci acondividere sempre di più, il prezioso tempo quaresimale che, come ognialtro tempo della vita, corre il rischio di essere risuc-chiato dalla fretta .

Il pellegrinaggio, piuttosto che la condivisione dellacena con i vicini di casa diventano occasione perdedicare tempo a chi ci sta accanto nel “racconto” ditutto quello che Dio fa per noi ogni giorno. Ricono-scendo questa continua presenza di Dio si realizzaquella vocazione missionaria che è propria del Bat-tesimo e dunque appartiene ad ogni battezzato.

Un’opportunità in più anche per scoprire come,attraverso un piccolo contributo annuale, ci si puòfare compagni di strada di tante famiglie chedavvero aspettano un gesto di solidarietà e diamicizia. Per ulteriori notizie consultare il sito:www.cmdbergamo.org

Intenzioni di Sante Messeaffidate ai missionari

Nel segno della fede e della caritàsi colloca il bel gesto di far celebrarela Messa in ricordo dei propri cariche ci hanno preceduto nell’eternità.Durante il mese missionario questogesto assume anche la tonalitàdell’universalità: alla Chiesa inviataalle genti sono affidati il ricordo ela preghiera per i nostri defunti.Tanti gruppi missionari si sono im-pegnati per rendere questo servizio:per loro la gratitudine è grande.Le modalità per l’offerta sono di-

verse: è possibile far celebrareuna messa, oppure le Messe Gre-goriane (la quota minima è di400,00 euro) così come iscrivendosial “Suffragio perpetuo” con un of-ferta di 25,00 € una Santa messaviene celebrata settimanalmentesecondo l’intenzione dell’offerente.Agli iscritti è consegnata un im-magine con una preghiera quoti-diana per i propri defuntiInformazioni ulteriori si possono

richiedere alla segreteria del CMD.

Don GiuseppePulecchi:è l’ultimo FideiDonum inviatonella terra di Bo-livia all’inizio delloscorso mese digennaio.

Nato il 30 settembre 1963, è ori-ginario della Parrocchia di Bru-saporto. A don Giuseppe che di-venterà parroco nella parrocchiadi Capinota, succedendo a donMassimo Fratus, che nei prossimimesi rientrerà in Italia, deside-riamo garantire la nostra vici-nanza nel ricordo e nella pre-ghiera. “Il Signore ama chi donacon gioia”! Questo l’augurio adon Giuseppe.

Non ci si improvvisa!

Esperienza di incontro con la “missione”nelle missioni del mondo

Il desiderio di “vedere” con i propri occhile missioni è qualcosa che molti portanonel cuore in attesa del momento buono.E da giovani è meglio ancora. Ecco per-ché da alcuni anni il cmd offre questaopportunità nel tempo dei mesi estivi.Un percorso di formazione è indispen-sabile per non sprecare un’ occasionepreziosa e, forse, unica.Chi fosse interessato contatti il cmd dopoaver preso visione del percorso formativo:

19 FEBBRAIO 2011Poveri…si diventa!

Il dramma terribile della realtà.Aiuti umanitari: strada a fondo chiuso.

Infiniti spazi di libertà nella scelta.

5 MARZO

Attenti…ci si educa!L’uomo e l’universo: dialogo culturale.

Il positivo della globalizzazione.Dall’ascolto alla partecipazione:

incontro decisivo.

19 MARZO

Guarda: c’è il missionarioConvegno Missionario DiocesanoPresso la parrocchia di Colognola

dalle 15 alle 18.(vedi programma a parte)

2 APRILE

Credenti…ci si abbandona!Quando la fede si accanisce nella ricerca.

Le domande che accerchiano scelte di vita.Annunciare il Vangelo: un dovere!

Il “segno” del Vangelo.

16 APRILE

Partenti…ci si gioca!Non è un viaggio qualsiasi.

Scavare nella “ragioni” per scoprire il vissuto:dalle domande al “tempo” per assaporare

l’esperienza.

Gli incontri si tengono presso il cmd dalle h17 alle 21,30. Le iscrizioni al percorso si chiu-dono il 16 febbraio ed è richiesto un colloquioprevio con il direttore del cmd.Al primo incontro verranno presentate le metedell’esperienza estiva.

Per ulteriori informazioni. 035 4598480; [email protected]

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Missione: incontro che cambia la vita

Una proposta per il cammino di quaresima

Famiglie… per la missioneDalla semplicità della vita la liturgia del cuore

Famiglie…per la missione

Centro GrafiCo Stampa

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Ha avuto tutto inizio per caso, o meglio,per mistero. Gli amici al bar me lo

hanno detto come se fosse cosa nota atutti: “E tu, cosa fai? Il Don ci ha incoraggiatiad informarci per visitare una missionedurante la prossima estate!”. Ed i nomipronunciati sono ovviamente i più esoticied i più sognati: Cuba, Africa, la Bolivia...Poi i desideri alati si piantano per terra,ed iniziano un loro originalissimo cammino.Basta consultare il sito internet del CentroMissionario Diocesano (www.cmd.berga-mo.org) per capire che partire non è affattoimpossibile. Unici requisiti: buona volontà,serietà, ed un minimo di preparazione. Aprima vista, un ostacolo; in realtà, unapista di decollo.

Così ci ritroviamo seduti fra personemai viste prima. Le comunanze sonomolte, ma una sola basta a farci sentiredavvero un gruppo: la speranza di viaggiarecol cuore, oltre che con l’aereo.

Per cinque appuntamenti di circa quattroore ci troviamo tutti assieme nella sede divia Conventino. Il programma è semprelo stesso: due ore di incontro, la cenasemplice e condivisa, ancora un’oretta diconfronto, un Padre Nostro corredato daspunti utili a sfamare lo spirito, e buona-notte. Si arriva alle cinque, si rincasa allenove di sera.

Una noia? Non direi proprio. Perchèuna volta si parla di dialogo fra culture, edascolti incantato don Davide che racconta,con vivide espressioni bergamasche, comesi sia ritrovato catapultato da Bergamo inBolivia, e poi di nuovo nella nostra provinciaper cercar lavoro a migliaia di badanti “ditutti i colori”. Un’altra senti Suor Giovannache è fuggita dalla guerra in Congo conbambine orfane sotto braccio, attraversandola giungla verso la salvezza. Ed ogni in-contro prevede qualche filmato, oppureuna discussione, l’intervento di un esperto.Fa da cornice al tutto la direzione di donGiambattista, impegnato a mettere inrilievo ogni volta la dimensione profonda-mente e invariabilmente cristiana di espe-rienze così diverse. E soprattutto c’è lapreghiera. Semplice, di qualche decina diminuti. Anche perché confrontarsi con lamissione vuol dire immergersi nel para-dosso per il quale la vita stessa è una

preghiera. Forse la migliore, se vissutacon la sincerità di tanti missionari.

E poi c’è Franca, Michele, tutti gli amiciche ci accompagnano con i loro consiglie la loro simpatia verso l’aeroporto, e per-sino un po’ più in là. Già, perché agostoarriva subito ed è ora di partire. Il tempodi farsi sforacchiare per le vaccinazioni,di porsi qualche quesito originalmentestupido (“Ma la sera farà freddo? Massì,portiamoci pure le calze di lana...”) mentrepiovono auguri entusiasmanti (“Salutatemii coccodrilli!”).

Ed eccoci, stretti fra le cinghie di zainipesantissimi, a salutare genitori ed amici.Il gruppo si è ristretto, adesso siamo dav-vero fra “compagni”, cioè fra quelli che,ce l’hanno insegnato nel percorso di pre-parazione, “spezzano il pane assieme”.Un pane talvolta non freschissimo, ma in-saporito dalla condivisione.

Dario, Daniela, Paolo, Michela. Lasomma delle nostre età fa solo settanta-sette. Me ne accorgo giusto ora: un numeroforse non molto elevato, ma certamentebenaugurante.

Se dei genitori restano qui in Italia asospirare il nostro ritorno, c’è un impreve-dibile padre ad aspettarci. È padre Alberto,missionario bergamasco doc: in Africaquasi ininterrottamente dal 1968. Decennidi guerre, carestie, malati bisognosi dicure l’hanno reso più convinto della suascelta. E mite, dolce, umano all’inverosimile,attento a noi ed ai nostri bisogni al puntoda commuoverci quotidianamente.

Di “mamme”, d’altra parte, ne abbiamoguadagnate addirittura due: Maguy e Ber-nadette, due suore francesi che da più divent’anni servono l’Africa bambina, nonpossono essere meno materne con noifragili figli della grassa Europa.

E quanti fratellini! Per le strade, nellepovere stanze di casette affollatissime esenza mobili, scintilla un caleidoscopio disorrisi.E tintinnano delle voci irripetibili: “Tubabu!”,urla un coro di bambini ridendo, cioè “bian-chi”, ma anche “medici”, perchè, graziesoprattutto alle missioni, il volto pacificodell’Occidente non è rimasto totalmentesconosciuto a questi giovani popoli, sottratisida soli cinquant’anni all’invadenza del co-

lonialismo.Dovunque ci volgiamo qualche madre

guida uno stuolo di figli nell’intimità deicortili o verso la distesa smeraldina dellerisaie, dove chiunque, dai dieci ai cent’anni,collabora alla fatica quotidiana. È la sta-gione delle piogge, e quasi ogni giorno ilcielo benedice queste terre argillose, gua-dagnandosi la riconoscenza dei suoi figli.Nel caos delle città, nel sapore di un théinusitato, nella luce abbagliante che tra-sfigura gli steli coi suoi riflessi, cerchiamodi incontrare il segreto di questa gente edi questa terra, ci sforziamo di impregnar-cene. Gli abbracci calorosi di bimbi poverie desiderosi di affetto ci insegnano comefare.

In questo labirinto di bellezze e di mi-serie la nostra guida è il saggio padre Al-berto: “Ragazzi, in tutti questi anni d’Africaho passato momenti duri, soprattutto inMozambico, visitando i mutilati della guerracivile, e quand’ero a nord, nel deserto,dove la mia salute è stata messa allaprova. E ripensandoci oggi mi accorgoche ne valeva la pena, ho sempre avutopreziose consolazioni.”Si interessa delle nostre vite italiane, tantosimili a quelle dei suoi mille nipoti, ascol-tandoci in silenzio.

E dopo averci lasciato parlare e sghi-gnazzare per ore dice con la sua voceflebile e carezzevole: “Le cose che cercatesono belle, prego perché le otteniate. Iovi consiglio di non farvi depistare dallavita, perché è proseguendo dritto che hotrovato la mia felicità. Ricordatevi dellaperla nascosta: una volta che avete sco-perto qualcosa di straordinario, di meravi-glioso, e vi siete detti: “Ecco, questo èproprio vero”, non andate in cerca di espe-rienze, non sbandate di qua e di là. Lastrada sarà anche lunga e spesso dura,ma non è questo che deve preoccuparvi.Come dice Agostino, “Tu va’, cammina”.”

Ringrazio, a nome mio e dei miei com-pagni, tutta la Comunità delle Ghiaie, as-sieme al CMD di Bergamo e soprattuttoal nostro parroco don Davide per averciregalato la possibilità di vivere quest’espe-rienza a dir poco straordinaria.

Dario Mazzola

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Missione: esperienza che tocca la vita

L’incontro con la missione affascinante opportunità di crescita

In Mali “cacciatori di perle”P. Alberto Rovelli ha accolto quattro giovani per l’esperienza estiva

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Missione: esperienza che tocca la vita

Direttore responsabile:Don Giambattista Boffi

Redazione:Via Conventino, 8 - 24125 Bergamotel. 035 45 98 480 - fax 035 45 98 [email protected]@diocesi.bergamo.itpromozionecmd@diocesi.bergamo.itwww.cmdbergamo.org

Aut. Tribunale n° 17 del 11/3/2005

Stampa:CENTRO GRAFICO STAMPA SNC

A questo numero hanno collaborato:Elisa Cavagna, Michele Ferrari,Giuseppe Rinaldi, Franca Parolini, Maria Albini, Renza Labaa,Angelo e Marilena Algisi, Rosanna Bigoni, Pierluigi Manenti,Francesco Bucci, Stefano Pagliaro,Dario Mazzola, Mariangela Patelli,Giambattista Boffi.

Garanzia di tutela dei dati personaliai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. n.196/2003: i dati personali comunicati dagliinteressati sono trattati direttamente perl’invio della rivista e delle informazionisulle iniziative del Centro Missionario Dio-cesano di Bergamo. Non sono comunicatio ceduti a terzi.

Finito di stampare il 11 febbraio 2011

PER SOSTENERE I PROGETTI:

� direttamente alla sede del CMD� tramite ccp n 11757242� tramite bonifico bancario

Banco di Brescia via Camozzi (Bg)IBAN:IT41G0350011102000000001400

Questa parola risuona dentro di me da quando sonotornata, ormai due settimane! Il mio grazie va a chimi ha aiutato a decidere di fare questa esperienza, achi mi ha preparato per viverla al meglio e inprofondità, a chi mi ha accompagnato ogni istante,prima, durante e dopo, con consigli preziosi, parole,sguardi e sorrisi.

Il mio grazie più grande, però, va sicuramente atutte le persone che ho incontrato in Bolivia: bambini,ragazzi, giovani, adulti. Anche senza volerlo, anchesenza fare niente di straordinario, sono proprio loroche hanno reso ricca questa mia esperienza, sonoloro perché mi hanno fatto toccare con le mie mani evedere con i miei occhi la loro vita, hanno aperto unpò le porte dei loro cuori e mi ci hanno fatto entrare,io, straniera ed extracomunitaria. Grazie perché ve-dendo una realtà così diversa e così lontana da me,dalle mie abitudini posso imparare ad apprezzareogni giorno di più le mie fortune, posso impararecosa davvero sono le cose importanti, posso impararea guardare l’altro con occhi di comprensione e nondi critica, posso smetterla di giudicare e forse iniziaread amare.I poveri mi hanno resa ricca!

Tante persone mi chiedono com’è stata questa espe-rienza, e se devo ridurre il mio raccontare in unaparola, dico che è stata un’esperienza ricca. Misento più ricca. E sono stati proprio loro, i poveri, arendermi così. Poveri, sicuramente economicamente,ma se possibile ancor di più, per quello che hocapito io, poveri di affetti, possibilità, serenità, edu-cazione, e a volte anche di ideali e sogni. Più volte iprimi giorni dicevo tra me che alcuni episodi di vita,alcuni modi di affrontare le situazioni, alcuni atteg-giamenti non erano normali. Non normali secondome, secondo il mio limitato modo di vedere la vita ele sue situazioni, secondo i miei parametri, secondole mie abitudini. Poi mi sono un po’ abituata a vederealcune cose, che io reputavo strane, quasi comenormali, ma soprattutto mi si sono aperti gli occhi e ilcuore ad accogliere quella diversità di affrontare lesituazioni da come sono abituata io. E ho iniziato a

capire che veramente la povertà più forte non eraquella economica ma appunto quella delle possibilitàe dei sogni.

Penso un pò agli adolescenti e ai giovani, comepoter sognare di costruire una famiglia, se quella incui stanno vivendo è assente o è affettivamente undisastro, come poter sognare di realizzare le proprieambizioni se c’è bisogno di lavorare da bambini peraiutare la famiglia, come sviluppare le proprie attitudinise non ci sono possibilità di studio, di lavoro e le op-portunità per farlo. Eppure si sanno accontentare,come dicono gli adolescenti da noi “ci stanno dentro”,costruiscono la loro vita con gli elementi che hannoa disposizione, e sanno regalarti un sorriso sempre.Tante volte mi sono chiesta dove stava la mia fortunaad essere “ricca”, solo perché sono nata in un luogodiverso? Ma forse non è così…

Forse la vera povera sono proprio io… mi hannovista e hanno pensato di rendermi ricca.Tanti sono i piccoli episodi di ogni giorno che mihanno resa ricca: un saluto per strada da parte diqualche bimbo che a malapena mi ricordo di avervisto; la ricerca di un abbraccio e di un po’ di affettoda parte dei più piccoli, capaci di affidarsi, anche ame che nemmeno mi conoscono; l’interesse nei mieiconfronti con mille domande su di me da parte deipiù grandicelli e dei giovani; la richiesta di avere imiei occhi solo perché di colore diverso dai loro,oppure il dire che gli stessi occhi sono cattivi sempreperché di colore diverso. Tanti veramente gli episodiche mi hanno fatto capire di essere accolta, per quelpoco che sono, così come sono, per quel poco cheho provato a dare. E giorno dopo giorno le conoscenzesi sono approfondite, i cuori si sono avvicinati, loro sisono abituati alla mia presenza ed io alla loro… maa quel punto è già arrivato il momento di salutarci…alcuni mi hanno chiesto: quando torni? Ed era un pòtriste la mia risposta che diceva: penso che maitornerò qui…

Questo molto in sintesi è quello che ho vissutoin terra di missione, sperimentando la quotidianità diuna missione dove un sacerdote, ogni istante della

sua giornata, deve testimoniare un amore di Dio cheè per tutti, che va oltre le ricchezze e le povertà, unDio che è nato nel mondo per salvare tutti, e lapriorità di un missionario è quella di annunciarequesto amore. E lo fa macinando chilometri, ammi-nistrando sacramenti in abbondanza, avendo sempreuna parola per ciascuno, avendo un’attenzionespeciale ad ogni persona che bussa alla porta,avendo un po’ di denaro a disposizione per i più bi-sognosi, inventando attività ogni istante per tenereuniti e coinvolgere ragazzi e giovani. E in tutto ciòpassa un messaggio, in tutto ciò passa l’amore diDio per l’uomo, attraverso un uomo. Prima di partirepiù volte mi avevano detto che era anzitutto un’espe-rienza di fede, e qui ho fatto ancora una volta unpiccolo passo nel mio infinito cammino di fede, hocapito e sperimentato come la testimonianza ha bi-sogno di parole e di azioni, di sacramenti e di esempidi vita. Ho capito che veramente la fede è quel donoche non si può capire, è solo da accogliere, consemplicità e senza la pretesa di conoscerlo. La fedeè quella realtà che ti incontra ogni giorno in modo di-verso, ogni giorno attraverso le persone che ti stannoaccanto, quelle che conosci ma anche gli sconosciuti.E ho capito che per riconoscere la presenza delSignore nella mia vita devo tenere gli occhi aperti,mi passa accanto ogni giorno, ma se ho gli occhichiusi non posso vederlo!

E adesso sono tornata, le persone mi chiedonocom’è andata, e alcuni mi fanno strani complimenticome se avessi fatto un atto eroico, e questo un po’ midà fastidio. Io non ho fatto niente di straordinario, hofatto un’esperienza che tenevo nel cuore da moltotempo, ho soddisfatto un desiderio, ho realizzato unsogno, ma niente di straordinario. La Bolivia non ha bi-sogno di me, Capinota anche senza di me andavaavanti, magari anche meglio, certo, mi sono messa unpo’ a servizio di quello che necessitava, ma ho portatoa casa di più, molto di più, di quel poco che ho dato.È per tutto questo che torno a ripetere: Grazie dicuore! con il cuore!

Mariangela Patelli

Tre mesi a Capinota nella missione diocesana con d. Massimo Fratus

Di cuore e con il cuore: grazie!Sperimentare la ricchezza dei poveri: è il dono ricevuto