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CENTRODI RICERCHE DI METAFISICA dell'UniversitàCattolica delSacro Cuore LargoA . Gemelli, 1- I-20123Milano Autori vari Comitatoscientifico : AdrianoBausola L'Unoe 1 molti CarlaGallícetCalvetti Alessandro Ghisalberti VirgílioMelchiorre acura diVirgilio Melchiorre Angelo Pupi GiovanniReale Mario Sina Presidente . GustavoBontadini Direttori : Adriano Bausola Giovanni Reale SezionediMetafisicaestoriadellametafisica direttada AdrianoBausolaeVirgilioMelchiorre VITA E PENSIERO Pubblicazionidella UniversitàCattolicadeiSacroCuore Milano1990

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CENTRO DI RICERCHE DI METAFISICAdell'Università Cattolica del Sacro CuoreLargo A . Gemelli, 1 - I-20123 Milano

Autori vari

Comitato scientifico : Adriano Bausola

L' Uno e 1 moltiCarla Gallícet CalvettiAlessandro GhisalbertiVirgílio Melchiorre

a cura di Virgilio MelchiorreAngelo PupiGiovanni RealeMario Sina

Presidente . Gustavo Bontadini

Direttori : Adriano BausolaGiovanni Reale

Sezione di Metafisica e storia della metafisicadiretta da Adriano Bausola e Virgilio Melchiorre

VITA E PENSIERO

Pubblicazioni dellaUniversità Cattolica dei Sacro CuoreMilano 1990

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ALESSANDRO GHISALBERTI

L'Essere e l'Uno in Tommaso d'Aquino

Appartiene alle più antiche istanze della filosofia occidentalel'affermazione dell'unità come categoria che salvaguarda e com-prende in sé la sostanza di ciascuna cosa, mentxe la dispersionepriva ogni cosa della sua essenza .L'istanza di unità è stata poi trasferita sul piano della divinità,dal quale già con Parmeníde e ροί con Platone è stata categorica-mente e'~clusa ogni molteplicità numerica, assumendo così l'uni-tà tra gli attributi irrinunciabili dell'assoluto trascendente .Come sí esprimerà Proclo nei suoi Elementi -di teologa, « sel'uno ha la proprietà di riunire e di comprendere ín sé le cose, invirtù della sua presenza rende perfetta ogni cosa . L'essere unifi-cato, dunque, è in tal modo un bene per tutte 1e cose. Se anchel'unificazione è un bene in sé e il bene ha la facoltà di creareunità, íl Bene assoluto e l'Uno assoluto si identificano, unificandoe rendendo buone contemporaneamente le cose che esistono » i .Il tema dell'unità, sia ín rapporto all'ente e aí suoi attributi, siain rapporto a Dío come unico Essere sussistente e come trino,viene sviluppato in molte opere dí Tommaso d'Aquino, dalleopere appartenenti al primo periodo della sua attività di scrittore(Commento ai quattro libri delle Sentenze, Commento al De he-bdomadibus dí Severinō Boezio, Exposítio in librum De divinisnominibus di Dionigi Areopagita), alle opere della maturità diTommaso: Summa contra Gentiles, Quaestiorιes disputatae (inparticolare nelle questioni De pote~~tia), Su~~~~r~a theol~giae,Exposítio super librum de causis, opera assegnata dagli studiosial periodo 1268-1272 .

~ Proclo, Elemettti dí teología, 13 ; tr . it . di Ch, Faraggíarιa di Sαrzana (Ι Μα-ηυα1ί), Rusconí, Μilαηο 1985, ρ . 93 .

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ZZÓ

ALESSANDRO GHISALBERTI

L'esposíz~one sistematica del pensiero dí Tommaso sul tema ècontenuta nella Summa theolog~ae, ~a pars, q. 11, De u~~itate Dei,che tratta quattro articoli : « utrum unum addat aliquid supra ens ;utrum unum et multá opponuntur ; utrum Deus sít unus; utrumDeus sii ~naxi~ne unus » . La discussione viene sviluppata nellasuccessiva q . 30, art . 3 : « utrum termini numerales ponant ali-quid ~n divinis » .Tommaso affronta preliminarmente la semantízzazione del ter-~nine uno : « unum ením nihil aliud significai quam éns indíví-sum », ossia la nozione di uno, applicata alle singole cose, nonaggiunge nulla di reale in positivo, « sed tantum negatíonem dí-visíonis » 2 . Questa aggiunta negativa, ossia l'indívisionedell'ente, pur non essendo un'aggiunta reale, non è nemmenonulla del tutto e perciò oziosa ; sul piano concettuale l'assenza dídivisione è una connotazione che potenzia la comprensione ra-zionale dell'ente : « unum addii aliquid secundum rationem supraens » 3 .L'affermazione che l'unum non significa altro che l'ensindivisum consente a Tommaso di stabilire la convertibilitàdell'uno con l'ente : l'ente infatti può esse~~e semplice, e perciò èindiviso sia ín atto, sia in potenza ; .oppure l'ente può essere co~n--posto, ma íl composto come tale non può esistere finché le sueparti sono divise : il composto sorge dalla reale confluenza delleparti in qualcosa di unitario ..L'asserita convertibilità significa che, come si può dire che ogniente è uno, così sí può dire ehe ogni uno è ente ; sí capisce subitoquindi che sí ha che fare non con l'uno che è principio nell'ordi-ne dei numeri, bensì con l'unità che è un trascendentale (o, me-glío, nel linguaggio di Tommaso, un trascef~dente, de tra~~scen-de~ztibus) . Questa trascendenza dell'uno viene subito chiarita :l'uno che . sí converte con l'ente è altra cosa rispetto all'uno cheorigina la serie dei numeri . Mentre nel secondo caso l'uno stabi-lisce una determinata quantítà che esclude qualsiasi aumento 0molteplicità senza che venga meno quella determinazione nume-ríca, nel caso. dell'uno trascende~~te non sí esclude la moltitudi-ne, bensì, ponendo l'indívísíone, sí esclude solo la divisione . Ciò

~ Su»τ»ια tlτeologiae, τ, 11, 1 .s Ιbί, Ι, 11, 1, ad 3υ~,

L'ESSERE E L'UNO IN TOMMASO D'AQUINO

significa ulteriormente che l'uno non esclude í molti, che l'unitànon esclude la molteplicità, bensì la pluralità come quantità divi-sa,Integrando la q . 11 e la q . 30, ecco in sintesi la progressione del-la dottrina tomista :1) « Unum vero quod convertitur cum ente est quoddan~metaphysicum, quod secundum esse non dependet a materia » ~ ;« unum, cum sii de transcendentibus, est_ communius quam s~~b-stantía et quam relatío ; et similiter multitudo » 5 .2) Anche la multitudo si configura come un transcendeus, ossianel linguaggio nostro diremmo non solo che l'uno è un trascen-dentale, ma anche che íl rapporto uno-molti è un trascendentale .Tommaso lo precisa in rapporto alla multitudo configurata dallapresenza delle tre persone nell'unica natura divina : « multitudoquae ponit aliquid in rebus creatís, est species quantítatis ; quaenon trar~sumitur in divinam praedícatíonem ; sed tantum multitu-do transcendens, quae non addii sopra ea de quibus dicitu~•, nisíindívisionem circa smgula . Et talis multitudo dicitur de Deo » 6 .Ciò accade perché « unum non est remotivum multitudinís, seddivisíonis, quae est príor, secundum rationem, quam unum velmultitudo. Multitudo autem non removet unitatem : sed re~novetdivisionem circa unumquodque eorum ex quibus constai multi-tudo » ~ .La molteplicità delle persone importata dalla Trinità non togliel'unità delle singole persone, come l'indivisione delle singolepersone non toglie la moltitudine . La moltitudine esclude cioè ladivisione ín rapporto a ciascuna cosa di cui consta la moltitudi-ne, perciò non esclude l'unità, ma ín qualche modo si costituiscedalle unità e sulle unità . Il rapporto dell'uno con i molti è « detranscendentibus » perché non è un rapporto di opposizione nelsenso dell'esclusione ; i trascendentali conseguono di per séall'ente, perché oltrepassano, trascendono, nelle determinazioniconcettuali i concetti del genere e della specie .3) L'uno-numero e la quantítà divisa sóno tutt'altra cosa rispetto

4 1h1, I, 11, 3, ad Zum,Slbi, ~, 30, 3, ad luur,6 Ibi, ~, 30, 3, ad Zum,~ Ibi, I, 30, 3, ad 3um •

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8lbi, τ, 30, 3, respondeo .~ Cfr. ibá, ι, 30, 3, ad 3U11 .ιο De poterεtía, 4, 7, τesμondeo .

ALESSANDRO GHISALBERTI

all'uno convertibile con l'ente; il numero matematico appartienealla specie della quantità, stabilisce delle parti quantitative, equindi divide una quantità (2 cubiti) da un'altra (3 cubiti) . 1 nu-mero metafisico come tale non si lega alla quantità, ma la esclu-de ín quanto nega la divisione : « Est autem duplex divísio . Unamateríalís, quae fit sec~~ndum divísionem continui : et hanc con-sequit~rr numerus qui est species quantitatis . Unde talis numerusnon est risi in rebus materialibus habentibus quantitatem. Allaest divísio formalís, quae fit per opposítas vel díversas formas :et har~c divísionem sequítur multitudo quae non est in aliquo ge-nere, sed est de transcendentíbus, secundum quod ens divídit~~rper unum et multa . Et talem multitudinem solam contingít esse -ín rebus ímmaterialibus » 8 .La definizione dell'uno come indiviso, comportando che l'uno .come tale non escluda la molteplicità, comporta, come ulterioreconsequenzialità, che la molteplicità non sia posta ρrίιηαdell'uno stesso . Ciò accadrebbe nel caso che l'uno sí definisseper rapporto ai molti, per cui la nozione di moltitudine díverreb-be preliminare a quella di unità ; è invece la nozione di divisioche precede quella dell'unó, in quanto entra nella sua definizione,secondo ~~na priorità che Tommaso qualifica di ragione, cioè « se-cundum rationem divisio est prior quam unum et multitudo » 9 ; ladivisione infatti, nella sua forma negativa (indwísio, ~zegatio di-visionis), entra nella semantízzazione sia dell'uno, sia dei molti :« Cum unum addat sopra ens unam negationem, secundum q~~odalíquíd est índivisum in se, multitudo addít daas negationes,prout scilicet alíquid est ín se indívisum, et prout est ab allo dívi-sum. Quod quidem dividi est unum eorum non esse alterum » i~ .La progressione concettuale è ben indicata nell'opuscolo De na-tura generis, di cui riportiamo un brano anche se l'autenticitàdell'opera è controversa, perché è una citazione dí appoggio : « Inintellectu igitur primo cadit ens ; secondo divisio ; terno unumquod divísionem prívat: et consequenter• multitudo, ín cuíus de-finítione cadit unitas, sicut et in ratióne uni~xs cadit divísio . Ettamen divisa praedicto modo rationem multítudinís habere non

Sulla base delle acquisizioni dottrinali esaminate, Tommasod'Aquino procede per stabilire l'unità di Dio, confrontandosicon i pensatori che l'hanno preceduto, ín particolare con í neo-platonící. Nella Summa theologiae, q . 11, art. 3 (« Utrum Deussít unus ») presenta tre prove dell'unità divina . La prima è de-sunta dalla semplicità dí Dío: in Dio coincidono totalmente spe-cie e individualità (« secundum idem est Deus, et hic Deus » ),per cúi l'unità divina è piena espressione della sua inco~n~~nica-bilítà . La terza prova è deserta dall'unità del mondo, una ~ulitàdi ordine, che postula uri unico supremo ordinatore ; la secondaprova è desuńta dalla infinità della perfezione di Dio : siccomeDio è perfettíssímo nel senso che comprende in sé t~~tta l'attuali-tà dell'essere, è impossibile che esistano più dei, dal momentoche questi potrebbero differenziarsi solo perché uno possiedequalché,,perfezíone che l'altro non ha . Ma la mancanza dí qual-che perfezione significherebbe l'esclusione dalla natura perfet-tíssíma .Nell'elaborare questo ragionamento Tommaso rinvia alla precc-dente q . 4, art. 2, dove ha dimostrato che llio è perfettissimo, efacendo qui un ulteriore rinvio alla q . 3, art . 4, dove ha guada-gnato l'affermazione éhe « Deus est ipsum esse per se subs~-stens » . L'unità dí Dio poggia dunque, dal punto di vista delfspessore ontologico, sulla presenza ïn Dío di tutte le perfezioni,le quali in tanto esistono come perfezioni, in quanto sono radic~-te nell'essere : « Omnium autem perfectiones pertinent ad perfe-etíonem essendi : secundum hoc ením aliqua perfecta sunt, quodaliquo modo esse habent . Unde seguitar quod nullias rei perfe-etio Deo desit » 12 . Quest'ultimo u~~de seguitar - tiene ín forza cielrichiamo alla dimostrazione con cui si è stabilito che Dio èl'iρsum esse subsistens, per cui nessuna perfezione .avente ux~ospessore reale gli può mancare . Secondo questa traiettoria, la z°a-díce dell'unità sta nell'essere, e Dio è uno perché l'essere sussí-

~~ De ~~atura generis, cap . 2; O~uscula ~hilos~phica, a cura di R. Spiazzi, Ma-ríettí; Torino 1954, p . 179 . L'autentíc~tà di questo trattato è stata messa indubbio dal Mando~met, mentre è stata difesa dal Grabma~~n e dal Michelítsch(cfr. ibí, p . 175) .~2 Summa theologiae, ~, 4, 2 .

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possunt, risi unícuique divisorum ratio unitatís applicetur » ~~,

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stente non può essere che uno solo . Questa pare essere la lineaspeculativamente prevalente nelle opere dí Tommaso; nell'ulti-mo articolo della q. 11, rispondendo alla domanda « utrumDeus sít maxime unus », l'Aquinate afferma che Dio è uno nelmassimo grado, perché è ente nel massimo grado ed è massima-mente indiviso ~3 .Il cap . 42 del primo libro della Summa contra Ge~~tiles presentauna successione più nutrita dí considerazioni volte a fissarel'unità dí Dio. Dopo un primo gruppo di argomenti che ricondu-cono l'unità alla presenza in Dio di tutte le perfezioni, in parti-colare alla prerogativa dí Dio di essere il primo motore, l'ordi-natore dell'universo, intrinsecamente necessario, totalmentesemplice, Tommaso propone il raccordo unità-essere : stabilisceche l'essere proprio di ciascuna cosa è unico, perché Dío, che èíl suo stesso essere, non può che essere unico. Sempre perchéogni realtà possiede l'essere nella misura ín cui possiede l'unità,sancendo in tal modo la propria irriducíbílità al non-essere, allanatura divina che possiede l'essere nel grado più alto appartieneanche la massima unità ~a .La riconduzione dell'unità all'essere ci consente dí sviluppareuna riflessione fondamentale : la convertibilità dell'ente conl'uno, dalla quale abbiamo preso 1e mosse, non è ~l primo enun-ciato in metafisica, perché l'ente viene nominato dall'essere, eperciò il punto di partenza è costituito dalla domanda sul rappor-to tra ente ed essere .L'ente è la prima nozione conosciuta dall'intelletto perché ogni

~3 « Est enim maxime ens, inquantum est non habens . alíquod esse determina-tum per aliquam naturam, cui adveniat, sed est ipsum esse subsistens omnibusmodís índetermínatum . Est auteur maxime índívísum, inquantum neque dívídí-tur actu, neque potentia secundum quemcumque modum divísionís, cum sitomnibus modís simplex » (ibí, ~, 11, 4, respondeo) .~4 L'argómento immediatamente successivo è così formulato : « In unoquoquege~~ere vídemus multitudínem ab alíqua unítate procedere : et ideo in quolibetgenere invenitur unum prímum, quod est mensura omnium quae ín illo genereinveníuntur. Quorumcumque igítur invenitur ín alíquo uno cónveníent~a, opor-tet quod ab alíquo uno principio dependeant . Sed omnia ín esse conveniunt .Oportet igítur esse unum tantum quod est rerum omnium príncipium . Quod estDeus » (Summa contra Gentiles, ~, 42) . L'unità del principio è qui stabilita inbase all'istanza interna alla molteplicità, per la quale i molti sono precedutidall'uno ; la molteplicità delle cose presenta una qualifica comune, quella diessere ; deve perciò esístere un unico principio dell'essere per tutte le cose.

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cosa è conoscibile in quanto esiste, ossia in quanto possí~del'essere : « ens dícítur quasi esse habens » ~s . L'ens dunque è unanozione complessa, includente il concetto di natura (la natura diuna cosa, l'essenza), e il concetto che tale natura ha l'essere . Se-condo alcuni testi fondamentali e molto noti di To~n~naso, la co-noscibilità dell'ens è legata al suo esístere attualme~~te, cioè υnαcosa singola è conosciuta come eus nella misura in cui la sua es-senza è realmente dotata dí essere : « Illud quod primo íntellectusconcipit quasi notissímum et in quod conceptiones omnes resol-vít est ens, ut Avicenna dícít in principio Metaphysicae suae .Unde oportet "quod omnes aliae conceptiones accipíantur ex ad-ditione ad ens » 16; « Parímo autem in conceptione íntellectus ca-dit ens : güia secundum hoc unumquodque cognoscibile est, ínquantum est actu, ut dícítur in IX Meta~hysicae . Unde ens estpropríum obíectum íntellectus : et sic est prímum intelligibile, sí-cut sorìus est prímum audíbíle » ~~~Nel cap . 1 del De ente et esseutía viene precisato che « essentíadícítur secundum quod per eam et ín ea ens habet esse », e daciò risulta chiaramente che l'índivis~bilità dell'ens come espres-sione della sua peculiare unità poggia sull'unità di essenza edessere. L'ente non possiede cioè una unità semplice, una possiedel'unità dí composizione, quella derivante dall'unione esseutiae

et existe~~tiae .

È del resto indubbio che anche il composto ha una sua unità :« Omnís composìtio est unío »; « orane autem composítumhabet esse, secundum quod ea, ex quibus componítur, union-tur » 18 . « Compositio est quaedam ímítatio unítatís : onde etunio dícítur » ~9 .L'affermazione dell'unità dell'ente, riferita all'unione delle suecomponenti, l'essenza e l'esistenza, porta a collocare in υnα pre-

~s In ~jj Metaphysícorum, lectio ~ ; ed . Cathala- Spiazzi, Maríetti, Torino 1950,p. 567, n . 2419 .16 De ~~eritate, ~, 1 .17 Sun~n~a theolog~ae, ~, 5, 2, respondeo .is De ~otent~a, 7, 1, respondeó (corpus) .19 De Veritate, 2, 7, ad Sum. Concorda il testo della Summa: « Quod auteur estcompositum, non habet esse quamdiu partes eios sunt divisae, sed postquamconstítuunt et componunt ipsum compositum. Unde manifestum est quod essecuiuslíbet rei consistit in indívisione » (Summa theologíae, ~, 11, 1, resp .) .

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císa prospettiva la nota tesi tomistica della distinzione reale traessenza ed esistenza. La distinzione è reale nel senso che non èlogica, non è distinctio rationis : sulla nozione di distinzione pre-vale infatti in Tommaso quella dí composizione, e le due compo-nenti in questione non sono da intendere come due cose distinte,bensì come due parti che non esistono mai separatamente l'unadall'altra. Tali sono l'essenza e il suo essere, l'atto e la potenza,la forma e la materia . L'indicazione dei testi dell'Aquinate non ètanto diretta ad affermare che l'essere dell'ente è distino dallasua essenza, quanto piuttosto è diretta a dire che l'essere dell'en-te è oltre, in aggiunta (praeter), alla sua essenza: « Cum esse sítpraeter essentiam cuiuslíbet rei creatae » 20 ; « oportet quodhuiusmodi esse sít aliquid praeter essentiam eius » Zi .Concettualmente nel vocabolario ontologico di Tommaso entrala nozione dí essere comune o comunissimo, íl quale, proprioperché comune, è assolutamente indeterminato, non definito, nédefinibile, come non è definibile (non è determinabile) l'ente .L'essere comune non esiste nella realtà separatamente dall'esse-re delle singole cose esistenti ; come tale esiste perciò solonell'intelletto . Tutto ciò che esiste, ín quanto esiste, è determina-to e determinabile ; niente è in-determinato nella realtà : la deter-minatezza, per íl fatto che una cosa è, investe l'attualità dell'esi-stenza, e per il fatto che una cosa è ciò che è, investe l'attualitàdell'essenza. La determinabílità concerne invece íl fatto che ciòche esiste non è tutto ciò che può essere e il fatto che non è giàtutto ciò che può essere .Sí capisce quindi che l'indeterminatezza dell'essere comune, lasua non-finitezza, è imperfezione, ossia lontananza dalla realtà :l'essere comune è tanto più lontano dalla realtà, quanto più è co-mune e non singolare; essendo massimamente comune, è lontanodalla realtà al grado massimo. Esso ηοn esiste più di quanto ηοnesistano le linee o i triangoli della geometria ; la sua indetermi-natezza è la ragione della sua predicabilità di qualsiasi cosa, delsuo essere trascendentale, ossia di essere ciò che l'intelletto prí-maría~nente coglie e cui riconduce ogni altra determinazione .L'idea dell'essere o l'idea di infinito (indeterminato) che íl pen-

2 ° De potentia, 5, 3, resporιdeo .~ι Surrιma contra Geιttiles, τ, 22, 6 .

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siero possiede r~on è l'idea di Dío ; 1a visione intellettuale dí ciòche è comune a tutti gli enti, l'essere comune appunto, non è lavisione intellettuale dí Dío: mentre Dio è (l'essere sussistente),l'essere comune non esiste; la negazione della determinatezzain Dio (quando si dice essere sussistente, infinito) esprime ílsuo essére assolutamente puro, privo dí ogni l~míte, esseredall'attualità assolutamente illimitata, e perciò totahnente altro,trascendente ogni composizione . In Dío - non cí può infatti esserenemmeno la composizione di essenza ed essere, n~a c'è identitàtotale della natura divina con il suo essere . Tra i molti testi rela-tivi a questa tesi, assai significativo questo brano del De poten-tia : « Esse dívínum est esse cui non fit additío, et de cuíus catio-ne est ut ei additio fieri non possít ; unde dwinum esse no~~ estesse commune, » ~~, cui corrisponde il passo della Summa controGe~~tiles : « Si ením Deus est esse omnium, non magis dicereturvere lápis est ens quam lapis est Deus » 23 .Spiegando come possa accadere che si confonda l'essere co~nu-ne con l'essere divino, Tommaso individua l'errore nell'eq~~iva-lenza tra l'essere privo dí ogni addizione e l'essere nella sua uni-versalità : la verità è che quanto è comune ed universale per esi-stere ha bisogno di addizioni, poiché senza addizioni è puraastrazione, è oggetto solo di intellezione . Animale rιοη può esi-stere senza l'aggiunta della differenza di ragio~~evole o irragio-nevole, anche se può essere pensato senza questa differenza ag-giunta. L'essere dí Dio non è l'essere comune perché ha la pro-prietà di essere privo di addizioni non solo nel-pensiero, ma an-che nella realtà; e non soltanto è privo di addizioni, ma è privoanche della capacità di riceverne : « Unde ex hoc ipso quod addi-tionem non recipit nec recipere potest, magis concludi potestquod Deus non sit esse commune, sed propríum » aa,Questo discorso è molto importante anche sul piano della storiadella filosofia, dale momento che Tommaso prende posizione cir-ca la corretta esegesi della dottrina dell'essere di Díonígi Areo-pagíta . Infatti nel cap . 26 del ~ libro della Summa contro Ge~~ti-les egli include tra le cause che hanno` indotto alcuni pensa ori

~~ De potentia, 7, 2, 6 .23 Sunτma contra Geιτtíles, τ, 26 .24 Ibidenτ .

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ad affermare erroneamente che Dío è l'essere formale di tutte lecose, la cattiva comprensione dell'affermazione di Dionigi, nelDe caelesti hierarchia, cap . 4: « Esse omnium est super-essen-tialís divínitas ». Tommaso osserva che, se la divinità fosse l'es-sere formale di ogni cosa, non potrebbe essere sovraeminente al-le cose stesse, poiché sarebbe í~~seríta ín ciascuna di esse, sinoad essere qualcosa dí ciascuna. Siccome Dionigi colloca la díví-nità al di sopra di tutto, egli si mostra convinto che, per sua ~ía-tura, essa. è distinta e superiore a tutte le cose : « Ex hoc veroquod dixit quod dívinitas est esse omnium, ostendit quod a Deoin omnibus quaedam divini esse símilítudo reperítur » as,

L'esegesí tomistica dell'ontologia díonísíana mette ín risalto ladipendenza dell'esse commune da Dió, nel senso che l'essecommuné è creato da Dío, e perciò è contenuto nell'essere divi-no, del quale è partecipazione e símílítudíne .La Summa contra Gentiles concorda con la linea presentenell'E~positio in librum De divinis nominibus, cap . 5, lectio ~~ .A Dionigi Tommaso attribuisce il merito di aver superato la po-sizione dei suoi predecessori neoplatonici che avevano pōstol'essere separato come posteriore all'Uno, avevano visto nell'es-sere la prima creatura ed insieme la causa di tutte le altre realtàcreate. Dionigi stabilisce invece un rigoroso rapporto tra Dio edesse commune : « ostendit gt~omodo esse se habeat ad Deum ; etdicít quod esse commune est ex primo Ente, quod est Deus, et exhoc sequítur quod esse commune aliter se habeat ad Deum quamalía existentía quantum ad trias primo quídem, quantum ad hocquod alia existentía dependent ab esse communí, non aute~nDeus, sed magis esse commune dependent a Deo [ . . .] . Secondo,quantum ad hoc quod omnia existentía contínentur sub ipso essecommuní,. non autem Deus [ . . .] . Tertío, quantum ad hoc quodomnia glia existentía partícipant eo quod est esse, non autemDeus, sed magís ipsum esse creatura est quaedam particípatioDei et similitudo Ipsius » 26 . Nella lectio ~, sempre relativa alcap . 5 del De divinis ~~omínibus, Tómmaso scrive che Dionigi hacorretto la tesi dí alcuni platonici, i quali riconducevano gli ef-

25lbidem .26In librun~ beatá Dionysü De divi~~is nom~nibus expos~tio, cap . 5, lectio ~~ ; ed .Pera, Marietti, Torino 1950, p . 245, n . 660 .

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27 7bí, cap. 5, lectio ~ ; p . 232, n . 613 .

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fotti più universali alle cause più intellígiMli ; e poiché vedeva~~oche l'essere è ìn assoluto l'effetto più universale del bene, dìce-vano che causa dell'essere è íl bene in sé, che effonde la bontàin tutte le cose . A1 di sotto dí questa ponevano un'altra causa, lavita, e chiamavano dèi questi principi : « Hoc ergo excludit ipseDionysíus; dícens quód praesens sermo non dicít aliud prínci-pium esse ipsum bonum et alíud existeras et aliud vitam et alíudsapíentíam. Neque dicit praesens sermo esse multas causas et di-versas deitates productívas diversorum, quorum quaedam suntexcedentes et quaedam ínferíores, secundum omnes processusperfectionum ín creaturís . Et omnia nomina quae hicexponuntur, dícit praesens sermo, esse ~mius Príncipü » 27 .Eliminando ogni distinzione o gradualità gerarchica nella madeneoplatonica dell'Uno-Bene, dell'Essere e della Víta, Tommasoriconosce che Dionigi ha operato una vera svolta teoretica, checontiene l'unica direzione possibile per un pensatore cristiano,quando si tratta di spiegare, ad esempio, la nota affermazioneche forma la proposizione 4a del Liber de causis : « Prima rerumcreatarum est esse et non est ante ipsum creatura aliud » ; fra lerealtà create la prima è l'essere, e prima dell'essere non c'è alcu-na creatura, insegnava l'epitome medievale dell'Eleme~itatiotheologica di Proclo, nota appunto come Liber de causis, in cuil'essere è défíníto come il secondo genere delle cause universali,e cioè il genere dell'intelligenza, posta dopo la causa prima eprima dell'anima. Commentando questa proposizione del Libe~-de causis, Tommaso sí appella esplicitamente a Dionigi per spie-gare il significato della posizione dell'essere come prima creatu-ra, osservando che i platonici « ponebant illud esse separatu~n etquasi prius a posterioribus partícípatum et sic esse posteríoru~ncausam [ . . .] . Síc igit~zr summum et prímum rerum princípíumponebant Platonici ipsum Unum et ipsum Bonum separat~~m .Sed post Unum et Bonum nihil ínvenitur ita commune sícut ~nset ideo ipsum eran separatum ponebant q~~ide~n creatura utpoteparticípans bonitatem et unitatem, tamen ponebant ipsum pri-mum inter omnia creata . Díonysius autem ordinem separatorumabstulít, sícut sopra dictum est, ponons e~iñdem ordinem que~n etPlatonici, in perfectionibus quas ceterae res participant ab uno

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principio quod est Deus [ . . .] . Sed inter ceteras perfectiones aDeo particípatas in rebus, pruno ponit esse » 28. A ragione Dio-nigi ha sopp~•esso la gerarchia dei principi supremi, perché Dío èl'essere in sé e l'essenza stessa della bontà, e dunque tutto ciòche attiene alla perfezione dell'essere e della bontà appartieneper essenza tutto a Dío, íl quale è l'essenza unica e unitaria del-la vita, della sapienza, della potenza e dí tutte le perfezioni .Tommaso richiama diversi passi díonisiani, riatti dal tap . 5 delDe dividis ~~omi~~ibus e tra questi l'affermazione che Dio nonesiste secondo un dato modo o grado, una precontíene in sé tuttol'essere ín modo semplice e senza limiti z9,Tommaso è fedele esegeta ed interprete dei testi dionísíani; dalpunto dí vista strettamente storico però noi oggi siamo in gradodi stabilire che l'identificazione dí Dío con l'essere stesso erastata avanzata da autori antichi che, secondo la cronologia oggicomunemente accettata (íl corpus dio~~ysianum cioè sarebbe sta-to composto tra íl 480 e il 520 d.C .), risultano anteriori : ani rife-risco in particolare a Porfirio, Mario Vittorino e sant'Agostino .Dagli studi più recenti, condotti da Pierre Hadot e WernerBeíerwaltes, s~ Porfirio e Mario Vittorino, siamo a conoscenzache Porfirio ρer primo ha sostenuto l'identificazione di Dio edEssere, di Pensiero ed Uno ; osserva Beierwaltes : « Il Dio in sen-so proprio è per lui l'Uno e al tempo stesso l'essere, egli è "píe-nezza di se stesso" (~~~p~~a ciìv av~ò~ ~v~ov) . In confronto alui ηοί - come già sottolineava Plutarco - non siamo nulla . Inquanto vero essere egli è l'affatto Incom~nensurabíle . È vero chePorfirio concepisce il Dio o l'Uno precedente l'Essere(~povv~~ov), ma lo concepisce anche allo stesso tempo - eviden-temente in seguito agli Oracoli Caldeí - come pura attualità o at-

~$ hz lib~ -~u~~ de causis ex~~sítio, prop. 4, lectio w ; ed . Pera, Maríetti, Torino1955, p . 28, ~~n. 98-100 . 11 Suera díctum sí riferisce al commento alla proposi-zione 3a del Libeι• de causis, dove Tommaso aveva già ricordato la correzionedel neoplatonismo fatta da Díonígi circa la gerarchízzazione delle ipostasi se-parate (Bene-Essere-Vita) : « Hanc autem positioné~n corrigít Dionysius [ . . .] .Oportet e~im dicere quod omnia ista suat essentialiter ípsa prima omniumCausa a quā res participant omnes huius~nodi perfectío~~es et sic non ponemusmultos dens sed ~mum » (ibi, pp . 20-21, nn . 72-74) .z9 « Unde post aliqua subd~t : "Etením Deus no~~ quodam modo est existe~~s,sed sí~npliciter et incircumscripte totum ín seipso esse praeaccepit" » (ibi,prop . 3, lectio ~~~, p . 2 .1, n . 74) .

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tivítà, la quale è l'essere stesso:av~ò ~ò ~v~p~~iv ~a~~apóv, ~~~~~aì avrò ~ò ~iva~ ~ò ~pò ~ov óv~o~ . Il Dio non è quindi un e~~te,ma è l'essere stesso che è prima dí ogni ente » 3~ .

A Porfirio si deve anche l'oltrepassamento della critica che Plo-tíno muoveva ad Aristotele, ossia . che Aristotele attribuendo ílpensiero al principio primo, l'avrebbe reso secondo . Porfirio af-ferma invece che il Dio-Uno pensa se stesso, e « suppone duegradi o dimensioni del pensiero (dell'intelligenza assoluta) : unpensiero che, ín quanto pura visione senza oggetto, non è ín gra-

do dí ritornare su se stesso - íl che non significa tuttavia una li-

mitazione della sua essenza; e un secondo pensiero in cui il pen-sante si è esternato, è uscito al dí fuori del pensiero originale pervedere se stesso ; questa forma di pensiero ritorna su se stessa, èautoriflessione .= La prima forma di pensiero è identica all'Unostesso ed è così contemporaneamente fondamento della possibi-lità dello. seconda (prima ipotesi del Parmenide platonico). Que-sta seconda forma di pensiero è identica all'Uno secondo e diffe-

renziato in sé (seconda ipotesi del Parmedίde, peddadt delloSpirito dí Piotino) » s~,La trasposizione operata da Porfirio del Dío aristotelico, pensie-ro dí se stesso, nella filosofia neoplatonica caratterizzata dallateologia dell'Uno venne recepita e sviluppata da Mario Vittorino

(set. w), íl quale giunse a identificare la triade esse-vivere-intel-

lígere con le tre Persone della Trinità cristia~~a . Il primo Uno,

l'Esse porum, per Vittorino è il Padre ; il vivere è l'ente (~ò óv),che si identifica con íl Figlio ; l'intelliger•e è lo Spirito Santo .L'essere del Padre è fondamento e origine della vita e della co-noscenza, che sono ad esso consostanziali . In questa manifesta-zione o autorivelazione dell'essere del Padre nella Víta del Fi-

30 ~~, Beíerwaltes, Platonismo e idealismo, tr. ít ., II Mulino, Bologna 1986, p .31 . Cfr . P. Hadot, Por~h~re et Vict~rí~~us, 2 voli ., Études Aúgustíníennes, Pá-rís 1968, e Ia recensione a questo volume fatta da W. Beíerwaltes, t< Erasmus »,21 (1969), p~ . 621-626 .s~ Beierwaltes, Platonismo . . ., p . 32. Cfr . W. Beíerwaltes, Ideiztitä,t u~~d D~ffe-re~~z, Klostermann, Frankfurt a .M. 1980, p. 61 ; l'intero paragrafo Trinität diquesto volume (pp. 57-74) è dedicato alla interpretazione data da Mario Vítto-~~no della dottrina di Porfirio circa l'autocostituzíone atemporale del Dio tri~zi-tario e l'autoaffer~nazione all'ínterio dí un'identità non scíssá (« álterítas natacito in ídentitatem revenít », p . 71) . Cfr . tr. it ., Ide~~t~tà e diffefrenza, Vita ePensiero, M~la~~o 1989, pp . 91-110 .

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glío e nel Pensiero dello Spirito Santo si verifica l'autocostítu-zíone e l'autoconoscenza di Dio come Unità nella Trínítà, ín unasituazione di « identità dinamica » 3z,I due passi che stiamo per leggere, desunti dall'Ad Candidum díMario Vittorino, confermano come lo stesso linguaggio riveliquesta direzione speculativa . A proposito della generazione delFiglio dal Padre scrive : « Et si deus causa est omnium, causa estet ~ov óv~o~ in generatíonem, quippe cum super ~ò öv sit, vicí-nus cum sit ~~ óv~~ ; et ut pater eius et genítor » 33 . E del Fíglío,dello stesso Gesù, Vittorino dice che è l' öv, ín rapporto - etimo-logicamente - al Padre che è super ~õ öv , l'essere puro assolu-tamente indeterιninato, il primo Uno : ~< Habemus igitur ístaeadem, quoníam Iesus öv est, quoníam ~ó~o~ est, quoníam i nprincipio fuit, quoníam circa deum fuit, quoníam in gremio deiest » sa,Un'ulteriore annotazione, dí estremo interesse per lo storico del-la filosofia, viene dall'analisi che Pierre Hadot ha fatto del testodí un commentatore neoplatonico del Parmenide 35 . Nel com-mento l'essere assoluto è connotato come « agire », e da ciò síarguisce che per questo autore il culmine dell'agire è propriol'attività di essere, ossia che l'agire più intenso è l'essere :« "être" c'est exercer une activité d'être - commenta Hadot -bíen plus, il semble què le sommet de l'agir soit l'activité d'être,que l'agir 1e plus intense soit l'être » 36 . Nello stesso tempo que-sto essere, che è l'agire ρυrο, è l'idea dell'ente . Sempre nella let-tura di Hadot, « l'Être est l'Idée de l'Étant, c'est-à-dire de l'Unqui est, parce que [ . . .] il est la Forme Trascendante qui fondel'attríbutïon de "est" à "Un". Il y a là une affirmation que Plotinlui-même n'eût pas admise . Il en resulte en effet que 1e premier

32 Beíerwaltes, Platonismo . . ., p . 33 .33 Mario Vittorino, Ad Candidum, 14, 14 ss ., a cura di Henry - Hadot, Wíen1971, CSEL, 83, p . 31 .34 lbí, 16, 17, p. 34 .35 ~ testo del commentario è stato pubblicato dallo stesso Hadot ín appendiceal volume Porphyre et Victorínus, attribuendolo a Porfirio ; un'ampia anahsídottrinale è stata fatta in un saggio successivo : P. Hadot, L'être et l'étantdans le néóplatonísme, ín Autori Vari, Études néoplatoniciennes, À la Bacon-níère, Neuchâtel 1973, pp . 27-41 .351bi, p . 32 .

L'ESSERE E L'UNO IN TOMMASO D'AQU1N0

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Un est l'Idée du second Un » 37 . Hadot si domanda come sia sta-to possibile chiamare Idea questo agire puro che è l'Essere, etrova che nell'affermazione dell'equivalenza tra puro essere epura indeterminazione sia in qualche modo implicita quest'altraequivalenza, tra pura indeterminazione e pura attività : l'esserepuro è indeterminato perché il determinato è l'ente ; ed è pura at-tività perché l'essere puro non limita alcuna formalità .L'essere puro non è puro esistere, l'ente non è ricondotto all'es-senza; l'opposizione tra l'essere e l'ente si colloca nell'ordinedella determinazione : l'essere è assolutamente indeterminato,dunque è agire assoluto ; l'ente è la prima determinazione, dun-que la prima limitazione dell'agire 38 .L'Uno assoluto, concepito come Essere puro, semplicità assolu-ta, non ammette alcuna distinzione interiore, alcun contenuto dí-stínto. Ne segue che l'essere viene sospinto nell'inconoscibile,e da qùi deriva una teologia negativa dell'essere ; il commento alParmenide dí cui stiamo parlando va perciò considerato comeuna delle fonti della teologia apofatíca, soprattutto nelh~ sua dí-mensíone speculativa e nella portata dialettica quale si incontranelle opere dí Dionigi Areopagita.D'altro lato la distinzione essere-ente viene ripresa da MarioVittorino e da Severino Boezio : mentre Vittorino contïnua aparlare di óv, conservando il termine greco anche nelle sueopere scritte in latino, Boezio sarà íl primo a usaré il terminelatino ens . La nota distinzione del De hebdomadibus boeziano :« Díversum est esse et id quod est » 39, secondo Hadot, corri-sponde esattamente alla distinzione essere/ente 'dei neoplatoni-ci ; tale distinzione, a lungo e fecondamente tematizzata duran-te tutto il medioevo, pur nella diversità delle interpretazioni edegli esiti teoretici, è entrata per la prima volta nella filosofiaoccidentale ad opera dí pensatori neoplatonici dell'età porfi-riana .Sulla base dei' riferimenti storici alla dottrina dí Porfirio e diVittorino circa l'identificazione tra Dio ed Essere, anche la va-

37 I6í, pp. 32-33 .38 Cfr. ibi, p . 34 .39 Severíno Boezio, Quon~odo substantiae, ed Stewart-Rand (Loeb ClassicalLibrary), London-Cambridge 1958, p . 40 .

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lutazíone della posizione dí sant'Agostino circa l'ontologia teo-logica va inserita in un'ottica nuova .È a tutti nota la vasta letteratura del secolo xx sullo stretto rap-porto tra il concetto agostiniano di Dio come essere e l'autono-minazione di Dio presente nell'Esodo (3, 14) : « Ego sum quisum » . Molti invero sono i passi ~n cui Agostino cita o interpretaEsodo 3, 14; si è perciò parlato di una « metafisica dell''Esodo »disegnata da Agostino e poi ripresa e rigorizzata da Tommasod'Aquino. Ricordo, a questo proposito, ín primo luogo gli im-portanti studi dí É. Gílson e le dísc~~ssíoni svih~ppate in Europanegli anni Trenta e Quaranta sul problema della filosofia cristía-na; una lucida messa a pinto delle tematiche è stata fatta da Cor-nelia J . de Vogel 40, secondo la quale la filosofia greca aveva giàidentificato Dío con l'essere . La tradizione biblica, con Filone, equella cristiana, con í Padri della Chiesa, hanno accettato questaidentificazione trovando appoggíó nelle indicazioni dí Esodo 3,14 . La dé Vogel ribalta perciò la tesi di Gilson, affermando chesono i cristiani che hanno appreso dai greci la nozione di essereassoluto. Su questo problema Beierwaltes argomenta a lungo cir-ca la presenza in Agostino dí una connotazione dell'essere purosicuramente di provenienza neoplatonica e questa connotazioneha ~~n'ímportanza decisiva nel modo agostiniano di recepirel'Ego sum qui sun~ : si tratta del carattere atemporale, dell'eterni-tà come nota caratteristica dell'essere divino .Nell'elabórazione della nozione di essere eterno, contrappostoall'essere temporale, quello mondano, è decisiva l'influenzadell'ontologia neoplatonica al punto che Beierwaltes, sulla basedell'analisi dí numerosi passi dellé opere dí Agostino, ritiene didover distinguere tra una teologia dell'Esodo che Agostino sví-luppa nella riflessione sul nomen n~isericordiae, e la teologiadell'Essere sviluppata riflettendo sul n~men aete~-nitatis : íl pri-mo - il nomen misericordiae - sí istituisce rapportando il nomedí Dio con il tempo e con la storia, ed è di consolazione perl'uomo perché « 1 9 essere non rimane rivolto esclusivamente a sestesso, si rívoige all'uomo promettendoglisi ; lo trattiene cosìdalla disperazione e lo consola attraverso la speranza in lui, il

ao C.J . de Vogel, « Ego sum qui sum » et sa signification p~u~- une philoso-p{~ie chrétienne, « Revue des sciences religieuses », 35 (1961), pp . 337-355 .

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41 Beierwaltes, Platonismo . . ., pp . 42-43 .az Ibi, p . 40 .as Ibidem .

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quale è. Nella dichiarazione del nome questo rivolgersi verso íltempo si mostra già nel fatto che colui che è sí manifesta ugual-mente come il Dio di Abramo, dí Isacco e di Giacobbe . « Quí estmisit me ad vos . Ego sum Deus Abraha~n ed Deus Isaac et De~~sJacob » a~,Il nomen misericordiae è dunque strettamente connesso conEsodo 3, 14. Ma in Agostino l'essere di Dío si caratterizza ancheper í1 nomen aeternitatis, con cui si coglie la stabilitas dell'esse-re divino : « quest'essere stabile, permanente fuori del tempo èdunque la pura identità con se stesso (l'essere "sempre" se stes-so) di Dio » 42 . Il permanere dí Dio identico con se stesso è lasua eternità, è « presenza atemporale », «auto-identità che man-tiene se stessa e tutto quanto da essa fondato », « in quantoidentità con se stésso esclude ogni differenza nel senso dí unadiminuzione dell'essere » 43 . Questo è l'aspetto del nome essere(nomen~aeternum o essentia vera) che Agostino elabora a partiredagli autori neoplatonici, soprattutto da Plotíno a Mario Vittorí-no, il quale - come si è visto prima - sí faceva interprete della fi-losofia di Porfirio .Cí siamo soffermati a -riflettere brevemente sulle caratteristichedell'essere ín Agostino, perché íl nostro tema -l'essere e l'unoin Tommaso d'Aquino - richiamandoci a più riprese, con la dot-trina dell'ipsum esse subsistens, alla « metafisica dell'Esodo »,provoca nello studioso íl desiderio-bisogno di co~~oscere la gene-si storica di tale dottrina, nella più recondita e pregnante conver-genza dí tradizioni filosofiche e religiose . Gli spunti raccolti vo-gliono soltanto essere altrettanti stimoli ad approfondire le r~cer-che ín questa direzione, perché dalla rinnovata esplorazione del-le fonti nuova luce venga portata nella lettura dei testi .Del resto è facilmente . documentabile che, per Tommaso, la posi-zione di un primo principio unico della molteplicità degli entireali, oltre che un'irrinunciabile istanza della rivelazione ebrai-co-cristiana, è un guadagno speculativo già conseguito da Ari-stotele . Tra i molti luoghi percorribili ín questa direzione, ci sof-fermiamo sull'Expositio ~n librum de cáusis, opera índísc~~ssa

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della piena maturità dell'Aquinate . Commentando la proposizio-ne 18 : « Tutte le realtà possiedono l'essenza ad opera dell'enteprimo; e tutte le realtà viventi sí muovono per essenza ad operadella vita prima; e tutte le realtà intellettive possiedono la scien-za ad opera dell'intelligenza prima », dopo aver ricordato a~~corauna volta la reductio ad z~num, operata da Díonígi, di ente primo,vita prima e intelletto primo, Tommaso afferma che Aristoteleha espresso questi medesimi convincimenti nel libro x~~ dellaMetafisica, dove afferma che è proprio del primo principio esse-re intelletto, e che il suo conoscere è vita, e proprïo a causa díciò tutte le cose ne traggono l'essere, il vivere è il conoscere aa,

Viene poi introdotto e spiegato íl modo ín cui l'unico primoprincipio sviluppa la sua causalità : mentre per i Platonici ciò av-veniva attraverso l'iuforrr~atio, che si dà: « q~~ando aliquïd fit,praesupposito altero », Tommaso dífeńde la causalità per crea-zione : nella creatio « causatur aliquíd, nullo praesupposito » .Egli afferma che la creazione fondandosi sull'assoluta origina-ríetà del primo principio, dell'essere cioè che ponendosi comeperfezione assoluta, esclude il rinvio ad alcuna interiorità che lopreceda : « Quia ergo íntellígere praesupponit vivere et viverepraesupponit esse, esse autem non praesupponit aliquíd alíud, índeest quod prímu~n Ens dat Esse omnibus per modum creationís » as .Affermazioni come questa ci portano ad escludere che si possariscontrare una tendenziale inclinazione dí Tommaso a parlaredí Dío ín termini di causa formale, soprattutto quando tematiz-za la dottrina della partecipazione . Sí è in precedenza ricordatocome Tommaso caratterizza la nozione di esse commune, dí-stínto dall' ipsum esse subsistens, che non è ca~~sa formale, ben-sì causa efficiente e trascendente dell'esse commune . La dot-trina della partecipazione non è tout court equiparabile alla cau-salítà formale, perché, come sí è visto, nell'Expositio super li-brum de causis Tommaso non trascrive la causalità motrice del

44 Metafisica, x~~, 7, 1072 b 24-30. Cfr. Tommaso d'Aquino, Comr~xentö al li-bro delle cause, tr. ~t . e co~n~nento dí C . D'Ancona Costa, Rusconi, Milano1986, p . 345 .45 In librun~ de causis . . ., prop. 18, lectio xv~~~, n . 346, p . 104 . Cfr . Summatheologiáe, i, 65, 3, respondeo . Per altri passi tomistici sulla creazione, efr. AGhísalberti, La creazio~~e nella filosofia di S . Tommaso d'Aquino, « Rivista difilosofia neoscolastica », 61 (1969), pp . 202-~~0 .

L'ESSERE E L'UNO IN TOMMASO D'AQUINO

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primo motore usando semplicemente le categorie della dottrinaplatonica della partecipazione, bensì distinguendo tra infor~~~a-tio (« aliquíd fit, praesupposito altero » ) e creatio (« causaturaliquíd, nullo praesupposito ») . Inoltre Tommaso, pur ritenendoguadagnabile anche filosoficamente il concetto di creazione, hasempre affermato che nessun filosofo l'ha raggiunto indipende~~-temente dalla Bibbia : storicamente la dottrina della creazione èstata insegnata agli uomini dapprima dalla rivelazione bíbhca ;sulla spinta della rivelazione sí è proceduto a mostrare come lacreatio ex nihilo sia 1a dottrina che meglio esprime la causalitàradicale del primo principio . La dottrina della causalità motricedel Dio aristotelico va considerata fondamentalmente in accordocon la dottrina della creazione, nel senso che la causalità del pri-mo motore descritto da Aristotele non è del tipo della causalitàformale dei platonici, e può essere speculativamente ricondottaalla pósízione della causalità per creazione . Commentando il v~libro della Metaf~s~ca Tommaso scrive : « Sed si ulteríus istacontingentía reducantur in causam altissímam divínám, nihil ín-veníri poterít, quod ab ordine eíus exeat, cum eíus causalíta~extendat se ad omnia ínquantum sunt entia . Non potest igittur suacausalitas ímpedirí per indispositionem materíae ; quía et ipsemateria, et eíus díspositíones non exeunt ab ordine illius agentis,quod est agens per modum dantis esse, et non solum per módummoventís et alterantís » 46 . La causalità motrice, la causalitàfiendi è inclusa e superata dalla causalità creatrice, ossia dallácausalità universale che si estende a tutti gli enti e quindi agisceconferendo a tutte le cose primariamente la loro ínclusiońénell'essere (« per módum dantis esse ») .Se volessimo fissare in modo tematico l'analisi ora svolta, mí ri-ferirei alle posizioni assunte verso la fine del commento dí T~m-maso al De divinis nominibus, a proposito del nome dell'Uno . Emí pare inevitabile riconoscere, qui come altrove nei testi

a6 In VI Metaphysicorum, léctio ~~~, p . 30$, n . 1215 . Una chiara puntualízza-zíone del concetto aristotelico di trascendenza divina e delle successive acquí-sízioni ad opera del neoplatonismo e dei filosofi críst~aní, sino a Tommasod'Aquino, si trova nel saggio dí E. Berti, L'analogia in Aristotele . h~te~~reta-zioni recenti e possibili sv~lup~~, in Autori Vari, O~- ~gíni e svil~cppí dell'ana-logia . Da Parmenide a S . Tommaso, a cura di G . Casetta, Ed . Vallo~nbrosa,Roma 1987, pp . 94-115 .

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dell'Aquínate, la presenza di uno spirito nuovo : la filosofia gre-ca, aristotelica, platonica e neoplatonica, non è più la stessa . InSan Tommaso c'è una riassunzione della filosofia antica, che inparte è speculativamente nuova e ín parte si configura come l'al-veo dí una confluenza svih~ppatasí lungo un arco cronologico se-colare, come il punto di raccolta di ~~n cammino che era iniziatomolti secoli prima di Tommaso, con il rinnovamento del platoni-smo ín Plotíno, con l'inserimento dell'ontologia aristotelica ínquella neoplatonica ad opera di Porfirio, con l'assunzione dellecategorie plotíniane e porfiríane nell'esposizione del dogma cri-stiano ín Mario Víttoríno, con la compresenza di metafisicadell'Esodo e di metafisica neoplatonica ín sant'Agostino e ínDionigi Areopagíta .Tutto ciò è efficacemente espresso dall'affermazione della per-fetta convertibilità di ente ed uno, dove l'uno metafisico ha per-so la connotazione di categoria fondatíva, dell'unità radicalepropι°ia delle antiche henologie (Unologie), per collocarsi allostesso livello dell'ente, primaria nozione per la comprensione diqualsiasi positività e subito postulante un piano foratale origina-rio, quello dell'Essere assoluto o sussistente .Dio è lodato come sommo Uno perché è la causa del molteplicee perché precontíene ín sé íl molteplice : ciascuna cosa possiedeuna unità in atto, in quanto esiste in modo finito, compiuto e de-terminato; ma l'Uno che è Dio è prima di ogni finitezza e deter-minatezza e prima dei loro opposti, anzi è la causa della deter-minatezza non solo delle cose esistenti, ma anche dell'esserestesso. Quindi Dío, che è la condizione dell'unità dí ogni cosa,in quanto è la causa della determinazione esistenziale di qual-síasí ente, è Uno perché da lui procede ogni unità finita, deter-minata; ma è Uno ín modo peculiare, perché non solo è causadelle singole unità, bensì precontíene in sé tutte le altre unità ín-divíduali, le possiede da sempre immaterialmente nella p~•opríamente . Tommaso paragona la presenza dei molti uno nell'Unoassoluto alla presenza delle forme nella mente dell'artista : « Siomnia omnibus sunt unita, non solum conveniunt in una formatotius, sed etíam conveníunt in hoc quod sunt unita omnia se-cundum una~n formam, ab eo excogítatam q~~í est Auctor uni-verson~m . Ípsa enim ~~nítas uní~ersí procedit ab unitate dívínaementis, sicut forma domus quae est in materia, provenít a forma

L'ESSERE E L'UNO IN TOMMASO D'AQUINO

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domus quae est in mente artificís » 47 .L'aver calato l'henologia nell'ontologia, l'aver fuso la dottrinadell'Uno con quella dell'Essere, senza pensare di dover rinun-ciare a nessuna delle istanze profonde per cui anticamente il pri-mato dell'Uno rappresentava ~m irrinunciabile guadagno rispettial primato dell'Essere, è forse la caratteristica che magg~ormPntequalifica l'atteggiamento dottrinale complessivo di To~n~nasod'Aquino . Lo sforzo di portare l'ineffabile alla luce, sforzo chePiotino assimilava ai dolori del part, in Tommaso si compienon soltanto ponendo a tema : che cosa posso dire dell'Uno?, mainsistendo sulla portata radicale della questione se l' Uro è (ara

est), domanda che, sul piano originario, ha senso se non pr~ten-de di determinare, ma si comprende come lo sforzo dí far esserel'Uno nello spazio dí un discorso che non violi la trascendenza .Anche í'1 -nome dell'esse subsisteras è perciò da intendere all'in-terno ,dí una linea di teologia negativa per l'intelletto umano,esattamente come lo era il nome dell'Uno che intendeva éspri-mere lo scarto radicale da ogni affermazione . Dire che « l'Unoè al di là dell'essere » equivale per molti aspetti a riconoscerel'inevitabilità del dire che è, a riconoscere cioè che l'U~io, perdirsi al dí là dell'essere, ha bisogno dell'essere .

47 h~ libru~n beati Dionys~i . . ., c~p . 13, lectio ~, p . 364, n. 979 .