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    L'Ordine di Malta e la Sicilia

    1. L a In ob ilM g en ero sa '"Qui in Fratrem militem recipi optavit,

    necesse est ut authentice probet, se ex iisparentibus esse procreatum, qui nomine, etgentilitiis insignibus sint nobiles'".

    COS! 10 statutoemanato dal GranMaestro Ugo Revel sintetizzava nel 1262 Ieformalita che dovevano espletare e Ie qualitache dovevano possedere coloro che aspirava-no ad entrare, come cavalieri di giustizia, neiranghi della SacraReligioneGerosolimitana.

    Con ilpassar del tempo queste scarneprescrizioni si trasformaronoin numeroseecircostanziate domande alle quali dovevanorispondere i testimoni convocati dai commis-sari incaricati di vagliare la nobilta e i requisitidegli aspiranti cavalieris.

    Inrealta, colui che si accingeva ad indos-sare I'abito melitense aveva gia inviato anasede del Priorato entro icui limiti si trovava ilsuo luogo di residenza un memoriale (che inpili casi assumeva la forma di una narrazione)contenente i propri dati anagraficie quelli deisuoi genitori, un albero genealogico che illu-

    Ang ela nto nio S pa gn oletti

    strava la sua discendenza, le armi dei suoiquattro quarti, Ie motivazioni della sua deci-sione, una storia della famiglia nella quale isingoli punti e momenti erano sostenuti dascritture autentiche 0 autenticate e adattata"ad un'immagine che risultasse accetta agliinquirenti gerosolimitani'".

    Proprio perche l'autocertificazione pro-dotta dal candidato 0 dalla di lui famigliapoteva contenere dati -0 riferire di circostanzenon corrispondenti al vero, la normativa gero-solimitana in materia di ricevimento dei cava-lieri assegnava un posto fondamentale all'e-scussione di testimonioQuesti dovevano esse-re scelti tra gli uomini pili nobili, onorati eanziani del Iuogo-, "di buona fama e conscien-za, e esemplari soliti a confessarsi spesso=;ben accetti erano i testimoni "nemici" (anchese ne appare altamente improbabile l'utilizzo)dai quali si potevano trarre informazioni circaeventuali carenze 0macchie cheoffuscavanoilprofilo nobiliare del pretendente e,la suapurezza di sangue.

    Delle22domande.Ia prima concernevaitestimoni stessi che dovevano dichiarare sefossero 0 meno parenti del pretendente del

    1C. A. Bertini Frassoni, Il S ovra no M ilitare O rd in e d i S. G io va nni d i G eru sa lem m e d etto di M a lta , Roma 1929,p. 64.2 Come e noto, dell'Ordine facevano parte anche i cavalieri di grazia, ifrati cappeUani e i serventi d' arme. I primi, eranocoloro ai quali mancava qua1che requisito per diventare cavalieri di giustizia. I cappellani si dividevano in "conventuali"e "di obbedienza". I'primi, pur non soggetti a prove cosi rigorose come queUe ai quali sisottomettevano gli aspiranti cava-lieri, dovevano essere figli legittimi di genitori i cui avi non avessero mai praticato arti e mestieri manuali, ma professio-ni Iiberali, Cappellani "di obbedienza" erano quelli ricevuti per espletare ilservizio religiose nelle commende.3 E. Irace, L a n obilta b ifro nte . ld en iita e co scienza aris to cra tic a a P eru gia tra X VI e X VII seco lo , Milano 1995, p. 54 e L. Dolce,Id en iiia p ra ticatae id en tita ra pp resen ta ta . U na [a miglia p atrizia a B iton to tra C in qu e e S eice nto, in G ru pp i ed id en tiia so cia lin ell'I ta lia d i e ta m o de rn a, a . cura di B. Salvemini, Bari 1998, pp. 81-109, p. 93.4 , Nel 1765le prove di Antonino d'Amico di Milazzo furono rigettate anche perche i commissari avevano interrogato testi-moni di giovane eta. AOM 2147, f. 20v.e sgg.5 Or di na zio ni d el C a pi to la G e ne ra le c ele br ato n el l/a nn a 1631,Torino 1634, p. 4.

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    quale si stava approntando il processo dinobilta: le altre riguardavano, invece, ilpreten-dente stesso e la sua famiglia. Del candidato sivoleva sapere se aveva almeno16 annis ed eragagliardo di corpo e atto alle armi, se era figliolegittimo e naturale (solo i figli illegittimi disovrani regnanti potevano essere ammessi) eallo stesso modo 10 erano entrambi igenitori eisuoi avi, se questi avevano esercitato arte 0professione che derogasse alla nobilta (speciequella mercantile e notarile), se aveva com-messo omicidio, delitto o era vissuto malva-giatnente 0era perseguitato da corti secolari 0ecclesiastiche, se aveva contratto grossi debiti,se era sposato, se aveva figli, se aveva fattoprofessione in qualche altro ordine religiose-cavalleresco, se discendeva da stirpe "perpe-tua" di cristiani cattolici senza commistione disangue moro od ebreo (bastava la pubblicafama ad impedire irrevocabilmente il ricevi-mento di colui che si trovava in tali condizio-ni), se la sua famiglia e quella dei suoi avigodevano di una nobilta che risaliva ad alme-no 200 anni addietro, se i suoi genitori eranonobili di nome e di arma, se eranoreputati pertali, se erano vissuti nobilmente separati dallaplebe e di quale localita erano originari, se -infine - occupavano abusivamente benidell'Ordine/.A queste domande, nella Lingua d'Italiase ne aggiungevano altre che concernevano ilrapporto del pretendente e della di lui famigliacon la citta di origine 0 di residenza: in parti-colare, si chiedeva se egli era nato 0viveva incitta demaniale 0 infeudata e se gli uominidelle quattro famiglie che componevano i suoiquarti avevano ricoperto nella loro patria cari-che di governo solite assegnarsi ai veri nobili ese queste erano accessibili anche a colorochenobili non erano. In sostanza, si voleva appu-rare se nella citta del candidatoe in quelle deisuoi ascendenti fosse in vigore la separazionecetuale, ossia se gli ordinamenti comunali pre-

    CAPITOLO I

    vedevano la presenza di ceti regolarmentestrutturati (es.inob ili e ipopolari 0 IIcivili") insedili, piazze, mastre che si dividevano gli uffi-ci pubblici senza dar luogoad alcuna commi-stione con esponenti di altri ceti.

    L'attenzioneprestata nei sette Priorati incui si divideva la Lingua d'Italia alla condizio-ne giuridica e alle forme del reggimento vigen-te nelle citta da cui provenivano ipretendentie la serrata indagine sull' esistenza di forme diseparazione che evitassero forme di presenzapromiscua di nobili e popolari nelle caricheamministrative locali testimonia della partico-lar tipologia dei nobili che in Italia facevanorichiesta dell' abito gerosolimitano e di unapercezione tutta cittadina the l'Ordine avevadell'universo nobiliare degli stati italiani.Non che la totalita dei candidati prove-nisse dal mondo urbano 0facesse parte di queipatriziati che nel XVI secolo avevano conferitola propria impronta ai governi delle citta e sipreparavano a disegnare sulla base delle loroesigenze e della loro cultura i profili sociali,economici, civili, ecclesiastici delle citta stesse.Molti appartenevano alle nobilta feudali, rnal'insistita attenzione alla qualita del governodvico della localita del pretendente, minuzio-samente codificata nei capitoli generali tenuti-si nel1598 e nel1631, indica a quale bacino direclutamento guardassero, tra XVI e XVIIIsecolo, gli organi di governo centrale dellaLingua d'Italia e dei Priorati e sottolinea Ioscrupolo con cui essi vagliavano la natura e lacomposizione dei patriziati civici, che in molteIocalita della penisola avevano una ancor trop-po recente formalizzazione, e Ie qualita deisoggetti che vi erano ascritti.Esclusi dalla milizia melitense eranocoloro che provenivano da citta macchiate dal-l'onta del vassallaggio feudale, IIqualunqueseparazione vi sia nella Citta, qualunque ono-ranza abbiano avuto imaggiori del pretenden-

    6Ma fra i 105 cavalieri del priorato di Messina viventi nel1789 23 erano stati ricevuti in minor eta e 16 erano stati desti-naticome paggi presso ilGran Maestro (l'eta dei paggi oscillava tra i12 e i 16anni). Dal Ruol o d el li c ao al ie ri , c ap pe ll an i c on -v en tu ali e s erv en ti d ' a rm i r ic ev uti n ella . V en era nd a L in gu a d 'I ta lia , Malta 1789.7 C od ic e d el S acro M ilita re O rd in e G ero so lim ita no , tit. II, "Del ricevimento de' fratelli", Malta 1782. Si vedano anche A.Visconti, D ella n ob ilti; e d elle su e p ro ve se co nd o il d iritto C om un e (co n p artico la re rig ua rd o a lle p ro ve p er l'a mm issio ne a ll'o rd in e d iMalta) , in Rivista di storia del Diritto italiano, XV (1942), pp. 259-327,specie Ie pp. 308-317e C . Donati, L 'i de a d i n ob il iain I ta li a ( se cc . X IV -XV II I) , Roma-Bari 1988, pp. 247-265.

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    te"8. Naturalmente, tale rigida norma prevede-va delle deroghe e, per quel che concerne laSicilia, era. consentita l'ammissione degliuomini della contea di Modica, forse perche ilsignore di quelluogo appariva cosi potente daessere considerato nell'isola un piccolo re chesovrastava in forze, ricchezza ed autoritafinanche a1cuni piccoli sovrani dell'Italia cen-tro-settentrionales.La possibilita che individui non apparte-nenti alla nobi lia gene ro sa 0dai non troppo netticonnotati nobiliari, e quindi privi di quellevirtu che si richiedevano in coloro cheindos-savano l'abito gerosolimitano, inquinasserol'Ordine e ne snaturassero la sua funzione,religiosa e militare assieme, produsse una nor-mativa estremamente rigorosa nel vaglio deirequisiti dei pretendenti e un certo silenzio sucoloro che chiedevano l'ammissione avendoalle proprie spalle titoli, blasoni e famiglie feu-dali. La ritrosia nel trattare delle modalita diaccesso dei cadetti dei baroni puo anche esserespiegata con la volonta dell'Ordine di nonentrare nel merito della dibattuta questionecirca la validita della nobilitazione ottenuta inseguito all'acquisto di feudi e, quindi, di doverpronunciarsi sulle prerogative sovrane dinobilitare con il rischio di mettere in discussio-ne 0 di conferire scarsa importanza agli attipubblici che attestavano i1 conseguimentodella nobilta e del titolo feudale per volontaregia. II cavaliere e giurista GiandonatoRogadeo riteneva, e non era ilsolo, che tutti ibaroni titolati godessero di nobilta: per i pre~tendenti che provenivano da1 mondo feudalebastava provare la propria legittima discen-denza attraverso icedolari regi e dimostrareche nel lora feudo si esercitava giurisdizionesui vassalliw, D'altra parte, i baroni eranoquasi sempre iscritti ai patriziati delle citta allequali li legavano iltitolo 0i propri interessi e,

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    quindi, si puo dire che le disposizioni che fil-travano l'accesso dei patrizi all'Ordine concer-nessero anche loro.Quella che, in ogni caso, premeva alleautorita gerosolimitane era la natura dellalegittimazione nobiliare (regia 0 cittadina) e lasua motivazione. Se i giureconsulti affermava-no che un diploma 0 un atto di aggregazionenon creavano nobilta, bensi la riconoscevano,piu cauto sulla questione si mostrava l'Ordinedi Malta che ammetteva la possibilita che sipotesse diventare nobili, rna la diluiva su unlungo lasso di tempo (200 anni) che doveva

    servire a far dimenticare la pregressa ignobilii:della famiglia.Come gia accennato, spettava al candi-dato I'onere di esibire le prove scritte dellanobilta sua e dei suoi antenati tali da copriretutto I'ambito bisecolare previsto dalla norma-tiva e questa, come appresero a loro spesemolti pretendenti che quel requisito fonda-mentale possedevano e come sperarono altriche della n ob ilta g en ero sa godevano alcuniquarti e spesso non per 200 anni, era una pre-scrizione alla quale era molto difficile ottem-perarein una realta come l'Italia, politicamen-te divisa, che aveva conosciuto una serie inin-terrotta di guerre sul proprio territorio, muta-menti di regime nei suoi stati e iltrasferimen-to di molte famiglie da una Iocalita all' altraconconseguenre dispersione delle carte cheavrebbero potuto dare certezza della proprianobilta bicentenariau.

    Inalcuni casi la pubblica fama e la repu-tazione potevano supplire aIle carte mancantie, parlando della famiglia Calze di Messina,Andrea Minutolo cosi si esprime: "Se l'invidiadel tempo ci occulta le demostrazioni delleprove di molti, e molti cavalieri di questa fami-glia, ornati con la Croce Gerosolimitana, ledignita piu preggiate, sostenute in Messina

    8 G. Rogadeo, De l r ic ev im en to d e' c ao alie ri e d eg li a ltr i fr ate lli d ell'in sig ne O rd in e G er os olim ita no d ella V en er an da L in gu a d 'Ita lia ,Napoli 1785, p. 283.9 F . M. Emanuele e Gaetani, De ll a S ic il ia n ob il e, Palermo 1759, vol. IV; p. 6.10 Rogadeo, De l r ic ev ime nt o d e' c au al ie ri ..., pp. 314-316.11 Su tali problematiche Donati, l/idea d i n ob iita in Ita lia ... , pp. 251-252;E. Irace, L a m emor ia J orma liz za ta : d ai lib ri d i J amig liaa ile p ro ve d i n ob ilia p er g li O rd in i c av alle re sc hi, in L a m em oria e la citia , a cura di C. Bastia eM. Bolognani, Bologna 1995,pp.73-103;A.M. Rao, A ntic he sto rie e a uten tich escrittu re. P ro ve d i n ob iIta a N ap oli n el S ettece nto , in S ig no ri, p air iz i, c av alie ri n el-l 'e i i; moderna, a cura di M. A. Visceglia, Roma-Bari 1992, pp. 279-308.

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    dagli altri suoi discendenti, celebrano, adispetto dell'oblio, la di lei antiquissima, etillustre nobilUI"12.naltri casi, come quello deltrapanese Martino Sieripepoli che non potevadimostrare l'antica nobilta dell'ava materna,appartenente ad una famiglia ormai estinta diMessina, gioco a favore del candidato la pre-senza di .6cavalieri negli altri 3 quartiis,

    Minori riguardi si avevano invece neiconfronti di coloro che vantavano solo attesta-ti di reintegrazione nel corpo nobiliare dellacitta nella quale Ie loro famiglie erano state untempo dimoranti. Al fine di smascherare pre-tendenti e famiglie che si erano innestate sualtre, piu nobili e piu prestigiose, con Ie qualiavevano in comune solo un cognome uguale 0similare e di impedire simili pratiche truffaldi-ne, si chiedeva ai pretendenti che accampava-no nobilta derivante da atti di reintegrazionedi provare la nobilta di tutti i propri ascenden-ti,in particolare di quellicheerano vissuti fragli ultimi che avevano goduto nel passatodella nobilta nella propria citta e loro.

    Facilitato era, invece, il compito di colo-ro la cui famiglia 0 un quarto della stessa eragia stato ricevuto nell'Ordine: pur non essen-do esentati dal produrre Ie prove (a meno chenon si trattasse di due fratelli) icandidati chesi trovavano in tali condizioni potevano sem-pre far riferimento ai processi e alle carte giadepositate negli archivi dell'Ordine.

    Difficile era, pero, esibire documenticomprovanti la nobilta di quel quarto dellapropria famiglia originario di localita diverseda quella in cui si faceva residenza. n nobileRosario Antonio Pietrasanta di Siracusa nel1758dovette faticare non poco per convincereicommissari sulla nobilta del quarto CittadinidiMilano. Diorigine mercantile (avevanoven-duto tra l'altro "semenza de vermi da seta"), iCittadini erano stati aggregati al patriziatomilanese solone11694, rna - dal momento che

    CAPITOLOI

    per essere ammessi alpatriziato milanese biso-gnava provare una nobilta di almeno 100armi- si presumeva che essi possedessero nobiltaalmeno a partire del 1594,anche se- ricordaval'Ordine - si rendevano necessari altri docu-menti per coprire illasso di tempo mancante acoprire i 200 anniv. Stessi problemi avevadovuto affrontare Giuseppe Grisafi dl Messinaper ilquale icommissari imposero un supple-mento diindagine al fine di appurare se lafamiglia dell'ava materna, Guidi, fosse in real-ta nobile di Volterra come il pretendente affer-mava=.

    Alle difficolta concrete a raccogliere unadocumentazione che risalisse cosi indietro neltempo si aggiungevano poi le vere e propriefrodi tra .le quali la manipolazione 0 la falsifi-cazione di documenti erano le piu frequenti.

    RodericoSala di Girgenti, per provare lanobilta di uno deisuoi quarti, insert nel 1732nel suo processo un documentoin copia chesuscito serie perplessita nei commissaridell'Ordine circa la sua autenticita: "perche lacopia manca di quelle necessarie solennita lequali si richiederebbero per fare che una copiaabbia forza e vigore di scrittura originale, per-che in essamanca in primo luogo I'indispensa-bile sottoscrizione del Re, e suo Segretario,manca la sottoscrizione di chi l'estrasse, man-cano finalmente ilgiorno, I'anno, illuogo nelquale e dal quale d'uopo vi fu ch'estratta nefosse"16.

    Antonio d'Amico di Milazzo, da partesua, fu accusato di aver prodotto carte ripor-tanti false filiazioni e inesistenti legami matri-moniali e di essersi innestato su un' altra fami-glia d'Amico, di indubitata nobiltai".

    Falsificazioni, omissioni 0 scomparsa didocumenti a parte, ilproblema reale era che lasocieta di antico regime aveva difficolta amisurarsi con le forme di dinamismo ascen-

    12A. Minutolo, M em orie del G ra n P rio ra to di M essina , Messina 1699, p. 70.13 La richiesta del Sieripepoli fu accolta dall'assemblea provinciale deicavalieri con 28 voti a favore e 17 contrari. AOM2150, f. 126.14AOM 2144, f. 31.15AOM 2138, f.13.16AOM 2141, f. 2r.17AOM 2147, f. 20v. e sgg.

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    dente 0discendente e a formalizzare le nuoveposizioni conseguite; per questa motivo lanormativain tema di accesso 0 di riconosci-mento della nobilta e gli stessi cultori dell'i-deologia aristocratica tendevano a spostarealI'indietro Ie origini delle qualita di coloro cheappartenevano alla nobilta (per "1'esc1usionedei testimoni oculari 0de auditu del tempo delsuccesso, 0 dei testimoni che l'abbiano intesoda que' che l'avevano inteso 0 visto quandoavveniva'T'e e richiedevano prove inconfuta-bili che suffragassero il posses so della stessa,quali 10 stile di vita more n obilium , i parentadiconformi al rango, ilpossesso di palazzi, glistemmi, i sepolcri di famiglia, I'albero genealo-gico e tutto cio che dimostrava la durata neltempo del casato. A questi elementi materialisi aggiungevano poi, rna sullo stesso piano deiprimi, "1'apparenza e I'opinione Regine dell'u-niverso a cui gli uomini prestano volontaria-mente rispetto ed omaggio"19.

    Per questa motivo si tracciavano storiedi famiglia in cui Ie qualita del pretendenteapparivano possedute gia dai piu lontani ante-nati: si faceva la propria comparsa sulla scenadella storia carichi di meriti e di virtu cheavrebbero giustificato volta a volta la conces-sione del favore regio, la posizione eminentenelle istituzioni ecclesiastiche, l'acquisizionedi titoli e di feudi, la stessa futura longevita20.In realta, anche se Andrea Minutolo esordivasostenendo che nellesue relazioni sulle fami-glie dei cavalieri siciliani non aveva preteso diingrandire i loro meriti, rna solo riferirne lastoria sulla base di inoppugnabili prove docu-mentarie e di testimonianze "come e costumedella mia Religione"21, la memoria apparivacodificata entro precisi paradigmi dai qualieraespunta la possibilita che la nobilta possedutada tempo immemorabile fosse il frutto di

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    un'irruenta ascesa sociale 0che venisseavvili-ta dalla decadenza economica 0da particolaricomportamenti politici di un .membro dellafamiglia22 La nob iita generosa richiestadall'Ordine per isuoi cavalieri doveva essere ilprodotto dell'

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    matrimoniali, nella tipologia dei patrimoni,nel tenore di vita praticato, nellemilitarize esi-bite25.

    "Quis ambigere potest plures semperfuisse nostros Siculoshoc S.[o.Militari honoredecoratos?"26 e la domanda retorica che sipone RoccoPirri. Strategie familiari funzionalialla limitazione dei matrimoni e al conseguen-te rischio della frantumazione dei patrimonidirottavano molti cadetti maschi di famigliearistocratiche siciliane verso la Chiesa, la mili-

    CAPITOLO I

    zia e l'Ordine gerosolimitano-", ma percheMalta apparisse un percorso quasi obbligatoper coloro che non erano destinati alle nozze 0per colora che aspiravano ad unasicura e indi-scussa forma di riconoscimento sociale dellapropria nobilta era necessario che si produces-sero situazioni, non dissimili da quelle cheinteressavano i paesi cattolici del Mediter-raneo centrale e occidentale, ma che acquista-vane un particolare significato nella Sicilia delXVIe dei primi decenni del XVIIsecolo.

    25 M. Aymard, U ne fam ille de l'a ristocra tie sicilien ne a ux X Vle et X VIIe siedes: les ducs de T erra no va , inRevue historique n.501, t. 247 (1972), pp. 29-65.26 R. Pirro, S ic il ia sacra , Palermo 1733,vol. I, p. 945.27 "Malta et l'Eglise pour les fils, le couvent pour les filles, quand ilapparait possible de limiter ainsi leur dots: la tendanceest nette a une limitation des mariages", Aymard, Un e fam ille d e l'a ris to cr atie e ic ilie nn e ... , p. 36. Si veda anche D. Ligresti,L a n ooilia "do uizio sa " n ei seco li X Ve XV I, inE lite s e p ote re in S ic ilia , a cura di F . Benigno e C. Torrisi, Catanzaro 1995,pp. 47-61, specie p. 57 e sgg.

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    2. La S ic ilia e M a ltaDopo la conquista di Rodi da parte diSolimano (1522)la Sicilia accentuo ancor di piuil suo ruolo di regione di frontiera e negli annidi Carlo V e di Filippo II si trasformo progres-sivamente in un' unica grande fortezza e in ununico porto nel quale si raccoglievano Ie lottedelle potenze cristiane: la politica ispanica diespansione sulle coste dell' Africa settentriona-le perseguita in quegli anni e concretizzatasinello stabilimento di presidios che ebbero unafunzione neutralizzatrice rispetto ai porti che

    ospitavano Ie lotte barbaresche (EI Pefionrispetto ad Algeri e La Goletta rispetto aTunisi)ZS,enfatizzo ancora una volta ilruolodell'isola quale gigantesco retrovia e arsenaledelle armate ispaniche e delle squadre navaliad esse collegate (ricordiamo che la lotta dellaLega Santa, al comando di don Giovannid' Austria, si raduno a Messina) anche seaumento la sua esposizione agli attacchi turchie barbareschi, non sempre tempestivamentesegnalati dalle torri costiere di avvistamentoche ivicere del tempo stavano innalzandoe,Divenuta la fortezza ispano-italiana nelMediterraneo, la Sicilia fu coinvolta in una di-sinvolta politica africana elaborata dai suoigruppi dirigenti e attivamentesostenuta dalleautorita asburgiche operanti in Italia e da quel-le gerosolimitane. Ma la decisione di Carlo Vdi intraprendere la campagna militare cheavrebbe condotto alla conquista di Tunisi

    (1535) fu stigmatizzata dai circoli governativicastigliani, capeggiati dall'imperatriceIsabella, in quanto avrebbe apportato giova-mento solo a Napoli e alIa Sicilia chef in caso disuccesso dell'impresa, sarebbero state liberateda vicini pericolosi. mentre sulle coste spagno-le si sarebbe accentuata la pressione barbare-sea proveniente da Algeri30.La proiezione africana dell'isola compor-toanche pesanti sacrifici finanziari e diedeluogo aun dibattito sulla convenienza a logo-rare uomini e risorse in una guerra centro iturchi e ilora alleati senza quartiere e senzaapparenti vantaggi immediatin. Ovviamente,questi ultimi non mancavano, come vedremo,e di cio era ben consapevole Carlo V che, aisiciliani che gli avevano fatto presente l'intol-Ierabilita del peso loro addossato per ilriforni-mento della guarnigione di La Goletta, ribadiil principio che ipresidii il cui obiettivo era ladifesa degli stati italiani dovessero essere dalora mantenutix."Piantata" la nuova sede dell'Ordinenelle vicinanze della Sicilia, era logico che"segnalandosi egli in piu azzioni militari 0dibuona, 0 di rea fortuna, non ne abbia avutagran parte il Messinese Priorato"33.

    In effetti, prima I'arrivo a Messina nel1523del Gran Maestro e dei suoi cavalieri, poila loro peregrinazione tra Augusta, Siracusa eMessina tra 1528 e 1529, poi la concessione diCarlo V, il23 marzo 1530,dell' arcipelago malte-se (feudo del regno siciliano) e di Tripoli allaSacraReligione diedero una significativa accen-

    28 F . F . Olesa Muilido, L a o rg an iz ac i6 n n av al d e lo s e sta do s m e dit er ra ne os y en especia l de Espana duran te los sig los X VI Y XV II,Madrid 1968,vol. II, p. 985.29 D. Ventura, Uomin i e a rm i p er la d ife sa c os tie ra d ella S ic ilia , in Ricerche storiche, XXII(1992),pp. 527-552.Sivedano ancheV . Sciuti Russi, Il go verno della S icilia in d ue rela zio ni del p rim o Seicento , Napoli 1984 e M. Mafrici, I m ari d el M e zz og io rn od 'Iia lia t ra c ris tia ni e m u su lm a ni, in S to ri a d 'I ta li a. A n na li 18, "Guerra e pace", Torino 2002, pp. 71-121.30 M. J . Rodriguez Salgado, I.C a ro lu s A fr ic an us ?: e l Empe ra do r y e l t ur co , in C arlo s V y la quieb ra del hu man ism o po litico enEuropa (1530 -1558 ) , Madrid 2001, pp. 487-531,p. 506.31 G. Giarrizzo, L a S ic ilia d al C in qu ec en to a ll'U n ita d 'I ta lia , in V . D'Alessandro e G. Giarrizzo, L a S ic ilia d al V es pr o a ll'L ln iii ;d'Iialia, vol. XVI della S to r ia d 'I ta li a diretta da G. Galasso, Torino 1989,p. 153e sgg.32M. J . Rodriguez Salgado, Un im per io e n tra nsic i6 n. C ar lo s V; Fe li pe I I y su m un do , Barcelona, 1992, pp. 400-401 e B.AlonsoAcero, E I n orte d e A fric a e n el o ca so d el e mp era do r (1549-1558), in C arlo s V y la q uieb ra d el h um an ism o ... , pp. 387-414, specie p.397.Sui ~acrifici che comportava per la Sicilia la politica africana della Spagna dr. anche D. Mack Smith, S to ri a d e ll a S ic il iam e die va le e m o de rn a, Roma-Bari 1994, pp. 171-172.33Minutolo, Memo ri e . .. , p. 34. Ricordiamo che ilpriorato di Messina estendeva la sua giurisdizione sull'intera Sicilia (conl'eccezione dei territori della commenda di Mazara, di pertinenza del priorato di Lombardia) e su due localita sulla costareggina della Stretto: Villa San Giovanni e Melito Porto Salvo. SuI caso di Mazara e sulle vicende di quella commenda,cfr.A. D'Auria, L' O rd in e d i M a lta n el M e zzo gio rn o d 'Ita lia (1734-1913), Taranto 2002, pp. 37-42.

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    L'ORDINE OI MALTA E LA SICILIA

    tuazione alla funzionechelaSiciliaaveva ormaiassunto. Anche a seguito dell'insediamento deigiovanniti nella vicina Maltaw la grande isolasarebbe stata maggiormente coinvoltanel duel-10 allora in corso tra l'impero turco e lamonar-chia asburgica e isuoi alleati,

    II privilegio di concessione di Carlo V,piu volte reiterato, consentiva - tra l'altro -all'Ordine di estrarre dai caricatoi siciliani unacerta quantita di grano, non gravata da tasse diesportazione, per soddisfare le esigenze dellapopolazione maltese e dei cavalieri'e.Dall'isola madre venivano esportati pure vini,canapa, bestiame vivo e morto, pellame indirezione di Malta che ricambiava con denarosonante; la prima tappa delle caravane deigerosolimitani era un porto siciliano ove farrifornimento di biscotto e di munizioni "dabocca e da guerra"; nei porti siciliani si racco-glievano informazioni su avvistamenti dinaviglio turco e barbaresco; nei cantieri diAugusta, Messina e a Siracusa soggioinavanoper Ie riparazioni le galere della squadra gero-solimitana,la cui permanenza spesso provoca-va delicati problemi di ordine pubblicov.

    Certo, all'ombra dei privilegi di cui igerosolimitani godevano, erano all'ordine delgiomo gli abusi (i cavalieri pretendevano diestrarre piu grana di quanta loro servisse perpoi rivenderlo a terzi danneggiandoin questa

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    modo il commercio cerealicolo siciliano), rnal'impiego che la Religione offriva a molti sici-liani nella sua lotta, i lavori commissionati aicantieri isolani e ilnotevole flusso monetarioche da Malta si dirigeva verso la Sicilia servi-vano ad eliminare imalumori e ad appianaremolti malintesist, Soprattutto suI denaro cheraggiungeva la Sicilia,proveniente dalle centi-naia di commende che l'Ordine possedeva intutta l'Europa cattolica, oltre che sulla funzio-ne dl difesa dell'isola dal pericolo ottomano,basavano le loro ragioni coloro i quali ritene-vane che iprivilegi di cui la Religione godevanon dovessero essere messi in discussione, rnaaddirittura ampliatiw. Gli stessi abitanti del-I'arcipelago contestavano l'eventuale imposi-zione di dazi sui cereali loro destinati: essierano sudditi del regno di Sicilia e non eranostati affidati alla giurisdizione dei cavalieri lineper tradimento, ne per delitto alcuno Ioro".D'altra parte, non era pensabile che iprivilegifossero riconosciuti per imaltesi e non per icavalieri, perche essi sarebbero risultati"Signori men privilegiati de' propri sudditi'w,

    Come gia accennato, i privilegi non ven-nero mai intaccati anche se questa comportouna cauta politica di buon vicinato con l'am-ministrazione .spagnola dell'isola: il GranMaestro - scriveBosio- "procura di conserva-re, e mantenere sempre buena corrispondenza

    34 "L'isola di Malta detta milliera per essere discosto dalla Sicilia 60 miglia solamente". L. Sandri, Du e r ela zio ni in ed itesull'Isola di M alta (sec. X V! eeec. X IX ), in Archivio storico di Malta, IX (1937-38),pp. 212-224,p. 216.35 V . Mallia-Milanes, La donazione di M alta da parte di C arlo V all'O rdine di San G iovanni, in S ard eg na , S pa gn a e S ta ti ita lia nineW etii di C arlo V , a cura di B.Anatra e F.Manconi, Roma 2001, pp.137-148.Si diceva che Malta "no puede tener vida sinIa Sicilia". InM. Fontenay, M alte au tem ps de C harles Q uint et P hilippe II: un enjeu de la politiqu e espagnole en M editerranee, inFelipe II y e l Medi ter raneo , a cura di E. Belenguer Cabria, vol. IV,Madrid 1999,pp, 277-291.36 Nel 1590Malta era autorizzata ad importare dalla Sicilia 9500 salme di frumento e 500 di orzo per gli abitanti e di 6500~1500 per i cavalieri (4000e 1000in franchigia totale). C. Trasselli, Un a s ta tis tic a m a lte se d el s ec olo XVI , in Economia e sto-tia, XIII (1966), pp. 477-480.~7M. Fontenay, L a p la ce d e la co urse d an s I' eco no mic p ortu aire: l' ex em ple d e M alte et d e p orts b arb aresq ue s, in Annales ESC, n.?(1988), pp. 1341-1347;Trasselli, Una s ta tis tic a m alte se ... , p. 477. L'arruolamento nel1658 di un buonavoglia a Messina daParte di una galera maltese provoco il risentimento delle autorita locali che giunsero ad ordinare ilcannoneggiamento9(:lllenavi gerosolimitane che si fossero avvicinate alla citra. B. Dal Pozzo, H istoria della Sacra R eligione M ilitare d i S.G io va nn i G er oso lim ita no d etta d i Ma lta , Verona 1703-1705,vol. II, p. 269.38 Nel 1648sentendosi maltrattati da Siracusa, i cavalieri spostarono illoro commercio ad Augusta. Solo nel1687 avven-ne la riconciliazione ufficiale con quella citta dopo che l'intero corpo municipaleaveva reso il suo omaggio al capitanodelle galere. Dal Pozzo, H is to ria d ella S ac ra R elig io ne M ilita re ... , vol. II, p. 166 e pp. 631-632.39 L'Ordine sosteneva di spendere annualmentein Calabria e in Sicilia 2.000.000 di scudi pari a 1.200.000 ducati. G.Rogadeo, P er l'In sig ne O rd in e G ero so lim ita no su lla p ertin en za d ella sp og lio d el J u B ailo F ra D. M ic hele R eg gio C ap ita n C en era led elle J orze m ariitim e d ella M ae stii d el R e N .S ., Napoli 1772, p. 127. I Reggio (0 Riggio) di Palermo fornirono numerosi cava-lieri all'Ordine.40 G. Bosio, D ell'Isto ria d ella S ac ra R elig io ne e t Illu strissim a M ilitia d i S an G io va nn i G ie ro so lim ita no , Napoli 1684, vol. III, pp.86-87.

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    co i ViceRe, e altri Ministri Regij di quell'Isola,per havere sempre liberamente le debite estrat-tioni de' grani necessarij"41. A volte, speciequando le carestie colpivano la Sicilia, era dif-icile mantenere la "buona corrispondenza"con i vicere che negavano l' estrazione deigrani dall'isola fino a quando non fossero statesoddisfatte le esigenze della sua popolazione;rna in genere i contrasti si appianavano e icavalieri (che spesso non esitavano a razziarenavisiciliane cariche di grano)42 ottenevanoche i loro privilegi venissero osservati in quan-to nazionali (ovvero sudditi del regno diSicilia)43. L'associazione Malta-Sicilia nonsiesauriva ovviamente nell'interscambio com-merciale, Dopo il1530 sempre piu spesso lasquadra navale della Religione opere a fiancodelle galere siciliane e non vi fu evento bellicodi rilievo che riguardasse il quadrante delMediterraneo centrale che non vedesse coin-volta la Sicilia, "periodicamente invasa damigliaia 0decine di migliaia di soldati e mari-nai in transito per le varie imprese versoNapoli, Africa 0Levante"45.

    Vicere militari piuttosto roe politici furo-noinviati a reggere il vicereame siciliano tragli anni trenta e gli anni ottanta del XVI seco-

    CAPITOLO I

    10, da Ferrante Gonzaga a Juan de Vega, aGarcia de Toledo, a Francesco FerdinandoAvalos, a Marcantonio Colonna; essi cercaronodi stabilire proficui rapporti con l'Ordine gio-vannita al quale guardavano come all'istitu-zione che avrebbe enfatizzato il ruolo di Maltacome bastione della Sicilia. Conveniva aIleautorita ispano-sicule che la Sacra Religionenon venisse indebolita dai contrasti tra i cava-lieri che la loro differente nazionalita di origi-ne faceva sovente insorgere e, quando nel1581il Gran Maestro J. P.LEveque de la Cassiere fudepostoe imprigionato, il vicere Colonnainvio soldati a presidiare Maltav.La consapevolezza nutrita nei circoligovemativi centrali e periferici della monar-chia ispanicache Malta garantiva la protezio-ne dell'intero Mezzogiorno d'Italia si tramuta-vain una linea politica di sostegno in uominiemezzi per la sua difesa (era essenziale per laSpagna disporre dei porti maltesi orientati indirezione del Levante e della Barberiare purese non mancarono sospetti e dissapori ~ specienegli anni in cui iGran Maestri furono dei

    francesis? ~ che resero a volte difficile 10 svol-gimento di imprese comuniw.Anche quando apparve chiaro che il ten-

    41 Bosio, L a C or on a d el C av alie r G er os olim ita no ... r p. 142.42 A. Tenenti, V en ez ia e i c or sa ri ( 158 0- 16 15 ), Bari, Laterza, 1961;M. Fontenay, C orsaires de la foi o u rentiers du so l? L es ch eva -liers de M alte dans le "corso" mediterraneen , XVlle s., in Revue d'histoire moderne et contemporaine, XXXV(1988), pp.361-384;S. Bono, C or sa ri n el M edite rra ne o. C ristia ni e m usu lm an i fra g ue rra , sch ia vitu e co mm er cio , Milano 1997.4 3 Esempi in Dal Pozzo, H is to ria d ella S ac ra R elig io ne M ilita re ... , vol. I, p. 469 e vol. II, p. 206.44 Nel1588 i gesuiti "avide efflagitantur" dalla Sicilia a Malta. Pirro, S ic il ia Sacra , vol. I, p. 926.45 D. Ligresti, L 'o rg an izz azio ne m ilita re d el r eg no d i S ic ilia (1573-1635), in Rivista storica italiana, CV (1993),pp. 647-678,p.647. Per la storia della marina gerosolimitana si veda E. Rossi, S to ria d ella m arin a de ll'O rd in e d i S. G io va nn i d i G er us alemm edi Rodi e di M alta, Roma-Milano 1926e il piii recente G. Scarabelli, L a squadra dei va scelli dell'O rdin e di M alta a gli in izi delSettecento, Taranto 1997.46 G. P. De Crescenzi Romani nel suo P re si di o R omano 0 ve ro de lla M ilizia e ccle sia stic a e t de lle R elig io ni s i C ava lle re sch e, co meClaustrali (Piacenza 1648, p. 500) scrive che tutti i principi della cristianita desideravano assicurare un territorio ai gero-solimitani per godere delle loro ricchezze e per essere protetti da turchi e corsari.4 7 C. Marullo di Condojanni, L a S icilia e il So pran o M ilita re O rdine di M alta , Messina 1953,p. 82.48 "Parecer del virrey de Napoles dado a consecuencia de orden de su Magestad, sobre la fortificacion y defensa de losReines de Napoles y Sicilia, adonde se entendia venir el armada del Turco. 1576", in C ole ccio n d e d ocum en to s in edito s p ar ala h isto ria de E sp an a, Madrid 1842-1895,vol. 112,pp. 495-501, p. 499.4 9 Gli spagnoli temevano, negli anni in cui erano ancora in corso Ie guerre con la Francia, che i gerosolirnitani si alleasse-ro con i francesi e, quindi e paradossalmente, con i turchi che negli anni '40-'50 combattevano al fianco di Francesco I edi Enrico II di Valois. Fontenay, M alte a u tem ps de C harles Q uint..., pp. 286-287.50 Clamorosi furono quelli che opposero ilGran Maestro Jean de La Valette a Garcia de Toledo nel corso dell'assedio diMalta del 1565.II vicere oscillava tra la volonta di attaccare gli assedianti turchi onde impedire la caduta dell/isola e l'ac-quisizione da parte del nernico di un grande porto nel Mediterraneo centrale e il timore che l'impresa potesse risolversicon una sconfitta che avrebbe lasciato sguarnita la difesa della Sicilia (A.W. Lovett, L a E sp ana de lo s p rim ero s H ab sb urg os.1517-1598, Barcelona 1989, pp. 136-137). Sulla differenza tra vicere militari e vicere politici efr. H. G. Koenigsberger,L'eserc iz io del l' impero , Palermo 1997(ed. Cornell University 1969),p. 203.

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    tativo turco di sfondare la linea Sicilia-Malta-Tunisi era fallito (nonostante la caduta diTripoli del 1551 e la definitivaconquista diTunisi nel 1574) e anche dopo che la grandeguerra condotta da decine di galere e damigliaia di soldati abbandono, negli anni sue-cessivi. alla battaglia di Lepanto, i1 Mediter-raneo, rimase forte l'impegno di nobili e mer-canti siciliani che parteciparono con uomini,mezzi e capitali alla guerra da corsa condottadalle navi gerosolimitane 0 da navi che batte-vano bandiera malteseu.

    Fernand Braudel ha ricordatoin un sug-gestivo capitolo della sua opera principale inti-tolato La guerra abbandona il centro delMediterraneo 52 ilmutamento della congiunturamilitate verificatosi nel Mediterraneo, la tra-sformazione del grande mare in fronte secon-dario rispetto a quelli che la monarchia asbur-gica teneva aperti nei Paesi Bassi, in Francia ein Inghilterra (11 delle 16 galere della squadrasiciliana nel 1588 furono dirottate verso portispagnoli)53; rna se le nuove priorita della poli-tica ispanica ridimensionarono l'ipertrofiadegli apparati militari dislocati nell'isola, essenon comportarono la fine dell'impegno milita-re delle p ote nz e r eg io na li della zona quanta unmutamento di strategia che, come a Napoli ein Sardegna, affido Ia difesa dell'isola al siste-ma di terri e castelli piuttosto che alle squadrenavali ufficiaZi che solcavano ilmare con fun-zione diinterdizione e alIa pirateria ~ pratica-ta con zelo da entrarnbe le parti - che divenneuna "forma suppletiva della grande guerra?.

    Come tra poco vedremo, questa nuovastrategia ebbe non indifferenti effetti sull' at-teggiamento delle elite siciliane (rna anche

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    napoletanejs' nei confronti dell'esercizio del-l'attivita militare. Per concludere questa partee da notare che la rivendicazione del caratterenazionale, ossia siciliano della presenza geroso-limitana a Malta, accampata quando si trattavadi difendere 0di ampliare iprivilegi commer-ciali di cui l'Ordine godeva poteva presentareun risvolto negativo per 10 stesso, Quando nel1674 scoppio la rivolta di Messina i1 vicerechiese il soccorso delle galere maltesi suI pre-supposto che Malta fosse un feudo della Siciliae che, quindi, spettava al suo barone, corne vas-sallo, la difesa del proprio signore erninente (ilre Carlo II di Spagna, rappresentato dal vice-re), L'Ordine ricuso I'aiuto militare sostenendoche Malta era un feudo franco e libero, senzavincoli di servizio militare, e che ai cavalieriera proibito intervenire nelle guerre che sicombattevano tra cristiani. In tale frangente siverifico una rottura tra il priorato di Messina ele autorita centrali della Religione: diversiesponenti di quel priorato erano in prima lineanella rivolta contro la Spagna (es. i cavalieriappartenenti alle famiglie Gigala, Grisafi e deGregorio) e, quindi, erano contrari all'inter-vento della squadra gerosolimitana a .fiancodella Spagna. D'altra parte, un interventodiretto delle galere maltesi, sulle quali eranoimbarcati numerosi cavalieri francesi, le avreb-be esposte allo scontro con le navi di Luigi XIVche veleggiavano nei mari siciliani. AlIa fine,per non provocare eccessivo risentimento nelvicere e insanabili fratture all'interno delle isti-tuzioni e fra i cavalieri delle diverse Lingue, sidecise di mettere a disposizione del vicere Iasquadra navale gerosolimitana, rna solo per iltrasporto di uomini, armi e vettovagliee,

    51 Cfr., al riguardo, R. Cancila, Cor ea e p ir ate ria n ella S ic ilia d ella p rim a e tii m o de rn a, in Quaderni storici, XXXVI(2001),pp.363-377.52 F . Brandel, C iviltii e im pe ri d el M e dite rr an eo n ell/e ta d i F ilip po II, Torino 1976, vol, II, p. 1251.esgg.53 Koenigsberger, L ' ese rc iz io d e ll 'impero . .. , p. 141.54 Uso l'espressione adoperata da Braudel in C iv iltii e im p er i ... , vol. II, p. 919.55 Per la situazione napoletana efr. R. Ajello, U na so cieti; an om ala . II p ro gra mm a e la sco nfitta de lla n ob ilta n ap oleia na in duememor ia li c inquec en te sch i , Napoli 1996.56 Dal Pozzo, H is to ria d ella S ac ra R elig io ne M ilita re ... , vol. II, p. 420 e sgg.; Marullo di Condojanni, La S ic il ia . .. , p. 63; F .Benigno, L o tta p olitic a e s bo cc o r iv olu zio na rio : r ifL es sio ni s ul c as o d i M e ss in a (1674-78) , in Storica, n. 13 (1999),pp. 7-56.

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    3 . I s ic ilia ni n ell'O r din ed i San G iovann i

    II clima di acceso bellicismo che perva-deva larghi strati della societa siciliana, I'enfa-si che veniva posta negli ambienti politici eculturali Iocali sulla portata della scontro con iturchi e sulle ricadute che sarebbero derivatedal collasso militare dell'isola di fronte ad unloro eventuale attacco, la parossistica demo-nizzazione del nemicov, non furono senzaconseguenza sull' atteggiamento della nobiltasiciliana, nelle sue varie componenti, nei con-fronti dell'Ordine.Riviveva negli anni di Carlo V e diFilippo II 10 spirito di crociata; le spedizionisui suolo africano, la vittoriosa resistenza diMalta e, infine, la battaglia di Lepanto infiam-marono gli animi di molti giovani e portarono,tra 1550 e 1600, ben 198 siciliani (su un totale di467 tra 1550 e 1718) ad entrare nell'Ordine deigiovanniti'e. E' da ricordare, pure il notevoleprezzo in termini di sangue che i cavalieri diorigine isolana fornirono nelle imprese con-dottedall'Ordine. AlIa difesa di Malta del 1565parteciparono 41 cavalieri siciliani e fra i 77gerosolimitani italiani che perirono nel corsodell'assedio si annoverano 10 siciliani e 13napoletani'", Per quel che riguarda iprove-nienti dall'arcidiocesi di Siracusa (i "nobill[della citta] gareggiavano ad affiliarsi al SacroOrdine dei Cavalieri di Malta, ed erudirsi negliusi e riti cavallereschi e nell' arte della guer-ra")60, 2 morirono a Gerba e 6 nel1565, senzacontare inumerosi altri che rimasero feriti61.

    II tutto avveniva in un momenta in cuiI' andamento delle ammissioni di italianiall'Ordine conosceva un fortissimo incrementoche fin! per mutare irapporti numerici tra levarie Lingue: se tra giugno 1555 e luglio 1556 inuovi cavalieri italiani furono 7 e 38 quelli pro-venienti da altre parti d'Europa, tra aprile 1574e gennaio 1575 gli italiani ricevuti furono 57 equeUi di altre nazionalita 29.

    Complessivamente, tra 1555 e 1575 inuovi italiani furono 138 e gli altri 14662.Nel1590 dei 496 cavalieri che annoverava l'Ordine222 erano italiani, 156 quelli delle tre Linguefrancesi (Francia, Alvernia, Provenza), 101 gliiberici (Lingue di Castiglia-PortogalloeAragona-Catalogna-Navarra), 17 i tedeschi=.

    Infine, nel 1645 erano viventi 431 cava-lieri della Lingua d'Italia: di essi i napoletanierano 97 e i siciliani 68, provenienti da Messina(27) Palermo (12), Trapani (12), Piazza (7),Caltagirone (4), Castrogiovanni (2), Siracusa(2), Girgenti (I), Noto (1)64.

    Ci si pub chiedere per quale motivo Iecasate aristocratiche isolane preferissero dirot-tare un cosi ingente numero di giovani versol'Ordine (ricordiamo che ai cavalieri si richie-devano i voti di obbedienza, poverta, castita)piuttosto che indurli a militare nelle file deglieserciti e nelle flotte regie. Ovviamente, lerisposte al quesito possono essere rnolteplici evanno correlate anche ana storia delle singolefamiglie, alIa loro posizione negli organigram-mi del potere asburgico in Sicilia e alIa loroparticolare consistenza demografica; e noto,infatti, che un'ampia disponibilita di cadetti

    57 Ma si veda M. Aymard, Is la m o ec u, I sla m r ev e: .. , pp. 21-41.58 Riprendo questi dati dal mio libro S ta to , a risto cra zie e O rd in e d i M a lla n elI'Ita lia m od ern a, Roma 1988,.pp. 75-76.59 E' quanto risulta da Minutolo, Memo ri e . .. , pp. 35-36 e da L 'assedio di M alta del 1565 in u na na rra zio ne del seicento , inArchivio storico di Malta, IX (1937-38),pp. 225-242.La relazione di cui si tratta ha come autore Pietro Paolo di Ribera.Diverse sono le cifre che fornisce il Pirri: 15furono i siciliani morti, 4 i feriti e 13 coloro che "fortiter propugna[verunt]".Pirro, S i ci li a s a cra , vol. 1 , p. 947.60 S. Privitera, Sto ria d i Siracu sa antica e m odern a, Napoli 1879, vol. II, p. 183, cit. da G. Agnello, S ira cusa e I'O rdin e deiCa va li er i d i Ma lt a, in Archivio storico per IaSicilia orientale, XXXI(1935),pp. 32-62.Delio stesso Agnello si veda l' rdined i Ma lta if S ir ac us a n elle o ic en de d eg li u ltim i e pig on i, in Archivi, XXVI(1959),pp. 273-312.61 B. De Martinez La Restia, L a S icilia e l'O rd ine d i M alta nel C atalo gu e of the records o f th e O rder o f-S t. Jo hn of Jerusalem in theR oy al M a lta L ib ra ry , in Archivio storico siciliano, XVIII (1968), IIIserie, pp. 49-146, pp. 80-81.62 I dati sono desunti da Donati, U id ea d i n ob ilta in Ita lia ... , p. 249.63 Trasselli, Un a s ta tis tic a m a lte se ... , p. 479.64 ASNA, A rc hiv ia d el la C omm is sio ne A ra ld ic a N a po le ta na , fs 104, "Cavalieri viventi della Lingua d'Italia il di 16luglio 1645".

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    consentiva ai genitori di giocare una partita atutto campo che portava a distribuire i proprifigli sull'ampio ventaglio di istituzioni civili,militari, ecclesiastiche di cui disponeva lasocieta del tempo.Ma I'appeal esercitato dall'Ordine, nono-stante i rischi per la salute e per la vita checomportava la militanzae, va spiegato al di ladelle motivazioni personali e familiari e vaposto in relazione con la ripresa che nello stes-so periodo si ebbe degli antichi ordini militarie cavallereschi, con la nascita di nuovi ordini (eil caso di quello toscano-mediceo di SantoStefano e, pili tardi, di quello gonzaghesco delRedentore)se, con la riconfigurazione di quelliesistenti (queUo sabaudo dei Santi Maurizio eLazzaro). Lo spirito di crociata, al quale nelsecondo Cinquecento erano molto sensibili lenobilta italianew, produsse anche 10 sviluppodegli ordini cavallereschi; ma di queUo spiritoapprofittarono anche i principi sovrani chenelle istituzioni cavalleresche, nuove 0 rifon-date (i cosiddetti ordini dinasticijss, e di cuierano gran maestri, vedevano un potente fat-tore di controllo e di disciplinamento delleproprie aristocrazie alle quali si prospettavaun destine tutto virato sulla difesa della verafede e sulla fedelta al proprio principe e iltra-mite attraverso ilquale far cadere su queglieminenti sudditi la propria grazia e la propriaIiberalitass,

    Naturalmente, non tutti gli ordini alloraesistenti, specie quelli dinastici, richiedevano aipropri aderenti un effettivo impegno militare e

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    spesso si limitavano a fornire rituali e simboliai cerimoniali cortigiani, ad arricchire ilseguitodel sovrano, a legittimare ulteriormente ilsuopotere; rna, per quelli che mantennero una pre-cisa e riconosciuta funzione militare comequello gerosolimitano, il discorso e diverso,Negli anni di Tunisi, di Gerba, di Malta,di Lepanto sembravano riprendere vigore gliideali e i valori della cavalleria medievale etutta una societa sembrava compattarsi difronte al pericolo che proveniva dal mondoturco. Tale pericolo fu spesso enfatizzato perconsentire alle autorita di imporre nuove tasse,di sottoporre le popolazioni a gravami dellapili varia natura, di ispessire la funzione delleistituzioni di governo, ma - nella grande IIlag-gioranza dei casi - la percezione del pericolo(al di la delle battaglie, si consideri 10 stillicidiodiscontri, sbarchi, razzie che avvenivano quo-tidianamente nel Mediterraneo centrale) susci-to - come abbiamo gia visto - un clima di entu-siasmo e di mobilitazione ideologicache spie-ga I'alta affluenza di giovani nell'Ordine diSan Giovanni. Le strategie di impiego deicadetti (da questa punto di vista non va sotto-valutata la funzione educativa che per i noviziespletavano gli Alberghi delle Lingue e il ser-vizio in qualita di paggi presso il GranMaestro), 10 spirito di crociata, la possibilita diconfrontarsi direttamente con il nemico dellafede e di arricchire con le gesta rnilitari la sto-ria della famiglia (oltre che di scalare fonda-mentali gradini nella gerarchia gerosolimitanae di acquisire I'amministrazione delle com-

    65 E' da ricordare che icavalieri dovevano effettuare almena 4 caraoane (ossia partecipare ad almeno 4 crociere navali delladurata di 6 mesi) per poter ottenere delle commende. Colui che era giunto a 50 anni di eta e non aveva fatto le caravaneprescritte diventava incapace a conseguire commende, benefici e cariche. Esempi di caraoane in E. Bradford, Lo scudo e lasp ad a. S to ria de i C ava lie ri di M alta , Milano 1975.66 Tra inumerosi lavori che F. Angiolini ha dedicato all'Ordine di Santo Stefano qui si ricorda ilvolume J c ao alie ri e il p rin -cipe. L 'o rdin e di Sa nto Stefano e la sodeta ioscan a in eta m oderna , Firenze 1996.67 Cfr. A. Prosperi, II "M iles christianus" n ella cultura italia na tra '400 e '500, in Critica storica, XXVI (1989), pp. 685-704.68 G. C. Bascape divide gli ordini cavallereschi in statali, dinastici, dinastico-statali, pontifici, magistrali (in G li o rd in i c av al-le re sc hi in I ta lia . S to ria e d ir itto , Milano 1972, pp. 11-12).69 Per quel che riguarda gli ordini militari spagnoli, Iecui vicende hanno una certa attinenza con l'Italia e la Sicilia inpat-ticolare, si vedano LP.Wright, G li O rdini m ilitari nella socieia spag nola del C inque e Seicento. U in ca rnazione istituzionale diuna i rad iz iones tor ica , in L e o rig in i d ell'E ur op a m od er na , a ciira di M.Rosa, Bari 1977, pp. 97-147, E. Postigo Castellanos, Honory p riv ile gio e n la co ro na d e C as tilla , Madrid 1988 e J . I.Ruiz Rodriguez, Grac ia , merc ed y a dm in is tr ac i6 n p atr im on ia l: la m on ar -quia y las O rden es m ilitares, in S ardegna , Spag na e stati italiani nell' eta di F ilippo II, a cura di B.Anatra e F. Manconi, Cagliari1999, pp. 559-572. Nel corso del regno di Filippo IV (1621-1665) icavalieri italiani dei tre ordini di Santiago,Calatrava eAlcantara furono 468, di cui 138 napoletani e 54 siciliani, su un totale di 5147. InPostigo Castellanos, Hon or y p rio ile gio .pp. 205-206.

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    mende che l'Ordine possedeva in Sicilia enell'Italia intera)?, spinsero dunque moltipadri a prefigurare il destino dei propri figli,spes so ancora in fasce?', all' ombra della crocead otto punte della Religione.

    A Malta si poteva dar prova delle pro-prie capacita belliche senza essere soggetti aivincoli ai quali legava ilservizio presso ilsovrano: sudditi del re, rna militi gerosolimita-ni, i giovanicrociati potevano illudersi diincarnare ancora la figura del cavaliere di ven-tura, pronto ana difesa della fede e dei deboli,inserito in una confraierniia di suoi pari (il checomportava forme importanti di socializzazio-ne fra nobili provenienti dalle piu disparateparti d'Europa), piu libero nei propri movi-menti, rna ciononostante con alle spalle gliapparati militari dell'Ordine.n senso dell' onore che connotava coloroche esibivano la nobilta del sangue trovava lapiu sublime esplicitazione nella militanza inun'istituzione che salvaguardava la funzionesociale e bellica di elite che, se erano pronteancora a versare il proprio sangue in difesadella religione cattoiica, non erano pienamen-te disposte a farsi ingabbiare entro un sistemapolitico e statale che prevedeva la incondizio-nata e unica lealta verso il sovrano e isuoi rap-presentanti. L'anarchia feudale ormai non pote-va piu indirizzarsi contro il re, rna sopravvive-va ancora come impegno personals al di fuoridegli schemi statali, comeopzione e ideale divita. Emergeva, in questo modo, il cavalierecristiano, disciplinato nei suoi comportamentie sorretto dai piu alti .ideali, che celebrava nelsuo percorso gerosolimitano le virtu di ungruppo ancora legato ana pratica delle armi eai valori che essa esprimeva, Da parte sua, scri-ve J . P. Labatut, l'Ordine "seppe preservare inobili dal coltivare un troppo esclusivo senti-mento nazionale e consentlloro di onorare lapropria vocazione europea"72.

    COSt, negli anni dello scontro frontale

    CAPITOLO I

    contro l'impero ottomano e nelleta degli eser-citi nazionalie dell'uso massiccio del cannonee delle armi da fuoco, la Sacra Religionemostro al mondo ilvalore di un pugno diuomini che combattevano in terra e in marefidando quasi esclusivamente sul propriocoraggio fisico,

    A questa punto conviene aprire unabreve parentesi per consentire a noi qualcheriflessione sulla funzione militare delle aristo-crazie nella prima eta moderna. Sie soventeaffermato che la r iv o lu zio n e m i li ta te del XVI eXVII secolo.Ja crescita nel numero degli effet-tivi degli eserciti che mettevano in campo isovrani, gli stessi processi di assolutizzazionedel potere monarchico avevano drasticamentelimitato la pratica delle armi nelle nobilta,Queste, portatrici di tecniche di combattimen-to ormai obsolete, avrebbero conosciuto unasmilitarizzazione che le avrebbe allontanatedalla vita castrense. ,

    In realta, quello appena delineato fu unprocesso che conobbe diverse fasi, fu ampia-mente diluito nel tempo e termino, nelle realtaeuropee piu avanzate, con una riconversionedeisaperi bellici delle nobilta che continuaro-no a costituire l' ossatura degli eserciti e a for-nire ad essi i quadri di comando.

    Per quel che concerne l'Italia, almenofino alla fine della guerra dei Trent' anni, ladimensione militare continuo a connotareampie fasce delle sue aristocrazie che combat-terono un po' dovunque in Europa al serviziodegli Asburgo 0dei propri sovrani naturali (sipensi alla nobiltasabauda) 0 entrarononell'Ordine di Malta.

    La smilitarizzazione, in effetti, ci fu, rnaavvenne piu tardi e fu legata al declino dellaSpagna Imperiale, alla crisi economica checolpl ilMediterraneo e al venir meno di quegliideali che avevano spinto molti giovani, anchenel recente passato, a indossare l'abito crociato

    70 Per fare solo un esempio, tra i 26 cavalieri che ressero ilbaliaggio di Santo Stefano (comprendente le citta pugliesi di.Fasano e Putignano) tra 1571 e fine '600, ben 10 furono siciliani. Biblioteca Nazionale Bari, Fondo d 'Addo s io , ms. II\155., 91 Ignazio Traiano Castellidi Palermo, poi priore di Barletta, nato i16 febbraio 1703 , fu ricevuto il23 giugno dello stessoanno; Giuseppe Milo di Trapani, nato il12 febbraio 1748fu ricevuto a meno di 8 mesi d' etaj.Giuseppe Lofaso .di Palermo,nato il16 agosto 1781 divenne cavaliere il20 febbraio 1782;e cosi via. Dal Ruo lo d e ll i c a va li er i, cit.72 J . P.Labatut, L e n ob iltil e uro pe e d al X V'a l X V III secoio, Bologna 1982, p. 177.

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    L'ORDINE Dr MALTA E LA SICILIA

    dei cavalieri gerosolimitaniz'.Helmut Koenigsberger adduce esempi

    di siciliani distintisi nell' esercizio delle armi, apartite da Guglielmo Albamonte e FrancescoSalomone che nel 1503 presero parte allaDisfida di Barletta, ricorda alcuni che si dis tin-sero nel grande assedio del 1565 e a Lepanto,ma afferma che nel complesso lila nobilta sici-liana aveva cessato di essere una classe milita-re"74

    A mio parere i fenomeni descritti daKoenigsberger andrebbero posticipati neltempo: I'aristocrazia isolana mantenne ancoraper molti decenni una proiezione militare che,certamente, non costituiva l'unica opzione diimpiego dei suoi componenti, rna che conti-nuava a far parte del suo universo mentale.Coloro che diventavano cavalieri gerosolimita-ni sapevano bene che avrebbero dovuto, ad uncerto momento delloro percorso di vita, scon-trarsi con turchi 0barbareschi e, ciononostante(0 forse proprio per questo), i genitori conti-nuavano a scegliere per i propri cadetti la mili-tanza giovannita.

    Sono note Ie vicende di AgostinoGrimaldi di Modica, di cui ho avuto modo ditrattarein altrasede e che recentemente sonostate riprese da Giuseppe Barone. La storia deiGrimaldi, famiglia di origine genovese stan-ziatasi negli anni quaranta del XVI secolo aSiracusa, puo essere letta secondo diverse otti-che, una delle quali e quella dei consueti pro-cessi di nobilitazione e di massimizzazionedella funzione dei figli, incaricati di acquisirefitoH dignita che dilatassero il patrimonlo d' 0-hore della famiglia e rendessero pili spediti epili accettati i processi di ascesa sociale. Quiricorderemo, pero, che Giovanni, padre delriostro Agostino, aveva sposato Girolama

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    Rosso Landolina, appartenente a famiglia cheaveva nel suo albero genealogico diversi cava-lieri gerosolimitani, e che scelse tra gli 11 figlicolui che avrebbe dovuto vestire l'abito gero-solimitano, II prescelto fu Agostino, che moricombattendo nel 1660 a Suda, nel corso dellaguerra di Candia,

    Ana morte di Agostino, continua Barone,scattava un complesso cerimoniale che dovevaperseguire il tripliceobiettivo di fare di quelcavaliere un martire della cristianita, di eleva-re il rango della casata Grimaldi e di accresce-re ilprestigio del patriziato di Modica=,

    Come si puo ben vedere, e Hanlon 10conferma con altri esempi, la lunga e sangui-nosa guerra combattuta da Venezia contro gliottomani per la difesa di Candia registro Iapresenza di esponenti dell' aristocrazia italiana(ed europea) sui campi di battaglia e costitui ilmomentoin cui ideali che sembravano unpoco appannati, anche ana luce della progres-siva laicizzazione della politica, si rivitalizza-rono e consentirono ai nobili una significativapresenza la dove si combatteva ancora per ladifesa della vera fede'",

    Non tutti coloro che accorrevano sotto lebandiere dell'Ordine erano mossi dai fortiideali che irnponeva una rischiosa attivita bel-lica contro gli infedeli; ne sempre quei genito-ri che affiliavano i propri figli cadetti sin dallapili tenera eta alla Sacra Religione immagina-vano per loro una vita all'insegna degli idealicristiani sia pur congiunti alla pratica dellearmi.

    L'ingresso nell'Ordine, dopo aver datoprova del possesso di incontrovertibili qualitanobiliari, costituiva per il pretendente e per lasua famiglia un ambito riconoscimento da

    73 G. Hanlon, T he tw ilig ht o f a m ilita ry tra ditio n. Ita lia n a ris to cra ts a nd e uro pe an c on flic ts (1 56 0~ 18 00 ), London 1998,p. 7.74 Koenigsberger, Ueser c iz io de ll 'impero . .. r p. 96.75 G. P. Dell'Epifania, l/idea d el C a va lie re G e ro ee lim iia no , m o str ato n ella v ita di Fra D. Agostino G rim aldo e R osso, da un padrec ar me liia no sc alzo d ella p ro vin cia d i S an t' A lb etto (!) i n S ic il ia , Messina 1662. Per la vicenda di Agostino si vedano ancheSpagnoletti, S ta to , a ris to cra zie e O rd in e d i M a lta ... , pp. 44-45 e Barone, Co st ru ir e i l b la so n e . .. r pp. 66-81, nonche il.saggio di A.Coco nel presente volume.76 Altro esempio di virtu rnilitare e quello di Ludovico Buglio di Mineo (1606-1682)che, dopo aver combattuto nelle filagerosolimitane, si fece gesuita e ando come missionario in Cina ove mori. Minutolo, Memo ri e ... , p. 50.77 Hanlon, T he tw ilig ht o f a m ilita ry tr ad itio n ... , pp. 149-164,specie p. 160. La babele di lingue, Iediverse abitudini e le soli-te dispute di precedenza tra le migliaia di uomini provenienti dalle pili svariate parti d'Europa accorsi a Candia rappre-sentarono ulteriori problemi per Venezia (ivi, p. 163).

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    spendere dappertutto, nella societalnelle corti,negli eserdti, nella propria citta.

    II dirottamento dei figli cadetti verso laSacra Religione di San Giovanni diventavaCOS! elemento essenziale delle strategie fami-liari dei gruppi nobiliari del tempo. Non c'erafamiglia in Italia che, avendo i requisiti richie-sti, non prevedesse per un proprio figlio lamilitanza tra i cavalieri gerosolimitani; moltospesso dell'Ordine facevano parte vere e pro-prie dinastie familiari che, di zio in nipote, sitrasmettevano I'ambita croce di Malta. Perquel che concerne la Sicilia, nel corso delSeicento, furono almeno 4 i Paterno di Cataniaad essere ricevuti nell'Ordine, 7 i Di Giovannidi Messina (degno di menzione e Giovanni,ammesso nel 1639, generale della squadranavale, prima priore di Barletta e poi diMessina), 6 i Minutolo e almena 5 i Moletidella stessa citta (tra il 1569e il 1582avevanovestito l'abito 6 di quella famiglia),e COS! via78.

    II cavaliere gerosolimitano diventavaCOS! figura consueta e onnipresente nel pano-rama sociale, culturale oltre che politico dellecorti e delle citta italiane nei secoli dell'etamoderna. Forniti di una inequivocabilenobiltaoltre che di competenze e di capacita che anda-vano ben oltre ilcampo tecnico e militare, igiovanniti erano apprezzati per le doti diplo-matiche e, soprattutto, per quel bagaglio disaperi tipico della civilta aristocraticadell'Europa cattolica che avevano accumulatenegli anni della loro residenza aMalta.Ad essivenivano affidate incombenze di prestigio ealtamente rappresentative che davano contonon solodell'importanza della famiglia di pro-venienza, ma soprattutto della qualita dellacitta e dell'autorita del proprio principe'". Laperizia nelle questioni di etichetta e di tratta-mento, come la grande esperienza maturata

    CAPITOLO I

    nelle arti militari costituivano stimolo notevo-le per coloro che volessero incamminarsi sullamedesima strada. L'autorevolezza dei cavalie-ri faceva S! che nell' ambito domestico ad essifossero affidati compiti di tutela dei cadetti;essi venivano interpellati come mediatoriquandoinsorgevano contese familiari, rappre-sentavano insomma l'ago della bilancia ditutta una serie di situazioni che essi erano ingrado di comporre proprio grazie al prestigiodi cui godevano.

    Conviene ritornare sulle qualita chedovevano possedere i pretendenti per esserericevuti nell'Ordine, in particolare su queUerelative alla nob ilia g en er as a. Non tutti, comegia accennato, erano in grado di esibire4 quar-ti di nobilta che risalissero almeno a 200 anniaddietro. A volte erano venute meno le testi-monianze, a volte mancavano alcuni anni alcompimento dei 2 secoli, a volte ostava lamancanza di nobilta di uno dei quarti; spessoqueste circostanzesi verificavano contempora-neamente rivelandosi impedimento pressocheinvalicabile al ricevimento degli aspiranticavalieri.

    E' il caso, ad esempio, di SalvatoreStagno di Messina che nel1732 aveva presen-tato delle prove dalle quali risultava la man-canza di nobilta di un quarto femminile (quel-10 Zuccari). II pretendente aveva gia ottenutouna dispensa che 10 esimeva dal giustificare lanobilta di quel ramo fino al1644, ma - avendotentato di estendere nel tempo quel che pre-scriveva il breve di dispensa - fu invitato adesibire nuovi documenti che confermassero ilpossesso di una nobilta "vera, sostanziale euniversale" in tutti i quarti della famiglia80

    C'era una strada, pero, che consentiva diovviare alIa mancanza di parte dei requisiti

    78 F .D'Avenia, L e co mm en de g ero so lim ita ne n ella S icilia m ode rn a: un m ode llo di g estio ne de ce ntra ia , in Annali di Storia moder-na e contemporanea, n. 6 (2000), pp. 453-504,pp. 474-476.Dello stesso autore si veda N ote sui p rivileg i di fo ro d ell'D rd in ed i M alta n ella S icilia m ode rn a, in I I diritto ecclesiastico, CXII (2001), pp. 1010-1030.E' da ricordare che I'Andrea Minutolopili volte citato apparteneva a famiglia che tra 1588e 1641 aveva fornito 4 cavalieri all'Ordine; egli, ricevuto nel1691, erastato ilquinto (da Minutolo, Memo rie ... , pp. 126-127).Per imessinesi efr.G. Calluppi, Nobil ia rio d ell a c it ta d i M e ss in a , Napoli1877.Sui Paterno cfr, M. C. Calabrese, I P ate rn o d i R ad du sa . P air im on io , lig na gg io , m air im on i ( se cc. X VI -X VI II ), Milano 2002.79 Molti senaiori di Messina erano cavalieri di Malta. Si ricorda qui solo Placido Ventimiglia, senatore nel 1651(Calluppi,Nob il ia r io . .. , p. 181).80AOM 2141, f. 2r.

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    L'OROINE or MALTA E LA SICILIA

    richiesti, ed era quella di farsi ricevere comecavalieri di grazia e fondare una commenda dijuspatronato. In questo modo si poteva atten-dere tranquillamente che maturassero le con-dizioni previste dagli statuti avendo, perc, giaposto un piede nell'Ordine 0 si poteva goderedei privilegi che esso conferiva senza sottosta-re agli obblighi che lamilitanza gerosolimitanacomportava.11 fenomeno e stato messo in luce daFranco Angiolini per quel che riguardal'Ordine di Santo Stefano che aveva modellatoi propri statuti su quello di Malta: grazie allafondazione di una cOITI.J:I':endai patronatofamiliare il cavaliere commendatore venivaaccolto nell'Ordine senza sottoporsi alle provepreviste e diventava "il capostipite di unagenealogia [...] quasi una sorta di testa diponte all'interno dell'istituzione nobiliare". Lecommende di patronato - continua Angiolini -"hanno rappresentato, tra XVI e XVIII secolo,il varco attraverso il quale Ia nobilta toscana haaggregato a se, accogliendoli nell'Ordine di S.Stefano, tutti coloro che per censo 0per cello-cazione politica e sociale potevano essere assi-milati al ceto dominante'vs.Anche se i contesti sono diversi (nell' or-dine stefaniano una delle molle ana fondazio-ne di commende era ildesiderio di ingraziarsiil granduca che di quell'istituzione era il granmaestro), non dissimili sono Ie dinamiche chesi registrano all'interno della Sacra Religione.11 fenomeno assunse una particolareintensita nella prima meta del XVII secolo: tra1633 e 1658 ne furono create in Italia 32; nelpriorato di Messina furono 16 quelle di patro-nato privato erette tra 1603 e 164482Fabrizio D'Avenia ha sottolineato la cro-nologia delle fondazioni e Ie motivazioni cheinducevano alcuni individui a tentare, attra-

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    verso questa strada, I'ingresso nell'Ordine: avolte - come gia rilevato - era la possibilita diessere esonerati dall' obbligo di presentare Ieprove (e il caso di Blandano d'Arizzo e diAntonio Albigiano), a volte il desiderio di esse-re adeguatamente ricompensati per i servigiprestati alla Religione (Stefano Schittino, fon-datore della commenda Schittinajs'.Strumento di Iegittimazione aristocrati-ca, rna anche testimonianza di processi dimobilita sociale che avevano bisogno di unriconoscimento alto qual era quello che potevaoffrire I'Ordine, le commende di patronatoconsentirono l'ingresso a soggetti che in altrecircostanze avrebbero avuto difficolta adindossare I'abito gerosolimitano, anche se nonsempre esse durarono nel tempo e non sempreal personaggio indicato dal fondatore succes-sero altri cavalieri provenienti dalla medesimafamiglia's. Spesso sono la testimonianza diascese bloccate 0incompiute.D'altra parte, non sempre ai fondatoripremeva giungere alla pienezza della nobilta:a volte era loro sufficiente conseguire undeterminato rango in un particolare momentao porre al riparo i propri beni dalla fiscalitastatale 0 da avverse congiuntureeconomiche,Dopo poche generazioni 0, addirittura, unasoltanto,Ie commende di.patronato entravanonella disponibilita del Priorato e dei fondatorinon restavano altre tracce se non quella deri-vante dalloro nome (commenda Borea, com-menda Malandrina, commenda Calli, com-menda Bonanna, ecc.).Non mancarono casi in cui I'esiguitadelle Ioro rendite e l'erosione dei beni di cuifurono vittime (non e escluso che gli stessi fon-datori ne fossero gli autori)inducesse Ie auto-rita dell'Ordine a sopprimerle e ad aggregadead altre (e quello che capite ana commenda

    81 Angiolini, L a n ob ilta " im pe rfe tta " ... , pp. 146-167, pp. 149-150.82 D' Avenia, L e c omm en de g er os olim ita ne ... , pp. 458 e 467. Notizie sulle commende di patronato del Priorato di Messina esulla loro sorte in D'Auria, L 'O rd in e d i M alta ... , p. 35 e sgg.83 Ibid., pp. 468-469.84 Avolte era 10stesso fondatore ad indicate il destino della commenda: Giovanni dal Pozzo di Messina chiese che la com-menda di patronato da lui eretta Fosse assegnata a duesuoi successori che sarebbero stati ricevuti in qualita di cavalieridi devozione. Successivamente, la commenda sarebbe passata al Tesoro. Dal Pozzo, H is to ria d ella S ac ra R elig io ne M ilita re ... ,vol. I, p. 798.

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    Bonanna, accorpata a quella di San GiovanniBattistae SanGiacomo di Caltagironejss,

    Lequalita che rendevano visibile il cava-liere gerosolimitano e ne facevano il protago-nista delle dinamiche familiari, cittadine,amministrative, economiche, religiose nelXVIII secolo contemplavano, ormai, semprepiu raramente quellemilitari.

    Era venuto meno, con il declinodell'Impero ottomano, I'impegno bellico deicavalieri nel mar Mediterraneo ed erano venu-temeno Ieragioni di uno spirito di crociatachenel secolo dei Iumi risultava anacronistico.L'inesorabilemondanizzazione cui era andatoincontro aveva progressivamente trasformatol'Ordine in un consesso di cavalieri ai qualinon si chiedeva piu di combattere l'infedele,ma di ostentare la propria nobilia generosa e difarsi portatori di una civilta come quella nobi-liare che aveva toni comuni nell'Europa catto-licadel tempo.

    Ancora numerosi furono i siciliani rice-vuti come cavalieri: essi tra 1719e 1789erano106, superati solo da quelli provenienti dalMezzogiomo continentale (202) e seguiti daisudditi della Stato pontificio (85)86, ma ormaila croce gerosolimitana serviva a coloro che laesibivano piu a denotareuno status e a qualifi-

    CAPITOLO I

    care la propria nobilta che a rispondere ad unaprecisa vocazione.

    Le pressioni aIle quali erano sottopostiuomini e beni della Religione da parte deirispettivi sovrani, miranti a ridimensionareI'autonomia e i privilegi di cui quelli godeva-no, furono particolarmente accentuate neiregni di Napoli e di Sicilia, tornati all'indipen-denza sotto Carlo di Borbone.Qui l'investitu-ra di tipo feudale dell'arcipelago maltese aigerosolimitani costitui il pretesto perche lamonarchia tentasse di ingerirsi negli affaridell'Ordine e di sottoporre i suoi beni aIlecon-suete forme di tassazione che richiedeva aibaroni regnicolis",La conquista napoleonica di Malta del1798e poi la pace di Amiens e, infine, il con-gresso di Vienna recisero definitivamente,nonostante alcuni velleitari tentativi di ripor-tare indietro Ielancette della storia, i legami tral'Ordine e la Siciliae posero fine ad un perio-do durato oltre 250 anni in cui vicendevol-mente l'Ordine aveva protetto la grande isolae, questa, con i cavalieri provenienti dalle suecitta, con il suo grano, i suoi porti e i suoi arse-nali aveva contribuito ache la SacraReligionedi San Giovanni svolgesse quel ruolo che itempi imponevano,

    85 A OM 2171 , D ig niti: e co mm en de d e S ette P rio ra ti d ella L in gu a d 'Iia lia .86 Spagnoletti, S ta to , a risto cra zie e O rd in e d i M alta ... , pp. 100-102.87 D'Auria, L 'O rd in e d i M a lta ... , specie pp. 33 e sgg.