La Battaglia di LEPANTO -...

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Gabriele Riondato La Battaglia di LEPANTO 7 ottobre 1571 La più grande battaglia navale di tutti i tempi Una grande vittoria Veneta Raixe Venete www.raixevenete.net

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Gabriele Riondato

La Battaglia diLEPANTO

7 ottobre 1571

La più grande battaglia navale di tutti i tempi

Una grande vittoria Veneta

Raixe Venetewww.raixevenete.net

Il 7 di Ottobre dell'anno 1571 avvenne il titanico scontro tra laflotta europea e quella turca, il cui esito fu determinante per i destinidella civiltà cristiana. Il conflitto nacque da una politica dei Turchisempre più aggressiva nei confronti di Venezia, che da sola dovette neisecoli fronteggiarne l'espansionismo. L'elezione nel 1566 a Papa diMichele Ghisleri, che prese il nome di PioV, fu il preambolo necessa-rio a cosituire una alleanza tra le potenze cristiane dell'epoca per met-tere in scacco l'avanzata mussulmana. PioV era risoluto a sfruttare larivilitazzione della Chiesa Cattolica avvenuta dopo il Concilio diTrento del 1563. Purtoppo i Cristiani protestanti del Nord Europa rima-sero sordi ai suoi appelli, né la Francia diede il suo appoggio (anzi,segretamente appoggiava i Turchi, per indebolire le posizioni dellerivali Venezia e Spagna). Il fattore scatenante che fece capire la neces-sità di costituire la Santa Lega, fu l'aggressione portata all'isola vene-ziana di Cipro nel 1570. Era allora Sultano Selim II, figlio di Solimanoil magnifico. Ecco la descrizione che ne dà l'ambasciatore veneziano aCostantinopoli (bailo) Andrea Badoer nel 1573: "D'aspetto è bruttissi-mo e di tutte le membra sproporzionato in modo tale che pare a giudi-zio universale più simile ad un mostro che ad un uomo, massimamen-te avendo tutta rovinata edarrostita la faccia sì dalsoverchio vino, come dellagran quantità d'acquavite cheusa di bere per digerire. E'rozzissimo nelli discorsi, malpratico negli affari e moltoalieno dalle fatiche, a talchèlascia tutto il peso di sì grangoverno sopra le spalle delpascià primo visir. E' avaro,sordido, lussurioso, inconti-nente ed infine precipitoso inogni sua azione. Ma quello diche più si diletta è il bere ed ilmangiare, il che usa fare per Selim II

dei giorni continui, poiché, per quanto vien detto, sta sua maestà talu-ne volte due o tre giorni a tavola continuamente; e da ciò nasce cheegli ama sommamente Michel giudeo, inventore di preziosi cibi e dibevande delicatissime, il quale viene così ad avere grande autorità".Il primo visir nominato dal patrizio veneziano Badoer si chiamavaMehemet, ed era amico dei Veneziani, di cui godeva la reciproca stima.L'ebreo Michel nominato nella relazione era invece il marrano (ebreorinnegato) Joseph Nasi, esponente di una ricca famiglia di commer-cianti Ebrei di origine spagnola, che si era stabilito a Costantinopolicambiando nome in Joan Miches, e aveva creato una rete commercia-le concorrente a quella veneta. Conquistate le simpatie del Sultano, edivenuto il massimo appaltatore delle imposte dell'Impero Ottomano,consigliò fortemente Selim II di impadronirsi dell'isola di Cipro, riccopossedimento della Veneta Repubblica, il quale era entrato pacifica-mente sotto la protezione di San Marco nel 1489. Nel 1569 Selim IItenne un consiglio di guerra, e vinte le opposizioni di Mehemet, invòil cubat (ambasciatore turco) a Venezia. Il testo che egli lesse al Senatoaveva questo tenore "Vi domandiamo Cipro che ci dovete per amore oper forza. E guardatevi dall'irritare la nostra terribile spada, perche'vi muoveremo guerra crudelissima in ogni parte; ne' confidate nellaricchezza del vostro tesoro, perche' faremo in modo che esso vi sfuggadi mano come torrente..."Il Senato per boca del Doge Piero Loredan respinse indignato l'ultima-tum con queste parole "lagiustizia ne darà la spadapar difender i nostri dirit-ti e Dio el so santo ajutoper resister co' la razon ala forza e con la forza a lavostra ingiusta violenza".Venezia chiese aiuto e siappellò a PioV, che si feceportavoce presso tutti ipotentati Cattolici: laFrancia, la Spagna, il

Il leone di San Marco, simbolo dellamillenaria Veneta Repubblica

Portogallo, presso l'imperatoreMassimiliano e le varie potenzeminori. Aderirono infine sola-mente la Spagna, con una flotta di49 galere al cui commando poseil Genovese Gianandrea Doria, ilPapa stesso con 14 galere coman-date da Marcantonio Colonna, ilDuca di Savoia con 3 galere, i Cavalieri di Malta e Venezia con il gros-so della forza complessiva, oltre 100 imbarcazioni (Venezia era all'e-poca ancora la prima potenza marittima d'Europa). Don Giovannid'Austria, fratello del Re di Spagna, era stato posto al comando dell'in-tera flotta. In totale essa era composta da 207 galere (navi lunghe circa50 metri), 30 navi a vela, e le 6 galeazze venete (erano grosse navi datrasporto riattrezzate ad uso militare letteralmente ricolme di artiglie-rie). Complessivamente vi erano 12.920 marinai, 42.500 rematori,28mila soldati e 1.815 cannoni. I rematori delle navi erano quasi tuttischiavi, tranne che nella flotta veneta, dove, accanto ad una parteingaggiata a pagamento, vi erano molti detenuti che scontavano la loropena con la condanna al remo. Nella flotta turca la massima parte deirematori era costituita da schiavi cristiani. Una volta stabilito l'accordosull'alleanza la flotta furadunata a Messina. Nelfrattempo l'assedio diCipro aveva il suo esitonefasto: con un'impiegomassicio delle proprieforze, i Turchi attaccarononel 1570 l'isola valorissi-mamente difesa dalla guar-nigione di Famagosta,comandata dall'eroicoveneziano MarcantonioBragadin. I suoi 6.000uomini resistettero per 11

bandiera della santa Lega

L’ammiraglio Veneto Sebastiano Venier

mesi sotto l'assedio di 200.000armati, muniti di 1.500 cannoni chespararono non meno di 170.000colpi sulla piazzaforte veneta, e checon 150 navi praticarono il bloccodei rifornimenti dalla madrepatriaveneta. Nell'Agosto del 1571 iTurchi, dopo aver perso oltre 60.000uomini ed increduli della resistenzanemica, offrirono generosi patti diresa ai superstiti di Famagosta: incambio della capitolazione offrivanosalva la vita a tutti, e garantivano lapossibilità di andarsene liberamente.Bragadin voleva rifiutare l'accordo,fedele agli ordini di Venezia di resi-stere, ma pressato dai superstiti cheerano in condizioni miserevoli, e acorto di ogni genere di viveri, medi-camenti e polvere da sparo, infineaccettò. Una volta entrati i Turchiuccisero o fecero schiavi i difensorie il Bragadin fu spellato vivo.Proprio la notizia della caduta diFamagosta fece da stimolo alla flot-ta cristiana di mettersi a caccia diquella ottomana, nonostante dopometà Settembre la stagione dellanavigazione fosse ormai al termine.Sotto l'insistenza di SebastianoVenier, l'ammiraglio veneto cheassisteva il giovane comandante incapo, il venticinquenne Don Giovanni d'Austria, la ricerca proseguìfino a che la flotta turca fu scovata nel golfo di Lepanto (Ovest dellaGrecia) il giorno 6 di Ottobre. La notte passò in preghiera per tutto l'e-

Estensione dei domini veneti

quipaggio, rematori com-presi. A questi venne pro-messa la libertà in caso divittoria, e furono perciòarmati per lo scontroimminente. Fu chiesta laprotezione dellaSantissima Vergine Mariasulle vite e sull'esito delloscontro. Il giorno dopo, ilmattino del 7 Ottobre del1571 la gigantesca forma-zione si schierò d'innanzial golfo, presso le isoleCurzolari (la battagliaviene chiamata nei docu-menti veneziani appuntobattaglia delle Curzolari).La flotta fu divisa in 3squadre: al centro la squadra papalecon l'ammiraglia di Don Giovannid'Austria, la Real, che garriva unenorme stendardo blu con la raffigu-razione del Cristo in Croce. Sullasinistra la squadra veneziana coman-data dall'abile ammiraglio AgostinoBarbarigo, che morirà nello scontro.Sulla destra la squadra spagnola gui-data dal Doria. Davanti allo schiera-mento cristiano furono collocate le 6galeazze veneziane, due davanti a cia-scuna squadra, sotto il comando diFrancesco Duodo. L'utilizzo di questenavi, mai visto prima, era avversatodagli Spagnoli, ma invece caparbia-

Il golfo di Lepanto

Il comandante della squadraveneta, Agostino Barbarigo

mente voluto daiVeneziani. ITurchi, già daqualche giornoallarmati, si pre-parono alloscontro. La flot-ta di cui dispo-nevano erau g u a l m e n t eimmensa, essen-do composta da 272 navi. Anch'essi si divisero in 3 squadre: al centrol'ammiraglio Ali Pascià, che perirà nella battaglia, con 94 galere. Sullasua nave, l'ammiraglia chiamata Sultana, sventolava uno stendardoverde, prelevato alla Mecca, che recava ricamato in oro per ventotto-mila volte il nome di Allah. Sulla sinistra, contapposta agli Spagnoli lasquadra di 63 galere comandate dal suo ammiraglio Occhiali (UludsAly), sulla sinistra, anteposta ai Veneziani, la squadra di 55 galere gui-data da Scirocco (Mohamet Saulack). In quel mattino, un lungo silen-zio carico di tensione regnava tra idue schieramenti. Il giovane DonGiovanni d'Austria, chiese consiglioall'anziano Sebastiano Venier "Che sicombatta?" "Necessita, e non si puòfar di manco" fu la secca risposta. Ilsilenzio venne rotto da una scarica asalve della Sultana a cui rispose untiro della Real. La battaglia aveva ini-zio. I Turchi presero l'iniziativa e silanciarono contro la linea cristiana.Appena a tiro, cominciò il fuocoinfernale delle 6 galeazze veneziane,l'arma segreta di Venezia, che munitedi cannoni lungo tutto il perimetroerano fortezze galleggianti che falci-

Galera veneziana

le flotte schierate, a sinistra laCristiana, a destra la Turca

diarono le fila del naviglio ottomano.Tanto era la potenza di fuoco che nessuna nave Turca riuscì ad avvici-narle. Le trombe cristiane ed i tamburi turchi producevano un suonoassordante, misto agli scoppi e ai fumi delle scariche, e alle urla deicombattenti. In pochi minuti le navi si toccarono e fu l'apice delloscontro. Il Turco Scirocco investì l'ala veneziana e, con un'abile mano-vra resagli possibile dalla conoscenza delle profondità del mare, che iVeneziani potevano solo stimare, riusciva a superare la linea nemicaaggirandola sulla costa, e ad assaltare la nave di Agostino Barbarigocon 8 diverse galere. Il Barbarigo nel pieno della mischia, mentre perfarsi udire dai suoi uomini, si scopriva il volto dallo scudo, veniva tra-fitto all'occhio da una freccia, ma non volle scendere in coperta e, fato-si legare all'albero maestro, continuò a dirigere lo scontro con il sangue

Stendardo della RealDon Giovanni d’Austria

che usciva a fiotti. Sei galere veneziane, dopo due ore dall'inizio delloscontro erano colate a picco, mentre numerose di quelle Turche imbar-cavano acqua. Lo scontro era estremo, con ferocia da ambo le parti, ead un certo punto pareva favorevole alle forze comandate dal Scirocco,che poteva contare su unmaggior numero di armati.Ma i rematori delle naviottomane, schiavi cristiani,liberatisi dai ceppi, assali-rono i Turchi alle spalle. Icombattenti veneti com-batterono con valore, lostesso Scirocco cadde vit-tima dopo uno scontrocorpo a corpo e iVeneziani, innalzando lasua testa su un'asta, feceroscemare il morale deiTurchi, che vennero sop-

dipinti dell’epoca cheritraggono lo scontro

praffati dopo quattro ore dicarneficine. Intanto nellaparte centrale dello schiera-mento, costituita dalle galerepontifice, e rinforzata connumerose galere venete e deiCavalieri di Malta, avevaluogo uno scontro altrettantoterribile. Superata la linea difuoco delle due galeazze, lenavi turche si abbatteronosui legni cristiani. La Sultanamirò e andò a cozzare conviolenza l'ammiraglia avver-saria, la Real, agganciandolae catalizzando l'arrivo inquel punto di altre navi, tur-che e cristiane, in soccorsodelle rispettive ammiraglie.Il combattimento tra i ponti,il sartiame, i cadaveri sem-pre più numerosi fu cruentis-simo e le cronache dicono che in quel punto il mare divenne color ver-miglio. Sebastiano Venier, seppur settantacinquenne, ma di corporatu-ra alta e vigorosa, per dare l'esempio, si gettava dove la calca era mag-giore. Portava la corrazza, ma ai piedi, per sua scelta calzava pantofo-le, e venne lì ferito da una freccia, che non lo fece desistere dal conti-nuare a fendere colpi di spada. Dopo due ore di mattanza, un colpo diarchibugio, pare di un soldato sardo imbarcato in una nave veneziana,colpiva mortalmente Ali Pascià, a cui fu prontamente tagliata la testa,che venne issata su una picca ad incutere scoramento tra i combattentimussulmani. Veniva ammainata la bandiera verde della Sultana, e alsuo posto issata quella del Regno Pontifico. I combattimenti scemava-no con i Turchi ormai soverchiati.Nell'ala destra, invece, il Doria si sottraeva allo scontro, permettendo a

particolare di un dipinto

quaranta galere turchecomandata da Occhiali diguadagnare il mare aperto efuggire. Se queste fosseroriuscite ad attaccare allaspalle lo schieramento cen-trale, sarebbe stato il disa-stro. Il Doria vedeva così lagran parte delle navi al suocomando integre, e fu accu-sato di tradimento e divigliaccheria dagli altrialleati. La battaglia comun-que era finita, ma lo scenarioera apocalittico, migliaia dicadaveri galleggianti, mori-bondi che si lamentavano,navi che bruciavano cometorce, resti galleggiantiovunque. Il Barbarigo, cheaveva resistito agonizzante,quando gli fu comunicata la notizia della vittoria esalò finalmente l'ul-timo respiro. Alla sera si tenne il consiglio di guerra nella nave ammi-raglia del Doria, che era immacolata, e di cui ironicamente DonGiovanni d'Austria, elogiò lo sfarzo degli adobbi tutti perfettamente inordine dopo una battaglia tanto feroce. Dopo quattro ore di battaglia, laLega cristiana aveva perso più di 7.000 uomini, tra questi 4.800 eranoVeneziani, 2.000spagnoli, 800 ponti-fici; i feriti eranocirca 20.000; iTurchi, letteralmen-te distrutti, contava-no più di 25.000 per-dite e 3.000 prigio-

La Real, museomarittimo di Barcellona

cannone veneziano

nieri; 80 galere turche furono distrutte, 117 catturate. Le galere persedala Santa Lega furono dodici. Oltre allo stratagemma delle galeazze,determinante per la vittoria fu la tecnica costruttiva delle navi venezia-ne, più robuste, munite di panelli in legno per proteggere i soldatiprima dell'arrembaggio, e con un'artiglieria ben più raffinata e precisa. Alcuni giorni dopo, il 17 di Ottobre, la galera di Onfrè Giustinian, tra-scinando le bandiere della flotta nemica e sparando a salve con tuttal'artiglieria, entrava nel porto di Venezia, dove una folla grande siassiepava silenziosa in attesa di notizie: portava la notizia della grandevittoria in Europa. Le scene di gioia furono indescrivibili. Il 22 la noti-zia arrivava a PioV a Roma, che aspettava con grande ansia l'esito delloscontro. Ci furono in tutto il mondo cattolico grandi festeggiamenti eringraziamenti, con la realizzazione di molte opere commemorative.PioV, sull'onda della vittoria, inviava nuove ambasciate ai Sovrani

La testa di Alì Pascià, viene mostrata ai combattenti

d'Europa, nonché appelli alloScià di Persia, al Re d'Etiopia,ed allo Sceriffo di Matahat,signore dell'Arabia . Speravadi convincere anche questirivali dell'Impero Turco, adassestargli il colpo di grazia eliberare la Terra Santa. Il Papaperò morì il 1° Maggio del-l'anno seguente, e, mentreVenezia costruiva nuovo navi-glio e risistemava quello dan-neggiato, la Spagna, preoccu-pata che i Veneziani avesserotroppo vantaggio dagli eventi,e appesantita da gravi proble-mi finanziari, si mise a tempo-reggiare su nuove azioni militari contro l'Impero Ottomano. Questi giàad Agosto aveva varato una nuova possente flotta, e quella della Legala cercò senza convincimento, tanto da far passare il periodo buono perla navigazione invano. Ciò irrittò particolarmente la VenetaRepubblica. La Spagna voleva che le azioni della Lega fossero rivoltesul Maghreb, al fine di allargare i suoi possedimenti, Venezia preferivaandare a colpire il Turco nei suoi domìni storici. Dopo queste continuedivergenze, il 7 marzo 1573, Venezia firmò una pace separata con ilTurco, facendo infuriare il nuovo Papa Gregorio XIII, e mettendo finealla Santa Lega. Nel 1575 la Spagna dichiarò bancarotta. La sconfittaTurca di Lepanto fruttò oltre 70 anni di pace nel mediterraneo. Tuttorasi festeggia il 7 di Ottobre la Madonna del Rosario, a ricordo della vit-toria cristiana. I monumenti funebri del Bragadin e del Venier (chedivenne Doge) sono visibili presso la Chiesa dei SS. Giovanni e Paoloa Venezia. Il loro sacrificio e quello degli altri eroi che combatteronoal largo di Lepanto, vengono tuttora ricordati in cerimonie solenninella loro Patria Veneta.

ufficiale veneziano

1573, Sebastiano Venier rientra a Veneziaaccolto da grandi onori