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Occorrono perciò uomini che non tradi- scano gli impegni e non arretrino di un solo passo sulla strada dell’indipendenza della rappresentanza politica della classe lavoratrice Mi capita a volte di pensare a un pa- radosso universale, in quanto colpi- sce direttamente l’intera compagine umana. Mi riferisco ad un’assurda e insanabile contraddizione tra il cre- scente progresso tecnologico e scientifico avvenuto soprattutto negli ultimi decenni, che permetterebbe all’intero genere umano di vivere in condizioni decisamente migliori, e la realtà concreta che denota un sensi- bile peggioramento dello stato in cui versa gran parte dell’umanità, in par- ticolare i produttori, cioè le classi lavoratrici salariate. Questa assurda incongruenza opprime anche i lavo- ratori che vivono nel mondo occiden- tale. gli uomini e le donne del mondo o- dierno potrebbero dedicarsi alle pia- cevoli attività del corpo e dello spiri- to, affrancandosi finalmente dal tem- po di lavoro assegnato alle macchine e condotto grazie ai processi di auto- mazione ed informatizzazione della produzione dei beni di consumo. CASA ROSSA, LA CASA COMUNE DI TUTTI I RIVOLUZIONARI CASA ROSSA (la casa comune di tutti coloro che si battono per l’uguaglianza eco- nomica, sociale, e la libertà, qualsiasi sia la storia dalla quale provengono, marxi- sti-leninisti, Trotzkisti, Movimentisti, Anarchici). Il giudizio su ciò che è accaduto nel XX° secolo, ancora ci divide su molti aspetti ( su altri abbiamo raggiunto una analisi comune ), ma non possiamo permettere che divida le forze dei rivoluzionari e disperda la nostra capacità di lottare contro il capitalismo oggi. Comune è il giudizio sulle degenerazioni autoritarie e burocrati- che, nei tentativi di costruire il socialismo nel XX° secolo. Lo stato che per Marx andava estinto divenne sempre più grande e si cementò in un apparato burocrati- co che formava una casta privilegiata separata dal popolo. Lo Stato dopo la presa del potere va smontato, non va ingrandito, ciò per noi è chiaro. A smontarlo devo- no essere le strutture di base di tutti i lavoratori sfruttati, emarginati, poveri, nelle quali si deve raccogliere il potere dei rivoluzionari che cambia lo stato capitalista in comunista, ovvero fatto di uomini uguali e liberi. E fin qui siamo tutti d’accordo. Molti di noi pensano poi che si prende il potere e poi si hanno gli strumenti per smontare lo stato capitalista. Altri pensano che lo stato capitalista si smonta, svuotandolo dei suoi poteri un pezzo alla volta. Noi stiamo discutendo delle tre grandi questioni che hanno davanti i comunisti e tutti gli anticapitalisti, un bilancio sul socialismo nel XX secolo, quale forma deve avere l’ organizzazione politica che lotta per il socialismo nel XXI secolo, l’analisi della fase attuale. E mentre ancora discutiamo sulle prime due questioni, dove come detto ci sono importanti conver- genze per una soluzione teorica contro il rischio della degenerazione burocratica, dobbiamo dare ora e subito indicazioni sull’attuale fase e sul che fare. La crisi aggrava le condizioni di vita dei lavoratori, aumenta la povertà e finora ha indebo- lito la nostra capacità politica e di lotta. La propaganda non basta. Occorre dare risposte. Per dare risposte occorre la forza politica e la capacità (reale) di ottenere con la lotta risultati. Alcuni comportamenti politici da tenere ce l’insegna l’esperienza e sono questi: Indipendenza politica dei rivoluzionari, Alleanze solo se ci sono rapporti di forza favorevoli che fanno avanzare il proletariato. Fronte unitario di lotta di tutte le for- ze rivoluzionarie, contro il settarismo politico, contro l’opportunismo riformista. Facciamo un passo avanti nella giusta direzione.

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ilgiornale di settembre di casarossa

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Occorrono perciò uomini che non tradi-scano gli impegni e non arretrino di un

solo passo sulla strada dell’indipendenza della rappresentanza

politica della classe lavoratrice

Mi capita a volte di pensare a un pa-radosso universale, in quanto colpi-sce direttamente l’intera compagine umana. Mi riferisco ad un’assurda e insanabile contraddizione tra il cre-scente progresso tecnologico e scientifico avvenuto soprattutto negli ultimi decenni, che permetterebbe all’intero genere umano di vivere in condizioni decisamente migliori, e la realtà concreta che denota un sensi-bile peggioramento dello stato in cui versa gran parte dell’umanità, in par-ticolare i produttori, cioè le classi lavoratrici salariate. Questa assurda incongruenza opprime anche i lavo-ratori che vivono nel mondo occiden-tale. gli uomini e le donne del mondo o-dierno potrebbero dedicarsi alle pia-cevoli attività del corpo e dello spiri-to, affrancandosi finalmente dal tem-po di lavoro assegnato alle macchine e condotto grazie ai processi di auto-mazione ed informatizzazione della produzione dei beni di consumo.

CASA ROSSA, LA CASA COMUNE DI TUTTI I RIVOLUZIONARI

CASA ROSSA (la casa comune di tutti coloro che si battono per l’uguaglianza eco-nomica, sociale, e la libertà, qualsiasi sia la storia dalla quale provengono, marxi-sti-leninisti, Trotzkisti, Movimentisti, Anarchici).

Il giudizio su ciò che è accaduto nel XX° secolo, ancora ci divide su molti aspetti ( su altri abbiamo raggiunto una analisi comune ), ma non possiamo permettere che divida le forze dei rivoluzionari e disperda la nostra capacità di lottare contro il capitalismo oggi. Comune è il giudizio sulle degenerazioni autoritarie e burocrati-che, nei tentativi di costruire il socialismo nel XX° secolo. Lo stato che per Marx andava estinto divenne sempre più grande e si cementò in un apparato burocrati-co che formava una casta privilegiata separata dal popolo. Lo Stato dopo la presa del potere va smontato, non va ingrandito, ciò per noi è chiaro. A smontarlo devo-no essere le strutture di base di tutti i lavoratori sfruttati, emarginati, poveri, nelle quali si deve raccogliere il potere dei rivoluzionari che cambia lo stato capitalista in comunista, ovvero fatto di uomini uguali e liberi.

E fin qui siamo tutti d’accordo.

Molti di noi pensano poi che si prende il potere e poi si hanno gli strumenti per smontare lo stato capitalista. Altri pensano che lo stato capitalista si smonta, svuotandolo dei suoi poteri un pezzo alla volta. Noi stiamo discutendo delle tre grandi questioni che hanno davanti i comunisti e tutti gli anticapitalisti, un bilancio sul socialismo nel XX secolo, quale forma deve avere l’ organizzazione politica che lotta per il socialismo nel XXI secolo, l’analisi della fase attuale. E mentre ancora discutiamo sulle prime due questioni, dove come detto ci sono importanti conver-genze per una soluzione teorica contro il rischio della degenerazione burocratica, dobbiamo dare ora e subito indicazioni sull’attuale fase e sul che fare. La crisi aggrava le condizioni di vita dei lavoratori, aumenta la povertà e finora ha indebo-lito la nostra capacità politica e di lotta. La propaganda non basta. Occorre dare risposte. Per dare risposte occorre la forza politica e la capacità (reale) di ottenere con la lotta risultati.

Alcuni comportamenti politici da tenere ce l’insegna l’esperienza e sono questi: Indipendenza politica dei rivoluzionari, Alleanze solo se ci sono rapporti di forza favorevoli che fanno avanzare il proletariato. Fronte unitario di lotta di tutte le for-ze rivoluzionarie, contro il settarismo politico, contro l’opportunismo riformista.

Facciamo un passo avanti nella giusta direzione.

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“Il Comunismo

che vogliamo è il Movimento che

elimina le

differenze di Classe”

Questo Paese avrebbe un dannato bisogno di sentirsi fare un discorso sul suo futuro; su una visione del domani anche difficile, anche rischiosa, ma in cui l'eguaglianza delle possibilità e la fraternità dello sforzo collettivo tornino a tradursi in proposte e programmi. Serve che le idee di progresso delle opposizioni sia-no declinate da subito. Che il confronto si apra di nuovo, che si torni a parlarsi e non a fare "gossip" sui no-mi e le squadre. Che si dica prima per cosa si concorre alla fine di un percorso, e non "chi" concorre a cosa

APPUNTI

"Ogni ideologia nasce dalla presa di co-scienza dei problemi esistenti nel periodo storico in cui essa nasce. In questo caso, il comunismo inteso come ideologia in grado di ribaltare il secolare rapporto di subalter-nità dell'operaio rispetto al padrone, del contadino rispetto al proprietario terriero, nasce in Russia con la rivoluzione d'ottobre del 1917: da allora nulla sarebbe più stato come prima. Penso che ogni ideologia debba essere condivisa da un grande gruppo di persone, perché altrimenti tale ideologia non avreb-be risonanza nel mondo, ma rimarrebbe rinchiusa nelle menti di ciascuno di noi. Per questo motivo, ogni gruppo di persone che crede in una determinata ideologia deve condividere con gli altri dei PUNTI FONDA-MENTALI. Adesso vi chiedo: per quale motivo siete comunisti? Per quale motivo avete scelto la strada del comunismo? In tal modo, desidero vedere se il nostro sia un gruppo compatto, o se per caso i fraintendimenti e i personalismi non corro-dano già fin da adesso questo magnifico gruppo (che siamo noi)."

ma cosa vogliono i comunisti?

abbiamo bisogno di capire che cosa vogliono i comunisti, non quelli or-mai acquartierati in partitini e organizzazioni che abbiamo capito hanno intrapreso la strada del dare supporto al capitalismo pur facendosi chia-mare comunisti, ma stiamo parlando di tutti gli altri, quelli che non ci credono piu, quelli che vorrebbero tornare alla politica attiva sul territo-rio e non trovano lo spazio necessario o quello che vorrebbero che fosse il loro spazio. abbiamo bisogno di capire, ognuno che crede di ricono-scersi in questa nostra richiesta ci contatti e ci indichi quali sono le prio-rità, il programma minimo, le rivendicazioni.

Compagni il Comunismo, quello con la C maiuscola e' arrivato agli ultimi aliti, proviamo a vedere se anche alle prossime elezioni non andiamo a votare, come molti di noi fanno ormai da troppo tempo, oppure se c'e' lo spazio per trovare una formazione politica, da costruire sia chiaro per-che quelle che sono in giro oggi di comunismo ne sanno ben poco, che ci rappresenti e che sia sensibile alle nostre richieste

Perché se il comunismo è quella dottrina politica con pre-messe filosofiche e previsioni economiche ben determinate e con prassi rivoluzionaria che va dalla dialettica o lotta delle classi alla loro cancellazione attraverso una più o me-no lunga dittatura del proletariato: se il comunismo è que-sto o quel partito operante in questo o quel paese, oggi è soprattutto uno « stato d’animo » di rivolta contro il male sociale di qualsiasi nome, un interiore tempo d’avvento, l’attesa di una novità che, senza farci dimenticare le soffe-renze patite, renda impossibile il loro ripetersi. Pochi, credo, anche fra gli intellettuali che simpatizzano con il comunismo e tra gli stessi militanti, conoscono bene la struttura dottrinale e il meccanismo politico del comuni-smo. Parecchi non hanno neppure voglia di conoscerlo; mentre sono disposti a lasciarsi condurre, almeno inizial-mente, da un movimento, che dà voce e concretezza alla loro coscienza umana, cui vogliono essere fedeli per non tradire un impegno reso sacro dai patimenti e dalla morte di milioni di uomini.

Perché se il comunismo

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1) La crisi capitalista aggrava le difficoltà della classi popolari, sem-pre più sprofondate nella povertà. Non bastano slogan tipo “la crisi la paghino i padroni”, per fargliela pagare, occorre altro. 2) E’ necessario trovare le condizio-ni (la forza) politiche ed economiche, per dare le risposte ai bisogni; ri-spondere ai bisogni concreti è il solo modo di costruire rapporti veri con le masse e andare oltre il recinto picco-lo borghese dove stagniamo ( tutta la sinistra comunista)da anni. 3) Lavorare alla possibilità di costrui-re comitati dal basso sulle principali questioni del lavoro e sociali. Lavoro, Diritti dei lavoratori, Antifascismo e Antirazzismo, No alla Guerra, Spazi sociali, ecc….

Noi siamo convinti che, senza partito, i comunisti non po-tranno esercitare alcun ruolo degno di questo nome. Del resto, ai marxisti non può sfuggire che per esercitare un ruolo materiale (e quindi an-che intellettuale) si deve esse-re soggetto materiale e non solo soggetto intellettuale. E il partito è, come avrebbe detto Gramsci, quell’organismo - al tempo stesso “intellettuale e organizzatore collettivo” - senza il quale non è pensabile né una resistenza efficace, né tanto meno, lo sviluppo di un processo rivoluzionario

L'Ultima Scissione

di Alessandra Daniele

Dopo le fucilazioni di fine stagione, i comunisti rimasti nel paese erano solo in tre. Provenivano tutti dallo stesso piccolo partito, I Comunisti Veri, nato da una scissione interna a I Comunisti Più Comunisti di Tutti. Poco tempo dopo, però, fra due di loro era scoppiata una disputa sul nome del partito: il primo aveva proposto di renderlo più esplicitamente conflittuale, cambiandolo in I Comunisti Veri Siamo Noi, Quelli Lì Fan Cagare.

Il secondo s'era opposto, denunciando un inflessione ambiguamente nordista nella seconda parte del nome. Il primo l'aveva difesa, rivendicandola come tentativo di recuperare radicamento nel territorio. Il secondo l'aveva accusato di criptoleghismo. La disputa conseguente aveva portato a un'altra scissione, fra I Comunisti Veri, e il neo partito I Comunisti Veri Siamo Noi, Quelli Lì Fan Cagare, che contava due appartenenti fra i tre superstiti. La sera del 24 Aprile Due, data che da qualche anno, per decreto, aveva so-stituito il 25 Aprile, gli ultimi tre comunisti rimasti s'erano dati appuntamento nel garage del primo. Scopo della riunione segreta era tentare una federazio-ne fra i due partiti.

La discussione si accese subito sul primo dei punti all'ordine del giorno: il nome da dare all'eventuale federazione, e presto sfociò in un conflitto fra i due membri de I Comunisti Veri Siamo Noi, Quelli Lì Fan Cagare. Uno fece notare che anche il nome del loro partito sarebbe stato da cambiare, perché la frase Quelli Lì Fan Cagare, esprimendo contrapposizione verso un partito composto da una sola persona, non aveva più senso. L'altro lo accusò di volere tradire l'impegno antagonista del loro partito. Ne derivò un violento litigio, che causò una nuova scissione. Quello che aveva proposto il cambiamento di nome, fondò un suo nuovo partito, I Comunisti Di Cui Si Sentiva Il Bisogno, e lasciò il garage in segno di protesta. Disturbati dal trambusto, i vicini della raffineria di crack all'angolo chiamaro-no la Polizia, che li ringraziò, accreditandogli dieci punti Fedeltà allo Stato, e circondò il garage. I due comunisti rimasti si prepararono a resistere all'arre-sto. Il primo di loro aveva una pistola d'epoca, acquistata insieme agli alti due prima delle scissioni. Il secondo aveva le pallottole. Il percussore però ce l'aveva il terzo. I due comunisti rimasti furono arrestati, e pestati a sangue secondo la proce-dura prevista dal Codice. La loro fucilazione, ritenuta poco interessante dagli sponsor, non fu trasmes-sa nella fascia preserale come le altre, ma alle due di notte, dopo la replica di Heroes. Quella notte, l'ultimo comunista superstite organizzò da solo un sit-in di pro-testa in piazza. Verso l'alba si addormentò. Fu bruciato vivo per accattonag-gio dalla Polizia. La portinaia del palazzo dove abitava spedì una lavorante senegalese a sgomberare il piccolo appartamento. Tra le poche cianfrusaglie appartenute all'ultimo comunista, la ragazza trovo il percussore. E se lo conservò.

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Abbattere la barbarie dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla natura

Un altro stimolo ci viene dalle enormi contraddizioni, che vedono tutti, che sono alla portata di tutti, che si verificano all’interno del capitalismo. Io sono convinto che il comunismo è l’unico approdo ragionevole della società.

Non è un sogno, come tanti dicono, non è un’utopia, non è una nostalgia; ma è un bisogno, è una necessità del tempo presente. Non è una nostalgia, assolutamente no. È la necessità di abbattere le barbarie insite nel capitali-smo, nel suo modo di produzione, questo modo così selvaggio di intendere il mercato, la produzione, lo sfruttamento; nella sua idea di società. È la necessità proprio di liberare l’uomo, eliminando lo sfruttamento proprio dell’uomo sull’uomo. Non solo, ma anche dell’uomo sulla natura.

IL NOSTRO RAGIONAMENTO POLITICO

1) Leggi Generali che governano lo scontro politico – (Agire politico sulla base dell’ analisi concreta della realtà concreta/Forza)

2)Obiettivi Politici Generali (Teoria politica) Il potere politico per il Comunismo.

A)Forma e caratteri dell’organizzazione politica rivoluzionaria (Bilancio delle esperienze del ‘900)

Autonomia dal basso, delega revocabile, federalismo politico, rotazione negli incarichi.

B)Strumenti (Analisi della Fase)

Analisi della fase e dell’attuale composizione sociale delle classi, Indipendenza e Iniziativa Politica del soggetto politico rivoluzio-nario, Sindacato di classe conflittuale che sappia costruire l’opposizione economica al capitale in una logica di difesa degli inte-ressi generali del proletariato. Presenza nelle lotte sociali e operaie, comunicazione multimediale e internità alle realtà sociali

(casa,spesa,quartiere).

C)Obiettivi immediati - Risposte concrete ai bisogni proletari (Analisi della fase)

Sconfiggere la linea sovversiva del capitalismo, la linea Marchionne. Cacciare il governo Berlusconi. Lavoro, Diritti dei Lavoratori e diritti sociali, Aumento di salari e pensioni. Colpire evasori, rendite e profitti.

D)Obiettivi di fase – (Analisi della fase) Ricostruzione dell’Organizzazione politica del proletariato - Sindacato di classe - Ricom-posizione del fronte sociale proletario

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BILANCIO DEL SOCIALISMO NEL XX° SECOLO, ANALISI DELLA FASE, CARATTERI DELL’ORGANIZZAZIONE PROLETARIA PER LA RIVOLUZIONE SOCIALE NEL XXI° SECOLO.

L’ Associazione Politico Cculturale Casa Rossa è una organizzazione politica antiautoritaria. Si collo-ca cioè in una precisa lettura delle rivoluzioni nel novecento. Le Rivoluzioni sono state tradite non per un DNA organizzativo sbagliato nella fase del presa del Potere Politico, ma quando il Partito si è fatto Stato Autoritario invece di smontare lo Stato.

Nel presente storico economico/politico/sociale, in alcune realtà sviluppate del comando capitalistico è possibile sviluppare forme organizzative meno rischiosa, evitando l’inversione dei fini, il partito che doveva realizzare il potere proletario, realizza il potere dei suoi gruppi dirigenti. Autonomia da basso, delega revocabile, federalismo, sono alcuni strumenti che possono consentire di rinunciare al Centra-lismo “Democratico”. Solo l’esperienza può dire se funzionano, ovvero se non garantiscono solo la sopravvivenza testimoniale o “comunitaria” ma sono utili dal punto di vista dell’organizzazione di un soggetto capace di fare la rivoluzione. Vanno in ogni caso sperimentate a partire dal lavoro politico di gruppo nelle realtà concrete di territorio e di lavoro. La concezione del nucleo di ferro che costruisce intorno a se e ai libri sacri del marxismo l’organizzazione politica è sbagliata.

Nell’analisi delle forme dell’organizzazione politica è necessaria una riflessione sulla questione fon-damentale di ogni trasformazione rivoluzionaria, la forza . L’organizzazione politica deve essere capa-ce di costruire rapporti di forza vincenti contro gli sfruttatori’, non basta cioè che l’organizzazione poli-tica sia democratica, occorre soprattutto che abbia i caratteri necessari alla vittoria. Non è solo una questione di organizzazione ma anche di strumenti. Il comando capitalista oggi si difende e si raffor-za , non solo con il potere politico, economico e militare, ma anche con quello mediatico che educa ai “valori” dell’uomo “nuovo” capitalista ( denaro, successo, individualismo, competizione, ecc….). La Rivoluzione russa si fece con gli operai e i soldati, quella cinese con i contadini e l’esercito rosso; nel XXI secolo, nei paesi “post industriali”, senza dimenticare l’importanza degli strumenti di sempre, sarà necessario possedere una macchina di comunicazione all’altezza della situazione, capace cioè di de-terminare confluenza e diffusione della cultura e dell’organizzazione comunista e anticapitalista.

L’organizzazione politica deve essere capace di costruire rap-porti di forza vincenti contro gli

sfruttatori’

Innovazione organizzativa, innovazione degli strumenti e dei per-corsi ( ma non degli obiettivi), sulla base dell’analisi concreta della realtà concreta ( sull’analisi ci fermiamo per ora alle considerazio-ni fatte sopra). L’innovazione c’è stata sempre, ad esempio: Lenin ( la rivoluzione degli operai e dei soldati in un paese arretrato) ri-spetto alle teorie di Marx sul processo rivoluzionario nei paesi in-dustrializzati, Mao ( la rivoluzione dei contadini ) rispetto all’esperienza di Lenin in Russia, ecc…..

Innovare senza cambiare di segno, costruendo con i materiali so-ciali del presente una società senza classi, senza sfruttati e senza sfruttatori, è ciò che dobbiamo fare.

Ma al di là dei compiti generali da assolvere , che stanno nel dive-nire e si muovono lungo una prospettiva politica, c’è l’iniziativa po-litica del presente e le forme organizzative concretamente esisten-ti.

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“Il Comunismo che vogliamo è il Movimento che elimina le differenze di Classe”

Qualcuno dice che non ci facciamo capire, che parliamo un linguaggio vecchio. E’ una stupi-daggine, non esiste una questione lessicale.

Esiste la necessità di corretto bilancio storico del tentativo di costruire il socialismo nel XX° secolo.

La comunicazione/propaganda è parte fondamentale dell’iniziativa/azione politica. Oltre ad essere credibili con concrete risposte ai bisogni, è necessario essere capiti. Il soggetto politico deve saper parlare al soggetto sociale che vuole rappresentare e per il quale lotta.

a)Pubblico, socialismo, screditate da chi le ha usate? è una questione.

b)Pubblico socialismo, parole d’ordine anticomuniste ? è un’altra questione.

Dico subito che non condivido né l’una nè l’altra.

Partiamo dal punto A. Molti compagni in crisi, ritengono che gli errori e le malefatte del XX se-colo, in nome del socialismo, ma anche del comunismo, la falce e martello, e su un altro piano, lo stato, il pubblico, sono ormai inutilizzabili perché percepiti a livello di massa come “male”.

Ma è così ? I nostri simboli, le nostre parole d’ordine sono da buttare perché sono un ostacolo a farci capire ?

Pur sapendo che le parole subiscono il mutamento che la storia impone loro (chi si azzardereb-be ad utilizzare oggi la parola fascio, quale sinonimo, come si faceva alla fine dell’ottocento, di unione, lega, ecc…. la parola – significante - fascio è ormai indissolubilmente legata all’esperienza storica dei regimi fascisti – significato -), bisogna capire alcune cose, 2 in parti-colare.

La prima è che se è vero che in un segno (parola) il rapporto tra significante e significato muta con i fatti storici è anche vero che le parole hanno un significato concettuale alla nascita, so-stanziato sempre alla nascita da eventi concreti che le “sacralizzano” per sempre. Per i comu-nisti il marxismo e la Rivoluzione d’Ottobre.

E la seconda, per quanto la storia abbia presentato, uomini e organizzazioni che hanno fatto in nome del comunismo e del socialismo, nefandezze, tradendo i fini per le quali erano nate, non per questo si può aggiornare il nostro vocabolario. Per il semplice fatto che mettendo a riposo le parole socialismo e comunismo si sgombra il campo da coloro che l’hanno usate tradendole, ma anche da coloro che l’hanno usate servendole finanche sacrificando la propria vita.

Battaglia di idee e battaglia degli interessi sociali viaggiano assieme.

L’isolamento dei comunisti e degli anticapitalisti dipende dal fatto che le nostre battaglie si fermano sovente ad essere solo battaglie di idee.

E’ necessario sviluppare accanto alle battaglie di idee, battaglie per gli interessi sociali concreti e immediati delle persone.

La credibilità delle nostre idee, tra i settori proletari, dipende dalla capacità di dare risposte ai bisogni.

Se non riusciamo a mettere insieme le due cose, i comunisti e gli anticapitalisti, saranno ancora costretti a ri-manere ai margini dello scontro sociale e politico.

Dobbiamo essere pronti a guidare non solo i conflitti acuti, dove non manchiamo mai e dove dobbiamo continu-are ad essere presenti, ma anche a gestire le risposte sociali e di lavoro che la quotidianità impone.

Per fare ciò è necessario avere strumenti all’altezza del compito.

Un esempio rafforzare gli strumenti sindacali ( difesa economica/sociale/diritti). Una proposta, i sindacati di base la smettano di fare distinguo buoni solo per l’ auto riproduzione dei gruppi dirigenti e degli apparati.

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Una eredità che non serve Paolo Persichetti Liberazione 18 febbraio 2009 (versione integrale)

Serve ancora il comunismo? O meglio serve ancora l’eredità del Pci al rilancio di una prospettiva anticapitalista e comunista? Nei giorni scorsi (per esattezza il 3 febbraio 2009) sulle pagine di Liberazione si è aperta una discussione del genere. Un dibattito che segnala il profondo arretra-mento culturale che sta attraversando questa formazione politica. Nella seconda metà degli anni 80 si discusse molto attorno alla nozione di consociativismo, introdotta da alcuni storici per riassumere la condotta politica che aveva contraddistinto e presupposto l’azione del Pci a partire dal dopoguer-ra. Sulla valenza esplicativa del concetto convergevano buona parte degli studiosi. Divergenze in-vece esistevano sulla scansione temporale nella quale la pratica consociativa avrebbe trovato spa-zio. Alcuni sostenevano che la consociazione aveva caratterizzato la politica italiana fin dall’immediato dopoguerra. Leggevano all’interno di questo paradigma l’originario patto costituzio-nale e il sostanziale duopolio con il quale Dc e Pci si erano suddivisi (anche per ragioni di forza maggiore) l’influenza sull’Italia, in un contesto geopolitico sovradeterminato dalla guerra fredda e dalla suddivisione in blocchi del mondo. Per altri questa lettura era eccessiva. A loro avviso non tut-te le fasi della politica italiana potevano leggersi attraverso questo accordo di fondo. Gli anni 50, in particolare, furono un momento molto conflittuale che non riesce a trovare spiegazione all’interno del paradigma consociativo che invece a partire dagli anni 60 torna gradualmente ad inverarsi, per raggiungere il suo apice con il compromesso storico e proseguire anche negli anni del pentapartito. Non è possibile riassumere in queste poche righe l’intera discussione storiografica. Certo è che sul piano ideologico, il consociativismo può essere letto come una concezione che ha influenzato in mo-do abbastanza uniforme buona parte della cultura politica del Pci (da Togliatti a Berlinguer), anche quando le fasi storiche non lo rendevano praticabile. In ogni caso questa discussione vecchia di 20 anni portò a concludere che molta parte della crisi e del declino del Pci risiedeva proprio nei limiti della sua cultura consociativa che l’aveva portato a non comprendere e confliggere prima con il sommovimento sociale degli anni 70, percepito con fastido, come una turbativa ai propri progetti di autonomia del politico, poi a non avere più gli strumenti per fare fronte all’offensiva neoliberale de-glli anni 80 e allo sfaldamento dell’era dei blocchi. Va detto che quella cultura politica non è mai de-finitivamente morta, ma anzi è proseguita e ha trovato un suo inveramento finale nella nascita del Partito democratico, vera essenza della cultura consociativa che aveva tenuto insieme, attraverso un patto tacito di reciproca spartizione del paese, forze di matrice genericamente popolare (ma la Dc non era certo solo questo…), Democrazia cristiana e Partito comunista italiano.

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Non vogliamo iniziare questo appello nel solito modo cioè elencando i problemi che hanno por-tato a far scomparire i Partiti Comunisti dal pa-norama politico italiano. Vogliamo riconquistare quelle posizioni che se-condo noi ci spettano per rappresentanza e mili-tanza politica, dobbiamo considerare che oggi il maggior partito presente in Italia è quello degli astensionisti è siamo quasi certi che più della metà sono quelli che non si riconoscono più nei Partiti Comunisti esistenti in Italia. Quello che vogliamo è riportare il comunismo a rappresen-tare la classe lavoratrice e proletaria e per fare questo dobbiamo gioco forza toglierci dai discor-si di unione di sinistra e puntare senza patemi e senza paura nell'affermare che se il capitalismo è fallito, e le ultime vicende ce ne danno ragione, manca purtroppo una diversa politica programmatica economica che si rifà al socialismo reale e/o al comu-nismo. Per raggiungere questo scopo dobbiamo iniziare a discutere di un diverso si-stema economico e sociale con lo scopo, non recondito, di migliorare le condi-zioni di vita e di lavoro della classe che dovremmo rappresentare e che oggi è dispersa in molti rivoli tra cui in buona parte nel Centrodestra e nella Lega; Invertire la tendenza è riportare la discussione sul progetto comunista e dare gli strumenti di conoscenza e di analisi a tutti quei compagni, organizzati o semplici iscritti e comunque ovunque collocati, di poter portare un messaggio di speranza di trasformazione dello stato presente delle cose in una società più giusta, più equa, più vicina ai bisogni dei cittadini e che non sia succube di padroni e organizzazioni filo padronali. Vanno attaccati in ogni modo e in ogni luogo dove ci sarà possibile chi si oppone al progresso magari negando il pro-getto di costituzione di un partito comunista, che si basi soprattutto sul comu-nismo e che condanni il capitalismo e le sue nefandezze. Lo scopo deve essere principalmente nella prima fase quello di riportare la rappresentanza della classe e dei lavoratori nelle istituzioni da comunisti con dei paletti ideologici e normativi ben precisi: nessun accordo con i partiti capi-talisti o con chi li rappresenti - i comunisti dovranno imparare a camminare da soli sia nelle lotte che nei programmi e che nessun accordo possa essere fatto di qualsiasi tipo senza che tutta la base, tutti gli iscritti, tutti i lavoratori, siano stati consultati e abbiano dato parere vincolante, le ultime vicende soprattut-to nei due maggiori partiti comunisti ci hanno fatto digerire le politiche gover-niste antipopolari che hanno aperto la strada allo sfacelo e al massacro econo-mico delle masse più deboli. Iniziamo a chiedere a tutti i compagni organizzati o meno ad essere forza par-tecipante e dirigente della nuova forza politica che andiamo a costruire un'im-pegno di militanza costruttiva di avanguardia e non di aspettativa. Dobbiamo avere il coraggio di portare la dottrina comunista tra la gente, le nostre parole d'ordine saranno giustizia sociale, programmazione economica, redistribuzione dei redditi, progresso economico e sociale, statalizzazione del-le attività produttive soprattutto dei mezzi di produzione, gestione centrale del fabbisogno dei cittadini con relativa rappresentanza dal basso e abolizione del verticismo sia nel Partito che nella Società. Il nostro motto dovrà essere "per il progresso e non per il profitto nel percorso verso la Costituente Comunista"

Ciclostilato in proprio c/o Casarossa Via XIV giugno 26 Spoleto

i comunisti dovranno imparare a camminare

da soli sia nelle lotte che nei programmi