Casa Museo "Angiul Sai" - Costalta

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Casa Museo “Àngiul Sai” GUIDA BREVE A CURA DELL’ASSOCIAZIONE “AMICI DEL MUSEO DI COSTALTA DI COMÈLICO”

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Guida breve a cura dell'Associazione "Amici del Museo di Costalta di Comelico"

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Casa Museo“Àngiul Sai”

GUIDA BREVE A CURA DELL’ASSOCIAZIONE

“AMICI DEL MUSEO DI COSTALTA DI COMÈLICO”

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L'IDEA DI VALORIZZARE L'ANTICO PATRIMONIO ARCHITETTONI-

CO DI COSTALTA NACQUE, NEGLI SCORSI ANNI OTTANTA, NEL-

L'AMBITO DEL “COMITATO PER IL MUSEO DELLA CULTURA ALPI-

NA DEL COMELICO”, COSTITUITO PER LA TUTELA DELLE TRADI-

ZIONI LOCALI ANCHE ATTRAVERSO LA COSTITUZIONE DI “CEL-

LULE MUSEALI” SULL'INTERO COMPRENSORIO. A COSTALTA,

UNICO PAESE A CONSERVARE ANCORA NUMEROSI ESEMPI DI

DIMORE LIGNEE, L'IDEA FU DI ACQUISTARE UNO DEI FABBRICA-

TI STORICI PIÙ SIGNIFICATIVI PER RESTAURARLO E ADIBIRLO A

MUSEO DELL'ARCHITETTURA RURALE MONTANA. VENNE

COSTITUITO UN COMITATO INFORMALE, COINVOLGENDO LA

REGOLA DI COSTALTA, ED EBBE INIZIO UN LUNGO E COMPLES-

SO CAMMINO PER IL REPERIMENTO DEI FONDI NECESSARI.

GRAZIE ALLA REGIONE VENETO, NEL 1990 FU POSSIBILE COM-

PIERE IL PRIMO FONDAMENTALE PASSO CON L'ACQUISTO

DELLA STRUTTURA. POI INTERVENNE NEL 1995 LA FONDAZIONE

CARIVERONA CON UN CONTRIBUTO PER LA SISTEMAZIONE E

L'ADEGUAMENTO DELL'EDIFICIO. NEL 1998 SI COSTITUÌ UFFI-

CIALMENTE L'ASSOCIAZIONE “AMICI DEL MUSEO DI COSTALTA

DI COMÈLICO”, CHE RICEVETTE DALLA REGOLA IN COMODATO

L'EDIFICIO ALLO SCOPO DI GESTIRLO COME MUSEO. NEGLI

ANNI DUEMILA ALTRI SOSTANZIALI CONTRIBUTI DI REGIONE E DI

CARIVERONA, CON L'INDISPENSABILE PARTECIPAZIONE FINAN-

ZIARIA DELLA REGOLA E CON IL SOSTEGNO ANCHE DELLA

COMUNITÀ MONTANA DEL COMÈLICO E SAPPADA, DEL BIMPIA-

VE E DELLA SOCIETÀ DBA PROGETTI, HANNO PERMESSO L'A-

PERTURA AL PUBBLICO DELLA STRUTTURA. VANNO RICORDATI,

INFINE, L'APPOGGIO E I PREZIOSI CONSIGLI INIZIALI DELL'ARCH.

EDOARDO GELLNER E IL DETERMINANTE APPORTO DEL LAVO-

RO VOLONTARIO DEI MEMBRI DELL'ASSOCIAZIONE SOTTO L'E-

SPERTA GUIDA DELL'ARCHITETTO STEFANO DE VECCHI.

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LA COSTRUZIONE (LA CÉDA)*

Le caratteristiche costruttive e la distribuzione deivani della casa “ÀNGIUL SAI” sono una cospicuatestimonianza del modo di vivere fino alla metà delsecolo scorso. Il fabbricato - uno dei rarissimiesempi rimasti delle dimore di tipo arcaico - si svi-luppa su tre piani ed è diviso in due parti: la prima,con esposizione verso sud, è adibita ad abitazione;la seconda, con destinazione rurale, è situata nellaparte nord e nel piano seminterrato. In termini tec-nici si tratta dunque di una dimora unifamiliare uni-taria cioè a destinazione mista.

L'edificio presenta uno zoccolo in muratura risul-tante dal tamponamento di una sorta di palafitta ditravi (braze) e ritti (colònde), che sostiene l'interastruttura lignea. Esso è costruito con la tecnica “acastello” ovvero Blockbau (a giastlì), tecnica cherichiede cellule di pianta quadra di dimensioni uni-formi a causa della lunghezza standardizzata deitronchi da squadrare, fissata sin dal taglio dellepiante.

PORZIONE DESTINATA PORZIONE DESTINATAA FABBRICATO RURALE AD ABITAZIONE

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La struttura lignea si basa su una banchina (zèr-zin), costituita da quattro travi incastrate, sullaquale poggiano la travatura orizzontale delle pare-ti connessa agli angoli (morzés) e i ritti (colònde).Altro zèrzin chiude in alto la costruzione. I ballatoisono caratterizzati da due tipologie costruttivediverse: a nord, in corrispondenza del fienile, iparapetti sono costituiti da pali di legno trasversalifissati ai montanti del ballatoio (pnizo) ed un tempoerano utilizzati in caso di necessità per il completa-mento dell'essiccazione del fieno; a sud, in corri-spondenza delle camere cioè della zona destinataad abitazione, i parapetti sono realizzati con doghedi legno lavorate e disposte verticalmente (solêi).L'orditura del tetto è costituita dalla trave (cólmin),che sostiene il colmo del tetto a due falde; da unatrave sottostante (óstra), che ne rinforza la portataquando il tetto si carica di neve; dai travetti (bràze),incastrati in maniera trasversale e fissati con chio-di di legno (bròce) nell'orditura principale, alloscopo di legarla compensando i suoi movimentinelle varie direzioni; dai correnti (dugrénte), travet-ti inclinati che rappresentano l'orditura grossa deltetto e corrono dal colmo alle travi lunghe dellabanchina (zèrzin) secondo la massima pendenzadella falda e sostengono l'orditura minuta delleassicelle o stanghe squadrate su due lati (làta) e ilmantello di copertura di scandole (sàndle). La travedi colmo porta la scritta: 1858 10 mag LDM. Daalcuni indizi però - come per esempio dal fatto chele travi rechino inciso all'esterno un numero roma-no - è lecito supporre che i materiali (i lêgnes)impiegati per la travatura dell'edificio fossero frutto,almeno in parte, di riutilizzo di edifici più antichi, asuo tempo demoliti a causa dell'instabilità del ter-reno sul quale sorgevano. Come in tutti i modelliarcaici di dimore del Comèlico, anche in questoedificio si può notare l'originaria totale mancanza dicondotti fumari. Il nostro rappresenta anche unodei pochi esempi di abitazione con scale esterne.

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IL PERCORSO DI VISITA

L'itinerario di visita al museo, segnato da cartellicon frecce, ha inizio al piano terra, là dove davantialle porte ci accoglie il padrone di casa in personaÀngiul Sài, qui raffigurato nel legno dall'artista TitaZasso. Partendo dal ballatoio di legno sul latoovest del fabbricato e proseguendo in senso antio-rario lungo il perimetro del fabbricato, si raggiungo-no le finestre del prospetto sud, da dove si puòosservare l'interno dei locali della zona giornodestinati a cucina e tinello. Proseguendo, dallaporta sul lato est si entra nel corridoio. Questoimmette appunto nella cucina e nel tinello.Uscendo dal corridoio attraverso la porta del latoest, incontriamo nuovamente Àngiul, il quale ci invi-ta ad affacciarci a uno dei locali della parte rurale,la stalla. Al primo piano si accede dal retro dell'e-dificio attraverso il vano un tempo destinato a fie-nile, dal quale si può scorgere la soffitta.Proseguendo la visita, si esce sul ballatoio delpiano primo, percorrendo il quale in senso antiora-rio sul prospetto sud si accede alle camere - di cuisolo una è visitabile - e da qui si prosegue lungo illato est, completando il percorso di visita.

*Nota: nella trascrizione dei termini dialettali (tra parentesi incorsivo), in assenza di norme grafiche di generale condivisionee nell'intento di agevolare la lettura da parte chiunque, ci si èattenuti il più possibile alla grafia dell'italiano. Nei casi di suoniestranei alla lingua si noti quanto segue:1) la “z” indica sempre l'interdentale equivalente al suono “th”della parola inglese “thing”.2) La vocale centrale indistinta (cfr. p.e. l'inglese “girl”), è statavariamente resa privilegiando l'etimologia delle parole. Così isegni “â”, “ê” e “ô” esprimono tutti questo stesso suono.

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IL CORRIDOIO (LA LÒDA)

Nel corridoio d'ingresso (lòda), lastricato con pia-stre naturali di pietra (flòstar), si nota la bocca(bócla) del forno (fórno da pân), il corpo del qualeè situato nell'attiguo locale (stùa). In mancanza dicanna fumaria, il fumo usciva dalla bocca stessa esi espandeva liberamente nel corridoio, trovandosfogo attraverso i due ingressi, come mostrano lespesse incrostazioni di fuliggine (efficace ignifugo).La bocca del forno era chiusa con un tappo dilegno (strópo da fórno) sigillato con sterco di bovi-no. Dopo aver adeguatamente riscaldato il forno, ilpane cuoceva in un'ora: era pane di ségale o diorzo. Quando non si faceva il pane (ciò dipendevadalle possibilità della famiglia: una volta la settima-na o una volta il mese!), si faceva quel po' di fuocoche bastava per riscaldare il locale della stua. Ilpiano di appoggio per cuocere il pane è di tufo cal-careo (tófo), che era ripulito dalla cenere con unasorta di scóvolo (scolón).

Nel corridoio d'ingresso è evidente come sia statalavorata, per ridurla di spessore, una trave del sof-fitto.

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LA CUCINA (LA CÉDA)

Nell'angolo destro della cucina (céda) v'è il focola-re (arì), costituito da semplici lastre di pietra (plòte)sul pavimento e dotato di alari (bràndul) e di unacatena (ciadêna) penzolante dal soffitto e munita diun gancio (ranpìn) mobile, che veniva spostato suivari anelli della catena stessa per graduare l'inten-sità della fiamma sul recipiente ad esso appeso.

Si nota la traccia di una apertura quadra, che costi-tuiva lo sfogo del fumo del focolare. In tempi piùrecenti il fumo doveva essere convogliato in uncondotto di legno, che parrebbe continuare ancheal piano soprastante (camera), dove si notano trac-ce di fuliggine sulle pareti. Il locale è dotato anchedi alcuni sfiati nelle pareti (respìre) che servivanoquando si faceva il fuoco libero (fôgo du basso o alàrgo). Nella parete a ovest v'è una piccola apertu-ra che è stata chiusa: forse una vecchia finestra didimensioni minime per non disperdere il calore del-l'ambiente, tenendo anche conto che probabilmen-te non c'erano vetri. Al soffitto erano fissate dellestanghe (stêles) dove si appendevano i prodotti delmaiale ad affumicare.

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IL TINELLO (LA STÚA)

Dalla cucina si entra nel tinello (stùa), che era lastanza dove si riposava nei pomeriggi invernali eprima di coricarsi. Sulla sinistra si vede la stufa inmuratura (fórno) circondata da panchine (bànce) esormontata da un'incastellatura lignea (sorafórno),che permetteva di distendersi al tepore. Il fórno ori-ginale era stato demolito e fu ricostruito, prenden-do a modello un'analoga struttura avente le mede-sime dimensioni ed esistente in un'altra vetustaabitazione del paese. Esso è fatto di sassi (cròde)e intonacato (smaltó). Nell'intonaco è inserita un'er-ba palustre (èrba da palù), che serve da isolante.

La stùa era l'unico locale dell'abitazione esente dafumi e di temperatura gradevole anche nei periodipiù rigidi, grazie sia alla presenza del fórno sia allafavorevole esposizione verso sud. Era il cuoredella casa: luogo di giochi di bimbi, di riposo diuomini dopo le dure attività agricole e boschive, dilavori donneschi come la filatura, di racconti di vec-chi affabulatori e di discreti corteggiamenti di gio-vani pretendenti.

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LA STALLA (LA STÀLA)

La stalla (stàla), situata sempre al piano terra ma incorrispondenza della parte nord del fabbricato,dove ci accolgono alcune sagome animali domesti-ci, era adibita a ricovero per i bovini specialmentel'inverno e nei periodi della nascita dei vitelli. Ilvano conserva ancora la mangiatoia (cianà) dovevenivano legate le mucche con una catena infilataad una trasversa munita di fori (arcógn). La parteantistante la mangiatoia dove il bestiame mangia-va e dormiva (partìda) era pavimentata in pietra(rizéda) o con grossi tavoloni in larice. Alle spalle diquesta c'era una canaletta (cunéta), che terminavacon un foro nella parete (bus dle bòrbe) per la puli-zia e lo smaltimento del letame prodotto dal bestia-me. Le finestre erano di dimensioni ridotte per nondisperdere eccessivamente il calore; inoltre nellaparte alta delle pareti di legno erano ricavate dellefessure (fiadêire) tamponate con il letame, cheall'occorrenza venivano aperte per smaltire l'umidi-tà eccessiva.

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IL FIENILE (L TABIÉ)

Al piano primo si accede dal vano principale(tabié), che era destinato alla conservazione delfieno per il periodo invernale. Esso era diviso indue parti come si può notare anche dalla pavimen-tazione nonché dalla struttura delle pareti. La primaparte (èra) rimaneva sempre libera per l'accesso aiballatoi esterni e per la preparazione del foraggioper il bestiame, che consisteva nel miscelare unaparte di fieno del primo taglio (fêgn) ed una parteminore di fieno del secondo taglio (utigôi). Essa èpavimentata con travi squadrate ed ha le paretisigillate tra una trave e l'altra. La seconda parte eradestinata alla conservazione del foraggio che veni-va semplicemente ammucchiato una volta raccolto(mdêna). La pavimentazione di questa parte ècostituta da travi non squadrate e le travi dellepareti sono intervallate da una fessura che avevala funzione di arieggiare il fieno e permettere di eli-minare l'umidità derivante dalla fermentazione delfieno (bóia). La porta di sinistra (lato est) del vanoè la porta originale giunta ad oggi in uno stato diconservazione discreto. In essa si può notare ilsistema di cerniera costituito da un perno che ruotanel foro, ricavato nella soglia, permettendo allaporta di girare (pòrta a giarnì).

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LA CAMERA (LA CÀNBRA)

Le camere sono situate al piano primo e si rag-giungevano esternamente per mezzo della scala diservizio ancora presente sul prospetto ovest cheva dal ballatoio al piano terra al piano superiore.Come si può notare, l'arredamento era moltoessenziale: un letto ad una piazza e mezza con unmaterasso di paglia o di erbe secche (foiòla) con ailati due comodini, un armadio per riporre i pochiindumenti ed un baule dove erano riposte copertee lenzuola. Essendo le camere poste sopra la cuci-na e il tinello, un sistema ingegnoso di riscalda-mento del piano superiore consisteva nel far salire,mediante bòtole nel pavimento, il calore prodottonei vani sottostanti dal focolare e dal forno. Si note-ranno le pareti di colore bianco perché trattate concalcina a scopo igienico-sanitario. Esse eranoanche, all'atto dell'acquisizione dell'immobile daparte del comitato, tutte tappezzate di giornali ecartoline illustrate, di cui si scorge ancora qualchelembo rimasto.

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LA CANTINA (LA CIÀNVA) eIL SOTTOTETTO (L MAGÓN)

(SPAZI NON VISITABILI)

Il seminterrato ha due ingressi e, dunque, in origi-ne era diviso in due ambienti separati. La cantina(ciànva) solitamente veniva usata per ricoverare glianimali domestici di taglia minuta e gli ovini. Era inparte utilizzata anche come dispensa e laboratorioinvernale, poiché qui si fabbricavano e si aggiusta-vano gli attrezzi necessari in primavera ed in esta-te per la coltivazione della terra, per la fienagionenonché per l'approvvigionamento della legna.Nel sottotetto del fienile, nello spazio sopra lecamere e in quello ricavato nei timpani del tetto(magón), venivano stipati gli attrezzi da lavoro uti-lizzati nel periodo estivo e quelli raramente utilizza-ti. Qui, durante uno dei primi sopralluoghi da partedegli Amici del Museo di Costalta, furono ritrovatiun aratro utilizzato per coltivare probabilmente icampi sottostanti la casa, e qualche vaglio (drêi)per la prima mondatura dei cereali. Il pavimentoera cosparso di spighe di sègale.

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ASSOCIAZIONE“AMICI DEL MUSEO DI COSTALTA DI COMELICO”

Presidente:RUGGERO CASANOVA CREPUZ

Soci fondatori: REGOLA DI COSTALTAMARIO CASANOVA CONSIERRUGGERO CASANOVA CREPUZ LUIGINO CASANOVA DE MARCOVALERIO CASANOVA LUZIO PIERGIORGIO CESCO FRARE GIAN CANDIDO DE MARTIN TOPRANIN

Soci ordinari:GIANFRANCO CASANOVA CREPUZ ALBINO CASANOVA DE MARCOUGO CASANOVA FUGA

Soci di diritto:REGOLA DI COSTALTA

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Hanno collaborato alla presente guida: PIERGIORGIO CESCO FRARESTEFANO DE VECCHIMANUEL CASANOVA CONSIERLIVIO OLIVOTTOELENA DE VECCHI

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Un paese si racconta

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La vita associata del paese trova ha il suo punto diriferimento nella regola.In tutto il Comelico alla Regola, antica istituzione diorigine medievale, fa ancora capo la proprietà digran parte dei boschi e dei pascoli di montagna.L’assemblea dei regolieri, i capi famiglia, gestiscequesto importante capitale in favore della popola-zione. Anche Costalta ha la sua regola che con i ricavipurtroppo sempre meno cospicui del taglio deiboschi di proprietà cerca di venire incontro allenecessità della popolazione attraverso il rifabbrico,ovvero l’assegnazione di legname o un valoreequivalente in denaro alle giovani coppie per met-ter su casa, sussidi agli studenti e molte altre ini-ziative.Altri luoghi della vita associata sono la parrocchia ela cooperativa di consumo con il bar.Particolari festeggiamenti avvengono per la festadel patrono, sant’Anna, che si tiene in luglio; daqualche anno questa festa è occasione per ospita-re una manifestazione promossa dalla Regola discultura su legno e realizzata grazie all’impegno ditutti i gruppi del volontariato del paese. Le opere,che arricchiscono l’antico ed inalienabile patrimo-nio regoliero, sono collocate accanto alle antichecase di legno.

Una comunità

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Come in molti abitati del Cadore centro orientalenel periodo che va dalla metà dell’Ottocento aglianni Venti del Novecento anche Costalta fu in largaparte ricostruita. Si abbandonarono le antiche tec-niche costruttive e gli antichi modi dell’abitare peraltri “moderni” che davano garanzie maggiori dalpunto di vista igienico e della prevenzione degliincendi.Così in un breve lasso di tempo il paese cambiòcompletamente fisonomia e la popolazione dovetteadattarsi a nuovi stili di vita. La stalla ed il fienilenon erano più parte del medesimo edificio in cui siabitava e i vecchi sistemi dei fuochi, quello per lacottura e quello per il riscaldamento, vennero sosti-tuiti dalla cucina economica e dalle “cadorine” pic-cole stufe in laterizio.D’altra parte anche le condizioni di vita stavanomutando rapidamente; l’agricoltura non bastavapiù a soddisfare le nuove esigenze della famigliaed il legname valeva sempre meno. Il reddito fami-liare cominciò a dipendere sempre più dall’emigra-zione.

Un paese di pietra

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L’abitato di Costalta è formato da un gruppo di bor-gate un tempo separate tra di loro da ampi coltivi. Gli agglomerati erano abitati da gruppi famigliari icui cognomi in gran parte tuttora riflettono l’anticatoponomastica.Il paese situato a 1300 metri di altitudine, è postoall’interno della fascia altimetrica dei 1000-1400metri nella quale si svilupparono i primi insedia-menti umani del Comelico in relazione alla favore-vole esposizione alla disponibilità di acqua e disuperfici coltivabili.Era una delle ville dell’antico comune di Oltrarinche corrisponde all’attuale comune di San Pietro, ilquale a sua volta faceva parte del centenaro delComelico inferiore assieme al comune di SantoStefano e Casada.Gli edifici era costruiti, secondo l’antica tradizionealpina, completamente in legno.

Un paese di legno

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La casa tradizionale

Costalta conserva ancora numerosi esempi di casee fienili tradizionali andati quasi completamenteperduti negli altri centri del Comelico. I tipi edilizitradizionali erano essenzialmente costituiti dallacasa unitaria unifamiliare, la casa plurifamiliare e Iltabié . Tali costruzioni erano quasi integralmente inlegno, se si esclude il piano contro terra che era inpietra ed aveva il compito di riportare in orizzonta-le il piano di imposta del fabbricato che sorgeva suripidi pendii e di isolare dal terreno il sovrastantecorpo ligneo.Anche gli spazi adibiti al fuoco erano in ambienti dilegno, la qual cosa era causa di frequenti incendiche mandavano in cenere nel giro di poche oreintere borgate.Il tabié era una costruzione adibita a stalla e fienileche sorgeva sulle superfici a fieno attorno ai paesi.Il fieno raccolto nei prati e conservato nel tabiéveniva consumato direttamente sul posto dagli ani-mali che vi venivano condotti con trasferimentidurante la stagione invernale al fine di evitare sia iltrasporto del fieno che quello del letame.

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La casa dei Sai in cui ci troviamo è un tipico esem-pio di casa comeliana antica.La costruzione poggia su di un basamento in pietranel quale sono ricavati dei depositi di attrezzi. Al disopra la struttura dell’edifico è composta da travi inlegno incastrati tra di loro agli spigoli secondo laantichissima tecnica costruttiva del “blockbau”.Il piano terreno è occupato dalla stalla a monte, unlargo corridoio con due ingressi che la divide dallacucina e dalla stanza di soggiorno, la “stua”. Si notiil focolare nella cucina, privo di camino; il fumoinfatti veniva fatto uscire secondo diversi percorsiin modo da utilizzare il suo calore per riscaldare gliambienti sovrastanti secondo il principio della“Rauchstube” diffuso nelle architetture popolarialpine. Attraverso le scale esterne aperte sui ballatoi siaveva accesso al piano superiore a due camereaperte sul fronte Sud; dietro ad esse, verso monte,il grande fienile aveva accesso diretto dalla stradagrazie alla forte pendenza del terreno. Il sottotetto,sopra le camere, era utilizzato come essiccatoioper le derrate agricole.

La casa dei Sai

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La stalla era la fonte di reddito e di alimento piùimportante per il nucleo famigliare.Dalle poche vacche e da qualche pecora e capra siricavava infatti il latte per farne formaggio e burro;quanto avanzava dalla mensa familiare venivabarattato in cambio di di altri generi alimentari.La stalla dava pure alcuni vitelli che, cresciuti amanzi, venivano portati alla fiera di Ognissanti aSanto Stefano per essere venduti; il ricavato diqueste vendite era la più importante delle entrate indenaro nell’economia familiare. La lavorazione dellatte veniva fatta, come continua attualmente, nellalatteria sociale del paese.La condotta della stalla comprendeva la pulizia, ledue mungiture quotidiane, il rifacimento della lettie-ra e l’abbeverata degli animali alla fontana. Lamalattia o la perdita di un animale era un vero e pro-prio dramma per la famiglia che vedeva decurtarsila capacità di reddito e di sostentamento diretto.

La stalla

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Ogni anno il 24 giugno, giorno di San GiovanniBattista, gli animali grossi venivano condotti sinoagli alpeggi (monte) della Val Visdende: Lòndo,Chivión, Àntola, Sésis e Rinaldo, ove restavanosino alla Madonna di settembre..Le pecore venivano invece portate più in alto, al disopra dei segativi d’alta quota, in pascoli moltopendenti e più poveri.Ogni alpeggio era dotato di una malga costituitadalla casera ove dimoravano i pastori e si lavoravail latte, e da uno stallone (mandra) per i bovini. Il personale della malga era costituito dal casaro(mistro), dal capo pastore (bólco) e dagli aiutanti(vëide).

La monticazione

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La fienagione

La fienagione veniva praticata sia nei prati attornoall’abitato, sia sulle monte ovvero le superfici erbo-se più appetibili degli alpeggi. Si assicurava in talmodo una riserva di fieno per sfamare gli animalidurante il lungo periodo invernale che passavanonella stalla.Alla fine di giugno veniva eseguito un primo sfalcioattorno ai paesi, nella seconda metà di agosto sitagliava il fieno di monte ed infine a settembre siprocedeva al secondo sfalcio dei prati più bassi.Mentre il fieno dei prati bassi veniva immagazzina-to nei fienili (tabiés) disseminati attorno ai paesi, ilfieno di monte veniva raccolto in covoni (mëde) inattesa di essere portato a valle con le slitte liode ininverno.Sugli alpeggi esistevano un gran numero di picco-le costruzioni in legno (cadógn) che servivano dadimore temporanee durante la fienagione.

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