“Caratteristiche ultrasonografiche della parete ... · stenosi carotidea intermedia ... [39 in...
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UNIVERSITÀ DI PISA
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA E CHIRURGIA
“Caratteristiche ultrasonografiche della parete arteriosa in pazienti con stenosi carotidea "intermedia": correlazione
con il profilo metabolico”
RELATORE CHIAR.MO PROF. Carlo Palombo
____________________
CANDIDATO SIG. Giacomo Bini
_________
ANNO ACCADEMICO 2008/2009 1
Indice
Riassunto …………………………………………………………………….1
Introduzione……………………………………………………………...…..5
Fisiopatologia della placca…………………………………………………..6
Patogenesi della lesione ateromasica………………………….……………8
Anatomia patologica della placca ateromasica…. …………………….…12
Classificazione istologica……………………...……………………………13
Placca instabile o vulnerabile………………………...……………………15
Rottura della placca………………………………….…………………….16
Placca e Caratteristiche bioumorali………………………………………23
Terapia……………………………………………………………………...24
Tecniche di studio della placca…………………………………………….26
- MRI …………………………………………………………,27 - TC…………………………………………………………….28 - Tomografia ad emissione positroni (PET)…………………28 - Ultrasuoni…………………………………………………….29 - Integrated back scatter………………………………………34 - Videodensitometria…………………………………………..35
Scopo dello studio…………………………………………………………36
Materiali e metodi…………………………………………………………36
- Popolazione dello studio…………………………………36 - Misurazione della pressione arteriosa…………………..44 - Studio ultrasonografico………………………………….44
Risultati……………………………………………………………………50
- Correlazioni tra parametri ultrasonografici e profilo metabolico.50 - Caratteristiche ultrasonografiche della parete arteriosa e profilo
bioumorale ……………………………………………………..……51 - PCR e Caratterizzazione tissutale…………………………………57 - Caratteristiche acustiche di parete…………………………………58
2
Conclusioni…………………………………………………………………58
Bibliografia…………………………………………………………………61
3
Caratteristiche ultrasonografiche della parete arteriosa in pazienti con
stenosi carotidea intermedia: correlazione con il profilo metabolico
Background: La malattia aterosclerotica è alla base di sindromi cliniche ischemiche a carico del cuore, del sistema nervoso centrale e del sistema arterioso periferico. L’aterosclerosi carotidea contribuisce al 20% - 30 % degli ictus ischemici. Peraltro, mentre l’entità della stenosi carotidea costituisce un chiaro fattore di rischio su base emodinamica se superiore al 70%, placche carotidee di minore entità, non responsabili di stenosi emodinamicamente significative, possono contribuire ad eventi ischemici su base essenzialmente trombo-embolica in funzione della loro “vulnerabilità”, e quindi della composizione istochimica, a sua volta modificabile dal trattamento. Inoltre, non è chiaro quale sia, in pazienti con malattia aterosclerotica carotidea, il grado di associazione tra le caratteristiche strutturali della parete arteriosa come tale (complesso intimo-mediale, IMT) e quelle della placca. Obiettivo: studiare le caratteristiche ultrasonografiche dell’IMT e della placca in pazienti con stenosi carotidea intermedia, in relazione con il profilo metabolico. Metodi: 38 pazienti ad alto rischio cardiovascolare, stabilizzati con terapia farmacologica (10 femmine e 28 maschi, età media 69±11, 25 ipertesi e 7 diabetici), sono stati sottoposti ad ecografia carotidea convenzionale e mediante backscatter integrato (IBS). Sono state individuate 83 placche [39 in carotide comune, 36 al bulbo e 8 in carotide interna con stenosi media del 38%]. Sintesi dei risultati: nella casistica esaminata è stata osservata una associazione statisticamente significativa tra ecoreflettività (IBS) della placca e quella dell’IMT. Correlazioni dirette significative sono state osservate tra IBS di parete e placca con colesterolo LDL, glicemia e, nei diabetici, emoglobina glicata. Conclusioni: in una popolazione ad alto rischio cardiovascolare con stenosi carotidea “intermedia” stabilizzati mediante trattamento ottimale dei fattori di rischio, le caratteristiche “acustiche” della parete e della placca appaiono omogenee, e la relazione diretta con colesterolo LDL e la glicemia è in accordo con l’ipotesi di una “stabilizzazione” della lesione, con transizione dalla ateromasia alla sclerosi vasale.
4
Introduzione
L’arteriosclerosi è una patologia degenerativa delle arterie che riconosce tre
diverse manifestazioni quali l’aterosclerosi, la sclerosi calcifica di Monckeberg e
l’arteriosclerosi dei piccoli vasi. Loro elementi distintivi sono la sede arteriosa
interessata dalle singole forme, e la proporzione variabile delle due componenti
istologiche fondamentali del processo arteriosclerotico, rappresentate dalla
ateromasia e dalla sclerosi. (1)
L’aterosclerosi interessa le arterie di conduzione elastiche manifestandosi, dal
punto di vista clinico, in modalità diverse in base al distretto interessato, alla
modalità di insorgenza e alla velocità con cui si instaura il processo patologico, e
rappresenta la principale causa di mortalità e morbilità nei Paesi sviluppati.
La malattia aterosclerotica è infatti alla base di sindromi cliniche a carico del
cuore (sindromi coronariche acute , angina stabile ), del sistema nervoso centrale,
(ictus , attacchi ischemici transitori [TIA ]), nonché dei distretti splacnico , renale
e periferico . (2)
L’aterosclerosi carotidea è responsabile dal 20% al 30 % degli ictus ischemici,
che oltre ad avere una mortalità significativa comportano effetti rilevanti in
termini di invalidità e costi sociali. E’ quindi evidente l’importanza,l’esigenza di
riconoscere precocemente le lesioni aterosclerotiche vulnerabili, di “stabilizzarle”
farmacologicamente, e di disporre di strumenti diagnostici adeguati e praticabili
su vasta scala per la identificazione ed il follow-up dei pazienti a rischio. (3)
5
Negli ultimi anni la placca è stata studiata estesamente in tutti i suoi aspetti
eziologici , fisiopatologici , anatomopatologici , diagnostici e terapeutici con il
fine di conoscere approfonditamente la lesione aterosclerotica soprattutto quella
vulnerabile .(3)
Le alterazioni strutturali , e quindi la composizione , della parete arteriosa e della
placca aterosclerotica sono influenzate dai noti fattori di rischio maggiori, come
fumo di sigaretta , dislipidemia, diabete, ipertensione arteriosa (4). E’ inoltre ben
noto il ruolo dell’età nell’influenzare le caratteristiche strutturali della parete
arteriosa anche indipendentemente dai noti fattori di rischio (5), ed appare
verosimile un ruolo sfavorevole della sedentarietà (6) e dell’adiposità viscerale
(7).
Fisiopatologia della placca
Il processo aterosclerotico è un processo lento discontinuo che dura molti anni ,
con periodi di relativa quiescenza alternati a periodi di rapida progressione che
possono arrestarsi o evolvere ulteriormente e dare manifestazione di sé con eventi
clinici sia acuti che cronici. (4)
6
Figura 1 Storia naturale dell'aterosclerosi. Tradizionalmente era accettato che il processo aterosclerotico fosse continuo con il progredire dell’età, curva a sinistra. La nuova teoria afferma che il processo aterosclerotico è discontinuo, dove si alternano periodi di rapida progressione a momenti di quiescenza , come mostrato dalla curva destra. da Braunwald's Heart Disease, a Textbook of Cardiovascular Medicine 7th edition 2005 ED. Elsevier Saunders.
Tale processo sembra iniziare già nell’infanzia , infatti sono state trovate delle
lesioni macroscopiche come fatty streaks ( “ strie lipidiche “ : lesione iniziale
dell’aterosclerosi ) nelle arterie di bambini, e con maggiore frequenza nelle
coronarie di ragazzi e giovani adulti. (1)
L’aterosclerosi è un processo infiltrativo-degenerativo della parete che nella
maggior parte dei casi inizia come una malattia ectasiante (dilatazione del
diametro esterno del vaso con lume preservato), in cui la stenosi costituisce una
manifestazione tardiva ed avanzata, come se fosse soltanto la punta dell’iceberg
rappresentato dalla malattia aterosclerotica.(8) E’ quindi evidente l’importanza
clinica del caratterizzare anche le lesioni precoci e di monitorare gli effetti
terapeutici. (10,11,12)
7
Patogenesi della lesione ateromasica
I due processi, infiltrazione lipidica e sclerosi , sono coesistenti e corrispondono a
due diverse ipotesi che erano state proposte alla fine del XIX secolo, da
Rokitansky e Virchow(1,9) , ora riunificate nell’ “ Ipotesi della reazione al danno
“ . Questa teoria si basa sulla considerazione che l’aterosclerosi sia il risultato
finale di una risposta infiammatoria della parete vascolare ad un iniziale danno
endoteliale. La sequenza degli eventi prevista da questa ipotesi è rappresentata in
Fig.3 e prevede la disfunzione ed attivazione endoteliale seguita da un aumento
della permeabilità alle molecole circolanti plasma, chemiotassi leucocitaria e
adesione di monociti. Ciò renderebbe possibile l’infiltrazione di lipoproteine nella
parete vasale e la loro perossidazione e captazione da parte dei monociti
trasformati inizialmente in macrofagi, e in cellule schiumose (foam cells) dopo
captazione delle lipoproteine ossidate. I macrofagi “attivati” non sono semplici
accumuli lipidici, ma hanno anche un’intensa attività di sintesi e liberazione di
citochine infiammatorie, fattori di crescita ed enzimi proteolitici, responsabili di
migrazione e proliferazione di cellule muscolari lisce, e rimodellamento della
matrice extracellulare. (2,3)
8
Figura 2 . La figura mostra le due diverse componenti istologiche della malattia aterosclerotica:
l’ateromasia , figura di destra, e la sclerosi, figura di sinistra. da Braunwald's Heart Disease, a
Textbook of Cardiovascular Medicine 7th edition 2005 ED. Elsevier Saunders
L’evento iniziale nella genesi della placca è l’attivazione endoteliale cui segue
l’accumulo di lipoproteine LDL nella matrice extracellulare dell’intima dove
vengono ossidate . La lisofosfatidilcolina, un costituente delle LDL ossidate, è in
grado di produrre un aumento dell’espressione delle VCAM-1( vascular cell
adhesion molecule 1 ), molecola di adesione per i leucociti, da parte delle cellule
endoteliali. La chemiotassi leucocitaria rappresenta il secondo momento della
formazione della placca ateromasica . Oltre alla VCAM-1 ci sono altre molecole
di adesione , come ICAM-1 ( intercellular adhesion molecule 1 ) e P-selectina ,
che richiamano i leucociti soprattutto quelli mononucleati come linfociti e
monociti . Queste molecole risultano meno espresse nelle zone dove il flusso
laminare del sangue non è turbolento in quanto lo shear stress ( forza tangenziale
alla parte esercitata dal sangue in movimento ) ne inibirebbe la produzione grazie
alla stimolazione alla produzione dell’ossido nitrico ( NO ) da parte delle cellule
9
endoteliali . Questo spiegherebbe come le placche si sviluppino più facilmente
nelle biforcazioni come per esempio il bulbo carotideo . (2,13)
Alla adesione leucocitaria sulle cellule endoteliali segue la loro infiltrazione oltre
la lamina elastica interna e l’insediamento a livello intimale. I leucociti iniziano a
liberare, stimolate dalle lipoproteine ossidate, citochine interleuchina ( IL ) 1 e
tumor necrosis factor-α ( TNF- α ) che hanno la funzione di mantenere attivate le
cellule endoteliali che porta ad un’ulteriore aumento dell’espressione della
VCAM-1 e della ICAM-1 sulle cellule endoteliali con ulteriore richiamo di
leucociti , così si crea un circolo vizioso . In seguito i monociti si trasformano in
macrofagi e cominciano a captare lipidi trasformandosi in cellule schiumose
(foam cells) . Durante l’espansione della lesione alcune cellule schiumose
muoiono , molto probabilmente per apoptosi , e si crea un nucleo (core) necrotico
ricco di lipidi all’interno della lesione, aspetto caratteristico delle placche più
complesse .
Alcuni fattori di crescita liberati dai macrofagi, IL-1 e TNF-α, sono in grado di
stimolare la proliferazione delle cellule muscolari lisce e la matrice extracellulare ,
che si accumula nelle placche .(2,4,14)
10
Figura 3. 1: Accumulo di lipoproteine nell’intima 2: Stress ossidativo: ossidazione delle lipoproteine 3:
Aumento dell’espressione delle molecole di adesione 4: Chemiotassi leucocitaria 5: Formazione delle
foam cells 6 : Aumento delle cellule muscolari lisce 7: Aumento della matrice extracellulare 8:
Calcificazione e fibrosi da Braunwald's Heart Disease, a Textbook of Cardiovascular Medicine 7th
edition 2005 ED. Elsevier Saunders
11
Anatomia patologica della placca ateromasica
- La placca ateromasica è la lesione elementare che consiste in una placca focale
localizzata nell’intima, con nucleo centrale lipidico ( in particolare colesterolo e
suoi esteri ) e ricoperta da un “cappuccio fibroso”, strato di cellule muscolari lisce
e collagene che “isola” l’ateroma dal sangue circolante. La parte centrale ricca in
lipidi, soprattutto colesterolo ed esteri del colesterolo e detriti cellulari, di colorito
bianco-giallastro, è detta ateroma . Al di sotto dell’ateroma troviamo la tonaca
media . La proporzione dei tre componenti maggiori della placca, ovvero elementi
cellulari (macrofagi e fibrocellule muscolari lisce), depositi lipidici (intra ed extra
cellulari), e matrice extracellulare (collagene e fibre elastiche) può variare da
soggetto a soggetto e da placca a placca anche nello stesso soggetto. (1,2,3)
- Se l’entità della stenosi prodotta dalla placca è responsabile di eventi ischemici su
base puramente emodinamica per stenosi “critiche” (riduzione del lume del vaso >
70%), una quota significativa, forse anche prevalente, di eventi clinici (TIA o
ictus) è riconducibile ad un meccanismo trombo-embolico.(15) A loro volta,
questi eventi possono essere risultato di trombosi endoluminale, per l’aumentata
trombofilia associata alla attivazione endoteliale e alle condizioni emoreologiche
(dislipidemia, citochine infiammatorie etc) che caratterizzano il “paziente
vulnerabile”, o di fissurazione, erosione ed eventualmente rottura della placca,
manifestazioni proprie della così detta “placca vulnerabile”.(1,2,3,16,22)
12
CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA
La classificazione istologica della lesione aterosclerotica dell'American Heart
Association (62) distingue le lesioni in sei tipi differenti indicati con i numeri
romani da I a VI, che mettono in relazione la componente anatomopatologica con
le manifestazioni cliniche . Le lesioni di Tipo I e II sono dette Iniziali ; le lesioni
di Tipo III sono considerate lesioni di transizione tra le forme iniziali
asintomatiche e le lesioni avanzate sintomatiche
Lesione Tipo I :
Questo tipo di lesione è caratterizzata da focali e isolati accumuli di foam cell (
cellule schiumose di derivazione prevalentemente macrofagica ) e di macrofagi
ricchi in lipidi . Queste alterazioni sono visibili solo al microscopio e non si
manifestano clinicamente .
Lesione Tipo II :
E’ caratterizzata da strie o depositi puntiformi di colore giallastro , endoluminali ,
visibili macroscopicamente . Sono costituite da strati di foam cells e cellule
muscolari lisce ricche in lipidi , inoltre sono presenti macrofagi e rari linfociti T .
Possono essere presenti nello spazio extracellulare depositi di piccole gocce
lipidiche .
Lesione Tipo III :
Rappresenta la transizione dalle lesioni elementari alle lesioni avanzate ; rispetto
al Tipo II presenta un maggior numero di foam cells , maggior numero di gocce
13
lipidiche nella matrice extracellulare fino ad alterare la normale struttura
dell'intima .
Lesione Tipo IV :
E’ caratterizzata da un denso accumulo di lipidi nella matrice extracellulare
dovuto alla confluenza dei piccoli depositi presenti nelle lesioni Tipo III questo
porta ad una completa disorganizzazione intimale . All'interno del denso
accumulo di lipidi , detto “core” lipidico , si iniziano a trovare particelle di calcio .
Lo spazio tra il core lipidico e l'endotelio è detto cappuccio, tessuto miointimale
disorganizzato, ricco in macrofagi , cellule muscolari lisce, linfociti e mastociti.
Lesione Tipo V :
Questa lesione è caratterizzata dall'aumento del tessuto connettivo fibroso nel
cappuccio , ora detto cappuccio fibroso, prodotto dalle cellule muscolari lisce che
assumono il fenotipo secernente .
La lesione assume un notevole volume andando a ridurre il lume del vaso
arterioso e può manifestarsi clinicamente .
Lesione Tipo VI :
E’ la lesione che è andata incontro a complicanze come la trombosi, l’ulcerazione,
l’emorragia intra- placca , la rottura.
14
Possono complicarsi lesioni Tipo IV e V .
Questo tipo di lesione è caratterizzata da un’abbondante componente
infiammatoria .
Questa classificazione non deve essere vista in modo statico e unidirezionale, ma
dinamica, con possibilità di transizione verso stadi superiori ma anche in senso
opposto, favorevole. Studi istologici hanno dimostrato come l'ateroma vada
incontro ad un circolo vizioso caratterizzato da deposizione lipidica, infiltrazione
di macrofagi, formazione di vasa vasorum, distruzione della placca dovuta ad
erosione (perdita delle cellule endoteliali e esposizione del collagene
trombogenico) o rottura ( per perdita del cappuccio fibroso dovuta ad
indebolimento della spalla della placca o per aumento della pressione all'interno
della placca e emorragia con esposizione di materiale trombogenico ) ,
deposizione di piastrine , formazione di trombo , riendotelizzazione e poi
quiescenza .(2,4,6,11,21)
PLACCA INSTABILE O VULNERABILE ( lesione tipo VI dell’AHA )
Per placca vulnerabile si intende quella lesione ateromasica che ha le
caratteristiche funzionali e strutturali che si ritrovano nelle sindromi acute .
Questo termine fu coniato da Muller nel 1985 nel suo articolo “Circadian
variation in the frequency of onset of acute myocardial infarction “ (23)
15
Successivamente venne coniato anche il termine “paziente vulnerabile” con cui
si intende sottolineare anche il ruolo di fattori sistemici, bioumorali e genetici, nel
determinare la suscettibilità di un soggetto alle complicanze trombo-emboliche
della malattia aterosclerotica. Il paziente vulnerabile è un paziente che ha un’alta
probabilità di andare incontro ad un evento cardiovascolare quantificata con un
rischio, ad un anno, maggiore del 5% (16)
La placca fibrolipidica è una lesione con bordi irregolari, la superficie è liscia ed
elevata di colore che va dal bianco al giallo . Il cappuccio fibroso separa il core
16
necrotico dal lume del vaso . Sotto al cappuccio fibroso c'è una riorganizzazione
dell'intima con aumento del numero di cellule muscolari lisce che riorganizzano la
matrice extracellulare. L'ateroma fibroinfiammatorio abbonda di cellule
infiammatorie come : linfociti T, mastociti, macrofagi . C'è un aumento di cellule
grasse ( foam cells ) che derivano dalla trasformazione di macrofagi la cui
diapedesi è favorita dall'aumento di molecole di adesione per i linfociti come
ICAM-1, VCAM-1, E-selectina, P-selectina .(2,4)
Rottura della placca
Nelle placche complicate la superficie di erosione ( ulcerazione ) e/o fissurazione
può essere microscopica e in qualche caso visibile . Queste lesioni potrebbero
essere correlate con la formazione di microtrombi . Il trombo può avere più destini
: può risolversi spontaneamente , può essere incorporato in un ateroma crescente ,
può embolizzare o può essere l’inizio della formazione di un trombo che va ad
occludere il vaso . La rottura è la più seria complicanza della placca .La rottura
può essere spontanea o potrebbe essere l’approfondimento della fissurazione fino
al core necrotico , questo consente ai fattori ematici della coagulazione di entrare
in contatto con il tissue factor . Il tissue factor è una proteina pro coagulante
espressa dalle foam cells presenti nel core necrotico . La rottura tendenzialmente
avviene a livello della “spalla” , generalmente è la parte più sottile del cappuccio,
situata alla transizione tra parete non stenotica e placca, che contiene la quota
proporzionalmente maggiore di cellule infiammatorie, e più esposta all’effetto di
forze emoreologiche come lo shear stress. (2,4,22)
17
Elementi intrinseci ed estrinseci promotori della instabilità della placca : (25)
Estrinseci:
• Stress circonferenziale
• Shear stress emodinamico
• Vasospasmo
• Trombosi/trombolisi
Intrinseci
• Core necrotico : Dimensione, composizione e neovascolarizzazione
• Cappuccio fibroso : Fissurazione/erosione dell'endotelio .Spessore Infiammazione
I fattori intrinseci che contribuiscono alla rottura della placca possono
generalmente essere divisi in quelli che coinvolgono il cappuccio fibroso e quelli
che coinvolgono il core lipidico .
Cappuccio fibroso :
- Erosione della placca : Il danneggiamento delle cellule endoteliali può avvenire per
molteplici ragioni . Forze sistemiche e locali potrebbero danneggiare le cellule .
Queste forze potrebbero agire in diversi modi : citotossicità diretta , pressione
18
emodinamica , aumento della pressione interna per espansione della lesione o per
aumento delle cellule in apoptosi .
- Fissurazione della placca : La fissurazione precede la rottura , ma l’intervallo tra
questi due eventi è sconosciuto . La fissurazione è un evento comune e spesso non
porta alla formazione di un trombo , presumibilmente perché la fissurazione non
si estende al contenuto del core necrotico che è protrombotico .
- Indebolimento del cappuccio fibroso : L’indebolimento del cappuccio
fibroinfiammatorio è dovuto all’assottigliamento. Questo evento è un precursore
della rottura della placca . E’ stato dimostrato che, per uno spessore < 65μm, la
probabilità di rottura è del 95% . Cause di indebolimento del cappuccio :
o Diminuzione delle cellule muscolari e del contenuto di collagene . Le
cellule muscolari lisce danno resistenza alla placca ateromasica e la loro
proliferazione è considerata importante per la stabilità della placca . La
proliferazione delle cellule muscolari lisce raggiunge il picco nelle placche
intermedie poi diminuisce nelle lesioni avanzate . Proprio la diminuzione delle
cellule muscolari lisce porta anche ad una diminuzione delle fibre collagene .
o Infiammazione del cappuccio fibroso : L’infiammazione è correlata con un
aumento di numero e di attività dei macrofagi che rilasciano fattori chemiotattici e
chemochine che attraggono ulteriori macrofagi , linfociti T e mastociti . Queste
cellule producono una grande quantità di enzimi inclusi la famiglia delle metallo
proteasi ( MMPs ) che contribuiscono alla degradazione della matrice del
cappuccio .
o Rimodellamento della placca
o Calcificazioni: Le calcificazioni si formano in tutte le zone della placca
soprattutto nelle aree di necrosi . La calcificazione della placca è associata a
stabilità . Studi immunoistochimici hanno messo in evidenza alcune cellule
19
presenti nella parete arteriosa che hanno le caratteristiche degli osteociti e
potrebbero essere responsabili dell’indurimento delle arterie . (2,4,25)
Fattori che alterano l’area sottocapsulare :
Core necrotico : Sia le dimensioni che la composizione del core sono associati (
legati ) alla vulnerabilità della placca . L’aumento dello spessore dell’intima crea
un’area ischemica . I meccanismi fisiopatologici della formazione del core
necrotico non sono ancora conosciuti ; probabilmente è dovuto ad un accumulo
di lipidi che infarcisce l’intima e di cellule che tentano di ripulire l’intima ma
senza risultato e vanno incontro ad apoptosi . Il risultato è una composizione di
cristalli di colesterolo , esteri di colesterolo , lipoproteine ossidate , foam cells e
detriti di cellule morte . La crescita del core necrotico produce uno stress sul
cappuccio fibroso . Studi su placche coronariche dimostrano che in presenza di un
core superiore al 30-40% del volume della placca , si ha un’alta probabilità di
rottura.(2,4,25)
Ruolo dei vasa vasorum nella genesi della placca e loro importanza
nell’evoluzione verso la placca vulnerabile
I vasa vasorum sono strutture fisiologiche che provvedono al nutrimento della
parete dei vasi, e hanno un ruolo importante nella formazione della placca
ateromasica(35,36) . Studi hanno dimostrato che la neovascolarizzazione è
fondamentale per lo sviluppo della placca ed un abbondante neovascolarizzazione
è associata con le caratteristiche di vulnerabilità e con gli eventi clinici(35,2,4) . I
vasa vasorum contribuiscono alla vulnerabilità della placca per la loro capacità di
20
reclutare leucociti. Le cellule endoteliali dei vasa vasorum esprimono un maggior
numero di molecole di adesione per i leucociti. Inoltre questi vasi hanno una
maggiore fragilità che li predispone alla rottura e all'emorragia, contribuendo
all’instabilità della placca e rappresentando un’importante risorsa di colesterolo
libero proveniente dalle membrane dei globuli rossi, con conseguente richiamo di
macrofagi e allargamento del core necrotico (36). A dimostrazione
dell’associazione tra abbondanza dei vasa vasorum e instabilità della placca ci
sono studi che hanno messo in evidenza come la neovascolarizzazione sia minore
nelle placche fibrocalcifiche; quindi l'involuzione della microvascolarizzazione
potrebbe essere un meccanismo ed un marker di stabilizzazione.(2,4,25,35,36)
Sono state sviluppate metodiche per la visualizzazione dei vasa vasorum come
RM con gadolinio ed ecocontrastografia. Studi hanno dimostrato l’esistenza di
una buona correlazione tra l'istologia e le immagini ecografiche con il contrasto .
Ciò potrebbe permettere di predire l'evento clinico e di valutare l'efficacia della
terapia .
Un altro fattore che ha un ruolo importante nel rendere instabile la placca è lo
spessore del cappuccio fibroso. Uno studio ha messo in evidenza come uno
spessore < 0.1 mm renda la placca instabile a causa della sua bassa resistenza al
flusso sanguigno . Questo parametro ha un peso ancora maggiore quando la
stenosi è tra il 30 e il 70 % . (25)
Una nuova tecnica , ancora in via di sperimentazione, poco invasiva e poco
costosa per lo studio della placca instabile è “ Contrast ultrasound imaging “ .
Questa metodica permette di visualizzare la densità dei vasa vasorum della placca
ateromasica . Essendo un fattore di rischio di instabilità della placca, poter
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individuare questa caratteristica sarebbe molto utile da un punto di vista clinico .
In più la nuova tecnica permetterebbe di monitorare anche l’effetto della terapia in
quanto studi hanno evidenziato come ci sia una riduzione della densità dei
vasavasorum in pazienti trattati con statine . Inoltre è stato visto che l’utilizzo del
contrasto è utile anche per avere informazioni sull’IMT della carotide .
(32,33,34,35)
Figura 4 . L’immagine mostra le possibili evoluzioni della placca dopo la fissurazione.
22
Caratteristiche bioumorali e placca
CD36
CD36 è una glicoproteina transmembrana espressa in una varietà di tessuti e ha un
ruolo nell'angiogenesi, nell’infiammazione , nel metabolismo lipidico ,
nell'aterosclerosi e ultimamente è stato visto che svolge un ruolo nell'attivazione
delle piastrine . Nei monociti e nei macrofagi CD36 è up-regulated
dall'ossidazione delle lipoproteine a bassa densità, uno dei primi passaggi della
trasformazione dei macrofagi in foam cell . Recentemente è stata scoperta una
forma solubile di CD36 ( sCD36) . Sembra che un aumento di sCD36 sia indice di
instabilità della placca e quindi potrebbe essere un buon marker da utilizzare per
stratificare il rischio clinico del paziente insieme alle altre indagini di routine utili
alla valutazione del rischio clinico .
Il gene del CD36 fa parte degli 89 geni che sono up-regulated nella placca
sintomatica carotidea, e quindi potrebbe essere la placca stessa a essere la causa
dell'aumento dei valori circolanti di sCD36. Nella fase acuta il CD36 sarebbe
rilasciato dalle foam cells in apoptosi .(38)
Osteoprotegerina (OPG)
Secondo alcuni studi recenti, un elevato livello di OPG sarebbe fattore di rischio
indipendente per la progressione dell'aterosclerosi carotidea e di accidenti
cerebrovascolari . A dimostrazione di ciò recenti studi di istochimica hanno
evidenziato che pazienti con stenosi sintomatica della carotide avevano una
maggiore espressione di OPG . I livelli di OPG plasmatici sono risultati
inversamente correlati con l'ecogenicità della placca (39)
23
ADMA
Asymmetric dimethyllarginine (ADMA) è un inibitore endogeno competitivo
dell'ossido nitrico sintetasi (NOS) .Aumentati livelli plasmatici di ADMA si
riscontrano in pazienti con ipertensione arteriosa, insufficienza renale cronica e
ipertrigliceridemia postprandiale . Uno studio ha messo in evidenza come un
aumentato livello plasmatico di ADMA è un determinante indipendente di un
aumento dell’intima media thickeness dell'arteria carotide .
L’ossido nitrico (NO) , prodotto del metabolismo della L-arginina a L-citrullina,
reazione catalizzata dal nitrossido sintetasi ( NOS ), non è solo un vasodilatatore
rilasciato dalle cellule endoteliali ma è anche un fattore protettivo nei confronti
dell'aterosclerosi. Lo stimolo maggiore alla produzione e alla sintesi del NO è lo
shear stress endoteliale . La sua funzione principale è l’induzione di rilasciamento
delle cellule muscolari lisce e inibizione e aggregazione piastrinica . In più ha
effetti antiinfiammatori , inibendo la migrazione dei leucociti, e antiproliferativi
sulle cellule endoteliali e sulle cellule muscolari lisce vasali . (40,41)
Terapia
Il trattamento della lesione aterosclerotica è interventistico (chirurgico o
endovascolare) per stenosi maggiori del 70 %. La terapia
chirurgica,endoarterectomia, si associa ad un miglioramento della prognosi
superiore a quello ottenuto con terapia medica nei pazienti con stenosi severa. Un’
alternativa all’endoarterectomia è il trattamento endovascolare con uno stent(40).
24
La terapia medica consiste al momento nel trattamento "aggressivo" dei fattori di
rischio maggiori, come dilsipidemia, diabete, ipertensione e sospensione del
fumo. (2,4)
Terapia antiaggregante
In pazienti con TIA o ictus ischemico di origine non cardiaca , la terapia
antiaggregante è capace di ridurre il rischio di stroke del 11-15% . L’associazione
aspirina clopidogrel ,in pazienti ad alto rischio cioè con TIA o ictus recenti , è un
presidio farmacologico utile per ridurre le recidive . (2,4)
Placca e Statine
Studi sperimentali e clinici hanno dimostrato che il trattamento intensivo con
statine riduce la disfunzione endoteliale e gli eventi trombotici .
In particolare uno studio ha dimostrato come l'utilizzo di 80 mg/d di atorvastatina
abbia diminuito i livelli di lipidi e dei mediatori dell'infiammazione circolanti in
un mese . E' stata anche osservata una riduzione dell'infiltrazione dei macrofagi
nelle placche dopo 3-4 mesi di terapia . (43)
Il fattore nucleare kB ( NF-kB ) è attivato nella regione vulnerabile delle placche
aterosclerotiche e nelle cellule mononucleate del sangue . Questo fattore di
trascrizione regola l'espressione del monocyte chemotractant protein-1 (MCP-1) ,
cicloossigenasi -2 ( COX-2), tutti diminuiti dopo trattamento con statina . (14,43)
Altri studi hanno dimostrato come le statine stabilizzino le placche diminuendo
l’attività delle metalloproteasi e aumentando il contenuto di collagene nelle
placche . (14)
25
Tecniche di studio della placca
L’importanza clinica di ottenere informazioni sulla struttura delle placche
carotidee è sottolineata anche dalla dimostrazione che placche sintomatiche
(quindi “vulnerabili”) e asintomatiche (“stabili”) risultano istologicamente
differenti a parità di spessore e entità della stenosi. Una varietà di tecniche di
immagini invasive e non invasive possono fornire informazioni, generalmente
indirette, sulla composizione e la vulnerabilità della placca aterosclerotica . (3)
Tecniche invasive :
L’angiografia è una modalità diagnostica povera di informazioni per la lesione
vulnerabile , poiché non fornisce informazioni sulla parete del vaso e sulla
struttura della placca. L’angiografia rimane comunque un eccellente strumento per
la diagnosi di una stenosi severa o di una occlusione, e trova la sua indicazione
elettiva preliminarmente ad un trattamento interventistico endovascolare. Per la
caratterizzazione tissutale della parete arteriosa e della placca deve essere
associata a metodiche di ecografia intravascolare che, benchè dotate di elevata
risoluzione, trovano nell’invasività un limite importante per la valutazione dei
pazienti con stenosi di entità “intermedia” e nel follow-up. (25)
26
Le tecniche attualmente disponibili in grado di fornire non invasivamente una
caratterizzazione tissutale della placca carotidea e una stima della sua
vulnerabilità sono le seguenti:
- Risonanza magnetica nucleare (MRI)
- Tomografia assiale computerizzata (CT)
- PET o SPECT
Ultrasuoni (US) 2D e 3D
- Ecocontrastografia
MRI
MRI La risonanza magnetica nucleare è un utile strumento per la diagnosi e lo
studio della placca aterosclerotica, grazie ai dati acquisiti in multi sequenza . In
molti studi è stata dimostrata la capacità della MRI di fornire informazioni sulle
caratteristiche della parete del vaso , dello spessore del cappuccio , della
composizione del core , delle calcificazioni e dei trombi .
Uno studio ha evidenziato la possibilità di “vedere” l'infiammazione della placca
grazie all'utilizzo di un mezzo di contrasto che si accumula nei macrofagi infiltrati
. Il mezzo di contrasto utilizzato è USPIO ultra small super-paramagnetic iron
oxide (nome commerciale Sinerem®) .
E' stato visto che USPIO si accumula principalmente nei macrofagi attivati
soprattutto a livello della spalla o del core necrotico delle lesioni aterosclerotiche
27
rotte o prossime alla rottura . Questo è un buono strumento per identificare la
placca vulnerabile. (3)
Alcuni gruppi di studi hanno preso in considerazione la possibilità di eseguire
RMI intravascolari con lo scopo di poter studiare le caratteristiche della placca
con un’ attenzione particolare alla differenziazione tra i vari costituenti della
placca . Uno studio sulle arterie iliache ha messo in evidenza come questa nuova
metodica sia in grado di differenziare le varie componenti della placca .
TC
L’evoluzione della tomografia computerizzata con acquisizioni multidetettore
permette ricostruzioni 3D di strutture anatomiche . I mezzi di contrasto possono
essere utilizzati per rilevare le disomogeneità della superficie della placca (
ulcerazioni ) con un’alta specificità e selettività , come confermato dopo la
chirurgia. (3,44)
Tomografia ad Emissione di Positroni (PET)
Basata sulla rilevazione della captazione di 18-F-Glucosio da parte di tessuto
metabolicamente attivo, se positiva identifica aree vascolari ad elevato turnover
metabolico, e quindi la vulnerabilità associata alla componente infiammatoria
della placca grazie all’utilizzo del tracciante che si accumula nei siti di
infiammazione . (3)
28
ULTRASUONI
Figura 5. Immagine ecografica in B-mode dell’arteria carotide comune e della sua
biforcazione nelle arterie carotide interna ed esterna.
L’ecografia è un insieme di tecniche che utilizzano ai fini diagnostici le
riflessioni, dette “ echi “ , che un fascio di ultrasuoni di idonee caratteristiche
subisce nell’attraversare i tessuti biologici .
L’energia ultrasonora si propaga in linea retta nella direzione in cui viene emessa ,
nell’attraversare il corpo umano si attenua progressivamente. L’energia
ultrasonora si attenua per un coefficiente di assorbimento biologico e per il
fenomeno della riflessione ad ogni variazione d’impedenza acustica tissutale .
Proprio questo fenomeno viene utilizzato dall’ecografia tradizionale per
individuare i diversi tipi di tessuto che compongono la placca . (45,46)
L’ecografia risulta essere la migliore tecnica per la diagnosi e per il monitoraggio
della malattia aterosclerotica essendo poco invasiva e poco costosa . Questa tecnica
si basa essenzialmente sul riscontro della placca e le uniche caratteristiche che
riesce ad individuare sono la dimensione e la sua ecogenicità .
29
La diminuzione dell’ecogenicità della placca è stata correlata con la placca
emorragica . I costituenti lipidici trombotici sono ipoecogeni, le placche calcifiche
e fibrose sono iperecogene . Un aumento dei lipidi nella placca è da considerarsi
un’evoluzione verso la rottura e la presenza di un trombo è indice che la
distruzione è già avvenuta . L’individuazione di una placca ricca in lipidi e con la
presenza di un trombo , placca ipoecogena , ci dice che siamo in presenza di una
lesione vulnerabile ma con gli US non si riesce a distinguere le differenze tra
questi ultimi due costituenti . Per questo nasce l’esigenza di trovare una metodica
capace di fare questa distinzione perché avrebbe una notevole importanza clinica
dovuta al fatto che la composizione della placca è strettamente correlata con il
rischio trombo embolico . (3,47,48)
E’ noto che la stenosi non predice con accuratezza eventi cerebrali nei pazienti
asintomatici, in quanto eventi embolici ci possono essere anche in pazienti con
stenosi non severe(3,48) . Per questo motivo l’interesse degli studi si è spostato
sulla composizione della placca. Si cerca di sviluppare metodiche che siano
capaci di individuare tutti i vari tipi di tessuti che compongono la placca : la
composizione della placca è associata con il rischio trombo-embolico.
L’arteria carotide è un’utile finestra per stimare il rischio cardiovascolare poiché
con gli US si possono avere informazioni su morfologia, emodinamica e proprietà
elastiche . Numerosi studi hanno dimostrato che le proprietà elastiche delle arterie
potrebbero essere utili nello studio nella malattia cardiovascolare(26,47) .
L’identificazione delle proprietà meccaniche della parete o della placca potrebbe
essere importante nella identificazione della placca instabile . Per lo studio delle
proprietà di ” movimento “ della parete è stato utilizzato il “ tissue doppler
imaging ( TDI ) “ , che originariamente era stato sviluppato per lo studio del
30
miocardio. Il TDI è un colour doppler che è stato ottimizzato per prendere
immagini dei movimenti dei tessuti piuttosto che il flusso sanguigno, e ha una alta
capacità di risoluzione spaziale e temporale . Il TDI è stato applicato per lo studio
dell’arteria carotide comune ( CCA ) dello stiffness e della compliance . Arterial
wall motion è il nome che è stato dato al TDI ottimizzato per lo studio delle
arterie . Il software utilizzato è capace di calcolare la velocità della parete
dell’arteria e il suo spostamento , da questi parametri calcola la compliance del
vaso e l’elasticità del tessuto . Questa metodica sperimentale è poco invasiva e
poco costosa, in quanto eseguita con un comune ecografo. Potrebbe permettere di
individuare quelle zone del vaso che presentano un’alterazione della cinetica della
parete che sono possibile luogo di alterazioni e di sviluppo di placche .(49)
Un’altra applicazione degli ultrasuoni è l’integrated backscatter, utile per la “
Ultrasonic tissue characterization “ ( UTC ) . Questa applicazione può meglio
distinguere i vari tipi di tessuti perché è più sensibile alle caratteristiche fisiche di
un tessuto e può esprimerlo quantitativamente. UTC è stato utilizzato per
distinguere il tessuto lipidico da quello trombotico . (49)
IMT Intima media thickness , spessore dell’intima e della media è un utile
parametro utilizzato per la valutazione della patologia aterosclerotica carotidea e
generalizzata .
Un aumento dell’IMT è una delle prime modificazioni che si hanno nella
patologia aterosclerotica . Una corretta e anticipata valutazione dello spessore
dell’intima-media può aiutarci a stratificare il rischio clinico di un paziente . Un
aumentato IMT a livello carotideo non è solo indice di una futura patologia
aterosclerotica carotidea ma è anche indice di un’aumentata probabilità che siano
31
colpite anche altre arterie dall’aterosclerosi . Studi hanno dimostrato come un
aumentato IMT carotideo sia correlato ad un aumento di eventi coronarici .
Un IMT aumentato può essere dovuto ad un ispessimento dell’intima e/o della
tonaca muscolare, ma a differenza delle arterie muscolari più periferiche, la
carotide è un’arteria elastica e la tonaca muscolare è relativamente poco
rappresentata. Pertanto, un aumento dell’IMT carotideo è considerato un
ispessimento principalmente intimale .
L’età è uno dei più importanti determinanti dell’IMT, che aumenta
approssimativamente di 0.015 mm/anno nelle donne e di 0.018 mm/anno negli
uomini alla biforcazione carotidea, di 0.010 mm/anno nelle donne e 0.014
mm/anno negli uomini a livello della carotide interna, e di 0.010 mm/anno in
entrambi i sessi nella carotide comune . (50)
L’aumento di IMT può essere reattivo ad una pressione ematica elevata ed alle
variazioni di shear stress. Queste ultime spiegano le vistose variazioni di IMT alla
biforcazione carotidea, là dove si verifica turbolenza di flusso .
IMT aumenta soprattutto in condizioni patologiche come le dislipidemie ed il
diabete . Studi hanno dimostrato come IMT varia con il profilo glicemico . I
pazienti con diabete scompensato hanno un IMT più alto. Un aumentato IMT è
presente anche nei pazienti con dislipidemie . Possiamo concludere che IMT
correla con il profilo metabolico (21).
32
La caratterizzazione tissutale con gli ultrasuoni , eseguita o con l’analisi
videodensitometrica di immagini ultrasonografiche standard o con integrated
backscatter, è stata utilizzata con risultati promettenti . La caratterizzazione tissutale
con gli US ha una lunga storia , iniziò Barzilai che identificò le calcificazioni
vascolari come sorgente di IBS alti . Conseguentemente studi clinici hanno
dimostrato che le placche carotidee e coronariche possono essere classificate come
fibrose o lipidiche con l’uso della caratterizzazione tissutale con US .
In più è stato visto che sia la videodensitometria che l’analisi con IBS cambiano
con il cambiare delle caratteristiche della placca durante e dopo la terapia .
(49,53,54,55)
33
IBS integrated backscatter
E’ lo studio della potenza del segnale di ritorno delle radiofrequenze . La potenza
del segnale è il quadrato della magnitudine della trasformata di Fourier del
segnale in radiofrequenze di ritorno .Grazie alla trasformata di Fourier il segnale
di ritorno viene scomposto e analizzato, da qui possono essere calcolati più
parametri che sono in relazione con le caratteristiche del tessuto . Per questo
vengono utilizzati nella caratterizzazione tissutale della parete delle arterie .
Figura 6 Immagine , in sezione trasversa, di IBS carotide comune, da Kawasaki M et al,
JACC 2001; 38: 486-92
34
Videodensitometria
La videodensitometria è un’ applicazione degli US dove ad una determinata
regione di interesse ( ROI ) viene assegnato per ogni pixel un livello di grigio che
va da 0 (nero) a 256 (bianco) . Come riferimento per lo zero viene preso il colore
del sangue e per 256 viene preso come riferimento l’avventizia . (55,56)
Figura 7 Esempi di video densitometria. La placca indicata nella figura con CO rappresenta una
placca ipoecogena . Alla sua destra vediamo l’istogramma relativo ai livelli di grigio. Possiamo notare
come sia associata a bassi livelli di grigio. La placca indicata con C7 rappresenta una placca
iperecogena. Alla sua destra è presente l’istogramma relativo ai livelli di grigio. Possiamo notare come
sia associata ad alti livelli di grigio.
35
Scopo dello studio
Lo scopo dello studio è stato quello di valutare le caratteristiche della parete
carotidea in pazienti ad alto rischio , sotto trattamento farmacologico , con stenosi “
intermedia “ e mettere in relazione le caratteristiche della parete con il profilo
metabolico .
Materiali e metodi
Popolazione dello studio
Sono stati studiati 38 pazienti , 10 femmine e 28 maschi età media 69±11, range
58-80 anni, con dislipidemia sotto trattamento farmacologico con statine . 25
pazienti ( 65%) presentavano ipertensione e 7 (18%) erano affetti da diabete
mellito . Tutti i pazienti sono stati reclutati presso il Dipartimento Cardio-
Toracico dell’Università di Pisa, U.O. Angiologia.
36
Tabella 1 Dati anagrafici e fattori di rischio della popolazione studiata
Nome Sex Età W H BMI DM IA CAD
Dislip si/no Fumo SBP DBP
A D M 70 70 178 22,1 NO SI NO SI SI 138 80
B S F 39 104 162
39,6 NO SI NO SI NO 164 116
B D F 82 69 150 30,6 SI SI SI SI NO 156 81
B M F 66 62 170 21,5 NO SI SI SI 168 83
B M M F 68 72 153 30,7 NO SI NO 150 100
C V M 69 63 173 21,0 NO SI SI SI NO 180 110
C M M 70 80 179 25,0 NO SI SI SI NO 130 80
C F M 56 82 182 24,7 NO SI SI SI NO 185 112
C G F 64 75 159 29,7 NO SI NO SI NO 133 85
C N G M 83 77 175 25,1 NO SI SI SI NO 140 80
C L B M 75 84 178 26,5 SI SI SI SI NO 174 91
C R M 64 75 173 25,1 NO SI SI SI SI 179 97
D M M 59 64 165 23,5 NO SI NO SI NO 120 70
D B M M 76 92 180 28,4 SI SI NO SI SI 140 70
D R M F 90 64 165 23.5 SI SI SI NO
F P M 68 82 178 25,9 NO SI SI SI NO 122 70
G C A M 75 77 173 25,7 NO SI SI SI NO 185 105
G R M 79 64 165 23,5 NO SI SI SI NO 168 90
37
L M M 77 75 173 25,1 NO SI SI SI NO 140 80
M B M 78 78 170 27,0 SI SI SI SI NO 119 47
M A M 59 112 177 35,7 SI SI SI NO NO
M E F 71 55 166 20,0 NO SI NO SI NO 140 80
P G M 77 75 170 26,0 NO SI SI SI NO 160 90
P M F 77 52 156 21,4 SI SI SI SI NO 137 76
P P M 62 82 180 25,3 NO SI SI SI NO 140 90
P P M 76 83 171 28,4 NO SI SI SI SI 139 69
P S M 71 80 183 23,9 NO SI SI SI SI 150 80
P P M 79 71 165 26,1 NO SI NO SI SI 125 80
P S F 72 65 149 29,2 NO SI SI SI NO 210 110
R A M 48 78 170 27,0 NO SI NO SI NO 105 79
S C M 80 98 180 30,2 NO SI NO SI NO 150 90
SVA F 79 74 158 29,6 SI SI SI SI NO 160 103
S F M 57 75 165 27,5 NO NO NO SI NO 132 75
S A F 77 81 166 29,3 NO SI NO SI NO 120 60
S M M 45 61 173 20,4 NO NO NO SI NO 110 70
S F M 61 83 173 27,7 NO NO SI SI NO 140 80
Z F M 68 106 175 34,6 SI SI SI SI NO 177 104
Z L M 89 55 160 21,5 NO SI SI SI NO 126 63
38
Tabella 2 Profilo bioumorale dei pazienti della popolazione studiata
Nome CT HDL LDL TG Glicemia HbA1c
OPG
fibrinogeno PCR
A D 169 55 91 107 107 5,40
11,320 341 3,30
B S 189 42 130 126 87 5,20
4,790 382 3,30
B D 184 58 107 89 129 8,60
663 7,05
B M 176 40 126 77 73 5,50
8.500 265 3,30
B M M 164 34 104 180 199 8,20
6,580 384 0,41
C V 230 59 140 180 102 5,80
7.650 447 1,24
C M 125 43 81 78 5,40
7,500 325 3,30
C F 156 61 66 208 116 6,00
5,530 285 3,30
C G 130 38 74 100 111 5,80
9.380 381 3,30
C N G 155 35 87 200 99 6,00
9,190 264 3,30
C L B 151 45 82 150 231 8,70
11,190 439 3,35
C R 218 33 132 322 114 5,40
4,570 498 15,40
D M 147 46 82 103 107 6,10
4,590 324 3.30
D B M 164 62 84 105 168 6,90
7,100 412 2,30
D R M 155 60 80 150 372 9,80
7 324 2,30
F P 103 43 50 45 87 5,20
3,740 393 3,30
G C A 149 48 86 81 101 5,80
6,460 386 3,30
G R 170 61 91 117 83 5,70
8,650 354 3,30
39
L M 157 47 91 94 112 6,40
6,950 548 5,80
M B 216 54 144 70 165 6,50
14,250 325 3,30
M A 185 54 125 125 134 7,70
6,100 387 5,80
M E 180 57 103 94 98 5,40
422 2,29
P G 170 42 111 193 90 5,70
12,770 372 0,41
P M 152 49 90 123 147 7,60
9,770 372 3,30
P P 160 42 108 83 111 5,70
8,440 423 3,86
P P 137 35 77 132 116 5,60
10,660 471 5,40
P S 125 33 72 116 93 6,10
6,530 446 3,30
P P 174 45 110 82 94 61,00
399 16,00
P S 193 67 103 129 122 6,40
5,960 520 4,51
R A 171 47 104 145 85 0,21
5,480 336 3,30
S C 253 53 161 287 142 6,40
392 4,89
SVA 154 44 88 116 116 7,90
9,320 598 11,20
S F 147 33 83 217 95 5,10
5,290 543 5,50
S A 171 67 111 82 93 6,1
7,650 520 3,30
S M 201 91 95 75 96 5,40
272 0,17
S F 172 38 94 283 88 5,30
8,290 337 1,07
Z F 147 66 80 81 161 8,20
423 0,63
Z L 130 30 91 76 97 5,80
11,200 617 4,36
40
Tabella 3 Terapia per singolo paziente della popolazione studiata
Nome DIABETE MELLITO IPERTENSIONE CORONAROPATIA DISLIPIDEMIA
A D NO IRBESARTA + IDROCLORTIAZIDE TICLOPIDINA CLORIDATO ATORVASTATINA
B S NO CARVEDILOLO NO SIMVASTATINA
B D ROSIGLITAZONE+METFORMINA VALSARTAN + IDROCLORTIAZIDE ISOSORBIDTE
TICLOPIDINA ATORVASTATINA
B M NO RAMIPRIL METOPROLOLO NITROGLICERINA ACIDOACETILSALICILICO
SIMVASTATINA
B M M NO STATINA
C V NO RAMIPRIL ATENOLOLO ACIDOACETILSALICILICO ATORVASTATINA
C M NO RAMIPRIL AMLODIPINA , TICLOPIDINA
EZETIMIBE+ SIMVASTATINA
C F NO RAMIPRIL BISOPROLOLO ATORVASTATINA
C G NO IRBESARTAN CARVEDILOLO LISINA ACETILSALICATO ROSUVASTATINA
C N G NO TELMISARTAN IDROCLORTIAZIDE+ AMILORIDE,AMLODIPINA
ATENOLOLO ACIDOACETILSALICILICO ROSUVASTATINA
C L B INSULINA, METFORMINA LOSARTAN,FUROSEMIDE CARVEDILOLO
ACIDOACETILSALICILICO SIMVASTATINA
C R NO RAMIPRIL,FUROSEMIDE AMLODIPINA
CARVEDILOLO TICLOPIDINA SIMVASTATINA
D M NO QUINAPRIL+ IDROCLORTIAZIDE AMLODIPINA ACIDOACETILSALICILICO FLUVASTATINA
D B M INSULINA PERINDOPRIL TICLOPIDINA ROSUVASTATINA
41
D R M INSULINA RAMIPRIL FUROSEMIDE IDROCLORTIAZIDE SPIRONOLATTONE
BISOPROLOLO STATINA
F P NO RAMIPRIL,AMLODIPINA ATENOLOLO ACIDOACETILSALICILICO ISOSORBIDE
ROSUVASTATINA
G C A NO VALSARTAN,BARDINIPINA BISOPROLOLO, ACIDOACETILSALICILICO ATORVASTATINA
G R NO POTASSIO CARNEROATO FUROSEMIDE MANIDIPINA
ISORBIDE,CARVEDILOLO ACIDOACETILSALICILICO SIMVASTATINA
L M NO FUROSEMIDE NITROGLICERINA CARVEDILOLO ,LISINA ACETILSALICILATO
ROSUVASTATINA
M B METFORMINA + GLIBENCLAMIDE
ENALAPRIL,FUROSEMIDE VALSARTAN LERCANIDIPINA STATINA
M A METFORMINA IRBESARTAN IDROCLORTIAZIDE
TICLOPIDINA ENOXAPARINA NITROGLICERINA
STATINA
M E NO RAMIPRIL,FUROSEMIDE+ SPIRONOLATTONE PROPANOLOLO
ACENOCUMAROLO PRAVASTATINA
P G NO RAMIPRIL ACIDOACETILSALICILICO ATORVASTATINA
P M GLIMEPIRIDE RAMIPRIL,FUROSEMIDE CANRENONE
BISOPROLOLO ACIDOACETILSALICILICO ATORVASTATINA
P P NO AMLODIPINA BISOPROLOLO ACIDOACETILSALICILICO SIMVASTATINA
P P NO FUROSEMIDE , AMLODIPINA
BISOPROLOLO DOXAZOSIN, LISINA ACETILSALICILATO,TICLOPIDINA
ROSUVASTATINA
P S NO RAMIPRIL,POTASSIO CANRENOATO AMLODIPINA
ATENOLOLO,LISINA ACETILSALICILATO ATORVASTATINA
P P NO AMLODIPINA,DOXAZOSIN TICLOPIDINA ATORVASTATINA
P S NO NO NEBIVOLOLO NITROGLICERINA ACIDOACETILSALICILICO
SIMVASTATINA
R A NO PERINDOPRIL + INDAPAMIDE ACIDOACETILSALICILICO ROSUVASTATINA
S C NO VALSARTAN ACIDOACETILSALICILICO ATORVASTATINA
S A INSULINA IRBESARTAN,FUROSEMIDE DILTIAZEM ACIDOACETILSALICILICO ATORVASTATINA
42
S F NO NO NO FLUVASTATINA
S A NO CANDESARTAN TORASEMIDE TICLOPIDINA ROSUVASTATINA
S M NO NO NO SIMVASTATINA
S F NO NO ATENOLOLO,TICLOPIDINA ATORVASTATINA OMEGA POLIENOICI
Z F GLIMEPIRIDE E METFORMINA
CANDESARTAN + IDROCLORTIAZIDE
ISOSORBIDE ACIDOACETILSALICILICO STATINA
Z L NO RAMIPRIL, FURPSEMIDE, POTASSIO CANRENOATO ACIDOACETILSALICILICO ATORVASTATINA
Tabella 4 Sintesi delle caratteristiche cliniche dei pazienti studiati
Età media 69±11
Peso 75±13 Kg
Pressione sistolica 148±24 mmHg
Pressione diastolica 85±15 mmHg
LDL 97±24
HDL 48±13
TG 133±67
Glicemia 115±35
HbA1c 62±10
Fibrinogeno 410±99
Proteina C reattiva 4.18±3.57
% Stenosi 38% ±13
IMT CCAsx 0.86±0.12 mm
IMT CCAdx 0.83±12 mm
43
Il valore Mediana delle LDL è 91 , la % di pazienti con LDL inferiore al valore di
100 mg/dl è di 55,5%.
In totale sono state individuate 83 placche di cui 39 in carotide comune ( CCA ) ,
36 a livello del bulbo e 8 a livello della carotide interna ( ICA ) .
Misurazione della pressione arteriosa
La misurazione della pressione arteriosa è stata effettuata con apparecchio
elettronico. Il paziente era supino in ambiente tranquillo e la misurazione è stata
effettuata a livello del braccio sinistro .
Studio ultrasonografico
Le arterie carotidi sono state esaminate con ecografo Philips Sonos 5500 con
sonda lineare ad alta frequenza (10 MHz ; risoluzione laterale (1.0-0.5mm). In B-
mode, il livello di acquisizione e il focus sono stati settati per l’identificazione
della parete e sono rimasti costanti per tutto il periodo dell’acquisizione. Lo
spessore dell’IMT è stato definito come la distanza tra le interfacce lume-intima e
avventizia-intima, misurato alla fine della diastole. Le placche sono state definite
come un aumento focale >1.5 mm di IMT con protrusione nel lume . Le
acquisizioni sono state eseguite in proiezione longitudinale. Per l’analisi
videodensitometrica, la regione di interesse (ROI) è stata considerata quello
spazio che va dalla porzione iniziale della spalla , non più spessa di 5mm,
all’IMT , non più spesso di 2 mm. Tutte le registrazioni sono state fatte dallo
stesso operatore che ha utilizzato un videoregistratore ad alta risoluzione
(Panasonic AG-MD830) collegato con il sistema di analisi di immagini del
computer (MIP). Sono state selezionate un’immagine dalla ROI nella proiezione
44
longitudinale e un’immagine nella proiezione trasversa. Le immagini sono state
digitalizzate con una risoluzione di 576x768 pixels, ed ad ogni pixel è stato
assegnato un livello di grigio con valori che vanno da 0 (nero) a 256(bianco).
Come riferimenti per i livelli di grigio sono stati utilizzati il colore del sangue,
nero, e il colore dell’avventizia, bianco.
Ecografia carotidea con IBS
Lo studio in IBS è stato eseguito sequenzialmente, con lo stesso ecografo,
implementato con densitometria acustica che fornisce un analisi del segnale
integrato ( IBS ) da un determinata regione di interesse ( ROI ) . La regione di
interesse è di forma rettangolare di dimensioni 11x11 pixels . L’analisi è stata
effettuata sia sull’IMT (media di parete vicina e parete lontana) che sulle placche.
I valori di IBS sono stati considerati sia in assoluto che calibrati per l’avventizia.
Per IMT calibrato si intende la differenza tra IBS avventizia e IBS IMT .
45
Figura 8 Esempio di IBS di placca fibro-calcifica.
Figura 8 bis
46
Figura 9 IBS di placca ipoecogena
Figura 9 bis
47
Figura 10 Esempio di IBS di avventizia
Figura 10 bis
48
Figura 11 IBS IMT
Figura 11 bis
Le immagini prese in esame rappresentano esempi di IBS. La figura 8
rappresenta IBS di placca iperecogena. La figura 9 rappresenta IBS di placca
ipoecogena. Le ultime due figure 10 e 11 rappresentano IBS di avventizia e di
IMT rispettivamente. Possiamo notare come i valori di IBS della placca
iperecogena (figura 8 bis) si avvicinano di più a quelli dell’avventizia. Mentre i
49
valori di IBS della placca ipoecogena(figura 9 bis) sono più bassi dei valori di
IMT (figura 11bis). Questo ci indica che la placca iperecogena è più riflettente .
Risultati
Tabella 5: Correlazioni tra parametri ultrasonografici e profilo metabolico
IMT medio IMT* IBS parete (assoluto)
IBS parete (calibrato)
IBS placca CCA (calibrato)
IBS placca bulbo + ICA (calibrato)
Età r=0.229 p=0.1784
r=0.227 p=0.0482
r=0.095 p=0.4063
r=0.022 p=0.8637
r=0.016 p=0.9209
r=0.088 p=0.5788
Peso r=0.121 p=0.4870
r=0.137 p=0.2592
r=0.168 p=0.4218
r=0.110 p=0.4029
r=0.033 p=0.8568
r=0.172 p=0.2893
SBP r=0.05 p=0.9751
r=0.022 p=0.8559
r=0.049 p=0.6732
r=0.155 p=0.2382
r=0.246 p=0.1673
r=0.078 p=0.6340
DBP r=0.095 p=0.5877
r=0.086 p=0.4792
r=0.120 p=0.2981
r=0.055 p=0.6750
r=0.110 p=0.5426
r=0.039 p=0.8126
CT r=0.056 p=0.7498
r=0.069 p=0.5701
r=0.031 p=0.7921
r=0.194 p=0.1332
r=0.059 p=0.7408
r=0.023 p=0.8917
HDL r=-0.266 p=0.1218
r=-0.273 p=0.0125
r=-0.375 p=0.0008
r=-0.219 p=0.0907
r=-0.281 p=0.1072
r=-0.069 p=0.6768
LDL r=0.185 p=0.2961
r=0.175 p=0.1496
r=0.139 p=0.2330
r=0.293 p=0.0229 r=0.037 p=ns r=0,093 p=ns
TG r=0.015 p=0.93
r=0.048 p=0.6914
r=0.009 p=0.9370
r=0.204 p=0.1152
r=0.276 p=0.1144
r=0.167 p=0.3110
Glicemia r=0.224 p=0.1951
r=-0.211 p=0.0001
r=-0.254 p=0.0270
r=0.327 p=0.0100
r=0.382 p=0.0257
r=0.401 p=0.0115
HbA1c r=0.101 p=0.5650
r=0.092 p=0.4486
r=-0,296 p=0.0.009
r=0.335 p=0.0083
r=0.347 p=0.0444
r=0.290 p=0.0734
Fibrinogeno r=0.170 p=0.3300
r=0.150 p=0.2140
r=0.134 p=0.5236
r=0.173 p=0.1814
r=0.136 p=0.4447
r=0.176 p=0.2833
50
PCR r=0.763 p=0.0001
R=0.634 p=0.0001
r=0.090 p=0.6750
r=0.203 p=0.1230
r=0.083 p=0.6500
r=0.260 p=0.1095
Hct r=-0.348 p=0.0407
R=-0.369 p=0.0005
r=0.037 p=0.7531
r=0.256 p=0.0258
OPG r=0.050 p=0.7914
R=0.010 p=0.9342
r=0.015 p=0.8988
r=0.031 p=0.8018
(Per IMT* si intende la media dell’IMT di tutti i segmenti presi in esame)
a) Caratteristiche ultrasonografiche della parete arteriosa e profilo bioumorale
Lo spessore intimo mediale medio, nel nostro studio, non risulta essere correlato
né con l’età né con la pressione arteriosa . Solitamente l’IMT aumenta di pari
passo con l’aumentare dell’età , aumenta di circa 0.010 mm/anno in entrambi i
sessi in carotide comune . Nei nostri casi che mostrano aumentati valori di
proteina C reattiva, valori medi 4.18 mg/dl , la mancata correlazione tra IMT e
età sembrerebbe essere “ mascherata “ proprio dalla PCR che risulta essere
correlata con IMT R=0.743 P<0,05 (grafico 1) , supponendo una componente
infiammatoria alla base dell’ispessimento della parete arteriosa per proliferazione
delle cellule muscolari lisce.
51
.5
.65
.8
.95
1.1
1.25
1.4
IMT mm
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18PCR md/dl
r=0.742 p<0.001
.5
.65
.8
.95
1.1
1.25
1.4
IMT mm
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18PCR md/dl
r=0.742 p<0.001
Grafico 1
,4
,6
,8
1
1,2
1,4
1,6
IMT m
ean
30 34 38 42 46
Hematocrit %
r= - 0,375p< 0,05
,4
,6
,8
1
1,2
1,4
1,6
IMT m
ean
30 34 38 42 46
Hematocrit %
r= - 0,375p< 0,05
Grafico 2
52
Un’associazione al limite della significatività statistica è stata osservata tra IMT e
HDL, R=-0,290 P=0,09 .C’è correlazione inoltre tra PCR e HDL ,R=-0,278
P=0,01 (Grafico 3) . Ciò è compatibile con l’ipotesi che livelli bassi di HDL
attivino una risposta infiammatoria che promuove l’ispessimento intimale .
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
PC
R m
g/dl
20 30 40 50 60 70 80 90 100HDL md/dl
r=-0.272p<0.01
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
PC
R m
g/dl
20 30 40 50 60 70 80 90 100HDL md/dl
r=-0.272p<0.01
Grafico 3
53
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
PCR m
g/dl
30 34 38 42 46HCT %
r=-0.390 p<0.05
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
PCR m
g/dl
30 34 38 42 46HCT %
r=-0.390 p<0.05
Grafico 4
Quando si estende la casistica a tutti i segmenti presi in esame (indicati con
IMT*), IMT correla anche con HDL , r=-0.227 p=0.0125, età , r=0.227 p=0.0482,
glicemia, r=-0.211 p=0.001 .
Le lipoproteine a alta densità (HDL) correlano inversamente con IBS IMT , r=-
0.497 p<0,005 , IBS IMT (calibrato), r=-0,386 p=0,07 Non c’è correlazione tra
HDL e IBS placca.
L’IBS delle placche carotidee è correlato con il profilo glucidico : glicemia e
HbA1 . Le correlazioni sono state valutate separatamente per le placche situate in
carotide comune e quelle situate nel bulbo e carotide interna.
Per IBS placche carotide comune vs glicemia è stata osservata una correlazione
con R=0,382, P=0,0257(Grafico 7) ; IBS placche carotide comune vs HbA1:
R=0,290, P=0,0734 (Grafico 8) (al limite della significatività); IBS placche bulbo
e carotide interna vs glicemia: R=0,401, P=0,0115 (Grafico 5) ; IBS placche
54
bulbo e carotide interna vs HbA1c: R=0,347, P=0,0444 (Grafico 6) . Da questi
risultati possiamo dedurre che i valori di IBS delle placche carotidee sono
correlati con il profilo glucidico dei pazienti
-27.5
-22.5
-17.5
-12.5
-7.5
IBS
Plac
ca b
ulbo
+IC
A(c
alib
rato
) db
70 90 110 130 150 170Glicemia mg/dl
r=0.401
p=0.0115
-27.5
-22.5
-17.5
-12.5
-7.5
IBS
Plac
ca b
ulbo
+IC
A(c
alib
rato
) db
70 90 110 130 150 170Glicemia mg/dl
r=0.401
p=0.0115
Grafico 5
55
-27.5
-22.5
-17.5
-12.5
-7.5
IBS
Plac
ca b
ulbo
+ICA
(cal
ibra
to) d
b
5,0 5,5 6,0 6,5 7,0 7,5 8,0 8,5 9,0
HbA1c %
r=0.290
p=0.0734
-27.5
-22.5
-17.5
-12.5
-7.5
IBS
Plac
ca b
ulbo
+ICA
(cal
ibra
to) d
b
5,0 5,5 6,0 6,5 7,0 7,5 8,0 8,5 9,0
HbA1c %
r=0.290
p=0.0734
Grafico 6
-28
-24
-20
-16
-12
IBS
plac
ca C
CA
(cal
ibra
to) d
b
60 80 100 120 140 160 180 200 220 240
Glicemia mg/dl
r=0.290
p=0.0734
-28
-24
-20
-16
-12
IBS
plac
ca C
CA
(cal
ibra
to) d
b
60 80 100 120 140 160 180 200 220 240
Glicemia mg/dl
r=0.290
p=0.0734
Grafico 7
56
-28
-24
-20
-16
-12
IBS
plac
ca C
CA (c
alib
rato
) db
5,0 5,5 6,0 6,5 7,0 7,5 8,0 8,5 9,0
HbA1c %
-
r=0.347
p=0.0444
-28
-24
-20
-16
-12
IBS
plac
ca C
CA (c
alib
rato
) db
5,0 5,5 6,0 6,5 7,0 7,5 8,0 8,5 9,0
HbA1c %
-
r=0.347
p=0.0444
Grafico 8
b) PCR e Caratterizzazione tissutale
La PCR è risultata correlata con la media dei livelli di grigio ( MGL mean gray
level ) della placca (r=0,394 p=0.05) e c’è una tendenza alla significatività
statistica con IBS placca (R=0,262 P=0,171), mentre non sono state osservate
correlazioni significative con IBS di IMT e con MGL di IMT .
Quindi la PCR correla direttamente con la struttura della placca (densità e
proprietà acustiche) caratterizzata con i livelli di grigio , ma non correla con IBS
benché sia apprezzabile una tendenza alla correlazione diretta . Invece non è stata
57
osservata nessuna correlazione tra PCR e proprietà acustiche dell’apparato intimo
mediale .
c) Caratteristiche acustiche di parete
La % di stenosi mostra una tendenza, benché non significativa, alla correlazione
inversa con HDL (R=-0,204 P=0,119) .
IMT correla con IBS IMT (R=0,222 P<0,05) , con IBS IMT (calibrato) (R=0,212
P=0,05), con IBS placca in carotide comune (N=32, R=0,35 P<0,05) con IBS
placca in carotide interna (N=8) R=0,35 P<0,05 e con IBS della placca su tutte le
placche (N=80, R=0,215 P<0,05) .
Possiamo concludere che IMT correla con l’ecoreflettività della placca e dell’IMT
espressa con IBS .
I livelli medi di grigio (MGL) non correlano con IBS placca e IBS placca
(calibrato) .
IBS IMT correla con IBS placca (r=0.349 p=0.002), suggerendo che il processo a
carico dell’IMT e quello a carico della placca sono espressioni quantitativamente
diverse dello stesso fenomeno.
Conclusioni
Tra i risultati ottenuti in questo studio, quelli di maggior rilievo sembrano essere
la correlazione tra spessore intimo-mediale e PCR, nonché quella tra spessore
intimo-mediale e ematocrito .
58
Quanto ai correlati tra densità acustica della placca e variabili metaboliche, si
segnalano correlazioni dirette tra IBS dell’IMT con HDL, glicemia e HbA1c,
nonché tra IBS della placca (sia in carotide comune che in bulbo e interna) e
glicemia ed HbA1c. Infine, IBS di IMT e placca sono risultati tra loro correlati.
In base ai risultati del nostro studio possiamo affermare che, nella popolazione
studiata, caratterizzata da pazienti con profilo di rischio cardiovascolare elevato e
stabilizzati con trattamento aggressivo, lo spessore medio intimale correla con la
PCR, che indica come alla base dell’ispessimento di parete ci sia una risposta
infiammatoria. La PCR è risultata essere dipendente dalle HDL. Quindi bassi
livelli di HDL indurrebbero una risposta infiammatoria. Questo concorda con il
ruolo protettivo che hanno le HDL nella prevenzione della malattia
aterosclerotica.
Altro dato di rilievo dello studio è l’associazione tra livelli di grigio e PCR:
all’aumentare di PCR aumentano i livelli di grigio, indice di stabilizzazione. Di
solito aumentati livelli di PCR sono associati con un maggior rischio di sviluppo di
placca vulnerabile. In questo caso l’andamento sembra essere verso la
stabilizzazione, verosimilmente per il fatto che i pazienti sono stabilizzati
farmacologicamente, in particolare con statine.
Il nostro studio mette in luce come IBS della placca ateromasica, in questo caso
carotidea, sia correlato il profilo glucidico. All’aumentare dei valori di glicemia c’è
un aumento dell’IBS della placca. Un aumento dell’IBS della placca sta ad indicare
una maggiore ecoreflettività che è dovuta ad un’aumento delle fibre muscolari e del
collagene , indici di stabilizzazione. Quindi concludiamo dicendo che la placca si
modifica in base ai valori della glicemia ma essendo pazienti stabilizzati
59
farmacologicamente le caratteristiche acustiche della placca tendono a quelle della
iperplasia e fibrosi, quindi ad una maggiore stabilità, piuttosto che verso una ridotta
densità acustica associata a infiltrazione lipidica e fenomeni emorragici, associata
ad un fenotipo di “placca vulnerabile” .
60
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Ringraziamenti
Si ringraziano : Prof. Alberto Balbarini , Direttore Dipartimento Universitario
CardioToracico e Vascolare, Dott.ssa Rossella Di Stefano ,Dipartimento
CardioToracico U.O Angiologia, Dott.ssa Michaela Kozakova, Dipartimento
Medicina Interna , Dott.ssa Carmela Morizzo Dipartimento Medicina Interna .