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3 CAPITOLO 2 I dati della macroeconomia Domande di ripasso 1. Il PIL misura sia il reddito totale di tutti i soggetti dell’economia sia la spesa totale per i beni e i servizi prodotti dal sistema economico. Il PIL può misurare contemporaneamente le due variabili perché, in realtà, sono due facce della stessa medaglia: nell’economia nel suo com- plesso il reddito non può che essere uguale alla spesa. Come mostra il diagramma del flusso circolare illustrato nel testo, si tratta di due modi alternativi, ma equivalenti, di misurare il flusso di euro generato dall’economia. 2. L’indice dei prezzi al consumo misura il livello generale dei prezzi nell’economia ed è calco- lato come rapporto tra il prezzo di un paniere determinato di beni e servizi e il prezzo del medesimo paniere nell’anno base. 3. La Labour Force Survey britannica classifica gli abitanti del Regno Unito in una delle se- guenti categorie: occupato; disoccupato; non partecipante alla forza lavoro (o economica- mente inattivo). Il tasso di disoccupazione, che è la percentuale della forza lavoro non oc- cupata, si calcola come segue: Tasso di disoccupazione Numero di disoccupati 100 Forza lavoro Osservate che la forza lavoro è pari alla somma del numero di occupati e di disoccupati. 4. Nel Regno Unito vengono utilizzati prevalentemente due indicatori della disoccupazione: il conteggio dei sussidiati, effettuato a partire dal database degli individui che percepiscono il sussidio di disoccupazione; e il tasso di disoccupazione, calcolato dalla Labour Force Sur- vey trimestrale. Il conteggio dei sussidiati viene reso noto mensilmente e offre una indica- zione di massima sull’andamento del mercato del lavoro. Tuttavia non è un indicatore at- tendibile della misura della disoccupazione nell’economia, perché una quota rilevante dei disoccupati non ha titolo per ricevere il sussidio. Per esempio, i lavoratori che immigrano nel Regno Unito da altri paesi della UE alla ricerca di occupazione vanno considerati di- soccupati, anche se non hanno diritto a ricevere il sussidio di disoccupazione al loro arrivo nel Regno Unito. Inoltre, se cambiano i criteri di ammissione al sussidio, il conteggio dei sussidiati può variare. I dati ottenuti dalla LFS offrono una misura più accurata della di- soccupazione; sono basati su un’indagine che coinvolge trimestralmente 60 000 nuclei fa- miliari nel Regno Unito. L’OCSE pubblica i tassi di disoccupazione dei paesi membri, cal- colati secondo criteri omogenei, in modo da permettere confronti internazionali. Problemi e applicazioni pratiche 1. Sono svariate le statistiche economiche divulgate periodicamente e pubblicate sui giornali. Tra le più importanti segnaliamo le seguenti. Il prodotto interno lordo, cioè il valore di mercato di tutti i beni e i servizi finali prodotti in un anno. Il tasso di disoccupazione, cioè la porzione della forza lavoro civile che non ha occupa- zione. I profitti delle imprese, cioè gli utili al netto delle imposte realizzati dalle imprese indu- striali. Questo dato offre un’indicazione della solidità finanziaria generale del settore privato. L’indice dei prezzi al consumo (IPC), cioè una misura del prezzo medio che il consu- matore paga per i beni e i servizi che acquista. Le variazioni dell’IPC sono una possibile misura dell’inflazione. Il saldo commerciale, cioè la differenza tra il valore dei beni esportati e il valore dei beni importati.

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CAPITOLO 2

I dati della macroeconomia

Domande di ripasso

1. Il PIL misura sia il reddito totale di tutti i soggetti dell’economia sia la spesa totale per i beni e i servizi prodotti dal sistema economico. Il PIL può misurare contemporaneamente le due variabili perché, in realtà, sono due facce della stessa medaglia: nell’economia nel suo com-plesso il reddito non può che essere uguale alla spesa. Come mostra il diagramma del flusso circolare illustrato nel testo, si tratta di due modi alternativi, ma equivalenti, di misurare il flusso di euro generato dall’economia.

2. L’indice dei prezzi al consumo misura il livello generale dei prezzi nell’economia ed è calco-lato come rapporto tra il prezzo di un paniere determinato di beni e servizi e il prezzo del medesimo paniere nell’anno base.

3. La Labour Force Survey britannica classifica gli abitanti del Regno Unito in una delle se-guenti categorie: occupato; disoccupato; non partecipante alla forza lavoro (o economica-mente inattivo). Il tasso di disoccupazione, che è la percentuale della forza lavoro non oc-cupata, si calcola come segue:

Tasso di disoccupazione � Numero di disoccupati � 100

Forza lavoro

Osservate che la forza lavoro è pari alla somma del numero di occupati e di disoccupati. 4. Nel Regno Unito vengono utilizzati prevalentemente due indicatori della disoccupazione: il

conteggio dei sussidiati, effettuato a partire dal database degli individui che percepiscono il sussidio di disoccupazione; e il tasso di disoccupazione, calcolato dalla Labour Force Sur-vey trimestrale. Il conteggio dei sussidiati viene reso noto mensilmente e offre una indica-zione di massima sull’andamento del mercato del lavoro. Tuttavia non è un indicatore at-tendibile della misura della disoccupazione nell’economia, perché una quota rilevante dei disoccupati non ha titolo per ricevere il sussidio. Per esempio, i lavoratori che immigrano nel Regno Unito da altri paesi della UE alla ricerca di occupazione vanno considerati di-soccupati, anche se non hanno diritto a ricevere il sussidio di disoccupazione al loro arrivo nel Regno Unito. Inoltre, se cambiano i criteri di ammissione al sussidio, il conteggio dei sussidiati può variare. I dati ottenuti dalla LFS offrono una misura più accurata della di-soccupazione; sono basati su un’indagine che coinvolge trimestralmente 60 000 nuclei fa-miliari nel Regno Unito. L’OCSE pubblica i tassi di disoccupazione dei paesi membri, cal-colati secondo criteri omogenei, in modo da permettere confronti internazionali.

Problemi e applicazioni pratiche

1. Sono svariate le statistiche economiche divulgate periodicamente e pubblicate sui giornali. Tra le più importanti segnaliamo le seguenti. • Il prodotto interno lordo, cioè il valore di mercato di tutti i beni e i servizi finali prodotti

in un anno. • Il tasso di disoccupazione, cioè la porzione della forza lavoro civile che non ha occupa-

zione. • I profitti delle imprese, cioè gli utili al netto delle imposte realizzati dalle imprese indu-

striali. Questo dato offre un’indicazione della solidità finanziaria generale del settore privato.

• L’indice dei prezzi al consumo (IPC), cioè una misura del prezzo medio che il consu-matore paga per i beni e i servizi che acquista. Le variazioni dell’IPC sono una possibile misura dell’inflazione.

• Il saldo commerciale, cioè la differenza tra il valore dei beni esportati e il valore dei beni importati.

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2. Ogni settimana, in ultima pagina, The Economist pubblica i principali indicatori economici della maggior parte dei paesi industrializzati e di più di una ventina tra i maggiori paesi in via di sviluppo. Il tasso di disoccupazione del Regno Unito è quello calcolato dalla LFS, in quanto più adatto ai confronti internazionali. Osservate che negli ultimi decenni i tassi di disoccupazione degli Stati Uniti e del Regno Unito sono stati sempre sensibilmente inferio-ri a quelli dei paesi dell’Europa continentale. Osservate anche che, per i paesi industrializ-zati, viene pubblicato anche il tasso di crescita del rapporto salari/utili.

3. Un’altra possibile misura è il prodotto nazionale lordo, che misura il reddito prodotto dai soli cittadini lussemburghesi. Per esempio, nel 2002, il PNL del Lussemburgo, pari a 19,7 mi-liardi di euro, era sensibilmente inferiore al PIL, calcolato in 21,9 miliardi di euro. Questo significa che circa il 10% del prodotto aggregato del Lussemburgo era corrisposto a stranie-ri. In ogni caso, il paese più piccolo della UE (in termini di popolazione) rimane comunque il più ricco. Osservate che nel caso dell’Irlanda la differenza tra PIL e PNL è ancora più marcata: il PNL irlandese è inferiore al PIL in misura del 19,3%. Sapendo che nel Regno Unito il PNL è superiore al PIL del 2% e utilizzando le informazioni contenute nella tabella 2.2 (p. 28 del libro di testo), dovreste essere in grado di dimostrare che nel 2002 il cittadi-no irlandese medio percepiva un reddito del 5% inferiore a quello del cittadino britannico medio, anche se in quell’anno il PIL pro capite dell’Irlanda era più elevato di quello del Re-gno Unito.

4. Il valore aggiunto da ciascun soggetto è pari al valore del bene che produce al netto della spesa sostenuta per poterlo realizzare. Di conseguenza, il valore aggiunto dall’agricoltore è 1,00 euro (1,00 – 0 � 1,00). Il valore aggiunto del mulino è invece pari a 2,00 euro: il mugnaio vende la farina al panificio per 3,00 euro, ma paga 1,00 euro per l’acquisto del grano. Il valore aggiunto dal panificio è 3,00 euro: il panettiere vende il pane ai consuma-tori al prezzo di 6,00 euro, avendo pagato la farina 3,00 euro. Il PIL è il valore aggiunto to-tale, cioè 1,00 � 2,00 � 3,00 � 6,00 euro, e coincide con il valore finale del bene (il pa-ne).

5. Quando una donna sposa il suo maggiordomo, il PIL diminuisce in misura pari al salario del maggiordomo stesso. Infatti il reddito totale misurato, e quindi il PIL misurato, diminuisce di un importo pari alla perdita di salario del maggiordomo. Se il PIL misurasse realmente il valore di tutti i beni e i servizi prodotti nell’economia, il matrimonio non influenzerebbe il computo del PIL, poiché l’ammontare totale di attività economica rimane immutato. Ma il PIL, così come viene calcolato, è una misura imperfetta dell’attività economica, in quanto non si tiene conto del valore di alcuni beni e servizi. Quando il lavoro del maggiordomo di-venta parte delle faccende domestiche all’interno della famiglia, i suoi servizi non vengono più calcolati nel PIL. Come mostra questo esempio, il PIL non include il valore dei beni e servizi prodotti all’interno dei nuclei familiari per l’auto-consumo; e non include neppure altri beni e servizi, come il canone di noleggio imputato dei beni durevoli (per esempio, automobili e frigoriferi) e ogni tipo di commercio illegale.

6. (a) Consumo. (b) Esportazioni nette. (c) Spesa pubblica. (d) Investimento (in scorte).

7. Per rispondere a questa domanda, abbiamo ottenuto dal sito dell’Eurostat i dati sul PIL e sulle sue componenti, per l’Italia e per l’Europa a 15. (Nulla vieta, naturalmente, di ricor-rere ad altre fonti di dati.) Per ottenere i dati di interesse, procedere come segue: (a) Andate al sito http://ec.europa.eu/eurostat/. (b) A metà pagina, selezionate la linguetta «Data», quindi cliccate sul link «National ac-

counts (incl. GDP)». (c) Nella nuova pagina, cliccate su «Annual national accounts», quindi su «GDP and main

aggregates» e infine su «GDP and main components – Current prices». (d) A questo punto si apre una nuova finestra, con una procedura guidata per la scelta dei

dati da visualizzare o scaricare: i. Cliccando su «TIME» (primo bottone in alto a sinistra), scegliete gli anni di interesse

nel menu a destra. Noi abbiamo scelto gli anni dal 1985 al 2007 incluso. ii. Cliccando su «GEO» (secondo bottone), scegliete l’entità geopolitica di riferimento.

Noi abbiamo scelto l’Italia (IT) e l’Europa a 15 (EU15). iii. Cliccando su «INDIC_NA» (terzo bottone), scegliete gli aggregati di interesse. Noi

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abbiamo scelto il PIL a prezzi di mercato (BIGM), la spesa per consumi dei nuclei fami-liari e delle istituzioni senza scopo di lucro a servizio dei privati (P31_S14_S15), la spe-sa della pubblica amministrazione (P3_S13), l’investimento fisso lordo (P5), le esporta-zioni (P6) e le importazioni (P7).

iv. Infine, cliccando su «UNIT», scegliete l’unità di misura dei dati. Noi abbiamo scelto euro per abitante (EUR_HAB); in realtà, poiché vogliamo calcolare il peso percentuale delle diverse componenti del PIL, la scelta dell’unità di misura è irrilevante.

(e) Cliccando su «Next», in basso a destra, si passa a scegliere la disposizione dei dati in ri-ghe e colonne. Quindi, cliccando ancora una volta su «Next», si sceglie il formato dei dati (semplice visualizzazione oppure file scaricabile).

(f) Dopo aver scaricato i dati, aprite il file in Excel o altra applicazione e procedete al cal-colo del peso percentuale delle summenzionate componenti del PIL, come richiesto dall’esercizio.

Eseguendo questi passi, si ottengono i seguenti dati:

Spesa per Spesa della Investimento consumi pubblica amministrazione fisso lordo Esportazioni Importazioni

EUROPA A 15 1995 57,5% 20,4% 19,9% 29,3% 27,6%

2005 58,1% 21,0% 20,2% 36,3% 35,6%

ITALIA 1985 57,8% 18,6% 22,5% 21,6% 22,5%

1995 58,3% 17,9% 19,9% 25,8% 21,9%

2005 59,0% 20,5% 20,9% 25,8% 25,8%

Note: (1) Prima del 1995 non disponiamo di dati sull’Europa a 15, che si costituì proprio nel 1995 con l’adesione di Austria, Finlandia e Svezia. (2) In alcuni casi le percentuali non assommano esattamente al 100% a causa di piccoli errori di arrotondamento. Fonte: Elaborazione su dati Eurostat.

Dalla tabella si evince che in Italia la spesa per consumi è stata negli anni appena superiore (in percentuale del PIL) alla media europea, mentre la spesa della pubblica amministra-zione è stata inferiore; l’investimento fisso lordo è stato in linea con la media europea, men-tre le esportazioni e le importazioni sono state visibilmente inferiori alla media dei paesi dell’Europa a 15.

8. (a) (i) Il PIL nominale è il valore totale dei beni e dei servizi misurati ai prezzi correnti. Di conseguenza:

PIL nominale2000 � (P � Q ) � (P � Q )

� (€50 000 � 100) � (€10 � 500 000)� €5 000 000 � €5 000 000� €10 000 000

PIL nominale2010 � (P � Q ) � (P � Q )

� (€60 000 � 120) � (€20 � 400 000)� €7 200 000 � €8 000 000� €15 200 000

2000auto

2000auto

2000pane

2000pane

2010auto

2010auto

2010pane

2010pane

(ii) Il PIL reale è il valore totale dei beni e dei servizi misurati a prezzi costanti. Di con-seguenza, per calcolare il PIL reale del 2010 (con il 2000 come anno base), si moltipli-cano le quantità acquistate nel 2010 per i prezzi del 2000:

PIL reale2010 � (P � Q ) � (P � Q )

� (€50 000 � 120) � (€10 � 400 000)� €6 000 000 � €4 000 000� €10 000 000

2000auto

2010auto

2000pane

2010pane

Il PIL reale del 2000 viene calcolato moltiplicando le quantità del 2000 per i prezzi del 2000. Poiché il 2000 è anche l’anno base, il PIL reale del 2000 è uguale al PIL nomi-nale del 2000, che è pari a 10 milioni di euro. Notiamo dunque che il PIL reale è rima-sto costante tra il 2000 e il 2010.

(iii) Il deflatore del PIL mette a confronto i prezzi correnti di tutti i beni e servizi pro-

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dotti nel sistema economico con i prezzi degli stessi beni e servizi nell’anno base. Si cal-cola nel modo seguente:

Deflatore del PIL2010 � PIL nominale2010

PIL reale2010

Usando i valori del PIL nominale del 2010 e del PIL reale del 2010, calcolati in prece-denza, otteniamo:

Deflatore del PIL2010 �

� 1,52

€15 200 000

€10 000 000

Questo calcolo mostra che i prezzi dei beni prodotti nell’anno 2010 sono aumentati del 52% rispetto ai prezzi dei beni venduti nel 2000. (Essendo il 2000 l’anno base, il valo-re del deflatore dei prezzi del 2000 è 1, perché nell’anno base il PIL reale e il PIL no-minale coincidono.)

(iv) L’indice dei prezzi al consumo (IPC) misura il livello dei prezzi nell’economia. L’IPC è un indice a ponderazione fissa, in quanto per «pesare» i prezzi utilizza un paniere di beni costante nel tempo. Se l’anno base è il 2000, l’IPC del 2010 è una media ponde-rata dei prezzi del 2010, con pesi dati dalla composizione dei beni prodotti nel 2000. L’IPC20 10 si calcola nel modo seguente:

IPC 2010 �

� 1,6

(€60 000 � 100) � (€20 � 500 000)

(€50 000 � 100) � (€10 � 500 000)

( ) ( )

(

P Q P Q

P Qauto auto pane pane

auto

2010 2000 2010 2000

2000

� � �

� auto pane pane2000 2000 2000) ( )� P Q

€16 000 000

€10 000 000

Questo calcolo mostra che il prezzo dei beni acquistati nel 2010 è cresciuto del 60% ri-spetto ai prezzi a cui questi beni sarebbero stati venduti nel 2000. L’IPC per il 2000, che è l’anno base, è pari a 1,0.

(b) Il deflatore dei prezzi è un indice di Paasche, perché viene calcolato con un paniere va-riabile di beni; l’IPC, invece, è un indice di Laspeyres, perché viene calcolato utilizzan-do un paniere di beni costante nel tempo. Dal punto 8.a.iii sappiamo che il deflatore dei prezzi dell’anno 2010 è pari a 1,52, a indicare che i prezzi sono aumentati del 52% rispetto all’anno 2000. Dal punto 8.a.iv l’IPC del 2010 è 1,6, a indicare che i prezzi sono cresciuti del 60% rispetto al 2000.

Se i prezzi di tutti i beni crescessero del 50%, si potrebbe affermare senza ambiguità che il livello dei prezzi è aumentato del 50%. Nel nostro esempio, però, sono variati i prezzi relativi. Il prezzo delle automobili è cresciuto del 20%; il prezzo del pane è au-mentato del 100%, rendendo il pane relativamente più costoso.

Come mostra la discrepanza tra il deflatore dei prezzi e l’IPC, la variazione del livello generale dei prezzi dipende da come vengono pesati i prezzi dei singoli beni. L’IPC pesa i prezzi dei beni secondo le quantità acquistate nell’anno 2000; il deflatore dei prezzi pesa i prezzi dei beni secondo le quantità acquistate nel 2010. La quantità di pane consumata nel 2000 era maggiore di quella consumata nel 2010, quindi l’IPC attribui-sce un peso maggiore al prezzo del pane; poiché il prezzo del pane è cresciuto relativa-mente di più rispetto al prezzo delle automobili, l’IPC evidenzia un aumento maggiore del livello generale dei prezzi.

(c) Questa domanda non ammette una risposta univoca. Idealmente si cerca un indicato-re del livello dei prezzi che misuri accuratamente il costo della vita. Se un determinato bene diventa relativamente più costoso, le persone ne consumano meno e acquistano una maggiore quantità degli altri beni; in questo esempio gli individui hanno acquistato meno pane e più automobili. Un indice con pesi costanti nel tempo, come l’IPC, sovra-

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stima la variazione del costo della vita, perché non tiene conto del fatto che gli indivi-dui possono sostituire i beni divenuti più costosi con i beni meno costosi. D’altra parte, un indice con pesi variabili, come il deflatore dei prezzi, sottostima la variazione del co-sto della vita perché non tiene conto del fatto che le sostituzioni indotte dalla variazio-ne dei prezzi relativi riducono la ricchezza dei consumatori.

9. (a) L’indice dei prezzi al consumo utilizza il paniere di consumo dell’anno 1 per attribuire un peso al prezzo di un dato bene:

IPC2 �

� 2

( rosse rosse verdi verdi2 1 2 1� � �

(€2 �10) � (€1 �0)(€1 �10) � (€2 �0)

P P QQ () )

( rosse rosse verdi verdi1 1 1 1� � �P P QQ () )

In base all’IPC, i prezzi sono raddoppiati. (b) La spesa nominale è il valore totale della produzione di ogni anno. Nell’anno 1 e

nell’anno 2 Alba compra 10 mele a 1 euro ciascuna, per cui la sua spesa nominale ri-mane costante a 10 euro. Per esempio:

Spesa nominale2 � (P � Q ) � (P � Q )

� (€2 � 0) � (€1 � 10)� €10

2rosse

2rosse

2verdi

2verdi

(c) La spesa reale è il valore totale della produzione di ogni anno valutato ai prezzi dell’anno 1. Nell’anno 1, l’anno base, la spesa reale di Alba è uguale alla spesa nomina-le, cioè a 10 euro. Nell’anno 2 Alba consuma 10 mele verdi valutate al prezzo dell’anno 1, cioè 2 euro, per cui la sua spesa reale è pari a 20 euro. In formule:

Spesa reale2 � (P � Q ) � (P � Q )

� (€1 � 0) � (€2 � 10)

� €20

1rosse

2rosse

1verdi

2verdi

Dunque, la spesa reale di Alba cresce da 10 a 20 euro. (d) Il deflatore dei prezzi si calcola dividendo la spesa nominale di Alba nell’anno 2 per la

sua spesa reale in quello stesso anno:

Deflatore dei prezzi2 �

� 0,5

Spesa nominale2

Spesa reale2

€10

€20

Dunque, in base al deflatore dei prezzi i prezzi si sono dimezzati. Questo perché il defla-tore stima il valore attribuito da Alba alle mele usando i prezzi prevalenti nell’anno 1. Da questa prospettiva le mele verdi appaiono molto costose. Nell’anno 2, quando Alba consuma 10 mele verdi, sembra che il suo consumo aumenti, perché il deflatore valuta le mele verdi più delle mele rosse. Alba potrebbe continuare a spendere 10 euro in un paniere di consumo più alto soltanto se il prezzo del bene che consumava diminuisse.

(e) Se Alba considera le mele verdi e le mele rosse perfetti sostituti, il costo della vita in questa economia rimane immutato: in ciascun anno il costo di consumare 10 mele è sempre pari a 10 euro. Per l’IPC, tuttavia, il costo della vita è raddoppiato: infatti que-sto indice tiene conto soltanto del fatto che il prezzo delle mele rosse è raddoppiato, e ignora la diminuzione del prezzo delle mele verdi perché queste non erano nel paniere di consumo dell’anno 1. Al contrario dell’IPC, il deflatore dei prezzi stima che il costo della vita si sia dimezzato. Perciò l’IPC, che è un indice di Laspeyres, sovrastima l’aumento del costo della vita; invece il deflatore, che è un indice di Paasche, lo sotto-stima. La differenza tra un indice di Paasche e un indice di Laspeyres viene esaminata più approfonditamente nel capitolo 2 del testo.

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10. (a) Il PIL reale della Francia diminuisce, perché, chiudendo, Disneyland Paris non produ-ce alcun servizio. Ciò comporta una diminuzione del benessere economico, perché le entrate dei lavoratori e degli azionisti di Disneyland Paris calano (il lato delle entrate della contabilità nazionale), così come cala il consumo dei servizi di Disneyland Paris (il lato della spesa della contabilità nazionale).

(b) Il PIL reale del Regno Unito aumenta, perché il capitale e il lavoro impiegati origina-riamente nella produzione agricola producono ora più frumento. Ciò comporta un au-mento del benessere economico della società, in quanto le persone ora possono consu-mare più frumento. (Se la società non vuole consumare più frumento, gli agricoltori e la terra possono essere destinati alla produzione di beni maggiormente apprezzati dalla società.)

(c) Il PIL reale dell’Italia diminuisce, perché con meno lavoratori le imprese producono meno. Ciò comporta una diminuzione del benessere economico.

(d) Il PIL reale della Germania diminuisce, perché, licenziando i dipendenti, le imprese producono meno. Ciò comporta una diminuzione del benessere economico, perché diminuisce il reddito dei lavoratori (il lato delle entrate) e ci sono meno beni che le per-sone possono comprare (il lato della spesa).

(e) È probabile che il PIL reale diminuisca, perché le imprese adottano metodi di produ-zione con una minore emissione di sostanze inquinanti, ma anche una minore produt-tività. Il benessere economico, tuttavia, potrebbe crescere. Il sistema economico ora produce di meno, ma l’aria è più pulita; l’aria pulita non ha valore sul mercato, e quindi non si può includere nel normale computo del PIL, ma è comunque un bene a cui gli individui attribuiscono valore.

(f) Il PIL reale dell’Irlanda aumenta, perché gli studenti liceali abbandonano un’attività che non produce beni e servizi per intraprendere un’attività produttiva. Tuttavia il benessere economico può diminuire. In un mondo ideale, andare a scuola sarebbe un investimento incluso nel computo del PIL, perché si presume che faccia aumentare la produttività futura dei lavoratori. I metodi della contabilità nazionale nel mondo reale, tuttavia, non tengono conto di questo tipo di investimento. Notiamo inoltre che, se gli studenti abbandonano la scuola, il PIL futuro potrebbe risultare inferiore, poiché la forza lavoro del futuro sarebbe meno istruita.

(g) Il PIL reale della Grecia diminuisce, perché i padri spendono una parte minore del loro tempo a produrre beni e servizi per il mercato. Tuttavia la produzione effettiva di beni e servizi non necessariamente decresce. In effetti, a diminuire è la produzione misurata (quello che i padri sono pagati per fare), mentre invece la produzione non rilevata nel PIL (i servizi di cura ed educazione dei figli) aumenta. Osservate che se i padri greci scegliessero di affidare i figli alla cura di bambinaie regolarmente registrate, il PIL reale aumenterebbe dell’importo complessivo degli stipendi delle bambinaie. Il lavoro dome-stico è una delle principali omissioni nel calcolo del PIL, a causa della difficoltà di misu-rarlo e di attriburvi il giusto valore.

11. Il gruppo ambientalista Friends of the Earth ha ragione a sottolineare che il PIL è una mi-sura imperfetta dei risultati economici e del benessere. Il PIL aumenta se i cittadini acqui-stano più servizi di sicurezza, o se il governo decide di aumentare la spesa militare. (Per e-sempio, la seconda guerra mondiale ha provocato un’espansione dell’economia degli Stati Uniti, dal momento che tutte le risorse normalmente sottoutilizzate vennero impiegate nel-la produzione bellica.) Tale spesa, tuttavia, potrebbe semplicemente riflettere un deterio-ramento dello scenario della sicurezza, il che, a sua volta, sarebbe probabilmente associato a una diminuzione del benessere e a un aumento della tensione per la popolazione. Il PIL è spesso criticato perché omette numerosi elementi: ignora i molti servizi prodotti all’interno dei nuclei familiari per auto-consumo (come la preparazione del cibo e le pulizie domesti-che) e il valore dei beni prodotti e scambiati illegalmente, come le sostanze stupefacenti. Tuttavia tali rilevanti imperfezioni nella misurazione del PIL non implicano che lo si debba ignorare completamente. Nella misura in cui tali problemi di misurazione rimangono co-stanti nel tempo, il PIL è un parametro utile per confrontare l’attività economica in anni diversi. Come vedremo in seguito, una misura dell’attività economica generale può essere molto importante se, per esempio, si vuole determinare la quantità ottimale di moneta che la banca centrale deve immettere nel sistema. Inoltre, un PIL elevato permette alla società di garantire un migliore servizio sanitario per i bambini, libri più aggiornati per la loro istru-

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zione e più giocattoli per i loro svaghi. Probabilmente è un’esagerazione affermare che il PIL punti in una direzione casuale: il reddito generato da un sistema economico è forte-mente correlato con la capacità dell’economia di soddisfare i bisogni materiali dei suoi cit-tadini.