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Capitolo 4 LO STATO DELL’INQUINAMENTO 4.1 Introduzione L’andamento spaziale e temporale della distribuzione dei nitrati nelle acque sotterranee della provincia è stato indagato attraverso l’elaborazione dei dati analitici (conc. mg/l NO 3 - ) storici disponibili (pozzi della rete regionale di monitoraggio delle acque sotterranee e pozzi dell’ente gestore acquedotto TESA, 1987-2000) e l’analisi di campioni d’acqua prelevati dai pozzi della rete di monitoraggio costituita ad hoc per il progetto locale Aquanet (2001-aprile 2004). Il periodo considerato complessivamente va dall’aprile 1987 all’aprile 2004, per un totale di 17 anni di monitoraggio. Il censimento dei pozzi condotto a partire dal 2000 e l’ottimizzazione della rete (2002) hanno portato alla costituzione ed aggiornamento (2004) di un archivio-pozzi contenente informazioni sulle loro caratteristiche fisiche, numero e profondità dei filtri, posizione orizzontale (geografica) e verticale (rispetto alla struttura dell’acquifero) ed utilizzo, raccolte in un apposito Data-Base (Archivio Pozzi); pertanto i dati sulle concentrazioni di nitrati misurate in laboratorio sono risultati collocabili spazialmente (coordinate) e temporalmente (anno, campagna) e sono stati quindi elaborati con l’ausilio di algoritmi di interpolazione geostatistica e di contouring al fine di ottenerne mappe di isoconcentrazione. Tali mappe sono state georeferenziate in coordinate reali UTM ed utilizzate come strati informativi da sovrapporre in un GIS, integrate da altri tematismi di base, quali la Carta Tecnica Regionale in scala 1:200.000, il limite dell’acquifero di pianura, i pozzi considerati per anno di monitoraggio. 4.2 Monitoraggio ante 2001 Erano disponibili le rappresentazioni cartografiche delle distribuzioni territoriali dei nitrati dal 1987 (media annua- figura 4.1) ed il trend (variazione media annua-figura 4.2) per il periodo 1988-1997, realizzate per il Report provinciale sullo stato dell’ambiente dell’anno 1997. Figura 4.1 Nitrati (mg/l) – media 1997 La distribuzione delle aree critiche per la presenza dei nitrati era già delineata allora e nel tempo è stata sempre confermata: 4 aree nella pianura sfioravano i 50 mg/l di concentrazione, limite oltre il quale l’acqua non è più idonea all’uso potabile; erano localizzate ad ovest, nella zona di conoide del Torrente Tidone, in prossimità di C.S.Giovanni; nella cintura del capoluogo, 76

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Capitolo 4 LO STATO DELL’INQUINAMENTO

4.1 Introduzione L’andamento spaziale e temporale della distribuzione dei nitrati nelle acque sotterranee della provincia è stato indagato attraverso l’elaborazione dei dati analitici (conc. mg/l NO3

-) storici disponibili (pozzi della rete regionale di monitoraggio delle acque sotterranee e pozzi dell’ente gestore acquedotto TESA, 1987-2000) e l’analisi di campioni d’acqua prelevati dai pozzi della rete di monitoraggio costituita ad hoc per il progetto locale Aquanet (2001-aprile 2004). Il periodo considerato complessivamente va dall’aprile 1987 all’aprile 2004, per un totale di 17 anni di monitoraggio. Il censimento dei pozzi condotto a partire dal 2000 e l’ottimizzazione della rete (2002) hanno portato alla costituzione ed aggiornamento (2004) di un archivio-pozzi contenente informazioni sulle loro caratteristiche fisiche, numero e profondità dei filtri, posizione orizzontale (geografica) e verticale (rispetto alla struttura dell’acquifero) ed utilizzo, raccolte in un apposito Data-Base (Archivio Pozzi); pertanto i dati sulle concentrazioni di nitrati misurate in laboratorio sono risultati collocabili spazialmente (coordinate) e temporalmente (anno, campagna) e sono stati quindi elaborati con l’ausilio di algoritmi di interpolazione geostatistica e di contouring al fine di ottenerne mappe di isoconcentrazione. Tali mappe sono state georeferenziate in coordinate reali UTM ed utilizzate come strati informativi da sovrapporre in un GIS, integrate da altri tematismi di base, quali la Carta Tecnica Regionale in scala 1:200.000, il limite dell’acquifero di pianura, i pozzi considerati per anno di monitoraggio.

4.2 Monitoraggio ante 2001

Erano disponibili le rappresentazioni cartografiche delle distribuzioni territoriali dei nitrati dal 1987 (media annua- figura 4.1) ed il trend (variazione media annua-figura 4.2) per il periodo 1988-1997, realizzate per il Report provinciale sullo stato dell’ambiente dell’anno 1997.

Figura 4.1 Nitrati (mg/l) – media 1997

La distribuzione delle aree critiche per la presenza dei nitrati era già delineata allora e nel tempo è stata sempre confermata: 4 aree nella pianura sfioravano i 50 mg/l di concentrazione, limite oltre il quale l’acqua non è più idonea all’uso potabile; erano localizzate ad ovest, nella zona di conoide del Torrente Tidone, in prossimità di C.S.Giovanni; nella cintura del capoluogo,

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Piacenza, nella zona dove attingono numerosi pozzi a servizio dell’acquedotto; ad est della conoide del Torrente Nure, in prossimità di Pontenure; nella zona alta della conoide del Torrente Arda, in prossimità di Alseno. L’elaborazione del trend sul lungo periodo (1988-1997) evidenziava un sostanziale aumento dei nitrati su tutto il territorio provinciale esaminato, da 1 a 3 mg/l (area gialla), con 2 zone dove l’aumento è stato di 3-5 mg/l (area e contorni arancio in figura 4.2).

Figura 4.2 Nitrati (mg/l) – variazione media annua nel periodo 1988-1997

Contemporaneamente nel 1997, il Comune di Piacenza commissionava al suo ente gestore acquedotto uno studio per individuare eventuali aree per l’attingimento di nuovi pozzi ad uso potabile; lo studio svoltosi fra il 1997 e il 1999 riguardava l’area di interconoide Trebbia-Nure, che costituisce l’area più abbondante come risorsa, sfruttata per l’emungimento idropotabile (figura 4.3):

Trebbia

Nure

Piacenza

Figura 4.3 Area di studio. Anche in questo studio erano disponibili le elaborazioni effettuate sui nitrati relativi a dati 1996, che presentavano una distribuzione a scala di maggior dettaglio, ma coerente con gli

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studi provinciali sopra citati: la zona di cintura di Piacenza, gravata dal grande numero di abitanti residenti, presentava valori compresi fra 30 e 50 mg/l; i valori più elevati si registravano lontano dalle aste fluviali (interconoidi), dove l’effetto dilavante del fiume (Trebbia ed in minor misura il Nure) abbassa la concentrazione nei pozzi ai livelli prossimi a quelli delle acque superficiali; vicino al Po nell’area nord-orientale (Mortizza) si riscontravano i valori più bassi nei pozzi misurati, per l’azione alimentante del Po stesso; i valori più alti, superiori al limite di potabilità, erano rilevati lungo il margine orientale dell’area di studio (aree rosse in figura 4.4). Figura 4.4 Distribuzione nitrati (campagna 1996).

Da questi studi quindi emergeva una situazione sul territorio caratterizzata da: presenza di “zone critiche”, ad alta concentrazione di nitrati e trend in aumento; presenza di zone con nitrati assenti o inferiori al limite di rilevabilità strumentale (zero

analitico); trend per lo più in aumento sul territorio; andamento stagionale, con concentrazioni più elevate in primavera rispetto all’autunno.

4.3 Monitoraggio post 2001 Il controllo della concentrazione di nitrati come NO3

- nelle acque dolci sotterranee e superficiali (in particolare quelle destinate alla produzione di acqua potabile) è stato effettuato in maniera contestuale alla rilevazione di altri indicatori idrochimici e della piezometria. I campionamenti sono stati condotti con frequenza semestrale ed effettuati in aprile e ottobre di ogni anno, al fine di poter rilevare eventuali variazioni dovute all’andamento stagionale delle condizioni quali-quantitative dell’acquifero. Si ipotizza infatti che in primavera le falde si trovino in condizioni di ricarica, sia per le piogge invernali e primaverili, sia per la minor evapotraspirazione ed il minor emungimento a scopi irrigui; in autunno invece corsi d’acqua e falde risentono dei forti prelievi estivi e dell’intensa evapotraspirazione delle acque superficiali e sub-superficiali (primo strato di terreno); le piogge estive hanno generalmente carattere occasionale e temporalesco e non riescono ad

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essere assorbite dai terreni, perciò ingrossano rapidamente i corsi d’acqua, portandovi quanto asportato dal ruscellamento superficiale, senza riuscire a ricaricare significativamente le falde. Incrociando le informazioni disponibili sul modello strutturale dell’acquifero di pianura (vedi cap. 3, Rete di monitoraggio) con quelle relative alla posizione dei pozzi ed a numero e profondità dei filtri, è possibile distinguere i pozzi sulla base della classificazione delle falde intercettate. Considerata la particolare struttura dell’acquifero di pianura del territorio piacentino, con falde poco compartimentate e fortemente interconnesse dai numerosi pozzi scavati, in fase di elaborazione dei dati si sono esclusi i dati relativi a pozzi fenestrati solo nei gruppi acquiferi più profondi (B e C), con una perdita di informazioni pari al 10-15% dei dati in ogni anno. Pertanto i pozzi considerati ai fini delle elaborazioni geostatistiche dei nitrati sono quelli pescanti o solo nelle falde del cosiddetto gruppo acquifero A (circa il 70% nei diversi anni) o contemporaneamente anche da falde di gruppi acquiferi diversi, ad es. A+B o A+C, (circa 16-20%).

4.4 Cenni di Geostatistica Le proprietà del suolo e del sottosuolo sono variabili continue, i cui valori in ogni punto dello spazio possono variare secondo la direzione e la distanza di separazione dal campione più vicino, mostrando una dipendenza spaziale entro un’area più o meno estesa. Per rappresentare cartograficamente la distribuzione spaziale delle proprietà del suolo e del sottosuolo, ma soprattutto delle loro differenze, si ricorreva in passato ai metodi classici della statistica, dove però la distribuzione della variabilità risultava casuale e quindi inadeguata. I recenti sviluppi della teoria statistica consentono, invece, alla dipendenza spaziale delle proprietà del suolo d'entrare direttamente nel processo d'interpolazione; essa si basa sulla teoria delle “variabili regionalizzate” (che assume differenti valori di z secondo la sua localizzazione entro una certa regione), che tiene conto delle caratteristiche casuali e strutturali delle variabili per una descrizione ed una valutazione ottimale delle proprietà di un suolo. L’interpolazione basata sulla dipendenza spaziale dei campioni fu applicata per la prima volta da Krige in Sudafrica, per la stima dei giacimenti auriferi. I metodi pratici di Krige furono successivamente sviluppati e generalizzati da Matheron (1965, 1971) nella teoria delle “variabili regionalizzate”, che oggi forma la base delle procedure (note come “Geostatistica”) per l’analisi e la stima delle variabili dipendenti spazialmente. La struttura di dipendenza spaziale può essere descritta attraverso il variogramma, che illustra la variabilità media tra campioni e la distanza tra gli stessi; esso quantifica tale dipendenza misurando la variazione che si verifica tra valori rilevati in punti separati dalla stessa distanza; inoltre individua l'influenza che il valore di un campione, posto in una certa posizione dello spazio, ha sui valori dei campioni circostanti e viceversa. Il variogramma ci dà una stima dei valori del campione in aree intermedie che non sono state analizzate e quantificate. Il variogramma serve quindi a fornire una rappresentazione quantitativa della variabilità spaziale di un parametro in una regione considerata (fig. 4.5).

γ

Figura 4.5 Variogramma (Range = valore della distanza h a cui corrisponde il valore soglia -Sill - oltre il quale i valori osservati non sono più tra loro correlati; varianza di Nugget = 2 campioni misurati nello stesso punto sono uguali a meno di questo valore – effetto pepita).

Un altro importante uso del variogramma, come potente mezzo di interpolazione, è il “kriging”, il quale, tenendo conto della correlazione esistente fra campioni adiacenti, permette di stimare

Nugget

Sill

lag h distanza

Range

semivarianza

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il valore interpolato senza errore (cioè il valore stimato nel punto interpolato eguaglia il valore atteso) e con la varianza minima; è una stima locale delle medie in cui ciascuna stima è la media pesata dei valori osservati nel loro intorno. Sotto queste condizioni si dice anche che lo stimatore z è BLUE (Best Linear Unbiased Estimator). Il modo più semplice per applicare la tecnica del kriging ed ottenere le mappe è quello di effettuare le stime dei valori della variabile nei modi di una griglia regolare ed evidenziare i risultati tracciando delle isolinee o isoaree (che mostrano i contorni delle varie zone identificate dall’analisi) attraverso la griglia di valori. Corrispondente alla griglia di valori che rappresentano le stime di kriging si crea anche la griglia delle varianze delle stime dalle quali (o dalla radice quadrata delle stesse) si può ricavare la mappa degli errori. Tale mappa può essere considerata come una mappa di attendibilità delle stime ricavate. Interpolare una griglia di valori con il metodo kriging può comportare una lunga serie di calcoli dovuti soprattutto all’inversione della matrice prodotta. È, quindi, necessario ricorrere ad uno dei tanti programmi di geostatistica che sono oggi disponibili sul mercato e che forniscono in output le mappe della variabile di interesse distribuita sul territorio oggetto d’indagine (Surfer, GS+, ISATIS, GEOEAS).

4.5 Trattamento dei dati e rappresentazione cartografica. L’andamento temporale della concentrazione di nitrati nelle acque di ciascun pozzo è stato ricostruito a partire dai dati delle rispettive serie storiche (aprile 1987-aprile 2004) e delle campagne spcifiche condotte nell’ambito del progetto (1/1/2002-30/10/2004). La costruzione e la rappresentazione delle mappe di isoconcentrazione dei nitrati sul territorio sono state realizzate con i softwares Surfer 6.04-Golden Software, ed ArcView 3.2-ESRI. Poiché la rete di monitoraggio dei nitrati è stata ottimizzata al fine di garantire la rappresentatività del territorio eliminando i punti di campionamento “ridondanti” (vedi cap. 3, Rete di monitoraggio), la sua struttura non segue quella di una griglia regolare (che ha nodi perfettamente equidistanti), ma i punti di campionamento si presentano più o meno ravvicinati a seconda della effettiva localizzazione e delle caratteristiche della zona. In questi casi è possibile colmare statisticamente i “buchi” di informazione utilizzando tecniche di interpolazione o di estrapolazione. Nel caso particolare di questo studio, la distribuzione della variabile “nitrato” sul territorio è stata ottenuta trattando i dati puntuali con l’ausilio delle tecniche di geostatistica, sorte in ambito geologico per il trattamento di variabili “regionalizzate”, ossia variabili che assumono valori diversi a seconda della loro posizione nella regione esaminata. In particolare, è stato utilizzato il metodo di interpolazione stocastica del Kriging ordinario, che consente di stimare il valore di una variabile in localizzazioni non campionate sulla base dei dati noti. Sono quindi state prodotte mappe con curve ad isoconcentrazione, relative ai dati di ogni singola campagna (primavera-autunno ovvero aprile-ottobre), ed al valore medio per ogni anno, considerato come la risultante della media aritmetica delle concentrazioni di nitrati rilevate per ciascun pozzo nelle due campagne primaverile ed autunnale (ed eventualmente durante la campagna per l’isotopia del 2002). Nei casi in cui risulta un valore misurato inferiore al limite di rilevabilità (pari a 0,1 mg/l) è stata un considerata, ai fini del calcolo della media, la metà del valore numerico, pari a 0,05 mg/l. Nei casi in cui si ha a disposizione il dato di un’unica campagna (per impossibilità di campionamento o per inattendibilità del dato misurato rispetto alla serie storica), per ridurre la perdita di dati, lo si è assunto uguale al valore medio, ipotizzando la sostanziale costanza temporale della concentrazione di nitrati in quei pozzi. Nelle figure 4.6-4.16 sono rappresentati i risultati delle campagne di monitoraggio condotte nell’ambito del progetto locale Aquanet, da aprile 2001 ad aprile 2004 (primavera, autunno e media annuale). La scala cromatica di concentrazione dei nitrati è la stessa in tutte le carte, per favorire il confronto diretto dell’andamento nel tempo e nello spazio; nelle figure 4.17-4.19 sono invece rappresentati i trend nel tempo dei pozzi più inquinati localizzati nelle aree critiche (aree arancio-rosso-violetto), dove la concentrazione supera o tende ai 50 mg/l, limite normativo per la potabilità. Le mappe mostrano chiaramente che la situazione nel territorio provinciale si mantiene costante nei vari anni di monitoraggio, come distribuzione dell’inquinamento: infatti le 4 aree individuate già nel 1997 si ritrovano localizzate a ovest del Torrente Tidone, con epicentro Sarmato; nella cintura intorno a Piacenza, che progressivamente si congiunge con l’area della conoide distale del Nure, con epicentro Pontenure; nella zona apicale della conoide dell’Arda, con epicentro Alseno. La deformazione delle aree a isoconcentrazione nel tempo è dovuta anche alla modifica dei punti di

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campionamento delle rete: infatti a differenza delle stazioni di una rete di acque superficiali, i pozzi possono nel tempo diventare inutilizzabili per insabbiamento, crollo della colonna, intasamento dei filtri, oltre che per banali fermo-pompa, che però impediscono la continuità nella frequenza semestrale; inoltre vi è la tendenza in genere alla sostituzione piuttosto che alla riparazione, meno costosa, meno problematica e più risolutiva.

Figura 4.6 Nitrati (mg/l) – aprile 2001

Figura 4.7 Nitrati (mg/l) – ottobre 2001

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Figura 4.8 Nitrati (mg/l) – media anno 2001

Figura 4.9 Nitrati (mg/l) – aprile 2002

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Figura 4.10 Nitrati (mg/l) – ottobre 2002

Figura 4.11 Nitrati (mg/l) – media 2002

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Figura 4.12 Nitrati (mg/l) – media 2002, compresi pozzi rete isotopia.

Figura 4.13 Nitrati (mg/l) – aprile 2003

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Figura 4.14 Nitrati (mg/l) – ottobre 2003

Figura 4.15 Nitrati (mg/l) – media 2003

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Figura 4.16 Nitrati (mg/l) – aprile 2004: i 2 punti di massimo corrispondono ai pozzi PC96-00 (area viola scuro a sinistra) e PC23-05(area viola scuro a destra), rispettivamente con 77.6 e 78.9 mg/l di concentrazione.

ROTTOFRENO - S. Imento (PC01-00)

90

80

Figura 4.17 Nitrati (mg/l) – Ubicazione e trend in aumento di pozzi in aree ad isoconcentrazione elevata: settore occidentale e centrale della pianura.

SARMATO - Ex Eridania (PC08-01)

0

10

20

30

40

50

60

70

80

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NO

3- (m

g/l)

0

10

20

30

40

50

60

70

NO

3- (m

g/l)

PIACENZA - Veggioletta (PC 69-00)

90

80

70

60

0

10

20

30

40

50

NO

3- (m

g/l)

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Figura 4.18 Nitrati (mg/l) – Ubicazione e trend in aumento di pozzi in aree ad isoconcentrazione elevata: settore orientale e centrale della pianura.

Figura 4.19 Nitrati (mg/l) – Ubicazione e trend in aumento di pozzi in aree ad isoconcentrazione elevata: settore occidentale e centrale della pianura.

PODENZANO - Casoni di Gariga (PC81-00)

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

NO

3- (m

g/l)

Alseno - Chiaravalle della Colomba (PC28-00)

90

80

70

60

0

10

20

30

40

50

NO

3- (m

g/l)

ALSENO - Gorra (PC33-01)

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NO

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g/l)

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0

CASTEL SAN GIOVANNI - Nizzoli 1 (PC41-01)

0

10

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40

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87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04

NO

3- (m

g/l)

CASTEL SAN GIOVANNI - Ca' Merlino (PC43-00)

0

10

20

30

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NO

3- (m

g/l)

PIACENZA - Besurica (Via De Longe) (PC56-08)

40

50

60

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NO

3- (m

g/l)

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20

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0

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Figura 4.20 Nitrati (mg/l) – Trend pluriennale regolare, pozzi PC01-00 e PC04-01.

Nel caso di sorgente inquinante puntuale la tipologia dei trend evolutivi dei nitrati può essere sostanzialmente di 3 tipi:

regolare; scarsamente regolare; altamente irregolare.

Nel caso della provincia di Piacenza, la tipologia più ricorrente è rappresentata da trend regolare in aumento; nel pozzo PC01-00 e PC04-01 (fig. 4.20), il trend, continuo e regolare nel tempo, indica lontananza della sorgente di inquinamento dalla stazione di misura (pozzo), con evidente effetto diluizione sulla concentrazione. Inoltre in zona di conoide distale, come in questi casi, occorrono anni per il trasferimento in falda degli inquinanti, in condizioni di grande rimescolamento, dovuto alle grandi distanze (decine di km) che separano il margine appenninico (ricarica) dalle zone di output (pozzi). In presenza di trend estremamente irregolari, con variazioni di concentrazione anche da zero a cento mg/l, la sorgente è probabilmente vicina alla stazione di misura e ne condiziona quindi il profilo. Sono stati rappresentati anche i trend primavera-autunno di ogni anno (ottobre meno aprile) e i trend della distribuzione media negli anni 2001-2003; si é calcolata la differenza “2003 meno 2001” in Surfer 6.04 con la funzione “Math” a partire dalle griglie ottenute dall’interpolazione dei valori medi dei relativi anni.

Figura 4.21 Nitrati (mg/l) – Trend stagionale per anno di monitoraggio (2001, 2002). L’area arancione rappresentata in figura 4.22, caratterizzata da forte incremento della concentrazione di nitrati, emerge in virtù dell’inserimento di nuovi pozzi nella rete 2003 (pozzi PC23-02, PC23-03, PC23-04) nella zona di Pontenure, particolarmente critica. In generale, confrontando gli andamenti del trend nei tre anni consecutivi, non si può affermare che esista marcata stagionalità nell’andamento delle concentrazioni di nitrati nei pozzi, poichè prevale nel territorio la classe colorata in giallo chiaro/verde chiaro, che rappresenta variazioni di ± 5 mg/l (condizione di sostanziale invarianza).

ROTTOFRENO - S. Imento (PC01-00)

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

NO

3- (m

g/l)

PIACENZA - Vallera (PC 04-01)

0

10

20

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NO

3- (m

g/l)

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Figura 4.22 Nitrati (mg/l) Trend stagionale per anno di monitoraggio (2003) e trend annuale (2001-2003).

Tuttavia analizzando le conoidi principali, si osserva che in zona apicale di conoide l’andamento è più marcatamente stagionale che non in zona di conoide distale, tranne che nel caso del pozzo PC08-01-ex Eridania, sito nel comune di Sarmato nella conoide del torrente Tidone (fig. 4.17); questo comportamento è legato alla granulometria e quindi alla permeabilità del terreno, che, più ci si allontana dall’apice della conoide, più diminuisce, rendendo l’acquifero sottostante meno soggetto a infiltrazioni da piogge e di conseguenza a variazione di concentrazioni di inquinanti a rapido trasferimento come i nitrati. Chiaro è quindi in questa condizione l’effetto alimentante del reticolo superficiale sulla falda sottostante. Nella conoide del Nure è inoltre ben evidente la zona di trasferimento, caratterizzata da linee a isoconcentrazione crescenti da sud-ovest a nord-est, con epicentro Pontenure: i nitrati che si infiltrano dalla superficie nella zona di conoide apicale seguono la direzione di flusso e aumentano progressivamente, evidenziando masse d’acqua inquinate in arrivo sui punti di massimo, che corrispondono ai pozzi PC23-05 e PC96-00 (fig. 4.16). Oltre tale limite, il Po drena le acque delle conoidi piacentine, con diminuzione progressiva della concentrazione dei nitrati. La direzione prevalente di flusso della falda è stata delineata grazie alle elaborazioni dei dati piezometrici raccolti nel corso del 2003 sui pozzi della rete in esame: si è prodotta una mappa della piezometria media provinciale, espressa come quota del pelo libero dell’acqua nei pozzi, misurata sul livello del mare (figura 4.23). La mappa prodotta evidenzia una falda cilindrica in tutta la provincia (falda piatta), caratterizzata da linee isopieze parallele, assenza di distorsioni dovute a output (prelievi/emungimenti da pozzi, uscita in fiume) oppure dovute a input (ricarica da bacino imbrifero o da fiume: le più consistenti sono da Trebbia e da Nure); è presente un grande fronte di alimentazione e un fronte di transito sud-ovest nord-est, perpendicolare all’asse drenante principale, costituito dal fiume Po. L’unica significativa inflessione che si osserva è quella della isopieza dei 45 m s.l.m., posta a ridosso dell’abitato di Piacenza, dove sono presenti i pozzi a servizio dell’acquedotto che serve il capoluogo.

Figura 4.23 Mappa della piezometria media 2003 (m s.l.m.).

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CAPITOLO 5 IDROLOGIA ISOTOPICA

IMPIEGO DEGLI ISOTOPI AMBIENTALI IN RICERCHE DI IDROGEOLOGIA APPLICATA: DEFINIZIONE DELL’ORIGINE

DELLE ACQUE SOTTERRANEE NELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA E DEI NITRATI NEGLI ACQUIFERI DELLA PIANURA

PIACENTINA. 5.1 Cenni sui fondamenti teorici Gli isotopi sono atomi dello stesso elemento con diverso numero di neutroni, quindi masse diverse, forze di legame diverse, comportamenti chimico-fisici diversi; gli isotopi radioattivi (instabili) sono nuclidi che si disintegrano spontaneamente per formare altri isotopi emettendo particelle α o particelle β ed in alcuni casi raggi γ; gli isotopi stabili non decadono, perlomeno nella scala dei tempi geologici, ma possono essere prodotti durante il decadimento di quelli radioattivi. Nelle indagini ambientali vengono utilizzati prevalentemente alcuni elementi (H, C, N, O, S), che sono i principali elementi presenti nei sistemi idrologici, geologici e biologici; sono leggeri e la loro differenza di massa è relativamente elevata, per cui i frazionamenti che avvengono durante i processi fisici, chimici e biologici sono misurabili. Gli isotopi stabili vengono utilizzati come traccianti nei cicli dell’acqua, del carbonio, dei nutrienti e in genere delle sostanze disciolte (D/1H – 18O/16O - 13C/12C - 15N/14N - 34S/32S); gli isotopi radioattivi vengono utilizzati per stimare l’età delle acque sotterranee (3H, 14C, 36Cl, ecc.). La composizione isotopica è normalmente riportata come valore δ (delta) ed espressa in parti per mille (‰), riferita ad uno standard di composizione nota

δ (in ‰) = (Rx / Rs - 1) x1000 dove R è il rapporto fra l'isotopo più pesante e quello più leggero (es. 18O/16O) ed Rx e Rs sono rispettivamente i rapporti del campione e dello standard. Gli isotopi sono soggetti in natura a frazionamento isotopico: le proporzioni delle abbondanze relative dei vari isotopi stabili di uno stesso elemento non sono fisse, ma cambiano in seguito a processi fisici, chimici e biologici; ad esempio nella condensazione del vapore acqueo gli isotopi più leggeri (16O e 1H) si concentrano nella fase di vapore, quelli più pesanti (18O e 2H o D, Deuterio) nella fase liquida (fig. 5.1); gli isotopi più leggeri formano legami chimici che si rompono più facilmente rispetto a quelli degli isotopi pesanti, e reagiscono più velocemente, concentrandosi nei prodotti, mentre gli isotopi più pesanti si concentrano nei reagenti; gli isotopi più leggeri sono maggiormente utilizzati dagli organismi perché comportano un minor costo energetico, e si concentrano nei prodotti del metabolismo, mentre gli isotopi più pesanti si concentrano nei substrati.

Figura 5.1 Condensazione del vapore acqueo nel ciclo dell’acqua. Durante i processi di evaporazione e condensazione delle acque di pioggia avvengono vari frazionamenti che coinvolgono i componenti della molecola d’acqua (H2O), influenzati dalla temperatura: ad una temperatura di condensazione più bassa corrisponde un contenuto minore di isotopi pesanti, viceversa ad una temperatura di

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condensazione più elevata corrisponde un maggior contenuto di isotopi pesanti. Le concentrazioni di D e 18O nelle precipitazioni sono strettamente correlate mediante la relazione (fig. 5.2)

δD = 8.13 δ18O + 10.8 ‰ (GMWL, GlobaL Meteoric Water Line)

Figura 5.2 Rappresentazione della GlobaL Meteoric Water Line, che esprime la relazione esistente tra la composizione isotopica dell’ossigeno e dell’idrogeno nelle precipitazioni atmosferiche. Le principali conseguenze della dipendenza della composizione isotopica delle precipitazioni dalla temperatura di condensazione sono le seguenti:

variazioni stagionali: le precipitazioni invernali hanno un contenuto più basso di isotopi pesanti rispetto alle precipitazioni estive come conseguenza del fatto che derivano da un vapore condensato a temperature più basse;

effetto altitudine: se una massa d’aria satura di vapor d’acqua in movimento sulla terraferma incontra un rilievo montuoso, si innalza per scavalcare il rilievo stesso e tende ad espandersi per pressioni progressivamente decrescenti; l’espansione è accompagnata da raffreddamento e da condensazione di vapor d’acqua; quindi le piogge originate ai piedi del rilievo sono isotopicamente più pesanti delle piogge che cadono a quote maggiori, isotopicamente più leggere (gradiente isotopico verticale, fig. 5.3);

effetto continentalità: quando una massa di vapore si inoltra dall’oceano sul continente, lungo il percorso si impoverisce progressivamente in isotopi pesanti a causa delle successive condensazioni parziali che si verificano; le precipitazioni sulle zone interne di un continente sono isotopicamente più leggere rispetto a quelle che si verificano sulle zone litorali o sub-litorali;

effetto latitudine: la composizione isotopica delle precipitazioni ha contenuti minimi di isotopi pesanti su aree polari e contenuti massimi su aree tropicali (fig. 5.3).

Figura 5.3 Rappresentazione dell’effetto altitudine (sinistra) e dell’effetto latitudine (destra).

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Gli isotopi stabili di Ossigeno e Idrogeno trovano applicazioni negli studi idrogeologici: grazie al gradiente isotopico verticale è possibile stimare la quota relativa di ricarica di una sorgente (quota di condensazione delle piogge che la alimentano); in base all’ampiezza delle variazioni isotopiche stagionali rilevate sull’acquifero stesso, è possibile effettuare valutazioni sulla profondità e sulla lunghezza di un circuito idrogeologico: nel caso di circuiti brevi e piuttosto superficiali le variazioni isotopiche dell’acquifero sono paragonabili alle variazioni isotopiche delle precipitazioni atmosferiche dell’area in esame; nel caso di circuiti di portata regionale e/o di grande profondità, le acque hanno il tempo di rimescolarsi ed omogeneizzarsi, perciò non sono più praticamente presenti variazioni isotopiche stagionali, come nelle precipitazioni relative. Altri isotopi utilizzati nel ciclo dell’acqua sono il Trizio (3H), isotopo dell’idrogeno di massa tre, prodotto naturalmente dall’impatto di neutroni della radiazione cosmica con atomi di azoto presenti nell’alta atmosfera, instabile, che decade radioattivamente con emissione di particelle β-. Gli atomi di tritio vengono ossidati con formazione di molecole d’acqua tritiata, presente nelle precipitazioni atmosferiche: il Trizio si troverà quindi negli acquiferi in concentrazioni direttamente proporzionali a quella delle piogge che li hanno alimentati ed inversamente proporzionali al tempo trascorso dal momento della loro infiltrazione nel terreno. E’ presente nelle acque a ricarica recente, caratterizzate da età inferiori ai 50 anni, dove valori di TU (Tritium Unit) inferiori a 0.8 rappresentano una ricarica anteriore al 1952; valori compresi fra 0.8 e 5 TU indicano un’acqua con età compresa tra 10 e 50 anni; valori fra 5 e 15 TU, tra 1 e 10 anni; e valori maggiori di 15 TU indicano possibili casi di inquinamento. Il 14C è il l’isotopo più utile per la datazione delle acque sotterranee e del materiale organico nel range 1.000 – 50.000 anni: alte concentrazioni denotano elevate velocità di circolazione, mentre acquiferi confinati presentano bassa o nulla attività 14C. Dell’utilizzo dell’1515N si dirà diffusamente nel § 5.3.

5.2 Definizione dell’origine delle acque sotterranee nella Regione Emilia Romagna La GMWL (Global Meteoric Water Line), sviluppata come media mondiale dei dati di precipitazioni atmosferiche provenienti dalla rete mondiale IAEA/WMO, generalmente non è applicabile alle precipitazioni dell’area del Mar Mediterraneo, dove la relazione fra δ18O e δD si allinea su una retta con pendenza e intercetta diverse, che prende il nome di Local Meteoric Water Line (LMWL); per l’Italia esistono 3 LMWL, una per il Nord, una per il Centro, una per il Sud. Nell’ambito dell’ indagine di idrologia isotopica condotta su pozzi selezionati della Regione Emilia Romagna nel corso degli anni 2001-2002, avente fra gli scopi quello di identificare le aree di ricarica dell’acquifero sotterraneo di pianura, sono stati considerati i dati relativi a δ18O, δD ottenuti da campioni distribuiti su tutta la regione; i risultati ottenuti evidenziano l’esistenza di due distinte tipologie di acquifero: acquifero alimentato da corsi d’acqua appenninici; acquifero alimentato (anche e soprattutto in passato) dal Po e da altri fiumi di origine alpina; il discriminante é costituito dal valore del δ18O, minore di -9,6 per il primo, maggiore di -9,6 per il secondo (fig. 5.4 e 5.5). Nel caso di ricarica appenninica, la retta di correlazione si avvicina alla LMWL tipica del Centro Italia (fig. 5.4); nel caso di ricarica padano-alpina, a quella tipica del Nord Italia (fig. 5.5).

y = 7,293x + 5,72R2 = 0,9243

-70.0

-65.0

-60.0

-55.0

-50.0

-45.0

-40.0

-35.0

-30.0

-10.0 -9.0 -8.0 -7.0 -6.0 -5.0 -4.0

δ18O

δ2H

δD = 7,7094 δ18O + 9,4034 (LMWL Nord Italia)

δD = 7,0479 δ18O + 5,608 (LMWL Centro Italia)

Figura 5.4 Relazione δ18O-δ2H delle acque del dominio appenninico (362 dati)

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y = 7,6748x + 9,026R2 = 0,8734

-90.0

-85.0

-80.0

-75.0

-70.0

-13.0 -12.0 -11.0 -10.0 -9.0 -8.0 -7.0

δ18O

δ2H

-65.0

-60.0

-55.0

-50.0

δD = 7,7094 δ18O + 9,4034 (LMWL Nord Italia)

δD = 7,0479 δ18O + 5,608 (LMWL Centro Italia)

Figura 5.5 Relazione δ18O-δ2H delle acque del dominio padano-alpino (160 dati) In ambito regionale é quindi possibile distinguere i due tipi di acquifero (vedi figura 5.6), dove i pozzi rappresentati dal simbolo azzurro sono caratterizzati da valori di δ18O maggiori di –9.6 (Appenninici), quelli blu da valori di δ18O minore di –9.6 (Padano-Alpini).

Figura 5.6 Distribuzione regionale delle aree di ricarica degli acquiferi ad origine appenninica e padano-alpina. La provincia di Piacenza ricade in un’area uniforme, dove tutti i punti campionati appartengono ad un acquifero omogeneo e appenninico, a differenza delle altre province emiliane, in cui sono rappresentate entrambe le situazioni; in effetti il territorio si trova a ridosso della sponda destra del Po, che costituisce il confine settentrionale della provincia stessa: il territorio é completamente attraversato da affluenti di destra, di esclusiva origine appenninica. La velocità di circolazione nell’acquifero appenninico é elevata, dato che i rapporti isotopici variano stagionalmente (primavera-autunno) negli stessi pozzi campionati a distanza di sei mesi.

5.3 Definizione dell’origine dei Nitrati negli acquiferi della pianura piacentina. E’ noto che concimi chimici a base di azoto (ammoniacale, nitrico) e liquami di origine animale possono contaminare le falde acquifere sotterranee, quando applicati ai suoli agricoli per aumentarne la fertilità, essendo l’azoto (N) uno dei tre principali elementi fertilizzanti, assieme a fosforo (P) e potassio (K). Con l’enorme sviluppo dell’industria chimica di sintesi, al termine della seconda guerra mondiale, la produzione di concimi azotati ha subito un incremento esponenziale in tutti i paesi industrializzati, ottenendo fertilizzanti abbondanti e a basso costo. L’agricoltura ha seguito questo sviluppo, con produzioni sempre crescenti, passando da tecniche agricole che miravano a minimizzare le perdite di azoto, ad altre orientate alla massimizzazione della produzione, fornendo concime fino al limite della fitotossicità. E’ evidente che l’eccesso di concimazione azotata ha portato ad una eccedenza dell’elemento nei suoli e nelle acque di circolazione superficiali e sotterranee, poiché le unità di azoto non utilizzate dalle piante, nè denitrificate si rendono

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disponibili per la lisciviazione, con trasporto anche a grandi distanze nel ciclo dell’acqua globale e locale; inoltre l’eccessiva concimazione inorganica ha impoverito i suoli dell’indispensabile substrato organico, con perdita di fertilità, ma anche della capacità denitrificante. A tutto ciò si aggiunge il fatto che allo sviluppo agricolo si è associata una modifica strutturale della zootecnia, con il passaggio da produzioni semi-artigianali a veri e propri insediamenti industriali, con la rottura del un secolare ciclo: produzione agricola - sottoprodotti - allevamento bovino - latte - formaggio - sottoprodotti - allevamento suino - deiezioni - concimi - produzioni agricole. Le deiezioni animali, un tempo conservate e utilizzate, sono state soppiantate come concime dai prodotti chimici, ed hanno iniziato a costituire un problema, risolto tout-court mediante lo smaltimento agronomico (malintesa fertirrigazione), con apporto ulteriore di Azoto ai terreni senza una parallela riduzione delle concimazioni chimiche, con parallelo aggravamento dei fenomeni di diffusione, dovuto anche ai grandi volumi di acqua usati nella pulizia degli allevamenti. E’ utile quindi nel monitoraggio degli acquiferi disporre di un mezzo efficace che consenta di tracciare le sorgenti di inquinamento, allo scopo di evitare l’utilizzo di acque con concentrazioni di nitrati superiori ai limiti consentiti (50 mg/l), identificare le cause dell’inquinamento e, in prospettiva, bonificare gli acquiferi per restituirli all’uso potabile. L’utilizzo dei dati isotopici dell’azoto in questa applicazione si basa sul fatto che l’azoto in natura si trova prevalentemente nella forma 14N, ma è presente anche come 15N, isotopo pesante; l’abbondanza isotopica viene misurata rispetto a standard internazionali di riferimento, che per l’azoto è quello atmosferico (δ15N = 0). I processi naturali a carico di batteri e microrganismi utilizzano prevalentemente l’isotopo leggero e arricchiscono sistematicamente il residuo in

15N al contrario dei processi non naturali; il campo di variazione della composizione

isotopica dell’azoto può variare tra –20 e + 30 (Figura 5.7) ed in particolare:

Figura 5.7 Campi di variabilità del δ15

N (NO3 e NH4): distinzione fra origine organica e inorganica.

-10 -5 0 5 10 15 20 2

δ15N (vs AIR)

5

Origine organica

Origine inorganica

valori di δ15N intorno allo zero (-5; +5) individuano i fertilizzanti azotati, che vengono prodotti per sintesi partendo dall’azoto atmosferico;

valori di δ15N compresi tra +3 e +25 individuano liquami di origine animale, per la prevalenza di processi biometabolici; inoltre il 14N viene espulso con l’urina e l’ammoniaca presente nei liquami (isotopicamente arricchita in 14N) volatilizza facilmente: da qui il marcato arricchimento in 15N;

i composti azotati di origine atmosferica (piogge) non contribuiscono sensibilmente all’aumento della concentrazione di nitrati nei terreni agricoli e comunque hanno campi di variazione del δ15N così ampi da non poter offrire informazioni conclusive.

L’interpretazione dei dati relativi all’azoto nitrico può essere integrata dalla misura della composizione isotopica dell’ossigeno presente nello ione nitrato, δ18O. Nell’ambito dell’indagine di idrologia isotopica condotta su pozzi selezionati della Regione Emilia Romagna nel corso degli anni 2001-2002 di cui si é detto nel § 6.2, sono stati misurati anche i valori di δ

15N, che hanno mostrato una

distribuzione regionale, raffigurata in fig. 5.8:

0 5 10 15 20

δ 15N (vs AIR )

PCPRREMOBORNFC

Figura 5.8 Campi di variabilità del δ15

N in ambito regionale.

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I pozzi della provincia di Piacenza sono risultati meno arricchiti in 15

N di quelli appartenenti alle altre province (Parma, Reggio Emilia e Modena), per le quali si ha una chiara prevalenza di azoto organico. L’ipotesi di una “diluizione” da nitrati inorganici provenienti da fertilizzazione chimica muove dalle seguenti valutazioni:

- la maggior disponibilità di letame e liquame nelle province di Parma, Reggio Emilia e Modena (filiera di produzione del Parmigiano Reggiano);

- la maggior diffusione della coltura di mais nel territorio piacentino rispetto alle altre province, che non possono utilizzare il trinciato di mais nell’alimentazione dei bovini allevati per la produzione di Parmigiano Reggiano; si ricorda che il mais è un’essenza molto esigente di azoto, ma poco efficiente nell’assorbimento (circa il 50%) e che, per questo motivo, viene usualmente fertilizzata con azoto inorganico.

Nel corso delle campagne primaverile ed autunnale condotte nel corso dell’anno 2003, l’analisi isotopica dell’azoto è stata effettuata sulle acque dei pozzi della rete di monitoraggio che hanno presentato all’analisi chimico-fisica di base concentrazioni di NO3- maggiori di 12 mg/l, per un totale di 72 dati analitici; inoltre sono stati determinati anche δ18O

(18O/16O) e δD (deuterio), ad integrazione dell’interpretazione dei risultati ottenuti sull’azoto. I dati ottenuti sono riportati in tabella 5.1:

ID_ARPA_Cod

Comune

Data

NO3(mg/l)

δ15N

Note PC0100 Rottofreno 28-apr-03 48,4 6,52 I Camp. PC0100 Rottofreno 27-ott-03 47,6 6,42 II Campagna PC0200 Rottofreno 28-apr-03 26,3 5,87 I Camp. PC0200 Rottofreno 27-ott-03 27,4 5,72 II Campagna PC0302 Gragnano 14-apr-03 25,7 6,32 I Camp. PC0302 Gragnano 13-ott-03 29,1 6,33 II Campagna PC0401 Piacenza 07-apr-03 19,3 5,15 I Camp. PC0401 Piacenza 06-ott-03 18,1 5,02 II Campagna PC0700 Gragnano 14-apr-03 23 5,29 I Camp. PC0700 Gragnano 13-ott-03 22,9 5,36 II Campagna PC0801 SARMATO 28-apr-03 67,6 6,1 I Camp. PC0801 SARMATO 27-ott-03 62,9 5,72 II Campagna PC1501 Gossolengo 07-apr-03 26,8 4,6 I Camp. PC1501 Gossolengo 06-ott-03 28,3 4,56 II Campagna PC1700 S.Giorgio P.no 22-apr-03 17,7 5,85 extra PC2000 Fiorenzuola 31-mar-03 20,6 7,67 I Camp. PC2302 Pontenure 31-mar-03 37,2 6,12 I Camp. PC2302 Pontenure 30-set-03 45,4 5,92 II Campagna PC2303 Pontenure 26-mag-03 38,9 4,85 I Camp. PC2304 Pontenure 31-mar-03 49,7 4,82 I Camp. PC2304 Pontenure 30-set-03 49,1 4,79 II Campagna PC2602 CARPANETO 31-mar-03 6,6 6,9 X confronto PC2702 Fiorenzuola 01-apr-03 8,4 8,06 X confronto PC2800 Alseno 26-mag-03 45,7 4 I Camp. PC2800 Alseno 30-set-03 49,6 4,95 II Campagna PC3301 Alseno 31-mar-03 53,7 7,71 I Camp. PC3301 Alseno 30-set-03 56,1 7,34 II Campagna PC3400 Alseno 31-mar-03 41,5 6,38 I Camp. PC3400 Alseno 30-set-03 50,5 5,83 II Campagna PC3600 Gragnano 14-apr-03 25,2 4,82 I Camp. PC3600 Gragnano 13-ott-03 24,1 5,13 II Campagna PC4101 C. S.GIOVANNI 28-apr-03 27,3 7,8 I Camp. PC4101 C. S.GIOVANNI 27-ott-03 26,2 8,14 II Campagna PC4300 C. S.GIOVANNI 28-apr-03 48,5 6,77 I Camp. PC4300 C. S.GIOVANNI 27-ott-03 37,8 6,1 II Campagna

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ID_ARPA_Cod

Comune

Data NO3

(mg/l)

δ15N

Note PC4800 ROTTOFRENO 28-apr-03 3,7 3,86 X confronto PC5600 Piacenza 07-apr-03 40 4,91 I Camp. PC5600 Piacenza 06-ott-03 38,3 4,89 II Campagna PC5601 PIACENZA 05-mag-03 32,8 4,7 I Camp. PC5601 PIACENZA 10-nov-03 32,4 4,58 II Campagna PC5606 Piacenza 05-mag-03 40,2 5,35 I Camp. PC5606 Piacenza 10-nov-03 39,3 5,26 II Campagna PC5607 Piacenza 10-nov-03 43 5,24 X confronto PC5608 PIACENZA 05-mag-03 42,2 5 I Camp. PC5608 PIACENZA 10-nov-03 43,2 5,3 II Campagna PC5609 Piacenza 05-mag-03 24,3 6,48 I Camp. PC5609 Piacenza 10-nov-03 23,1 6,36 II Campagna PC5610 Piacenza 10-nov-03 1,5 6,41 X confronto PC5611 Piacenza 05-mag-03 20,1 5,68 I Camp. PC5611 Piacenza 10-nov-03 21,5 5,71 II Campagna PC6300 Piacenza 07-apr-03 19,7 6,03 I Camp. PC6300 Piacenza 06-ott-03 19,5 5,9 II Campagna PC6400 Piacenza 07-apr-03 18,8 6,27 I Camp. PC6400 Piacenza 06-ott-03 18,9 5,98 II Campagna PC6900 Piacenza 07-apr-03 40,5 4,62 I Camp. PC6900 Piacenza 06-ott-03 38,8 4,57 II Campagna PC7500 Rivergaro 07-apr-03 14,2 7,05 X confronto PC7500 Rivergaro 06-ott-03 13,6 6,94 X confronto PC7700 GAZZOLA 14-apr-03 3 5,25 X confronto PC8100 Podenzano 07-apr-03 44,5 5,18 I Camp. PC8100 Podenzano 06-ott-03 40,7 5,15 II Campagna PC8200 Borgonovo 14-apr-03 27,1 6,11 I Camp. PC8200 Borgonovo 13-ott-03 27,4 6,09 II Campagna PC8300 BORGONOVO 13-ott-03 36,8 6,71 X confronto PC8500 AGAZZANO 14-apr-03 26,9 7,62 I Camp. PC8600 BORGONOVO 14-apr-03 13,7 5,74 X confronto PC8701 GAZZOLA 14-apr-03 14,2 5,13 X confronto PC8800 SARMATO 28-apr-03 35,1 5,89 I Camp. PC8800 SARMATO 27-ott-03 36,6 6,02 II Campagna PC9000 PIANELLO 28-apr-03 15,3 7,4 X confronto PC9401 RIVERGARO 22-apr-03 3,4 3,5 X confronto PC9600 PODENZANO 20-ott-03 57,8 5,52 X confronto

Tabella 5.1 Risultati campagna di idrologia isotopica (δ15N ), anno 2003. I valori di δ15N inferiori o uguali a 4, misurati in pozzi di subalveo, possono essere considerati rappresentativi di nitrati caratteristici di acque superficiali, o provenienti dall’attività biologica naturale dei suoli: sono tutti concentrati nella conoide del Fiume Trebbia, come rappresentato in figura 5.9, e si può assumere che per la provincia di Piacenza l’acqua con δ15N uguale a 4 rappresenti il “fondo” naturale, a cui vanno poi a sommarsi i contributi antropici.

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δ15

Figura 5.9 Distribuzione del δ15N: la linea tratteggiata blu racchiude i 4 pozzi di subalveo (conoide Trebbia). La distribuzione geostatistica degli stessi valori di δ15N sul territorio piacentino (fig. 5.10) consente di riconoscere zone a comportamento tendenzialmente omogeneo e di suddividere il territorio in tre macro-aree: le estremità occidentali e orientali della Provincia, corrispondenti rispettivamente alla Val Tidone e alla Val d’Arda, dove gli apporti azotati sono prevalentemente organici; il settore centrale, comprendente le conoidi del Fiume Trebbia e del Torrente Nure, dove sono prevalentemente inorganici. Infatti l’interconoide del F. Trebbia e del T. Nure, presenta i valori più bassi, fino al limite del “fondo naturale” nella zona di conoide apicale (i 4 pozzi di subalveo); i valori più alti interessano le estremità occidentali ed orientali della Provincia (macro-zone della Val Tidone e della Val d’Arda).

Figura 5.10 Distribuzione del δ15N: la linea tratteggiata blu separa il territorio in 3 zone distinte (1-Val Tidone, 2-interconoide e conoidi Trebbia-Nure, 3-Val d’Arda).

? δ15N δ15N

Una conferma della distinzione operata fra i diversi settori viene dalla distribuzione dei carichi d’azoto suddivisi per macro-aree scolanti (Fig. 5.11, più bacini accorpati, dati RER-ARPA, 2003). Si osserva che i maggiori quantitativi di azoto organico stimati in Val d’Arda e in Val Tidone sono correlati con i valori più elevati di δ15N (Fig. 5.10, zone ovest e est della carta).

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T. Tidone F. Trebbia T. Nure T. Arda - T.Chiavenna

chimicofanghizootecnico

Figura 5.11 Distribuzione dei carichi azotati di origine antropica sul territorio provinciale suddivisi per tipologia e per macro-aree scolanti, secondo lo schema di Fig. 6.10. Le percentuali indicano il quantitativo di azoto zootecnico rispetto al totale. Dati tratti da stime di REGIONE EMILIA-ROMAGNA, ARPA (2003). In Val d’Arda si trova la maggiore concentrazione di allevamenti intensivi di capi bovini e suini, i cui reflui vengono distribuiti in pieno campo, in quantità anche superiori a quelle consentite dai Piani di Utilizzazione Agronomica (P.U.A.), e si assiste a episodi di perdite dai vasconi di contenimento delle deiezioni o dai locali di stabulazione, che costituiscono un altro veicolo di inquinamento; nella zona vengono spesso rilevati sversamenti abusivi nella rete scolante (es. Canale Allacciante Acque Alte): tutto questo conduce ad affermare che i nitrati presenti nelle acque della Val d’Arda derivano principalmente da azoto contenuto nei reflui zootecnici, che raggiungono la falda tramite percolazione e/o dilavamento, ma che é la cattiva gestione degli impianti, e non tanto la loro presenza, che provoca la contaminazione della falda. I valori di δ15N riscontrati in Val d’Arda e Val Chiavenna sarebbero relativamente più elevati, se non fosse per il diffuso utilizzo di azoto di sintesi associato ai già elevati carichi zootecnici, applicati in questa zona, che “diluisce” l’apporto organico. Più elevato risulterebbe anche se le condizioni ossido-riduttive tipicamente riducenti delle acque del settore nord-orientale non riducessero i nitrati ad ammonio, facendo così perdere per quel settore importanti informazioni isotopiche; da qui l’importanza di approfondire lo studio con indagini del δ15N su NH4+. La Val Tidone è meno ricca di allevamenti suini e bovini e appare possibile un diffuso inquinamento da scarichi domestici e di industrie di trasformazione agroalimentari. Nelle valli del F. Trebbia e del T. Nure esiste un predominante utilizzo di concimi di sintesi, che trova corrispondenza in un rapporto isotopico dei nitrati delle acque sotterranee decisamente basso.

In linea generale si può affermare che l’elevato consumo di fertilizzanti chimici (δ15N tra –5 e +5) e i prelievi da pozzo che provocano mescolamenti fra acque superficiali e acque profonde portano ad una omogeneizzazione e relativa diminuzione dei valori del rapporto isotopico nel territorio piacentino, distinguendolo nettamente dalla altre province emiliane. In quasi tutte le acque campionate inoltre non sono state evidenziate differenze significative fra i valori di δ15N misurati a maggio 2003 e quelli misurati a ottobre 2003, a dimostrazione del fatto che non c’è stagionalità nell’andamento dei dati, né correlazione fra δ15N e contenuto di Nitrati.

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